Costanzo II: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua|l'omonimo|Costanzo II Sforza}}
{{nota disambigua|il patriarca ecumenico di Costantinopoli|Costanzio II di Costantinopoli}}
{{Monarca
| nome = =Costanzo II
|immagine = Bust of Constantius II (Mary Harrsch).jpg
| titolo =[[Augusto (titolo)|Augusto]] dell'[[Impero romano]]
|legenda immagine= Testa in marmo, proveniente dalla =[[File:Bust of Constantius IISiria (Maryregione Harrschstorica).jpg|250px|Testa in marmoSiria]], raffigurante Costanzo II e proveniente dalla Siria.]]
|titolo = [[Augusto (titolo)|Augusto]] dell'[[Impero romano]]
| legenda = Testa in marmo raffigurante Costanzo II e proveniente dalla Siria.
|inizio regno = =[[22 maggio]] [[337]]–[[3 novembre]] [[361]]
|fine regno = 3 novembre [[361]]
| incoronazione =[[9 settembre]] [[337]], [[Sirmio]]
|incoronazione = 9 settembre [[337]], [[Sirmio]]
| altrititoli =''[[Germanicus maximus]]'' (332),<br /> ''[[Sarmaticus maximus]]'' (338),<br /> ''[[Persicus]]'' (338),<br /> ''[[Adiabenicus maximus]]'' (343),<ref name=livius>Lendering</ref><br /> ''Sarmaticus maximus II'' (358)<ref name="bury32">Bury, p. 32.</ref>
|predecessore = [[Costantino I]]
| nome completo =Flavius Iulius Constantius
|successore = [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]]
| predecessore =[[Costantino I]]
|nome completo = ''Flavius Iulius Constantius''
| successore =[[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]]
|altrititoli = ''[[Sarmaticus maximus]] II'' (338<ref name="CIL12,12483">{{CIL|3|12483}}.</ref> e 358<ref name="AmmianoMarcellino">{{Cita|Ammiano Marcellino|xvii.13.25}}.</ref>),<br />''[[Persicus]]'' (338),<ref name="CIL12,12483"/><br />''[[Gothicus maximus]]'' (338-354),<ref name="CIL3, 3705">{{CIL|3|3705}}.</ref><br />''[[Adiabenicus maximus]]'' (343),<ref name="CIL3, 3705" /><br />''[[Germanicus maximus]]'' (352-353),<ref name="CIL3, 3705" /><br />''[[Cognomina ex virtute#Alamannicus maximus|Germanicus Alamannicus maximus]]'' (354),<ref name="CIL3, 3705" /><br />''[[Victor ac Triumphator]] (ante 337)''<ref name="TriumVictGiuliano">AquaeFlaviae 500.</ref>
| coniuge 1 =figlia di [[Giulio Costanzo]]
|luogo coniugedi 2nascita = =[[EusebiaSirmio]]
|data di nascita = 7 agosto [[317]]
| coniuge 3 =[[Faustina (augusta)|Faustina]]
|luogo di morte = [[Cilicia]]
| figli =[[Flavia Massima Faustina Costanza]] (da Faustina)
|data di morte = {{Calcola età3|361|11|3|317|8|7}}
| dinastia =[[dinastia costantiniana|costantiniana]]
|dinastia = [[dinastia costantiniana|costantiniana]]
| padre =[[Costantino il Grande]]
|padre = [[Costantino I]]
| madre =[[Fausta]]
|madre = [[Fausta]]
| data di nascita =[[7 agosto]] [[317]]
|consorte1 = figlia di [[Giulio Costanzo]]
| luogo di nascita=[[Sirmio]]
|consorte2 = [[Eusebia]]
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| luogo di morte =[[Cilicia]]
|figli = [[Flavia Massima Faustina Costanza]] (da Faustina)
|}}
|religione = [[Cristianesimo]] [[arianesimo|ariano]]
}}
{{Bio
|Nome = Flavio Giulio
|Cognome = Costanzo
|ForzaOrdinamentoPostCognomeVirgola = meglio noto come '''Costanzo 02II'''
|ForzaOrdinamento = Costanzo 02
|Sesso = M
|PreData = [[lingua latina{{latino|latino]]: ''FlauiusFlavius Iulius Constantius''}}
|Sesso = M
|PostCognomeVirgola = meglio noto come '''Costanzo II'''
|LuogoNascita = Sirmio
|GiornoMeseNascita = 7 agosto
|AnnoNascita = 317
|LuogoMorte = Cilicia
|GiornoMeseMorte = 3 novembre
|AnnoMorte = 361
|Epoca = 300
|Attività = imperatore
|FineIncipit = è stato un [[imperatore romano]] della [[dinastia costantiniana]]. Salito al trono nel [[337]] alla morte del padre [[Costantino il Grande]], rimase al potere per 24 anni, difendendo l'impero dai nemici esterni e il proprio potere dagli [[usurpatore romano|usurpatori]], e promuovendo il [[cristianesimo]]
|Nazionalità = romano
|Categorie=no
|PostNazionalità = della [[dinastia costantiniana]]. Salito al trono nel [[337]] alla morte del padre [[Costantino I]], rimase al potere per 24 anni, difendendo l'[[Impero romano|Impero]] dai nemici esterni e il proprio potere dagli [[Usurpatore (impero romano)|usurpatori]] e promuovendo il [[Cristianesimo]]
}}
Nominato [[Cesare (titolo)|Cesare]] (imperatore subordinato a un Augusto) dal padre, assieme ai fratelli, alla morte di Costantino I assunse il potere nella parte orientale dell'Impero, lasciando gli altri fratelli a spartirsi l'Occidente. Si impegnò poi nella difesa dei confini orientali dell'Impero dalla minaccia dei [[Sasanidi]], optando per una politica militare a bassa intensità diversa dalle consuetudini romane, che fu efficace, ma che causò una certa insoddisfazione nel mondo romano.
 
NominatoBuon [[cesarecomandante (titolo)|cesare]]e (imperatore ''iunior'') assieme ai fratelli dal padre [[Costantino il Grande]]amministratore, alla morte di questi assunseridusse il poterepeso nelladella parteburocrazia orientaleimperiale dell'impero,e lasciandodel glifisco; altriin fratelli a spartirsi l'Occidente. Si impegnò poi nella difesa dei confini orientali dell'impero dalla minaccia dei [[Sasanidi]], optando per una politicacampo militare a bassa intensità diversa dalle consuetudini romane, che fu efficace ma che causò una certa insoddisfazione nel mondo romano. Dovettedovette affrontare anche le [[Invasioni barbariche del IV secolo|incursioni dei popoli barbari]] attraverso i confini [[germaniaGermania|germanico]] e [[danubioDanubio|danubiano]], mentre in [[politica interna]] fu a lungo impegnato dall'[[usurpatore romano|usurpatore]] [[Magnenzio]], cui contese e strappò il potere in Occidente, come pure da altri usurpatori ([[Vetranione]], [[Decenzio]], [[Nepoziano]] e [[Claudio Silvano]]). Non avendo figli, associò al potere gli unici due parenti maschi rimastigli dopo le [[purghe]], avvenuteseguite alla morte di Costantino e che avevano consentito a Costanzo di sbarazzarsi di possibili concorrenti al soglio imperiale: prima scelse il cugino [[Costanzo Gallo|Gallo]], cui diede in sposa la propria sorella [[Costantina]] e che poi mise a morte a causa della sua disastrosa amministrazione dell'Oriente, e poi il fratellastro di questi [[GiulianoFlavio (imperatoreClaudio romano)Giuliano|Giuliano]], il quale, dopo aver dimostrato insospettate qualità militari e amministrative in [[Gallia]], gli si rivoltò contro, proclamandosi imperatore e succedendogli poi alla sua morte.
 
Come il padre prima di lui, l'imperatore Costanzo assunse un ruolo attivo, qualenelle imperatore,dispute dottrinali all'interno dei confronti dottrinali del [[cristianesimo]], promuovendo l'[[arianesimo]] nell'àmbitoambito della diatriba sulla [[natura di Cristo]]:; promosse anche diversi [[concilioConcilio|conciliiconcili]], e rimuovendo e nominando molti [[Vescovo|vescovi]]. Con Costanzo il potere e i privilegi della gerarchia ecclesiastica si consolidarono, e il cristianesimo divenne sempre più la religione principale dello Stato romano.
 
== Biografia ==
=== Giovinezza ===
Costanzo II eranacque il 7 agosto 317 a [[Sirmio]], in [[Pannonia]], secondo figlio didell'imperatore romano [[Costantino I]] e di [[Fausta]], e ricevette il nome del proprio nonno paterno, l'[[imperatore romano|imperatore]] [[tetrarchiaTetrarchia di Diocleziano|tetrarchico]] [[Costanzo Cloro]]. Costantino e Fausta ebbero altri due figli, [[Costantino II]] e [[Costante I]], e due figlie, [[Costantina]] ed [[Elena (figlia di Costantino)|Elena]].
 
Il [[13 novembre]]<ref>{{AE|1937|119}}. Anche la data dell'[[8 novembre]] è stata proposta (Lendering).</ref> [[324]], a [[Nicomedia]], Costanzo fu elevato al rango di [[cesare (titolo)|cesare]], all'età di sette anni; due anni dopo resse il suo primo [[console (storia romana)|consolato]], assieme al padre. Quando Costantino II fu inviato dal padre a combattere sulla frontiera del [[Danubio]], nel [[332]], Costanzo fu inviato a reggere la [[Gallia]]; il fratello maggiore ottenne una vittoria sui [[Goti]] che permise anche a Costanzo di fregiarsi del titolo di ''[[Germanicus maximus]]'' (la pratica di assumere titoli ottenuti da colleghi regnanti, di origine tetrarchica, gli permise di ottenere il titolo di ''[[Sarmaticus maximus]]'' a seguito della vittoria di Costante sui [[Sarmati]] nel [[338]]).<ref name=livius />
 
[[File:Impero Romano da maggio a settembre 337.png|thumb|300px|left|Divisione dell'[[Impero romano]] tra i quattro cesari e poi da maggio a settembre [[337]], tra la morte di [[Costantino I]] e l'elevazione ad ''[[augusto (titolo)|augusti]]'' dei suoi tre figli. {{legenda|#f8a20c|[[Costantino II]]}} {{legenda|#3ce67b|[[Costante I]]}} {{legenda|#ffffd0|[[Flavio Dalmazio (cesare)|Dalmazio]]}} {{legenda|#cefef2|Costanzo II}}]]
 
Il 13 novembre<ref>{{AE|1937|119}}. Anche la data dell'8 novembre è stata proposta ({{Cita|Lendering}}).</ref> 324, a [[Nicomedia]], Costanzo fu elevato al rango di [[cesare (titolo)|cesare]], all'età di sette anni; due anni dopo resse il suo primo [[console (storia romana)|consolato]], assieme al padre. In seguito alla pace raggiunta con i Goti dal padre Costantino e dal fratello maggiore Costantino II nel 332, Costanzo fu probabilmente inviato sull'alto Danubio per vigilare sul rispetto del trattato conseguito.<ref>Maraval 2015, p. 30.</ref>
Nel [[335]], con l'elevazione a cesare del nipote [[Flavio Dalmazio (cesare)|Dalmazio]] (figlio del fratellastro [[Flavio Dalmazio (censore)|Dalmazio censore]]), Costantino I delineò quella che sarebbe dovuta essere la spartizione dell'[[Impero romano]] dopo la propria morte: ai quattro cesari - Costantino II, Costante I, Dalmazio e Costanzo II - furono assegnate quattro porzioni dell'impero, rispettivamente le province corrispondenti alla prefettura delle Gallie, l'Italia e l'Africa, la Grecia, e infine, a Costanzo, l'Oriente.
[[File:Impero Romano da maggio a settembre 337.png|thumb|upright=1.4|left|Divisione dell'[[Impero romano]] tra i quattro ''[[Cesare (titolo)|Cesari]]'' e poi da maggio a settembre [[337]], tra la morte di [[Costantino I]] e l'elevazione ad ''[[Augusto (titolo)|Augusti]]'' dei suoi tre figli. {{legenda|#f8a20c|[[Costantino II]]}} {{legenda|#3ce67b|[[Costante I]]}} {{legenda|#ffffd0|[[Flavio Dalmazio (cesare)|Dalmazio]]}} {{legenda|#cefef2|Costanzo II}}]]
Nel 335, con l'elevazione a cesare del nipote [[Flavio Dalmazio (cesare)|Dalmazio]] (figlio del fratellastro [[Flavio Dalmazio (console 333)|Dalmazio censore]]), Costantino I delineò quella che sarebbe dovuta essere la spartizione dell'[[Impero romano]] dopo la propria morte: ai quattro cesari - Costantino II, Costante I, Dalmazio e Costanzo II - furono assegnate quattro porzioni dell'impero, rispettivamente le province corrispondenti alla [[prefettura del pretorio delle Gallie|prefettura delle Gallie]], l'[[Prefettura del pretorio d'Italia|Italia e l'Africa]], la Grecia, e infine, a Costanzo, l'[[Prefettura del pretorio d'Oriente|Oriente]].
 
Nel [[336]], in occasione della celebrazione dei ''[[tricennalia]]'' di Costantino, Costanzo sposò a [[Costantinopoli]] la figlia di [[Giulio Costanzo]], fratellastro di Costantino, e di [[Galla (moglie di Giulio Costanzo)|Galla]], rinforzando così i legami di parentela, oltre che la presa della [[dinastia costantiniana]] sull'Impero.
 
=== Situazione dell'Impero all'inizio del regno di Costanzo ===
Il regno di Costanzo II va compreso all'interno di quel processo di trasformazione dell'Impero che era stato iniziato dai [[Tetrarchia di Diocleziano|tetrarchi]], rinvigorito e proseguito da [[Costantino I]] e che si sarebbe concluso con la fine della [[dinastia costantiniana]] nel 363. In particolare, il regno di Costantino fu importante per due ragioni: la prima fu lo spostamento del centro del potere imperiale dall'Occidente all'Oriente, la cui importanza stava già crescendo, in particolare con la fondazione della nuova capitale, [[Costantinopoli]]; la seconda ragione è il sostegno che diede al [[Cristianesimo]], che nel giro di pochi decenni divenne la religione di Stato.
 
Entrambi questi aspetti della politica imperiale, però, rimasero aperti alla morte di Costantino, e da questi passarono ai suoi figli e successori, in particolare a Costanzo, cui spettò la gestione della parte orientale dell'impero. La scelta di porre la capitale a Costantinopoli era stata dovuta alla volontà di porre il centro del potere imperiale alla stessa distanza dalle due principali frontiere dell'impero, quella [[Danubio|danubiana]] e quella sull'[[Eufrate]]; malgrado ciò, Costantino non riuscì a consolidarle entrambe, tanto che, al momento della sua morte, stava preparando una campagna contro i nemici a Oriente, i [[Sasanidi]]. Sul piano religioso, invece, il cristianesimo era scosso sin nelle sue fondamenta dalla profonda frattura avvenuta sulla [[natura di Cristo]], che opponeva i sostenitori dell'ortodossia a quelli dell'[[arianesimo]].
Il regno di Costanzo II va compreso all'interno di quel processo di trasformazione dell'Impero che era stato iniziato dai [[tetrarchia|tetrarchi]], rinvigorito e proseguito da [[Costantino I]] e che si sarebbe concluso con la fine della [[dinastia costantiniana]] nel [[363]], dopo la quale si può considerare iniziata la [[tarda antichità]]. In particolare, il regno di Costantino fu importante per due ragioni: la prima fu lo spostamento del centro del potere imperiale dall'Occidente all'Oriente, la cui importanza stava già crescendo, in particolare con la fondazione della nuova capitale, [[Costantinopoli]]; la seconda ragione è il sostegno che diede al [[cristianesimo]], che nel giro di pochi decenni divenne la religione di stato.
 
Entrambi questi aspetti della politica imperiale, però, rimasero aperti alla morte di Costantino, e da questi passarono ai suoi figli e successori, in particolare a Costanzo, cui spettò la gestione della parte orientale dell'impero. La scelta di porre la capitale a Costantinopoli era stata dovuta alla volontà di porre il centro del potere imperale alla stessa distanza dalle due principali frontiere dell'impero, quella [[danubio|danubiana]] e quella sull'[[Eufrate]]; malgrado ciò, Costantino non riuscì a consolidarle entrambe, tanto che, al momento della sua morte, stava preparando una campagna contro i nemici ad Oriente, i [[Sasanidi]]. Sul piano religioso, invece, il cristianesimo era scosso sin nelle sue fondamenta dalla profonda frattura avvenuta sulla [[natura di Cristo]], che opponeva i sostenitori dell'ortodossia a quelli dell'[[arianesimo]].
 
Entrambi questi problemi impegnarono tutto il regno di Costanzo.
 
=== Ascesa al trono ===
{{Vedi anche|Cronologia degli spostamenti di Costanzo II durante il suo regno}}
[[Costantino I]] morì il 22 maggio 337, mentre preparava una [[Strategia militare|campagna militare]] contro i [[Sasanidi]]: non nominò il suo successore, ma la situazione vedeva il potere spartito tra i suoi ''[[cesare (titolo)|cesari]]''. Costanzo, che era impegnato in [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]] settentrionale a supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere,<ref name="bury12">{{Cita|Bury 1925|p. 12}}.</ref> si affrettò a tornare a [[Costantinopoli]], dove organizzò e presenziò alle cerimonie funebri del padre: con questo gesto rafforzò i suoi diritti come successore e ottenne il sostegno dell'[[esercito romano|esercito]], componente fondamentale della politica di Costantino.<ref>''[[Chronicon paschale]]'', p. 533, 5-17; ''[[Passio Artemii]]'', 8 (8.12-19); {{Cita|Giovanni Zonara|xiii.4, 25-28}}.</ref>
 
Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio, per mano dell'esercito, dei membri maschili della [[dinastia costantiniana]] e di altri esponenti di grande rilievo dello Stato: solo i tre figli di Costantino e due suoi nipoti bambini ([[Costanzo Gallo|Gallo]] e [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], figli del fratellastro [[Giulio Costanzo]]) furono risparmiati.<ref>{{Cita|Giuliano|270 C (3.5-8, p. 215)}}. In particolare furono uccisi i fratellastri di Costantino I, [[Giulio Costanzo]], [[Nepoziano]] e [[Flavio Dalmazio (console 333)|Dalmazio]], alcuni loro figli, come [[Flavio Dalmazio (cesare)|Dalmazio Cesare]] e [[Annibaliano]], e alcuni funzionari, come [[Optato]] e [[Ablabio]].</ref> Le motivazioni dietro questa strage non sono chiare: secondo [[Eutropio]] Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non tentò certo di opporvisi e condonò gli assassini;<ref>{{Cita|Eutropio|x.9}}.</ref> [[Zosimo (storico)|Zosimo]] invece afferma che Costanzo fu l'organizzatore dell'eccidio.<ref>{{Cita|Zosimo|ii.40}}.</ref> Nel settembre dello stesso anno i tre cesari rimasti (Dalmazio era stato vittima della purga) si riunirono a [[Sirmio]] in [[Pannonia]], dove il 9 settembre furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la sovranità sull'Oriente. È probabile che i [[Sarmati]], non appena venuti a sapere della morte di Costantino, fecero un'irruzione nella ''pars imperii'' di Costanzo, venendo respinti dalle truppe dell'imperatore, che per l'occasione assunse anche il titolo di ''[[Sarmaticus maximus]]''.
[[Costantino I]] morì il [[22 maggio]] [[337]], mentre preparava una [[campagna militare]] contro i [[Sasanidi]]: non nominò il suo successore, ma la situazione vedeva il potere spartito tra i suoi ''[[cesare (titolo)|cesari]]''. Costanzo, che era impegnato in [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]] settentrionale a supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere,<ref name="bury12">Bury, p. 12.</ref> si affrettò a tornare a [[Costantinopoli]], dove organizzò e presenziò alle cerimonie funebri del padre: con questo gesto rafforzò i suoi diritti come successore e ottenne il sostegno dell'[[esercito romano|esercito]], componente fondamentale della politica di Costantino.
 
La divisione del potere tra i tre fratelli durò poco: Costantino II morì nel 340, mentre cercava di rovesciare Costante, e Costanzo guadagnò i [[Penisola balcanica|Balcani]]; nel 350 Costante fu rovesciato dall'usurpatore [[Magnenzio]], e Costanzo divenne unico imperatore, assumendo il controllo ''de iure'' anche della parte occidentale dell'Impero.
Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio, per mano dell'esercito, dei membri maschili della [[dinastia costantiniana]] e di altri esponenti di grande rilievo dello stato: solo i tre figli di Costantino e due suoi nipoti bambini ([[Costanzo Gallo|Gallo]] e [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]], figli del fratellastro [[Giulio Costanzo]]) furono risparmiati.<ref>In particolare furono uccisi i fratellastri di Costantino I, [[Giulio Costanzo]], [[Nepoziano]] e [[Flavio Dalmazio (censore)|Dalmazio]], alcuni loro figli, come [[Flavio Dalmazio (cesare)|Dalmazio Cesare]] e [[Annibaliano]], e alcuni funzionari, come [[Optato]] e [[Ablabio]].</ref> Le motivazioni dietro questa strage non sono chiare: secondo [[Eutropio]] Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non tentò certo di opporvisi e condonò gli assassini;<ref>[[Eutropio]], ''Breviario di storia romana'', x.9.</ref> [[Zosimo (storico)|Zosimo]] invece afferma che Costanzo fu l'organizzatore dell'eccidio.<ref>[[Zosimo (storico)|Zosimo]], ''Storia nuova'', ii.40.</ref> Nel settembre dello stesso anno i tre cesari rimasti (Dalmazio era stato vittima della purga) si riunirono a [[Sirmio]] in [[Pannonia]], dove il [[9 settembre]] furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la sovranità sull'Oriente.
 
La divisione del potere tra i tre fratelli durò poco: Costantino II morì nel [[340]], mentre cercava di rovesciare Costante, e Costanzo guadagnò i [[Balcani]]; nel [[350]] Costante fu rovesciato dall'usurpatore [[Magnenzio]], e Costanzo divenne unico imperatore.
 
=== Confronto con i Sasanidi (338-350) ===
{{Vedi anche|Campagne siriano-mesopotamiche di Sapore II}}
[[File:Shapurii.jpg|thumb|Moneta di [[Sapore II]], sovrano dei [[Sasanidi]] ([[309]]-[[379]]) contemporaneo di Costanzo: tutto il regno di Costanzo fu caratterizzato da ostilità ad alta e bassa intensità con i vicini orientali, con i due sovrani che ottennero vittorie e sconfitte senza mai portare il colpo decisivo.]]
Dopo essere stato proclamato imperatore, Costanzo si recò ad [[Antiochia di Siria]], città che era stata la sua [[Capitale (città)|capitale]] durante gli ultimi anni da [[cesare (titolo)|cesare]], da dove poteva occuparsi meglio della fondamentale frontiera orientale di quanto avrebbe potuto fare restando nella capitale imperiale di [[Costantinopoli]]. Qui restò dal 338 al 350.<ref name="bury11">{{Cita|Bury 1925|p. 11}}.</ref>
 
Per tutto il tempo del suo regno Costanzo II fu impegnato nelle [[Campagne siriano-mesopotamiche di Sapore II|guerre romano-persiane]] contro il re dei [[Sasanidi]] [[Sapore II]]. Se prima di morire [[Costantino I]] intendeva risolvere una volta per tutte il problema della frontiera orientale, toccò a Costanzo affrontare questo problema, ottenendo risultati variabili. Due erano i principali punti di collisione tra i due grandi imperi: la frontiera orientale, con la contesa della provincia della [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]], e il controllo del [[Regno d'Armenia]], che oscillava tra le orbite delle due potenze confinanti.
[[File:Shapurii.jpg|thumb|200px|Moneta di [[Sapore II]], sovrano dei [[Sasanidi]] (309-379) contemporaneo di Costanzo: tutto il regno di Costanzo fu caratterizzato da ostilità ad alta e bassa intensità con i vicini orientali, con i due sovrani che ottennero vittorie e sconfitte senza mai portare il colpo decisivo.]]
 
Dopo essere stato proclamato imperatore, Costanzo si recò ad [[Antiochia di Siria]], città che era stata la sua [[Capitale (città)|capitale]] durante gli ultimi anni da [[cesare (titolo)|cesare]], da dove poteva occuparsi meglio della fondamentale frontiera orientale di quanto avrebbe potuto fare restando nella capitale imperiale di [[Costantinopoli]]. Qui restò dal [[338]] al [[350]].<ref name="bury11">Bury, p. 11.</ref>
 
Per tutto il tempo del suo regno Costanzo II fu impegnato nelle [[guerre romano-persiane]] contro il re dei [[Sasanidi]] [[Sapore II]]. Se prima di morire [[Costantino I]] intendeva risolvere una volta per tutte il problema della frontiera orientale, toccò a Costanzo affrontare questo problema, ottenendo risultati variabili. Due erano i principali punti di collisione tra i due grandi imperi: la frontiera orientale, con la contesa della provincia della [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]], e il controllo del regno di [[Armenia]], che oscillava tra le orbite delle due potenze confinanti.
 
Costanzo affrontò per primo il problema dell'Armenia. Dopo la morte di [[Tiridate III di Armenia|Tiridate III]], leale alleato dei Romani per tutto il suo lungo regno, i suoi successori si erano fatti influenzare dal partito filo-persiano e il paese era entrato nella sfera di influenza dei [[Sasanidi]]. Costanzo riuscì a guadagnarsi la lealtà del sovrano [[Arsace II di Armenia|Arsace II]] (''Arshak'') e dell'aristocrazia armena per via diplomatica già nel [[341]], anche grazie ai doni prodigali concessi alla classe dirigente del paese, che tornò sotto l'influenza romana per tutti gli [[anni 340]].<ref name="bury12" /><ref>Arsace accettò di pagare un tributo annuale all'Impero; in cambio Costanzo gli diede in moglie Olimpia (tra il 350 e il 360), figlia del prefetto [[Ablabio]] (messo a morte da Costanzo con una un'accusa falsa per essere stato un sostenitore del vescovo [[credo niceno|niceno]] di [[Alessandria d'Egitto]] [[Atanasio di Alessandria|Atanasio]]), precedentemente fidanzata di [[Costante I]] ([[William Smith, (lessicografo)|William Smith]], "''s.v. Arsaces II",'' in ''[[Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology]]'', volume 1, Boston 1849, p. 363).</ref><ref name="bury12" />
 
Il conflitto per la Mesopotamia fu invece pienamente militare, ma Costanzo fece in questo caso una scelta originale, almeno secondo le strategie romane consolidate: invece di scegliere l'opzione della massiccia campagna militare destinata a colpire il cuore dello statoStato nemico, come prevedeva di fare Costantino e come avrebbe in seguito fatto [[GiulianoFlavio (imperatoreClaudio romano)Giuliano|Giuliano]], Costanzo scelse di affidarsi ada una linea di fortezze frontaliere disposte in profondità, facendo perno su di esse per contenere gli attacchi sasanidi; si trattò quindi di una guerra difensiva, in cui furono evitate per quanto possibile le manovre in campo aperto con l'esercito al completo. Questa scelta, sebbene molto efficace e poco dispendiosa in termini di mobilitazione di truppe, non portava certo a soddisfare l'aspettativa di vittorie decisive che esisteva nel mondo romano;<ref>È significativo il fatto che al [[340]] circa risalga l<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[Itinerarium Alexandri]]'', un'opera dedicata a Costanzo e celebrante la vittoria di [[Alessandro Magno]] contro i [[Persiani]], ma in origine contenente anche la descrizione della campagna orientale di [[Traiano]] contro i [[Parti]] ({{Cita|Bury, 1925|p. 14}}).</ref> tra gli episodi principali della guerra vi furono una qualche vittoria ottenuta dai suoi generali, che gli permisero di fregiarsi dal [[338]] del titolo di ''Persicus'' e dal [[343]] di quello di ''Adiabenicus Maximus'',<ref name=livius"CIL3, 3705" /> i due assedi sostenuti dalla fortezza di [[Nisibi]] ([[346]] e [[350]], dopo l'assedio dell'estate [[337]]) e l'unico scontro militare di larga scala, la [[battaglia di Singara (348)|battaglia di Singara]] ([[344]] o [[348]]), avvenuto nei pressi di un'altra fortezza frontaliera, in cui la vittoria di Costanzo fu diminuita dalla indisciplina delle truppe.<ref name="bury13">{{Cita|Bury, 1925|p. 13}}.</ref>
 
Quando nel [[350]] si ebbe la ribellione di [[Magnenzio]] in occidente, Costanzo era ad Antiochia, ma le sue forze erano impegnate a difendere Nisibi dal terzo assedio sasanide. Malgrado la minaccia posta da Magnenzio, Costanzo diede la priorità alla frontiera orientale e attese che Sapore si ritirasse, dopo quattro mesi, prima di tornare in Occidente a confrontarsi con l'usurpatore. AdA ogni modo, il prospettato attacco sasanide per il [[351]] non avvenne, in quanto Sapore fu occupato a sedare la rivolta delle genti dell'[[AfganistanAfghanistan]].<ref name="bury14">{{Cita|Bury, 1925|p. 14}}.</ref>
 
=== Usurpazione di Magnenzio (350-353) ===
{{Vedi anche|Guerra civile romana (350-353)}}
[[File:Double Centenionalis Magnentius-XR-s4017.jpg|thumb|left|200px|Moneta coniata da [[Magnenzio]], l'usurpatore che rovesciò [[Costante I]] ([[350]]), regnò su [[Britannia romana|Britannia]], [[Gallia|Gallie]] e [[Hispania]], per poi essere sconfitto da Costanzo II ([[353]]).]]
[[File:Double Centenionalis Magnentius-XR-s4017.jpg|thumb|left|Moneta coniata da [[Magnenzio]], l'usurpatore che rovesciò [[Costante I]] ([[350]]), regnò su [[Britannia (provincia romana)|Britannia]], [[Gallia|Gallie]] e [[Hispania]], per poi essere sconfitto da Costanzo II ([[353]]).]]
Il 18 gennaio 350 l'[[augusto (titolo)|augusto]] d'Occidente, [[Costante I]], fu rovesciato e ucciso da uno dei suoi generali, [[Magnenzio|Flavio Magnenzio]], che si proclamò imperatore ad [[Autun]] e fu riconosciuto in [[Britannia (provincia romana)|Britannia]], nelle [[Gallia|Gallie]] e in [[Hispania]]. Costanzo era all'epoca impegnato sulla [[limes orientale|frontiera orientale]], a contrastare l'[[Campagne siriano-mesopotamiche di Sapore II|offensiva sasanide]] su [[Nisibis]], e decise di non allontanarsi immediatamente per contrastare direttamente l'usurpatore.
[[File:Maiorina-Vetranio-siscia RIC 281.jpg|thumb|[[Vetranione]] si proclamò imperatore nel marzo [[350]], oscillò tra Costanzo e l'altro usurpatore [[Magnenzio]], ma fu infine deposto da Costanzo nel dicembre di quello stesso anno.]]
Il 1º marzo di quello stesso anno, il ''[[magister militum]]'' [[Vetranione]] si proclamò a sua volta imperatore, dietro istigazione di [[Costantina]] (sorella di Costante e Costanzo); questi fu riconosciuto imperatore dalle truppe [[Danubio|danubiane]]. Costanzo stesso riconobbe Vetranione come proprio collega, inviandogli il diadema imperiale e del denaro, in quanto, probabilmente, intendeva impegnare Magnenzio opponendogli un altro usurpatore; il gioco era alquanto pericoloso, prevedendo un ulteriore giocatore: Vetranione, infatti, tentennò nella sua lealtà a Costanzo quando Magnenzio gli propose un'alleanza.
 
Sistemate le cose in Oriente, Costanzo si diresse con parte del proprio esercito in Occidente. A [[Eraclea Sintica]] in [[Tracia]], incontrò gli ambasciatori di Magnenzio, il quale gli proponeva di riconoscerlo come collega e di suggellare l'alleanza con un doppio matrimonio, di Magnenzio con Costantina e di Costanzo con la figlia di Magnenzio; l'alternativa era la guerra civile. Costanzo imprigionò come ribelli tutti gli ambasciatori meno uno, che inviò a Magnenzio con la propria sdegnata risposta negativa. Si diresse poi a [[Serdica]] (la moderna [[Sofia]], in [[Bulgaria]]) dove incontrò Vetranione e il suo esercito.<ref>{{Cita|Giovanni Zonara|xiii.7.22}}.</ref> L'incontro doveva essere il riconoscimento dell'esistenza di due imperatori legittimi, ma si trasformò nella deposizione dell'anziano usurpatore. Costanzo fece costruire una piattaforma nella pianura, sulla quale salì con Vetranione e, davanti agli eserciti congiunti, iniziò un discorso in cui affermò che un figlio del grande [[Costantino I|Costantino]] era degno di reggere l'impero da solo: alle grida di acclamazione delle truppe, Vetranione comprese di essere stato raggirato, si tolse il diadema dal capo e, inginocchiatosi, riconobbe Costanzo unico imperatore (25 dicembre 350).<ref>{{Cita|Eutropio|x.11.1}}.</ref> Costanzo permise a Vetranione di ritirarsi a vita privata e si mosse verso Occidente.<ref name="bury16">{{Cita|Bury 1925|p. 16}}.</ref>
Il [[18 gennaio]] [[350]] l'[[augusto (titolo)|augusto]] d'Occidente, [[Costante I]], fu rovesciato e ucciso da uno dei suoi generali, [[Magnenzio|Flavio Magnenzio]], che si proclamò imperatore ad [[Autun]] e fu riconosciuto in [[Britannia romana|Britannia]], nelle [[Gallia|Gallie]] e in [[Hispania]]. Costanzo era all'epoca impegnato sulla frontiera orientale, a contrastare l'offensiva [[sasanidi|sasanide]] su [[Nisibis]], e decise di non allontanarsi immediatamente per contrastare direttamente l'usurpatore.
[[File:Solidus-Constantius Gallus-thessalonica RIC 149.jpg|thumb|left|[[Costanzo Gallo]] era cugino e cognato di Costanzo, fu proclamato [[Cesare (titolo)|Cesare]] d'Oriente ([[351]]) e sposò [[Costantina]], sorella di Costanzo, ma fu poi deposto e giustiziato ([[354]]).]]
La deposizione di Vetranione era avvenuta all'insegna della proclamazione dei diritti dinastici di Costanzo: in quanto figlio di [[Costantino I]], Costanzo riteneva di aver diritto al regno. Nell'ottica di questa politica dinastica va considerata anche l'elezione a [[Cesare (titolo)|Cesare]] d'Oriente, il 15 marzo 351 a [[Sirmio]], di un altro esponente della [[dinastia costantiniana]], il cugino e cognato di Costanzo, [[Costanzo Gallo|Gallo]]. Prevedendo di essere impegnato in Occidente contro Magnenzio, Costanzo volle lasciare una presenza forte in Oriente, e si rivolse quindi all'unico parente adulto rimastogli per affermare l'interesse per la situazione della frontiera con i [[Sasanidi]]; volendo rimarcare i legami famigliari e dinastici con Gallo, il Cesare ricevette il nome di Costanzo,<ref>{{Cita|Teofane Confessore|[[s:la:Chronographia (Theophanes) - AM 5842|AM 5842]]}}.</ref> fu nominato [[console (storia romana)|console]] assieme all'imperatore per gli anni 352, 353 e 354, e sposò [[Costantina]], sorella di Costanzo.<ref>{{Cita|Giovanni Zonara|xiii.8.4}}.</ref> Lo scontro si fece anche propagandistico: la guerra civile divenne una "guerra santa" contro l'assassino di Costante, apparvero segni divini (una croce nel cielo di [[Gerusalemme]], il 7 maggio 351) in favore di Costanzo, le zecche [[danubio|danubiane]] coniarono monete recanti la legenda di reminiscenza costantiniana <small>HOC SIGNO VICTOR ERIS</small>.<ref>''[[Roman Imperial Coinage]]'', VIII, 282B, 282D, 282G, 282E.</ref><ref name="bury17">{{Cita|Bury 1925|p. 17}}.</ref>
 
La campagna del 351 contro Magnenzio non iniziò bene per Costanzo: le sue truppe tentarono di penetrare in [[Italia]] attraverso le [[Alpi Giulie]], ma furono sconfitte ad [[Atrans]] (moderna [[Trojane]] in [[Slovenia]]) e costrette a ritirarsi. Magnenzio ordinò a una parte del suo esercito di avanzare lungo il [[Sava (fiume)|Sava]], penetrando in [[Pannonia]]. Qui fu raggiunto da un inviato di Costanzo, il [[prefetto del pretorio]] [[Filippo (console 348)|Filippo]], che portò la proposta di Costanzo: Magnenzio si sarebbe ritirato in [[Gallia]], rinunciando ad avanzare ancora e Costanzo gli avrebbe concesso la pace. Il vero intento del prefetto di Costanzo era però quello di indagare lo stato delle truppe dell'usurpatore;<ref>{{Cita|Zosimo|ii.46.2}}.</ref> nella stessa occasione Filippo ebbe la possibilità di arringare i soldati di Magnenzio, cui rinfacciò la loro ingratitudine verso la [[dinastia costantiniana]]. Magnenzio, di tutta risposta, avanzò su [[Siscia]] e la conquistò; infine si diresse verso [[Mursa]]. Costanzo reagì facendo avanzare le sue forze sullo stesso obiettivo, dove si ebbe uno scontro decisivo. Nella successiva [[battaglia di Mursa Maggiore]] (28 settembre 351) la vittoria arrise a Costanzo, malgrado le gravissime perdite di entrambi gli eserciti, l'eco delle quali rimase nella letteratura contemporanea;<ref>{{Cita|Zosimo|ii.50.4}}; {{Cita|Aurelio Vittore|xlii.4}}; {{Cita|Eutropio|x.12.1}}.</ref> la giornata fu decisa dal tradimento della cavalleria di Magnenzio, comandata da [[Claudio Silvano]], che passò a Costanzo, forse a causa del discorso fatto da Filippo nel campo di Magnenzio. La propaganda che voleva Costanzo combattente con il sostegno divino fu accresciuta dal fatto che l'imperatore lasciò lo scontro per andare a pregare sulla tomba di un martire lì vicino e per la dichiarazione del vescovo di Mursa, [[Valente di Mursa|Valente]], che disse di aver ricevuto la notizia della vittoria di Costanzo direttamente da un angelo.<ref>Valente ebbe notevoli vantaggi negli anni a venire dall'influenza che esercitò su Costanzo a seguito di questa rivelazione.</ref><ref name="bury20">{{Cita|Bury 1925|p. 20}}.</ref>
[[File:Maiorina-Vetranio-siscia RIC 281.jpg|thumb|200px|[[Vetranione]] si proclamò imperatore nel marzo [[350]], oscillò tra Costanzo e l'altro usurpatore [[Magnenzio]], ma fu infine deposto da Costanzo nel dicembre di quello stesso anno.]]
[[File:Costanzo contro Massenzio (350-353).png|thumb|upright=1.8|Movimenti della guerra tra Costanzo II e [[Magnenzio]].]]
Costanzo passò l'inverno 351/352 a [[Sirmio]], poi riprese la campagna scacciando Magnenzio da [[Aquileia romana|Aquileia]] e, dopo uno [[Battaglia di Pavia (352)|scontro nei pressi di Ticinum]], lo forzò a tornare in [[Gallia]]. A ''[[Mediolanum]]'' ([[Milano]]) abrogò con un editto le decisioni del "tiranno",<ref>''[[Codice teodosiano]]'', xv.14.5 del 3 novembre 352.</ref> mentre il nuovo ''[[praefectus urbi]]'', [[Nerazio Cereale]] (col quale era imparentato tramite la madre di Gallo), gli dedicava a [[Roma antica|Roma]] una statua che lo celebrava come «restauratore della città di Roma e del mondo e distruttore della pestifera tirannide»;<ref>{{CIL|6|1158}}.</ref> la notizia dell'accusa contro [[Clodio Celsino Adelfio]], prefetto di Magnenzio, di aver tramato contro l'usurpatore e il fatto che sua moglie [[Faltonia Betizia Proba]] abbia poi composto un poema celebrante la vittoria di Costanzo su Magnenzio è un indizio dell'alleanza tra Costanzo e l'aristocrazia senatoriale romana. Un secondo indizio è l'affidamento al rappresentante senatoriale [[Memmio Vitrasio Orfito|Vitrasio Orfito]] del comando delle [[marina militare romana|flotte]] di [[Classis Misenensis|Miseno]] e [[Classis Ravennatis|Ravenna]], che Costanzo poté controllare solo dopo la conquista dell'Italia, con le quali l'imperatore rientrò in possesso della province d'[[Africa (provincia romana)|Africa]].<ref name="bury21">{{Cita|Bury 1925|p. 21}}.</ref>
 
Il 353 vide la fine dell'avventura di Magnenzio. La propaganda dinastica di Costanzo ebbe il suo apice quando il cesare di Magnenzio, [[Decenzio]], tornando col suo esercito da una sconfitta contro gli [[Alemanni]],<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xvi.12.5}}.</ref> si vide negato l'accesso a [[Treviri]],<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xv.6.4}}.</ref> città che doveva la propria floridezza all'essere stata scelta come capitale dai [[dinastia costantiniana|Costantinidi]], e che in questa occasione abbandonò l'usurpatore. Magnenzio fu costretto allo scontro nella [[battaglia di Mons Seleucus]], in cui fu sconfitto; si suicidò a [[Lugdunum]] il 10 agosto e la sua testa fece il giro delle città a dimostrare la sua sconfitta.<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xxii.14.4}}.</ref> Costanzo passò ad [[Arles|Arelate]] l'inverno, celebrando contemporaneamente la sconfitta dell'usurpatore e il trentennale della sua elezione a Cesare.<ref name="bury22">{{Cita|Bury 1925|p. 22}}.</ref>
Il [[1 marzo|1° marzo]] di quello stesso anno, il ''[[magister militum]]'' [[Vetranione]] si proclamò a sua volta imperatore, dietro istigazione di [[Costantina]] (sorella di Costante e Costanzo); questi fu riconosciuto imperatore dalle truppe [[Danubio|danubiane]]. Costanzo stesso riconobbe Vetranione come proprio collega, inviandogli il diadema imperiale e del denaro, in quanto, probabilmente, intendeva impegnare Magnenzio opponendogli un altro usurpatore; il gioco era alquanto pericoloso, prevedendo un ulteriore giocatore: Vetranione, infatti, tentennò nella sua lealtà a Costanzo quando Magnenzio gli propose un'alleanza.
 
Sistemate le cose in Oriente, Costanzo si diresse con parte del proprio esercito in Occidente. Ad [[Eraclea Sintica]] in [[Tracia]], incontrò gli ambasciatori di Magnenzio, il quale gli proponeva di riconoscerlo come collega e di suggellare l'alleanza con un doppio matrimonio, di Magnenzio con Costantina e di Costanzo con la figlia di Magnenzio; l'alternativa era la guerra civile. Costanzo imprigionò come ribelli tutti gli ambasciatori meno uno, che inviò a Magnenzio con la propria sdegnata risposta negativa. Si diresse poi a [[Serdica]] (la moderna [[Sofia]], in [[Bulgaria]]) dove incontrò Vetranione e il suo esercito.<ref>Zonara, xiii.7.22.</ref> L'incontro doveva essere il riconoscimento dell'esistenza di due imperatori legittimi, ma si trasformò nella deposizione dell'anziano usurpatore. Costanzo fece costruire una piattaforma nella pianura, sulla quale salì con Vetranione e, davanti agli eserciti congiunti, iniziò un discorso in cui affermò che un figlio del grande [[Costantino I|Costantino]] era degno di reggere l'impero da solo: alle grida di acclamazione delle truppe, Vetranione comprese di essere stato raggirato, si tolse il diadema dal capo e, inginocchiatosi, riconobbe Costanzo unico imperatore ([[25 dicembre]] 350).<ref>Eutropio, x.11.1.</ref> Costanzo permise a Vetranione di ritirarsi a vita privata e si mosse verso Occidente.<ref name="bury16">Bury, p. 16.</ref>
 
[[File:Solidus-Constantius Gallus-thessalonica RIC 149.jpg|thumb|200px|left|[[Costanzo Gallo]] era cugino e cognato di Costanzo, fu proclamato [[Cesare (titolo)|Cesare]] d'Oriente ([[351]]) e sposò [[Costantina]], sorella di Costanzo, ma fu poi deposto e giustiziato ([[354]]).]]
 
La deposizione di Vetranione era avvenuta all'insegna della proclamazione dei diritti dinastici di Costanzo: in quanto figlio di [[Costantino I]], Costanzo riteneva di aver diritto al regno. Nell'ottica di questa politica dinastica va considerata anche l'elezione a [[Cesare (titolo)|Cesare]] d'Oriente, il [[15 marzo]] [[351]] a [[Sirmio]], di un altro esponente della [[dinastia costantiniana]], il cugino e cognato di Costanzo, [[Costanzo Gallo|Gallo]]. Prevedendo di essere impegnato in Occidente contro Magnenzio, Costanzo volle lasciare una presenza forte in Oriente, e si rivolse quindi all'unico parente adulto rimastogli per affermare l'interesse per la situazione della frontiera con i [[Sasanidi]]; volendo rimarcare i legami famigliari e dinastici con Gallo, il Cesare ricevette il nome di Costanzo,<ref>Teofane Confessore, [[s:la:Chronographia (Theophanes) - AM 5842|AM 5842]].</ref> fu nominato [[console (storia romana)|console]] assieme all'imperatore per gli anni [[352]], [[353]] e [[354]], e sposò [[Costantina]], sorella di Costanzo.<ref>Zonara, xiii.8.4.</ref> Lo scontro si fece anche propagandistico: la guerra civile divenne una "guerra santa" contro l'assassino di Costante, apparvero segni divini (una croce nel cielo di [[Gerusalemme]], il [[7 maggio]] 351) in favore di Costanzo, le zecche [[danubio|danubiane]] coniarono monete recanti la legenda di reminiscenza costantiniana <small>HOC SIGNO VICTOR ERIS</small>.<ref>''Roman Imperial Coinage'', VIII, 282B, 282D, 282G, 282E.</ref><ref name="bury17">Bury, p. 17.</ref>
 
La campagna del 351 contro Magnenzio non iniziò bene per Costanzo: le sue truppe tentarono di penetrare in [[Italia]] attraverso le [[Alpi Giulie]], ma furono sconfitte ad [[Atrans]] (moderna [[Trojane]] in [[Slovenia]]) e costrette a ritirarsi. Magnenzio ordinò ad una parte del suo esercito di avanzare lungo il [[Sava (fiume)|Sava]], penetrando in [[Pannonia]]. Qui fu raggiunto da un inviato di Costanzo, il [[prefetto del pretorio]] [[Flavio Filippo]], che portò la proposta di Costanzo: Magnenzio si sarebbe ritirato in [[Gallia]], rinunciando ad avanzare ancora e Costanzo gli avrebbe concesso la pace. Il vero intento del prefetto di Costanzo era però quello di indagare lo stato delle truppe dell'usurpatore;<ref>Zosimo, ii.46.2.</ref> nella stessa occasione Filippo ebbe la possibilità di arringare i soldati di Magnenzio, cui rinfacciò la loro ingratitudine verso la [[dinastia costantiniana]]. Magnenzio, di tutta risposta, avanzò su [[Siscia]] e la conquistò; infine si diresse verso [[Mursa]]. Costanzo reagì facendo avanzare le sue forze sullo stesso obiettivo, dove si ebbe uno scontro decisivo. Nella successiva [[battaglia di Mursa Maggiore]] ([[28 settembre]] 351) la vittoria arrise a Costanzo, malgrado le gravissime perdite di entrambi gli eserciti, l'eco delle quali rimase nella letteratura contemporanea;<ref>Zosimo, ii.50.4; Aurelio Vittore, xlii.4; Eutropio, x.12.1.</ref> la giornata fu decisa dal tradimento della cavalleria di Magnenzio, comandata da [[Claudio Silvano]], che passò a Costanzo, forse a causa del discorso fatto da Filippo nel campo di Magnenzio. La propaganda che voleva Costanzo combattente con il sostegno divino fu accresciuta dal fatto che l'imperatore lasciò lo scontro per andare a pregare sulla tomba di un martire lì vicino e per la dichiarazione del vescovo di Mursa, Valente, che disse di aver ricevuto la notizia della vittoria di Costanzo direttamente da un angelo.<ref>Valente ebbe notevoli vantaggi negli anni a venire dall'influenza che esercitò su Costanzo a seguito di questa dichiarazione.</ref><ref name="bury20">Bury, p. 20.</ref>
 
[[File:Costanzo contro Massenzio (350-353).png|thumb|400px|Movimenti della guerra tra Costanzo II e [[Magnenzio]].]]
 
Costanzo passò l'inverno 351/[[352]] a Sirmio, poi riprese la campagna scacciando Magnenzio da [[Aquileia]] e forzandolo a tornare in Gallia. A [[Milano]] abrogò con un editto le decisioni del "tiranno",<ref>''[[Codice teodosiano]]'', xv.14.5 del [[3 novembre]] [[352]].</ref> mentre il nuovo [[praefectus urbi|prefetto dell'Urbe]], [[Nerazio Cereale]] (col quale era imparentato tramite la madre di Gallo), gli dedicava a [[Roma]] una statua che lo celebrava come «restauratore della città di Roma e del mondo e distruttore della pestifera tirannide»;<ref>{{CIL|6|1158}}.</ref> la notizia dell'accusa contro [[Clodio Celsino Adelfio]], prefetto di Magnenzio, di aver tramato contro l'usurpatore e il fatto che sua moglie [[Faltonia Betizia Proba]] abbia poi composto un poema celebrante la vittoria di Costanzo su Magnenzio è un indizio dell'alleanza tra Costanzo e l'aristocrazia senatoriale romana. Un secondo indizio è l'affidamento al rappresentante senatoriale [[Vitrasio Orfito]] del comando delle [[marina militare romana|flotte]] di [[Miseno]] e [[Ravenna]], che Costanzo poté controllare solo dopo la conquista dell'Italia, con le quali l'imperatore rientrò in possesso della province d'[[Africa (provincia romana)|Africa]].<ref name="bury21">Bury, p. 21.</ref>
 
Il [[353]] vide la fine dell'avventura di Magnenzio. La propaganda dinastica di Costanzo ebbe il suo apice quando il cesare di Magnenzio, [[Decenzio]], tornando col suo esercito da una sconfitta contro gli [[Alamanni]],<ref>Ammiano Marcellino, xvi.12.5.</ref> si vide negato l'accesso a [[Treviri]],<ref>Ammiano Marcellino, xv.6.4.</ref> città che doveva la propria floridezza all'essere stata scelta come capitale dai [[dinastia costantiniana|Costantinidi]], e che in questa occasione abbandonò l'usurpatore. Magnenzio fu costretto allo scontro nella [[battaglia di Mons Seleucus]], in cui fu sconfitto; si suicidò a [[Lugdunum]] il [[10 agosto]] e la sua testa fece il giro delle città a dimostrare la sua sconfitta.<ref>Ammiano Marcellino, xxii.14.4.</ref> Costanzo passò ad [[Arelate]] l'inverno, celebrando contemporaneamente la sconfitta dell'usurpatore e il trentennale della sua elezione a Cesare.<ref name="bury22">Bury, p. 22.</ref>
 
=== Caduta e morte di Gallo (353-354) ===
[[File:Constantius II - solidus - antioch RIC viii 025.jpg|250px|thumb|left|[[Solido (moneta)|Solido]] di Costanzo II, in celebrazione del suo quindicesimo anno di regno.]]
Nel 354 Costanzo ordinò la morte del [[cesare (titolo)|cesare]] d'Oriente [[Costanzo Gallo]], la cui caduta in disgrazia fu dovuta in parte al suo governo e in parte alle macchinazioni di alcuni alti funzionari della corte di Costanzo.
 
Nel [[354]] Costanzo ordinò la morte del [[cesare (titolo)|cesare]] d'Oriente [[Costanzo Gallo]], la cui caduta in disgrazia fu dovuta in parte al suo governo e in parte alle macchinazioni di alcuni alti funzionari della corte di Costanzo.
 
Alcuni funzionari, che volevano abbattere Gallo per ottenerne guadagni personali – [[Ammiano Marcellino]] fa i nomi di [[Dinamio]], Picenzio, [[Gaio Ceionio Rufio Volusiano Lampadio]], del ''magister equitum'' [[Arbizione]] ed del ''[[praepositus sacri cubiculi]]'' [[Eusebio (praepositus sacri cubiculi)|Eusebio]] –, convinsero Costanzo del fatto che [[Ursicino (generale romano)|Ursicino]] volesse causare una rivolta contro Gallo allo scopo di mettere sul trono il proprio figlio: consigliarono allora all'imperatore di dividere il cesare dal suo ''magister equitum'' prima di intervenire contro Gallo.
 
Nella primavera del [[354]], mentre era acquartierato a [[Milano]] dopo una vittoriosa campagna contro gli [[Alemanni]], Costanzo richiamò Ursicino a corte, con la scusa di dover organizzare una campagna contro i [[Sasanidi]], e lo sostituì con un uomo di fiducia. Contemporaneamente, venuto a conoscenza dei processi ordinati da Gallo, decise di fargli terra bruciata intorno, destituendo il prefetto del pretorio d'occidente [[Vulcacio Rufino]], che era zio di Gallo in quanto fratellastro della madre [[Galla (moglie di Giulio Costanzo)|Galla]], e sostituendolo con il più affidabile Lampadio, uno dei cospiratori contro Gallo.<ref>Zosimo, ii.55.3.</ref>
 
Alcuni funzionari, che volevano abbattere Gallo per ottenerne guadagni personali – [[Ammiano Marcellino]] fa i nomi di [[Dinamio]], Picenzio, [[Gaio Ceionio Rufio Volusiano Lampadio]], del ''magister equitum'' [[Arbizione]] e del ''[[praepositus sacri cubiculi]]'' [[Eusebio (praepositus sacri cubiculi)|Eusebio]] –, convinsero Costanzo del fatto che [[Ursicino (generale romano)|Ursicino]] volesse causare una rivolta contro Gallo allo scopo di mettere sul trono il proprio figlio: consigliarono allora all'imperatore di dividere il cesare dal suo ''magister equitum'' prima di intervenire contro Gallo.
[[File:Viaggio e arresto di Costanzo Gallo.png|thumb|300px|Viaggio di [[Costanzo Gallo]] verso [[Milano]], arresto a [[Poetovio]] e morte a [[Pola]].]]
 
Nella primavera del 354, mentre era acquartierato a ''[[Mediolanum]]'' (Milano) dopo una vittoriosa campagna contro gli [[Alemanni]], Costanzo richiamò Ursicino a corte, con la scusa di dover organizzare una campagna contro i [[Sasanidi]], e lo sostituì con un uomo di fiducia. Contemporaneamente, venuto a conoscenza dei processi ordinati da Gallo, decise di fargli terra bruciata intorno, destituendo il prefetto del pretorio d'occidente [[Vulcacio Rufino]], che era zio di Gallo in quanto fratellastro della madre [[Galla (moglie di Giulio Costanzo)|Galla]], e sostituendolo con il più affidabile Lampadio, uno dei cospiratori contro Gallo.<ref>{{Cita|Zosimo|ii.55.3}}.</ref>
Costanzo richiamò allora il cugino e la sorella a Milano: Gallo mandò avanti la moglie, sperando che questa potesse intercedere per lui presso il fratello, ma [[Costantina]] morì di febbre durante il viaggio, a ''Caeni Gallicani'' in [[Bitinia]]. Gallo, timoroso, volle rimanere ad [[Antiochia di Siria|Antiochia]], ma fu convinto a mettersi in viaggio per Milano dal ''tribunus scutariorum'' Scudilo, il quale gli rivelò che Costanzo aveva intenzione di elevarlo al rango di [[Augusto (titolo)|''augustus'']] in previsione di future campagne nelle province settentrionali. Il cesare, allora, si mosse alla volta di [[Costantinopoli]], dove entrò come in un ''[[adventus]]'' (l'entrata cerimoniale del sovrano nella provincia o nella città); qui indisse delle corse di carri e ne coronò il campione, in un atto evidentemente appartenente alle prerogative imperiali, visto che Costanzo, alla notizia, rimase scosso. Gallo godeva infatti del sostegno delle truppe: alcune legioni [[tebaide|tebane]], acquartierate in [[Tracia]] per svernare, gli suggerirono di rimanere sotto la loro protezione e di non muoversi dalla regione.<ref>Ammiano Marcellino, [[s:la:Res Gestae Libri XXXI - Liber XIV#XI|xiv.11.15]].</ref> Costanzo si premurò di inviare al cugino alcuni ufficiali,<ref>Tra cui [[Flavio Leonzio]], [[Lucilliano]] e [[Bainobaude]] (Ammiano Marcellino, [[s:la:Res Gestae Libri XXXI - Liber XIV#XIII|xiv.13.14]]).</ref> che avevano in realtà il compito di controllarne le mosse, e ordinò di allontanare le guarnigioni dal percorso che Gallo avrebbe seguito, in modo da rendergli impossibile l'appello ai soldati.
[[File:Viaggio e arresto di Costanzo Gallo.png|thumb|upright=1.4|Viaggio di [[Costanzo Gallo]] verso ''[[Mediolanum]]'', arresto a [[Poetovio]] e morte a [[Pola]].]]
Costanzo richiamò allora il cugino e la sorella a ''Mediolanum'': Gallo mandò avanti la moglie, sperando che questa potesse intercedere per lui presso il fratello, ma [[Costantina]] morì di febbre durante il viaggio, a ''Caeni Gallicani'' in [[Bitinia]]. Gallo, timoroso, volle rimanere ad [[Antiochia di Siria|Antiochia]], ma fu convinto a mettersi in viaggio per ''Mediolanum'' dal ''tribunus scutariorum'' Scudilo, il quale gli rivelò che Costanzo aveva intenzione di elevarlo al rango di ''[[Augusto (titolo)|augustus]]'' in previsione di future campagne nelle province settentrionali. Il cesare, allora, si mosse alla volta di [[Costantinopoli]], dove entrò come in un ''[[adventus]]'' (l'entrata cerimoniale del sovrano nella provincia o nella città); qui indisse delle corse di carri e ne coronò il campione, in un atto evidentemente appartenente alle prerogative imperiali, visto che Costanzo, alla notizia, rimase scosso. Gallo godeva infatti del sostegno delle truppe: alcune legioni [[tebaide (Egitto)|tebane]], acquartierate in [[Tracia]] per svernare, gli suggerirono di rimanere sotto la loro protezione e di non muoversi dalla regione.<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|[[s:la:Res Gestae Libri XXXI - Liber XIV#XI|xiv.11.15]]}}.</ref> Costanzo si premurò di inviare al cugino alcuni ufficiali,<ref>Tra cui [[Flavio Leonzio]], [[Lucilliano]] e [[Bainobaude]] ({{Cita|Ammiano Marcellino|[[s:la:Res Gestae Libri XXXI - Liber XIV#XIII|xiv.13.14]]}}).</ref> che avevano in realtà il compito di controllarne le mosse, e ordinò di allontanare le guarnigioni dal percorso che Gallo avrebbe seguito, in modo da rendergli impossibile l'appello ai soldati.
 
Gallo fu costretto a lasciare il suo esercito ad [[Edirne|Adrianopoli]] e a mettersi in marcia verso [[Poetovio]], dove alcune truppe scelte guidate da [[Barbazione]], uno dei cospiratori contro di lui, e da [[Apodemio]] circondarono la casa in cui stava: Barbazione lo arrestò, lo privò delle insegne imperiali vestendolo da semplice soldato e, garantendogli l'incolumità, lo inviò sotto scorta a [[Pola]]. Le accuse contro Gallo — portate avanti dal gran ciambellano Eusebio, dal ''notarius'' [[Pentadio (magister officiorum)|Pentadio]] e dal tribuno delle guardie [[Mallobaude]] — riguardavano i processi per tradimento instaurati ad Antiochia e la morte di [[Domiziano (prefetto del pretorio)|Domiziano]] e [[Monzio Magno]]. Gallo pensò di dare la colpa per le condanne a morte alla defunta moglie, Costantina, ma Costanzo si adirò enormemente per l'accusa e ordinò l'esecuzione del cugino, inviando [[Sereniano]] a comunicargli, assieme a Pentadio e Apodemio, la condanna a morte.
 
Le fonti (Ammiano Marcellino, [[Libanio]] e [[Filostorgio]]) sono concordi nel dire che la condanna a morte di Gallo fu opera dell'eunuco Eusebio; inoltre, quando Costanzo cambiò idea e ordinò di risparmiare il cugino, il ''praepositus cubiculi'' impedì al messo imperiale di raggiungere in tempo gli esecutori della sentenza:<ref>Zonara,{{Cita|Giovanni Zonara|xiii.9.20}}.</ref> questi legarono le mani a Gallo e gli tagliarono la testa (fine 354).<ref>{{Cita|Filostorgio, |[[s:en:Ecclesiastical history (Philostorgius)/Epitome of book IV#Chapter 2|iv.2]]}}, che quasi assolve Costanzo dall'aver condannato Gallo, addossando le colpe ai suoi consiglieri; Libanio, xii.35, xviii.24, xviii.152.</ref>
 
=== Campagne contro gli Alemanni e usurpazione di Silvano (354-355) ===
[[File:Missorium Kerch.jpg|thumb|left|upright=1.4|Costanzo II, raffigurato sul ''[[missorium]]'' di Kerch, affiancato da un soldato il cui scudo è decorato col [[Monogramma di Cristo|chi-ro]] e dalla [[Vittoria (divinità)|Vittoria]] con corona d'alloro e ramo di palma.]]
Il 354 fu caratterizzato anche dalle campagne di Costanzo contro gli [[Alemanni]] che avevano saccheggiato i territori romani senza che [[Magnenzio]] né [[Decenzio]] riuscissero a contrastarli. Mossosi da [[Arles|Arelate]], Costanzo avanzò verso nord per scontrarsi con i [[Brisigavi]],<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xiv.10}}.</ref> la più meridionale delle tribù alemanne. L'imperatore riuscì a sottomettere la tribù barbarica e, dopo aver firmato un trattato con i re [[Gundomado]] e [[Vadomario]], ritornò a svernare a ''[[Mediolanum]]''. L'anno successivo, il 355, furono i [[Lentiensi]] a recare disturbo ai sudditi dell'impero: questa volta Costanzo non scese in campo personalmente, ma demandò al proprio ''magister equitum'' [[Arbizione]] di debellare questa minaccia, cosa che il generale fece sconfiggendo la tribù alemanna presso il [[lago di Costanza]],<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xv.4}}.</ref> consentendo all'imperatore di fregiarsi del titolo di ''[[Cognomina ex virtute#Alamannicus maximus|Germanicus Alamannicus maximus]]''.<ref name="CIL3, 3705" />
 
Un'ulteriore minaccia al regno di Costanzo fu l'usurpazione di [[Claudio Silvano]], il generale di [[Magnenzio]] che era passato dalla parte dell'imperatore e che Costanzo aveva premiato con il conferimento del rango di ''[[magister militum]]'' e inviato in [[Gallia]]. La Gallia aveva sempre avuto, sin dall'epoca di [[Costanzo Cloro]] (il nonno di Costanzo II), un [[Cesare (titolo)|Cesare]] o un [[Augusto (titolo)|Augusto]] residente nel proprio territorio: ciò permetteva allo Stato romano una reazione immediata alle frequenti incursioni delle popolazioni barbariche, dando alle popolazioni galliche un maggior senso di protezione. In questa ottica va anche visto il sostegno all'usurpazione di Magnenzio (dopo la morte di [[Costantino II]], il sovrano era [[Costante I]], che risiedeva però principalmente in [[Italia]]) e il successivo abbandono in favore del legittimo imperatore Costanzo. L'imperatore, però, stabilì la propria capitale a ''Mediolanum'' (Milano), lontano dalla Gallia, creando così quella insoddisfazione tra le truppe galliche che permise la ribellione del loro ''magister militum''.
[[File:Missorium Kerch.jpg|thumb|left|300px|Costanzo II, raffigurato sul ''[[missorium]]'' di Kerch, affiancato da un soldato il cui scudo è decorato col [[chi-ro]] e dalla [[Vittoria (divinità)|Vittoria]] con corona d'alloro e ramo di palma.]]
 
Silvano fu in effetti la vittima degli intrighi della corte di Costanzo: secondo [[Ammiano Marcellino]], il [[prefetto del pretorio]] [[Gaio Ceionio Rufio Volusiano Lampadio|Volusiano Lampadio]] e il ''[[praepositus sacri cubiculi]]'' [[Eusebio (praepositus sacri cubiculi)|Eusebio]] utilizzarono una spugna per alterare una lettera inviata da Silvano ad alcuni suoi amici a [[Roma]],<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|[[s:la:Res Gestae Libri XXXI - Liber XV#V|xv.5.4]]}}.</ref> in modo che la lettera corrotta suggerisse che Silvano stesse provando a guadagnarsi sostegni nella città in vista di un colpo di Stato. Silvano aveva contro tutti i collaboratori di Costanzo, a parte i generali franchi Malarico e [[Mallobaude]]: i cortigiani [[Apodemio]] e [[Dinamio]] composero persino nuove lettere false. Costanzo mise sotto processo Silvano, ma i suoi alleati riuscirono a difenderlo dalle accuse infondate. Silvano però, non sapendo del successo dei suoi amici, pensò di difendersi dal pericolo di essere condannato accettando l'acclamazione a imperatore da parte delle truppe galliche, l'11 agosto 355 a ''Colonia Agrippina'' (moderna [[Colonia (Germania)|Colonia]], [[Germania]]).<ref>David C. Nutt (1973). ''Silvanus and the Emperor Constantius II''. Antichton '''7''' (9): pp. 80-89.</ref>
Il [[354]] fu caratterizzato anche dalle campagne di Costanzo contro gli [[Alemanni]] che avevano saccheggiato i territori romani senza che [[Magnenzio]] né [[Decenzio]] riuscissero a contrastarli. Mossosi da [[Arelate]], Costanzo avanzò verso nord per scontrarsi con i [[Brisigavi]],<ref>Ammiano Marcellino, xiv.10.</ref> la più meridionale delle tribù alemanne. L'imperatore riuscì a sottomettere la tribù barbarica e, dopo aver firmato un trattato con i re [[Gundomado]] e [[Vadomario]], ritornò a svernare a [[Milano]]. L'anno successivo, il [[355]], furono i [[Lenziensi]] a recare disturbo ai sudditi dell'impero: questa volta Costanzo non scese in campo personalmente, ma demandò al proprio ''magister equitum'' [[Arbizione]] di debellare questa minaccia, cosa che il generale fece sconfiggendo la tribù alemanna presso il [[lago di Costanza]].<ref>Ammiano Marcellino, xv.4.</ref>
 
Costanzo reagì immediatamente alla notizia della rivolta convocando un [[concistorio]] notturno nel suo [[Palazzo imperiale romano di Milano|palazzo]] di ''[[Mediolanum]]''. Il suo piano consisteva, ancora una volta, in un'azione diplomatica invece che militare: un gruppo di funzionari si sarebbe recato a Colonia con una lettera dell'imperatore, con la quale erano comunicate a Silvano la sua promozione ad altro incarico e la sua convocazione a ''Mediolanum''. Del gruppo di funzionari facevano parte alcuni fedelissimi di Costanzo, tra cui Apodemio, mentre fu [[Ursicino (generale romano)|Ursicino]], all'epoca ancora detenuto in quanto sospettato di coinvolgimento nella caduta di [[Costanzo Gallo]], a guidare la missione, ricevendo anche l'incarico di sostituire Silvano al comando delle truppe galliche. [[Ammiano Marcellino]], che partecipò alla missione in qualità di attendente di Ursicino, racconta che il suo comandante ricevette l'ordine di Costanzo di fingere che l'imperatore non fosse ancora venuto a conoscenza dell'usurpazione, e, nel caso non fosse riuscito in questo intento, Costanzo gli ordinò di organizzare la cattura di Silvano: Ursicino ingannò Silvano e ne corruppe la guardia, che lo trasse dalla chiesa in cui stava pregando e lo uccise.<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xv.5.1}}.</ref> Malgrado i panegirici che lodano la magnanimità di Costanzo con i collaboratori di Silvano e il fatto che l'imperatore graziò il figlio dell'usurpatore, Ammiano Marcellino racconta come Costanzo mise a morte molti sostenitori del suo ''magister militum''.<ref name="bury2728">{{Cita|Bury 1925|pp. 27-28}}.</ref>
Una ulteriore minaccia al regno di Costanzo fu l'usurpazione di [[Claudio Silvano]], il generale di [[Magnenzio]] che era passato dalla parte dell'imperatore e che Costanzo aveva premiato con il conferimento del rango di ''[[magister militum]]'' e inviato in [[Gallia]]. La Gallia aveva sempre avuto, sin dall'epoca di [[Costanzo Cloro]] (il nonno di Costanzo II), un [[Cesare (titolo)|Cesare]] o un [[Augusto (titolo)|Augusto]] residente nel proprio territorio: ciò permetteva allo stato romano una reazione immediata alle frequenti incursioni delle popolazioni barbariche, dando alle popolazioni galliche un maggior senso di protezione. In questa ottica va anche visto il sostegno all'usurpazione di Magnenzio (dopo la morte di [[Costantino II]], il sovrano era [[Costante I]], che risiedeva però principalmente in [[Italia]]) e il successivo abbandono in favore del legittimo imperatore Costanzo. L'imperatore, però, stabilì la propria capitale a Milano, lontano dalla Gallia, creando così quella insoddisfazione tra le truppe galliche che permise la ribellione del loro ''magister militum''.
 
Silvano fu in effetti la vittima degli intrighi della corte di Costanzo: secondo [[Ammiano Marcellino]], il [[prefetto del pretorio]] [[Gaio Ceionio Rufio Volusiano Lampadio|Volusiano Lampadio]] e il ''[[praepositus sacri cubiculi]]'' [[Eusebio (praepositus sacri cubiculi)|Eusebio]] utilizzarono una spugna per alterare una lettera inviata da Silvano ad alcuni suoi amici a [[Roma]],<ref>Ammiano Marcellino, [[s:la:Res Gestae Libri XXXI - Liber XV#V|xv.5.4]].</ref> in modo che la lettera corrotta suggerisse che Silvano stesse provando a guadagnarsi sostegni nella città in vista di un colpo di stato. Silvano aveva contro tutti i collaboratori di Costanzo, a parte i generali franchi Malarico e [[Mallobaude]]: i cortigiani [[Apodemio]] e [[Dinamio]] composero persino nuove lettere false. Costanzo mise sotto processo Silvano, ma i suoi alleati riuscirono a difenderlo dalle accuse infondate. Silvano però, non sapendo del successo dei suoi amici, pensò di difendersi dal pericolo di essere condannato accettando l'acclamazione a imperatore da parte delle truppe galliche, l'[[11 agosto]] 355 a ''Colonia Agrippina'' (moderna [[Colonia (Germania)|Colonia]], [[Germania]]).<ref>Nutt, D.C., "Silvanus and the Emperor Constantius II", ''Antichton'', 7 9 (1973), pp. 80-89.</ref>
 
Costanzo reagì immediatamente alla notizia della rivolta convocando un [[concistorio]] notturno nel suo palazzo di Milano. Il suo piano consisteva, ancora una volta, in una azione diplomatica invece che militare: un gruppo di funzionari si sarebbe recato a Colonia con una lettera dell'imperatore, con la quale erano comunicate a Silvano la sua promozione ad altro incarico e la sua convocazione a Milano. Del gruppo di funzionari facevano parte alcuni fedelissimi di Costanzo, tra cui Apodemio, mentre fu [[Ursicino (generale romano)|Ursicino]], all'epoca ancora detenuto in quanto sospettato di coinvolgimento nella caduta di [[Costanzo Gallo]], a guidare la missione, ricevendo anche l'incarico di sostituire Silvano al comando delle truppe galliche. [[Ammiano Marcellino]], che partecipò alla missione in qualità di attendente di Ursicino, racconta che il suo comandante ricevette l'ordine di Costanzo di fingere che l'imperatore non fosse ancora venuto a conoscenza dell'usurpazione, e, nel caso non fosse riuscito in questo intento, Costanzo gli ordinò di organizzare la cattura di Silvano: Ursicino ingannò Silvano e ne corruppe la guardia, che lo trasse dalla chiesa in cui stava pregando e lo uccise.<ref>Ammiano Marcellino, xv.5.1.</ref> Malgrado i panegirici che lodano la magnanimità di Costanzo con i collaboratori di Silvano e il fatto che l'imperatore graziò il figlio dell'usurpatore, Ammiano Marcellino racconta come Costanzo mise a morte molti sostenitori del suo ''magister militum''.<ref name="bury2728">Bury, pp. 27-28.</ref>
 
=== Giuliano cesare e ''vicennalia'' (355-357) ===
[[File:JulianusII-antioch(360-363)-CNG.jpg|thumb|left|[[GiulianoFlavio (imperatoreClaudio romano)Giuliano|Giuliano]] era il cugino di Costanzo II, che lo nominò [[Cesare (titolo)|cesare]] d'Occidente nel [[355]].]]
[[File:Constantius II - solidus - antioch RIC viii 165.jpg|thumb|Moneta di Costanzo che celebra i ''[[vicennalia]]''.]]
La rivolta di [[Claudio Silvano]], sebbene di breve durata, fu un segnale dell'insoddisfazione delle [[Gallia|Gallie]] che Costanzo intese bene: sempre nell'ottica della sua politica dinastica, non avendo avuto figli dai suoi due matrimoni, Costanzo pensò quindi di elevare al rango di [[Cesare (titolo)|Cesare]] d'Occidente il cugino [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], fratellastro di [[Costanzo Gallo|Gallo]]. La cerimonia avvenne nella capitale occidentale di Costanzo, ''[[Mediolanum]]'', il 6 novembre 355: oltre a ricevere i simboli del proprio rango, Giuliano sposò la seconda sorella di Costanzo, [[Elena (figlia di Costantino)|Elena]] e fu nominato console per il 356 assieme all'imperatore. Scottato dall'esperienza con Gallo, Costanzo limitò subito il raggio d'azione del collega, che del resto non aveva mai mostrato alcun interesse per la politica o la guerra, concedendogli una corte e un contingente militare limitati, affidando poi l'effettivo comando delle truppe a generali di propria fiducia e l'amministrazione civile al proprio [[prefetto del pretorio]]. Non di meno la collaborazione con Giuliano fu proficua, e i due organizzarono un doppio attacco volto alla riconquista di quelle parti della Gallia cadute in mano al nemico (356): Giuliano portò l'attacco principale, mentre Costanzo comandò un attacco contro gli [[Alemanni]], destituendo poi il proprio generale [[Marcello (generale di Costanzo)|Marcello]] che non aveva sostenuto Giuliano (luglio-agosto 357).<ref name="bury29">{{Cita|Bury 1925|p. 29}}.</ref> Sempre nel 356 Costanzo II istituì uno ''scriptorium'' a [[Costantinopoli]], in cui erano copiati i classici della letteratura; la libreria era finanziata direttamente dall'imperatore.<ref>[[Vasiliki Limberis]], ''Divine Heiress: The Virgin Mary and the Creation of Christian Constantinople'', London; New York, Routledge, 1994, p. 65. ISBN 0-415-09677-4</ref>
[[File:Lateran Obelisk HD.jpg|thumb|L'[[Obelisco Lateranense]] di [[Roma]], eretto da Costanzo II nel [[Circo Massimo]] durante la sua visita nel [[357]], in occasione dei propri ''vicennalia'', recava un'iscrizione celebrante la vittoria su [[Magnenzio]].]]
Nel 357 Costanzo celebrò i propri ''[[vicennalia]]'' (venti anni di regno) inaugurando il primo nucleo (un ''atelier'' di calligrafi) della [[Biblioteca di Costantinopoli|biblioteca pubblica a Costantinopoli]] al fine di salvaguardare le opere degli autori greci.<ref>Horst Blanck, ''Il libro nel mondo antico'', a cura di Rosa Otranto, Edizioni Dedalo, Bari 2008, p. 242</ref> Compì inoltre la sua prima e unica visita all'antica capitale del suo impero, [[Roma]]. L'imperatore giunse nell'Urbe il 28 aprile del 357 con tutta la sua corte, con la seconda moglie [[Eusebia]] (sposata nel 353) e la sorella Elena. Fece un [[Adventus|ingresso trionfale]] nella città, tra ali di ''[[clibanarii]]'', immobile sul proprio cocchio d'oro. L'evento è ricordato con grandezza da [[Ammiano Marcellino]] e in quest'occasione [[Temistio]], rappresentante del [[Senato]] di Costantinopoli, tenne un'orazione davanti all'imperatore.<ref>Cfr. Amm., XVII, 4; Temistio, ''Orazioni'', III, 5</ref> La Città Eterna ebbe un notevole effetto su di lui, che ammirò le costruzioni dell'antica capitale, dai templi all'[[colosseo|anfiteatro flavio]], dal [[Pantheon (Roma)|Pantheon]] fino al [[Foro di Traiano]], rimanendo stupito per la sua statua equestre. Il suo stupore trasformò in questa visita l'atteggiamento del sovrano assoluto, che nelle province si faceva chiamare ''Dominus Noster'' ("Nostro Signore") e viveva distaccato dai suoi sudditi, in quello un ''princeps'': recò omaggio infatti ai [[senato romano|senatori]] recandosi in udienza nella [[Curia Iulia|Curia]], assistette ai giochi organizzati per accontentare la plebe romana, di cui ammirò la ''libertas'' e la varietà delle origini, acconsentendo di non imporre alle gare il proprio volere, ma di lasciare loro il proprio corso. Dal punto di vista politico, la visita a Roma permise all'imperatore di saldare i legami con l'aristocrazia senatoriale romana, che aveva sulla coscienza il sostegno, seppur limitato, a [[Magnenzio]]: a ricordo della sua visita, che terminò il 29 maggio — l'imperatore fu obbligato a partire a causa delle notizie di sommossa di [[Quadi]], [[Suebi]] e [[Sarmati]] sul [[Danubio]] — Costanzo fece trasportare da [[Alessandria d'Egitto]] ed erigere nel [[Circo Massimo]] l'[[Obelisco Lateranense|obelisco]] oggi davanti alla [[basilica di San Giovanni in Laterano]], la cui base celebrava ancora una volta la sua vittoria sul tiranno Magnenzio.<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xvi.10}}; {{Cita|Bury 1925|pp. 30-32}}. Un altro obelisco fu contestualmente portato ad Alessandria per essere inviato a [[Costantinopoli]], cosa che avvenne però solo sotto il regno di [[Teodosio I]], il quale lo eresse nell'[[Ippodromo di Costantinopoli]]: si tratta dell'[[Obelisco di Teodosio]].</ref> L'iscrizione posta alla base dell'obelisco consisteva in un lungo carme onorario di 24 esametri, che commemorava l'erezione del monumento da parte di Costanzo. L'epigrafe antica oggi è perduta, ma il testo è noto in quanto essa fu rinvenuta e trascritta nel 1587.<ref>{{CIL|6|1163}}.</ref> Essa recitava:
{{citazione|L'opera del padre e il [suo] dono a te Roma dedicò Costanzo Augusto, una volta sottomesso [tutto] il globo, e ciò che nessuna terra portò, né alcuna età aveva visto (a te) eresse perché i doni fossero pari ai famosi trionfi. Volendo [[Costantino I|il genitore]] che questo ornamento fosse decoro della [[Costantinopoli|città che porta il suo nome]], lo tolse dalla rupe tagliata a [[Tebe (Egitto)|Tebe]]. Ma la preoccupazione del trasporto affliggeva grandemente il divo, poiché da nessun ingegno e sforzo e mano sarebbe stata mossa la caucasea mole: (così) ammoniva la fama che si spandeva qua e là. Invece il signore del mondo, Costanzo, convinto che tutto ceda al valore, comandò che si muovesse sulle terre la non piccola parte di monte e ripose la sua fiducia nel mare rigonfio e le acque, con placida onda, condussero la nave alle spiagge d'Occidente, con meraviglia del [Tevere]. Nel mentre che (te) Roma devastava un [[Magnenzio|tetro tiranno]], rimase a giacere il dono così come la preoccupazione dell'Augusto per la sua collocazione: non per orgoglioso disprezzo, ma perché nessuno credeva che un'opera di tanta mole potesse levarsi alle aure celesti. Ora, come di nuovo strappata alle cave rosseggianti questa gloria a lungo conservata brillò e tocca i cieli; una volta morto il tiranno viene restituita al suo committente e, trovato con il valore l'accesso a Roma, il vincitore esultante [affida al tempo stesso l'altissimo] trofeo del principe alla città e [per sempre il (suo)] dono ai trionfi di pari dignità.|Traduzione di Paolo Liverani, in ''[https://www.academia.edu/21561275/Costanzo_II_e_l_obelisco_del_Circo_Massimo_a_Roma Costanzo II e l’obelisco del Circo Massimo a Roma]'', 2012.}}
 
=== Nemici esterni e interni; morte di Costanzo (357–361) ===
La rivolta di [[Claudio Silvano]], sebbene di breve durata, fu un segnale dell'insoddisfazione delle [[Gallia|Gallie]] che Costanzo intese bene: sempre nell'ottica della sua politica dinastica, non avendo avuto figli dai suoi due matrimoni, Costanzo pensò quindi di elevare al rango di [[Cesare (titolo)|Cesare]] d'Occidente il cugino [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]], fratellastro di [[Costanzo Gallo|Gallo]]. La cerimonia avvenne nella capitale occidentale di Costanzo, [[Milano]], il [[6 novembre]] [[355]]: oltre a ricevere i simboli del proprio rango, Giuliano sposò la seconda sorella di Costanzo, [[Elena (figlia di Costantino)|Elena]] e fu nominato console per il [[356]] assieme all'imperatore. Scottato dall'esperienza con Gallo, Costanzo limitò fin da subito il raggio d'azione del collega, che del resto non aveva mai mostrato alcun interesse per la politica o la guerra, concedendogli una corte e un contingente militare limitati, affidando poi l'effettivo comando delle truppe a generali di propria fiducia e l'amministrazione civile al proprio [[prefetto del pretorio]]. Non di meno la collaborazione con Giuliano fu proficua, e i due organizzarono un doppio attacco volto alla riconquista di quelle parti della Gallia cadute in mano al nemico (356): Giuliano portò l'attacco principale, mentre Costanzo comandò un attacco contro gli [[Alemanni]], destituendo poi il proprio generale [[Marcello (generale di Costanzo)|Marcello]] che non aveva sostenuto Giuliano (luglio-agosto 357).<ref name="bury29">Bury, p. 29.</ref> Sempre nel 356 Costanzo II istituì uno ''scriptorium'' a [[Costantinopoli]], in cui erano copiati i classici della letteratura; la libreria era finanziata direttamente dall'imperatore.<ref>Vasiliki Limberis, ''Divine Heiress: The Virgin Mary and the Creation of Christian Constantinople'', Routledge, 1994, ISBN 0-415-09677-4, p. 65.</ref>
{{Vedi anche|Campagne suebo-sarmatiche di Costanzo II}}
[[File:Iscrizione in onore di Costanzo II da Memmio Vitrasio Orfito.jpg|thumb|Base di una statua eretta in onore di Costanzo dal ''praefectus urbis'' [[Memmio Vitrasio Orfito]].]]
Per affrontare la minaccia costituita dalle popolazioni barbariche che vivevano al di là del [[Danubio]], Costanzo si dovette recare sul luogo col proprio esercito: dopo aver lasciato [[Roma]] a fine maggio 357 si recò a ''[[Mediolanum]]'', di qui in Illirico (da dove sostituì [[Marcello (generale di Costanzo)|Marcello]] con Severo, come voluto da [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]] cui però sottrasse il collaboratore [[Saturnino Secondo Salustio|Salustio]]), poi di nuovo a ''Mediolanum'' a inizio dicembre e infine a [[Sirmio]], dove pose la corte.
 
Per tutto l'anno le province danubiane avevano subito gli assalti e i saccheggi delle popolazioni barbare: i [[Suebi]] avevano devastato la [[Rezia]], i [[Quadi]] erano penetrati in Valeria, mentre i [[Sarmati]] avevano invaso [[Mesia]] e [[Pannonia]]. La scelta di Costanzo fu quella di evitare un attacco in grande scala, ma di dosare l'opzione militare con quella diplomatica. Dopo l'equinozio di primavera del 358, l'imperatore passò il [[Danubio]] con l'esercito, [[Campagne suebo-sarmatiche di Costanzo II|affrontando]] i Sarmati e i Quadi a piccoli gruppi e costringendoli con la forza e la diplomazia ad accettare dei trattati di pace, garantiti dall'invio di ostaggi e ottenuti in cambio della restituzione di prigionieri romani. Per attenuare la pericolosità dei Sarmati, Costanzo allontanò i [[Limiganti]], una tribù formata da ex-schiavi sarmati ribellatisi ai propri padroni, inviandoli lontano dal Danubio, mentre mise Zizais, un giovane principe a lui fedele, sul trono dei Sarmati rimasti vicino alla frontiera fluviale. Tornò poi ai quartieri invernali a Sirmio, dove fu acclamato dall'esercito e accettò per la seconda volta il titolo di ''[[Sarmaticus maximus]]''.<ref name="AmmianoMarcellino" /> L'anno successivo Costanzo ricevette la notizia che in Oriente [[Sapore II]] aveva ripreso le ostilità, in una campagna che portò alla conquista [[sasanidi|sasanide]] della fortezza frontaliera di [[Diyarbakır|Amida]] in ottobre; l'imperatore, però, poté lasciare l'area danubiana solo dopo la caduta della città, in quanto fu impegnato contro i Limiganti. Questa popolazione, infatti, non rispettò i patti conclusi l'anno precedente e che prevedevano il loro stanziamento lontani dal territorio romano.<ref>Bury 1925, p. 32.</ref>
[[File:Obelisk-Lateran.jpg|thumb|L'[[Obelisco Lateranense]] di [[Roma]], eretto da Costanzo II nel [[Circo Massimo]] durante la sua visita nel [[357]], in occasione dei propri ''vicennalia'', reca una iscrizione celebrante la vittoria su [[Magnenzio]].]]
 
Nel 360 Sapore prese le fortezze orientali di [[Singara]] e [[Bezabde]]; Costanzo, obbligato a riprendere le ostilità con i Sasanidi, richiese al cesare Giuliano alcune sue truppe, anche allo scopo di assicurarsi che non potesse progettare l'usurpazione, ma le truppe galliche si ribellarono all'idea di essere mandate in oriente e proclamarono ''[[Augusto (titolo)|augusto]]'' Giuliano, che aveva dato valide prove di capacità militari difendendo la Gallia da vari tentativi d'invasione: fu l'inizio di una nuova guerra civile. Costanzo decise che la guerra contro i Sasanidi aveva la precedenza sulla ribellione di Giuliano, e nella primavera del 360 iniziò la propria campagna orientale, occupando [[Edessa (Mesopotamia)|Edessa]] e cercando di riprendere Bezabde; l'attacco però fallì e Costanzo decise di ritirarsi a svernare ad [[Antiochia di Siria]].<ref>{{Cita|Clinton 1853|p. 121}}.</ref>
Nel [[357]] Costanzo celebrò i propri ''[[vicennalia]]'' (venti anni di regno) con la sua prima ed unica visita all'antica capitale del suo impero, [[Roma]]. L'imperatore giunse nell'Urbe nell'aprile del 357 con tutta la sua corte, con la moglie [[Eusebia]] e la sorella Elena. Fece un ingresso trionfale nella città, tra ali di ''[[clibanarii]]'', immobile sul proprio cocchio d'oro. La Città Eterna ebbe un notevole effetto su di lui, che ammirò le costruzioni dell'antica capitale, dai templi all'[[colosseo|anfiteatro flavio]], dal [[Pantheon]] fino al [[Foro di Traiano]], rimanendo stupito per la sua statua equestre. Il suo stupore trasformò in questa visita l'atteggiamento del sovrano assoluto, che nelle province si faceva chiamare ''Dominus Noster'' ("Nostro Signore") e viveva distaccato dai suoi sudditi, in quello un ''princeps'': recò omaggio infatti ai [[senato romano|senatori]] recandosi in udienza nella [[Curia]], assistette ai giochi organizzati per accontentare la plebe romana, di cui ammirò la ''libertas'' e la varietà delle origini, acconsentendo di non imporre alle gare il proprio volere, ma di lasciare loro il proprio corso. Dal punto di vista politico, la visita a Roma permise all'imperatore di saldare i legami con l'aristocrazia senatoriale romana, che aveva sulla coscienza il sostegno, seppur limitato, a [[Magnenzio]]: a ricordo della sua visita, che terminò il [[29 maggio]] — l'imperatore fu obbligato a partire a causa delle notizie di sommossa di [[Quadi]], [[Suebi]] e [[Sarmati]] sul [[Danubio]] — Costanzo fece trasportare da [[Alessandria d'Egitto]] ed erigere nel [[Circo Massimo]] l'[[obelisco]] oggi davanti alla [[basilica di San Giovanni in Laterano]], la cui base celebrava ancora una volta la sua vittoria sul tiranno Magnenzio.<ref>{{CIL|6|1163}}; Ammiano Marcellino, xvi.10; Bury, pp. 30-32. Un altro obelisco fu contestualmente portato ad Alessandria per essere inviato a [[Costantinopoli]], cosa che avvenne però solo sotto il regno di [[Teodosio I]], il quale lo eresse nell'[[Ippodromo di Costantinopoli]]: si tratta dell'[[Obelisco di Teodosio]].</ref>
 
Nel 361, ad [[Antiochia di Siria|Antiochia]], Costanzo sposò [[Faustina (augusta)|Faustina]], che nominò poi [[augusta (titolo)|augusta]], da cui avrebbe avuto l'agognata figlia, [[Flavia Massima Faustina Costanza]], nata postuma. In quell'anno l'imperatore riprese inizialmente la campagna sasanide, muovendo su Edessa e da qui su [[Ierapoli]], ma poi riprese la strada per Antiochia, muovendo incontro a Giuliano, che col suo esercito stava avanzando verso oriente. Lo scontro fratricida tra gli ultimi due membri della [[dinastia costantiniana]] non avvenne, però: partito da [[Tarso (Asia Minore)|Tarso]] in autunno, il 3 novembre Costanzo morì per una febbre mentre si trovava ancora in [[Asia]], a Mopsucrenae.<ref name="clinton_122">{{Cita|Clinton 1853|p. 122}}.</ref> Il senato di Roma, con un atto di ''[[Apoteosi|consecratio]]'', lo divinizzò.<ref>[[Eutropio]] X, 15, 2; ''Codice teodosiano'' XIII, 5, 14 (ove Costanzo è definito ''divus'').</ref>
=== Nemici esterni ed interni; morte di Costanzo (357-361) ===
[[File:147 Constantius II.jpg|thumb|left|Costanzo augusto su di una moneta.]]
 
Per affrontare la minaccia costituita dalle popolazioni barbariche che vivevano al di là del [[Danubio]], Costanzo si dovette recare sul luogo col proprio esercito: dopo aver lasciato [[Roma]] a fine maggio [[357]] si recò a [[Milano]], di qui in Illirico (da dove sostituì [[Marcello (generale di Costanzo)|Marcello]] con Severo, come voluto da [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]] cui però sottrasse il collaboratore [[Saturnino Secondo Salustio|Salustio]]), poi di nuovo a Milano ad inizio dicembre ed infine a [[Sirmio]], dove pose la corte.
 
Per tutto l'anno le province danubiane avevano subito gli assalti e i saccheggi delle popolazioni barbare: i [[Suebi]] avevano devastato la [[Rezia]], i [[Quadi]] erano penetrati in Valeria, mentre i [[Sarmati]] avevano invaso [[Mesia]] e [[Pannonia]]. La scelta di Costanzo fu quella di evitare un attacco in grande scala, ma di dosare l'opzione militare con quella diplomatica. Dopo l'equinozio di primavera del [[358]], l'imperatore passò il [[Danubio]] con l'esercito, affrontando i Sarmati e i Quadi a piccoli gruppi e costringendoli con la forza e la diplomazia ad accettare dei trattati di pace, garantiti dall'invio di ostaggi e ottenuti in cambio della restituzione di prigionieri romani. Per attenuare la pericolosità dei Sarmati, Costanzo allontanò i [[Limiganti]], una tribù formata da ex-schiavi sarmati ribellatisi ai propri padroni, inviandoli lontano dal Danubio, mentre mise Zizais, un giovane principe a lui fedele, sul trono dei Sarmati rimasti vicino alla frontiera fluviale. Tornò poi ai quartieri invernali a Sirmio, dove fu acclamato dall'esercito e accettò per la seconda volta il titolo di ''[[Sarmaticus maximus]]''. L'anno successivo Costanzo ricevette la notizia che in Oriente [[Sapore II]] aveva ripreso le ostilità, in una campagna che portò alla conquista [[sasanidi|sasanide]] della fortezza frontaliera di [[Amida]] in ottobre; l'imperatore, però, poté lasciare l'area danubiana solo dopo la caduta della città, in quanto fu impegnato contro i Limiganti. Questa popolazione, infatti, non rispettò i patti conclusi l'anno precedente e che prevedevano il loro stanziamento lontani dal territorio romano.<ref name="bury32" />
 
Nel [[360]] Sapore prese le fortezze orientali di [[Singara]] e [[Bezabde]]; Costanzo, obbligato a riprendere le ostilità con i Sasanidi, richiede al cesare Giuliano alcune sue truppe, anche allo scopo di assicurarsi che non possa progettare l'usurpazione, ma le truppe galliche si ribellano all'idea di essere mandate in oriente e proclamarono ''[[Augusto (titolo)|augusto]]'' Giuliano, che aveva dato valide prove di capacità militari difendendo la Gallia da vari tentativi d'invasione: fu l'inizio di una nuova guerra civile. Costanzo decise che la guerra contro i Sasanidi aveva la precedenza sulla ribellione di Giuliano, e nella primavera del 360 iniziò la propria campagna orientale, occupando [[Edessa (Mesopotamia)|Edessa]] e cercando di riprendere Bezabde; l'attacco però fallì e Costanzo decise di ritirarsi a svernare ad [[Antiochia di Siria]].<ref>Clinton, p. 121.</ref>
 
Nel [[361]], ad [[Antiochia]], Costanzo sposò [[Faustina (augusta)|Eusebia]], che nominò poi [[augusta (titolo)|augusta]], da cui avrebbe avuto l'agognata figlia, [[Flavia Massima Faustina Costanza]], nata postuma. In quell'anno l'imperatore riprese inizialmente la campagna sasanide, muovendo su Edessa e da qui su [[Ierapoli]], ma poi riprese la strada per Antiochia, muovendo incontro a Giuliano, che col suo esercito stava avanzando verso oriente. Lo scontro fratricida tra gli ultimi due membri della [[dinastia costantiniana]] non avvenne, però: partito da [[Tarso (Asia Minore)|Tarso]] in autunno, il [[3 novembre]] Costanzo morì per una febbre mentre si trovava ancora in [[Asia]], a Mopsucrenae.<ref name="clinton_122">Clinton, p. 122.</ref>
 
Costanzo aveva 44 anni e regnava da 24.
 
== Politica religiosa ==
Tutti gli imperatori tardo-antichi, a partire da [[Costantino I]] e con l'esclusione del pagano [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], dovettero ripetutamente confrontarsi con le dispute teologiche che laceravano il [[Cristianesimo]]. La principale controversia era [[cristologia|cristologica]], riguardava cioè la natura di [[Cristo]] in relazione a Dio Padre, e opponeva i [[concilio di Nicea|niceni]] agli [[arianesimo|ariani]]. [[Ario]], un presbitero di [[Alessandria d'Egitto]], aveva annunciato che era esistito un tempo in cui Gesù non era esistito: Gesù non era, dunque, «della stessa sostanza del Padre» («''[[homoousion]]''»), come dichiarato poi dal [[primo concilio di Nicea]] (325), ma solo «di sostanza simile a quella del Padre» («''homoiusios''»). Gli insegnamenti di Ario non trovarono terreno fertile in Occidente, ma furono molto popolari in Oriente: oltre a essere molto accesa, la diatriba fu anche molto popolare, coinvolgendo i fedeli che erano ansiosi di sapere quale fosse l'interpretazione corretta cui aderire.
 
Tutti gli imperatori tardo-antichi, a partire da [[Costantino I]] e con l'esclusione del pagano [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]], dovettero ripetutamente confrontarsi con le dispute teologiche che laceravano il [[cristianesimo]]. La principale controversia era [[cristologia|cristologica]], riguardava cioè la "natura" di [[Cristo]], ed opponeva i trinitari agli [[arianesimo|ariani]]. [[Ario]], un presbitero di [[Alessandria d'Egitto]], aveva annunciato che era esistito un tempo in cui Gesù non era esistito: Gesù non era, dunque, "della stessa sostanza del Padre" (''homousios''), come ritenevano in molti e come riconosciuto dal [[primo concilio di Nicea]] ([[325]]), ma solo "di sostanza simile a quella del Padre" (''homoiusios''). Gli insegnamenti di Ario, condannati come [[eresia|eretici]] dalla maggior parte dei vescovi, non trovarono terreno fertile in Occidente, ma furono molto popolari in Oriente: oltre ad essere molto accesa, la diatriba fu anche molto popolare, coinvolgendo i fedeli che erano ansiosi di sapere quale fosse l'interpretazione corretta cui aderire.
 
=== Sostegno all'arianesimo ===
[[File:Sainta15.jpg|thumb|[[Icona (arte)|Icona]] raffigurante [[Atanasio di Alessandria]]: fu il principale sostenitore dell'ortodossia durante il regno di Costanzo II, che per questo motivo dovette organizzare diversi concili per espellerlo, pur talvolta reintegrandolo, specie dietro pressione del proprio fratello [[Costante I]].]]
Costanzo II ereditò dal padre, in ambito religioso, una visione del ruolo imperiale che lo voleva garante e promotore dell'unità della Chiesa; educato alla corte di [[Costantinopoli]] dai vescovi orientali, al contrario di suo fratello [[Costante I]] difese le posizioni dell'[[arianesimo]] in contrapposizione alle posizioni dei vescovi occidentali e del vescovo [[Atanasio di Alessandria]]: questi, che propugnò il [[simbolo niceno|credo di Nicea]], questione su cui anche [[papa Liberio]] fu inizialmente in contrasto, fu il principale avversario religioso di Costanzo.
 
Nel 337, subito dopo la sua proclamazione a imperatore, nominò vescovo di [[Costantinopoli]] [[Eusebio di Nicomedia|Eusebio]], il vescovo di [[Nicomedia]] che aveva battezzato [[Costantino I]] sul letto di morte e che ricevette il vescovado della capitale probabilmente in cambio della sua collaborazione all'elezione di Costanzo. Atanasio era stato rimesso sul trono vescovile di [[Alessandria d'Egitto]] per volere del suo sostenitore [[Costantino II]] nell'estate del 337, ma Costanzo, dietro suggerimento di Eusebio, convocò un concilio ad Antiochia nell'estate del 338, in cui Atanasio fu esiliato in occidente;<ref name="bury11" /> in questa occasione fece mettere a morte il prefetto [[Flavio Ablabio|Ablabio]], sostenitore di Atanasio, con una falsa accusa.
Costanzo II ereditò dal padre una visione del ruolo di imperatore in ambito religioso che lo voleva garante e promotore dell'unità della Chiesa; educato alla corte di [[Costantinopoli]] dai vescovi orientali, al contrario del fratello [[Costante I]] difese le posizioni dell'[[arianesimo]] in contrapposizione alle posizioni dei vescovi occidentali e del vescovo [[Atanasio di Alessandria]]: questi, che propugnò il [[simbolo niceno|credo di Nicea]], questione su cui anche [[papa Liberio]] fu inizialmente in contrasto, fu il principale avversario religioso di Costanzo.
 
Costanzo, sostenitore dell'Arianesimo, non di meno intendeva unificare la Chiesa: il primo ostacolo era il [[credo niceno]]. Nel gennaio 341, in occasione della dedica della chiesa di Costantino I ad Antiochia, novantasette vescovi, alla presenza di Costanzo, ricercarono una formulazione del problema della relazione tra [[Dio Padre|Padre]] e [[Figlio di Dio|Figlio]] che portasse dalla posizione ortodossa della ''homoousios'' (Padre e Figlio della stessa sostanza) a una più vicina alle posizioni ariane.<ref name="bury12" /> Sempre nel 341 fu emanato un editto che proibiva i sacrifici pagani<ref>''Codice teodosiano'', [[:s:la:Codex Theodosianus - Liber XVI#X.2|xvi.10.2]].</ref> e un altro stabiliva che tutti i templi pagani dovessero essere chiusi e il loro accesso proibito,<ref>''Codice teodosiano'', [[:s:la:Codex Theodosianus - Liber XVI#X.4|xvi.10.4]].</ref> ma sembra fossero largamente disattesi e la continuazione della pratica del culto pagano è attestata in diverse fonti dell'epoca.<ref>Ammiano Marcellino (9.10, 19.12) descrive sacrifici pagani e cerimonie di culto che avevano luogo apertamente ad Alessandria e a Roma e il ''[[Cronografo del 354]]'' cita numerose festività pagane come ancora apertamente osservate. Descrizioni di culti pagani si trovano anche in [[Giulio Firmico Materno]], ''De errore profanorum religionum'' e nella ''Vetus orbis descriptio Graeci scriptoris sub Constantio''.</ref> Costanzo e suo fratello [[Costante I|Costante]] emanarono anche leggi per le preservazione dei templi situati al di fuori delle mura cittadine,<ref>''Codice teodosiano'', [[:s:la:Codex Theodosianus - Liber XVI#X.3|xvi.10.3]].</ref> e un altro editto stabiliva multe contro i vandalismi rivolti a tombe e monumenti, ponendoli sotto la custodia dei sacerdoti pagani.<ref>''Codice teodosiano'', [[:s:la:Codex Theodosianus - Liber IX#XVII.2|iX.17.2]].</ref> Nel 357, però, ordinò che l'[[altare della Vittoria]], posto da [[Augusto]] nel [[29 a.C.]] nella [[curia Iulia]] e sul quale prestavano giuramento i senatori e i magistrati, fosse rimosso dalla sede del [[Senato romano]].<ref>[[Ivano Dionigi]]; [[Alfonso Traina]]; [[Massimo Cacciari]], ''La maschera della tolleranza'', Milano, Rizzoli, 2006. ISBN 88-17-00961-X</ref>
Nel [[337]], subito dopo la sua proclamazione ad imperatore, nominò vescovo di [[Costantinopoli]] [[Eusebio di Cesarea]], il vescovo di [[Nicomedia]] che aveva battezzato [[Costantino I]] sul letto di morte e che ricevette il vescovado della capitale probabilmente in cambio della sua collaborazione all'elezione di Costanzo. Atanasio era stato rimesso sul trono vescovile di [[Alessandria d'Egitto]] per volere del suo sostenitore [[Costantino II]] nell'estate del 337, ma Costanzo, dietro suggerimento di Eusebio, convocò un concilio ad Antiochia nell'estate del [[338]], in cui Atanasio fu esiliato in occidente;<ref name="bury11" /> in questa occasione fece mettere a morte il prefetto [[Flavio Ablabio|Ablabio]], sostenitore di Atanasio, con una falsa accusa.
 
Nel 343 fu convocato il [[concilio di Serdica]] (la moderna [[Sofia]] in [[Bulgaria]]), voluto da Costanzo per accontentare il fratello Costante; entrambi gli imperatori non parteciparono al concilio stesso. Vi parteciparono invece pochissimi vescovi orientali, in quanto questi si opponevano al fatto che ad Atanasio fosse permesso di prendere parte al concilio. Il tentativo di riconciliazione non ebbe frutto: all'arrivo della notizia della vittoria di Costanzo sui Sasanidi, i vescovi orientali abbandonarono il concilio.<ref>{{Cita|Potter 2004|p. 466}}.</ref>
Costanzo, sostenitore dell'Arianesimo, non di meno intendeva unificare la Chiesa: il primo ostacolo era il [[credo niceno]]. Nel gennaio [[341]], in occasione della dedica della chiesa di Costantino I ad Antiochia, novantasette vescovi, alla presenza di Costanzo, ricercarono una formulazione del problema della relazione tra [[Dio Padre|Padre]] e [[Figlio di Dio|Figlio]] che portasse dalla posizione ortodossa della ''homoousios'' (Padre e Figlio della stessa sostanza) ad una più vicina alle posizione ariane.<ref name="bury12" /> Sempre nel 341 fu emanato un editto che proibiva i sacrifici pagani<ref>''Codice teodosiano'', [[:la:s:Codex Theodosianus - Liber XVI#X.2|xvi.10.2]].</ref> e un altro stabiliva che tutti i templi pagani dovessero essere chiusi e il loro accesso proibito,<ref>''Codice teodosiano'', [[:la:s:Codex Theodosianus - Liber XVI#X.4|xvi.10.4]].</ref> ma sembra fossero largamente disattesi e la continuazione della pratica del culto pagano è attestata in diverse fonti dell'epoca.<ref>Ammiano Marcellino (9.10, 19.12) descrive sacrifici pagani e cerimonie di culto che avevano luogo apertamente ad Alessandria e a Roma e il ''[[Cronografo del 354]]'' cita numerose festività pagane come ancora apertamente osservate. Descrizioni di culti pagani si trovano anche in [[Giulio Firmico Materno]], ''De errore profanorum religionum'' e nella ''Vetus orbis descriptio Graeci scriptoris sub Constantio''.</ref> Costanzo e suo fratello [[Costante I|Costante]] emanarono anche leggi per le preservazione dei templi situati al di fuori delle mura cittadine,<ref>''Codice teodosiano'', [[:la:s:Codex Theodosianus - Liber XVI#X.3|xvi.10.3]].</ref> e un altro editto stabiliva multe contro i vandalismi rivolti a tombe e monumenti, ponendoli sotto la custodia dei sacerdoti pagani.<ref>''Codice teodosiano'', [[:la:s:Codex Theodosianus - Liber IX#XVII.2|iX.17.2]].</ref> Nel [[357]], però, ordinò che l'[[altare della Vittoria]], posto da [[Augusto (imperatore romano)|Augusto]] nel [[29 a.C.]] nella [[curia (storia di Roma)|''curia Iulia'']] e sul quale prestavano giuramento i senatori e i magistrati, fosse rimosso dalla sede del [[Senato romano]].<ref>Ivano Dionigi, Alfonso Traina, Massimo Cacciari, ''La maschera della tolleranza'', BUR, 2006, ISBN 88-17-00961-X</ref>
 
Fu forse il pericolo sasanide in oriente e la conseguente necessità di ricostruire il legame interrottosi con Costante<ref>Dopo il concilio di Serdica, i due fratelli si allontanarono: nel 344 non riconobbero l'uno i [[console (storia romana)|consoli]] scelti dall'altro, mentre nel 345 i due fratelli non assunsero congiuntamente il consolato come prevedibile (erano stati consoli insieme nel 339 e nel 342).</ref> a convincere Costanzo a permettere che Atanasio tornasse sul trono vescovile di Alessandria d'Egitto il 21 ottobre 345.<ref>{{Cita|Potter 2004|p. 467}}.</ref> La situazione, però, non fu sanata, visto che i vescovi d'Oriente non concordavano con la restaurazione di Atanasio, sostenendo nel [[concilio di Antiochia (341)|concilio di Antiochia]] [[Gregorio di Cappadocia]]; Costanzo, che si trovava a [[Sirmio]] (dove aveva nominato [[Costanzo Gallo|Gallo]] al rango di [[cesare (titolo)|cesare]]) organizzò un [[secondo concilio di Sirmio|concilio in quella città]], che produsse un credo ariano. Costanzo prese atto della condanna, da parte del sinodo, di [[Fotino di Sirmio]] e lo bandì definitivamente.<ref>{{Cita|Hanson 2005|p. 325}}.</ref>
Nel [[343]] fu convocato il [[concilio di Serdica]] (la moderna [[Sofia]] in [[Bulgaria]]), voluto da Costanzo per accontentare il fratello Costante; entrambi gli imperatori non parteciparono al concilio stesso. Vi parteciparono invece pochissimi vescovi orientali, in quanto questi si opponevano al fatto che ad Atanasio fosse permesso di prendere parte al concilio. Il tentativo di riconciliazione non ebbe frutto: all'arrivo della notizia della vittoria di Costanzo sui Sasanidi, i vescovi orientali abbandonarono il concilio.<ref>Potter, p. 466.</ref>
 
Una volta ottenuto il controllo sull'intero impero, con la caduta di [[Magnenzio]], Costanzo accelerò la sua azione per riunificare la Chiesa eliminando il pericolo niceno. L'imperatore si trovava ad [[Arles|Arelate]] nel 353 in occasione dei suoi ''tricennalia'' dall'elezione a cesare; colse l'occasione per convocare un [[sinodo di Arles|sinodo]] per il 354, cui parteciparono molti vescovi occidentali; [[papa Liberio]] era convinto di riuscire a ottenere una condanna dell'Arianesimo, ma Costanzo, tramite il proprio rappresentante [[Valente di Mursa]], riuscì a far firmare un documento che permetteva un'interpretazione ariana. Anche il successivo concilio di ''Mediolanum'' (355) fu convocato per rafforzare le posizioni degli ariani, con Atanasio che fu esiliato dall'inviato di Costanzo nel 356.<ref>{{Cita|Hanson 2005|pp. 331-332}}.</ref> Pare che in entrambi i casi, Arelate e ''Mediolanum'', Costanzo abbia inviato una lettera al concilio con una dichiarazione che si aspettava fosse controfirmata dai vescovi; questa dichiarazione era chiaramente ariana e non sembra sia stata accettata dal concilio.<ref>{{Cita|Hanson 2005|p. 330}}.</ref>
Fu forse il pericolo sasanide in oriente e la conseguente necessità di ricostruire il legame interrottosi con Costante<ref>Dopo il concilio di Serdica, i due fratelli si allontanarono: nel [[344]] non riconobbero l'uno i [[console (storia romana)|consoli]] scelti dall'altro, mentre nel [[345]] i due fratelli non assunsero congiuntamente il consolato come prevedibile (erano stati consoli insieme nel [[339]] e nel [[342]]).</ref> a convincere Costanzo a permettere che Atanasio tornasse sul trono vescovile di Alessandria d'Egitto il [[21 ottobre]] [[345]].<ref>Potter, p. 467.</ref> La situazione, però, non fu sanata, visto che i vescovi d'Oriente non concordavano con la restaurazione di Atanasio, sostenendo nel [[sinodo di Antiochia]] ([[351]]) Gregorio di Cappadocia; Costanzo, che si trovava a [[Sirmio]] (dove aveva nominato [[Costanzo Gallo|Gallo]] al rango di [[cesare (titolo)|cesare]]) organizzò un [[sinodo di Sirmio|sinodo in quella città]], che produsse un credo ariano. Costanzo prese atto della condanna, da parte del sinodo, di [[Fotino di Sirmio]] e lo bandì definitivamente.<ref>Hanson, p. 325.</ref>
 
Un ulteriore tentativo di ricomporre l'unità della cristianità sotto l'Arianesimo fu fatto da Costanzo nel 359, con il [[concilio di Rimini]]; 400 vescovi furono riuniti nel maggio di quell'anno ad [[Rimini|Ariminum]] e il partito ariano elaborò un credo al quale tutti avrebbero dovuto, per volere di Costanzo, conformarsi. Il [[prefetto del pretorio]] [[Tauro (console 361)|Tauro]], incaricato di presiedere il sinodo, aveva infatti l'ordine di detenere i vescovi finché non avessero sottoscritto il credo, e il sinodo durò fino all'inverno, fin quando tutti non firmarono, sebbene controvoglia, il documento filo-ariano. Contemporaneamente, nel settembre dello stesso anno, fu convocato il [[Concilio di Seleucia (359)|sinodo di Seleucia]], con lo scopo di raccogliere i vescovi orientali; anche qui Costanzo affidò la presidenza del sinodo a un uomo di sua fiducia, [[Leonas (delegato di Costanzo II)|Leonas]], e anche qui, tra i 150 vescovi prevalsero gli ariani, e il documento voluto da Costanzo fu firmato. Il 360 vide un ultimo concilio a [[Costantinopoli]], in cui i risultati dei due concili precedenti furono confermati.<ref>{{Cita|Jones 1986|pp. 117-118}}.</ref> Un ultimo concilio ariano fu tenuto ad Antiochia, dove si trovava Costanzo a svernare, nel 361, in cui i 74 vescovi ariani decisero alcune nomine a proprio favore; fu l'ultimo intervento di Costanzo nella politica religiosa dell'impero, in quanto quello stesso anno morì.
Una volta ottenuto il controllo sull'intero impero, con la caduta di [[Magnenzio]], Costanzo accelerò la sua azione per riunificare la Chiesa eliminando il pericolo niceno. L'imperatore si trovava ad [[Arelate]] nel [[353]] in occasione dei suoi ''tricennalia'' dall'elezione a cesare; colse l'occasione per convocare un [[sinodo di Arles|sinodo]] per il [[354]], cui parteciparono molti vescovi occidentali; [[papa Liberio]] era convinto di riuscire ad ottenere una condanna dell'Arianesimo, ma Costanzo, tramite il proprio rappresentante [[Valente di Mursa]], riuscì a far firmare un documento che permetteva una interpretazione ariana. Anche il successivo [[concilio di Milano]] ([[355]]) fu convocato per rafforzare le posizioni degli ariani, con Atanasio che fu esiliato dall'inviato di Costanzo nel [[356]].<ref>Hanson, pp. 331-332.</ref> Pare che in entrambi i casi, Arelate e Milano, Costanzo abbia inviato una lettera al concilio con una dichiarazione che si aspettava fosse controfirmata dai vescovi; questa dichiarazione era chiaramente ariana e non sembra sia stata accettata dal concilio.<ref>Hanson, p. 330.</ref>
 
Sebbene Costanzo sia riuscito alla fine del proprio regno a riunificare la Chiesa in una posizione, il credo "omoeano" o [[semiarianesimo|semi-ariano]]; in realtà furono proprio i teologi da lui messi in minoranza, gli omoousiani radicali, che presero il sopravvento, e alla storia della Chiesa Costanzo e gli ariani sono passati come eretici.<ref name=jones118>{{Cita|Jones 1986|p. 118}}.</ref>
Un ulteriore tentativo di ricomporre l'unità della cristianità sotto l'Arianesimo fu fatto da Costanzo nel [[359]], con il [[sinodo di Rimini]]; 400 vescovi furono riuniti nel maggio di quell'anno ad [[Ariminum]] e il partito ariano elaborò un credo al quale tutti avrebbero dovuto, per volere di Costanzo, conformarsi. Il [[prefetto del pretorio]] [[Tauro (console 361)|Tauro]], incaricato di presiedere il sinodo, aveva infatti l'ordine di detenere i vescovi finché non avessero sottoscritto il credo, e il sinodo durò fino all'inverno, fin quando tutti non firmarono, sebbene controvoglia, il documento filo-ariano. Contemporaneamente, nel settembre dello stesso anno, fu convocato il [[sinodo di Seleucia]], con lo scopo di raccogliere i vescovi orientali; anche qui Costanzo affidò la presidenza del sinodo ad un uomo di sua fiducia, [[Leonas]], e anche qui, tra i 150 vescovi prevalsero gli ariani, e il documento voluto da Costanzo fu firmato. Il [[360]] vide un ultimo concilio a [[Costantinopoli]], in cui i risultati dei due concilii precedenti furono confermati.<ref>Jones, pp. 117-118.</ref> Un ultimo concilio ariano fu tenuto ad Antiochia, dove si trovava Costanzo a svernare, nel [[361]], in cui i 74 vescovi ariani decisero alcune nomine a proprio favore; fu l'ultimo intervento di Costanzo nella politica religiosa dell'impero, in quanto quello stesso anno morì.
 
Sebbene Costanzo sia riuscito alla fine del proprio regno a riunificare la Chiesa in una posizione, il credo "omoeano" o [[semi-ariano]]; in realtà furono proprio i teologi da lui messi in minoranza, gli omoousiani radicali, che presero il sopravvento, e alla storia della Chiesa Costanzo e gli ariani sono passati come eretici.<ref name=jones118>Jones, p. 118.</ref>
 
=== Privilegi del clero ===
 
[[File:Hagia Sophia BW.jpg|thumb|300px|[[Hagia Sophia]] (qui mostrata nelle forme avute dopo la ricostruzione ordinata dall'imperatore [[Giustiniano I]] nel [[537]]) fu costruita tra il [[342]] e il [[360]] per volere di Costanzo, e consacrata il [[15 febbraio]] 360 alla presenza dell'imperatore dal [[patriarca di Costantinopoli]] [[Eudossio]]<ref>Henry Wace, ''A Dictionary of Christian Biography and Literature to the End of the Sixth Century A.D., with an Account of the Principal Sects and Heresies'', [http://www.ccel.org/w/wace/biodict/htm/iii.v.xxiv.htm#iii.v.xxiv]</ref>.]]
 
Costanzo garantì tutta una serie di privilegi, in particolare fiscali, al clero cristiano.
 
Nel [[346]] promulgò una legge secondo la quale i clerici orientali furono esentati dal pagamento delle tasse e dalle prestazioni straordinarie; le loro eventuali attività commerciali erano esentate dalle tasse, e loro e le loro famiglie non pagavano l'imposta sulla persona, la ''[[capitatio]]''; nel [[356]] questi privilegi furono concessi anche al clero d'Occidente. Quando però i vescovi riuniti nel [[sinodoconcilio di Rimini]] ([[359]]) chiesero l'esenzione dalle tasse per le terre della Chiesa e per quelle proprie, Costanzo riformulò le proprie concessioni: le terre della Chiesa furono esentate, non quelle dei religiosi, e solo il clero che viveva del proprio piccolo commercio ebbe diritto all'esenzione dalle tasse, mentre i commercianti che si erano poi fatti ordinare sacerdoti furono nuovamente obbligati a pagare.<ref name=jones118 />
 
=== Proselitismo ===
 
Costanzo non si accontentò di segnare profondamente la vita religiosa del proprio impero, ma promosse una politica di evangelizzazione, basata sul cristianesimo [[arianesimo|ariano]], dei paesi vicini e lontani.
 
Inviò in missione per l'India [[Teofilo indiano]] ([[356]]), un emissario indiano giunto alla corte di [[Costantino I]] e qui convertitosi all'arianesimo; secondo [[Filostorgio]], un autore ariano, Costanzo lo fece scortare da duecento cavalli, che trasportavano i doni per i popoli da convertire. Teofilo si recò in [[Arabia Felix]], a [[Sri Lanka|Ceylon]] e poi in [[India]] per tornare passando poi dal [[Regno di Axum]]: giunto a [[Costantinopoli]], Costanzo lo nominò vescovo ''in partibus'', cioè senza sede.<ref>A.J. Valpay, ''(1813). The Classical Journal'', 1813,: pp. 383—390.</ref>
 
Costanzo ordinò anche all'ufficiale [[Artemio (dux Aegypti)|Artemio]] di recarsi a prendere le reliquie di [[Andrea apostolo|sant'Andrea apostolo]], [[Luca evangelista|san Luca evangelista]] e [[Timoteo vescovo|san Timoteo]] dai territori oltre il [[Danubio]] e di portarle a [[Costantinopoli]]: Costanzo lo premiò poi nominandolo ''[[duce (storia romana)|dux]] Aegypti'', governatore militare dell'[[Egitto (provincia romana)|Egitto]].<ref>''Passio Artemii'', 16—18.</ref>
 
È anche attestata una lettera inviata da Costanzo al re [[EzanaEzanà di Axum]] e a suo fratello Sazana, che richiedeva di inviare il capo della chiesa copta, [[san Frumenzio|Frumenzio]], che era stato nominato vescovo da [[Atanasio di Alessandria|Atanasio]], ad [[Alessandria d'Egitto]], affinché la sua dottrina fosse esaminata dal nuovo vescovo ariano [[Gregorio di Cappadocia|Gregorio]], ed eventualmente approvata o bollata come eretica. Il sovrano axumita non rispose.<ref>[[Glen Warren Bowersock]]; e[[Peter Brown (storico)|Peter Brown]]; [[Oleg Grabar]], ''Late Antiquity: A Guide to the Postclassical World'', Cambridge, (Mass.); London, Belknap Press of Harvard University Press, 1999, p. 458. ISBN 0-674-51173-5, p. 458.</ref>
 
Costanzo II, come il padre [[Costantino I]] prima di lui, predilesse la religione cristiana, favorendola rispetto a tutte le altre, [[Ebraismo]] compreso; a differenza del padre, però, permise ai cristiani di mettere in atto delle persecuzioni contro i pagani e gli Ebrei. Il clero cristiano praticò l'intolleranza verso i non-cristiani: in questo furono strumento sia il braccio secolare che dirigendo le folle inferocite, le quali attaccavano e distruggevano sinagoghe e templi.<ref>{{Cita|Lazare, 1995|p. 46}}.</ref> La reazione degli Ebrei fu quella di reagire: al proselitismo cristiano fu opposto il proselitismo ebraico e l'intolleranza verso i convertiti; gli infuocati sermoni, predicati nelle sinagoghe contro ''Edom'', erano indirizzati in realtà contro quei Romani che, dopo aver sottratto agli Ebrei la loro indipendenza politica stavano reprimendo ora la loro religione. La strada imboccata non poteva portare che ad unaa un'insurrezione. La [[rivolta ebraica contro Gallo|rivolta ebraica del 351/352]] scoppiò in concomitanza della partenza di Costanzo per l'Occidente contro Magnenzio e l'arrivo di Gallo in Oriente; gli Ebrei, guidati da Isacco di Seffori e da un certo Patrizio massacrarono la guarnigione romana di [[Zippori|Diocesarea]] e conquistarono [[Tiberiade]] e [[Lidda]]; la reazione romana fu spietata, con donne e bambini uccisi e città rase al suolo.<ref name="lazare47">{{Cita|Lazare, 1995|p. 47}}.</ref>
 
== Vita culturale ==
[[File:07 constantius2Chrono354.png|thumb|Costanzo II raffigurato nel ''[[Cronografo del 354]]''.]]
Tra le opere letterarie prodotte sotto Costanzo va ricordato l'anonimo ''[[Itinerarium Alexandri]]'', scritto in occasione della campagna di Costanzo contro i [[Sasanidi]], e incentrato su due parti che descrivevano guerre vittoriose contro i predecessori dei nemici orientali dell'impero. La prima parte, l'unica pervenuta, trattava della conquista dell'[[Impero persiano]] da parte di [[Alessandro Magno]], mentre la seconda, andata perduta, della campagna vittoriosa di [[Traiano]] contro i [[Parti]].<ref>[[Waldemar Heckel]]; [[John Yardley]], ''Alexander the Great: Historical Sources in Translation'', Oxford, Blackwell Publishing, 2004, p. xxvi. ISBN 0-631-22821-7</ref> Sia i Persiani sia i Parti avevano regnato sulla stessa area dei Sasanidi e, come questi, erano stati acerrimi nemici dei Romani, come testimoniato dalle lunghissime [[guerre romano-persiane]]: senza dubbio il tema era molto sentito sotto il regno di Costanzo, che aveva scelto un approccio al conflitto a bassa intensità, diverso dalle eroiche guerre del passato.
 
Sempre dedicato a uno scontro militare è la prima opera, perduta, di [[Faltonia Betizia Proba]], un'aristocratica poetessa cristiana contemporanea di Costanzo (il marito di Proba, [[Clodio Celsino Adelfio]], era stato ''[[praefectus urbi]]'' di [[Roma]] nel 351), che scrisse un poema epico sulla guerra tra Costanzo e [[Magnenzio]].<ref>[http://www.newadvent.org/cathen/12440a.htm "Faltonia Proba"], ''The Catholic Encyclopedia'', Volume XII, 1911, New York, Robert Appleton Company.</ref>
Tra le opere letterarie prodotte sotto Costanzo va ricordato l'anonimo ''[[Itinerarium Alexandri]]'', scritto in occasione della campagna di Costanzo contro i [[Sasanidi]], ed incentrato su due parti che descrivevano guerre vittoriose contro i predecessori dei nemici orientali dell'impero. La prima parte, l'unica pervenuta, trattava della conquista dell'[[Impero persiano]] da parte di [[Alessandro Magno]], mentre la seconda, andata perduta, della campagna vittoriosa di [[Traiano]] contro i [[Parti]].<ref>Heckel, Waldemar, e John Yardley, ''Alexander the Great: Historical Texts in Translation'', Blackwell Publishing, 2004, ISBN 0-631-22821-7, p. xxvi.</ref> Sia i Persiani che i Parti avevano regnato sulla stessa area dei Sasanidi e, come questi, erano stati acerrimi nemici dei Romani, come testimoniato dalle lunghissime [[guerre romano-persiane]]: senza dubbio il tema era molto sentito sotto il regno di Costanzo, che aveva scelto un approccio al conflitto a bassa intensità, diverso dalle eroiche guerre del passato.
 
Sempre dedicato ad uno scontro militare è la prima opera, perduta, di [[Faltonia Betizia Proba]], un'aristocratica poetessa cristiana contemporanea di Costanzo (il marito di Proba, [[Clodio Celsino Adelfio]], era stato ''[[praefectus urbi]]'' di [[Roma]] nel [[351]]), che scrisse un poema epico sulla guerra tra Costanzo e [[Magnenzio]].<ref>[http://www.newadvent.org/cathen/12440a.htm "Faltonia Proba"], ''The Catholic Encyclopedia'', Volume XII, 1911, New York, Robert Appleton Company.</ref>
 
Un'opera di tutt'altro genere è invece il ''[[Cronografo del 354]]'': si tratta di un almanacco che contiene al proprio interno anche una raffigurazione di Costanzo e del suo [[cesare (titolo)|cesare]] [[Costanzo Gallo]].
 
== Considerazioni su Costanzo ==
[[File:Head Constantine Musei Capitolini MC1072.jpg|thumb|250px|left|Testa in bronzo di [[Costantino I]] o di Costanzo II,<ref>Si veda [http://www.rome101.com/Portraiture/Constantine/ Portraits and Iconography of Constantine] per l'attribuzione a Costanzo basata sullo stile della pettinatura e per quella a Costantino basata sul naso adunco.</ref> presso i [[Musei Capitolini]], a [[Roma]].]]
Costanzo ha storicamente sofferto del giudizio negativo dei suoi critici, principalmente a causa dei giudizi non lusinghieri espressi da [[Ammiano Marcellino]], che al riguardo di questo imperatore perde molta della propria obiettività; recentemente, però, gli storici hanno iniziato a mettere in dubbio questa visione, fino talvolta a ribaltarla.<ref>{{Cita|Jones 1986}}; [[Pedro Barceló]], ''Constantius II. und seine Zeit. Die Anfänge des Staatskirchentums'', Stoccarda, Klett-Cotta, 2004. ISBN 3-608-94046-4, recensito da [[Richard Klein]] in [http://www.plekos.uni-muenchen.de/2004/rbarcelo.html Plekos '''6''' (2004): pp. 111-115].</ref>
 
Certamente uno dei problemi di Costanzo fu la sua cattiva selezione dei collaboratori più stretti, in particolare quella del ''[[praepositus sacri cubiculi]]'' [[Eusebio (praepositus sacri cubiculi)|Eusebio]], il quale esercitò sull'imperatore una notevole influenza: Eusebio fu al centro di molti intrighi di corte, contro i quali Costanzo agiva con estrema durezza. Non è chiaro se Ammiano dica la verità quando afferma che Costanzo teneva in eccessiva considerazione il parere di cortigiani e di donne, come quelli dell'imperatrice [[Eusebia]],<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xxi.16.16}}.</ref> ma è pur vero che, sebbene Costanzo non fosse certo una marionetta nelle mani dei propri collaboratori, la corte ebbe una notevole influenza nelle decisioni politiche; la sua pecca fondamentale fu la totale assenza di contatto con il mondo esterno, in quanto tutte le informazioni che a lui giungevano erano filtrate dalla sua corte, la quale gli offriva inevitabilmente una visione distorta e falsata della realtà. Lo stesso Ammiano dipinge Costanzo come un imperatore intento nel proprio ruolo, ma stupido e vanesio; timido, sospettoso e molto sensibile alle lusinghe, era facilmente manipolato dai suoi collaboratori, come dimostra l'episodio di [[Claudio Silvano]].<ref>{{Cita|Jones 1986|p. 116}}.</ref>
Costanzo ha storicamente sofferto del giudizio negativo dei suoi critici, principalmente a causa dei giudizi non lusinghieri espressi da [[Ammiano Marcellino]], che a riguardo di questo imperatore perde molta della propria obiettività; recentemente, però, gli storici hanno iniziato a mettere in dubbio questa visione, fino talvolta a ribaltarla.<ref>Jones; Pedro Barceló, ''Constantius II. und seine Zeit. Die Anfänge des Staatskirchentums'', Klett-Cotta, 2004, ISBN 3-608-94046-4, citato in [http://www.plekos.uni-muenchen.de/2004/rbarcelo.html].</ref>
 
Un altro esempio di giudizio negativo riguarda l'accusa portata da Ammiano a Costanzo di aver aumentato le tasse, ''[[topos]]'' del [[tiranno]], un ruolo che lo scrittore avrebbe gradito attribuire a Costanzo allo scopo di mettere in miglior luce [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]].<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xxi.16.17}}, citato in Timothy David Barnes, ''Ammianus Marcellinus and the Representation of Historical Reality'', Ithaca (N.Y.), Cornell University Press, 1998, p. 134. ISBN 0-8014-3526-9</ref> Il fatto che Ammiano sia la principale fonte del regno di Costanzo non aiuta quindi a delineare correttamente il profilo di questo imperatore.
Certamente uno dei problemi di Costanzo fu la sua cattiva selezione dei collaboratori più stretti, in particolare quella del ''[[praepositus sacri cubiculi]]'' [[Eusebio (praepositus sacri cubiculi)|Eusebio]], il quale esercitò sull'imperatore una notevole influenza: Eusebio fu al centro di molti intrighi di corte, contro i quali Costanzo agiva con estrema durezza. Non è chiaro se Ammiano dica la verità quando afferma che Costanzo teneva in eccessiva considerazione il parere di cortigiani e di donne, come quelli dell'imperatrice [[Eusebia]],<ref>Ammiano Marcellino, xxi.16.16.</ref> ma è pur vero che, sebbene Costanzo non fosse certo una marionetta nelle mani dei propri collaboratori, la corte ebbe una notevole influenza nelle decisioni politiche; la sua pecca fondamentale fu la totale assenza di contatto con il mondo esterno, in quanto tutte le informazioni che a lui giungevano erano filtrate dalla sua corte, la quale gli offriva inevitabilmente una visione distorta e falsata della realtà. Lo stesso Ammiano dipinge Costanzo come un imperatore intento nel proprio ruolo, ma stupido e vanesio; timido, sospettoso e molto sensibile alle lusinghe, era facilmente manipolato dai suoi collaboratori, come dimostra l'episodio di [[Claudio Silvano]].<ref>Jones, p. 116.</ref>
 
A causa dei limitati successi militari di Costanzo in politica estera, molti dei suoi contemporanei affermavano che l'imperatore era più abile contro i nemici interni che con quelli esterni. In realtà tra i più accaniti oppositori della politica militare di Costanzo vi furono i sostenitori di Giuliano: questi criticarono l'atteggiamento prudente di Costanzo, confrontandolo con le campagne offensive progettate da Giuliano e [[Costantino I]]. Tuttavia, dal punto di vista militare, il regno di Costanzo fu nel complesso positivo, in quanto riuscì a preservare e consolidare i confini orientali dell'Impero, tanto più considerando che all'inizio del suo regno non aveva a disposizione le truppe della parte occidentale del regno. Evitò accuratamente avventure militari, impostando una strategia difensiva, la cui efficacia può essere constatata considerando la disastrosa pace conseguente alla [[campagna sasanide di Giuliano]], la prima campagna offensiva in Oriente dai tempi di Costantino I.
Un altro esempio di giudizio negativo riguarda l'accusa portata da Ammiano a Costanzo di aver aumentato le tasse, ''[[topos]]'' del [[tiranno]], un ruolo che lo scrittore avrebbe gradito attribuire a Costanzo allo scopo di mettere in miglior luce [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]].<ref>Ammiano Marcellino, xxi.16.17, citato in Timothy David Barnes, ''Ammianus Marcellinus and the Representation of Historical Reality'', Cornell University Press, 1998, ISBN 0-8014-3526-9, p. 134.</ref> Il fatto che Ammiano sia la principale fonte del regno di Costanzo non aiuta quindi a delineare correttamente il profilo di questo imperatore.
 
Malgrado il fatto che, in fin dei conti, la sua politica religiosa sia stata fallimentare, l'interpretazione del ruolo imperiale come ''Imperator christianissimus'' risale in gran parte a Costanzo, specie per quanto riguarda il cerimoniale di corte o il ruolo dell'imperatore nelle questioni religiose.
A causa dei limitati successi militari di Costanzo in politica estera, molti dei suoi contemporanei affermavano che l'imperatore era più abile contro i nemici interni che con quelli esterni. In realtà tra i più accaniti oppositori della politica militare di Costanzo vi furono i sostenitori di Giuliano: questi criticarono l'atteggiamento prudente di Costanzo, confrontandolo con le campagne offensive progettate da Giuliano e [[Costantino I]]. Tuttavia, dal punto di vista militare, il regno di Costanzo fu nel complesso positivo, in quanto riuscì a preservare e consolidare i confini orientali dell'Impero, tanto più considerando che all'inizio del suo regno non aveva a disposizione le truppe della parte occidentale del regno. La sua politica militare evitò accuratamente avventure militari, impostando una strategia difensiva: considerando la disastrosa pace conseguente alla [[campagna sasanide di Giuliano]], la prima campagna offensiva in Oriente dai tempi di Costantino I, si apprezza la bontà della scelta di Costanzo.
 
Costanzo non fu certo un trascinatore, ma ebbe l'obiettivo di garantire l'unità dell'impero, sia contro i nemici interni sia sul piano religioso; sebbene non sia stato in grado di raggiungere tutti i suoi obiettivi e abbia dovuto frequentemente accettare delle sconfitte, ciò non deve distogliere dal fatto che Costanzo fu ampiamente in grado di sostenere il proprio ruolo con dignità e attenzione: quando Giuliano gli si rivoltò contro, Costanzo reagì senza farsi prendere dal panico, e non è detto che Giuliano avrebbe avuto la vittoria assicurata contro l'esercito orientale.
Malgrado il fatto che, in fin dei conti, la sua politica religiosa sia stata fallimentare, l'interpretazione del ruolo imperiale com ''Imperator christianissimus'' risale in gran parte a Costanzo, specie per quanto riguarda il cerimoniale di corte o il ruolo dell'imperatore nelle questioni religiose.
 
Persino Ammiano dovette ammettere che Costanzo procedette con attenzione nell'assegnazione delle cariche pubbliche, senza trascurare l'apparato militare.<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xx1.16.1}} e seguenti; per la caratterizzazione negativa dell'imperatore si veda Barnes, ''op. cit.'', pp. 132–138 e [[Michael Whitby]], ''Images of Constantius'' in Jan W. Drijvers, ''The late Roman world and its historian. Interpreting Ammianus Marcellinus'', London; New York, Routledge, 1999, pp. 77–88. ISBN 0-415-20271-X.</ref> Anzi, nei brani che non riguardano Giuliano o la politica difensiva seguita nella guerra sasanide, Ammiano giunge ad ammettere le capacità militari di Costanzo, come nel caso della campagna contro i [[Sarmati]] del 358.<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|xvii.12}}.</ref>
Costanzo non fu certo un trascinatore, ma ebbe l'obiettivo di garantire l'unità dell'impero, sia contro i nemici interni sia sul piano religioso; sebbene non sia stato in grado di raggiungere tutti i suoi obiettivi e abbia dovuto frequentemente accettare delle sconfitte, ciò non deve distogliere dal fatto che Costanzo fu ampiamente in grado si sostenere il proprio ruolo con dignità e attenzione: quando Giuliano gli si rivoltò contro, Costanzo reagì senza farsi prendere dal panico, e non è detto che Giuliano avrebbe avuto la vittoria assicurata contro l'esercito orientale.
 
Alla sua ascesa al trono, Costanzo ricevette la parte più difficile dell'Impero, quella minacciata non solo dai Sasanidi, ma anche da divisioni interne: ostacolato da molti nemici esterni, usurpatori e dispute teologiche, Costanzo II non rimase senza successi, malgrado le avversità. Imperatore durante il difficile periodo di transizione del [[IV secolo]], durante il quale la [[tarda antichità]] assunse i suoi caratteri distintivi, non ebbe il fascino di un Giuliano o la statura di un Costantino; tuttavia non fu quel sovrano debole e perdente che le fonti descrivono.
Persino Ammiano dovette ammettere che Costanzo procedette con attenzione nell'assegnazione delle cariche pubbliche, senza trascurare l'apparato militare.<ref>Ammiano Marcellino, xx1.16.1 e seguenti; per la caratterizzazione negativa dell'imperatore si veda Timothy David Barnes, ''Ammianus Marcellinus and the Representation of Historical Reality'', Cornell University Press, 1998, ISBN 0-8014-3526-9, pp. 132–138, e Whitby, "Images of Constantius", in Jan W. Drijvers, ''The late Roman world and its historian. Interpreting Ammianus Marcellinus'', Routledge, 1999, pp. 77–88, ISBN 0-415-20271-X.</ref> Anzi, nei brani che non riguardano Giuliano o la politica difensiva seguita nella guerra sasanide, Ammiano giunge ad ammettere le capacità militari di Costanzo, come nel caso della campagna contro i [[Sarmati]] del [[358]].<ref>Ammiano Marcellino, xvii.12.</ref>
 
== Antenati ==
Alla sua ascensione al trono, Costanzo ricevette la parte più difficile dell'Impero, quella minacciata non solo dai Sasanidi, ma anche da divisioni interne: ostacolato da molti nemici esterni, usurpatori e dispute teologiche, Costanzo II non rimase senza successi, malgrado le avversità. Imperatore durante il difficile periodo di transizione del [[IV secolo]], durante il quale la [[tarda antichità]] assunse i suoi caratteri distintivi, non ebbe il fascino di un Giuliano o la statura di un Costantino; tuttavia non fu quel sovrano debole e perdente che le fonti descrivono.
{{Ascendenza
|1=Costanzo II
|2=[[Costantino I]]
|4=[[Costanzo Cloro]]
|8=Eutropio
|9=Claudia
|5=[[Flavia Giulia Elena]]
|3=[[Fausta]]
|6=[[Massimiano]]
|7=[[Eutropia (imperatrice)|Eutropia]]
}}
 
== Note ==
{{<references|2}}/>
 
== Bibliografia ==
<div class="references-small" style="-moz-column-count: 2; column-count: 2;">
;Fonti primarie:
;Fonti primarie
* [[Ammiano Marcellino]], ''Le storie'', xiv-xxi
* ''[[Passio Artemii]]''
* [[Aurelio Vittore]], ''Epitome dei Cesari'', xlii
* ''[[Codice teodosiano|Codex theodosianus]]'' http://ancientrome.ru/ius/library/codex/theod/tituli.htm
* [[Eutropio]], ''[[Breviarium ab Urbe condita]]'', x
* {{cita libro|autore=[[Ammiano Marcellino]]|titolo=[[Wikisource:la:Res Gestae Libri XXXI|Historiae]]|cid=Ammiano Marcellino }} {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}
* [[Ilario di Poitiers]], ''Lettere a Costanzo''; ''Contro Costanzo''
* {{cita libro|autore=[[Sesto Aurelio Vittore|Aurelio Vittore]]|titolo=Epitome de Cesaribus|url=http://www.thelatinlibrary.com/victor.caes2.html|cid=Aurelio Vittore }}
* [[Teofane Confessore]], ''Cronaca''
* {{cita libro|autore=[[Eutropio]]|titolo=Breviarium ab Urbe condita|url=http://www.thelatinlibrary.com/eutropius.html|cid=Eutropio }}
* [[Giovanni Zonara]], ''Epitome'', xiii
* {{cita libro|autore=[[Filostorgio]]|titolo=[[Storia ecclesiastica (Filostorgio)|Storia ecclesiastica]]|cid=Filostorgio }}
* [[Zosimo (storico)|Zosimo]], ''Storia nuova'', ii
* {{cita libro|autore=[[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]]|titolo=Lettera agli Ateniesi|cid=Giuliano }}
;Fonti secondarie:
* {{cita libro|autore=[[Ilario di Poitiers]]|titolo=Lettere a Costanzo|url=http://www.documentacatholicaomnia.eu/04z/z_0315-0367__Hilarius_Pictaviensis__Ad_Constantinum_Augustum_Liber_Primus__MLT.pdf.html|cid=Ilario di Poitiers, ''Lettere a Costanzo'' }}
* {{cita libro|autore=[[Ilario di Poitiers]]|titolo=Contro Costanzo|url=http://www.documentacatholicaomnia.eu/04z/z_0315-0367__Hilarius_Pictaviensis__Contra_Constantinum_Imperatorem_Liber_Unus__MLT.pdf.html
|cid=Ilario di Poitiers, ''Contro Costanzo'' }}
* {{cita libro|autore=[[Teofane Confessore]]|titolo=[[s:la:Chronographia (Theophanes)|Chronographia]]|cid=Teofane Confessore}} {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}
* {{cita libro|autore=[[Giovanni Zonara]]|titolo=Ἐπιτομή Ἱστορίων (Epitome delle storie)|url=http://www.documentacatholicaomnia.eu/30_20_1050-1150-_Ioannes_Zonaras.html|cid=Giovanni Zonara}}
* {{cita libro|autore=[[Zosimo (storico)|Zosimo]]|titolo= Ἱστορία νέα (Storia nuova)|cid=Zosimo}} Trad. in inglese del libro II [http://www.tertullian.org/fathers/zosimus02_book2.htm qui]
;Fonti secondarie
* {{cita libro|autore=[[Averil Cameron]]|coautori=''et al.''|titolo=The Cambridge Ancient History - Volume XIII The Late Empire 337-425|anno=1925|editore=Cambridge University Press|pp=11-32|lingua=en|cid=Cameron 1925|isbn=0-521-30200-5}}
* {{cita libro|cognome=Bury|nome=John Bagnell|wkautore=John Bagnell Bury|coautori=''et al.''|titolo=The Cambridge Ancient History - Volume XIII The Late Empire 337-425|anno=1925|editore=Cambridge University Press|pp=11-32|lingua=en|cid=Bury 1925|isbn=0-521-30200-5}}
* {{cita libro|autore=Richard Patrick Crossland Hanson|titolo=The Search for the Christian Doctrine of God: The Arian Controversy, 318-381|anno=2005|editore=Continuum International Publishing Group|lingua=en|cid=Hanson 2005|isbn=0-567-03092-X}}
* {{cita libro|autore=[[Henry Fynes Clinton]]|titolo=An Epitome of the Civil and Literary Chronology of Rome and Constantinople|anno=1853|url=https://archive.org/stream/anepitomecivila00clingoog#page/n5/mode/2up|editore=Oxford University Press|lingua=en|cid=Clinton 1853}}
* {{cita web|autore=[[Michael DiMaio]]|coautori=[[Robert Frakes]]|url=http://www.roman-emperors.org/constaii.htm|titolo=Constantius II (337-361 A.D.)|accesso=7 ottobre 2007|lingua=en|sito=De Imperatoribus Romanis|anno=1998|cid= DiMaio 1998 }}
* {{cita libro|cognome=Jones|nome=Arnold Hugh Martin|wkautore=Arnold Hugh Martin Jones|titolo=The Later Roman Empire, 284-602: A Social Economic and Administrative Survey|url=https://archive.org/details/laterromanempire01jone|anno=1986|città=Baltimore|editore=Johns Hopkins University Press|lingua=en|cid=Jones 1986|isbn=0-8018-3353-1}}
* {{cita libro|autore=[[Bernard Lazare]]|coautori=[[Robert Wistrich]]|titolo=Antisemitism: Its History and Causes|anno=1995|editore=University of Nebraska Press|lingua=en|cid=Lazare 1995|isbn=0-8032-7954-X}}
* {{cita web|autore=[[Jona Lendering]]|url=http://www.livius.org/cn-cs/constantius/constantius_ii.html|titolo=Constantius II|accesso=7 ottobre 2007|lingua=en|sito=livius.org|cid=Lendering|dataarchivio=30 settembre 2007|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070930213527/http://www.livius.org/cn-cs/constantius/constantius_ii.html|urlmorto=sì }}
* {{RE|IV,1|1044|1094|Constantius 4|[[Otto Seeck]]|RE:Constantius 4}}
* {{cita libro|autore=[[David Stone Potter]]|titolo=The Roman Empire at Bay: AD 180-395|url=https://archive.org/details/romanempireatbay0000pott|anno=2004|editore=Routledge|città=Londra; New York|lingua=en|cid=Potter 2004|isbn=0-415-10057-7}}
* Pierre Maraval, ''I figli di Costantino'', traduzione italiana a cura di Alice Borgna, Palermo, 2015.
;Approfondimenti
* [[Paola Ombretta Cuneo]], ''La legislazione di Costantino II, Costanzo II e Costante (337-361)'', Milano, Giuffré, 1997. ISBN 88-14-06666-3.
* [[Guido Gigli]], ''L'ortodossia, l'arianesimo e la politica di Costanzo II'', Napoli, Perrella, 1949.
* [[Sonia Laconi]], ''Costanzo II. Ritratto di un imperatore eretico'', Roma, Herder, 2004. ISBN 88-89670-61-4
* [[Roger Rémondon]], ''La crisi dell'impero romano, da Marco Aurelio ad Anastasio'', Milano, Mursia Nuova Clio, 1975.
* [[Michael Grant]], ''Gli imperatori romani: storia e segreti'', Roma, Newton Compton, 1984.
* Mariateresa Amabile, ''Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de Iudaeis’ tra repressione, protezione, controllo'', I, Jovene, Napoli, 2018.
;Romanzi
* {{cita libro|cognome=Vidal|nome=Gore|wkautore=Gore Vidal|titolo=Giuliano|anno=2003|città=Roma|editore=Fazi Editore|isbn=88-8112-418-1}}
</div>
 
== Voci correlate ==
* {{cita libro|cognome=Cameron |nome=Averil |coautori=''et al.'' |titolo=The Cambridge Ancient History - Volume XIII The Late Empire 337-425 |anno=1925 |editore=Cambridge University Press |id=ISBN 0-521-30200-5 |pagine=pp. 11-32 |lingua=inglese}}
* [[Cronologia degli spostamenti di Costanzo II durante il suo regno]]
* {{cita libro|cognome=Bury |nome=John Bagnell |wkautore=John Bagnell Bury |coautori=''et al.'' |titolo=The Cambridge Ancient History - Volume XIII The Late Empire 337-425 |anno=1925 |editore=Cambridge University Press |id=ISBN 0-521-30200-5 |pagine=pp. 11-32 |lingua=inglese}}
* {{cita libro|cognome=Hanson |nome=R.P.C. |titolo=The Search for the Christian Doctrine of God: The Arian Controversy, 318-381 |anno=2005 |editore=Continuum International Publishing Group |id=ISBN 0-567-03092-X |lingua=inglese}}
* Henry Fynes Clinton, ''An Epitome of the Civil and Literary Chronology of Rome and Constantinople'', 1853.
*{{cita web|cognome=DiMaio |nome=Michael |coautori=Robert Frakes |url=http://www.roman-emperors.org/constaii.htm |titolo=Constantius II (337-361 A.D.) |accesso=07-10-2007 |lingua=en |opera=De Imperatoribus Romanis |anno=1998 |id=dimaio }}
* {{cita libro|cognome=Jones |nome=Arnold Hugh Martin |wkautore=Arnold Hugh Martin Jones |titolo=The Later Roman Empire, 284-602: A Social Economic and Administrative Survey |anno=1986 |editore=JHU Press |id=ISBN 0-8018-3353-1 |lingua=inglese}}
*{{cita web|cognome=Lendering |nome=Jona |url=http://www.livius.org/cn-cs/constantius/constantius_ii.html |titolo=Constantius II |accesso=07-10-2007 |lingua=en |opera=livius.org |id=lenderig }}
* {{cita libro|cognome=Potter |nome=David Stone |titolo=The Roman Empire at Bay: Ad 180-395 |anno=2004 |editore=Routledge |id=ISBN 0-415-10057-7 |lingua=inglese}}
;Approfondimenti:
* Paola Ombretta Cuneo, ''La legislazione di Costantino II, Costanzo II e Costante (337-361)'', Giuffrè, 1997, ISBN 88-14-06666-3.
* Guido Gigli, ''L'ortodossia, l'arianesimo e la politica di Costanzo II'', Perrella, 1949.
* Sonia Laconi, ''Costanzo II. Ritratto di un imperatore eretico'', Herder, 2004.
* Roger Rémondon, ''La crisi dell'impero romano, da Marco Aurelio ad Anastasio'', Mursia Nuova Clio 1975.
* Michel Grant, ''Gli imperatori romani, storia e segreti'', Newton Compton 1984.
;Romanzi:
*{{cita libro|cognome=Vidal |nome=Gore |wkautore=Gore Vidal |titolo=Giuliano |anno=2003 |editore=Fazi Editore |id=ISBN 88-8112-418-1}}
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Flavius Iulius Constantiusq}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|http://www.wildwinds.com/coins/ric/constantius_II/i.html|Monete emesse da Costanzo II|lingua=En}}
* [https://art.thewalters.org/detail/27951/belt-section-with-medallions-of-constantius-ii-and-faustina/ Gioiello raffigurante Costanzo]: una cintura con ritratto di Costanzo II
{{Box successione
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|immagine= Project Rome logo Clear.png
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{{Box successione
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*{{En}} [http://www.wildwinds.com/coins/ric/constantius_II/i.html Monete emesse da Costanzo II]
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* [http://www.thewalters.org/works_of_art/itemdetails.aspx?aid=53 Gioiello raffigurante Costanzo]: una cintura con ritratto di Costanzo II
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{{S-dopo|dopo=[[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]]}}
|successivo3=[[Marco Mecio Memmio Furio Baburio Ceciliano Placido]]
|coreggentesucc3=[[Flavio Romolo]]
 
|periodo4=346
{{S-prima|prima=[[Sesto Anicio Fausto Paolino]],<br /> [[Giulio Giuliano]]}}
|precedente4=[[Flavio Amanzio]]
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (193-541)|Console romano]] |anni=[[326]] |reggente1=[[Costantino I|Imperatore Cesare Flavio Valerio Costantino Augusto]]&nbsp;VII}}
|coreggentepre4=[[Marco Nummio Albino]]
{{S-dopo|dopo=[[Flavio Costanzo]],<br /> [[Valerio Massimo (console 327)|Valerio Massimo]]}}
|coreggente4=[[Costante I|Imperatore Cesare Flavio Giulio Costante Augusto]]&nbsp;III
 
|successivo4=[[Vulcacio Rufino]]
{{S-prima|prima=[[Flavio Urso]],<br /> [[Flavio Polemio]]}}
|coreggentesucc4=[[Flavio Eusebio (console 347)|Flavio Eusebio]]
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (193-541)|Console romano]] |anni=[[339]] |reggente1=[[Costante I|Imperatore Cesare Flavio Giulio Costante Augusto]]}}
}}
{{S-dopo|dopo=[[Settimio Acindino]],<br /> [[Lucio Aradio Valerio Proculo]]}}
 
{{S-prima|prima=[[Antonio Marcellino]],<br /> [[Petronio Probino (console 341)|Petronio Probino]]}}
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (193-541)|Console romano]] |anni=[[342]] |reggente1=[[Costante I|Imperatore Cesare Flavio Giulio Costante Augusto]]&nbsp;II}}
{{S-dopo|dopo=[[Marco Mecio Memmio Furio Baburio Ceciliano Placido]],<br /> [[Flavio Romolo]]}}
 
{{S-prima|prima=[[Amanzio|Flavio Amanzio]],<br /> [[Marco Nummio Albino]]}}
{{S-titolo|titolo=[[Consoli imperiali romani (193-541)|Console romano]] |anni=[[346]] |reggente1=[[Costante I|Imperatore Cesare Flavio Giulio Costante Augusto]]&nbsp;III}}
{{S-dopo|dopo=[[Vulcacio Rufino]],<br /> [[Flavio Eusebio (console 347)|Flavio Eusebio]]}}
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