*[[Template:Cita web]]
*[[Template:Cita news]]
===Rugby===
Dopo una prima esperienza a cavallo tra gli [[anni 1970|anni 70]] e [[anni 1980|80]], il [[22 agosto]] [[2011]], è stata fondata la società [[Rugby Lodi A.S.D.]]<ref>{{Cita news|autore=Alberto Belloni|titolo = Rugby, Lodi riscopre la palla ovale|pubblicazione = [[Il Cittadino]] |giorno = 05 |mese = 10 |anno = 2011|pagina=34}}</ref>, con l'obbiettivo di riportare in città [[rugby a 15|questo sport]], assente da 25 anni. La squadra ha come simbolo la [[fenice]] proprio per sottolineare questa continuità con il passato. Il [[15 gennaio]] [[2012]] si è svolta la prima amichevole con il [[Crema Rugby Club 1977]]<ref> {{Cita news | autore=Cesare Rizzi |titolo = Lodi scopre quanto è dura la palla ovale|pubblicazione = [[Il Cittadino]] |giorno = 22 |mese = 01 |anno = 2012}}</ref>, formazione che milita nel campionato di [[Serie C di rugby a 15|Serie C]]. Il [[21 gennaio]] [[2012]], la società lodigiana ha formalizzato un accordo per entrare a far parte della [[franchigia]] degli [[Aironi Rugby]], una delle più importanti squadre italiane di [[rugby a 15]].<ref>{{cita web | titolo = Sabato la presentazione dell'accordo Aironi - Rugby Lodi | url = http://www.aironirugby.eu/it/doc-s-39-1958-1-sabato_la_presentazione_dell_accordo_aironi_rugby_lodi.aspx | accesso = 20 febbraio 2012 | editore = [[Aironi Rugby]]| data= 17 gennaio 2012}}</ref><ref>{{cita web | titolo = Il Rugby Lodi nuovo socio fiancheggiatore| url = http://www.aironirugby.eu/it/doc-s-39-1756-1-il_rugby_lodi_nuovo_socio_fiancheggiatore.aspx | accesso = 20 febbraio 2012 | editore = [[Aironi Rugby]]| data= 21 novembre 2011}}</ref>. All'evento ha partecipato una delegazione della dirigenza della società mantovana e il giocatore della nazionale [[Kaine Robertson]]<ref>{{Cita news|autore=Cesare Rizzi|titolo = Per Lodi un gemellaggio illustre: la "fenice" ora vola con gli Aironi|pubblicazione = [[Il Cittadino]] |giorno = 23 |mese = 01 |anno = 2012}}</ref>.
==Chiesa di San Cristoforo (Lodi)==
== Qualità della vita ==
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{| {{Prettytable}}
|- bgcolor=lightblue
! Anno
! Qualità della Vita ([[Sole 24 Ore]])
! Qualità della Vita ([[Italia Oggi]])
! Rapporto Ecosistema Urbano ([[Legambiente]])
|-
| [[1994]]
| --
| --
| -- <small>(non inclusa)</small>
|-
| [[1995]]
| --
| --
| 36°
|-
| [[1996]]
| --
| --
| 83° <small>(- 47)</small>
|-
| [[1997]]
| --
| --
| 80° <small>(+ 3)</small>
|-
| [[1998]]
| --
| --
| 90° <small>(- 10)</small>
|-
| [[1999]]
| 50°
| --
| 65° <small>(+ 25)</small>
|-
| [[2000]]
| 77° <small>(- 27)</small>
| --
| 99° <small>(- 34)</small>
|-
| [[2001]]
| --
| --
| 88° <small>(+ 11)</small>
|-
| [[2002]]
| 91°
| --
| -- <small>(uscito nel 2003)</small>
|-
| [[2003]]
| 71° <small>(+ 20)</small>
| 81°
| 81° <small>(+ 7)</small>
|-
| [[2004]]
| 63° <small>(+ 8)</small>
| 72° <small>(+ 9)</small>
| 75° <small>(+ 6)</small>
|-
| [[2005]]
| 75° <small>(- 12)</small>
| 84° <small>(- 12)</small>
| 93° <small>(- 18)</small>
|-
| [[2006]]
| 73° <small>(+ 2)</small>
| 92° <small>(- 8)</small>
| 90° <small>(+ 3)</small>
|-
| [[2007]]
| 60° <small>(+ 13)</small>
| 67° <small>(+ 25)</small>
| 90°
|-
| [[2008]]
| 70° <small>(- 10)</small>
| 71° <small>(- 3)</small>
| 72° <small>(+ 18)</small>
|-
| [[2009]]
| --
| --
| 65° <small>(+ 7)</small>
|}
</center>
Le attuali chiesa e convento di San Cristoforo vennero costruite sul luogo dove sorgevano una chiesa e convento con la stessa dedicazione, che risalivano al XIII-XIV secolo e appartenevano all'ordine degli Umiliati. Nel XVI secolo la chiesa e l'annesso convento entrarono in possesso dei monaci Olivetani, i quali decisero di ricostruirle entrambe. Nel 1564 venne posata la prima pietra della chiesa (ricostruita su un edificio precedente) e ultimata nel 1586. Il progetto é stato attribuito a Pellegrino Tibaldi. La costruzione del monastero iniziò nel 1587 e si concluse circa una decina d'anni dopo. Nel 1798 il monastero venne soppresso e adibito dai francesi ad alloggio per la cavalleria e a carcer militare, mentre la chiesa venne sconsacrata ed utilizzata come magazzino. Nel 1810 con l'allestimento, nel vicino convento di San Domenico, della scuola di equitazione francese, la chiesa di San Cristoforo divenne una scuderia e il monastero fu adibito a caserma militare per tutto il XIX secolo. Dopo la seconda guerra mondiale il monastero diventò alloggio di fortuna di alcune famiglie e continuò il suo declino. Nel 1956 la chiesa entrò in possesso dei padri francescani e venne riaperta al culto. In seguito tutto il complesso é stato dato in comodato d'uso al Comune di Lodi fino agli anni '90: dal 1987 la chiesa venna destinata a manifestazioni artistiche e culturali.
==Foresta di Pianura==
Nel 1998 la Provincia di Lodi ha acquistato gli immobili dei conventi di S.Cristoforo e S. Domenico per adibirli a sua sede. Nel 2000 sono iniziati i lavori di ristrutturazione che si sono conclusi nel marzo del 2004.
Il Comprensorio della Foresta
Il territorio che accoglie la Foresta di Pianura, è sito in prossimità del centro abitato della città di Lodi, verso la zona golenale del fiume Adda. Percorrendo la via Vecchia Cremonese, lungo il margine alto del "Terrazzo Morfologico Fluviale", essa lascia intravedere al suo piede una pianura ricca di coltivi e corsi d'acqua, i quali hanno aiutato nei secoli gli agricoltori a bonificare e mantenere fertili le aree "Golenali", un tempo ricche di paludi e acquitrini.
L'architettura
La Roggia Molina è la testimonianza di un passato lontano, durante il quale l'antica città fortificata di Lodi lasciava defluire le acque delle paludi circostanti lungo le sue mura e bastioni fino a immettersi nel fiume Adda.
La chiesa di San Cristoforo ha una pianta a navata unica: sui lati si aprono tre cappelle laterali per parte e il coro é concluso da un'abside semicircolare. All'incrocio del transetto con il coro s'innesta un'ampia cupola su alto tamburo aperto da finestre mentre la navata é coperta da volta a botte.
Oggi il tratto cittadino della roggia è ormai quasi tutto ricoperto da strade e abitazioni, ma appena la città cede il passo alla campagna il vecchio corso emerge districandosi tra cascine e campi coltivati come un tempo.
Il convento, a destra della chiesa, si articola su due piani ed ha un cortile colonnato. Le colonne in granito, eleganti nel modulo allungato, poggiano su alto basamento e sostengono arcate a tutto sesto. Gli archi sono sottolineati da esili profili che sono ripresi come elemento marcapiano lungo tutto il perimetro del portico. La parte più antica é quella opposta al lato di ingresso che si presenta completa con un corpo centrale sopraelevato e portico sui lati. Questo spazio riceve luce dalle finestre a oculo poste nella parte alta e una grande porta finestra posta in testata. Lungo le pareti del salone si aprono da entrambi i lati vani coperti a crociera, forse un tempo dormitori, essendo gli attuali muri divisori aggiunte posteriori.
http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_artestoria_NOTIZIA_1.asp?IDNotizia=586&IDCategoria=614
Il "salto", o Terrazzo Morfologico, inciso nella pianura dalle vecchie sponde del fiume Adda, è ben visibile in prossimità delle cascine Coldana, Costino, e dell'entrata ciclopedonale al comprensorio della Foresta sul lato sud/est, nelle vicinanze dei piccoli laghi artificiali.
Esso testimonia come la convivenza tra l'uomo ed il fiume, si sia sempre fondata su strette simbiosi e taciti accordi.
==Cucina lodigiana==
L'Ambiente Naturale circostante
{{vedi anche|Cucina piacentina}}
Il contesto naturale in cui è inserita la Foresta di Pianura, è indissolubilmente legato all'acqua.
{{vedi anche|Cucina parmigiana}}
Essa è presente nell'alveo del fiume Adda, scorre all'interno di colatori e rogge interpoderali, emerge sottoforma di sorgenti e risorgive al piede del terrazzo morfologico.
La cucina lodigiana è quella tipica casalinga della Bassa padana. Le sue caratteristiche peculiari sono la genuinità, la semplicità e la gustosità. In ciò si avvale di quanto la "fertile terra laudense" offre al meglio. Senza proporre piatti raffinati la gastronomia del territorio si presenta comunque con cibi "sostanziosi e gagliardi", resi quasi nobili dai tre principali ingredienti che, da sempre, sono vanto e lustro della zona: il burro, il formaggio e gli insaccati di maiale. In sostanza una cucina che rispecchia la vocazione agricola del Lodigiano, ricca di piatti che sono il frutto della sapiente elaborazione dei prodotti di cascina. Da sempre infatti il territorio è conosciuto per l'autenticità dei suoi alimenti.
L'acqua da sempre, in queste zone, è stata un elemento complementare dell'attività umana, offrendo preziosa forza ai mulini e redditività ai terreni; ma al tempo stesso è stata una forte oppositrice all'aratro, laddove con la sua presenza rendeva i terreni paludosi e liberi di poter accogliere piante ed animali tipici di questi ambienti fluviali.
Tralasciando l'analisi della quasi inesistente documentazione storica relativa al periodo più antico - troppo generica e comunque poco significativa per far piena luce sulle abitudini alimentari degli abitanti originari del Lodigiano - è verosimile supporre che le dominazioni subite dal nostro territorio come le dinastie milanesi dei Visconti e degli Sforza (in epoca tardo medioevale), degli spagnoli ed austriaci (in età moderna), dei francesi ed ancora gli austriaci (in secoli più recenti), abbiano esercitato qualche condizionamento sulla formazione di una tradizione gastronomica locale. Il Riso con salsiccia alla lodigiana, un piatto già noto nel Seicento e proveniente dalla cucina spagnola, rappresenta un tipico esempio di quanto esposto in precedenza.
E' possibile incontrare, durante una passeggiata, alberi o animali isolati, o imbattersi in piccole comunità di grandi alberi misti a boscaglia, o in stormi di uccelli in volo o intenti alla ricerca di cibo, sparsi qua e là tra coltivi e canneti.
La "condizione gastronomica" attuale propone spesso piatti provenienti dall'antica tradizione del territorio, ma sempre meno cucinati: ad esempio sono quasi del tutto dimenticati "alimenti" come i Turtin fatti con il rosso del "primo sangue" di oche, anitre, tacchini e maiali. Tuttavia sulle tavole dei lodigiani, in alcune trattorie e in qualche ristorante compaiono ancora molti dei tipici piatti locali. Questi ultimi si possono ripartire secondo l'ordine classico dei menu: antipasti, primi, secondi, formaggi e dolci.
A parte la presenza della futura Foresta, il territorio conserva ancora molteplici segni e presenze di un ambiente originario che si è preservato in un bosco vicino ad una sorgente o lungo le sponde del fiume Adda.
==Antipasti==
Uno degli obiettivi che la foresta deve conseguire nel tempo è quello di divenire un ambiente ospitale per tutte le forme di vita autoctone, che oggi sono sparpagliate sul territorio in piccole comunità.
Negli antipasti il posto d'onore spetta alla frittata cucinata in tanti modi: Cun le sigule, Cun le urtis (punte di sottilissimi asparagi che crescono spontaneamente lungo le rogge), En carpion (macerata nell'aceto di vino bianco), Cun sigule e spinasi, Rugnusa (con la lugàniga). Seguono poi Cudeghin e Sampon lessadi (cotechino e zampone lessati), il pesce En carpion (marinato) i Ciudin (funghi) e i Peveron (peperoni) sott'olio.
Al tempo stesso viene offerto ai visitatori la testimonianza di un elemento del paesaggio che, fino a ieri, era parte integrante degli ambienti periurbani ed agricoli e che in futuro rappresenterà uno degli ecosistemi naturali più importanti della provincia.
==Primi piatti==
*[[Minestrone|Minestrone di primavera]], composto da foglie novelle di [[papavero]], di [[cicoria]] di campo, colza, porro e riso.
== Economia ==
*[[Minestra|Minestra maridada]], preparata con l'aggiunta di [[uova]].
=== Agricoltura ===
*[[Risotto al latte]]
L'[[agricoltura]] e l'[[allevamento]] sono di fondamentale importanza per Lodi e per il suo territorio fin dal [[Medio Evo]].<ref name="risorse provincia">{{cita web | cognome = Angelo Stroppa| titolo = Le risorse | url = http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_artestoria_NOTIZIA_1.asp?IDNotizia=426&IDCategoria=672 | data = | accesso = 01-10-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref> A testimonianza di quanto questo settore sia tuttora importantissimo, i dati<ref>Relativi al quinto censimento generale dell'agricoltura dell'ottobre 2000</ref> parlano di 1786 aziende <ref name="censimento agriprov">{{cita web | cognome = | titolo = Aziende agricole e superfici nella Provincia di Lodi | url = http://www.agricoltura.provincia.lodi.it/numeri/documenti/provinciali.doc | mese = 08 | anno=2000| accesso = 29-09-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref> nel territorio della [[Provincia di Lodi|provincia]] che producono soprattutto [[mais]] (47% della [[superficie agricola utile]]<ref name="censimento agriprov"/>) e [[foraggio|foraggi]] (24% della SAU<ref name="censimento agriprov"/>).
*[[Risotto rugnus]], con [[salsiccia|lugàniga]] o [[salamella]]
Per quanto riguarda il territorio comunale, sono attive invece 84 aziende<ref name="censimento agricittà">{{cita web | cognome = | titolo = Aziende agricole e superfici nella Provincia di Lodi - Dati comune per comune | url = http://www.agricoltura.provincia.lodi.it/numeri/documenti/censim.xls| mese = 08 | anno=2000| accesso = 29-09-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref> e la superficie agricola utile è costituita da 2130 [[ettaro|ettari]]<ref name="censimento agricittà"/>, dei quali il 48% coltivati a [[mais]]<ref name="censimento agricittà"/>. Sono presenti inoltre 5495 capi [[bovini]]<ref name="censimento agricittà"/> e 23362 capi [[suini]]<ref name="censimento agricittà"/>.
*[[Risotto]] con [[verza|verze]] e [[fagioli]]
*[[Risotto]] con i [[funghi]], mantecato con la [[panna]]
*[[Pasta e fagioli]]
*[[Pasta alla zucca]]
*[[Gnocchi]], di [[farina]] e [[patate]], con [[spinaci]] e [[erbe]]
*[[Ravioli]] con ripieno di carne trita e amaretti
*[[Ravioli in brodo di cappone]]
*[[Tortelli di zucca]]
==Secondi piatti==
Anche per questi motivi, Lodi è la sede dell'''Istituto Sperimentale per le Colture Foraggere''<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Sito ufficiale | url = http://www.isnp.it/cra/ISCF.htm | data = | accesso = 29-09-2009 | editore = Istituto Sperimentale per le Colture Foraggere}}</ref><ref>{{cita web | cognome = | titolo = Istituto Sperimentale per le Colture Foraggere | url = http://www.politicheagricole.it/RicercaSperimentazione/ConsiglioRicerca/030_ColtureForaggere.htm | data = | accesso = 29-09-2009 | editore = [[Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali]]}}</ref>, retto dal [[1948]] al [[1976]] dall'illustre agronomo [[Giovanni Haussmann]]<ref>{{cita web | cognome = Ercole Ongaro| titolo = Persone | url = http://www.altronovecento.quipo.it/numero6/numero6persone1.htm | data = | accesso = 29-09-2009 | editore = Altronovecento}}</ref><ref>{{cita web | cognome = | titolo = Celebrazioni del centenario della nascita di Giovanni Haussmann | url = http://www.comune.lodi.it/content/view/1191/103/| data = 27-10-2006| accesso = 02-10-2009 | editore = Comune di Lodi}}</ref>..
Dalla fantasia della cuoca rurale provengono secondi piatti appetitosi e invitanti alla vista e all'olfatto: la Trippa de San Bassan, d'obbligo il 19 gennaio festa del Patrono, e la Supa di morti (fagiolini all'occhio, cotenne e costine di maiale, cipolle, sedano, burro e olio) da gustarsi il 2 novembre. Le polpette facili da preparare: oltre a quelle di carne trita, ecco quelle di verza, di melanzane (marisan) e le Pulpete ligade (fettine di lonza con il ripieno di formaggio grana, pane grattuggiato, salsiccia fresca, arrotolate e legate con filo di refe). Le rane, altro piatto campagnolo e di poca spesa (soprattutto quando questi batraci si trovavano non solo nelle risaie ma anche sulle rive dei fossi), cucinate In umid (con sugo) o Imburaciade (impanate e fritte). I "ruspanti" (galline, capponi, faraone, tacchini e galli) lessati o arrostiti, spesso con il ripieno di carne, fegatini e regaglie, dove un amaretto triturato dona loro un sapore particolare. L'anatra cucinata in salmì, con le verze o al forno; il coniglio (dunel) in umido o in arrosto; i selvatici (lepre, fagiano ecc.) oltre che in arrosto hanno variazioni locali (ad esempio la Legur cun el vin bianc). Fra i piatti più curiosi (alcuni dei quali oggi non più cucinati), ricordiamo gli Uselin de scapada (uccellini di fretta) che non sono passeracei ma involtini fatti con pancetta, fegato e lombo di maiale, tagliati a dadi con l'aggiunta di una foglia di salvia. Così El ragò (pezzi di pollo in umido con polenta), El ragò de massole (durelli) El salamin cun le verse, L'oca ne l'ula (pezzi di oca immersi nel grasso fritto, conservati in un grosso vaso di coccio: vengono cucinati con quel grasso cui si aggiungono un po' di burro, le verze e serviti poi con la polenta); e la nota Cassöla (costine di maiale con le verze). Negli "alessi" tutte le carni e tutti i tagli compresa la coda, le gambe e la testa. Fra i piatti stagionali quelli con i funghi , le rane e le lumache. Per i pesci oltre a quelli "in carpione" (con l'aceto) troviamo le carpe al forno, le trote al forno o lessate, le anguille in umido o fritte e lo storione. La polenta si accompagna con tante pietanze o più semplicemente con il latte. Piatto notevole è la Pulenta pastissada, fatta con sugo, carne trita, burro, sfoglia di formaggio (raspadüra) posta a strati sulla polenta.
==Contorni==
Per garantire e promuovere le eccellenze del settore, oltre che tutelare il benessere degli animali, dell’ambiente e la salute dei consumatori, nel [[2004]] è stato fondato il comitato del marchio "Lodigiano Terra Buona"<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Sito ufficiale | url = http://www.lodigianoterrabuona.it/ita/marchio-qualita.asp | data = | accesso = 29-09-2009 | editore = Lodigiano Terra Buona}}</ref>.
Come contorni le tante verdure ed erbe: dalla cicoria selvatica alle ravizze (lessate e condite con olio e limone); la salsa verde (prezzemolo tritato e fatto macerare nell'olio); zucchetti (Suchin inpanadi) fiori di zucca impanati e fritti; Nusete (noci) de marisan (melanzane); Peverunada (peperonata), i Versin en criculon (verze accosciate) ecc.
=== Industria Formaggi===
*[[Pannerone]]
*[[Gorgonzola]] (''stracchin vegg'')
*[[Quartirolo]]
*[[Mascarpone]]
*[[Grana Padano]], mangiato sia da solo sia come [[raspadüra]], ottenuta lamellando una forma di formaggio giovane; in realtà viene servita come antipasto.
==Dolci==
Le prime industrie nate a Lodi erano legate alla trasformazione dei prodotti del [[settore primario]]: il ''Lanificio Varesi'' ([[1868]])<ref name="risorse provincia"/>, la ''[[Polenghi Lombardo]]'' che è stata la prima industria in Italia a trattare a ciclo completo il [[latte]] ([[1870]])<ref name="risorse provincia"/>, le ''Officine Sordi'' che costruivano macchine per il settore lattiero-caseario ([[1881]])<ref name="risorse provincia"/>, il ''Linificio e Canapificio'' ([[1909]])<ref name="risorse provincia"/>. Tra le altre industrie presenti in città, particolarmente sviluppato era il [[Industria metalmeccanica|settore meccanico]]; c'erano ad esempio le ''Officine Meccaniche Lodigiane'' ([[1908]])<ref name="risorse provincia"/>, le ''Officine Meccaniche Folli-Gay'' ([[1922]])<ref name="risorse provincia"/>, le ''Officine Curioni Spa'' ([[1925]])<ref name="risorse provincia"/> e le ''Officine Elettromeccaniche Adda'' ([[1926]])<ref name="risorse provincia"/>. Quest'ultime negli [[anni 1980|anni ottanta]] sono state acquistate dalla [[multinazionale]] [[ABB (Asea Brown Boveri)|ABB]]<ref name="abb adda">{{cita news|autore= Diego Scotti| url= http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/25/Lodi_capitale_degli_interruttori_con_co_5_031125028.shtml |titolo=Lodi capitale degli interruttori con il nuovo stabilimento Abb |pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|giorno=25|mese=11|anno=2003|pagina= 52| accesso=01-10-2009}}</ref> che nel [[1994]] ha le ha trasformate nel suo centro mondiale per la costruzione di [[trasformatore|trasformatori]], di [[Interruttore|interruttori]] per l'[[alta tensione]] e di [[Sottostazione elettrica|sottostazioni elettriche]]<ref name="abb adda"/>; attualmente sono occupati circa 270 dipendenti<ref name="abb adda"/>.
*[[Tortionata]] o Torta di Lodi, a base di mandorle, appartiene alla famiglia delle "[[sbrisolona|sbrisolone]]".
*[[Cannoli alla Lodigiana]]
*[[Bissulana]] ([[ciambella]]), tipica di [[Castelnuovo Bocca d'Adda]]
*[[Amaretti Fanfullini]], tipici di [[Sant'Angelo Lodigiano]]
*[[Cotognata]], tipica di [[Codogno]].
Hanno largo spazio pure le torte casalinghe: Cui piri, Cui pumi, De la zia, Di angiuli, De pan de melga ecc., poi El cruccant (mandorle e zucchero), le ciacere, le castagnole e le Gasse in tempo di carnevale; i Chissulin, la Chissola, la Bertuldina, i Meini (tradizionali per il giorno dei defunti), El caulatt (rosso d'uovo, zucchero, cacao amaro, panna e lauro), le Pulpete de persegh, la Pucia dulsa (tuorli e chiari d'uovo, zucchero, mascarpone e rhum) El strachin gelad (mandorle tostate, burro, panna e cioccolato fondente).
Nel [[1945]] si cominciò ad estrarre il [[gas metano]] dai pozzi della vicina [[Caviaga]] e a sperimentarne le applicazioni nel locale centro studi dell'[[AGIP]]. Secondo alcuni, il [[cane a sei zampe]], [[logo]] della compagnia, sarebbe ispirato al fantastico drago ''[[Tarantasio]]'' che avrebbe infestato il [[lago Gerundo]]: quando fu scoperto il metano in quelle zone, infatti, si immaginò che l'animale, un tempo guardiano delle [[palude|paludi]] e poi scomparso sotto terra dopo la loro [[bonifica]], fosse riapparso in forma di [[gas]]<ref>{{cita news|autore= Diego Scotti|url=http://archiviostorico.corriere.it/2002/giugno/30/Dal_drago_Tarantasio_cane_Mattei_co_5_0206306112.shtml|titolo=Dal drago Tarantasio al "cane" di Mattei|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|giorno=30|mese=06|anno=2002|accesso=20-09-2002}}</ref>. Lodi fu la prima città in Italia a servirsi del metano per usi domestici e industriali<ref name="storiacomune"/>.
Quasi completamente dimenticati sono il Purè de castegne, Pan e vin, il Must de vin (mosto di vino da poco pigiato, farina bianca, cioccolato fondente, amaretti, rosolio e savoiardi), El pan de morcia: fondi dell'olio di lino (linusa) farina gialla, farina bianca e semi di finocchio (erba buna).
Sempre nell'ambito dell'[[industria petrolchimica]], dal [[1963]]<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Sito ufficiale | url = http://www.viscolube.it/tool/home.php?s=0,1,3 | data = | accesso = 02-10-2009 | editore = Viscolube}}</ref> ha sede a Lodi la [[Viscolube]] che si occupa di riciclo di [[Olio (lubrificante)|oli lubrificanti]] usati, attraverso un processo di ri-[[raffinazione]]. Nel [[2007]] il fatturato è stato di 100 milioni di [[euro]] e l'azienda ha impiegato 170 dipendenti.<ref>{{cita news|autore= Christian Benna| url= http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/12/10/viscolube-olio-riciclato-va-alla-conquista-delleuropa.html |titolo=Viscolube, l'olio riciclato va alla conquista dell'Europa |pubblicazione=[[La Repubblica]]|giorno=10|mese=12|anno=2007|pagina= 15| accesso=02-10-2009}}</ref>
==Foresta di Pianura==
Al giorno d'oggi le industrie più sviluppate sono quella [[industria casearia|casearia]] (si ricorda ad esempio la produzione del [[grana padano]] ''"Bella di Lodi"'')<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Sito ufficiale | url = http://www.tazzi.it/bellalodi.htm | data = | accesso = 01-10-2009 | editore = Angelo Tazzi & C.}}</ref> e quella [[artigianato|artigianale]], in particolare nei settori della [[ceramica]] (''"Vecchia Lodi"'')<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Ceramica artistica lodigiana "Vecchia Lodi" | url = http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_artestoria_NOTIZIA_1.asp?IDNotizia=240&IDCategoria=619 | data = | accesso = 28-08-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref> e della [[cosmesi]] (''"L'Erbolario"'')<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Come eravamo | url = http://www.erbolario.it/AZIENDA.html | data = | accesso = 28-08-2009 | editore = L'Erbolario di Lodi}}</ref>.
Il Comprensorio della Foresta
Il territorio che accoglie la Foresta di Pianura, è sito in prossimità del centro abitato della città di Lodi, verso la zona golenale del fiume Adda. Percorrendo la via Vecchia Cremonese, lungo il margine alto del "Terrazzo Morfologico Fluviale", essa lascia intravedere al suo piede una pianura ricca di coltivi e corsi d'acqua, i quali hanno aiutato nei secoli gli agricoltori a bonificare e mantenere fertili le aree "Golenali", un tempo ricche di paludi e acquitrini.
La Roggia Molina è la testimonianza di un passato lontano, durante il quale l'antica città fortificata di Lodi lasciava defluire le acque delle paludi circostanti lungo le sue mura e bastioni fino a immettersi nel fiume Adda.
=== Servizi ===
Oggi il tratto cittadino della roggia è ormai quasi tutto ricoperto da strade e abitazioni, ma appena la città cede il passo alla campagna il vecchio corso emerge districandosi tra cascine e campi coltivati come un tempo.
Tra le più importanti imprese che operano nel settore dei servizi c'è [[Zucchetti]], che opera nell'ambito di [[software]] e [[hardware]] a supporto di aziende; con 1800 addetti e oltre 60000 clienti, è uno dei leader italiani nel settore<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Profilo del gruppo | url =
http://www.zucchetti.it/portale/jsp/gruppo.jsp?cat_id=92&breadcrumbs0=Chi+siamo&breadcrumbs=Il+gruppo+Zucchetti&breadcrumbs1=Il+gruppo+Zucchetti&pic= | data = | accesso = 01-10-2009 | editore = [[Zucchetti]]}}</ref>.
Il "salto", o Terrazzo Morfologico, inciso nella pianura dalle vecchie sponde del fiume Adda, è ben visibile in prossimità delle cascine Coldana, Costino, e dell'entrata ciclopedonale al comprensorio della Foresta sul lato sud/est, nelle vicinanze dei piccoli laghi artificiali.
Lodi ha inoltre una notevole attività bancaria: la [[Banca Popolare Italiana|Banca Popolare di Lodi]], fondata da [[Tiziano Zalli]] nel [[1864]], è stata la prima banca popolare sorta in [[Italia]]<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Profilo e cenni storici | url = http://www.poplodi.it/index.php?option=com_content&task=view&id=311&Itemid=525 | data = | accesso = 14-04-2009 | editore = [[Banca Popolare di Lodi]]}}</ref>. Attualmente fa parte del [[Banco Popolare|Gruppo Banco Popolare]], terzo gruppo bancario in Italia, e il più grande tra quelli di matrice popolare<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Le 10 cose da sapere sulla nascita del Banco Popolarei | url = http://www.bpv.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2&Itemid=1084 | data = | accesso = 01-10-2009 | editore = [[Banca Popolare di Verona]]}}</ref>. Un altro istituto che si distingue nella provincia è il [[Credito Cooperativo Laudense]].
Esso testimonia come la convivenza tra l'uomo ed il fiume, si sia sempre fondata su strette simbiosi e taciti accordi.
L'Ambiente Naturale circostante
Inoltre Lodi è stata una delle prime città ad essere cablata con la [[fibra ottica]], inizialmente per la trasmissione di [[TV via cavo]], poi per il [[progetto Socrate]] di [[Telecom Italia]] e infine per la trasmissione di dati<ref>{{Cita news | autore = Diego Scotti | url = http://archiviostorico.corriere.it/2000/marzo/03/Lodi_chiede_danni_Telecom_miliardi_co_2_0003031220.shtml | titolo = Lodi chiede i danni a Telecom: 15 miliardi | pubblicazione = [[Corriere della Sera]] | giorno = 03 | mese = 03 | anno = 2000 | accesso = 20-09-2009}}</ref>.
Il contesto naturale in cui è inserita la Foresta di Pianura, è indissolubilmente legato all'acqua.
Essa è presente nell'alveo del fiume Adda, scorre all'interno di colatori e rogge interpoderali, emerge sottoforma di sorgenti e risorgive al piede del terrazzo morfologico.
L'acqua da sempre, in queste zone, è stata un elemento complementare dell'attività umana, offrendo preziosa forza ai mulini e redditività ai terreni; ma al tempo stesso è stata una forte oppositrice all'aratro, laddove con la sua presenza rendeva i terreni paludosi e liberi di poter accogliere piante ed animali tipici di questi ambienti fluviali.
Nell'ultimo secolo la città ha avuto una crescita notevole grazie agli scambi commerciali, alla rivisitazione del sistema di tangenziali, allo sviluppo di tecnologie per l'ambiente (grazie alla discreta quantità di [[riciclaggio|rifiuti riciclati]] che i lodigiani producono<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Aumenta in Città la percentuale della raccolta differenziata | url = http://www.comune.lodi.it/content/view/2286/ | data = 29-08-2008 | accesso = 14-04-2009 | editore = Comune di Lodi }}</ref> e alla tecnologia del [[teleriscaldamento]]<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Teleriscaldamento Astem Energy | url = http://www.astemlodi.it/servizi/energy/teleriscaldamento/ | data = | accesso = 14-04-2009 | editore = Astem }}</ref>).
E' possibile incontrare, durante una passeggiata, alberi o animali isolati, o imbattersi in piccole comunità di grandi alberi misti a boscaglia, o in stormi di uccelli in volo o intenti alla ricerca di cibo, sparsi qua e là tra coltivi e canneti.
=== Turismo ===
Negli ultimi anni il turismo ha rappresentato un settore in forte espansione sul territorio<ref name="comunicato bit">{{cita web | cognome = | titolo = La Provincia di Lodi torna alla BIT: dal 2003 al 2006 sono più che raddoppiati gli arrivi, il lodigiano piace sempre di più ai turisti | url = http://209.85.129.132/search?q=cache:7g8NAMSbBQ4J:www.turismo.provincia.lodi.it/oggetti/662.doc | data = 20-02-2008 | accesso = 29-09-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref>. Basti pensare che nel [[2006]] sono stati registrati 137000 arrivi<ref name="comunicato bit"/>, con un aumento del 116% rispetto a tre anni prima<ref name="comunicato bit"/>.
A parte la presenza della futura Foresta, il territorio conserva ancora molteplici segni e presenze di un ambiente originario che si è preservato in un bosco vicino ad una sorgente o lungo le sponde del fiume Adda.
A partire dal [[1999]] Lodi è entrata a far parte del circuito di ''"città d'arte del bacino del Po"''.<ref>{{cita news|autore= Caterina Belloni| url= http://archiviostorico.corriere.it/1999/febbraio/14/Lodi_tra_citta_arte_del_co_7_9902143448.shtml |titolo=Lodi tra le "città d'arte" del bacino del Po |pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|giorno=14|mese=02|anno=1999|pagina= 47| accesso=02-10-2009}}</ref>
Uno degli obiettivi che la foresta deve conseguire nel tempo è quello di divenire un ambiente ospitale per tutte le forme di vita autoctone, che oggi sono sparpagliate sul territorio in piccole comunità.
Oltre al turismo culturale (il [[Tempio Civico dell'Incoronata]] è uno dei capolavori del [[Architettura rinascimentale|rinascimento]] [[Lombardia|lombardo]]),<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Chiese | url = http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_artestoria_02.asp?IDCategoria=614 | data = | accesso = 02-10-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref> particolarmente diffuso è il turismo naturalistico, grazie all'ottima rete ciclabile che dal capoluogo si diparte in tutto il [[lodigiano|territorio]]<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Itinerari in bicicletta | url = http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_itinerari_01.asp?IDCategoria=624 | data = | accesso = 02-10-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref>.
Al tempo stesso viene offerto ai visitatori la testimonianza di un elemento del paesaggio che, fino a ieri, era parte integrante degli ambienti periurbani ed agricoli e che in futuro rappresenterà uno degli ecosistemi naturali più importanti della provincia.
Il turismo enogastronomico si concentra soprattutto nei mesi di [[ottobre]] e [[novembre]], durante i quali, a partire dal [[1988]], si svolge la ''Rassegna Gastronomica del Lodigiano''<ref>{{cita web | cognome = | titolo = Rassegna Gastronomica del Lodigiano | url = http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_gastronomia_02.asp?IDCategoria=674 | data = | accesso = 29-09-2009 | editore = [[Provincia di Lodi]]}}</ref>.
==Note==
==Bibliografia==
*{{cita libro | cognome=Carinelli | nome=Ernesto | wkautore= | coautori=Sandro De Palma; Giorgio Granati | anno=[[2006]] | titolo=Lodi Murata - Sistema difensivo e parti sotterranee|editore= Il Pomerio| id=ISBN 887121448X=88-7121-448-X|}}
==Palazzo Pitoletti (Lodi)==
PALAZZO MODIGNANI
E’ situato in Via XX Settembre a Lodi ed è stato costruito nel 1600 sul luogo in cui precedentemente sorgeva un altro edificio chiamato “Malcantone”.
Il Palazzo Modignani è stato eretto da Michele e Piergiacomo Sartorio, anche se probabilmente fu iniziato dal loro padre Domenico. E’ il palazzo più importante di Lodi per le sue dimensioni. Esso è stato abitato fin da quando è stato costruito ed è ancora oggi abitato. All’ingresso si trova una lapide che reca incisi i nomi di illustri personaggi che vi sono stati ospitati; tra questi ricordiamo: Napoleone Bonaparte, Carlo Alberto di Savoia, Vittorio Emanuele II°, Francesco I° d’Austria.
In questo palazzo è presente un cortile ampio ma strutturato semplicemente con alberi secolari. Intorno al cortile ci sono delle colonne tuscaniche binate, cioè colonne a due a due presenti anche in altri palazzi di Lodi, che sono un po’ la firma dei fratelli Sartorio.
La splendida cancellata di ferro battuto è di Alessandro Mazzucotelli, lodigiano, uno dei grandi maestri dell’arte Liberty.
Le sale del piano nobile sono riccamente affrescate.
La facciata, molto austera, è a tre piani suddivisi da coppie di lesene (sottili pilastri decorati) che racchiudono una finestra ciascuna. Le finestre sono state costruite in stile barocco. Nella facciata si notano alcune anomalie: le finestre del terzo piano hanno decorazioni più ricche di quelle del piano nobile. Un’altra stranezza è la mancanza del portale d’onore che, sembra, non sia mai stato costruito, così come il balconcino della finestra che lo sovrasta.
Sull’angolo esterno è presente un balcone.
==Teatro Alle Vigne==
L’antica chiesa di San Giovanni e Ognissanti alle Vigne (la denominazione oscillò parecchio lungo l’arco dei secoli) apparteneva all’ordine religioso degli [[Umiliati]]. Questo venne soppresso nel [[1571]] da [[Papa Pio V]] e nel [[1604]] l’area fu donata ai [[Chierici Regolari di San Paolo|Barnabiti]] dietro raccomandazione del Vescovo di Lodi Ludovico Taverna. L’anno dopo Paolo V sanzionava il possesso.
La vita della comunità religiosa si discosta dal modello monastico per assumere la fisionomia di un supporto di attività volte all’esterno: culto eucaristico, predicazione, catechesi, insegnamento scolastico. Da qui l’esigenza dei Barnabiti di mutare il monastero in "collegio" e la cappella in grande chiesa adatta ad accogliere numerosi fedeli per la predicazione e per il culto che la [[Controriforma]] voleva solenne e trionfale. Barnabiti e Gesuiti tennero viva nei loro collegi la tradizione scenica sotto varie forme, dando al recitare comunque inteso un forte rilievo pedagogico. I nuovi metodi pastorali e le nuove forme liturgiche determinarono dunque la scomparsa dell’antico tempio degli Umiliati.
Al suo posto sorse, a partire dal 1618, il nuovo spazio per il culto, ritmato appunto secondo le esigenze della Controriforma: non più cioè diviso in navate, ma costituito essenzialmente da una grande aula e da un vasto presbitero ben visibile da tutti i punti dell'ambiente. Il progetto originale viene comunemente attribuito all’architetto barnabita Carlo Ambrogio Mazenta ( o Magenta, 1565-1635), molto noto soprattutto a Bologna. Dagli atti dell’Archivio Provincializio dei Barnabiti risulta che i conversi Giovanni della Torre e Domenico Pola da Montù vennero di volta in volta a sopraintendere ai lavori. Avevano assai probabilmente funzioni e abilità da capomastro. La costruzione fu dunque ideata e realizzata all’interno della Congregazione che ne avrebbe fatto sede delle proprie attività.
Consacrata nel 1627, la chiesa era tutt’altro che completa. I lavori proseguirono fino al 1693, rimanendo incompiuta la facciata. Nel successivo periodo dell’amministrazione austriaca Lodi conosce una rifioritura paragonabile per proporzioni a quella del Rinascimento: la città si arricchisce di palazzi, di chiese e di porte monumentali nel nuovo stile tardo barocco ornato da splendidi ferri battuti. E’ il periodo d’oro della nostra ceramica. Si danno rappresentazioni teatrali, con autori e interpreti famosi, potenziate le scuole, aperta al pubblico la Libreria dei Filippini. In questo contesto riprendono i lavori a SAN Giovanni alle Vigne per rifare le volte, il pavimento, la sacrestia (1731-34). E’ di questo periodo la presenza a Lodi di un barnabita rampollo della grande nobiltà milanese: Salvatore Andreani. Dotto insegnante, oratore entusiasmante, organizzatore efficiente, l’Andreani diventa Preposito di SAN Giovanni alle Vigne. E profonde larghi mezzi per rendere la chiesa più maestosa, per dotarla tra l’altro di un concerto di campane (1752), di ricchi arredi e tappezzerie, per proseguire le opere murarie e di ornato ancora incomplete.
Fu lui che non ebbe remore a usare la chiesa come teatro per una solenne Accademia, sia pure a sfondo religioso e con scopi morali. La cosa sollevò scalpore, tanto più che agli spettatori vennero offerti anche i sorbetti. Anche dopo l’Andreani i lavori proseguirono.
E’ del 1794 la sistemazione delle nicchie fiancheggianti il portale. Ma siamo ormai in pieno clima di soppressioni giuseppine. I Barnabiti, cui era affidata l’istruzione medio-superiore a Lodi, resistettero alla Cisalpina e al regno d’Italia. Ma nel 1810 venne anche la loro volta. Ritorneranno a Lodi durante la Restaurazione, ma in altra sede.
San Giovanni alle Vigne, depauperata dei suoi ornamenti, divenne deposito di granaglie e di altre derrate. Nel 1874 il Municipio l’adibì a palestra addossando alla parete di fondo un grande altorilievo in gesso, opera di Giuseppe Bianchi, raffigurante la Disfida di Barletta.
La storia successiva altro non registra che il progressivo degrado dell’ex chiesa e degli edifici adiacenti.L’operazione iniziata dal Comune nel 1976 segna il recupero dell’aula ideata dal Mazenta e di tutto il complesso architettonico che le fa da naturale contorno.
Il risultato sta sotto i nostri occhi. La struttura usata per la la liturgia è ancora lì tutta e ben visibile (salvo ciò che la storia ha inevitabilmente modificato). In essa è calata una nuova attrezzatura adatta all’esercizio delle arti sceniche: una scelta, certo, non la conclusione di un sillogismo.
Ma proprio per questo l’avvenire dipende dall’uso che si farà di questo bene. La storia del Tempio di San Giovanni alle Vigne si è ormai conclusa da tempo, ora è conclusa anche l’infelice parentesi dei magazzini e della palestra.
==Sezione ceramica==
Nelle '''ultime due sale''' sono esposti i pezzi relativi alla donazione Robiati. Tra questi, esemplare di eccezionale importanza, è un grande “centro tavola”. Su un basamento ovale fortemente sagomato, delineato all'esterno da un tondino dipinto a foglie e da un cordone a rilievo, che si interrompe ai quattro punti cardinali formando volute a riccioli contrapposti, si elevano quattro sostegni, formati da complessi ornati rococò, sui quali doveva appoggiare probabilmente un vassoio. Il decoro testimonia gli stretti rapporti con la cultura fittile d'oltralpe giacché compendia i dettami stilistici di Rouen e di Moustiers. Riporta l'indicazione: "A.M.C.(intrecciate) / Giuseppe Codazzuro modellatore / Luigi Morsenchio pitore feccero / nella fabricha Copelloti / 1743." Questa iscrizione ha permesso di assegnare con certezza il monogramma AMC alla fabbrica di Antonio Maria Coppellotti. Prima del suo ritrovamento, infatti, le maioliche contrassegnate da questa sigla erano attribuite a Milano o ad una fantomatica quanto inesistente fabbrica lodigiana del "Moro" (n.239).
{{Sequenza immagini
==Museo del Tesoro dell'Incoronata==
Il '''Museo del Tesoro dell'Incoronata''' è stato allestito nel [[1988]] negli spazi sotterranei sottostanti la [[sacrestia]] del [[Tempio Civico dell'Incoronata|Tempio dell'Incoronata]], l'atrio e la galleria destra di ingresso alla chiesa. Lo spazio espositivo è composto da tre locali di diverse dimensioni caratterizzati dal reciproco intersecarsi di volte a botte e a vela, archi, nicchie, strombature di finestre.
Durante i lavori di sistemazione degli ambienti sono stati messi in evidenza alcuni dei particolari architettonici esistenti per ricordare e sottolineare il carattere un tempo "domestico" dei locali utilizzati: un pozzo ancora funzionante, scivoli per lo scarico della legna dal piano stradale, nicchie e cunicoli di collegamento con la zona abitata sovrastante.
Visibile è anche il muro di fondazione di uno dei lati dell'ottagono del tempio dell'Incoronata e, particolare interessante, è un pilastro in cotto con base e capitello sagomati sorreggente due archi semicircolari d'epoca medioevale. Dovrebbe trattarsi di un elemento delle vecchie case di via degli Humilini (l'attuale via dell'Incoronata), demolite nel 1478, per la costruzione del Tempio, e nel 1512, per l'edificazione del Monte di Pietà.
Le opere presentate hanno un carattere di rarità e di unicità che consiste nel determinare dal punto di vista formale un insieme di pezzi che, oltre a possedere i requisiti di un museo d'arte sacra, testimonia la raccolta di oggetti legati alle funzioni religiose di un importante santuario.
Alcune delle argenterie riportano marchi di bottega, tracce fondamentali per risalire al laboratorio dell'orefice e al luogo di produzione, come il caso di una pisside da viatico, del XVIII secolo, con il motivo della campana, marchio già noto nel Seicento; un calice settecentesco con la punzonatura della Croce di Malta; un ostensorio della fine del secolo XIX, eseguito dal celebre argentiere Luigi Caber, operante all'insegna del Cervo d'Oro; un turibolo seicentesco, con il simbolo del Leone Marciano, eseguito dal milanese Bernardo Longon. Non tutte le argenterie liturgiche soggiacevano alla prescrizione della bollatura, d'obbligo per le elaborazioni d'uso profano, come il prezioso calice milanese del XVII secolo e un raro ostensorio ambrosiano, successivamente trasformato in reliquiario.
Abbastanza vasto è il repertorio di oggetti liturgici d'uso complementare: reliquiari, candelieri, vasi portapalme, secchielli, ampolline, busti portareliquie; alcuni di questi anche se non eseguiti con materiali preziosi ne ricalcano la tecnica e la raffinatezza. Fra i corredi liturgici spiccano i molteplici paramenti con pianete, piviali, stole, manipoli, veli omerali e da calice, borse, tunicelle, e camici bordati da ricchi merletti databili ai secoli XVII e XVIII.
Un accenno particolare va riservato alla preziosa Pace tardocinquecentesca, frutto di una bottega di smaltatori milanesi (realizzata a smalto a pittura opaca su sfondo a traslucido e base di preparazione argentea senza "sinopia" ma a rigature parallele), conservata in un contenitore di cuoio, che reca inciso sul retro l'immagine di Cristo alla colonna e sul verso il pastorale con mitria vescovile, un animale rampante e l'iscrizione "Ama Dio". Degna di nota è inoltre, una sveglia d'appoggio, raffinato oggetto di tecnica orologiaia e di arte applicata, databile alla metà del Settecento, che fu eseguita da Antonio Kurtzweil, attivo a Vienna fra il 1746 e il 1763.
==Museo di Scienze Naturali==
{{Museo
|Immagine=Lodi Piazza Ospitale 01.JPG
|NomeMuseo=Museo di Scienze Naturali del Collegio San Francesco
|Indirizzo=via San Francesco, 23, [[Lodi]]
|Tipologia=[[scienze naturali]]
|Telefono=0371/420019
|E-mail=
}}
Il '''museo di [[scienze naturali]]''' del [[Collegio San Francesco]] di [[Lodi]] nacque nel [[1850]] come museo del Collegio di Santa Maria degli Angeli di [[Monza]], diretto dai [[Barnabiti]]. Chiusa la scuola all'inizio nel [[1884]], gran parte del materiale passò al collegio lodigiano. La collezione si espanse ulteriormente grazie alla donazione del dottor Paolo Lanfossi che nel [[1862]], lasciò in eredità una raccolta di [[minerali]], [[conchiglie]], [[uccelli]] e duecento libri di [[scienze naturali]]. Nel [[1996]] l'apertura, prima riservata ai soli studenti del collegio, venne estesa a tutti.
Il museo è costituito da circa seimila unità, disposte su tre ali di un [[chiostro]] [[XVI secolo|cinquecentesco]], per una superficie coperta complessiva di circa trecento metri quadrati.
==Criteri espositivi==
Il museo è strutturato in cinque sezioni relative a mineralogia e petrografia, malacologia, ornitologia, zoologia e paleontologia. Le bacheche espositive e vetrine sono quelle originali ottocentesche.
===Sezione [[Mineralogia|Mineralogica]] e [[Petrografia|Petrografica]]===
La sezione di mineralogia e petrografia è costituita da circa duemila [[minerali]], tra cui una grossa [[drusa]] di [[quarzo]] con [[geminati]], proveniente dal [[traforo del Sempione]], [[ametista|ametiste]], quindici [[agata (minerale)|agate]] e una trentina di minerali [[Fluorescenza|fluorescenti]] ([[autunite|autuniti]], [[aragonite|aragoniti]] e [[calcite|calciti]]).
===Sezione [[Malacologia|Malacologica]]===
La sezione malacologica è formata da circa mille [[conchiglie]] di varie forme, dimensioni e provenienze, con alcuni importanti esemplari provenienti dal [[Mar dei Caraibi]].
===Sezione [[Ornitologia|Ornitologica]]===
La sezione ornitologica consiste in circa settecento [[uccelli]] [[imbalsamazione|imbalsamati]], tra cui [[pappagallo|pappagalli]], [[colibrì]] e un [[uccello lira]]. Tra quelli di grande dimensione vanno citati un [[albatro]] con [[apertura alare]] di 2,80 metri ed un'[[aquila di mare]].
Esistono inoltre delle raccolte di [[nido|nidi]] e di circa trenta[[uova]], tra cui quelle di [[struzzo]] e [[pellicano]].
===Sezione [[Zoologia|Zoologica]]===
La sezione zoologica è rappresentata da circa cinquecento esemplari di fauna locale, italiana ed esotica, come un Anaconda del Sud America di cinque metri di lunghezza e un Pitone del Congo (Africa) di due metri e settanta centimetri. Si possono ammirare anche un Delfino del Mediterraneo di m. 1,50, alcuni coccodrilli, squali (tre) di m. 1,60 di lunghezza, un Pesce Luna o Palla lungo cm. 80 e largo 50, una Foca Monaca del Mediterraneo di due metri di lunghezza. Tra la fauna di grossa taglia vi si trovano: un Formichiere di m. 1,80 di lunghezza e di cm. 70 di altezza, un Orso bruno di m. 1,50 per 90 e un Leone lungo m. 1,90 e alto m. 1,20.
===Sezione [[Paleontologia|Paleontologica]]===
La sezione paleontologica è composta da circa ottocento fossili, che vanno dall’era archeozoica alla quaternaria tra cui: un’ Ammonite del periodo giurassico (150 milioni di anni) proveniente dalla Baviera (Germania Meridionale), Stromatoliti (due) e Trilobiti (sei), un pesce pietrificato (Cladocyclus gardneri) dell’era quaternaria di un metro di lunghezza, uno degli ultimi acquisti di Padre Pietro Erba (1922-2004), direttore del Museo per 40 anni e docente di Scienze Naturali nei plessi scolastici del Collegio San Francesco. Fanno parte inoltre di questa sezione: un’Araucaria dell’Arizona (USA, 150 milioni di anni), tracce della presenza dell’uomo primitivo costituite da un Cranio e una Mandibola di Elefante (Helephas primigenius) trovato nel fiume Lambro presso Livraga (Lodi), un Molare superiore di Helephas meridionalis del Pliocene rinvenuto nel piacentino, un altro Molare superiore di Helephas indicus, una Vertebra di Balena (Phiseter) e due Uova di Dinosauro (Saurofolo) provenienti dalla Mongolia (Asia centro orientale, 60 milioni di anni).
==Altre raccolte==
Il Museo include altresì una piccola sezione archeologica comprendente circa ottanta reperti di età romanica, rinvenuti in territorio lodigiano.
Di notevole valore scientifico sono le ricche raccolte di due erbari: l’Erbario lombardo-veneto risalente alla prima metà dell’Ottocento, che riunisce circa cinque mila esemplari di vegetazione delle due regioni, contenuti in oltre ottanta faldoni; l’Erbario crittogamico (= relativo ai vegetali con organi riproduttivi non palesi, ma supposti) italiano della seconda metà dell’Ottocento, che raccoglie circa mille e cinquecento erbe di tutta Italia, distribuite in circa trenta faldoni.
Ventagli di vivacissimi colori presenta la raccolta di cento cinquanta Farfalle.
Apprezzabile è la collezione in esposizione di circa duecento modelli in cera di Funghi, realizzati artigianalmente conformi agli originali, oggi di difficile reperibilità.
I reperti sono tutti catalogati e dotati di schede illustrative finalizzate a migliorarne la comprensione.
==Museo diocesano d'arte sacra ==
Il museo diocesano è collocato nel centro storico della città, in un'ala del Palazzo Vescovile, edificio di pregio storico artistico, di origine medievale, ricostruito nel XVIII secolo, per volere del Vescovo Mezzabarba, su progetto dell'architetto Veneroni. E' stato istituito dal Vescovo Mons. Oggioni con decreto vescovile del 15 ottobre 1975 e inaugurato il 19 gennaio 1980 dal suo successore, Mons. Magnani. Custodisce preziosi oggetti liturgici, dipinti ed affreschi, tessuti, sculture, provenienti dalla Cattedrale e dal Vescovado ma anche da varie parrocchie del territorio lodigiano, testimonianza dell'Arte e della Fede cristiana.Tra questi, il museo diocesano vanta preziose opere di arte tessile e orafa rinascimentale facenti un tempo parte del tesoro della Cattedrale, detto "di S.Bassiano".
CRITERI ESPOSITIVI - ITINERARIO DI VISITA - museo diocesano
Al museo diocesano si accede salendo uno scalone al termine della navata laterale destra della Cattedrale. Si osservi, lo scalone scenografico e monumentale che conduce negli ambienti museali e che mette in comunicazione diretta la Cattedrale con la residenza vescovile. Alle pareti si possono osservare alcuni dipinti del XVII secolo, tra cui un'Annunciazione di Camillo Procaccini e due interessanti opere, ex ante di organo, di Ercole Procaccini il Giovane.
Nella ex cappella privata del Vescovo, ora adibita a spazio museale, si può ammirare la decorazione pittorica delle volte con motivi floreali e vegetali, stucchi dorati, e finte architetture, di gusto rococò. Tutt'intorno, in vetrine, sono collocati oggetti liturgici, in legno e metallo (tabernacoli, croci astili processionali, legature di messale, carteglorie, ferule, ecc.), che vanno dal XVI al XIX secolo, oltre ad abiti e paramenti liturgici del XVIII e XIX secolo. Inoltre, troviamo vari paliotti in tessuto, con splendidi ricami, dei secc. XVIII, XIX e XX.
Si prosegue poi nella sala I, dove sono esposti alcuni frammenti di epoca romana, un frammento di colonna miliare del IV sec. d.C. e un frammento di lapide commemorativa del I sec. d.C., rinvenuti nelle strutture della Cattedrale il secolo scorso. Interessante è anche un meccanismo di orologio del XVIII secolo e un frammento del pavimento del XII secolo della Cattedrale, realizzato in "cocciopesto".
Nella sala II vi sono testimonianze di scultura lignea della fine del XV secolo (un "Cristo deposto" di anonimo e il polittico dei fratelli Lupi), oltre a dipinti di Alberto Piazza, realizzati per la Cattedrale (parte del "polittico dell'Assunta", di cui sono esposti i due pannelli laterali del registro inferiore con "S.Sebastiano" e "S.Bassiano"), e affreschi attribuiti a Callisto Piazza.
Nella sala III, alle pareti, dipinti di anonimi artisti del XVII e XVIII secolo e, degne di nota, otto miniature provenienti dall'abbazia olivetana di Villanova del Sillaro, attribuite a Francesco Binasco, miniatore attivo alla corte sforzesca a Milano, tra la fine del XV e la prima metà del secolo successivo.
Entrando nella sala IV poi, si possono ammirare i capolavori del museo, della fine del XV secolo: il prezioso tabernacolo o ostensorio Pallavicino, in argento, coralli e smalti, la mantovana Pallavicino con perline bianche di fiume, smalti policromi su lamina d'argento e, guardando col naso all'insù, il baldacchino Pallavicino con ricami con sete, fili d'oro e d'argento e perline bianche di fiume, secondo una moda diffusa nella corte sforzesca, di cui restano però rare testimonianze. Queste preziose opere facevano parte del tesoro della Cattedrale o "di San Bassiano".
Si prosegue nell'atrio, dove troviamo sulle pareti, dipinti tra cui degni di nota sono una "Visitazione", attribuita a Carlo Donelli detto il Vimercati ed un paliotto dipinto con la "Deposizione di Cristo" del XVII secolo.
Dall'atrio si accede ad altre sale, che conservano dipinti e sculture contemporanee realizzate nel XX secolo da artisti lodigiani e non, aventi tutte soggetti sacri, e donate al museo diocesano in seguito a mostre o donazioni degli stessi artisti, e alla sala dedicata al Mons. Quartieri, che è stato il primo Direttore del Museo.
Negli ambienti museali, il visitatore troverà dei grandi occhi in corrispondenza di alcuni oggetti o dipinti, che sono la segnaletica di un itinerario per bambini, che devono cercare gli animali, i frutti e i fiori legati alla simbologia cristiana, presenti sulle opere contraddistinte da questo simbolo.
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|Immagine:Mosteiro dos Jerònimos.JPG| Monastero di Jerònimos
|Immagine:Padrão dos Descobrimentos (part.).JPG|Monumento ai Descobrimentos (part.)
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