Dante Alighieri: differenze tra le versioni
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<noinclude>{{Protetta}}</noinclude>
{{nota disambigua
{{nota disambigua||Dante (disambigua)|Dante}}
{{Carica pubblica
|nome = Dante Alighieri
|didascalia = [[Sandro Botticelli]], ''[[Ritratto di Dante (Botticelli)|Ritratto di Dante]]'', tempera su tela, 1495, [[Ginevra]], collezione privata
|carica = [[Priorato delle Arti|Priore]] del [[Repubblica di Firenze|Comune di Firenze]]
|mandatoinizio = 15 giugno 1300
|mandatofine = 15 agosto 1300
|carica2 = Membro del [[Consiglio dei Cento (Firenze)|Consiglio dei Cento]]
|mandatoinizio2 = maggio 1296
|mandatofine2 = settembre 1296
|fazione = [[Guelfi bianchi]]
|professione = scrittore, politico
}}
{{Bio
|Nome = Dante
|Cognome = Alighieri
|PostCognomeVirgola = o '''Alighiero''', battezzato '''Durante di Alighiero degli Alighieri''' e anche noto con il solo nome di '''Dante''', della [[famiglia Alighieri]]
|Sesso = M
|LuogoNascita = Firenze
|GiornoMeseNascita = tra il
|AnnoNascita = 1265
|LuogoMorte = Ravenna
|GiornoMeseMorte = notte tra il [[13 settembre|13]] e il [[14 settembre]]<ref>{{Treccani|dante-alighieri|Dante Alighieri|v = |accesso = 5 aprile 2016}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Guglielmo Gorni|editore=Laterza|titolo=Dante: Storia di un visionario||anno=2011|}}</ref><ref>{{Cita TV|lingua=it|autore=Alessandro Barbero|wkautore=Alessandro Barbero|titolo=Alighieri Durante, detto Dante|canale=Rai Storia|wkcanale=Rai Storia|url=https://www.raiplay.it/video/2020/12/Alighieri-Durante-detto-Dante-6879a919-d770-47f3-8bfe-55be7583eda9.html|accesso=14 settembre 2021|minuto=9|secondo=04}}</ref>
|AnnoMorte = 1321
|Epoca = 1200
|
|Attività = poeta
|Attività2 = scrittore
|Attività3 = politico
|Nazionalità = italiano
}}
Il
Viene considerato il padre della [[lingua italiana]]; la sua fama è dovuta alla paternità della ''Comedìa'', divenuta celebre come ''[[Divina Commedia]]'' e universalmente considerata la più grande opera scritta in lingua italiana e uno dei maggiori [[Capolavoro|capolavori]] della letteratura mondiale<ref>{{cita|H. Bloom|titolo=Il Canone occidentale}}.</ref>. Espressione della [[Medioevo|cultura medievale]], filtrata attraverso la lirica del ''[[Dolce stil novo]]'', la ''Commedia'' è anche veicolo [[allegorico]] della salvezza umana, che si concretizza nel toccare i drammi dei [[Inferno (Divina Commedia)|dannati]], le pene [[Purgatorio (Divina Commedia)|purgatoriali]] e le [[Paradiso (Divina Commedia)|glorie celesti]], permettendo a Dante di offrire al lettore uno spaccato di [[morale]] ed [[etica]].
Importante linguista, teorico politico e filosofo, Dante spaziò all'interno dello scibile umano, segnando profondamente la [[letteratura italiana]] dei secoli successivi e la stessa [[cultura occidentale]], tanto da essere soprannominato il "Sommo Poeta" o, per [[antonomasia]], il "Poeta"<ref name="Dur1">{{Cita web|titolo=Dante Alighieri|url=https://www.letteratura.it/dante/|accesso=3 giugno 2015|curatore=Sara Marchesi e Maria Grazia Vasta|data=maggio 2007}}</ref>. Dante, le cui spoglie si trovano a Ravenna nella [[Tomba di Dante|tomba]] costruita nel [[1780]] da [[Camillo Morigia]], in epoca [[Romanticismo|romantica]] divenne il principale simbolo dell'identità nazionale [[Italiani|italiana]]<ref>{{Cita libro|autore=Fulvio Conti|titolo=Il Sommo italiano. Dante e l'identità della nazione|città=Roma|editore=Carocci editore|anno=2021|url=https://www.academia.edu/46927499/Il_Sommo_italiano_Dante_e_lidentit%C3%A0_della_nazione_Roma_Carocci_editore_2021|accesso=29 gennaio 2024}}</ref>. Da lui prende il nome il principale ente della diffusione della lingua italiana nel mondo, la [[Società Dante Alighieri]]<ref>{{Cita web|titolo=Società Dante Alighieri – il Mondo in Italiano|url=http://ladante.it/|accesso=3 giugno 2015|editore=Società Dante Alighieri}}</ref>, mentre gli [[Critica e filologia dantesca|studi critici e filologici]] sono mantenuti vivi dalla [[Società Dantesca Italiana|Società dantesca]].
== Biografia ==
[[File:Stemma della famiglia Alighieri.svg|thumb|Stemma Alighieri|150px]]
=== Le origini ===
==== La data di nascita e il mito di Boccaccio ====
[[File:Casa di dante 01.JPG|min|[[Casa di Dante]] a [[Firenze]]]]
La data di nascita di Dante non è conosciuta con esattezza, anche se solitamente viene indicata attorno al [[1265]]. Tale datazione è ricavata sulla base di alcune allusioni [[Autobiografia|autobiografiche]] riportate nella ''[[Vita Nova]]'' e nella cantica dell{{'}}''[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]]'', che comincia con il celeberrimo verso ''[[Nel mezzo del cammin di nostra vita]]''. Postulando le ipotesi, infatti, che la metà della vita dell'uomo sia, per Dante, il trentacinquesimo anno di vita<ref>Dante espone questa sua convinzione in [[s:Convivio/Trattato quarto|Convivio IV, XXIII 9]]: «Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere; ma ne li più io credo tra il trentesimo e quarantesimo anno, e io credo che ne li perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno».</ref><ref>I critici letterari Umberto Bosco e Giovanni Reggio sostengono che Dante fu influenzato da un passo estratto dalla [[Bibbia]]: «L'opinione era ricalcata d'altronde su un passo biblico: "Dies annorum nostrorum sunt septuaginta anni" {{cita testo|url=http://www.vatican.va/archive/bible/nova_vulgata/documents/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#LIBER%20III%20(Psalmi%2073-89)|titolo=(Psalmus 90 (89), 10)}})» (Dante Alighieri, ''La Divina Commedia'', a cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Vol. 1 Inferno, p. 7).</ref> e che il [[viaggio immaginario]] fosse avvenuto nel 1300, allora si risalirebbe di conseguenza al 1265. Oltre alle elucubrazioni dei critici, viene in supporto di tale ipotesi un contemporaneo di Dante, lo storico fiorentino [[Giovanni Villani]] il quale, nella sua ''[[Nova Cronica]]'', riporta che «questo Dante morì in esilio del comune di Firenze in età di circa 56 anni»<ref>{{Cita|Villani|p. 135}}.</ref>: una prova che confermerebbe tale idea. Altra testimonianza è riportata da [[Giovanni Boccaccio]] che, nelle sue ricerche sulla vita dell'amato Dante, conobbe a [[Ravenna]] ser Piero di messer Giardino da Ravenna, amico di Dante durante l'esilio di quest'ultimo nella città romagnola: il poeta avrebbe raccontato a Piero poco prima di spirare di aver compiuto 56 anni nel mese di maggio<ref>{{Cita|Barbero|p. 61}}.</ref>. Alcuni versi del ''[[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]]'' suggeriscono inoltre che egli nacque sotto il segno dei [[Gemelli (astrologia)|Gemelli]], quindi in un periodo compreso fra il 14 maggio e il 13 giugno<ref>{{Cita|Ferroni|p. 3}}.</ref>.
Tuttavia, se sconosciuto è il giorno della sua nascita, certo invece è quello del [[battesimo]]: il 27 marzo [[1266]], di [[Sabato santo]]<ref>{{Cita|Moreali|p. 457}}.</ref><ref>{{Cita|Malato|p. 31}}.</ref>. Quel giorno vennero portati al sacro fonte tutti i nati dell'anno per una solenne cerimonia collettiva. Dante venne battezzato con il nome di [[Durante]], poi [[Sincope (linguistica)|sincopato]] in Dante<ref>{{Cita|Barbero|p. 63}} ricorda come i diminutivi fossero comuni nella [[Storia di Firenze|Firenze medioevale]].</ref>, in ricordo di un parente [[ghibellino]]<ref>{{Cita|Marchi|p. 15}}.</ref>. Pregna di rimandi classici è la leggenda narrata da [[Giovanni Boccaccio]] ne ''Il Trattatello in laude di Dante'' riguardo alla nascita del poeta: secondo Boccaccio, la madre di Dante, poco prima di darlo alla luce, ebbe una [[Predizione|visione]] e sognò di trovarsi sotto un [[alloro]] altissimo, in mezzo a un vasto prato con una sorgente zampillante insieme al piccolo Dante appena partorito e di vedere il bimbo tendere la piccola mano verso le fronde, mangiare le bacche e trasformarsi in un magnifico [[pavone]]<ref>{{Cita libro|autore=Giovanni Boccaccio|titolo=Trattatello in Laude di Dante|posizione=Capitolo II – Patria e maggiori di Dante|url=https://it.wikisource.org/wiki/Trattatello_in_laude_di_Dante/II|accesso=20 maggio 2015}}</ref><ref name=":13">{{Cita|Marchi|p. 14}}.</ref>.
==== La famiglia paterna e materna ====
{{Vedi anche|Alighieri}}
[[File:Dante Luca.jpg|min|[[Luca Signorelli]], ''Dante'', affresco, 1499-1502, particolare tratto dalle ''Storie degli ultimi giorni'', [[cappella di San Brizio]], [[Duomo di Orvieto]]]]
Dante apparteneva agli [[Alighieri]], una famiglia di secondaria importanza all'interno dell'élite sociale fiorentina che, negli ultimi due secoli, aveva raggiunto una certa agiatezza economica. Benché Dante affermi che la sua famiglia discendesse dagli [[Impero romano|antichi Romani]]<ref>[[s:Divina Commedia/Inferno/Canto XV#72|''Inferno'', XV, v. 76]].</ref>, il parente più lontano di cui egli fa nome è il trisavolo [[Cacciaguida degli Elisei]]<ref>Si veda [[s:Divina Commedia/Paradiso/Canto XV#132|''Paradiso'', XV 135]].</ref>, fiorentino vissuto intorno al [[1100]] e cavaliere nella [[seconda crociata]] al seguito dell'imperatore [[Corrado III]]<ref name="cac1">{{cita web|titolo=Cacciaguida|url=http://www.danteonline.it/italiano/popup_schede.asp?tipo=ske&scheda=cacciaguida|accesso=6 giugno 2015|sito=Dante online|editore=Società dantesca italiana}}</ref>.
Come sottolinea [[Arnaldo D'Addario]] sull{{'}}''[[Enciclopedia dantesca]]'', la famiglia degli Alighieri (che prese tale nominativo dalla famiglia della moglie di Cacciaguida<ref name="cac1"/>) e che risultava abitare nel sesto di Porta San Piero<ref>{{Cita|Barbero|p. 69}}.</ref>, passò da uno status nobiliare meritocratico<ref>Riguardo al dibattito sulla nobiltà della famiglia Alighieri, si consultino: {{cita|Carpi}}; {{cita|Barbi|pagine=101-104}}</ref> a uno borghese agiato, ma meno prestigioso sul piano sociale<ref>{{Cita|D'Addario}}.</ref><ref group="N">{{Cita|Barbero|p. 45}} ricorda che la famiglia di Dante non era appartenente alla nobiltà ma, dal momento che questa veniva ricordata col cognome "Alagherii", indicava che la famiglia del poeta era superiore a molte altre famiglie cittadine. Per la precisione lo storico dice: «Non è la nobiltà, ma è l'emergere dalla massa».</ref>. Il nonno paterno di Dante, [[Bellincione Alighieri|Bellincione]], era infatti un popolano e un popolano sposò la sorella di Dante<ref name=":13"/>. Il figlio di Bellincione (e padre di Dante), Aleghiero o [[Alighiero di Bellincione]], svolgeva la professione di ''compsor'' ([[cambiavalute]]), con la quale riuscì a procurare un dignitoso decoro alla numerosa famiglia<ref>{{Cita|D'Addario 1960}}.</ref><ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a5.html|titolo=I genitori|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet culturale|data=2012}}</ref>. Grazie alla scoperta di due pergamene conservate nell’Archivio Diocesano di Lucca, però, si viene a sapere che il padre di Dante avrebbe fatto anche l'usuraio (dando adito alla ''[[Tenzone con Forese|Tenzone]]'' tra l'Alighieri e l'amico [[Forese Donati]]<ref>{{Cita web |url=https://it.wikisource.org/wiki/Rime_(Dante)/LXXIV_-_L%27altra_notte_mi_venne_una_gran_tosse|''Rime''|titolo=LXXIV}}</ref>), traendo degli arricchimenti tramite la sua posizione di procuratore giudiziale presso il tribunale di Firenze<ref>{{Cita web|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/01/dante-il-padre-alighiero-di-bellincione-era-un-usuraio-la-prova-in-due-pergamene/3359259/|titolo=Dante, "il padre Alighiero di Bellincione era un usuraio: la prova in due pergamene"|sito=Il Fatto Quotidiano|data=1º febbraio 2017|accesso=2 febbraio 2017}}</ref>. Era inoltre un guelfo, ma senza ambizioni politiche: per questo i ghibellini non lo esiliarono dopo la [[battaglia di Montaperti]], come fecero con altri guelfi, giudicandolo un avversario non pericoloso<ref name=":13" />.
La madre di Dante si chiamava [[Bella degli Abati]]<ref group="N">{{Cita|Barbero|p. 49}}.</ref>, figlia di Durante Scolaro<ref>{{Cita|Reynolds|p. 15}}.</ref> (è probabile che i genitori di Dante abbiano dato al figlio il nome del nonno<ref>{{Cita|Malato|p. 32}}.</ref>) e appartenente a un'importante famiglia ghibellina locale<ref name=":13"/>. Il figlio Dante non la citerà mai tra i suoi scritti, col risultato che di lei possediamo pochissime notizie biografiche. Bella morì quando Dante aveva cinque o sei anni e Alighiero, che probabilmente aveva già quarant'anni quando Dante nacque<ref>{{Cita|Barbero|pp. 37-38}}.</ref> e che morì in base alle fonti nel 1282-1283<ref>{{Cita|Barbero|p. 51}}.</ref>, presto si risposò, forse tra il 1275 e il 1278<ref name=":0">{{Cita|Petrocchi|p. 12}}.</ref>, con Lapa di Chiarissimo Cialuffi. Da questo matrimonio nacquero [[Francesco Alighieri|Francesco]] e Tana Alighieri (Gaetana)<ref>Non tutti sono concordi nell'attribuire a Tana la maternità di Lapa di Chiarissimo Cialuffi. Guardasi {{Cita|Barbero|p. 66}}: «E dunque Tana era sorella di Dante a tutti gli effetti, figlia di Alighiero e Bella...»</ref> e forse anche – ma potrebbe essere stata anche figlia di Bella degli Abati – un'altra figlia ricordata dal Boccaccio come moglie del banditore fiorentino Leone Poggi e madre di Andrea Poggi<ref name=":0"/> il quale, secondo la testimonianza sempre di Boccaccio, assomigliava in modo impressionante allo zio Dante<ref>{{Cita|Barbero|p. 66}}.</ref>. Si ritiene che Dante alluda alla sorella dal nome ignoto in ''[[Vita nuova]]'' (''Vita nova'') [[s:Vita nuova/Capitolo XXIII#capitolo 23 versetto11|XXIII, 11-12]], chiamandola «donna giovane e gentile [...] di propinquissima sanguinitade congiunta»<ref name=":0"/>.
=== La formazione intellettuale ===
==== I primi studi e Brunetto Latini ====
[[File:Rud.jpg|min|''Codice miniato raffigurante Brunetto Latini'', [[Biblioteca Medicea Laurenziana|Biblioteca Medicea-Laurenziana]], Plut. 42.19, Brunetto Latino, ''Il Tesoro'', fol. 72, secoli XIII-XIV]]
Della formazione di Dante non si conosce molto<ref>{{Cita|Barbero|p. 84}}.</ref>. Con ogni probabilità seguì l{{'}}''iter'' educativo proprio dell'epoca, che si basava sulla formazione presso un grammatico (conosciuto anche con il nome di ''doctor puerorum'', probabilmente) con il quale apprendere prima i rudimenti linguistici, per poi approdare allo studio delle [[arti liberali]], pilastro dell'educazione medioevale<ref name=":2"/><ref>{{Cita|Di Marco|p. 56}}.</ref>: [[aritmetica]], [[geometria]], [[musica]], [[astronomia]] da un lato (''[[quadrivio]]''); [[dialettica]], [[grammatica]] e [[retorica]] dall'altro (''[[trivio]]''). Come si può dedurre da ''[[Convivio]]'' [[s:Convivio/Trattato secondo#Capitolo 12 verso 1|II, 12, 2-4]], l'importanza del latino quale veicolo del sapere era fondamentale per la formazione dello studente, in quanto la ''ratio studiorum'' si basava essenzialmente sulla lettura di [[Cicerone]] e di [[Virgilio]] da un lato e del [[latino medievale]] dall'altro ([[Arrigo da Settimello]], in particolare)<ref name=":3">{{Cita|Petrocchi|p. 13}}.</ref>.
L'educazione ufficiale era poi accompagnata dai contatti "informali" con gli stimoli culturali provenienti ora da altolocati ambienti cittadini, ora dal contatto diretto con viaggiatori e mercanti stranieri che importavano, in [[Toscana]], le novità filosofiche e letterarie dei rispettivi Paesi d'origine<ref name=":3"/>. Dante ebbe la fortuna di incontrare, negli anni ottanta, il politico ed erudito fiorentino ''[[Brunetto Latini|Ser]]'' [[Brunetto Latini]], reduce da un lungo soggiorno in [[Francia]] sia come ambasciatore della [[Repubblica di Firenze|Repubblica]], sia come [[Esilio|esiliato politico]]<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/c14.html|titolo=Brunetto Latini|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet culturale|data=2012}}</ref>. L'effettiva influenza di Ser Brunetto sul giovane Dante è stata oggetto di studio da parte di [[Francesco Mazzoni]]<ref>{{Cita|Mazzoni}}.</ref> prima, e di [[Giorgio Inglese]] poi<ref>{{Cita|Inglese}}.</ref>. Entrambi i filologi, nei loro studi, cercarono di inquadrare l'eredità dell'autore del ''[[Tesoretto (Brunetto Latini)|Tresor]]'' sulla formazione intellettuale del giovane concittadino. Dante, da parte sua, ricordò commosso la figura del Latini nella ''Commedia'', rimarcandone l'umanità e l'affetto ricevuto: {{Citazione|[...] e or m'accora,<br />la cara e buona imagine paterna<br />di voi quando nel mondo ad ora ad ora<br />m'insegnavate come l'uom s'etterna [...]|[[s:Divina Commedia/Inferno/Canto XV#82-85|''Inferno'', Canto XV, vv. 82-85]]}}
[[File:Florence Italy Santa-Maria-Novella-01.jpg|sinistra|min|La basilica di Santa Maria Novella a Firenze, dove Dante studiò filosofia oltreché teologia.]]
Da questi versi, Dante espresse chiaramente l'apprezzamento di una letteratura intesa nel suo senso "civico"<ref name=":2"/><ref>L'ultimo verso, infatti, ricorda molto il ''[[Somnium Scipionis]]'' di Cicerone, ove gli uomini resisi illustri per i loro meriti civili trovano finalmente pace in una sorta di "paradiso", eternandosi (come dice appunto Dante).</ref>, nell'accezione di utilità civica. La comunità in cui vive il poeta, infatti, ne serberà il ricordo anche dopo la morte di quest'ultimo. [[Umberto Bosco]] e Giovanni Reggio, inoltre, rimarcano l'analogia tra il messaggio dantesco e quello manifestato da Brunetto nel ''Tresor'', come si evince dalla volgarizzazione toscana dell'opera realizzata da [[Bono Giamboni]]<ref>{{Cita|Bosco-Reggio|p. 248, nota 85}}.</ref>.
==== Lo studio della filosofia ====
{{Citazione|E da questo imaginare cominciai ad andare là dov’ella [''la Donna Gentile''] si dimostrava veracemente, cioè ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti. Sì che in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, che lo suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero.|''[[Convivio]]'', [[s:Convivio/Trattato secondo#Capitolo 12 verso 1|II,|12 7]]}}
Dante, all'indomani della morte dell'amata [[Beatrice Portinari|Beatrice]] (in un periodo oscillante tra il [[1291]] e il [[1294]]/[[1295]])<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a12.html|titolo=I francescani di Santa Croce e i domenicani di Santa Maria Novella|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet Culturale}}</ref>, cominciò a raffinare la propria cultura filosofica frequentando le scuole organizzate dai [[domenicani]] di [[Santa Maria Novella]] e dai [[francescani]] di [[Basilica di Santa Croce|Santa Croce]]<ref>{{Cita|Barbero|p. 86}}.</ref>; se gli ultimi erano ereditari del pensiero di [[Bonaventura da Bagnoregio]], i primi erano ereditari della lezione aristotelico-tomista di [[Tommaso d'Aquino]], permettendo a Dante di approfondire (forse grazie all'ascolto diretto del celebre studioso [[Remigio dei Girolami|Fra' Remigio de' Girolami]])<ref>{{Cita|Reynolds|p. 20}}.</ref> il ''Filosofo'' per eccellenza della cultura medievale<ref>{{Cita|Gilson|pp. 136-137}}.</ref>. Enrico Malato sottolinea però come presso la chiesa di Santa Maria Novella, più che la [[filosofia]], si insegnasse la teologia tomista, motivo per cui si deve credere che Dante in quegli anni non si erudì solo di filosofia, ma anche di [[teologia]]<ref>{{Cita|Malato|pp. 39-40}}.</ref>. Inoltre, la lettura dei ''commenti'' di intellettuali che si opponevano all'interpretazione [[tomista]] (quali l'arabo [[Averroè]]), permise a Dante di adottare una sensibilità «polifonica dell'[[aristotelismo]]»<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/c28.html|titolo=Dante Alighieri. Aristotele: 'l maestro di color che sanno|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet Culturale}}</ref>.
==== I presunti legami con Bologna e Parigi ====
[[File:Giorgio Vasari - Six Tuscan Poets - Google Art Project.jpg|min|[[Giorgio Vasari]], ''Sei poeti toscani'' (da destra: Cavalcanti, Dante, [[Boccaccio]], [[Petrarca]], [[Cino da Pistoia]] e [[Guittone d'Arezzo]]), pittura a olio, 1544, conservata presso il [[Minneapolis Institute of Art]], [[Minneapolis]]. Considerato uno dei maggiori lirici volgari del [[XIII secolo]], Cavalcanti fu la guida e il primo interlocutore poetico di Dante, quest'ultimo poco più giovane di lui.]]
Alcuni critici ritengono che Dante abbia soggiornato a Bologna<ref>Tra questi [[Giorgio Petrocchi]], come si evince dalla sua da quest'affermazione: {{cita|Petrocchi|titolo=Vita di Dante|p. 22}}</ref>. Anche Giulio Ferroni ritiene certa la presenza di Dante nella città felsinea: «un memoriale bolognese del notaio [[Enrichetto delle Querce]] attesta (in una forma linguistica locale) il sonetto ''Non mi poriano già mai fare ammenda'': la circostanza viene considerata indizio pressoché certo di una presenza di Dante a Bologna anteriore a questa data»<ref>(''{{cita testo|url=https://web.archive.org/web/20150401021910/http://www.lavitadidante.it/cronologia-della-vita-di-dante-alighieri/|titolo=Cronologia della vita di Dante - 1287|accesso=2 ottobre 2019}}'').</ref>. Entrambi ritengono che Dante abbia studiato presso l'[[Università di Bologna]], ma non vi sono prove in proposito<ref>{{Cita web|autore=Carlo Marchesi|url=https://web.archive.org/web/20140722010218/http://www.bolognaracconta.com/dante.php|titolo=Dante Alighieri. Soggiorno a Bologna|accesso=16 novembre 2017}}</ref>.
Invece è molto probabile che Dante soggiornasse a Bologna tra l'estate del [[1286]] e quella del [[1287]]<ref>{{Cita|Barbero|p. 90}}.</ref>, dove conobbe [[Bartolomeo da Bologna (teologo)|Bartolomeo da Bologna]]<ref>{{Cita|Guidubaldi}}.</ref>, alla cui interpretazione teologica dell'[[Empireo]] Dante in parte aderisce. Riguardo al soggiorno parigino, ci sono invece parecchi dubbi: in un passo del ''[[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]]'', (''Che, leggendo nel Vico de li Strami, silogizzò invidïosi veri'')<ref>[[s:Divina Commedia/Paradiso/Canto X#132|''Paradiso'', X, 133-138]].</ref>, Dante alluderebbe alla ''Rue du Fouarre'', dove si svolgevano le lezioni della [[Sorbona]]. Questo ha fatto pensare a qualche commentatore, in modo puramente congetturale, che Dante possa essersi realmente recato a [[Parigi]] tra il 1309 e il 1310<ref name=":6">{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a20.html|titolo=I primi anni dell’esilio (1302-1310)|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet Culturale}}</ref><ref name=":7"/>. Come riassume [[Alessandro Barbero]], la formazione intellettuale di Dante doveva essersi svolta pressappoco secondo questo ''iter'':
{{Citazione|Il probabile percorso degli studi di Dante si presenta dunque più o meno così. Un primo maestro, un ''doctor puerorum'', assunto a contratto dalla famiglia, gli insegnò prima a leggere e poi a scrivere, e contemporaneamente lo introdusse ai primi rudimenti della lingua latina [...] Successivamente un altro maestro, un ''doctor gramatice'', gli avrà impartito un insegnamento più avanzato del latino, e gli elementi di base delle altre arti liberali. Durante l'adolescenza, Brunetto Latini gli insegnò l'arte dell'epistolografia, l{{'}}''ars dictaminis'' [...] Poi, inotrno ai vent'anni, Dante - orfano di padre, ripetiamolo, e dunque padrone della propria vita - andò a Bologna a perfezionarsi frequentando la facoltà di arti, e approfondendo ulteriormente la retorica. Divenne così, come scriverà [[Giovanni Villani]], "rettorico perfetto tanto in dittare, versificare, come in aringa parlare": padrone, cioè di tutti i mezzi espressivi, dalla poesia al discorso politico.|{{Cita|Barbero|p. 91}}}}
==== La lirica volgare. Dante e l'incontro con Cavalcanti ====
{{vedi anche|Dolce stil novo}}
[[File:Portrait of Guido Cavalcanti from Rime, 1813 - BEIC.tif|sinistra|min|verticale|Ritratto immaginario di Guido Cavalcanti, tratta dall'edizione delle ''Rime'' del 1813.]]
Dante ebbe inoltre modo di partecipare alla vivace cultura letteraria ruotante intorno alla lirica volgare. Negli anni sessanta del [[XIII secolo]], in Toscana giunsero i primi influssi della "[[Scuola siciliana]]", movimento poetico sorto intorno alla corte di [[Federico II di Svevia]] e che rielaborò le tematiche amorose della [[lirica provenzale]]. I letterati toscani, subendo gli influssi delle liriche di [[Giacomo da Lentini]] e di [[Guido delle Colonne]], svilupparono una lirica orientata sia verso l'amor ''cortese'', ma anche verso la politica e l'impegno civile<ref>{{Cita|Chines|p. 35}}.</ref>. [[Guittone d'Arezzo]] e [[Bonaggiunta Orbicciani]], vale a dire i principali esponenti della cosiddetta [[Rimatori toscani di transizione|scuola siculo-toscana]], ebbero un seguace nella figura del fiorentino [[Chiaro Davanzati]]<ref>{{Cita|Contini 2006|pp. 75-76}}.</ref>, il quale importò il nuovo codice poetico all'interno delle mura della sua città. Fu proprio a Firenze, però, che alcuni giovani poeti (capeggiati dal nobile [[Guido Cavalcanti]]) espressero il loro dissenso nei confronti della complessità stilistica e linguistica dei siculo-toscani, propugnando al contrario una lirica più dolce e soave: il ''[[dolce stil novo]]''<ref>{{Cita|Chines|p. 39}}.</ref>.
Dante si trovò nel pieno di questo dibattito letterario: nelle sue prime opere è evidente il legame (seppur tenue)<ref name="cita-Ferroni-p7"/> sia con la poesia toscana di Guittone e di Bonagiunta<ref>Si veda il rapporto polemico con l'Orbicciani in [[s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIV#51|''Purgatorio'' XXIV, vv. 52-62]], ove viene stesa anche la prima definizione di ''Stil novo''.</ref>, sia con quella più schiettamente occitana<ref>La conoscenza del provenzale da parte di Dante è ricostruibile sia dalle citazioni contenute nel ''[[De vulgari eloquentia]]'' sia dai versi provenzali inseriti nel ''[[Purgatorio (Divina Commedia)|Purgatorio]]'' ([[s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXVI#138|Canto XXVI, vv. 140-147]]).</ref>. Presto, però, il giovane si legò ai dettami della poetica stilnovista, cambiamento favorito dall'amicizia che lo legava al più anziano Cavalcanti<ref>Si veda, come approfondimento, {{cita|Petrocchi|pp. 35-48}} (''Dalle rime guittoniane alla Vita Nova'')</ref>.
=== Il matrimonio con Gemma Donati ===
Quando Dante aveva dodici anni, nel [[1277]], fu concordato il suo matrimonio con [[Gemma Donati|Gemma]], figlia di Messer [[Manetto Donati]], che successivamente sposò all'età di vent'anni nel [[1285]]<ref name=":2">{{Cita|Ferroni|p. 4}}.</ref><ref name=":1">{{Cita|Piattoli}}.</ref>. Decidere matrimoni in età così precoce era abbastanza comune a quell'epoca; lo si faceva con una cerimonia importante, che richiedeva atti formali sottoscritti davanti a un [[notaio]]. La famiglia a cui Gemma apparteneva – i [[Donati]] – era una delle più importanti nella Firenze tardo-medievale (al contrario degli Alighieri era di rango magnatizio<ref>{{Cita|Barbero|p. 125}}.</ref>) e in seguito divenne il punto di riferimento per lo schieramento politico opposto a quello del poeta, vale a dire i ''[[guelfi neri]]''.
Il matrimonio tra i due non dovette essere molto felice, secondo la tradizione raccolta dal Boccaccio e fatta propria poi nell'[[Ottocento]] da [[Vittorio Imbriani]]<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a6.html|titolo=La moglie: Gemma Donati|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet culturale}}</ref>. Dante non scrisse infatti un solo verso alla moglie, mentre di costei non ci sono pervenute notizie sull'effettiva presenza al fianco del marito durante l'esilio. Comunque sia, l'unione generò quattro figli. Giovanni, il primogenito<ref name=":1" />, poi [[Jacopo Alighieri|Jacopo]], [[Pietro Alighieri|Pietro]], [[Antonia Alighieri|Antonia]]. Pietro fu giudice a [[Verona]] e l'unico che continuò la stirpe degli [[Alighieri]], in quanto Jacopo scelse di seguire la carriera ecclesiastica, mentre Antonia divenne monaca con il nome di Sorella Beatrice, sembra nel convento delle [[Congregazione olivetana|Olivetane]] a [[Ravenna]]<ref name=":1" />. Giovanni, della cui esistenza si è sempre dubitato, è attestato da un documento di un [[notaio]] fiorentino recante la data del 20 maggio 1314, la cui scoperta fu fatta nel 1940 da [[Renato Piattoli]] ma mai pubblicata –, è stato riscoperto nel 2016 con la pubblicazione della nuova edizione del ''Corpo Diplomatico Dantesco''<ref>{{Cita libro|autore=Laura Regnicoli|curatore=Enrico Malato e Andrea Mazzucchi|titolo=Nuovi documenti sul padre e su un figlio di Dante|anno=2016|editore=Salerno Editrice|città=Roma|pp=817-833|volume=II|opera=Dante fra il settecentocinquantenario della nascita (2015) e il settecentenario della morte (2021)|ISBN=9788869731808}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.lastampa.it/cultura/2016/12/26/news/si-chiamava-giovanni-il-primo-figlio-maschio-di-dante-alighieri-1.34761560/|titolo=Si chiamava Giovanni il primo figlio maschio di Dante Alighieri|sito=La Stampa|data=26 dicembre 2016|lingua=it|accesso=10 marzo 2024}}</ref>''.''
=== Impegni politici e militari ===
{{Vedi anche|guelfi bianchi e neri|storia di Firenze#Gli Ordinamenti di Giustizia}}
[[File:Corso Donati, Nova Cronica.jpg|min|verticale|[[Giovanni Villani]], ''Corso Donati fa liberare dei prigionieri'', in ''Cronaca'', XIV secolo. [[Corso Donati]], esponente di punta dei ''Neri'', fu acerrimo nemico di Dante, il quale lancerà contro di lui violenti attacchi nei suoi scritti<ref>Dante accenna alla morte violenta di Corso Donati nel [[s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIV|''Purgatorio'' XXIV, vv. 82-84]], mettendo la profezia ''post eventum'' in bocca al fratello di lui, [[Forese Donati|Forese]]: «"Or va", diss'el; "che quei che più n'ha colpa,/vegg'ïo a coda d'una bestia tratto/inver' la valle ove mai non si scolpa./La bestia ad ogne passo va più ratto,/crescendo sempre, fin ch'ella il percuote,/e lascia il corpo vilmente disfatto». La tematica della cavalcata infernale è un ''topos'' letterario ben noto nella letteratura medievale: verrà ripreso, infatti, sia da Giovanni Boccaccio, sia da Jacopo Passavanti.</ref>.]]
Poco dopo il matrimonio, Dante cominciò a partecipare come [[Cavalleria medievale|cavaliere]] ad alcune campagne militari che [[Firenze]] stava conducendo contro i suoi nemici esterni, tra cui [[Arezzo]] ([[battaglia di Campaldino]] dell'11 giugno [[1289]]) e [[Pisa]] (presa di [[Caprona]], 16 agosto 1289)<ref name=":2" />. Successivamente, nel [[1294]], avrebbe fatto parte della delegazione di cavalieri che scortò [[Carlo Martello d'Angiò]] (figlio di [[Carlo II d'Angiò]]) che nel frattempo si trovava a Firenze<ref>Dante stesso citerà [[Carlo Martello d'Angiò]] nella ''[[Divina Commedia]]'' ([[s:Divina Commedia/Paradiso/Canto VIII#30|''Paradiso'' VIII, v. 31]] e [[s:Divina Commedia/Paradiso/Canto IX|IX, v. 1]]).</ref>. L'attività politica prese Dante a partire dai primi [[anni 1290]], in un periodo quanto mai convulso per la [[Repubblica di Firenze|Repubblica]]. Nel [[1293]] entrarono in vigore gli ''[[Ordinamenti di Giustizia]]'' di [[Giano Della Bella]], che escludevano l'antica nobiltà dalla politica e permettevano al [[Borghesia|ceto borghese]] di ottenere ruoli nella Repubblica, purché iscritti a un'[[Arti di Firenze|Arte]]. Dante fu escluso dalla politica cittadina fino al 6 luglio del 1295, quando furono promulgati i ''Temperamenti'', leggi che ridiedero diritto ai nobili di rivestire ruoli istituzionali, purché si immatricolassero alle Arti<ref name=":2" />. Dante, pertanto, si iscrisse all'[[Arte dei Medici e Speziali (Firenze)|Arte dei Medici e Speziali]]<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a14.html|titolo=L’Arte dei Medici e degli Speziali|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet culturale|data=2012}}</ref><ref>{{Cita|Barbero|p. 129}}.</ref>.
L'esatta serie dei suoi incarichi politici non è conosciuta, poiché i verbali delle assemblee sono andati perduti. Comunque, attraverso altre fonti, si è potuta ricostruire buona parte della sua attività: fu nel Consiglio del popolo dal novembre [[1295]] all'aprile [[1296]]<ref name=":4">{{Cita|Ferroni|p. 5}}.</ref><ref>{{Cita|Barbero|p. 128}}.</ref>; fu nel gruppo dei "Savi", che nel dicembre 1296 rinnovarono le norme per l'elezione dei [[Priore#Il priorato municipale|priori]], i massimi rappresentanti di ciascuna Arte che avrebbero occupato, per un bimestre, il ruolo istituzionale più importante della Repubblica; dal maggio al dicembre del 1296 fece parte del [[Consiglio dei Cento (Firenze)|Consiglio dei Cento]]<ref name=":4" />. Fu inviato talvolta nella veste di ambasciatore, come nel maggio del [[1300]] a [[San Gimignano]]<ref>{{Cita|Bacci}}.</ref>. In base alle considerazioni di Barbero ricavate dagli interventi che Dante tenne nei vari organi del Comune di Firenze, il poeta si pose sempre su una linea moderata a favore del popolo contro le ingerenze e le violenze dei magnati<ref>{{Cita|Barbero|p. 134}}.</ref>.
Nel frattempo, all'interno del partito guelfo fiorentino si produsse una frattura gravissima tra il gruppo capeggiato dai [[Donati]], fautori di una politica conservatrice e aristocratica (''guelfi neri''), e quello invece fautore di una politica moderatamente popolare (''guelfi bianchi''), capeggiato dalla famiglia [[Cerchi]]<ref name=":5">{{Cita|Pampaloni}}.</ref>. La scissione, dovuta anche a motivi di carattere politico ed economico (i Donati, esponenti dell'antica nobiltà, erano stati surclassati in potenza dai Cerchi, considerati dai primi dei ''[[parvenu]]'')<ref name=":5" />, generò una guerra intestina cui Dante non si sottrasse schierandosi, moderatamente, dalla parte dei ''guelfi bianchi''<ref name=":4" /><ref>{{Cita|Barbero|p. 136}}.</ref>.
==== Lo scontro con Bonifacio VIII (1300) ====
[[File:Firenze, sentenza di condanna all'esilio di dante, post 1465 (bml, ashburnham 443).jpg|min|Sentenza dell'esilio di Dante, in una copia post 1465|sinistra]]
Nell'anno [[1300]], Dante fu eletto uno dei sette [[Priorato delle Arti|priori]] per il bimestre 15 giugno-15 agosto<ref name=":4" /><ref>{{Cita|Petrocchi|p. 80}}.</ref>. Nonostante l'appartenenza al partito guelfo, egli cercò sempre di osteggiare le ingerenze del suo acerrimo nemico [[papa Bonifacio VIII]], dal poeta intravisto come supremo emblema della decadenza morale della Chiesa. Con l'arrivo del [[cardinale]] [[Matteo d'Acquasparta]], inviato dal pontefice in qualità di paciere (ma in realtà spedito per ridimensionare la potenza dei ''guelfi bianchi'', in quel periodo in piena ascesa sui ''neri''<ref name="petr97">{{Cita|Petrocchi|p. 79}}.</ref><ref>{{Cita|Barbero|pp. 141-142}}.</ref>), Dante riuscì ad ostacolare il suo operato. Sempre durante il suo priorato, Dante approvò il grave provvedimento con cui furono esiliati, nel tentativo di riportare la pace all'interno dello Stato, otto esponenti dei ''guelfi neri'' e sette di quelli ''bianchi'', compreso Guido Cavalcanti<ref>{{Cita|Petrocchi|p. 81}}.</ref> che di lì a poco morirà in [[Sarzana]]. Questo provvedimento ebbe serie ripercussioni sugli sviluppi degli eventi futuri: non solo si rivelò una disposizione inutile (i ''guelfi neri'' temporeggiarono prima di partire per l'[[Umbria]], il posto destinato al loro [[confino]])<ref name=":8">{{Cita|Petrocchi|p. 82}}.</ref>, ma fece rischiare un [[colpo di Stato]] da parte dei ''guelfi neri'' stessi, grazie al segreto supporto del cardinale d'Acquasparta<ref name=":8" />. Inoltre, il provvedimento attirò sui suoi fautori (incluso Dante stesso) sia l'odio della parte nera che la diffidenza degli "amici" bianchi: i primi, ovviamente, per la ferita inferta; i secondi, per il colpo dato al loro partito da parte di un suo stesso membro. Nel frattempo, le relazioni tra Bonifacio e il governo dei bianchi peggiorarono ulteriormente a partire dal mese di settembre, allorché i nuovi priori (succeduti al collegio di cui fece parte Dante) revocarono immediatamente il bando per i bianchi<ref name=":8" />, mostrando la loro partigianeria e dando così al legato papale cardinale d'Acquasparta modo di scagliare l'[[anatema]] su Firenze<ref name=":8" />. In vista dell'invio di [[Carlo di Valois]] a Firenze, mandato dal papa come nuovo paciere (ma di fatto conquistatore) al posto del cardinale d'Acquasparta, la Repubblica spedì a [[Roma]], nel tentativo di distogliere il papa dalle sue mire egemoniche, un'[[ambasceria]] di cui faceva parte essenziale anche Dante, accompagnato da Maso Minerbetti e da Corazza da Signa<ref name="petr97" />.
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==== Carlo di Valois e la caduta dei bianchi ====
[[File:Benedictus XI Tommaso da Modena.jpg|min|verticale|[[Tommaso da Modena]], ''[[Benedetto XI]]'', [[affresco]], [[Anni 1350|anni '50 del XIV secolo]], Sala del Capitolo, [[Seminario di Treviso]]. Il beato papa Boccasini, trevigiano, nel suo breve pontificato cercò di riportare la pace all'interno di Firenze, inviando il cardinale Niccolò da Prato come paciere. È l'unico pontefice su cui Dante non proferì alcuna condanna, ma neanche verso il quale manifestò pieno apprezzamento, tanto da non comparire nella ''Commedia''<ref>{{Cita|Pizzinat|p. 323}}{{citazione|... Benedetto XI: l'unico papa di quel periodo che non ebbe giudizi negativi da parte dell'Alighieri...}}
</ref>.]]
Dante si trovava quindi a Roma<ref>{{Cita web|autore=Marco Santagata|url=https://web.archive.org/web/20150219060340/http://www.lavitadidante.it/10-la-condanna-a-morte/|editore=Mondadori|data=2012|titolo=La condanna a morte|accesso=2 ottobre 2019}}</ref>, sembra trattenuto oltre misura da Bonifacio VIII<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a18.html|titolo=Bonifacio VIII: lo principe d’i novi Farisei|accesso=5 agosto 2025}}</ref>, quando [[Carlo di Valois]] entrò a Firenze il giorno di [[Ognissanti]] del [[1301]].<ref name=ciappelli/> Questi, al primo subbuglio cittadino, prese pretesto per far arrestare i capi dei ''guelfi bianchi'' con un colpo di mano, mentre i ''guelfi neri'', tornati in città, scatenavano la loro vendetta contro gli avversari politici con assassini e incendi<ref>{{Cita|Barbero|pp. 152-153}}.</ref>. Il 9 novembre [[1301]] i nuovi padroni di Firenze imposero alla suprema magistratura, quella di [[podestà (medioevo)|podestà]], [[Cante Gabrielli]] da [[Gubbio]]<ref name=ciappelli>{{Cita|Ciappelli}}.</ref>, il quale apparteneva alla fazione dei ''guelfi neri'' della sua città natia e diede inizio a una politica di sistematica persecuzione degli esponenti politici di parte bianca ostili al papa, fatto che si risolse alla fine nella loro uccisione o nell'espulsione da Firenze.<ref name=":4" /> A seguito di un processo istruito dal giudice Paolo da Gubbio per il crimine di baratteria, Dante (considerato reo confesso in quanto contumace) venne condannato dal podestà Gabrielli dapprima, il 27 gennaio [[1302]], alla confisca delle proprietà, e successivamente, il 10 marzo, al [[Morte sul rogo|rogo]]<ref>{{Cita|Barbero|pp. 155-157}}.</ref>. Da quel momento, Dante non rivide più la sua patria.
{{Citazione|Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia”|Libro del chiodo - Archivio di Stato di Firenze - 10 marzo 1302<ref>Il testo integrale delle sentenze di condanna è stato pubblicato nel volume a cura di Dante Ricci ''Il processo di Dante'', Firenze, Arnaud editore, 1967 (nuova edizione con una presentazione di [[Morris L. Ghezzi]], Udine, Mimesi, 2011); {{Cita|Malato|p. 49}}.</ref>}}
==== I tentativi di rientro e la battaglia di Lastra (1304) ====
Dopo la cacciata da Firenze, Dante assieme agli altri maggiorenti bianchi si alleò ai Ghibellini, con l'obiettivo di riprendere il potere in città. L'8 Giugno 1302 è elencato tra i maggiori rappresentanti dei Ghibellini e dei Guelfi Bianchi in occasione di una riunione tra questi e la famiglia degli [[Ubaldini]], in quella che prese il nome di [[Congiura di San Godenzo]].<ref>{{Cita|Barbero|pp. 172-175}}</ref> Dopo il fallimento delle operazioni militari del 1302, Dante, in qualità di capitano dell'esercito degli esuli, organizzò insieme a [[Scarpetta Ordelaffi]], capo del partito ghibellino e signore di [[Forlì]] (presso il quale Dante si era rifugiato)<ref>{{Cita|Petrocchi|p. 93}}.</ref><ref group="N">L'informazione dell'incontro tra Dante e Scarpetta Ordelaffi è stata data dall'[[umanista]] [[Flavio Biondo]], originario appunto di Forli. ''Cfr. {{Cita|Barbero|p. 175}}''.</ref>, un nuovo tentativo di rientrare a Firenze. L'impresa fu però sfortunata: il podestà di Firenze, [[Fulcieri da Calboli]] (un altro forlivese, nemico degli [[Ordelaffi]]), riuscì ad avere la meglio nella battaglia nei pressi del castello di [[Policiano|Pulicciano]], nei pressi di [[Arezzo]]<ref>{{Cita|Barbero|p. 176}}.</ref>. Fallita anche l'azione diplomatica, nell'estate del [[1304]], del cardinale [[Niccolò da Prato]]<ref>«... 10 giugno: Niccolò da Prato lascia Firenze; ultima decade di giugno: i Neri consolidano il loro potere in città impadronendosi di tutte le cariche pubbliche». ({{Cita|Petrocchi|p. 97}}).</ref>, [[legato pontificio]] di [[papa Benedetto XI]] (sul quale Dante aveva riposto molte speranze)<ref>{{Cita|Petrocchi|p. 95}}.</ref><ref>{{Cita|Barbero|p. 179}}.</ref>, il 20 luglio dello stesso anno i bianchi, riuniti alla [[La Lastra|Lastra]], una località a pochi chilometri da Firenze, decisero di intraprendere un nuovo attacco militare contro i neri<ref name="Pet97">{{Cita|Petrocchi|p. 97}}.</ref>. Dante, ritenendo corretto aspettare un momento politicamente più favorevole, si schierò contro l'ennesima lotta armata, trovandosi in minoranza al punto che i più intransigenti formularono su di lui dei sospetti di tradimento; pertanto decise di non partecipare alla battaglia e di prendere le distanze dal gruppo. Come preventivato dallo stesso, la [[battaglia di Lastra]] fu un vero e proprio fallimento con la morte di quattrocento uomini fra ghibellini e bianchi<ref name="Pet97" />. Il messaggio profetico ci arriva da [[Cacciaguida]]: {{Citazione|Di sua bestialitate il suo processo<br />farà la prova; sì ch'a te fia bello<br />averti fatta parte per te stesso.|[[s:Divina Commedia/Paradiso/Canto XVII#riga66|''Paradiso'' XVII, vv. 67-69]]}}
=== La prima fase dell'esilio (1304-1310) ===
==== Tra Forlì e la Lunigiana dei Malaspina ====
[[File:Castelnuovo Magra - Castello2.JPG|min|Il [[Castello di Castelnuovo Magra|castello-palazzo vescovile di Castelnuovo]] dove Dante nel 1306 pacificò i rapporti tra i Marchesi Malaspina e i [[Diocesi di Luni|Vescovi-Conti di Luni]]]]
Dante fu, dopo la battaglia della Lastra, ospite di diverse corti e famiglie della [[Romagna]], fra cui gli stessi [[Ordelaffi]]. Il soggiorno forlivese non durò a lungo, in quanto l'esule si spostò prima a [[Bologna]] (1305), poi a [[Padova]] nel 1306 e infine nella [[Marca Trevigiana]]<ref name=":6" /> presso [[Gherardo III da Camino]]<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 145}}.</ref>. Da qui, Dante fu chiamato in [[Lunigiana]] da [[Moroello Malaspina]] (quello di Giovagallo, visto che più membri della famiglia portavano questo nome)<ref>{{Cita|Saffiotti Bernardi}}.</ref>, col quale il poeta entrò forse in contatto grazie a un amico comune, il poeta [[Cino da Pistoia]]<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/c6.html|titolo=La Lunigiana|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet culturale|data=2012}}</ref>. In Lunigiana (regione in cui giunse nella primavera del 1306), Dante ebbe l'occasione di negoziare la missione diplomatica per un'ipotesi di pace tra i Malaspina, «potenti in un'ampia zona di passaggio fra la [[Riviera di Levante]], l'[[Appennino]] e la [[pianura padana]], da [[Bocca di Magra]] su per la Lunigiana e il [[passo della Cisa]] fino al [[Piacenza|Piacentino]]»<ref>{{Cita|Barbero|p. 210}}.</ref>, e il [[Diocesi di Luni|vescovo-conte di Luni]], [[Antonio Nuvolone da Camilla]] (1297 – 1307)<ref name=":21">{{Cita web|autore=Giuseppe Benelli|url=https://web.archive.org/web/20160807085154/http://gruppocarige.it/gruppo/html/ita/arte-cultura/la-casana/2006_1/pdf/36_43.pdf|titolo=Il VII centenario della venuta di Dante in Lunigiana|p=39|accesso=1 novembre 2023}}</ref>. In qualità di procuratore plenipotenziario dei [[Malaspina]], Dante riuscì a far firmare da ambo le parti la [[pace di Castelnuovo]] del 6 ottobre del 1306<ref name=":7">{{Cita |Ferroni|p. 6}}.</ref><ref name=":21" />, successo che gli fece guadagnare la stima e la gratitudine dei suoi protettori. L'ospitalità malaspiniana è celebrata nel [[Purgatorio - Canto ottavo|Canto VIII del ''Purgatorio'']], dove al termine del componimento Dante formula alla figura di [[Corrado Malaspina (il Giovane)|Corrado Malaspina il Giovane]] l'elogio del casato<ref>{{Cita web|autore=Marco Santagata|url=https://web.archive.org/web/20160304123129/http://www.lavitadidante.it/13-dante-in-lunigiana/|titolo=Dante in Lunigiana|editore=Mondadori|data=2012|accesso=2 ottobre 2019}}</ref>: {{citazione|[...] e io vi giuro.../... che vostra gente onrata.../ sola và dritta e 'l mal cammin dispregia.|[[s:https://it.wikisource.org/wiki/Divina_Commedia/Purgatorio/Canto_VIII|Pg VIII, vv. 127-132]]}}
Nel 1307<ref name=":10" />, dopo aver lasciato la Lunigiana, Dante si trasferì nel [[Casentino]], dove fu ospite, secondo Boccaccio<ref>{{Cita|Barbero|p. 215}}.</ref>, di Guido Salvatico dei conti [[Guidi]], conti di Battifolle e signori di [[Poppi]], presso i quali iniziò a stendere la cantica dell{{'}}''[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]]''<ref name=":7" />.
=== La discesa di Arrigo VII (1310-1313) ===
[[File:MonumentoDanteVillafrancaLunigiana.JPG|min|Monumento a Dante Alighieri a [[Villafranca in Lunigiana]] presso la tomba [[sacello]] dei Malaspina|alt=]][[File:Ugo Foscolo.jpg|min|verticale|[[François-Xavier Fabre]], ''Ritratto di Ugo Foscolo'', pittura, 1813, [[Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze]]]]
==== Il ''Ghibellin fuggiasco'' ====
Il soggiorno nel Casentino durò pochissimo tempo: tra il 1308 e il 1310 si può infatti ipotizzare che il poeta risiedesse prima a [[Lucca]] e poi a Parigi, anche se non è possibile valutare con certezza il soggiorno transalpino come già precedentemente esposto: Barbero, raccogliendo le testimonianze sia dei primi commentatori di Dante che di quelli successivi, pensa che al massimo il poeta possa essersi spinto fino alla [[Palazzo dei Papi|corte papale di Avignone]], pur sottolineando che questa sia solo una mera ipotesi poco fondata<ref>{{Cita|Barbero|p. 220}}: «...non tutti i dantisti sono persuasi da queste notizie così circostanziate, e molti si dimostrano scettici sul soggiorno parigino, preferendo ipotizzare che Dante, se davvero andò in Francia....si sia fermato alla corte papale di Avignone».</ref>. Dante, molto più probabilmente, si trovava a [[Forlì]] nel [[1310]]<ref name=":10" />, dove ebbe la notizia, nel mese di ottobre<ref name=":7" />, della discesa in [[Italia]] del nuovo imperatore [[Arrigo VII]], succeduto ad [[Alberto I d'Asburgo]] morto assassinato il 1º maggio del 1308<ref>{{Cita|Barbero|p. 224}}.</ref>. Dante guardò a quella spedizione con grande speranza, in quanto vi intravedeva non soltanto la fine dell'anarchia politica italiana<ref group="N">Già da parecchi anni, l'Italia era stravolta da guerre civili tra le fazioni dei [[guelfi e ghibellini]]. Inoltre, dal 1305, [[papa Clemente V]] trasferì la sua corte ad [[Avignone]], mentre l'imperatore [[Alberto I d'Asburgo]] preferiva non intromettersi nelle questioni italiane, suscitando la violenza indignazione dantesca nella celebra apostrofe politica in ''[[s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|Pg]]'' [[s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|VI, 97-99]]: «O Alberto tedesco ch'abbandoni/costei [l'Italia] ch'è fatta indomita e selvaggia,/e dovresti inforcar li suoi arcioni...»</ref>, ma anche la concreta possibilità di rientrare finalmente a Firenze<ref name=":7" />. Infatti l'imperatore fu salutato dai [[ghibellini]] italiani e dai fuoriusciti politici guelfi, connubio che spinse il poeta ad avvicinarsi alla fazione imperiale italiana capeggiata dagli [[Scaligeri]] di [[Verona]]<ref>{{Cita|Petrocchi|p. 148}}.</ref>. Dante, che tra il 1308 e il 1311 stava scrivendo il ''[[De Monarchia]]'', manifestò le sue aperte simpatie imperiali, scagliando una violenta lettera contro i fiorentini il 31 marzo del 1311<ref name=":7" />, unici tra i [[Età comunale|Comuni italiani]] a non aver inviato dei propri rappresentanti a [[Losanna]] per omaggiare l'imperatore<ref>{{Cita|Barbero|p. 229}}.</ref>, e giungendo, sulla base di quanto affermato nell{{'}}''[[Epistole (Dante Alighieri)|epistola]]'' indirizzata ad Arrigo VII, a incontrare l'imperatore stesso in un colloquio privato<ref>{{Cita web|autore=Marco Santagata|url=https://web.archive.org/web/20150520123634/http://www.lavitadidante.it/16-dante-a-milano/|titolo=Dante a Milano|editore=Mondadori|data=2012|accesso=2 ottobre 2019}}</ref>. Non sorprende, pertanto, che [[Ugo Foscolo]] giungerà a definire Dante come un ghibellino: {{Citazione|E tu prima, Firenze, udivi il carme<br />Che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco.|[[Ugo Foscolo]], ''[[Dei sepolcri]]'', [[s:Pagina:Opere scelte di Ugo Foscolo II.djvu/70|vv. 173-174]]}}
Nel frattempo Arrigo, dopo aver risolto dei problemi nel Nord Italia, si diresse a [[Genova]] e da lì a [[Pisa]]<ref group="N">È in quest'occasione che Dante, a Pisa, incontrò il suo vecchio amico [[Ser Petracco]] e il figlio di lui poco meno che decenne Francesco, secondo quanto riportato da lui stesso nelle ''Familiares'' XXI, 15 indirizzata proprio a Boccaccio. Vedasi la voce su [[Francesco Petrarca]] al riguardo e {{Cita|Barbero|pp. 236-237}}.</ref>, sua grande sostenitrice: è possibile che Dante fosse al suo seguito<ref>{{Cita|Barbero|p. 236}}.</ref>. Nel 1312, dopo essere stato incoronato nella [[Basilica del Laterano]] dal legato papale Niccolò da Prato il 1º agosto 1312, l'imperatore assediò Firenze dal 19 settembre fino al 1º novembre senza ottenere la sudditanza della città toscana<ref>{{Cita|Barbero|p. 239; p. 240}}.</ref>. Il sogno dantesco di una ''[[Renovatio Imperii]]'' si infrangerà il 24 agosto del [[1313]], quando l'imperatore venne a mancare, improvvisamente, a [[Buonconvento]]<ref>{{Cita|Petrocchi|p. 154}}.</ref>. Se già la morte violenta di [[Corso Donati]], avvenuta il 6 ottobre del 1308 per mano di [[Rossellino Della Tosa]] (l'esponente più intransigente dei guelfi neri)<ref name=":10" />, aveva fatto crollare le speranze di Dante<ref group="N">In quanto l'ascesa della fazione ancora più agguerrita dei Neri impedì definitivamente agli esiliati di rientrare a Firenze. Non a caso nel 1315 non solo Dante, ma anche i suoi figli Jacopo e Pietro furono banditi e messi a morte da Firenze perché non si erano presentati al'amnistia del 1315 (cfr. {{Cita|Barbero|p. 247}}).</ref>, la morte dell'imperatore diede un colpo mortale ai tentativi del poeta di rientrare definitivamente a Firenze<ref name=":10" />.
[[File:Poppi - Busto a Dante Alighieri - 2024-09-10 21-39-19 001.jpg|min|Busto di Dante Alighieri presso il Castello di Poppi]]
=== Gli ultimi anni ===
[[File:Cangrande.portrait.png|min|verticale|''Cangrande della Scala'', in un ritratto immaginario del [[XVII secolo]]. Abilissimo politico e grande condottiero, Cangrande fu [[Mecenatismo|mecenate]] della cultura e dei letterati in particolare, stringendo amicizia con Dante.]]
==== Il soggiorno veronese (1313-1318) ====
{{vedi anche|della Scala}}
All'indomani della morte improvvisa dell'imperatore, Dante accolse l'invito di [[Cangrande della Scala]] a risiedere presso la sua corte di [[Verona]]<ref name=":7" />. Dante aveva già avuto modo, in passato, di risiedere nella città veneta, in quegli anni nel pieno della sua potenza. Petrocchi, come delineato prima nel suo saggio ''Itinerari danteschi'' e poi nella ''Vita di Dante''<ref>{{Cita|Petrocchi|p. 94|}}.</ref> ricorda come Dante fosse già stato ospite, per pochi mesi tra il [[1303]] e il [[1304]], presso [[Bartolomeo I della Scala|Bartolomeo della Scala]], fratello maggiore di Cangrande. Quando poi Bartolomeo morì, nel marzo del 1304, Dante fu costretto a lasciare Verona in quanto il suo successore, [[Alboino della Scala|Alboino]], non era in buoni rapporti col poeta<ref>Dante stesso, in ''[[s:Convivio/Trattato quarto|Convivio]]'' [[s:Convivio/Trattato quarto|IV, XVI, 6]], non ne elogia le qualità umane. Si veda:{{Cita|Varanini}}</ref>. Alla morte di Alboino, il 29 novembre 1311<ref>{{Cita|Barbero|p. 247}}.</ref>, divenne suo successore il fratello Cangrande<ref name=":9">{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a25.html|titolo=Cangrande della Scala|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet Culturale}}</ref>, tra i capi dei ghibellini italiani e protettore (oltreché amico) di Dante<ref name=":9" />. Fu in virtù di questo legame che Cangrande chiamò a sé l'esule fiorentino e i suoi figli Pietro e Jacopo, dando loro sicurezza e protezione dai vari nemici che si erano fatti negli anni. L'amicizia e la stima tra i due uomini fu tale che Dante esaltò, nella cantica del ''[[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]]'' – composta per la maggior parte durante il soggiorno veronese –, il suo generoso patrono in un panegirico per bocca dell'avo [[Cacciaguida]]: {{Citazione|Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello<br />sarà la cortesia del gran Lombardo<br />che 'n su la scala porta il santo uccello;<br />ch'in te avrà sì benigno riguardo,<br />che del fare e del chieder, tra voi due,<br />fia primo quel che tra l'altri è più tardo
[...]
Le sue magnificenze conosciute<br />saranno ancora, sì che' suoi nemici<br />non ne potran tener le lingue mute.<br />A lui t’aspetta e a’ suoi benefici;<br />per lui fia trasmutata molta gente,<br />cambiando condizion ricchi e mendici;|[[s:Divina Commedia/Paradiso/Canto XVII|''Paradiso'' XVII, vv. 70-75, 85-90]]}}
Nel 2018 è stata scoperta da Paolo Pellegrini, docente dell'[[Università di Verona]], una nuova lettera, scritta probabilmente proprio da Dante nel mese di agosto del 1312 e spedita da Cangrande al nuovo imperatore Enrico VII; essa modificherebbe sostanzialmente la data del soggiorno veronese del poeta, anticipando il suo arrivo al 1312, ed escluderebbe le ipotesi che volevano Dante a Pisa o in Lunigiana tra il 1312 ed il 1316<ref>{{Cita news|url=https://www.repubblica.it/scienze/2018/10/17/news/dante_docente_uinversitario_veronese_scopre_una_nuova_lettera_del_poeta-209179843/|titolo=Scoperta una nuova lettera di Dante che riscrive il suo esilio|pubblicazione=Repubblica|accesso=17 ottobre 2018}}</ref>.
==== Il soggiorno ravennate (1318-1321) ====
[[File:Andrea Pierini - Dante alla corte di Guido Novello.jpg|min|[[Andrea Pierini]], ''Dante legge la Divina Commedia alla corte di Guido Novello'', 1850, [[dipinto a olio]], [[Palazzo Pitti]]-[[Galleria d'arte moderna (Firenze)|Galleria D'Arte Moderna]], [[Firenze]]|alt=]]
[[File:Dante Arzana de' Veneziani.jpg|sinistra|min|Dante, L'arzana de' Veneziani]]
Dante, per motivi ancora sconosciuti, si allontanò da Verona per approdare, nel 1318, a [[Ravenna]], presso la corte di [[Guido Novello da Polenta]], uomo «poco più giovane di Dante...[che] apparteneva a quella grande aristocrazia dell'Appennino che da tempo stava imponendo il suo dominio sui Comuni della [[Romagna]]»<ref>{{Cita|Barbero|p. 258}}.</ref>. I critici hanno cercato di comprendere le cause dell'allontanamento di Dante dalla città scaligera, visti gli ottimi rapporti che intercorrevano tra Dante e Cangrande. Augusto Torre ipotizzò una missione politica a Ravenna, affidatagli dallo stesso suo protettore<ref>{{Cita|Torre}}.</ref>; altri pongono le cause in una crisi momentanea tra Dante e Cangrande, oppure nell'attrattiva di far parte di una corte di letterati tra i quali il signore stesso (cioè Guido Novello), che si professava tale<ref>{{Cita web|autore=Marco Santagata|url=https://web.archive.org/web/20150401021910/http://www.lavitadidante.it/cronologia-della-vita-di-dante-alighieri/|titolo=Cronologia della vita di Dante|editore=Mondadori|data=2012|citazione=Le cause della partenza sono ignote: forse un accresciuto disagio per l’ambiente scaligero (di cui resterebbe testimonianza nell’aneddoto riferito da Petrarca, Rerum memorandarum libri II 83: Cangrande chiede a Dante come mai non riesce a rendersi gradito al pari di un buffone di corte, il poeta risponde che gli uomini apprezzano chi è simile a loro), forse la fama di amico delle lettere goduta dal nuovo signore o la possibilità di trovare una sistemazione ai figli (in questo periodo Pietro ottiene il rettorato di due chiese ravennati, S. Maria in Zenzanigola e S. Simone del Muro).|accesso=2 ottobre 2019}}</ref>; ancora, chi pensa che Dante, uomo fiero e indipendente, resosi conto di essere diventato un cortigiano a tutti gli effetti, preferì prendere congedo dagli Scaligeri<ref>{{Cita|Barbero|p. 255}}.</ref>. Tuttavia, i rapporti con Verona non cessarono del tutto, come testimoniato dalla presenza di Dante nella città veneta il 20 gennaio [[1320]], per discutere la ''[[Quaestio de aqua et terra]]'', l'ultima sua opera latina<ref>{{Cita|Petrocchi|p. 199}}.</ref>.
Gli ultimi tre anni di vita trascorsero relativamente tranquilli nella città romagnola, durante i quali Dante creò un [[cenacolo letterario]] frequentato dai figli [[Pietro Alighieri|Pietro]] e [[Jacopo Alighieri|Jacopo]]<ref name="cita-Ferroni-p7">{{Cita|Ferroni|p. 7}}.</ref><ref>Come sottolineato da {{Cita |Petrocchi|pp. 198-199}}, Dante fu raggiunto dal resto della famiglia, compresa (forse) la moglie Gemma.</ref> e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali [[Pieraccio Tedaldi]] e [[Giovanni Quirini]]<ref name="Pet198">{{Cita|Petrocchi|p. 198}}.</ref>. Per conto del signore di Ravenna svolse occasionali ambascerie politiche<ref>«... si può dedurre che il signore di Ravenna volle impegnarlo, e forse più volte, in ambascerie e relazioni cancelleresche, mai in un servizio continuo e ufficiale di segretario...» ({{Cita |Petrocchi|p. 198}}).</ref>, come quella che lo condusse a [[Repubblica di Venezia|Venezia]]. All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle [[galee]] ravennati<ref name="P221">{{Cita|Petrocchi|p. 221}}.</ref> e il [[Doge della Repubblica di Venezia|doge]], infuriato, si alleò con [[Forlì]] per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al [[Senato veneziano]]. Gli studiosi si sono domandati perché Guido Novello avesse pensato proprio all'ultracinquantenne poeta come suo rappresentante: alcuni ritengono che sia stato scelto Dante per quella missione in quanto amico degli [[Ordelaffi]], signori di Forlì, e quindi in grado di trovare più facilmente una via per comporre le divergenze in campo<ref>{{Cita|Dall'Onda|p. 158}}.</ref>.
=== La morte e i funerali ===
L'ambasceria di Dante sortì un buon effetto per la sicurezza di Ravenna, ma fu fatale al poeta che, di ritorno dalla città lagunare, contrasse la [[malaria]] mentre passava dalle paludose [[Valli di Comacchio]]<ref name=":10">{{Cita web|autore=Marco Santagata|url=https://web.archive.org/web/20150401021910/http://www.lavitadidante.it/cronologia-della-vita-di-dante-alighieri/|titolo=Cronologia della vita di Dante|editore=Mondadori|data=2012|accesso=2 ottobre 2019}}</ref>. Le febbri portarono velocemente il poeta cinquantaseienne alla morte, che avvenne a [[Ravenna]] nella notte tra il 13 e il 14 settembre [[1321]]<ref name=":10" /><ref>{{Cita|Petrocchi|p. 222}}.</ref>. I funerali, in pompa magna, furono officiati nella chiesa di San Pier Maggiore (oggi [[Basilica di San Francesco (Ravenna)|San Francesco]]) a Ravenna, alla presenza delle massime autorità cittadine e dei figli<ref>{{Cita|VI centenario dantesco|p. 6}}.</ref>. La morte improvvisa di Dante suscitò ampio rammarico nel mondo letterario, come dimostrato da [[Cino da Pistoia]] nella sua [[Canzone (metrica)|canzone]] ''Su per la costa, Amor, de l'alto monte''<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchelli|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/a28.html|titolo=La morte e le celebrazioni funebri|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet Culturale}}</ref>.
== Le spoglie mortali ==
=== Le "tombe" di Dante ===
{{Vedi anche|Tomba di Dante}}
[[File:Dante's tomb (Ravenna) - Facade.jpg|min|verticale|La [[tomba di Dante]] a Ravenna, realizzata da Camillo Morigia]]
Dante trovò inizialmente sepoltura in un'urna di marmo posta nella chiesa ove si tennero i funerali<ref name=":11">{{Cita|VI centenario dantesco|p. 7}}.</ref>. Quando la città di Ravenna passò poi sotto il controllo della [[Serenissima]], il podestà [[Bernardo Bembo]] (padre del ben più celebre [[Pietro Bembo|Pietro]]) ordinò all'architetto [[Pietro Lombardi (architetto)|Pietro Lombardi]], nel 1483, di realizzare un grande monumento che ornasse la tomba del poeta<ref name=":11" />. Ritornata la città, al principio del [[XVI secolo]], agli [[Stati della Chiesa]], i legati pontifici trascurarono le sorti della tomba di Dante, la quale cadde presto in rovina. Nel corso dei due secoli successivi furono compiuti solo due tentativi per porre rimedio alle disastrose condizioni in cui il sepolcro versava: il primo fu nel 1692, quando il cardinale legato per le [[Romagna|Romagne]] [[Domenico Maria Corsi]] e il prolegato Giovanni Salviati, entrambi di nobili famiglie fiorentine, provvidero a restaurarla<ref>{{Cita|Bencivenni Pelli|p. 148}}.</ref>. Nonostante fossero passati pochi decenni, il monumento funebre fu rovinato a causa del sollevamento del terreno sottostante la chiesa, cosa che spinse il cardinale legato [[Luigi Valenti Gonzaga]] a incaricare l'architetto [[Camillo Morigia]], nel 1780, di progettare il [[Tomba di Dante|tempietto neoclassico]] tuttora visibile<ref name=":11" />.
=== Le travagliate vicende dei resti ===
I resti mortali di Dante furono oggetto di diatribe tra i ravennati e i fiorentini già dopo qualche decennio la sua morte, quando l'autore della ''Commedia'' fu "riscoperto" dai suoi concittadini grazie alla propaganda operata da Boccaccio<ref>«La diffusione della biografia di Boccaccio sortì i suoi effetti. Nel 1373 i cittadini di Firenze avanzarono istanza ai priori per l'organizzazione di una serie di pubbliche lezioni sulla ''Commedia''» ({{Cita|Reynolds|p. 430}}).</ref>. Se i fiorentini rivendicavano le spoglie in quanto concittadini dello scomparso (già nel 1429 il Comune richiese ai Da Polenta la restituzione dei resti<ref>{{Cita|Tettoni-Saladini|titolo=Allighieri}}.</ref>), i ravennati volevano che rimanessero nel luogo dove il poeta morì<ref name=":12">{{Cita web|autore=Toni di Rossi|url=http://www.tonidirossi.it/itinerando/escursioni/Ravenna/Ravenna-p05.html|titolo=Ravenna - Tomba di Dante|accesso=18 maggio 2015}}</ref>, ritenendo che i fiorentini non si meritassero i resti di un uomo che avevano dispregiato in vita. Per sottrarre i resti del poeta a un possibile trafugamento da parte di Firenze (rischio divenuto concreto sotto i papi [[Medici|medicei]] [[Leone X]] e [[Clemente VII]])<ref name=":12" />, i frati [[Ordine francescano|francescani]]<ref>{{Cita web|url=http://www.turismo.ra.it/ita/Scopri-il-territorio/Arte-e-cultura/Chiese_-battisteri/Basilica-di-San-Francesco|titolo=Basilica di San Francesco|accesso=4 giugno 2015|editore=Ravenna. Turismo e cultura|data=3 giugno 2015|citazione=L'attuale denominazione si deve ai frati minori francescani che, tra il 1261 e il 1810, e poi di nuovo tra il 1949 sino a oggi, la scelsero come loro sede.}}</ref> tolsero le ossa dal sepolcro realizzato da Pietro Lombardi, nascondendole in un luogo segreto<ref name=":12" /> e rendendo poi, di fatto, il monumento del Morigia un [[cenotafio]]. Quando nel 1810 [[Napoleone]] ordinò la soppressione degli ordini religiosi, i frati, che di generazione in generazione si erano tramandati il luogo ove si trovavano i resti, decisero di nasconderle in una porta murata dell'attiguo oratorio del quadrarco di Braccioforte<ref name=":12" />. Le spoglie rimasero in quel luogo fino al [[1865]], allorché un muratore, intento a restaurare il convento in occasione del VI centenario della nascita del poeta, scoprì casualmente sotto una porta murata una piccola cassetta di legno, recante delle iscrizioni in latino a firma di un certo frate Antonio Santi (1677)<ref name=":12" />, le quali riportavano che nella scatola erano contenute le ossa di Dante. Effettivamente, all'interno della cassetta fu ritrovato uno scheletro pressoché integro<ref>{{Cita web|url=http://www.foliamagazine.it/la-morte-di-dante-e-il-giallo-delle-sue-spoglie/|titolo=La morte di Dante e il giallo delle sue spoglie|accesso=4 giugno 2015|editore=Folia|citazione=Al suo interno si trovavano ossa “ben conservate, consistenti, non rose da tarli di colore rosso scuro, e quasi in numero da completare uno scheletro” (secondo le parole di Primo Uccellini, autore della Relazione storica sulla avventurosa scoperta delle ossa di Dante Alighieri, 1865)}}</ref>; si provvide allora a riaprire l'urna nel tempietto del Morigia, che fu trovata vuota, fatte salve tre [[Falange (anatomia)|falangi]]<ref name=":22">{{Cita web|url=http://www.foliamagazine.it/la-morte-di-dante-e-il-giallo-delle-sue-spoglie/|titolo=La morte di Dante e il giallo delle sue spoglie|accesso=4 giugno 2015|editore=Folia}}</ref>, che risultarono combaciare con i resti rinvenuti sotto la porta murata, certificandone l'effettiva autenticità<ref name=":22" />. La salma fu ricomposta, [[Esposizione pubblica della salma|esposta]] per qualche mese in un'urna di cristallo e quindi ritumulata all'interno del tempietto del Morigia, in una cassa di noce protetta da un cofano di piombo. Nel sepolcro di Dante, sotto un piccolo altare si trova l'[[epigrafe]] in versi latini dettati da [[Bernardo da Canaccio]] per volere di Guido Novello, ma incisi soltanto nel [[1357]]<ref>{{Cita|Marconi}}: «Giovanni Boccaccio, nella vita di Dante, racconta che Guido Novello aveva bandito un concorso per l'epigrafe sulla nuova tomba di Dante che egli aveva intenzione di far erigere; in questa occasione appunto il C. avrebbe composto l'esastico "Iura monarchiae" fatto incidere da lui intorno al 1357, dopo la morte di Guido Novello, sul vecchio sepolcro».</ref>:{{citazione|I diritti della monarchia, gli dei superni e le paludi del [[Flegetonte]] visitando cantai, finché volle il destino. Poiché però l'anima andò ospite in luoghi migliori e più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sono racchiuso io Dante, esule dalla patria terra, che generò [[Firenze]], madre di poco amore.|''Epitaffium ad sepulcrum Dantis''<ref>{{Cita libro|autore1=Ludovico Frati|autore2=[[Corrado Ricci]]|titolo=Il sepolcro di Dante. Documenti raccolti|url=https://archive.org/details/ilsepolcrodidant00fratuoft/page/4/mode/1up|città=Bologna|editore=Stab. tip. succ. Monti|anno=1889|p=4}}</ref>|{{maiuscoletto|Iura Monarchiae, Superos, Phlegetonta lacusque<br/> Lustrando cecini, voluerunt fata quousque.<br/> Sed quia pars cessit melioribus hospita castris<br/> Actoremque suum petiit felicior astris,<br/> Hic claudor Dantes, patriis extorris ab oris,<br/> Quem genuit parvi Florentia mater amoris.}}|lingua=la}}
[[File:Dante alighieri, Palazzo dei Giudici.jpg|min|verticale|Il più antico ritratto documentato di Dante Alighieri conosciuto, [[Palazzo dell'Arte dei Giudici e Notai]], [[Firenze]]. Databile intorno al 1336-1337, l'affresco è di scuola giottesca<ref>{{Cita news|autore=Mara Amorevoli|titolo=Ma quale naso aquilino ecco il vero viso di Dante|pubblicazione=la Repubblica.it|data=8 marzo 2005|url=https://web.archive.org/web/20150524154431/http://www.artenotai.org/rassegna_stampa_repubblica_palazzo_arte_giudici_e_notai.asp}}</ref> ed è il ritratto iconografico del poeta più vicino a quello ricostruito nel 2007.]]
===
Come si può ben vedere dai vari dipinti a lui dedicati, il volto del poeta era assai spigoloso, con la faccia torva e col celeberrimo naso aquilino, come figura nel dipinto di Botticelli posto nella sezione introduttiva. Fu Giovanni Boccaccio, nel suo ''Trattatello in laude di Dante'', a fornire questa descrizione fisica: {{Citazione|Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura [...] Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso.|''[[s:Trattatello in laude di Dante/XX|Trattatello in laude di Dante, XX]]''}}
Gli studi compiuti dagli [[antropologi]], però, smentirono gran parte della letteratura artistica dantesca nel corso dei secoli. Nel 1921, in occasione del seicentenario della morte di Dante, l'antropologo dell'[[Università di Bologna]] Fabio Frassetto fu autorizzato dalle autorità a studiare il [[cranio]] del poeta, risultato mancante della [[mandibola]]<ref name="Mas1">{{Cita news|autore=Cinzia dal Maso|titolo=Più dolce, ecco il vero volto di Dante. Via il profilo spigoloso del Sommo Poeta|pubblicazione=La Repubblica.it|data=11 gennaio 2007|url=http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/spettacoli_e_cultura/dante-volto/dante-volto/dante-volto.html|accesso=24 maggio 2015}}</ref>. Nonostante i mezzi dell'epoca e un risultato di indagine non pienamente soddisfacente, Frassetto può già dedurre che il volto "psicologico" tramandatoci nel corso dei secoli non corrisponde a quello "fisico". Difatti, nel 2007, grazie a una squadra guidata da Giorgio Gruppioni, antropologo sempre dell'Università di Bologna, si riuscì a realizzare un volto i cui tratti somatici corrisponderebbero al 95% a quello reale<ref name="Mas1" />. Partendo dal cranio ricostruito da Frassetto, il volto reale di Dante è risultato (grazie al contributo del biologo dell'[[Università di Pisa]] Francesco Mallegni e dello scultore Gabriele Mallegni)<ref name="Grup">{{Cita web|autore=Giorgio Grupponi|titolo=Ricostruzione del volto di Dante|url=http://www.ilgiornale.it/news/magia-delle-scienza-vero-volto-dante-e-giotto.html|editore=fenici.unibo|accesso=24 maggio 2015}}</ref> sicuramente non bello, ma privo di quel naso aquilino così accentuato dagli artisti di [[Rinascimento italiano|età rinascimentale]] e molto più vicino a quello, risalente pochi anni dopo la morte del poeta, di [[scuola giottesca]].
== Il pensiero e la poetica ==
=== Introduzione ===
Parlare del Dante pensatore e poeta significa, innanzitutto, riconoscerci davanti ad una magnifica [[cattedrale]] [[medievale]], ricca di ogni fibra vitale della cultura letteraria, filosofica, teologica e artistica propria dell’età di mezzo. Nella sua produzione Dante, infatti, si sofferma su variegati aspetti che trattano proprio delle questioni del suo tempo, come per esempio il valore della [[lingua volgare]] ora emergente, ora dei rapporti tra Chiesa e Stato, ora del ruolo della [[filosofia morale]] nella vita umana quale strumento del vivere civile e dell’elevazione dell’uomo stesso, ora della personificazione della donna amata nella [[Teologia]] come veicolo di [[Salvezza (religione)|Salvezza]]. L’esaltazione di Beatrice quale veicolo della Salvezza è uno dei perni su cui si fonda uno dei capolavori della produzione letteraria mondiale, ossia la ''[[Divina Commedia]]''. Quest’ultima, considerata la ''summa'' del pensiero dantesco e di quello medievale<ref>{{Cita|Ledda|p. 5}}.</ref>, è stata paragonata per la sua complessità e maestosità da [[Frédéric Ozanam]] nel suo ''Dante et la philosophie catholique au treizième siècle'' ad una cattedrale gotica<ref>{{Cita libro|autore=Fréderic Ozanam|titolo=Dante et la philosophie catholique au treizième siècle|url=https://books.google.it/books?id=xbnPocOOGtkC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=ghotique&f=false|accesso=2 febbraio 2024|anno=1839|editore=Debécourt|città=Parigi|lingua=Fr|p=p. 24|OCLC=562447127}}</ref>: lì l’arte, la poesia, la visione dell’Ultraterreno, il discernimento dell’animo umano ([[Francesco de Sanctis]] la chiama anche ''la commedia dell’anima''<ref>{{Cita|De Sanctis|p. 153}}.</ref>) alla luce della [[ragione]] sostenuta dalla [[fede]] nel corso del viaggio del protagonista/cantore diventano un tutt’uno in maniera armonica e sublime fino a dissolversi nella visione di [[Dio]] nell’ultimo canto del ''[[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]]''.
[[File:DanteFresco.jpg|min|verticale|[[Andrea del Castagno]]'', Dante Alighieri'', nel ''[[Ciclo degli uomini e donne illustri]]'', [[affresco]], tra il 1448 e il 1451, [[Galleria degli Uffizi]], [[Firenze]]|alt=]]
=== Il ruolo del ''volgare'' e l'ottica "civile" della letteratura ===
Il ruolo della [[lingua volgare]], definita da Dante nel ''De Vulgari'' come ''Hec est nostra vera prima locutio''<ref>{{cita testo|url=https://la.wikisource.org/wiki/De_Vulgari_Eloquentia|titolo=''De Vulgari Eloquentia'' I, II 1}}
</ref> («il nostro primo vero linguaggio», nella traduzione italiana)<ref>{{Cita|Cecchin}}.</ref>, fu fondamentale per lo sviluppo del suo programma letterario. Con Dante, infatti, il volgare assunse lo stato di lingua colta e letteraria, grazie alla ferrea volontà, da parte del poeta fiorentino, di trovare un veicolo linguistico comune tra gli italiani, perlomeno tra i governanti<ref>{{Cita web|autore=Marco Santagata|url=https://web.archive.org/web/20160304070440/http://www.lavitadidante.it/11-la-promozione-del-volgare/|titolo=La promozione del volgare|editore=Mondadori|data=2012|accesso=2 ottobre 2019}}</ref>. Egli, nei primi passi del ''De Vulgari'', esporrà chiaramente la sua predilezione per la lingua colloquiale e materna rispetto a quella latina, finta e artificiale: {{Citazione|La più nobile di queste due lingue è il volgare, sia perché fu la prima a essere usata dal genere umano, sia perché tutto il mondo ne fruisce (pur nelle diversità di pronuncia e di vocabolario che la dividono), sia perché ci è naturale, mentre l’altra è piuttosto artificiale.|''[[s:la:De Vulgari Eloquentia|De Vulgari Eloquentia I, 1,4]]''|Harum quoque duarum nobilior est vulgaris: tum quia prima fuit humano generi usitata; tum quia totus orbis ipsa perfruitur, licet in diversas prolationes et vocabula sit divisa; tum quia naturalis est nobis, cum illa potius artificialis existat.|lingua=La|lingua2=It}}
Proposito della produzione letteraria volgare dantesca è infatti quella di essere fruibile da parte del pubblico dei lettori, cercando di abbattere il muro tra i ceti colti (abituati a interagire fra di loro in [[Latino volgare|latino]]) e quelli più popolari, affinché anche questi ultimi potessero apprendere contenuti filosofici e morali fino ad allora relegati nell'[[Università|ambiente accademico]]. Si ha quindi una visione della letteratura intesa come strumento al servizio della società, come verrà esposto programmaticamente nel ''Convivio'': {{Citazione|E io adunque... a' piedi di coloro che seggiono [''nella mensa dei dotti''] ricolgo di quello che da loro cade, e conosco la misera vita di quelli che dietro m’ho lasciati, per la dolcezza ch'io sento in quello che a poco a poco ricolgo, misericordievolmente mosso, non me dimenticando, per li miseri alcuna cosa ho riservata, la quale a li occhi loro, già è più tempo, ho dimostrata; e in ciò li ho fatti maggiormente vogliosi.|''[[Convivio]]'', [[s:Convivio/Trattato primo|I, 10]]}}
Alla scelta di Dante di utilizzare la lingua volgare per scrivere alcune delle sue opere possono avere influito notevolmente le opere di [[Andrea da Grosseto]], letterato del [[Duecento]] che utilizzava la lingua volgare da lui parlata, il dialetto grossetano dell'epoca, per la traduzione di opere prosaiche in latino, come i trattati di [[Albertano da Brescia]]<ref>{{Cita|Selmi|p. 389}}.</ref>.
=== La poetica ===
==== Il «plurilinguismo» dantesco ====
{{Vedi anche|Rota Vergilii}}
Con questa felice espressione, il critico letterario [[Gianfranco Contini]] ha individuato la straordinaria versatilità di Dante, all'interno delle ''Rime'', nel saper usare più registri linguistici con disinvoltura e grazia armonica<ref>{{Cita|Contini 1992|posizione=Introduzione, p. XXVIII}}{{citazione|Dei più visibili e sommari attributi che pertengono a Dante, il primo è il plurilinguismo.}}
</ref>. Come già esposto prima, Dante manifesta un'aperta curiosità per la struttura "genetica" della lingua materna degli italiani, concentrandosi sulle espressioni dell'eloquio quotidiano, sui motti e battute più o meno raffinate. Questa tendenza a inquadrare la ricchezza testuale della lingua materna spinge il letterato fiorentino a realizzare un affresco variopinto finora mai creato nella lirica volgare italiana, come esposto lucidamente da [[Giulio Ferroni]]:{{Citazione|Rispetto alla produzione poetica del volgare italiano della seconda metà del secolo XIII, la ''Commedia'' amplia notevolmente gli orizzonti sintattici e lessicali: la varietà stilistica... crea una variazione di registri, attingendo sia alla lingua bassa sia a quella nobile. Dante trae spunti dalla letteratura latina... o da quella in volgare, ma nello stesso tempo ha uno spiccato interesse per il linguaggio parlato, colloquiale, anche nelle forme più vivaci, aggressive e popolaresche.|{{cita|Ferroni|p. 28}}}}
[[File:Raffaello, Disputa, dettaglio Dante, Stanza della Signatura, Palazzo Pontifici, Vaticano.jpg|min|verticale|[[Raffaello Sanzio]], ''[[Disputa del Sacramento]]'', dettaglio raffigurante Dante, 1509-1510 ca, [[Stanza della Segnatura]], [[Palazzo Pontificio]], [[Vaticano]]. Raffaello inserisce Dante tra teologi e dottori della Chiesa, in quanto il poeta fiorentino era ritenuto filosofo e teologo di chiara fama per le opere da lui lasciate in materia religiosa.]]
Come rimarca Guglielmo Barucci: «Non siamo dunque di fronte [''nelle Rime''] a una progressiva evoluzione dello stile di Dante, ma alla compresenza – anche nello stesso periodo – di forme e stili diversi»<ref>{{Cita web|autore=Guglielmo Barucci|titolo=Dante e il pluristilismo delle "Rime"|url=http://www.oilproject.org/lezione/opere-dante-alighieri-rime-canzone-sonetto-stile-8345.html|accesso=19 maggio 2015|editore=oilproject}}</ref>. La capacità con cui Dante passa, all'interno delle ''Rime'', dalle tematiche amorose a quelle politiche, da quelle morali a quelle burlesche, troverà il supremo raffinamento all'interno della ''Commedia'', riuscendo a calibrare la tripartizione stilistica denominata ''[[Rota Vergilii]]'', secondo la quale a un determinato argomento deve corrispondere un determinato registro stilistico<ref name="Meng01">{{Cita|Mengaldo}}{{citazione|... Dante non fa che ereditare una nozione, la tripartizione degli stili, che è un luogo comune di tutta la retorica medievale, a sua volta derivato da più modelli della latinità classica e tarda [...] Momento fondamentale nella storia di queste dottrine è quello in cui, dapprima con Donato e con Servio, lo schema dei tre gradi di stili è applicato alle tre opere di [[Virgilio]], che ne divengono esempio paradigmatico, rispettivamente le [[Bucoliche]] di stile umile o basso, le [[Georgiche]] del mezzano o mediocre, l'[[Eneide]] del grave o sublime o ''grandiloquus''}}
</ref>. Nella ''Commedia'', in cui le tre [[Cantica|cantiche]] corrispondono ai tre stili "umile", "mezzano" e "sublime", la rigida tripartizione teorica scema davanti alle esigenze narrative dello scrittore, per cui all'interno dell{{'}}''[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]]'' (che dovrebbe corrispondere allo stile più basso), troviamo passi e luoghi di altissima levatura stilistica e drammatica, quali l'incontro con [[Francesca da Rimini]] e [[Ulisse]]. Il plurilinguismo, secondo un'analisi più strettamente lessicale, risente anch'esso dei numerosi idiomi di cui era infarcita la lingua letteraria dell'epoca: vi si trovano infatti [[latinismi]], [[Lingua italiana|gallicismi]] e, ovviamente, volgare fiorentino<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 170}}.</ref>.
==== Lo Stilnovismo dantesco: tra biografismo e spiritualizzazione ====
Dante ebbe un ruolo fondamentale nel far approdare la lirica volgare a nuove conquiste, non soltanto dal punto di vista tecnico-linguistico, ma anche da quello prettamente contenutistico. La spiritualizzazione della figura dell'amata [[Beatrice Portinari|Beatrice]] e l'impianto vagamente storico in cui la vicenda amorosa è inserita, determinarono la nascita di tratti del tutto particolari all'interno dello [[stilnovismo]]<ref name="Fer8">{{Cita|Ferroni|p. 8}}.</ref>. La presenza della figura idealizzata della donna amata (la cosiddetta ''donna angelo'') è un ''topos'' ricorrente in [[Lapo Gianni]], Guido Cavalcanti e [[Cino da Pistoia]], ma in Dante assume una dimensione più ''storicizzata'' di quella degli altri rimatori<ref group="N">. L'ambientazione della ''Vita nova'', per quanto infarcita di visioni oniriche e di stilemi simbolici, è contornata dal paesaggio della Firenze medievale, in cui vengono rievocate le figure non solo di Beatrice, ma anche di Guido Cavalcanti (''[[s:Vita nuova/Capitolo III|Vita nova]]'' [[s:Vita nuova/Capitolo III|III, 14]]: «... io chiamo primo de li miei amici...»), la probabile allusione alle operazioni militari del 1289 (''[[s:Vita nuova/Capitolo IX|Vita Nova]]'' [[s:Vita nuova/Capitolo IX|IX,1]]: «Appresso la morte di questa donna alquanti die avvenne cosa per la quale me convenne partire de la sopradetta cittade e ire verso quelle parti dov'era la gentile donna ch'era stata mia difesa...»), la morte di [[Folco Portinari]], padre di Beatrice (''[[s:Vita nuova/Capitolo XXII|Vita nova]]'' [[s:Vita nuova/Capitolo XXII|XXII, 1]]: «Appresso ciò non molti dì passati, sì come piacque al glorioso sire lo quale non negoe la morte a sé, colui che era stato genitore di tanta maraviglia quanta si vedea ch'era questa nobilissima Beatrice, di questa vita uscendo, a la gloria etternale se ne gio veracemente») e via dicendo.</ref>. La produzione dantesca, per la sua profondità filosofica può essere confrontata soltanto con quella del maestro Cavalcanti, rispetto alla quale la divergenza consiste nella differente concezione dell'amore. Se Beatrice è l'angelo che opera la conversione spirituale di Dante sulla Terra e che gli dona la beatitudine celeste<ref group="N">Il nome [[Beatrice]] assumerà soprattutto nella ''[[Divina Commedia]]'' la sua reale importanza, in quanto, etimologicamente parlando, significa ''Portatrice di Beatitudine'', tanto che solo questa figura potrà condurre Dante lungo il percorso del ''[[Paradiso]]''.</ref>, la donna amata da Cavalcanti è invece foriera di sofferenza, dolore che allontanerà progressivamente l'uomo da quella catarsi divina teorizzata dall'Alighieri<ref>{{Cita web|autore=Matilde Quarti|titolo=Guido Cavalcanti: la poetica e lo Stilnovo|url=http://www.oilproject.org/lezione/cavalcanti-stilnovo-poesie-guelfi-e-ghibellini-10963.html|accesso=19 maggio 2015|editore=oilproject}}</ref>. Altro traguardo raggiunto da Dante è l'aver saputo far emergere l'[[introspezione]] [[Psicologia|psicologica]] e l'[[Autobiografia|autobiografismo]]: praticamente ignoti al Medioevo, queste due dimensioni guardano già al [[Petrarca]] e, più lontano ancora, alla [[Umanesimo|letteratura umanistica]]. Dante così è il primo, tra i letterati italiani, a "scomporsi" tra il sé inteso come personaggio e l'altro io inteso come narratore delle proprie vicende. Così Contini, riprendendo il filo tracciato dallo studioso statunitense [[Charles Singleton]], parla dell'operazione poetica e narrativa dantesca: {{Citazione|Va citato a titolo d'onor l'italianista americano Charles Singleton, che in un suo saggio penetrante... ha notato come nell{{'}}''io'' di Dante... convergano l'uomo in generale, soggetto del vivere e dell'agire, e l'individuo storico, titolare di un'esperienza determinata ''hic et nunc'', in un certo spazio e in un certo tempo; Io trascendentale (con la maiuscola), diremmo oggi, e ''io'' (con la minuscola) esistenziale.|[[Gianfranco Contini]], ''Un'idea di Dante'', pp. 34-35}}
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{{vedi anche|Beatrice Portinari|Vita nuova}}
[[File:Dante and beatrice.jpg|min|[[Henry Holiday]], ''[[Dante incontra Beatrice al ponte Santa Trinita]]'', [[dipinto a olio]], [[1883]], [[Walker Art Gallery]], [[Liverpool]]]]
{{Citazione|L'amore per la bella fanciulla involta di drappo sanguigno, ch'egli chiama Beatrice, ha tutt'i caratteri di un primo amore giovanile, nella sua purezza e verginità, più nell'immaginazione che nel cuore. Beatrice è più simile a sogno, a fantasma, a ideale celeste che a realtà distinta e che procura effetti proprii. Uno sguardo, un saluto è tutta la storia di questo amore. Beatrice morì angiolo, prima che fosse donna, e l'amore non ebbe tempo di divenire una passione, come si direbbe oggi, rimase un sogno ed un sospiro.|[[Francesco de Sanctis]], ''[[Storia della letteratura italiana (De Sanctis)|Storia della letteratura italiana]]'' [1870], Morano, Napoli 1890, [[s:Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/69|p. 59]].}}
Così De Sanctis, padre della storiografia letteraria italiana, scrisse sulla donna amata dal poeta, Beatrice. Benché si cerchi tutt'oggi di comprendere in che cosa consistesse realmente, per Dante, l'amore nei confronti di Beatrice Portinari (presunta identificazione storica della Beatrice della ''Vita Nova''), si può solo concludere con certezza l'importanza che tale amore ebbe per la cultura letteraria italiana. È nel nome di questo amore che Dante ha dato la sua impronta al ''[[Dolce stil novo]]'', aprendo la sua "seconda fase poetica" (in cui manifesta la sua piena originalità rispetto ai modelli passati)<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 147}}.</ref> e conducendo i poeti e gli scrittori a scoprire i temi dell'amore in un modo mai così enfatizzato prima. L'amore per Beatrice (come in modo differente [[Francesco Petrarca]] mostrerà per la sua [[Laura de Noves|Laura]]) sarà il punto di partenza per la formulazione del suo manifesto poetico, nuova concezione dell'amor cortese sublimato dalla sua intensa sensibilità religiosa (il culto [[Maria (madre di Gesù)|mariano]] con le [[Lauda (musica)|laudi]] arrivato a Dante attraverso le correnti [[Pauperismo medievale|pauperistiche]] del [[Duecento]], dai [[Ordine francescano|Francescani]] in poi) e, pertanto, privata degli elementi sensuali e carnali tipici della lirica provenzale. Tale formulazione poetica, culminata con la ''poesia della lode''<ref>{{Cita web|autore Matilde Quarti|url=http://www.oilproject.org/lezione/dante-alighieri-vita-nova-beatrice-capitolo-26-10964.html|titolo=La “Vita Nova” di Dante: il capitolo 26 e la poesia della lode|accesso=21 maggio 2015|editore=Oilproject}}</ref>, approderà, dopo la morte della Beatrice "terrena", alla ricerca filosofica prima (la ''Donna pietosa'') e a quella teologica poi (l'apparizione in sogno di Beatrice che spinge Dante a ritornare a lei dopo il traviamento filosofico, critica che si farà più dura in [[s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXX|''Purgatorio'', XXX]])<ref>{{Cita web|autore=Andrea Cortellessa|url=http://www.oilproject.org/lezione/purgatorio-canto-30-commento-critico-1782.html|titolo="Purgatorio", Canto 30: commento critico|accesso=21 maggio 2015|editore=Oilproject|citazione=Quando Beatrice “passa a seconda vita”, cioè muore, Dante commise la sua colpa: mutò vita; perse la diritta via, la retta via; “si tolse a me e diessi altrui”. Questa non è gelosia di donna viva, ma è allegoria di una perdita di ruolo, di significato dell’esistenza che Dante evidentemente aveva sofferto}}</ref>. Tale allegorizzazione dell'amata, intesa come veicolo di salvezza, segna definitivamente il distacco dalla tematica amorosa e spinge Dante verso la vera [[Sofia (sapienza)|sapienza]], cioè luce abbacinante e impenetrabile che avvolge [[Dio]] nel ''[[Paradiso]]''. Beatrice si conferma, pertanto, in quel ruolo salvifico tipico degli angeli, che reca non solo all'amato, ma a tutti gli uomini quella beatitudine di cui si accennava prima<ref>Come manifestato nel sonetto programmatico ''Tanto gentile e tanto onesta pare'' (''[[s:Vita nuova/Capitolo XXVI|Vita Nova]]'' [[s:Vita nuova/Capitolo XXVI|XXVI]]), Dante estende a tutti gli uomini i benefici della vista di Beatrice («''Mostrasi sì piacente a chi la mira,/che dà per li occhi una dolcezza al core,/che 'ntender no la può chi no la prova''»).</ref>. Mantenendo una funzione allegorica, Dante frappone un valore [[numerologico]] alla figura di Beatrice<ref group="N">Il numero nove, non a caso, è un multiplo del numero tre che, nella numerologia ebraico-cristiana, rappresenta la perfezione di [[Dio]], in quanto simboleggiante le tre persone della [[Trinità]]. Si veda {{Cita|Chines|p. 51}}.</ref>. È infatti all'età di nove anni che la incontra per la prima volta, poi nell'ora nona avviene un successivo incontro. Di lei dirà pure: «non soffre di stare in un altro numero se non nel nove».
==== Dalle rime «amorose» a quelle «petrose» ====
Dopo la fine dell'esperienza amorosa, Dante si concentrò sempre più su una poesia caratterizzata dalla riflessione filosofico-politica, che assumerà tratti duri e sofferenti nelle rime della seconda metà degli [[Anni 1290|anni novanta]], chiamate anche rime «petrose», in quanto incentrate sulla figura di una certa «donna petra», completamente antitetica alle "''donne che avete intelletto d'Amore"'' e alla dolcezza e beatitudine che infonde Beatrice nel cuore di Dante<ref>{{Cita web|autore=Luca Ghirimoldi|url=http://www.oilproject.org/lezione/cos%C3%AC-nel-mio-parlar-voglio-esser-aspro-riassunto-figure-retoriche-3354.html|titolo=Dante, "Così nel mio parlar voglio esser aspro": analisi e commento|accesso=4 giugno 2015|editore=Oilproject}}</ref><ref>{{Cita|Chines|p. 54}}.</ref>. Infatti, come riportano Salvatore Guglielmino e Hermann Grosser, la poesia dantesca perse quella dolcezza e leggiadria propria della lirica della ''Vita nova'', per assumere connotati aspri e difficili: {{Citazione|... l'esperienza delle rime petrose, che si riallacciano all'esperienza del ''[[trobar clus]]'' [poetare difficile] di [[Arnaut Daniel]], costituisce un fondamentale esercizio di stile aspro (di contro a quello dolce dello stilnovismo).|{{cita|Guglielmino-Grosser|p. 151}}}}
=== Le fonti e i modelli letterari ===
[[File:Rafael Flores - Dante y Virgilio visitando el Infierno.jpg|min|verticale|[[Rafael Flores]], ''Dante y Virgilio visitando el Infierno'', pittura a olio, 1855, [[Museo Nacional de Arte (Messico)|Museo nacional de arte]], [[Città del Messico]]]]
==== Dante e il mondo classico ====
[[File:Gustave Dore Inferno34.jpg|min|[[Gustave Doré]], ''Lucifero'', 1861-1868. L'incisione dell'artista francese riprende la descrizione fatta dal poeta in ''If'' XXXIV, la quale a sua volta era tratta da un affresco presente nel [[Battistero di San Giovanni (Firenze)|Battistero di San Giovanni]].]]
Dante ebbe un profondo amore nei confronti dell'antichità classica e della sua cultura: ne sono prova la devozione per [[Virgilio]], l'altissimo rispetto per [[Cesare]] e per le numerose fonti greche e latine da lui usate per la costruzione del mondo immaginario della ''Commedia'' (e di cui la citazione de «li spiriti magni» in ''If'' IV sono un riferimento esplicito degli autori su cui si poggiava la cultura dantesca)<ref>«Tutto questo consesso di filosofi, poeti, moralisti e scienziati rappresenta le credenziali scientifiche di Dante, la sua "bibliografia" di riferimento, le fonti autorevoli di quanto si accingeva a scrivere su inferno, purgatorio e paradiso» ({{Cita|Reynolds|p. 150}})</ref>. Nella ''Commedia'', il poeta glorifica l'élite morale e intellettuale del mondo antico nel ''[[Limbo]]'', luogo piacevole e ameno alle porte dell'Inferno dove i giusti morti senza [[battesimo]] vivono, senza però non provare dolore per la mancata beatitudine<ref>«Quivi, secondo che per ascoltare,/non avea pianto mai che di sospiri/che l'aura etterna facevan tremare» ([[s:Divina Commedia/Inferno/Canto IV|''Inferno'' IV, vv. 25-27]]); «... s'elli hanno mercedi,/non basta, perché non ebber battesmo,/ch'è porta de la fede che tu credi;/e s'e’ furon dinanzi al cristianesmo,/non adorar debitamente a Dio:/e di questi cotai son io medesmo./Per tai difetti, non per altro rio,/semo perduti, e sol di tanto offesi/che sanza speme vivemo in disio». ([[s:Divina Commedia/Inferno/Canto IV|''Inferno'' IV, vv. 34-42]])<br /></ref>. Al contrario di quanto faranno Petrarca e Boccaccio, Dante si dimostrò un uomo ancora legato appieno alla visione medievale che l'uomo aveva della civiltà greca e latina, poiché inquadrava quest'ultima all'interno della [[Soteriologia|storia della salvezza]] propugnata dal [[cristianesimo]], certezza basata sulla dottrina medievale dell'esegesi detta ''dei quattro sensi'' ([[letterale]], [[Interpretazione simbolica|simbolico]], [[Interpretazione allegorica|allegorico]] e [[anagogico]]) con cui si cercava di individuare il messaggio cristiano negli autori antichi<ref>{{Cita web|autore=Lisa Pericoli|url=http://www.oilproject.org/lezione/commedia-dante-fonti-modelli-8500.html|titolo=La "Commedia" di Dante: fonti e modelli|accesso=21 maggio 2015|editore=oilproject|citazione=Né si può dimenticare che alla base della rilettura dei “classici” c’è sempre, nella mentalità medievale, la teoria dei “quattro sensi” dell’interpretazione: il senso letterale (che trasmette la “lettera” del testo, ovvero il suo riferirsi al mondo reale), quello allegorico (in cui dietro la storia fittizia c’è un senso recondito da scoprire), quello morale (relativo all’insegnamento etico che si può desumere dalle pagine scritte) e quello anagogico (che reinterpreta il contenuto dell’opera in ottica spiritual-salvifica).}}</ref>. Virgilio è visto da Dante non nella sua dimensione storica e culturale di intellettuale latino dell'[[età augustea]], quanto in quella [[Profezia|profetico]]-[[soteriologica]]<ref>{{Cita web|autore=Francesco Lamendola|url=http://www.centrostudilaruna.it/il-culto-di-virgilio-nel-medioevo.html|titolo=Il culto di Virgilio nel medioevo|accesso=21 maggio 2015|editore=Centro Studi La Runa|data=2 aprile 2010}}</ref>: fu lui, infatti, a predire la nascita di [[Gesù Cristo]] nella IV Egloga delle ''[[Bucoliche]]'' e così fu glorificato dai cristiani medievali<ref>{{Cita|Cova|p. 66}}.</ref>. Oltre a questa dimensione mitica della figura di Virgilio, Dante guardò a lui come supremo modello letterario e morale, come evidenziato nel proemio del Poema: {{Citazione|O de li altri poeti onore e lume,<br />vagliami 'l lungo studio e l' grande amore<br />che m'ha fatto cercar lo tuo volume.<br />Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore,<br />tu se' solo colui da cu' io tolsi<br />lo bello stilo che m'ha fatto onore.|''[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]]'', [[s:Divina Commedia/Inferno/Canto I|If I, 82-87]]}}
==== L'iconografia medievale ====
Dante fu influenzato moltissimo dal mondo che lo circondava, traendo spunto sia dalla dimensione artistica in senso stretto ([[Busto (scultura)|busti]], [[bassorilievi]] e affreschi presenti nelle chiese), sia da quanto poteva vedere nella sua vita quotidiana. Barbara Reynolds riporta di come
{{Citazione|Dante [fosse] aduso a casi di tortura, morte di stenti, omicidio, tradimento, adulterio, sodomia e bestialità. Immagini del male si trovavano illustrate ovunque. La cupola del [''[[Battistero di San Giovanni (Firenze)|battistero di San Giovanni Battista]]''], ad esempio, era decorata a mosaici...ove si trovavano raffigurati l'inferno, il purgatorio, il paradiso, il giudizio universale e, di particolare rilevanza nella ''Commedia'', una grottesca immagine di Satana [...] I diavoli e i tormenti dell{{'}}''Inferno'' non sono invenzioni della personale fantasia dantesca. Tali terrificanti moniti...erano recitati in rima dai cantastorie ambulanti, costituivano temi di prediche e di allestimenti scenici.|{{cita|Reynolds|pp. 27-28}}}}
Gli episodi di [[Malacoda]], [[Barbariccia]] e della ''masnada'' comparsi in ''If'' XXI, XXII e XXIII, dunque, non sono ascrivibili soltanto all'immaginario personale del poeta, ma sono ricavati, nella loro potente e degradante caricatura iconografica, da quanto il poeta poteva scorgere nelle chiese e/o nelle vie di Firenze attraverso spettacoli allegorici. Oltre alle fonti iconografiche, c'erano però anche dei testi che presentavano il [[demonio]] con tratti disumani e bestiali: in primo luogo, l''a visione di Tundale'' dell'[[XI secolo]], in cui è descritto il demonio che divora le anime dei [[dannazione|dannati]], ma anche le cronache di [[Giacomino da Verona]] e di [[Bonvesin de la Riva]]<ref>{{Cita web|autore=Gabriella Giudici|titolo=Il diavolo, ossessione medievale|url=http://gabriellagiudici.it/il-diavolo-ossessione-medievale/|accesso=22 maggio 2015}}</ref>. Gli stessi paesaggi della ''Commedia'' ricalcano la descrizione delle città medievali: la presenza di fortificazioni (il castello del ''[[Limbo]]'', le mura della città di [[Dis Pater|Dite]]), i ponti presenti sulle ''[[Malebolge]]'', gli accenni, nel canto XV, alle imponenti [[dighe]] di [[Bruges]] e di [[Padova]]<ref>Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia, / temendo 'l fiotto che 'nver' lor s'avventa, / fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia; // e quali Padoan lungo la Brenta, / per difender lor ville e lor castelli, / anzi che Carentana il caldo senta ([[s:Divina Commedia/Inferno/Canto XV|''Inferno'' XV, vv. 4-9]])</ref> e le stesse pene infernali sono una trasposizione visiva della "cultura" medievale in senso lato.
==== Dante tra cristianesimo e Islam ====
Influenza fondamentale fu anche quella esercitata dalla produzione letteraria appartenente al cristianesimo e, in un certo grado, anche alla [[religione islamica]]<ref>[[Giuseppe Gabrieli]], ''Dante e l'Oriente'', Bologna, Nicola Zanichelli editore, 1910. Più dibattute le tesi di [[Miguel Asín Palacios]], ''La escatología musulmana en la Divina Comedia'', Madrid, Real Academia. Española, 1919.</ref>. La [[Bibbia]] è sicuramente il libro cui Dante attinge maggiormente: echi ne troviamo, oltre ai tantissimi della ''Commedia'', anche nella ''Vita nova'' (per esempio, l'episodio della morte di Beatrice ricalca quello di Cristo sul [[Calvario]])<ref>{{Cita|Foster}}.</ref> e nel ''De vulgari eloquentia'' (l'episodio della [[torre di Babele]] quale origine delle lingue, presente nel I libro). Oltre alla produzione strettamente sacra, Dante attinse anche alla produzione religiosa medievale, prendendo spunto, per esempio, dalla ''Visio sancti Pauli'' del V secolo, opera narrante l'ascesa dell'[[Paolo di Tarso|apostolo delle genti]] al terzo cielo del Paradiso<ref name=":16">{{Cita web|autore=Lisa Pericoli|url=http://www.oilproject.org/lezione/commedia-dante-fonti-modelli-8500.html|titolo=La ''Commedia'' di Dante: fonti e modelli|accesso=21 maggio 2015|editore=Oilproject}}</ref>. Oltre alle fonti letterarie cristiane, Dante sarebbe giunto in possesso, sulla base di quanto ha scritto la filologa [[Maria Corti]], del ''Libro della Scala'', opera escatologica araba tradotta in [[castigliano]], [[francese antico]] e [[Latino medievale|latino]] per conto del re [[Alfonso X]]<ref name=":16" /><ref>{{Cita web|url=https://web.archive.org/web/20151125101936/http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=490|titolo=Maria Corti. Dante e l'Islam|editore=Rai Educational|data=20 aprile 2000|accesso=27 maggio 2019}}</ref>. Un esempio concreto lo troviamo nel concetto islamico di [[Ruh (religione)|spirito della vita]] (''rūh al hayāh'') che è considerato come "aria" che esce dalla cavità del cuore. Dante a tal proposito scrive: «...spirito della vita, lo quale dimora nella secretissima camera de lo cuore»<ref>{{Cita libro|autore=Alberto Ventura|titolo=Sapienza Sufi|anno=2016|editore=Edizioni mediterranee|città=Roma|p=17|ISBN=978-88-272-2653-7}}</ref>. Lo storico spagnolo [[Asín Palacios]] ha espresso tutte le posizioni di Dante in merito alle sue conoscenze islamiche nel testo ''L’escatologia islamica nella Divina Commedia''<ref>{{Cita libro|autore=Miguel Asín Palacios|titolo=Dante e l'Islam |url=https://books.google.it/books/about/Dante_e_l_islam.html?id=Zr0IAQAAMAAJ&redir_esc=y |accesso=5 ottobre 2017|data=1994|editore=EST}}</ref>.
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[[File:DSC00218 - Aristotele - Copia romana del 117-138 dC. - Foto di G. Dall'Orto.jpg|min|verticale|[[Aristotele]], copia romana del 117-138 d.C. circa]]
Come si è detto già nella parte biografica Dante, dopo la morte di Beatrice, si immerse nello studio della filosofia. Dal ''[[Convivio]]'' sappiamo che Dante aveva letto il ''[[De consolatione philosophiae]]'' di [[Boezio]] e il ''[[Laelius de amicitia|De amicitia]]'' di [[Cicerone]]<ref>{{Cita|Malato|p. 39}}.</ref> e che poi cominciò a prender parte alle dispute filosofiche che i due principali ordini religiosi ([[Ordine francescano|Francescani]] e [[Domenicani]]) pubblicamente o indirettamente tennero in [[Firenze]], gli uni spiegando la dottrina dei mistici e di [[San Bonaventura]], gli altri presentando le teorie di [[San Tommaso d'Aquino]]. Il critico [[Bruno Nardi]]<ref name=":15">{{Cita|Nardi|pp. 1150-1253}}.</ref> evidenzia i tratti salienti del pensiero filosofico dantesco che, pur avendo una base nel [[tomismo]], presenta anche altri aspetti tra cui un evidente influsso del [[neoplatonismo]] (ad esempio dallo [[Pseudo-Dionigi l'Areopagita]] nelle gerarchie angeliche del [[Paradiso]])<ref>{{Cita|Ferroni|p. 23}}.</ref>. Nonostante gli influssi di scuola platonica, Dante subì maggiormente l'influsso di Aristotele, che nella seconda metà del [[XIII secolo]] conobbe l'apogeo nell'[[Europa medievale]]<ref>{{Cita|De Matteis}}: «Le opere di A[ristotele]...erano divenute, attorno alla metà del XIII secolo, i testi fondamentali e pressoché unici su cui si insegnava la filosofia nelle facoltà delle Arti»; «Sicché l'aristotelismo, dalla metà del secolo, viene a costituire la ‛ filosofia ' per eccellenza e unica, cui tutti i maestri fanno riferimento».</ref>.
==== Aristotele nella produzione poetica ====
La produzione poetica dantesca risentì di due opere aristoteliche in particolare: la ''[[Fisica (Aristotele)|Fisica]]'' e l{{'}}''[[Etica Nicomachea]]''. La descrizione del mondo naturale da parte del filosofo di [[Stagira]], accanto alla tradizione medica risalente a [[Galeno]], fu la fonte principale cui Dante e Cavalcanti attinsero per l'elaborazione della cosiddetta «dottrina degli [[spiriti animali|spiriti]]»<ref>{{Cita|Mugnai}}.</ref>. Attraverso i commenti redatti da [[Averroè]] e da [[Alberto Magno]]<ref name=":14">{{Cita|Dendi}}.</ref>, Dante affermò che il funzionamento del [[corpo umano]] fosse dovuto alla presenza di vari spiriti in determinati [[organo (anatomia)|organi]], dai quali nascevano poi sentimenti corrispondenti allo stimolo proveniente dall'esterno. Alla presenza di Beatrice, tali spiriti entravano in subbuglio, suscitando in Dante violente reazioni emotive e assumendo, come nel caso sotto riportato, anche una volontà propria, resa efficace attraverso la figura retorica della [[prosopopea]]:{{Citazione|Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia.
In quello punto dico veracemente che lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominciò a tremare sì fortemente, che apparia ne li menimi polsi orribilmente; e tremando disse queste parole: "Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi".
In quello punto lo spirito animale, lo quale dimora ne l’alta camera ne la quale tutti li spiriti sensitivi portano le loro percezioni, si cominciò a maravigliare molto, e parlando spezialmente a li spiriti del viso, sì disse queste parole: "Apparuit iam beatitudo vestra".
In quello punto lo spirito naturale, lo quale dimora in quella parte ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a piangere, e piangendo disse queste parole: "Heu miser, quia frequenter impeditus ero deinceps!".|''[[Vita Nova]]'', [[s:Vita nuova/Capitolo II|II, 3-6]]}}
[[File:Sandro Botticelli - La Carte de l'Enfer.jpg|min|[[Sandro Botticelli]], ''La mappa dell'Inferno'', tra il 1480 e il 1490, Biblioteca Apostolica Vaticana. La divisione dell'Inferno e degli altri due regni dell'[[Oltretomba]] sono debitori dell'etica aristotelica]]
Ancor più significativa fu l'influenza di Aristotele all'interno della ''Commedia'', dove si fece sentire la presenza dell{{'}}''Etica Nicomachea,'' oltreché della ''Fisica''. Da quest'ultima, Dante accolse la struttura [[Cosmologia (astronomia)|cosmologica]] del [[Creato]] (impianto profondamente debitore anche dell'[[Astronomia|astronomo]] egiziano [[Claudio Tolomeo|Tolomeo]])<ref name="Gu164">{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 164}}.</ref>, adattandola poi alla [[fede cristiana]]<ref name=":14" />; dall{{'}}''Etica'', invece, prese spunto per l'ordinata e razionale organizzazione del suo mondo ultraterreno, suddividendolo in varie sottounità (''[[Cerchi dell'Inferno|gironi]]'' nell{{'}}''Inferno'', ''[[Cornici del Purgatorio|cornici]]'' nel ''Purgatorio'' e ''[[Cieli del Paradiso|cieli]]'' nel ''Paradiso'') dove porre determinate categorie di anime in base alle colpe/virtù commesse in vita<ref name="Lett1">{{Cita|Anselmi-Ruozzi|p. 223}}{{citazione|... l'inferno dantesco è fondamentalmente tripartito. Nei primi sei cerchi sono punti i colpevoli di incontinenza, nel settimo quelli di violenza, nell'ottavo e nel nono quelli di frode. Questa tripartizione è dovuta in parte all'Etica Nicomachea di Aristotele, dall'altra al ''[[De Officiis]]'' di [[Cicerone]], quest'ultimo mediato dal ''[[Corpus iuris civilis]]'' di [[Giustiniano]].}}</ref>.
==== Aristotele nella produzione sociopolitica ====
Nell'ambito politico, Dante crede con [[Aristotele]] e [[san Tommaso d'Aquino]] che lo Stato abbia un fondamento razionale e naturale, basato su legami gerarchici in grado di dare stabilità e ordine interno. Nardi aggiunge poi che «pur riconoscendo che lo schema generale della sua [[metafisica]] è quello della [[Scolastica (filosofia)|scolastica]] [[cristianesimo|cristiana]], è certo che egli vi ha inserito taluni particolari caratteristici, come la produzione mediata del mondo inferiore e quella intorno all'origine dell'anima umana risultante del concorso dell'atto creatore coll'opera della natura»<ref name=":15" />.
==== L'esoterismo dantesco ====
Diversi autori hanno trattato gli aspetti esoterici delle opere di Dante forse determinati dall'ormai accertata adesione alla setta dei [[Fedeli d'Amore]]. Lo schema e i contenuti stessi della Divina Commedia farebbero emergere chiari riferimenti. Sotto questo aspetto sono di notevole importanza il lavoro di [[René Guénon|Guenon]], ''L'esoterismo di Dante'' e il testo di [[Luigi Valli]], ''Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore''<ref>{{Cita libro|autore=Luigi Valli|titolo=Il linguaggio segreto di Dante e dei «Fedeli d'Amore»|url=http://www.labirintoermetico.com/03Fiabe/Valli_Il_linguaggio_segreto_di_Dante_e_dei_Fedeli_d_Amore.pdf}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|data=11 novembre 2013|titolo=L'esoterismo di Dante Alighieri Dante segreto Celato Fedeli D'amore Rosa Croce|accesso=26 dicembre 2016|url=https://www.youtube.com/watch?v=rKJkla19Ui4&list=WL&index=22&t=3s}}</ref>. A partire dal [[XIX secolo]] diversi autori hanno sostenuto la tesi che Dante potesse essere stato un cristiano eretico: tra questi [[Ugo Foscolo]]<ref>''{{cita testo|url=http://www.bibliotecaitaliana.it/testo/bibit001500|titolo=Discorso sul testo della Commedia di Dante}}'', Londra, Pickering, 1826.</ref>, [[Gabriele Rossetti]]<ref>''{{cita testo|url=https://books.google.it/books?id=K6oFAAAAQAAJ&dq=La%20Beatrice%20di%20Dante.&hl=it&pg=PR1#v=onepage&q=La%20Beatrice%20di%20Dante.&f=false|titolo=La Beatrice di Dante. Ragionamenti critici}}'', Londra, stampato a spese dell'A., 1842.</ref> e [[Eugène Aroux]]<ref>''{{cita testo|url=https://archive.org/details/dantehrtiquervo01arougoog|titolo=Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste. Révélations d'un catholique sur le Moyen Age}}'', Paris, Jules Renouard et C.ie libraires-éditeurs, 1854.</ref>. Più recentemente [[Maria Soresina]] ha avanzato l'ipotesi che fosse il [[catarismo]] l'[[eresia]] dantesca<ref>Maria Soresina, ''Libertà va cercando. Il catarismo nella Commedia di Dante'', Bergamo, Moretti & Vitali, 2009.</ref>.
== Opere ==
=== ''Il Fiore'' e ''Detto d'Amore'' ===
{{Vedi anche|Il Fiore (poemetto)|Detto d'Amore}}
Due opere poetiche in volgare di argomento, lessico e stile affini e collocate in un periodo cronologico che va dal [[1283]] al [[1287]], sono state attribuite con una certa sicurezza a Dante dalla critica novecentesca, soprattutto a partire dal lavoro del filologo dantesco [[Gianfranco Contini]]<ref>{{Cita|Contini 1970}}; {{Cita|Chines|p. 53}}.</ref>. Comunque, come rimarca [[Giulio Ferroni]]'','' persiste tra i critici letterari l'opinione che ''Il Fiore'' e il ''Detto d'Amore'', due poemetti che prendono spunto dal capolavoro medievale in [[Lingue d'oïl|lingua d'oil]] ''[[Roman de la rose]],'' siano in realtà opere di dubbia paternità dantesca<ref name="cita-Ferroni-p7" />.
=== ''Le Rime'' ===
{{vedi anche|Le Rime}}
[[File:Dante Gabriel Rossetti Beata Beatrix Pastel 1872.jpg|min|verticale|[[Dante Gabriel Rossetti]], ''[[Beata Beatrix]]'', [[dipinto a olio]], 1872, [[Chicago Art Institute]]]]
''Le Rime'' sono una raccolta messa insieme e ordinata da moderni editori, che riunisce il complesso della produzione lirica dantesca dalle prove giovanili a quelle dell'età matura (le prime sono datate intorno al 1284)<ref name="cita-Ferroni-p7" /> divise tra ''Rime giovanili'' e ''Rime dell'esilio'' per distinguere due gruppi di liriche assai distanti per il tono e gli argomenti affrontati. Le ''Rime giovanili'' comprendono componimenti che riflettono le varie tendenze della lirica cortese del tempo, quella guittoniana, quella [[Guido Guinizelli|guinizelliana]] e quella cavalcantiana, passando da tematiche amorose a giocose tenzoni dallo sfondo velatamente erotico-giocoso con [[Forese Donati]] (sfidato nella ''[[Tenzone con Forese]]'') e con [[Dante da Maiano]]<ref>{{Cita|Chines|p. 53}}.</ref>.
=== ''Vita Nova'' ===
{{vedi anche|Vita nuova}}
La ''Vita Nova'' può essere considerata il "romanzo" autobiografico di Dante, in cui si celebra l'amore per [[Beatrice Portinari|Beatrice]], presentata con tutte le caratteristiche proprie dello stilnovismo dantesco. Racconto della vita spirituale e della evoluzione poetica del Poeta, resa come ''exemplum'', la ''Vita nova'' è un [[prosimetro]] (brano caratterizzato dall'alternanza tra [[prosa]] e versi) e risulta strutturata in quarantadue (o trentuno)<ref>L'[[edizione critica]] tradizionale di Barbi, [[1921]], conta 42 capitoli; quella di [[Guglielmo Gorni|Gorni]], [[1996]], ne rivede la suddivisione, contandone 31.</ref> capitoli in prosa collegati in una storia omogenea, che spiega una serie di [[Poesia|testi poetici]] composti in tempi differenti, tra cui hanno particolare rilevanza la [[Canzone (metrica)|canzone]]-manifesto ''[[Donne ch'avete intelletto d'amore]]'' e il celebre sonetto ''[[Tanto gentile e tanto onesta pare]]''. Secondo buona parte degli studiosi, per la forma del prosimetro, Dante si sarebbe ispirato alle ''razos'' provenzali (ovvero le "ragioni") che servivano a spiegare le ragioni da cui scaturivano le liriche; e alla ''[[De consolatione philosophiae]]'' di [[Severino Boezio]]<ref name="Fer8" />. L'opera è consacrata all'amore per Beatrice e fu composta probabilmente tra il [[1292]] e il [[1293]]<ref name="Fer8" />. La composizione delle [[Rima|rime]] si può far risalire, secondo la [[cronologia]] che Dante fornisce, tra il [[1283]] come risulta dal [[sonetto]] ''A ciascun alma presa'' e dopo il giugno del [[1291]], anniversario della morte di Beatrice. Per stabilire con una certa sicurezza la data della composizione del libro nel suo insieme organico, ultimamente la [[Critica letteraria|critica]] è propensa ad avvalersi del [[1300]], data non superabile, che corrisponde alla morte del destinatario [[Guido Cavalcanti]]: "Questo mio primo amico a cui io ciò scrivo" (''Vita nova'', [[s:Vita nuova/Capitolo XXX#capitolo 30 versetto3|XXX, 3]]).
=== ''Convivio'' ===
{{vedi anche|Convivio}}[[File:Dante Alighieri Florence Firenze JBU01.JPG|min|verticale|Monumento a Dante in [[Piazza Santa Croce]] a [[Firenze]] (1865)]]
Il ''[[Convivio]]'' (scritta tra il [[1303]] e il [[1308]])<ref>{{Cita |Giulio Ferroni|titolo=Dante e il nuovo mondo letterario |p. 12}}.</ref> dal latino ''convivium'', ovvero "banchetto" (di sapienza), è la prima delle opere di Dante scritta subito dopo il forzato allontanamento di [[Firenze]] ed è il grande manifesto del fine "civile" che la letteratura deve avere nel consorzio umano. L'opera consiste in un commento a varie canzoni dottrinali poste all{{'}}''[[incipit]]'', una vera e propria [[enciclopedia]] dei saperi più importanti per coloro che vogliano dedicarsi all'attività pubblica e civile senza aver compiuto gli studi regolari<ref name="Fer8" />. È pertanto scritta in volgare per essere appunto capita da chi non ha avuto la possibilità in precedenza di studiare il [[Lingua latina|latino]]. L'[[incipit]] del ''Convivio'' fa capire chiaramente che l'autore è un grande conoscitore e seguace di [[Aristotele]]; questi, infatti, viene citato con il termine "Lo Filosofo"<ref>«Sì come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere». ([[s:Convivio/Trattato primo|''Convivio'' I, 1]])</ref>. L'incipit in questo caso spiega a chi è rivolta quest'opera e a chi non è rivolta: soltanto coloro che non hanno potuto conoscere la scienza dovrebbero accedervi. Questi sono stati impediti da due tipi di ragioni:
* interne: malformazioni fisiche, vizi e malizia;
* esterne: cura familiare, civile e difetto di luogo di nascita.
Dante ritiene beati i pochi che possono partecipare alla mensa della scienza, dove si mangia il "pane degli angeli", e miseri coloro che si accontentano di mangiare il cibo delle pecore. Dante non siede alla mensa, ma è fuggito da coloro che mangiano il pastume e ha raccolto quello che cade dalla mensa degli eletti per crearne un altro banchetto. L'autore allestirà un banchetto e servirà una vivanda (i componimenti in versi) accompagnata dal pane (la prosa) necessario per assimilarne l'essenza. Saranno invitati a sedersi solo coloro che erano stati impediti da cura familiare e civile, mentre i pigri sarebbero stati ai loro piedi per raccogliere le briciole<ref>«Ma vegna qua qualunque è [per cura] familiare o civile ne la umana fame rimaso, e ad una mensa con li altri simili impediti s'assetti; e a li loro piedi si pongano tutti quelli che per pigrizia si sono stati, che non sono degni di più alto sedere: e quelli e questi prendano la mia vivanda col pane, che la far[à] loro e gustare e patire.» ([[s:Convivio/Trattato primo|''Convivio'' I, 13]])</ref>.
=== ''De vulgari eloquentia'' ===
{{vedi anche|De vulgari eloquentia}}
[[File:De vulgari eloquentia.tif|min|verticale|Una copia del 1577 del ''De vulgari eloquentia'']]
Contemporaneo al ''Convivio'', il ''De vulgari eloquentia'' è un [[Trattato (letteratura)|trattato]] in latino scritto da Dante tra il [[1303]] e il [[1304]]<ref>{{Cita|Ferroni|p. 14}}.</ref>. Composto da un primo libro intero e da 14 capitoli del secondo libro, era inizialmente destinato a comprendere quattro libri. Pur affrontando il tema della lingua volgare, fu scritto in latino perché gli interlocutori a cui Dante si rivolse appartenevano all'élite culturale del tempo<ref>{{Cita|Chines|p. 58}}.</ref>, che forte della tradizione della letteratura classica riteneva il latino senz'altro superiore a qualsiasi volgare, ma anche per conferire alla lingua volgare una maggior dignità: il latino era infatti usato soltanto per scrivere di [[legge]], [[religione]] e trattati internazionali, cioè argomenti della massima importanza. Dante si lanciò in un'appassionata difesa del volgare, dicendo che meritava di diventare una lingua illustre in grado di competere se non uguagliare la lingua di [[Virgilio]], sostenendo però che per diventare una lingua in grado di trattare argomenti importanti il volgare doveva essere<ref>{{Cita|Ferroni|p. 15}}.</ref>:
* ''illustre'' (in quanto luminoso e quindi capace di dare lustro a chi ne fa uso nello scritto);
* ''cardinale'' (tale che intorno a esso ruotassero come una porta intorno al cardine, i volgari regionali);
* ''aulico'' (reso nobile dal suo uso dotto, tale da esser parlato nella reggia);
* ''curiale'' (come linguaggio delle corti italiane, e da essere adoperato negli atti politici di un sovrano).
Con tali termini intendeva l'assoluta dignità del volgare anche come lingua letteraria, non più come lingua esclusivamente popolare. Dopo avere ammesso la grande dignità del [[Scuola siciliana|siciliano illustre]], la prima lingua letteraria assunta a dignità nazionale, passa in rassegna tutti gli altri volgari italiani trovando nell'uno alcune, nell'altro altre delle qualità che sommate dovrebbero costituire la lingua italiana. Dante vede nell'italiano la ''[[Panthera redolens]]'' dei bestiari medievali, animale che attrae la sua preda (qui lo scrittore) con il suo irresistibile profumo, che Dante sente in tutti i volgari regionali, e in particolare nel siciliano, senza però riuscire mai a vederla materializzarsi<ref>{{Cita web|autore=Andrea Cortellessa|url=http://www.oilproject.org/lezione/de-vulgari-eloquentia-di-dante-riassunto-e-analisi-del-testo-1314.html|titolo=Il "De vulgari eloquentia" di Dante: riassunto e analisi del testo|accesso=22 maggio 2015|editore=oilproject}}</ref>: manca in effetti ancora una lingua italiana utilizzabile in tutti i suoi registri, da tutti gli strati della popolazione della penisola italica. Per farla riapparire era dunque necessario attingere alle opere dei letterati italiani finora apparsi, cercando così di delineare un canone linguistico e letterario comune<ref>{{cita web|titolo=Il De vulgari eloquentia|url=http://divinacommedia.weebly.com/de-vulgari-eloquentia.html|accesso=18 giugno 2015}}</ref>.
=== ''De Monarchia'' ===
{{vedi anche|Monarchia (Dante)}}
L'opera venne composta in occasione della discesa in Italia dell'imperatore [[Enrico VII di Lussemburgo]] tra il 1310 e il 1313. Si compone di tre libri ed è la [[summa]] del pensiero politico dantesco<ref>{{Cita|Ricci}}.</ref>. Nel primo Dante afferma la necessità di un impero universale e autonomo, e riconosce questo impero come unica forma di governo capace di garantire unità e pace. Nel secondo riconosce la legittimità del diritto dell'impero da parte dei Romani. Nel terzo libro Dante dimostra che l'autorità del monarca è una volontà divina<ref>{{Cita|Chines|p. 62}}.</ref>, e quindi dipende da Dio: non è soggetta all'autorità del pontefice; al contempo, però, l'imperatore deve mostrare rispetto nei confronti del pontefice, [[Vicario di Dio]] in [[Terra]]<ref>[[s:Monarchia/Libro III/Capitolo XV|''De Monarchia'' III, 15]].</ref>. La posizione dantesca è per più aspetti originale, poiché si oppone decisivamente alla tradizione politica narrata dalla ''[[donazione di Costantino]]'': il ''De Monarchia'' è in contrasto tanto con i sostenitori della [[Ierocrazia|concezione ierocratica]]<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 157}}.</ref>, quanto con i sostenitori dell'autonomia politica e religiosa dei sovrani nazionali rispetto all'imperatore e al papa.
===
{{Vedi anche|Divina Commedia}}
[[File:Dante Domenico di Michelino Duomo Florence.jpg|min|[[Domenico di Michelino]], ''[[Dante con la Divina Commedia|Dante ed i tre regni]]'', 1465, Firenze, [[Santa Maria del Fiore]]|alt=]]
La ''Comedìa'' — titolo originale dell'opera: successivamente [[Giovanni Boccaccio]] attribuì l'aggettivo "Divina" al poema dantesco<ref>{{Cita web|autore = Luca Ghirimoldi|url = http://www.oilproject.org/lezione/struttura-divina-commedia-3802.html|titolo = "Divina Commedia": riassunto e analisi dell'opera|accesso = 22 maggio 2015|editore = Oilproject}}</ref> — è il capolavoro del poeta fiorentino ed è considerata la più importante testimonianza letteraria della civiltà medievale nonché una delle più grandi opere della letteratura universale<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 158}}.</ref>. Viene definita "comedia" in quanto scritta in stile "comico", ovvero non aulico. Un'altra interpretazione si fonda sul fatto che il poema inizia da situazioni piene di dolore e paura e finisce con la pace e la sublimità della visione di Dio. Dante iniziò a lavorare all'opera intorno al [[1300]] ([[anno giubilare]], tanto che egli data al 7 aprile di quell'anno il suo viaggio nella ''selva oscura'') e la continuò nel resto della vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava<ref>Secondo una notizia tramandata dal Boccaccio, da Benvenuto e dall'anonimo fiorentino, i primi sette canti sarebbero stati composti a Firenze prima dell'esilio. Rimasti a Firenze e ritrovati da sua moglie, sarebbero stati consegnati al poeta durante il suo soggiorno in Lunigiana, dove avrebbe ripreso la composizione dell'opera. Sulla questione si veda: {{Cita|Ferretti 1935}} e {{cita|Ferretti 1950|pagine=3-25}}</ref>. Si hanno notizie di copie manoscritte dell'[[Inferno (Divina Commedia)|''Inferno'']] intorno al [[1313]], mentre il [[Purgatorio (Divina Commedia)|''Purgatorio'']] fu pubblicato nei due anni successivi. Il [[Paradiso (Divina Commedia)|''Paradiso'']]''''', '''''iniziato forse nel [[1316]], fu pubblicato man mano che si completavano i canti negli ultimi anni di vita del poeta. Il poema è diviso in tre libri o [[Cantica|''cantiche'']], ciascuno formato da 33 [[canto (metrica)|canti]] (tranne l'Inferno che ne presenta 34, poiché il primo funge da [[proemio]] all'intero poema) e a cui corrispondono i tre stili della ''[[Rota Vergilii]]''<ref>Si guardi la sezione dedicata allo stile.</ref>; ogni canto si compone di terzine di endecasillabi (la [[terzina dantesca]]). [[File:Alighieri - Divina Commedia, Nel mille quatro cento septe et due nel quarto mese adi cinque et sei - 2384293 id00022000 Scan00006.jpg|min|verticale|Incipit della ''Divina Commedia'' nell'[[editio princeps]] del 1472]]
La ''Commedia'' tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, ben lontana dalla pedante [[poesia didattica]] medievale, ma intrisa di una spiritualità cristiana nuova che si mescola alla passione politica e agli interessi letterari del poeta. Si narra di un [[viaggio immaginario]] nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno, compiuto dal poeta stesso, quale "simbolo" dell'umanità<ref name="Gu164" />, sotto la guida della [[ragione]] e della [[fede]]. Il percorso tortuoso e arduo di Dante, il cui linguaggio diventa sempre più complesso quanto più egli sale verso il ''Paradiso'', rappresenta, sotto [[metafora]], anche il difficile processo di maturazione linguistica del volgare illustre, che si emancipa dai confini angusti municipali per far assurgere il volgare fiorentino al di sopra delle altre varianti del volgare italiano, arricchendolo nel contempo con il loro contatto<ref>{{cita web|autore=Leonardo Rossi|titolo=La Lingua della Commedia|url=https://web.archive.org/web/20150626175336/http://www.treccani.it/scuola/tesine/divina_commedia/6.html|citazione=Ebbene, in un quadro tanto eterogeneo Dante sa vedere, profeticamente, ciò che nessun altro aveva visto: la possibilità stessa di un unitario spazio letterario italiano [...] E sarà la fama del poema, attestata già mentre Dante era in vita, ad assicurare al volgare fiorentino il prestigio necessario per travalicare i confini della Toscana e raggiungere ampi strati sociali, non solo quelli di più alta cultura.|accesso=27 febbraio 2018}}</ref>. Dante è accompagnato sia nell{{'}}''Inferno'' che nel ''Purgatorio'' dal suo maestro Virgilio; in ''Paradiso'' da Beatrice e, infine, da [[Bernardo di Chiaravalle|san Bernardo]].
=== Le ''Epistole'' e l{{'}}''Epistola XIII a Cangrande della Scala'' ===
{{vedi anche|Epistole (Dante Alighieri)|Epistola XIII a Cangrande della Scala}}
Ruolo rilevante hanno le 13 ''Epistole'' scritte da Dante durante gli anni dell'esilio. Tra le principali epistole, incentrate principalmente su questioni politiche (relative alla discesa di Arrigo VII) e religiose (lettera indirizzata ai cardinali italiani riuniti, nel [[1314]], per eleggere il successore di [[Clemente V]])<ref>{{Cita|Pastore Stocchi}}.</ref>. L{{'}}''[[Epistola XIII a Cangrande della Scala]]'', risalente agli anni tra il [[1316]] e [[1320]]<ref name=":18">{{Cita|Ferroni|p. 18}}.</ref>, è l'ultima e la più rilevante delle epistole attualmente conservate (benché si dubiti in parte della sua autenticità)<ref name=":18"/>. Essa contiene la dedica del ''Paradiso'' al signore di Verona, nonché importanti indicazioni per la lettura della ''Commedia'': il soggetto (la condizione delle anime dopo la morte), la pluralità dei sensi, il titolo (che deriva dal fatto che inizia in modo aspro e triste e si conclude con il lieto fine), la finalità dell'opera che non è solo speculativa, ma pratica poiché mira a rimuovere i viventi dallo stato di miseria per portarli alla felicità<ref>{{Cita web|titolo=Dante - Riassunti - Epistole|url=https://web.archive.org/web/20060209084009/http://www.italica.rai.it/principali/dante/riassunti/b_qepistole.htm|accesso=1º aprile 2025}}</ref>.
=== ''Egloghe'' ===
{{vedi anche|Egloghe (Dante Alighieri)}}
Le ''Egloghe'' sono due componimenti di carattere [[bucolico]] scritti in lingua latina tra il [[1319]] e il [[1321]] a Ravenna, facenti parte di una corrispondenza con [[Giovanni del Virgilio]], intellettuale bolognese<ref>{{Cita|Barbero|pp. 260-261}}.</ref>, i cui due componimenti finiscono sotto il titolo di ''Egloga I'' e ''Egloga III'', mentre quelli danteschi sono l{{'}}''Egloga II'' e ''Egloga IV''. La corrispondenza/tenzone fra i due nacque quando il del Virgilio rimproverò Dante di voler conquistare la corona poetica scrivendo in volgare e non in latino, critica che suscitò la reazione di Dante e la composizione delle ''Egloghe'', visto che Giovanni del Virgilio aveva inviato a Dante tale componimento latino e che, secondo la dottrina medievale della ''responsio'', l'interlocutore doveva rispondere con il [[Genere letterario|genere]] usato per primo<ref>{{Cita|Martellotti}}.</ref>.
=== La ''Quaestio de aqua et terra'' ===
{{vedi anche|Quaestio de aqua et terra}}
[[File:Ptolemaic system of the universe.jpg|min|Il sistema dell'Universo secondo l'egiziano Tolomeo, teoria fatta propria da Dante stesso]]
La trattazione filosofica continuò fino alla fine della vita del poeta. Il 20 gennaio 1320, Dante si recò nuovamente a Verona per discutere, nella [[Chiesa di Sant'Elena (Verona)|chiesa di Sant'Elena]], la struttura del cosmo secondo i cardini aristotelico-tolemaici che, in quel periodo, erano già oggetto di studio privilegiato per la composizione del ''Paradiso''. Dante, qui, sostiene come la Terra si trovasse al centro dell'universo, circondata dal mondo sublunare (composto da terra, acqua, aria e fuoco) e di come l'acqua si trovi al di sopra della sfera terrestre. Da qui, la trattazione filosofica caratterizzata dalla ''[[disputatio]]'' con gli avversari<ref>{{Cita|Pastore Stocchi-2}}.</ref>.
== La fortuna in Italia e nel mondo ==
{{vedi anche|Critica e filologia dantesca}}
=== In Italia ===
[[File:Pietro Bembo (?) di Jacopo Bassano.jpg|min|verticale|[[Jacopo Bassano|Jacopo da Ponte]], ''Ritratto del cardinale Pietro Bembo''. La posizione bembiana segnò un punto di svolta negativo per la produzione dantesca]]
Dante ebbe una risonanza e una fama pressoché immediata in Italia. Già a partire dalla seconda metà del [[XIV secolo]], il Boccaccio iniziò una vera e propria diffusione del culto dantesco, culminata prima nella composizione del ''Trattatello in laude di Dante'' e poi nelle ''Esposizioni sopra la commedia''<ref>{{Cita web|autore=Andrea Mazzucchi Internet culturale|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/c40.html|titolo=Giovanni Boccaccio|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet culturale|data=2012}}</ref>. L'eredità del Boccaccio fu raccolta, durante la fase del primo umanesimo, dal [[Cancelliere di Firenze|cancelliere della Repubblica Fiorentina]] [[Leonardo Bruni]], che compose la ''Vita di Dante Alighieri'' (1436) e che contribuì al perdurare del mito dantesco nelle generazioni dei letterati ([[Agnolo Poliziano]], [[Lorenzo de' Medici]] e [[Luigi Pulci]]) e degli artisti ([[Sandro Botticelli]]) fiorentini della seconda metà del [[Quattrocento]]<ref>{{Cita news|autore=Giuseppe Leonelli|titolo=Dante e la Divina Letteratura: un successo lungo 700 anni|pubblicazione=Repubblica.it|data=4 settembre 2007|accesso=12 giugno 2015|url=http://www.repubblica.it/2007/08/speciale/altri/2007letteratura/dante-commedia/dante-commedia.html}}</ref>. La parabola dantesca cominciò tuttavia a scemare a partire dal [[1525]], allorché il cardinale [[Pietro Bembo]], nelle ''[[Prose della volgar lingua]]'', stabilì la superiorità del [[Petrarca]] in campo poetico e del Boccaccio per la prosa. Tale canone escluderà il Dante della ''Commedia'' in quanto difficile imitatore, determinandone un declino (nonostante le appassionate difese di [[Michelangelo]] prima e di [[Giambattista Vico]] poi) che perdurerà per tutto il [[Seicento]] e il [[Settecento]], a causa anche della messa all'[[Indice dei libri proibiti|Indice]] del ''De Monarchia''. Solamente con l'[[età romantica]] e [[risorgimentale]]<ref>{{Cita news|autore=Giovanni Belardelli|titolo=Patriota Dante, padre di tutti gli italiani|pubblicazione=Corriere della Sera|data=1º settembre 2008|p=35|url=https://web.archive.org/web/20150626185237/http://archiviostorico.corriere.it/2008/settembre/01/Patriota_Dante_padre_tutti_gli_co_9_080901027.shtml|accesso=26 novembre 2017}}</ref> Dante riacquisì un ruolo di primo piano in quanto simbolo dell'italianità e della solitudine propria dell'eroe romantico. L'alto valore letterario della ''Commedia'', consacrato da De Sanctis nella sua ''[[Storia della letteratura italiana (De Sanctis)|Storia della letteratura italiana]]'' e riconfermato poi da [[Carducci]], [[Pascoli]] e [[Benedetto Croce]], troverà nel [[XX secolo]]<ref>{{Cita web|autore=Dario Pisano|url=http://www.flaneri.com/2012/02/21/dante_nella_poesia_del_primo_novecento/|titolo=Dante nella poesia del primo Novecento|accesso=12 giugno 2015flaneri.com|editore=Flaneri|data=21 febbraio 2012}}</ref> appassionati studiosi e cultori in [[Gianfranco Contini]], [[Umberto Bosco]], [[Natalino Sapegno]], [[Giorgio Petrocchi]], [[Maria Corti]] e, negli ultimi anni, in [[Marco Santagata]].
Sempre nel Novecento e nel [[XXI secolo|Duemila]], vari pontefici hanno dedicato pensieri di stima per l'Alighieri: [[Benedetto XV]], [[Paolo VI]], [[Giovanni Paolo II]] l'hanno ricordato per il suo altissimo valore artistico morale; [[Benedetto XVI]] per la finezza teologica; [[papa Francesco]] per il valore [[soteriologico]] della ''Commedia''<ref>{{Cita|Benedetto XV}}.</ref><ref>{{Cita|Paolo VI}}.</ref><ref>{{Cita|Giovanni Paolo II}}.</ref><ref>{{Cita web|autore=[[Benedetto XVI]]|titolo= Angelus dell'8 dicembre 2006|editore=Libreria Editrice Vaticana|anno=8 dicembre 2006|url=http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/angelus/2006/documents/hf_ben-xvi_ang_20061208_immaculate.html|accesso=24 maggio 2015}}</ref><ref>{{Cita web|autore=[[Papa Francesco|Francesco]]|titolo=Messaggio del Santo Padre Francesco al Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura in occasione della celebrazione del 750º anniversario della nascita di Dante Alighieri|editore=Libreria Editrice Vaticana|data=4 maggio 2015|url=http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2015/documents/papa-francesco_20150504_messaggio-dante-alighieri.html|accesso=24 maggio 2015}}</ref><ref>{{Cita web|autore=Francesco|titolo=Lettera Apostolica Candor Lucis aeternae del Santo Padre Francesco nel VII Centenario della morte di Dante Alighieri|editore=Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede|data=25 marzo 2021|url=https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2021/03/25/0181/00393.html|accesso=25 marzo 2021}}</ref>.
=== Nel mondo ===
[[File:Dante-barke.jpg|min|[[Eugène Delacroix]]'', [[La barca di Dante]]'', [[olio su tela]], 1822, [[Museo del Louvre]], [[Parigi]]]]
Tra il Quattrocento e il XXI secolo, Dante conobbe fasi alterne nei restanti Paesi del mondo, influenzati da fattori storici e culturali a seconda delle regioni geografiche di appartenenza:
* Inghilterra<ref>{{Cita web|autore = Vincenzo Salerno|url=http://web.tiscali.it/libro2/salerno_dante.htm|titolo=La “Commedia” di Dante in Inghilterra. Da Geoffrey Chaucer a W. M. Rossetti|accesso = 12 giugno 2015|editore = LIBROITALIANO. Editrice Letteraria Internazionale}}</ref>: [[Geoffrey Chaucer]], oltre al modello del ''Decameron'', si ispirò anche alla ''Commedia'', traendo spunto dalle tragedie dell{{'}}''Inferno'' quali quella del [[Conte Ugolino]]. Ignorato pressoché nei secoli XV e XVI secolo, il poeta fiorentino trovò un grandissimo estimatore in [[John Milton]], che prese spunto dall'immaginario dantesco per la creazione dell'universo del suo ''[[Paradiso perduto|Paradise Lost]]''. Con il [[Romanticismo]], Dante fu ammirato da letterati ([[William Blake]], [[William Wordsworth]], [[Samuel Taylor Coleridge]], [[George Gordon Byron]] e [[Alfred Tennyson]]) e pittori ([[Dante Gabriel Rossetti]] e i [[preraffaelliti]], oltre che da [[William Bell Scott]]), che lo considerarono un vero e proprio maestro di poesia e di arte. Nel XX secolo, [[Edward Morgan Forster]] si ispirò alla ''selva oscura'' per l{{'}}''Omnibus celeste'' e [[Thomas Stearns Eliot]] (poeta di origine statunitense naturalizzato inglese), grandissimo estimatore della ''Divina Commedia'', ne sottolinea il profondo ascendente sulla gran parte delle sue opere e in particolare su ''The Waste Land (La Terra Desolata, 1922)'', uno dei suoi saggi dedicati a Dante ora raccolti nel volume ''Scritti su Dante''<ref>{{Cita|Eliot}}.</ref>.
[[File:Ralph Waldo Emerson ca1857.jpg|min|verticale|Estimatore della ''Vita Nova'', Ralph Waldo Emerson fece conoscere il nome di Dante negli [[Stati Uniti d'America]]]]
* Francia<ref>{{Cita|Bernardi-Ceserani}}.</ref>: a parte alcuni codici di [[Christine de Pizan]], Dante non fu conosciuto approfonditamente in Francia fino alla discesa, nel 1494, di [[Carlo VIII]]. Sotto [[Francesco I di Francia|Francesco I]], Dante si diffuse grazie anche alla cosiddetta ''Scuola lionese'', fondata da mercanti italiani che esportarono d'oltralpe la ''Commedia''. Le successive critiche bembiane e il diffondersi del [[petrarchismo]] oscurarono la fama di Dante in terra di Francia, cosa che fu favorita dai poeti de ''[[La Pléiade]]'' e dal classicismo francese sotto [[Luigi XIV]]. Aspramente criticato poi da [[Voltaire]], Dante riconobbe un certo successo nel [[XIX secolo]] grazie alle lezioni tenute da [[Claude Fauriel]] e da [[Abel-François Villemain]].
* Germania<ref>{{Cita|Brancucci-Elwert}}.</ref>: la Germania conobbe, come la Francia, relativamente tardi Dante. L'interesse per il Sommo Poeta, al contrario delle altre nazioni europee, toccò però un vero e proprio culmine nel corso della [[riforma protestante]], per via dei contenuti polemici anticlericali presenti nel ''De Monarchia''. Il Dante della ''Commedia'' fu scoperto solo in età Romantica grazie a [[August Wilhelm von Schlegel]], ai filosofi [[Friedrich Schelling]] e [[Hegel]] e al filologo [[Karl Witte]].
* Spagna<ref>{{Cita|Brancucci-Arce}}.</ref>: precoce fu invece la conoscenza di Dante in Spagna grazie a opere, datate tra il [[XIV secolo|XIV]] e il [[XV secolo]], quali il ''[[Cancionero de Baena]]'' e [[Enrique de Villena|Enrique de Aragón]]. La Spagna, esponente di spicco della [[controriforma]], condannò violentemente l'[[anticlericalismo]] dantesco, determinandone un vero e proprio eclissamento che perdurò fino al 1829, con l'arrivo del Romanticismo. Fondamentali risultarono le traduzioni della ''Commedia'' in prosa ad opera di [[Manuel Aranda San Juan|Miguel Aranda y Sanjuán]] (1868) e in versi del [[Conde de Cheste]] (1879).
* Americhe<ref>{{Cita|Mocan}}.</ref>: già nel corso del [[XIX secolo]], lo statunitense [[Ralph Waldo Emerson]] importò sul suolo americano la ''Vita Nova'', decretando un interesse sempre maggiore nella letteratura americana grazie a [[Ezra Pound]] ed [[Henry Miller]]. Nel mondo ispanofono, invece, si segnala il culto che l'argentino [[Jorge Luis Borges]] ha manifestato per la ''Commedia''.
== Nella cultura di massa ==
{{vedi anche|Dante Alighieri nella cultura di massa}}
[[File:2 € Italia.jpg|min|Dante nella faccia nazionale dei [[2 euro]] italiani|sinistra|verticale|alt=]]
Nel corso del XX secolo, la figura di Dante è stata oggetto di numerose iniziative affinché fosse diffuso presso il [[Cultura di massa|grande pubblico]]. In occasione del [[Anniversario dell'Unità d'Italia|cinquantenario dell'Unità d'Italia]], la [[Milano Films]]<ref name=":23">{{Cita web|url=http://emutofu.com/2011/08/17/linferno-francesco-bertolini-giuseppe-de-liguoro-adolfo-padovan-1911/|titolo=L’Inferno – Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro, Adolfo Padovan (1911)|accesso=8 giugno 2015|data=17 agosto 2011}}</ref> e la [[Helios Film]]<ref name="Br1">{{Cita web|autore=Pro Loco Velletri|titolo=Sul Monte Artemisio rivive l’Inferno di Dante della Helios Film|url=https://web.archive.org/web/20160302043650/http://www.prolocodivelletri.it/it/item/56-sul-monte-artemisio-rivive-l-inferno-di-dante-della-helios-film|accesso=18 agosto 2019}}</ref> realizzarono i due primi lungometraggi dedicati all{{'}}''Inferno'', lavori che suscitarono reazioni sia positive che negative (queste ultime dovute alla presenza di elementi erotici). Un nuovo sceneggiato (''[[Dante (film)|Dante]]'') è uscito nel 2022, con [[Pupi Avati]] come regista<ref>{{Cita web|url=https://www.cineblog.it/post/dante-trailer-anticipazioni-film-pupi-avati|titolo=Dante: video intervista a cast e regista del film di Pupi Avati al cinema dal 29 settembre|autore=Pietro Ferraro|sito=Cineblog|data=26 settembre 2022|lingua=it|accesso=8 ottobre 2022}}</ref>.
Nei decenni successivi, le celebrazioni nazionali dantesche, come il [[VI centenario della morte di Dante Alighieri|seicentenario della morte nel 1921]] e il settecentenario della nascita nel 1965, sensibilizzarono il popolo italiano sull'eredità del Sommo Poeta, anche grazie allo sceneggiato televisivo ''[[Vita di Dante]]'', realizzato nel 1965 in occasione del settecentenario<ref>{{cita web|titolo=Vita di Dante|url=https://www.raiplay.it/programmi/vitadidante|accesso=4 febbraio 2024|editore=[[RaiPlay]]}}</ref>. Nel corso della seconda metà del Novecento, l'opera di sensibilizzazione si avvalse inoltre dell'emissione di lire raffiguranti il volto di Dante<ref>{{cita libro|titolo=Monete e Cartamoneta d'Italia|editore=Unificato|anno=2015|ISBN=88-95874-58-7|p=96}}</ref> (oltre che di fumetti della [[Disney]] ispirati all{{'}}''Inferno'')<ref>{{Cita web|autore=Alberto Brambilla|url=http://www.fumettologica.it/2013/10/le-origini-de-linferno-di-topolino-in-un-diario-scolastico/|titolo=Le origini de “L’Inferno di Topolino”? In un diario scolastico|accesso=24 maggio 2015|editore=[[Fumettologica]]|data=30 ottobre 2013}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://inducks.org/story.php?c=I+TL+1654-A|titolo=L'inferno di Paperino|accesso=24 maggio 2015|editore=inducks}}</ref>.[[File:Roberto Benigni in TuttoDante a Padova.jpg|min|[[Roberto Benigni]] in ''[[Tutto Dante]]'' a [[Padova]], 2008]]Grazie alla televisione, la diffusione dell'opera di Dante raggiunse un pubblico sempre più ampio: [[Vittorio Gassman]], [[Vittorio Sermonti]] e [[Roberto Benigni]] recitarono i versi della ''Commedia'' in manifestazioni pubbliche. Nel resto del mondo, invece, Dante ha ispirato la realizzazione di alcuni film (quali ''[[Seven]]'')<ref>{{Cita web|autore=Bianca Garavelli|url=https://web.archive.org/web/20151019074620/http://www.treccani.it/scuola/tesine/divina_commedia_e_iconografia/10.html|titolo=Dante e la Commedia nel cinema|editore=Treccani scuola|data=4 aprile 2008|accesso=16 novembre 2017}}</ref> e di alcuni [[manga]] (come le opere di [[Gō Nagai]]) e [[videogiochi]] (tra cui ''[[Dante's Inferno (videogioco 2010)|Dante's Inferno]]'')<ref>{{cita web|titolo= Dante's Inferno|url=https://www.ea.com/it-it/games/dantes-inferno|accesso=16 novembre 2017|editore=Electronic Arts Italia}}</ref>.
Personaggi e luoghi dell{{'}}''[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]]'' sono stati scelti dall'[[Unione Astronomica Internazionale]] per dare i nomi a formazioni geologiche sulla superficie di [[Io (astronomia)|Io]], satellite di [[Giove (astronomia)|Giove]]<ref>{{Cita web|url=https://planetarynames.wr.usgs.gov/Page/Categories|titolo=Categories for Naming Features on Planets and Satellites|sito=Gazetteer of Planetary Nomenclature|lingua=en|accesso=4 febbraio 2024}}</ref>. Inoltre nel 1998 il ritratto di Dante Alighieri dipinto da [[Raffaello Sanzio]] è stato scelto come faccia nazionale della moneta da [[2 euro]] italiana. Nel 2020 la [[Repubblica Italiana]] ha stabilito il [[25 marzo]] quale data per commemorare annualmente la figura di Dante; tale giornata nazionale è stata denominata [[Dantedì]]<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/robinson/2020/01/17/news/dante_giorno_25_marzo_dantedi-246001993/|titolo=Dante Alighieri entra in calendario: il 25 marzo sarà "Dantedì"|sito=la Repubblica|data=17 gennaio 2020|accesso=4 novembre 2020}}</ref>.
== Note ==
=== Esplicative ===
<references group="N" />
=== Bibliografiche ===
<references/>
== Bibliografia ==
{{vedi anche|Wikipedia:Bibliografia/Dante Alighieri}}
La bibliografia sulla vita e sull'opera di Dante è sterminata; normalmente, il primo strumento di ricerca è l{{'}}''[[Enciclopedia dantesca]]'', dell'[[Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani]], Roma, 1970-1978, consultabile anche on line. Si possono utilizzare anche le risorse informatiche, in primo luogo la bibliografia consultabile sul sito della [[Società Dantesca Italiana]]. Per la bibliografia cartacea si rimanda alla voce bibliografia su Dante. In questo luogo, si segnala la bibliografia utilizzata per la redazione scientifica della voce:
* Dante Alighieri, ''Divina Commedia'', ora in: {{Cita libro|titolo=Inferno|opera = Divina Commedia|curatore=Umberto Bosco e Giovanni Reggio|volume=1|editore=Le Monnier|città=Firenze|anno=2002|ISBN=88-00-41242-4|cid=Bosco-Reggio}}
* {{Cita libro|curatore=Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi|titolo=Luoghi della letteratura italiana|editore=Mondadori|città=Milano|anno=2003|url=https://books.google.it/books?id=F3nf6eQQPhsC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|accesso=21 maggio 2015|ISBN=88-424-9017-2|cid=Anselmi-Ruozzi}}
* {{cita pubblicazione|autore=[[Michele Barbi]]|titolo=Nuovi studi sulla famiglia Alighieri|rivista=Studi Danteschi|numero=10|anno=1925|pp=101-104|cid=Barbi}}
* {{Cita libro|autore=Orazio Bacci|titolo=Dante ambasciatore di Firenze al comune di San Gimignano: discorso letto nella sala del comune di San Gimignano il 7 maggio 1899|anno=1899|editore=L.S. Olschki|città=Firenze|cid=Bacci}}
* {{Cita libro|autore=[[Alessandro Barbero]]|titolo=Dante|url=https://archive.org/details/dante0000barb|anno=2020|editore=Editori Laterza|città=Bari-Roma|cid=Barbero|ISBN=978-88-581-4164-9}}
* {{Cita libro|autore=Giuseppe Bencivenni Pelli|titolo=Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri e alla storia della sua famiglia|editore=Guglielmo Piatti|città=Firenze|anno=1823|edizione=2|url=https://books.google.it/books?id=Nrbms326XR8C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|accesso=16 ottobre 2015|SBN=FOGE012659|cid=Bencivenni Pelli}}
* {{Cita libro|autore=Benedetto XV|titolo=In praeclara summorum|città=Città del Vaticano|editore=Libreria Editrice Vaticana|anno=30 aprile 1921|url=http://w2.vatican.va/content/benedict-xv/it/encyclicals/documents/hf_ben-xv_enc_30041921_in-praeclara-summorum.html|accesso=24 maggio 2015|cid=Benedetto XV}}
* {{cita libro|autore=Harold Bloom|traduttore=Francesco Saba Sardi|titolo=Il Canone occidentale. I libri e le scuole delle età|editore= Bompiani|città=Milano|anno=1996|cid=H. Bloom|ISBN=88-452-2869-X}}
* {{Cita libro|autore=Filippo Brancucci e Joaquín Arce|titolo=Spagna|opera=Enciclopedia Dantesca|curatore=Umberto Bosco|accesso=12 giugno 2015|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/spagna_(Enciclopedia-Dantesca)/||editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|anno=1970|città=Roma|SBN=RLZ0163867|cid=Brancucci-Arce}}
* {{Cita libro|autore=Filippo Brancucci e Theodor W. Elwert|titolo=Germania|opera=Enciclopedia Dantesca|curatore=Umberto Bosco|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/germania_%28Enciclopedia-Dantesca%29/|accesso=12 giugno 2015|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|anno=1970|città=Roma|SBN=RLZ0163867|cid=Brancucci-Elwert}}
* {{cita libro|autore=Umberto Carpi|titolo=La nobiltà di Dante|editore=Polistampa|città=Firenze|anno=2004|ISBN=978-88-8304-753-4|cid=Carpi}}
* {{DBI|autore=Sirio A. Chimenz|volume=2|anno=1960|nomeurl=dante-alighieri|accesso=10 giugno 2015|DOI=IT\ICCU\PAL\0013199|cid=Chimenz}}
* {{Cita libro|nome=Loredana|cognome=Chines|nome2=Giorgio|cognome2=Forni|nome3=Giuseppe|cognome3=Ledda|curatore=Ezio Raimondi|titolo=Dalle Origini al Cinquecento|collana=La letteratura italiana|anno=2007|editore=Bruno Mondadori|città=Milano|cid=Chines|ISBN=978-88-424-9164-4|nome4=Elisabetta|cognome4=Menetti}}
* {{DBI|nome=Cante Gabrielli|nomeurl=cante-gabrielli|autore=Giovanni Ciappelli|volume=51|accesso=17 maggio 2015|cid=Ciappelli}}
* {{Cita libro|autore=Gianfranco Contini|titolo=Il Fiore e il Detto d’amore: attribuibili a Dante Alighieri|anno=1970|editore=Classici Ricciardi-Mondadori|città=Milano|opera = Opere minori di Dante Alighieri|ISBN=88-7817-104-2|cid=Contini 1970}}
* {{Cita libro|autore=Gianfranco Contini|titolo=Letteratura italiana delle origini|url=https://archive.org/details/laletteraturaita0000unse|anno=2006|editore=Sansoni Editore|città=Firenze|edizione=3|annooriginale=1970|ISBN=88-383-1866-2|cid=Contini 2006}}
* {{Cita libro|autore=Pier Vincenzo Cova|titolo=Arbusta iuvant. Le Bucoliche e scelta delle Georgiche di Virgilio|anno=1961|editore=G. B. Petrini|edizione=2|città=Torino|SBN=MOD0596178|cid=Cova}}
* {{DBI|autore=Arnaldo D'Addario|nome=Alighieri, Alighiero|anno=1960|nomeurl=alighiero-alighieri|accesso=3 giugno 2015|volume=2|cid=D'Addario 1960}}
* {{Cita libro|autore=Arnaldo D'Addario|voce=Alighieri|enciclopedia=Enciclopedia Dantesca|curatore=Umberto Bosco|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|anno=1970|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/alighieri_%28Enciclopedia-Dantesca%29/|accesso=16 ottobre 2015|SBN=RLZ0163867|cid=D'Addario 1970}}
* {{Cita libro|autore=Alberto Dendi, Elisabetta Severina, Alessandra Aretini|titolo=Moduli di letteratura italiana ed europea|editore=Carlo Signorelli Editore|città=Milano|anno=2002|ISBN=88-434-0920-4|cid=Dendi}}, riportato su: {{cita web|url=http://www.letteraturaitaliana.net/autori/dante_alighieri_3.html|titolo=Dante - Biblioteca della Letteratura Italiana|accesso=21 maggio 2015|editore=Pianetascuola-Einaudi}}
* {{Cita libro|autore=Maria C. De Matteis|curatore=Umberto Bosco|titolo=Aristotele|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/aristotele_(Enciclopedia-Dantesca)/|accesso=2 febbraio 2024|collana=Enciclopedia dantesca|anno=1970|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|città=Roma|cid=De Matteis|SBN=RLZ0163867}}
* {{Cita libro|autore=[[Francesco de Sanctis]]|titolo=[[Storia della letteratura italiana (De Sanctis)|Storia della letteratura italiana]]|annooriginale=1870|editore=Morano|città=Napoli|anno=1890|SBN=TO01185344|cid=De Sanctis}}
* {{Cita libro|autore=Luigi Di Marco|titolo=La compagnia dei magi: per la formazione degli strateghi d'impresa|anno=2004|editore=F. Angeli|città=Milano|url=https://books.google.it/books?id=WvTPyCHVxz4C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|accesso=16 maggio 2015|p=56|ISBN=88-464-5212-7|cid=Di Marco}}
* {{Cita libro|autore=[[Thomas Stearns Eliot]]|titolo=Scritti su Dante|curatore=Roberto Sanesi|editore=Bompiani|città=Milano|anno=1994|ISBN=978-88-452-5037-8|cid=Eliot}}
* {{Cita libro|autore=Giovanni Ferretti|titolo=I due tempi di composizione della Divina Commedia|anno=1935|editore=Laterza|città=Bari|collana=Biblioteca di cultura moderna, n°268|SBN=TSA0021529|cid=Ferretti 1935}}
* {{Cita libro|autore=Giovanni Ferretti|titolo=Saggi danteschi|anno=1950|editore=Le Monnier|città=Firenze|SBN=RAV0195466|cid=Ferretti 1950}}
* {{Cita libro|autore=Giulio Ferroni|titolo=Dante e il nuovo mondo letterario: la crisi del mondo comunale (1300-1380)|anno=2006|editore=Mondadori|città=Milano|curatore=Giulio Ferroni|opera = Storia della letteratura italiana| volume=2|SBN=IEI0250845|cid=Ferroni}}
* {{Cita libro|autore=Kenelm Foster|titolo=Cristo|anno=1970|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|città=Roma|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/cristo_%28Enciclopedia-Dantesca%29/|accesso=4 giugno 2015|opera = Enciclopedia dantesca|SBN=RLZ0163867|cid=Foster}}
* {{Cita libro|autore=Etienne Gilson|titolo=Dante e la filosofia|anno=1987|editore=Jaca Book|città=Milano|curatore=Sergio Cristaldi|ISBN=88-16-40193-1|cid=Gilson}}
* {{Cita libro|autore=Giovanni Paolo II|titolo=Redemptoris Mater|città=Città del Vaticano|editore=Libreria Editrice Vaticana|anno=25 marzo 1987|url=http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_25031987_redemptoris-mater.html|accesso=24 maggio 2015|ISBN=88-209-1569-3|cid=Giovanni Paolo II}}
* {{Cita libro|autore=Salvatore Guglielmino|autore2=Hermann Grosser|titolo=Storia letteraria dal Duecento al Cinquecento|editore=G. Principato|città=Milano|opera=Il sistema letterario|volume=1|edizione=1|data=marzo 2000|ISBN=88-416-1309-2|cid=Guglielmino-Grosser}}
* {{Cita libro|autore=Egidio Guidubaldi|titolo=Bartolomeo da Bologna|opera=Enciclopedia Dantesca|anno=1970|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|città=Roma|SBN=RLZ0163867|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/bartolomeo-da-bologna_(Enciclopedia_Dantesca)/|accesso=16 ottobre 2015|cid=Guidubaldi}}
* {{DBI|nome=Brunetto Latini|nomeurl=brunetto-latini|autore=Giorgio Inglese|anno=2005|volume=64|accesso=16 maggio 2015|cid=Inglese}}
* {{Cita libro|autore=[[Giuseppe Ledda]]|curatore=Giuseppe Ledda|titolo=Introduzione: un progetto di ricerca collettivo per lo studio di Dante e della molteplicità delle culture nell'Europa medievale|anno=2022|editore=Fondazione Bologna University Press|città=Bologna|pp=5-11|opera=Dante e la molteplicità delle culture nell'Europa Medievale|cid=Ledda|ISBN=979-12-5477-032-0}}
* {{Cita libro|autore=Enrico Malato|titolo=Dante|collana=Storia della letteratura italiana|anno=2015|editore=RCS MediaGroup|città=Milano|volume=1|cid=Malato|SBN=MIL0908436}}
* {{Cita libro|autore=Cesare Marchi|titolo=Dante|anno=2006|editore=RCS|città=Milano|cid=Marchi|sbn=RMS1556199}}
* {{DBI|autore=Sergio Marconi|nome=Canaccio, Bernardo|nomeurl=bernardo-canaccio|volume=17|anno=1974|accesso=18 maggio 2015|cid=Marconi}}
* {{Cita libro|autore=Guido Martellotti|titolo=Egloghe|opera=Enciclopedia Dantesca|accesso=22 maggio 2015|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/egloghe_(Enciclopedia-Dantesca)/|anno=1970|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|città=Roma|SBN=RLZ0163867|cid=Martellotti}}
* {{Cita libro|autore=Francesco Mazzoni|voce=Latini, Brunetto|anno=1970|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|città=Roma|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/brunetto-latini_(Enciclopedia-Dantesca)/|opera=Enciclopedia Dantesca|accesso=16 maggio 2015|curatore=Umberto Bosco|SBN=RLZ0163867|cid=Mazzoni}}
* {{Cita libro|autore=[[Pier Vincenzo Mengaldo]]|titolo=stili, Dottrina degli|opera=Enciclopedia Dantesca|curatore=Umberto Bosco|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|città=Roma|anno=1970|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/dottrina-degli-stili_(Enciclopedia-Dantesca)/|accesso=19 maggio 2015|SBN=RLZ0163867|cid=Mengaldo}}
* {{Cita libro|autore=Mira Mocan|titolo=Dante e le letterature straniere|editore=Treccani.it|collana=Treccani scuola|data=14 maggio 2008F|url=http://www.aetnanet.org/modules.php?name=News&file=print&sid=10834|accesso=16 novembre 2017|cid=Mocan}}
* {{Cita libro|autore=Giambattista Moreali|titolo=Il Duomo in chiaro – Pietre, versi ed enigmi|città=Modena|editore=Edizioni SIGEM|p=457|anno=2014|ISBN=978-88-7387-041-8|cid=Moreali}}
* {{Cita libro|autore=Paolo Mugnai|curatore=[[Umberto Bosco]]|titolo=spirito|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/spirito_(Enciclopedia-Dantesca)/|accesso=1 febbraio 2024|collana=Enciclopedia dantesca|anno=1970|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|città=Roma|cid=Mugnai|SBN=LI30012137}}
* {{Cita libro|autore=Bruno Nardi|titolo=Filosofia di Dante|anno=1954|editore=Marzorati|città=Milano|opera = Grande antologia filosofica|volume=IV|pp=1150-1253|SBN=RAV0161593|cid=Nardi}}
* {{Cita libro|autore=Guido Pampaloni|voce=Bianchi e Neri|anno=1970|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|curatore=Umberto Bosco|città=Roma|opera=Enciclopedia Dantesca|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/bianchi-e-neri_(Enciclopedia-Dantesca)/|accesso=17 maggio 2015|SBN=RLZ0163867|cid=Pampaloni}}
* {{Cita libro|autore=Paolo VI|titolo=Altissimi cantus|città=Città del Vaticano|editore=Libreria Editrice Vaticana|anno=7 dicembre 1965|lingua=la|url=http://w2.vatican.va/content/paul-vi/la/motu_proprio/documents/hf_p-vi_motu-proprio_19651207_altissimi-cantum.html|accesso=24 maggio 2015|oclc=799513886|cid=Paolo VI}}
* {{Cita libro|autore=Pietro Desiderio Pasolini Dall'Onda|titolo=Delle antiche relazioni fra Venezia e Ravenna|url=https://books.google.it/books?id=GOJgAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|accesso=26 maggio 2015|editore=M. Cellini e c.|città=Firenze|anno=1874|SBN=UBO1787124|p=158|cid=Dall'Onda}}
* {{Cita libro|autore=Manlio Pastore Stocchi|titolo=Epistole|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/epistole_%28Enciclopedia-Dantesca%29/|accesso=22 maggio 2015|opera = Enciclopedia dantesca|curatore=Umberto Bosco|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|città=Roma|anno=1970|SBN=RLZ0163867|cid=Pastore Stocchi}}
* {{Cita libro|autore=Manlio Pastore Stocchi|titolo=Quaestio de aqua et terra|opera = Enciclopedia dantesca|curatore=Umberto Bosco|anno=1970|città=Roma|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/epistole_(Enciclopedia-Dantesca)/|accesso=22 maggio 2015|SBN=RAV0018895|cid=Pastore Stocchi-2}}
* {{Cita libro|autore=Giorgio Petrocchi|titolo=Vita di Dante|anno=2008|editore=Editori Laterza|città=Roma; Bari|edizione=5|ISBN=978-88-420-4354-6|cid=Petrocchi}}
* {{Cita libro|autore=Renato Piattoli|voce=Donati, Gemma |url=http://www.treccani.it/enciclopedia/gemma-donati_%28Enciclopedia-Dantesca%29/|accesso=16 maggio 2015|enciclopedia=Enciclopedia dantesca|curatore=Umberto Bosco|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|città=Roma|anno=1970|SBN=RLZ0163867|cid=Piattoli}}
* {{Cita libro|autore=Andrea Pizzinat|titolo=Camino e i da Camino: Un paese, la sua gente, il suo casato|anno=2009|editore=Edizioni Tredieci|città=Oderzo (TV)|url=https://books.google.it/books?id=MiA3BvEQLF8C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|accesso=3 giugno 2015|p=323|ISBN=978-88-8388-158-9|cid=Pizzinat}}
* {{Cita libro|autore=Barbara Reynolds|titolo=Dante: la vita e l'opera|anno=2007|editore=Longanesi|città=Milano|curatore=Alessio Catania|ISBN=978-88-304-2436-4|cid=Reynolds}}
* {{Cita libro|autore=Pier Giorgio Ricci|titolo=Monarchia|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/monarchia_(Enciclopedia-Dantesca)/|accesso=22 maggio 2015|opera=Enciclopedia Dantesca||curatore=Umberto Bosco|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|città=Roma|anno=1970|SBN=RLZ0163867|cid=Ricci}}
* {{Cita libro|autore=Simonetta Saffiotti Bernardi|voce=Malaspina, Moroello|anno=1970|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|città=Roma|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/moroello-malaspina_%28Enciclopedia-Dantesca%29/|accesso=3 giugno 2015|enciclopedia=Enciclopedia dantesca|curatore=Umberto Bosco|SBN=RLZ0163867|cid=Saffiotti Bernardi}}
* {{Cita libro|autore=Simonetta Saffiotti Bernardi e Remo Ceserani|titolo=Francia|opera=Enciclopedia Dantesca|curatore=Umberto Bosco|accesso=12 giugno 2015|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/francia_%28Enciclopedia-Dantesca%29/||editore = Istituto dell'Enciclopedia Italiana|città=Roma|anno=1970|SBN=RLZ0163867|cid=Bernardi-Ceserani}}
* {{Cita libro|autore=Francesco Selmi|titolo=Dei Trattati morali di Albertano da Brescia, volgarizzamento inedito fatto nel 1268 da Andrea da Grosseto|collana=Collezione di opere inedite o rare pubblicate dalla Commissione per i testi di lingua|editore=G. Romagnoli|città=Bologna|anno=1873|p=389|SBN=SBL0416863|cid=Selmi}}
* {{Cita libro|autore=Leone Tettoni - Francesco Saladini|titolo=Teatro araldico, ovvero Raccolta generale delle armi ed insegne gentilizi e delle più illustri e nobili casate|url=https://books.google.it/books?id=rP5BAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=Allighieri&f=false|accesso=18 luglio 2018|anno=1847|editore=Claudio Wilmant|città=Milano|volume=7|cid=Tettoni-Saladini|SBN=TO00902625}}
* {{Cita libro|autore=Augusto Torre|titolo=L'ambasceria di Dante a Venezia|pubblicazione=Almanacco Ravennate|editore=Camera di commercio industria e agricoltura di Ravenna|città=Ravenna|anno=1959|SBN=RAV0079557|cid=Torre}}
* {{DBI|autore=[[Gian Maria Varanini]]|nome=Della Scala, Alboino|anno=1989|nomeurl=alboino-della-scala|accesso=18 maggio 2015|volume=37|cid=Varanini}}
* {{Cita libro|autore=Giovanni Villani|titolo=Istorie Fiorentine di Giovanni Villani|anno=1802|editore=Società Tipografica de’ Classici Italiani|città=Milano|p=135|url=https://books.google.it/books?id=R_KodNPcBYQC|accesso=3 giugno 2015|vol=V|cid=Villani}}
* {{Cita libro|titolo=Il VI centenario dantesco: Bollettino del Comitato cattolico per l'omaggio a Dante Alighieri|curatore=Comitato cattolico per l'omaggio a Dante Alighieri|editore=Bollettino|città=Ravenna|anno=1914|volume=1-4|SBN=TO00178871|url=https://archive.org/details/ilvicentenarioda14comiuoft|accesso=16 ottobre 2015|cid=VI centenario dantesco}}
== Voci correlate ==
* [[Alighieri]]
* [[Critica e filologia dantesca]]
* [[
* [[Lapidi della Divina Commedia di Firenze]]
* [[Lapidi della Divina Commedia di Siena]]
* [[Storia di Firenze|Firenze medievale]]
* [[
* [[Tomba di Dante]]
* [[Centro dantesco dei Frati minori conventuali]]
* [[Giovanni Boccaccio]]
* [[Francesco Petrarca]]
* [[Guido Novello da Polenta]]
* [[Studi danteschi]]
* [[Enciclopedia dantesca]]
* [[Società Dantesca Italiana]]
* [[Deutsche Dante-Gesellschaft]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita web|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/dante/index.html|titolo=Dante Alighieri|accesso=4 febbraio 2024|editore=Internet Culturale|sito=Internet culturale|curatore=Andrea Mazzucchi, Amedeo Quondam, Italo Pantani, Giuliana Zagra et alii}}
* {{Cita web|url=https://www.danteonline.it/index.html|accesso=4 febbraio 2024|titolo=Dante online|editore=Società Dantesca Italiana}}, per la consultazione online delle opere dantesche e informazioni bio/bibliografiche
* {{Cita web|url=https://dantesources.dantenetwork.it/|titolo=DanteSources|accesso=4 febbraio 2024|editore=Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione "A. Faedo" (CNR Pisa) e Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica (Università di Pisa)|data=2013}}, per la consultazione on-line di informazioni relative alle fonti dantesche
* {{Cita web|url=http://www.centrodantesco.it/|accesso=18 maggio 2015|titolo=Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali, Ravenna}}
* {{Cita web|url=http://www.museocasadidante.it/|accesso=18 maggio 2015|titolo=Museo Casa di Dante, Firenze|editore=Unione Fiorentina}}
* {{Cita web|url=https://centenaridanteschi.it/dante-a-750-anni-dalla-nascita/|titolo=Dante Alighieri compie 750 anni: celebrazioni ed eventi|accesso=16 novembre 2017}}
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