Battaglia di Stalingrado: differenze tra le versioni
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{{conflitto
|Tipo = Battaglia
|Nome del conflitto=Battaglia di Stalingrado
|Parte_di=del [[fronte orientale (1941-1945)|fronte orientale]] della [[seconda guerra mondiale]]
|Immagine= Bundesarchiv Bild 183-R76619, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg
|Didascalia=Soldati sovietici in azione nel 1942 durante la battaglia
|Data=17 luglio [[1942]] - 2 febbraio [[1943]]
|
|Esito=Decisiva vittoria sovietica
|Schieramento1={{DEU 1933-1945}}<br />{{ITA 1861-1946}}<br />{{ROU 1881-1947}}<br />{{HUN 1940-1945}}<br />{{NDH}}
|Schieramento2={{SUN 1923-1955}}
|Comandante1={{Bandiera|DEU 1933-1945}} [[Friedrich Paulus]] <small>[[File:White flag icon.svg|10px]]</small><br />[[Erich von Manstein]]<br />[[Maximilian von Weichs]]<br />[[Hermann Hoth]]
|Comandante2= {{Bandiera|SUN 1923-1955}} [[Vasilij Ivanovič Čujkov|Vasilij Čujkov]]<br />[[Aleksandr Michajlovič Vasilevskij|Aleksandr Vasilevskij]]<br />[[Georgij Konstantinovič Žukov|Georgij Žukov]]<br />[[Konstantin Konstantinovič Rokossovskij|Konstantin Rokossovskij]]<br />[[Andrej Ivanovič Erëmenko|Andrei Erëmenko]]<br />[[Nikolaj Fëdorovič Vatutin|Nikolaj Vatutin]]
|Effettivi1= {{formatnum:1500000}} uomini (forze complessive dell'Asse).<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 181, 261}}.</ref><br />circa {{formatnum:1500}} mezzi corazzati<ref>I dati si riferiscono al periodo novembre 1942-febbraio 1943; {{Cita|Scotoni 2007|pp. 411, 233}}; {{Cita|Glantz 2014|pp. 168-169}}; {{Cita|Glantz 1991|p. 28}}.</ref>
|Effettivi2= {{formatnum:1800000}} uomini.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 117-118, 259}}.</ref><br />{{formatnum:3512}} carri armati<ref>{{Cita|Scotoni 2007|p. 171}}. Numero di mezzi corazzati disponibili nel periodo novembre 1942-gennaio 1943.</ref>
|Perdite1= oltre 1 milione di perdite totali tra morti, dispersi e prigionieri.<ref name=Erickson_1983_76>{{Cita|Erickson 1983|p. 76}}. Il dato si riferisce al periodo novembre 1942-marzo 1943 e non include le perdite nel periodo luglio-ottobre 1942.</ref><ref>{{Cita|Glantz & House 2014|p. 602}}.</ref><br />{{formatnum:100000}} rumeni e {{formatnum:40000}} italiani morti nella ritirata<ref name="ReferenceB">{{Cita|Scotoni 2007|p. 576}}.</ref><br />{{formatnum:185000}} tedeschi morti nell'accerchiamento<ref>{{Cita|Beevor 2000|p. 478}}.</ref><br />circa {{formatnum:400000}} prigionieri ({{formatnum:150000}} tedeschi, {{formatnum:50000}} italiani, {{formatnum:60000}} ungheresi e {{formatnum:140000}} rumeni)<ref name=Erickson_1983_76 /><br />circa {{formatnum:1100}} carri armati<ref>{{Cita|Glantz & House 2014|p. 603}}. Dati riferiti al periodo novembre 1942-gennaio 1943; l'autore calcola 818 carri tedeschi distrutti; 115 rumeni, 55 italiani e circa 100 ungheresi.</ref><br />tra 580 e 640 aerei<ref name="DG603">{{Cita|Glantz & House 2014|p. 603}}.</ref>
|Perdite2= {{formatnum:478000}} soldati morti e dispersi<ref name="Glantz295">{{Cita |Glantz & House 1996|p. 295}}.</ref><br />{{formatnum:650000}} feriti<ref name=Glantz295/><br />{{formatnum:2915}} carri perduti nel periodo novembre 1942-febbraio 1943<ref name=Glantz295/><br />706 aerei perduti nel periodo novembre 1942-febbraio 1943<ref name=Glantz295/>
}}
{{Campagnabox Guerra Asse-Unione Sovietica}}
{{Campagnabox battaglia di Stalingrado}}
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Con il termine '''battaglia di Stalingrado''' ({{russo|Сталинградская битва|Stalingradskaja bitva}}, {{tedesco|Schlacht von Stalingrad}}) si intendono i duri combattimenti svoltisi durante la [[seconda guerra mondiale]] che, tra l'estate del [[1942]] e il 2 febbraio [[1943]], opposero i soldati dell'[[Armata Rossa]] alle forze [[Germania nazista|tedesche]], [[8ª Armata (Regio Esercito)|italiane]], [[Regno di Romania|rumene]] e [[Regno d'Ungheria (1920-1946)|ungheresi]] per il controllo della regione strategica tra il [[Don (fiume Russia)|Don]] e il [[Volga]] e dell'importante centro politico ed economico di Stalingrado (oggi [[Volgograd]]), sul [[fronte orientale (1941-1945)|fronte orientale]].
Questa lunga e gigantesca battaglia, definita da alcuni storici come «la più importante di tutta la seconda guerra mondiale»,<ref>{{Cita|Giannuli 2005|p. 235}}.</ref> segnò la prima grande sconfitta politico-militare della [[Germania nazista]] e dei suoi alleati e satelliti
== Operazione Blu ==
{{Vedi anche|
[[File:Eastern Front 1942-05 to 1942-11 it.png|thumb Nella primavera del 1942 [[Adolf Hitler]] era fermamente deciso a riprendere l'iniziativa sul fronte orientale dopo il brusco fallimento della [[battaglia di Mosca]] a causa della controffensiva dell'Armata Rossa durante il rigido inverno russo.<ref>{{Cita|Kershaw 2001|pp. 692-693, 777-779}}; {{Cita|Irving 2001|pp. 561-569, 575-576}}.</ref> Freddo, ghiaccio e neve, uniti ai potenti e inaspettati contrattacchi sovietici, avevano notevolmente indebolito la [[Wehrmacht]] che, pur mantenendo la sua coesione e avendo evitato una [[campagna di Russia|rotta "napoleonica"]] (secondo Hitler grazie alla sua risolutezza e alla sua decisione di ordinare la resistenza sul posto alle truppe), non disponeva più delle forze sufficienti a sferrare una nuova offensiva generale paragonabile all'[[operazione Barbarossa]] dell'estate precedente.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 863-878}}.</ref>
Il 5 aprile 1942 Hitler emanava la fondamentale ''[[Direttiva 41]]'' con la quale definiva sin nei dettagli tattici lo sviluppo previsto della nuova grande offensiva e delineava, in realtà in modo abbastanza nebuloso, gli obiettivi geostrategici dell'[[operazione Blu]] (''Fall Blau'' in tedesco) da cui si aspettava un successo decisivo.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 843-854}}; {{Cita|Jacobsen & Rohwer 1974|pp. 347-349}}.</ref> L'offensiva tedesca, che avrebbe impegnato due gruppi di armate, oltre un milione di soldati con circa {{formatnum:2500}} carri armati,<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. 4, pp. 131-132, 152}}.</ref> supportati da quattro armate satelliti rumene, italiane e ungheresi (altri {{formatnum:600000}} uomini circa)<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. 4, p. 134}}.</ref> sarebbe stata scatenata nella Russia meridionale con lo scopo di conquistare i bacini del [[Don (fiume Russia)|Don]] e del [[Volga]], distruggere le importanti industrie di Stalingrado (nodo di comunicazioni ferroviarie e fluviali e centro produttivo meccanico importantissimo) e quindi puntare fino ai pozzi petroliferi del [[Caucaso]], assicurando alla Germania le risorse energetiche sufficienti per proseguire la guerra.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 854-863}}.</ref> Tale ambiziosa direttiva si basava principalmente sull'errato assunto da parte di Hitler di un presunto esaurimento irreversibile, materiale e morale, dell'Armata Rossa dopo le enormi perdite subite nella campagna 1941-42.<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. 4, pp. 138-140}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 183-B28822, Russland, Kampf um Stalingrad, Infanterie.jpg|thumb|left|Soldati tedeschi nella steppa con l'appoggio di uno [[Sturmgeschütz III|StuG III]] ]]
L'operazione, inizialmente prevista per i primi di maggio, subì notevoli ritardi a causa dell'aspra resistenza sovietica nell'[[Assedio di Sebastopoli (1941-1942)|assedio di Sebastopoli]],<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 350-352}}.</ref> della necessità di eseguire alcune operazioni preliminari di rettifica del fronte e di opporsi ad alcuni prematuri e inefficaci tentativi offensivi sovietici ([[seconda battaglia di Char'kov]]<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 344-347}}; {{Cita|Oxford 1991|pp. 942-950}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 79-83}}.</ref>). Di fatto, dopo questi successi tedeschi che costarono oltre {{formatnum:400000}} perdite ai sovietici<ref>{{Cita|Erickson 1975|p. 347}}; {{Cita|Boffa 1979|pp. 86-87}}.</ref> e favorirono notevolmente il successo iniziale dell'operazione ''Blau'', l'offensiva iniziò il 28 giugno nella regione di [[Voronež]] e il 30 giugno in quella del [[Donec]].<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 958-966}}.</ref> Il successo tedesco, favorito anche da grossi errori d'informazione e di pianificazione di [[Iosif Stalin|Stalin]] e dello [[Stavka]]<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 340-341, 354-355}}.</ref> fu immediato e portò al rapido sfondamento generale del fronte russo meridionale. In realtà le ambiziose manovre di accerchiamento ideate da Hitler e dai suoi generali riuscirono solo in parte anche a causa dei tempestivi ordini di ritirata diramati da Stalin per evitare nuove catastrofiche sconfitte, ma i guadagni territoriali furono notevoli e rapidissimi.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 356-360}}; {{Cita|Boffa 1979|pp. 87-88}}; {{Cita|Oxford 1991|pp. 968-973}}.</ref>
Mentre la ritirata sovietica in direzione del Don, di Stalingrado e del Caucaso rischiava di degenerare in rotta, i due gruppi d'Armate tedeschi procedevano verso est ([[Heeresgruppe B|Gruppo d'armate B]] del generale [[Maximilian von Weichs]]) e verso sud ([[Heeresgruppe A|Gruppo d'armate A]] del [[feldmaresciallo]] [[Wilhelm List]]) occupando in successione Voronež, [[Millerovo]] e [[Rostov sul Don|Rostov]].<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 973-980}}.</ref> Mentre le truppe di Hitler procedevano nell'assolata [[steppa]] estiva, le truppe di appoggio satelliti italiane, rumene e ungheresi si schieravano progressivamente per difendere i fianchi allungati sul Don. A metà luglio la [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata tedesca]], punta di diamante del Gruppo d'armate B, si avvicinava alla grande ansa del Don e affrontava le nuove truppe sovietiche affrettatamente impegnate da Stalin per frenare l'avanzata tedesca verso il Don e il Volga.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 980-985}}; {{Cita|Erickson 1975|pp. 362-363}}.</ref> Stalingrado, per la prima volta dall'inizio della "[[Fronte orientale (1941-1945)|grande guerra patriottica]]", era realmente minacciata e aveva così inizio la grande battaglia.
== Prima fase della battaglia ==
{{Vedi anche|operazione Fischreiher|Combattimenti nella città di Stalingrado}}
[[File:German Summer Offensive Towards Stalingrad July-September 1942 (simplified) it.png|thumb|L'avanzata tedesca verso il [[Volga]] (luglio-settembre 1942)]]
[[File:General Friedrich Paulus 1890-1957.jpg|thumb|left|upright|[[Friedrich Paulus]], comandante della [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata tedesca]]]]
=== La marcia su Stalingrado ===
Secondo la storiografia sovietica la battaglia di Stalingrado ebbe inizio il 17 luglio 1942; in questa data il raggruppamento offensivo tedesco del generale [[Friedrich Paulus]], comandante in capo della 6ª Armata, entrava in contatto nella grande ansa del Don con le forze sovietiche che Stalin aveva raggruppato con grande difficoltà, essendo provenienti dalle riserve strategiche dello Stavka, schierate molto lontane dal settore meridionale del fronte orientale, per sbarrare l'accesso al Volga e alla città che portava il nome del dittatore.<ref>{{Cita|Boffa 1979|p. 91}}.</ref>
Fin dall'inizio le forze sovietiche ([[62ª Armata]], 63ª Armata e 64ª Armata) pur in parte disorganizzate e demoralizzate dalla vista delle masse di truppe in rotta e dalla fiumana dei civili in fuga, dimostrarono combattività e cercarono, con i loro scarsi mezzi, di frenare le colonne corazzate tedesche le quali, pur apparentemente inarrestabili, avevano seri problemi di rifornimenti di carburante con conseguente necessità di alcune pause dell'avanzata. Nel frattempo, il 28 luglio Stalin emanò l{{'}}''[[Ordine numero 227]]'', col quale esortava i soldati a non abbandonare le proprie posizioni sul campo di battaglia.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 363-364}}; {{Cita|Oxford 1991|pp. 1061-1064}}.</ref>
{{citazione|Non un passo indietro !|''Ordine numero 227'' (''prikaz'') di Stalin del 28 luglio 1942|Ни шагу назад !|lingua=Rus}}
[[File:Bundesarchiv Bild 169-0894, Woroschilowka-Stalingrad, zerstörte sowjetische Panzer.jpg|thumb|Relitti di [[T-34]] sovietici; le perdite sovietiche all'inizio della battaglia furono fortissime]]
La città di Stalingrado era di fondamentale importanza strategico-economica per l'Unione Sovietica: la sua perdita avrebbe intaccato in modo rilevante le risorse industriali e avrebbe compromesso i collegamenti con il Caucaso e i suoi vitali bacini petroliferi.<ref name="ReferenceA">{{Cita|Boffa 1979|pp. 88-89}}; {{Cita|Erickson 1975|p. 371}}.</ref> Per Stalin inoltre costituiva un motivo di propaganda bellica e di prestigio personale giacché era intitolata a lui; il dittatore sovietico era anche convinto del possibile rischio di un crollo morale dell'[[Armata Rossa]] e dell'intero Paese nel caso di ulteriori ripiegamenti senza combattere e dell'abbandono di terre della Russia "profonda".<ref name="ReferenceA"/> Per queste ragioni, dopo le iniziali ritirate estive, Stalin diramò il famoso ''prikaz'' n. 227 del 28 luglio con cui esortava alla resistenza sul posto e ordinava di rafforzare la disciplina e la lotta contro i "seminatori di panico".<ref>{{Cita|Boffa 1979|pp. 88-89}}.</ref> Stalin s'impegnò quindi con grande energia in una difesa a oltranza di Stalingrado e della regione Don-Volga, richiamando tutte le forze disponibili. A tale scopo decise di impiegare i suoi migliori generali, inviando prima sul posto [[Aleksandr Michajlovič Vasilevskij]] e quindi a fine agosto spedendo anche [[Georgij Konstantinovič Žukov]], e sostituendo continuamente i comandanti sul campo alla ricerca di nuovi uomini più capaci.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 375-376, 383}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-748-0088-02A, Russland, Panzer III und Besatzung.jpg|thumb|left|I [[panzer]] tedeschi avanzano apparentemente inarrestabili]]
Il Fronte di Stalingrado, inizialmente al comando del maresciallo [[Semën Konstantinovič Timošenko]], passò così prima all'incapace generale [[Vasilij Gordov]] e quindi venne assegnato all'esperto e duro generale [[Andrej Ivanovič Erëmenko]]; mentre alla 62ª Armata, nucleo principale delle difese sovietiche, il generale [[Anton Lopatin]] venne sostituito a partire dal 12 settembre, quando già l'armata era stata respinta dentro Stalingrado, con il generale [[Vasilij Ivanovič Čujkov]].<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 364-367, 387-388}}.</ref>
Le prime fasi della battaglia furono caratterizzate da tenaci sforzi difensivi sovietici, che vennero costantemente superati dalle forze tedesche dopo duri scontri, e da alcuni tentativi di [[contrattacco]] delle limitate forze corazzate sovietiche disponibili che vennero schiacciate, con pesanti perdite, dalle manovre delle [[Panzer-Division]] tedesche ([[24. Panzer-Division|24.]] e [[16. Panzer-Division]]). Il generale Paulus fece piena mostra delle sue qualità di professionista estremamente preparato e di stratega meticoloso e intelligente: a fine luglio le difese sovietiche nella grande ansa del Don erano ormai state disperse o distrutte e le truppe rimaste tentavano di ripiegare combattendo a est del Don, mentre la situazione si aggravava ulteriormente con il profilarsi della minaccia da sud proveniente dalla [[4. Panzerarmee]] del generale [[Hermann Hoth]], che Hitler aveva dirottato dalla sua iniziale destinazione nel Caucaso per accelerare le operazioni contro Stalingrado da cui il Führer si aspettava un decisivo successo strategico e propagandistico.<ref>{{Cita|Carell 2000b|pp. 650-658, 665-667}}.</ref>
Durante la prima settimana di agosto il generale Paulus rastrellò metodicamente la regione a ovest del Don e si riorganizzò per attraversare il fiume puntando quindi su Stalingrado mentre il generale Hoth, già a est del fiume, progredì verso nord a partire dalla regione di [[Kotel'nikovo]]-[[Abganerovo]] sempre in direzione della città, frenato dalla tenace difesa delle truppe sovietiche.<ref>Riferimenti dettagliati su tutta la fase difensiva della battaglia, dal punto di vista sovietico in {{Cita|Erickson 1975|pp. 363-370, 382-393, 402-422, 433-445}}; in {{Cita|Boffa 1979|pp. 91-97}} e in {{Cita|Werth 1966|pp. 437-466}}; dal punto di vista tedesco in {{Cita|Goerlitz & Paulus 1964|pp. 83-89, 174-187}}; {{Cita|Oxford 1991|pp. 1061-1110}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 121-263}}.</ref>
=== Agosto e settembre, la battaglia nelle rovine di Stalingrado ===
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-218-0510-22, Russland-Süd, Panzersoldat.jpg|thumb|left|Un comandante di panzer della 24. Panzer-Division osserva l'orizzonte: Stalingrado è in vista]]
[[File:Map Stalingrad 1942 it.png|thumb|Stalingrado, la "città fatale" sulle rive del Volga]]
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1971-070-73, Russland, Paulus und v. Seydlitz-Kurzbach.jpg|thumb|Paulus osserva il profilo della "città di Stalin"; accanto a lui (a sinistra nella foto) il generale [[Walther von Seydlitz-Kurzbach]] ]]
{{Citazione|Stalingrado non è più una città. Di giorno è un'enorme nuvola di fumo accecante. E quando arriva la notte i cani si tuffano nel Volga, perché le notti di Stalingrado li terrorizzano.|Diario di un soldato sovietico<ref name=digstal>{{Cita web|url=http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/schede/leninstalingrado.htm|titolo=La battaglia di Stalingrado|accesso=23 febbraio 2010}}</ref>}}
La fase più drammatica della battaglia dal punto di vista sovietico ebbe inizio il 21 agosto 1942: in quella giornata la 6ª Armata del generale Paulus conquistava teste di ponte a est del Don e lanciava le sue forze corazzate concentrate in una puntata diretta nel corridoio Don-Volga in direzione di quest'ultimo fiume nella regione settentrionale della città. Il 23 agosto 1942 la 16. Panzer-Division del generale monco [[Hans-Valentin Hube]], dopo aver superato una debole resistenza, irrompeva improvvisamente sul Volga a nord di Stalingrado tagliando fuori in questo modo la città dai collegamenti da nord.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 120-126}}; {{Cita|Carell 2000b|pp. 655-659}}; {{Cita|Erickson 1975|pp. 369-370}}.</ref>
La guerra si manifestò per la prima volta agli abitanti di Stalingrado in tutta la sua drammaticità nel pomeriggio di quello stesso 23 agosto, quando la [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]] eseguì il primo massiccio e devastante bombardamento a tappeto, colpendo duramente la popolazione civile. La coraggiosa difesa contraerea di un gruppo di ragazze-soldato rappresentò un primo segnale della volontà di battersi delle truppe.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 122-127}}.</ref> La popolazione era rimasta in gran parte bloccata dentro la città, sia a causa della rapidità dell'avanzata tedesca, ma anche per la volontà di Stalin di non autorizzare un'evacuazione per non scatenare il panico e per dare un segnale di ottimistica tenacia.<ref name="ReferenceC">{{Cita|Erickson 1975|p. 370}}.</ref>
Nella notte tra il 23 e il 24 agosto, Stalin intervenne personalmente telefonando al generale Erëmenko (passato al comando del Fronte di Stalingrado dal 9 agosto) spronandolo brutalmente a resistere, a contrattaccare e a non farsi prendere dal panico.<ref name="ReferenceC"/> Dietro la maschera di risolutezza, il dittatore sovietico era probabilmente consapevole della drammaticità della situazione, ma in quelle stesse ore egli continuò a mostrare ottimismo durante i burrascosi incontri al [[Cremlino di Mosca|Cremlino]] direttamente con [[Winston Churchill]], giunto a Mosca anche per comunicare al suo alleato l'infausta notizia che non ci sarebbe stato alcun [[secondo fronte]] in [[Europa]] nel 1942, e che quindi l'[[Unione Sovietica]] avrebbe dovuto resistere da sola.<ref>Sui colloqui di Mosca: {{Cita|Erickson 1975|pp. 399-402}}; per la versione di Churchill: {{Cita|Churchill 1951|pp. 582-596}}.</ref>
Nei giorni successivi Stalin richiamò a sud dalla regione di Mosca il generale Žukov per organizzare immediati e frettolosi contrattacchi (con truppe e mezzi inadeguati) a nord della testa di ponte tedesca sul Volga nella speranza di allentare la pressione nemica sulla città; questi contrattacchi, sferrati a più riprese alla fine di agosto e ancora a settembre, fallirono tutti con sanguinose perdite di uomini e mezzi. Le colline a nord di Stalingrado si trasformarono in un cimitero di carri armati<ref>{{Cita|Beevor 2000|p. 144}}.</ref> sovietici distrutti dagli [[Artiglieria controcarri|anticarro]] tedeschi. In questo modo, tuttavia, Stalin riuscì almeno a impedire un'estensione della testa di ponte verso sud e il centro della città, creando problemi ai tedeschi e al generale Paulus, anch'egli alla ricerca di rinforzi ed equipaggiamenti di rincalzo.
Nei primi giorni di settembre, la situazione sovietica peggiorò ulteriormente con la comparsa da sud della 4ª Armata corazzata del generale Hoth che, con un'abile manovra di aggiramento, superò le precarie difese sovietiche, si collegò il 4 settembre con le truppe della 6ª Armata in avanzata frontale da ovest verso Stalingrado e raggiunse a sua volta il Volga a sud della città.<ref>{{Cita|Carell 2000b|pp. 664-669}}.</ref> Ora la 62ª Armata (di cui Čujkov avrebbe assunto il comando il 12 settembre) si trovava, gravemente indebolita, isolata da nord dai panzer di Hube, da sud dalle truppe di Hoth, attaccata frontalmente dal grosso della 6ª Armata di Paulus e con le spalle al Volga. In questa fase lo spazio occupato dai sovietici a ovest del fiume era appena di alcuni chilometri.
Proprio il 12 settembre Hitler conferiva con i generali Paulus e von Weichs (comandante del Gruppo d'Armate "B" da cui dipendeva la 6ª Armata) al suo Quartier generale ucraino di [[Vinnycja]]; a dispetto dei resoconti ''post-factum'',<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1083-1086}}.</ref> sembra che la riunione sia stata caratterizzata da un certo ottimismo generale anche da parte dei comandanti sul campo, prevalentemente preoccupati da aspetti di natura logistica ma piuttosto sicuri di ottenere una definitiva vittoria nell'area e di conquistare la città entro dieci giorni; inoltre si parlò a lungo dei piani da eseguire dopo la vittoriosa conclusione della battaglia.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1085-1086}}.</ref> Sempre in quello stesso giorno, al Cremlino cominciavano anche le discussioni tra Stalin, Vasilevskij e Žukov, richiamati dal fronte per riesaminare la situazione dopo i fallimentari contrattacchi sovietici, da cui sarebbero scaturiti i primi progetti della successiva controffensiva strategica di novembre ([[operazione Urano]]).<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 388-389}}.</ref>
[[File:Zhukov-LIFE-1944-1945.jpg|thumb|left|upright|[[Georgij Konstantinovič Žukov]]. Il generale intervenne nel settore di Stalingrado alla fine di agosto, su ordine di Stalin, per cercare di salvare la situazione. Più tardi, insieme al generale [[Aleksandr Michajlovič Vasilevskij]], progettò e organizzò la controffensiva sovietica. Il 1º gennaio 1943 venne nominato [[maresciallo dell'Unione Sovietica]] ]]
Il 13 settembre iniziò la fase più sanguinosa della battaglia: la 6ª Armata (alla quale, sotto il comando del generale Paulus, erano state aggregate operativamente anche le truppe del generale Hoth che erano posizionate a sud della città) sferrava il primo massiccio attacco frontale contro la città e la battaglia si trasformava in una lotta quartiere per quartiere, palazzo per palazzo, e stanza per stanza. La città si trovava ormai in una situazione drammatica: devastata dai bombardamenti e in preda agli incendi, gli approdi dei battelli per l'oltre-Volga distrutti, la popolazione evacuata nel caos, sui battelli colpiti sistematicamente dagli aerei tedeschi, le truppe sovietiche asserragliate nei palazzi in rovina o nelle fabbriche devastate, i quartier generali disposti in precari bunker sul margine del fiume, i depositi di petrolio in fiamme.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 370-371, 388-390}}.</ref>
[[File:Cuikov al quartier generale della 62.Armata.jpg|thumb|[[Vasilij Ivanovič Čujkov]], l'ostinato difensore di Stalingrado (in primo piano a destra), insieme ai suoi ufficiali durante la battaglia]]
Il generale Čujkov posizionò i suoi posti di comando vicinissimo alle prime linee, rischiando spesso la vita. Ufficiale molto energico, impermeabile al pessimismo e pieno di risorse, organizzò la ostinata resistenza della sua 62ª Armata con lo scopo di impedire la conquista della città da parte dei tedeschi, di logorare le forze nemiche e di guadagnare tempo per permettere allo Stavka e a Stalin di organizzare le forze di riserva necessarie per una grande offensiva invernale.<ref>{{Cita|Boffa 1979|p. 94}}.</ref> Il generale Žukov aveva stabilito in 45 giorni, poi diventati due mesi, il tempo necessario a scatenare il grande attacco durante il quale la 62ª Armata combatté tenacemente sulle rovine di Stalingrado. «A Stalingrado il tempo è sangue», divenne il motto sovietico di quei giorni, parafrasando il più famoso «il tempo è denaro».<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 143-165}}.</ref>
L'attacco in forze del generale Paulus del 13 settembre, appoggiato dall'intervento in massa della Luftwaffe, si scatenò molto violento, con l'impiego diretto nelle vie cittadine dei panzer, nella parte centro-meridionale della città in direzione degli approdi principali sul Volga; era nel progetto del generale tedesco raggiungere il fiume in più punti, conquistare i vari imbarcaderi per i traghetti, frazionare e distruggere separatamente le varie sacche di resistenza, isolandole, se possibile, dal fiume con un'avanzata progressiva lungo la riva in direzione nord.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 149-150}}.</ref> Secondo Paulus la mancanza di mezzi adeguati rendeva impossibile un eventuale piano di attraversamento del fiume, prima di aver distrutto la 62ª Armata sovietica a ovest del Volga, per bloccare completamente l'afflusso degli aiuti che giungevano da est per mezzo dei traghetti. I tedeschi quindi dovettero sferrare una serie di attacchi frontali, dispendiosi e lenti, per conquistare in successione una via, un palazzo, una piazza, una stazione ferroviaria o una fabbrica in scontri ravvicinati sempre più aspri, affidandosi principalmente alla superiore potenza di fuoco derivante dai carri armati e dall'aviazione.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 169-171}}.</ref>
[[File:24. PzD Stalingrad 15 09 1942.jpg|thumb|Due sottufficiali della 24. Panzer-Division in azione nell'area della stazione meridionale di Stalingrado il 15 settembre 1942.]]
I primi giorni sembrarono confortare i progetti del generale Paulus: i tedeschi riuscirono a sfondare e a raggiungere il Volga, bersagliarono i traghetti sovietici, occuparono la stazione ferroviaria principale (''Stalingrad-1'') ed estesero le loro conquiste verso il centro cittadino impossessandosi momentaneamente dell'importante [[Mamaev Kurgan]] (antica collina sepolcrale che dominava le rive del fiume).<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 391-392}}.</ref> Altri reparti tedeschi rastrellarono anche i quartieri meridionali e conquistarono la stazione ferroviaria meridionale (''Stalingrad-2''). Čujkov, convinto della necessità di una difesa aggressiva basata su incursioni e scontri ravvicinati per diminuire il vantaggio di potenza di fuoco dei tedeschi, contrattaccò subito con l'aiuto di rinforzi scelti (13ª Divisione delle guardie del generale [[Aleksandr Il'ič Rodimcev|Rodimcev]]) traghettati faticosamente nella notte dall'oltre-Volga. Il contrattacco ebbe successo, frenando la spinta tedesca, riconquistando la Mamaev Kurgan e riprendendo momentaneamente la stazione che però sarebbe stata presto ripersa dopo scontri molto violenti.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 392-393}}.</ref> Risultò invece impossibile allontanare i tedeschi dal Volga.
Il miglioramento della situazione per i sovietici fu solo momentaneo: i tedeschi progredirono ancora verso il centro cittadino, la Mamaev Kurgan continuò a cambiare di mano per numerose settimane, la parte meridionale della città a sud del torrente Tsaritsa venne completamente conquistata dopo i cruenti combattimenti nel grande silos del grano.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 403-405}}.</ref> Alla fine di settembre il generale Paulus arrivò a piantare la bandiera del Reich sulla Piazza Rossa di Stalingrado nel centro cittadino.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-B22437, Sowjetunion, Luftaufnahme Stalingrad.jpg|thumb|Il caposaldo della fabbrica di trattori di Stalingrado in una fotografia area della [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]] del 1942]]
Al di là degli apparenti successi tattici la situazione del generale Paulus rimaneva non facile come confermato dalle continue richieste di rinforzi e dal nervosismo, manifestato anche dall'accentuarsi del suo [[tic (medicina)|tic]] al volto e della sua [[gastroenterite]] somatica. I sovietici non apparivano scoraggiati e continuavano a battersi con contrattacchi che costringevano a riprendere i combattimenti sempre negli stessi posti e per le stesse rovine.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 166-173}}.</ref> Le perdite tedesche salivano, il morale delle truppe cominciava a risentire della durezza e della lunghezza inattesa degli scontri, i continui attacchi sui fianchi dello schieramento tedesco sul Volga costringevano Paulus a dirottare parte delle forze a nord per proteggere il corridoio Don-Volga. Di notte attraverso il Volga i sovietici ricevevano rinforzi freschi e equipaggiamenti senza che la Luftwaffe o l'artiglieria tedesca riuscissero a interromperne il flusso.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 416-421}}.</ref> Nonostante questi problemi il 30 settembre Hitler espresse pubblicamente per la prima volta la sua ottimistica certezza di vittoria e la convinzione dell'invincibilità delle armi tedesche: il successo a Stalingrado era sicuro e nessuno avrebbe più allontanato i tedeschi dal Volga.<ref>{{Cita|Irving 2001|pp. 616-617}}; {{Cita|Kershaw 2001|pp. 824-825}}.</ref>
=== Ottobre, i tedeschi vicini alla vittoria ===
[[File:Фонтан «Детский хоровод».jpg|thumb|left|La [[fontana Barmalej]] circondata dagli edifici distrutti nei combattimenti]]
La situazione del generale Čujkov appariva più grave (anche lui aveva problemi di salute, con una [[dermatite]] alle mani accentuata dalla tensione della battaglia): sottoposto ai continui attacchi tedeschi, in forte inferiorità numerica e di mezzi, con il cielo dominato dalla Luftwaffe, isolato dal resto delle forze sovietiche. Le perdite della 62ª Armata, data la natura degli scontri a distanza ravvicinata e la potenza di fuoco tedesca, erano ingenti; solo grazie al continuo afflusso di divisioni fresche attraverso il Volga con i traghetti notturni il generale riuscì ancora a sostenere la difesa e a contrattaccare localmente mentre la battaglia progressivamente si spostava verso la parte settentrionale della città nei quartieri operai adiacenti alle grandi fabbriche (''[[Titan-Barrikadij|Barrikady]]'', ''[[Volgogradskij Metallurgičeskij Kombinat "Krasnyj Oktjabr'"|Krasnij Oktjabr]]'', Lazur e la [[Fabbrica di trattori di Volgograd|Fabbrica di trattori]], una delle più grandi dell'Unione Sovietica che stava producendo carri armati).<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 182-185, 211-213}}.</ref>
Entro i primi di ottobre almeno altre sei divisioni avevano rinforzato le indebolite truppe di Čujkov (tra cui alcuni reparti siberiani dei generali [[Nikolaj Batjuk|Batjuk]], Gurtev, Gorisnij e Zoludev) permettendo di mantenere un perimetro difensivo oscillante, secondo i settori, tra i 2 km e le poche centinaia di metri a ovest del Volga nelle aree centrali e settentrionali di Stalingrado; la parte meridionale della città era ormai completamente perduta.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 391-393 e pp. 402-422}}; {{Cita|Werth 1966|pp. 447-450}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R74189, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|Soldati sovietici durante gli scontri nella città]]
I tedeschi sferrarono dentro la città tre grandi offensive (il 13 settembre, il 14 ottobre e l'11 novembre) cercando di ottenere risultati decisivi, ma in realtà gli scontri furono incessanti durante tutta la battaglia con combattimenti che si accendevano continuamente in tutti i settori, anche in aree già conquistate dalla 6ª Armata; non ci furono mai vere tregue e i tedeschi, secondo i piani di Čujkov, furono costantemente impegnati, sia di giorno sia di notte.<ref>{{Cita|Boffa 1979|pp. 95-96}}.</ref> I sovietici contrattaccavano soprattutto di notte, sfuggendo alla Luftwaffe, in piccole colonne d'assalto armate di [[Arma automatica|fucili automatici]] o [[Arma bianca|armi bianche]] per colpire i capisaldi avanzati tedeschi o i centri di comando nelle retrovie; improvvisi e violenti scontri ravvicinati esplodevano nelle palazzine diroccate, tra le macerie delle fabbriche o nei condotti di scolo delle acque verso il fiume.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 409-411 e pp. 415-416}}.</ref> In tutti i quartieri operavano i [[Tiratore scelto|cecchini]] delle due parti (molti tiratori scelti sovietici, uomini e donne, diventarono celebri, come [[Vasilij Grigor'evič Zajcev]]).<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 228-229}}.</ref>
Le "fortezze" sovietiche in mezzo alle rovine (spesso costituite solo da pochi uomini e poche mitragliatrici pesanti) si difendevano in tutte le direzioni fino all'ultimo uomo, come nel caso della famosa "[[casa di Pavlov]]" (un sergente sovietico che difese il caposaldo per settimane con poche decine di uomini). Non mancò un eccesso retorico della propaganda per magnificare queste imprese, ma nel complesso la 62ª Armata si batté con grande accanimento e abilità.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 441-442}}; {{Cita|Werth 1966|pp. 454-463}}.</ref>
[[File:Pavlov's House.jpg|thumb|left|La "casa di Pavlov"]]
Anche alcuni civili parteciparono agli scontri e vennero incorporati nei reparti; molto modesto invece fu il sostegno dell'aviazione sovietica, mentre importante fu il ruolo giocato dall'artiglieria pesante posizionata al riparo sulla riva orientale del Volga che, organizzata dal generale [[Nikolaj Nikolaevič Voronov]], ripetutamente colpì i concentramenti tedeschi e sferrò a volte degli efficaci bombardamenti di sorpresa con effetti distruttivi sui reparti nemici colti allo scoperto.<ref>{{Cita|Erickson 1975|p. 419}}.</ref>
I tedeschi, nonostante tutte le difficoltà, ottennero numerosi successi e sembrarono più volte sul punto di giungere alla vittoria; il generale Paulus condusse la battaglia con tenacia, anche se il generale [[Wolfram von Richthofen]], il comandante della ''Luftflotte 4'', rimproverò al generale e alle truppe una certa mancanza di energia combattiva e un'insufficiente risolutezza.<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. 4, p. 244}}.</ref> In realtà nel complesso i soldati della 6ª Armata si impegnarono con abilità e disciplina nei duri scontri casa per casa (un tipo di guerra che i tedeschi denominavano spregiativamente ''Rattenkrieg'' - "guerra dei topi"<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 166-187}}.</ref>). Nella prima metà di ottobre il generale conquistò definitivamente il cosiddetto saliente di Orlovka nella parte settentrionale della città infliggendo dure perdite ai reparti sovietici che vi erano rimasti accerchiati, respinse nuovi tentativi di contrattacco da nord da parte delle truppe del generale Žukov e riorganizzò il suo dispositivo offensivo per l'attacco decisivo nella zona delle grandi fabbriche. A questo scopo ottenne finalmente alcune divisioni di rinforzo (ritirate dai fianchi del suo schieramento che quindi furono sempre più affidati alle truppe "satelliti" rumene e italiane) e soprattutto numerosi battaglioni di pionieri d'assalto (provenienti per via aerea dalla Germania e da [[Creta (Grecia)|Creta]]) esperti negli scontri a distanza ravvicinata.<ref>{{Cita|Carell 2000b|p. 677}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-218-0526-22, Russland-Süd (Don-Stalingrad), Infanteristen.jpg|thumb|upright|Truppe d'assalto tedesche]]
Il grande attacco tedesco del 14 ottobre nella parte settentrionale di Stalingrado ebbe inizio con un nuovo pesante bombardamento aereo seguito dall'avanzata di tre divisioni fresche precedute dai pionieri d'assalto e rinforzate da molti carri armati; fu questo il momento più critico per i sovietici e per il generale Čujkov che subì anche un bombardamento del suo comando, rischiò di morire bruciato nell'incendio dei depositi di benzina e perse per alcune ore tutti i collegamenti con le sue truppe.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 435-438}}; {{Cita|Werth 1966|pp. 458-461, p. 548}}.</ref> Il generale Erëmenko, momentaneamente trasferitosi sulla riva occidentale del Volga per osservare personalmente l'andamento della battaglia, fu testimone diretto della gravità della situazione: la divisione siberiana del generale Zoludev, posta a difesa della fabbrica di trattori, aveva subìto in pieno l'attacco tedesco ed era stata praticamente distrutta (solo piccoli reparti erano ancora in combattimento all'interno della fabbrica); nello squarcio si riversavano le truppe tedesche che, pur continuando a subire gravi perdite specie di mezzi corazzati, spesso vittime di imboscate a distanza ravvicinata nei labirinti delle strade dei quartieri operai e tra le macerie delle fabbriche, stavano progredendo verso il fiume per frazionare nuovamente la 62ª Armata. In effetti nella giornata le truppe d'assalto tedesche raggiunsero per la seconda volta il Volga, divisero in due parti le truppe sovietiche e cominciarono a progredire verso sud lungo la riva in direzione delle altre fabbriche.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 436-437}}.</ref>
Nonostante questi importanti successi, i tedeschi giunsero nuovamente a un punto morto: l'avanzata verso sud a partire dalla fabbrica di trattori venne fermata dalle truppe del colonnello Gurtev e dalla nuova divisione del colonnello [[Ivan Ljudnikov]] (precipitosamente trasportata dall'oltre-Volga), l'artiglieria sovietica colpì sul fianco le colonne tedesche, alcuni contrattacchi ristabilirono la situazione, aspri scontri si prolungarono nelle fabbriche ''Barrikady'' e ''Krasnij Oktiabr'' (che si rivelarono praticamente imprendibili) esaurendo le forze d'assalto tedesche. I combattimenti si prolungarono quasi fino alla fine di ottobre ma anche questa volta la 62ª Armata, pur con gravi perdite e ridotta a due teste di ponte separate, aveva resistito.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 438-440}}; {{Cita|Werth 1966|pp. 461-462}}; {{Cita|Boffa 1979|p. 95}}.</ref> La situazione tuttavia si era fortemente aggravata (da cui i continui appelli di Čujkov per avere più rinforzi e rifornimenti): lo spazio di manovra era ormai quasi inesistente, le perdite erano molto elevate, i feriti si ammassavano abbandonati sulle rive del Volga in attesa di essere traghettati a oriente, i rimpiazzi e i rifornimenti erano resi sempre più precari a causa del fuoco delle armi tedesche che dominava il corso del fiume. Solo il morale degli uomini rimaneva buono, forse per la consapevolezza dell'importanza della lotta che stavano conducendo.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 189-210}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1971-107-40, Russland, Kampf um Stalingrad, Infanterie.jpg|thumb|left|23 settembre 1942: fanti tedeschi della [[389. Infanterie-Division]] in attesa dell'assalto alla fabbrica di trattori di Stalingrado]]
Anche al centro la situazione si era ulteriormente complicata poiché i tedeschi avevano riconquistato ancora una volta la Mamaev Kurgan e alcuni capisaldi famosi come la "casa a forma di L", la "casa dei ferrovieri" e la "casa degli specialisti", mettendo in difficoltà la 13ª Divisione di Rodimcev; ma queste solide truppe d'assalto, non scoraggiate, continuarono a battersi nel centro cittadino, spalle al Volga, contrattaccando e riconquistando una parte del terreno perduto.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 441-445}}.</ref>
Durante questi drammatici scontri di ottobre Stalin aveva sollecitato Žukov, Vasilevskij ed Erëmenko (in questo periodo ormai impegnati in pieno nell'organizzazione della grande controffensiva prevista dallo Stavka) a non abbandonare Čujkov, a costituire truppe di riserva a est del Volga e a sferrare contrattacchi di diversione sia a nord di Stalingrado (con le truppe del generale Rokossovskij), sia a sud della città (dalla zona dei laghi salati). Sempre dubbioso della capacità di resistenza delle sue truppe, Stalin temeva ancora che la caduta della città avrebbe causato, oltre alle enormi ripercussioni dal punto di vista politico, morale e propagandistico, anche la rovina dei suoi grandiosi progetti di controffensiva invernale.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 435-436}}.</ref>
Il nervosismo, in realtà, era il sentimento predominante anche tra i tedeschi: Paulus era segnato psichicamente e fisicamente dalla lunga lotta e in parte anche dalle critiche a lui rivolte; le truppe erano esasperate ed esaurite dalle perdite e dalla durezza degli interminabili scontri; anche nell'opinione pubblica tedesca, dopo l'euforia iniziale di settembre, al di là della facciata di ottimismo ostentata dalla propaganda, regnava ormai un sentimento di ansiosa attesa e di preoccupazione per l'esito della battaglia.<ref>Per tutte le fasi dei combattimenti dentro la città: {{Cita|Erickson 1975|pp. 402-445}}; {{Cita|Werth 1966|pp. 457-466}}; {{Cita|Boffa 1979|pp. 94-97}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 211-233}}.</ref>
=== Novembre, gli ultimi scontri dentro la città ===
[[File:Bundesarchiv Bild 116-168-618, Russland, Kampf um Stalingrad, Soldat mit MPi.jpg|thumb|left|Ufficiale tedesco armato con [[PPŠ-41]] russo durante gli scontri tra le rovine della città]]
{{citazione|Volevo raggiungere il Volga in un punto preciso, in una determinata città. Il caso vuole che porti il nome di Stalin. Ma non crediate che per questa ragione io abbia puntato i nostri sforzi contro di essa - si sarebbe potuta chiamare in tutt'altro modo - è perché Stalingrado costituisce un centro di primissima importanza...volevo prenderlo; e perché siamo modesti, vi dico che l'abbiamo preso|Discorso di [[Adolf Hitler]] dell'8 novembre 1942 a [[Monaco di Baviera|Monaco]]<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. IV, pp. 260-261}}.</ref>}}
L'8 novembre 1942 Adolf Hitler, durante la tradizionale cerimonia di commemorazione del "[[Putsch di Monaco|Putsch della birreria]]" a [[Monaco di Baviera|Monaco]], tornava a far sentire la sua voce sull'argomento Stalingrado. Nonostante le notizie sfavorevoli provenienti dal Nordafrica (la [[Seconda battaglia di El Alamein]] finita con la sconfitta di [[Erwin Rommel|Rommel]] e lo [[operazione Torch|sbarco angloamericano in Algeria e Marocco]]), egli proclamò nuovamente la certezza della vittoria e anzi dichiarò virtualmente vinta la battaglia di Stalingrado.<ref>{{Cita|Kershaw 2001|pp. 828-830}}; {{Cita|Irving 2001|pp. 630-631}}; {{Cita|Bauer 1971|vol. 4, pp. 260-261}}.</ref> Quel che rimaneva da fare era solo rastrellare le ultime sacche di resistenza, il risultato era ormai definitivamente segnato a favore della [[Germania nazista]]. A parte le clamorose dichiarazioni pubbliche, i sentimenti di Hitler in questo periodo erano molto meno trionfalistici: mostravano in realtà una grande preoccupazione per l'avvicinarsi dell'inverno e per il continuo indebolimento delle truppe tedesche sul fronte Orientale. Al generale Paulus e alle truppe gli incitamenti del Führer servirono a rinsaldare il morale, a mostrare le difficoltà ancor maggiori dei sovietici e a invitare a sfruttare l'imminente congelamento del Volga per fare un ultimo sforzo.<ref>Sul reale stato d'animo di Hitler in questo periodo {{Cita|Oxford 1991|pp. 1099-1110, 1114-1120}}.</ref>
Ai primi di novembre grosse lastre di ghiaccio cominciavano a formarsi nel grande fiume rendendo progressivamente più difficile la navigazione con un'ulteriore forte riduzione dei rifornimenti per la 62ª Armata, abbarbicata alla sua precaria testa di ponte; inoltre in questo periodo le quote di rimpiazzi e rifornimenti assegnati al generale Čujkov vennero ancora ridotte per decisione dello [[Stavka]] a favore della costituzione delle due masse offensive per l'operazione Urano. Per Čujkov, pur a conoscenza dei progetti dell'Alto Comando Sovietico, la situazione diventava sempre più difficile («Eravamo all'ultimo respiro», avrebbe detto anni dopo, ricordando quelle giornate<ref>{{Cita|Erickson 1975|p. 461}}.</ref>).
[[File:62. armata a Stalingrado.jpg|thumb|Soldati della [[62ª Armata|62ª Armata sovietica]] in movimento tra le rovine di Stalingrado]]
L'11 novembre Paulus, seguendo gli incitamenti del Führer e sperando di sfruttare le difficoltà di rifornimento dei sovietici, sferrava la sua ultima offensiva generale con l'impiego di tutte le sue truppe più fresche, allo scopo di distruggere le ultime teste di ponte e ributtare nel fiume i resti della 62ª Armata. In un primo momento l'attacco sembrò avere successo: i tedeschi si spinsero nel cuore delle residue difese sovietiche al centro, frantumarono la divisione di Ljudnikov, conquistarono una parte della fabbrica ''Krasnij Oktiabr'' e raggiunsero per la terza volta le rive del Volga, provocando un'ultima crisi nel comando sovietico. Ma, nei giorni seguenti, anche quest'ultima offensiva si esaurì di fronte a nuove gravi perdite, a violenti contrattacchi dei resti della divisione di Ljudnikov e alla capacità di resistenza degli ultimi capisaldi sovietici.<ref>{{Cita|Erickson 1975|p. 460}}.</ref> I tentativi di Paulus continuarono ancora per alcuni giorni; il 19 novembre 1942 la 62ª Armata di Čujkov era ormai confinata in tre teste di ponte separate. A nord della fabbrica di trattori quella al comando del colonnello Gorochov, al centro la piccola sacca di Ljudnikov e a sud il grosso delle truppe di Čujkov a est della Mamaev Kurgan con i resti delle divisioni di Rodmicev, Batjuk, Gurtev e Gorisnij; la profondità massima di terreno occupato dai sovietici era di un chilometro e mezzo e in alcuni punti si riduceva a poche centinaia di metri.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 460-461}}.</ref>
Ma proprio il 19 novembre Paulus, apparentemente vicino alla vittoria, ricevette la sorprendente comunicazione proveniente dal comando del gruppo di armate di interrompere tutte le azioni offensive a Stalingrado e di disimpegnare forze mobili da impiegare a ovest verso il Don. Era cominciata l'operazione Urano.
== Operazione Urano ==
{{Vedi anche|
=== Ordine di battaglia ===
Ordine di battaglia dell'Armata Rossa nel settore meridionale del fronte orientale il 19 novembre 1942 ([[operazione Urano]]):<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 475-477}}.</ref>
{{div col}}
* '''FRONTE SUD-OVEST (generale [[Nikolaj Fëdorovič Vatutin]])'''
* '''1ª Armata delle guardie (generale [[Dmitrij Danilovič Leljušenko]])'''
** 1ª Divisione di fucilieri
** 153ª Divisione di fucilieri
** 197ª Divisione di fucilieri
** 203ª Divisione di fucilieri
** 266ª Divisione di fucilieri
** 278ª Divisione di fucilieri
* 1º Corpo meccanizzato delle guardie (generale S. Russjanov)
** 1ª Brigata meccanizzata delle guardie
** 2ª Brigata meccanizzata delle guardie
** 3ª Brigata meccanizzata delle guardie
* '''5ª Armata corazzata (generale [[Pavel L. Romanenko]])'''
** 14ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 47ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 50ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 119ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 159ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 346ª Divisione di fucilieri delle guardie
* 1º Corpo corazzato (generale V.V. Butkov)
** 89ª Brigata corazzata
** 117ª Brigata corazzata
** 159ª Brigata corazzata
** 44ª Brigata motorizzata
* [[1º Corpo corazzato delle guardie|26º Corpo corazzato]] (generale [[Aleksej Grigor'evič Rodin|Aleksej G. Rodin]])
** 19ª Brigata corazzata
** 157ª Brigata corazzata
** 216ª Brigata corazzata
** 14ª Brigata motorizzata
* 8º Corpo di cavalleria (generale Borisiv)
* '''21ª Armata (generale I.M. Čistjakov)'''
** 63ª Divisione di fucilieri
** 76ª Divisione di fucilieri
** 96ª Divisione di fucilieri
** 277ª Divisione di fucilieri
** 293ª Divisione di fucilieri
** 333ª Divisione di fucilieri
* [[5º Corpo corazzato delle guardie|4º Corpo corazzato]] (generale [[Andrej Grigor'evič Kravčenko]])
** 45ª Brigata corazzata
** 47ª Brigata corazzata
** 102ª Brigata corazzata
** 4ª Brigata motorizzata
* 3º Corpo di cavalleria delle guardie (generale Issa A. Pliev)
** 5ª Divisione di cavalleria
** 32ª Divisione di cavalleria
** 6ª Divisione di cavalleria delle guardie
* '''FRONTE DEL DON (generale [[Konstantin Konstantinovič Rokossovskij]])'''
* '''66ª Armata (generale A.S. Žadov)'''
** 64ª Divisione di fucilieri
** 99ª Divisione di fucilieri
** 116ª Divisione di fucilieri
** 226ª Divisione di fucilieri
** 299ª Divisione di fucilieri
** 343ª Divisione di fucilieri
** 58ª Brigata corazzata
* '''24ª Armata (generale I.V. Galanin)'''
** 49ª Divisione di fucilieri
** 84ª Divisione di fucilieri
** 120ª Divisione di fucilieri
** 173ª Divisione di fucilieri
** 233ª Divisione di fucilieri
** 260ª Divisione di fucilieri
** 273ª Divisione di fucilieri
** 10ª Brigata corazzata
* [[12º Corpo corazzato delle guardie|16º Corpo corazzato]] (generale M. Pavelkin)
** 107ª Brigata corazzata
** 109ª Brigata corazzata
** 164ª Brigata corazzata
** 15ª Brigata motorizzata
* '''65ª Armata (generale P.I. Batov)'''
** 4ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 27ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 40ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 23ª Divisione di fucilieri
** 24ª Divisione di fucilieri
** 252ª Divisione di fucilieri
** 258ª Divisione di fucilieri
** 304ª Divisione di fucilieri
** 321ª Divisione di fucilieri
** 121ª Brigata corazzata
* '''FRONTE DI STALINGRADO (generale [[Andrej Ivanovič Erëmenko|Andrei I. Erëmenko]])'''
* '''64ª Armata (generale M.S. Sumilov)'''
** 36ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 29ª Divisione di fucilieri
** 38ª Divisione di fucilieri
** [[76ª Divisione d'assalto aereo delle guardie "Černigov"|157ª Divisione di fucilieri]]
** 204ª Divisione di fucilieri
** 154ª Brigata fanteria di marina
** 13ª Brigata corazzata
** 56ª Brigata corazzata
* '''57ª Armata (generale [[Fëdor Ivanovič Tolbuchin|Fëdor I. Tolbuchin]])'''
** 169ª Divisione di fucilieri
** [[57ª Brigata fucilieri motorizzata delle guardie "Krasnograd"|422ª Divisione di fucilieri]]
** 90ª Brigata corazzata
** 235ª Brigata corazzata
* [[4º Corpo meccanizzato delle guardie|13º Corpo meccanizzato]] (generale T.T. Tanaščšin)
** 17ª Brigata meccanizzata
** 61ª Brigata meccanizzata
** 62ª Brigata meccanizzata
** 13ª Brigata corazzata
* '''51ª Armata (generale N.I. Trufanov)'''
** 15ª Divisione di fucilieri delle guardie
** 91ª Divisione di fucilieri
** 126ª Divisione di fucilieri
** 302ª Divisione di fucilieri
** 254ª Brigata corazzata
* [[3º Corpo meccanizzato delle guardie|4º Corpo meccanizzato]] (generale [[Vasilij Timofeevič Vol'skij]])
** 36ª Brigata meccanizzata
** 59ª Brigata meccanizzata
** 60ª Brigata meccanizzata
* 4º Corpo di cavalleria (generale Šapkin)
Riserve del fronte di Stalingrado:
* 330ª Divisione di fucilieri
* 85ª Brigata corazzata
{{div col end}}
[[File:Map Battle of Stalingrad-it.svg|thumb|Mappa dello svolgimento dell'operazione Urano]]
=== La manovra a tenaglia dell'Armata Rossa ===
{{Citazione|Alle ore 16.00 del 23 novembre 1942, unità del [[5º Corpo corazzato delle guardie|4° Corpo corazzato]] si sono aperti la strada attraverso il Don e si sono collegati nella regione di Sovetskij con unità del [[3º Corpo meccanizzato delle guardie|4° Corpo meccanizzato]] del Fronte di Stalingrado|Comunicazione scritta del colonnello Plotnikov, assistente capo per la direzione politica del 4° Corpo corazzato, inviata al quartier generale del Fronte Sud-Ovest la sera del 23 novembre<ref>{{Cita|Glantz 2014|p. 348}}.</ref>}}
Mostrando notevoli capacità organizzative, Stalin e lo Stavka riuscirono a realizzare un piano (denominato in codice "operazione Urano", in russo ''Операция «Уран»'') molto semplice nella sua articolazione fondamentale ma di grande complessità per le dimensioni, gli obiettivi previsti e le forze da impiegare per ottenere un risultato decisivo non solo per l'esito della battaglia di Stalingrado, ma anche per i destini del fronte orientale e dell'intera seconda guerra mondiale.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 168-172}}.</ref>
Si trattava di predisporre un'operazione risolutiva di grande ampiezza per accerchiare con una manovra a tenaglia il raggruppamento dell'Asse tra il Don e il Volga: un piano apparentemente prevedibile, ma reso efficace dall'assoluta segretezza in cui fu preparato e attuato.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 171-172}}.</ref> In aiuto dei sovietici vennero anche le decisioni della dirigenza politica e militare tedesca che, contrariamente a considerazioni prudenziali che avrebbero consigliato una ritirata invernale dalle posizioni raggiunte nella regione di Stalingrado (vista l'impossibilità di conquistare definitivamente la città e di stabilirsi saldamente sul Volga), decise invece di mantenere le posizioni conquistate.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 168-169}}.</ref>
Hitler, l'[[Oberkommando der Wehrmacht|OKW]] (Alto comando della Wehrmacht) e anche l'[[Oberkommando des Heeres|OKH]] (Alto comando dell'Esercito) in primo luogo erano convinti che le risorse dell'Armata Rossa, ancora efficaci in fase difensiva, non fossero assolutamente in grado di organizzare e condurre una controffensiva di ampiezza strategica; questa valutazione era condivisa anche da [[Reinhard Gehlen]], l'esperto capo del Servizio segreto dell'Esercito sul fronte orientale<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1099-1110, 1118-1123}}.</ref>. Hitler, inoltre, riteneva necessario non abbandonare le zone conquistate intorno e nella città al fine di rafforzare il proprio prestigio personale dopo le reiterate dichiarazioni di sicura vittoria, mantenere la coesione dei suoi alleati e controbilanciare a livello internazionale gli effetti della controffensiva anglosassone in [[Nordafrica]].<ref>{{Cita|Kershaw 2001|pp. 827-832}}; {{Cita|Irving 2001|pp. 628-633}}.</ref>
La tenace resistenza della 62ª Armata sovietica ebbe quindi due importanti conseguenze: innanzitutto impedì alla Wehrmacht di attestarsi saldamente sul Volga allo scopo di interrompere i collegamenti sovietici con i campi petroliferi caucasici; in secondo luogo, diede allo Stavka il tempo necessario a raccogliere e organizzare metodicamente forze adeguate alla gigantesca manovra programmata. La pianificazione sovietica si sviluppò a partire dalla riunione al Cremlino del 13 settembre 1942 tra Stalin e i generali Vasilevskij e Žukov.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 389-390}}.</ref> Il progetto prese corpo con la costante supervisione personale di Stalin (desideroso di prendersi finalmente la rivincita su Hitler ma preoccupato fino all'ultimo della fattibilità per l'Armata Rossa di un simile grandioso piano), coordinato dai due generali e con gli importanti contributi del generale Nikolaj Vatutin e del generale Andrej Erëmenko che, molto fiduciosi, spinsero per un ulteriore ampliamento del progetto e per un grande potenziamento dei reparti corazzati da impiegare.<ref>Sulle origini e la paternità del piano sovietico la polemica tra i vari generali sovietici è infuriata per anni; analisi dettagliata in {{Cita|Erickson 1975|pp. 390, 423-429}}.</ref>
Durante la fase preparatoria durata quasi due mesi i corpi corazzati e meccanizzati, affluiti dalle retrovie o ricostituiti dopo le catastrofiche perdite estive, vennero equipaggiati con i moderni carri armati [[T-34]] e riorganizzati per condurre avanzate veloci in profondità. Secondo la nuova direttiva di Stalin dell'ottobre del 1942,<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 429-432 e pp. 450-451}}; {{Cita|Scotoni 2007|pp. 384-390 (con testo della direttiva di Stalin)}}.</ref> il compito dei nuovi corpi meccanizzati doveva d'ora in poi consistere nello sfruttamento in profondità, alla massima velocità e alla massima distanza, degli sfondamenti ottenuti con la fanteria e il massiccio intervento dell'artiglieria concentrata, disgregando le riserve del nemico, seminando il panico e la confusione nelle retrovie e nei comandi avversari. Queste tattiche causarono forti perdite e grandi difficoltà logistiche, ma nel complesso risultarono efficaci sorprendendo almeno inizialmente i comandi e le truppe tedesche. Nella fase iniziale sarebbero stati impegnati sette corpi corazzati o meccanizzati (circa {{formatnum:1500}} carri armati<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1099-1110, 1100-1105}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 246-255}}; {{Cita|Erickson 1975|pp. 445-446}}.</ref>).
[[File:T34 tanks.jpg|thumb|left|Gli equipaggi dei carri armati sovietici T-34 si preparano per l'operazione Urano]]
I concentramenti per gli attacchi principali si svolsero lentamente, a causa soprattutto delle carenze logistiche, nel massimo segreto e utilizzando vari stratagemmi di mascheramento per evitare la loro individuazione da parte dei tedeschi e quindi il rischio di attacchi aerei; in particolare i corpi corazzati furono portati avanti solo all'ultimo momento per sfruttare al massimo l'effetto sorpresa.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 454-455}}.</ref> I raggruppamenti avvennero a 200 chilometri a nord-ovest di Stalingrado sul Fronte di sud-ovest del generale Nikolaj Vatutin e sul Fronte del Don del generale Konstantin Rokossovskij, e a 100 km a sud della città sul cosiddetto Fronte di Stalingrado del generale Andrej Erëmenko nella regione dei laghi salati.
Erano questi i tratti del fronte difesi prevalentemente dalle deboli forze rumene, scarsamente dotate di armi anticarro, con un morale non del tutto saldo e con riserve mobili insufficienti o ancora in fase di avvicinamento (XXXXVIII<ref>Nella Wehrmacht erano usate proprio quattro "X" per indicare gli opportuni numeri dei corpi corazzati, pertanto la scrittura non è un errore.</ref> Panzerkorps tedesco, con circa 200 carri armati<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1106-1108}}; la 14. Panzer-Division contava su 36 panzer, la 22. Panzer-Division su 38 carri armati e la 1ª Divisione corazzata rumena aveva circa 100 modesti carri principalmente di produzione ceca [[LT vz. 35|M35]] e [[Panzer 38(t)|M38]].</ref>).
Gli ultimi giorni prima dell'inizio dell'offensiva furono drammatici: a Stalingrado il generale Paulus aveva ripreso i suoi attacchi, i concentramenti offensivi erano ancora in corso, il generale Čujkov era in grave difficoltà, Stalin ansioso e preoccupato, alcuni generali sul campo ancora dubbiosi sulla riuscita del piano. I generali Žukov e Vasilevskij, più ottimisti, rassicurarono il dittatore sulla completezza dei preparativi, sulla prontezza e il morale delle truppe, sulle buone possibilità di successo. Il coordinamento operativo dei tre raggruppamenti d'attacco dei generali Vatutin, Rokossovskij ed Erëmenko fu affidato al generale Vasilevskij, l'abile stratega che era diventato il principale collaboratore militare di Stalin;<ref>{{Cita|Boffa 1979|pp. 97-99}} e {{Cita|Erickson 1975|pp. 461-462}}. In {{Cita|Beevor 2000|p. 265}} il coordinamento di "Urano" viene attribuito a Žukov.</ref> Il generale Žukov, dopo aver giocato un ruolo fondamentale durante la preparazione dell'offensiva, si sarebbe invece portato sul fronte di [[Ržev]] per sferrare il 25 novembre l'[[operazione Marte]], che sarebbe poi fallita in dicembre.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|p. 170}}.</ref>
Il 19 novembre [[1942]], la parola in codice "sirena" dava finalmente il via all'operazione Urano.<ref>{{Cita|Beevor 2000|p. 267}}.</ref>
La caratteristica fondamentale dell'attacco fu la grande velocità della progressione delle colonne corazzate sovietiche soprattutto sul fronte Sud-Ovest del generale Vatutin. Dopo una coraggiosa resistenza le truppe rumene in prima linea vennero distrutte o accerchiate;<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 464-465}}; {{Cita|Carell 2000b|p. 693}}; {{Cita|Craig 2000|pp. 179-180}}.</ref> in mezzo alla nebbia e al nevischio i corpi corazzati sovietici progredirono in profondità<ref>Sulla progressione delle colonne corazzate sovietiche: {{Cita|Erickson 1975|pp. 465-466}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 274-275}}.</ref> nonostante la scarsa visibilità e il terreno irregolare, travolgendo le retrovie tedesco-rumene, spargendo il panico nei comandi e negli improvvisati reparti di blocco affrettatamente costituiti dai tedeschi, e respinsero o aggirarono le poche truppe mobili di riserva tedesche disponibili. In particolare il XXXXVIII Panzerkorps tedesco del generale [[Ferdinand Heim]], su cui Hitler aveva puntato tutte le sue speranze di contenere l'offensiva sovietica, si disgregò nell'oscurità per carenza di collegamenti e comunicazioni e incappò alla cieca nelle colonne corazzate sovietiche in rapida progressione, finendo per ripiegare senza aver ottenuto alcun risultato.<ref>{{Cita|Erickson 1975|p. 466}}; {{Cita|Ziemke 1984|pp. 53-54}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 280-282}}; {{Cita|Irving 2001|pp. 637-638}}.</ref>
[[File:Kalac Novembre 1942.jpg|thumb|Truppe e mezzi corazzati sovietici avanzano verso Kalač]]
I carri armati sovietici (circa 500 macchine<ref>{{Cita|Samsonov 1964|pp. 307-308, 338-339}}.</ref>), senza lasciarsi agganciare e rallentare dai pochi panzer tedeschi disponibili<ref>La 22. Panzer-Division entrò in azione con 38 carri (una parte dei suoi mezzi sarebbe stata danneggiata da topi, che avrebbero guastato i circuiti elettrici interni, {{Cita|Carell 2000b|p. 689}}); {{Cita|Oxford 1991|p. 1108}}.</ref> affrontarono le riserve mobili nemiche con solo una parte delle forze, mentre altre colonne le superarono, le aggirarono e intercettarono le linee di comunicazione con le retrovie.<ref>{{Cita|Ziemke 1984|pp. 52-57}}.</ref> La [[Divizia 1 Blindată|formazione corazzata rumena]], rimasta completamente isolata, finì in mezzo alle forze corazzate sovietiche in rapida avanzata e venne praticamente distrutta dopo alcuni giorni di confusi scontri,<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 465-466}}.</ref> mentre le riserve meccanizzate tedesche ([[22. Panzer-Division|22.]] e [[14. Panzer-Division]] del XXXXVIII Panzerkorps) vennero costrette, dopo essersi battute coraggiosamente e aver subito gravi perdite, a ritirarsi precipitosamente per evitare di essere annientate.
Anche il precipitoso intervento su ordine del generale Paulus delle divisioni corazzate del XIV Panzerkorps del generale Hube a ovest del Don si dimostrò completamente inefficace; la 24. Panzer-Division e la 16. Panzer-Division, ridotte a poche decine di carri, costituirono precari ''kampfgruppen'' che vennero attaccati il 21 e 22 novembre dal [[5º Corpo corazzato delle guardie|4º Corpo corazzato]], dal [[1º Corpo corazzato delle guardie|26º Corpo corazzato]] e dal [[3º Corpo di cavalleria delle guardie]] e subirono una serie di sconfitte perdendo tutte le posizioni senza riuscire ad arrestare l'avanzata delle forze corazzate sovietiche del Fronte Sud-Ovest.<ref>{{Cita|Glantz 2014|pp. 280-283, 312-314}}.</ref>
[[File:Maximillian von Weichs.jpg|left|thumb|upright=0.65|Il generale [[Maximilian von Weichs]], comandante del [[Gruppo d'armate B]].]]
Già la sera del 21 novembre i corpi corazzati sovietici erano molto vicini ai ponti sul Don e minacciavano il Comando tattico della 6ª Armata del generale Paulus.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 468-469}}.</ref> Il 22 novembre le truppe del 26º Corpo corazzato sovietico conquistavano di sorpresa il fondamentale ponte di [[Kalač-na-Donu|Kalač]]<ref>{{Cita|Erickson 1975|p. 469}}; {{Cita|Carell 2000b|pp. 700-701}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 284-285}}. Un resoconto romanzato ma realistico della battaglia dal punto di vista del soldato tedesco in {{Cita|Gerlach 1999|pp. 26-85}}.</ref> (nell'oscurità vennero scambiati dai posti di guardia al ponte per mezzi corazzati tedeschi in addestramento), attraversavano il Don, respingevano i tentativi tedeschi di contrattacco e progredivano a sud del fiume per ricongiungersi con le colonne sovietiche del Fronte di Stalingrado del generale Erëmenko che, a partire dal 20 novembre, aveva sferrato la sua offensiva con un distruttivo bombardamento di artiglieria. In questo settore la resistenza rumena fu più debole e il fronte rapidamente sfondato; il [[3º Corpo meccanizzato delle guardie|4º Corpo meccanizzato]] sovietico (il più potente dell'intero schieramento sovietico) venne gettato nel varco e superò definitivamente le difese nemiche puntando verso ovest in direzione del Don. Anche in questo settore il contrattacco tedesco, sferrato dalla [[29. Infanterie-Division (mot.)|29ª Divisione motorizzata]], non riuscì, dopo qualche successo iniziale, a fermare l'avanzata del 4º Corpo e quindi non ottenne alcun risultato decisivo.<ref>{{Cita|Carell 2000b|pp. 696-698}}; {{Cita|Erickson 1975|pp. 466-467}}; {{Cita|Samsonov 1964|pp. 329-333}}.</ref>
Giorno cruciale fu il 23 novembre: nel primo pomeriggio, guidati da razzi di segnalazione di colore verde, le colonne corazzate sovietiche provenienti da nord (fronte di Vatutin, 26º Corpo corazzato e 4º Corpo corazzato) e da sud (fronte di Erëmenko, 4º e [[4º Corpo meccanizzato delle guardie|13º Corpo meccanizzato]]) si congiungevano nella località di Sovetskij a sud del Don alcuni chilometri a sud-est di Kalač.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 469-470}}.</ref> Le scene di gioia e gli scambi di [[vodka]] e salsicce tra i carristi sovietici salutarono la riuscita della manovra.<ref>{{Cita|Beevor 2000|p. 285}}; {{Cita|Grossman 2008|pp. 622-624}}.</ref> A questo punto la 6ª Armata e gran parte della 4ª Armata corazzata tedesche si trovarono accerchiate tra il Don e il Volga; contemporaneamente le truppe rumene erano state in parte distrutte nella [[battaglia di Raspopinskaja|sacca di Raspopinskaja]]; mentre i reparti superstiti erano completamente disgregati e quasi inutilizzabili. Le riserve mobili tedesche non erano disponibili o già esaurite; alcuni comandi di retrovia mostrarono segni di panico.<ref>{{Cita|Ziemke 1984|p. 55}}.</ref> Il generale Paulus era rimasto dentro la sacca secondo gli ordini del Führer; mentre nei posti di comando di [[Starobil's'k|Starobelsk]] e Rastenburg i generali Weichs e Zeitzler, e lo stesso Hitler, apparvero confusi e sorpresi dall'evoluzione rapidamente disastrosa degli avvenimenti.
In quattro giorni Stalin e l'Armata Rossa avevano ottenuto l'attesa svolta decisiva della guerra da un punto di vista strategico-operativo ma anche dal punto di vista morale e politico-propagandistico. La guerra cambiava completamente volto.<ref>{{Cita|Erickson 1975|pp. 464-472}}.</ref>
=== La sacca della 6ª Armata ===
[[File:Stalingrad Encirclement it.png|thumb|La sacca di Stalingrado con la dislocazione delle divisioni accerchiate della [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata]]]]
I ruoli furono improvvisamente e completamente ribaltati. Gli assedianti si erano ora trasformati in assediati e i difensori in attaccanti.
Si calcola che tra i {{formatnum:250000}} e i {{formatnum:280000}} soldati dell'Asse<ref>{{Cita|Goerlitz & Paulus 1964|pp. 218-252}}; {{Cita|Erickson 1983|p. 2}}; un elenco dettagliato delle forze accerchiate in {{Cita|Beevor 2000|pp. 473-478}}.</ref> furono accerchiati in quella che sarebbe passata alla storia come la "Sacca di Stalingrado"; per i soldati tedeschi era il ''Kessel'', "il calderone", mentre Hitler denominò subito il territorio in cui era assediata l'armata del generale Paulus ''Festung Stalingrad'' ("Fortezza Stalingrado") per sottolineare il carattere di risoluta e incrollabile difesa che avrebbero dovuto assumere, nelle sue aspettative, le truppe accerchiate. Nella sacca erano bloccate 20 divisioni tedesche, di cui tre corazzate e tre motorizzate, 2 divisioni rumene, un reggimento croato e numerosi reparti logistici o di retrovia oltre a reparti specializzati di artiglieria e del genio. Vi furono anche 79 italiani, per lo più [[Autiere|autieri]], inviati in città per trasportare materiali nel momento più aspro della battaglia.<ref>{{Cita|Caruso 2006}}.</ref>
==== Ordine di battaglia ====
Ordine di battaglia della 6ª Armata tedesca accerchiata nella sacca di Stalingrado (25 novembre 1942):<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 473-474}}.</ref>
{{div col}}
* '''6ª ARMATA'''
comandante in capo: colonnello generale (poi feldmaresciallo) [[Friedrich Paulus]]
capo di stato maggiore: [[maggior generale]] [[Arthur Schmidt (generale)|Arthur Schmidt]]
Ia (Operazioni) colonnello Elchlepp
Ib (approvvigionamenti) colonnello von Kunowski
Ic (Informazioni) ten. colonnello Niemeyer
IIa (Aiutante maggiore) colonnello Wilhelm Adam.
* '''XIV Panzerkorps (generale delle Panzertruppen [[Hans-Valentin Hube]])'''
** 16. Panzer-Division (generale Angern)
** 60. Infanterie-Division (Mot) (generale Kohlermann)
** 3. Infanterie-Division (Mot) (generale Schlömer)
* ''' XI Armee-Korps (tenente generale Strecker)'''
** [[44. Infanterie-Division]] (generale Deboi)
** 376. Infanterie-Division (generale Edler von Daniels)
** 384. Infanterie-Division (generale von Gablenz)
* ''' VIII Armee-Korps (generale d'artiglieria Heitz)'''
** 76. Infanterie-Division (generale Rodenburg)
** 113. Infanterie-Division (generale Sixt von Arnim)
* ''' IV Armee-Korps (generale del genio Jaenecke)'''
** 29. Infanterie-Division (Mot) (generale Leyser)
** 297. Infanterie-Division (generale Pfeffer)
** 371. Infanterie-Division (generale Stempel)
* ''' [[LI. Armeekorps|LI Armee-Korps]] (generale d'artiglieria [[Walther von Seydlitz-Kurzbach]])'''
** 71. Infanterie-Division (generale von Hartmann)
** 79. Infanterie-Division (generale von Schwerin)
** 94. Infanterie-Division (generale Pfeiffer)
** 100. Jäger-Division (generale Sanne)
** 295. Infanterie-Division (generale Korfes)
** 305. Infanterie-Division (generale Steinmetz)
** 389. Infanterie-Division (generale Magnus)
** 24. Panzer-Division (generale von Lenski)
* ''' Riserva d'Armata'''
** 14. Panzer-Division (generale Lattmann)
** 9. FlaK-Division (contraerea) (generale Pickert)
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== Operazione Tempesta Invernale ==
{{Vedi anche|
[[File:Operation Winter Storm it.png|thumb
=== Decisioni operative dei comandi tedeschi e sovietici ===
Dopo la chiusura della sacca (23 novembre 1942) Hitler si ritrovò a dover scegliere tra le due sole decisioni possibili: 1) ordinare un ripiegamento immediato delle sue truppe anche a costo della perdita di una parte dei materiali e delle truppe (feriti o debilitati); 2) ordinare la resistenza sul posto, organizzando una difesa in tutte le direzioni in attesa di un soccorso dall'esterno da parte di truppe tedesche fresche opportunamente richiamate da altri fronti. A livello di comando sia i generali sul posto (in primo luogo il generale Paulus e i suoi subordinati, [[Arthur Schmidt (generale)|generale Arthur Schmidt]], [[capo di stato maggiore]] dell'armata, e i cinque comandanti di corpo d'armata) sia il generale von Weichs (Gruppo d'Armate "B"), sia il generale Zeitzler (capo dell'OKH) fecero ripetute pressioni su Hitler a favore di un'immediata ritirata, mettendo in dubbio la possibilità di resistenza delle truppe accerchiate in inverno e sottolineando la difficoltà di organizzare una pronta ed efficace controffensiva di salvataggio.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1129-1134}}; {{Cita|Irving 2001|pp. 638-640}}.</ref> Tuttavia i tentativi di convincere il Führer della pericolosità della situazione fallirono di fronte alla sua ostinata risolutezza nel tenere la "Fortezza Stalingrado".<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. IV, pp. 277-279}}.</ref>
Le motivazioni, sanzionate definitivamente con il suo "Ordine tassativo" (''Führerbefehl'') diramato alla 6ª Armata il 24 novembre.<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. IV, p. 279}}.</ref> non derivarono solo dalla sua ostinazione o dalle già ricordate ragioni di prestigio personale di fronte all'opinione pubblica mondiale, ma anche da alcune valutazioni strategiche: 1) una ritirata in massa e repentina della gran quantità di truppe e materiali era molto difficoltosa e poteva degenerare nel caos con conseguente perdita di truppe e materiali insostituibili per contenere l'offensiva sovietica; 2) la perdita del fronte sul Volga avrebbe compromesso i risultati già raggiunti dall'offensiva tedesca d'estate (in particolare sarebbe stata a rischio la copertura del fronte caucasico da cui Hitler sperava ancora di strappare le preziose risorse petrolifere di cui aveva bisogno); 3) precedenti battaglie invernali nel 1941-42, in cui grossi reparti tedeschi avevano resistito con successo benché accerchiati (battaglie della [[sacca di Demjansk]] e della sacca di [[Cholm (Russia)|Cholm]]), davano fiducia sulla possibilità di una difesa efficace e prolungata fino all'arrivo di una colonna di soccorso; 4) ottimistiche speranze erano riposte in un rifornimento regolare per via aerea delle truppe accerchiate nella sacca (dove erano disponibili almeno due importanti aeroporti: [[Aeroporto di Pitomnik|Pitomnik]] e [[Aeroporto di Volgograd|Gumrak]]).<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1131-1132}}.</ref> In questo caso un ruolo decisivo ebbe la superficialità e l'arroganza di [[Hermann Göring]] (sostenuto almeno in parte anche dal generale [[Hans Jeschonnek]], capo di stato maggiore della Luftwaffe) che diede piene assicurazioni sulla fattibilità del ponte aereo nonostante le carenze organizzative e le prevedibili intemperie invernali.<ref>{{Cita|Oxford 1991|p. 1131}}.</ref><ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. IV, p. 278}}.</ref> Grande scetticismo manifestò invece von Richthofen, comandante sul posto dei reparti aerei tedeschi; 5) La costituzione di un forte raggruppamento strategico offensivo con numerose divisioni corazzate (inizialmente era previsto l'impiego di quattro nuove Panzer-Division richiamate dalla [[Francia]] o da altri settori del fronte Est) avrebbe potuto permettere una potente controffensiva e una rottura dell'accerchiamento.<ref>{{Cita|Oxford 1991|p. 1137}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-021-2081-31A, General Friedrich Paulus.jpg|thumb|left|Il generale Paulus durante i drammatici giorni invernali dentro il ''Kessel'']]
La nomina del prestigioso e capace feldmaresciallo [[Erich von Manstein]] alla testa del nuovo [[Heeresgruppe Don|Gruppo d'Armate del Don]] con l'incarico di ristabilire la situazione e sbloccare l'armata accerchiata dava una concreta possibilità di strappare un nuovo successo anche dalla situazione difficile verificatasi. Von Manstein, in effetti, almeno inizialmente fece mostra di grande fiducia e supportò la decisione di Hitler di mantenere la 6ª Armata nella sacca di Stalingrado almeno fino a primavera ma, dopo pochi giorni, di fronte alla quantità e alla potenza delle forze sovietiche e alle difficoltà logistiche e operative evidenziatesi (e anche al ritardo e all'incompletezza dei rinforzi inizialmente promessi) il feldmaresciallo perse molta della sua sicurezza e del suo ottimismo.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1134-1140}}.</ref>
Questi elementi permettono di spiegare almeno in parte i motivi per cui il generale Paulus obbedì disciplinatamente all'ordine di Hitler, contro il parere di alcuni subordinati che lo sollecitavano a sganciarsi, e la 6ª Armata rimase ferma nella sacca, abbandonando i piani di ritirata, organizzando una difesa in tutte le direzioni, cercando di razionalizzare al massimo le scarse risorse logistiche e di vettovagliamento disponibili, mal reintegrate dal ponte aereo della Luftwaffe (che fin dall'inizio ottenne risultati molto deludenti<ref>Il fabbisogno quotidiano della 6ª Armata era di 800 [[Tonnellata|tonnellate]] di materiale; di fatto la Luftwaffe paracadutò solamente una media di 118 tonnellate di materiale al giorno, con un massimo di 362 tonnellate. Vedere {{Cita|Bishop 2008|p. 94}}.</ref>) e attendendo il promesso soccorso dall'esterno.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1130-1140}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 183-H01758, Erich v. Manstein.jpg|thumb|upright|left|Il [[feldmaresciallo]] [[Erich von Manstein]], a cui Hitler affidò il compito di salvare la 6ª Armata]]
Peraltro anche dal punto di vista dell'alto comando sovietico la situazione non era priva di problemi e di questioni operative da risolvere. Dopo l'euforia iniziale del 23 novembre, Stalin si trovava di fronte alla necessità di riorganizzare il piano operativo complessivo dell'offensiva invernale.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 194-195 e 209-214}}.</ref> Questa prevedeva, secondo il progetto originario delle successive offensive "planetarie" (denominate con nomi in codice astronomici: "Urano", "Saturno", "Marte", "Giove", "Stella"), l'immediata distruzione delle truppe tedesche accerchiate (erroneamente calcolate dal servizio informazioni sovietico in soli {{formatnum:80000}} uomini invece di oltre {{formatnum:250000}}) al fine anche di liberare e rendere disponibili le truppe sovietiche impegnate sul fronte della sacca per rafforzare altri settori del fronte, e il proseguimento, nel tempo più breve possibile, dell'offensiva con l'esecuzione del progetto [[Operazione Saturno|"Saturno"]]: un grande attacco diretto principalmente contro la debole [[8ª Armata (Regio Esercito)|8ª Armata italiana]] (ARMIR), puntando direttamente su Rostov per isolare e distruggere l'intero raggruppamento tedesco avventuratosi nel Caucaso.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 220-221}}.</ref>
Gli eventi che costrinsero Stalin e lo Stavka a una profonda revisione dei piani inizialmente progettati e che resero la battaglia ancor più accanita, prolungata e combattuta furono: 1) la prevista immediata distruzione delle truppe tedesche accerchiate nella sacca di Stalingrado si dimostrò impossibile e quindi grandi forze russe (sette armate al comando del generale Rokossovskij) rimasero impegnate nel blocco della sacca.<ref>{{Cita|Boffa 1979|pp. 99-100}}.</ref> Le truppe tedesche, almeno fino al [[Natale]] 1942, mantennero un morale sorprendentemente alto, fiduciose nelle promesse di Hitler, e combatterono in difensiva con il massimo accanimento a dispetto del crescente peggioramento della situazione dei rifornimenti e dell'inclemente inverno russo;<ref>{{Cita|Boffa 1979|p. 100}}.</ref> 2) i tedeschi riuscirono fortunosamente a ricostituire, con affrettati reparti di blocco, un precario fronte difensivo impedendo un'immediata ripresa dell'avanzata sovietica, grazie soprattutto alle improvvisazioni organizzative del generale [[Walther Wenck]] e anche all'afflusso dei primi rinforzi;<ref>{{Cita|Carell 2000b|pp. 714-719}}.</ref> 3) si manifestarono i primi segni del raggruppamento di nuove forze tedesche per sbloccare la "Fortezza Stalingrado", con conseguente necessità per l'alto comando sovietico di impedire a tutti i costi il ricongiungimento con le truppe accerchiate.
Di fronte a questi complessi problemi strategico-operativi le discussioni al livello della Stavka e dei comandi campali furono particolarmente aspre; il generale Vatutin era favorevole a proseguire ugualmente con l'ambizioso piano "Saturno" originale a differenza dei generali Vasilevskij ed Erëmenko che invece riteneva essenziale rafforzare l'anello d'accerchiamento e bloccare l'eventuale controffensiva del feldmaresciallo von Manstein. Le decisioni finali di Stalin, come sempre irritabile e oscillante tra euforia e preoccupazione, furono militarmente corrette: 1) interrompere gli inutili e costosi attacchi contro la "sacca di Stalingrado", al momento ancora molto solida, e limitarsi a rafforzare al massimo il perimetro di accerchiamento per impedire sortite da parte della 6ª Armata; 2) dirottare grandi forze di riserva (principalmente la potente 2ª Armata delle guardie del generale [[Rodion Jakovlevič Malinovskij]]) sul fronte di Erëmenko per bloccare la controffensiva tedesca di salvataggio; 3) ridurre la portata strategica di "Saturno", trasformandola in [[operazione Piccolo Saturno]] (in russo ''операция «Малый Сатурн»'') diretta principalmente a distruggere l'8ª Armata italiana e a mettere in pericolo (con una progressione delle colonne corazzate sovietiche verso sud-est invece che direttamente verso sud) le retrovie e le spalle del nuovo raggruppamento del feldmaresciallo von Manstein.<ref>Un'analisi dettagliata del processo decisionale e delle opzioni operative sovietiche in {{Cita|Erickson 1983|pp. 5-15}}.</ref>
=== Dicembre, il tentativo di salvataggio tedesco ===
Dopo una fase preparatoria difficoltosa e piuttosto lenta a causa dei notevoli problemi logistici per effettuare gli spostamenti di truppe previsti per rafforzare la nuova massa offensiva destinata, secondo le aspettative di Hitler e dell'alto comando, a sbloccare la 6ª Armata accerchiata nel ''Kessel'', l'offensiva del feldmaresciallo von Manstein (nome in codice "[[operazione Tempesta Invernale]]", in tedesco ''Wintergewitter'') ebbe inizio solo il 12 dicembre a partire dalla regione di [[Kotel'nikovo]]. Le forze radunate erano in realtà fortemente ridotte rispetto agli ottimistici piani iniziali; il nucleo principale era costituito da tre Panzer-Division piuttosto incomplete: [[6. Panzer-Division|6.]] proveniente dalla Francia, [[23. Panzer-Division|23.]] ritornata dal Caucaso e [[17. Panzer-Division|17.]] dirottata dal Gruppo d'Armate "Centro". Non fu possibile raggruppare altre formazioni d'attacco principalmente a causa delle continue necessità di rinforzi provenienti da altri settori del fronte orientale per la crescente pressione delle forze sovietiche lungo tutto il fronte; inoltre Hitler decise in un primo momento di non evacuare i territori conquistati nel [[Caucaso]] da cui avrebbero potuto essere teoricamente recuperate forze notevoli da impiegare nella regione di Stalingrado.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1140-1145}}; {{Cita|Jacobsen & Rohwer 1974|pp. 377-380}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-265-0048A-03, Russland, Generale v. Bock, Hoth, W. v. Richthofen.jpg|thumb|left|Hermann Hoth (al centro nella foto, a colloquio con il [[feldmaresciallo]] [[Fedor von Bock]] nella estate 1941) guidò i suoi carri armati nella disperata missione di salvataggio]]
Nonostante queste carenze, l'offensiva, diretta sul campo dall'esperto generale [[Hermann Hoth]], inizialmente ottenne risultati incoraggianti e colse piuttosto di sorpresa i sovietici, ancora impegnati nei complessi riposizionamenti di truppe previsti da Stalin. Entro quattro giorni le colonne corazzate tedesche si spinsero, in mezzo alla neve, fino a portata tattica dalla sacca di Stalingrado, nonostante aspri contrattacchi sferrati dai sovietici con unità meccanizzate.<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 11-15}}; {{Cita|Craig 2000|pp. 231-241}}.</ref> Gli elementi di punta della 6. Panzer-Division giunsero il 19 dicembre a 48 km dal perimetro della sacca. L'avanzata tedesca aveva però ormai esaurito la sua energia propulsiva e di fronte alla crescente resistenza dei sovietici, divenne impossibile fare ulteriori progressi in direzione degli accerchiati. A questo punto, l'ultima speranza di salvezza per Paulus sembrò risiedere in una sortita autonoma dalla sacca da parte della stessa 6ª Armata, dopo aver abbandonato parte degli equipaggiamenti e dei mezzi, in direzione delle colonne del generale Hoth. Venne predisposto un piano di emergenza, la cosiddetta "operazione Colpo di tuono", in tedesco ''Donnerschlag''.<ref>{{Cita|Carell 2000b|pp. 723-725}}.</ref>
In questa fase il processo decisionale tedesco fu particolarmente ingarbugliato. Hitler rifiutò fermamente di autorizzare la sortita; egli ritenne tecnicamente impossibile la ritirata di un'intera armata, indebolita e quasi immobile a causa della carenza di carburante, attraverso la steppa in pieno inverno. Paulus e von Manstein apparvero incerti sul da farsi, pronti a scaricarsi reciprocamente le responsabilità della conduzione di un'operazione di ripiegamento così rischiosa da parte dell'armata ormai già fortemente logorata da un mese di accerchiamento.<ref>{{Cita|Carell 2000b|pp. 723-728}};{{Cita|Oxford 1991|pp. 1147-1155}}.</ref> Alla fine, di fronte a queste indecisioni e contraddizioni, la 6ª Armata finì per rimanere ferma dentro la "sacca", in attesa del suo tragico destino, in mezzo all'inverno russo.<ref>{{Cita|Jacobsen & Rohwer 1974|pp. 380-384}}.</ref>
Va anche sottolineato che, di fronte agli sviluppi catastrofici per i tedeschi e le forze dell'Asse dell'[[operazione Piccolo Saturno]], iniziata dai sovietici il 16 dicembre, ormai il problema della 6ª Armata per l'OKH, von Manstein e anche Hitler passava in secondo piano. Diveniva essenziale dal punto di vista strategico generale impedire una disfatta definitiva dell'intero schieramento tedesco nel sud e nel Caucaso. In questo senso, a partire da questo momento (intorno al Natale [[1942]]), il ruolo dell'armata accerchiata, ormai considerata virtualmente perduta dall'Alto Comando tedesco e dallo stesso von Manstein, fu di fatto soprattutto quello di mantenere attivo il più a lungo possibile un nucleo di resistenza che tenesse impegnate il massimo di forze sovietiche, che altrimenti avrebbero potuto essere impiegate per rafforzare l'offensiva generale sovietica, allora in pieno svolgimento.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1153-1155}}.</ref> Quanto a Hitler, sembra che egli abbia preferito continuare a illudersi (a gennaio ancora discorreva di un nuovo tentativo di salvataggio con divisioni [[Waffen-SS]] richiamate dalla Francia); apparentemente confidò a lungo di riuscire ad evitare la catastrofe a Stalingrado; da ultimo, ormai cosciente della inevitabile perdita della 6ª Armata, preferì trasformare con artifici propagandistici la sconfitta in un esempio epocale della incrollabile resistenza fino all'ultima cartuccia e all'ultimo uomo della Germania nazista; egli quindi incitò sistematicamente alla resistenza a oltranza e rifiutò di approvare una resa formale delle truppe accerchiate.<ref>{{Cita|Irving 2001|pp. 654-658}}; {{Cita|Kershaw 2001|pp. 839-842}}.</ref>
== Operazione Piccolo Saturno ==
{{Vedi anche|operazione Saturno|operazione Piccolo Saturno}}
[[File:Operation Little Saturn it.png|thumb|left|Le direttrici dell'operazione Piccolo Saturno]]
L'operazione Piccolo Saturno ebbe inizio, dopo essere stata ridimensionata nei suoi obiettivi strategici rispetto all'originario progetto "Saturno" adottato da Stalin e Vasilevskij, il 16 dicembre 1942 principalmente contro la debole 8ª Armata italiana e le residue truppe rumene schierate sul fiume [[Čir]]. La resistenza iniziale italiana fu tenace, nonostante le evidenti carenze di armi anticarro, di equipaggiamenti invernali idonei e di riserve corazzate moderne ma già il 19 dicembre il fronte dell'8ª Armata cominciò a cedere per poi crollare completamente nei giorni successivi di fronte all'irruzione in massa delle ingenti truppe corazzate impegnate dai sovietici (cinque corpi corazzati o meccanizzati con un totale di circa {{formatnum:1000}} carri armati).<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 12-18}}; {{Cita|Scotoni 2007|pp. 203-378}}; una narrazione, dal punto di vista italiano, in {{Cita|Valori 1951|pp. 536-654}}.</ref> I generali Vatutin, comandante del Fronte Sud-Ovest, e [[Filipp Ivanovič Golikov]], comandante del Fronte di Voronež, che conducevano questa offensiva, spinsero in profondità le loro colonne per aggirare e isolare i residui capisaldi nemici e minacciare le retrovie del raggruppamento del feldmaresciallo von Manstein.
[[File:Carristi sovietici.jpg|thumb|upright|I carristi sovietici si riforniscono di carburante durante l'operazione Piccolo Saturno]]
In pochi giorni la situazione dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] si aggravò in maniera disastrosa con l'irruzione del [[4º Corpo corazzato delle guardie|17º Corpo corazzato]] sovietico a [[Kantemirovka]]<ref>Resoconto della catastrofe a Kantemirovka in {{Cita|Scotoni 2007|pp. 311-325}}.</ref> (importante centro di comando italiano) in mezzo alle colonne italiane in rotta a piedi nella neve, e l'audace penetrazione isolata del [[2º Corpo corazzato delle guardie|24º Corpo corazzato]] che si spinse, il 24 dicembre, fino alla regione degli aeroporti di [[Tacinskaja]] e [[Morozovsk]], da dove partivano gli aerei della Luftwaffe che cercavano di rifornire la sacca di Stalingrado.<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 19-22}}; {{Cita|Scotoni 2007|pp. 327-347}}; {{Cita|Glantz 1991|pp. 65-73}}; dal punto di vista tedesco in {{Cita|Carell 2000a|pp. 135-146}}.</ref> La precipitosa evacuazione degli aerodromi e il tempestivo intervento delle riserve corazzate del feldmaresciallo von Manstein, in parte provenienti proprio dal raggruppamento Hoth sul fronte di Stalingrado, costrinsero l'Alto comando tedesco ad arrestare l'operazione "Tempesta Invernale" e resero impossibile l'effettuazione di un'eventuale operazione "Colpo di Tuono", ma permisero di evitare una catastrofe irreversibile e di contenere in qualche modo la progressione sovietica. L'alto comando tedesco dovette abbandonare qualsiasi speranza di salvataggio della 6ª Armata, ripiegare ulteriormente e cominciare anche l'evacuazione del Caucaso che fu autorizzata dopo numerose tergiversazioni da Hitler il 30 dicembre 1942.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1173-1176}}.</ref> Fu questa la svolta decisiva che suggellò il destino della 6ª Armata ormai isolata, affamata a causa del completo fallimento del rifornimento aereo nonostante le promesse di Göring<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1149-1153}}, con dati statistici completi.</ref> senza speranza di aiuto e destinata a sacrificarsi in una disperata difesa fino all'ultimo per impegnare ancora il maggior numero di forze sovietiche e aiutare in questo modo l'alto comando tedesco a ristabilire un fronte più arretrato.
Il generale Paulus, dopo aver eseguito disciplinatamente tutti gli ordini di Hitler (prima quello di rinchiudersi dentro la "Fortezza Stalingrado" e poi di non effettuare una disperata sortita solitaria), ora accettò anche questo ruolo finale di sacrificio e, almeno esteriormente e nei proclami finali alle truppe accerchiate, mantenne fiducia in Hitler e nel risultato della lunga battaglia.<ref>Sul comportamento di Paulus: {{Cita|Goerlitz & Paulus 1964|pp. 253-282}}.</ref> Un sentimento di amara delusione si diffuse peraltro ormai tra le truppe e anche nei comandi (Paulus e Schmidt inclusi) di fronte alle sempre maggiori difficoltà di vettovagliamento, al moltiplicarsi delle sofferenze, all'imperversare del clima invernale e alla consapevolezza di come fosse ormai impossibile ricevere aiuti dall'esterno.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 342-353}}; {{Cita|Goerlitz & Paulus 1964|pp. 260-280}}.</ref>
== Operazione Anello: la battaglia finale ==
{{Vedi anche|operazione Anello}}
[[File:Bundesarchiv Bild 183-E0406-0022-001, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|Gennaio 1943; fanti sovietici in uniforme mimetica invernale armati con [[PPŠ-41]], nota pistola mitragliatrice]]
[[File:Bundesarchiv Bild 183-P0613-308, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|left|I sovietici schiacciano le ultime resistenze (inverno 1943)]]
Il 10 gennaio 1943 ebbe inizio l'ultimo atto della lunga battaglia di Stalingrado. Contemporaneamente Hitler, il generale Kurt Zeitzler e il feldmaresciallo von Manstein, comandante del Gruppo d'armate Don erano alle prese con le apparentemente inesauribili offensive sovietiche dirette a isolare il raggruppamento tedesco del Caucaso, ora in ripiegamento verso nord, e avevano dovuto impegnare tutte le residue forze dell'Asse nel settore meridionale del fronte orientale, dove il 12 gennaio 1943 era iniziata una nuova travolgente offensiva sovietica. L'[[offensiva Ostrogožsk-Rossoš']] in pochi giorni provocò il crollo anche della [[2. magyar hadsereg|2ª Armata ungherese]] e del [[Corpo d'armata alpino]] italiano posizionati sul corso superiore del Don.<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 32-34}}; {{Cita|Scotoni 2007|pp. 397-495}}.</ref> Stalin e il comando sovietico poterono scatenare finalmente, dopo numerosi rinvii dovuti all'evolversi della situazione generale e alla necessità di raggruppare le forze necessarie per distruggere la massa di truppe tedesche accerchiate, l'offensiva finale per eliminare la sacca di Stalingrado: l'[[operazione Anello]], in russo ''операция «Кольцо»''.<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 24-25}}.</ref>
[[File:Operation Ring it.png|thumb|left|Operazione "Anello" (''Kolzò''): la fine della 6ª Armata tedesca]]
Le ripetute sollecitazioni di Stalin indirizzate ai generali Rokossovskij e Nikolaj Voronov, i due comandanti sovietici incaricati di distruggere le forze accerchiate, per accelerare al massimo questa operazione finale<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 24-27}},</ref> sembrerebbero confermare l'importanza, anche per l'alto comando sovietico, di liberare il più presto possibile truppe da impiegare nell'offensiva principale a sud, e in parte confermerebbero la validità da un punto di vista di strategia militare (nonostante la cinica inumanità per le truppe ridotte allo stremo) della decisione di Hitler, e in parte anche di von Manstein e di Paulus, di evitare una resa prematura della 6ª Armata, che, continuando a resistere, ostacolava il dispiegamento delle forze sovietiche su altri fronti.<ref>{{Cita|Goerlitz & Paulus 1964|pp. 259-260}}.</ref> Inutile risultò quindi la presentazione da parte dei comandi sovietici di un ''ultimatum'', formalmente corretto, per invitare alla resa la 6ª Armata prima dell'attacco finale e per evitare un ulteriore spargimento di sangue.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 355-363}}.</ref>
[[File:Congiungimento al Mamaev Kurgan.png|thumb|Incontro tra i soldati della 21ª Armata e della 62ª Armata al Mamaev Kurgan.]]
La lotta finale, che si svolse dal 10 gennaio al 2 febbraio, venne condotta dalle due parti con particolare accanimento fino all'ultimo: i sovietici fecero uso in massa dell'artiglieria per distruggere i nuclei di resistenza delle truppe tedesche fortemente indebolite dal lungo assedio; le successive linee di arroccamento predisposte dai tedeschi per prolungare al massimo la resistenza vennero superate. Con la conseguente perdita degli aerodromi si verificarono i primi episodi di panico collettivo e di dissoluzione dei reparti; nelle settimane precedenti per via aerea erano stati evacuati almeno {{formatnum:30000}} soldati tra feriti, specialisti e ufficiali superiori.<ref>{{Cita|Carell 2000b|pp. 737-738}}; {{Cita|Beevor 2000|pp. 371-383}}; {{Cita|Gerlach 1999|pp. 313-332}}.</ref> La maggior parte dei soldati furono uccisi sul posto. Chi scampò alla morte si riversò assieme a feriti e sbandati verso le rovine di Stalingrado dove si sviluppò l'ultima resistenza. Dopo la divisione in due parti della sacca e il congiungimento il 26 gennaio 1943 tra le forze sovietiche in avanzata da ovest e le truppe del generale Čujkov che tenevano ancora tenacemente la linea del Volga, ogni ulteriore resistenza risultò impossibile. Paulus, isolato nella sacca meridionale, venne catturato il 31 gennaio 1943 dalle truppe della 64ª Armata del generale [[Michail Šumilov]] senza opporre ulteriore resistenza e senza una resa formale; gli ultimi nuclei tedeschi nella sacca settentrionale, nell'area delle grandi fabbriche, al comando del generale [[Karl Strecker]], si arresero definitivamente il 2 febbraio 1943.<ref>{{Cita|Beevor 2000|pp. 419-432}}.</ref>
La 6ª Armata e tutte le truppe inizialmente accerchiate nella sacca erano state completamente distrutte. I prigionieri nella fase finale furono circa {{formatnum:90000}}.<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 35-38}}; {{Cita|Beevor 2000|p. 433}}; {{Cita|Bauer 1971|vol. 4, pp. 139-146}}.</ref> Paulus, insieme alla maggior parte dei generali comandanti, condivise la resa dei superstiti e rifiutò il tacito invito di Hitler al suicidio per suggellare epicamente con un esempio di fedeltà [[Nibelunghi|nibelungica]] l'epopea tedesca di Stalingrado,<ref>{{Cita|Irving 2001|pp. 658-660}}; {{Cita|Kershaw 2001|pp. 842-843}}; {{Cita|Goerlitz & Paulus 1964|pp. 380-383}}.</ref> nonostante questi lo avesse promosso [[feldmaresciallo]] pochi giorni prima della resa finale, sottolineando che nessun tedesco di tale grado si fosse mai arreso.
== La vittoria sovietica ==
[[File:Bundesarchiv Bild 183-E0406-0022-010, Kolonne deutscher Kriegsgefangener.jpg|thumb|upright|Prigionieri tedeschi in marcia nella neve verso i campi di raccolta nelle retrovie]]
Dopo la resa dell'ultimo nucleo di resistenza, nel pomeriggio un aereo da ricognizione tedesco sorvolò la città, non riportando alcun segno di combattimento.<ref>{{Cita|Beevor 2000|p. 433}}.</ref> La lunga battaglia era finita con la disfatta totale tedesca.
Il computo delle perdite dalle due parti risulta particolarmente difficile e dipende anche dal periodo cronologico preso in considerazione; la battaglia inizia, secondo la storiografia sovietica, il 17 luglio 1942 e termina il 2 febbraio 1943. Le perdite umane da parte sovietica sono dettagliatamente riportate nelle opere storiche edite dopo l'apertura degli archivi segreti di [[Mosca (Russia)|Mosca]]: da questa documentazione prima riservata risulta un totale di {{formatnum:478000}} morti o dispersi ({{formatnum:323000}} fino al 18 novembre 1942 e {{formatnum:154000}} dopo l'inizio della controffensiva sovietica) e {{formatnum:650000}} feriti.<ref>{{Cita|Scotoni 2007|pp. 117-118}}.</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 183-F0316-0204-005, Russland, Paulus in Kriegsgefangenschaft.jpg|thumb|upright|left|La fine: il feldmaresciallo Paulus e il suo stato maggiore si arrendono il 31 gennaio 1943]]
Il calcolo delle perdite umane dell'Asse risulta molto difficile. In termini di [[Divisione (unità militare)|divisioni]] i tedeschi ne ebbero venti distrutte completamente a Stalingrado e altre dieci-quindici nelle battaglie del teatro meridionale del fronte orientale; i romeni persero diciannove divisioni, gli italiani e gli ungheresi dieci ciascuno.<ref name="JE63">{{Cita|Erickson 1983|p. 63}}.</ref> Le perdite dentro la sacca furono di {{formatnum:140000}} morti e dispersi e {{formatnum:100000}} prigionieri, di cui solo {{formatnum:5000}} sarebbero tornati in Germania entro il 1955<ref>{{Cita|Beevor 2000|p. 470}}.</ref> ma a questi prigionieri devono aggiungersene altri soldati tedeschi catturati al di fuori della sacca e i prigionieri rumeni, circa {{formatnum:100000}}, ungheresi, {{formatnum:60000}}, e italiani, oltre {{formatnum:50000}}.<ref name="ReferenceB"/> Stalin e lo Stavka rivendicarono in un comunicato straordinario di aver inflitto alle potenze dell'Asse la perdita di oltre 1 milione di uomini nel periodo novembre 1942-marzo 1943.<ref name="JE63"/> Mancano inoltre dati precisi sulle perdite dell'Asse durante la fase offensiva dell'estate del 1942.
Le perdite di materiale bellico sono ancor più difficili da computare. Tutto il materiale della 6ª Armata accerchiata fu distrutto (tra cui circa 170 carri armati e {{formatnum:1300}} cannoni<ref>{{Cita|Glantz 2014|p. 373}}.</ref>). Le perdite sovietiche di carri armati furono molto alte, visto il loro impiego audace in profondità: ammonterebbero a circa {{formatnum:1400}} mezzi nella fase difensiva e a ulteriori {{formatnum:2900}} in quella offensiva;<ref name="Glantz295"/> l'Armata Rossa era in grado di subire tali perdite e mantenere ugualmente la coesione e l'efficienza offensiva dei reparti grazie alla capacità di resistenza delle truppe e alle continue nuove forniture, provenienti dalle fabbriche degli [[Urali]]. Le perdite di aerei sono calcolate a circa {{formatnum:2800}} velivoli per tutto il periodo luglio 1942-febbraio 1943.<ref name="Glantz295"/> Un preciso calcolo delle perdite totali dell'Asse è difficile: i romeni avevano circa 140 carri armati che furono quasi tutti distrutti, gli italiani e gli ungheresi un altro centinaio di mezzi che andarono ugualmente perduti; i tedeschi persero oltre 800 carri armati nella fase difensiva invernale.<ref name="DG603"/> In realtà le perdite potrebbero essere state più alte: un rapporto dell'OKH calcola {{formatnum:2500}} carri distrutti da novembre 1942 a febbraio 1943 su tutto il fronte orientale;<ref>{{Cita|Haupt 1990|p. 192}}.</ref> inoltre mancano dati precisi sulle perdite durante la prima fase della battaglia. Il computo delle perdite aeree dell'Asse è complesso; sembra sicura soltanto la perdita di ben 488 aerei da trasporto durante la fase del rifornimento aereo della sacca.<ref>I riferimenti sulle perdite sono tratti da {{Cita|Glantz & House 1996|p. 295}}; {{Cita|Haupt 1990|p. 192}}; {{Cita|Erickson 1983|pp. 55-56 e pp. 62-63}}; {{Cita|Scotoni 2007|p. 232, 575-576}}.</ref>. Le fonti sovietiche riferiscono di almeno 800 perdite aeree dell'Asse nel periodo invernale; le fonti tedesche sono incomplete; i dati variano da 580 a 640 aerei perduti.<ref>{{Cita|Glantz 2014-2|pp. 602-603}}.</ref>
La spinta al morale della coalizione anti-hitleriana data dalla sconfitta tedesca fu grande particolarmente in Unione Sovietica ma anche nei paesi alleati. Il mito dell'invincibilità della Germania e di Hitler venne distrutto per sempre, mentre tra le potenze dell'Asse le ripercussioni politico-morali furono notevoli sia a livello di opinione pubblica sia di quadri dirigenti (in Italia, Romania, Ungheria e anche nella [[Turchia]] non belligerante). La battaglia di Stalingrado rimane la più grande e decisiva sconfitta militare, politica e morale della Germania nella seconda guerra mondiale, nonché, in assoluto, una delle più grandi catastrofi della storia tedesca.<ref>Per un'analisi delle ripercussioni su Hitler, vedere {{Cita|Kershaw 2001|pp. 844-850}} e {{Cita|Kershaw 1998|pp. 190-197}}. Per un'analisi che ridimensiona in parte la portata della battaglia: {{Cita|Oxford 1991|pp. 1206-1215}}.</ref>
Storici e memorialisti sovietici hanno sempre considerato questa battaglia il punto di svolta decisivo non solo della guerra sul fronte orientale ma di tutto il secondo conflitto mondiale. La vittoria sul [[Nazionalsocialismo]] apparve per la prima volta possibile anche se non in tempi così immediati come in un primo momento Stalin sembra aver creduto. «Eravamo convinti che le maggiori difficoltà fossero ormai alle nostre spalle», dirà il generale Vasilevskij, uno dei protagonisti della vittoria.<ref>{{Cita|Boffa 1979|p. 103}}.</ref>
== Valutazioni storiografiche ==
{{Citazione|La disfatta dell'Asse a Stalingrado fu una svolta della guerra perché fu una catastrofe da cui la Germania e la Wehrmacht non riuscirono più a riprendersi<ref name="DGXVI">{{Cita|Glantz 2014|p. XVI}}.</ref>}}
{{Citazione|Stalingrado fu la prima e sinora l'unica grande battaglia vinta dalla Russia annientando nel contempo notevoli forze nemiche. Nessuno dei suoi alleati della scorsa guerra può vantarsi di una vittoria del genere|Affermazione del generale tedesco [[Hans Doerr]]<ref name="AS441">{{Cita|Samsonov 1964|p. 441}}.</ref>}}
[[File:Aleksandr Vasilevsky 4.jpg|thumb|upright=0.9|Il maresciallo Vasilevskij, capo di stato maggiore generale dell'[[Armata Rossa]] e artefice principale della vittoria sovietica]]
La battaglia di Stalingrado resta il simbolo della disfatta tedesca sul fronte orientale.<ref>I contemporanei, anche occidentali, considerarono subito Stalingrado la battaglia decisiva della seconda guerra mondiale. Vedere: {{Cita|Roberts 2008|pp. 154-155}}.</ref> Una parte della storiografia occidentale tuttavia, riprendendo in parte vecchie argomentazioni della propaganda bellica tedesca, ha proposto un'interpretazione della battaglia che ne riduce l'importanza storica nel contesto complessivo della seconda guerra mondiale.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1211-1215}}; {{Cita|Ziemke 1984|pp. 79-80, 500-504}}.</ref>
In particolare è stato preso in considerazione il ruolo delle truppe accerchiate nelle fasi finali della battaglia e l'importanza strategica globale della loro resistenza: la 6ª Armata tedesca da sola tenne impegnate per oltre due mesi sette armate russe<ref>{{Cita|Beevor 2000|p. 302}}; {{Cita|Ziemke 1984|p. 80}}.</ref> che di fatto non poterono essere impiegate per ulteriori offensive e quindi rimasero bloccate sul posto. Se queste forze non avessero dovuto tenere accerchiate le truppe del generale Paulus, avrebbero potuto partecipare all'offensiva generale sovietica in corso su tutto il fronte. Il loro intervento avrebbe potuto causare il crollo irreversibile del fronte sud tedesco. Mentre la 6ª Armata resisteva a Stalingrado, le altre forze della Wehrmacht, dopo il tentativo del feldmaresciallo von Manstein, si stavano riorganizzando su un fronte più difendibile e avevano bisogno di guadagnare tempo. Il fronte così accorciato avrebbe permesso di resistere con le forze disponibili.<ref>In {{Cita|Carell 2000b|pp. 734-736}}; {{Cita|Bauer 1971|vol. 5, pp. 138-139}}.</ref>
L'argomento che la resistenza della 6ª Armata fosse necessaria e molto importante per mantenere agganciate cospicue forze sovietiche che altrimenti avrebbero potuto riversarsi contro il fronte tedesco e provocare una disfatta definitiva non è nuovo, ma risale a Hitler in persona, che lo utilizzò per motivare la sua dura decisione di impedire sia una sortita dell'ultima ora (a fine dicembre) delle truppe accerchiate, sia una loro resa a suo avviso prematura.<ref>{{Cita|Irving 2001|pp. 649-657}}; {{Cita|Kershaw 2001|p. 836}}.</ref> Questo ragionamento, in parte condiviso dal feldmaresciallo von Manstein, è stato criticato in sede di analisi storiografica, al di fuori del fatto puramente umano legato alle sofferenze inflitte alle truppe accerchiate senza speranza di scampo.
In primo luogo, secondo questi storici, è indimostrabile il presunto effetto risolutivo di queste truppe sovietiche impegnate contro la sacca, in ragione della loro non eccezionale consistenza numerica (circa {{formatnum:250000}} uomini.<ref>{{Cita|Oxford 1991|p. 1161}}.</ref>), delle enormi difficoltà logistiche invernali anche per i sovietici e degli errori strategici che Stalin e lo Stavka spesso compivano. Infatti, quando queste truppe furono finalmente impegnate dopo la resa del 2 febbraio, vennero dirottate malamente e con grande difficoltà sul fronte centrale e non ottennero alcun risultato di rilievo.<ref>{{Cita|Boffa 1979|pp. 105-106}}; {{Cita|Keegan 1989|pp. 465-466}}.</ref> In secondo luogo, è altrettanto vero che se Hitler avesse disimpegnato prontamente la 6ª Armata già in novembre invece di mantenerla a tutti i costi nella "Fortezza", oppure avesse sganciato il raggruppamento del Caucaso già agli inizi di dicembre, senza aspettare la catastrofe dell'operazione Piccolo Saturno, si sarebbe ottenuto un rafforzamento del fronte tedesco molto più cospicuo, con conseguente maggiore solidità difensiva, e forse si sarebbero potuti salvare i soldati accerchiati.<ref>{{Cita|Oxford 1991|pp. 1170-1172}}.</ref>
Tale argomento, ripreso a volte da una parte della storiografia occidentale, serviva a Hitler soprattutto per giustificare alcuni suoi evidenti errori di valutazione strategica e per trasformare epicamente la resistenza della sacca di Stalingrado in un evento eroico, in linea con la tradizione germanica.<ref>{{Cita|Shirer 1990|pp. 1417-1421}}; {{Cita|Gerlach 1999|pp. 368-374}}; {{Cita|Kershaw 2001|pp. 847-848}}.</ref> Una parte della storiografia occidentale<ref>{{Cita|Churchill 1951|pp. 775-785}}; {{Cita|Cartier 1996|pp. 135-136}}; {{Cita|Weinberg 2007|pp. 488-497}}.</ref> ha utilizzato questo argomento e anche dati statistici incompleti per ridimensionare il significato storico della battaglia, accentuando invece la rilevanza di operazioni anglosassoni come la [[seconda battaglia di El Alamein|battaglia di El Alamein]] (dove furono impegnati in tutto non più di {{formatnum:40000}} soldati tedeschi e {{formatnum:60000}} italiani<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. 4, pp. 129, 230}}.</ref>); la [[campagna di Tunisia|resa in Tunisia]], nota anche come "Tunisgrado", dove in realtà le perdite complessive dell'Asse furono di circa {{formatnum:250000}} uomini,<ref>{{Cita|Hart 1996|p. 608}}.</ref> ovvero meno di un quarto di quelle della battaglia di Stalingrado, o la stessa [[Sbarco in Normandia|campagna di Normandia]] combattuta quasi due anni più tardi, con la Wehrmacht ormai decimata dalle campagne sul fronte sovietico e costretta a impiegare anche truppe volontarie straniere reclutate tra i prigionieri di guerra.<ref>{{Cita|Cartier 1996|p. 264}}.</ref>
L'importanza storico-politica delle vittorie anglosassoni in [[Africa]], in Europa nord-occidentale e nel [[Oceano Pacifico|Pacifico]] non va sminuita in senso contrario. Tuttavia, dal punto di vista militare la lunga campagna di Stalingrado, come affermano la maggior parte degli storici, anche occidentali<ref>{{Cita|Erickson 1983|pp. 43-44}}; {{Cita|Glantz & House 1996|p. 129}}; {{Cita|Overy 2000|pp. 194-197}}; {{Cita|Roberts 2008|p. 119}}.</ref> rimane senza paragoni e sostanzialmente decisiva nella storia della seconda guerra mondiale in Europa.<ref name="AS441"/>
Peraltro la Wehrmacht, anche dopo la sconfitta di Stalingrado, continuò a battersi tenacemente sul fronte orientale sia in difensiva sia contrattaccando localmente; ottenne un importante successo nella [[terza battaglia di Char'kov]] nel febbraio-marzo 1943 e tentò di prendersi la rivincita nella [[battaglia di Kursk]] (luglio 1943). La guerra sul fronte orientale sarebbe infatti durata ancora, aspra e sanguinosa, fino al maggio 1945 con il crollo finale del Terzo Reich. Tuttavia, come ha scritto lo storico statunitense [[David Glantz]] nel 2014, la battaglia di Stalingrado provocò realmente una svolta irreversibile, «perché fu una catastrofe da cui la Germania e la Wehrmacht non riuscirono più a riprendersi».<ref name="DGXVI"/>
== La battaglia di Stalingrado nella cultura di massa ==
{{vedi anche|Battaglia di Stalingrado nella cultura popolare}}
== Note ==
{{Note strette}}
== Bibliografia ==
=== Testi di riferimento ===
* {{cita libro|autore-capitolo-cognome= AA.VV.|titolo= Germany and the Second World War, Volume VI|anno= 1991|editore= Oxford press|città= New York|lingua= inglese|isbn= 0-19-822888-0|capitolo= The Global War|cid= Oxford 1991}}
* {{cita libro|autore=Eddy Bauer |titolo= Storia controversa della seconda guerra mondiale|anno= 1971|editore= DeAgostini|città= Novara|isbn= no|cid= Bauer 1971}}
* {{cita libro|autore=Antony Beevor |titolo= Stalingrado|anno= 2000|editore= Rizzoli|città= Milano|isbn= 88-17-25876-8|cid= Beevor 2000}}
* {{cita libro|autore=Chris Bishop |titolo= Gli squadroni della Luftwaffe|anno= 2008|editore= L'airone Editore|città= Roma|isbn=88-7944-929-X|cid= Bishop 2008}}
* {{cita libro|autore=Giuseppe Boffa |titolo= Storia dell'Unione Sovietica, parte II|anno= 1979|editore= Mondadori|città= Milano|isbn= no|cid= Boffa 1979}}
* {{cita libro|autore=Paul Carell |titolo= Terra bruciata|anno= 2000|editore= RCS Libri|città= Milano|isbn= 88-17-25903-9|cid =Carell 2000a}}
* {{cita libro|autore=Paul Carell |titolo= Operazione Barbarossa|edizione= BUR|anno= 2000|editore= RCS Libri|città= Milano|isbn= 88-17-25902-0|cid= Carell 2000b}}
* {{cita libro|autore=Raymond Cartier |titolo= La seconda guerra mondiale|anno= 1996|editore= Mondadori|città= Milano|isbn= no| cid=Cartier 1996}}
* {{cita libro|autore=Alfio Caruso |titolo= Noi moriamo a Stalingrado|anno= 2006|editore= Longanesi|città= Milano|isbn= 88-304-2396-3|cid= Caruso 2006}}
* {{cita libro|autore=[[Winston Churchill]] |titolo= La Seconda guerra Mondiale. Volume Quarto |anno= 1951|editore= Mondadori|città= Milano|isbn= no|cid= Churchill 1951}}
* {{cita libro|autore=William Craig |titolo= Enemy at the Gates|url= https://archive.org/details/enemyatgatesbatt0000crai|annooriginale= 1973|anno= 2000|editore= Penguin books|città= Londra|lingua= inglese|isbn= no|cid= Craig 2000}}
* {{cita libro|autore=[[John Erickson]] |titolo= The road to Stalingrad|anno= 1975|editore= Cassell|città= Londra|lingua= inglese|isbn= 0-304-36541-6|cid= Erickson 1975}}
* {{cita libro|autore=[[John Erickson]] |titolo=The road to Berlin|anno= 1983|editore= Cassell|città= Londra|lingua= inglese|isbn= 0-304-36540-8|cid= Erickson 1983}}
* {{cita libro|autore=Gerlach Heinrich |titolo= L'armata tradita|anno= 1999|editore= Rizzoli|città= Milano|isbn= 88-17-11931-8|cid= Gerlach 1999}}
* {{cita libro|autore=David Glantz |titolo= From the Don to the Dniepr|anno= 1991|editore= Frank Cass Publishers |città= Londra|lingua= inglese|isbn= 0-7146-3350-X|cid= Glantz 1991}}
* {{cita libro|autore=David Glantz |autore2= Jonathan House|titolo= When Titans clashed|anno= 1996|editore= Birlinn Limited|città= Edimburgo|lingua= inglese|isbn= 1-84158-049-X|cid= Glantz & House 1996}}
* {{cita libro|autore=David Glantz |autore2=Jonathan House |titolo=Endgame at Stalingrad, book one: november 1942 |anno=2014 |editore=University press of Kansas |città=Lawrence |lingua=inglese |isbn=978-0-7006-1954-2 | cid=Glantz & House 2014}}
* {{cita libro|autore=David Glantz |autore2=Jonathan House |titolo= Endgame at Stalingrad, book two: december 1942-february 1943|anno= 2014|editore= University press of Kansas|città= Lawrence|lingua= inglese|isbn= 978-0-7006-1955-9|cid= Glantz 2014-2}}
* {{cita libro|autore= Friedrich Paulus |autore2= Walter Goerlitz|titolo= Stalingrado|anno= 1964 |editore= Garzanti|città= Milano|isbn= no|cid= Goerlitz & Paulus 1964}}
* {{cita libro|autore=Vasilij Semënovič Grossman |titolo= Vita e destino|anno= 2008|editore= Adelphi |città= Milano|isbn= 88-459-2340-1|cid= Grossman 2008}}
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* {{cita libro|autore=Irving David |titolo= La guerra di Hitler|anno= 2001|editore= Edizioni Settimo Sigillo |città= Roma|isbn= no|cid= Irving 2001}}
* {{cita libro|autore=Hans-Adolf Jacobsen |autore2=Rohwer Jurghen |titolo= Le battaglie decisive della Seconda Guerra Mondiale|anno= 1974|editore= Baldini&Castoldi|città= Milano|isbn= no|cid= Jacobsen & Rohwer 1974}}
* {{cita libro|autore=John Keegan |titolo= Uomini e battaglie della seconda guerra mondiale |anno= 1989 |editore= Rizzoli|isbn= no|cid= Keegan 1989}}
* {{cita libro|autore=Ian Kershaw |titolo= Il mito di Hitler|anno= 1998|editore= Bollati Boringhieri |città= Torino|isbn= no|cid= Kershaw 1998}}
* {{cita libro|autore=Ian Kershaw |titolo= Hitler. 1936-1945|anno= 2001|editore= Bompiani|città= Milano |isbn= 88-452-4969-7|cid= Kershaw 2001}}
* {{cita libro|autore=Richard Overy |titolo= Russia in guerra|anno= 2000|editore= Il Saggiatore|città= Milano|isbn=88-428-0890-3|cid= Overy 2000}}
* {{cita libro|autore=Geoffrey Roberts |titolo= Stalin's war|anno= 2008|editore= Yale University press|lingua= inglese|isbn= 0-300-13622-6|cid= Roberts 2008}}
* {{cita libro|autore=Aleksandr M. Samsonov |titolo= Stalingrado, fronte russo|anno= 1964|editore= Garzanti|città= Milano|isbn= no|cid= Samsonov 1964}}
* {{cita libro|autore=Giorgio Scotoni |titolo= [[L'Armata Rossa e la disfatta italiana (1942-43)]]|anno= 2007|editore= Casa editrice Panorama|città= Trento|isbn= 88-7389-049-0|cid= Scotoni 2007}}
* {{cita libro|autore=William Shirer |titolo= Storia del Terzo Reich |anno= 1990|editore= Einaudi |isbn= no|cid= Shirer 1990}}
* {{cita libro|autore=Aldo Valori |titolo= La campagna di Russia|anno= 1951|isbn= no|cid= Valori 1951}}
* {{cita libro|autore=Gerhard L. Weinberg |titolo= Il mondo in armi|anno= 2007|editore= UTET|isbn= no|cid= Weinberg 2007}}
* {{cita libro|autore=Alexander Werth |titolo= La Russia in guerra|anno= 1966|editore= Mondadori|città= Milano|isbn= no|cid= Werth 1966}}
* {{cita libro|autore=Earl Ziemke |titolo= Stalingrad to Berlin: the German defeat in the east |annooriginale= 1966|anno= 1984|editore= University Press of the Pacific|città= Honolulu |lingua= en |isbn= 1-4102-0414-6|cid= Ziemke 1984}}
=== Altri testi ===
==== Libri di carattere generale ====
* {{cita libro|autore=Alan Bullock |titolo= Hitler e Stalin. Vite parallele|anno= 2004|editore= Garzanti|città= Milano|isbn= 88-11-69273-3}}
* {{cita libro|autore=Norman Davies |titolo= Europe at War 1939-1945: No Simple Victory|anno= 2008|url= https://archive.org/details/nosimplevictoryw0000davi|data= 2008|editore= Penguin books|città= Londra|lingua= en|isbn= 0-14-311409-3}}
* {{cita libro|autore=Frederick William Deakin |titolo= La brutale amicizia|anno= 1990|editore= Einaudi|città= Torino|isbn=88-06-11786-6}}
* {{cita libro|autore=Aldo Giannuli |titolo= Dalla Russia a Mussolini|anno= 2005|editore= Editori Riuniti|città= Roma|isbn= 88-359-5865-2|cid= Giannuli 2005}}
* {{cita libro|autore=Andreas Hillgruber |titolo= Storia della Seconda Guerra Mondiale|anno= 1994|editore= Laterza|città= Bari|isbn= 88-420-4465-2}}
* {{cita libro|autore=[[Gianni Rocca]] |titolo= Stalin|anno= 1988|editore= Mondadori|città= Milano|isbn= no}}
==== Libri specifici sulla battaglia di Stalingrado ====
* {{cita libro|autore=Vasilij Ivanovič Čujkov |titolo= La battaglia di Stalingrado|anno= 1964|editore= Editori Riuniti|isbn= no}}
* {{cita libro|autore=Francois de Lannoy |titolo= La bataille de Stalingrad|editore= Editions Heimdal |città= Bayeu |lingua=fr|isbn= no}}
* {{cita libro|autore=Friedrich Paulus |titolo= Stalingrado|anno= 1961|editore= Garzanti|isbn= no}}
* {{cita libro|autore=Stephen Walsh |titolo= Stalingrad. The infernal cauldron|anno= 2000 |editore=Simon and Schuster|città= Londra|lingua= inglese|isbn= no}}
== Voci correlate ==
* [[Campagna italiana di Russia]]
* [[Dmitrij Bal'termanc]]
* [[Metallurgičeskij zavod "Krasnyj Oktjabr'"|Fabbrica metallurgica "Ottobre rosso"]]
* [[Germania nella seconda guerra mondiale]]
* [[Madonna di Stalingrado]]
* [[Operazione Blu]]
* [[Terza battaglia di Char'kov]]
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
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