Filippo Naldi: differenze tra le versioni
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{{Bio
|Nome = Filippo
|Cognome = Naldi
|PostCognomeVirgola = nome completo '''Filippo Ernesto Maria Naldi'''
|Sesso = M
|LuogoNascita = Borgo San Donnino
|LuogoNascitaLink = Fidenza
|GiornoMeseNascita = 30 maggio
|AnnoNascita = 1886
|LuogoMorte = Roma
|GiornoMeseMorte = 18 ottobre
|AnnoMorte = 1972
|Epoca = 1900
|Attività = giornalista
|Attività2 = politico
|Attività3 = imprenditore
|Nazionalità = italiano
|Immagine = Filippo Naldi.jpg
}}
== Biografia ==
===
Nato a [[Borgo San Donnino]] (oggi [[Fidenza]]), nel [[1907]], appena ventunenne, sposò a [[Cornuda]] (TV) la traduttrice russa di religione [[Ebrei russi|religione ebraica]] [[Raisa Grigor'evna Ol'kenickaja]]<ref>{{Cita web|url=https://www.russinitalia.it/dettaglio.php?id=298|titolo=Russi in Italia: dizionario - Russi in Italia|sito=www.russinitalia.it|accesso=2024-06-18}}</ref>, conosciuta all'[[Università di Padova]] e sua compagna di corso<ref>[http://www.arterussamilano.it/schede/olkienizkaia-naldi-raissa/ Arte e cultura russa a Milano e Lombardia: Raissa Olkienizkaia Naldi]</ref>. Ebbe da lei tre figli: Gregorio, Giovanna ed Elisabetta<ref>{{cita web|url=http://www.russinitalia.it/dettaglio.php?id=298|titolo=Raisa Grigor´evna Ol´kenickaja Naldi|accesso=18 aprile 2017}} Elisabetta diverrà moglie nel 1954 dello scrittore francese [[Roger Vailland]] (1907-1965)</ref>. Sin dai primi anni del Novecento si mise in mostra, a livello politico, come esponente del ''Partito Giovanile Liberale Italiano'' (PGLI), una piccola formazione politica che il suo amico pavullese [[Giovanni Borelli (politico)|Giovanni Borelli]] aveva fondato a Firenze nel febbraio 1901.
Lasciò l'università prima di laurearsi per dedicarsi a tempo pieno all'attività [[giornalista|giornalistica]]. Collaborò, da [[Ravenna]], ai quotidiani ''[[Gazzetta di Venezia]]'' e ''[[Libertà (quotidiano)|La Libertà]]'' e alla rivista ''[[Il Regno (rivista 1903)|Il Regno]]''; fu direttore della rivista letteraria ''[[Il Rinnovamento]]'', fu [[redattore capo]] de ''[[Alto Adige (quotidiano)|L'Alto Adige]]'' di [[Trento]]<ref name="ReferenceH">Teodoro Rovito, ''Letterati e giornalisti italiani contemporanei: dizionario bio-bibliografico'', Napoli, 1922 - pag. 280</ref>; nel 1911 diresse il foglio liberale bolognese «Patria»<ref>Corrado Augias, ''Giornali e spie: faccendieri internazionali giornalisti corrotti e società segrete nell'Italia della Grande guerra'', Milano, A. Mondadori, 1983 - pag. 143</ref>. Poco dopo la fondazione, convisse per un periodo a Bologna insieme a don [[Enrico Vanni]] e al giornalista [[Nello Quilici]], amicizia che durò per almeno un decennio.
Non mancò di frequentare la redazione del quotidiano [[Milano|milanese]] ''[[Avanti!]]''<ref>Remigio Zizzo, ''Mussolini. Duce si diventa'', Santarcangelo di Romagna, Gherardo Casini Editore, 2003</ref>, diretto da una figura emergente del [[partito socialista italiano|partito socialista]], [[Benito Mussolini]]<ref>Mario Viana, ''La Monarchia e il fascismo'', Roma, 1951 - pag. 599</ref>.
Tra la fine di dicembre del [[1913]] e l'inizio di gennaio del [[1914]] fu nominato direttore del ''[[Resto del Carlino]]'' con il bussetano [[Lino Carrara]] condirettore. Gli diede una linea liberale, e ne incrementò tirature e popolarità.
=== Il Popolo d'Italia ===
Nell'autunno [[1914]], grazie alle sue conoscenze negli ambienti finanziari, fece da mediatore tra Mussolini e alcuni gruppi industriali del Nord Italia, che si battevano per l'entrata in guerra, procurando i primi capitali e l'appoggio necessario alle operazioni tecniche per impiantare un nuovo quotidiano, socialista ma con una linea interventista<ref>[http://www.istitutobiggini.it/centenario-fondazione-de-popolo-ditalia/ Istituto Carlo Alberto Biggini - Centenario della fondazione de “Il Popolo d'Italia”]</ref>. Mussolini, infatti, aveva assunto una posizione favorevole all'ingresso dell'Italia nella [[prima guerra mondiale]]<ref>[http://www.grandeguerra.rai.it/articoli/fascismo-la-stampa-il-popolo-ditalia/6733/default.aspx Rai TV: Fascismo: la stampa. Il Popolo d`Italia]</ref>. Naldi mediò le sue relazioni con tali ambienti<ref>Enrico Veronesi, ''Il giovane Mussolini, 1900-1919: i finanziamenti del governo francese, l'oro inglese e russo, gli amori milanesi'', Milano, BookTime, 2007 - pag. 79</ref><ref>Claudio Mussolini, «Grande guerra, la verità su Mussolini interventista», ''Corriere della Sera'', 2 luglio 2002, p. 35.</ref><ref>Scrive Renzo De Felice: «Secondo Filippo Naldi, direttore del "[[Il Resto del Carlino|Resto del Carlino]]", alle prime spese per il giornale fecero fronte alcuni industriali di orientamento più o meno interventista o, almeno, interessati ad un incremento delle forniture militari: Esterle (Edison), Bruzzone (Unione zuccheri), Agnelli (Fiat), Perrone (Ansaldo), Parodi (armatori)». Cfr. [[Renzo De Felice]], ''Mussolini il rivoluzionario'', Einaudi, p. 277.</ref>.
<!--Critiche piuttosto accese furono mosse per questo, come anche per gli ingenti capitali utilizzati per finanziare la nascita del quotidiano, da parte di alcuni socialisti ed ex-socialisti, ma anche da parte di direttori di altri quotidiani e politici anti-giolittiani<ref>Vincenzo Tazzari, "''La polemica Secolo-Resto del Carlino; note illustrative per il dott. Filippo Naldi''", Bologna, Stabilimenti Poligrafici Riuniti, 1917.</ref>.-->
Da quell'anno Naldi fu controllato dalla polizia, che stese rapporti su di lui fino al 1920<ref name="Fasanotti2017">Pier Mario Fasanotti, ''Tra il Po, il monte e la marina. I romagnoli da Artusi a Fellini'', Neri Pozza, Vicenza, 2017, pp. 145-147.</ref><ref>Le mosse di Naldi verranno controllate anche dalla polizia del regime fascista dal 1925 al 1934.</ref>.
«[[Il Popolo d'Italia]]» vide la luce il 15 novembre [[1914]]<ref>James A.Gregor, ''Sergio Panunzio: il sindacalismo e il fondamento razionale del fascismo'', Roma, Volpe, 1978 - pag. 218</ref>; tuttavia, fin da subito, il rapporto di amicizia che si instaurò tra [[Benito Mussolini|Mussolini]] e Naldi iniziò ad essere guardato con sospetto da alcuni esponenti del partito socialista (soprattutto dall'ex amante<ref>Valeria Arnaldi, ''SPQR - Sono pettegoli questi romani. 2000 anni di gossip nella città eterna'', Roma, Ultra, 2014 -</ref> di Mussolini e dirigente socialista [[Angelica Balabanoff]]<ref>Indro Montanelli, ''Storia d'Italia - 11: L'Italia in camicia nera: 1919-3 settembre 1925'', Milano, BUR Rizzoli, 2011</ref>); ciò nonostante, esso rappresentò l'inizio di una collaborazione davvero proficua, tanto che permise al quotidiano di raggiungere ottimi risultati di vendita. Già nei primi mesi del 1915 Mussolini prese le distanze da lui.<ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-naldi_(Dizionario-Biografico)/?search=NALDI%2C%20Filippo Dizionario biografico degli italiani]</ref>
===
Nella primavera del [[1915]]<ref>Enrico Veronesi, ''Il giovane Mussolini, 1900-1919: i finanziamenti del governo francese, l'oro inglese e russo, gli amori milanesi'', Milano, BookTime, 2007 - pag. 66</ref> Naldi iniziò a manifestare l'intenzione di fondare un quotidiano interventista anche a [[Roma]]. L'iniziativa incontrò, però, una serie di difficoltà, che ne fecero ritardare l'uscita di oltre due anni<ref>Paolo Campioli, ''Filippo Naldi. Storia di un fidentino sconosciuto'', 2012.</ref><ref>Corrado Augias, ''Giornali e spie: faccendieri internazionali giornalisti corrotti e società segrete nell'Italia della Grande guerra'', Milano, A. Mondadori, 1983 - pag. 108</ref>.
Intanto, da direttore del Resto del Carlino, nel [[1917]] Naldi si laureò in giurisprudenza all'[[Università di Bologna]] discutendo una tesi su ''La teoria delle proporzioni definite nell'economia''<ref>[http://www.archiviostorico.unibo.it/it/struttura-organizzativa/sezione-archivio-storico/fascicoli-degli-studenti/filippo-naldi.asp?IDFolder=143&IDOggetto=92082&LN=IT&mCJ=&mCO=!%24Dphopnf%24!-!%24Opnf%24!&mCW=!BOE!%29%24Opnf%24!MJLF!%28%26gjmjqqp%26%28*!BOE!%29%24Dphopnf%24!MJLF!%28%26obmej%26%28*&NElemento=1 Archivio storico dell'Università di Bologna - Fascicoli degli studenti: Filippo Naldi]</ref>. Nel frattempo, poiché non aveva abbandonato il progetto di fondare un quotidiano interventista a Roma, sul finire di quell'anno riuscì finalmente a dare vita a «[[Il Tempo (1917)|Il Tempo]]», il cui primo numero uscì il 12 dicembre [[1917]]<ref>Gabriele Turi, ''Giovanni Gentile: una biografia'', Giunti Editore, 1995, p. 249.</ref><ref>Domenico Giuliotti - Giovanni Papini, ''Carteggio vol. I, 1913-1927'' (a cura di [[Nello Vian]]), Ed. di Storia e Letteratura, 1984, p. 12.</ref>. Tra il dicembre del 1917 e il 1919<ref>In realtà, come spiegano: a) Maria Malatesta in ''Il Resto del Carlino: potere politico ed economico a Bologna dal 1885 al 1922''; b) Alfonso Botti in ''Mario Missiroli - Giuseppe Prezzolini - Carteggio - 1906-1974'', Naldi potrebbe essersi dimesso dalla direzione del [[Il Resto del Carlino|Carlino]] il 10 marzo 1918. Tuttavia, le numerose cronotassi dei direttori del quotidiano, presenti anche in alcuni libri ufficiali sulla storia dello stesso (uno di questi è ''Il Resto del Carlino 1885-1985: un giornale nella storia d'Italia'' di Dino Biondi, commissionatogli dal Carlino in occasione del centenario della sua fondazione), confermano che la direzione di Naldi potrebbe, anzi dovrebbe, essere durata fino al 27 aprile 1919. Generando, però, di riflesso un’incompatibilità con quanto scritto da Malatesta e Botti. A dirimere il dubbio creato dall’esistenza delle suddette cronotassi potrebbe esserci riuscito, però, Ugo Bellocchi con il suo ''Il Resto del Carlino - Giornale di Bologna - con numerose illustrazioni e tre facsimili - Nell’antologia: gli articoli di sessanta “firme” illustri'', visto che, parlando delle dimissioni di Naldi, il giornalista reggiano non ha fatto riferimento a quelle da condirettore del quotidiano, bensì solo a quelle da direttore generale, forse degli [[Stabilimenti Poligrafici Riuniti]]. Quindi, il fatto che Dino Biondi abbia voluto far corrispondere il periodo ''24 dicembre 1913-27 aprile 1919'' con quello della direzione Carrara-Naldi, ed abbia voluto inserire questo dato addirittura nel suo libro succitato, potrebbe indicare che quanto scritto da Bellocchi sulle dimissioni di Naldi potrebbe riferirsi proprio a quelle da direttore generale della [[Stabilimenti Poligrafici Riuniti|SPR]] e non a quelle da condirettore del quotidiano.</ref> Naldi mantenne la direzione di due quotidiani: «Il Resto del Carlino» (Bologna)<ref>[[Il Resto del Carlino#Direttori|I direttori de Il Resto del Carlino]]</ref> e «Il Tempo» (Roma)<ref>[[Il Tempo (1917)#Direttori|I direttori de Il Tempo]]</ref>.
Fino alla fine degli [[anni 1910|anni Dieci]] l'attività di Naldi si svolse prevalentemente all'interno dei giornali che dirigeva, ma, a partire dal 1919, iniziò ad essere sempre meno legata ad essi, come dimostrano, ad esempio, i numerosi interventi, anche finanziari, che egli effettuò a favore di altri soggetti giornalistici e politici. Uno di questi fu compiuto a favore di un'associazione che rappresentava i reduci combattenti della Grande Guerra, l'[[Arditi|Associazione Arditi d'Italia]]<ref name="ReferenceC">Ferdinando Cordova, ''Arditi e legionari dannunziani'', Padova, Marsilio, 1969 - pag. 111</ref>. Nel 1920, insieme con il Generale [[Peppino Garibaldi]], nipote di [[Giuseppe Garibaldi|Giuseppe]]<ref name="ReferenceD">Ferdinando Cordova, ''Arditi e legionari dannunziani'', Padova, Marsilio, 1969 - pag. 109</ref>, appoggiò persino la nascita di «Le Fiamme»<ref name="ReferenceC"/>, un giornale degli Arditi diretto da [[Giuseppe Bottai]]<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-bottai_%28Dizionario-Biografico%29/ Giuseppe Bottai - Treccani]</ref>, e decise di farlo stampare nella propria tipografia. Nello stesso momento, i locali de «Il Tempo» diventarono una specie di punto di ritrovo per alcuni membri della suddetta associazione<ref name="ReferenceD"/>.
Sempre nel [[1919]], Naldi cedette la direzione del «Resto del Carlino» al fidato [[Mario Missiroli (giornalista)|Mario Missiroli]]<ref>Dino Biondi, ''Il Resto del Carlino 1885-1985: un giornale nella storia d'Italia'', Bologna, Poligrafici Editoriale, 1985 - pag. 431</ref> e tentò di entrare in Parlamento. Si candidò alle elezioni politiche in una lista [[Francesco Saverio Nitti|nittiana]], ma non fu eletto<ref name="DBI"/>. Nel corso dello stesso anno si recò a [[Zara]] insieme a [[Peppino Garibaldi]], per cercare di scalzare l'autorità di [[Gabriele D'Annunzio]] nella [[Reggenza italiana del Carnaro]], senza tuttavia riuscirvi. A partire dal [[1920]] fu anche "consigliere delegato per la parte politica" degli «[[Stabilimenti Poligrafici Riuniti]]»<ref>Maria Malatesta, ''Il Resto del Carlino: potere politico ed economico a Bologna dal 1885 al 1922'', Milano, Guanda, 1978 - pag. 328</ref>, la casa editrice del «Resto del Carlino».
Ceduto «Il Tempo» a [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]], nell'autunno [[1921]], Naldi impiegò il denaro ricavato per acquisire la proprietà del «Resto del Carlino»<ref name="DBI">{{DBI|nome = Filippo Naldi|nomeurl = filippo-naldi|autore = Mauro Canali|anno = 2012|volume = LXXVII|accesso = 15 dicembre 2015}}</ref>. Si indebitò però fortemente con le banche.
=== Filippelli e il caso Matteotti ===
Nel [[1922]], grazie alla mediazione dell'avvocato cosentino [[Filippo Filippelli]], cedette la sua quota del «Resto del Carlino» a [[Tomaso Monicelli]] (il quale sostituì Naldi anche alla direzione del quotidiano bolognese)<ref name="DBI"/>.
La riuscita dell'operazione valse a Filippelli l'assegnazione della direzione del ''[[Corriere Italiano (1923-1924)|Corriere Italiano]]'', direzione che mantenne fino al giugno del [[1924]], quando venne coinvolto nel delitto di [[Giacomo Matteotti]]. Filippelli infatti noleggiò l'autovettura con cui il deputato socialista fu rapito e nella quale fu probabilmente ucciso<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-filippelli_%28Dizionario-Biografico%29/ Filippo Filippelli - Treccani]</ref>. Dopo il delitto, la polizia risalì immediatamente all'identità del pagatore del noleggio attraverso la targa del veicolo<ref name="ref_A">Mauro Canali, ''Il delitto Matteotti'', Bologna, Il Mulino, 2004 - pag. 162</ref> e così, subito dopo il riconoscimento, venne emesso un ordine di arresto<ref name="fncrsi.altervista.org">[http://fncrsi.altervista.org/il_delitto_matteotti_150218.pdf Maurizio Barozzi, ''Il delitto Matteotti'', Roma, 2015] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160817012042/http://fncrsi.altervista.org/il_delitto_matteotti_150218.pdf |data=17 agosto 2016 }}</ref> a suo carico, sollecitato espressamente da Mussolini; inoltre, su tutti i quotidiani italiani fu pubblicata la sua foto segnaletica<ref name="ReferenceA">Claudio Fracassi, ''Matteotti e Mussolini - 1924 - Il delitto del Lungotevere'', Milano, Mursia, 2004 - pag. 298</ref>. A causa di ciò, Filippelli decise di tentare la fuga all'estero.
Il 15 giugno [[1924]], poco dopo la scomparsa di Matteotti e poco prima del tentativo di fuga<ref name="ReferenceA"/>, Naldi aveva accolto Filippelli nel suo castello di [[Vigoleno]]<ref name="ReferenceA"/>, sulle colline a 20 km da Borgo San Donnino. Tuttavia, a causa dello stato di agitazione del collega, provocato dall'essere stato riconosciuto, poche ore prima, da alcune persone presso la stazione del capoluogo, i due erano stati costretti a trasferirsi presso l'albergo ''Aquila Romana'' di Borgo San Donnino, insieme anche al giornalista del ''Corriere Italiano'', Giuseppe Galassi. Anche questa sosta, però, non era durata a lungo, visto che, subito dopo l'arrivo, erano stati costretti a fuggire di nuovo per eludere l'intervento di un commissario di polizia<ref name="ReferenceA"/>.
Tale fuga ebbe una eco improvvisa in tutta Italia<ref name="ReferenceB">Claudio Fracassi, ''Matteotti e Mussolini - 1924 - Il delitto del Lungotevere'', Milano, Mursia, 2004 - pag. 299</ref>. Il giorno successivo tutta la stampa criticò la polizia, accusandone il capo [[
[[Cesare Rossi]], nel suo memoriale, sostenne che il suo arresto forniva un "contributo di verosimiglianza" al diversivo secondo cui il delitto era stato determinato da influenze affaristiche, che "Mussolini tentò finché poté, fiancheggiato in questo suo sforzo dai fratelli Perrone, i noti industriali siderurgici, i quali sul giornale di loro proprietà ''Il Messaggero'' vollero approfittare dell'occasione per colpire gruppi industriali e bancari loro concorrenti"<ref>Mauro Canali, “Documenti inediti sul delitto Matteotti. Il memoriale Rossi del 1927 e il carteggio Modigliani,” in [[Storia Contemporanea (rivista)|Storia Contemporanea]], n. 4, agosto 1994, p. 586.</ref>. Tuttavia, dopo quattro mesi trascorsi a Regina Coeli<ref name="ref_B">Giovanni Greco, ''Stampa e regno del Sud: la Gazzetta del Mezzogiorno, il primo grande quotidiano dell'Italia liberata'', Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1976 - pag. 87</ref>, il 14 ottobre 1924<ref name="ReferenceE"/> Naldi fu scarcerato<ref>[[Corriere della Sera]], 18 ottobre 1924, p. 2 (“La situazione dei presunti mandanti nell’istruttoria del processo Matteotti”) notò come “la scarcerazione del dott. Filippo Naldi abbia fatto cadere la tesi, sostenuta da qualche giornale, della [[Scandalo dei petroli (1924)#Le ipotesi di corruzione e l'assassinio di Matteotti|causale affaristica del delitto Matteotti]]. Bisogna riconoscere invero che la manovra era stata abbandonata da molto tempo, a causa appunto della sua palese artificiosità”.</ref>. Successivamente fu prosciolto per [[amnistia]]<ref name="ReferenceA"/><ref>Claudio Fracassi, ''Matteotti e Mussolini'', Milano, Mursia, 2004. ISBN 88-425-3281-9</ref>.
=== Gli anni francesi ===
In quegli anni, oltre ad essere stato accusato di favoreggiamento per aver coperto Filippo Filippelli durante la sua latitanza, Naldi fu inquisito e ricercato per la [[bancarotta]] del Banco Adriatico di Cambio<ref name="DBI"/><ref>Sergio Fumich, ''Antifascismo e Resistenza a Brembio e Secugnago'', Brembio, Fatti e parole, 2012 - pag. 11</ref>. Per tali motivi, nel 1926 Naldi decise di lasciare definitivamente l'Italia e di trasferirsi in Francia<ref name="DBI"/>, in veste di socialista<ref name="ReferenceF">ACS - CPC - B.3477</ref> anti-fascista<ref>Élisabeth Vailland, ''Drôle de vie'', Paris, Lattès, 2007</ref>.
Durante la sua permanenza in terra francese, Naldi si laureò in chimica<ref>{{cita news|autore=[[Roberto Ducci]]|url=https://www.archiviocederna.it/pdf//articoli/655/00655_08_001.pdf|titolo=Pippo o la felicità|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=18 gennaio 1973|accesso=28 novembre 2023}}</ref> e fu dirigente e consulente di alcune società petrolifere<ref name="ReferenceF"/>, riuscendo così a mettere a frutto l'esperienza che aveva maturato durante la prima metà degli [[anni 1920|anni Venti]], collaborando con alti funzionari di alcuni noti colossi petroliferi statunitensi ([[Standard Oil]] e [[Sinclair Oil Corporation|Sinclair Oil]])<ref>Mauro Canali, ''Il delitto Matteotti: affarismo e politica nel primo governo Mussolini'', Bologna, Il Mulino, 1997 - pag. 130</ref> che, con l'aiuto dei funzionari del [[governo Mussolini]]<ref name="DBI"/><ref>Giuseppina Mellace, ''Delitti e stragi dell'Italia fascista dal 1922 al 1945: i casi più eclatanti dell'epoca, oltre la cronaca nera'', Roma, Newton Compton, 2015</ref>, erano riusciti ad ottenere l'autorizzazione alla ricerca del petrolio in Italia<ref>{{cita web |url=http://www.italiasociale.org/storia07/storia010407-2.html |titolo=Copia archiviata |accesso=16 febbraio 2010 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080720001345/http://www.italiasociale.org/storia07/storia010407-2.html |dataarchivio=20 luglio 2008 }}</ref>.
=== Il ritorno in Italia ===
Il [[Secondo conflitto mondiale]] coinvolse la Francia fin dal 1939. Naldi ebbe contatti sia con anti-fascisti fuoriusciti che, dopo la sconfitta francese, con funzionari del [[Governo di Vichy]]<ref name="ReferenceG">Giorgio Petracchi, ''Al tempo che Berta filava: una storia italiana 1943-1948'', Milano, Mursia, 1995 - pp. 50, 51</ref>, tra Parigi e Avignone<ref name="ReferenceF"/><ref>Luigi Sturzo, ''Scritti inediti - Volume 3: 1940-1946'', Roma, Cinque lune - Istituto Luigi Sturzo, 2001</ref>. Nel [[1942]] Naldi si trasferì da Parigi ad [[Avignone]]. Dalla cittadina del sud della Francia riuscì a far passare in Spagna e in Svizzera centinaia di [[ebrei]], aiutato dal viceconsole italiano di Marsiglia<ref name="Fasanotti2017"/>. <br/>
Naldi ritornò in Italia subito dopo la [[caduta del fascismo]]<ref name="ReferenceG"/>. Al rientro in Italia, avvenuto il 9 agosto 1943, Naldi aveva sessantacinque anni. Appoggiò il nuovo capo del governo [[Pietro Badoglio]]<ref name="fncrsi.altervista.org"/> e collaborò all'organizzazione dei movimenti di Resistenza<ref name="ReferenceG"/>. Fondò il Partito democratico liberale, che il 5 gennaio 1944 organizzò a Bari il primo e unico congresso, e un giornale del partito.
Nominato commissario dell'ufficio stampa del Governo<ref name="ref_B" /> guidato dal Maresciallo d'Italia<ref>Marco Ruzzi, ''Gli Italian Pioneer nella guerra di liberazione: a fianco degli alleati dalla Puglia alla Venezia Giulia, 1943-45'', F.lli Frilli, 2004 - pag. 82</ref><ref>{{cita web|url=https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1943-1-luglio---31-dicembre|titolo=Cronologia 1943|accesso=15 gennaio 2016|dataarchivio=28 settembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150928215713/https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1943-1-luglio---31-dicembre|urlmorto=sì}}</ref>, svolse le proprie funzioni tra [[Brindisi]] e [[Bari]], affiancando lo stesso Badoglio e [[Vittorio Emanuele III]]<ref>[[Peter Tompkins]], ''Dalle carte segrete del duce: Momenti e protagonisti dell'Italia fascista nei National Archives di Washington'', Milano, Mondolibri, 2002 - pag. 382.</ref>.
Nel gennaio 1944 a Londra, nel corso di un intervento alla Camera dei comuni, il ministro degli Esteri [[Anthony Eden]] affermò di aver richiamato l’attenzione della Commissione di controllo alleata in Italia sul caso di Naldi, capo dell’ufficio stampa del governo Badoglio.
Nel febbraio 1944, dovette quindi lasciare la carica e venne sostituito dal cuneese Nino Bolla<ref>{{Cita web |url=https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1944-1-gennaio---30-giugno |titolo=1 febbraio 1944: Brindisi, Filippo Naldi si dimette da capo dell'ufficio stampa del governo ed è sostituito da Nino Bolla |accesso=2 giugno 2016 |dataarchivio=4 ottobre 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161004113420/https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1944-1-gennaio---30-giugno |urlmorto=sì }}</ref>.
===Il secondo dopoguerra===
Sul Naldi del secondo dopoguerra si sa ben poco. Sappiamo per certo, però, che, dopo la caduta del fascismo, aveva continuato ad occuparsi di politica, giornalismo ed affari, anche al di fuori delle istituzioni e, soprattutto, a favore di quasi tutti i partiti politici, anche di sinistra. È stato Giorgio Petracchi<ref name="ReferenceG"/>, a mettere in evidenza l’attività chiaramente anti-fascista svolta da Naldi dopo la caduta del regime di Mussolini, e a collegarla a quella di attivista socialista fuoriuscito che il giornalista aveva svolto in Francia, a partire dal 1925-1926, e fino al luglio 1943.
Subito dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944) , Filippo Naldi fondò un nuovo quotidiano nella Capitale, il «Giornale della Sera», con cui appoggiò la battaglia [[Nascita della Repubblica Italiana|referendaria]] a favore di [[Umberto II di Savoia]]<ref name=autogenerato2>Dino Biondi, "''Il Resto del Carlino 1885-1985: un giornale nella storia d'Italia''", Bologna, Poligrafici Editoriale, 1985 - pag. 191</ref>. L'anno seguente, Filippo Naldi fu accusato, nell'ambito del secondo processo Matteotti, di favoreggiamento dell'imputato Filippelli. L’istruttoria terminò il 27 marzo 1946 con la richiesta di rinvio a giudizio. Nell'agosto 1946 fu emanato il decreto presidenziale di amnistia e indulto. In quel periodo fu contattato dal governo, forse da [[Alcide De Gasperi]] in persona, per portare a conclusione una delicata trattativa per la cessione di alcuni residuati bellici alleati allo [[Israele|stato d'Israele]]<ref>Yeoshua Freundlich, "''Documents on the foreign policy of Israel - Volume 5 - 1950 - Companion volume''", Jerusalem, State of Israel - Israel state archives, 1988</ref>, che era presieduto, allora, dal suo amico<ref>Indro Montanelli, "''Busti al Pincio''", Milano, Longanesi & C., 1953 - pag. 71.</ref> [[Chaim Weizmann]].
Dopo il [[Nascita della Repubblica Italiana#Il referendum istituzionale del 1946|referendum istituzionale del 1946]], e la conseguente proclamazione della Repubblica, Naldi si stabilì nuovamente a Parigi per studiare chimica, anche forse per approfondire la sua conoscenza dei prodotti derivati dalla lavorazione del petrolio. Nel 1951 trasferì anche la propria residenza nel Paese transalpino<ref name=autogenerato3>4 novembre 1951, Comune di Roma - Servizi demografici - Certificazione anagrafica del 9 settembre 2010 relativa a Naldi Filippo</ref>. L'abitazione capitolina presso cui visse fino al 1946 e, in una seconda fase, dal 1965 al 1968<ref name="autogenerato3"/>, dopo il ritorno da Parigi, si trovava al numero 16 di via di Propaganda. Nella stessa abitazione visse a lungo anche la moglie Raisa Grigor'evna Ol'kenickaja, fino al giorno della sua scomparsa, avvenuta il 18 gennaio 1978<ref>[http://www.russinitalia.it/dettaglio.php?id=298 Raissa Olkienizkaia nel sito “Russi in Italia”]</ref>.
L’ultimo domicilio capitolino conosciuto del giornalista fu quello del 36 di Via delle Carrozze. In questo luogo visse fino al giorno della sua morte, avvenuta il 18 ottobre 1972, poco dopo la partecipazione a ''Nascita di una dittatura'', una celebre trasmissione televisiva condotta dal giornalista [[Sergio Zavoli]] che venne trasmessa dalla RAI<ref name="autogenerato2"/>. Esso fu uno dei due soli interventi pubblici di un certo rilievo che Naldi volle effettuare nel secondo dopoguerra, anche per raccontare la sua versione dei fatti in merito al Ventennio fascista. Il primo era stato effettuato nel 1960 in occasione di una lunga intervista rilasciata al giornalista e critico musicale Giorgio Bontempi per il quotidiano romano «[[Il Paese]]»<ref>Adele Cambria, ''Nove dimissioni e mezzo: le guerre quotidiane di una giornalista ribelle'', Roma, Donzelli editore, 2010 - pag. 99</ref><ref>Enrico Veronesi, “Il giovane Mussolini, 1900-1919: i finanziamenti del governo francese, l'oro inglese e russo, gli amori milanesi”, Milano, BookTime, 2007 - pag. 99</ref>.
==Affiliazione massonica==
Filippo Naldi fu affiliato all'[[Massoneria in Italia|obbedienza massonica]] della [[Gran Loggia d'Italia]]<ref>[[Peter Tompkins]], ''Dalle carte segrete del Duce. Momenti e protagonisti dell'Italia fascista nei National Archives di Washington'', Milano, Marco Tropea, 2001, pp. 38 e successive</ref> e alla [[Grande Oriente d'Italia#Giuseppe Mazzoni e la loggia "Propaganda Massonica"|Loggia "Propaganda Massonica"]] del [[Grande Oriente d'Italia]], antesignana della [[P2]]<ref>Silverio Corvisieri, ''Il mago dei generali - Poteri occulti nella crisi del fascismo e della monarchia'', Odradek, Roma - p. 200.</ref>.
== Onorificenze ==
Secondo Teodoro Rovito, Naldi fu nominato [[Ordine della Corona d'Italia|Commendatore della Corona d'Italia]]<ref name="ReferenceH"/>.
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* Vincenzo Tazzari, ''La polemica Secolo-Resto del Carlino; note illustrative per il dott. Filippo Naldi'', Bologna, Stab. Poligr. Riuniti, 1917.
* Teodoro Rovito, ''Letterati e giornalisti italiani contemporanei : dizionario bio-bibliografico'', Napoli, Teodoro Rovito Editore, 1922.
* Joseph Caillaux, ''Davanti alla storia: le mie prigioni'', Roma, Rassegna Internazionale, 1925.
* Luigi Salvatorelli, Giovanni Mira, ''Storia d'Italia nel periodo fascista'', Torino, Einaudi, 1956.
* [[Indro Montanelli]], "Pippo Naldi faccendiere", in ''Gli Incontri'', Milano, Rizzoli, 1961.
* [[Renzo De Felice]], ''Mussolini il rivoluzionario 1883-1920'', Torino, Einaudi, 1965.
* Maria Malatesta, ''Il Resto del Carlino : potere politico ed economico a Bologna dal 1885 al 1922'', Milano, Guanda, 1978.
* [[Benito Mussolini]], ''Opera omnia di Benito Mussolini'', Firenze, La Fenice, 1980.
* Mauro Canali, ''Il delitto Matteotti'', Bologna, Il Mulino, 1997. ISBN 88-15-05709-9.
* [[Peter Tompkins]], ''Dalle carte segrete del Duce. Momenti e protagonisti dell'Italia fascista nei National Archives di Washington'', Milano, Marco Tropea, 2001.
* Claudio Mussolini, ''La parentesi'', Milano, Baldini & Castoldi, 2002. ISBN 88-8490-195-2.
* Claudio Fracassi, ''Matteotti e Mussolini'', Milano, Mursia, 2004. ISBN 88-425-3281-9.
* Ferdinando Cordova, ''Arditi e legionari dannunziani'', Roma, Manifesto libri, 2007. ISBN 88-7285-500-4.
== Voci correlate ==
* [[Vilfredo Pareto]]
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
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* {{cita web | 1 = https://www.filipponaldi.it/ | 2 = Sito web dedicato a Filippo Naldi | accesso = 20 aprile 2018 | dataarchivio = 16 maggio 2017 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20170516084423/http://filipponaldi.it/ | urlmorto = sì }}
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