Volontà: differenze tra le versioni
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[[File:Durandelle Opera Statues decoratives 23 Volonte detail.jpg|thumb|upright=0.9|''La Volontà'', statua dello scultore [[Francia|francese]] [[Louis-Charles Janson]] per l'[[Opéra national de Paris|Opéra di Parigi]] (1875)]]
La '''volontà''' è la [[Determinazione (psicologia)|determinazione]] fattiva e intenzionale di una persona ad intraprendere una o più [[azione (filosofia)|azioni]] volte al raggiungimento di uno scopo preciso.
La
Esempi di volontà possono essere il [[desiderio (filosofia)|desiderio]] di lasciare un'eredità ai figli e/o ai parenti, o il proposito di comprare una casa. Generalmente la volontà rappresenta la facoltà di una persona di scegliere e raggiungere con sufficiente convinzione un dato obiettivo. Da un punto di vista esclusivo, la volontà di una persona è la sua capacità di non farsi [[Condizionamento (psicologia)|condizionare]] dalle altre persone. In questo senso, la volontà si può accomunare alla parola [[assertività]].
== Questioni filosofiche ==
Quello di volontà è un concetto fondamentale e a lungo dibattuto nell'ambito della [[storia della filosofia|filosofia]], in quanto inestricabilmente legato all'interpretazione dei concetti di [[libertà]] e [[virtù]]. Particolarmente problematico è poi il suo rapporto con le interpretazioni [[meccanicismo|meccanicistiche]] del mondo: se l'uomo sia capace di atti volitivi che, in quanto tali, rompono il meccanicismo della [[realtà]], o se invece la sua volontà sia determinata dalle leggi che regolano l'universo, e sia quindi snaturata e priva di ogni valore morale. Sono qui evidenti i rapporti col concetto di [[libertà]].
=== La concezione intellettualistica dei Greci ===
[[File:Socrates Louvre.jpg|thumb|
Una visione [[intellettualismo|intellettualistica]] della volontà, condizionata dal sapere, era nelle tesi di [[Socrate]] basate sul principio della naturale attrazione verso il [[
Il male quindi non dipende da una libera volontà, ma è la conseguenza dell'[[ignoranza]] umana che scambia il male per bene, proiettando quest'ultimo sui piaceri o su qualità esteriori.
[[Platone]]
Nel [[mito della Caverna]] Anche per [[Aristotele]] un'azione volontaria e libera è quella che nasce dall'individuo e non da condizionanti fattori esterni,
Nello [[stoicismo]] è centrale il tema della volontà del saggio che aderisce perfettamente al suo dovere (''kathèkon''), obbedendo a una forza che non agisce esteriormente su di lui, bensì dall'interno. Siccome tutto avviene secondo necessità, la volontà consiste nell'accettare con favore il destino, qualunque esso sia, altrimenti si è comunque destinati a farsi trascinare da esso contro voglia.<ref>Gli stoici in proposito paragonano la relazione uomo-Universo a quella di un cane legato ad un carro. Il cane ha due possibilità: seguire armoniosamente la marcia del carro o resisterle. La strada da percorrere sarà la stessa in entrambi i casi. L'idea centrale di questa metafora è espressa in modo sintetico e preciso da [[Seneca]], quando sostiene: «Il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è riluttante» (Seneca, ''Epist.'', 107, 10).</ref> Il dovere stoico non è quindi da intendersi come un esercizio forzato di vita, ma sempre come il risultato di una libera scelta, effettuata in conformità con le leggi del Lògos. E poiché il Bene consiste appunto nel vivere secondo ragione, il male è solo ciò che in apparenza vi si oppone.
[[Plotino]], rifacendosi a Platone, sostenne analogamente che il male non ha consistenza, essendo soltanto una privazione del Bene che è l'[[Uno (filosofia)|Uno]] assoluto. La volontà umana consiste quindi nella capacità di ritornare all'origine indifferenziata del tutto attraverso l'[[estasi]], la quale però non può essere mai il risultato di un'azione pianificata o deliberata. Si ha infatti in Plotino la rivalutazione del procedere [[inconscio]], dato che il pensiero cosciente e puramente logico non è sufficiente. Lo stesso Uno genera da sé i livelli spirituali a lui inferiori non in vista di uno scopo finale, ma in una maniera non razionalizzabile, poiché l'attività giustificatrice della ragione prende ad agire solo ad un certo punto della discesa in poi.<ref>
=== Il volontarismo del Cristianesimo ===
Il concetto di volontà divenne centrale nel pensiero cristiano per la sua stretta relazione con i concetti di [[peccato]] e virtù
La buona volontà, e non più la razionalità, è quella che consente di volgersi alla realizzazione del Bene. Ma non è possibile
[[File:Antonello da Messina 009.jpg|thumb|
Permase tuttavia l'aspetto [[conoscenza|conoscitivo]] della volontà, che si verifica attraverso un'[[Illuminazione (cristianesimo)|illuminazione]] dell'[[intelletto]] per opera dello [[Spirito Santo]]. Volontà e conoscenza rimasero così per [[Sant'Agostino d'Ippona|Agostino]] indissolubilmente legati: non si può credere senza capire, e non si può capire senza credere.<ref>Questo è il senso della celebre affermazione agostiniana ''[[credo ut intelligam]]'', e ''[[intelligo ut credam]]''.</ref> La virtù che ne scaturisce divenne così la volontà di aderire al disegno divino.
==== Agostino contro Pelagio ====
In polemica contro [[Pelagio]], Agostino aggiunse che la volontà umana è stata irrimediabilmente corrotta dal [[peccato originale]], che ha inficiato la nostra capacità di compiere delle scelte, e quindi la nostra stessa libertà. A causa del peccato originale
Il conflitto tra la scelta operata dal libero arbitrio e l'impossibilità di attuarla secondo libertà denota una condizione di duplicità della volontà: non si tratta di un disaccordo tra la volontà e l'[[intelletto]], né tra due principi contrapposti in forma [[manichea]], bensì di un conflitto tutto interno alla volontà, che è come dilaniata: sente di volere, ma non completamente, e quindi in un certo senso vorrebbe volere.<ref>Ugo e Annamaria Perone, Giovanni Ferretti, Claudio Ciancio, ''Storia del pensiero filosofico'', vol. I, Torino, SEI, 1975.</ref>
{{citazione|Il comando della volontà riguarda se stessa, non altro da sé. Quindi non è tutta la volontà che comanda; per questo il suo comando non si realizza. Se fosse tutta, infatti, non comanderebbe di essere, poiché già sarebbe. [...] Allora le volontà sono due, poiché nessuna è intera e nell'una è presente ciò che è assente nell'altra.|Agostino, ''[[Confessioni (Agostino)|Confessioni]]'', VIII, 9, 21; ''Opera Omnia di Sant'Agostino'', a cura della «Nuova Biblioteca Agostiniana» (abbreviata in NBA), I, p. 240, Roma, Città Nuova, 1965 ''<small>ss.</small>''<ref>Trad. in Donatella Pagliacci, ''Volere e amare: Agostino e la conversione del desiderio'', pag. 184, Città Nuova, 2003.</ref>}}
==== Intelletto e volontà nella Scolastica ====
[[File:Saint Thomas Aquinas.jpg|upright=0.7|thumb|[[Tommaso d'Aquino]].<ref>Dipinto di [[Fra Angelico]] ([[Museo Nazionale di San Marco]], Firenze).</ref>]]
Il connubio tra intelletto e volontà permase nelle opere di [[Scoto Eriugena]], e soprattutto di [[Tommaso d'Aquino]], secondo cui il libero arbitrio non è in contraddizione con la [[predestinazione]] alla salvezza, poiché la libertà umana e l'azione divina della Grazia tendono ad unico fine, ed hanno una medesima causa, cioè Dio. Tommaso, come [[Bonaventura da Bagnoregio]], sostenne inoltre che l'uomo ha [[sinderesi]], ovvero la naturale disposizione e tendenza al bene e alla conoscenza di tale bene. Per Bonaventura tuttavia la volontà ha il primato sull'intelletto.
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Al fideismo aderì il francescano [[Guglielmo di Ockham]], esponente della corrente [[nominalismo|nominalista]], il quale radicalizzò la teologia di Scoto, affermando che Dio non ha creato il mondo per «intelletto e volontà» come sosteneva Tommaso d'Aquino, ma per sola volontà, e dunque in modo arbitrario, senza né regole né leggi. Come Dio, anche l'essere umano è del tutto libero, e solo questa libertà può fondare la moralità dell'uomo, la cui salvezza però non è frutto della predestinazione, né delle sue opere. È soltanto la volontà di Dio che determina, in modo del tutto inconoscibile, il destino del singolo essere umano.
==== Le dispute tra Lutero, Erasmo, Calvino ====
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Con l'avvento della [[Riforma protestante|Riforma]], [[Martin Lutero]] fece propria la teoria della [[predestinazione]] negando alla radice l'esistenza del [[libero arbitrio]]: non è la buona volontà che consente all'uomo di salvarsi, ma solo la [[fede]], infusa dalla grazia divina. È solo Dio, quello ''[[Deus absconditus|absconditus]]'' della tradizione
{{citazione|La volontà umana è posta tra i due <nowiki>[</nowiki>[[Dio]] e [[Satana]]<nowiki>]</nowiki> come un [[cavallo|giumento]], il quale, se sul dorso abbia Dio, vuole andare e va dove vuole Dio, [...] se invece sul suo dorso si sia assiso Satana, allora vuole andare e va dove vuole Satana, e non è sua facoltà di correre e cercare l'uno o l'altro cavalcatore, ma i due cavalcatori contendono fra loro per averlo e possederlo.|Lutero, ''[[De servo arbitrio]]''<ref>Cit. in ''Memorie di religione, di morale e di letteratura'', pag. 173, serie terza, tomo V, Modena, 1847.</ref>}}
Alla dottrina del ''[[servo arbitrio]]'' invano [[Erasmo da Rotterdam]] replicò che il libero arbitrio è stato sì viziato ma non distrutto completamente dal peccato originale, e che senza un minimo di libertà da parte dell'uomo la giustizia e la misericordia divina diventano prive di significato.<ref>Erasmo da Rotterdam, ''[[De libero arbitrio]]'', 1524. In esso, particolarmente incisivo è l'esempio che Erasmo presenta per supportare la sua soluzione, di un padre e il suo figliolo che vuole cogliere un frutto. Il padre alza nelle sue braccia il figlio che ancora non sa camminare, che cade e che fa degli sforzi disordinati; gli mostra un frutto posato davanti a lui; il bambino vuole correre a prenderlo, ma la sua debolezza è tale che cadrebbe se il padre non lo sostenesse e guidasse. È quindi solo grazie alla conduzione del padre (la Grazia di Dio) che il bambino arriva al frutto che sempre suo padre gli offre; ma il bambino non sarebbe riuscito ad alzarsi se il padre non l'avesse sostenuto, non avrebbe visto il frutto se il padre non glielo avesse mostrato, non sarebbe potuto avanzare senza la guida del padre, non avrebbe potuto prendere il frutto se il padre non glielo avesse concesso. Cosa potrà arrogarsi il bambino come sua autonoma azione? Malgrado nulla avrebbe potuto compiere con le sue forze senza la Grazia, ciò nonostante ha pur fatto qualcosa.</ref>
Alla concezione volontaristica di Dio aderì tra gli altri [[Giovanni Calvino]], che radicalizzò il concetto di predestinazione fino a interpretarlo in un senso rigorosamente [[determinismo|determinista]]. È la [[Provvidenza]] a guidare gli uomini, indipendentemente dai loro meriti, sulla base della [[prescienza]] e onnipotenza divina. L'uomo tuttavia può ricevere alcuni "segni" del proprio destino ultraterreno in base al successo o meno ottenuto nella propria vita politica ed economica.
==== La dottrina molinista e giansenista ====
Anche all'interno della [[Chiesa
* la prescienza di Dio e la libera volontà umana sono compatibili, poiché Dio può ben prevedere nella sua onnipotenza la futura adesione dell'uomo alla grazia da lui elargita;
* questo piano di salvezza si attua per una valenza positiva attribuita alla volontà umana, in quanto neppure il peccato originale ha spento l'aspirazione dell'uomo alla salvezza.
[[File:Cornelius Jansen.jpg|thumb|upright=0.7|[[Giansenio]]]]
A lui si contrappose [[Giansenio]], fautore di un ritorno ad [[Agostino d'Ippona|Agostino]]: secondo Giansenio l'uomo è corrotto dalla concupiscenza, per cui senza la grazia è destinato a peccare e compiere il male; questa corruzione viene trasmessa ereditariamente. Il punto centrale del sistema di Agostino risiedeva per i [[giansenismo|giansenisti]] nella differenza essenziale tra il governo divino della grazia prima e dopo la caduta di [[Adamo]]. All'atto della creazione Dio avrebbe dotato l'uomo di piena libertà e della «grazia sufficiente», ma questi l'aveva persa con il peccato originale. Allora Dio avrebbe deciso di donare, attraverso la morte e resurrezione di Cristo, una «grazia efficace» agli uomini da lui predestinati, resi giusti dalla fede e dalle opere.
Le divergenze tra le due posizioni, che diedero vita a una disputa tra i religiosi di [[Port-Royal des Champs|Port-Royal]] e i [[gesuiti]] [[molinismo|molinisti]], saranno risolte con il formulario ''Regiminis apostolicis'' del 1665.
=== La concezione del pensiero moderno ===
Nell'ambito della concezione religiosa della libertà il [[filosofia moderna|pensiero moderno]] ha assunto una visione razionalista con [[Cartesio]] che, identificando la volontà con la libertà, concepiva quest'ultima in senso intellettuale come scelta impegnativa di cercare la verità tramite il [[dubbio]].<ref>Cartesio, ''Principia'', I, 41</ref> Una cattiva volontà è ciò che può essere di ostacolo in questa ricerca e causa l'insorgere degli errori.
Mentre però Cartesio si arenò nella duplice accezione di ''[[res cogitans]]'' e ''[[res extensa]]'', attribuendo assoluta volontà alla prima e passività meccanica alla seconda, [[Baruch Spinoza|Spinoza]] si propose di conciliarle in un'unica sostanza, riprendendo il tema stoico di un Dio immanente alla Natura, dove tutto avviene secondo necessità. La libera volontà dell'uomo dunque non è altro che la capacità di accettare la legge universale ineluttabile che domina l'universo.<ref>
[[File:Gottfried Wilhelm von Leibniz.jpg|thumb|upright=0.7|[[Leibniz]].<ref>Dipinto di [[Christoph Bernhard Francke]] ([[Herzog Anton Ulrich-Museum]], [[Braunschweig]]).</ref>]]
==== Leibniz ====
[[Leibniz]] accettò l'idea della volontà come semplice autonomia dell'uomo, ossia accettazione di una legge che egli stesso riconosce come tale, ma cercando di conciliarla con la concezione cristiana della libertà individuale e della conseguente responsabilità.<ref>Egli sostenne infatti che «quando si discute intorno alla libertà del volere o del libero arbitrio, non si domanda se l'uomo possa far ciò che vuole, bensì se nella sua volontà vi sia sufficiente indipendenza» (Leibniz, ''Nuovi saggi'', II, 21).</ref> Egli ricorse pertanto al concetto di [[monade]], ossia "centro di forza" dotato di una propria volontà, che sussiste insieme ad altre infinite monadi, tutte inserite in un quadro di [[armonia prestabilita]], la quale però non è dominata da una razionalità rigidamente meccanica. Si tratta di una razionalità superiore, voluta da Dio per un'esigenza di moralità, da comprendere in un'ottica [[finalismo|finalistica]], nella quale anche il male trova la sua giustificazione: come elemento che nonostante tutto concorre al bene e che ''all'infinito'' si risolve in quest'ultimo.
====
[[File:Immanuel Kant - Gemaelde 2.jpg|thumb|left|upright=0.6|[[Kant]].<ref>Ritratto di Johann Gottlieb Becker, 1768 ([[Herzog Anton Ulrich-Museum]]).</ref>]]
Per [[Kant]] la volontà è lo strumento che ci permette di agire, obbedendo sia agli imperativi ipotetici (in vista di un obiettivo), sia a quelli [[imperativo categorico|categorici]], dettati unicamente dalla legge morale. Solo nel caso degli imperativi categorici la volontà è ''pura'', perché in tal caso non comanda alcunché di particolare: essa è formale, cioè prescrive solo come la volontà debba atteggiarsi, non quali singoli atti deve compiere.
In un mondo dominato dalle leggi deterministiche della natura (fenomeni), la volontà morale è ciò che rende possibile la libertà, perché obbedisce ad un comando che essa stessa si è liberamente dato, non certo in maniera arbitraria, bensì conformemente alla sua natura razionale (noumeno). Essa però non comanda il "Bene": per Kant l'unica cosa buona è la volontà intrinsecamente buona.
Riprendendo il Kant della ''Critica del Giudizio'', [[Fichte]] e [[Friedrich Schelling|Schelling]] esaltarono la volontà come assoluta attività dell'[[Io (filosofia)|Io]], o dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]], in contrapposizione alla passività del non-io, o della Natura, nell'ottica però di un rapporto [[dialettica|dialettico]] che si risolve nella supremazia dell'[[etica]] per il primo, o dell'[[arte]] per il secondo.
Per [[Hegel]] invece un tale rapporto si risolve nella supremazia della [[Ragione]] [[dialettica]] stessa, dando adito alle critiche di chi, come Schelling, sostenne l'impossibilità di ricondurre un libero atto di volontà entro il rigido schema razionale della dialettica.<ref>Schelling, ''Filosofia della rivelazione'' (1854).</ref>
=== Schopenhauer e Nietzsche ===
{{vedi anche|Volontà di potenza}}
[[File:Schopenhauer by Jules Lunteschütz.jpg|thumb|upright=0.7|[[Schopenhauer]]]]
Il tema della volontà è centrale nel pensiero di [[Schopenhauer]], il quale, riprendendo Kant, sostenne che l'essenza del [[noumeno]] è proprio la volontà. In polemica contro Hegel, secondo Schopenhauer la natura e il mondo non hanno un'origine razionale, ma nascono da un istinto irrazionale di vita, da una pulsione informe e incontrollata che è appunto volontà. Non c'è dunque spazio per l'ottimismo della ragione, dal momento che questa volontà di vivere sfrenata e arbitraria è causa di sofferenza. Da questa se ne esce attraverso la [[sublimazione]] e la presa di coscienza che il mondo è l'oggettivazione della volontà, cioè è una mia stessa rappresentazione, fenomenica e illusoria ([[velo di Maya]]): concetto di origine orientale e in parte [[neoplatonismo|neoplatonica]], che si traduce nel desiderio della vita stessa (''[[eros (filosofia)|eros]]'') di diventare finalmente consapevole di sé; questa consapevolezza coincide con l'auto-negazione della volontà e permette così di uscire dal ciclo insensato dei [[desiderio (filosofia)|desideri]], morti e rinascite.
A differenza di Schopenhauer, [[Nietzsche]] esaltava questa volontà di vivere sfrenata e irrazionale, ponendo in primo piano il valore dell'aspetto vitale e "[[spirito dionisiaco|dionisiaco]]" dell'essere umano, in contrapposizione a quello riflessivo e "[[spirito apollineo|apollineo]]". Solo dalla [[volontà di potenza]], cioè dalla volontà che vuole se stessa e il proprio accrescimento senza sosta, nasce la possibilità infinita del rinnovamento e della vita. La rigidità della [[ragione]], viceversa, che costringe la realtà dentro uno schema, è una non-volontà, alleata della morte perché nega la possibilità del cambiamento che è l'essenza del vivere. La volontà di potenza pertanto non si afferma come desiderio concreto di uno o più oggetti specifici, ma come il meccanismo stesso del desiderio nel suo funzionamento incessante: soffermarsi sulle forme che essa produce sarebbe morire, e quindi deve ogni volta paradossalmente negarle per potersi riaffermare di nuovo, in una continua [[polarità (filosofia)|oscillazione]].
== Questioni sociologiche ==
Nel campo della [[sociologia]], [[Ferdinand Tönnies]] ha proposto una «teoria della volontà» che distingue due diverse forme di volontà: una basata sulla natura, cioè sul sentimento di appartenenza e sulla partecipazione spontanea alla [[comunità]] (''Wesenwillen''); l'altra costruita artificialmente, fondata essenzialmente sulla convenienza e sullo scambio economico, da cui deriva la moderna [[Società (sociologia)|società]] post-industriale (''Kürwillen'').<ref>Ferdinand Tönnies, ''Gemeinschaft und Gesellschaft. Abhandlung des Communismus und des Socialismus als empirischer Culturformen'', ([1887]; [''Gemeinschaft und Gesellschaft. Grundbegriffe der reinen Soziologie'', 1912²]), Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2005.</ref> Questa concezione sociologica influenzò anche i filosofi [[Paul Barth (filosofo)|Paul Barth]], [[Dimitrie Gusti]] e [[George W. Jacoby|George Jacoby]].
== Lessico e modi di dire ==
Frasi fatte e combinazioni di parole di
Tipica di [[Vittorio Alfieri]] è il motto «volli, sempre volli, fortissimamente volli»,<ref>Espressione tratta dalla ''Lettera responsiva a Ranieri de' Calsabigi'', scritta da Alfieri nel [[1783]].</ref> con la quale il drammaturgo settecentesco spronava se stesso a studiare ininterrottamente facendosi legare alla sedia per poter acquisire una valida cultura classica a partire dai ventisette anni.<ref>''[http://www.progettobabele.it/Consiglilettura/valfieri.php Biografia di Vittorio Alfieri]'', a cura di R. M. L. Bartolucci.</ref>
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
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*
* Andreas Dorschel, ''The Authority of Will'', in "The Philosophical Forum", XXXIII/4 (2002), pp. 425-441.
*
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* Friedrich Nietzsche, ''La volontà di potenza. Scritti postumi per un progetto'', a cura di G. Raio, Newton & Compton, 2003 ISBN 88-8289-818-0
* Donatella Pagliacci, ''Volere e amare: Agostino e la conversione del desiderio'', Città Nuova, 2003 ISBN 9788831134125
*
*
* Arthur Schopenhauer, ''Il mondo come volontà e rappresentazione'', a cura di A. Vigliani, Mondadori, 1989 ISBN 88-04-31099-5
* Arthur Schopenhauer, ''Sulla volontà nella natura'', BUR Rizzoli, 2010 ISBN 88-17-03910-1
* [[Emanuele Severino]], ''Verità, volontà, destino'', Mimesis, 2008 ISBN 88-8483-728-6
* Emanuele Severino, ''La buona fede. Sui fondamenti della morale'', BUR Rizzoli, 2008 ISBN 88-17-02640-9
* A. Giuseppe Vecchio, ''Volontà e essere. Saggio di filosofia prima'', Gangemi, 2003 ISBN 88-492-0360-8
== Voci correlate ==
* [[Desiderio (filosofia)]]
* [[Determinazione (psicologia)]]
* [[Elicito]]
* [[Etica]]
* [[Libero arbitrio]]
* [[Volontà di potenza]]
==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
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