Reso: differenze tra le versioni
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{{Personaggio
|medium = mitologia
|saga = [[Ciclo Troiano]]
|nome italiano = Reso
|nome = {{lang|grc|Ῥῆσος }}
|sesso = maschio
|luogo di nascita = Tracia ([[Eione]]?)
|immagine = Corrado_giaquinto,_ulisse_e_diomede_nella_tenda_di_reso.jpg
|didascalia = ''[[Ulisse e Diomede nella tenda di Reso]]'', dipinto di [[Corrado Giaquinto]]
|epiteto = ''simile a un Nume'', ''cucciolo di Tracia''
|prima apparizione = [[Iliade]] di [[Omero]]
}}
'''Reso''' (in [[lingua greca|greco antico]] Ῥῆσος ''
==
Il nome "Reso" (un [[Nome proprio|antroponimo]] tracio) probabilmente deriva dalla radice [[Lingua protoindoeuropea|Indoeuropea]] ''*reg-'', "''governare''" mutata secondo le caratteristiche tipiche di una lingua [[Isoglossa centum-satem|Satem]]. In [[Bitinia]] c'era anche un fiume chiamato Reso, al quale la mitologia greca attribuisce una divinità protettrice che porta lo stesso nome. Il semidio trace fu parimenti associato alla Bitinia grazie alla sua storia d'amore con la cacciatrice bitina [[Argantone]], da lui sposata poco prima della partenza per Troia, come riportato dagli ''Erotika Pathemata'' (''Pene d'amore'') di [[Partenio di Nicea]].
== Il mito ==
=== Le origini ===
Reso era un giovane re della [[Tracia]] che, secondo l'''[[Iliade]]'', nel corso della [[guerra di Troia]] si alleò con i [[troia]]ni di [[Priamo]]. Omero afferma che suo padre era Eioneo<ref>Omero, ''Iliade'', libro X, verso 435.</ref>, un personaggio altrimenti sconosciuto, sebbene il suo nome sia evidentemente connesso con la città di [[Eione]] che si trova nella Tracia occidentale, alla foce dello [[Strimone (fiume)|Strimone]]. Scrittori di epoche successive attribuirono a Reso come padre il re trace [[Strimone (mitologia)|Strimone]], che era originario della città trace di [[Eione]], il che può fare pensare che, in Omero, Eioneo non sia nome proprio di persona ma voglia dire in realtà "l'uomo di Eione", ovvero appunto Strimone. Sempre nelle fonti postomeriche venne data a Reso anche un'origine semidivina, in quanto ritenuto figlio, come già [[Orfeo]], di una delle nove [[Muse (mitologia)|Muse]] (le fonti oscillano tra [[Clio]], [[Euterpe]] e [[Tersicore]]), che l'avrebbe fatto allevare da alcune [[Naiadi]]; in una variante invece l'eroe è figlio di una donna mortale e di Strimone dopo la trasformazione di costui in dio-fiume.
=== La morte ===
[[File:Rhesos MNA Naples.jpg|thumb|[[Ulisse|Odisseo]] e [[Diomede]] rubano i cavalli di Reso dopo averlo ucciso – Decorazione su vaso a figure rosse opera del pittore Licurgo – [[360 a.C.]] circa]]
Reso salì ancora adolescente sul trono di Tracia, succedendo al padre che aveva abdicato in suo favore. Era da poco diventato re quando giunse la notizia della guerra scoppiata tra greci e troiani, e allora inviò in aiuto del re [[Priamo]] un grande contingente di uomini guidati da due nobili in età matura, [[Acamante (figlio di Eussoro)|Acamante]] (zio di [[Cizico (mitologia)|Cizico]], il defunto sovrano dei Dolioni) e [[Piroo]]: se egli non poté subito intervenire direttamente in prima persona fu perché nel contempo si trovò a dover difendere il suo regno da un attacco degli abitanti della [[Scizia]]. Passarono così dieci anni, e finalmente Reso arrivò a Troia con un cocchio decorato in oro e argento, trainato da due [[Equus caballus|cavalli]] bianchi che gli erano stati donati da [[Ares]], dotati di una grandissima velocità. Gli [[Achei]], preoccupati di questo, inviarono [[Ulisse]] e [[Diomede]] per rubarglieli. I due eroi, penetrati nell'accampamento con il favore del buio, si introdussero nella tenda di Reso: Diomede con la spada colpì alla gola il re e dodici suoi uomini mentre dormivano, per poi allontanarsi con i preziosi animali trafugati nel frattempo da Odisseo. Ironia della sorte, il giovane condottiero stava sognando di essere ucciso da Diomede, il che aveva contribuito ad agitare ulteriormente il suo sonno, essendo egli già di per sé forte russatore. Alla strage sopravvisse [[Ippocoonte (cugino di Reso)|Ippocoonte]], cugino e coetaneo di Reso, nonché suo consigliere. Questi fatti sono raccontati nel libro X dell'''Iliade''.
<poem> «''[[...]] Intanto<br />piomba su Reso il fier Tidìde, e priva<br />lui tredicesmo della dolce vita.<br />Sospirante lo colse ed affannoso<br />perché per opra di Minerva apparso<br />appunto in quella gli pendea sul capo,<br />tremenda visïon, d'Enide il figlio.<br />Scioglie Ulisse i destrieri, e colle briglie<br />accoppiati, di mezzo a quella torma<br />via li mena, e coll'arco li percuote<br />(ché tor dal cocchio non pensò la sferza),<br />e d'un fischio fa cenno a Dïomede.<br />Ma questi in mente discorrea più arditi<br />fatti, e dubbiava se dar mano al cocchio<br />d'armi ingombro si debba, e pel timone<br />trarlo; o se imposto alle gagliarde spalle<br />via sel porti di peso; o se prosegua<br />d'altri più Traci a consumar le vite.<br />In questo dubbio gli si fece appresso<br />Minerva, e disse: Al partir pensa, o figlio<br />dell'invitto Tidèo, riedi alle navi,<br />se tornarvi non vuoi cacciato in fuga,<br />e che svegli i Troiani un Dio nemico.<br />Udì l'eroe la Diva, e ratto ascese<br />su l'uno de' corsier, su l'altro Ulisse<br />che via coll'arco li tempesta, e quelli<br />alle navi volavano veloci.<br />Il signor del sonante arco d'argento<br />stavasi Apollo alla vedetta, e vista<br />seguir Minerva del Tidìde i passi,<br />adirato alla Dea, mischiossi in mezzo<br />alle turbe troiane, e Ipocoonte<br />svegliò, de' Traci consigliero, e prode<br />consobrino di Reso. Ed ei balzando<br />dal sonno, e de' cavalli abbandonato<br />il quartiero mirando, e palpitanti<br />nella morte i compagni, e lordo tutto<br />di sangue il loco, urlò di doglia, e forte<br />chiamò per nome il suo diletto amico;<br />e un trambusto levossi e un alto grido<br />degli accorrenti Troi, che l'arduo fatto<br />dei due fuggenti contemplâr stupiti.''» </poem>
(Omero, Iliade X, traduzione di Vincenzo Monti)
Nella tragedia ''[[Reso (Euripide)|Reso]]'', la cui attribuzione ad [[Euripide]] è tuttora incerta e contestata, si dice che il giovane signore dei Traci fu ucciso la notte stessa del suo arrivo a Troia senza che egli avesse avuto il tempo di dissetare i cavalli con l'acqua dello [[Scamandro]], nel qual caso la città sarebbe divenuta inespugnabile: esausto per le fatiche del viaggio, si era posto a dormire nel suo letto. In quest'opera viene inoltre celebrata la straordinaria bellezza dell'eroe, definito "simile a un nume" mentre incede sul suo splendido carro da combattimento.
Manca, nell'opera teatrale, la figura di Ippocoonte: la descrizione dell'uccisione di Reso viene fatta dal suo auriga<ref> In questo testo è proprio il cocchiere, e non Reso, a ricevere un sogno profetico.</ref>, che nella strage è rimasto ferito:
<poem> « ''E, alzando il capo, un rantolo<br />udii di moribondi; e un caldo rivolo<br />di giovin sangue mi colpì, sprizzante<br />dal signor mio, miseramente ucciso.''» </poem>
(Pseudo-Euripide, ''Reso'', traduzione di [[Ettore Romagnoli (grecista)|Ettore Romagnoli]])
=== La risurrezione ===
Stando al finale della tragedia pseudoeuripidea, la Musa madre di Reso (non se ne fa mai il nome) prese con sé il cadavere dell'eroe, e pur straziata per la sua morte prematura ne profetizzò l'imminente risurrezione ad opera degli dei inferi, che dopo aver riunito corpo e anima gli avrebbero anche dato l'immortalità facendolo però per sempre restare nelle viscere della terra, lontano dunque dagli uomini viventi ma anche dal regno dei morti, in un luogo misterioso e inaccessibile a tutti, divinità comprese, con un'oscurità inferiore a quella dell'[[Ade (regno)|Ade]] ma non luminoso come i [[Campi Elisi]]. Egli dunque diventerà un demone sotterraneo, e come tale verrà venerato dai Traci.
<poem> «''Ma d'ora innanzi,<br />per me sarà come se morto ei sia,<br />né luce vegga più. Perché trovarsi<br />dove io mi trovi, e della madre il volto<br />vedere, ei non potrà. Dell'argentífera<br />terra nascosto negli oscuri anfratti,<br />uomo e Nume sarà, vivo e sepolto''» </poem>
(Pseudo-Euripide, ''[[Reso (Euripide)|Reso]]'', traduzione di [[Ettore Romagnoli (grecista)|Ettore Romagnoli]])
== Fortuna dell'episodio ==
=== Letteratura latina e moderna ===
Il tragico assassinio di Reso è ben noto a Virgilio, che nel libro I dell'''[[Eneide]]'' pone una sua raffigurazione in un tempio di [[Cartagine]]: Enea, che l'ha riconosciuto, non riesce a trattenersi dal pianto. Virgilio non si rifà solo a Omero ma anche all'opera teatrale, in quanto accenna alla fatale dimenticanza dell'eroe.
<poem> «''Né senza lagrimar Reso conobbe<br />ai destrier bianchi, ai bianchi padiglioni,<br />fatti di sangue in mille parti rossi:<br />che sotto v'era Dïomede, anch'egli<br />insanguinato; e si facea d'intorno<br />alta strage di gente che nel sonno,<br />prima che da lui morta, era sepolta.<br />Vedea quindi i cavalli al campo addotti,<br />che non potêr (fato a' Troiani avverso!)<br />di Troia erba gustare, o ber del Xanto.''» </poem>
(Virgilio, ''[[Eneide]]'', libro I, traduzione di Annibal Caro)
Ma soprattutto il poeta latino narra, nel libro IX del poema, un episodio quasi del tutto analogo, in cui i due grandi amici troiani [[Eurialo e Niso]] seminano un'ingente strage nelle tende dei guerrieri italici addormentati. Due di questi in particolare richiamano il re trace: il condottiero [[Remo (Eneide)|Remo]], che ha un cocchio da guerra trainato da cavalli, e l'augure [[Ramnete]] ("Amnete" nella traduzione di Adriano Bacchielli), sovrano come Reso, oltre a essere caratterizzato dal russare affannoso. Costituisce invece un'innovazione, rispetto al modello omerico, la morte, mediante [[decapitazione]], di alcune vittime, Remo, [[Lamiro e Lamo]], e il bellissimo [[Serrano (Eneide)|Serrano]]: spettacolare quella di Remo, col sangue che intride tutto il letto su cui è coricato l'eroe.
<poem> «''nel sonno e nel sopor del vino immersi,<br />vedono ovunque Rutuli fra l'ombre,<br />carri funesti col timone al cielo,<br />uomini ed armi fra le briglie, ed elmi<br />ed anfore di vino a terra prone.<br />E l'Irtacide allora: « Questo, Eurialo,<br />è il momento di osare!» ''» </poem>
[...]
<poem> « ''Così dice, e si tace; e d'improvviso<br />assale con la spada il tronfio Amnete<br />che su cumulo folto di tappeti<br />roco soffiava dai polmoni il sonno:<br /> ed augure egli era, e a Turno caro,<br /> ed egli stesso re; ma l'arte sua<br /> non lo salvò da morte. Poi tre servi<br />accanto a lui sorprende, alla rinfusa<br />in mezzo all'armi placidi giacenti,<br />e l'auriga di Remo fra i cavalli;<br />e taglia loro la riversa gola.<br />Poi con un colpo mozza il capo al sire<br />e lascia il tronco sussultar nel sangue<br />che il letto intiepidisce e il suolo imbruna;<br />e a Lamo poi, a Lamiro, a Serrano<br />che fino a tarda notte avea giocato:<br />bello d'aspetto, al suol giacente, immemore,<br />avvinti i sensi nel sopor del vino''.» </poem>
(Virgilio, ''[[Eneide]]'', libro IX, traduzione di Adriano Bacchielli)
Non si deve dimenticare, nel poema virgiliano, il passo del sesto libro in cui l'anima di [[Deifobo]] racconta ad [[Enea]], sceso vivo nell'Ade, la propria uccisione, avvenuta per mano di [[Ulisse]] e [[Menelao]], che lo trucidarono nel sonno dopo essere entrati in casa sua la notte della caduta di [[Troia]]. L'episodio era narrato già nella ''[[Iliou Persis]]'', opera perduta del ciclo troiano, che fu composta dopo l'Iliade, e dunque la figura di Reso è alla base anche dello sviluppo del mito concernente Deifobo, benché le varie mutilazioni subite da costui siano un elemento di cui non si trova traccia nel modello di partenza.
<poem> « ''Qui vide il priamide Deifobo dilaniato in tutto il corpo,<br />crudelmente mutilo il viso, il viso e ambedue le mani,<br />devastate le tempie, le orecchie strappate,<br />e tronche le nari da deturpante ferita.<br />Lo riconobbe a stento, che tremava e copriva l'orribile<br />scempio, e gli si rivolse per primo con la nota voce:<br />«Deifobo, possente in armi, stirpe dell'alto sangue<br />di Teucro, chi volle vendicarsi così crudelmente?<br />A chi fu lecito tanto su te? Nell'ultima notte<br />mi giunse la fama che tu, stanco della vasta strage<br />di Pelasgi, eri caduto su un mucchio di confuso sterminio.<br />Allora un muro ti eressi sulla riva cretea,<br />e tre volte invocai a gran voce i Mani.<br />Il nome e le armi vegliano il luogo; te, amico, partendo<br />non scorsi, per comporti nella terra dei padri.»<br />A ciò il Priamide: «Non hai tralasciato nulla, amico,<br />tutto hai assolto a Deifobo e all'immagine del suo cadavere.<br />Ma i miei fati e l'esiziale delitto della Spartana<br />mi sommersero in tale sciagura; ella ha lasciato questi ricordi<br />Come passammo tra falso giubilo l'ultima<br />notte, lo sai; e bisogna ricordarlo purtroppo.<br />Quando il fatale cavallo d'un balzo venne sull'alta<br />Pergamo, e gravido portò nel ventre guerrieri armati,<br />lei, simulando una danza, guidava intorno le Frigie<br />ululanti in tripudio; in mezzo brandiva una grande<br />fiaccola, e dall'alto della rocca chiamava i Danai.<br />Allora, sfinito dagli affanni e gravato dal sonno,<br />mi accolse l'infausto talamo, e disteso mi oppresse<br />un dolce e profondo riposo simile a placida morte.<br />Intanto quell'egregia sposa sottrae tutte le armi<br />dalla casa, e mi toglie di sotto il capo la fida spada;<br />chiama Menelao nelle stanze, e apre le porte,<br />certo sperando che questo sarebbe un gran dono all'amante,<br />e che potesse estinguersi così la fama delle antiche colpe.<br />Ma perché mi dilungo? Irrompono nel talamo;<br />si unisce a loro, consigliere di delitti, l'Eolide''»» </poem>
(Virgilio, ''[[Eneide]]'', libro VI, traduzione di Luca Canali)
[[Ovidio]] rievoca la morte del semidio trace in due differenti opere. Nel tredicesimo libro delle ''Metamorfosi'' viene descritta la "querelle" tra [[Aiace Telamonio]] e [[Ulisse]] per il possesso delle armi del defunto [[Achille]]; tra le ragioni addotte da Ulisse, c'è anche il merito per la strage ai danni di Reso e dei suoi uomini, che a suo dire sarebbe stata compiuta proprio da lui e non da Diomede. Secondo il medesimo testo, anche il cocchio del semidio viene rubato, e sempre ad opera di Ulisse.
<poem> « ''E mi levo a parlare incitando contro il nemico quei codardi, e con la mia parola gli restituisco il coraggio perduto. Da quel momento qualsiasi prodezza Aiace può sembrare che abbia compiuto è opera mia, che lo trattenni mentre fuggiva. Ma poi tra i Danai chi ti elogia, chi ti cerca? Diomede invece mi fa partecipe delle sue imprese, mi apprezza e sempre confida nell'aiuto di Ulisse. Vuol dire pur qualcosa essere scelto dal figlio di Tideo, unico fra migliaia di Greci. Non me l'imponeva la sorte di andare, eppure, disprezzando i pericoli della notte e dei nemici, uccido Dolone, un frigio che stava tentando un'azione simile alla nostra, non senza averlo prima costretto a svelare tutto e venendo così a sapere cosa tramava l'infida Troia. Avendo appreso tutto, non avevo altro da scoprire e potevo tornarmene indietro a cogliere gli onori promessi. Invece non contento mi diressi alle tende di Reso e trucidai lui e i suoi nel suo stesso accampamento. E così, vincitore e soddisfatto, con un cocchio sottratto al nemico, rientro assaporando la gioia del trionfo. ''» </poem> (Ovidio, ''[[Le metamorfosi (Ovidio)|Metamorfosi]]'', libro XIII)
L'altro riferimento ovidiano a Reso si trova nell{{'}}''Ibis'', in un passo dove l'episodio omerico viene accostato a quello dell'eccidio compiuto da Eurialo e Niso nell{{'}}''Eneide''.
« ''Possa tu riposare di un sonno non migliore di quello di Reso e dei guerrieri, compagni di Reso prima nel viaggio e poi nella morte, e di quelli che col rutulo Ramnete furono uccisi dal non pigro figlio di Irtaco e dal compagno del figlio di Irtaco'' »
([[Ovidio]], ''Ibis'', vv.627-31, traduzione di Francesco Della Corte)
In età moderna [[Ludovico Ariosto]] nel suo ''[[Orlando Furioso]]'' si ispira a Omero e in parte anche a Virgilio facendo dei due guerrieri saraceni [[Cloridano]] e [[Medoro]] gli autori di un massacro notturno di cui restano vittime diversi nemici cristiani sorpresi nel sonno. Qui le figure più vicine a Reso sono i due giovani fratelli [[Malindo e Ardalico]], che come lui si sono appena aggiunti al resto dell'esercito.
<poem> «''Così disse egli, e tosto il parlar tenne,<br />ed entrò dove il dotto Alfeo dormia,<br />che l'anno inanzi in corte a Carlo venne,<br />medico e mago e pien d'astrologia:<br />ma poco a questa volta gli sovenne;<br />anzi gli disse in tutto la bugia.<br />Predetto egli s'avea, che d'anni pieno<br />dovea morire alla sua moglie in seno:<br />ed or gli ha messo il cauto Saracino<br />la punta de la spada ne la gola.<br />Quattro altri uccide appresso all'indovino,<br />che non han tempo a dire una parola:<br />menzion dei nomi lor non fa Turpino,<br />e 'l lungo andar le lor notizie invola:<br />dopo essi Palidon da Moncalieri,<br />che sicuro dormia fra duo destrieri.<br />Poi se ne vien dove col capo giace<br />appoggiato al barile il miser Grillo:<br />avealo voto, e avea creduto in pace<br />godersi un sonno placido e tranquillo.<br />Troncògli il capo il Saracino audace:<br />esce col sangue il vin per uno spillo,<br />di che n'ha in corpo più d'una bigoncia;<br />e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia.<br />E presso a Grillo, un Greco ed un Tedesco<br />spenge in dui colpi, Andropono e Conrado<br />che de la notte avean goduto al fresco<br />gran parte, or con la tazza, ora col dado:<br />felici, se vegghiar sapeano a desco<br />fin che de l'Indo il sol passassi il guado.<br />Ma non potria negli uomini il destino,<br />se del futuro ognun fosse indovino.<br /> Come impasto leone in stalla piena,<br /> che lunga fame abbia smacrato e asciutto,<br />uccide, scanna, mangia, a strazio mena<br />l'infermo gregge in sua balìa condutto;<br />così il crudel pagan nel sonno svena<br />la nostra gente, e fa macel per tutto.<br />La spada di Medoro anco non ebe;<br />ma si sdegna ferir l'ignobil plebe.<br />[...]<br />Malindo uccise e Ardalico il fratello,<br />che del conte di Fiandra erano figli;<br />e l'uno e l'altro cavallier novello<br />fatto avea Carlo, e aggiunto all'arme i gigli,<br />perché il giorno amendui d'ostil macello<br />con gli stocchi tornar vide vermigli:<br />e terre in Frisa avea promesso loro,<br />e date avria; ma lo vietò Medoro.''» </poem>
(Ludovico Ariosto, ''[[Orlando Furioso]]'', canto XVIII, ottave 174-77, 180)
== Nella cultura di massa ==
*In campo artistico va ricordato il dipinto ''[[Ulisse e Diomede nella tenda di Reso]]'' di [[Corrado Giaquinto]], basato sulla versione del mito riferita dallo Pseudo-Euripide. Si trova custodito nella Pinacoteca di Bari.
*[[Tobias Santelmann]] presta il proprio volto a Reso nel film del 2014 ''[[Hercules - Il guerriero]]'', dove il protagonista [[Eracle]] (interpretato da [[Dwayne Johnson]]) interagisce con l'eroe trace, il che è un'evidente forzatura in quanto nel mito greco i due semidei appartengono a saghe differenti.
== Note ==
<references />
== Bibliografia ==
=== Fonti ===
* Omero, ''Iliade'', X.
* Pseudo-Euripide, ''Reso'' .
* Virgilio, ''Eneide'', I.
* Partenio di Nicea, ''Pene d'Amore''.
=== Traduzione delle fonti ===
* Omero, ''Iliade'', traduzione di Vincenzo Monti.
* Pseudo-Euripide, ''Reso'', traduzione di Ettore Romagnoli.
* Virgilio, ''Eneide'', traduzione di Annibal Caro.
== Voci correlate ==
* [[Immortali nella mitologia greca]]
* [[Reso (Euripide)]]
* [[
* [[
* [[
* [[Ippocoonte (cugino di Reso)|Ippocoonte]]
* [[
* [[Ramnete]]
* [[Lamiro e Lamo]]
* [[Remo (Eneide)]]
* [[Eurialo e Niso]]
* [[Serrano (Eneide)]]
* [[Malindo e Ardalico]]
* [[Kalokagathìa]]
== Altri progetti ==
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