Tragedia greca: differenze tra le versioni

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[[File:Dionysos mask Louvre Myr347.jpg|thumb|Maschera della tragedia greca rappresentante [[Dioniso]], II secolo a.C.]]
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{{NN|teatro|dicembre 2010}}
{{Storia del teatro}}
La '''tragedia greca''' è un genere [[Teatro|teatrale]] nato nell'[[antica Grecia]], la cui messa in scena era, per gli abitanti della [[Storia di Atene|Atene classica]], una cerimonia di tipo [[Religione della Grecia antica|religioso]]<ref group="N">«In Grecia la Tragedia era una cerimonia religiosa, nel senso che faceva parte delle feste di Dioniso, e trattava grandi problemi religiosi. [...] La tragedia dei tre grandi poeti [Eschilo, Sofocle ed Euripide] e dei loro contemporanei era sempre religiosa, nel senso che l'interesse non andava soltanto all'azione come serie appassionante di eventi, né semplicemente allo studio di personaggi straordinari (sebbene entrambi questi motivi fossero importanti), bensì al significato dell'azione in quanto essa esemplificava il rapporto dell'uomo con le potenze che dominano l'universo e il rapporto di queste potenze con il suo destino». In {{cita libro|autore1=Arthur Wallace Pickard-Cambridge|autore2=Donald William Lucas|titolo=Dizionario di antichità classiche|editore=Edizioni San Paolo|città=Cinisello Balsamo|anno=1995|pp=2123-2124}}</ref> con forti valenze sociali.<ref name=origini /> Sorta dai [[riti]] sacri della [[Grecia]] e dell'[[Asia minore]], raggiunse la sua forma matura (peraltro l'unica oggi nota) ad [[Atene]] nel [[V secolo a.C.]] La tragedia è in effetti l'estensione secondo criteri teatrali di antichi riti in onore di [[Dioniso]], dio dell'estasi, del vino, dell'ebbrezza e della liberazione dei sensi.
 
La tragedia greca è strettamente connessa con l'[[epica]], ossia il [[mito]], ma sviluppa mezzi del tutto nuovi, poiché il racconto si fonde con l'azione, permettendo al pubblico di vedere con i propri occhi i personaggi che compaiono sulla [[Spazio scenico|scena]], provvisti ciascuno di una propria dimensione psicologica: è la nascita del teatro.
La '''tragedia greca''' è un genere [[teatro|teatrale]] nato nell'[[antica Grecia]]. Sorta dai [[riti]] sacri della [[Grecia]] e dell'[[Asia minore]] raggiunse la sua forma più significativa nell'[[Atene]] del [[V secolo a.C.]] Precisamente, la tragedia è l'estensione in senso drammatico, cioè secondo criteri prettamente teatrali, di antichi riti in onore di un dio. Come tale fu tramandata fino al [[romanticismo]], che apre, molto di più di quanto non avesse fatto il [[Rinascimento]], la discussione sui generi letterari.
In seguito a questa lunga evoluzione nel corso di oltre duemila anni, riesce arduo dare una definizione univoca al termine più generale di [[tragedia]], a seconda dell'epoca storica o dell'autore. Nel medioevo, quando poco o nulla si sapeva del genere, il termine assunse il significato di opera a stile tragico, e stile tragico divenne sinonimo abbastanza generico di poesia o stile alto, illustre, come traspare nel ''[[De vulgari eloquentia|De Vulgari Eloquentia]]'' di [[Dante Alighieri]].
 
I più importanti e riconosciuti autori di tragedie furono [[Eschilo]], [[Sofocle]] ed [[Euripide]], che affrontarono i temi più sentiti della Grecia del V secolo a.C.
Il motivo della tragedia greca è strettamente connesso con l'[[epica]], cioè il [[mito]], ma dal punto di vista della comunicazione la tragedia sviluppa mezzi del tutto nuovi: il ''mythos'' ({{Polytonic|μύθος}}, parola, racconto) si fonde con l'azione, cioè con la rappresentazione diretta ({{Polytonic|δρᾶμα}}, [[dramma]], deriva da {{Polytonic|δρὰω}}, agire), in cui il pubblico vede con i propri occhi i personaggi che compaiono come entità distinte che agiscono autonomamente sulla [[Spazio scenico|scena]] ({{Polytonic|σκηνή}}, in origine il tendone dei banchetti), provvisti ciascuno di una propria dimensione psicologica.
 
== Etimologia ==
I più importanti e riconosciuti autori di tragedie furono [[Eschilo]], [[Sofocle]] ed [[Euripide]], che in diversi momenti storici, affrontarono i temi più sentiti della loro epoca.
[[File:Greece Epidauros - ancient theatre.jpg|miniatura|upright=1.6|Il [[teatro di Epidauro]]]]
Il termine greco ''trago(i)día'' {{lang|grc|τραγῳδία}} deriverebbe dall'unione delle radici di "capro" ({{lang|grc|τράγος}} / ''trágos'') e "cantare" ({{lang|grc|ᾄδω}} / ''á(i)dô'') e significherebbe dunque "canto dei capri", in riferimento al coro dei [[satiri]]<ref group=N>«Per lo più i cori erano composti di satiri, che chiamavano capri». In ''Etymologicum Magnum'' (764, 6).</ref>, o "canto per il capro", riferendosi al premio per l'[[Agone (antica Grecia)|agone]]<ref>[[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], ''[[Epistole (Orazio)|Epistulae]]'', II, 3, 220: "Carmine qui tragico vilem certavit ob hircum"</ref>. Nella prima accezione del termine, dunque, i capri sarebbero i coreuti mascherati con pelli di capra, i personaggi satireschi che componevano il coro delle prime azioni sacre dionisiache<ref>{{cita libro|autore=Silvio D'Amico|titolo=Grecia e Roma, Medioevo|vol=I|città=Milano|editore=Garzanti|anno=1968|sbn=NAP0106518|p=16}}</ref>. Nella seconda accezione l'animale (sia esso capretto o agnello) sarebbe da intendersi come primizia da offrire, come bene del quale l'uomo si priva in un momento sacro (sia che esso venga offerto al dio stesso come vittima sacrificale, e si ricordi che il capretto è animale sacro a [[Dioniso]], sia che esso sia premio consegnato al vincitore dell'agone tragico che si svolgeva durante le feste in onore di Dioniso)<ref name=Etimo>{{cita pubblicazione|autore=Louis H. Gray|titolo=On the Etymology of {{lang|grc|Τραγῳδία}}|rivista=The Classical Quarterly|vol=6|numero=1|editore=Cambridge University Press|mese=gennaio|anno=1912|pp=60-63|lingua=en|url=https://www.jstor.org/stable/636190}}</ref>.
 
Una ipotesi più recente, proposta da [[John J. Winkler]], fa derivare "tragedia" dal vocabolo raro ''traghìzein'' ({{lang|grc|τραγὶζειν}}), che significa "cambiare voce, assumere una voce belante come i capretti", in riferimento agli attori<ref>{{cita pubblicazione|autore=John. J. Winkler|titolo=The Ephebes' Song: Tragôidia and Polis|editore=University of California Press|mese=estate|anno=1985|numero=11|lingua=en|url=https://www.jstor.org/stable/2928426|pp=46-49}}</ref>. Altre ipotesi sono state tentate, in passato, tra cui un'etimologia che definirebbe la tragedia come un'ode alla [[birra]]<ref group=N>[[Jane Ellen Harrison]] ha sottolineato come Dioniso, dio del vino (bevanda dei ceti agiati) fosse in realtà preceduto dal Dioniso dio della birra (bevanda dei ceti popolari). La birra ateniese era ottenuta dalla fermentazione del farro, ''trágos'' in greco. Così è probabile che il termine originariamente abbia significato "odi al farro", e solo in seguito sia stato esteso ad altri significati omonimi. In {{cita libro|Jane Ellen Harrison|titolo=Prolegomena to the Study of Greek Religion|url=https://archive.org/details/prolegomenatostu00harruoft|anno=1903|editore=Cambridge University Press|posizione =cap. VIII}}</ref>.
 
Quello che è possibile affermare con certezza è che la radice ''trag-'' ({{lang|grc|τραγ-}}), anche prima di riferirsi al dramma tragico, fu utilizzata per significare l'essere "simile ad un capro", ma anche la selvatichezza, la libidine, il piacere del cibo, in una serie di parole derivate che gravitano intorno alla «zona» linguistica del rito dionisiaco<ref name="Etimo"/>.
== Origine ed evoluzione della tragedia ==
[[Immagine:Dionysos mask Louvre Myr347.jpg|thumb|250px|Maschera di [[Dioniso]] conservata al [[Louvre]]]]
=== Il «canto caprino» ===
 
== Origine della tragedia ==
L'origine della tragedia greca è uno dei tradizionali problemi irrisolti della [[filologia classica]]. La fonte primaria di questo dibattito è la ''[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]'' di [[Aristotele]]. L'autore poté raccogliere una documentazione di prima mano, a noi oggi inaccessibile, sulle fasi più antiche del teatro in [[Attica]], la sua opera è dunque contributo inestimabile per lo studio della tragedia antica.
{{Citazione|Il problema dell'origine della tragedia non appartiene alla storia della letteratura greca: per essa, la tragedia comincia soltanto con Eschilo, tutt'al più con Frinico, poiché per essa non esiste una tragedia prima della tragedia, e il problema dell'origine è un problema di preistoria.|[[Gennaro Perrotta]], ''Storia della letteratura greca''<ref>{{cita|Perrotta|p. 42}}.</ref>}}
 
=== Ipotesi aristotelica ===
All'origine della tragedia gli [[antropologia|antropologi]] avrebbero individuato, come appunto sembrerebbe confermare l'[[etimologia]] stessa della parola<ref name=Etimo>[http://www.etimo.it/?term=tragedia&find=Cerca Etimologia] della parola "tragedia" da etimo.it</ref>, un rito sacrificale propiziatorio in cui molte popolazioni tribali offrono ancora oggi animali agli déi, soprattutto in attesa della messe o di una partita di [[caccia]]. Momenti cruciali che scandivano la vita degli antichi erano infatti i mutamenti [[astro|astrali]] ([[equinozio|equinozi]] e [[solstizio|solstizi]] che segnavano il passaggio da una stagione all'altra). I sacrifici avvenivano dunque in questi momenti, ad esempio poco prima dell'equinozio primaverile, per assicurarsi l'avvento della buona stagione. In epoca preistorica recente, tali sacrifici dovettero trasformarsi in danze rituali in cui era raffigurata la lotta primordiale del [[Bene (filosofia)|bene]], il [[giorno]], la [[luce]], quindi la bella stagione, contro il [[male]] (la [[notte]] e l'[[inverno]]), e il trionfo finale del bene sul male.
L'origine della tragedia greca è uno dei tradizionali problemi irrisolti della [[filologia classica]]. La fonte primaria di questo dibattito è la ''[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]'' di [[Aristotele]]. L'autore poté raccogliere una documentazione di prima mano, a noi oggi inaccessibile, sulle fasi più antiche del teatro in [[Attica]], la sua opera è dunque contributo inestimabile per lo studio della tragedia antica, anche se la sua testimonianza non è esente da dubbi<ref name=undici>{{cita|Rossi e Nicolai|p. 11}}.</ref>.
 
Secondo Aristotele, la tragedia sarebbe un'evoluzione del [[ditirambo]] satiresco, un particolare tipo di ditirambo eseguito da satiri e introdotto da [[Arione di Metimna]]; il genere sarebbe sorto nel [[Peloponneso]]<ref name=undici/>.
[[Immagine:Cratère de Derveni 0010.jpg|thumb|130px|left|Menadi danzanti, che portano un agnello o capretto sacrificale]]
 
=== Ipotesi alessandrine ===
Rimangono però molti punti oscuri sull'origine della tragedia, a partire dall'etimologia stessa della parola ''trago(i)día'' ({{Polytonic|τραγῳδία}})<ref name=Etimo/>: si distinguono in essa le radici di "capro" ({{Polytonic|τράγος}} / ''trágos'') e "cantare" ({{Polytonic|ᾄδω}} / ''á(i)dô''), sarebbe quindi il "canto per il capro". Il senso da attribuire al "capro" è ancora oggetto di numerose interpretazioni; di certo, l'animale (sia esso capretto o agnello) è da intendersi come primizia da offrire, come bene del quale l'uomo si priva in un momento sacro (sia che esso venga offerto al dio stesso come vittima sacrificale, e si ricordi che il capretto è animale sacro a [[Dioniso]] , sia che esso sia premio consegnato al vincitore dell' [[Agōn|agone]] tragico che si svolgeva durante le feste in onore di Dioniso). Una teoria più recente (J. Winkler) fa derivare "tragedia" dal vocabolo raro ''traghìzein'' ({{Polytonic|τραγὶζειν}}), che significa "cambiare voce, assumere una voce belante come i capretti", in riferimento agli attori. A meno che, suggerisce D'Amico, ''tragoidía'' non significhi più semplicemente «canto dei capri», dai personaggi satireschi che componevano il coro delle prime azioni sacre dionisiache. Altre ipotesi sono state tentate, in passato, tra cui una etimologia che definirebbe la tragedia come un'ode alla birra. <ref> Jane Ellen Harrison ({{en}} ''Prolegomena to the Study of Greek Religion'', 1903, cap. VIII.) ha sottolineato come Dioniso, dio del [[vino]] (bevanda dei ceti agiati) fosse in realtà preceduto dal Dioniso dio della [[birra]] (bevanda dei ceti popolari). La birra ateniese era ottenuta dalla fermentazione del farro, ''trágos'' in greco. Così è probabile che il termine originariamente abbia significato « odi al farro », e solo in seguito sia stato esteso ad altri significati omonimi.</ref>
[[File:Cratère de Derveni 0010.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.6|Menadi danzanti, che portano un agnello o capretto sacrificale]]
I [[grammatici alessandrini]] intesero il termine {{lang|grc|τραγῳδία}} come «canto per il sacrificio del capro» o «canto per il capro», ritenendo l'animale premio di una gara, come attestato anche dall{{'}}''[[Ars poetica]]'' di [[Orazio]]:
{{Citazione|[...] e chi gareggiò nell'agone tragico per il misero caprone [...]|[[Quinto Orazio Flacco]], ''[[Ars poetica]]'', v. 220|carmine qui tragico vilem certavit ob hircum|lingua=la}}
Il genere sarebbe nato in [[Attica]] e avrebbe affondato le proprie radici in alcuni particolari riti del culto locale di Dioniso<ref>{{cita|Rossi e Nicolai|pp. 11-12}}.</ref>.
 
=== Ipotesi moderne ===
Quello che è possibile affermare con certezza è che la radice ''trag-'' ({{Polytonic|τραγ-}}), anche prima di riferirsi al dramma tragico, fu utilizzata per significare l'essere "simile ad un capro", ma anche la selvatichezza, la libidine, il piacere del cibo, in una serie di parole derivate che gravitano intorno alla «zona» linguistica del rito dionisiaco.
Una teoria sviluppata dal filologo [[William Ridgeway]] (1858–1926) in ''The origin of tragedy with special reference to the Greek tragedians'' (1910) collega l'origine della tragedia alle danze in onore degli eroi<ref name="treccani|tragedia|Tragedia">{{treccani|tragedia|Tragedia}}</ref>.
 
I "Ritualisti di Cambridge", un gruppo di studiosi inglesi attivo all'inizio del [[XX secolo]] all'[[Università di Cambridge]], si interessarono alla derivazione della tragedia dal rito dell'uccisione del ''eniautos daimon'' o "[[Osiride-Dioniso|dio annuale]]"<ref>Per un inquadramento generale delle varie ipotesi sulle origini della tragedia, cfr. A. W. Pickard-Cambridge, ''Dithyramb, Tragedy and Comedy'', Clarendon Press, Oxford 1927.</ref>. Anche alcuni studiosi di età più recente, tra cui [[Walter Burkert]]<ref>{{cita libro|autore=[[Walter Burkert]]|titolo=Wilder Ursprung|città=Berlino|editore=Wagenbach|anno=1990|lingua=de}}</ref>, [[Walter Friedrich Otto]]<ref>{{cita libro|autore=[[Walter Friedrich Otto]]|titolo=Dioniso. Mito e culto|città=Genova|editore=Il melangolo|anno=2002|isbn=88-7018-335-1}}</ref>, [[Karl Kerényi]]<ref>{{cita libro|autore=[[Karl Kerényi]]|titolo=Dioniso: archetipo della vita indistruttibile|città=Milano|editore=Adelphi|anno=1992|isbn=88-459-0929-8}}</ref> e [[Mario Untersteiner]]<ref name=origini>{{cita libro|autore=Mario Untersteiner|titolo=Le origini della tragedia e del tragico: dalla preistoria a Eschilo|città=Milano|editore=Cisalpino|anno=1984|isbn=88-205-0488-X}}</ref>, hanno sottolineato il rapporto che lega il culto di Dioniso, il [[sacrificio]] e la nascita della tragedia greca.
 
== Evoluzione della tragedia ==
=== Dal ditirambo al dramma ===
[[File:Dionysos satyrs Cdm Paris 575.jpg|miniatura|Dioniso attorniato da [[Satiro|satiri]]]]
Scrive Aristotele nella ''[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]'' che la tragedia nasce all'inizio dall'[[improvvisazione teatrale|improvvisazione]], precisamente "da coloro che intonano il [[ditirambo]]" ({{Polytonic|''ἀπὸ τῶν ἐξαρχόντων τὸν διθύραμβον''}}, apò tōn exarchòntōn tòn ditýrambon), un canto corale in onore di Dioniso. All'inizio queste manifestazioni erano brevi e di tono burlesco perché contenevano degli elementi [[satira|satireschi]]; poi il linguaggio si fece man mano più grave e cambiò anche il metro, che da [[tetrametro trocaico]], il verso più prosaico, divenne [[trimetro giambico]]. Questa informazione è completata da un passo delle [[Storie (Erodoto)|Storie]] (I, 23) di [[Erodoto]] e da fonti successive, in cui il lirico [[Arione]] come è definito inventore della tragedia e compositore di ditirambi.
 
Scrive Aristotele nella ''[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]'' che la tragedia nasce all'inizio dall'[[improvvisazione teatrale|improvvisazione]], precisamente "da coloro che intonano il [[ditirambo]]" ({{lang|grc|''ἀπὸ τῶν ἐξαρχόντων τὸν διθύραμβον''}}, apò tōn exarchòntōn tòn dithýrambon<ref>{{cita libro|autore=[[Aristotele]]|titolo=[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]|lingua=grc|posizione=4}}</ref>), un canto corale in onore di Dioniso. All'inizio queste manifestazioni erano brevi e di tono burlesco perché contenevano degli elementi [[Satiro|satireschi]]; poi il linguaggio si fece man mano più grave e cambiò anche il metro, che da [[tetrametro trocaico]], il verso più prosaico, divenne [[trimetro giambico]]. Questa informazione è completata da un passo delle ''[[Storie (Erodoto)|Storie]]'' (I, 23) di [[Erodoto]] e da fonti successive, in cui il lirico [[Arione di Metimna]] è definito inventore del ditirambo. Il ditirambo, in origine improvvisato, assume poi una forma scritta e prestabilita. Il coro s'indirizzava alla ''thymele'' ({{lang|grc|''θυμέλη''}}), l'ara sacrificale, e cantava in cerchio, disponendosi intorno ad essa<ref>{{cita libro|autore=Frank Byron Jevons|titolo=A history of greek literature: from the earliest period to the death of Demosthenes|url=https://archive.org/details/ahistorygreekli00jevogoog|città=New York|editore=C. Scribner's sons|anno=1886|lingua=en|p= [https://archive.org/details/ahistorygreekli00jevogoog/page/n212 190]}}</ref>.
[[Immagine:Dionysos satyrs Cdm Paris 575.jpg|thumb|Dioniso attorniato da satiri]]
Il Ditirambo, in origine improvvisato, assume poi una forma scritta e prestabilita. Il coro s'indirizzava a ''thymele'' ({{Polytonic|''θυμέλη''}}), l'ara sacrificale, e cantava in cerchio, disponendosi intorno ad essa.
 
AdGli studiosi hanno formulato una serie di ipotesi riguardo al modo in cui si sia compiuta l'evoluzione dal ditirambo alla tragedia. In generale, si ritiene che ad un certo momento dal [[Coro greco|coro]] che intonava questo canto in onore di [[Dioniso]] il [[corifeo]], cioèossia il capocoro, si sarebbe staccato e avrebbe cominciato a dialogare con questoesso, diventando così un vero e proprio [[personaggio immaginario|personaggio]];. inIn seguito ilsarebbe corostato stesso,aggiunto sdoppiandosiun inulteriore due semicoripersonaggio, diedeche vita a un dialogo tranon icantava duema corifeiparlava, e venne introdotto unchiamato ''hypocritès'' ({{Polytoniclang|grc|''ὑποκριτής''}}, risponditoreossia "colui che risponde", parola che in seguito significheràprenderà il significato di attore). Probabilmente, il dialogo che pronunciavain lequesto parolemodo dinacque Dionisotra attore, rivoltecorifeo ale coro: èdiede la nascitavita delalla drammatragedia. Da canto epico-lirico, il ditirambo diventa teatro<ref name="ReferenceA">{{cita libro|autore1=Fabrizio Festa|autore2=Silvia Mei|autore3=Sara Piagno|autore4=Ciro Polizzi|titolo=Musica: usi e costumi|url=https://archive.org/details/musicausiecostum0000fest|città=Bologna|editore=Pendragon|anno=2008|isbn=88-8342-616-9|p=[https://archive.org/details/musicausiecostum0000fest/page/58 58]}}</ref>.
 
Mentre nasceva e si strutturava la tragedia vera e propria, lo spirito più popolare dei riti e delle danzadanze dionisiache sopravvisserosopravvisse nel [[dramma satiresco]]<ref>{{cita pubblicazione|autore=Luigi Enrico Rossi|titolo=Il dramma satiresco attico: forma, fortuna e funzione di un genere letterario antico|rivista=Dialoghi di archeologia|anno=1972|numero=2-3|pp=248-302}}</ref>.
 
=== Le prime tragedie ===
 
La tradizione, attribuiscesupportata ada un esiguo numero di reperti storici quali il ''[[TespiMarmor Parium]]'', attribuisce la prima rappresentazione tragica, avvenuta nel 534 a.C. durantenell'ambito ledelle feste chiamate [[Dionisie]] (istituite da [[Pisistrato]]), a [[Tespi]]<ref name=Sinisi>Sinisi{{cita libro|autore1=Silvana, Innamorati Sinisi|autore2=Isabella. ''[http://books.google.it/books?idInnamorati|titolo=iQupNAG7sfQC&pg=PA3&dq=teatro+greco&hl=it&ei=USYZTdT4A8PGswbL9sHaDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CDEQ6AEwAQ#v=onepage&q&f=false Storia del teatro:. loLo spazio scenico dai greci alle avanguardie storiche]''. Bruno Mondadori, |città=Milano |editore=Mondadori|anno=2003, pag. |isbn=978-88-424-9807-0|p=3}}</ref>. Si presuppone che questi fosse attico, appartenente al [[demo]] di Icaria., Dellema delle sue tragedie sappiamo ben poco, se non che il coro era ancora formato da [[Satiro|satiri]] e che fu certamente il primo a vincere unil concorso drammatico che proprio quell'anno (a quanto pare) si celebrava per la prima volta; Aristotele sostiene che introdusse l'attore ({{Polytoniclang|grc|ὑποκρίτης}}) che rispondeva al coro<ref name="Sinisi"/>. Inoltre Temistio, scrittore del IV secolo a.C., riferisce che sempre secondo Aristotele, Tespi inventòavrebbe inventato il prologo e la parte parlata ({{Polytoniclang|grc|ῥῆσις}}). Gli altriAltri drammaturghi dell'epoca furono [[Cherilo (tragico)|Cherilo]], autore di probabilmente centosessanta tragedie (con tredici vittorie), e [[Pratina|Pràtina di Fliunte]] autore di cinquanta opere di cui 32 drammi satireschi,; di cuitali opere però ci sono pervenuti solo i titoli. Da quel momento i drammi satireschi affiancarono la rappresentazione delle tragedie. <ref>{{Treccani|pratina|Pratina gareggiò sicuramente con Eschilo e operò dal 499 a.C.}}</ref>
 
Di [[Frinico (tragediografo)|Frinico]] cominciamo ad avere maggiori informazioni. [[Aristofane]] ne tesse le lodi nelle sue commedie, presentandolo nelle ''[[Le vespe (Aristofane)|Vespe]]'' lo presenta come un democratico radicale vicino a [[Temistocle]]. Oltre a introdurre nei dialoghi il [[trimetro giambico]] e ad utilizzare per la prima volta personaggi femminili, Frinico inventò il genere della tragedia ad argomento storico (''[[La presa di Mileto]]''),. introducendoIntrodusse inoltre una seconda parte alle sue opere: ci si avviava, quindi alla [[trilogia]], che sarà definitivamente adottata da Eschilo e dai suoi contemporanei. La sua prima vittoria in un [[Agōn|agone]] accaddeè documentata tra il [[511 a.C.|511]] e il [[508 a.C.]], ed è certo che ne riportò almeno un'altra nel [[510476 a.C.]], quando presentò le ''Fenicie'' avendo come [[corego]] Temistocle.<ref>{{cita libro|autore=Mario Casertano|autore2=Gianfranco Nuzzo|titolo=Storia e testi della letteratura greca|città=Palermo|editore=Palumbo|anno=2003|isbn=978-88-8020-494-7|volume=2.1|p=36}}</ref><ref>{{cita libro|[[Plutarco]]|titolo=Temistocle||lingua=grc|posizione=V, 5}}</ref>
 
=== Eschilo: la codificazione ===
{{Vedi anche|Eschilo}}
Sarebbe stato Eschilo a fissare le regole fondamentali del dramma tragico. Regista,Da oltre[[Aristotele]]<ref che poeta, a lui viene attribuita l'introduzione diname="ReferenceB">{{cita libro|autore=[[mascheraAristotele]]|titolo=[[Poetica teatrale(Aristotele)|mascheraPoetica]]|lingua=grc|posizione=1449a}}</ref> egli coturniviene e inoltre è con lui che prendeattribuita l'avviointroduzione la [[trilogia]]. Introducendo undel secondo attore, che rese possibile la drammatizzazione di un conflitto. La rappresentazione della tragedia assume una durata definita (dall'alba al tramonto, nella realtà come nella finzione), e nella stessa giornata viene presentata unadella [[trilogia]] legata, nellache quale leattraverso tre partitragedie sonoraccontava "puntate" dellaun'unica medesimalunga storiavicenda.
 
NellaLe opere di Eschilo a noi pervenute sono tutte dell'ultimo periodo della sua operaproduzione, eppure confrontando le prime tragedie risalenti agli esordi con quelle didegli anniultimi successivianni, notiamo una un'evoluzione e un arricchimento degli elementi propri del dramma tragico: dialoghi, contrasti, effetti teatrali<ref>{{cita web|url=http://www.italica.rai.it/rinascimento/parole_chiave/schede/eschilo.htm|titolo=Eschilo|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060512134147/http://www.italica.rai.it/rinascimento/parole_chiave/schede/eschilo.htm|urlmorto=sì}}</ref>. Questo siè devedovuto anche alla competizioneconcorrenza che il vecchiol'anziano Eschilo deve sostenereaveva nelle gare drammatiche:, c'èsoprattutto undal giovane rivale, [[Sofocle]], che gli contende la popolarità, e che ha introdottointrodusse un terzo attore, harese complicatopiù complesse le trame, sviluppatoe caratterisviluppò personaggi più umani, nei quali il [[spettatore|pubblico]] puòpotesse identificarsi.
 
Eschilo si mostrò almeno in parte recettivo nei confronti delle innovazioni sofoclee, introducendo a sua volta il terzo attore, ma rimase sempre fedele ad un estremo rigore morale e ad una religiosità molto intensa, che ha il suo perno in [[Zeus]] (che in Eschilo è sempre portatore del modo corretto di ragionare e agire). (Fa eccezione il ''[[Prometeo incatenato (Eschilo)|Prometeo incatenato]]'', in cui Zeus assume atteggiamenti tirannici.) Musicalmente Eschilo resta legato ai nomoi, strutture ritmico-melodiche sviluppatesi in età arcaica<ref>{{cita|Perrotta|pp. 137-140}}.</ref>.
Tuttavia, anche accettando in parte, e con riluttanza, le nuove innovazioni, Eschilo rimane sempre fedele ad un estremo rigore, alla religiosità quasi [[monoteismo|monoteistica]] ([[Zeus]], nelle opere di Eschilo, è rappresentato talvolta come un tiranno, talvolta come un dio onnipotente, con qualche somiglianza con il biblico [[Yahweh]]). Nonostante i personaggi di Eschilo non siano sempre unicamente [[eroe|eroi]], quasi tutti hanno caratteristiche superiori all'umano. Se ci sono elementi reali, questi non sono mai rappresentati nella loro quotidianità, ma in una suprema sublimazione. Musicalmente resta legato ai nomoi,strutture ritmico-melodiche collegate alla provenienza geografica e alla destinazione d'uso,sviluppatisi in età arcaica.
 
=== Le riforme di Sofocle ===
{{Vedi anche|Sofocle}}
[[Plutarco]], nella ''Vita di Cimone'' (8,8-9), racconta il primo trionfo del giovane talentuoso Sofocle contro il celebre e fino a quel momento incontrastato Eschilo<ref group=N>Secondo Plutarco, tale vittoria, ottenuta in modo insolito (senza il consueto sorteggio degli arbitri), provocò il volontario esilio di Eschilo in [[Sicilia]]. Ciò però è improbabile, poiché tale esilio avvenne in realtà circa 10 anni dopo.</ref>. Le innovazioni che Sofocle introdusse, e che gli guadagnarono almeno venti trionfi, riguardarono molti aspetti della rappresentazione tragica, dai dettagli più insignificanti (come i calzari bianchi e i bastoni ricurvi) fino a riforme più dense di conseguenze. Introdusse un terzo attore, che permetteva alla tragedia di moltiplicare il numero dei personaggi possibili, aumentò a quindici il numero dei coreuti, ruppe l'obbligo della trilogia, rendendo possibile la rappresentazione di drammi autonomi, introdusse l'uso di [[scenografia|scenografie]].<ref name=Sinisi/>
 
Rispetto a Eschilo, i cori tragici sofoclei si defilano dall'azione, partecipano sempre meno attivamente e diventano piuttosto spettatori e commentatori dei fatti. Sofocle tentò di togliere l'enfasi (''ónkos'' / {{lang|grc|ὄγκος}}) ai suoi personaggi, per restituir loro completamente la drammaticità, in un mondo descritto come ingiusto e privo di luce. Nell'''[[Edipo a Colono (Sofocle)|Edipo a Colono]]'', il coro ripete «la sorte migliore è non nascere». Gli eventi che schiacciano le esistenze degli eroi non sono in alcun modo spiegabili o giustificabili, e in questo possiamo vedere l'inizio di una sofferta riflessione sulla condizione umana, ancora attuale nel mondo contemporaneo<ref>{{cita|Guidorizzi|pp. 151-153}}.</ref>.
[[Plutarco]], nella ''Vita di Cimone'', racconta il primo trionfo del giovane talentuoso Sofocle contro il celebre e fino a quel momento incontrastato Eschilo, conclusasi in modo insolito, senza il consueto sorteggio degli arbitri, e che provocò il volontario esilio di Eschilo in [[Sicilia]]. Le innovazioni che Sofocle introdusse, e che gli guadagnarono almeno venti trionfi, riguardarono molti aspetti della rappresentazione tragica, dai dettagli più insignificanti (come i calzari bianchi e i bastoni ricurvi) fino a riforme più dense di conseguenze. Introdusse un terzo attore, che permetteva alla tragedia di moltiplicare il numero dei personaggi possibili, aumentò a quindici il numero dei coreuti, ruppe l'obbligo della trilogia, rendendo possibile la rappresentazione di drammi autonomi, introdusse l'uso di [[scenografia|scenografie]].
Rispetto a Eschilo, i cori tragici sofoclei si defilano dall'azione, partecipano sempre meno attivamente e diventano piuttosto spettatori e commentatori dei fatti. È di Sofocle l'introduzione del monologo (ad es. quelli di [[Aiace Telamonio|Aiace]] o di [[Edipo]]), le lunghe 'tirate' che permettono all'attore di mostrare la sua abilità, e al personaggio di esprimere compiutamente i propri pensieri. La psicologia dei personaggi si approfondisce, emerge una inedita analisi della realtà e dell'uomo. Sofocle tentò di togliere l'enfasi (''ónkos'' / {{Polytonic|ὄγκος}}) ai suoi personaggi, per restituirgli completamente la drammaticità, in un mondo descritto come ingiusto e privo di luce. Nell'''[[Edipo a Colono (Sofocle)|Edipo a Colono]]'', il coro ripete «la sorte migliore è non nascere». Gli eventi che schiacciano le esistenze degli eroi non sono in alcun modo spiegabili o giustificabili, e in questo possiamo vedere l'inizio di una sofferta riflessione sulla condizione umana, ancora attuale nel mondo contemporaneo.
 
=== Il realismo euripideo ===
{{Vedi anche|Euripide}}
[[File:NAMA Bacchantes.jpg|miniatura|Rilievo votivo che celebra probabilmente il trionfo delle ''[[Le Baccanti|Baccanti]]'']]
 
Le peculiarità che distinguono le tragedie euripidee da quelle degli altri due drammaturghi sono da un lato la ricerca di sperimentazione tecnica attuata da Euripide in quasi tutte le sue opere e la maggiore attenzione che egli pone nella descrizione dei [[sentimento|sentimenti]], di cui analizza l'evoluzione che segue il mutare degli eventi narrati.<ref name=eu1>{{cita libro|autore=Anne Norris Michelini|titolo=Euripides and the Tragic Tradition|editore=University of Wisconsin Press|anno=2006|lingua=en|isbn=0-299-10764-7}}</ref>
[[Immagine:NAMA Bacchantes.jpg|thumb|250px|Rilievo votivo che celebra probabilmente il trionfo di ''[[Le Baccanti (Euripide)|Le Baccanti]]'']]
 
La sperimentazione attuata da Euripide nelle sue tragedie è osservabile essenzialmente in tre aspetti che caratterizzano il suo teatro: il prologo, che diventa sempre più un monologo espositivo che informa sull'antefatto, l'introduzione del ''[[deus ex machina]]'' e la progressiva svalutazione del coro dal punto di vista drammatico a favore della [[monodia]] cantata dai personaggi.<ref name=eu1/>
Le peculiarità che distinguono le tragedie euripidee da quelle degli altri due drammaturghi sono da un lato la ricerca di sperimentazione tecnica attuata da Euripide in quasi tutte le sue opere e la maggiore attenzione che egli pone nella descrizione dei [[sentimento|sentimenti]], di cui analizza l'evoluzione che segue il mutare degli eventi narrati.
 
La novità assoluta del teatro euripideo è comunque rappresentata dal [[realismo (letteratura)|realismo]] con il quale il drammaturgo tratteggia le dinamiche [[psicologia|psicologiche]] dei suoi personaggi. L'eroe descritto nelle sue tragedie non è più il risoluto protagonista dei drammi di Eschilo e Sofocle, ma sovente una persona problematica ede insicura, non priva di conflitti interiori.
Le protagoniste femminili dei drammi, come [[Andromaca (Euripide)|Andromaca]], [[Fedra]] e [[Medea (Euripide)|Medea]], sono le nuove figure tragiche di Euripide, il quale ne tratteggia sapientemente la tormentata sensibilità e le pulsioni irrazionali che si scontrano con il mondo della ragione<ref name=eu1/>.
 
Un'altra caratteristica tipica di Euripide rispetto ai suoi predecessori è una maggiore libertà nell'ideare le trame delle tragedie, che presentano una maggiore autonomia rispetto alle vicende raccontate dal mito, più di quanto non avvenisse coi tragediografi precedenti<ref>{{cita|Guidorizzi|pp. 166-169}}.</ref>.
Le protagoniste femminili dei drammi, come [[Andromaca (Euripide)|Andromaca]], [[Fedra]] e [[Medea (Euripide)|Medea]], sono le nuove figure tragiche di Euripide, il quale ne tratteggia sapientemente la tormentata sensibilità e le pulsioni irrazionali che si scontrano con il mondo della ragione.
Il ruolo del coro perde importanza e si introduce la monodia,di origine popolare.
 
=== Struttura dellaLa tragedia in età ellenistica ===
Nel [[IV secolo a.C.]] e durante il periodo [[ellenismo|ellenistico]], la tragedia continuò a godere di vitalità, sia attraverso nuove creazioni, sia attraverso la riproposizione delle opere dei grandi tragici, delle cui opere, su iniziativa di [[Licurgo di Atene]], venne approntato un testo ufficiale cui era obbligatorio attenersi durante le rappresentazioni.
{{Vedi anche|Struttura della tragedia greca}}
La tragedia greca è strutturata secondo uno schema rigido, di cui si possono definire le forme con precisione. La tragedia inizia generalmente con un prologo (da ''prò'' e ''logos'', discorso preliminare), che ha la funzione di introdurre il dramma; segue la parodo (ἡ πάροδος), che consiste nell'entrata in scena del [[Coro greco|coro]] attraverso dei corridoi laterali, le ''[[pàrodoi]]''; l'azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso tre o più episodi (''epeisòdia''), intervallati dagli stasimi, degli intermezzi in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena; la tragedia si conclude con l'esodo (ἔξοδος).
 
Non conosciamo tuttavia alcuna opera di questo periodo, ad eccezione del ''[[Reso (Euripide)|Reso]]'', falsamente attribuito ad Euripide e che invece la gran parte degli studiosi ritiene risalente a questo periodo<ref>{{cita|Guidorizzi|p. 193}}.</ref>.
== La tragedia da Aristotele ai contemporanei ==
 
Nel [[III secolo a.C.]] raggiunsero poi una certa notorietà i sette tragici della [[Pleiadi (poeti tragici)|Pleiade]] [[Alessandria d'Egitto|alessandrina]]: [[Licofrone]], [[Filico di Corcira]], [[Omero di Bisanzio]], [[Sositeo]], [[Sosifane]], [[Eantide]] ed [[Alessandro Etolo]]<ref>{{cita libro|titolo=The Oxford Classical Dictionary|url=https://archive.org/details/in.ernet.dli.2015.461705|città=London|editore=Oxford University Press|anno=1949}}</ref>. Non si può dire con precisione quale fossero le caratteristiche delle opere di questi autori: l'unico componimento che si è conservato, l{{'}}''[[Alessandra (poema)|Alessandra]]'' di Licofrone, non è propriamente una tragedia ma un poema in forma di monologo profetico<ref>{{Treccani|pleiade_res-b639b954-8bb5-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)|Plèiade|autore = [[Augusto Rostagni]]|data = 1935}}</ref><ref>{{cita web|autore=Gauthier Liberman|titolo=Lycophron, Alexandra. Collection des universités de France Série grecque|url=http://ccat.sas.upenn.edu/bmcr/2009/2009-03-38.html|accesso=3 febbraio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210203093324/https://bmcr.brynmawr.edu/2009/2009.03.38|urlmorto=no}}</ref>.
===Mimesi e catarsi ===
Come è già stato detto, il primo studio critico sulla tragedia è contenuto nella ''[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]'' di Aristotele. In esso troviamo elementi fondamentali per la comprensione del teatro tragico, ''in primis'' i concetti di [[mimesi]] ({{Polytonic|μίμησις}}, dal verbo {{Polytonic|μιμεῖσθαι}}, imitare) e di [[catarsi]] ({{Polytonic|κάθαρσις}}, ''purificazione'').
Scrive nella ''Poetica'': "La tragedia è dunque imitazione di una azione nobile e compiuta [...] la quale per mezzo della [[pietà (sentimento)|pietà]] e della [[paura]] finisce con l'effettuare la purificazione di cosiffatte passioni"<ref> Aristotele, ''Poetica'', 49b, 6, 24-28.</ref>.
In parole povere, le azioni che la tragedia rappresenta non sono altro che le azioni più turpi che gli uomini possano compiere: la loro visione fa sì che lo spettatore si immedesimi negli impulsi che le generano, da una parte empatizzando con l'eroe tragico attraverso le sue emozioni (''[[pathos]]''), dall'altra condannandone la malvagità o il vizio attraverso la ''[[hýbris]]'' ({{Polytonic|ὕβρις}} - Lett. "superbia" o "prevaricazione", i.e. l'agire contro le leggi divine, che porta il personaggio a compiere il crimine). La ''[[Nemesi|nemesis]]'' finale rappresenta la "retribuzione" per i misfatti, punizione fa nascere nell'individuo proprio quei sentimenti di pietà e di terrore che permettono all'animo di purificarsi da tali passioni negative che ogni uomo possiede. La catarsi finale, per Aristotele rappresenta la presa di coscienza dello spettatore, che pur comprendendo i personaggi, raggiunge questa finale consapevolezza distaccandosi dalle loro passioni per raggiungere un livello superiore di saggezza. Il vizio o la debolezza del personaggio portano necessariamente alla sua caduta in quanto predestinata (il concatenamento delle azioni sembra in qualche modo essere favorito dagli déi, che non agiscono direttamente, ma come ''[[deus ex machina]]''). La caduta dell'eroe tragico è necessaria, perché da un lato possiamo ammirarne la grandezza (si tratta quasi sempre di persone illustri e potenti) e dall'altra possiamo noi stessi trarre profitto dalla storia. Per citare le parole di un grande grecista, la tragedia «è una simulazione», nel senso utilizzato in campo scientifico, quasi un esperimento da laboratorio:
 
== Caratteristiche ==
{{quote|La tragedia monta un' esperienza umana a partire da personaggi noti, ma li installa e li fa sviluppare in modo tale che [...] la catastrofe che si produce, quella subita da un uomo non spregevole né cattivo, apparirà come del tutto probabile o necessaria. In altri termini, lo spettatore che vede tutto ciò prova pietà e terrore, ed ha la sensazione che quanto è accaduto a quell'individuo avrebbe potuto accadere a lui stesso.|[[Jean-Pierre Vernant]]<ref>Jean-Pierre Vernant. ''Mito e tragedia nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale, estetico e psicologico''. Einaudi, Torino 1976. Vedasi anche l'[http://www.emsf.rai.it/tv_tematica/trasmissioni.asp?d=376 enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche Rai].</ref>}}
[[File:Siracusa Teatro Greco - Maggio 2009.jpg|miniatura|La ''Medea'' messa in scena al [[Teatro greco di Siracusa]] ([[2009]]).]]
=== Argomenti e motivi ===
Gli argomenti principali trattati nelle tragedie sono quelli della [[mitologia greca]], dal cui enorme ''corpus'' venivano attinte le storie narrate sulla scena. Si tratta spesso di eventi luttuosi, in cui il protagonista si trova davanti ad un fatto terribile (ad esempio [[Edipo]] nell{{'}}''Edipo re'', quando scopre il suo passato) o si trova a dover scegliere tra alternative entrambe dolorose e sconvolgenti (ad esempio la trilogia ''[[Orestea]]'' di Eschilo, in cui [[Oreste (figlio di Agamennone)|Oreste]] si trova a dover scegliere tra uccidere la madre o macchiarsi di un affronto verso il dio [[Apollo]]). Tuttavia non mancavano tragedie dal tono più leggero, o caratterizzate dal lieto fine (ad esempio l{{'}}''[[Elena (Euripide)|Elena]]'' e lo ''[[Ione (Euripide)|Ione]]'' di Euripide, o la stessa ''Orestea'' di Eschilo). I [[Mito|miti]] più ricorrenti erano soprattutto la [[guerra di Troia]] (''[[Le troiane]]'' e l{{'}}''[[Elena (Euripide)|Elena]]'' di Euripide e il ''[[Reso]]'' pseudoeuripideo), le imprese di [[Eracle]], il [[ciclo tebano]] e in particolare la dinastia di [[Edipo]] (''[[I sette contro Tebe]]'' di Eschilo, ''[[Antigone (Sofocle)|Antigone]]'', ''[[Edipo re (Sofocle)|Edipo re]]'' ed ''[[Edipo a Colono (Sofocle)|Edipo a Colono]]'' di Sofocle, ''[[Le fenicie]]'' e ''[[Le Baccanti]]'' di Euripide) e la famiglia degli [[Atride|atridi]] (l{{'}}''Orestea'' di Eschilo, ''[[Elettra (Sofocle)|Elettra]]'' di Sofocle, nonché ''[[Elettra (Euripide)|Elettra]]'', ''[[Oreste (Euripide)|Oreste]]'', ''[[Ifigenia in Tauride]]'' e ''[[Ifigenia in Aulide]]'' di Euripide).
 
Questa ricorrenza di temi mitici, che a prima vista farebbe pensare a una certa ripetitività e mancanza d'inventiva, veniva risolta dagli autori tragici con il ricorso alle numerose varianti del mito stesso, oppure semplicemente distaccandosene per dare alla vicenda sviluppi inattesi. Ad esempio le uccisioni di [[Clitennestra]] e di [[Egisto]] non seguono lo stesso ordine nei tre tragici, e mentre in Eschilo [[Elettra (figlia di Agamennone)|Elettra]] non prende parte all'assassinio, in Sofocle è alleata del fratello [[Oreste (figlio di Agamennone)|Oreste]], mentre in Euripide è l'artefice della morte della madre. Lo stesso vale per il personaggio di [[Elena (mitologia)|Elena]], che in due opere dello stesso Euripide viene descritta prima come una donna di facili costumi (''Le troiane''), poi come una donna fedele che soffre per la lontananza del marito (''Elena'').
Diversa fu però la posizione anticlassicista, frutto della polemica romantica contro la poetica aristotelica che dovettero trovare priva di sentimento e distante dai tempi moderni: succede allora che l'elemento di pathos sia esaltato talvolta eccessivamente e che il personaggio tragico appaia come vittima di una sorte ingiusta: l'elemento psicologico tende a giustificare il cattivo, malvagio perché solo e incompreso dalla società e ad esaltarne le qualità prometeiche ed eroiche. L'eroe tragico tende da questo punto ad avvicinarsi sempre di più alle classi sociali medio-basse e quindi ad assumere il tono della denuncia politica.
 
Nonostante la pluralità dei soggetti rappresentati si possono enucleare alcuni motivi che ricorrono più volte nelle tragedie.
===Le tre unità===
Uno di questi è certamente la [[vendetta]], sentimento cardine non solo della ''[[Medea (Euripide)|Medea]]'' di Euripide, in cui [[Medea]] per vendicarsi del marito uccide i propri figli, ma anche della citata ''Orestea'' di Eschilo, in cui si affaccia anche un altro tema ricorrente nelle tragedie, ovvero il nesso indissolubile tra la colpa commessa e l'espiazione, tema presente anche nell{{'}}''[[Antigone (Sofocle)|Antigone]]'' sofoclea o nell{{'}}''[[Ippolito (Euripide)|Ippolito]]'' euripideo<ref group=N>Per una trattazione estesa del concetto di colpa e responsabilità nella Grecia antica, vedi {{cita libro|autore=Eva Cantarella|titolo="Sopporta, cuore..." La scelta di Ulisse|città=Bari|editore=Laterza|anno=2010|isbn=978-88-420-9244-5}}</ref>. Da notare peraltro che non sempre la presenza di una punizione prevede una precedente "colpa" in senso moderno, vedi ad esempio l{{'}}''Edipo re'', in cui il protagonista subisce la sorte tragica nonostante avesse fatto tutto il possibile per evitarla (e in ciò consiste, in effetti, l'aspetto più propriamente tragico della vicenda).
La famosa questione delle cosiddette tre [[unità aristoteliche]], di tempo, di luogo e d'azione ha interesse puramente storico. [[Aristotele]] aveva affermato che la [[favola]] deve essere compiuta e perfetta, deve in altre parole avere unità, ossia un inizio, uno svolgimento ed una fine. Il filosofo aveva anche asserito che l'azione dell'epopea e quella della tragedia differiscono nella lunghezza "perché la tragedia fa tutto il possibile per svolgersi in un giro di sole o poco più, mentre l'epopea è illimitata nel tempo". Nella tragedia greca il [[coro greco|coro]], tra l'altro, era essenziale, per evitare incongruenze e spiegare gli antefatti.
Altri motivi ricorrenti sono quelli della supplica (presente nelle ''Supplici'' di Eschilo e nell{{'}}[[Le supplici (Euripide)|opera omonima]] di Euripide, così come anche nelle ''Eumenidi'' e negli ''[[Gli Eraclidi|Eraclidi]]'') e della follia (''Le Troiane'', ''Eracle'' e ''Le Baccanti'' di Euripide, ''[[Aiace (Sofocle)|Aiace]]'' di Sofocle)<ref>{{cita libro|autore=Massimo Di Marco|titolo=La tragedia greca: forma, gioco scenico, tecniche drammatiche|città=Roma|editore=Carocci|anno=2000|isbn=978-88-430-1703-4}}</ref>.
 
In effetti, secondo Aristotele, il tipo di trama più adatta alla tragedia è quello di un protagonista, privo di qualità eccezionali, la cui condizione di felicità cessa non a causa della propria malvagità, ma per un errore. Questo mutamento può avvenire a causa di una peripezia o di un [[Agnizione|riconoscimento]], oppure di entrambi, cosa che avviene ad esempio nell{{'}}''[[Edipo re (Sofocle)|Edipo re]]'' di Sofocle, che in questo modo rappresenta uno degli esempi paradigmatici dei meccanismi di funzionamento della tragedia greca.<ref>{{cita libro|autore=[[Aristotele]]|titolo=[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]|lingua=grc|posizione=1452a-b}}</ref> Il tema del riconoscimento è del resto presente in numerose altre opere, come ''Le Coefore'' di Eschilo, l{{'}}''Elena'' e lo ''[[Ione (Euripide)|Ione]]'' di Euripide<ref>{{cita pubblicazione|autore=Naomi A. Weiss|titolo=Recognition and identity in Euripides's Ion|curatore=Teresa G. Russo|rivista=Recognition and Modes of Knowledge: Anagnorisis from Antiquity to Contemporary Theory|città=Alberta (CA)|editore=The University of Alberta Press|anno=2013|lingua=en|pp= 33-49}}</ref>.
Le tre unità si riferiscono dunque all'unità di tempo (la vicenda si svolge in un giorno), di tema (un solo tema portante) e di spazio (un luogo soltanto, difatti la scenografia all'epoca dei tre grandi tragici era statica). Tali unità sono state considerate elementi fondamentali del teatro fino ad un paio di secoli fa, anche se non sempre sono state rispettate (autori del calibro di [[Shakespeare]], [[Molière]] e [[Carlo Goldoni|Goldoni]] non ne fanno assolutamente uso). Come data convenzionale della fine dell'utilizzo delle tre unità può essere preso il [[1822]], anno in cui [[Alessandro Manzoni]] pubblica la sua [[Lettre à monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie]].
 
In tutto il ''corpus'' delle tragedie greche a noi note, solo una non tratta un argomento mitico, ma storico: ''[[I Persiani]]'' di Eschilo. Venne rappresentata nel [[472 a.C.]] ad Atene, otto anni dopo la [[battaglia di Salamina]], quando la guerra con la Persia era ancora in corso: la voce di Eschilo fu così un forte strumento di propaganda, e non a caso il [[corego]] dei ''Persiani'' fu [[Pericle]]<ref>{{cita libro|capitolo=Pericles|titolo= The Oxford Classical Dictionary|url=https://archive.org/details/isbn_9780198661726|città=London|editore=Oxford University Press|anno=1996|lingua=en}}</ref>.
=== Apollineo e dionisiaco: l'analisi di Nietzsche ===
{{Vedi anche|La Nascita della Tragedia}}
Fu [[Friedrich Nietzsche]] alla fine del XIX secolo a mettere in evidenza il contrasto tra due elementi principali: da un lato quello dionisiaco (la passione che travolge il personaggio) e quello apollineo (la saggezza e la giustizia l'elemento razionale simboleggiato appunto dal Dio [[Apollo]]). Contrasto che sarebbe alla base della ''nemesis'', la punizione divina che determina la caduta o la morte del personaggio.
 
=== Struttura ===
Nella cultura greca antica, afferma Nietzsche, «''esiste un contrasto, enorme per l'origine e i fini, fra l'arte plastica, cioè l'apollinea, e l'arte non plastica della musica, cioè la dionisiaca''». {{quote|[...] Questi due istinti così diversi camminano uno accanto all'altro, per lo più in aperto dissidio, stimolandosi reciprocamente a sempre nuove e più gagliarde reazioni per perpetuare in sé incessantemente la lotta di quel contrasto, su cui la comune parola di "arte" getta un ponte che è solo apparente: finché in ultimo, riuniti insieme da un miracolo metafisico prodotto dalla "volontà" ellenica, essi appaiono finalmente in coppia e generano in quest'accoppiamento l'opera d'arte della tragedia attica, che è tanto dionisiaca quanto apollinea.|La nascita della tragedia}}
{{Vedi anche|Struttura della tragedia greca}}
La tragedia greca è strutturata secondo uno schema rigido, di cui si possono definire le forme con precisione<ref>{{cita libro|autore=[[Aristotele]]|titolo=[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]|lingua=grc|posizione=1452b}}</ref>.
 
La tragedia inizia generalmente con un [[prologo]] (da ''prò'' e ''logos'', discorso preliminare), in cui uno o più personaggi introducono il dramma e spiegano l'antefatto (eccezioni sono [[I Persiani]] e [[I sette contro Tebe]] di Eschilo); segue la ''parodos'' (ἡ πάροδος), che consiste in un canto del [[Coro greco|coro]] effettuato mentre esso entra in scena attraverso i corridoi laterali, le ''[[pàrodoi]]''; l'azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso tre o più episodi (''epeisòdia''), intervallati dagli [[stasimo|stasimi]], degli intermezzi in cui il coro commenta o illustra la situazione che si sta sviluppando sulla scena (o, più raramente, compie delle azioni). La lunghezza degli episodi poteva presentare differenze significative: nell'''Aiace'' di Sofocle il primo episodio, sotto forma di ''[[komos]]'', è costituito da 395 versi (v. 201-595), il secondo solamente da 47 (v. 646-692), il terzo da 147 (v. 719-865) mentre il quarto ne ha 211 (v. 974-1184). La tragedia si conclude con l'[[exodos|esodo]] (ἔξοδος), in cui si mostra lo scioglimento della vicenda<ref>{{cita libro|curatore1=Claudio Bernardi|curatore2=Carlo Susa|titolo=Storia essenziale del teatro|città=Milano|editore=Vita e Pensiero|anno=2005|isbn=88-343-0761-5}}</ref>.
== Il teatro tragico come fenomeno di massa ==
[[Immagine:DionysiusTheater.jpg|thumb|300px|Il teatro di Doniso ad [[Atene]] (illustrazione del 1891).]]
 
[[File:Courtesan mask Louvre MI58.jpg|miniatura|sinistra|Maschera di cortigiana al [[Museo del Louvre]]]]
La tragedia antica non era solo uno spettacolo, come lo intendiamo oggi, ma piuttosto un rito collettivo della ''[[polis|pòlis]]''<ref>Non per niente Paolo Emilio Giudici, nel suo ''[http://books.google.it/books?id=MjA2AAAAIAAJ&pg=PA18&dq=teatro+greco&hl=it&ei=USYZTdT4A8PGswbL9sHaDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=4&ved=0CDwQ6AEwAw#v=onepage&q&f=false Storia del teatro in Italia]'', sottolinea come la costruzione dei teatri necessitava di una certa ampiezza per contenere tutti i liberi cittadini di Atene. Cfr. pag. 18</ref>. Si svolgeva durante un periodo sacro, in uno spazio consacrato (al centro del teatro sorgeva l'altare del dio).
Il teatro assunse la funzione di cassa di risonanza per le idee, i problemi e la vita politica e culturale dell'Atene democratica: la tragedia parla di un passato mitico, ma il mito diventa immediatamente metafora dei problemi profondi della società ateniese.
 
=== Attori e maschere ===
A questo proposito è emblematica la tragedia ''[[I Persiani]]'' di Eschilo: la storia è ambientata nella reggia di [[Susa (Elam)|Susa]], capitale dell'[[impero persiano]], dove fin dall'inizio una serie di oscuri presagi, finanche il fantasma del defunto re [[Dario I di Persia|Dario]] che accusa il suo successore [[Serse]] di aver peccato di superbia, preludono ad una grande catastrofe, annunciata alla fine da un messaggero che con straordinaria drammaticità racconta come la flotta persiana sia stata distrutta a [[Salamina]].
Tutti i ruoli, senza eccezione, erano interpretati da uomini adulti. Nelle tragedie a noi note, gli attori sono sempre due o tre (con l'occasionale utilizzo, ma solo ipotetico, di un quarto attore), ognuno dei quali interpreta uno o più ruoli. Poteva anche capitare che un personaggio venisse interpretato da più attori a turno, come, a quanto pare, nel caso dell{{'}}''[[Edipo a Colono (Sofocle)|Edipo a Colono]]'', in cui i tre attori si alternavano nell'interpretare Edipo. L'attore principale ("protagonista", ossia ''proto-agonista'', "primo competitore") aveva in genere la maggiore visibilità, ma anche gli altri due attori ("deuteragonista" e "tritagonista") avevano spesso ruoli di una certa importanza.<ref>{{cita|Di Benedetto e Medda|pp. 208-211}}.</ref>
 
Gli attori portavano una [[maschera]], generalmente in tessuto o intagliata nel legno, che copriva il viso e gran parte della testa, compresi i capelli, mentre erano libere le aperture per gli occhi e la bocca. Le maschere variavano per l'interpretazione di ruoli diversi ricoperti dallo stesso attore e per la percezione delle emozioni espresse sul volto. La dotazione era completata da un costume ornato e dagli attributi del personaggio (lo scettro del re, la spada del guerriero, la corona dell'araldo, l'arco di [[Apollo]], ecc).<ref name="ReferenceC">{{cita libro|autore=Harold Caparne Baldry|titolo=The Greek Tragic Theatre|editore=Cambridge University Press|anno=1951|lingua=en}}</ref>
La tragedia (l'unica ad argomento storico a noi pervenuta) venne rappresentata nel [[472 a.C.]] ad Atene, otto anni dopo la battaglia di Salamina, quando la guerra con la Persia era ancora in corso: la voce di Eschilo fu così un forte strumento di propaganda, e non a caso il [[corego]] dei ''Persiani'' fu [[Pericle]].
 
La caratteristica principale dell'attore era senza dubbio la sua [[voce]], che richiedeva possanza, chiarezza, buona dizione, ma anche la capacità di riflettere le modifiche vocali per esprimere caratteri o emozioni varie.
Una tragedia di argomento mitico come riusciva però a veicolare messaggi di tale rilievo d'interesse civile e sociale da coinvolgere il pubblico in modo così diffuso e partecipe?
Aristotele risponde a questa domanda formulando il concetto di "[[catarsi]]" ({{Polytonic|κάθαρσις}}, ''purificazione''), secondo cui la tragedia pone di fronte agli uomini gli impulsi passionali e irrazionali (matricidio, incesto, cannibalismo, suicidio, infanticidio...) che si trovano, più o meno inconsciamente, nell'animo umano, permettendo agli individui di sfogarli innocuamente, in una sorta di esorcizzazione di massa.
 
Nell'antica Grecia gli attori erano retribuiti dallo Stato e potevano ottenere privilegi e riconoscimenti, tra i quali quello di ambasciatore<ref>{{Treccani|attori|Attori}}</ref>.
Le rappresentazioni delle tragedie ad Atene si svolgevano in occasione delle grandi [[Dionisie]], feste in onore di [[Dioniso]] celebrate nel mese di [[Elafebolione]], verso la fine di marzo. Le Dionisie erano organizzate dallo Stato e l'[[arconte eponimo]], appena assunta la carica, provvedeva a scegliere tre dei cittadini più ricchi ai quali affidare la "coregia", cioè l'allestimento di un coro tragico: nell'Atene democratica i cittadini più abbienti erano tenuti a finanziare servizi pubblici come "[[liturgia]]", cioè come tassa speciale (oltre alla coregia una delle liturgie più importanti era ad esempio l'allestimento di una nave per la flotta, la [[trierarchia]]).
 
=== Coro ===
Durante le Dionisie si svolgeva un [[Agōn|agone]] tragico, cioè una gara tra tre poeti, scelti dall'arconte eponimo forse sulla base di un copione provvisorio, ognuno dei quali doveva presentare una tetralogia composta di tre tragedie e un [[dramma satiresco]]; ogni tetralogia veniva recitata nello stesso giorno a partire dal mattino, così che le rappresentazioni tragiche duravano tre giorni, mentre il quarto giorno era dedicato alla messa in scena di tre commedie. Alla fine dei tre giorni di gara si attribuiva un premio al miglior coro, al miglior attore e al miglior poeta. È però lecito ritenere che sia il pubblico che i magistrati incaricati di assegnare il premio non fossero particolarmente qualificati né esprimessero alcun apprezzamento di natura artistica, e inoltre il meccanismo di attribuzione delle preferenze era piuttosto casuale: la giuria era formata da dieci persone (una per tribù) estratte a sorte, che al termine delle rappresentazioni ponevano in un'urna una tavoletta in cui scriveva i nomi dei tre poeti in ordine di merito, infine venivano estratte cinque tavolette sulla base delle quali veniva proclamato il vincitore.
{{Vedi anche|Coro greco}}
Una delle caratteristiche principali della tragedia è la distinzione, nata dal ditirambo, tra i personaggi interpretati da attori e il [[Coro greco|coro]]. Quest'ultimo è formato da alcuni coreuti (originariamente [[dodici]], in seguito portati a quindici da [[Sofocle]]) che eseguivano passi di [[danza]] [[Canto|cantando]] o [[recitazione|recitando]]. Essi erano guidati dal [[corifeo]], che oltre alle parti corali spesso si esibiva autonomamente, ribadendo quanto detto dal coro stesso o parlando in sua vece<ref name=coro>{{cita|Di Benedetto e Medda|pp. 133-136}}.</ref>.
 
Il coro, in effetti, rappresenta un personaggio collettivo, che partecipa alla vicenda tanto quanto gli attori stessi. Secondo Aristotele, il coro "deve essere considerato uno degli attori, deve essere parte del tutto e deve contribuire all'azione, non come in Euripide, ma come in Sofocle"<ref>{{cita libro|autore=[[Aristotele]]|titolo=[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]|lingua=grc|posizione=1456a}}</ref>. Alcuni esempi, a puro titolo esemplificativo: nelle ''[[Eumenidi (Eschilo)|Eumenidi]]'' di Eschilo il coro è formato dalle terribili [[Erinni]] (che perseguitano [[Oreste (figlio di Agamennone)|Oreste]] per l'omicidio della madre), nelle ''[[Le supplici (Eschilo)|Supplici]]'' dello stesso autore si tratta di giovani ragazze greche che rifiutano il matrimonio (in quest'opera il coro è in effetti l'unico vero protagonista della storia), nell{{'}}''[[Edipo re (Sofocle)|Edipo re]]'' di Sofocle il coro è invece composto da anziani cittadini di [[Tebe (città greca antica)|Tebe]], mentre nelle ''[[Le Baccanti|Baccanti]]'' di Euripide sono invece in scena le seguaci di [[Dioniso]]. Il coro indossava abiti quotidiani e maschere non troppo vistose quando rappresentava comuni cittadini, oppure costumi ben più elaborati se ad essere rappresentati erano personaggi [[mitologia greca|mitologici]] (ad esempio i [[satiro|satiri]]) o uomini stranieri.<ref name=coro />
Agli spettacoli la popolazione partecipava in massa e probabilmente già nel V secolo a.C. erano ammessi anche donne, bambini e schiavi. La passione dei greci per le tragedie era travolgente: Atene, si disse, aveva speso di più per il teatro che non per la flotta. Quando il costo per gli spettacoli aumentò, e fu istituito un contenuto prezzo d'ingresso, Pericle istituì il ''[[Teorico (fondo)|Teorico]]'', un fondo speciale per pagare il biglietto ai meno abbienti.
 
Nel periodo [[Ellenismo|ellenistico]] gli attori recitavano su un palco rialzato, mentre il coro stava nella sottostante [[Orchestra (architettura)|orchestra]], tuttavia al tempo dei grandi tragici (V secolo a.C.) non è noto se tale palco fosse effettivamente presente, o se attori e coro recitassero insieme nell'orchestra; gli studiosi sono divisi a tal proposito<ref>Contrario all'esistenza del palco, vedi {{cita|Di Benedetto e Medda|p. 11}}. Favorevole, vedi {{cita libro|autore=Bernhard Zimmermann|curatore=Sotera Fornaro|titolo=La commedia greca: dalle origini all'età ellenistica|città=Roma|editore=Carocci|anno=2010|isbn=978-88-430-5406-0}}</ref>.
 
[[File:Dionysos mask Louvre Myr347.jpg|miniatura|Maschera di [[Dioniso]] conservata al [[Louvre]]]]
Anche il contenuto delle parti scritte per coro e attori presenta una differenza sostanziale: mentre le parti scritte per gli attori sono scritte in trimetri giambici e sono prive di accompagnamento musicale, quelle del coro sono cantate in metri lirici e accompagnate dalla musica dell{{'}}''[[aulos]]''<ref>{{cita web|autore=Carlo Fatuzzo|url=http://www.mondogreco.net/tragedia.htm|titolo=La musica nella tragedia greca|accesso=4 febbraio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170921050134/http://www.mondogreco.net/tragedia.htm|urlmorto=no}}</ref>.
 
Secondo la prassi teatrale greca, il coro entrava dalle ''[[parodoi]]'', i corridoi posti tra la ''[[cavea]]'' e il palco, per restare nell{{'}}''[[Orchestra (architettura)|orchestra]]'' per tutta la durata della rappresentazione. Durante le parti riservate agli attori è probabile che il coro restasse ai margini dell'orchestra,<ref group=N>Il coro aveva comunque la possibilità, come già accennato, di inserirsi nei dialoghi degli attori tramite il corifeo.</ref> mentre durante la ''[[Struttura della tragedia greca|parodos]]'' (il canto di ingresso) e i cosiddetti [[Struttura della tragedia greca|stasimi]] esso eseguiva canti e danze.<ref>{{cita|Di Benedetto e Medda|pp. 10-12, p. 238}}.</ref>
 
L'evoluzione del genere tragico passa attraverso il cambiamento del ruolo del coro. Nello sviluppo delle parti d'azione, il rapporto tra l'eroe e il coro si va indebolendo: i [[Tebe (città greca antica)|Tebani]] terrorizzati dei ''[[Sette contro Tebe]]'' di Eschilo scompaiono in Euripide, sostituiti da giovani ragazze nelle ''[[Fenicie]]''. Anche la presenza del coro andrà progressivamente riducendosi: ai più di quattrocento versi nelle ''[[Coefore]]'' di Eschilo (più di un terzo di un insieme di 1076 versi) si passa ai circa 200 su un totale di 1510 nell{{'}}''[[Elettra (Sofocle)|Elettra]]'' di Sofocle, e una percentuale simile nell{{'}}''[[Elettra (Euripide)|Elettra]]'' di Euripide (poco più di 200 su 1360)<ref>{{cita libro|autore=Jacqueline de Romilly|titolo=La Tragédie grecque|editore=PUF|anno=2006|lingua=fr|isbn=978-2-13-063038-8}}</ref>.
 
Anche dopo il periodo dei grandi tragici, il ruolo del coro continuerà a diminuire, fino a ridursi, col tragediografo [[Agatone]] (poco dopo i tempi di Euripide), a brevi intermezzi intercambiabili tra una tragedia e un'altra.<ref>{{cita|Di Benedetto e Medda|p. 250}}.</ref>
 
=== Lingua ===
I [[dialetti greci antichi]] utilizzati sono l'[[dialetto attico|attico]] (parlato ad [[Atene]]) per le parti parlate o recitate, e il [[dialetto dorico|dorico]] (dialetto letterario) per le parti cantate. Sul piano metrico, le parti parlate utilizzano soprattutto i ritmi [[giambo|giambici]] ([[trimetro giambico]]), giudicati i più naturali da Aristotele<ref name="ReferenceB"/>, mentre le parti corali ricorrono a una grande varietà di metri, mescolando sovente giambi e [[dattilo (metrica)|dattili]]<ref group=N>Per uno studio metrico dettagliato, vedi {{cita libro|autore=Philippe Brunet|titolo=La naissance de la littérature dans la Grèce ancienne|città=Paris|editore=Le Livre de Poche|anno=1997|pp=140-146|lingua=fr}}</ref>.
 
== Le tragedie sopravvissute ==
Della grande produzione tragica dell'Atene democratica ci sono rimaste solamente alcune tragedie di tre soli autori: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Poco o nulla si sa della veste che i romani dovettero dare alla tragedia greca se non che dovesse ricalcarne da vicino il modello. L'unica fonte romana sicura è [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]], che però accentuò l'aspetto dell'orrore e della violenza, pur evitando di rappresentare le scene cruente sulla scena.
 
=== Eschilo ===
[[ImmagineFile:Aischylos Büste.jpg|thumbminiatura|100pxverticale|Eschilo]]
 
Di [[Eschilo]] sono noti i titoli di settantanove79 opere (su circa una novantina di opere<ref>Secondo il lessico bizantino ''Suda'', Eschilo compose novanta drammi; cfr. {{cita|Privitera e Pretagostini|p. 218}}.</ref>), fra tragedie e drammi satireschi; di questequesti ne sopravvivono sette7, fra cui l'unica trilogia completa pervenutaci dall'antichità, l{{'}}''[[Orestea]]'', e alcuni frammenti papiracei.<ref>{{cita|Rossi Dae notare che tutte le tragedie di Eschilo facevano parte di una trilogia, che, tranne in un caso, è andata perdutaNicolai|pp. Inoltre, la presenza di attacchi a Zeus hanno fatto dubitare sulla proprietà di Eschilo del Prometeo incatenato27-28}}.</ref>:
* ''[[I Persiani]]'' ({{lang|grc|Πέρσαι}} / ''Pérsai'') del 472 a.C.;
* ''[[I sette contro Tebe]]'' ({{lang|grc|Ἑπτὰ ἐπὶ Θήβας}} / ''Heptà epì Thébas'') del 467 a.C.;
* '' [[Le supplici (Eschilo)|Le supplici]]'' ({{lang|grc|Ἱκέτιδες}} / Hikétides) probabilmente del 463 a.C.;
* la trilogia ''[[Orestea]]'' ({{lang|grc|Ὀρέστεια}} / Orésteia) del 458 a.C., costituita da:
** ''[[Orestea#Agamennone|Agamennone]]'' ({{lang|grc|Ἀγαμέμνων}} / Agamémnon);
** ''[[Orestea#Le Coefore|Le Coefore]]'' ({{lang|grc|Χοηφόροι}} / ''Choefóroi'');
** '' [[Orestea#Le Eumenidi|Le Eumenidi]]'' ({{lang|grc|Εὐμενίδες}} / ''Eumenídes'');
* ''[[Prometeo incatenato (Eschilo)|Prometeo incatenato]]'' ({{lang|grc|Προμηθεὺς δεσμώτης}} / ''Prometheús desmótes'') di data incerta, ritenuta spuria da alcuni studiosi.
 
=== Sofocle ===
*[[I Persiani]] ({{Polytonic|Πέρσαι}} / ''Pèrsai'') del [[472 a.C.]]
[[File:Sophocles pushkin.jpg|miniatura|verticale|Sofocle]]
 
Secondo [[Aristofane di Bisanzio]], [[Sofocle]] compose 130 drammi, di cui 17 spuri; il lessico [[Suda (enciclopedia)|Suda]] ne annoverava 123<ref group=N>Alcuni studiosi fanno coincidere le due fonti ipotizzando un errore di Aristofane, che così avrebbe voluto dire 7 anziché 17; cfr. {{cita|Rossi e Nicolai|p. 93}}.</ref>. Di tutta la produzione sofoclea, sono pervenute integre 7 tragedie:
*[[Sette contro Tebe]] ( {{Polytonic|Ἑπτὰ ἐπὶ Θήβας}} / ''Heptà epì Thèbas'') del [[467 a.C.]]
* ''[[Aiace (Sofocle)|Aiace]]'' ({{lang|grc|Αἴας}} / ''Aias'') intorno al 445 a.C.;
* ''[[Antigone (Sofocle)|Antigone]]'' ({{lang|grc|Ἀντιγόνη}} / ''Antigóne'') del 442 a.C.;
* ''[[Le Trachinie]]'' ({{lang|grc|Tραχίνιαι}} / ''Trachíniai'');
* ''[[Edipo re (Sofocle)|Edipo re]]'' ({{lang|grc|Οἰδίπoυς τύραννoς}} / ''Oidípous Týrannos'') circa 430 a.C.;
* ''[[Elettra (Sofocle)|Elettra]]'' ({{lang|grc|Ἠλέκτρα}} / ''Heléktra'');
* ''[[Filottete (Sofocle)|Filottete]]'' ({{lang|grc|Φιλοκτήτης}} / ''Philoktétes'') del 409 a.C.;
* ''[[Edipo a Colono (Sofocle)|Edipo a Colono]]'' ({{lang|grc|Oἰδίπoυς ἐπὶ Κολωνῷ}} / ''Oidípous epì Kolonò'') del 406 a.C.
 
Inoltre, nel [[XX secolo]] un ritrovamento papiraceo ha restituito circa tre quarti di un dramma satiresco di datazione ignota, {{lang|grc|Ἰχνευταί}}, ''[[I cercatori di tracce]]'' (o ''I segugi'')<ref>{{cita|Privitera e Pretagostini|p. 276}}.</ref>.
*[[Supplici (Eschilo)|Supplici]] ( {{Polytonic|Ἱκέτιδες}} / Hikètides) del [[463 a.C.]] circa
 
=== Euripide ===
*la trilogia [[Orestea]] del [[458 a.C.]], costituita da:
[[File:Euripide 2007.jpg|miniatura|verticale|Euripide]]
**[[Orestea#Agamennone|Agamennone]] ( {{Polytonic|Ἀγαμέμνων}} / Agamèmnon)
[[File:Cronologia Tragedie Greche.jpg|thumb|Cronologia degli eventi delle tragedie greche]]
**[[Orestea#Le coefore|Coefore]] ({{Polytonic|Χοηφόροι}} / ''Choefòroi'')
**[[Orestea#Le Eumenidi|Eumenidi]] ({{Polytonic|Εὐμενίδες}} / ''Eumenìdes'')
 
Di [[Euripide]] si conoscono novantadue drammi; sopravvivono diciotto tragedie (di cui una, il ''Reso'', è generalmente considerata spuria) e un dramma satiresco, ''Il ciclope''.
*[[Prometeo incatenato (Eschilo)|Prometeo incatenato]] ({{Polytonic|Προμηθεὺς δεσμώτης}} / ''Prometheus desmòtes'') di data incerta, ritenuta spuria da alcuni studiosi.
 
I drammi superstiti sono<ref>{{cita|Rossi e Nicolai|p. 184}}.</ref>:
===Sofocle===
* ''[[Alcesti (Euripide)|Alcesti]]'' ({{lang|grc|Ἄλκηστις}} / ''Álkestis'') del 438 a.C.;
[[Immagine:Sophocles Musei Capitolini MC560.jpg|100px|thumb|Sofocle]]
* ''[[Medea (Euripide)|Medea]]'' ({{lang|grc|Μήδεια}} / ''Médeia'') del 431 a.C.;
* ''[[Ippolito (Euripide)|Ippolito]]'' ({{lang|grc|Ἱππόλυτος στεφανοφόρος}} / ''Ippólytos stephanophòros'') del 428 a.C.;
* ''[[Gli Eraclidi]]'' ({{lang|grc|Ἡρακλεῖδαι}} / ''Heraklèidai'');
* ''[[Le troiane]]'' ({{lang|grc|Τρώαδες}} / ''Tròades'') del 415 a.C.;
* ''[[Andromaca (Euripide)|Andromaca]]'' ({{lang|grc|Ἀνδρομάχη}} / ''Andromáche'');
* ''[[Ecuba (Euripide)|Ecuba]]'' ({{lang|grc|Ἑκάβη}} / ''Hekábe'') del 423 a.C.;
* ''[[Supplici (Euripide)|Supplici]]'' ({{lang|grc|Ἱκέτιδες}} / ''Hikétides''), del 414 a.C.;
* ''[[Ione (Euripide)|Ione]]'' ({{lang|grc|Ἴων}} / ''Íon'');
* ''[[Ifigenia in Tauride]]'' ({{lang|grc|Ἰφιγένεια ἡ ἐν Ταύροις}} / ''Iphighéneia he en Taúrois'');
* ''[[Elettra (Euripide)|Elettra]]'' ({{lang|grc|Ἠλέκτρα}} / ''Heléktra'');
* ''[[Elena (Euripide)|Elena]]'' ({{lang|grc|Ἑλένη}} / ''Heléne'') del 412 a.C.;
* ''[[Eracle (Euripide)|Eracle]]'' ({{lang|grc|Ἡρακλῆς μαινόμενος}} / ''Heraklès mainómenos'');
* ''[[Le fenicie]]'' ( {{lang|grc|Φοινίσσαι}} / ''Phoiníssai'') del 410 a.C. circa;
* ''[[Oreste (Euripide)|Oreste]]'' ({{lang|grc|Ὀρέστης}} / ''Orèstes'') del 408 a.C.;
* ''[[Le Baccanti]]'' ({{lang|grc|Βάκχαι}} / ''Bákchai'') del 406 a.C.;
* ''[[Ifigenia in Aulide]]'' ({{lang|grc|Ἰφιγένεια ἡ ἐν Αὐλίδι}} / ''Iphighéneia he en Aulídi'') del 406 a.C., assai alterata e integrata dopo la morte di Euripide, forse perché incompiuta;
* ''[[Il ciclope (Euripide)|Il ciclope]]'' ({{lang|grc|Κύκλωψ}} / ''Kýklops''), che non è una tragedia ma un [[dramma satiresco]];
* ''[[Reso (Euripide)|Reso]]'' ({{lang|grc|Ῥῆσος}} / ''Rèsos''), generalmente ritenuta spuria, opera di un tragediografo del [[IV secolo a.C.]]
 
== L'organizzazione teatrale ad Atene ==
Su circa centotrenta fra tragedie e [[dramma satiresco|drammi satireschi]], di [[Sofocle]] ci restano sette tragedie:
=== Il teatro nella società ===
La tragedia antica non era solo uno spettacolo, come lo intendiamo oggi, ma piuttosto un rito collettivo della ''[[polis|pòlis]]''<ref group=N>La costruzione dei teatri necessitava di una certa ampiezza per contenere tutti i liberi cittadini di Atene e non solo. In {{cita libro|autore=Paolo Emiliani Giudici|titolo=Storia del teatro in Italia|volume=I|città=Torino|editore=Guigoni|anno=1860|sbn=UBO1811386|p=18|url=https://books.google.it/books?id=MjA2AAAAIAAJ&pg=PA18&dq=teatro+greco&hl=it&ei=USYZTdT4A8PGswbL9sHaDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=4&ved=0CDwQ6AEwAw#v=onepage&q&f=false}}</ref>. Si svolgeva durante un periodo sacro e in uno spazio consacrato (al centro del teatro sorgeva l'altare del dio). Data la regolarità delle rappresentazioni e la grande partecipazione del pubblico, il teatro assunse la funzione di cassa di risonanza per le idee, i problemi e la vita politica e culturale dell'Atene democratica: la tragedia parla di un passato mitico, ma il mito diventa immediatamente metafora dei problemi profondi della società ateniese<ref name=Sinisi/>. Agli spettacoli la popolazione partecipava in massa e forse già nel V secolo a.C. erano ammessi anche donne, bambini e schiavi<ref group=N>Abbiamo la certezza che le donne fossero ammesse a teatro nel [[IV secolo a.C.]], ma per il V secolo si tratta solo di un'ipotesi.</ref>. La passione dei greci per le tragedie era travolgente: Atene, dicevano i detrattori, spendeva più per il teatro che non per la flotta. Quando il costo per gli spettacoli si fece sensibile fu istituito un contenuto prezzo d'ingresso, affiancato al cosiddetto ''[[Teorico (fondo)|Teorico]]'', un fondo speciale per pagare il biglietto ai meno abbienti<ref>{{cita libro|autore=[[Plutarco]]|titolo=[[Vite parallele]]|capitolo=Vita di Pericle|posizione=9.1}}</ref>.
 
=== Le Grandi Dionisie ===
*[[Aiace (Sofocle)|Aiace]] ({{Polytonic|Αἴας}} / ''Aias'') intorno al [[445 a.C.]];
{{Vedi anche|Dionisie}}
*[[Antigone (Sofocle)|Antigone]] ( {{Polytonic|Ἀντιγόνη}} / ''Antigone'') del [[442 a.C.]];
Il teatro, per gli antichi greci, era competitivo: alcuni grandi autori si sfidavano per ottenere la vittoria. Ogni anno, nel mese di [[Elafebolione]] (la fine di marzo), ad Atene si svolgevano le [[Dionisie#Le Dionisie cittadine o Grandi Dionisie|Grandi Dionisie]], una festa in onore di [[Dioniso]] all'interno delle quali si organizzavano le manifestazioni teatrali. Tale festa era organizzata dallo Stato e l'[[arconte eponimo]], appena assunta la carica, provvedeva a scegliere tre dei cittadini più ricchi ai quali affidare la "[[coregia]]", ossia l'allestimento di uno spettacolo teatrale. Nell'Atene democratica in effetti i cittadini più abbienti erano tenuti a finanziare servizi pubblici come [[liturgia (antica Grecia)|liturgia]], ossia come tassa speciale. La coregia alle Dionisie aveva un costo che poteva arrivare alle 3.000 dracme<ref>{{cita pubblicazione|nome=Matthew R.|cognome=Christ|titolo=Liturgy Avoidance and antidosis in Classical Athens|rivista=Transactions of the American Philological Association|volume=120 |anno=1990|p=148|lingua=en}}</ref>, mentre quella alle Panatenee rappresentava lo stipendio annuale di un artigiano specializzato del V secolo a.C., pari a tre volte il reddito minimo necessario per servire come [[oplita]]<ref>{{cita pubblicazione|nome=J. K.|cognome=Davies|titolo=Demosthenes on Liturgies: A Note|rivista=The Journal of Hellenic Studies|volume=87|anno=1967|p=9|lingua=en}}</ref>.
*[[Trachinie]] ({{Polytonic|Tραχίνιαι}} / ''Trachìniai'');
*[[Edipo Re]] ({{Polytonic|Οἰδίπoυς τύραννoς}} / ''Oidìpous Tùrannos'') circa [[430 a.C.]];
*[[Elettra (Sofocle)|Elettra]] ( {{Polytonic|Ἠλέκτρα}} / ''Helèktra'');
*[[Filottete (Sofocle)|Filottete]] ({{Polytonic|Φιλοκτήτης}} / ''Philoktètes'') del [[409 a.C.]];
*[[Edipo a Colono (Sofocle)|Edipo a Colono]] ({{Polytonic|Oἰδίπoυς ἐπὶ Κολωνῷ}} / ''Oidìpous epì Kolonò'') del [[406 a.C.]];
 
[[File:DionisosTheatre.JPG|miniatura|Il [[teatro di Dioniso]] ad [[Atene]]]]
Infine possediamo circa la metà di un dramma satiresco: ''[[I cercatori di tracce]]'' ({{Polytonic|Ἰχνευταί}} / Ikhneutaí).
 
Durante le Dionisie si svolgeva una gara fra tre autori, scelti dall'arconte eponimo forse sulla base di un copione provvisorio, ognuno dei quali doveva presentare una tetralogia composta di tre tragedie e un [[dramma satiresco]]; ogni tetralogia veniva recitata nello stesso giorno a partire dal mattino fino al pomeriggio inoltrato, così che le rappresentazioni tragiche duravano tre giorni, mentre il quarto giorno era dedicato alla messa in scena di cinque commedie, che costituivano una competizione separata, riservata alle opere comiche<ref group=N>Durante la [[guerra del Peloponneso]], forse per motivi economici, le commedie furono ridotte a tre, da rappresentarsi una al giorno alla fine delle tetralogie</ref>. Alla fine dei tre giorni di gara si attribuiva un premio al miglior autore, al miglior attore e al miglior coro. Il sistema utilizzato prevedeva che le giurie fossero composte da dieci persone (una per tribù) estratte a sorte tra gli spettatori. Al termine delle rappresentazioni, i giurati ponevano in un'urna una tavoletta con scritto il nome del vincitore prescelto. Infine venivano estratte a sorte cinque tavolette, e solo in base a quelle veniva proclamato il vincitore. In questo modo la classifica finale era influenzata non solo dalla scelta dei giurati, ma anche in parte dalla fortuna<ref>{{cita libro|autore=Nazzareno Luigi Todarello|url=https://books.google.it/books?id=1cNj1VCL0YAC&pg=PA26&dq=tavolette+vincitori+tragedia&hl=it&sa=X&ei=ZiweUc7PF-mC4gSZjYGoBg&ved=0CFQQ6AEwBw#v=onepage&q=tavolette%20vincitori%20tragedia&f=false|titolo=Le arti della scena: lo spettacolo teatrale in occidente da Eschilo al trionfo dell'opera|città=Novi Ligure|editore=Latorre|anno=2006|isbn=88-903202-0-6|p=26}}</ref>.
===Euripide===
[[Immagine:Euripides Statue.jpg|150px|thumb|Euripide]]
 
La fama che le Dionisie avevano raggiunto era tale che numerose persone provenivano anche da altre città per assistere alle rappresentazioni. Nel IV secolo a.C., ai tempi di [[Licurgo di Atene]], il [[teatro di Dioniso]], dove venivano messi in scena gli spettacoli, potesse ospitare tra i 14.000 e i 17.000 spettatori<ref>{{cita libro|autore=Arthur Wallace Pickard-Cambridge|titolo=The Dramatic Festivals of Athens|città=Oxford|anno=1988|p=263|lingua=en}}</ref>.
Di [[Euripide]] si conoscono novantadue drammi; sopravvivono diciotto tragedie di cui una, il ''Reso'', è generalmente considerata spuria, e un dramma satiresco, il ''Ciclope''.
 
=== Le Lenee ===
I drammi superstiti sono:
{{Vedi anche|Lenee}}
*[[Alcesti (Euripide)|Alcesti]] ( {{Polytonic|Ἄλκηστις}} / ''Alkestis'') del [[438 a.C.]];
Un'altra festività nella quale venivano rappresentate opere tragiche era quella delle [[Lenee]], che si tenevano nel mese di [[Gamelione]] (gennaio). Anche qui le rappresentazioni avvenivano al teatro di Dioniso, ma il pubblico era esclusivamente ateniese, dal momento che la navigazione era interdetta per tutta la stagione invernale a causa delle proibitive condizioni meteorologiche. Inizialmente alle Lenee si rappresentavano cinque commedie, poi, nel tardo V secolo, si cominciò a rappresentare anche tragedie: due autori presentavano due tragedie a testa<ref>{{cita libro|autore=Peter Wilson|titolo=The Athenian Institution of the Khoregia: The Chorus, the City and the Stage|editore=Cambridge University Press|anno=2003|p=28|lingua=en}}</ref>.
*[[Medea (Euripide)|Medea]] ( {{Polytonic|Μήδεια}} / ''Mèdeia'') del [[431 a.C.]];
 
*[[Ippolito (Euripide)|Ippolito]] ( {{Polytonic|Ἱππόλυτος στεφανοφόρος}} / ''Ippòlytos stephanophòros'') del [[428 a.C.]];
=== Le Dionisie rurali ===
*[[Gli Eraclidi (Euripide)|Gli Eraclidi]] ( {{Polytonic|Ἡρακλεῖδα}} / ''Herakleìdai'');
Le [[Dionisie#Le Dionisie rurali o Piccole Dionisie|Dionisie rurali]] erano feste che si svolgevano in inverno nei [[Demo (antica Grecia)|demi]] intorno ad Atene. Al loro interno, si facevano rappresentazioni teatrali di importanza minore. Recandosi nei vari demi, un appassionato poteva assistere a numerose rappresentazioni l'anno<ref>{{cita libro|autore1=Vincenzo Di Benedetto|autore2=Enrico Medda|capitolo=Il teatro antico|titolo=La storia del teatro|editore=Einaudi|città=Torino|anno=1991|p=7}}</ref>.
*[[Le_Troiane|Troiane]] ( {{Polytonic|Τρώαδες}} / ''Troàdes'') del [[415 a.C.]];
 
*[[Andromaca (Euripide)|Andromaca]] ( {{Polytonic|Ἀνδρομάχη}} / ''Andromàche'');
== Studi sulla tragedia: Aristotele e Nietzsche ==
*[[Ecuba (Euripide)|Ecuba]] ( {{Polytonic|Ἑκάϐη}} / ''Hekàbe'') del [[423 a.C.]];
=== La ''Poetica'' di Aristotele ===
*[[Supplici (Euripide)|Supplici]] ( {{Polytonic|Ἱκέτιδες}} / ''Hikétides''), del [[414 a.C.]];
==== Mimesi e catarsi ====
*[[Ione (Euripide)|Ione]] ( {{Polytonic|Ἴων}} / ''Ion'');
{{vedi anche|Poetica (Aristotele)}}
*[[Ifigenia in Tauride]] ( {{Polytonic|Ἰφιγένεια ἡ ἐν Ταύροις}} / ''Iphighèneia he en Taùrois'');
[[File:Aristotle Poetica page 1.png|miniatura|sinistra|La Poetica di Aristotele]]
*[[Elettra (Euripide)|Elettra]] ( {{Polytonic|Ἠλέκτρα}} / ''Helèktra'');
Come è già stato detto, il primo studio critico sulla tragedia è contenuto nella ''[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]'' di Aristotele. In esso troviamo elementi fondamentali per la comprensione del teatro tragico, ''in primis'' i concetti di [[mimesi]] ({{lang|grc|μίμησις}}, dal verbo {{lang|grc|μιμεῖσθαι}}, imitare) e di [[catarsi]] ({{lang|grc|κάθαρσις}}, ''purificazione'')<ref>{{cita pubblicazione|autore=Michele Alessandrelli|url=http://www.chaosekosmos.it/pdf/2008_01.pdf|titolo=Catarsi tragica|rivista=Chaos e Kosmos|volume=IX|anno=2008}}</ref>.
*[[Elena (Euripide)|Elena]] ( {{Polytonic|Ἑλένη}} / ''Helène'') del [[412 a.C.]];
Scrive l'autore nella ''Poetica'': "La tragedia è dunque imitazione di un'azione nobile e compiuta [...] la quale per mezzo della [[pietà (sentimento)|pietà]] e della [[paura]] provoca la purificazione da queste passioni"<ref>{{cita libro|autore=[[Aristotele]]|titolo=[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]|lingua=grc|posizione=49b, 6, 24-28}}</ref>.
*[[Eracle (Euripide)|Eracle]] ( {{Polytonic|Ἡρακλῆς μαινόμενος}} / ''Heraklès mainòmenos'');
In altre parole, gli eventi terribili che si susseguono sulla scena fanno sì che lo spettatore si immedesimi negli impulsi che li generano, da una parte empatizzando con l'eroe tragico attraverso le sue emozioni (''[[pathos]]''), dall'altra condannandone la malvagità o il vizio attraverso la ''[[hýbris]]'' ({{lang|grc|ὕβρις}} - Lett. "superbia" o "prevaricazione", es. l'agire contro le leggi divine, che porta il personaggio a compiere il crimine). La ''[[nemesi]]s'' finale rappresenta la "retribuzione" per i misfatti, punizione che fa nascere nell'individuo proprio quei sentimenti di pietà e di terrore che permettono all'animo di purificarsi da tali passioni negative che ogni uomo possiede. La catarsi finale, per Aristotele rappresenta la presa di coscienza dello spettatore, che pur comprendendo i personaggi, raggiunge questa finale consapevolezza distaccandosi dalle loro passioni per raggiungere un livello superiore di saggezza<ref group=N>Per un approfondimento sulla catarsi nella tragedia, vedi {{cita libro|autore=[[Nicola Festa]]|titolo=Sulle più recenti interpretazioni della teoria aristotelica della catarsi nel dramma|città=Firenze|anno=1901|editore=A. Marini e C. editori|sbn=RMS0069372}}</ref>. Il vizio o la debolezza del personaggio portano necessariamente alla sua caduta in quanto predestinata (il concatenamento delle azioni sembra in qualche modo essere favorito dagli dèi). La caduta dell'eroe tragico è necessaria, perché da un lato possiamo ammirarne la grandezza (si tratta quasi sempre di persone illustri e potenti) e dall'altra possiamo noi stessi trarre profitto dalla storia. Per citare le parole di un grande grecista, la tragedia «è una simulazione», nel senso utilizzato in campo scientifico, quasi un esperimento da laboratorio:
*[[Fenicie]] ( {{Polytonic|Φοινίσσαι}} / ''Phoinìssai'') del [[410 a.C.]] circa;
 
*[[Oreste (Euripide)|Oreste]] ( {{Polytonic|Ὀρέστης}} / ''Orèstes'') del [[408 a.C.]];
{{Citazione|La tragedia monta un'esperienza umana a partire da personaggi noti, ma li installa e li fa sviluppare in modo tale che [...] la catastrofe che si produce, quella subita da un uomo non spregevole né cattivo, apparirà come del tutto probabile o necessaria. In altri termini, lo spettatore che vede tutto ciò prova pietà e terrore, e ha la sensazione che quanto è accaduto a quell'individuo avrebbe potuto accadere a lui stesso.|[[Jean-Pierre Vernant]]<ref>{{cita|Vernant e Vidal-Naquet}}. Vedasi anche {{cita web|url=http://www.emsf.rai.it/tv_tematica/trasmissioni.asp?d=376|titolo=Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061010231759/http://www.emsf.rai.it/tv_tematica/trasmissioni.asp?d=376 |urlmorto=sì}}.</ref>}}
*[[Ifigenia in Aulide]] ( {{Polytonic|Ἰφιγένεια ἡ ἐν Αὐλίδι}} / ''Iphighèneia he en Aulìdi'') del [[410 a.C.]];
 
*[[Le Baccanti (Euripide)|Le Baccanti]] ( {{Polytonic|Βάκχαι}} / ''Bàkchai'') del [[406 a.C.]];
Diversa fu però la posizione anticlassicista, frutto della polemica romantica contro la poetica aristotelica che veniva considerata priva di sentimento e distante dai tempi moderni: succede allora che l'elemento di pathos sia esaltato talvolta eccessivamente e che il personaggio tragico appaia come vittima di una sorte ingiusta: l'elemento psicologico tende a giustificare il cattivo, malvagio perché solo e incompreso dalla società e ad esaltarne le qualità prometeiche ed eroiche. L'eroe tragico tende da questo punto ad avvicinarsi sempre di più alle classi sociali medio-basse e quindi ad assumere il tono della denuncia politica.<ref group=N>Per un approfondimento del trattamento della tragedia nell'opera aristotelica, vedi {{cita libro|autore=Elizabeth S. Belfiore|titolo=Il piacere del tragico. Aristotele e la poetica|editore=Jouvence|città=Roma|anno=2003|sbn=LO10801934}}</ref>
*[[Ciclope (Euripide)|Ciclope]] ( {{Polytonic|Κύκλωψ}} / ''Kùklops'') (dramma satiresco);
 
*[[Reso (Euripide)|Reso]] ( {{Polytonic|Ῥῆσος}} / ''Rèsos'') (probabilmente apocrifo).
==== Le tre unità ====
{{vedi anche|Unità aristoteliche}}
La famosa questione delle cosiddette tre [[unità aristoteliche]], di tempo, di luogo e d'azione ha oggigiorno interesse puramente storico. [[Aristotele]] aveva affermato che la [[favola]] deve essere compiuta e perfetta, deve in altre parole avere unità, ossia un inizio, uno svolgimento e una fine. Il filosofo aveva anche asserito che l'azione dell'epopea e quella della tragedia differiscono nella lunghezza "perché la tragedia fa tutto il possibile per svolgersi in un giro di sole o poco più, mentre l'epopea è illimitata nel tempo"<ref>{{cita libro|autore=[[Aristotele]]|titolo=[[Poetica (Aristotele)|Poetica]]|lingua=grc|posizione=V, 3}}</ref>.
 
A partire da queste considerazioni, verso il [[XVI secolo]] vennero quindi elaborate le tre unità: di tempo (la vicenda si svolge in un giorno), di azione (deve esserci un solo tema portante) e di luogo (l'ambientazione deve essere una sola per tutta l'opera). Tali unità sono state considerate elementi fondamentali del teatro fino ad un paio di secoli fa, benché le stesse tragedie greche non sempre le rispettino<ref group=N>Solo a titolo di esempio, la tragedia ''[[Le Eumenidi]]'' di Eschilo infrange due unità su tre (tempo e luogo).</ref>. In ogni caso, l'uso delle unità è sempre stato alquanto discontinuo, infatti autori del calibro di [[Shakespeare]], [[Calderón de la Barca]] e [[Molière]] non ne fanno assolutamente uso. Come data convenzionale della fine dell'utilizzo delle tre unità può essere preso il [[1822]], anno in cui [[Alessandro Manzoni]] pubblica la sua ''[[Lettre à monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie]]''.
 
=== ''La nascita della tragedia'' di Nietzsche ===
{{Vedi anche|La nascita della tragedia}}
Fu [[Friedrich Nietzsche]] alla fine del XIX secolo a mettere in evidenza il contrasto tra due elementi principali: quello dionisiaco (la passione che travolge il personaggio) e quello apollineo (la saggezza e la giustizia, l'elemento razionale simboleggiato dal Dio [[Apollo]])<ref>{{cita libro| autore=Shelley O'Hara|autore2=Piergiorgio Sensi|anno=2007|titolo=Nietzsche alla portata di tutti: un primo passo per comprendere Nietzsche| editore=Armando Editore|edizione=1|url=https://books.google.it/books?id=2dn1FKWpVBkC&pg=PA52&dq=tragedia+nietzsche+apollo+dioniso&hl=it&sa=X&ei=8msfUaivFsWo4ASflYDwCQ&ved=0CE4Q6AEwBQ#v=onepage&q=tragedia%20nietzsche%20apollo%20dioniso&f=false| accesso=27 gennaio 2021|isbn= 88-6081-152-X|p=52}}</ref>.
 
Nella cultura greca antica, afferma Nietzsche, «''esiste un contrasto, enorme per l'origine e i fini, fra l'arte plastica, cioè l'apollinea, e l'arte non plastica della musica, cioè la dionisiaca''»<ref>{{cita libro|autore=Giovanni Scattone|titolo=Introduzione alla filosofia contemporanea. Da Kant a Derrida|città=Trento|editore=UNI Service|anno=2007|isbn=88-6178-002-4}}</ref>. {{Citazione|[...] Questi due istinti così diversi camminano uno accanto all'altro, per lo più in aperto dissidio, stimolandosi reciprocamente a sempre nuove e più gagliarde reazioni per perpetuare in sé incessantemente la lotta di quel contrasto, su cui la comune parola di "arte" getta un ponte che è solo apparente: finché in ultimo, riuniti insieme da un miracolo metafisico prodotto dalla "volontà" ellenica, essi appaiono finalmente in coppia e generano in quest'accoppiamento l'opera d'arte della tragedia attica, che è tanto dionisiaca quanto apollinea.|La nascita della tragedia<ref>{{cita libro|autore=[[Friedrich Nietzsche]]|curatore=L. Scalero|titolo=Opere scelte|editore=Longanesi|città=Milano|anno=1962|pp=85 e 173}} Vedasi anche {{cita web|url=http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=321|titolo=Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061010201156/http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=321|urlmorto=sì}}</ref>}}
 
== Note ==
=== Esplicative ===
<references />
<references group=N/>
 
=== Bibliografiche ===
<references/>
 
== Bibliografia ==
=== Fonti ===
*[[Umberto Albini]], ''Nel nome di Dioniso. Il grande teatro classico rivisitato con occhio contemporaneo'', [[Garzanti]] 1999 - <small>ISBN 88-11-67420-4</small>
* {{cita libro|autore=Vincenzo Di Benedetto|autore2=Enrico Medda|titolo=La tragedia sulla scena|editore=Einaudi|anno=2002|isbn=978-88-06-16379-2|cid=Di Benedetto e Medda}}
*[[Charles Rowan Beye]], ''La tragedia greca. Guida storica e critica'' - [[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]] - <small>ISBN 88-420-3206-9</small>
* {{cita libro|autore=[[Giulio Guidorizzi]]|titolo=Letteratura greca, da Omero al secolo VI d.C.|città=Milano|editore=Mondadori|anno=2002|isbn=978-88-88242-10-1|cid=Guidorizzi}}
*[[Silvio D'Amico]], ''Storia del Teatro drammatico'', Garzanti 1960.
* {{cita libro|autore=[[Gennaro Perrotta]]|titolo=Storia della letteratura greca. Volume secondo - L'età attica|città=Milano-Messina|editore=Principato|anno=1942|cid=Perrotta|sbn=UBO1238067}}
*[[Dario Del Corno]]
* {{cita libro|autore1=Giuseppe Aurelio Privitera|autore2=Roberto Pretagostini|titolo=Storia e forme della letteratura greca. Età arcaica ed età classica|anno=1997|editore=Einaudi scuola|città=Milano|isbn=88-286-0352-6|cid=Privitera e Pretagostini}}
**''I narcisi di Colono. Drammaturgia del mito nella tragedia greca'' - Cortina 1998 - <small>ISBN 88-7078-485-1</small>
* {{cita libro|autore1=Luigi Enrico Rossi|autore2=Roberto Nicolai|titolo=Corso integrato di letteratura greca. L'età classica|anno=2006|editore=Le Monnier|città=Grassina (Bagno a Ripoli)|isbn=978-88-00-20328-9|cid=Rossi e Nicolai}}
**''Letteratura Greca, dall'età arcaica alla letteratura cristiana'' - [[Principato Editore|Principato]] 1995 - <small>ISBN 88-416-2749-2</small>
* {{cita libro|autore1=[[Jean-Pierre Vernant]]|autore2=[[Pierre Vidal-Naquet]]|titolo=Mito e tragedia nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale estetico e psicologico|città=Torino|editore=Einaudi|anno=1976|isbn=88-06-14092-2|cid=Vernant e Vidal-Naquet}}
* Moreno Morani, Giulia Regoliosi, ''Cultura classica e ricerca del divino. Di fronte alla tragedia greca'', Il Cerchio 2002
 
*[[Friedrich Nietzsche]] (a cura di P.Chiarini-R.Venuti) ''La nascita della tragedia ovvero grecità e pessimismo'' - Laterza - <small>ISBN 88-420-4644-2</small>
=== Approfondimenti ===
*[[Max Pohlenz]], ''La tragedia greca'' - Paideia 1979 - <small>ISBN 88-394-0017-6</small>
* {{cita libro|autore=[[Umberto Albini (filologo)|Umberto Albini]]|titolo=Nel nome di Dioniso. Il grande teatro classico rivisitato con occhio contemporaneo|città=Milano|editore=Garzanti|anno=1999|isbn=978-88-11-67420-7}}
*[[Jean-Pierre Vernant]] - [[Pierre Vidal-Naquet]]:
* {{cita libro|autore=Harold Caparne Baldry|titolo=I greci a teatro: spettacolo e forme della tragedia|città=Bari|editore=Laterza|anno=1975|sbn=TO00556478}}
**''Mito e tragedia nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale estetico e psicologico'', [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]] 1976 - <small>ISBN 88-06-14092-2</small>
* {{cita libro|autore=Charles Rowan Beye|titolo=La tragedia greca. Guida storica e critica|città=Bari|editore=Laterza|anno=1976|isbn=88-420-3206-9}}
**''Mito e tragedia due. Da Edipo a Dioniso'' - Einaudi 1991 - <small>ISBN 88-06-15857-0</small>
* {{cita libro|autore=[[Silvio D'Amico]]|titolo=Storia del teatro drammatico|città=Milano|editore=Garzanti|anno=1960|sbn=MIL0494537}}
*Cuddon, J. A. ''The Penguin Dictionary of Literary Terms and Literary Theory''. Harmondsworth, Penguin, 1998. ISBN 0-14-051363-9
* {{cita libro|autore=[[Dario Del Corno]]|titolo=I narcisi di Colono. Drammaturgia del mito nella tragedia greca|città=Milano|editore=Cortina|anno=1998|isbn=88-7078-485-1}}
*"Tragedia" in: ''Enciclopedia Europea'', vol XI, p.399. Milano, Garzanti, 1984.
* {{cita libro|autore=Dario Del Corno|titolo=Letteratura greca, dall'età arcaica alla letteratura cristiana|città=Messina-Firenze|editore=Principato|anno=1995|isbn=88-416-2749-2}}
*[[Anthony Burgess]], ''English Literature.'' Burnt Mill, Longman, 1958. ISBN 0-582-55224-9
* {{cita libro|autore=Moreno Morani|autore2=Giulia Regoliosi|titolo=Cultura classica e ricerca del divino. Di fronte alla tragedia greca|città=Rimini|editore=Il Cerchio|anno=2002|sbn=PAR0619506}}
*G. Ugolini, ''Sofocle e Atene. Vita politica e attività teatrale nella Grecia classica'', Carocci, Roma 2000.
* {{cita libro|autore=[[Friedrich Nietzsche]]|titolo=La nascita della tragedia|città=Milano|editore=Adelphi|anno=2009|isbn=978-88-459-0199-7}}
* {{cita libro|autore=[[Max Pohlenz]]|titolo=La tragedia greca|città=Brescia|editore=Paideia|anno=1979|isbn=88-394-0017-6}}
* {{cita libro|capitolo=Tragedia|titolo=Enciclopedia Europea|vol=XI|città=Milano|editore=Garzanti|anno=1984|p=399}}
* {{cita libro|autore=Gherardo Ugolini|titolo=Sofocle e Atene. Vita politica e attività teatrale nella Grecia classica|città=Roma|editore=Carocci|anno=2000|sbn=VIA0080523}}
* {{cita libro|autore=Jean-Pierre Vernant|autore2=Pierre Vidal-Naquet|titolo=Mito e tragedia due. Da Edipo a Dioniso|città=Torino|editore=Einaudi|anno=1991|isbn=88-06-15857-0}}
 
== Voci correlate ==
* [[Teatro greco]]
* [[Musica dellnell'antica Grecia]]
* [[INDA]]
*[[Istituto Nazionale del Dramma Antico|INDA]]
* [[Antigona (Traetta)|Antigona]], [[Opera|opera lirica]] in tre atti in italiano del compositore [[Tommaso Traetta]], composta nel [[1772]].<ref>{{Cita web|lingua=it|autore=Andrea Della Corte|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/tommaso-traetta_(Enciclopedia-Italiana)/|titolo=TRAETTA, Tommaso - Enciclopedia|sito=Treccani|accesso=2025-03-29}}</ref>
 
== Altri progetti ==
{{interprogettoInterprogetto|commons=Category:Ancient Greek theatre|v= Materia:Letteratura greca|v_preposizione= sulla|v_etichetta=Letteratura greca|preposizione=sulla}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
*[[Rai Educational]] - EMSF: interventi sul tema di [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=610 D. Del Corno] [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Interviste&amp;id=217 E. Lledó] [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=551 E. Medda] [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=376 J.P. Vernant] [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=611 S. Givone]
* [[Rai Educational]] - EMSF: interventi sul tema di [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=610 D. Del Corno] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304192504/http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&id=610 |date=4 marzo 2016 }} [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Interviste&amp;id=217 E. Lledó] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304192049/http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Interviste&id=217 |date=4 marzo 2016 }} [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=551 E. Medda] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130202195343/http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&id=551 |date=2 febbraio 2013 }} [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=376 J.P. Vernant] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304205249/http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&id=376 |date=4 marzo 2016 }} [http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&amp;id=611 S. Givone] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304224345/http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&id=611 |date=4 marzo 2016 }}.
*Carlo Fatuzzo, ''[http://www.mondogreco.net/tragedia.htm La musica nella tragedia greca]''
* Carlo Fatuzzo, ''[http://www.mondogreco.net/tragedia.htm La musica nella tragedia greca] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170921050134/http://www.mondogreco.net/tragedia.htm |date=21 settembre 2017 }}''.
*Rush Rehm - trad. P. Merciai, [http://italy.peacelink.org/editoriale/articles/art_6156.html ''Teatro radicale: tragedia greca e mondo moderno'']
*Università LeRush MonnierRehm - Mtrad. McDonald, TradP. di Francesca Albini''Merciai, [http://www.lemonnierpeacelink.it/lmueditoriale/lmua/lmu_strumenti/strumenti_libri/arte_vivente6156.htmhtml L'arte'Teatro vivente dellaradicale: tragedia greca] e mondo moderno''].
* Università Le Monnier - Marianne McDonald, Trad. di Francesca Albini'', [https://web.archive.org/web/20171113222505/http://www.mondadorieducation.it/libro/marianne-macdonald/l-arte-vivente-della-tragedia-greca/120900034967 L'arte vivente della tragedia greca]''.
*Politecnico di Torino - ''[http://www2.polito.it/didattica/polymath/htmlS/Studenti/Ricerche/Passarino/Cap3.html Il Limite quale elemento fecondo di origine della tragedia]''
* Politecnico di Torino - ''[https://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/Studenti/Ricerche/Passarino/Cap3.html Il Limite quale elemento fecondo di origine della tragedia]''.
*Intervista a [[Salvatore Natoli]]'', [http://www.erroneo.org/filosofie/natoli.htm La tragedia greca e il Cristianesimo]''
* Intervista a [[Salvatore Natoli]]'', [http://www.salveprof.it/sitonuovo/didattica/quarte/la_tragedia_greca_e_il_cristianesimo.pdf La tragedia greca e il Cristianesimo]''.
* Università di Bologna - Michele Napolitano, ''[http://www.dismec.unibo.it/musichegreci/demusicis/schederelazioni2003/napolitano2003.htm Tragedia greca e opera in musica. Appunti su un matrimonio mancato]''
* Università di Bologna - Michele Napolitano, ''[https://www.academia.edu/7438988/Tragedia_greca_e_opera_in_musica._Note_in_margine_a_un_matrimonio_mancato Tragedia greca e opera in musica. Appunti su un matrimonio mancato]''.
 
{{Tragedie greche}}
{{Controllo di autorità}}
{{Tragedie perdute}}
{{portale|antica Grecia|letteratura|mondomitologia classicogreca|teatro}}
{{voce di qualità|giorno=20|mese=02|anno=2013|valutazione=Wikipedia:Voci di qualità/Segnalazioni/Tragedia greca|arg=letteratura e linguistica}}
 
{{vetrina|21|12|2006|Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Tragedia greca}}
 
[[Categoria:Generi del teatro greco]]
 
[[de:Griechische Tragödie]]
[[es:Tragedia griega]]
[[fi:Kreikkalainen tragedia]]
[[fr:Tragédie grecque]]
[[sk:Antická tragédia]]