Storia di Napoli: differenze tra le versioni

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{{torna a|Napoli}}
{|class="sinottico" style="width:450px" summary="Tabella Storia locale"
{{Approfondimento
|-class="sinottico_testata"
|titolo = Cronologia della storia di Napoli
!style="background-color: DarkOliveGreen; color: white;" colspan="3"|{{{nome| {{PAGENAME}} }}}
|contenuto = {{lista|[[Polis]] [[antica Grecia|greca]], fino al [[326 a.C.]] (Greci)|
|-
[[Roma (città antica)|Roma]], fino al [[476]] (Romani)|
!Popolo fondatore
[[Odoacre|Regno di Odoacre]], fino al [[493]] (Eruli)|
|[[Greci]], [[Cuma]]ni, [[Sanniti]]
[[Ostrogoti|Regno Ostrogoto]], fino al [[542]] circa (Ostrogoti)|
|-
[[Impero bizantino|Imp. bizantino]], fino al [[763]] (Bizantini)|
!Anno fondazione
[[Ducato di Napoli]], fino al [[1137]] (formalmente bizantino ma di fatto indipendente)|
|[[VIII secolo a.C.]] circa
[[Regno di Sicilia]], fino al [[1197]] (dinastia normanna)|
|-
[[Regno di Sicilia]], fino al [[1266]] (dinastia sveva)|
!Stati
|[[Polis]]Regno [[Greciadi Antica|grecaSicilia]], fino al [[326 a.C.1302]] (grecidinastia angioina)<br/>|
[[RomaRegno Antica|Romadi Napoli]], fino al [[4761442]] (romanidinastia angioina, famiglia Durazzo)<br/>|
[[Odoacre|Regno di OdoacreNapoli]], fino al [[4931501]] (erulidinastia ed altriaragonese)<br/>|
[[Ostrogoti|Regno Ostrogotodi Napoli]], fino al [[5421647]] circa (ostrogotiviceregno spagnolo)<br/>|
[[ImperoRepubblica Bizantinonapoletana (1647)|Imp.Repubblica Bizantinonapoletana]], fino al [[7631648]] (bizantini)<br/>|
[[DucatoRegno di Napoli]], fino al [[11371713]] (formalmenteviceregno bizantinospagnolo; "de iure" 1713, "de facto" 1707)<br/>|
[[Regno di SiciliaNapoli]], fino al [[11971734]] (normanniviceregno austriaco)<br/>|
[[Regno di SiciliaNapoli]], fino al [[12661799]] (svevidinastia dei Borbone di Napoli)<br/>|
[[Repubblica Partenopea]], [[1799]]|
[[Regno di Sicilia]], fino al [[1302]] (angioini)<br/>
[[Regno di Napoli]], fino al [[14421806]] (angioini,dinastia famigliadei DurazzoBorbone di Napoli)<br/>|
[[Regno di Napoli (1806-1815)|Regno di Napoli]], fino al [[15011815]] (aragonesisovrani di origine francese)<br/>|
[[Regno di Napoli]], fino al [[16461816]] (viceregnodinastia spagnolodei Borbone di Napoli)<br/>|
[[RepubblicaRegno Napoletanadelle (1647)|RepubblicaDue NapoletanaSicilie]], fino al [[16471861]] <br/>(dinastia dei Borbone di Napoli)|
[[Regno di Napolid'Italia]], fino al [[17131946]] (viceregno spagnolo)<br/>|
[[Repubblica Italiana]], attuale}}
[[Regno di Napoli]], fino al [[1734]] (austriaci)<br/>
}}
[[Regno di Napoli]], fino al [[1799]] (dinastia borbonica, ma regno autonomo)<br/>
[[File:Ipogeo dei Cristallini 001.jpg|miniatura|Napoli, [[Ipogeo dei Cristallini]], una rara testimonianza integra di arte e architettura di epoca ellenistica]]
[[Repubblica Partenopea]], [[1799]]<br/>
La '''storia di Napoli''' si estende per circa tremila anni,<ref>Le trasformazioni di una città che vive da quasi 30 secoli hanno impresso modifiche che influiscono sulla nostra percezione della realtà originaria (da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Roma, Salerno Editore, 2022 p.43)</ref> dalla fondazione nell’[[VIII secolo a.C.]] fino ai giorni nostri.
[[Regno di Napoli]], fino al [[1806]] (dinastia borbonica, ma regno autonomo)<br/>
[[Regno di Napoli]], fino al [[1815]] (francesi)<br/>
[[Regno delle Due Sicilie]], fino al [[1860]]<br/>
[[Regno d'Italia]], fino al [[1946]]<br/>
[[Repubblica Italiana]], attuale
|-
!
|}
Questa voce riguarda la '''storia della città di [[Napoli]]''', dagli anni della sua fondazione sino ai giorni nostri.
 
Il sito originario della città, situato sulla collina di [[Pizzofalcone]] e nelle aree circostanti, è stato abitato quasi ininterrottamente fin dal [[Neolitico]] avanzato. Tuttavia, questa lunga sequenza cronologica sembra interrompersi all'inizio dell'[[Età del Ferro]].<ref>Allo stato attuale, la lunga sequenza cronologica che, sia pure attraverso momenti di cesura, si sviluppa dal Neolitico avanzato sembra interrompersi all'inizio dell'Età del Ferro (da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Roma, Salerno Editore, 2022 p.14)</ref> Nel corso dei secoli, Napoli si è progressivamente espansa, divenendo nel [[XVII secolo]] una delle [[megalopoli]]<ref>[[Giuseppe Galasso]], ''Aspetti della megalopoli napoletana nei primi secoli dell'età moderna'', in Claude Nicolet, Robert Ibert e Jean-Charles Depaule, eds, Mégalopoles méditerranéennes. Géographie urbaine rétrospective (Parigi, 2000), pp. 565-574.</ref> più popolose del mondo.<ref>Jan de Vries, ''European Urbanization: 1500-1800'', ed. Methuen Publishing, 1984, p. 355 (400.000 abitanti). Altre megalopoli del mondo particolarmente popolate, secondo stime storiche generali, erano: [[Pechino]] (circa 700.000 abitanti), [[Agra (India)|Agra]] (500.000) e [[Costantinopoli]] (tra 400.000 e 700.000 abitanti).</ref> Ha inoltre esercitato una profonda influenza sull'[[Europa]] sin dall'[[storia antica|Evo antico]].<ref name="Patrimoni.it">[https://www.patrimoniomondiale.it/?p=44 Patrimoniomondiale.it]</ref><ref>L'importanza di questa Koinè è apparsa a taluno di tanto peso da autorizzare l'ipotesi che in ambiente campano si sia formata la personalità che creò opere di così alto livello come il Bruto Capitolino e le teste che le si associano e da suggerire l'affermazione che in Campania siano forse da cercare le vere radici dell'arte romana. È certo, comunque, che se fin dalla seconda metà del secolo la Campania è zona d'influenza politica di Roma, essa fu la prima regione nella quale Roma venne a contatto con la grecità e specialmente attraverso Neapolis, la Graeca urbs che restò ancora per molto tempo una delle fonti attraverso le quali la grecità alimentò la nascente cultura romana (in ''La Magna Grecia nell’età romana''. Atti del quindicesimo Convegno di studi sulla Magna Grecia: Taranto, 5-10 ottobre 1975, Napoli, Arte Tipografica, 1976, pp. 371-372)</ref>
== Le origini ==
===L'epoca preistorica===
Se a [[Capri]] o a [[Sorrento]] scavi archeologici hanno permesso di riportare alla luce importanti reperti risalenti al periodo preistorico, e nella non lontana [[Cuma]] vi erano insediamenti di [[Osci]] sia nell'[[età del bronzo]] (2300-900 a.C.) che nell'[[età del ferro]] (900-730 a.C.), nel sottosuolo napoletano invece si sono reperite soltanto scarse tracce e frammenti ceramici che risalgono a quel periodo. Ciò nondimeno nei millenni precedenti l'arrivo dei Greci la zona non è stata sempre spopolata. Recentemente, in occasione della costruzione della [[Stazione Toledo (metropolitana di Napoli)|stazione Toledo]] della [[Linea 1 (Metropolitana di Napoli)]], in via A. Diaz si sono rinvenuti paleosuoli con tracce incrociate di arature associati a frammenti ceramici riferibili al [[neolitico|neolitico finale]] (IV millennio a.C.), mentre negli anni '50 a [[Materdei]] sono state ritrovate alcune tombe di epoca [[eneolitico|eneolitica]], (fine III millennio a.C.) riferibili alla [[Cultura del Gaudo]].
 
La sua storia si configura come un microcosmo di quella europea, segnata dall’incontro e dalla convivenza di civiltà, popoli e culture diverse, le cui tracce sono ancora visibili nel ricco patrimonio artistico e monumentale della città, di valore universale senza eguali.<ref name="Patrimoni.it"/> In particolare, è proprio questa tradizione di apertura e dialogo interculturale che ha determinato la scelta di Napoli, nel [[2019]], come sede dell'[[Assemblea parlamentare del Mediterraneo]].<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/politica/2019/03/06/a-napoli-nuova-sede-assemblea-parlamentare-mediterraneo_de11ac73-3391-43f5-8a5a-be2895eafa9d.html|titolo=A Napoli nuova sede Assemblea Parlamentare Mediterraneo|pubblicazione=Ansa.it|accesso=26 gennaio 2025}}</ref><ref>{{Cita web |url=https://regione.campania.it/regione/it/news/primo-piano/mediterraneo-a-napoli-la-nuova-sede-del-pam-de-luca-dopo-decenni-la-citta-ospita-un-istituzione-internazionale?page=1|titolo=Mediterraneo, a Napoli la nuova sede del PAM. De Luca: dopo decenni, la città ospita un’istituzione internazionale''}}</ref><ref>{{Cita news|autore=|url=https://pam.int/|titolo=Parliamentary Assembly of the Mediterranean|pubblicazione=Pam.int|accesso=26 gennaio 2025}}</ref> Napoli è stata capitale dell’[[Italia meridionale]] per oltre mezzo millennio, governando un vasto territorio che ha avuto un ruolo centrale negli equilibri politici e culturali del [[Mediterraneo]] e dell’Europa.<ref>{{Cita web |url=https://www.treccani.it/enciclopedia/regno-di-napoli/ |titolo=Napoli, Regno di |opera=Enciclopedia Treccani |accesso=7 maggio 2025}}</ref><ref>{{Cita web |url=https://www.sapere.it/enciclopedia/N%C3%A0poli%2C+R%C3%A9gno+di-.html |titolo=Nàpoli, Regno di |autore= |sito=Sapere.it |data= |accesso=2025-05-07}}</ref>
=== Prima della città ===
La circostanza che i [[Greci]] chiamassero la zona campana οπιχία e οπιχοί i suoi abitanti, termini derivanti da οπη, grotta, e οιχειν, abitare, è poco rilevante, dal momento che essa sembra fare riferimento alla diffusa abitudine delle popolazioni locali più primitive di abitare in grotte. [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] (''Eneide, L. VII'') riferisce il mito dei ''Teleboi'', una popolazione della [[Tessaglia]], che secondo lui si sarebbero stanziati dapprima a Capri e poi nella costa napoletana; in realtà di greco a Capri non c'è pressoché nulla, mentre le colonie greche sono per lo più [[Calcidesi]] ed [[Eubea|Euboiche]] e non certo Tessale.
 
Fin dalle sue origini, la città ha subito attacchi, invasioni e distruzioni, affrontando nel corso dei secoli anche numerose catastrofi naturali quali eruzioni vulcaniche, terremoti, maremoti, incendi, [[lahar]] e pestilenze.
=== Napoli greca: la fondazione di Partenope ===
[[Immagine:Castel dell'Ovo.jpg|thumb|left|180px|Isolotto di Megaride, luogo (secondo alcuni), dei primi insediamenti greci]]
Di sicuro è che l'antica Napoli conobbe due fondazioni: intorno alla prima metà dell' [[VIII secolo a.C.]] un primo insediamento commerciale chiamato ''Partenope'' (dal nome di una divinità dalle fattezze di una [[sirena]] adorata dalle popolazioni locali, probabilmente anch'esse di origini greche) nell'[[Isolotto di Megaride]] e sulla collina di [[Pizzofalcone]] ad opera dei [[Rodi]]i .
 
{{Citazione|Napoli, invece, è una città dove la storia gronda dai tetti e cammina per le strade, abbracciando uno spazio temporale che va dall’antichità più remota a epoche recenti. E questo contribuisce a rendere Napoli speciale.|[[Alessandro Barbero]]<ref>Intervista ad [[Alessandro Barbero]]: {{cita pubblicazione |url=https://www.vassallidibarbero.it/2020/09/14/alessandro-barbero-racconta-la-storia-di-napoli/|titolo=“Alessandro Barbero: Masaniello fu un boss mafioso?” |accesso=29 novembre 2022}}</ref>}}
Partenope fu sprovvista di una vera e propria cinta muraria, poiché si trovava in una zona piuttosto riparata, su di una altura, protetta dalle coste. L'isolotto di Megaride venne ben presto adibito a porto cittadino. Cento anni dopo fu la volta di [[Phitecusa]], l'odierna [[Ischia]], ma a colonizzare l'isola questa volta furono i greci di [[Calcide]] e di [[Eretria]]. Ad attrarre i nuovi coloni furono probabilmente i racconti dei [[fenici]] che parlavano di ridenti possedimenti metallurgici. Poco più tardi i Phitecusani furono costretti a lasciare l'isola, forse per via di un'eruzione vulcanica, e decisero di spostarsi sulla terraferma, fondando la prima vera e propria colonia della [[Magna Grecia]]: [[Cuma]].
{{TOClimit|3}}
== Le età preistoriche ==
=== Le origini ===
{{vedi anche|Opicia}}
[[File:Gaudoceramic.jpg|thumb|upright=1.2|Vaso della civiltà del Gaudo]]
Le più antiche tracce di frequentazione e occupazione nel territorio comunale di [[Napoli]] risalgono, secondo i dati finora raccolti, al [[Neolitico]] Medio, testimoniati da reperti tipici della [[cultura di Serra d'Alto]] ritrovati nei pressi della [[basilica di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone]] (ossia tra l'acropoli e la [[necropoli di Pizzofalcone|necropoli di Partenope]], alle spalle della [[Pizzofalcone|collina di Pizzofalcone]]<ref name="academia.edu">{{cita web|url=https://www.academia.edu/37867137/Interazione_tra_attivit%C3%A0_vulcanica_e_vita_dell_uomo_evidenze_archeologiche_nell_area_urbana_di_Napoli|capitolo=Interazione tra attività vulcanica e vita dell’uomo: evidenze archeologiche nell’area urbana di Napoli|titolo = Miscellanea INGV 2013 pp.39;39-40;43;42|accesso= 1 aprile 2020|sito = Academia.edu}}</ref>). Nella stessa area sono stati ritrovati, inoltre, un importante strato archeologico risalente all'[[Età del rame|Eneolitico Antico]] e uno all'antica/media [[Età del bronzo]]<ref name="academia.edu"/>. L'Enolitico Medio, [[cultura del Gaudo|tipo Gaudo]], è noto più all'interno di Partenope, grazie ai [[tombe eneolitiche di Materdei|vecchi ritrovamenti di Materdei]], mentre il Bronzo Antico o meglio Medio iniziale è presente a piazzale Tecchio, che si può considerare l'inizio dell'[[Campi Flegrei|area flegrea]]<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.academia.edu/11671610/Napoli_L_insediamento_protoappenninico_di_Fuorigrotta_Piazzale_Tecchio|titolo=Napoli - L’insediamento protoappenninico di Fuorigrotta-Piazzale Tecchio|pubblicazione=Academia.edu|accesso=1 aprile 2020|urlmorto=sì}}</ref> (e in altri siti meno significativi)<ref name="academia.edu"/><ref>Il Bronzo Medio è stato riscontrato soprattutto anche nei fondali marini dell'insenatura di piazza del Municipio e nel pianoro di ''Neapolis''. I materiali rinvenuti attestano l'esistenza di due villaggi. Il nucleo insediativo del pianoro continua nel Bronzo Recente (fine XIV-XII secolo a.C.), mentre quello di Castel Nuovo si arresta alla fine del Bronzo Medio (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Salerno ed., Roma 2022, p.13)</ref>. Infine, a valle della collina di Pizzofalcone, nell'area costiera del [[porto di Napoli]], sono stati rinvenuti abbondanti rinvenimenti ceramici (perlopiù forme chiuse, come olle ovoidi e cilindro ovoidi), databili tra il Bronzo Finale e l'inizio del [[Età del ferro|Ferro]], che documentano l'esistenza di un sito forse a carattere produttivo, deputato allo svolgimento di attività costiere<ref name="academia.edu"/>. Per le popolazioni dell'Età del bronzo e poi del Ferro presenti in quest'area del [[golfo di Napoli]], le fonti greche usano i nomi di [[Ausoni]] e [[Opici]].
 
== Evo antico ==
Come ci è stato spiegato anche dal console romano [[Lutazio Catulo]] che si dilettava di storia (e più tardi confermato dalle varie scoperte archeologiche) l'egemonia cumana fece sì che nel [[680]] a. C., quella cittadina chiamata Partenope diventasse una vera e proprio città costituita che ben presto fu in grado di rivaleggiare in ricchezza con la vicina Cuma, tanto che gli abitanti di quest'ultima decisero di distruggerla, delegandola ad un ruolo di piccolo avamposto: per Partenope ebbe luogo un lungo periodo di declino sociale, culturale, economico.
=== Fondazione di Partenope ===
{{Vedi anche|Magna Grecia|Partenope (città antica)|Partenope (sirena)}}
[[File:Monte Echia, Napoli, Italia - 2024.jpg|thumb|upright=1.2|left|[[Monte Echia]] a [[Pizzofalcone]], il luogo di fondazione di [[Partenope (città antica)|Partenope]]]]
[[Partenope (città antica)|Partenope]] venne fondata dai [[Cuma]]ni<ref name="Lombar">Lombardo M. e Frisone F., ''Colonie di colonie: le fondazioni sub-coloniali greche tra colonizzazione e colonialismo'', Atti del Convegno Internazionale di studi, Lecce 22-24 giugno 2006, Congedo Ed., Galatina 2010 ISBN 978-88-8086-699-2 pp.196;185;197;192-198;194;198;195;195;193</ref> alla fine dell'[[VIII secolo a.C.]]<ref name="-editoria.it">{{cita web|url=https://www.naus-editoria.it/wp-content/uploads/2021/08/PAUN-Guida-ad-uso-dei-curiosi.pdf|titolo = Parco Archeologico Urbano di Napoli p. 9;9;27;27;29;28;31|accesso= 21 luglio 2022|sito = naus-editoria.it}}</ref> (sebbene la documentazione archeologica più antica risalga al III quarto dello stesso secolo, corrispondente al periodo cronologico di [[Pithecusa]] e [[Cuma]])<ref>{{Cita news|autore= Professore Associato in Archeologia Classica (Università degli Studi di Napoli “L'Orientale") Matteo D'acunto|url=https://www.docsity.com/it/appunti-magna-grecia-1/7601371/|titolo= APPUNTI MAGNA GRECIA, Appunti di Archeologia|pubblicazione=docsity.com|accesso=19 luglio 2022}}</ref><ref>{{Cita web |url=https://www.ancientportsantiques.com/wp-content/uploads/Documents/PLACES/ItalyWest/Napoli-Giampaola2021.pdf|sito=Ancientportsantiques.com |titolo=Il porto di Parthenope e Neapolis|anno=2021 |pagina=344 |accesso=2024-11-26}}</ref> e prendeva il nome dalla [[Partenope (sirena)|Sirena eponima]], il cui santuario, grazie alle più recenti ricerche archeologiche, è stato identificato a [[piazza Nicola Amore]].<ref name="elea.unisa.it">{{Cita web |url=https://www.academia.edu/76003041/Neapolis_de_la_ch%C3%B4ra_%C3%A0_l_astu_d%C3%A9finition_du_proasteion_et_relecture_de_la_polis_fin_VIe_si%C3%A8cle_89_av_J_C_|titolo=Neapolis de la chôra à l’astu : définition du proasteion et relecture de la polis (fin VIe siècle - 89 av . J.-C.)|pagina=32, 35, 165, 169, 170, 171, 172, 174, 175, 177, 178; 15; 57; 21; 26|accesso=2025-01-12}}</ref>
 
L’insediamento, sorto in una posizione particolarmente favorevole su uno [[Pizzofalcone|sperone roccioso]] circondato su tre lati dal mare, nacque come scalo marittimo (epineion) subordinato al centro principale, come generalmente riconosciuto dal metodo storico-critico in relazione alla colonia fondata dagli Euboici.<ref name="elea.unisa.it"/><ref>{{cita web |url=https://books.openedition.org/pup/65713|sito=books.openedition.org |titolo=Il porto di Parthenope e Neapolis }}</ref><ref>[Circa l'evidenza archeologica] Da questa angolazione è possibile recuperare, almeno per questo periodo, la sua funzione di ''epineion'', cioè di scalo marittimo subordinato al centro principale, che la critica storica tradizionalmente gli assegna in rapporto alla colonia euboica (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Salerno ed., Roma 2022, p.52)</ref>
{{Vedi anche|Partenope (mitologia)}}
 
Le indagini hanno permesso di individuare il porto, che fu anche quello di ''Neapolis'', nell'attuale [[piazza del Municipio (Napoli)|piazza del Municipio]] (all'epoca un bacino chiuso e protetto, che a sua volta faceva parte di una vasta insenatura situata tra [[castel Nuovo]] e la [[chiesa di Santa Maria di Portosalvo]]).<ref name="-editoria.it"/>
==== Palepolis e Neapolis ====
Nel 474 a. C. il mondo greco riportò delle vittorie anche in terra campana. Infatti le colonie della Magna Grecia sconfissero gli [[Etruschi]] e fermarono la loro penetrazione al sud. I cumani decisero di dar corpo a nuove città lunga la costa tirrenica, e l'antica città di Partenope, nel frattempo ripopolata, prese il nome di Palepolis (città vecchia), poiché poco distante sorgeva ormai Neapolis (nuova città). I cumani decisero di ampliare Partenope, anzi, di supportarla con la nascita di una vera e propria città.
 
Di fronte alla crescente frequentazione del sito, i Cumani — temendo che la loro egemonia fosse minacciata — scelsero di «distruggere» Partenope, cioè di oscurarne la centralità e ridimensionarne il ruolo politico e culturale.<ref>La notizia della distruzione, una volta tenuto conto del fatto che proviene da una fonte interessata a presentare sotto una luce particolarmente negativa il comportamento di Cuma, trova sostanziale conferma in una serie di fatti. Le tradizioni di ottica cumana, Pseudo Scymno, Strabone, Velleio, puntano tutte sul rapporto Cuma-Neapolis, lasciando nell'ombra, e quindi in un certo senso, distruggendo la storia precedente del sito [...]. D'altro canto, se il problema è posto, come la fonte di Lutazio fa nei termini di una ''frequentatio'' di Neapolis che non può svilupparsi se non in concorrenza con quella di Cuma, è evidente che la ''frequentatio'' di Cuma non può tollerare lo sviluppo di Neapolis e quindi la oscura. E la crescita di Neapolis che avviene sottraendo appena può Pitecusa a Cuma conferma la giustezza di questa impostazione del problema. D'altro canto anche la terminologia usata dalla fonte per cui fondare Partenope era stato un ''urbem constituere'' e ridare vita un ''urbem restituere'' o una nuova ''institutio'', suggerisce una lettura della vicenda piuttosto in riferimento a realtà istituzionali e politiche che a concrete realtà materili da eliminare e reintegrare (tratto da: M. Lombardo, F. Frisone, ''Colonie di colonie: le fondazioni sub-coloniali greche tra colonizzazione e colonialismo.'' Atti del Convegno Internazionale di studi, Lecce 22-24 giugno 2006, Galatina, Congedo edit., 2010, p. 185). A parte le ipotesi - che rimango pura speculazione - che tendono a connettere la notizia della distruzione con un evento effettivamente verificatosi che non prendiamo neanche in esame, dopo i tentativi, a questo riguardo, di trovarne conferma nella documentazione archeologica per niente perspicua (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Salerno ed., Roma 2022 p.69). Tuttavia non esiste traccia materiale e archeologica di distruzione di questo primitivo nucleo, come si usa invece raccontare interpretando male il racconto di Lutazio Dafnide (tratto da: Teresa Tauro, ''Napoli greca. Alla scoperta della città antica'', Intra Moenia editore, 2023, p. 17).</ref> Per ulteriori dettagli sull'evidenza archeologica che documenta lo sviluppo di Partenope, si rimanda alla voce di approfondimento [[Partenope (città antica)]].
Monete rinvenute nella necropoli sottostante la zona dell'attuale [[Porta Capuana]] - raffiguranti la sirena Partenope in stile [[siracusa]]no, confermano tanto l'esistenza della città di Neapolis già nel [[470 a.C.]], quanto il fatto che alla fondazione della nuova città avrebbero partecipato oltre ai Cumani, anche [[Pithecusa|Phitecusani]] - ossia coloni siracusani provenienti dall'isola di [[Ischia (isola)|Ischia]] e forse anche da [[Atene|Ateniesi]], secondo quanto attestano sia Strabone che il ritrovamento, in scavi archeologici, di monete attiche, raffiguranti [[Atena]]. Non è da escludere anche la presenza di una piccola comunità italica.
[[Immagine:Colonie greche d'italia e sicilia.jpg|thumb|right|300px|La [[Magna Grecia]].]]
 
===Fine VI secolo a.C.: La rifondazione come Neapolis===
L'influenza ateniese, che tuttavia cominciò a venir meno già a partire dal [[420 a.C.]], rese il porto della città uno dei più importanti del [[mar Mediterraneo|Mediterraneo]], producendo uno sviluppo urbanistico che rimase immutato sino alla metà del I secolo a.C.
La fondazione di Neapolis si colloca in quel clima di ''[[Stasis (storia antica)|stasis]]'' (lotte tra fazioni) vigente a [[Cuma]] per tutta la parabola di [[Aristodemo di Cuma|Aristodemo]].<ref name="DanielaGiamp"/> La circostanza decisiva corrisponde all'instaurazione della tirannide di Aristodemo, dopo il suo [[Battaglia di Aricia|trionfo ad Aricia]].<ref name="DanielaGiamp">Daniela Giampaola, Bruno D'Agostino, ''Osservazioni storiche e archeologiche sulla fondazione di Neapolis'', in Noctes Campanae. Studi di storia antica e archeologia dell'Italia preromana e romana in memoria di M.W. Frederiksen: a cura di Harris William V. e Lo Cascio Elio, Luciano Ed., Napoli 2005 pp.61 e 62</ref> La tradizione ricorda dell'espulsione forzata degli oligarchi che trovarono asilo a [[Capua (città antica)|Capua]]. È probabile che in questa occasione essi abbiano deciso di dare spazio alla ''Nea Polis'' (Nuova Città).<ref name="DanielaGiamp"/> Ad ogni modo, risulta certo che la fondazione della città sia avvenuta per mano di oligarchi,<ref name="DanielaGiamp"/> mossi dalla volontà di dar vita ad una "seconda Cuma", del tutto somigliante alla città dalla quale erano stati cacciati; lo provano già a sufficienza sia il prosieguo di culti come quello di [[Demetra]], sia la fedele ripresa dell'organizzazione in ''[[fratria|fratrie]]''.<ref name="DanielaGiamp"/> Tale livello cronologico è confermato da rinvenimenti ceramici in un tratto delle mura e in vari punti della città.<ref>{{cita web |url=http://www.archcalc.cnr.it/indice/PDF28/02_Amodio_et_al.pdf |sito=Archcalc.cnr |titolo=IL PROGETTO “ceraNEApolis”: UN SISTEMA INFORMATIVO CARTOGRAFICO DELLE PRODUZIONI CERAMICHE A NEAPOLIS (IV A.C.-VII D.C.) |pagina=29 |formato=PDF}}</ref>
 
Neapolis sorse a est della collina di [[Pizzofalcone]], nel pianoro compreso tra le attuali chiese di [[Chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli|Sant'Aniello a Caponapoli]] (p.zza Cavour), dei [[Chiesa dei Santi Apostoli (Napoli)|SS. Apostoli]] (San Lorenzo) e di [[chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella|Santa Maria Egiziaca]] (Forcella), pari ad un'area di circa 72 ettari.<ref>{{cita web |url=https://books.google.it/books?id=qmR5R9HegOMC&pg=PA340&lpg=PA340&dq=neapolis+72+ettari&source=bl&ots=3suYViHBkL&sig=ACfU3U2Q7H7zrIEafEobvxdKWu_dib7G-A&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwi5t5uzod3sAhXEzqQKHZTzCec4ChDoATAAegQIAhAC#v=onepage&q=neapolis%2072%20ettari&f=false|sito=Books.google.it |titolo=Città e monumenti Greci d'Occidente|pagina=340 }}</ref> Una città non molto estesa, dunque ([[Metaponto (sito archeologico)|Metaponto]] ad esempio misura il doppio, 144 ha.).<ref>{{cita web |url=http://www.pugliadigitallibrary.it/media/00/00/91/2837.pdf|sito=Books.google.it |titolo=Neapolis|PDF|pagina=211 }}</ref>
==== I rapporti con Atene ====
La nuova città diventò ben presto un vero e proprio faro di cultura ateniese della [[Magna Grecia]], ricevendo dalla città attica cultura, tradizioni, magnificenza dei monumenti, ed anche l'inserimento in una fitta rete di relazioni commerciali.
 
L'insediamento venne edificato secondo i criteri greco-classici: [[acropoli]] (individuata nell'attuale area di Sant'Aniello a Caponapoli),<ref>{{cita web |url=https://censimentoarchitetturecontemporanee.cultura.gov.it/scheda-opera?id=726|sito=censimentoarchitetturecontemporanee.cultura.gov.it |titolo=CHIESA DI SANT'ANIELLO A CAPONAPOLI|}}</ref> [[agorà]] (corrispondente all'odierna [[piazza San Gaetano]]) e [[necropoli]] (situate [[Necropoli greca di via Santa Teresa degli Scalzi|sulla collina di Santa Teresa degli Scalzi]], a San Giovanni a Carbonara, allo sbocco di San Biagio dei Librai e [[Necropoli di Castel Capuano|nei pressi di Castel Capuano]]). In quest'ultima, in particolare, i vasi portati alla luce durante gli scavi sono di fattura cumana e testimoniano l'assenza, a Neapolis, di una scuola artistica autoctona.
Un'ulteriore prova di ciò ci è data soprattutto dall'impianto urbanistico della città che ha seguito proprio i dettami ateniesi. La struttura urbana, formata da un'articolazione pressoché regolare, era costituita da strade che si congiungevano tra di loro: il tutto secondo le idee urbanistiche scaturite dalla mente di [[Ippodamo di Mileto]] che tempo addietro aveva elaborato proprio la pianta di [[Atene]]. Diverse fonti mostrano che Neapolis, oltremodo, vide la presenza del più celebre ammiraglio Ateniese [[Diotimo]] - che raggiunse la città con la sua flotta. Da non trascurare il fattore che Neapolis vide nei suoi teatri molti filosofi e personaggi di spicco tipici del mondo ellenico.
 
L'impianto urbano si fondava su tre strade maggiori e più larghe ({{lang-grc|πλατεῖαι|platêiai}}) che erano incrociate ortogonalmente con l'intreccio di strade più strette ({{Lang-grc|στενωποί|stenōpói}}). Il caso di studio neapolitano rimanda a modelli tardo-arcaici, quali quelli, più antichi, di [[Poseidonia]] e [[Akragas|Agrigento]], e quelli più recenti di [[Naxos (Sicilia)|Naxos]] e [[Himera]].<ref>Gli studi recenti consentono ormai di ricondurre l'organizzazione dell'impianto a una concezione unitaria, superando l'ipotesi di uno sviluppo in due tempi formulata da [[Mario Napoli]], secondo il quale a un impianto irregolare risalente ai tempi della fondazione del 470 a.C., limitata alla collina dell'Acropoli e alla parte settentrionale dell'area poi occupata dall'agora/foro, sarebbe seguito un progetto regolare, sotto l'influenza dell'impianto di Thuri del 444 a.C. assegnato a [[Ippodamo di Mileto]]. [...] Il caso di studio neapolitano è confrontabile con impianti urbani datati fra gli ultimi decenni del VI e il primo quarto del V secolo, quali quelli, più antichi, di Poseidonia e Agrigento, e quelli più recenti di Naxos e Himera (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Salerno ed., Roma 2022 pp.88-89)</ref> Tale sistema è compatibile con la cronologia della nascita di Neapolis, cui rimandano i ritrovamenti sopracitati.
Atene privilegiò la propria pista di relazioni con Neapolis già a partire dalla metà del [[V secolo]] a. C. Infatti, l'allora città più potente del meridione d'[[Italia]], [[Siracusa]], dovette fare i conti con un forte declino, dovuto per la caduta della tirannide dei [[Diomenidi]]. Questo dato fece sì che [[Pericle]] potesse riprendersi senza molti problemi la sua influenza ateniese sulla Magna Grecia.
 
{{Vedi anche|Decumani di Napoli}}
Tuttavia Atene, dopo le [[guerre persiane]], dovette prendere decisioni politiche assai mirate, quali l'emigrazione verso altri territori da parte degli ateniesi, per il sempre più crescente flusso demografico e il possesso di ulteriori territori esterni per il mantenimento dei suoi commerci. Il [[golfo di Napoli]] e più in generale la [[Campania]] mostravano proprio una scelta territoriale più che adeguata. La città attica dunque si servì di Neapolis, ma a trarne vantaggi fu soprattutto quest'ultima; a prova di ciò è anche il suo incremento demografico: la città passò in breve tempo dagli ottomila ai trentamila abitanti. Neapolis non era più classificabile come semplice porto e colonia, ma una vera e propria città autonoma in grado di intrecciare rapporti commerciali e politici.
 
Come si è visto, la nuova città non nacque inglobando e di conseguenza sviluppando la città vecchia,<ref name=Lombar/> come avvenne invece a [[Costantinopoli]]. Al contrario, sorse giustapposta ad essa per motivi commerciali: Neapolis era infatti tutta proiettata verso la valle del [[Sarno (fiume)|Sarno]].<ref name=Lombar/> Tuttavia, a onor del vero, il ''plateau'' di Neapolis era già diffusamente occupato prima della fondazione della ''[[polis]]'' e si può considerare come il territorio di Partenope.<ref name="elea.unisa.it"/><ref>L'insieme dei materiali residui finora discussi attestano sull'interno pianoro di Neapolis una frequentazione diffusa che risale almeno alla metà del VI secolo a.C. (tratto da: William V. Harris ed Elio Lo Cascio, ''Noctes Campanae. Studi di storia antica e archeologia dell'Italia preromana e romana in memoria di M.W. Frederiksen'', Napoli, Luciano Edit., 2005, ISBN 88-88141-97-9, p.59)</ref> Le due realtà, infatti, costituiscono un unico sistema storico-archeologico, geologico e territoriale.<ref>Parthenope non può essere disgiunta da Neapolis, formando un unico sistema storico-archeologico, geologico e territoriale (tratto da: Daniela Giampaola ed [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Roma, Salerno ed., 2022, SBN NAP0938025, p. 43)</ref> La scelta di insediare la città nella zona bassa, rispetto alla collina di Pizzofalcone, permise di pianificare un impianto urbano più ampio e regolare. L'insediamento più antico sul colle di Pizzofalcone sopravvisse anche dopo la fondazione della 'Città Nuova', rimanendo un polo secondario della polis (la Palepolis),<ref>{{Cita web |url=https://www.iris.unina.it/retrieve/8ef659e5-c21e-426e-b3e3-ed19cacbd812/millennial-variability-of-rates-of-sea-level-rise-in-the-ancient-harbour-of-naples-italy-western-mediterranean-sea.pdf|sito=iris.unina.it |titolo=Millennial variability of rates of sea-level rise in the ancient harbour of Naples (Italy, western Mediterranean Sea) |anno=2019 |pagina=286 |accesso=2025-04-14}}</ref><ref>Atti del I Convegno Internazionale di Studi, ''Dialoghi sull'archeologia della Magna Grecia e del Mediterraneo'' (Paestum, 7-9 settembre 2016), Pandemos ed., p.321</ref> che continuò a svolgere un ruolo significativo nel contesto urbano.<ref group="N">La Palepolis, ad esempio, rimase sede del culto della divinità poliade, a cui tutta la civitas faceva capo (per approfondire, vedi [[Partenope (città antica)|Partenope]]).</ref><ref name="elea.unisa.it"/> In questo modo, Neapolis acquisì delle specificità che le permisero di essere annoverata tra le polis bipolari.<ref name="elea.unisa.it"/>
Tuttavia i fasti della Neapolis ateniese subirono un brusco arresto a causa della rinnovata egemonia di Siracusa e la spedizione contro la città siciliana finì in un vero e proprio disastro. In questa guerra Neapolis offrì ad Atene 800 mercenari. I legami con la città attica vennero ulteriormente compromessi dalla guerra del [[Peloponneso]] fra Atene e [[Sparta]]. Neapolis che aveva goduto quindi di grandi benefici cadde anch'essa in una crisi latente, sebbene ormai avesse fatto proprie varie conquiste in campo economico e culturale.
 
[[File:Neapolisgreca.jpg|thumb|upright=1.2|Ricostruzione 3D verosimile della Neapolis greca]]
==== I sanniti ====
Con l'arrivo del navarca ateniese [[Diotimo (stratego)|Diotimo]]<ref name=Books/>, Neapolis inaugurò il suo ruolo sempre più egemone su tutto il litorale campano<ref>{{cita web |url=https://books.google.it/books?id=FPChAwAAQBAJ&pg=PA28&lpg=PA28&dq=neapolis+atene+magna+grecia&source=bl&ots=KGekS8VoNl&sig=HZWIAoIb406cwBFMg1gUEReJKAY&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjd3eOrz4DTAhWLaxQKHXWzAEwQ6AEISjAG#v=onepage&q=neapolis%20atene%20magna%20greci&f=false|sito=Books.google.it |titolo=Italici in Magna Grecia: Lingua, insediamenti e strutture|pagina=28}}</ref> ed "internazionale" nel [[Mediterraneo]].<ref name="Storiamillenaria.net">[http://storiamillenaria.famigliagallo.net/wp-content/uploads/2015/05/Eduardo-Federico.pdf Storiamillenaria.net] p.279</ref><ref>Con la venuta degli Ateniesi intorno al 450 a.C., Neapolis diventa una importantissima città con un ricco porto commerciale (tratto da: Teresa Tauro, ''Napoli greca'', Intra Moenia editore, 2023 p.19)</ref>
{{Vedi anche|Seconda guerra sannitica}}
A metà del [[V secolo]] a. C. la connotazione politica e sociale di Neapolis venne modificata dalla presenza dei [[Sanniti]]: una popolazione protoitalica stanziata nell'entroterra campano che viveva di pastorizia e agricoltura. I Sanniti, in un primo momento si erano accontentati di intessere semplici relazioni di tipo occasionale con la città, ma via via la loro presenza si fece sempre più pesante, acquisendo anche comportamenti selvaggi e bellicosi.
 
=== L'influenza ateniese e siracusana ===
Gli antichi cronisti li chiamarono "rudi montanari", per via della loro indole fortemente irascibile, di conquista, e spesso si offrirono anche come truppe mercenarie. La loro struttura sociale era composta da una democrazia elemantare; in caso di guerra eleggevano un capo supremo denominato "imperatur".
La "Nuova Città", che è tale in riferimento all'aggiunta di nuovi coloni e non per aver soppiantato la "Città Vecchia"<ref name=Lombar/>, seppe già a partire dalla prima metà del [[V secolo a.C.]] sia ereditare da [[Cuma]] il ruolo egemone sul mare (anche per quanto riguarda la lotta contro gli [[Etruschi]]: Neapolis, infatti, fu alleata di [[Siracusa (città antica)|Siracusa]] nella celebre vittoria nelle acque del [[golfo di Napoli]] contro gli Etruschi nel [[474 a.C.]])<ref name="-editoria.it"/><ref>L'imporsi di una realtà insediativa articolata rispetto all'antica colonia euboica è indirettamente attestata in un celebre passo di [[Diodoro Siculo]] (XI 51,1-2) relativo alla seconda battaglia di Cuma (474 a.C.), lo scontro navale in cui le flotte alleate di Cuma e Siracusa sconfiggono gli Etruschi, ponendo fine al loro predominio sul basso Tirreno: tra gli artefici della vittoria, accanto ai Cumani e ai Siracusani, lo storico menziona infatti le "genti del territorio" (gli ''enchorioi''), in cui sono stati riconosciuti gli abitanti di Neapolis, ai quali la fonte di ispirazione filosiracusana non riconosce ancora autonomia politica (tratto da: Daniela Giampaola ed [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Roma, Salerno ed., 2022, p. 143)</ref><ref>Aa. Vv., Incidenza dell'antico. Dialoghi di storia greca - vol. 8/2010, Luciano ed., 2010, pp. 213-219 (Neapolis e la seconda battaglia di Cuma)</ref>, sia assumere il controllo sullo specchio di mare che da golfo Cumano divenne golfo Neapolitano<ref>{{cita web|url= http://www.treccani.it/enciclopedia/i-siti-della-magna-grecia-un-panorama-esemplificativo-le-colonie-euboiche_(Il-Mondo-dell'Archeologia)/ |titolo= Treccani, ''I siti della Magna Grecia''}}</ref>. Questo successo in campo commerciale fu reso possibile grazie alla sua posizione strategica e al declino della tirannide dei [[Dinomenidi]] a Siracusa ([[466 a.C.]]),<ref name=Books>{{cita web|url=http://books.google.it/books?id=e1jm7kUzoGEC&pg=PA304&lpg=PA304&dq=Neapolis+Pericle&source=bl&ots=oSa-Vju2o4&sig=SjCRxhvC0I4QMX6cDvj5f2uCu2Q&hl=it&ei=fCVlTvieBc6d-wbz2on8Ag&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=7&ved=0CEYQ6AEwBg#v=onepage&q=Neapolis%20Pericle&f=false|titolo=BooksGoogle.it|accesso=7 settembre 2011 pp.301-301-302-305-304-302-305-301}}</ref> che aveva indebolito la presenza siracusana nella regione. Inoltre, l'abbandono di [[Pithecusa]] da parte del presidio siracusano, a causa di un violento terremoto (o più probabilmente un'[[eruzione vulcanica]] del [[Monte Epomeo]]),<ref>{{cita web |url=https://www.academia.edu/2350685/Meta_ton_enchorion_men_enaumachesan._Neapolis_e_la_seconda_battaglia_di_Cuma|sito=Books.google.it |titolo=Neapolis e la seconda battaglia di Cuma|pagina=218}}</ref> contribuì ulteriormente al rafforzamento di Neapolis. All'influenza siracusana seguì un rapporto privilegiato con [[Atene (città antica)|Atene]].<ref>È in questo rinnovato quadro politico che si instaurano le relazioni privilegiate con Atene, culminanti nella spedizione dell'ammiraglio ateniese Diotimo e nell{{'}}''epoikia'' già richiamate in un paragrafo precedente (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Roma, Salerno Editore, 2022 p.144)</ref>
 
[[Pericle]], avvertendo prematuramente il grande valore strategico del medio [[Mar Tirreno|Tirreno]], stabilì molto presto in quel mare forti e radicati rapporti, sul piano commerciale, politico e culturale<ref name="-editoria.it"/><ref name=Books/>.
Con il loro incremento demografico, le montagne [[irpinia|irpine]] non furono più in grado di contenerli, e dapprima si stanziarono nelle pianure intorno a [[Nola]] e a [[Capua]]. Questo episodio storico diede inizio ad un mescolamento di popolazioni osche-etrusche-sannite che crearono una nuova identità antropologica, ovvero il popolo campano. Nel [[423]] a. C. la loro marcia verso le fertili pianure non si arrestò e ben presto divennero una popolazione alquanto potente, capace di conquistare le città di [[Capua]], [[Nola]], [[Dicearchia]] (odierna [[Pozzuoli]]) e due anni dopo anche [[Cuma]], [[Nocera]], [[Pompei]], [[Ercolano]]. Neapolis nel [[400]] a. C. riuscì a sottrarsi alla conquista del popolo barbaro, non solo per via delle sue possenti mura, ma anche perché i sanniti, in fondo, dopo così tante conquiste, poterono permettersi il lusso di risparmiarsi un'ulteriore battaglia.
 
L'interesse ateniese per la [[Campania antica|Campania]], ma anche per la [[Sicilia]] e l'[[Adriatico]], fu dovuto al bisogno di derrate alimentari, soprattutto [[cereali]], per soddisfare il fabbisogno di una popolazione in costante aumento. I traffici erano dunque orientati verso quelle zone particolarmente ricche di cereali, con l'obiettivo di controllare completamente i mercati granari.
In compensazione, fu così che tra Neapolis e i sanniti si instaurò un vero e proprio rapporto di tipo culturale e commerciale. La prima insegnò al rozzo popolo l'uso della moneta, mentre i secondi riempirono il porto della città greca di varie mercanzie per l'esportazione. A livello politico Neapolis fu però costretta a concedere la cittadinanza, e l'[[oligarchia]] venne contrassegnata da una maggiore complessità sociale. L'[[Agorà]], ovvero il luogo dove si svolgevano le questioni cittadine, fu obbligata a minare il ruolo dell'aristocrazia, introducendo maggiori principi democratici, ma anche ulteriori conflittualità etniche. Le dispute di tipo etnico acquisirono anche una connotazione prettamente urbana: ad sempio la comunità sannitica si rifugiò nell'antica zona di Palepolis. Nel [[327]] a. C scoppiò un conflitto: la parte [[Osci|Osca]] della città si era infatti alleata con i Sanniti mentre quella greca con i [[Romani]]. La città venne assediata dai Sanniti e i Romani accorsi in aiuto degli alleati greco-napoletani sconfissero i Sanniti e stipularono con la città un foedus aequum (trattato di alleanza paritaria).
 
Le ripercussioni della presenza attica nella città furono numerose: il grande sviluppo in ambito portuale; i legami ancora più stretti con centri siti in territori pianeggianti atti alla coltivazione del grano ([[Alife|Allifae]], [[Capua (città antica)|Capua]], [[Nola]], Cuma, [[Dicearchia]]); l'introdursi nell'area - assieme probabilmente alla città di [[Elea-Velia|Elea]]<ref name=Books/> - della nascente comunità italiota non solo da un punto di vista economico, ma anche [[culto|cultuale]]<ref name=Books/>, il potenziamento, come documentato dalla tradizione storica stessa<ref name=Books/>, del corpo civico e militare attraverso l'arrivo nel golfo del celebre ammiraglio ateniese [[Diotimo (stratego)|Diotimo]] (è alquanto dibattuta la data esatta dell'arrivo: dopo la fondazione di [[Thurii]], nel pieno degli anni trenta, ecc.);<ref name="Storiamillenaria.net"/><ref>{{cita web |url=https://books.google.it/books?id=uiTac40XVNEC&pg=PA70&lpg=PA70&dq=diotimo+neapolis&source=bl&ots=ssHek9SkTi&sig=GlpMbR9YWs_UZHZ9wLQgTn0yPLA&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiLyrXY8JfTAhWBWBQKHXBuDvQQ6AEIMDAE#v=onepage&q=diotimo%20neapolis&f=false|sito=Books.google.it |titolo=Hesperìa: Studi sulla Grecità di Occidente. 3|pagina=70}}</ref> il potenziamento, sempre tramite quest'ultimo, del culto della [[Mito di Partenope|sirena Partenope]] in funzione antisiracusana<ref>{{Cita web |url=https://www.altaterradilavoro.com/wp-content/uploads/2016/06/I_Sebasta_di_Neapolis._Il_regolamento_e.pdf|titolo=I Sebastà di Neapolis. Il regolamento e il programma |p=15}}</ref>, con l'istituzione di una [[Lampadedromie napoletane|lampadedromia]] destinata a diventare celebre in tutto il [[storia antica|mondo antico]]<ref name="Storiamillenaria.net"/><ref>Atti del venticinquesimo convegno di studi sulla Magna Grecia, ''Neapolis'', Istituto per la storia e l'archeologia della Magna Grecia-Taranto, 3-7 ottobre 1985 p.65</ref>.
==== L'impianto urbanistico greco ====
{{Vedi anche|Centro storico di Napoli}}
[[Mura di Napoli|Mura]] in [[tufo (roccia)|tufo]], risalenti al V secolo a.C., che delimitassero la città, furono già erette dai greci e vennero rinforzate nel secolo successivo. È possibile ricostruire il nucleo della Napoli greca, racchiusa da una cinta muraria che si estendeva da nord lungo l'attuale via Foria e piazza Cavour, piegando ad est lungo l'attuale via San Giovanni a Carbonara fino al mare; ad ovest, seguivano l'andamento di piazza Calenda, della collina di Monterone e dell'attuale via Mezzocannone.
 
L'unico ostacolo significativo tra Atene e il fiorente mercato campano fu rappresentato dai tentativi siracusani di conservare, anche in seguito al crollo della tirannide, una posizione primaria nel Tirreno<ref name=Books/>. Un fattore che alla lunga avrebbe portato allo scontro con la città siciliana. Nel [[415 a.C.]] la [[Spedizione ateniese in Sicilia|spedizione ateniese contro Siracusa]] finì in un vero e proprio disastro. I rapporti tra Neapolis e Atene subirono un'attenuazione solo con le vicende inerenti alla [[guerra del Peloponneso|guerra archidamica]] e alla peste, che minarono sostanzialmente l'economia dell'[[Attica]]<ref name=Books/>.
Allo stabilirsi in città di numerosi coloni greci, la popolazione crebbe sino a trentamila abitanti e oltre all'[[acropoli]] sorse ben presto l'[[agorà]], la piazza principale, centro del governo e della vita pubblica cittadina, che si apriva dove oggi è piazza San Gaetano, secondo quanto è stato rilevato dagli scavi sottostanti la chiesa di [[Chiesa di San Lorenzo Maggiore|San Lorenzo Maggiore]]. Qui sorgeva anche l'''archeion'', l'equivalente della [[basilica]] romana, ove si esercitava la magistratura e si custodivano i documenti e il tesoro dello Stato.
 
=== Gli Osci ===
L'impianto urbanistico sembra essere stato costituito secondo lo schema detto ''ippodameo'' da [[Ippodamo]] di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]], un famoso architetto cui si attribuiscono i progetti urbanistici delle città di Atene, di Rodi e di [[Thurii]]: una città quadrata con un lato di circa 2.500 piedi (circa 700 metri), strutturata su tre strade principali, larghe circa sei metri, indirizzate da est a ovest e parallele fra di loro, dette ''plateai'', corrispondenti ai ''decumani'' romani - individuabili nelle odierne via Anticaglia, via Tribunali e via San Biagio dei Librai - intersecate ortogonalmente da diciotto ''stenopoi'', strade indirizzate da nord a sud, larghe circa tre metri, che corrispondono ai ''cardi'' romani. Le strade erano lastricate in pietra vesuviana e nei quadrivi erano scavati pozzi d'acqua a uso delle necessità pubbliche.
Alla fine del [[V secolo a.C.]] il popolo osco dei [[Campani]] prese il sopravvento nella città, anche se non si trattò di una conquista militare<ref name=Lombar/>. Questo processo è riscontrabile in altre località, come la non distante ''[[Paestum]]'', dove vi fu una lenta, graduale, ma costante infiltrazione dell'elemento italico, dapprima richiamato dagli stessi Greci per i lavori più umili e servili, per poi divenir parte della compagine sociale mediante il commercio e la partecipazione alla vita cittadina, fino a prevalere e sostituirsi nel potere politico della città.
 
Nel [[423 a.C.]] [[Capua (città antica)|Capua]], la grande roccaforte-granaio etrusca,<ref>{{cita web|url= https://www.treccani.it/enciclopedia/l-italia-preromana-i-siti-etruschi-capua_%28Il-Mondo-dell%27Archeologia%29/ |titolo= L'Italia preromana. I siti etruschi: Capua}}</ref> venne conquistata, seguita nel [[421 a.C.]] da [[Cuma]], che dovette capitolare dopo un pesante e cruento assedio. Una parte dei suoi abitanti in fuga trovò rifugio proprio all'interno delle mura di Neapolis, che così pagò il suo debito di riconoscenza.<ref name=Lombar/> Neapolis riuscì a salvaguardare la propria incolumità e sovranità politiche solo ammettendo con grande anticipo le ''élite'' osche alle principali cariche pubbliche della ''[[polis]]''<ref name=Lombar/>. Tuttavia, a causa di questo comportamento, Neapolis minò profondamente le sue relazioni con la ''metropolis'', ossia la sua "città madre", Cuma.<ref name=Lombar/>
I sepolcri sorgevano fuori le mura: sono stati individuati sulla collina di Santa Teresa, a [[Castel Capuano]], ai Santi Apostoli, a San Giovanni a Carbonara, fra Castel Nuovo e via Verdi, sotto via Medina. I vasi portati alla luce durante gli scavi sono di fattura cumana e testimoniano l'assenza, a Napoli, di una scuola artistica originale.
 
=== I Romani ===
Anche l'[[ippodromo]] e lo [[stadio]] dovevano situarsi in un'area fuori della cinta muraria: il primo fra San Giovanni a Mare e l'Egiziaca a [[Forcella (Napoli)|Forcella]], il secondo tra piazza Nicola Amore e Sant'Agostino alla Zecca, mentre è ancora oggetto di dibattito l'esatta collocazione del porto cittadino.
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 340px
|titolo = La città degli ''otia''
|contenuto = [[File:ParcoArcheologicoPosillipo.jpg|thumb|upright=0.7|Rovine di villa imperiale di Pausilypon]]
Dalla prima metà del [[I secolo a.C.]] fino ad almeno lo scorcio del [[I secolo d.C.]], l'alta società romana si trasferì in città alla ricerca del modo di vivere greco.<ref name="iicrabat.esteri.it">{{cita web|url=https://iicrabat.esteri.it/iic_rabat/it/gli_eventi/calendario/2015/03/casablanca-conferenza-napoli-in-epoca-romana-i-commerci-gli-otia-i-banchetti.html|titolo=CASABLANCA - Conferenza "Napoli in epoca romana: i commerci, gli otia, i banchetti"|accesso= 3 aprile 2020|sito = iicrabat.esteri.it}}</ref> In quest'epoca eleganti residenze romane con annesse piantagioni sorsero lungo la costa neapolitana,<ref>A tal proposito andrebbe in realtà inclusa quasi tutta la riviera del [[Golfo di Napoli]]. Il geografo [[Strabone]] riportava che la costa, da [[Capo Miseno]] fino a [[Punta Campanella]], era adornata da città e residenze continue fra di loro, al punto da offrire l'immagine di una città continua (Strab., v 4,8)</ref> che vide l'emergenza della villa, un tipo di dimora che divenne molto presto uno ''status symbol'' delle aristocrazie romane.<ref>Quelle residenze con annesse piantagioni caratterizzano il paesaggio costiero campano, specialmente nel [[Golfo di Napoli]], che vede l'emergenza della villa, un tipo di residenza che diventò presto uno ''status symbol'' delle aristocrazie e delle classi più agiate della società romana (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Roma, Salerno edit., 2022, p.156)</ref> Sul [[Monte Echia]] si levava la faraonica villa di [[Lucio Licinio Lucullo]] (ove un tempo sorgeva la [[Partenope (città antica)|Palepoli]] di Neapolis), mentre a ovest della città, a ''[[Posillipo|Pausilypon]]'' cioè “sollievo dal dolore”, nell'ambito dell'espansione della città verso i [[Campi Flegrei]], fu costruita la vasta villa del ricco cavaliere romano [[Publio Vedio Pollione]] (poi lasciata in eredità ad [[Augusto]] che la trasformò in una splendida residenza imperiale); a tal fine venne realizzata anche la [[Parco archeologico di Posillipo#La grotta di Seiano|grotta di Seiano]], opera dell'architetto cumano [[Lucio Cocceio Aucto]].<ref>{{cita web|url=https://www.academia.edu/1886778/I._Varriale_La_villa_imperiale_di_Pausilypon_in_R._Ciardiello_Hrsg._La_villa_romana_Napoli_2007_147-165|titolo=Villa Imperiale di Pausilypon p.149}}</ref> Neapolis fu caratterizzata, inoltre, da strutture termali che nulla avevano da invidiare all'attigua [[Baia (Bacoli)|Baia]]<ref>Neapolis dispone, inoltre, di impianti termali che nulla hanno da invidiare alla vicina Baia (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Salerno ed., Roma 2022, p.155)</ref>. La vocazione soprattutto turistica e terziaria della città si scontrò ad ogni modo con la decadenza del tessuto imprenditoriale e mercantile, ben lontano dallo splendore del periodo greco e ancor più di quello ellenistico.<ref name="-editoria.it"/>}}
Nel [[326 a.C.]], avendo commesso, come è attestato nel racconto potenzialmente parziale dello storico romano [[Tito Livio]], atti ostili nei confronti dei Romani residenti in [[Campania antica|Campania]] e avendo rifiutato la richiesta di risarcimento di [[Roma]]<ref>Livio VIII 8.22</ref>, i Partenopei videro l'esercito capitolino, guidato dal console [[Quinto Publilio Filone|Publilio Filone]]<ref name=Lombar/>, marciare sulla città e cingerla d'assedio. Nel frattempo erano giunti circa quattromila soldati Sanniti e circa duemila soldati Nolani per rinfozare le difese di Neapolis. I Neapolitani si arresero ai Romani dopo un anno di resistenza, anche grazie ad uno stratagemma con il quale i Greci allontanarono i Sanniti dalla città, e a Quinto Publilio fu decretato il trionfo (per approfondire questo episodio storico, vedi [[Partenope (città antica)|Partenope]]).
 
{{Citazione|Stanca delle angherie dei Sanniti, la componente greca della città decide di giocare d'astuzia. Due esponenti dell'aristocrazia cittadina, Carilao e Ninfio, architettano la trama: il primo convince i Sanniti ad imbarcare una parte delle truppe sulle navi e tentare una sortita direttamente contro Roma; il secondo invece va a trattare la resa della città e nottetempo fa entrare in Palepolis le truppe romane.|[[Tito Livio]]}}
==== La religione ====
[[Immagine:San Paolo Maggiore (particolare facciata).jpg|thumb|right|220px|Colonna corinzia, San Paolo Maggiore]]
I culti religiosi in epoca greca si basarono su quelli importati dai fondatori e, certamente uno dei più antichi tra essi fu il culto della sirena Partenope, già noto in Grecia orientale prima della fondazione della città.
 
Tuttavia Roma lasciò alla città ampie autonomie e permise che i suoi costumi, la sua lingua e le sue tradizioni di origine greca sopravvivessero, preferendo piuttosto stringere una sorta di patto di solidarietà e creando così quello che fu chiamato ''foedus Neapolitanum'', con particolare attenzione agli aspetti commerciali e di difesa per quanto riguardava la flotta. La notizia dell'allenza tra Roma e Neapolis preoccupò non poco [[Taras (città antica)|Taranto]] che temeva di dover rinunciare alle sue ambizioni di conquista sui territori dell'Apulia settentrionale a causa dell'avanzata romana<ref>H.H.Scullard, ''Storia del mondo romano'', vol.I, p.176</ref>.
Secondo l'antico mito il corpo della sirena fu sepolto a Megaride, ma i racconti leggendari tramandati successivamente collocano il sepolcro di Partenope all'interno delle mura di Neapolis, in particolare, secondo alcuni, sotto il luogo dove sorge la chiesa di [[Chiesa di San Giovanni Maggiore|San Giovanni Maggiore]], secondo altri, all'ingresso del Tempio dei Dioscuri risalente al I secolo d.C.
 
Nel [[280 a.C.]], dopo la [[battaglia di Eraclea]], quando [[Pirro]] si accorse che non c'era alcuna possibilità di un accordo con il Senato romano, decise di passare al contrattacco, avanzando con la sua armata verso nord. Durante l'avanzata deviò su Neapolis con l'intento di prenderla o di indurla a ribellarsi a Roma.<ref>A. Lagella, La Storia di Napoli, Parte Seconda, pag. 5</ref> Il tentativo fallì e comportò una perdita di tempo che giocò a vantaggio dei Romani: quando giunse a [[Capua (città antica)|Capua]] la trovò già presidiata da [[Publio Valerio Levino|Levino]].
E proprio i ''Dioscuri'' furono divinità molto venerate, così come si è evinto dalle antiche monete del periodo greco ritrovate dagli archeologi; posto nell'area dove sorgeva l'agorà, dell'antichissimo tempio dedicato a queste divinità restano ancora visibili le colonne del [[pronao]], integrate nella facciata della chiesa di [[Basilica di San Paolo Maggiore|San Paolo Maggiore]] in piazza San Gaetano.
 
Nel [[211 a.C.]], nell'ambito della [[seconda guerra punica]], la città di Capua venne severamente punita a causa della sua alleanza con [[Annibale]]. Grazie a ciò la preminenza di quest'ultima in [[Campania antica|ambito campano]] andò scemando a favore di Neapolis.
Il culto di [[Apollo]] fu importato da Cuma, forse contestualmente alla fondazione della città, e l'originario tempio dedicato al dio si trovava probabilmente nella zona dove ora sorge il [[Duomo di Napoli|Duomo]] e più precisamente dove è attualmente la piazzetta Riario Sforza.
 
Con l'istituzione di una dogana nel [[195 a.C.]], il suo ruolo di potenza marittima<ref>{{cita web|url= https://books.google.it/books?id=4MXox0SgT7UC&pg=PA232&lpg=PA232&dq=Neapolis+rifondazione&source=bl&ots=BsppjlcAuk&sig=WVU_ktawPBArzlcqM5K12We3Nus&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjmkZ73za_VAhUFKsAKHXZkB7w4ChDoAQhHMAY#v=onepage&q=Neapolis%20rifondazione&f=false|titolo= Books.google, ''Il tempio dorico del foro triangolare di Pompei'' p.232}}</ref>, che si potenziò anziché indebolirsi con la conquista romana (nel [[242 a.C.]] i Neapolitani e i Veleati con l'isola greca di [[Coo]] decretano l'ammissione del diritto di inviolabilità per il tempio di [[Asclepeion]] di Coo e tra il II e i I secolo commercianti neapolitani frequentano il grande porto mediterraneo dell'isola di [[Delo]])<ref name="-editoria.it"/>, subì un primo colpo a vantaggio della vicina concorrente [[Puteoli]] e in seguito, nonostante i tentativi di Annibale (il quale fu respinto da Hegeas, alle porte della città) di sobillare i suoi abitanti contro Roma, Neapolis fu promossa a municipio romano, perdendo parte delle sue autonomie e rallentando non di poco il suo slancio produttivo ed imprenditoriale, sebbene restassero ancora in vigore le ''[[Fratria|fratrìe]]'' e le figure di arconti di tradizione greca.
Studi basati su prove archeologiche hanno mostrato, con una buona dose di certezza, che erano sviluppati in epoca greca anche altri culti, come quello di [[Zeus]], [[Eracle]], [[Cerere (divinità)|Cerere Attica]] e [[Mitra (divinità)|Mitra]], per citare quelli principali.
 
Nell'[[82 a.C.]], nella lotta fra [[Gaio Mario|Mario]] e [[Lucio Cornelio Silla|Silla]], trovandosi a parteggiare per il primo, la città dovette subire le devastazioni compiute dal secondo<ref>{{Cita news|autore=|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/napoli/|titolo=Napoli|pubblicazione=Treccani.it|accesso=13 dicembre 2019}}</ref>, animato dal desiderio di vendetta per l'affronto subito; ciò privò oltretutto Neapolis della sua flotta e dell'[[isola d'Ischia]]: un altro duro colpo per l'economia neapolitana che dall'isola ricavava l'argilla necessaria per la produzione ceramica. E tuttavia, il porto della città continuò a svolgere un importante ruolo di scalo regionale, il tutto accentuato dai consumi e stili di vita della Partenope ''otiosa'' e ''docta''<ref>{{cita web|url= https://www.treccani.it/enciclopedia/magna-grecia_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/|titolo= Treccani, ''Magna Grecia''}}</ref> (cioè luogo di svago e di studio), come mostrano gli abbondanti reperti archeologici rinvenuti in [[piazza del Municipio (Napoli)|piazza del Municipio]], di origine trasmarina.<ref>{{cita web|url= https://books.google.it/books?id=ed_D9cnb_m0C&pg=PA58&lpg=PA58&dq=civilt%C3%A0+mediterraneo+neapolis+potenza+marittima&source=bl&ots=HFQXiSqP0m&sig=2pNi38p1U7M0T_MviawmJfns1RE&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjEmI3X27jVAhUiJcAKHXljCDEQ6AEIMDAA#v=onepage&q=civilt%C3%A0%20mediterraneo%20neapolis%20potenza%20marittima&f=false|titolo= Books.google, ''Civiltà del Mediterraneo'' p.50}}</ref>
==== L'organizzazione sociale e politica ====
La ''fratria'' era un insieme di famiglie che si riconosceva in un capostipite comune. Mutuata dalla Grecia, era un'associazione religiosa e politica: dotata di potere giurisdizionale e amministrativo, aveva anche il diritto e il dovere di perseguire un delitto di sangue commesso contro un suo membro, possedeva santuari e feste comuni. Il capo, il ''fretrarco'', era coadiuvato da tre ''fratrori'' e si riuniva nel ''fretrion''. Si ha memoria del nome di almeno dieci fratrie napoletane: Aristei, Artemisi, Ermei, Eubei, Eumelidi, Eunostidi, Theodati, Kretondi, Kumei e Panclidi.
 
{{vedi anche|Epicureismo|Sirone (epicureo)|Filodemo di Gadara}}
Vi è chi ha voluto vedere nella fratria la remota origine di analoghe associazioni che tanta importanza ebbero nella vita pubblica cittadina a partire dall'epoca medievale, i [[Sedili di Napoli|Sedili]].
 
Nel [[49 a.C.]], nella guerra civile tra [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], la città anche stavolta si vide schierata dalla parte dello sconfitto e, per questo, subì gravi conseguenze. A Neapolis si formò la congiura per uccidere Cesare (sembra che [[Cassio]] partì proprio da uno dei lidi della città per andare a compiere il celebre omicidio).
Il sistema di governo di Neapolis fu presumibilmente di tipo oligarchico con i ''demarchi'' e gli ''arconti'' a fungere da magistrati, e un consiglio eletto secondo il censo dei cittadini.
 
Nel [[2 a.C.]], a causa delle distruzioni prodotte da un incendio e da un terremoto, ma anche perché, come riporta lo storico [[Cassio Dione]]<ref>LV 10, 9</ref>, i neapolitani erano gli unici a preservare e coltivare la cultura greca, l'imperatore [[Augusto]] decise di designare Neapolis come sede dei [[Giochi Isolimpici]] (denominazione derivante dal fatto che essi fossero equiparati a quelli che si svolgevano a [[Olimpia]], sia per la tipologia delle gare, che per la periodicità). Tali giochi acquisirono un prestigio pari a quello degli eventi più famosi del mondo greco, come le celebrazioni di Olimpia o [[Delfi]],<ref>{{cita web|url= https://archive.archaeology.org/online/features/isolympics/|titolo= The Augustan Games of Naples}}</ref><ref name="MirandaSebasta">{{cita web|url=https://www.academia.edu/3195729/MIRANDA_E_2008_Neapolis_e_gli_imperatori_Nuovi_dati_dai_cataloghi_dei_Sebast%C3%A0_In_Felice_Senatore_Oebalus_Studi_sulla_Campania_nellantichit%C3%A0_vol_2_2007_p_203_215_Roma_Bardi_editore_ISBN_9788888620480|titolo=Academia, ''Neapolis e gli imperatori. Nuovi dati dai cataloghi dei Sebastà''|pagina=208–209; da 205 a 212}}</ref> a cui assistettero o parteciparono anche alcuni imperatori, tra cui Augusto e [[Tito (imperatore)|Tito]].<ref name="MirandaSebasta" /> Ne conseguì una sorta di rifondazione della città, con ricostruzione<ref>Alfonso Mele ha sottolineato, a proposito del brano di Cassio Dione, come la fondazione dei Giochi si inquadri ideologicamente in una sorta di rifondazione e rinnovamento della città (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Salerno ed., Roma 2022, p.131)</ref><ref>{{cita web|url= https://www.academia.edu/37004545/SEBAST%C3%80_ISOLYMPIA_Giuseppe_Vito|titolo= Academia, ''SEBASTÀ ISOLYMPIA'' p.10}}</ref><ref name="rai.it">{{cita web|url=https://www.rai.it/ufficiostampa/assets/template/us-articolo.html?ssiPath=/articoli/2022/04/Italia-Viaggio-nella-bellezza-aed1ed56-5ba1-40c8-9fb2-75e66fb5ed07-ssi.html|titolo=Italia. Viaggio nella bellezza: Parthenope, Neapolis, Napoli. Archeologia di una città immortale |accesso= 23 aprile 2022|sito = rai.it}}</ref>, in seguito all'incendio, officiata per merito dei ''Sebastà'', il concorso sacro in onore di Augusto, che si accompagnò alla richiesta di cambiare nome<ref>Dunque assisteremo a una rinascita di Neapolis, con ricostruzione, dopo incendi e terremoto, celebrata grazie ai ''Sebastà'', che si sarebbe accompagnata alla richiesta di cambiare nome (tratto da: Daniela Giampaola, [[Emanuele Greco]], ''Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope'', Salerno ed., Roma 2022, p.160)</ref>.
=== Napoli romana ===
[[Immagine:Latium et Campania.png|thumb|right|300px|Napoli come seconda città della [[Regio I Latium et Campania]], regione [[Roma Antica|romana]].]]
La nuova potenza emergente di [[Roma]], intuendo le potenzialità di Neapolis e del suo porto, manifestò le sue mire espansionistiche per sottrarre la città all'influenza greca, cumana e sannita. Nel [[327 a.C.]] il console romano [[Quinto Publilio Filone]], prima di attaccare le sue possenti mura decise di schierarsi nella parte di campagna tra Neapolis e Palepolis, in modo tale da impedire eventuali vie di comunicazione tra i due nuclei. Neapolis fu costretta a ricapitolare soprattutto per i suoi contrasti interni di natura politica e sociale, come ci viene riportato anche da [[Tito Livio]]:
 
Quando la città fu promossa da municipio romano a colonia, forse sotto [[Marco Aurelio]], contemporaneamente si assistette ad una ripresa dal periodo di decadenza produttiva, con conseguente incremento dei commerci: Neapolis continuava a essere d’altra parte un luogo di attrazione per i Giochi Isolimpici.<ref>{{Cita web |url= http://www.fedoa.unina.it/9284/1/AMODIO_MARIA_25.pdf|titolo=NAPOLI TARDO-ANTICA. ASPETTI E PERCEZIONE DELLO SPAZIO URBANO |pp=35-43|accesso=29 aprile 2022}}</ref>
{{quote|Stanca delle angherie dei Sanniti, la componente greca della città decide di giocare d'astuzia. Due esponenti dell'aristocrazia cittadina, Carilao e Ninfio, architettano la trama: il primo convince i Sanniti ad imbarcare una parte delle truppe sulle navi e tentare una sortita direttamente contro Roma; il secondo invece va a trattare la resa della città e nottetempo fa entrare in Palepolis le truppe romane.}}
 
==== L'avvento del cristianesimo ====
La caduta della città fu imminente e si risolse con la resa di Palepolis. Tuttavia Roma lasciò alla città ampie autonomie e permise che i suoi costumi, la sua lingua e le sue tradizioni di origine greca sopravvivessero, preferendo piuttosto stringere una sorta di patto di solidarietà e creando così quello che fu chiamato ''foedus Neapolitanum'', con particolare attenzione agli aspetti commerciali e di difesa per quanto riguardava la flotta.
{{Approfondimento
 
|allineamento = destra
Dal [[199 a.C.]], anno dell'istituzione di una dogana, le importazioni della città iniziarono a diminuire a vantaggio in particolare della vicina concorrente Pozzuoli e in seguito, nonostante i tentativi di [[Annibale]] di sobillare i suoi abitanti contro Roma, Neapolis fu promossa a municipio romano, perdendo parte delle sue autonomie, sebbene restassero ancora in vigore le fratrìe e le figure di arconti di tradizione greca. Nel [[82 a.C.]], nella lotta fra [[Gaio Mario|Mario]] e [[Lucio Cornelio Silla|Silla]], trovandosi a parteggiare per il primo, la città dovette subire le devastazioni e le stragi compiute dal secondo, animato dal desiderio di vendetta per l'affronto subito; ciò privò oltretutto Neapolis della sua flotta e dell'isola d'Ischia e ne compromise il commercio a tutto vantaggio di Pozzuoli, dando l'avvio ad un periodo di decadenza. La città in questo periodo si pose soprattutto come un rilevante centro culturale. [[Virgilio]], una figura oltremodo simbolo della libertà politica e culturale di Napoli, aderì al [[neopitagorismo]], corrente filosofica e magica allora molto diffusa nella [[Magna Grecia]], ed in particolare a Neapolis, una delle poche città del Meridione che dopo la conquista romana aveva conservato la sua vita culturale genuinamente ellenica. Il sommo poeta latino compose proprio a Napoli le [[Bucoliche]], le [[Georgiche]] e la prima parte dell'[[Eneide]].
|larghezza = 340px
 
|titolo = L'eruzione pliniana del 79 d.C.
==== La "città degli otia" e [[Posillipo|Pausylipon]] ====
|contenuto = [[File:Destruction of Pompeii and Herculaneum.jpg|thumb|upright=0.7|Eruzione del Vesuvio del 79 d.C., di [[John Martin (pittore)|John Martin]]]]
La città diventò una meta privilegiata dell'aristrocrazia romana desiderosa di passare qui pause di governo o gli ultimi anni della propria esistenza. L'unica vera attività che Neapolis vide nascere fu quella dell'edilizia privata. Risale a questo periodo la celebre villa di [[Lucio Licinio Lucullo]] che si estendeva sull'[[isolotto di Megaride]] sino alla collina di [[Pizzofalcone]], ove un tempo sorgeva ''Palepolis''.
Nel [[62]] d.C. la città venne colpita da un violento [[Terremoto di Pompei del 62|terremoto]], il quale provocò danni anche al [[Teatro romano di Neapolis|teatro]]<ref>{{Cita web |url= https://www.beniculturali.it/luogo/teatro-antico-di-neapolis|titolo=Teatro antico di Neapolis}}</ref>, da dove, come riporta [[Svetonio]], [[Nerone]] stava debuttando con una sua ode e costrinse il pubblico a continuare ad ascoltarlo. Il 24 ottobre<ref name="dataeruzione">Per approfondire, si veda la voce ''[[Data dell'eruzione del Vesuvio del 79]]''.</ref> del [[79]] un'eruzione del [[Vesuvio]]<ref>{{Cita web |url=http://vulcan.fis.uniroma3.it/vesuvio/eruzione_79.html |titolo=Vulcani.fis.uniroma3.it |accesso=5 maggio 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130705184427/http://vulcan.fis.uniroma3.it/vesuvio/eruzione_79.html |dataarchivio=5 luglio 2013 |urlmorto=sì }}</ref> mise a dura prova la comunità neapolitana. Dopo aver seppellito di ceneri e [[lapilli]] le città che sorgevano a sud-est del vulcano, le [[colate piroclastiche]] diedero il colpo di grazia: queste ebbero una potenza tale da disperdersi in un raggio d'azione di più di 10&nbsp;km dal cratere sul lato nord-ovest e più di 15 sul lato sud-est<ref>{{Cita web|url=https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2010/18-giugno-2010/dal-vesuvio-nubi-ardenti-oltre-quindici-chilometri-1703222137589.shtml
 
|titolo=«Dal Vesuvio nubi ardenti a oltre quindici chilometri»|sito=corrieredelmezzogiorno.corriere.it|accesso=15 dicembre 2019}}</ref>. Neapolis non venne investita da queste ultime, ma subì comunque non pochi danni a causa dei terremoti e dell'abbondante pioggia di ceneri e lapilli. [[Pompei antica|Pompei]] ed [[Ercolano antica|Ercolano]] (un [[suburbio]] di Neapolis)<ref>Suburbio di Neapolis, della quale sembra anche ricalcare il [[Decumani di Napoli|piano urbanistico ortogonale]], la cittadina era limitata nell'autonomia culturale; per quanto si sa non vi era una intensa attività manifatturiera, e la comunità presentava i sintomi di una tipica località periferica (Arnold De Vos; Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Guide archeologiche Laterza, aprile 1982., ISBN 884202001X p.260)</ref> furono invece completamente distrutte, anche se buona parte dei loro abitanti riuscì a fuggire e a reinsediarsi proprio a Neapolis ed in altre comunità del golfo.<ref>{{Cita web |url= http://www.blueplanetheart.it/2019/02/vesuvio-non-uccise-tutti-gli-abitanti-pompei-andarono-sopravvissuti/|titolo=Il Vesuvio non uccise tutti gli abitanti di Pompei. Dove andarono poi i sopravvissuti?}}</ref> Le città campane, dopo la grande eruzione, seppero ad ogni modo riprendersi abbastanza velocemente, in quanto il celebre poeta neapolitano [[Publio Papinio Stazio]] scriveva alla moglie:
Altre strutture di rilievo erano locate ad occidente e a oriente della città: a ''Pausylipon'' (odierno quartiere [[Posillipo]], il cui nome è di derivazione greca e significa "pausa del dolore"), fu costruita la vasta [[Villa Imperiale di Pausilypon| villa imperiale di Publio Vedio Pollione]]. A detta degli storici, la Neapolis di questa frangente storica fu una città alquanto contraddittoria, se da un lato fu costituita dalla presenza di una forte componente romana, dall'altro la voglia di vivere alla greca non si spense mai. Uno squilibrio sociale che troverà un certo ordine solo con l'avvento dell'[[Augusto|età augustea]].
 
==== Età imperiale ====
A Neapolis si formò la congiura per uccidere [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] (sembra che [[Cassio]] partì proprio da uno dei lidi della città per andare a compiere il celebre omicidio), proprio nel periodo in cui [[Miseno (Bacoli)|Miseno]] surclassava la città per importanza commerciale del suo porto e l'aristocrazia romana veniva ormai in città quasi solo per organizzare manifestazioni culturali e spettacoli.
 
===== L'eruzione [[Eruzione pliniana|pliniana]] del 79 d. C =====
Nel [[79]] d. C. Neapolis fu scossa da una violenta eruzione del [[Vesuvio]]. A quei tempi, gli antichi, non conoscendo la vera natura della montagna, furono del tutto colti di sorpresa: oltremodo il Vesuvio non aveva dato molte opportunità di farsi conoscere, poiché per secoli o forse millenni fu un vulcano del tutto inattivo, in profondo stato di [[quiescenza]]. Si verificarono degli eventi preculsori, quali i terremoti del [[63]] e del [[64]] d. C. che danneggiarono tutte le città della baia. A Neapolis crollò anche una parte del teatro all'aperto. La storiografia vuole che [[Nerone]] si stesse esibendo nel suddetto teatro proprio durante uno di quegli eventi sismici.
 
Il 24 agosto del 79 d.C. cominciò la terribile eruzione vulcanica. Essa fu osservata da [[Plinio il Vecchio]] dalla non lontana città di [[Miseno]], ma ad averla tramandata ai posteri fu suo nipote, allora diciassettenne, [[Plinio il giovane]]. Dopo aver seppellito di cenere e [[pomice|pomici]] le città che sorgevano non lontane dal vulcano, i [[flussi piroclastici]] fecero la loro comparsa, dando il colpo di grazia: essi ebbero una potenza tale da scagliarsi in un raggio d'azione di 14 km dal cratere (sul lato nord-ovest) e circa 17 sul lato sud-est. Neapolis non venne investita da questi ultimi ma fu piuttosto danneggiata dagli eventi sismici, dalle mareggiate e piogge di cenere. [[Pompei]], [[Ercolano]], [[Oplontis]] e [[Stabia]] (qui morirà anche Plinio il Vecchio) e tutti i villaggi più vicini alla montagna furono del tutto distrutti. In seguito lo stesso imperatore [[Tito (imperatore)|Tito]] volle venir a quantificare i danni della calamità, ma nessun intervento fu possibile.
 
«Ma cosa credi che il Vesuvio abbia totalmente spopolata la Campania? Non esageriamo: ci sono ancora tanti abitanti a Pozzuoli, a Capua, a Napoli, a Baia, a Miseno, a Capri, a Ischia, a Sorrento e anche a Stabia, che è risorta dalle sue rovine.»<ref name="Economia">{{cita web|url=http://www.comune.castellammare-di-stabia.napoli.it/cultura-e-turismo/economia/index-83.aspx|titolo=L'economia di Stabia|sito=Comune.castellammaredistabia.napoli.it|accesso=19 marzo 2015|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150402114906/http://www.comune.castellammare-di-stabia.napoli.it/cultura-e-turismo/economia/index-83.aspx|dataarchivio=2 aprile 2015}}</ref>}}
===== L'avvento del cristianesimo e la fine dell'impero =====
{{vedi anche|Catacombe di Napoli}}
Con la successiva trasformazione da municipio romano a colonia, in città andò affermandosi sempre più la lingua latina e si ebbe una graduale ripresa dal periodo di decadenza (narrato anche da [[Petronio Arbitro|Petronio]] nel suo [[Satyricon (Petronio)|Satyricon]]), con un conseguente aumento della popolazione e un incremento dei commerci dovuto alla presenza alessandrina dall'Oriente nel I secolo.
[[Immagine:Guglia di San Gennaro.jpg|thumb|right|200px|San Gennaro, patrono di Napoli]]
Nel 2 d.C. Neapolis, ritenuta la città più greca d'Italia, fu scelta dall'[[Augusto|Imperatore Augusto]] come "custode della cultura ellenica" e la nominò quale sede dei giochi Isolimpici, sul modello di [[Olimpia]] ([[Grecia]]).<ref>[http://www.campaniabeniculturali.it/www/itinerari-tematici/nei-siti-culturali/GRPT_INT1/T_INT36 Giochi Isolimpici]</ref>
 
Il primo vescovo napoletano, stando alle fonti [[agiografia|agiografiche]], fu [[Aspreno di Napoli|Sant'Aspreno]]<ref>{{Cita web |url= https://www.academia.edu/3680204/Neapolis_Trasformazioni_di_una_citt%C3%A0_romana_tra_et%C3%A0_tardo_antica_e_bizantina|titolo=Archeologi in progress |p=481|accesso=08 maggio 2022}}</ref>, consacrato dallo stesso [[San Pietro]] (che una leggenda vuole presente a Neapolis a dire messa nella [[basilica di San Pietro ad Aram]]); Aspreno, poi canonizzato, resse la comunità cristiana napoletana per 33 anni e morì nel [[69]]; l'assenza di martiri fra i cristiani di Neapolis spinse alla scelta, come santo patrono della città, di [[San Gennaro]], vescovo di [[Benevento]], decapitato nella vicina [[Pozzuoli|Puteoli]] nel [[305]].
La religione emergente, il [[Cristianesimo]], fece presa e si radicò subito dopo la metà del I secolo, in quanto era già in atto un processo di progressiva assimilazione della colonia ebraica presente in città, come testimonia [[San Paolo]] nelle sue [[Lettere di San Paolo|Lettere]] e alcuni rinvenimenti archeologici nelle [[Catacombe di San Gennaro]] e il ''Calendarium'' della [[Chiesa di San Giovanni Maggiore]].
 
{{vedi anche|Santi patroni della città di Napoli}}
Il primo vescovo napoletano fu [[Sant'Aspreno|Aspreno]], forse ordinato dallo stesso [[San Pietro]] (che una leggenda vuole presente a Napoli a dire messa nella [[Basilica di San Pietro ad Aram]]); Aspreno, poi canonizzato, resse la comunità cristiana napoletana per 33 anni e morì nel [[69]]; l'assenza di martiri fra i cristiani di Napoli spinse alla scelta, come santo patrono della città, di [[San Gennaro]], vescovo di [[Benevento]], decapitato nella vicina Pozzuoli nel [[305]].
{{vedi anche|San Gennaro|Sant'Aspreno|Catacombe di Napoli}}
 
L'arrivo a Neapolis dei testi di grandi apologisti latini come [[Tertulliano]], l'azione organizzatrice di [[papa Vittore I]] prima e quella più strettamente caritativa di [[papa Callisto I]] da un lato e il nuovo corso impresso alla politica romana dalla dinastia dei Severi, diedero impulsi benefici alla comunità cristiana ed alla città più in generale.
 
Sotto [[Diocleziano]], persecuzioni anti-cristiane avvennero anche a Neapolis, almeno sino al [[311]], anno in cui un editto imperiale concedeva ai cristiani libertà di riunione e di professione della loro fede.
 
Sotto [[Costantino]] ebbero luogo significativi interventi urbanistici che mutarono il volto della città, come il restauro dell'[[acquedotto del Serino]] e il miglioramento della viabilità verso l'area flegrea, solo per citare i più noti. Tuttavia, gli influssi positivi della politica di questo imperatore furono di durata breve, poiché a partire dal [[410]] si verificarono numerose invasioni barbariche. Nel [[459]] Neapolis fu attaccata dai Vandali guidati da [[Genserico]], ma non fu espugnata grazie anche alle nuove fortificazioni volute da [[Valentiniano III]], in risposta all'accresciuto ruolo commerciale e militare della città.<ref>{{cita web|url= https://books.google.it/books?id=A-F4jbst-zEC&pg=PA8&lpg=PA8&dq=vie+mezzogiorno+rotte&source=bl&ots=C3Bcu_Pnm6&sig=PYs3AIGZB7SeDA7Y02VQkAoF8BY&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiH97C257jVAhWCBcAKHbaeB5sQ6AEIMDAA#v=snippet&q=Valentiniano%20&f=false|titolo= Books.google, ''Le vie del Mezzogiorno: storia e scenari'' p.45}}</ref> A differenza delle sue rivali storiche, Puteoli, che decadde definitivamente,<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.archeoflegrei.it/il-teatro-di-puteoli/|titolo=Il teatro romano di Puteoli|pubblicazione=archeoflegrei.it|accesso=4 febbraio 2024}}</ref> e [[Capua (città antica)|Capua]], che conobbe un declino<ref name="-editoria.it"/> ma si riprese concretamente un'ultima volta alla fine dell'VIII secolo prima di essere distrutta nel IX secolo e abbandonata,<ref>A fine VIII secolo Capua si era ripresa a tal punto che [[Paolo Diacono]] la colloca tra le prime tre città della Campania: "La settima Provincia, la Campania, si estende dalla città di Roma fino al Sele, fiume Lucano, vi si trovano le ricchissime città di Napoli, Capua e Salerno." (tratto da: [[Historia Langobardorum]], II, 17)</ref> Neapolis assunse anche la nuova funzione di luogo di rifugio, soprattutto per chi veniva dall'[[Africa]].
Numerose sono le leggende legate alla figura di [[Costantino]] e molte di esse riguardano la costruzione di chiese, come quella di San Giovanni Maggiore e quella di [[Chiesa di San Gregorio Armeno|San Gregorio Armeno]], solo per citare le più note, ma gli influssi positivi della politica di questo imperatore furono di durata breve in quanto ebbero avvio, dal [[410]] in avanti numerose invasioni barbariche. La città fu attaccata, ma non espugnata grazie anche alle sue fortificazioni, dai [[vandali]].
 
Nel [[472]] si verificò un'ulteriore eruzione catastrofica del [[Vesuvio]], paragonabile a quella del [[79]] che distrusse [[Pompei antica|Pompei]] ed [[Ercolano antica|Ercolano]].<ref>{{cita web|url= http://www.vesuvioweb.com/it/wp-content/uploads/Carmine-Nocerino-L%E2%80%99eruzione-del-Vesuvio-del-472-che-modific%C3%B2-il-versante-nordo-ovest-del-vulcano-vesuvioweb.pdf|titolo= Vesuvioweb, ''L’ eruzione del 472 ''|accesso= 15 luglio 2017|dataarchivio= 1 agosto 2017|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20170801200458/http://www.vesuvioweb.com/it/wp-content/uploads/Carmine-Nocerino-L%E2%80%99eruzione-del-Vesuvio-del-472-che-modific%C3%B2-il-versante-nordo-ovest-del-vulcano-vesuvioweb.pdf|urlmorto= sì}}</ref> La zona maggiormente interessata dall'evento fu quella posta a est e a nord-est del vulcano. I [[flussi piroclastici]] si propagarono fino ad una distanza di almeno 10&nbsp;km dal cratere e la cenere emessa si spinse molto ad oriente, tanto da oscurare [[Costantinopoli]], da dove l'[[Leone I il Trace|imperatore Leone I]], terrorizzato, minacciò di scappare.<ref>{{Cita web |url= https://digilander.libero.it/profcol/Eruzioni_dal_203_al_1500.html|titolo=Eruzioni dal 203 al 1500}}</ref>
Nel [[476]] [[Romolo Augusto]], l'ultimo degli [[imperatori romani|imperatori romani d'Occidente]], venne deposto ed imprigionato, per mano di [[Odoacre]], presso Castel dell'Ovo, a quel tempo villa romana fortificata. Molti imperatori romani a lui precedenti - [[Claudio (imperatore romano)|Claudio]], [[Tiberio (imperatore romano)|Tiberio]], [[Nerone]] - trascorsero a Napoli le loro pause dal governo dell'Impero in eleganti ville di cui ora rimangono i resti.
 
Nel [[476]] [[Romolo Augusto]], l'ultimo degli [[imperatori romani|imperatori romani d'Occidente]], venne deposto ed imprigionato, per mano di [[Odoacre]], presso [[castel dell'Ovo]], a quel tempo villa romana fortificata.
==== L'impianto urbanistico romano ====
Durante l'epoca romana si ebbe un notevole mutamento sull'intero impianto urbanistico del V secolo a.C., con la città che si espanse prettamente lungo due direttrici privilegiate, verso il [[porto]] e fuori le mura, e con l'instaurarsi di un primitivo abbozzo di edilizia residenziale che trovò il suo sviluppo nella zona ad ovest dell'attuale ''via Duomo''.
 
== Medioevo ==
Gli storici e gli archeologi concordano nel definire con quasi assoluta certezza sulla localizzazione del ''Tempio dei [[Dioscuri]]'', nel ''decumanus major'', l'attuale ''via Tribunali'', al centro di una zona molto frequentata in quanto prossima al [[Foro (archeologia)|Foro]], con le sue caratteristiche ''tabernae'' e dotata anche, sembra, di due [[teatro|teatri]] (il ''teatro grande'' e il ''teatro chiuso''), in cui forse si esibì lo stesso [[Nerone]] e secondo quanto narrato da [[Cecilio Stazio|Stazio]], [[Svetonio]] e [[Tacito]].
=== Periodo bizantino ===
 
==== La provincia bizantina di ''Campania'' ====
Non mancavano, nell'antica Neapolis i [[Ginnasio|Ginnasi]] (luoghi di insegnamento all'aperto) e gli edifici termali, questi ultimi testimoniati dai ruderi in ''vico Carminiello ai Mannesi'' (Mannese, in Napoletano, vuol dire idraulico/stagnino).
{{Approfondimento
 
|allineamento = destra
Dopo una regressione naturale dell'espansione urbanistica dovuta alla crisi del III secolo e al suo decremento demografico, nuove fortificazioni sorsero nel V secolo e, per opera di [[Narsete]], le mura giunsero sino al porto, nel [[556]].
|larghezza = 340px
 
|titolo = I lahar del V e VI secolo
==Medioevo==
|contenuto = [[File:Galunggung lahar.jpg|thumb|upright=0.7|Disastri provocati dai lahar in Indonesia]]
===Periodo bizantino===
Ai postumi delle eruzioni vesuviane tra V e VI secolo si riferiscono quelle gravissime colate di fango, composte da materiale vulcanico e acqua, che seminarono il terrore tra gli abitanti della regione.<ref>{{cita web|url= https://books.google.it/books?id=0UXveoy1-MgC&pg=PA25&lpg=PA25&dq=lahar+san+lorenzo+maggiore+napoli+472&source=bl&ots=0gXZuWxbzI&sig=AhVX_TjRPaXlLv27-rR5uPV43os&hl=it&sa=X&ei=YCJ5U77LM6TY0QX35oGADQ&ved=0CDAQ6AEwAA#v=onepage&q=lahar%20san%20lorenzo%20maggiore%20napoli%20472&f=false|titolo= Books.google, ''Il rischio Vesuvio. Storia e geodiversità di un vulcano'' p.25}}</ref><ref name=Eliodo/> A Neapolis, come dimostra soprattutto la zona di [[San Lorenzo (Napoli)|San Lorenzo]], potenti lahar scesero dalle colline dei Vergini, Sanità e San Carlo all'Arena, inghiottendo completamente i quartieri orientali. Tuttavia, la zona cominciò a ripopolarsi in un periodo relativamente breve, ovvero tra il 537 e il 557 d.C., quando sul luogo sorse una basilica paleocristiana (per approfondire, vedi [[scavi archeologici di San Lorenzo Maggiore]]). L'esenzione dai tributi disposta per l'occasione da parte di re [[Teodorico il Grande|Teodorico]], unita alla politica espansionistica (con conseguente inasprimento delle tasse e riduzione della spesa pubblica), non permise ad ogni modo di invertire un graduale indebolimento dell'economia della provincia, anche se le città campane continuarono a rivestire un ruolo centrale nei meccanismi produttivi della zona.<ref name=Eliodo/>}}
====La provincia bizantina di ''Campania''====
{{Vedi anche|Campania (provincia romana)}}
===== La guerra gotica e la distruzione =====
{{Vedi anche|Assedio di Napoli (536)|Assedio di Napoli (543)}}
Nel [[VI secolo]] la città venne sottratta ai Goti dall'[[impero bizantino|Impero romano d'Oriente]] durante il tentativo di [[Giustiniano I di Bisanzio|Giustiniano I]] di ricreare l'Impero e la città fu sottomessa dal nuovo conquistatore, il generale Belisario ([[536]]) che, dopo un duro assedio, saccheggiò la città per punire i napoletani dell'appoggio dato ai barbari, anche se, secondo Procopio di Cesarea (testimone oculare dei fatti), non compì stragi perché i napoletani erano cristiani come i Bizantini.
Nel [[VI secolo]] la città venne sottratta ai Goti dall'[[impero bizantino|Impero romano d'Oriente]] durante il tentativo di [[Giustiniano I]] di ricreare l'Impero e la città fu sottomessa dal nuovo conquistatore, il generale [[Belisario]] ([[536]]) che, dopo un lungo e stretto assedio, la sottopose ad un cruento sacco (la durezza del trattamento inferto ai neapolitani indusse [[Roma]], nello stesso anno, ad aprire a Belisario le porte della città). Il ripopolamento di Neapolis fu compiuto dallo stesso Belisario che, sentendosi in colpa e rimproverato da [[Papa Silverio]], fece affluire in città abitanti da molti altri centri e villaggi della [[Campania antica|Campania]], come [[Amalfi]], [[Atella (città antica)|Atella]], [[Pollena Trocchia]], [[Nola]] e [[Sorrento]]. A presidiare la città furono lasciati circa 300 fanti e un numero indefinito di soldati.<ref name="Eliodo">{{Cita libro |autore=Eliodoro Savino |titolo=Campania tardoantica (284-604 d.C.)|anno=2005 |editore=Edipuglia|pp= 107;108;96;316|ISBN=no}}</ref>
 
Dopo una nuova e breve parentesi gota (riconquista di [[Totila]] del [[542]]), [[Napoli]] fu saldamente in mano bizantina grazie all'azione militare di [[Narsete]] e diventò provincia bizantina, a partire dal [[534]] e per i successivi sei secoli. La provincia bizantina di ''Campania'' era amministrata da uno ''Iudex Provinciae'' mentre la massima autorità militare era un ''dux'' o un ''magister militum''. Nel [[571]] i Longobardi si s'impadronirono di Benevento fondando il ducatoDucato di Benevento e sottrassero ai Bizantini il controllo dell'entroterra campano. Qualche anno dopo l'Imperatore [[Tiberio II Costantino]] (578-582) decise di scindere lal'Italia provincia di Campaniacentro-meridionale in due [[Eparchia (Impero bizantino)|eparchie]]: l{{'}}''[[Urbicaria (eparchia)|Urbicaria]]'' e la ''[[Campania (eparchia)|Campania]]''. L{{' }}''Urbicaria'' divenne poi il [[ducato romano]] mentre la ''Campania'' nel corso del VII secolo divenne anch'esso un ducato, governato da un duca.
 
===== L'ordinamento giuridico =====
La notevole influenza del regno di Giustiniano in ambito culturale, artistico e, ancor più, nel campo della [[giurisprudenza]] (basti pensare al [[Novus Iustinianus Codex]] che fu la base del nuovo ordinamento giuridico) si fece sentire anche a [[Napoli]].
 
Nacque così un governo che era da un lato dotato di una struttura militare, necessaria per la difesa del regno in un siffatto periodo di instabilità politica, e dall'altro di una struttura prettamente civile, deputata più che altro al governo delle province conquistate; inoltre, andò aumentando l'importanza conferita al clero, in particolar modo alla figura del [[vescovo]] con ampi poteri anche di giurisdizione civile ereditati dalla vecchia figura del [[Magistratura (diritto)|magistrato]], ormai scomparsa.
 
===== Il periodo vescovile =====
Sotto il nome di ''periodo vescovile'' si s'indica generalmente l'arco di tempo che va dal [[578]] al [[670]] e che vede l'affermarsi in città della figura del vescovo come figura di primaria importanza sia religiosa che civile e quindi dotata di potere temporale vero e proprio.
 
Proprio per le prerogative conferite loro dal nuovo sistema amministrativo e giuridico, spesso vi furono degli aspri contrasti dei vescovi con gli stessi pontefici romani, arrivando in alcuni casi anche a difendere la città dall'ingerenza della [[Chiesa (istituzionecomunità)|Chiesa]].
 
Fu questo un periodo di continue guerre con i [[Longobardi]] che dominavano gran parte dell'Italia meridionale e che più volte assediarono la città (come nel [[592]] e nel [[599]]) senza, tuttavia, riuscire ad assoggettarla, grazie anche al costante apporto del papato, in particolare nella persona di [[papa Gregorio MagnoI]].
 
====Ducato Il ducato bizantino ====
[[Immagine:Italia 1000 v2.svg|thumb|right|300px|La Napoli bizantina nell'Italia dell'anno 1000.]]
{{vedi anche|Ducato di Napoli}}
[[File:Italie du sud vers 1000.png|thumb|upright=1.2|La Napoli bizantina nel sud Italia dell'anno 1000]]
La data di fondazione del ''ducato napoletano'' è incerta: secondo Eliodoro Savino (cfr. ''Campania tardoantica (284-604)'', p.&nbsp;138) il territorio campano venne «smembrato pochi anni prima del 600 tra i due ducati bizantini di Roma e di Napoli e quello longobardo di Benevento». La mancanza di riferimenti alla provincia ''Campania'' nell'epistolario gregoriano, anche se non ne implica l'abrogazione (che viene smentita da numerose fonti che attestano la presenza di ''Iudices Campaniae'' nel corso del VII secolo), è significativa perché indica un crescente potere dei duchi che alla fine diventeranno la massima autorità civile e militare nel 638, portando nello stesso anno all'abolizione della carica di ''Iudex Provinciae''.
La data di fondazione del ''Ducato napoletano'' è incerta: secondo Eliodoro Savino<ref>cfr. ''Campania tardoantica (284-604)'', p.&nbsp;138</ref> il territorio campano venne «smembrato pochi anni prima del 600 tra i due Ducati bizantini di Roma e di [[Napoli]] e quello longobardo di Benevento». La mancanza di riferimenti alla provincia ''Campania'' nell'epistolario gregoriano, anche se non ne implica l'abrogazione (che viene smentita da numerose fonti che attestano la presenza di ''Iudices Campaniae'' nel corso del VII secolo), è significativa perché indica un crescente potere dei duchi che alla fine diventeranno la massima autorità civile e militare nel 638, portando nello stesso anno all'abolizione della carica di ''Iudex Provinciae''.
 
Sulla scia della rivolta del [[615]] che a [[Ravenna]] portò all'assassinio dell'[[esarca]], a Napoli [[Giovanni Consino]] si pose a capo del malcontento popolare che iniziava a suscitare il dominio di Bisanzio e che, testimoniava un sempre maggior desiderio di autonomia dei napoletani. Giovanni si rese quindi indipendente da Bisanzio ma la sua rivolta venne sedata energicamente e in poco tempo dall'esarca Eleuterio. Nel 638 il ''dux'' divenne la massima autorità civile e militare del ducatoDucato.
 
La tradizione dice che il primo duca locale di Napoli fu [[Basilio di Napoli|Basilio]] nel [[661]], ma questa tesi viene ora respinta dagli studiosi moderni (<ref>Cfr. ''The New Cambridge Medieval History: c. 500-700'', p.&nbsp;341)</ref>. I duchi che si susseguirono e che furono, in ordine cronologico, Teofilatto I ([[666]]-[[670|70]]), Cosma ([[670]]-[[672|72]]), Andrea I ([[672]]-[[677|77]]), Cesario I ([[677]]-[[684|84]]), Stefano I ([[684]]-[[687|87]]), Bonello ([[687]]-[[696|96]]), Teodosio ([[696]]-[[706]]) e Cesario II ([[706]]-[[711|11]]), dovettero fronteggiare con una serie di guerre i Longobardi, l'altra potenza dell'Italia meridionale, che premevano dai vicini ducatiDucati di [[Capua (città antica)|Capua]] e [[Benevento]].
 
Nel [[711]] i napoletani, guidati dal saggio governo del duca [[Giovanni I di Napoli (duca)|Giovanni I]] e spalleggiati dall'apportoappoggio deldi [[Papapapa Gregorio II]], riuscirono a riconquistare la città di [[Cuma]], caduta inaspettatamente in mano longobarda.
 
La [[iconoclastia|controversia iconoclasta]] scatenatasi nel [[726]] pose il nuovo duca, [[Teodoro I di Napoli|Teodoro I]] in una difficile condizione di incertezza fra la fedeltà all'Imperatore di Bisanzio e la devozione al Papa, dalla quale il duca seppe uscire a testa alta conservando una posizione di equidistanza che non compromise i rapporti di Napoli né con l'Impero né con il Papato.
 
Durante il periodo vescovile in città sorsero numerosi [[monastero|monasteri]], oltre a svariate chiese; i monasteri erano per lo più cenobi di origine greca (retti da ''monaci basiliani'') che trovavano allocazione sulle alture dell'interno o sulle isole ma anche in città, come quello che sorgeva nell'antico ''Oppidum Lucullianum'', sulla collina del [[Monte Echia]] o sull'isoletta di Megaride, sebbene non mancassero conventiinsediamenti monastici in città, come il monastero greco di [[San Sebastiano]].
 
Anche a Napoli, come a Roma, i monaci furono i principali divulgatori della cultura in una lingua ormai diversa dal [[lingua latina|latino]] classico e che aveva ormai assorbito influssi greci di derivazione bizantina ma che produsse, oltre a trascrizioni e traduzioni dei classici anche la produzione cristiana,di cosiddetta,vite di santi (letteratura [[agiografia|agiografica]]).
 
Dal punto di vista artistico va ricordato che a Napoli l'influsso longobardo fu pressoché nullo, e la tradizione artistica romana e paleocristiana si perpetuò a lungo nel tempo ma, anche dell'[[arte bizantina]] da cui la città mutuava molti influssi, è rimasto molto poco a causa sia di eventi come calamità o distruzioni belliche sia di una capacità di trasformazione e di adattamento operata dagli artisti.
 
In quest'epoca Napoli, che acquistò i connotati di un'importante città d'Occidente,<ref name="ArthurPaul1995">{{Cita pubblicazione |autore=Arthur Paul |anno=1995 |titolo=Il particolarismo napoletano altomedievale: una lettura basata sui dati archeologici |rivista=Mélanges de l'école française de Rome |città=Roma |url=https://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9883_1995_num_107_1_3415 |p=18-20}}</ref> fu circondata da nuove mura, anche per una migliore difesa dalle minacce dei Longobardi, e vennero costruiti una sorta di grandi strutture difensive, dei propugnacula esagonali e ottagonali, che, staccati dalla cinta urbana, erano volti specialmente a proteggere la città sul lato marittimo.
In quest'epoca Napoli, che era divenuta la principale città della [[Campania]], fu rafforzata nelle sue mura, anche per una migliore difesa dalle minacce dei Longobardi, e tutta la zona portuale fu inclusa nella cerchia delle mura che di fatto non ebbero un ampliamento di grandissimo rilievo.
 
====Ducato Il ducato autonomo napoletano, la "Lega Campana" e la battaglia di Ostia ====
[[ImmagineFile:Sud Italia nel 1112.jpg|thumb|right|300pxupright=1.2|Il ducato autonomo.]]
Dopo i ducati di Giorgio e Gregorio I, divenne duca [[Stefano II di Napoli|Stefano II]], in un primo momento molto legato a Bisanzio e poco al Papato ma che, successivamente, nel [[763]] riconobbe il pontefice [[Papa Paolo I|Paolo I]] e si ribellò apertamente all'autorità centrale, assumendo la carica vescovile e divenendo così di fatto il primo a guidare il ducato napoletano autonomo.
 
Ciò venne incontro al desiderio del popolo napoletano che andò acquistando una sempre più ampia coscienza civica e una fiducia sempre maggiore nella propria autonomia, tanto che da solo e con la lungimiranza dei suo capi e dei suoi vescovi poté resistere ai tentativi di conquista da parte dei [[Longobardi]], dei [[Franchi]] e dei [[Saraceni]]. Nell'[[831]] la città subì un duro assedio da parte dei Longobardi di [[Benevento]] che riuscirono ad impadronirsi del corpo di [[San Gennaro]], mentre la testa rimase nella [[basilica di Santa Restituta]].
 
Nel Nell'[[832]] Stefano fu assassinato da una congiura ordita da alcuni nobili napoletani sobillati da emissari di [[Sicone]], principe longobardo e fu eletto duca proprio uno dei suoi assassini, [[Bono di Napoli|Bono]], destituito dopo appena sei mesi dal suo incarico.
 
Nel Nell'[[840]], con l'avvento di [[Sergio III di Napoli|Sergio III]] sembrò terminare il lungo periodo di lotta del Ducato contro i barbari e in difesa della romanità e fu inaugurata una politica estera più amichevole nei confronti dei Franchi, in funzione di garantire a [[Napoli]] una sempre più salda autonomia dalle incursioni saracene e longobarde; ciò tuttavia non impedì ai Saraceni di distruggere, nel nell'[[845]] la località di [[Miseno (Bacoli)|Miseno]]. edEsito attaccarediverso Romaebbe trequattro anni dopo il tentativo musulmano di attaccare e devastare [[Roma]]. Nell'[[849]] fu costituita la "Lega Campana" che, respinticondotta questada volta[[Cesario dalladi flottaNapoli]] napoletanae giuntaformata dalle navi dei ducati di [[Amalfi]], [[Gaeta]], [[Napoli]] e [[Sorrento]], giunse in soccorso del pontefice nella[[Papa Leone IV|Leone IV]] rendendosi protagonista della leggendaria [[battaglia di Ostia]] in difesa di Roma, immortalata con un celebre affresco da [[Raffaello]] nelle stanze vaticane e oggi ritenuta dagli storici il più grande successo navale di una flotta cristiana su una musulmana prima della [[Ostiabattaglia di Lepanto]]<ref>{{cita web|url= https://www.treccani.it/enciclopedia/lega-campana_(RomaEnciclopedia-Italiana)/|Ostia]]titolo= Treccani, ''CAMPANA, LEGA''}}</ref>.
{{vedi anche|Storia dell'islam nell'Italia medievale|Battaglia di Ostia}}
Seguì un periodo in cui si tentò una sorta di alleanza con i Saraceni, osteggiata da [[papa Giovanni VIII]] che riuscì a far condurre il duca in catene a Roma e a farlo giustiziare; fu questo un periodo in cui Napoli ed il Papato si ritrovarono ai ferri corti (anche sotto il ducato di [[Atanasio II di Napoli|Atanasio II]]).
 
Successivamente, sotto la spinta politico-diplomatica di [[papa Giovanni X]], si ristabilì una nuova alleanza con lo Stato pontificio in funzione antisaracena. La minaccia dei musulmani, presenti in forza nell'insediamento di [[Traetto (insediamento musulmano)|Traetto]], fu definitivamente debellata nel [[915]] nel corso della storica [[Battaglia del Garigliano (915)|Battaglia del Garigliano]], decisiva per arginare l'espansionismo arabo nel centro Italia. In questo caso l'esercito napoletano, alleatosi con l'[[Impero bizantino]], il [[Signoria di Capua|ducato di Capua]], il [[ducato di Amalfi]], il [[ducato di Benevento]], il [[ducato di Gaeta]] e il [[principato di Salerno]], fu praticamente sotto il comando di Bisanzio, che non perse occasione per riprendere ad esercitare la propria supremazia sul Ducato; di fatto, i duchi che si susseguirono furono nuovamente nella sfera imperiale, almeno sino al [[963]].
Seguì un periodo in cui si tentò una sorta di alleanza con i Saraceni, osteggiata da [[Papa Giovanni VIII]] che riuscì a far condurre il duca in catene a Roma e a farlo giustiziare; fu questo un periodo in cui Napoli ed il Papato si ritrovarono ai ferri corti (anche sotto il ducato di [[Atanasio II di Napoli|Atanasio II]]).
 
Intanto, un nuovo spauracchio si affacciò sul Ducato, il [[Sacro Romano Impero]] che, con [[Ottone I di Sassonia|Ottone III]] iniziò a far valere le proprie mire espansionistiche sulle terre del sud Italia e quindi su Napoli, che, pur rimanendo invischiata nei turbolenti anni delle lotte per il possesso di quelle terre, riuscì sostanzialmente a mantenere la sua indipendenza.
I Saraceni furono sconfitti nel [[915]] con la [[Battaglia del Garigliano (915)|Battaglia del Garigliano]] in cui l'esercito napoletano, alleatosi con il [[Signoria di Capua|Ducato di Capua]], fu praticamente sotto il comando di Bisanzio, che non perse occasione per riprendere ad esercitare la propria supremazia sul Ducato; di fatto, i duchi che si susseguirono furono nuovamente nella sfera imperiale, almeno sino al [[963]].
 
Nel [[1030]] il duca [[Sergio IV di Napoli|Sergio IV]] donò la contea di [[Aversa]] alla banda di mercenari [[normanni]] di [[Rainulfo Drengot]], che lo avevano affiancato nell'ennesima guerra contro il principato di Capua. Dalla base di Aversa i Normanni acquisirono una propria struttura sociale ed organizzativa e nel volgere di un secolo furono in grado di sottomettere tutto il meridione d'Italia, dando vita al [[Regno di Sicilia]].<ref>{{Cita web |url=http://www.webiamo.it/images/zibaldone/2018/testi/01_gennaio/gm_cima_ruggiero_ii.pdf |titolo=Webiamo.it p. 2 |accesso=24 agosto 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180823105438/http://www.webiamo.it/images/zibaldone/2018/testi/01_gennaio/gm_cima_ruggiero_ii.pdf |dataarchivio=23 agosto 2018 |urlmorto=sì }}</ref>
Intanto, un nuovo spauracchio si affacciò sul Ducato, il [[Sacro Romano Impero]] che, con [[Ottone I del Sacro Romano Impero|Ottone III]] iniziò a far valere le proprie mire espansionistiche sulle terre del sud Italia e quindi su Napoli, che, pur rimanendo invischiata nei turbolenti anni delle lotte per il possesso di quelle terre, riuscì sostanzialmente a mantenere la sua indipendenza.
<ref>{{cita web|url= http://www.cesn.it/seminari/europa-2000.htm|titolo= Cesn, ''Centro Europeo di Studi Normanni''|accesso= 24 agosto 2018|dataarchivio= 25 agosto 2018|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20180825002624/http://www.cesn.it/seminari/europa-2000.htm|urlmorto= sì}}</ref> Il Ducato di Napoli fu l'ultimo territorio a cadere in mano normanna<ref name="Stupormundi.it">[https://www.stupormundi.it/it/la-scelta-di-napoli-come-sede-delluniversit%C3%A0 Stupormundi.it] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304121640/http://www.stupormundi.it/UniversiNapoli.html |data=4 marzo 2016 }}</ref>: esso seppe salvaguardare la sua indipendenza fino all'avvento di [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]] al Regno di Sicilia, al quale il duca [[Sergio VII di Napoli|Sergio VII]] dopo due estenuanti assedi, nel [[1137]] dovette cedere. Anche dopo la capitolazione del Duca, i napoletani si ribellarono al sovrano straniero organizzandosi in una Repubblica aristocratica fino alla definitiva resa avvenuta in [[Benevento]] ([[1139]]).<ref>{{Cita web |url=http://www.sapere.it/enciclopedia/N%C3%A0poli,+ducato+di-.html# |titolo=Sapere.it |accesso=2 maggio 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140502075219/http://www.sapere.it/enciclopedia/N%C3%A0poli,+ducato+di-.html# |dataarchivio=2 maggio 2014 |urlmorto=sì }}</ref>
 
=== Periodo della dinastia normanna ===
Nel [[1027]] il duca [[Sergio IV di Napoli|Sergio IV]] donò la contea di [[Aversa]] alla banda di mercenari [[normanni]] di [[Rainulfo Drengot]], che lo avevano affiancato nell'ennesima guerra contro il principato di Capua, creando così il primo insediamento normanno nell'Italia meridionale. Dalla base di Aversa, nel volgere di un secolo, i normanni furono in grado di sottomettere tutto il meridione d'Italia, dando vita al [[Regno di Sicilia]]. Il ducato di Napoli fu, comunque, l'ultimo territorio a cadere in mano normanna, con la capitolazione del duca [[Sergio VII di Napoli|Sergio VII]] nel [[1137]].
{{Vedi anche|Regno di Sicilia}}
 
{{Approfondimento
===Periodo normanno===
{{Nota
|allineamento = destra
|larghezza = 350px
|titolo = Gli Altavilla
|contenuto = [[ImmagineFile:BlasonCoat sicileof familleArms of the House of Hauteville (according to Agostino Inveges).svg|thumb|120pxupright=0.5|Il[[Stemma blasonedegli Altavilla|Stemma]] della casa diCasa d'[[Altavilla]].]] Quella degli [[Altavilla (famiglia)|Altavilla]] fu la dinastia reale che operò la storica riunificazione politica dell'Italia meridionale, (compresa la [[Sicilia]]), costituendo uno Stato nazionale del Sud in grado di mantenere per oltre sette secoli la sua sovranità e integrità territoriale (unico caso in Europa). L'opera iniziata dai figli di [[Tancredi d'Altavilla|Tancredi]] (capostipite della famiglia), [[Roberto il Guiscardo]] e [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero I]], fu portata a termine da [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]], nel [[1130]]. Gli Altavilla regnarono indisturbati sui territori meridionali per oltre mezzo secolo quando dovettero arrendersi, nel [[1194]], alla potenza [[SveviHohenstaufen|sveva]]. L'ultima degli Altavilla, [[Costanza d'Altavilla|Costanza]] sposò l'imperatore germanico [[Enrico VI del Sacro Romanodi ImperoSvevia|Enrico VI di Hohenstaufen]]; quest'ultimo ereditò con le armi il regno normanno, garantendo ancora a lungo quella nuova continuità territoriale che gli Altavilla avevano costituito a scapito dell'autonomia che la città di [[Napoli]] si era conquistata nei secoli addietro a caro prezzo, nel periodo ducale.}}
====Le vicende storiche====
Con la discesa in Italia di [[Lotario III del Sacro Romano Impero|Lotario III]], ebbe inizio una lunga guerra tra l'Impero e i Normanni che vide Re [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero I d'Altavilla]] perdere progressivamente i territori dell'Italia peninsulare. Ripartito Lotario nell'ottobre del 1137, Ruggero riconquistò Salerno, Avellino, Benevento e Capua. Anche Napoli, dopo un anno di assedio, fu costretta a capitolare nel 1137 e proprio in seguito alla ripartenza di Lotario. <br>
Si andava nel frattempo costituendo quel [[Regno di Sicilia]] (che unificò appunto [[Sicilia]] e Italia meridionale sin dal [[1130]], anno in cui il nuovo stato unitario fu istituito dall'[[Antipapa Anacleto II]] e successivamente legittimato, nel [[1139]], per mano di [[Papa Innocenzo II]]. Tale nuovo Regno fu governato dai Normanni sino al [[1195]] con capitale non a Napoli ma, per volere di [[Ruggero II d'Altavilla]], a [[Palermo]]. Pur tuttavia, la città acquisì grandi funzioni grazie all'importanza del suo porto. Quest'ultimo permise a Napoli di divenire l'unica città del Regno e, più in generale della penisola italiana, in grado di far parte della [[Lega Anseatica]] ([[1164]]). Le città della Lega mantennero il monopolio dei commerci su gran parte dell'[[Europa]] e del [[mar Baltico]].<ref>Giuseppe D'Amato, Viaggio nell'Hansa baltica, L'Unione europea e l'allargamento ad Est, Greco&Greco editori, Milano, 2004. ISBN 88-7980355-7</ref>
 
==== Le vicende storiche ====
Ruggero II giunse a Napoli nel [[1140]], accolto con tutti gli onori (così come narrato, con dovizia di particolari, da un cronista medievale<ref>[[Falcone Beneventano]], ''Chronicum Beneventanum'' [http://www.cesn.it/Cronisti/falcone_benevento.htm].</ref>) e, dopo la nomina di un responsabile giuridico ed amministrativo (il ''compalazzo'') accentrò in pratica tutti i poteri nelle sue mani, mettendo definitivamente fine al periodo di autonomia della città. Mentre la nobiltà mantenne per certi versi i propri privilegi, il clero conobbe un periodo di decadenza, anche considerando i dissapori dei re normanni con l'autorità papale.<br>
Nel [[1130]] fu costituito il [[Regno di Sicilia]], che unificava [[Sicilia]] e Italia meridionale sotto la guida di Ruggero II d'Altavilla. Il nuovo Stato, inizialmente riconosciuto dall'[[antipapa Anacleto II]] e poi legittimato da [[papa Innocenzo II]] nel [[1139]], estese progressivamente il proprio controllo su gran parte del Mezzogiorno, includendo [[Salerno]], [[Avellino]], [[Benevento]], [[Capua]] e, nel [[1137]], Napoli, che, dopo un lungo assedio, dovette capitolare. Sebbene [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]] avesse scelto Palermo come capitale, Napoli — già un centro di spessore sin dal VII secolo,<ref>{{cita web|url=https://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9883_1995_num_107_1_3414|titolo=Il particolarismo napoletano altomedievale|editore=Persée|data=1995|accesso=2025-10-02|pagina=7-8}}</ref><ref>Sebbene Napoli soddisfi gli altri requisiti del modello, il riesame della documentazione relativa alla «base economica» induce a dubitare del suo carattere «urbano» nei decenni finali del VI secolo (Eliodoro Savino, ''Campania tardoantica (284-604 d.C.)'', Bari, 2005, p. 146.)</ref> come attestano le evidenze archeologiche che indicano la conservazione della sua fisionomia urbana in un contesto di diffusa ruralizzazione nell’Occidente altomedievale,<ref name="ArthurPaul1995" /> e come conferma il suo ruolo di vicecapitale dell'[[Esarcato d'Italia]] sotto Costante II<ref>{{Cita pubblicazione |url=https://books.google.it/books?hl=it&id=A-F4jbst-zEC&q=quanto+a+napoli+#v=snippet&q=quanto%20a%20napoli&f=false |titolo=Le vie del Mezzogiorno: storia e scenari |autore=[[Giuseppe Barone (storico)|Giuseppe Barone]]|città=Roma |anno=2002 |pagina=53}}</ref> — tra il X e il XII secolo si trasformò progressivamente in un notevole polo mercantile. Nel XII secolo, grazie alla crescita delle attività commerciali, alla vitalità del porto e all’aumento dei flussi monetari, la città superò centri come Amalfi e [[Salerno]], storicamente più consolidati nel commercio mediterraneo. Questa espansione economica e strategica preparò il terreno per la sua successiva ascesa politica, che si concretizzò con la scelta di Napoli come capitale sotto la dominazione angioina.<ref>{{Cita pubblicazione |autore=[[Giuseppe Galasso]]|titolo=Carlo I d'Angiò e la scelta di Napoli come capitale|url=https://www.persee.fr/doc/efr_0223-5099_1998_act_245_1_5325|pp=350-351}}</ref><ref>{{cita web|url= https://journals.openedition.org/mefrm/779|titolo= Mélanges de l'école française de Rome, ''Alle origini di Napoli capitale''}}</ref>
Nel [[1154]], salì sul trono di Sicilia, [[Guglielmo I di Sicilia|Guglielmo I]] e tutto il periodo in cui fu sul trono fu caratterizzato da una serie di lotte interne e di difficili rapporti con gli stati esteri; inoltre, a Napoli si accese una contesa tra le classi dei ''milites'' e quella dei ''nobiliores'' e alcune rivolte portarono anche il popolo a scendere in piazza contro l'istituto monarchico. Guglielmo represse le rivolte nel sangue, fu molto severo nell'amministrazione della giustizia e aumentò l'imposizione di tasse avvalendosi, per portare a compimento il suo programma, del ministro barese [[Maione di Bari|Maione]], poi assassinato in una congiura ordita dal suocero [[Matteo Bonello]].<br>
Con l'avvento sul trono di [[Guglielmo II di Sicilia|Guglielmo II]], migliorò il dialogo della monarchia normanna con il popolo e Napoli visse un periodo di relativa tranquillità; fu nominato un governo consolare alla cui composizione contribuirono non solo esponenti delle classi nobiliari ma anche dei ''mediani'' e del popolo.
Maggiore autonomia, specie in ambito commerciale (fu ripristinata l'antica ''promissio'' riguardante l'esenzione dai dazi), fu conferita alla città da [[Tancredi di Sicilia|Tancredi di Lecce]], nuovo sovrano che regnò dal [[1189]] al [[1194]].
 
Ruggero II giunse a Napoli nel [[1140]], accolto con tutti gli onori (così come narrato, con dovizia di particolari, da un cronista medievale<ref>[[Falcone Beneventano]], ''Chronicum Beneventanum'' [http://www.cesn.it/Cronisti/falcone_benevento.htm Cronisti Normanni: Erchemperto, Guglielmo di Puglia, Goffredo Malaterra, Alessandro di Telese, Falcone di Benevento.] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20071019085401/http://www.cesn.it/Cronisti/falcone_benevento.htm |data=19 ottobre 2007 }}.</ref>) e, dopo la nomina di un responsabile giuridico ed amministrativo (il ''compalazzo'', da ''comes palatii''), accentrò in pratica tutti i poteri nelle proprie mani, mettendo definitivamente fine al periodo di autonomia della città. Mentre la nobiltà mantenne per certi versi i propri privilegi, il clero conobbe un periodo di decadenza, anche come conseguenza delle tensioni che sorgevano tra i re normanni e l'autorità papale. Nel [[1154]], salì sul trono di Sicilia [[Guglielmo I di Sicilia|Guglielmo I]]: tutto il periodo del suo regno fu caratterizzato da una serie di lotte interne e di difficili rapporti con gli Stati esteri; inoltre, a Napoli si accese una contesa tra le classi dei ''milites'' e quella dei ''nobiliores'', e alcune rivolte portarono anche il popolo a scendere in piazza contro l'istituto monarchico. Guglielmo represse le rivolte nel sangue, fu molto severo nell'amministrazione della giustizia e aumentò l'imposizione di tasse avvalendosi, per portare a compimento il suo programma, del ministro barese [[Maione da Bari|Maione]], poi assassinato in una congiura ordita dal suocero [[Matteo Bonello]]. Con l'avvento sul trono di [[Guglielmo II di Sicilia|Guglielmo II]], migliorò il dialogo della monarchia normanna con il popolo e Napoli visse un periodo di relativa tranquillità; fu nominato un governo consolare alla cui composizione contribuirono non solo esponenti delle classi nobiliari ma anche dei ''mediani'' e del popolo. Maggiore autonomia, specie in ambito commerciale, fu conferita alla città da [[Tancredi di Sicilia|Tancredi di Lecce]], nuovo sovrano che regnò dal [[1189]] al [[1194]] e ripristinò l'antica ''promissio'' riguardante l'esenzione dai dazi.
Ma l'estremo gesto di Tancredi che fece arrestare l'imperatrice [[Costanza d'Altavilla|Costanza]] (detenuta per un periodo anche a Napoli) e la debole reggenza del figlio di questi, [[Guglielmo III di Sicilia|Guglielmo III]], non riuscirono ad impedire l'invasione del regno da parte degli [[Svevi]] che, con [[Enrico VI del Sacro Romano Impero|Enrico VI]] posero fine alla dominazione normanna, durata poco più di mezzo secolo.
 
Ma un gesto eccessivo di Tancredi, che fece arrestare l'imperatrice [[Costanza d'Altavilla|Costanza]] (detenuta per un periodo anche a Napoli), e la debole reggenza del figlio di questi, [[Guglielmo III di Sicilia|Guglielmo III]], non riuscirono ad impedire l'invasione del regno da parte degli [[Hohenstaufen|Svevi]] che, con [[Enrico VI di Svevia|Enrico VI]] posero fine alla dinastia normanna.
====Il nuovo sistema istituzionale e sociale====
[[Immagine:Regno di Sicilia 1154.svg|thumb|right|250px]]
Con l'avvento di Ruggero II, vennero implementate a Napoli, nuove istituzioni fondate sulla preminenza del potere regale che andava ad affiancarsi ai vecchi usi [[Feudalesimo|feudali]] e municipali<ref>Amedeo Feniello, ''Napoli normanno-sveva'', [[Roma]], [[1995]].</ref>.
Il nuovo sovrano stabilì rapporti molto più stretti con la nobiltà mediante la concessione di privilegi feudali (per la prima volta, a Napoli furono istituite le figure dei "cavalieri" feudali), assicurandosi così un costante appoggio alla sua politica.
Il "compalazzo" (da ''comes palatii''), di nomina regia, aveva importanti funzioni nell'ambito della vita cittadina che andavano dall'amministrazione delle rendite demaniali, alla gestione della giustizia sia civile che penale, sino al controllo della rete dei funzionari dell'amministrazione ("conestabili").<br>
Fu anche grazie a questo nuovo sistema istituzionale che i re normanni riuscirono a controllare le rivolte, che pur non mancarono a Napoli e in altre zone campane e pugliesi del regno, che la classe dei "mediani", costituita essenzialmente da milizie professionali, sobillò contro il potere regio; furono proprio i nobili, fedeli al re, che si incaricarono di stroncare queste rivolte.<br>
Negli ultimi anni del governo normanno (specie con Tancredi di Lecce al potere, che governò con un "consiglio di consoli", presieduto dal compalazzo), si arrivò addirittura a ristabilire i diritti dei cittadini su alcune terre precedentemente usurpate proprio dal potere regio nella contea di [[Aversa]]. In tale periodo si intensificarono i contatti commerciali, specie con la città di [[Amalfi]] e alla cittadinanza napoletana fu concessa la possibilità di battere moneta.<br>
Dal punto di vista sociale si andarono costituendo gruppi familiari che si radicavano in particolari aree del territorio cittadino che, sempre più influenti, condividevano interessi economici e patrimoniali (i ''potentes'' o ''consortes''). A queste consorterie civili si affiancarono gruppi di ispirazione religiosa come le ''confraternite'' o le ''estaurite''.<br>
Altro elemento che contribuì non poco al mutamento sociale del periodo post-ducale fu l'aggregazione dei piccoli monasteri di rito greco in strutture monastiche più grandi, che iniziarono a seguire il rito latino. Queste comunità, spesso urbane e non solo esterne alla città muraria come un tempo, beneficiando dei generosi lasciti patrimoniali delle classi aristocratiche napoletane, costituirono un elemento di garanzia per la stabilità del governo della città.
 
==== Il nuovo sistema istituzionale e sociale ====
===Periodo svevo===
[[File:Kingdom of Sicily 1190.svg|thumb|upright=1.2|Regno di Sicilia]]
{{Nota
Con l'avvento di Ruggero II, vennero implementate a [[Napoli]] nuove istituzioni fondate sulla preminenza del potere regale che andava ad affiancarsi ai vecchi usi [[Feudalesimo|feudali]] e municipali.<ref>Amedeo Feniello, ''Napoli normanno-sveva'', Roma 1995</ref> Il nuovo sovrano stabilì rapporti molto più stretti con la nobiltà mediante la concessione di privilegi feudali (per la prima volta, a Napoli furono istituite le figure dei "cavalieri" feudali), assicurandosi così un costante appoggio alla sua politica. Il "compalazzo" di nomina regia aveva importanti funzioni nell'ambito della vita cittadina, che andavano dall'amministrazione delle rendite demaniali alla gestione della giustizia sia civile che penale, sino al controllo della rete dei funzionari dell'amministrazione (i "conestabili"). Fu anche grazie a questo nuovo sistema istituzionale che i re normanni riuscirono a controllare le rivolte, che pur non mancarono a Napoli e in altre zone campane e pugliesi del regno, che la classe dei "mediani", costituita essenzialmente da milizie professionali, sobillò contro il potere regio; furono proprio i nobili, fedeli al re, che s'incaricarono di stroncare queste rivolte. Negli ultimi anni del governo normanno (specie con Tancredi di Lecce al potere, che governò con un "consiglio di consoli" presieduto dal compalazzo), si arrivò addirittura a ristabilire i diritti dei cittadini su alcune terre precedentemente usurpate proprio dal potere regio nella contea di [[Aversa]]. In tale periodo s'intensificarono i contatti commerciali, specie con la repubblica di [[Amalfi]], e alla cittadinanza napoletana fu concessa la possibilità di battere moneta. Dal punto di vista sociale si andarono costituendo gruppi familiari che si radicavano in particolari aree del territorio cittadino e che, sempre più influenti, condividevano interessi economici e patrimoniali (i ''potentes'' o ''consortes''). A queste consorterie civili si affiancarono gruppi di ispirazione religiosa come le ''confraternite'' o le ''[[Estaurita|estaurite]]''. Altro elemento che contribuì non poco al mutamento sociale del periodo post-ducale fu l'aggregazione dei piccoli monasteri di rito greco in strutture monastiche più grandi, che iniziarono a seguire il rito latino. Queste comunità, spesso urbane e non solo esterne alla città muraria come un tempo, beneficiando dei generosi lasciti patrimoniali delle classi aristocratiche napoletane, costituirono un elemento di garanzia per la stabilità del governo della città.
 
=== Periodo della dinastia sveva ===
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 340px
|titolo = La fondazione della prima Università statale e laica d'Occidente<ref>{{cita web|url= https://www.800anni.unina.it/storia/ti-presento-federico/|titolo= "Ti presento Federico"}}</ref><ref name="NKamp">{{Cita libro |autore = [[Norbert Kamp]] |url_capitolo = http://www.treccani.it/enciclopedia/federico-ii-di-svevia-imperatore-re-di-sicilia-e-di-gerusalemme-re-dei-romani_(Federiciana)/ |capitolo = Federico II di Svevia |titolo = [[Enciclopedia fridericiana|Enciclopedia Federiciana]] |città = Roma |editore = [[Istituto dell'Enciclopedia Italiana]] |anno = 2005 |accesso = 3 maggio 2014}}</ref>
|titolo = La fondazione dell'Università
|contenuto = [[ImmagineFile:Napoli university seal.gif|thumb|120pxupright=0.5|Stemma della "Federico II"]]L'Università degli Studi di Napoli fu fondata da [[Federico II del Sacro Romano Impero|Federico II di Svevia]] il [[5 giugno]] [[1224]] tramite l'editto ''generalis lictera''. L'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università di Napoli]] è considerata in assoluto la prima Università di tipo statale (non fondata, cioè, da corporazioni o associazioni di intellettuali, ma bensì da un sovrano). Due furono i motivi principali che spinsero l'imperatore all'edificazione dello ''studium generale'' (l'Università principale del [[Regno di Sicilia]]): in primo luogo la formazione esclusiva del personale amministrativo e burocratico della ''curia regis'' e quindi la preparazione dei giuristi che avrebbero aiutato il sovrano nella definizione dell'ordinamento statale e nell'esecuzione delle leggi; in secondo luogo agevolare i propri sudditi nella formazione culturale, evitando loro inutili e costosi viaggi all'estero, in particolare presso l'[[Università di Bologna]]. L'università, polarizzata intorno allo ''studium'' di diritto e retorica, contribuì all'affermazione di Napoli come capitale delle scienze giuridiche, ove formare la classe dirigente dello Stato. La scelta della città quale sede caddedell'Università sufu Napolilegata pera motivi nonpacificatori, solostrategici e culturali. (laSe cittàsi avevavoleva avutoche unail lunganuovo tradizioneStudio indoveva merito,essere specieun incentro epocadi richiamo non solo per il [[PublioRegno Virgiliodi MaroneSicilia|virgilianaRegno]]), ma anche geograficiper edl'[[Sacro economiciRomano (iImpero|Impero]], trafficila viascelta maredella sede doveva optare necessariamente verso una regione centrale. La [[Campania antica|Campania]], ilper climala mitesua centralità commerciale e per la sua posizione strategicadi confine settentrionale del Regno, fu giudicata evidentemente la più idonea. Tra le varie città della regione che potevano assurgere a questo ruolo, la scelta cadde infine su Napoli probabilmente perché era stata l'ultima a piegarsi ai Normanni, mentre più recentemente si era opposta per tre anni all'internoassedio deldi regno[[Enrico furonoVI di Svevia|Enrico VI]], inpadre di Federico. Oltremodo si era ribellata anche a quest'ultimo, passando al partito di Ottone IV. Infine da un certopunto mododi vista intellettuale la città campana poteva fregiarsi della propria tradizione antica, determinanti)in particolare di quella virgiliana.<ref name="Stupormundi.it"/>}}
Il trapasso dalla monarchia normanna a quella sveva, sia pure facilitato dai legami dinastici che vedevano la figlia di Ruggero II, Costanza, sposa di Enrico VI di Svevia, non fu indolore e condusse ad un periodo di crisi per la città di Napoli e più in generale per tutta l'Italia meridionale durato almeno un ventennio. Già nel [[1191]], con Tancredi ancora in carica, la città si era opposta strenuamente alle truppe imperiali, resistendo per tre mesi ad un duro assedio; nel [[1194]] però Napoli dovette capitolare e fece atto di formale obbedienza all'imperatore. Alla morte di Enrico ([[1197]]), grazie anche ad un periodo di anarchia che ne seguì, la città ebbe un periodo di relativa autonomia, acquisendo anche una sua forza militare che mise in atto nella distruzione di [[Cuma]], da dove imperversavano le truppe imperiali, avvenuta nel [[1207]]<ref>Michelangelo Schipa, ''Storia del ducato napolitano'', Napoli 1895</ref>.
}}
 
==== Federico II ====
L'autorità imperiale fu ristabilita, non senza difficoltà, in seguito all'ascesa sul trono degli [[Hohenstaufen]] di [[Federico II di Svevia|Federico II]]. Questi era stato incoronato da [[papa Innocenzo III]] nel [[1198]], quando era ancora minorenne, e venne preso in tutela proprio dal Papa alla morte della madre Costanza, avvenuta anche questa nel 1198. Nel [[1208]] Federico fu dichiarato maggiorenne (aveva quattordici anni), e poté prendere possesso del regno in modo effettivo. L'anno seguente ebbero inizio le rivolte a [[Napoli]], in Sicilia ed in [[Calabria]], rivolte che il giovane sovrano riuscì brillantemente a reprimere, mostrando anche quell'insofferenza verso l'autorità ecclesiastica che lo avrebbe portato, anni dopo, alla [[scomunica]] irrogata dal Papa.
 
Gli aristocratici napoletani approfittarono della situazione di semi-anarchia che si era venuta a creare negli ordinamenti civili e ben presto si trovarono in rotta di collisione con Federico che, gravato dai problemi politici e militari esteri, riuscì a ristabilire l'ordine nei rapporti di vassallaggio soltanto a partire dal [[1231]], con la promulgazione delle [[Costituzioni di Melfi]].
Il trapasso dalla monarchia normanna a quella sveva, sia pure facilitato dai legami dinastici che vedevano la figlia di Ruggero II, Costanza, sposa di Enrico VI di Svevia, non fu indolore e condusse ad un periodo di crisi per la città di Napoli e più in generale per tutta l'Italia meridionale durato almeno un ventennio.<br>
Già nel [[1191]], con Tancredi ancora in carica, la città si era opposta strenuamente alle truppe imperiali resistendo per tre mesi ad un duro assedio; nel [[1194]] però Napoli dovette capitolare e fece atto di formale obbedienza all'imperatore. Alla morte di Enrico ([[1197]]), grazie anche ad un periodo di anarchia che ne seguì, la città ebbe un periodo di relativa autonomia, acquisendo anche una sua forza militare che mise in atto nella distruzione di Cuma, da dove imperversavano le truppe imperiali, avvenuta nel [[1207]]<ref>Michelangelo Schipa, ''Storia del ducato napolitano'', Napoli, [[1895]].</ref>.
 
Federico II fu un sovrano molto attento alla cultura, in special modo a quella letteraria e giuridica (tra i suoi collaboratori è possibile citare il poeta [[Pier della Vigna]] e il giureconsulto [[Taddeo da Sessa]]). Nel [[1224]] istituì a Napoli lo [[Università degli Studi di Napoli Federico II|Studio generale]], la seconda università della penisola, e la prima statale. Nell'atto di fondazione si leggeva<ref>Eberhard Horst, ''Federico II di Svevia'', [[RCS MediaGroup|Rizzoli]], [[Milano]], 1981.</ref>: {{Citazione|Noi esigiamo per i Nostri servigi uomini dotti, formati nel fervore dello studio di Jus e Justitia, ai quali senza apprensione affidare l'amministrazione dello Stato}}
====Federico II====
Ampliò [[castel Capuano]], diede incremento ai traffici, aggregò poi al ''compalazzo'' una ''Curia'' composta di cinque giudici e otto notai. Elementi fortemente negativi per l'autonomia cittadina furono invece la rigida politica di imposizione fiscale, l'abolizione delle autonomie comunali e della classe sociale dei notai (''curiales'') e la generalizzata ingerenza negli affari privati dei cittadini da parte dell'amministrazione fortemente accentrata del re; elementi che contribuirono a scatenare una sostanziale avversione verso lo ''stupor mundi'' (come lo svevo era soprannominato), fino a sfociare in aperta insurrezione popolare, alla notizia della sua morte, avvenuta nel [[1250]], contro il suo successore [[Corrado IV di Svevia|Corrado IV]].
L'autorità imperiale fu ristabilita, non senza difficoltà, in seguito all'ascesa sul trono degli [[Hohenstaufen]] di [[Federico II del Sacro Romano Impero|Federico II]]. Questi era stato incoronato nel [[1198]] da [[Papa Innocenzo III]], ancora minorenne e preso in tutela proprio dal Papa, alla morte della madre Costanza avvenuta nel [[1198]]. Nel [[1208]] fu dichiarato maggiorenne, pur se quattordicenne, ereditando di fatto il regno. L'anno seguente ebbero inizio le rivolte a Napoli, in Sicilia ed in [[Calabria]] che il giovane sovrano riuscì brillantemente a reprimere, mostrando anche una sempre maggiore insofferenza verso l'autorità ecclesiastica che lo porterà, anni dopo, alla scomunica papale.
Gli aristocratici napoletani, approfittarono della situazione di semi-anarchia che si era venuta a creare negli ordinamenti civili e ben presto si trovarono in rotta di collisione con Federico che, gravato dai problemi politici e militari esteri, riuscì a ristabilire l'ordine nei rapporti di vassallaggio soltanto a partire dal [[1231]], con la promulgazione delle [[Costituzioni di Melfi]].<br>
Federico II fu un sovrano molto attento alla cultura, in special modo a quella letteraria e giuridica (tra i suoi collaboratori è possibile citare il poeta [[Pier delle Vigne]] e il giureconsulto [[Taddeo da Sessa]]). Nel [[1224]] istituì a Napoli lo [[Università degli Studi di Napoli "Federico II"|Studio generale]], la seconda università della penisola, e la prima statale. Nell'atto di fondazione si leggeva<ref>Eberhard Horst, ''Federico II di Svevia'', [[Rcs MediaGroup|Rizzoli]], [[Milano]], [[1981]].</ref>: {{quote|Noi esigiamo per i Nostri servigi uomini dotti, formati nel fervore dello studio di Jus e Justitia, ai quali senza apprensione affidare l'amministrazione dello Stato}}
Ampliò [[Castel Capuano]], diede incremento ai traffici, aggregò poi al ''compalazzo'' una ''Curia'' composta di cinque giudici e otto notai. Elementi fortemente negativi per l'autonomia cittadina furono invece la rigida politica di imposizione fiscale, l'abolizione delle autonomie comunali e della classe sociale dei notai (''curiales'') e la generalizzata ingerenza negli affari privati dei cittadini da parte dell'amministrazione fortemente accentrata del re; elementi che contribuirono a scatenare una sostanziale avversione verso lo ''stupor mundi'' (come lo svevo era soprannominato), fino a sfociare in aperta insurrezione popolare, alla notizia della sua morte, avvenuta nel [[1250]], contro il suo successore [[Corrado IV del Sacro Romano Impero|Corrado IV]].
 
==== Gli ultimi anni svevi: rivolte e assedi ====
Nel [[1251]] [[Napoli]] si costituì a [[ComuneEtà medievalecomunale|Comune libero]] ponendosi sotto la protezione del [[papa Innocenzo IV]]. Nel [[1253]] la città, in stato di assedio, dovette arrendersi a [[Corrado IV del Sacro Romanodi ImperoSvevia|Corrado]], decimata dalla pestilenza e dalla fame, dopo quattro mesi di resistenza. La vendetta di Corrado si attuò col diroccare parte delle mura, trasferìretrasferire lo [[Università degli Studi di Napoli "Federico II"|Studio]] a [[Salerno]] e imporre ulteriori onerose gabelle. Dopo la morte di Corrado ([[1254]]) la città si pose nuovamente sotto il [[papa Innocenzo IV]], che si stabilì a Napoli, ma vi morì poco tempo dopo ([[1254]]). Nel [[conclave]], tenutosi a Napoli, il [[12 dicembre]] [[1254]] fu eletto [[papa Alessandro IV]], che si ritirò a [[Roma]] all'avvicinarsi dell'esercito di [[Manfredi di Sicilia|Manfredi]], fratello di Corrado IV. Sottomessa da Manfredi, dopo la sconfitta di quest'ultimo ([[Battaglia di Benevento (1266)|Battagliabattaglia di Benevento]], [[1266]]), Napoli aprì le porte al nuovo re [[Carlo I d'Angiò]].
{{Vedi anche|Battaglia di Benevento (1266)}}
 
=== Periodo della dinastia angioina e angioino-durazzesca ===
==== Aspetti culturali: la nascita della musica napoletana ====
{{Vedi anche|Canzone napoletana}}
L<nowiki>'</nowiki>origine della canzone napoletana nata intorno al [[XIII secolo]], quindi ai tempi della fondazione dell'Università partenopea istituita da [[Federico II]] ([[1224]]), della diffusione della passione per la [[poesia]] e delle invocazioni [[Coro (musica)|corali]] dalle massaie rivolte al [[sole]]<ref name="N">Paolo Ruggieri, ''Canzoni Italiane'', Fabbri Editori, 1994, pag.2-12, ''Dalle origini a Piedrigrotta''</ref>, come espressione spontanea del popolo di Napoli manifestante soprattutto la contraddizione tra le bellezze naturali e le difficoltà oggettiva di vita, si sviluppò già nel [[Quattrocento]] quando la lingua napoletana divenne la lingua ufficiale del regno e numerosi musicisti, ispirandosi ai cori popolari, iniziarono a comporre [[farsa (genere teatrale)|farse]], [[frottola|frottole]], [[ballata|ballate]], e ancora maggiormente dalla fine del [[XVI secolo|Cinquecento]], quando la "[[villanella]] alla napoletana" conquistò l'[[Europa]], sin alla fine del [[XVIII secolo|Settecento]]. Questa espressione artistica popolare era allora carica di contenuti positivi ed ottimistici e raccontava la vita, il lavoro ed i sentimenti popolari.
 
===Gli Angioini===
{{Vedi anche|Regno di Napoli}}
Nel [[1266]] [[papa Clemente IV]] aveva assegnato il [[Regno di Sicilia]] a [[Carlo I d'Angiò]]. L'ingresso a [[Napoli]] del nuovo sovrano (fratello di [[Luigi IX di Francia]]), avvenne in modo trionfale il 7 marzo, dopo che il nuovo erede del regno era stato accolto da una delegazione di cavalieri napoletani alle porte di Aversa. Il cronista fiorentino [[Giovanni Villani]] descriverà più tardi il nuovo sovrano francese come «savio, di sano consiglio, e prode in armi, e aspro e molto temuto e ridottato da tutti i re del mondo, magnanimo e d'alti intendimenti»<ref>Giovanni Villani, ''[[Nova Cronica]]'', 1526.</ref>, a testimonianza del grande prestigio che Carlo aveva assunto sullo scenario europeo.
[[Immagine:03-Regno Napoli di qua dal Faro.jpg|thumb|right|300px|Il Regno di Napoli.]]
 
Nel [[1266]] [[papa Clemente IV]] aveva assegnato il Regno di Sicilia a [[Carlo I d'Angiò]]. L'ingresso a Napoli del nuovo sovrano (fratello di [[Luigi IX di Francia]]), avvenne in modo trionfale il [[7 marzo]], dopo che il nuovo erede del regno era stato accolto da una delegazione di cavalieri napoletani alle porte di Aversa. Il cronista fiorentino [[Giovanni Villani]] descriverà più tardi il nuovo sovrano francese come «savio, di sano consiglio, e prode in armi, e aspro e molto temuto e ridottato da tutti i re del mondo, magnanimo e d'alti intendimenti»<ref>Giovanni Villani, ''[[Nova Cronica]]'', [[1526]].</ref>, a testimonianza del grande prestigio che Carlo aveva assunto sullo scenario europeo.<br>
PrestigioIl cheprestigio aumentòdi ancorCarlo d'Angiò aumentò piùulteriormente dopo la vittoria nella [[Battaglia di Tagliacozzo]] ([[1268]]), allorquandonella quale le truppe angioine sbaragliarono l'esercito di [[Corradino di Svevia]], ultimo discendente diretto di Federico II e fautorecapo del partito [[ghibellini|ghibellino]], miranteche puntava alla riconquista del regno. ConDopo un processo formale, il giovane svevo (che aveva solo 16sedici anni), fu condannato ad essere decapitato, condanna che venne eseguita al ''Campo Moricino'' (l'odierna [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]]) il [[26 ottobre]] [[1268]];. fuFu questo il primo episodio di una lunga serie di vendette che furono consumate a Napoli contro tutti coloro che avevano appoggiato il partito svevo di Federico II e di Manfredi.<br>
 
Nel [[1284]], in seguito alla rivolta dei [[Vespri Siciliani]] ([[1282]]), gli Angioini persero la parte insulare a vantaggio degli Aragonesi. I due Regni continuarono a definirsi entrambi "di Sicilia"; in particolare, in quello continentale nacque la formula di ''Sicilia al di qua del Faro'' (Napoli) e ''Sicilia al di là del Faro'' (per approfondire, ''vedi'' [[Faro di Messina]]). Le due parti rimasero formalmente separate, nonostante abbiano condiviso quasi sempre lo stesso sovrano, fino al [[1816]] quando venne costituito il [[Regno delle Due Sicilie]] (''vedi'' [[Regno di Napoli]]). <br>
Nel [[1282]], in seguito alla rivolta dei [[Vespri siciliani]] — scatenata anche dal trasferimento ufficiale della capitale del Regno di Sicilia a Napoli nel 1266<ref>{{Cita web |url=https://www.treccani.it/enciclopedia/vespri-siciliani_(Enciclopedia-Dantesca)/ |titolo=Vespri siciliani |opera=Enciclopedia Treccani |accesso=2 ottobre 2025}}</ref><ref name="Cesare">{{Cita libro|autore=[[Cesare de Seta]]|titolo=La città europea|città=ilSaggiatore|anno=2010|p=173-181;173;175|ISBN=no}}</ref>— gli [[Angioini]] persero il controllo dell'isola, che passò sotto il dominio dei sovrani aragonesi. I due regni continuarono a definirsi entrambi "di Sicilia"; in particolare, in quello continentale nacque la formula di ''Regno di Sicilia al di qua del Faro'' (Napoli) e ''Regno di Sicilia al di là del Faro'' (per approfondire, vedi [[Faro di Messina]]): le due parti rimasero formalmente separate, nonostante abbiano condiviso quasi sempre lo stesso sovrano, fino al [[1816]], quando venne costituito il [[Regno delle Due Sicilie]].
Persa la Sicilia, Carlo I d'Angiò fissò la sua residenza a Napoli che divenne in tal modo la capitale del regno; il periodo che seguì fu tumultuoso con Carlo che cercò di riconquistare l'isola perduta e gli [[Aragonesi]], con a capo [[Pietro III d'Aragona]], che risalirono il continente impossessandosi prima della Calabria e giungendo a lambire persino la capitale con il posizionamento di presidi militari a Ischia e [[Capri]] e tentando, con l'ammiraglio [[Ruggero di Lauria (Ammiraglio)|Ruggero di Lauria]], di sbarcare a [[Nisida]] ([[1284]]). L'ammiraglio aragonese fece prigioniero lo stesso figlio del re; quest'ultimo dovette designare suo erede temporaneo il nipote [[Carlo Martello d'Angiò|Carlo Martello]].
 
Alla morte del re, avvenuta nel [[1285]], vi fu un periodo di interregno durato tre anni durante il quale fu il Papa, nella persona di [[Onorio IV]], a gestire politicamente i territori angioini, con la promulgazione delle cosiddette ''Costituzioni di Sicilia''<ref>''Constitutio super ordinatione regni Siciliae'' in "Bullarium Romanum", Torino, IV, 70-80.</ref>, mentre non cessavano le incursioni aragonesi sulle coste di [[Sorrento]], [[Castellammare di Stabia|Castellammare]], [[Positano]] ed [[Amalfi]].<br>
Il periodo che seguì fu assai tumultuoso, con Carlo che cercò di riconquistare la Sicilia e gli [[Aragonesi]], con a capo [[Pietro III d'Aragona]], che risalirono il continente, impossessandosi dapprima della Calabria e giungendo poi a lambire Napoli, stabilendo presidi militari a Ischia e [[Isola di Capri|Capri]] e tentando, con l'ammiraglio [[Ruggiero di Lauria]], di sbarcare a [[Nisida]] ([[1284]]).
Il figlio del defunto re, [[Carlo II d'Angiò]], detto ''lo Zoppo'', cessato nel frattempo il periodo in cui era prigioniero degli aragonesi, fu incoronato nuovo re di Napoli nel [[1289]], riuscendo a garantire al regno alcuni anni di tranquillità anche in seguito alla stipula della [[Pace di Caltabellotta]] ([[1302]]) (che limitava il regno degli Angioini al meridione continentale d'Italia e stabiliva che [[Federico III d'Aragona]] continuasse a regnare in Sicilia (con il titolo di ''Re di Trinacria'' e non di Sicilia).
 
L'ammiraglio degli Aragonesi fece prigioniero [[Carlo II d'Angiò|il figlio stesso del re]]; quest'ultimo dovette designare suo erede temporaneo il nipote [[Carlo Martello d'Angiò|Carlo Martello]].
 
Alla morte di Carlo I, avvenuta nel [[1285]], vi fu un periodo di interregno durato tre anni, durante il quale fu il [[papa Onorio IV]] a gestire politicamente i territori angioini, con la promulgazione delle cosiddette ''Costituzioni di Sicilia'',<ref>''Constitutio super ordinatione regni Siciliae'' in "Bullarium Romanum", Torino, IV, 70-80.</ref> mentre non cessavano le incursioni aragonesi sulle coste di [[Sorrento]], [[Castellammare di Stabia|Castellammare]], [[Positano]] ed [[Amalfi]].
 
Il figlio del defunto re, [[Carlo II d'Angiò]], detto ''lo Zoppo'', allo scadere del periodo di prigionia in mano agli Aragonesi, fu incoronato nuovo re di Napoli nel [[1289]], riuscendo a garantire al regno alcuni anni di tranquillità anche in seguito alla stipula della [[Pace di Caltabellotta]] ([[1302]]), che limitava il regno degli Angioini al meridione continentale d'Italia e stabiliva che [[Federico III d'Aragona]] continuasse a regnare in Sicilia con il titolo di ''Re di Sicilia'' (o ''di Trinacria'').
 
==== Napoli capitale del Regno====
[[File:Piazza Municipio Notturna.jpg|thumb|upright=1.2|Resti del molo Angioino in [[piazza del Municipio (Napoli)|piazza del Municipio]]]]
[[File:Nápoles Santa Chiara 01.JPG|thumb|upright=1.2|La cittadella monastica di [[Basilica di Santa Chiara (Napoli)|Santa Chiara]]]]
Nel periodo dei primi re angioini, Napoli divenne ufficialmente capitale del [[Regno di Sicilia]]<ref name=Cesare/> e, dopo la perdita dell'isola, capitale del [[Regno di Napoli]]. In quanto sede di una monarchia potente,<ref>{{Cita web |url= http://www.rmoa.unina.it/4716/1/Gli_Angi%C3%B2_di_Napoli.pdf|titolo=Gli Angiò di Napoli|accesso=14 giugno 2024}}</ref><ref>{{cita web|url= http://www.storico.org/medioevo/angioini.html|titolo= Storico, ''La dinastia degli Angioini''}}</ref> la città fu ampliata e abbellita, e vi sorsero numerose chiese monumentali grazie alle sovvenzioni regie. Oltre ai castelli già esistenti, cioè [[Castel Capuano]] e [[Castel dell'Ovo]], Carlo I fece costruire il [[Maschio Angioino]], che divenne la sede della corte reale e, per un periodo, anche della sede papale con [[papa Celestino V]].<ref>Il nuovo pontefice intendeva tornare a Roma, per abitare accanto alla tomba di Pietro; ma Carlo II d'Angiò era contrario. Lo sedusse, lo circuì con promesse e buoni propositi, lo convinse che doveva trasferirsi a Napoli, capitale del suo regno, e lì fissare la residenza della Santa Sede (tratto da: [[Barbara Frale]], ''L'inganno del gran rifiuto. La vera storia di Celestino V, papa dimissionario, ed. UTET 2013 p.19)</ref> Il castello sorgeva al centro di un nuovo rione, circondato da numerosi palazzi principeschi. Successivamente, la regina [[Giovanna d'Angiò]] fece costruire un quarto castello, [[Castel Sant'Elmo]], situato sulla collina che dominava la città. Napoli si inserì pienamente nel contesto mediterraneo ed europeo: provenzali, veneziani, catalani, genovesi, fiamminghi risiedevano in quartieri distinti, dotati di [[Fondaco|fondachi]] e chiese costruiti secondo lo stile architettonico delle terre di origine.
 
L'aumento dei traffici marittimi portò alla costruzione del cosiddetto ''Porto di mezzo'' e di nuovi arsenali.<ref group="N">Anticamente, il [[porto di Napoli]] corrispondeva all'attuale ''Porto Piccolo''; in epoca medievale, periodo in cui Napoli era rimasta nei limiti delle mura dell'imperatore romano [[Valentiniano III]], al porto romano se ne aggiunse un secondo (''Porto Grande''). Successivamente, durante il periodo normanno e svevo, la città non aveva subito rilevanti ingrandimenti; lo sviluppo urbano riprese invece alla fine del [[XIII secolo]], con gli Angioini, quando la città fu ampliata verso occidente e fu allargato il Porto Grande.</ref>
Nel periodo dei primi re angioini la città fu abbellita ed ampliata e in essa sorsero numerose chiese monumentali dovute alle sovvenzioni regie. Ai due castelli pre-esistenti ([[Castel Capuano|Capuano]] e [[Castel dell'Ovo|dell'Ovo]]), Carlo I vi aggiunse il [[Castel Nuovo|Maschio Angioino]] (dove fu ospite [[Papa Celestino V]] e fu centro di un nuovo rione popolato di palazzi prìncipeschi), e [[Giovanna d'Angiò]], sulla collina che domina la città, un quarto castello, [[castel Sant'Elmo]]. La città divenne cosmopolita per la presenza di [[Genova|Genovesi]], [[Firenze|Fiorentini]], [[Provenza]]li, i quali risiedettero in quartieri propri, con [[Fondaco|fondachi]] e chiese costruiti secondo lo stile delle terre di origine.
 
Lo sviluppo di Napoli proseguì con i successori di Carlo, in particolare con [[Roberto d'Angiò]]. Roberto salì al trono alla morte di [[Carlo II d'Angiò|Carlo II]] (avvenuta nel [[1309]] nell'ospizio reale della ''Casa Nova'' di [[Poggioreale (Napoli)|Poggioreale]]) e regnò per trentaquattro anni ([[1309]]–[[1343]]). Conosciuto come "il Saggio", fu definito da [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]] «il re più sapiente del mondo dopo [[Salomone]]» e godette di grande prestigio, soprattutto in ambito artistico e culturale (per approfondire, vedi [[Rinascimento napoletano#Prodromi storici: il protoumanesimo angioino|protoumanesimo angioino]]). La struttura e l'organizzazione dell'Università, una delle più importanti d'[[Europa]], restarono invece sostanzialmente immutate.
L'aumento dei traffici marittimi portò alla costruzione del cosiddetto ''Porto di mezzo'' e di nuovi arsenali. Anticamente il porto di Napoli corrispondeva all'attuale ''Porto Piccolo''; in epoca medievale, periodo in cui Napoli era rimasta nei limiti delle mura dell'imperatore romano [[Valentiniano III]], al porto romano se ne aggiunse un secondo (''Porto Grande''). Successivamente, durante il periodo normanno e svevo, la città non subì ingrandimenti. Lo sviluppo urbano riprese invece alla fine del [[XIII secolo]], con gli Angioini, la città fu ampliata verso occidente e fu allargato il Porto Grande.
 
Lo sviluppo di Napoli continuò con i successori di Carlo, soprattutto con [[Roberto d'Angiò]]. Roberto, salito al trono alla morte di Carlo lo Zoppo (avvenuta nel [[1309]] nell'ospizio Reale di Casa Nova di [[Poggioreale]]), regnò per trentaquattro anni ([[1309]]-[[1343]]); conosciuto come "il Saggio", fu definito dal [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]] come «il re più sapiente del mondo dopo Salomone», godette di grande prestigio, soprattutto nei primi anni del regno; in questo periodo anche l'[[Università degli Studi di Napoli "Federico II"|Università]] napoletana, divenne una delle più importanti d'Europa. I gravi problemi del regno, (il persistere e lo svilupparsi della feudalità e la contesa dinastica per la Sicilia), furono causa della successiva decadenza, aggravata da un ulteriore problema che la rese più rapida: le questioni dinastiche fra i vari rami degli Angioini. In questi anni la città di Napoli rafforzò il suo peso politico nella penisola e oltre, grazie alla sua potente monarchia e allo sviluppo della propria vocazione umanistica.
 
====Il decadimentoLa decadenza del Regno ====
Il regno di Roberto il Saggio, fu caratterizzato sia da alcuni suoi infruttuosi tentativi di riconquista della Sicilia sia, adal livellosuo politicocoinvolgimento piùnelle ampiovicende politiche italiane, dalladato vocazioneche delil sovrano era di mettersifatto a capo del partito [[Guelfiguelfi|guelfo]] in [[Italia per fronteggiare l'imperialismo germanico]].<ref group="N">Va ricordato che proprio a Napoli, in [[Castelcastel Nuovo]], il [[13 maggio]] [[1317]] fuera stata firmata la pace tra [[Guelfi]]guelfi e [[Ghibellinighibellini]] toscani.</ref>, terminataIl re morì nel [[1343]], anno in cui il re morì.
 
Mediante testamento, Roberto aveva designato alla successione sua nipote [[Giovanna d'Angiò|Giovanna]], intendendo così favorire suoil marito di lei, [[Andrea d'Ungheria]]. La figura di questaQuesta regina, incoronata in Santa Chiara il [[28 agosto]] [[1344]], certamente figura controversa per la sua complessa personalità, fuè importante, se non altro, in quanto da considerarsi comespesso la prima espressione di un sovrano interamente napoletano, grazie alla ''"naturalizzazione''" progressiva che la dinastia angioinafrancese degli Angiò aveva ormai compiuto nell'nella sua permanenza in Italia meridionale.
 
Nel periodo in cui regnò Giovanna, si andarono accentuando i primi segnali di decadimentodecadenza già emersi negli ultimi anni del regno di Roberto, con un progressivo aumento didelle lotte tra fazioni e complotti, ed anche a causa del fallimento della politica estera angioina che non riusciva a ricostituire l'unità statale normanno-sveva, spezzata dalla mutilazioneconquista Aragonese della Sicilia.
 
Giovanna fu spalleggiata dalla nobiltà napoletana nell'opporsi alle rivendicazioni dinastiche di suo marito, (appartenente al ramo ungherese degli angioini e dunqueAngioini discendenti di [[Carlo Martello d'Angiò|Carlo Martello]] (fratello di Roberto il Saggio), e la regina fu probabilmente coinvolta anche nelnell'assassinio suodel assassiniomarito, avvenuto il [[18 settembre]] [[1345]], ad Aversa.
 
Ma le lotte dinastiche non cessarono con la morte di Andrea; Giovanna sposò in seconde nozze [[Luigi di Taranto]] e,: poco dopo, il cognato, (fratello del marito assassinato Andrea), [[Luigi d'Ungheria]] iniziò l'invasione del Regnoregno, costrinse primacostringendo la sovrana a fuggire in [[Provenza]]. eSuccessivamente, successivamenteperò, eglianche stessoLuigi fu costretto a ritirarsi a causa della terribile epidemia di [[peste nera]] che andava abbattendosi sulla città, mietendo più di (64.000 vittime).
 
Alcuni degli avvenimenti verificatisi a Napoli durante il periodo della dinastia angioina sono famosi ancor oggi e vivi nella memoria condivisa della città: la decapitazione del giovane [[Corradino di Svevia]] nel [[1268]], l'assassinio di [[Andrea d'Ungheria]] (marito di [[Giovanna I d'Angiò]]), l'entrata a Napoli di suo fratello [[Luigi I d'Ungheria|Luigi]], l'assedio della città da parte di [[Carlo III di Napoli|Carlo di Durazzo, in seguito Carlo III]], la reggenza di [[Margherita di Durazzo]], le [[Peste nera|epidemie di peste]] nel [[1348]], [[1362]] e [[1399]], il [[Maremoto del golfo di Napoli del 1343|maremoto del 1343]], le lotte di [[Luigi II d'Angiò]] per ottenere il regno, il primo tentativo di riunificazione politica d'Italia sotto [[Ladislao I d'Angiò]], gli assedi alla città nelle lotte per la successione di [[Giovanna II d'Angiò]] ([[1414]]-[[1435]]) fra [[Renato d'Angiò]] e [[Alfonso V d'Aragona]] finché quest'ultimo, dopo essere penetrato nella città attraverso un acquedotto, nel [[1442]] poté occupare definitivamente Napoli e metter fine alla dinastia angioina durata quasi due secoli ([[1268]]-[[1442]]).
====Eventi celebri====
Durante il periodo della dominazione angioina a Napoli si verificarono alcuni eventi rimasti famosi ancor oggi: la decapitazione del giovane [[Corrado V del Sacro Romano Impero|Corradino di Svevia]] nel [[1268]], l'assassinio di [[Andrea d'Ungheria]] (marito di [[Giovanna I d'Angiò]], l'entrata a Napoli di suo fratello [[Luigi I d'Ungheria|Luigi]], l'assedio della città da parte di [[Carlo III di Napoli|Carlo di Durazzo, in seguito Carlo III]], la reggenza di [[Margherita di Durazzo]], le [[Peste nera|epidemie di peste]] nel [[1348]], [[1362]] e [[1399]], le lotte di [[Luigi II d'Angiò]] per ottenere il regno, il duro regime di [[Ladislao I d'Angiò]], gli assedi alla città nelle lotte per la successione di [[Giovanna II d'Angiò]] ([[1414]]-[[1435]]) fra [[Renato d'Angiò]] e [[Alfonso V d'Aragona]] finché quest'ultimo, dopo essere penetrato nella città attraverso un acquedotto, nel [[1442]] poté occupare definitivamente Napoli e metter fine alla dinastia angioina durata quasi due secoli ([[1268]]-[[1442]]).
 
==== Traguardi artistici ====
Le testimonianze sull'artearcheologiche della tradizione artistica napoletana pre-angioinain epoca preangioina sono molto limitate.<ref group="N">Le discrete informazioni riguardano per lo piùperlopiù il periodo classico greco- e romano. (conCon l'aiuto degli [[Scavi di Pompei]], ad esempio, si è inutitointuito che il [[rosso pompeiano]] fossefu molto in voga tra le città del golfo),. oLe ancorainfluenze siartistiche saosco-sannite dellepossono influenzeessere artistichein sanniteparte attraversoricostruite ilgrazie ritrovamentoallo distudio coccidei ereperti viadella dicendo[[necropoli di Castel Capuano]]. AlquantoAssai misere sono le testimonianze dell'artedel eperiodo dell' architettura bizantinabizantino e normanno-sveva.svevo; Diè abbastanza sicuro è che la città in epoca bizantina, generalmente parlando, apparivaapparisse molto diversa da oggi, dimostrando un gusto orientalizzantepiù "orientale". Una delle più importanti tracce bizantine è riscontrabile nella [[basilica di San Giovanni Maggiore]].</ref>
 
Molto più documentata è stata invece l'arte dinella Napoli angioina. Alla corte di Napoli fu attivo [[Giotto]], che affrescò parte dei locali della [[Basilica di Santa Chiara (Napoli)|Basilicabasilica di Santa Chiara]] (oggi il suo operato è riscontrabile in maniera frammentaria solo nel coro delle monache, a causa dei bombardamenti della [[seconda guerra mondiale]]), e anche [[Lello da Orvieto]], [[Roberto d'Oderisio]] e [[Pietro Cavallini]]. ArchitettonicamenteQuanto laall'architettura, dominazioneoltre [[Angiò|angioina]]ai castelli precedentemente citati, il periodo angioino coincise anche con la costruzione di imponenti impianti gotici: la [[basilica di San Lorenzo Maggiore]] (con abside percorsa da [[Ambulacro (architettura romanica)|ambulacro]]), la [[Chiesa di San Domenico Maggiore (Napoli)|chiesabasilica di San Domenico Maggiore]], il già menzionato [[Basilica di Santa Chiara (Napoli)|monastero di Santa Chiara]] e illa [[CattedraleDuomo di Napoli|Duomocattedrale di Santa Maria Assunta]] (per il quale furono chiamati architetti di estrazione francese).
 
=== Periodo della dinastia aragonese ===
===Gli Aragonesi===
{{vedi anche|Rinascimento napoletano}}
[[Immagine:Imperi de la Corona d'Aragó.png|thumb|right|350px|L'[[Corona d'Aragona|impero aragonese]].]]
[[File:Aragonese Empire.PNG|thumb|upright=1.2|La [[Corona d'Aragona]] nel 1443]]
{{vedi anche|Umanesimo|Rinascimento napoletano}}
Sotto glii Aragonesi[[Corona ld'ingrandimentoAragona|sovrani urbanoaragonesi]] la città di Napoli divennesubì moltoun notevole maggioreampliamento, con la costruzione di una nuova cinta muraria che avevacon ventidue torri cilindriche. Si ebbe inoltre un notevole impulso demografico, tanto che la cittàpopolazione cittadina toccò 110i mila110&nbsp;000 abitanti sul finire del [[XV secolo]], pergrazie lealle continue immigrazioni, non esclusa una numerosa colonia di [[ebrei]] profughi dalla Spagna[[penisola iberica]] e dalla Sicilia.
 
Il primo dei re aragonesi, [[Alfonso I di Napoli|Alfonso Iil Magnanimo]], non seppe conquistare l'animo dei Napoletani, soprattutto perché volle abolire il "seggio del popolo", perma essersianche circondatoperché tropposi dacircondò di Catalani e pergovernò averricorrendo governato colin ricorsomodo esclusivo a soldati mercenari. NelleNel pretese contrastanticontrasto fra Angioini e Aragonesi si s'innestava il conflitto interno fra la monarchia e i baroni, manifestatasiche si manifestò in episodi drammatici come la [[Congiura dei baroni]] sotto il regno del [[Ferdinando I di Napoli|successore di Alfonso]]. Ciononostante, Alfonso I riconobbe a Napoli un'importanza primaria rispetto alle altre città del suo vasto territorio, facendoelevandola della città partenopea una vera e propriaa capitale del Mediterraneo,suo profondendo inoltre somme immense per abbellirla ulteriormente. La città in quel periodo divenne anche una delle principali capitali dell'[[RinascimentoCorona italianod'Aragona|Italia rinascimentaleImpero]].<ref>{{cita Rifeceweb|url= [[Castelhttps://www.newworldencyclopedia.org/entry/Spanish_Empire|titolo= Nuovo]]Newworldencyclopedia, danneggiato''Spanish dalleEmpire''}}</ref> continuemediterraneo<ref>Giuseppe guerreCaridi, aggiungendovi''Alfonso unil mirabileMagnanimo. [[ArcoIl trionfalere del CastelRinascimento Nuovo|arcoche fece di trionfo]]Napoli ela decorandolocapitale delladel superbaMediterraneo'', salaed. delSalerno trono2019</ref> (successivamentee salapromuovendo deiiniziative baroni).volte Protessead leingrandirla artied eabbellirla. leLa industrie,città introducendoin nelquesto regnoperiodo ladivenne lavorazione dellacon [[setaFirenze]]. Variil annimassimo primacentro dell'avvento[[umanesimo]]-[[Rinascimento]] alche papatosi didiffonderà nei principali paesi d'[[Niccolò VEuropa]]<ref>{{cita web|url= https://www.treccani.it/enciclopedia/umanesimo_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/|titolo= Treccani, ''Umanesimo''}}</ref>. Alfonso fu uno dei sovrani più appassionati dell'antichità, e favorìfavorendo lo studio degli antichi autori. ConvenneroAlla allaCorte suanapoletana Corteconvennero umanistigrandi celebripersonalità come [[Lorenzo Valla]] (che proprio a Napoli compose lo scritto sulla falsa [[Donazione di Costantino]]), il [[Panormita]] (che fondò una [[Accademia Pontaniana|famosa accademia]] umanistica guidata successivamente dall'umbro [[Giovanni Pontano]]), [[Francesco Filelfo]], [[Papa Pio II|Enea Silvio Piccolomini]] (l'umanista, in seguito papa Pio II). L'[[Umanesimo]]La partìbiblioteca proprioregia si accrebbe tanto che, già nel dall'[[Italia1443]], (i centricontemporanei maggiorila furonodefinivano [[Firenze]]"librorum einfinitorun [[Napoli]]ornata".<ref>[{{cita web|url= http://corrieredelmezzogiornowww.corrierelarassegnadischia.it/bariCarmineNegro/notiziepages/arte_e_culturastoria/2009/3-novembre-2009/franco-cardini-incanta-auditorium-raiangio-aragona-nasce-grande-capitale--1601949162710napoliangioini.shtmlhtm|titolo= CorriereLarassegnadischia del''IL Mezzogiorno:REGNO lezioniDI diNAPOLI storiaDAGLI diANGIOINI FrancoAGLI Cardini]</ref>)ARAGONESI''|accesso= e20 sigennaio diffuse2011|dataarchivio= in13 tuttasettembre l'[[Europa]]2021|urlarchivio= contemporanea<ref>[https://web.archive.org/web/20210913212722/http://www.homolaicuslarassegnadischia.comit/letteraturaCarmineNegro/umanesimopages/storia/napoliangioini.htm|urlmorto= Informazioni riguardo l'Umanesimo]sì}}</ref>. Per aiutarequanto lariguarda salital'architettura, alsono tronoda delricordare [[Ferdinandoi Irifacimenti alfonsini di Napoli|figlio[[castel FerdinandoNuovo]], Alfonsodanneggiato cedettedalle lecontinue isoleguerre, con l'aggiunta di [[Sicilia]],un mirabile [[SardegnaArco trionfale del Castel Nuovo|arco di trionfo]] e [[Baleari]]la asuperba suodecorazione fratellodella [[Giovannisala IIdel ditrono Aragona(successivamente sala dei baroni). Alfonso protesse anche l'artigianato e le attività proto-industriali, introducendo nel regno la lavorazione della [[seta]].
 
IlPer successorefavorire l'ascesa al trono del [[Ferdinando I di Napoli|figlio Ferdinando]], primoAlfonso (ocedette Ferrante)le isole di [[Sicilia]], [[Sardegna]] e [[Baleari]] a suo fratello [[Giovanni II di Aragona]]. Ferdinando (o Ferrante, [[1458]]-[[1494]]), culturalmente ormai completamente italianizzato, continuò l'opera paterna di sviluppo edilizio e di mecenatismo. Completamente italianizzato, siSi deve a lui l'ampliamento della cinta muraria ricordata pocoin faprecedenza. Fra i principali monumenti edificati sotto il suo regno basti ricordare [[Portaporta Capuana]], [[Palazzopalazzo Como]], costruito fra il [[1464]] e il [[1490]]), [[Palazzopalazzo Diomede Carafa]], costruito attorno al [[1470]], la facciata del [[Palazzo Filomarino|Palazzopalazzo dei principi di Salerno]], attualmente facciata della [[Chiesachiesa del Gesù Nuovo]] ([[1470]] circa).
 
Il favore popolare deglidi cui godettero gli ultimi Aragonesi, soprattutto di [[Alfonso II di Napoli|Alfonso II]], fu comunque scarso. Dopo gli effimeri regni di [[FerdinandoFerrandino I di Napolid'Aragona|FerrandinoFerdinando II]] e [[Federico I di Napoli|Federico d'Aragona]], la breve apparizione di [[Carlo VIII]] e la nuova occupazione francese, nel [[maggio]] del [[1503]], Napoli accolse festosamente il [[viceré]]Gran Capitano [[Gonzalo Fernández de Córdoba]]. [[Ferdinando II d'Aragona|Ferdinando il Cattolico]] dichiarò l'annessione del regno di Napoli al [[regno d'Aragona]] (in [[unione dinastica]] a [[Regno di Castiglia|quello di Castiglia]]) e lo costituì in [[viceré di Napoli|vicereame]].
 
==== Carlo VIII: la presa di Napoli e le Guerre d'Italia ====
==== Ulteriori aspetti culturali: la nascita del teatro napoletano alla corte di Alfonso il Magnanimo ====
{{vedi anche|teatroDiscesa napoletanodi Carlo VIII in Italia}}
[[File:Éloi Firmin Féron - Entrée de Charles VIII - 1495.jpg|thumb|upright=1.2|Éloi Firmin Féron (1802–1876), Carlo VIII a Napoli]]
Le prime tracce di questa tradizione risalgono all'opera poetica di [[Jacopo Sannazaro]] e [[Pietro Antonio Caracciolo]] tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, ai tempi della corte aragonese. Infatti Jacopo Sannazaro a [[Castel Capuano]], alla presenza di [[Alfonso d'Aragona]], celebrò le vittorie degli spagnoli e la presa di [[Granada]] in un'opera dal titolo "[[Arcadia]]" che celebrava le gesta eroiche del condottiero spagnolo. Qualche anno dopo, invece il Caracciolo presentò una farsa dal titolo "La farsa de lo cito" e l'opera "Imagico", che ripudiava il linguaggio merlettato ed attingeva dal popolo sia la trama che la dialettica. Comunque i due poeti (anche attori e registi) ebbero il merito di far uscire il teatro dalle mura delle corti e dei palazzi reali, portandolo tra la gente. Nei secoli successivi il teatro napoletano diverrà una tradizione sempre più consolidata ed oggi è riconosciuto come una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città di Napoli, e il suo contributo al teatro italiano è fondamentale. <ref> Vittorio Viviani, ''Storia del teatro napoletano'', Napoli, 1992 </ref>
 
Nel 1494, dopo aver pacificato i rapporti con le principali potenze europee, [[Carlo VIII di Francia]] rivendicò il diritto alla corona del [[Regno di Napoli]] attraverso sua nonna materna, Maria d'Angiò. Con il sostegno di [[Ludovico il Moro]], duca di Milano, Carlo decise di intraprendere una campagna militare per conquistare Napoli, mirando anche a utilizzarlo come base per future operazioni contro l'[[Impero ottomano]].<ref>{{cita web|url=http://www.historiaregni.it/le-mire-espansionistiche-su-napoli-di-carlo-viii/|titolo=Le
=== Carlo VIII: la presa di Napoli e il dominio sull'Europa ===
mire espansionistiche su Napoli di Carlo VIII}}</ref>
{{vedi anche|Guerre d'Italia del XVI secolo}}
[[File:Francesco granacci, entrata di Carlo VIII a Firenze.jpg|thumb|350px|right|[[Francesco Granacci]], ''Entrata di Carlo VIII a Firenze'']]
Pacificati i rapporti con le potenze europee, [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], che vantava attraverso la nonna paterna, [[Maria d'Angiò]] ([[1404]]-[[1463]]), un lontano diritto ereditario alla corona del [[Regno di Napoli]], indirizzò le risorse della Francia verso la conquista di quel reame, incoraggiato da [[Ludovico Sforza]], detto Il Moro (che ancora non era [[Ducato di Milano|duca]] di [[Milano]]) e sollecitato dai suoi consiglieri, Briçonnet e de Vers.
 
L'esercito francese, composto da circa 30.000 soldati e dotato di moderna artiglieria, attraversò le Alpi, infrangendo l'equilibrio politico stabilito dalla [[Pace di Lodi]] tra gli Stati italiani. Durante il suo avanzamento, Carlo distrusse numerose città e inflisse gravi perdite alle forze del Regno di Napoli e dello [[Stato Pontificio]]. Nel febbraio del 1495, Carlo VIII fu incoronato Re di Napoli. Tuttavia, la sua occupazione fu segnata da violenze diffuse: le truppe francesi si abbandonarono a saccheggi e stupri, alimentando l’odio della popolazione. Con loro arrivò anche la “grande pestença”, la prima epidemia conosciuta di [[sifilide]], una malattia venerea che si diffuse rapidamente: i napoletani la chiamarono mal francese, i francesi mal napolitano.<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/sifilide_(Enciclopedia-Italiana)/|titolo=Sifilide – Enciclopedia Italiana|editore=Treccani|accesso=4 ottobre 2025}}</ref>
L'esercito del re formato da 30.000 effettivi con un'artiglieria moderna attraversò la penisola minando il delicato equilibrio politico raggiunto in quegli anni.
 
Il suo successo suscitò una reazione immediata con la formazione della Lega antifrancese, una coalizione composta da [[Venezia]], [[Austria]], il [[Papato]], il [[Ducato di Milano]] e le monarchie spagnole. Inizialmente il conflitto coinvolse principalmente gli Stati italiani, ma presto assunse una dimensione internazionale, con l'intervento delle principali potenze europee.<ref>{{cita web|url=https://aulalettere.scuola.zanichelli.it/sezioni-lettere/come-te-lo-spiego/aulalettere-1494-guerre-italia-fine-liberta/|titolo="1494
La rapidità e la facilità con cui Carlo VIII aveva raggiunto Napoli e la posizione di dominio in Europa che gli derivava dall'unione delle corone di Francia e di Napoli suscitarono una Lega antifrancese, composta da [[Storia di Venezia|Venezia]], dall'[[Austria]], dal [[Papato]], dal [[Ducato di Milano]] e dalla [[Spagna]]. Carlo VIII comprese che era giunto il tempo di ritirarsi in Francia. Il [[6 luglio]] [[1495]] a [[Battaglia di Fornovo|Fornovo]] un esercito formato dagli stati italiani tentò di sbarrargli la strada: pur sconfitto, Carlo VIII riuscì a sfuggire all'accerchiamento al costo della perdita di gran parte delle sue truppe.
: Le guerre d'Italia e la fine della libertà"}}</ref>
 
Nel 1495, dopo una serie di pesanti sconfitte contro le forze della Lega antifrancese, Carlo VIII fu costretto a ritirarsi in [[Francia]], perdendo gran parte delle sue truppe. La sua ritirata segnò l'inizio delle [[Guerre d'Italia del XVI secolo]], una serie di conflitti che coinvolsero non solo Napoli e l'intera penisola, ma anche l'Europa, con l'intervento di Francia, [[Spagna]], [[Inghilterra]], Austria e il Papato. Questi eventi segnarono un cambiamento radicale negli equilibri geopolitici, alterando la distribuzione del potere in Europa e trasformando l'Italia in un campo di battaglia tra potenze straniere.<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/le-guerre-d-italia_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/|titolo=Le
=== Gli Spagnoli ===
guerre d'Italia - Treccani}}</ref> L'invasione e il conflitto successivo portarono alla divisione dell'Italia in stati sotto il controllo di potenze straniere, con un impatto duraturo sulla politica e sulle dinamiche internazionali. Questo segnò anche la fine dell'indipendenza politica del Regno di Napoli, che passò sotto il controllo della Spagna.
La Napoli spagnola abbraccia un arco di tempo che va dal [[1503]] al [[1707]]. In questo periodo storico i reali di [[Spagna]] esarcitarono grandi pressioni su Napoli e il mezzogiorno: molti vicerè, infatti, attuarono pesanti politiche denigratorie, angherie e furti di opere d'arte, oltre che pesanti gabelle. Anche da un punto di vista culturale la capitale fu sfruttata a favore degli esercizi spagnoli. Oltremodo fu proprio in questa parentesi di storia napoletana che nacque la [[camorra]]; essa prese vita a causa della mancata tutela della popolazione civile da parte delle istituzioni, una sorta di società segreta a favore del popolo. Il territorio del [[Regno di Napoli]] dovette inoltre vedersela con gli ingenti danni provocati da disastrose calamità, pestilenze e soprattutto guerre. La spedizione africana a [[Tunisi]] e quella più celebre a [[Tripoli]] (vedi anche [[battaglia di Lepanto]]), l'occupazione dei possedimenti pugliesi ad opera dei veneziani, la spedizione contro il pontefice [[Papa Paolo IV|Paolo IV]]. Napoli dovette anche far fronte a politiche di difesa; nel [[1526]] ci fu un tentativo francese di conquista, oltre che le costanti minacce turche e arabe. Il vicereame spagnolo fu infine contraddistinto da varie ribellioni interne, la più famosa delle quali è quella che vide protagonista il popolano [[Masaniello]].
 
== Età moderna ==
==== La rivoluzione di Masaniello ====
=== Il Viceregno spagnolo ===
{{vedi anche|Masaniello|Repubblica Napoletana (1647)}}
[[File:Atlas Van der Hagen-KW1049B12 081-Stadsprofiel van- NAPOLI.jpeg|thumb|upright=1.2|Napoli nel XVII secolo]]
Gli spagnoli oppressero la popolazione italiana con tasse elevate, suscitando il malcontento della popolazione che in alcuni casi insorse. Una delle rivolte alla dominazione spagnola più note di questo periodo è quella del pescatore Masaniello a Napoli. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva il re di Spagna, mora il malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell'''[[Ancien régime]]'' di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento sempre più dispotico e stravagante Masaniello fu accusato di pazzia, tradito da una parte degli stessi rivoltosi ed assassinato all'età di ventisette anni.
La [[Napoli]] spagnola copre un arco di tempo che va dal [[1503]] al [[1713]]<ref>La Corona di Spagna cedette ufficialmente il Regno di Napoli con il [[trattato di Utrecht]] del [[1713]].</ref>: una grande moltitudine di viceré si susseguì al governo cittadino, e dovette fare i conti con i dirigenti che risiedevano molto lontano, nella capitale (in realtà, prima del [[1561]] l'[[Impero spagnolo]] non aveva una capitale ufficiale. Venne stabilita nella piccola cittadina di [[Madrid]] da [[Filippo II di Spagna|Filippo II]], a causa della sua posizione centrale nella penisola Iberica)<ref>{{cita web|url= https://www.treccani.it/enciclopedia/madrid_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/|titolo= Treccani, ''Madrid''}}</ref>, i quali, percependo le problematiche dalla loro prospettiva, erano raramente propensi a comprendere appieno quanto veniva riferito dalla periferia. Inoltre, vi furono complicanze locali, non tanto per il fatto che i viceré fossero spagnoli e dovessero seguire le direttive della [[Spagna]], quanto per interessi personali, dispute interne, ecc. A loro volta, tali figure, erano influenzate da vizi, debolezze che condizionarono senza dubbio il loro operato politico.<ref>Giuseppe Coniglio, ''I viceré Spagnoli di Napoli'', Ed. Fausto Fiorentino, Napoli 1967</ref>
 
Durante questo periodo storico, la città partenopea non cadde mai in una condizione provinciale<ref name=Cesare/><ref name=Storia/><ref>Pietro Ventura, ''La capitale dei privilegi: Governo spagnolo, burocrazia e cittadinanza a Napoli nel Cinquecento'', FedOA - Federico II University Press ed., 2018</ref>, anzi, Napoli assurse ad un grado di crescita demografica (il secondo agglomerato urbano del [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] dopo [[Costantinopoli]]; il primo, probabilmente, del cristianesimo occidentale del [[XVI secolo]]<ref name=Storia>{{cita web|url=http://books.google.it/books?id=fR8sEqPDmucC&pg=PA157&lpg=PA157&dq=napoli+popolosa+d%27occidente+spagnolo&source=bl&ots=2HBQAQvZU2&sig=HJDUhjna7szC1_Ghsfy6S958swU&hl=it&ei=KD7uTdObE9Ci-gbX4ZXxBw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=6&ved=0CDwQ6AEwBQ#v=onepage&q&f=false|titolo=Enciclopedia tematica aperta|accesso=7 settembre 2011}} pp.388;157;157;157;157</ref>), economica, culturale, urbanistica, divenendo uno dei massimi centri della Monarchia Universale spagnola<ref>{{Cita web |url=https://books.google.it/books?id=txV2uP9FrtgC&pg=PA156&lpg=PA156&dq=napoli+capitale+illuminista&source=bl&ots=lOp-F-9G4z&sig=ZNZB9zCYuA_0u77hLl7P25hc83s&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwi7_4v5wq7UAhWqDsAKHSx1BbU4ChDoAQg7MAU#v=snippet&q=impero&f=false|sito=books.google.it|titolo= Napoli, una capitale e il suo regno |pagina=118|accesso=2024-12-26}}</ref><ref>{{Cita web |url=https://www.storiamediterranea.it/wp-content/uploads/2020/05/Capitali-senza-re-I-TOMO_web_13.05.2020.pdf |sito=storiamediterranea.it |titolo= Capitali senza re nella Monarchia spagnola Identità, relazioni, immagini (secc. XVI-XVIII) |pagina=58-59-60 |accesso=2024-12-26}}</ref> ma divenendo, anzitutto, una delle metropoli e grandi capitali d'[[Italia]] e d'[[Europa]]<ref name=Mediterranea/><ref>{{Cita web |url=https://repositorio.uam.es/bitstream/handle/10486/1442/16050_ZD_Privilegi.pdf?sequence=1|sito=repositorio.uam.es |titolo= PRIVILEGI, IDENTITÀ' URBANA E POLITICA: LE CAPITALI
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopolo [[Gennaro Annese]], un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri contro la nobiltà ed i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli spagnoli dalla città. Il [[17 dicembre]] fu infine proclamata la [[Real Repubblica Napoletana]] sotto la guida del duca francese [[Enrico II di Guisa]], che in qualità di discendente di [[Renato d'Angiò]] rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da [[Giuseppe d'Alesi]] a [[Palermo]], e da [[Ippolito di Pastina]] a [[Salerno]]. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il [[6 aprile]] [[1648]], quando [[don Giovanni d'Austria (1629-1679)|don Giovanni d'Austria]], figlio naturale di [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]], alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
DELL'ITALIA SPAGNOLA DURANTE IL REGNO DI FILIPPO II |pagina=745 |accesso=2024-12-26}}</ref>. Il suo enorme rifornimento alimentare<ref>{{Cita pubblicazione |url=https://books.google.it/books?hl=it&id=A-F4jbst-zEC&q=quanto+a+napoli+#v=snippet&q=quanto%20a%20napoli&f=false |titolo=Le vie del Mezzogiorno: storia e scenari |autore=[[Giuseppe Barone (storico)|Giuseppe Barone]]|città=Roma |anno=2002 |pagina=24}}</ref> rappresentava, oltre che un drammatico problema, pure un considerevole organismo di prestigio sia economico che politico<ref name=Storia/>; i livelli di produzione partenopei erano alquanto frenetici con rilevanti esercizi nel comparto tessile<ref name=Storia/> e la moderna flotta mercantile poteva competere con [[Siviglia]] e le [[Fiandre]]<ref>Annalisa Porzio, ''Il Palazzo Reale di Napoli'', Napoli, Arte'm, 2014, p.13 ISBN 978-88-569-0446-8.</ref>. La città era cresciuta enormemente, ma non era progredita, non aveva potuto assimilare il costante flusso migratorio nel proprio tessuto socio-economico: conosceva di già la piaga dell'[[urbanesimo]]<ref name=Mediterranea>{{cita web|url=http://www.storiamediterranea.it/public/md1_dir/b1162.pdf|titolo=Storiamediterranea.it|accesso=7 settembre 2011 pp. 9-10;22-23}}</ref> e non esisteva, in primis, una classe dirigenziale capace di far fronte a questa crescita esponenziale. Sul fronte politico, l'inserimento, a forza di cose, del [[barone|baronato]] nell'organizzazione di governo comportò una paralisi socio-politica che minò gravemente sia lo sviluppo in chiave moderna dello stato, sia i processi di crescita economica<ref name=Storia/>. Culturalmente, Napoli divenne un centro così florido che, negli istanti più illustri del ''[[Siglo de Oro]]'', oltrepassò, per la sua facoltà di attirare le personalità più estrose dell'Impero, la corte madrilena.<ref>Monika Bosse, André Stoll, ''Napoli Viceregno spagnolo. Una capitale della cultura alle origini dell'Europa moderna'', Ed. Vivarium, Napoli 2001 (alla prefazione del testo)</ref>
 
La città, sul piano urbanistico, vide le trasformazioni attuate da [[Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga|Don Pedro di Toledo]]. Costui raddoppiò il perimetro urbano, dotò la città di un sistema difensivo che si estendeva da [[Castello Aragonese (Baia)|Baia]] allo [[Castello del Carmine|Sperone]] e fece costruire [[via Toledo]] e i ''[[Quartieri Spagnoli|Cuarteles]]''.
Nel [[1701]], più di cinquant'anni dopo la rivolta popolare, ci fu un altro tentativo di insurrezione contro il governo spagnolo, ma stavolta da parte della nobiltà: la [[congiura di Macchia]]. La ribellione nobiliare fallì anche a causa di una scarsa partecipazione dei ceti umili, memori dell'ostilità dei nobili durante la rivolta di Masaniello. Fallita anche la congiura di Macchia, il dominio spagnolo su Napoli continuò senza più opposizioni fino al [[1707]],<ref>La Corona di Spagna cedette ufficialmente il Regno di Napoli con il [[trattato di Utrecht]] del [[1713]].</ref> anno in cui la [[guerra di successione spagnola]] pose fine al viceregno iberico sostituendogli [[Regno di Napoli#Il vicereame degli Asburgo|quello austriaco]].
 
Sul fronte bellico, il [[Regno di Napoli]] venne minacciato dalla [[Lega di Cognac|lega santa]] di [[Papa Clemente VII]]. Lo scopo della lega fu quello di cacciare gli Spagnoli da Napoli e di consegnare il meridione ai francesi. Dopo la prima sconfitta della lega a [[Roma]], i francesi risposero [[Assedio di Melfi|assediando Melfi]] e, circa un mese dopo, la [[assedio di Napoli (1528)|stessa capitale]] ([[1528]]). Intanto [[Otranto]] e [[Manfredonia]] venivano occupate dalla [[Serenissima]]. Quando la flotta genovese passò dallo schieramento francese a quello spagnolo, l'assedio di Napoli si tramutò nell'ennesima sconfitta dei nemici della Spagna. Le ostilità francesi contro i domini spagnoli in Italia però non cessarono: [[Enrico II di Francia]] si alleò con l'[[Impero ottomano]]; nell'estate del [[1552]] la flotta turca attaccò quella imperiale a [[Battaglia di Ponza (1552)|Ponza]], sconfiggendola. La flotta francese però non riuscì a ricongiungersi con quella ottomana e l'attacco a Napoli fallì.
La notizia della ribellione guidata dal pescivendolo napoletano varcò i confini del regno ed attraversò rapidamente tutta l'Europa. La Francia, all'epoca saldamente guidata dal cardinale [[Giulio Mazarino|Mazzarino]], sostenne la rivolta in funzione antispagnola ed appoggiò l'impresa di [[Enrico II di Guisa]] allo scopo di far rientrare il [[Regno di Napoli]] sotto l'influenza francese.
 
Napoli in questo periodo storico dovette vedersela anche coi [[corsari barbareschi|corsari turchi]] (che arrivarono a depredare il borgo di [[Chiaia]]), con una terribile pestilenza, con una grande calamità naturale e con numerose sollevazioni popolari: ora dovute ai tentativi inquisitori (vedi [[anticurialismo]]), ora alle pressioni fiscali, la più famosa ed ardimentosa delle quali fu quella che vide protagonista il popolano [[Masaniello]].
 
==== La rivolta di Masaniello ====
{{vedi anche|Masaniello|Repubblica napoletana (1647)}}
[[File:Michelangelo Cerquozzi - Rivolta di Masaniello.jpg|thumb|upright=1.2|La rivolta di [[Masaniello]] in un dipinto di [[Michelangelo Cerquozzi]]]]
Nel corso della prima metà del [[XVII secolo]] il paese cadde in una crisi socio-economica alquanto grave, comune a tutta [[Europa]] ma aggravata a [[Regno di Napoli|Napoli]] da un governo quasi sempre lontano dagli interessi locali e teso in quel momento solo a finanziare le guerre sempre più dispendiose in corso sul teatro europeo. Per sostenere lo sforzo bellico furono chiesti al regno elevati balzelli. Nel [[1646]] [[Rodrigo Ponce de León]], duca d'[[Arcos de la Frontera|Arcos]] aumentò in maniera ulteriore le tasse e l'anno successivo, con il lievitare del costo della frutta (l'alimento più consumato dai ceti umili del tempo), si scatenò la rivolta.
 
Il grido con cui il pescatore Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva il re di Spagna, mora il malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell{{'}}''[[Ancien régime]]'' di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli Spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento sempre più dispotico e stravagante Masaniello fu accusato di pazzia, tradito da una parte degli stessi rivoltosi ed assassinato all'età di ventisette anni.
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopolo [[Gennaro Annese]], un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri contro la nobiltà e i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli Spagnoli dalla città. Il 17 dicembre fu infine proclamata la [[Real Repubblica Napoletana]] sotto la guida del duca francese [[Enrico II di Guisa]], che in qualità di discendente di [[Renato d'Angiò]] rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da [[Giuseppe D'Alesi]] a [[Palermo]] e da [[Ippolito di Pastina]] a [[Salerno]]. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il 6 aprile [[1648]], quando [[Giovanni d'Austria (1629-1679)|don Giovanni d'Austria]], figlio naturale di [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]], alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
Nel [[1701]], più di cinquant'anni dopo la rivolta popolare, ci fu un altro tentativo di insurrezione contro il governo spagnolo, ma stavolta da parte della nobiltà: la [[congiura di Macchia]]. La ribellione nobiliare fallì anche a causa di una scarsa partecipazione dei ceti umili, memori dell'ostilità dei nobili durante la rivolta di Masaniello. Fallita anche la congiura di Macchia, il dominio spagnolo su Napoli continuò senza più opposizioni fino al [[1707]], anno in cui la [[guerra di successione spagnola]] pose fine al viceregno iberico sostituendogli [[Regno di Napoli#Il vicereame degli Asburgo|quello austriaco]]. La notizia della ribellione guidata dal pescivendolo napoletano varcò i confini del regno ed attraversò rapidamente tutta l'Europa. In [[Inghilterra]] [[Oliver Cromwell]], dopo la [[guerra civile inglese]], instaurò la [[Commonwealth of England|repubblica]] nel 1649. La figura di Cromwell e quella di Masaniello venivano spesso accostate: nei [[Repubblica delle Sette Province Unite|Paesi Bassi]] fu coniata una [[medaglia]] raffigurante da un lato il volto di Cromwell incoronato da due soldati, e dall'altro quello di Masaniello incoronato da due marinai. Le iscrizioni sotto i due volti recitano: <small>OLIVAR CROMWEL PROTECTOR V. ENGEL: SCHOTL: YRLAN 1658</small> (''Oliver Cromwell protettore d'Inghilterra, Scozia e Irlanda 1658''), e <small>MASANIELLO VISSCHER EN CONINCK V. NAPELS 1647</small> (''Masaniello pescatore e re di Napoli 1647'').<ref>Vedi la [http://www.historicalartmedals.com/MEDAL%20WEB%20ENTRIES/THE%20NETHERLANDS/MULLER-CROMWELL%20&%20MASANIELLO-BW178.htm scheda numismatica] URL consultato il 20-7-2008.</ref>
 
==== L'eruzione del 1631 e la grande peste del 1656 ====
{{Approfondimento
{{Nota
|allineamento = destra
|larghezza = 340px
|titolo = Il VesuvioNapoli e Napoliil Vesuvio
|contenuto = [[File:Procession des reliques de Saint Janvier en 1822.jpg|thumb|upright=0.7|Processione delle reliquie di [[San Gennaro]] durante l'eruzione del 1822 ([[Antoine Jean-Baptiste Thomas]]).]]
|contenuto = [[Immagine: Hamilton-Campi Phlegraei.jpg|thumb|160px|Il Vesuvio in un dipinto d'epoca]] Nel corso della storia, Napoli ha sempre avuto un difficile rapporto col proprio vulcano: basato su timori (spesso combattuti attraverso la sola arma della religione), ma anche su ringraziamenti per aver reso le terre intorno estremamente fertili ma soprattutto dotate di quel fascino naturalistico decantato anche da centinaia di illustri stranieri. Al contrario di quanto si creda, da un punto di vista eruttivo, il Vesuvio non ha mai minacciato seriamente la città storica (esclusione fatta per le piogge di cenere e attività sismiche). I grandi flussi di [[magma]] non hanno mai raggiunto la città, e così i terrificanti [[flusso piroclastico|flussi piroclastici]]. Il Vesuvio ha registrato nel corso della sua storia decine di eruzioni vulcaniche, tuttavia, solo pochissime delle quali sono state davvero devastanti (quelle del 79 d.C e del 1631 sono un esempio a memoria d'uomo). Da un punto di vista antropologico e superstizioso, spesso la popolazione collegava le eruzioni in atto a imminenti cambiamenti politici del [[Regno di Napoli]]. Al di là del suo valore geografico e storico, ricordiamo che questa montagna ha stretto un forte legame con la città di Napoli anche da un punto di vista artistico: centinaia sono i dipinti in cui la città appare col Vesuvio fumante o in eruzione, soprattutto in dipinti del periodo romantico. Inoltre il Vesuvio con le sue eruzioni ha sempre riscosso un gran fascino nei visitatori, all'epoca del Gran Tour e non solo si effettuavano le prime visite guidate che partivano proprio da Napoli; in più, ebbene ricordare che il Vesuvio ha avuto un certo ruolo anche nel [[naturalismo]] europeo e nella [[letteratura tedesca]].}}
[[Napoli]] ha da sempre un difficile rapporto col proprio vulcano: un rapporto che si basa sia su timori (spesso affrontati attraverso la sola arma della religione) sia su ringraziamenti per aver reso le terre circostanti estremamente fertili, ma soprattutto dotate di quel fascino naturalistico che è stato celebrato anche da centinaia di illustri stranieri. Da un punto di vista eruttivo, il territorio della città vecchia, ovvero quella zona che oggi corrisponde grossomodo al [[centro storico di Napoli]],<ref group="N">Un'accezione diversa viene oggi data, invece, dalla "città storica", comprendente un ben più vasto territorio legato a fattori storici, monumentali e culturali.</ref> fu seriamente minacciato durante l'eruzione pliniana del 1780 a.C., conosciuta come l'eruzione di Avellino. In quell'occasione, i [[flussi piroclastici]] vennero scagliati perlopiù verso nord-ovest e si dispersero in un raggio di circa 20 km,<ref>{{cita web|url=https://digilander.libero.it/profcol/Eruzioni_antipliniane.html|titolo= Digilander.libero, ''Vesuvio, Storia del Vesuvio''}}</ref> devastando, o comunque minando gravemente, il luogo che oggi corrisponde alla parte centro-occidentale della [[città metropolitana di Napoli]].
{{vedi anche|Vesuvio|peste del 1656}}
Nel [[1631]] ci fu un'altra terribile eruzione del [[Vesuvio]], di tipo subpliniana, seconda per intensità solo all'eruzione del 79 d. C. . Dopo numerosi eventi premonitori quali rigonfiamento del suolo, piccoli terremoti, all'alba del [[16]] dicembre il Vesuvio rientrò in attività dopo un periodo di riposo di 130 anni, con l'apertura di una bocca laterale sul versante Sud-Est con una iniziale fase di attività stromboliana. Una prima fase espulse ceneri frammiste all'acqua che scescero a valle a grandi velocità, oltre a colonne di vapore. Successivamente ebbe luogo una violenta attività esplosiva dal cratere centrale con un'alta colonna di ceneri, pomici e gas. Nella seconda parte della giornata del 16 dicembre e nella successiva del 17 vi fu l'emissione delle [[flusso piroclastico|nubi ardenti]] (l'elemento più distruttivo di un [[vulcano grigio]]) che mieterono le prime vittime a [[Portici]], [[Torre del Greco]] e negli altri paesi ai piedi del vulcano e costrinsero gran parte della popolazione a cercar rifugio a Napoli.
 
Con la fondazione della città, contrariamente a quanto si possa pensare, non si sono mai verificate rilevanti minacce (piogge di ceneri, piccoli maremoti e discrete attività sismiche legate a tali fenomeni). Le colate [[lava|laviche]] non hanno mai raggiunto Napoli, così come i terrificanti flussi piroclastici. Questo perché il Vesuvio, essendo un [[vulcano esplosivo]] anziché [[vulcano effusivo|effusivo]] come l'[[Etna]], non è in grado di emettere enormi colate laviche che possano percorrere lunghe distanze. Inoltre, la Napoli storica ha beneficiato di una maggiore distanza dal vulcano rispetto ad altri luoghi della [[Golfo di Napoli|baia]], ma soprattutto, la direzione dei venti che sul golfo prevale, che è solitamente sud-sud-est, ha contribuito a deviare i flussi.<ref>{{cita web|url=https://www.ov.ingv.it/index.php/storia-vesuvio?highlight=WyJzdG9yaWEiLCJlcnV0dGl2YSJd|titolo= Ov.ingv, ''Vesuvio, storia eruttiva''}}</ref>
Portici, Resina (l'antica [[Ercolano]]), Torre del Greco e [[Torre Annunziata]] furono semidistrutte, mentre la frazione Pietra Bianca fu ridenominata, da allora, Pietrarsa. Le vittime accertate in quell'area furono tremila; molti di più furono gli animali (soprattutto bovini) uccisi dal torrente di lava. A ricordo della minaccia diretta, a Napoli, ancor oggi, vi è la statua del santo patrono San Gennaro al Ponte della Maddalena, rivolto verso il Vesuvio; a Portici una lapide fatta murare dal Viceré, ammonisce il viandante a fuggire al minimo rumoreggiare del vulcano. Sebbene il Vesuvio minacciò prevalentemente i paesi vesuviani, anzichè Napoli, quest'ultima dovette comunque far fronte a varie problematiche interne, ovvero: un rapido incremento demografico a causa dei fuggitivi, la considerevole pioggia di cenere abbattutasi sulla città e discreti eventi sismici.
 
Nel corso del tempo, il Vesuvio ha registrato decine di eruzioni, ma solo poche di queste sono state davvero di grande energia: quelle del 79 d.C., del 472, del 1631 e del 1906 sono gli esempi più significativi a memoria d'uomo. Da un punto di vista antropologico e superstizioso, spesso il popolo collegava le eruzioni in atto a imminenti cambiamenti politici, soprattutto legati al [[Regno di Napoli]]. Il Vesuvio ha infatti mantenuto da secoli un legame territoriale, storico, culturale e artistico così forte con la città partenopea che è diventato simbolo stesso di Napoli.<ref>{{Cita web |url=https://www.parconazionaledelvesuvio.it/il-vulcano/ |titolo=Parco Nazionale del Vesuvio, ''Il Vulcano, una storia lunga 400.000 anni''}}</ref> Sono centinaia, se non migliaia, i dipinti che raffigurano Napoli col Vesuvio in stato di quiescenza o in eruzione. Inoltre, il Vesuvio ha sempre riscontrato grande interesse, soprattutto durante l'epoca del [[Grand Tour]], ottenendo un importante ruolo nella cultura occidentale, dalla [[vulcanologia]] alla letteratura, dalla musica al cinema.<ref>{{cita web|url=https://books.google.it/books?id=IeLDh03lkRwC&pg=PA46&lpg=PA46&dq=Curzio+malaparte+prostituzione+Napoli&source=bl&ots=G09w6MMhyg&sig=qIBet6KqEpqFxyGN1My6jR2Qidg&hl=it&sa=X&ei=zJiRULuhM5HMsgafgYGwBw&ved=0CB8Q6AEwADgK#v=onepage&q=Curzio%20malaparte%20prostituzione%20Napoli&f=false|titolo= Books.google, ''Il Vesuvio - un vulcano nella letteratura e nella cultura'' p.10}}</ref>}}
Tuttavia, Napoli, nonostante seppe tener testa alle problematiche scaturite dall'eruzione del [[1631]] e a alle questioni riconducibili alla pesante dominazione spagnola, di lì a poco si sarebbe rivelata del tutto impotente davanti alla grande [[peste del 1656]].
{{vedi anche|Eruzione del Vesuvio del 1631|Peste del 1656}}
Nel [[1631]] ci fu un'altra terribile eruzione del [[Vesuvio]], dopo gli eventi di [[Antichità classica|età classica]] del [[79 d.C.]] e del [[472]]. Dopo numerosi eventi premonitori, quali rigonfiamento del suolo, piccoli terremoti, all'alba del 16 dicembre, il Vesuvio rientrò in attività dopo un periodo di riposo di 130 anni, con l'apertura di una bocca laterale sul versante Sud-Est, dando inizio a una fase di attività stromboliana. Una prima fase espulse ceneri frammiste all'acqua che scesero a valle a grandi velocità, oltre a colonne di vapore. Successivamente, ebbe luogo una violenta attività esplosiva dal cratere centrale con una colonna di ceneri, pomici e gas alta dai 13 ai 19&nbsp;km. Nella seconda parte della giornata del 16 dicembre e nella successiva del 17, vi fu l'emissione dei [[flussi piroclastici]], e uno di questi terrorizzò particolarmente la popolazione partenopea, in quanto diede l'impressione di dirigersi proprio verso Napoli.<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.vesuvioweb.com/it/wp-content/uploads/Leruzione-del-Vesuvio-del-1631-Cronaca-degli-eventi-vesuivoweb.pdf|titolo=L’eruzione del 1631|pubblicazione=vesuvioweb.com|accesso=08 maggio 2024}}</ref> Le nubi ardenti mieterono vittime a [[Portici]], a [[Torre del Greco]] e negli altri paesi non lontani dal vulcano.
 
Portici, Resina (l'antica [[Ercolano (città antica)|Ercolano]]), Torre del Greco e [[Torre Annunziata]] furono semidistrutte, mentre la frazione Pietra Bianca fu ridenominata, da allora, [[Pietrarsa (Portici)|Pietrarsa]]. Le vittime accertate in quell'area furono tremila; molti di più furono gli animali (soprattutto bovini) uccisi dal torrente di lava. A ricordo dell'evento eruttivo, vi è la statua del santo patrono [[San Gennaro]] al [[Ponte della Maddalena (Napoli)|Ponte della Maddalena]], rivolta verso il Vesuvio; a Portici una lapide fatta murare dal Viceré ammonisce il viandante a fuggire al minimo rumoreggiare del vulcano. Sebbene il Vesuvio minacciò prevalentemente le città satelliti della capitale anziché Napoli stessa, questa dovette comunque far fronte a varie problematiche interne, esattamente come era avvenuto molti secoli prima durante l'eruzione del 79: un rapido incremento demografico a causa dei fuggitivi (circa 44.000), la considerevole pioggia di ceneri abbattutasi sulla città (25–30&nbsp;cm) che rese difficoltosa la respirazione, e discreti eventi sismici.<ref>{{Cita web |url=http://vulcan.fis.uniroma3.it/vesuvio/1631.html |titolo=Vulcan.fis.uniroma3.it |accesso=10 settembre 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130710051945/http://vulcan.fis.uniroma3.it/vesuvio/1631.html |dataarchivio=10 luglio 2013 |urlmorto=sì }}</ref> L'allora Vescovo di Napoli tenne una processione che partì dalla [[duomo di Napoli|cattedrale]] fino alla [[basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore]]. In seguito, i napoletani ringraziarono il loro Santo patrono per lo scampato pericolo, attraverso la costruzione della [[guglia di San Gennaro]].
La '''peste del 1656''' fu un'[[epidemia]] di [[peste]] che colpi' parte dell'[[Italia]], in particolare il [[Regno di Napoli]]. A Napoli pare fosse arrivata dalla [[Sardegna]] e provoco' 250.000 morti su un totale di 450.000 abitanti e anche nel resto del regno il [[tasso di mortalità]] oscillava fra il 50 e il 60% della popolazione. La città, che non possedeva ancora un adeguato sistema fognario, che non poteva contare su riserve sufficienti d'acqua (soprattutto i suoi casali, che non erano raggiunti adeguatamente dagli acquedotti), in più l'elevato numero di animali, la mediocre condizione delle strade, ecc., tutti questi elementi, costituirono le basi per quel contagio portato dalle navi sarde. Tuttavia la città seppe riprendersi presto, come ci è dato sapere da L. De Rosa:
 
Tuttavia Napoli, nonostante seppe tener testa alle problematiche scaturite dall'eruzione del [[1631]] e alle problematiche scaturite dal malgoverno, di lì a poco si sarebbe rivelata del tutto impotente davanti alla grande [[peste del 1656]].
{{quote|La crescita demografica riprese vivace nei primi decenni del Seicento. Ed anche se la peste del 1656 decimò la sua popolazione alla fine del Seicento Napoli presentava un numero di abitanti maggiore che agli inizi del Cinquecento. Se Londra non fosse cresciuta nel corso del Seicento, nonostante l'incendio che l'aveva devastata, Napoli sarebbe stata, agli inizi del Settecento, non la terza, ma ancora dopo Parigi, la seconda città d'Europa per popolazione.}}
 
La [[peste]] del 1656 fu un'[[epidemia]] che colpì parte dell'[[Italia]], in particolare il [[Regno di Napoli]]. A Napoli arrivò dalla [[Sardegna]] e il tasso di mortalità oscillò tra il 50 e il 60 % della popolazione
<ref>{{cita web|url= https://zweilawyer.com/2016/11/07/la-peste-del-1656-il-lazzaretto-dellisola-tiberina/|titolo= Zweilawyer, ''La Peste del 1656: il Lazzaretto dell’Isola Tiberina''}}</ref>. Napoli da una popolazione di 450.000 abitanti (compresi i suoi casali)<ref>{{cita web|url= http://www.fondazionebanconapoli.it/archivio/wp-content/uploads/2016/01/Aspetti-della-societ%C3%A0-e-delleconomia-napoletana-durante-la-peste-del-1656.pdf|titolo= Fondazionebanconapoli, ''Aspetti della società e dell'economia durante la peste del 1656'' p.10}}</ref> si ridusse ad averne circa 200.000. Tuttavia la città seppe riprendersi presto, come ci è confermato anche da L. De Rosa:
 
{{Citazione|La crescita demografica riprese vivace nei primi decenni del Seicento. Ed anche se la peste del 1656 decimò la sua popolazione alla fine del Seicento Napoli presentava un numero di abitanti maggiore che agli inizi del Cinquecento. Se Londra non fosse cresciuta nel corso del Seicento, nonostante l'incendio che l'aveva devastata, Napoli sarebbe stata, agli inizi del Settecento, non la terza, ma ancora dopo Parigi, la seconda città d'Europa per popolazione.}}
 
==== Napoli barocca ====
{{vedi anche|Pittura napoletana del Seicento|Barocco napoletano|Dialetto napoletano|Scuola musicale napoletana}}
===== Arte e architettura =====
[[File:Castel Sant' Elmo - panoramio (1).jpg|thumb|upright=1.2|La [[certosa di San Martino]]]]
{{vedi anche|Barocco napoletano|Pittura napoletana}}
{{Citazione|Che cosa significasse per il Caravaggio l’incontro con l'immensa capitale mediterranea, più classicamente antica di Roma stessa, e insieme spagnolesca e orientale, non è difficile intendere a chi abbia letto almeno qualche passo del Porta o del Basile; un’immersione entro una realtà quotidiana violenta e mimica, disperatamente popolare.|[[Roberto Longhi (storico dell'arte)|Roberto Longhi]]<ref>Roberto Longhi, ''Michelangelo Merisi da Caravaggio'', a cura di Giovanni Previtali, Editori riuniti 1982 p. 103</ref>}}
L'architettura barocca si sviluppò a [[Roma]] nei primi anni del [[XVII secolo|Seicento]], ma ben presto oltrepassò i confini della città papalina. A Napoli, la nuova arte e architettura rispettò i canoni del [[architettura barocca|barocco romano]] solo per trent'anni circa, poiché in seguito saranno riconoscibili le sgargianti decorazioni marmoree e di stucchi tipiche del [[barocco napoletano]]. Il barocco napoletano fu una forma artistica e architettonica sviluppatasi tra il [[XVII secolo]] e la prima metà del [[XVIII secolo]] a Napoli. In particolare fiorì verso la metà del Seicento con l'opera di alcuni architetti locali molto qualificati e termina a metà del secolo successivo con l'avvento di architetti di stampo [[Architettura neoclassica|neoclassico]], quali [[Luigi Vanvitelli]]. All'epoca barocca sono riconducibili la [[Certosa di San Martino]] e il [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo reale]], la [[Basilica di Santa Maria della Sanità]], i [[Chiesa dei Girolamini|Girolamini]], la [[Fontana del Sebeto]], del [[Fontana del Nettuno (Napoli)|Nettuno]] e del [[Fontana del Gigante|Gigante]], ecc. Nella pittura ricordiamo, a titolo di esempio, la presenza di [[Spagnoletto|Josep de Ribera]].
 
Nell'ottobre del [[1606]], l'arrivo di [[Caravaggio]] a [[Napoli]] scosse profondamente il panorama artistico della città, influenzando in particolare molti pittori locali, che di lì a poco avrebbero reso Napoli il secondo centro focale, ma anche il principale continuatore, del [[caravaggismo]].<ref>{{Cita web|url=http://users.libero.it/paolods/I%20CARAVAGGESCHI.htm|titolo=I Caravaggeschi|sito=users.libero.it|accesso=6 gennaio 2019}}</ref>
 
Uno dei massimi esponenti di questa corrente pittorica, nonché l'artista partenopeo maggiormente influenzato da Caravaggio, fu [[Battistello Caracciolo]], probabilmente allievo di [[Belisario Corenzio]], un importante frescante che eseguì, oltre agli affreschi nella [[certosa di San Martino]], numerosi lavori in altre [[chiese di Napoli|chiese napoletane]] (tra cui la [[Liberazione di san Pietro (Caracciolo)|Liberazione di san Pietro]] nel [[Pio Monte della Misericordia]]). Caracciolo interpretò la grande rivoluzione caravaggesca nell'uso della luce e dell'ombra, distaccandosi però progressivamente dal realismo del maestro e avvicinandosi a modelli classicisti idealizzati, probabilmente dopo i suoi viaggi a [[Roma]] e [[Firenze]].<ref>Achille della Ragione, ''Il secolo d'oro della pittura napoletana'', Fascicoli 1-2-3. Napoli 1997 - 2001 ISBN non esistente</ref>
 
Dal punto di vista architettonico, i temi barocchi influenzarono Napoli già nel primo trentennio del [[XVII secolo]]. Tuttavia, fu solo nel Settecento, con [[Ferdinando Sanfelice]], che l'architettura barocca napoletana assunse una forma più complessa e caratteristica.<ref>A. Blunt, C. de Seta, ''Architettura e città barocca'', Guida Ed., Napoli 1978</ref> Nonostante ciò, già dal [[1610]] e nei decenni successivi, a Napoli vennero costruite numerose chiese barocche, molte delle quali ornate con ricche decorazioni marmoree o a stucco, simili agli interni [[Gian Lorenzo Bernini|berniniani]]. Tra gli architetti più attivi in quel periodo ci furono [[Francesco Grimaldi]] e [[Cosimo Fanzago]]. Fanzago lavorò alla certosa di San Martino e progettò la [[chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone]], l'incompiuto [[palazzo Donn'Anna]] e la [[guglia di San Gennaro]], mentre Grimaldi realizzò la [[reale cappella del Tesoro di san Gennaro]] e la [[basilica di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone]].
 
La produzione letteraria, invece, scoprì le risorse della [[letteratura]] [[dialetto|dialettale]], mentre nel campo musicale, in contrapposizione all'[[opera seria]], nacque l'[[opera buffa]].
 
Fu [[Giulio Cesare Cortese]] a porre le basi per la dignità letteraria ed artistica del [[dialetto napoletano]].<ref>{{cita web|url= http://www.storiadellaletteratura.it/main.php?cap=11&par=1|titolo= Storiadellaletteratura, ''La letteratura dialettale e il mondo popolare''}}</ref> Contemporaneo di Cortese fu [[Giovan Battista Marino]], considerato il massimo rappresentante della [[poesia]] barocca in [[Italia]]. La sua concezione poetica, che esasperava gli artifici del manierismo, si incentrava sull'uso intensivo di metafore, antitesi e giochi fonici (inclusi quelli paronimici), su descrizioni sfoggiate e sulla molle musicalità del verso, ottenendo una fortuna enorme,<ref>{{cita web|url= http://www.storiadellaletteratura.it/main.php?cap=10&par=3|titolo= Storiadellaletteratura, ''Giambattista Marino, marinisti, oppositori''}}</ref> paragonabile solo a quella del [[Petrarca]] prima di lui (vedi [[marinismo]]).
Nel Settecento il [[architettura barocca|Barocco]] raggiunse l'apice con le architetture ricollegabili al [[Rococò]] e al [[Barocco]] [[austria]]co, dando origine ad una combinazione dalla quale scaturirono edifici di grande valore artistico.
 
Sebbene lo stile buffo cominciò a svilupparsi con ''[[La Cilia]]'' ([[1707]]) di [[Michelangelo Faggioli]] su libretto di [[Francesco Antonio Tullio]], considerata la prima opera buffa in assoluto, fu solo con ''[[Il trionfo dell'onore]]'' di [[Alessandro Scarlatti]] del [[1718]] che il genere acquisì piena consapevolezza di sé.
Questo stile, che si sviluppò in [[Campania]] e nel sud del [[Lazio]] (dove fu costruita l'[[Abbazia di Montecassino]] che rappresenta il massimo esempio di architettura barocca napoletana al di fuori di Napoli) fu portato all'attenzione della critica internazionale solo nel [[XX secolo]], grazie al volume ''Architettura barocca e rococò a Napoli'' di [[Anthony Blunt]].
 
Infine, da un punto di vista filosofico, [[Giambattista Vico]] delineò una nuova concezione culturale che si basava non solo sulla ragione, ma anche sull'estro, sui sentimenti e sull'ingegno, ponendosi in netto contrasto con il [[Cartesio|pensiero cartesiano]].<ref>{{cita web|url= http://www.centrostudilaruna.it/la-concezione-della-storia-di-vico.html|titolo= Centrostudilaruna, ''La concezione della storia di Vico''}}</ref>
===== Letteratura =====
{{vedi anche|Lingua napoletana}}
Particolare interesse rivestì anche la letteratura napoletana del periodo. Il più celebre poeta napoletano d'età moderna fu [[Giulio Cesare Cortese]]. Egli fu molto importante per la letteratura dialettale e barocca, in quanto, con [[Giambattista Basile|Basile]], pose le basi per la dignità letteraria ed artistica della lingua napoletana moderna. Di costui si ricorda la [[Vaiasseide]], un'opera [[eroicomica]] in cinque canti, dove il [[metro lirico]] e la tematica eroica furono abbassati a quello che costituì il livello effettivo delle protagoniste (un gruppo di ''[[vaiasse]]'', donne popolane napoletane, che s'esprimevano in dialetto). Fu scritto comico e trasgressivo, dove molta importanza ebbe la partecipazione corale della plebe ai meccanismi dell'azione.
 
=== Il Viceregno austriaco e ila riconquista dell'indipendenza coi Borbone di Napoli ===
Nel corso della [[guerra di successione spagnola]], l'[[Impero austriaco|Austria]] conquistò [[Napoli]], mantenendone il controllo fino al [[1734]], quando, dopo la [[guerra di successione polacca]], il regno tornò indipendente con [[Carlo III di Spagna|Carlo III di Borbone]]. Il breve periodo austriaco fu segnato da una pesante politica fiscale (inizialmente legata alle spese per le guerre in cui l'[[Impero Asburgico]] era coinvolto, e successivamente finalizzata al risanamento delle finanze statali)<ref>{{cita web|url= https://books.google.it/books?id=mHVNu6I6lD0C&pg=PA163&lpg=PA163&dq=fiscalismo+viceregno+austriaco+genovese&source=bl&ots=dGpgGYQsYg&sig=Aui1WJepJIJ88AuOmYk2TjhexUI&hl=it&sa=X&ei=gLV_VI7oG4eHPdC9gJAF&ved=0CEsQ6AEwBw#v=onepage&q=fiscalismo%20viceregno%20austriaco%20genovese&f=false|titolo= Books.google, ''Nazione genovese: consoli e colonia nella Napoli moderna'', p.163}}</ref>, e da un intervento mirato a ridurre la proprietà di immobili da parte di chiese e conventi. Questo provvedimento intendeva affrontare il persistente problema della carenza di alloggi, dovuto all'elevata popolazione (310.000 abitanti).<ref>{{cita web|url= http://www.etext.org/Politics/World.Systems/datasets/citypop/civilizations/citypops_2000BC-1988AD|titolo= Web.archive, ''Populations of Largest Cities in PMNs from 2000BC to 1988AD''|accesso= 2 luglio 2017|dataarchivio= 29 settembre 2007|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20070929110844/http://www.etext.org/Politics/World.Systems/datasets/citypop/civilizations/citypops_2000BC-1988AD|urlmorto= sì}}</ref> Per motivi analoghi, a questo periodo si collega l'abolizione delle ''Prammatiche spagnole'' ([[1718]]), che avevano impedito l'espansione urbana oltre le mura cittadine. Con Carlo III, Napoli vide significativi sviluppi in numerosi settori (fisco, commercio, difesa, economia, ecc.), ma soprattutto nel settore urbanistico. L'opera di Carlo (che nel [[1759]] lasciò Napoli per assumere la corona di Spagna) fu proseguita dal figlio [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV]], fino a quando non venne interrotta dalle correnti rivoluzionarie e dalle truppe francesi nel [[1799]].
Nel corso della [[Guerra di successione spagnola]], l'[[Impero austriaco|Austria]] conquistò Napoli e la tenne fino al [[1734]], quando con [[Carlo di Borbone, re di Napoli|Carlo III di Borbone]] - dopo la [[guerra di successione polacca]] - il regno tornò indipendente. Sotto Carlo III Napoli rafforzò maggiormente i suoi status politici, artistici, culturali, architettonici, ecc. fattori che, indubbiamente, sottolinearono il suo ruolo di una tra le principali capitali europee, e l'opera di Carlo (che nel [[1759]] lasciò Napoli per assumere la corona di Spagna) fu continuata dal figlio [[Ferdinando IV di Napoli|Ferdinando IV]], finché non venne rovesciato dalle correnti rivoluzionarie e dalle truppe francesi nel [[1799]].
 
==== Le riqualificazioni urbane e la «nuova capitale» ====
{{Vedi anche|Storia dell'urbanistica e dell'architettura di Napoli}}
[[File:1790 map of Naples.jpg|thumb|upright=1.2|Napoli intra-muros nel XVIII secolo]]
Nel [[XVIII secolo]], la città di Napoli vide tra i più importanti interventi urbanistici mai registrati nella sua storia. Oltre alle nuove riqualificazioni territoriali della capitale, [[Carlo III di Borbone]] attuò rilevanti interventi in tutto il paese.
[[Carlo III di Spagna]] desiderava trasformare Napoli in una eccelsa capitale europea<ref>{{Cita pubblicazione |autore=Rosanna Massaro, Camilla Santoni ([[Università degli studi di Firenze]], Dipartimento di Architettura)|titolo=Rilievo 3D e HBIM per il restauro di Ponte Carlo III|url=https://issuu.com/dida-unifi/docs/santoni_massaro|p=13}}</ref> e per realizzare la sua visione politica [[illuminismo|illuminata]], decise di avviare un ambizioso piano urbano. Tale programma prevedeva la rivalutazione economica delle zone al di fuori delle mura della città, ma strategicamente fondamentali per il suo sviluppo. Carlo III ordinò quindi la creazione di grandi opere architettoniche, destinate a crescere insieme alla città.<ref>{{cita web|url=https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=puQqj5_Sw5AC&q=reggia+di+caserta#v=snippet&q=reggia%20di%20caserta&f=false|titolo= Books.google, ''Urbanistica napoletana del Settecento''}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.storico.org/seicento_eta_lumi/delizie_napoletane.html|titolo= Storico, ''Le «delizie» napoletane''}}</ref>
 
Nel [[1737]], Carlo affidò a [[Giovanni Antonio Medrano]] e [[Angelo Carasale]] il compito di costruire un grande teatro d'opera che avrebbe dovuto sostituire il [[Teatro San Bartolomeo]]. L'edificio fu completato in appena sette mesi, tra marzo e ottobre, e inaugurato il 4 novembre, [[onomastico]] del re, prendendo così il nome di [[Real Teatro di San Carlo]]<ref>{{cita web|url=https://www.teatrosancarlo.it/it/|titolo= Teastrosancarlo, ''Teatro di San Carlo''}}</ref>. L'anno successivo, Carlo commissionò a questi stessi architetti, con l'aggiunta di [[Antonio Canevari]], la costruzione delle regge di [[Reggia di Portici|Portici]] e [[Reggia di Capodimonte|Capodimonte]], situate appena fuori le mura. La prima divenne la residenza preferita dei sovrani, mentre la seconda, inizialmente concepita come un casino di caccia per la vasta area boschiva circostante, venne successivamente destinata ad ospitare le opere d'arte farnesiane trasferite da [[Parma]].
Con la [[guerra di successione spagnola]], [[Napoli]] passò sotto il dominio [[Asburgo|Asburgico]], con l'ausilio di viceré che governeranno per ventisette anni senza risolvere i problemi più importanti della città. La figura centrale della prima metà del secolo fu [[Francesco Solimena]] (pittore e architetto), fondamentale anche per la formazione di altri architetti che dominarono la scena fino alla prima metà del secolo: [[Ferdinando Sanfelice]], [[Giovan Battista Nauclerio]] e [[Domenico Antonio Vaccaro]]. Con la tassazione dei beni ecclesiastici, il re frenò l'espansione di suoli sacri; altro atto fu quello di abbattere una buona parte delle mura per rendere la città meno congestionata. Intanto oltre agli architetti sopracitati si formarono anche altri quali [[Giuseppe Astarita]], [[Nicola Tagliacozzi Canale]] e [[Mario Gioffredo]]; quest'ultimo aderirà alla corrente del [[neoclassicismo]] allora nascente. Con Carlo comparirono i nomi di altri architetti di varie formazioni ed estranei a quella locale come [[Giovanni Antonio Medrano]] (siciliano), [[Antonio Canevari]] (romano), [[Ferdinando Fuga]] (fiorentino) e [[Luigi Vanvitelli]]. I quattro architetti progetteranno regge, ville, e complessi sempre in gusto barocco ma con influenze classiciste. Contemporaneamente si popolerà anche la zona del vesuviano come luogo di villeggiatura dei nobili napoletani. Tuttavia, l'intervento più importante del periodo fu senza dubbio la [[Reggia di Caserta]]. In linea con le pianificazioni urbane della capitale, Carlo decise di regalare al suo regno una degna rappresentanza di governo. Si diede inizialmente per scontato che sarebbe stata costruita a Napoli, ma Carlo di Borbone, cosciente della considerevole vulnerabilità della capitale ad eventuali attacchi (specie da mare), pensò di costruire la "nuova capitale" verso l'entroterra, nell'area casertana: un luogo più sicuro e tuttavia non troppo distante da Napoli.<ref>[http://www.italiadonna.it/public/percorsi/02014/3reggiacaserta.htm La storia della Reggia di Caserta<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>
 
In un'area [[extra moenia]] più protetta da potenziali attacchi via mare (come quello della [[spedizione navale britannica contro Napoli del 1742]]), nella zona casertana, Carlo progettò una reggia che potesse rivaleggiare in magnificenza e imponenza con la [[reggia di Versailles|Versailles]] francese o il [[palazzo di Schönbrunn]] viennese<ref>{{cita web|url=https://www.sapere.it/sapere/strumenti/domande-risposte/storia-civilta/quando-edificata-reggia-caserta.html|titolo= Sapere, ''Quando è stata edificata la Reggia di Caserta?''}}</ref>.
=== Napoli capitale illuministica ===
{{Vedi anche|Illuminismo italiano}}
In Italia la "nuova filosofia", arrivata dai frequenti contatti con la vicina Francia, venne assorbita ed elaborata da parecchi intellettuali, solo per citarne alcuni: i fratelli [[Pietro Verri]] e [[Alessandro Verri]], [[Cesare Beccaria]], [[Gian Rinaldo Carli]]. Le città illuministiche per eccellenza furono [[Napoli]] e [[Milano]].
 
Sempre in questo periodo, a [[Luigi Vanvitelli]] venne affidato anche il progetto del Fòro Carolino (oggi [[piazza Dante (Napoli)|piazza Dante]], che all'epoca era conosciuta come largo del Mercatello). Il Fòro Carolino fu costruito a forma di [[emiciclo]], circondato da un colonnato, la cui sommità ospitava ventisei statue che rappresentavano le virtù di re Carlo, alcune delle quali furono scolpite da [[Giuseppe Sanmartino]]<ref>Michelangelo Schipa, ''Il regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone'', Napoli, Stabilimento tipografico Luigi Pierro e figlio, 1904, p. 372</ref><ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-sammartino/|titolo= Treccani, ''Giuseppe Sanmartino''}}</ref>. La nicchia centrale del colonnato sarebbe dovuta ospitare una statua equestre del sovrano, che tuttavia non venne mai realizzata. Sul piedistallo furono incise delle iscrizioni di [[Alessio Simmaco Mazzocchi]].
L'illuminismo, in [[Italia]], era particolarmente attivo a Napoli. La città partenopea, con la capitale francese, fu quella che meglio espletò il "secolo dei lumi"; infatti, non assorbì semplicemente questa corrente, anzi, la generò in buona parte. Il secolo settecentesco portò soprattutto novità architettoniche; rilevanti furono le costruzioni di imponenti edifici pubblici, fra tutti, il [[Real Albergo dei Poveri]] (detto anche Palazzo [[Ferdinando Fuga|Fuga]] dal nome dell'architetto che lo ideò e realizzò nel [[1751]] su commissione del Re [[Carlo III di Spagna|Carlo di Borbone]]), che è tra le più grandi costruzioni settecentesche, tipicamente illuminista: lunga ben 354 metri ed una superficie utile di 103.000 m<sup>2</sup>. Politicamente, la presa di posizione [[anticurialismo|anticuriale]] ed antifeudale del governo napoletano portò alle più svariate "curiosità illuminate", queste, di sua volta, generarono consensi pubblici, divenendo veri e propri modelli d'ispirazione: in particolare, gli studi filosofici che riscossero successo anche all'estero.
 
Un altro esempio di visione illuminata, ma di natura sociale anziché politica, fu la creazione del [[Albergo dei Poveri (Napoli)|Real Albergo dei Poveri]] (o Palazzo Fuga), una struttura che avrebbe ospitato gli indigenti, i disoccupati e gli orfani, offrendo loro nutrimento ed educazione. Il progetto dell'edificio, ispirato dal predicatore [[domenicano]] [[Gregorio Maria Rocco]], fu affidato all'architetto [[Ferdinando Fuga]], e i lavori cominciarono il 27 marzo [[1751]]. Il volume del palazzo, paragonabile a quello della [[Reggia di Caserta]], con un fronte di 400 metri e una superficie utile di 103.000 m², fu ridotto rispetto al progetto originale, che prevedeva un fronte di 600 metri e un lato di 135.<ref>[[Bruno Zevi]], ''Controstoria e storia dell'architettura'', vol. 2: ''Personalità e opere generatrici del linguaggio architettonico'', Roma, Newton & Compton, 1998, ISBN 88-8289-096-1, p. 354.</ref> La piazza antistante la facciata principale fu chiamata inizialmente piazza del Reclusorio, dal nome popolare del palazzo, fino al [[1891]], quando venne rinominata [[piazza Carlo III (Napoli)|piazza Carlo III]].<ref>[[Gino Doria]], ''Le strade di Napoli. Saggio di toponomastica storica'', 2ª ed., Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1979, p. 102.</ref>
È essenziale citare anche la nascita della scuola economica di [[Antonio Genovesi]], che portò di conseguenza una ventata fortemente innovativa nel campo dell'economia nazionale e non solo: la scuola nacque in seguito ai sempre più richiesti "''nuovi metodi''". Altri nomi di spicco: [[Ferdinando Galiani]] e [[Gaetano Filangeri]].
 
==== Napoli capitale illuministica ====
=== La riscoperta di [[Pompei]] ed [[Ercolano]] e l'impatto sull'Europa===
{{Vedi anche|NeoclassicismoIlluminismo in Italia}}
In questo periodo, [[Napoli]] si affermò anche come uno dei più importanti centri illuministi d'Europa;<ref>Nel Regno di Napoli inoltre il dibattito sul concetto di città coincise con l’affermazione del movimento illuminista e va ricordato che Napoli fu uno dei più importanti centri illuministi d’Europa (tratto da: Giorgio Simoncini, [[Università degli Studi di Roma "La Sapienza"]], ''La grandezza delle capitali nel dibattito dei riformatori illuministi: Napoli, Parigi, Londra'', Olschki ed., 2021)</ref> infatti, non si limitò ad assorbire questa corrente, anzi, la generò in buona parte, dando vita a nuove scoperte archeologiche (come le vicine città di [[Ercolano (città antica)|Ercolano]] e [[Pompei (città antica)|Pompei]]),<ref>{{Cita web |url=http://www.fedoa.unina.it/12625/1/Valeria_Carreras_XXX_Ciclo.pdf |titolo=Patrimonio architettonico e paesaggio: storia e restauro|p=89}}</ref> a nuove forme architettoniche, a nuovi pensieri filosofici<ref>F. Venturi, ''Napoli capitale nel pensiero dei riformatori illuministi'', in ''Storia di Napoli'', Napoli, ESI, 1991.</ref> e ponendo le basi alla moderna [[economia politica]].<ref>DI BATTISTA F., ''L’Economia civile genovesiana e la moderna economia politica'', in B. JOSSA, R. PATALANO, E. ZAGARI (coord.), ''Genovesi Economista''. Nel 250 anniversario dell'istituzione della Cattedra di commercio e meccanica, Atti del Convegno (Napoli, 5-6 maggio 2005), Istituto Italiano per gli studi filosofici, Napoli, 2007, pp. 291-307.</ref> In realtà, Napoli era già stata il centro vitale della [[naturalismo (filosofia)|filosofia naturalistica del Rinascimento]]<ref>Giuseppe Maffei, ''Storia della Letteratura Italiana'', Livorno, Giovanni Mazzajoli Editore, 1852, vol. III p.50.</ref> e ora tornò a dare nuovo impulso al pensiero di diversi esponenti, come ad esempio [[Mario Pagano]], uno dei più importanti giuristi e politici italiani dell'epoca rivoluzionaria,<ref>Giovanni Tarello, ''Storia della cultura giuridica e moderna'', Il Mulino, 1976, p.379</ref> che in gran parte si rifacevano all'opera di [[Giambattista Vico]], eliminando però gli aspetti cristiani della sua filosofia.<ref>[[Guido Santato]], ''Letteratura italiana e cultura europea tra Illuminismo e Romanticismo'', Ginevra, Droz, 2003, p. 43.</ref>
In [[Europa]] e in [[America]] tra il [[XVIII secolo|XVIII]] ed il [[XIX secolo]], si assistì a un rinnovato interesse per la classicità. Grande influenza nello stile Neoclassico ebbero gli [[scavi di Pompei]], avviati alla meta del '700 da [[Carlo di Borbone, re di Napoli]], che ispirarono lo stile di [[Luigi Vanvitelli]], primo vero sperimentatore neoclassico. Fu variamente caratterizzato ma ben riconoscibile nelle varie [[arte|arti]], nella [[letteratura]], in campo [[teatro|teatrale]], [[musica|musicale]] e nell’[[architettura]] e [[arti visive]].
 
Rilevante fu il già esplicato programma urbano di stampo illuminista che interessò essenzialmente le zone fuori le mura. Politicamente, le prese di posizione [[anticurialismo|anticuriale]] e antifeudale del governo napoletano divennero modelli d'ispirazione che riscossero successo anche all'estero.
Il Neoclassicismo si diffuse particolarmente in [[Francia]] grazie alla generazione di artisti che si recavano in Italia (a Napoli per esempio venivano spesso esposti gli ultimi reperti archeologici ritrovati nella zona pompeiana, molto apprezzata fu anche [[Ercolano]]) per studiare dal vero i reperti antichi, ma soprattutto fu influenzato dagli scritti di [[Johann Joachim Winckelmann]].
<ref> # Mario Praz, Gusto neoclassico, Milano, 2003 ISBN 88-17-10058-7 </ref> Da un punto di vista architettonico, nel [[XIX secolo]] Napoli verrà abbellita da varie opere neoclassiche, la più celebre delle quali sarà la [[Basilica di San Francesco di Paola (Napoli)|Basilica di San Francesco di Paola]]: ritenuta la più importante chiesa italiana del periodo. <ref> R. Middleton, D. Watkin, Architettura dell'Ottocento, Martellago (Venezia), Electa, 2001, p. 292. </ref>
 
Da ricordare anche la nascita della scuola economica di [[Antonio Genovesi]], che portò diverse innovazioni nel campo dell'economia nazionale e non solo, seguito anche in Puglia dal letterato [[Ferrante de Gemmis Maddalena]], che fondò un'Accademia illuminista, e dall'economista [[Giuseppe Palmieri (economista)|Giuseppe Palmieri]], direttore del Supremo Consiglio delle Finanze del Regno di Napoli alla fine del Settecento.<ref>{{cita web |url=http://www.storicifilosofia.it/public/passetti-pv.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=22 aprile 2012 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140222063144/http://www.storicifilosofia.it/public/passetti-pv.pdf |dataarchivio=22 febbraio 2014 }}.</ref> Altri nomi di spicco che posero le basi della moderna economia politica, delle discipline economiche e monetarie sono: [[Ferdinando Galiani]] e [[Gaetano Filangieri]]. Quest'ultimo in particolare, con la sua scienza della legislazione, ispirò gli artefici della [[Rivoluzione francese]].<ref>{{cita web|url= http://www.iisf.it/scuola/filangieri/filangieri.htm|titolo= Iisf, ''ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI''}}</ref>
===La repubblica partenopea===
[[Immagine:Flag of the Parthenopaean Republic.svg|thumb|right|250px|La bandiera della [[Repubblica Partenopea]].]]
La [[Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]] sorta nel 1799 sul modello di quella francese ebbe vita breve ma intensa, non incontrando però mai il favore popolare essendo i suoi esponenti intellettuali molto lontani dalla conoscenza delle necessità reali del popolo. La Repubblica inoltre, sebbene non riconosciuta dalla Francia, fu di fatto sottoposta a una "dittatura di guerra" francese che ne limitò di molto l'autonomia e la costrinse a sostenere le ingenti spese causate principalmente dalle richieste dell'esercito francese costantemente in armi sul suo territorio. A questo si aggiunse una fortissima repressione contro gli oppositori del nuovo regime che certo non aiutò a conquistare le simpatie popolari (alcune fonti parlano di oltre 1500 persone condannate a morte e fucilate dopo sommari "processi politici" in tutto il Regno).
 
Gli ultimi illuministi napoletani, come [[Mario Pagano]], [[Ignazio Ciaia]] e [[Domenico Cirillo]] aderirono alla [[Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]], finendo quindi giustiziati il [[Repubblicani napoletani giustiziati nel 1799-1800|29 ottobre 1799]] a seguito del ripristino del potere borbonico. Altri come il canonico [[Onofrio Tataranni]], ebbero salva la vita, perché protetti dalla stessa Chiesa.
La Repubblica fu comunque spazzata via dopo pochi mesi dall'armata "sanfedista" del cardinale laico [[Fabrizio Ruffo]], appoggiato dalla flotta inglese e formata in gran parte dai cosiddetti "lazzari" (i popolani napoletani filo-borbonici). La riconquista di Napoli da parte di Ferdinando fu però segnata dalla repressione nei confronti dei maggiori esponenti della Repubblica Napoletana, seguita da [[Elenco dei repubblicani napoletani giustiziati nel 1799|circa un centinaio di esecuzioni]].
 
===== La riscoperta di Pompei ed Ercolano e l'impatto sull'Europa =====
==Età contemporanea==
{{Vedi anche|Neoclassicismo}}
=== Il Regno francese di Bonaparte e Murat===
Gli [[scavi archeologici di Ercolano]] (un [[suburbio]] dell'antica ''Neapolis'')<ref>Scarse sono le scritte elettorali e mancano, almeno nella parte finora scavata, i solchi profondi lasciati dai carri sui lastroni basaltici delle strade dove il traffico è più intenso (e rumoroso, come – già per l’antichità – viene lamentato dai poeti). Tali indizi e il carattere in genere più originale di decorazioni e architetture, hanno destato l’impressione di una città più signorile e raffinata rispetto a Pompei. D'altronde la cittadina sorge nel suburbio di ''Neapolis'' e pertanto mostra i tratti tipici di una località periferica a carattere residenziale sotto l'influsso della vicina metropoli (Archeologia Viva n. 178 - luglio/agosto 2016 p.11, alla sezione "visitare Ercolano" di Umberto Pappalardo, archeologo e docente dell'[[Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa"]])</ref> e quelli di [[scavi archeologici di Pompei|Pompei]] (le [[archeologia|prime campagne al mondo di scavo sistematiche]]<ref>Paoli U.E. (1962) Vita romana, Milano, Mondadori, p. 121</ref> condotte da [[Roque Joaquín de Alcubierre]] e [[Karl Jakob Weber]] a partire dal [[1738]]) e le relative scoperte, ebbero enorme influenza nella formazione del gusto o moda neoclassica internazionale<ref>{{cita web|url= http://www.sapere.it/enciclopedia/neoclassicismo.html|titolo= Enciclopedia Sapere, ''Neoclassicismo'' }}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/neoclassicismo/|titolo=Treccani}}</ref>, che a [[Roma]] trovò sistematizzazione teorica nello stile neoclassico<ref>Mario Praz, ''Gusto neoclassico'', Milano, 2003 ISBN 88-17-10058-7</ref>. Inizialmente i rinvenimenti non diedero luogo ad un rinnovamento stilistico locale, che si ebbe tardivamente con l'arrivo di artisti non autoctoni nei cantieri regi, della [[Reggia di Caserta]] in primis.
[[Immagine:Location of the Kingdom of the Two Sicilies-it.svg|thumb|right|300px|Il Regno delle Due Sicilie.]]
 
=== La repubblica partenopea ===
Dopo pochi anni, comunque, nel [[1806]], Napoli fu conquistata nuovamente dai francesi (nonostante la vittoria anglo-napoletana di [[Maida]], in Calabria). La guerra continuò fino al [[1808]] quando tutta la parte continentale del Regno fu conquistata e posta sotto il controllo di [[Giuseppe Bonaparte]], fratello di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]].
[[File:Flag of the Parthenopaean Republic.svg|thumb|upright=1.2|La bandiera della [[Repubblica Partenopea]]]]
La [[Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]], sorta nel [[1799]] sul modello di quella francese, ebbe vita breve, intensa ma breve, a causa del distacco del popolo e della dipendenza dall'aiuto militare della [[Francia]], che ne limitò di molto l'autonomia, costringendo a sostenere le ingenti spese militari richieste dall'esercito francese sul territorio. A questo si aggiunse la repressione contro gli oppositori della repubblica, che non contribuì a conquistare le simpatie popolari.
 
La Repubblica fu comunque spazzata via dopo pochi mesi dall'[[Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo|armata sanfedista]], giunta sul [[Ponte della Maddalena (Napoli)|Ponte della Maddalena]] e guidata dal cardinale laico [[Fabrizio Ruffo]], appoggiato dalla flotta inglese e formata in gran parte dai cosiddetti "[[lazzari]]" (i popolani napoletani filo-borbonici). La riconquista di [[Napoli]] da parte di Ferdinando fu segnata dalla repressione nei confronti degli esponenti della Repubblica Napoletana, tra cui molti intellettuali e nobili illuminati, repressione che portò a [[Repubblicani napoletani giustiziati nel 1799-1800|circa un centinaio di esecuzioni]] (vennero mandati a morte più di 120 patrioti, mentre furono 1200 le persone imprigionate).<ref>{{cita web|url= https://www.sapere.it/enciclopedia/Napoletana%2C+Rep%C3%B9bblica-.html|titolo= Enciclopedia Sapere, ''Napoletana, Repùbblica''}}</ref>
Nel [[1811]] il re [[Gioacchino Murat|Gioacchino Napoleone Murat]], grande urbanista, vi fece istituire la Scuola di applicazione per il corpo degli ingegneri di ponti e strade, costituitasi come Scuola superiore politecnica ai primi del [[XX secolo]] per poi essere aggregata all'attuale università Federico II diventando, nel [[1935]], la prima facoltà di [[Ingegneria]] in Italia.
 
== Età contemporanea ==
L'impresa più importante di Murat fu la celebre [[guerra austro-napoletana]], che intese liberare gli stati italiani dalla presenza straniera e unificarli sotto un'unica nazione con Napoli capitale. In realtà il re intendeva ampliare i propri domini napoletani, facendo leva sui sentimenti indipendentistici, unitari e costituzionalisti. Perciò, giovandosi della collaborazione del giurista Pellegrino Rossi, lanciò da [[Rimini]] il 30 marzo un proclama in tal senso. Sebbene venne sconfitto nella [[battaglia di Tolentino]], il suo intervento anti-austriaco è oggi riconosciuto come l'antesignana del [[Risorgimento]].
=== Il Regno di Bonaparte e Murat ===
{{vedi anche|Risorgimento}}
[[File:Location of the Kingdom of the Two Sicilies-it.svg|thumb|upright=1.2|Il Regno delle Due Sicilie]]
 
Dopo pochi anni, comunque, nel [[1806]], [[Napoli]] fu conquistata nuovamente dai francesi (nonostante la vittoria anglo-napoletana di [[Maida]], in Calabria). La guerra continuò fino al [[1808]] quando tutta la parte continentale del Regno fu conquistata e posta sotto il controllo di [[Giuseppe Bonaparte]], fratello di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]].
Murat sopravvisse di poco a Napoleone e fu spodestato dai Borbone; tentò con un sbarco in [[Calabria]] la riconquista armata del regno, finendo fucilato a [[Pizzo (Italia)|Pizzo]], in rispetto di una legge emessa dallo stesso Gioacchino.
 
Nel [[1811]] il re [[Gioacchino Murat|Gioacchino Napoleone Murat]], grande urbanista, vi fece istituire la Scuola di applicazione per il corpo degli ingegneri di ponti e strade, costituitasi come Scuola superiore politecnica ai primi del [[XX secolo]] per poi essere aggregata all'attuale università Federico II diventando, nel [[1935]], la prima facoltà di [[Ingegneria]] in Italia. Per sostenere l'imperatore francese ed impedire la restaurazione borbonica sul trono di Napoli, Murat dichiarò guerra all'[[Austria]] ma venne definitivamente sconfitto nella [[battaglia di Tolentino]]. Nonostante la sconfitta, l'intervento austriaco in [[Italia]] diede inizio alla catena di eventi che portarono al [[Risorgimento|Risorgimento italiano]], di cui la [[guerra austro-napoletana]], con il suo [[Proclama di Rimini]], rappresentò l'antesignana.
===Il ritorno dei Borbone===
Nel [[1815]] la città ritornò in mano a Ferdinando e ai Borbone, con la Restaurazione successiva alla caduta di [[Napoleone Bonaparte]]. Il ritorno dei [[Borbone]] avvenne grazie al [[Trattato di Casalanza]], firmato il 20 maggio [[1815]] presso [[Capua]], in casa dei Baroni [[Lanza (famiglia)|Lanza]]. {{cn|Subito a Napoli si ebbero i primi moti contro il ritorno all'aristocrazia pre-napoleonica, che finirono per identificarsi nel [[Risorgimento]] italiano.}}
 
Murat tentò con uno sbarco in [[Calabria]] la riconquista armata del regno, finendo fucilato a [[Pizzo (Italia)|Pizzo]], in rispetto di una legge emessa dallo stesso Gioacchino.
=== L'unione del Regno di Napoli e Sicilia ===
{{vedi anche|Regno delle Due Sicilie}}
L'[[8 dicembre]] [[1816]], [[Ferdinando IV]] riunì in un unico stato i regni di Napoli e Sicilia con la denominazione di ''Regno delle Due Sicilie'', abbandonando per sé il nome di Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia ed assumendo quello di [[Ferdinando I delle Due Sicilie]]. Tale atto ebbe, tra l'altro, la conseguenza di privare di fatto la [[Sicilia]] della Costituzione promulgata dallo stesso Ferdinando. Nell'isola ben presto nacquero i primi movimenti anti-borbonici e separatisti: tuttavia il governo provvisorio di [[Palermo]] vide anche forti opposizioni interne, soprattutto messinesi e catanesi, che da tempo rivendicavano la loro sovranità sull'isola. In seguito salì al trono il figlio [[Francesco I delle Due Sicilie]] e il Regno visse un periodo di relativa calma, i suoi sei anni di Regno furono caratterizzati da progressi in campo economico e tecnologico. Sul piano politico perseguì una politica reazionaria, pur avendo avuto un atteggiamento favorevole nei confronti dei moti rivoluzionari durante il regno del padre.
 
Il ritorno di Ferdinando e dei [[Borbone]] avvenne grazie al [[Trattato di Casalanza]], firmato il 20 maggio [[1815]] presso [[Capua]], in casa dei Baroni [[Lanza (famiglia)|Lanza]].
Con [[Ferdinando II]] furono taciuti, seppur solo apparentemente, i disordini interni. Il re applicò una politica bellica nei confronti della Sicilia, bombardando le piazzeforti di [[Messina]]: tale episodio gli donò l'appellativo di "re bomba". Tuttavia si verificò la rottura totale tra la classe politica siciliana e quella napoletana.
 
==== Francesco II e la fine del Regno ====
=== Il ritorno dei Borbone e il Regno delle Due Sicilie ===
[[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]], ultimo re duosiciliano, salì al trono nel [[1859]] assieme alla sua energica consorte, [[Maria Sofia di Baviera|Maria Sofia di Wittelsbach]] (sorella delle famosa "[[Elisabetta di Baviera|Sissi]]", moglie dell'imperatore [[Francesco Giuseppe I d'Austria|Francesco Giuseppe]]). Di carattere mite, il suo regno per quanto breve fu molto intenso, in quanto dovette far fronte prima ad una sommossa scoppiata nel 3° Reggimento Svizzero a Napoli (in conseguenza del fatto che il governo [[Confederazione Elvetica|elvetico]] quell'anno decise che i suoi cittadini non avrebbero più potuto prestare servizio militare in potenze straniere)<ref>R. De Cesare, La fine di un regno, Vol. II</ref>, e poi dovette affrontare la ben più grave invasione garibaldina e sarda. Travolto dagli eventi non riuscì a rompere l'isolamento politico del regno e a impedirne la dissoluzione, anche se alcune fonti storiche ci dicono che fosse sua volontà riconcedere la Costituzione e riprendere il percorso "riformista" interrotto nel 1849<ref>Raffaele De Cesare, La fine di un regno, Vol. II</ref>. Infatti il Regno sopravvisse fino al [[1861]], quando dopo la conquista della massima parte del suo territorio ad opera di [[Giuseppe Garibaldi]], con la "[[Spedizione dei Mille]]", iniziativa capace da un lato di raccogliere le volontà rivoluzionarie dei democratici del Partito d'Azione, dall'altro di agire con un tacito e parziale, ma reale, appoggio dei [[Casa Savoia|Savoia]], le ultime fortezze borboniche ([[Gaeta]], [[Messina]] e [[Civitella del Tronto]]) si arresero agli assedianti piemontesi e il paese entrò a far parte del neonato [[Regno d'Italia]]. Da qui i territori dell'ex Regno delle Due Sicilie caddero in una profonda crisi interna che in un secondo momento sarà chiamata [[questione meridionale]].
{{vedi anche|Regno delle Due Sicilie}}
[[File:Flag of the Kingdom of the Two Sicilies (1860).svg|thumb|upright=1.2|left|La [[Bandiera del Regno delle Due Sicilie]], adottata il 25 giugno 1860]]
L'8 dicembre [[1816]], [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV]] riunì in un unico Stato i regni, fino a quel momento solo formalmente separati, di [[Regno di Napoli|Napoli]] e [[Regno di Sicilia|Sicilia]], con la denominazione di ''Regno delle Due Sicilie'' (con capitale [[Palermo]], secolare sede del [[Parlamento Siciliano]], ma spostata l'anno successivo a Napoli). Abbandonò per sé il titolo di Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia, assumendo invece quello di [[Ferdinando I delle Due Sicilie]].
 
Il [[1820]] fu l'anno delle agitazioni contro l'assolutismo monarchico in [[Europa]], e a Napoli queste si manifestarono nella rivolta capitanata da [[Guglielmo Pepe]]. Temendo queste nuove difficoltà, Ferdinando assunse un atteggiamento ambiguo, concedendo inizialmente la Costituzione, per poi chiedere l'intervento austriaco al fine di ritirarla. Successivamente salì al trono il figlio [[Francesco I delle Due Sicilie]], che non lasciò segni rilevanti nella storia cittadina.
Seppur il [[Risorgimento|Risorgimento italiano]], richiami all'idea di una resurrezione della nazione italiana attraverso la conquista dell'unità nazionale per lungo tempo perduta. Tuttavia, per quanto questa visione idealizzata del periodo sia, da talune interpretazioni moderne, riveduta in un concetto più ampio della situazione italiana ed internazionale e la stessa unificazione venga vista a volte più come un processo di espansione del [[regno di Sardegna]] che come un processo collettivo, il termine è ormai accettato ed ha assunto valenza storica per questo periodo della storia d'[[Italia]]. <ref> Hercule De Sauclières, Il Risorgimento contro la Chiesa e il Sud. Intrighi, crimini e menzogne dei piemontesi, Controcorrente, Napoli, 2003. ISBN 978-88-89015-03-2 </ref>
 
Con l'ascesa al trono di [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]], Napoli assistette a numerosi cambiamenti in vari settori<ref>{{cita web|url= https://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-ii-di-borbone-re-delle-due-sicilie/|titolo= Treccani, ''Ferdinando II re delle due Sicilie''}}</ref>. Sul piano politico, nel [[1848]], durante le sommosse liberali, anche a Napoli si verificarono sollevazioni popolari che portarono alla promulgazione di una carta costituzionale, successivamente abrogata dal sovrano, seguito da una dura repressione.<ref>[[Gianni Oliva]], ''Un regno che è stato grande'', Mondadori, 2012, pp. 161-170.</ref><ref>[[Eugenio Di Rienzo]], ''Il Regno delle Due Sicilie e le potenze europee. 1830-61'', ed. Rubbettino, 2011</ref>
==== Le rivoluzioni borboniche ====
Nella Napoli capitale duosiciliana, i borbone investirono prevalentemente sull'industria, nella civilizzazione, nell'agricoltura e nell'impreditoria, oltre che sulla cultura e architettura. Le principali rivoluzioni duosiciliane in questi settori furono: la fabbrica di porcellana di [[Reggia di Capodimonte|Capodimonte]], il primo impianto industriale moderno sito nell'entroterra napoletano, ovvero quello delle seterie di [[San Leucio]] (dietro la struttura le prime case operaie della storia d'Italia). Da non trascurare la prima ferrovia d'Italia, la celeberrima [[Ferrovia Napoli-Portici|Napoli-Portici]] e le officine di [[Pietrarsa]] che diedero vita alle prime locomotive italiane.
 
==== La spedizione dei Mille e la fine del regno ====
Altri primati: la prima nave a vapore nel [[Mare Mediterraneo|Mediterraneo]] ([[1818]]) realizzato nel cantiere di Stanislao Filosa al ponte di Vigliena presso Napoli. Il primo ponte ''sospeso'' in ferro realizzato nell'Europa continentale ([[1832]]), la prima illuminazione a gas in Italia ([[1839]]), il primo osservatorio vulcanico del mondo, l'[[Osservatorio Vesuviano]] ([[1841]]). Il primo ponte sospeso in ferro, il "Real Ferdinando" sul fiume Garigliano venne realizzato nella fabbrica delle Reali Ferriere e Fabbrica d'Armi a Mongiana. <ref> Nicola Forte, Viaggio nella memoria persa del Regno delle Due Sicilie. La storia, i fatti, i fattarielli ed. Imagaenaria, Lacco Ameno 2007 - ISBN 88-89144-70-X </ref>
Alla morte del re Ferdinando gli succede il giovane [[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]], che sarà l'ultimo [[Regno delle Due Sicilie|Re delle Due Sicilie]]. Nel [[1860]] il Regno delle Due Sicilie venne conquistato dai [[Garibaldini]] e dalle truppe del [[Regno di Sardegna]], le quali attaccarono il regno senza dichiarazione di guerra, fino al decisivo [[assedio di Gaeta (1860)|assedio di Gaeta del 1860-61]]<ref>[[Carmine Pinto]], ''La guerra per il Mezzogiorno'', Laterza, 2019, pp. 11-24.</ref>. [[Giuseppe Garibaldi]] entrò a Napoli il 7 settembre trionfalmente acclamato dalla popolazione
<ref>{{cita web|url= https://napoli.repubblica.it/cronaca/2010/09/05/news/garibaldi_150_anni_fa_l_ingresso_a_napoli-6788929/|titolo= Napoli.repubblica, ''Garibaldi, 150 anni fa l'ingresso a Napoli''}}</ref>. Un [[plebiscito]] sancì l'unione al [[Regno d'Italia]].
 
=== Napoli dopo l'Unità d'Italia ===
{{vedi anche|Questione meridionale}}
[[File:Achille Mauri Napoli 03.jpg|thumb|upright=1.2|Napoli dalla [[certosa di San Martino]], tra il 1870 e il 1880]]
[[File:Napoli Castel Nuovo museo civico - ingresso di Garibaldi a Napoli - Wenzel 1060721.JPG|thumb|right|300px|L'ingresso di Garibaldi a Napoli, il 7 settembre 1860, nell'attuale ''Piazza 7 settembre''.]]
[[File:Galleria Umberto I da piazza del Plebiscito.jpg|thumb|upright=1.2|La [[galleria Umberto I]], costruzione simbolo del [[Risanamento di Napoli|Risanamento]]]]
[[Immagine:Kingdom of Italy 1919 map.svg|thumb|right|300px|Il [[Regno d'Italia]] nel [[1920]].]]
Nel [[1861]] il [[Regno delle Due Sicilie]], venne conquistato dai [[Garibaldini]] e dalle truppe del [[Regno di Sardegna]]. [[Giuseppe Garibaldi]] entró a Napoli il 7 settembre trionfalmente acclamato dalla popolazione<ref>[http://napoli.repubblica.it/cronaca/2010/09/05/news/garibaldi_150_anni_fa_l_ingresso_a_napoli-6788929/]</ref>. Un [[plebiscito]] sancì l'unione al [[Regno d'Italia]]. In molti territori del vecchio Regno l'opposizione al nuovo regime, promossa in parte dal vicino [[Stato della Chiesa]], durò per un decennio, con angherie e devastazioni. Decine di migliaia di meridionali furono rinchiusi e massacrati nel carcere piemontese di [[Fenestrelle]]. Parte della guerriglia contro le forze piemontesi si organizzò con il [[brigantaggio]].
 
{{citazione|Andando a Firenze, dopo due anni, dopo cinque, anche dopo sei se volete, potremo dire addio ai fiorentini e andare a Roma; ma da Napoli non si esce; se vi andiamo, saremo costretti a rimanerci. Volete voi Napoli? Se ciò volete, badate bene, prima di prendere la risoluzione di andare a stabilire la capitale a Napoli, bisogna prendere quella di rinunziare definitivamente a Roma.|[[Vittorio Emanuele II di Savoia]]<ref>{{Cita libro|autore=Saverio Cilibrizzi|titolo=Il pensiero, l’azione e il martirio della città di Napoli nel Risorgimento e nelle due guerre mondiali|editore=Conte Editore|città=Napoli|volume= 3|posizione=Capitolo V}}</ref>}}
Perso il rango di capitale, la città rimase comunque il centro politico, economico e sociale più importante dell'Italia meridionale<ref>Luigi Musella, Napoli dall'Unità ad oggi, Quality Paperbacks, Carrocci Roma 2010</ref>. Pochi anni dopo la città fu oggetto di un grande [[Risanamento di Napoli|risanamento urbano]]. L'intervento, ipotizzato sin dalla metà dell'Ottocento, fu portato a compimento a seguito di una gravissima epidemia di [[colera]], avvenuta nel [[1883]]. Sotto la spinta del sindaco di allora, [[Nicola Amore]], nel [[1885]] fu approvata la Legge per il risanamento della città di Napoli e il [[15]] [[dicembre]] [[1888]] venne fondata la Società pel [[Risanamento di Napoli]] (confluita dopo varie vicissitudini nella Risanamento S.p.A.): allo scopo di risolvere il problema del degrado di alcune zone della città che era stato, secondo il sindaco Amore, la principale causa del diffondersi del colera. Si decise l'abbattimento di numerosi edifici per fare posto al [[corso Umberto I]], e alle piazze Nicola Amore ([[piazze di Napoli|piazza Quattro Palazzi]]) e Giovanni Bovio ([[Piazze di Napoli|piazza Borsa]]) e alla [[Galleria Umberto I]]. In realtà alle spalle dei grandi palazzi umbertini la situazione rimase immutata: essi infatti servirono a nascondere il degrado e la povertà di quei rioni piuttosto che a risolverne i problemi.
 
In molti territori del vecchio Regno l'opposizione al nuovo regime, promossa in parte dal vicino [[Stato della Chiesa]], durò per un decennio, con angherie e devastazioni. Molti soldati borbonici furono rinchiusi nel [[Forte di Fenestrelle]] in [[Piemonte]], anche se in realtà questo episodio, poco considerato dalla storiografia risorgimentale, è oggetto di interpretazioni divergenti<ref>Fulvio Izzo, ''I lager dei Savoia'', Ed. Controcorrente, 2011</ref><ref>Alessandro Barbero, ''I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle'', Laterza Ed., Bari-Roma 2012</ref><ref>{{Cita web|url = https://torino.repubblica.it/cronaca/2011/07/08/news/i_morti_borbonici_a_fenestrelle_non_furono_40mila_ma_quattro-18872501/|titolo = I morti borbonici a Fenestrelle
Col passare degli anni, Napoli divenne il porto dal quale partivano le spedizioni per le colonie d'oltremare ([[Libia]], [[Eritrea]], [[Somalia]], il [[Dodecanneso]] e successivamente [[Etiopia]]) ma soprattutto, diventò uno dei principali porti dal quale milioni di italiani emigrarono in [[Argentina]] e negli [[Stati Uniti]].
non furono 40mila, ma quattro|editore = larepubblica.it|data = 27 febbraio 2017|accesso = 21 novembre 2019}}</ref>. Parte della guerriglia contro le forze italiane si organizzò con il [[brigantaggio]].
 
Nel [[1863]] la città fu teatro del primo eccidio della storia operaia italiana: i lavoratori della [[Officine di Pietrarsa|locale fabbrica ferroviaria di Pietrarsa]] scesero in sciopero, ma vennero aggrediti dalle forze dell'ordine.<ref>{{cita web|url= http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=33983|titolo= Napoli, ''1º Maggio. Napoletane le prime vittime operaie''}}</ref> Ci furono 20 feriti e 4 morti.
L'11 marzo 1918 nel corso del primo conflitto mondiale, pur trovandosi molto distante dalla zona di conflitto, la città fu bombardata dal dirigibile tedesco L.58 partito da una base bulgara. Il dirigibile, che aveva come obiettivo le strutture portuali, sganciò 6400&nbsp;kg di bombe causando 16 vittime tra la popolazione civile.
 
{{vedi anche|Strage di Pietrarsa}}
Colpita duramente anch'essa, come le altre città italiane, durante la crisi economica del primo dopoguerra, Napoli si riprese, in parte, durante il [[ventennio fascista]], anche se perse il ruolo di porto militare, dato che la flotta venne trasferita a Taranto.
 
Nel 1864, il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] fu costretto, dalla [[Convenzione di settembre]] con il [[Secondo Impero francese]] di [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], a spostare la capitale da [[Torino]].<ref>{{Cita testo |autore=Elisabetta Lantero |titolo=La Convenzione di settembre nelle carte del Senato del Regno |pubblicazione=MemoriaWeb |editore=Archivio storico del Senato della Repubblica |mese=09 |anno=2014 |url=http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/file/Convenzione%20di%20settembre.pdf |serie=Nuova Serie |numero=7}}</ref> Tra i motivi dello spostamento vi furono quelli militari: Napoli venne considerata la città favorita, assieme a Firenze (la prima era 'protetta' dal Mar Tirreno, la seconda dall'Appennino).<ref>{{Cita libro |autore=Antonello Battaglia |titolo=La capitale contesa: Firenze, Roma e la Convenzione di settembre (1864) |url=http://books.google.it/books?id=z9zuU3HiyrMC&pg=PA100 |anno=2013 |editore=Edizioni Nuova Cultura |p=101}}</ref> La città partenopea, per ragioni politiche, venne considerata dalla maggioranza del gabinetto una candidata particolarmente adatta, ma non ottenne l'appoggio del re, che ritenne Firenze una città più consona ad un ruolo di capitale temporanea<ref>{{Cita web |url=https://archive.org/details/bub_gb_ggUBAAAAMAAJ/page/n153/mode/2up |titolo=La convenzione di settembre; un capitolo dei miei ricordi. Pubblicato per cura del Principe de Camporeale |numero=153 |pp=146-48 |editore=[[Archive.org]] |accesso=15 agosto 2021}}</ref>. Questa scelta venne confermata dal comitato di cinque generali incaricato di decidere, poiché Napoli non sarebbe stata abbastanza difendibile, considerato che la [[Regia Marina|flotta italiana]] non era equiparabile a quella [[Marine royale|francese]] o [[Royal Navy|inglese]].<ref>{{Cita web |url=http://www.larchivio.com/xoom/maggioni-risorgimento.htm |titolo=Cronache dal Risorgimento |accesso=15 agosto 2021}}</ref>
L'economia cittadina crollò all'ingresso dell'Italia nella [[Seconda guerra mondiale|guerra]]. Semidistrutta dai bombardamenti inglesi tra il [[1940]] ed il [[1941]] (che avevano in [[Malta]] una formidabile base strategica), da quelli americani tra il [[1942]] ed il [[1943]] (alla vigilia dello sbarco di [[Lampedusa]]) ed, infine, da quelli tedeschi tra il [[1943]] ed il [[1945]].
 
Le difficoltà dovute alla perdita del suo precedente e secolare ''status'' di capitale, unite al nuovo sistema fiscale e doganale nazionale ereditato da quello piemontese<ref>[[Renato Brunetta]], ''Sud: alcune idee perché il Mezzogiorno non resti com'è'', ed. Donzelli, 1995, Roma p.4.</ref>, causarono una profonda crisi sociale ed economica,<ref>{{cita web|url= https://www.academia.edu/7107052/Sulla_crisi_dellunificazione_nel_Mezzogiorno_In_margine_a_un_articolo_di_Pierluigi_Ciocca_sulle_conseguenze_economiche_del_brigantaggio_Storia_economica_2_2012_|titolo= Academia, ''Sulla crisi dell'unificazione nel Mezzogiorno. In margine a un articolo di Pierluigi Ciocca sulle conseguenze economiche del brigantaggio'' p.503}}</ref><ref>{{cita web|url= http://www.delpt.unina.it/stof/14_pdf/14_5.pdf|titolo= Delpt, ''Labor Historia Industria: Cento anni dalla legge per il risorgimento economico della città di Napoli''|accesso= 28 luglio 2014|dataarchivio= 23 settembre 2015|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20150923213425/http://www.delpt.unina.it/stof/14_pdf/14_5.pdf|urlmorto= sì}}</ref> denunciata anche dalla scrittrice [[Matilde Serao]] nei suoi libri ''[[Il ventre di Napoli]]'' e ''[[Il paese di cuccagna]]''<ref>{{Cita libro |url=https://books.google.it/books?id=8vhVDwAAQBAJ&pg=PA31&lpg=PA31&dq=ventre+di+napoli+napoli+postunitaria&source=bl&ots=x1f2F3qEoc&sig=ACfU3U07Gvmo5Y2p3gmadQKID1NmlxsZsg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiw64mQre_jAhXJaFAKHbuRCi8Q6AEwBnoECAgQAQ#v=onepage&q=ventre%20di%20napoli%20napoli%20postunitaria&f=false |titolo=Elite e storia nella narrativa napoletana |p=31 |autore=Roberto Bonuglia |anno=2018 |accesso=15 agosto 2021}}</ref>.
Dopo l'armistizio dell'[[8 settembre]] da parte del Re che firmò la resa agli anglo-americani, i tedeschi occuparono la città il 12 settembre 1943; ben presto incominciarono le rivolte degli abitanti contro l'occupazione e il colonnello Scholl il 12 settembre 1943 fece affiggere un famoso manifesto con cui proclamava lo stato d'assedio in città, con l'ordine di "passare per le armi" ogni cittadino si fosse reso responsabile di azioni ostili con rappresaglie di cento civili per ogni tedesco ucciso.
 
Le condizioni così difficili del comune più popoloso del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] (e lo sarà almeno fino agli anni trenta del [[Novecento]], quando sarà superato dapprima da [[Milano]] e poi da [[Roma]]),<ref>{{Cita web |url=https://www.docenti.unina.it/webdocenti-be/allegati/materiale-didattico/639087|titolo=I PIANI URBANISTICI DELL’800 IN ITALIA|p=13}}</ref><ref>{{cita web|url=https://www.tuttitalia.it/campania/59-napoli/statistiche/censimenti-popolazione/|titolo= Tuttitalia, ''Censimenti popolazione Napoli 1861-2011''}}</ref> furono all'origine, a fine [[XIX secolo]], di una lunga e profonda trasformazione urbanistica, influenzata notevolmente dal grande piano di [[Trasformazione di Parigi sotto il Secondo Impero|ristrutturazione di Parigi sotto il Secondo Impero]].<ref>{{Cita web |url=https://www.rapporto-rota.it/images/rapporti_napoli/docs/2014/Cap_1_Il_territorio_e_i_suoi_abitanti.pdf|autore=Primo Rapporto "Giorgio Rota" su Napoli |titolo=Il territorio e i suoi abitanti. Funzioni, prospettive, occasioni |pp=15-16 |accesso=25 febbraio 2024}}</ref> In questo periodo furono costruiti nuovi quartieri, piazze e edifici, e furono aperte arterie come [[via Duomo (Napoli)|via Duomo]], il [[Corso Umberto I|Rettifilo]], via A. Depretis, [[via Francesco Caracciolo]] e viale Gramsci. Durante questo periodo storico, per far spazio a nuove costruzioni, furono demolite anche diverse strutture di grande valore architettonico e artistico. Questo momento coincise con la nascita di un ambiente culturale e sociale di spicco,<ref>{{Cita libro |autore=Francesco Barbagallo |titolo=Napoli, Belle Époque |url=https://books.google.it/books?id=TZKODAAAQBAJ&pg=PR19&lpg=PR19 |accesso=13 luglio 2019 |data=5 novembre 2015 |editore=Laterza Editori |p=5 |ISBN=9788858123461}}</ref> che annoverava tra i suoi protagonisti figure come il filosofo, storico e politico [[Benedetto Croce]]. Inoltre, Napoli si affermò come uno dei principali porti di partenza per le spedizioni verso le [[colonialismo italiano|colonie d'oltremare]] e per i milioni di Italiani che emigravano in [[Argentina]] e negli [[Stati Uniti]].
 
{{vedi anche|Risanamento di Napoli}}
 
Nel [[1900]], Napoli fu teatro di un grave scandalo che anticipò in alcuni aspetti il fenomeno di [[Tangentopoli]]. Questo scandalo portò all'Inchiesta Saredo, condotta da [[Giuseppe Saredo]], un magistrato ligure incaricato di indagare sulla corruzione e sull'infiltrazione criminale nella pubblica amministrazione napoletana. Le cause di tale situazione possono essere ricondotte alle contingenze storiche successive all'unificazione italiana, quando Napoli perse il suo ruolo di capitale e cercò di riconquistare una nuova identità. La lotta per il controllo del Comune e dei seggi parlamentari si intensificò,<ref>{{cita web|url= http://www.bibliocamorra.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=105&Itemid=27|titolo= Bibliocamorra.altervista, ''Il commissariamento di Napoli''|accesso= 22 aprile 2013|dataarchivio= 16 marzo 2014|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20140316183719/http://www.bibliocamorra.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=105&Itemid=27|urlmorto= sì}}</ref> e nel [[1891]] il Comune di Napoli fu sciolto a causa di sospetti illeciti, venendo affidato a Giuseppe Saredo come commissario straordinario. Nove anni dopo, Saredo guidò una commissione d'inchiesta che esaminò vari aspetti della città, tra cui l'acquedotto del Serino, l'istruzione e i bilanci, rivelando legami tra la camorra e l'amministrazione locale. Gli scandali napoletani ebbero risonanza anche in Parlamento, e la città era già stata commissariata nove volte in trentanove anni dall'unificazione italiana.<ref>{{cita web|url= http://www.bibliocamorra.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=60&Itemid=57|titolo= Bibliocamorra.altervista, ''L'Inchiesta Saredo''|accesso= 22 aprile 2013|dataarchivio= 25 febbraio 2014|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20140225115442/http://www.bibliocamorra.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=60&Itemid=57|urlmorto= sì}}</ref>
 
Nel [[1906]] ci fu un'altra energica eruzione del [[Vesuvio]] ([[Indice di esplosività vulcanica|VEI]] 4). A Napoli centro, a causa dell'accumulo di ceneri, crollò il tetto del mercato di Monteoliveto che causò la morte di 11 persone e 30 feriti. Ad avere la peggio furono però le città satelliti e sobborghi ad oriente della città. Si verificarono anche [[lahar]] ed alluvioni. L'evento portò l'Italia a rinunciare all'organizzazione delle [[Giochi della IV Olimpiade|Olimpiadi del 1908]], organizzazione ceduta a [[Londra]].
 
{{vedi anche|Eruzione del Vesuvio del 1906}}
 
Durante la [[settimana rossa]], una reazione popolare scaturita dall'uccisione di tre operai da parte delle forze dell'ordine, anche a Napoli ci furono rilevanti disordini, come quello del 10 giugno [[1914]] in cui un corteo di socialisti ed anarchici tentò di assaltare la [[Stazione di Napoli Centrale|stazione centrale]].
 
L'11 marzo [[1918]] nel corso del [[prima guerra mondiale|primo conflitto mondiale]], pur trovandosi molto distante dalla zona di guerra, la città fu bombardata dal dirigibile tedesco L.58 partito da una base bulgara: esso, che aveva come obiettivo le officine metallurgiche ILVA di [[Bagnoli (Napoli)|Bagnoli]] e le strutture portuali (inoltre dal 1916 all'[[Università di Napoli]] si fabbricavano armi ed elementi chimici ad uso bellico, come la [[cloropicrina]]), sganciò 6400&nbsp;kg di bombe causando almeno 20 vittime ed oltre 100 feriti tra la popolazione civile<ref>{{cita web|url= https://www.academia.edu/80812228/Un_dirigibile_nel_Golfo_Il_bombardamento_aereo_del_1918_e_i_danni_al_patrimonio_architettonico_napoletano|titolo= Un dirigibile nel Golfo. Il bombardamento aereo del 1918 e i danni al patrimonio architettonico napoletano}}</ref><ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.hashtag24news.it/zeppelin-su-napoli-quando-la-morte-piove-dal-cielo/|titolo=Zeppelin su Napoli: quando la morte piove dal cielo|pubblicazione=hashtag24news.it|accesso=13 giugno 2024}}</ref>.
 
{{vedi anche|Bombardamento di Napoli del 1918}}
 
Colpita duramente anch'essa, come le altre città italiane, durante la crisi economica del primo dopoguerra, si riprese, in parte, durante il [[ventennio fascista]].
 
=== Periodo fascista ===
[[File:TeatroMed.jpg|thumb|upright=1.2|Il [[Teatro Mediterraneo (Napoli)|Teatro Mediterraneo]] della [[Mostra d'Oltremare]]]]
{{Citazione|Io vedo la grandissima Napoli futura, la vera metropoli del Mediterraneo nostro - il Mediterraneo ai mediterranei - e la vedo insieme con Bari (che aveva sedicimila abitanti nel 1805 e ne ha centocinquantamila attualmente) e con Palermo costituire un triangolo potente di forza, di energia, di capacità; e vedo il fascismo che raccoglie e coordina tutte queste energie, che disinfetta certi ambienti, che toglie dalla circolazione certi uomini, che ne raccoglie altri sotto i suoi gagliardetti.|[[Benito Mussolini]]
<ref>{{cita web|url=https://books.google.it/books?id=tg15DwAAQBAJ&pg=PR200&lpg=PR200&dq=vedo+la+grandissima+napoli+futura+mussolini&source=bl&ots=b-na9oXfzm&sig=ACfU3U22uW9VdonN4oYucslfWWLePc7XsA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwirpvjP8unsAhUBzqQKHU7SA3c4ChDoATADegQIARAC#v=onepage&q=vedo%20la%20grandissima%20napoli%20futura%20mussolini&f=false|titolo= Books.google, ''Mussolini alla conquista del potere''}}</ref>}}
 
Il 24 ottobre 1922, [[Benito Mussolini]] radunò a Napoli migliaia di [[camicia nera|camicie nere]], evento che segnò un importante preludio alla [[marcia su Roma]]. Questa manifestazione fu cruciale per convincere Mussolini a procedere con il piano di conquista del potere, culminato il 30 ottobre 1922, quando il re [[Vittorio Emanuele III]] lo incaricò di formare un nuovo governo.<ref>{{Cita news|autore=|url=https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/arte_e_cultura/16_novembre_30/mieli-napoli-fu-citta-cruciale-fascismo-antifascismo-69ec6c88-b6d9-11e6-a98d-6b24079e5531.shtml|titolo=Mieli: «Napoli fu città cruciale per fascismo e antifascismo»|pubblicazione=corrieredelmezzogiorno.corriere.it|accesso=2 dicembre 2019}}</ref>
 
Nel contesto storico, Napoli mantenne un ruolo culturale ed economico significativo nel Mezzogiorno d'Italia per diversi decenni dopo l'unificazione del paese.<ref>{{cita web|url=http://www.historiaregni.it/napoli-nel-periodo-africano/|titolo= Historiaregni, ''Napoli nel periodo africano''}}</ref> In epoca fascista, il baricentro politico-economico del paese si spostò verso il Mezzogiorno,<ref>{{cita web|url=http://www.isses.it/Convegno230208/fergola.htm|titolo= isses, ''L'economia napoletana tra le due guerre''}}</ref> e Napoli assunse un ruolo di fondamentale importanza in Italia, diventando la "città porto dell'[[colonialismo italiano|Impero coloniale italiano]]".<ref>Gloria Chianese, ''Mezzogiorno 1943'', ed. Edizioni Scientifiche Italiane, gennaio 1996 pp.345-346-347</ref> Questo ruolo includeva la funzione svolta durante gli anni dell'espansione coloniale italiana. Furono attuate iniziative di propaganda militarista, come la visita di [[Hitler]] nel maggio del [[1938]]<ref>{{Cita web|url=https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/storia/lomaggio-del-nazismo-al-porto-dellimpero/|titolo=L’omaggio del nazismo al “porto dell’Impero”|sito=patriaindipendente.it|accesso=7 ottobre 2023}}</ref>, e venne costruita la [[Mostra d'Oltremare]] tra il [[1937]] e [[1940]], in concomitanza con il progetto dell'EUR di [[Roma]], come parte di un piano complessivo di sviluppo urbanistico e culturale del regime fascista. Questa struttura aveva lo scopo di celebrare l'espansione politica ed economica dell'Italia nelle cosiddette terre d'oltremare, contribuire allo sviluppo economico del Mezzogiorno e promuovere l'espansione verso ovest della città, ossia verso i [[Campi Flegrei]].<ref>[http://www.mostradoltremare.it/MdoWeb/showpage/73 Mostradoltremare.it] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110301003906/http://www.mostradoltremare.it/MdoWeb/showpage/73 |data=1º marzo 2011 }}</ref> Il progetto Mostra/[[Fuorigrotta]] rappresentò uno tra i più importanti piani urbani napoletani. Furono attuati interventi anche in altre zone della città, come in quella collinare e costiera, e venne inaugurato il [[Passante ferroviario di Napoli|primo passante ferroviario di penetrazione urbana sotterraneo]] d'[[Italia]], noto come "metropolitana FS", con la tratta Napoli-[[Pozzuoli]].<ref>{{Cita web|autore=|url=http://www.historiaregni.it/a-napoli-la-prima-metropolitana-ditalia/|titolo=A Napoli la prima metropolitana d'Italia|pubblicazione=HistoriaRegni.it|accesso=27 febbraio 2020}}</ref> Inoltre, si verificò un forte incremento del settore industriale: alla vigilia della [[seconda guerra mondiale]], su una popolazione di quasi 900.000 abitanti, circa 130.000 lavoravano in questo settore, ovvero il 14%. Tuttavia, nonostante questi sforzi, il progetto di sviluppo di Napoli come "Porto dell'Impero" non riuscì a risolvere le profonde difficoltà economiche e sociali della metropoli<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.novecento.org/dossier/italia-didattica/cera-una-volta-litalsider-a-bagnoli/|titolo=C’ERA UNA VOLTA L’ITALSIDER A BAGNOLI|pubblicazione=novecento.org|accesso=24 dicembre 2022}}</ref>, e il disastroso andamento della [[seconda guerra mondiale]] mise fine a queste ambizioni.
 
==== La seconda guerra mondiale ====
{{vedi anche|Bombardamenti di Napoli|Quattro giornate di Napoli}}
[[File:Eruzione Vesuvio da Napoli 1944.jpg|thumb|upright=1.2|L'[[eruzione del Vesuvio del 1944]] in piena occupazione americana, vista dai giardini di [[villa Lucia]]]]
L'economia cittadina crollò all'ingresso dell'Italia nel [[Seconda guerra mondiale|secondo conflitto mondiale]]. [[Napoli]] e i suoi dintorni, pur possedendo un grande patrimonio storico-artistico, non furono risparmiati come [[Firenze]] o [[Roma]] durante la Seconda Guerra Mondiale. Sebbene Firenze, dichiarata [[città aperta]] il 9 agosto 1944, riuscì a evitare una distruzione massiva grazie a questa dichiarazione, alcuni quartieri industriali e periferici furono colpiti dai bombardamenti alleati, tra cui quello del 25 settembre 1943, che danneggiò severamente diverse zone della città.<ref>{{cita web|url=https://www.florencecity.it/bombardare-firenze-25-settembre-1943/|titolo= Bombardare Firenze. 25 settembre 1943}}</ref> Al contrario, [[Napoli]] subì danni più gravi a causa della sua importanza strategica, in particolare per il porto. La città partenopea fu considerata un obiettivo primario e subì circa 200 raid aerei (tra ricognizioni e bombardamenti) dal 1940 al 1944, principalmente da parte [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleata]], di cui ben 181 solo nel [[1943]]. Tra i danni più emblematici vi furono la semi-distruzione della grande [[basilica di Santa Chiara (Napoli)|basilica di Santa Chiara]] e i considerevoli danni agli [[scavi archeologici di Pompei]].<ref>Laurentino Garcia y Garcia, ''Danni di guerra a Pompei'', L'Erma di Bretschneider editore, anno 2006</ref> Napoli fu la città italiana che subì il numero maggiore di [[Bombardamento a tappeto|bombardamenti]],<ref>Gabriella Gribaudi, ''Guerra totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale 1940-1944'', ed. Bollati Boringhieri, Torino, 2005, p.26</ref> con un numero di morti stimato tra le 20.000 e le 25.000 persone, in gran parte tra la popolazione civile.<ref name="AirRaids">{{en}} [http://faculty.ed.umuc.edu/~jmatthew/naples/Naples%20bombing.htm Air Raids on Naples in WWII] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110611112050/http://faculty.ed.umuc.edu/~jmatthew/naples/Naples%20bombing.htm |data=11 giugno 2011 }} - Around Naples Encyclopedia</ref><ref name="ISSES">[http://www.isses.it/Convegno050305/Monda.pdf Lucia Monda - Napoli durante la II guerra mondiale ovvero: i 100 bombardamenti di Napoli.] - Relazione convegno I.S.S.E.S Istituto di Studi Storici Economici e Sociali del 5 marzo 2005 ''Napoli durante la II guerra mondiale''</ref> Nel 1943, la città subì ingenti danni anche a causa dell'esplosione della [[Caterina Costa (nave)|nave Caterina Costa]].<ref>{{Cita web |url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/video/lesplosione-della-caterina-costa/195/default.aspx |titolo=Lastoriasiamonoi.rai.it |accesso=10 settembre 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180911044931/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/video/lesplosione-della-caterina-costa/195/default.aspx |dataarchivio=11 settembre 2018 |urlmorto=sì }}</ref> Il bastimento, ormeggiato nel [[porto di Napoli|porto]], era carico di materiale bellico destinato alle forze italiane in [[Tunisia]]. A bordo si sviluppò un incendio, le cui cause sono ancora oggi poco chiare, che provocò un'esplosione devastante: il molo sprofondò e gli edifici circostanti furono distrutti o gravemente danneggiati. Parti roventi della nave e dei carri armati furono scagliate a grande distanza, finendo in [[via Atri]], [[piazza Carlo III (Napoli)|piazza Carlo III]], [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]], [[Vomero]] e alla [[Stazione di Napoli Centrale|stazione Centrale]]; sulla facciata est del [[Castel Nuovo]] sono ancora visibili gli effetti di questa terribile esplosione. Si registrarono 600 morti e oltre 3.000 feriti.
 
Dopo l'armistizio dell'8 settembre da parte del Re che firmò la resa agli anglo-americani, i Tedeschi occuparono la città il 12 settembre 1943; ben presto incominciarono le rivolte degli abitanti contro l'occupazione e il colonnello Scholl il 12 settembre 1943 fece affiggere un famoso manifesto con cui proclamava lo stato d'assedio in città, con l'ordine di "passare per le armi" ogni cittadino si fosse reso responsabile di azioni ostili con rappresaglie di cento civili per ogni tedesco ucciso.
 
Dopo diversi scontri e rappresaglie contro la popolazione, il 24 settembre il Comando tedesco ordinò lo sgombero di tutte le abitazioni entro 300 metri dalla linea di costa e il giorno dopo venne proclamato il "servizio obbligatorio al lavoro nazionale" generalizzato (in pratica la deportazione della popolazione attiva). Questo rappresentò in pratica la scintilla che fece esplodere definitivamente la rivolta generalizzata.
 
Napoli fu la prima, tra le grandi città italianaeuropee, ad insorgere con successo contro l'occupazione militare nazista<ref>{{Pdf}}[http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/raccoltenormative/27%20-%20Consulta%20Nazionale/Commissioni%20Riunite/Finanze%20e%20tes.-Ricostruz.%20lav.pubbl.%20e%20comun/07%20marzo%201946.pdf Senato.it - Resoconto sommario della seduta del 7 marzo 1946, pag.336]</ref>: in [[Quattro giornate di Napoli|quattro famose giornate]] (dal 28 settembre al 1º ottobre 1943), la folla insorse contro i tedeschiTedeschi permettendo così, pochi giorni dopo agli anglo-americani di poter giungere in città e occuparla già libera, senza perdite, e proseguire verso [[Roma]]. Per queste azioni e per le sofferenze patite dalla popolazione Napoli sarà tra le [[città decorate al Valorvalor Militaremilitare per la Guerraguerra di Liberazioneliberazione]] insignita della [[Medagliamedaglia d'Orooro al Valorvalor Militaremilitare]]<ref>[http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=18845&iddecorato=18392 La motivazione ufficiale della consegna della medaglia d'oro al Valor Militare].</ref>.
{{Vedi anche|Bombardamenti di Napoli|Quattro giornate di Napoli}}
 
Sconvolta dai numerosi bombardamenti, dal disastro della nave ''Caterina Costa'' e dall'occupazione tedesca in ritirata, Napoli fu la prima grande città a essere governata dagli anglo-americani durante il secondo conflitto mondiale. Pur rimanendo esclusa dal [[Regno del Sud]], nell'inverno del 1943-44 e nella primavera successiva, la città divenne il principale crocevia politico delle terre liberate dagli anglo-americani,<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.jstor.org/stable/26145052|titolo=Napoli americana|pubblicazione=jstor.org|accesso=18 gennaio 2024}}</ref> in un contesto segnato da fame, malattie, macerie e carenza d'acqua.<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.focus.it/cultura/storia/la-liberazione-di-napoli-non-e-tutto-oro-quello-che-luccica|titolo=Storia La liberazione di Napoli: non è tutto oro quello che luccica|pubblicazione=Focus.it|accesso=18 gennaio 2024}}</ref> Con l'occupazione statunitense, si diffuse rapidamente anche il mercato della prostituzione, prevalentemente in cambio di generi alimentari: tali fenomeni vennero descritti anche da [[Curzio Malaparte]] nel suo celebre libro [[La pelle (romanzo)|La pelle]], soprattutto all'estero.
==Dal secondo dopoguerra ad oggi==
{{vedi anche|Camorra}}
[[Immagine:Map of Italy-it.svg|thumb|right|300px|Napoli oggi, città della [[Repubblica Italiana]].]]
Alla fine della guerra, quando si trattò di votare il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, Napoli si schierò seppur di misura in favore della prima. Fenomeno, questo, che si verificò in tutto il Sud Italia. Tuttavia, nel capoluogo campano, l'[[11 giugno]] [[1946]] - pochi giorni dopo la proclamazione della vittoria repubblicana - una spontanea protesta popolare in via Medina sfociò in un violento scontro, dalle circostanze mai oggettivamente chiarite, che provocò diversi morti. Pochi giorni dopo, fu [[Enrico De Nicola]], napoletano, ad essere eletto primo presidente della Repubblica.
 
In una città ormai fortemente provata dalla guerra, nel [[1944]] si verificò anche [[Eruzione del Vesuvio del 1944|l'ultima eruzione del Vesuvio]] ([[Indice di esplosività vulcanica|VEI]] 3). Vari problemi vennero riscontrati a [[Barra (Napoli)|Barra]] a causa della pioggia di ceneri, mentre danni maggiori furono registrati nelle città satelliti di [[San Sebastiano al Vesuvio]], [[Massa di Somma]] e [[San Giorgio a Cremano]]. Ci furono circa 26 morti. L'eruzione fu resa famosa a causa dell'occupazione anglo-americana di Napoli<ref>{{Cita web |url=http://www.warwingsart.com/12thAirForce/Vesuvius.html |titolo=Warwingsart.com |accesso=22 settembre 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20111103062745/http://www.warwingsart.com/12thAirForce/Vesuvius.html |dataarchivio=3 novembre 2011 |urlmorto=sì }}</ref>.
Nel secondo dopoguerra, Napoli ha avuto, come molte altre città italiane, un certo boom economico: [[boom edilizio|edilizia]], sanità, istruzione, lavoro. Tutti fattori che mantennero [[Napoli]] ad essere la terza città italiana più importante dopo [[Roma]] e [[Milano]], ma davanti a [[Torino]], [[Genova]] e [[Venezia]]. Il boom però finì presto, anche a causa delle speculazioni favorite da settori dell'amministrazione pubblica centrale (IRI e Cassa del Mezzogiorno).
 
=== Dal secondo dopoguerra ad oggi ===
"Fuori" dai grandi giochi politici del Paese, a Napoli accaddero fatti di rilievo della "strategia della tensione" e del terrorismo. Dalla nascita dei NAP alla Colonna Senzani delle [[Brigate Rosse]], passando attraverso l'arresto e la prigionia di centinaia di militanti. Nel [[1973]] Napoli si ritrovò in una situazione di arretratezza e miseria che non aveva eguali in nessun'altra parte del mondo occidentale. La speculazione edilizia era inarrestabile e la mortalità infantile sensibilmente più alta di quella delle città del nord e l'aspettativa di vita decisamente inferiore. In questo clima di degrado sociale, ma soprattutto urbano, si verificò un'epidemia di colera che sconvolse il mondo ma soprattutto l'[[Europa]] di allora: la città venne definita dai vari cronisti dell'epoca come la "[[Calcutta]] d'Europa". Il focolaio si estese successivamente fino a [[Bari]]. Morirono 30 persone e il mercato ittico entrò in una gravissima crisi.
[[File:Napoli, Madre del Buon Consiglio (terremoto 1980) (2).jpg|thumb|upright=1.2|Statua della Madonna crollata a seguito del terremoto del 23 novembre 1980 dalla sommità della [[basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio|basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio e Regina della Cattolica Chiesa]]]]
[[File:Centro Direzionale di Napoli (cropped).jpg|thumb|upright=1.2|[[Centro Direzionale di Napoli]]]]
[[File:Universiadi1.jpg|thumb|upright=1.2|La cerimonia di apertura della [[XXX Universiade]] allo [[Stadio Diego Armando Maradona (Napoli)|stadio Diego Armando Maradona]]]]
Alla fine della guerra, quando si trattò di votare il passaggio dalla [[Monarchia]] alla [[Repubblica]], nella circoscrizione di [[Napoli]] 904.000 furono a favore della monarchia, 241.000 per la Repubblica.<ref>Dati Istat, in ''La grande frode. Come l'Italia fu fatta Repubblica'', di Franco Malnati, pagina 234</ref> Tuttavia, nel capoluogo campano, dal 9 all'11 giugno [[1946]] – pochi giorni dopo la proclamazione della vittoria repubblicana – una spontanea protesta popolare in via Medina sfociò in un violento scontro, dalle circostanze mai oggettivamente chiarite, che provocò nove morti. Tali fatti furono chiamati [[strage di via Medina]]. Pochi giorni dopo, fu [[Enrico De Nicola]], napoletano, ad essere eletto primo [[presidente della Repubblica]].
 
Questa vicenda evidenzia anche un tratto caratteristico dell’identità politica e culturale della città. Come ha osservato lo storico [[Fernand Braudel]], Napoli si è spesso mostrata «europea prima che italiana», privilegiando storicamente rapporti diretti con le principali capitali europee, come [[Madrid]] e [[Parigi]], più che con altre città italiane.<ref>{{Cita news|autore=Maria Franchini|url=https://www.gettalarete.it/litalia-fa-un-grave-errore-a-non-valorizzare-napoli-e-le-sue-potenzialita-le-parole-del-grande-storico-francese-fernand-braudel/|titolo=L’Italia sbaglia a non valorizzare le enormi potenzialità di Napoli, dichiara il grande storico francese Fernand Braudel|pubblicazione=Gettalarete.it|accesso=26 febbraio 2025}}</ref> Questa prospettiva ha influenzato il posizionamento diplomatico e culturale di Napoli nel secondo dopoguerra, alimentando una forte vocazione internazionale e una rete di rapporti transnazionali che perdurano ancora oggi.
Durante il terremoto del [[1980]], che distrusse quasi l'intera [[Irpinia]], [[Napoli]] fu, seppur solo in alcune zone, fortemente danneggiata, ma non ottenne, nonostante le denunce del sindaco di allora Valenzi (indipendente del PCI), grosse somme di denaro per la ricostruzione. In molti casi, i lavori di recupero durarono per un decennio, complicando il già precario assetto dell'urbanistica cittadina. Nel [[1982]] iniziarono i cantieri del futuro [[Centro Direzionale di Napoli]], il primo cluster di grattacieli d'[[Italia]] e dell'[[Europa meridionale]].<ref>[http://www.sirenapartenope.it/2010/01/24/il-centro-direzionale-di-napoli/ sirenapartenope.it]</ref>
 
Gli anni del [[miracolo economico italiano|miracolo economico]] ebbero rilevanti effetti anche sulla città, ma, allo stesso tempo, coincisero anche con la nascita di una Napoli capitale della [[speculazione edilizia]], che fu simbolicamente descritta nel celebre film ''[[Le mani sulla città]]'' di [[Francesco Rosi]]. In questo periodo la città si espanse in tutte le direzioni, anche oltre gli obsoleti confini comunali, portando alla nascita dell'[[agglomerato]] urbano che oggi conosciamo.<ref>{{cita web|url=https://www.bibliomanie.it/?p=10938|titolo=Le mani sulla città. Una spietata denuncia della Napoli del laurismo}}</ref> Nello stesso periodo, la città vide nascere anche un’attività cinematografica molto intensa, sia a livello nazionale che internazionale.<ref>{{cita web|url=https://www.dodicimagazine.com/2019/01/16/cinema-a-napoli-larte-di-mostrarsi/|titolo=CINEMA A NAPOLI: L’ARTE DI MOSTRARSI|accesso=28 febbraio 2024}}</ref>
Negli anni che seguirono, diversi fatti eclatanti accaddero nel capoluogo partenopeo, come la nascita della NCO di [[Raffaele Cutolo]], organizzazione camorristica, ed il rapimento da parte delle [[Brigate Rosse]] dell'Assessore Regionale [[Ciro Cirillo]].
 
Nel [[1970]] nacque la [[Nuova Camorra Organizzata]] di [[Raffaele Cutolo]]. Nel [[1973]], Napoli si trovava in una situazione di arretratezza e miseria molto grave: la speculazione edilizia era inarrestabile, la mortalità infantile sensibilmente più alta di quella delle città del nord e l’aspettativa di vita decisamente inferiore. In questo clima, già di per sé molto provato, si verificò un’epidemia di [[colera]] che colpì varie città mediterranee.<ref>{{cita web|url=https://www.ansa.it/web/notizie/regioni/campania/2013/08/24/Napoli-40-anni-fa-incubo-colera_9192992.html|titolo=Ansa , ''Napoli, 40 anni fa l'incubo del colera''}}</ref> La causa del contagio fu una partita di cozze provenienti dalla [[Tunisia]]. Morirono 30 persone e il mercato ittico e turistico napoletano entrò in una gravissima crisi. Il focolaio successivamente si estese fino a [[Bari]].
Da una situazione economica e sociale così difficile, fu la [[camorra]] a proliferare; questa, attraverso il suo potere economico, finanziario e militare darà inizio ad un impero economico basato su un'economia illegale e contraffatta <ref>Saviano, Roberto. [[Gomorra (romanzo)|Gomorra]]. Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra. Milano, Italia: [[Arnoldo Mondadori]], [[2006]], 331 p., 21 cm.</ref>: tutt'oggi risulta che molte attività illegali napoletane siano, direttamente o indirettamente, controllate dalla camorra. Tra le ripercussioni più gravi della camorra (seppur in concomitanza con le imprese del nord, con la responsabilità dei governi nazionali e locali) vi è la grave [[Crisi dei rifiuti in Campania]], tuttora in atto.
 
A Napoli si verificarono fatti di rilievo della [[strategia della tensione]] e del terrorismo, dalla nascita dei [[Nuclei Armati Proletari]] ([[1974]]) alla Colonna Senzani delle [[Brigate Rosse]] ([[1980]]), passando attraverso l’arresto e la prigionia di centinaia di militanti. Nel 1980 si verificò anche il grande terremoto dell’[[Irpinia]], che distrusse quasi interamente [[Avellino]] e la sua provincia. Napoli fu, seppur solo in alcune zone, fortemente danneggiata, ma non ottenne, nonostante le denunce del sindaco di allora [[Maurizio Valenzi]], grosse somme di denaro per la ricostruzione. Furono danneggiate anche importanti basiliche del vasto [[centro storico di Napoli|centro storico napoletano]], come la [[chiesa dei Girolamini]], la [[chiesa di Sant'Agostino alla Zecca]] e la [[chiesa di San Giovanni Battista delle Monache]]. In molti casi, i lavori di recupero durarono per un decennio, complicando ulteriormente il già precario assetto dell’urbanistica cittadina.
Negli anni '90, la metropolitana di Napoli diventerà un paradigma di riqualificazione territoriale; mentre nel 2000 nascerà un sistema integrato. Il notevole ampliamento della metropolitana di Napoli nasce per decongestionare dal traffico l'area napoletana, che è al livello di quello di [[Bombay]], ma con i decibel come quelli de [[Il Cairo]]. La [[Linea 1 (metropolitana di Napoli)|Linea 1]], oggi a metà percorso del suo completamento, è la prima metropolitana al mondo costituita anche da vere e proprie stazioni dell'arte.<ref>La metropolitana di Napoli. Nuovi spazi per la mobilità e la cultura, Napoli, Electa, 2000. ISBN 88-435-8528-2.</ref> Nel [[2010]] è stato presentato "Naplest". I progetti sono stati inaugurati da un gruppo di imprenditori privati: gli interventi, che riguarderanno l'intera area orientale della città, saranno paragonabili a quelli dell'[[Expo 2015|Expo di Milano]].<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/06/07/faraone-mennella-vi-presento-naplest.html LaRepubblica.it ]</ref><ref>[http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/economia/2010/8-giugno-2010/naplest-citta-oriente-trova-26mila-nuovi-occupati--1703160068017.shtml CorrieredelMezzogiorno. corriete.it]</ref> Nel 2012 Napoli ospiterà l'Expo dello Spazio <ref>[http://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10817 comune.napoli.it]</ref> e nel [[2013]] ospiterà il [[Forum Universale delle Culture]].
 
Nel [[1981]] vi fu il celebre rapimento dell’Assessore Regionale [[Ciro Cirillo]] da parte delle Brigate Rosse. Da una situazione economica, sociale e politica così difficile, fu la [[camorra]] a proliferare. Negli anni [[1982]]-[[1984|84]], a ovest della metropoli, i [[Campi Flegrei]] furono colpiti da una seconda crisi [[bradisismo flegreo|bradisismica]], dopo quella del 1970, che provocò un esodo di massa, soprattutto a [[Pozzuoli]], dove parte della popolazione trovò rifugio nella nuova zona urbana di [[Monterusciello]].<ref>{{cita web|url=http://www.campiflegrei.eu/bradisismo-1982-84.html|titolo=Campiflegrei , ''Bradisismo 1982-84''}}</ref> La crisi bradisismica venne avvertita anche dagli stessi quartieri occidentali del comune di Napoli, come [[Bagnoli (Napoli)|Bagnoli]] e [[Pianura (Napoli)|Pianura]].
== Bibliografia ==
{{vedi anche|Bradisismo flegreo}}
* Attilio Wanderlingh, ''I giorni di Neapolis'', Napoli, [[2001]]
Il 21 dicembre [[1985]], nell’area orientale della città vi fu l’esplosione di venticinque serbatoi costieri dell’[[Agip]] e uno spaventoso incendio,<ref>{{Cita web |url=http://www.napoliassise.it/Libretto%20Vigliena.pdf |titolo=Il destino di Napoli Est |sito=Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia |pagina=6 |data= |accesso=15 ottobre 2025}}</ref> che durò quasi una settimana, e che causò cinque vittime, 165 feriti, 2594 senzatetto e 100 miliardi di danni. Dall’amministrazione municipale fu recepita la necessità di delocalizzare quelle attività che potessero costituire fonte di pericolo per la popolazione e causa di ulteriore inquinamento per un territorio già seriamente compromesso. Tuttavia, solo nel [[1993]] la [[Q8]] cessò l’attività.
* Pietro Summonte, ''Historia della città e del regno di Napoli'', Napoli, [[1748]]
* [[Michelangelo Schipa]], ''Storia del ducato napolitano'', Napoli, [[1895]]
* [[Bartolommeo Capasso]], ''Napoli greco-romana'', Napoli, [[1905]]
* G. De Petra, ''Le origini di Napoli'', Napoli, 1905
* Alberto Pirro, ''Le origini di Napoli'', [[Salerno]], [[1906]]
* {{en}} Roy M. Peterson, ''The cults of Campania'', [[Roma]], [[1919]]
* [[Emanuele Ciaceri]], ''Storia della Magna Grecia'', Milano - Roma, [[1924]]
* [[Ernesto Pontieri]], ''Il Regno Normanno'', Milano, [[1932]]
* [[Giovanni Pugliese Carratelli]], ''Sul culto delle sirene nel golfo di Napoli'', in "La parola al passato", Napoli, [[1952]]
* [[Mario Napoli]], ''Napoli greco-romana'', Napoli, [[1959]]
* [[Jean Bérard]], ''La Magna Grecia'', Torino, [[1963]]
* Gino Doria, ''Storia di una capitale. Napoli dalle origini al 1860.'', Ricciardi, [[Milano]]-[[Napoli]], [[1975]]
* Vittorio Gleijeses, ''La storia di Napoli dalle origini ai nostri giorni'', Napoli, [[1977]]
* Lucio Santoro, ''Le mura di Napoli'', Roma, [[1984]]
* Pierluigi Rovito, ''Res Publica dei Togati - Giuristi e Società nella Napoli del Seicento'', Napoli,Jovene Editore,1986
* Pierluigi Rovito, ''Il Viceregno Spagnolo di Napoli''',Arte Tipografica,Napoli,2003.
 
Nel [[1988]], la città fu teatro di un [[attentato di Napoli|attentato anti-Usa]] da parte dell’[[Armata Rossa Giapponese]], che provocò cinque decessi (quattro napoletani e una portoricana) e venti feriti. L’obiettivo fu il circolo Uso di Calata San Marco, dove aveva sede il club dei marinai americani della VI flotta.<ref>{{cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/04/16/dietro-quella-bomba-alleanza-del-terrore.html|titolo=Ricerca.repubblica , ''DIETRO QUELLA BOMBA L' ALLEANZA DEL TERRORE''}}</ref>
==Note==
 
<references />
Nel [[1994]] la città ospitò il [[G7]] e la conferenza mondiale dell’[[ONU]] per la lotta contro la criminalità organizzata, rappresentando così un’occasione di rilancio turistico, culturale e amministrativo. Nel [[1995]], dopo circa dieci anni di cantieri, venne completato il [[centro direzionale di Napoli]], il primo gruppo di grattacieli d’[[Italia]] e dell’[[Europa meridionale]]. Nel frattempo, il centro storico della città venne riconosciuto come [[patrimonio dell'umanità]] dall’[[UNESCO]].<ref>{{cita web|url=https://whc.unesco.org/en/list/726|titolo=Unesco , ''Historic centre of Naples''}}</ref>
 
Il 23 gennaio [[1996]] si consumò la [[tragedia di Secondigliano]], meglio nota come voragine di [[Secondigliano]], nella quale persero la vita 11 persone.<ref>{{cita web|url=https://www.ansa.it/campania/notizie/2021/01/23/tragedia-secondigliano-superstite-sogno-vittime-ogni-notte_90228ae3-dcdb-4758-922c-bfe5178022ad.html|titolo=Tragedia Secondigliano: superstite, sogno vittime ogni notte}}</ref>
 
Nel [[2001]], nell’ambito della costruzione e del potenziamento del proprio sistema di trasporto sotterraneo, vennero inaugurate le prime [[stazioni dell'arte]]: [[Quattro Giornate (metropolitana di Napoli)|Quattro Giornate]], [[Salvator Rosa (metropolitana di Napoli)|Salvator Rosa]] e [[Museo (metropolitana di Napoli)|Museo]]. Sempre agli inizi degli anni 2000, apparve evidente che la camorra era ancora una organizzazione potente, con migliaia di affiliati, divisi in oltre 150 famiglie attive in tutta la [[Campania]], e con insediamenti anche all’estero, in paesi come i [[Paesi Bassi]], la [[Spagna]], la [[Francia]] e il [[Marocco]].<ref>{{cita web|url=https://napoli.occhionotizie.it/camorra-napoli-famiglie-provincia-dia-gennaio-giugno-2019/|titolo=Camorra a Napoli: le famiglie più potenti della provincia, la relazione aggiornata della Dia|sito=L'Occhio di Napoli|data=18 gennaio 2020|accesso=4 giugno 2020}}</ref>
 
Alla fine del [[2007]], ci fu una nuova e più grave crisi nella gestione dei rifiuti. L’emergenza, le cui immagini di Napoli ricoperta di rifiuti sconvolsero l’opinione pubblica internazionale,<ref>{{cita news|url=https://www.agoravox.it/The-Regime-of-Emergency-il.html|titolo="The Regime of Emergency", il documentario sull’emergenza rifiuti in Campania|pubblicazione=Agoravox.it|accesso=13 marzo 2025}}</ref> fu da imputare a una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi (per approfondire, vedi [[crisi dei rifiuti in Campania]]). Sempre nello stesso periodo, alla città venne assegnata la quarta edizione del [[Forum Universale delle Culture]].<ref>{{cita web|url=https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/campania/cronache/articoli/2007/12_Dicembre/19/forum_culture_napoli.shtml|titolo=Corrieredelmezzogiorno , ''Il Forum delle Culture è di Napoli: si terrà da aprile a luglio, attesi 4 milioni di visitatori''}}</ref>
 
Nel [[2010]], fu presentato, da un gruppo di imprenditori privati, NaplEst, una serie di grandi interventi urbani riguardanti l’area orientale della città.<ref>{{cita web|url=https://www.naplest.it/|titolo=Naplest , ''Napoli sorge a est''}}</ref> Nel marzo [[2011]], Napoli, in quanto sede del [[Allied Joint Force Command Naples]], il comando integrato delle forze [[NATO]] per l’[[Europa meridionale]], costituì il [[quartier generale]] per le [[Intervento militare internazionale in Libia del 2011|operazioni militari in Libia]], sebbene gli uffici fisici del comando si trovino a [[Giugliano in Campania]], come era già accaduto ai tempi della [[guerra del Kosovo]].<ref>{{cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/03/28/alleanza-atlantica-il-quartier-generale-sara-napoli.html|titolo=Ricerca.repubblica , ''Alleanza atlantica il quartier generale sarà a Napoli''}}</ref>
 
Il 5 marzo [[2016]], la FISU si riunì a Bruxelles e assegnò l’organizzazione della [[XXX Universiade]] a Napoli, in seguito alla rinuncia della capitale brasiliana. Nel [[2025]], Napoli si è aggiudicata l’organizzazione della 38ª edizione della [[Coppa America]] di vela, che si terrà nel 2027, segnando la prima volta che la competizione avrà luogo in Italia.<ref>[https://www.governo.it/it/articolo/america-s-cup-napoli-dichiarazione-del-presidente-meloni/28681 Dichiarazione del Presidente Meloni sulla Coppa America di vela], sito ufficiale del Governo Italiano, 2025.</ref>
 
Capitale storica del [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]], la Napoli contemporanea è il centro di una vasta [[area metropolitana di Napoli|area metropolitana]] e ha conservato un notevole ruolo, soprattutto culturale e diplomatico. La città è sede infatti di importanti istituzioni museali e teatrali, di antiche e prestigiose università,<ref>{{cita news|url=https://www.sapere.it/enciclopedia/N%C3%A0poli+%28citt%C3%A0%29.html|titolo=Napoli|pubblicazione=Sapere.it|accesso=27 febbraio 2023}}</ref> nonché dell’[[Assemblea parlamentare del Mediterraneo]].
 
==== Il problema Vesuvio e Campi Flegrei: da rischio a risorsa ====
In quanto ad un possibile risveglio dell'attività eruttiva del [[Vesuvio]], considerato il più grave problema di protezione civile presente in [[Italia]]<ref>{{cita web|url= https://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/attualita/il-vesuvio-e-il-piu-grande-problema-di-protezione-civile-in-italia-a-rischio-un-milione-di-persone|titolo= Ilgiornaledellaprotezionecivile, ''Il Vesuvio è il più grande problema di Protezione Civile in Italia: a rischio un milione di persone''}}</ref>, un considerevole numero di esperti nel campo sono concordi nell'affermare che la prossima eruzione potrebbe essere di intensità [[Indice di esplosività vulcanica|VEI-5]], simile a quella del [[1631]]<ref>{{Cita news|autore=|url=https://meteovesuvio.altervista.org/ERUZIONE%20DEL%20VESUVIO%201631.html|titolo=LO SMITHSONIAN INSTITUTION CONFERMA: IL VESUVIO ERA IN ERUZIONE NEL 1570 E 1500!|pubblicazione=Meteovesuvio.altervista.org|accesso=17 aprile 2024}}</ref>. Per ora la possibilità di manifestarsi un'eruzione devastante, come quella che distrusse [[Pompei (città antica)|Pompei]] ed [[Ercolano (città antica)|Ercolano]], è alquanto scarsa: queste infatti si verificano dopo secoli o addirittura millenni di inattività da parte del vulcano.<ref>{{cita web|url= https://www.ilmattino.it/tecnologia/scienza/vesuvio_ricerca_eruzione_napoli_ultime_notizie-6461368.html|titolo= «Vesuvio, la prossima eruzione devastante tra mille anni», la ricerca del Politecnico di Zurigo'}}</ref>
 
Il problema prioritario della [[zona rossa del Vesuvio]], ossia del territorio più esposto in caso di eruzione (in cui ricade anche il limite più estremo della [[Municipalità 6 di Napoli|VI municipalità del comune di Napoli]]), è quello di ridurre considerevolmente il numero di abitanti. A tal proposito le proposte degli studiosi<ref>Vincenzo De Novellis e Gennaro Di Donna, ''Terno secco al Vesuvio - un'idea per la riduzione del rischio vulcanico'', Napoli, 2006, ISBN 978-88-901407-3-0</ref> vertono su una nuova organizzazione urbana dell'intera [[pianura campana]], zona abbastanza lontana dal vulcano, sulla destinazione dell'area ad attività poco invasive (agricoltura, parchi archeologici e naturali, ecc.) e su progetti riguardanti i mezzi di trasporto e le vie di fuga. Iniziative politiche, atte a sfoltire il numero dei residenti della zona vesuviana, sono state ad ogni modo avviate negli anni, ma con scarsi risultati (progetto Vesuvìa), soprattutto a causa di progetti ambiziosi ma poco attuabili.<ref>{{Cita news|autore=|url=https://www.territorio.regione.campania.it/press-blog/vesuvio-troppi-vincoli/cambier-la-zona-rossa|titolo=«Vesuvio, troppi vincoli/cambierà la zona rossa»|pubblicazione=territorio.regione.campania.it|accesso=17 aprile 2024}}</ref>
 
Simil discorso per l'altro grande vulcano partenopeo, ossia i [[Campi Flegrei]]. La [[Zona rossa dei Campi Flegrei|zona rossa del sistema vulcanico flegreo]] si basa su un evento eruttivo di intensità [[Indice di esplosività vulcanica|VEI-4]], simile all'ultima eruzione registrata in zona, ossia quella del [[Monte Nuovo]], risalente al [[1538]]<ref>{{cita web|url= https://www.ov.ingv.it/index.php/flegrei-storia-eruttiva/le-eruzioni-principali/monte-nuovo|titolo= L'eruzione di Monte Nuovo (1538)}}</ref>. In quest'occasione, dato che la zona non era densamente abitata come oggi, i danni furono alquanto contenuti. [[Pozzuoli]] venne ricoperta da 30&nbsp;cm di cenere, mentre Napoli da 2&nbsp;cm.
 
La storia eruttiva degli ultimi 4000 anni ha dimostrato che una bocca vulcanica potrebbe aprirsi anche verso lo stesso comune di [[Napoli]], ovvero verso il quartiere di [[Fuorigrotta]]. In risposta a tale evenienza, nella zona rossa del vulcano è stata inclusa nel [[2014]], oltre alla zona occidentale del comune, anche altre parti come [[Chiaiano]] e [[Arenella (Napoli)|Arenella]]<ref>{{cita web|url= http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/rischio-eruzione-si-allarga-la-zona-rossa-dei-campi-flegrei/notizie/966544.shtml |titolo= IlMattino, ''Rischio eruzione, si allarga la zona rossa dei Campi Flegrei''}}</ref>. Nel resto del paese esempi molto simili alla [[caldera]] flegrea si trovano a pochi km da [[Roma]] e sono costituiti dai [[Vulcano Laziale|Colli Albani]].<ref>{{cita web |url=http://portale.ingv.it/temi-ricerca/vulcani/vulcani#vulcaniattivi |titolo=Vulcani italiani attivi |editore=Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia |accesso=12 dicembre 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100402224056/http://portale.ingv.it/temi-ricerca/vulcani/vulcani#vulcaniattivi |dataarchivio=2 aprile 2010 |urlmorto=sì }}</ref>
 
Nel [[2012]], è stato pianificato il Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP), nell'ambito del programma scientifico internazionale di perforazioni continentali denominato ICDP (''International Continental Scientific Drilling Program''): il CFDDP prevede la realizzazione di un pozzo di {{M|3,5|u=km}} a Bagnoli, a ridosso della collina di Posillipo, con l'intenzione di monitorare la camera magmatica sottostante e studiare la stratigrafia della locale crosta terrestre<ref name="S. Mattoni"/>. Il foro iniziale, profondo 501 metri nel 2016, ha permesso di ricostruire la [[Stratigrafia (geologia)|stratigrafia]] accumulatasi in {{formatnum:47000}} anni e di rivelare l'evoluzione dell'attività eruttiva nello stesso periodo<ref name="S. Mattoni"/>. Ha permesso, inoltre, di individuare limiti più stringenti all'estensione della caldera, il cui margine orientale, ad esempio, si è potuto restringere fino in corrispondenza della collina di Posillipo, escludendo quindi una possibile estensione fino alla [[centro storico di Napoli|parte centrale della città di Napoli]], come si temeva in precedenza<ref name="S. Mattoni">{{cita web | url = http://comunicazione.ingv.it/index.php/comunicati-e-note-stampa/1459%20CAMPI-FLEGREI-DEEP-DRILLING-PROJECT-CFDDP-PRIMI-RISULTATI-DAL-POZZO-DI-BAGNOLI | titolo = Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP): primi risultati dal pozzo di Bagnoli | autore= Silvia Mattoni | sito = INGV Comunicazione | data= 6 dicembre 2016 | accesso = 13 luglio 2017 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20171010052647/http://comunicazione.ingv.it/index.php/comunicati-e-note-stampa/1459%20CAMPI-FLEGREI-DEEP-DRILLING-PROJECT-CFDDP-PRIMI-RISULTATI-DAL-POZZO-DI-BAGNOLI | dataarchivio = 10 ottobre 2017 | urlmorto = sì }}</ref>.
 
== Storia amministrativa ==
In epoca [[Antica Grecia|greca]] l'amministrazione civile era affidata alle [[Fratria|'''''fratrie''''']], raggruppamenti a base familiare convocati per discutere e deliberare su questioni di interesse pubblico: ve ne erano nove distinte in base al [[nume tutelare]].<ref name=":0">P. Piccolo, ''Dell'origine e della fondazione dei Sedili di Napoli'', Napoli, Luciano Editore, 2005, p. 26-32-34-40-50.</ref>
 
In epoca [[Normanni|normanna]] venne istituita la '''''Magna curia regis''''', affidata a cinque giudici di nobile estrazione che si occupavano delle cause penali; l'amministrazione finanziaria, invece, fu affidata alla "Camera regia". I giudici erano detti ''compalatini'' in quanto nobili di corte, sebbene con poteri speciali.<ref name=":0" />
 
Dal [[XIII secolo|XIII]] al [[XIX secolo|XIX Secolo]], le istituzioni amministrative principali di Napoli sono stati i [[Sedili di Napoli|'''Sedili''']]; i cui rappresentanti, detti ''Eletti'', si riunivano in una sorta di Giunta Municipale, chiamata T''ribunale di San Lorenzo''<ref>{{Cita web|url=https://www.comune.napoli.it/flex/files/D.50ba37c94238b2871360/Prima_serie_Introduz._e_Bibliografia.pdf|titolo=Privilegi, Capitoli e Grazie concessi alla CIttà dal Regno di Napoli - I Serie (1387-1805)}}</ref> (poiché si riunivano nella [[basilica di San Lorenzo Maggiore]]), per decidere come governare la città.
 
Dal [[1642]] in poi (ultimo anno in cui fu convocato il Parlamento del Regno di Napoli), l'amministrazione napoletana era affidata all'[[Eletto del popolo]], nominato dal [[Viceré di Napoli|Viceré]].
 
Durante la ''[[Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]]'' del [[1799]], fu creata per la prima volta la '''Municipalità'''<ref>{{Cita web|url=https://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/EN/D/d%252F5%252F6%252FD.d78fff620c40529e3fa3/P/BLOB:ID=12102|titolo=Comune di Napoli - Origine del Comune e sua evoluzione storica.pdf}}</ref>'','' composta da ''Ufficiali Municipali'' scelti proprio dai Sedili:
 
* ''[[Luigi Serra di Cassano, IV duca di Cassano|Luigi Serra]], duca di Cassano''
* ''Giuseppe Serra di Cassano''
* ''Filippo De Gennaro''
* ''Luigi Carafa''
* ''Giuseppe Pignatelli del Vaglio''
* ''Vincenzo Bruno''
* ''Antonio Avella''
* ''[[Ferdinando Ruggi d'Aragona]]''
* ''Pasquale Daniele''
* ''Michele La Greca''
* ''Clino Rosselli''
* ''Ignazio Stile''
* ''Francesco Maria Gargano''
* ''Andrea Dino''
* ''[[Andrea Coppola (politico)|Andrea Coppola]]''
* ''[[Andrea Vitaliani]]''
* ''Domenico Piatti''
* ''Carlo Iazeolla''
* ''[[Nicola Carlomagno]]''
 
La ''Municipalità'' così creata fu abolita alla fine della Rivoluzione Napoletana.
 
Dopo la Rivoluzione Napoletana, [[Ferdinando I di Borbone|Re Ferdinando I di Borbone]] riformò l'Amministrazione napoletana, sostituendo gli Eletti del Popolo con un '''''Senato''''' di 8 membri di nomina regia.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-i-di-borbone-re-delle-due-sicilie_(Dizionario-Biografico)|titolo=FERDINANDO I di Borbone, re delle Due Sicilie in "Dizionario Biografico"|sito=www.treccani.it|lingua=it|accesso=8 novembre 2022}}</ref>
 
Il [[25 aprile|25 Aprile]] [[1800]] Re Ferdinando I di Borbone abolì il potere dei Sedili, che ne aboliva le funzioni unitamente a quelle del ''Tribunale di San Lorenzo''.
 
L'[[8 agosto]] [[1806]], sotto [[Regno di Napoli (1806-1815)|dominazione francese]], con la legge detta de "''L'Eversione Feudale''", fu definita la nuova struttura amministrativa della città, che riformava la carica di '''Sindaco''' e istituiva il ''Decurionato'' (consiglio), a capo della ''Municipalità'' (prima di allora detta ''Università''). Il primo sindaco dopo tale riforma fu nominato il 2 dicembre [[1808]]. Grazie alle riforme di [[Gioacchino Murat]] i Sedili non furono del tutto riabilitati, quanto piuttosto trasfusi nel ''Corpo di Città'' (e nel ''Municipio,'' a partire dal 1808).
 
Il sistema fu mantenuto con poche modifiche sostanziali sia all'atto della [[Restaurazione]] che dell'[[Unità d'Italia]]<ref>[[:s:L. 20 marzo 1865, n. 2248|Legge 20 marzo 1865, n. 2248]], Allegato A, Legge per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia</ref>. Dal [[1889]] la carica del sindaco divenne elettiva, tra i membri del [[consiglio comunale]]<ref>Legge 30 dicembre 1888, n. 5865, Legge portante modificazioni alla legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato A</ref>, possibilità che fu temporaneamente soppressa tra il [[1926]]<ref>Legge 4 febbraio 1926, n. 237 e R.D.L. 3 settembre 1926, n. 1910, Estensione dell'ordinamento podestarile a tutti i comuni del regno</ref> e il [[1944]]<ref>R.D.L. 4 aprile 1944</ref> per l'istituzione dell'ordinamento podestarile. Il sistema elettivo fu definitivamente ripristinato nel [[1946]]<ref>D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1</ref><ref>[[Rosaria Secondulfo]], [http://www.oocities.org/giosec/nuovanap.htm ''"La Napoli nella seconda metà del novecento: dal Dopoguerra all'Autority delle Telecomunicazioni"''], OoCities.org</ref>, fino all'introduzione, nel [[1993]], dell'elezione diretta del sindaco<ref>legge 25 marzo 1993, n. 81, Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale</ref> che ai sensi della Legge 56/2014 è anche sindaco della [[Città metropolitana di Napoli|città metropolitana]].
 
== Note ==
=== Annotazioni ===
<references group="N"/>
 
=== Fonti ===
<References />
 
== Bibliografia ==
* Nicola Forte, "Viaggio nella memoria persa del regno delle Due Sicilie" -Imagaenaria-2007
* Leonardo di Mauro, ''Breve storia di Napoli'', Pacini editore, Napoli 2006
* Giovanni Antonio Summonte, ''Historia della città e del regno di Napoli'', Napoli, 1748
* [[Michelangelo Schipa]], ''Storia del ducato napolitano'', Napoli, 1895
* [[Bartolommeo Capasso]], ''Napoli greco-romana'', Napoli, 1905
* [[Giuseppe Galasso]], ''Napoli spagnola dopo Masaniello: politica, cultura, società'', Sansoni Editore, Firenze, 1982.
* Giuseppe Galasso, ''[https://www.jstor.org/stable/23720992 La disarticolazione di Napoli dal Mezzogiorno]'', Ventunesimo Secolo Vol. 8, No. 20, Napoli (Ottobre 2009), pp.&nbsp;11–24
* {{en}} Roy M. Peterson, ''The cults of Campania'', [[Roma]], 1919
* [[Emanuele Ciaceri]], ''Storia della Magna Grecia'', Milano - Roma, 1924
* [[Ernesto Pontieri]], ''Il Regno Normanno'', Milano, 1932
* [[Giovanni Pugliese Carratelli]], ''Sul culto delle sirene nel golfo di Napoli'', in "La parola al passato", Napoli, 1952
* [[Mario Napoli]], ''Napoli greco-romana'', Napoli, 1959
* [[Jean Bérard]], ''La Magna Grecia'', Torino, 1963
* Gino Doria, ''Storia di una capitale. Napoli dalle origini al 1860.'', Ricciardi, [[Milano]]-[[Napoli]], 1975
* Vittorio Gleijeses, ''La storia di Napoli dalle origini ai nostri giorni'', Napoli, 1977
* Lucio Santoro, ''Le mura di Napoli'', Roma, 1984
* Pierluigi Rovito, ''Res Publica dei Togati - Giuristi e Società nella Napoli del Seicento'', Napoli, Jovene Editore, 1986
* Pierluigi Rovito, ''Il Viceregno Spagnolo di Napoli'', Arte Tipografica, Napoli, 2003.
 
== Voci correlate ==
* [[Centro storico di Napoli]]
* [[MonumentiDucato di Napoli]]
* [[PesteViceré deldi 1656Napoli]]
* [[Centro storicoSovrani di Napoli]]
* [[DucatoSiti archeologici dia Napoli]]
* [[Regno di Napoli]]
* [[PitturaPeste del napoletana1656]]
* [[Pittura napoletana]]
*[[Regno delle Due Sicilie]]
* [[Elenco dei monarchiRegno di Napoli e Sicilia]]
* [[Regno delle Due Sicilie]]
*[[Elenco dei viceré spagnoli di Napoli]]
* [[Repubblica napoletana (1647)]]
*[[Elenco dei viceré austriaci di Napoli]]
* [[Repubblica Napoletana (16471799)]]
* [[Storia dell'urbanistica e dell'architettura di Napoli]]
*[[Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica partenopea del 1799]]
* [[Storia dell'urbanistica e dell'architetturaStemma di Napoli]]
*[[Stemma di Napoli]]
 
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