Cristianesimo in Turchia: differenze tra le versioni

Versione delle 07:27, 13 mar 2011

Versione attuale delle 17:14, 3 ott 2025

(85 versioni intermedie di 45 utenti non mostrate)

Riga 1:

Il '''cristianesimo in Turchia''' è presente fin dalla [[Età apostolica|predicazione apostolica]]. L'[[Anatolia]] ha dato i natali a [[San Paolo]] (originario di [[Tarso (Turchia)|Tarso]]); in essa si sono tenuti i primi sette [[Concilio ecumenico|Concili ecumenici]] della Chiesa; le «[[Sette Chiese dell'Asia|sette Chiese dell'Apocalisse]]» di [[Giovanni apostolo ed evangelista|San Giovanni]] si trovano tutte nella regione; infine, vicino ad [[Efeso]] si trova quella che la tradizione riconosce come la "[[casa di Maria]]", luogo dove la [[Maria (madre di Gesù)|madre di Gesù]] visse gli ultimi anni.

Il '''Cristianesimo in [[Turchia]]''' costituisce una religione minoritaria, che conta 140.000 fedeli su una popolazione di 74.500.000 di persone (lo 0,2 %).<br/>

Nel Paese sono presenti tutte le tradizionali confessioni cristiane: la [[Chiesa cristiana ortodossa|Chiesa ortodossa]], la [[Chiesa cattolica]] e il [[protestantesimo]], così suddivisi:<br/>

* armeni (80.000);

* cattolici latini, armeni, siri, caldei (30.000);

* greco-ortodossi (13.000);

* siriaci (12.000);

* protestanti (5.000).

Oggi, tuttavia, in [[Turchia]] vi è una popolazione cristiana più ridotta che in ogni stato mediorientale confinante ([[Siria]], [[Iraq]] e [[Iran]]); ciò è dovuto principalmente alle migrazioni forzate delle popolazioni cristiane [[greci|greche]], [[Armeni|armene]] e [[Assiri (gruppo etnico)|assire]] della Turchia nel periodo della [[prima guerra mondiale]]. I cristiani sono {{formatnum:120000}} su una popolazione di {{formatnum:76600000}} (2010) di persone (lo 0,2%).<br />

==Il Trattato di Losanna e la sua interpretazione restrittiva==

Nel Paese sono presenti tutte leLe tradizionali confessioni cristiane: (la [[Chiesa cristiana ortodossa|Chiesa ortodossa]], la [[Chiesa cattolica]] e il [[protestantesimo]]), sono così suddivisisuddivise:<br/>

Le relazioni dello Stato turco con le religioni non musulmane sono state definite nel [[Trattato di Losanna (1923)|Trattato di Losanna]], firmato il [[24 luglio]] [[1923]] tra la Repubblica e le potenze occidentali vincitrici della [[prima guerra mondiale]]. Nella terza sezione concernente la ''Schutz der Minderheiten'' (artt. 37-45) la Repubblica si impegna a garantire a tutti gli abitanti della Turchia, senza riguardo a provenienza, nazionalità, lingua, razza o religione, completa tutela della vita e della libertà (art. 38, par. 1). Garantisce “a tutti gli abitanti della Turchia, senza discriminazione per motivi religiosi” uguaglianza davanti alla legge (art. 39, par. 2). Assicura che “quanti in possesso della cittadinanza turca appartenenti alle minoranze non musulmane ricevono davanti alla legge e nella prassi concreta lo stesso trattamento e la stessa sicurezza degli altri cittadini turchi” (art. 40 riga 1). Si impegna “a garantire completa protezione alle chiese, le sinagoghe, i cimiteri ed altre istituzioni religiose delle minoranze non musulmane” (art. 42, par. 3, riga 1).<br/>

* armeni ({{formatnum:50000}});

La Repubblica turca, invero, ha fatto seguire alla firma del trattato un'interpretazione molto restrittiva. Sono state considerate minoranze non musulmane soltanto le comunità armene, bulgare, greco-ortodosse ed ebraiche. Le comunità cristiane arabofone, quelle siro-ortodosse, caldee e cattoliche latine non sono state riconosciute. In più, nonostante lo Stato turco abbia concesso a quattro comunità lo status di "confessione ammessa", non ha proceduto al riconoscimento giuridico di nessuna minoranza religiosa. Alle comunità religiose non musulmane, quindi, non è permesso possedere beni né acquistarli. I fedeli non possono costruire chiese o aprire seminari (possono solo mantenere quelli già esistenti alla data del Trattato). Successivamente alla firma del trattato, molti dei beni delle chiese non riconosciute sono stati confiscati e nazionalizzati.

* cattolici latini, armeni, siri, caldei (30.000{{formatnum:21500}});

* greco-ortodossi (13.000{{formatnum:2000}});

* siriaci (12.000{{formatnum:12000}});

* protestanti (5.000{{formatnum:5000}}).

==Le comunità cristiane in età ottomana==

Sempre negli anni Venti fu effettuato uno [[Scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia]] su base etnico-religiosa: 1.344.000 cristiani greco-ortodossi lasciarono le loro terre in territorio turco (soprattutto le isole e le città sulla costa del Mar egeo) per essere rimpatriati in Grecia; di contro, 464.000 turchi musulmani lasciarono la Tracia per rientrare in Turchia. L'unica città che conservava una non sparuta presenza di cristiani (di tutte le confessioni) rimaneva [[Istanbul]], ma nel tempo anche la città del Bosforo ha perso il suo carattere cosmopolita: infatti la presenza dei cristiani si è ridotta dai 136.000 nel [[1927]] ai 70.000 di oggi.

Nell'[[Impero ottomano]] convissero turchi, curdi, cristiani (ortodossi, cattolici, armeni e siriaci) ed ebrei. Le "Genti del Libro" (cristiani ed ebrei) furono considerate ''[[dhimmi]]'': ad esse fu risparmiato l'obbligo di conversione all'islam, ma ebbero uno status giuridico inferiore a quello dei musulmani. Le due tasse principali loro imposte erano la ''[[jizya]]'', un [[testatico]], e il ''[[kharāj]]'', un'imposta fondiaria. Ai ''dhimmi'' fu sempre vietata, inoltre, ogni attività missionaria<ref name="a">{{cita|A. Riccardi|p. 65|Riccardi, 2015}}.</ref>.

Le minoranze religiose erano inquadrate per gruppi (''[[millet (Impero ottomano)|millet]]'') in uno speciale sistema amministrativo. I ''millet'' potevano gestire autonomamente il [[diritto civile]] (compreso il [[diritto di famiglia]]). La [[Diritto ottomano|legge ottomana]] riconosceva al capo religioso anche il ruolo di capo civile della comunità. Egli otteneva quindi la giurisdizione di governatore civile dei suoi correligionari e rappresentava la propria comunità di fronte al [[Sultano (Impero ottomano)|Sultano]] e alla sua amministrazione.

Nel [[1971]] le università e le scuole superiori in Turchia sono state nazionalizzate. Questo ha comportato la chiusura dell'Accademia teologica ortodossa di Halki e del piccolo seminario che i cappuccini avevano aperto a Mersin.<br/>

Attualmente, il clima nella vita pubblica turca non segnala una totale apertura mentale verso le altre religioni. Diversi media e politici parlano di un “pericolo cristiano” dovuto - secondo loro - all'enorme numero di convertiti dall'islam. In realtà, come dimostrano i dati del Ministero degli Interni, dal 1999 al 2001 si sono fatti battezzare solo 344 musulmani, su una popolazione di oltre 70 milioni di cittadini<ref>''[[Avvenire]]'', 6 febbraio 2009.</ref>.<br />

Le religioni minoritarie sono discriminate. La legge attuale prevede, ad esempio, che una [[Chiesa (architettura)|chiesa]] non possa affacciarsi direttamente sulla pubblica via.<br/>

Nel [[2008]] una svolta positiva: in febbraio, su sollecitazione dell'[[Unione Europea]], la Turchia ha emanato una legge che permette alle fondazioni non musulmane residenti di accettare donazioni ed effettuare l'acquisto di nuove proprietà.

Nella seconda metà del [[XIX secolo]] i cristiani erano il 48,4% della popolazione di [[Istanbul]]. In Anatolia essi costituivano il 16,6% degli abitanti<ref name="a" />. Nel 1856 il sultano ottomano, sotto la pressione delle potenze europee, proclamò l'uguaglianza di tutti i suoi sudditi. Con l'“Editto imperiale” tutti i cittadini dell'impero videro riconosciuti uguali diritti. I decreti del sultano comportarono l'abolizione della ''[[jizya]]''<ref name="Bat Ye'or">{{cita libro | autore= Bat Ye'or| titolo= Il declino della cristianità sotto l'Islam| anno= 2009| editore= Lindau| città= Torino|p = 77}}</ref>. L'ultima ordinanza discriminatoria nei confronti di ebrei e cristiani non era tanto lontana: nel 1837 il sultano [[Mahmud II]] aveva imposto agli ebrei strette disposizioni in materia di abbigliamento<ref>Bat Ye'or, ''op. cit.'', p. 135.</ref>. La popolazione musulmana rigettò la riforma, giudicandola una rottura della ''dhimma''. In Palestina e in Siria scoppiarono cruente rappresaglie. Nel 1876 fu approvata la [[Costituzione ottomana del 1876|nuova Costituzione]], che sancì l'uguaglianza di tutti i cittadini dell'impero indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa o etnica. Al di là del quadro di diritto, la vita sociale continuò a svolgersi su parametri differenti: i cristiani continuarono ad essere visti come cittadini di status inferiore da parte della maggioranza musulmana<ref>{{cita|A. Riccardi|p. 111|Riccardi, 2015}}.</ref>. La discriminazione era evidente anche sul piano urbanistico: mentre le moschee si aprivano direttamente sulle strade, le chiese venivano costruite dietro alti muri, per celarne la vista ai musulmani<ref>{{cita|A. Riccardi|p. 189|Riccardi, 2015}}.</ref>.

==La Chiesa greco-ortodossa in Turchia==

Per i cristiani esistevano parole discriminatorie su base etnica: i turchi li chiamavano ''frandji'' mentre i curdi li ingiuriavano con il termine ''giaur''<ref>{{cita|A. Riccardi|p. 116|Riccardi, 2015}}.</ref>. Nelle zone rurali della [[Vilayet di Diyarbekir|provincia di Diyarbakir]] (Turchia meridionale) non erano infrequenti i rapimenti di donne cristiane ad opera di maschi curdi<ref>{{cita|A. Riccardi|p. 60|Riccardi, 2015}}.</ref>.

==Il genocidio degli armeni==

{{Vedi anche|Genocidio armeno|Genocidio assiro}}

Nei primi anni del Novecento accrebbero la loro influenza i «[[Giovani Turchi]]», una fazione che esibiva forti connotati nazionalisti.

Nel 1914 scoppiò la [[prima guerra mondiale|guerra in Europa]]. L'Impero ottomano, alleato di [[Austria-Ungheria]] e [[Impero tedesco|Germania imperiale]], combatté al fianco degli imperi centrali.<br />

I Giovani turchi intrapresero una battaglia chiaramente nazionalista, volta ad evitare ogni perdita territoriale in Anatolia. Il gruppo organizzato (''millet'') non musulmano più numeroso in Anatolia era quello armeno. Furono proprio gli armeni ad essere presi di mira dai Giovani Turchi, che ne pianificarono la distruzione. Fu un editto religioso ad ordinare la persecuzione contro gli armeni: il ''[[jihād]]'' venne proclamato il 14 novembre 1914 da [[Maometto V]] “contro gli infedeli che combattono il califfo”, come si autodefiniva l'imperatore ottomano. Così la lotta, da nazionale, divenne anche religiosa<ref>Andrea Riccardi, ''op. cit.'', p. 281.</ref>.

L'editto finì per coinvolgere anche gli altri cristiani dell'impero, specie quelli delle regioni orientali. Vennero colpiti, infatti, anche i siriaci (sia cattolici che ortodossi), gli assiri ed i caldei. I siriaci furono tra le popolazioni più massacrate. Si calcola che un terzo della popolazione siriaca del [[Tur Abdin]] e della provincia di [[Diyarbakır]] fu sterminato, con circa {{m|80000}} morti<ref>Andrea Riccardi, ''op. cit.'', p. 282.</ref>. Un gran numero di villaggi, 84 chiese e 14 monasteri furono distrutti. Le diocesi scomparvero: 14 diocesi armeno-cattoliche furono cancellate per sempre.

A tutti fu offerta la conversione all'islam per salvare la vita, ma in genere i cristiani rifiutarono l'abiura della propria fede.<br />

Dopo la guerra, la comunità cristiana in Anatolia non fu più la stessa. La storia dei cristiani in Anatolia praticamente finisce con la [[prima guerra mondiale]]<ref>Andrea Riccardi, ''op.cit.'', p. 288.</ref>.

Nel dopoguerra si profilò per le comunità cristiane residenti in Anatolia una situazione del tutto nuova, meno vantaggiosa di quella precedente, improntata al vecchio sistema dei [[Millet (Impero ottomano)|millet]]. In Turchia il processo di costituzione dello Stato nazionale fu basato sull'identità turca (quindi musulmana); le altre comunità religiose furono considerate estranee alla costruzione del nuovo stato<ref>{{cita web|url=http://turchia.fratesole.com/approfondimenti/i-cristiani-nellimpero-ottomano-e-nella-turchia-moderna/|titolo=I cristiani nell'Impero ottomano e nella Turchia moderna|accesso=2/02/2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160216221814/http://turchia.fratesole.com/approfondimenti/i-cristiani-nellimpero-ottomano-e-nella-turchia-moderna/|urlmorto=sì}}</ref>. Nei medesimi anni si ebbe anche il genocidio dei [[cristianesimo siriaco|cristiani siriaci]], numerosi nel sud-est della Turchia.

== Il Trattato di Losanna e la sua interpretazione restrittiva ==

Le relazioni dello Stato turco con le religioni non musulmane sono statefurono definite neldal [[Trattato di Losanna (1923)|Trattato di Losanna]], firmato il [[24 luglio]] [[1923]] tra la neonata Repubblica e le potenze occidentali vincitrici della [[prima guerra mondiale]]. Nella terza sezione concernente la ''Schutz der Minderheiten'' (artt. 37-45) la Repubblica si impegna a garantire a tutti gli abitanti della Turchia, senza riguardo a provenienza, nazionalità, lingua, razza o religione, completa tutela della vita e della libertà (art. 38, par. 1). Garantisce “a tutti gli abitanti della Turchia, senza discriminazione per motivi religiosi” uguaglianza davanti alla legge (art. 39, par. 2). Assicura che “quanti in possesso della cittadinanza turca appartenenti alle minoranze non musulmane ricevono davanti alla legge e nella prassi concreta lo stesso trattamento e la stessa sicurezza degli altri cittadini turchi” (art. 40 riga 1). Si impegna “a garantire completa protezione alle chiese, le sinagoghe, i cimiteri ed altre istituzioni religiose delle minoranze non musulmane” (art. 42, par. 3, riga 1).<br/>

La Repubblica turca, invero, ha fatto seguire alla firma del trattato un'interpretazione molto restrittiva. Sono state considerate minoranze non musulmane soltanto le comunità armene, bulgare, greco-ortodosse ed ebraiche. Le comunità cristiane arabofone, quelle siro-ortodosse, caldee e cattoliche latine non sono state riconosciute. In più, nonostante lo Stato turco abbia concesso a quattro comunità lo status di "confessione ammessa", non ha proceduto al riconoscimento giuridico di nessuna minoranza religiosa. Alle comunità religiose non musulmane, quindi, non è permesso possedere beni né acquistarli. I fedeli non possono costruire chiese o aprire seminari (possono solo mantenere quelli già esistenti alla data del Trattato). Successivamente alla firma del trattato, molti dei beni delle chiese non riconosciute sono stati confiscati e nazionalizzati.

Successivamente alla firma del trattato, molti dei beni delle chiese non riconosciute sono stati confiscati e nazionalizzati. Inoltre, i cristiani furono costretti a lavorare di domenica; gli studenti cristiani dovettero frequentare le scuole turche; i matrimoni non poterono più essere celebrati con solennità; fu proibito ai parroci di suonare le campane; i capi religiosi cessarono di rappresentare le proprie comunità<ref>{{cita|A. Riccardi|p. 172|Riccardi, 2015}}.</ref>.

Sempre negli anni Venti fu effettuato uno [[Scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia]] su base etnico-religiosa: 1.344.000 cristiani greco-ortodossi lasciarono le loro terre in territorio turco (soprattutto le isole e le città sulla costa del Mar egeo) per essere rimpatriati in Grecia; di contro, 464.000 turchi musulmani lasciarono la Tracia per rientrare in Turchia. L'unica città che conservava una non sparuta presenza di cristiani (di tutte le confessioni) rimaneva [[Istanbul]], ma nel tempo anche la città del Bosforo ha perso il suo carattere cosmopolita: infatti la presenza dei cristiani si è ridotta dai 136.000 nel [[1927]] ai 70.000 di oggi.

Nel [[1971]] le università e le scuole superiori in Turchia sono state nazionalizzate. Questo ha comportato la chiusura dell'[[Scuola Teologica di Halki|Accademia teologica ortodossa di Halki]] e del piccolo seminario che i cappuccini avevano aperto a Mersin.<br/>

==La vita dei cristiani di oggi==

[[File:St Ephrem Syriac Orthodox Church In Yeşilköy, Istanbul.jpg|thumb|La chiesa ortodossa siriaca di [[Sant'Efrem]] a [[Yeşilköy]] nel 2023]]

Attualmente, il clima nella vita pubblica turca non segnala una totale apertura mentale verso le altre religioni. Diversi media e politici parlano di un “pericolo cristiano” dovuto - secondo loro - all'enorme numero di convertiti dall'islam. In realtà, come dimostrano i dati del Ministero degli Interni, dal 1999 al 2001 si sono fatti battezzare solo 344 musulmani, su una popolazione di oltre 70 milioni di cittadini<ref>''[[Avvenire]]'', 6 febbraio 2009.</ref>.<br />Inoltre, per cinquant'anni (dal 1961 al 2011) la Turchia non ha avuto nessun cristiano tra i membri del Parlamento.

I sacerdoti stranieri non hanno diritto al [[permesso di soggiorno]], quindi devono uscire dalla Turchia ogni tre mesi per rinnovare il visto turistico. Ancora oggi la legge prevede che una [[Chiesa (architettura)|chiesa]] non possa affacciarsi direttamente sulla pubblica via. Dal 1922 al 2021 non sono più state costruite nuove chiese in Turchia, ad eccezione di quella di [[Sinope]], inaugurata nel 1958 per la base NATO (ora dismessa) e di quella di [[Efeso]] sulla “[[Casa di Maria]]”, considerata ufficialmente un museo<ref>{{cita|A. Riccardi|p. 187|Riccardi, 2015}}.</ref>. A [[Yeşilköy]], Istanbul, dal 2019 al 2023 è stata costruita la Chiesa siriaco Ortodossa di [[Sant'Efrem]], alla cui posa della prima pietra ha assistito il presidente Erdogan.<ref name="eur">{{Cita web|url=https://tr.euronews.com/2019/08/03/turkiye-de-modern-tarihin-ilk-suryani-kilisesi-icin-temel-atild-erdogan-ve-imamoglu-torene|titolo=Türkiye'de modern tarihin ilk Süryani Kilisesi için temel atıldı: Erdoğan ve İmamoğlu törene katıldı|sito=tr.euronews.com|data=3 agosto 2019|accesso=19 ottobre 2019|lingua=tr}}</ref><ref>{{Cita news|url=https://www.aa.com.tr/en/turkiye/1st-syriac-church-built-in-republic-of-turkiye-ready-to-open-amid-brief-delay-due-to-quakes/2849466|titolo=1st Syriac church built in Republic of Türkiye ready to open amid brief delay due to quakes|autore=Mehmet Yusuf Melikoglu|sito=aa.com.tr |data=18 marzo 2023|accesso=7 agosto 2023|lingua=en}}</ref>

== La Chiesa greco-ortodossa in Turchia ==

{{vedi anche|Patriarca ecumenico di Costantinopoli}}

La sede patriarcale di [[Costantinopoli]] conserva un grandissimo prestigio all'interno della cristianità: il Patriarca di Costantinopoli è da sempre considerato la massima autorità religiosa del mondo ortodosso.<br />

In ossequio al carisma che da sempre circonda la sede costantinopolitana, la Chiesa cattolica ha abolito il patriarcato latino nel 1964, riconoscendo il patriarca ortodosso come unico patriarca di Costantinopoli.

== La Chiesa armena in Turchia ==

Lo stato turco non ha mai riconosciuto né il [[genocidio armeno]] né il [[genocidio assiro]], con cui negli anni [[1915]]-16 le popolazioni cristiane del Paese vennero decimate. Oggi la presenza armena in Turchia è ridotta a livelli minimi, concentrata quasi unicamente ad [[Istanbul]].<br />

Negli ultimi anni si sono verificati avvenimenti di segno contrastante:

* Il [[19 gennaio]] [[2007]] è stato assassinato a [[Istanbul]] [[Hrant Dink]], giornalista armeno direttore del settimanale ''Agos''.

* Nel marzo dello stesso anno il governo turco ha deciso di riaprire, anche se solo come museo <ref>Ciò significa che si deve pagare un biglietto per entrare nell'edificio sacro.</ref> la chiesa armena della Santa Croce, il più importante monumento armeno in terra turca <ref>

{{cita web|autore = Apcom|url = http://www.comunitaarmena.it/comunicati/apcom%2025032010.html|titolo = Turchia/ Riapre al culto chiesa armena su lago di Van|editore = Comunità armena di Roma|data = 25 marzo 2010|accesso = 6/6/2010|urlmorto = sì}}</ref>. La chiesa è situata sull'isola di Akdamar, in mezzo al [[lago di Van]]. Fu edificata nel [[X secolo]]; da diversi decenni versava in stato di grave abbandono.

{{cita web

* Nel 2011 è stata ricostruita la [[Chiesa di San Ciriaco (Diyarbakır)|chiesa di S. Giragos]] nella città di [[Diyarbakır]] (nella zona a maggioranza curda). L'edificio sarà riaperto al culto<ref>{{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=GA3Wvdqg6Pg|titolo=Lavori di ricostruzione della chiesa di S. Giragos|accesso=22 aprile 2012}}</ref>.

|autore= Apcom

|url= http://www.comunitaarmena.it/comunicati/apcom%2025032010.html

|titolo= Turchia/ Riapre al culto chiesa armena su lago di Van

|editore= Comunità armena di Roma

|data= 25 marzo 2010

|accesso= 6/6/2010

}}</ref>. La chiesa è situata sull'isola di Akdamar, in mezzo al [[lago di Van]]. Fu edificata nel [[X secolo]]; da diversi decenni versava in stato di grave abbandono.

== La Chiesa cattolica in Turchia ==

{{vedi anche|Chiesa cattolica in Turchia}}

== Note ==

<references/>

==Fonti Bibliografia ==

* Frédéric Pichon, ''Cristiani d'Oriente'', Lindau, 2008.

* Luigi Padovese, [http://didaskaleion.murialdo.org/finmondo/051117p1.pdf ''I cristiani e la Turchia. Passato e presente''].

* Gerolamo Fazzini, «E in Turchia un cammino tra croci e segni di speranza», ''[[Avvenire]]'', 5 giugno 2010.

* {{cita libro| nome= Andrea | cognome= Riccardi| titolo= La strage dei cristiani. Mardin, gli Armeni e la fine di un mondo | anno= 2015| editore= Laterza| città= Roma-Bari| ed= 1|ISBN=978-88-581-1957-0|cid=Riccardi, 2015}}

== Voci correlate ==

* [[Bartolomeo (patriarca di Costantinopoli)]]

* [[Catastrofe dell'Asia Minore]]

* [[Genocidio greco]]

* [[Monastero di Sumela]]

* [[Chiesa cattolica in Turchia]]

* [[Religioni in Turchia]]

* [[Cristianesimo nell'Impero ottomano]]

==Voci correlateAltri progetti ==

{{interprogetto}}

*[[Bartolomeo (patriarca di Costantinopoli)]]

{{Portale|Cristianesimocristianesimo|Turchia}}

[[Categoria:ReligioneCristianesimo in Turchia| ]]

[[Categoria:Storia del Cristianesimocristianesimo]]