Giovanni Presta: differenze tra le versioni

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|Epoca = 1700
|Attività = medico
|Attività2 = agronomo
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = , noto per i suoi approfonditi studi sull’olivicolturasull’[[olivicoltura]] nel [[Salento]]
|Immagine = Giovanni Presta.jpg
|DimImmagine = 200
}}
== Biografia ==
Presta, unico figlio di Lazaro Presta e Caterina Gaggiulla, fu istruito dai sacerdoti Don Nicola Pirelli e Don Quintino Mastroleo. A sedici anni si trasferì a [[Napoli]] per studiare medicina; lì si dedicò anche agli studi di matematica e astronomia. Grazie alle sue doti di letterato e poeta iniziò subito a frequentare luoghi colti e raffinati e fu aggregato all'accademia Rossanese. Nel 1741, dopo che aveva conseguito la laurea in medicina a Napoli, il padre lo fece tornare a Gallipoli a svolgere la professione da medico. Divenne il più stimato medico del Salento. In seguito si interessò a migliorare i due settori più importanti della produzione agricola salentina di quel tempo: la tabacchicoltura, di cui cercò di migliorare le tecniche di piantagione, e l'olivicoltura, su cui concentrò gli studi. Offrì un importante contributo al dibattito sull'olivicoltura che si svolse nel diciottesimo secolo in Terra d'Otranto. I suoi studi sono testimoniati nelle sue tre importanti opere: ''Memoria su i saggi diversi di olio e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà Imperiale Caterina II, la Pallade delle Russie'' (1786); ''Memoria intorno ai sessantadue saggi diversi di olio presentati alla Maestà di Ferdinando IV, Re delle due Sicilie, ed esame critico dell'antico frantoio trovato a Stabia'' (1788); ''Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l'olio'' (1794). Dopo la sua morte fu sepolto nella Cattedrale di Gallipoli.
 
==Introduzione Metodologia ==
Per migliorare la produzione agricola nel Salento, Presta analizzò le condizioni agricole del territorio e indagò sulle cause storiche che le avevano determinate, cercando di trovare delle soluzioni. In particolare, si dedicò allo studio degli ulivi. Presta seguiva gli insegnamenti di [[Antonio Genovesi]] il quale considerava fondamentale che gli intellettuali s'interessassero a risolvere i problemi concreti della società, che non si fermassero a commentare il degrado nel Meridione, ma che cercassero le cause di tale degrado e le rimuovessero. Genovesi affermava che l'intellettuale, proprio per il ruolo che ricopriva, doveva avvertire il peso di una “missione” da compiere.
 
== Lettere a Marco Lastri ==
Giovanni Presta, celebre medico e studioso Gallipolino del XVIII secolo, è noto per i suoi approfonditi studi sull’olivicoltura nel Salento. Egli infatti decise di dedicarsi allo studio “''degli ulivi, interrogandone non men gli Autori che il gran libro della Natura e la infallibil Maestra della verità, la sperienza''”. Quest’ultima frase, che si riporta integralmente, è contenuta in una delle quattro lettere che il Presta scrisse nel 1783 al “''Veneratissimo Signor Proposto Marco Lastri''”, illustre letterato fiorentino. Un decennio dopo, precisamente nel 1794 pubblicherà un trattato, “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio” che sarà il più completo e documentato testo sull’argomento anticipato in queste lettere. Presta diede un notevole impulso all’olivicoltura salentina di quegli anni; “''nel giro di cinque anni''”, scrive nel 1794, “''almeno cinquantamila ulivi erano stati piantati nel Salento su terre incolte e macchiose''”.
Presta inviò tra marzo e giugno del 1783 quattro lettere a Marco Lastri, amico dell'autore. Queste lettere, custodite nella [[biblioteca Moreniana]] di [[Firenze]], sono rimaste inedite sino al 2001 quando vennero commentate dal Prof. Fabio D'Astore dell'[[Università di Lecce]] in una sua pubblicazione, ''Dall'oblio alla Storia''. In queste lettere si riscontra l'attività di ricerca sugli ulivi iniziata dal Presta che spiega all'amico di voler creare un progetto sull'ammodernamento e sull'incremento delle colture agricole nel Salento. Tale progetto è documentato nella sua terza opera: ''Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l'olio''. Presta chiese all'amico di inviargli i tre tipi di ulivi coltivati in Toscana, “l'infrantoio, il coraggiuolo ed il moraiuolo". Oltre agli alberi di ulivo che sono coltivati in [[Toscana]] chiese anche un modello in legno della macina solcata usata a Firenze. L'autore riteneva importante e decisivo il parere dell'amico per la prosecuzione dell'opera.
 
== Memoria su i saggi diversi di olio ==
==Biografia==
Giovanni Presta dedicò la sua prima opera all'imperatrice di Russia Caterina II, dalla quale “per mezzo del Ministro di Napoli signor duca di Serracapriola ricevé in segno di gradimento duecento Zecchini effettivi di Olanda, ed un medaglione di oro col busto dell'Augusta Imperatrice da una parte, e la statua equestre di Pietro il Grande dall'altra”.
 
=== Dedica ===
Presta nacque a Gallipoli il 24 giugno 1720, unico figlio di Lazaro Presta e Caterina Gaggiulla. Fu istruito dai sacerdoti Don Nicola Pirelli e Don Quintino Mastroleo, la cui educazione contribuì allo sviluppo del suo talento. A sedici anni si trasferì a Napoli per studiare medicina, qui si dedicò anche agli studi di matematica e astronomia. Grazie alle sue doti di letterato e poeta iniziò subito a frequentare luoghi colti e raffinati e fu aggregato nell’accademia Rossanese. Nel 1741 si laureò in medicina a Napoli ma il padre lo fece tornare a Gallipoli a svolgere la sua professione. Divenne il più stimato medico della provincia ed esercitò il suo ruolo in tutto il Salento. In seguito si interessò a migliorare i due settori più importanti della produzione agricola salentina di quel tempo: la tabacchicoltura, di cui cercò di migliorare le tecniche di piantagione, e in particolare concentrò i suoi studi sull’olivicoltura. Egli, ogni anno, faceva piantare del tabacco nei suoi terreni per uso personale ed era proprio questo il migliore tabacco che si aveva nella sua provincia. Riguardo i suoi interessi offrì un importante contributo al dibattito sull’olivicoltura che si svolse nel diciottesimo secolo in Terra d’Otranto. I suoi studi sono testimoniati nelle sue tre importanti opere: “Memoria su i saggi diversi di olio e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà Imperiale Caterina II, la Pallade delle Russie” (1786); “Memoria intorno ai sessantadue saggi diversi di olio presentati alla Maestà di Ferdinando IV, Re delle due Sicilie, ed esame critico dell’antico frantoio trovato a Stabia” (1788); “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio” (1794). Il 18 agosto 1797 morì a Gallipoli e fu sepolto nella Cattedrale.
La lettera dedicatoria fu scritta a Napoli e datata 25 aprile 1786. Presta in questa lettera scrive che insieme alla sua opera invierà alcuni fiaschi contenenti i campioni dei tipi di olio che egli aveva prodotto grazie all'uso delle sue tecniche e di quelle degli antichi. L'autore prega inoltre l'imperatrice di diffondere questo suo scritto in modo da far conoscere i metodi utilizzati per la produzione dell'olio salentino.
 
==Metodologia= Contenuto ===
[[File:Macina11.jpg|thumb|Frantoio a macina verticale liscia esposto nel [[Museo etnostorico Nello Cassata|museo etnostorico]] di [[Barcellona Pozzo di Gotto]].]]
Lo scritto inizia con una descrizione dell'[[Olea europaea|ulivo]]. Dopo il Presta spiega che l'abbandono delle tecniche usate in passato aveva causato un minore interesse per l'olio prodotto nel Salento. L'autore esaminava i metodi usati in passato cercando di migliorarli aggiungendo le conoscenze acquisite con la sua esperienza. Dal passato riprese la classificazione di quattro tipi diversi di olio derivati dal grado di maturazione dell'oliva:
* “onphachinon o oleum acerbum” di olive del tutto acerbe;
* “oleum viride” di olive semiacerbe;
* “oleum maturum” di olive già nere;
* “oleum cibarium” di olive ormai rovinate.
Il modo in cui le olive erano raccolte, la varietà e il periodo scelto erano parametri fondamentali che Presta decise di utilizzare per cercare di migliorare la produzione dell'olio. Le varietà locali usate per estrarre l'olio, secondo il Presta, erano:
* “la Cellina”;
* “la Pasola”;
* “l'oliva di Spagna”;
* “la Corniola”;
* “l'uliva dolce".
Alla fine del libro, l'autore analizza anche la “ragia” degli alberi di ulivo ottenuta senza alcun tipo d'incisione o di tecnica in quanto usciva da sola dai rami dell'albero. Presta dice che la “ragia” non apparteneva a tutti gli alberi ma negli ulivi era molto presente. Egli subito dichiara che le notizie sulla “ragia” erano state prese dal marchese [[Giuseppe Palmieri (pittore)|Giuseppe Palmieri]], economista leccese residente a Napoli, tra le figure più rappresentative del settecento napoletano ma attivo anche nel Salento.
 
== Memoria intorno a sessantadue saggi diversi di olio ==
Presta intendeva migliorare la produzione agricola nel Salento. I suoi studi non si fermavano, quindi, all’analisi delle condizioni agricole ma cercavano di trovare delle soluzioni e di indagare sulle loro cause storiche. Egli voleva rimuovere il problema alla radice, sfruttando soprattutto l’esperienza. Presta seguiva gli insegnamenti di Antonio Genovesi il quale considerava fondamentale che gli intellettuali s’interessassero a risolvere i problemi concreti della società, che non si fermassero a commentare il degrado nel Meridione, ma che avrebbero dovuto ricercare le cause di tale degrado e rimuoverle. Genovesi affermava che l’intellettuale, proprio per il ruolo che ricopriva, doveva avvertire il peso di una “''missione''” da compiere. Presta avvertiva proprio il senso di questa responsabilità proclamata dal Genovesi.
Presta con la sua prima opera ottenne un gran successo e decise di iniziare un nuovo progetto molto più ampio. Questo suo secondo lavoro ''Memoria intorno a sessantadue saggi diversi di olio'' lo dedicò a Ferdinando IV, re delle due Sicilie.
 
==Presta= illuministaDedica ===
La lettera dedicatoria fu scritta a Gallipoli e datata 4 settembre 1788. Insieme a questa lettera Presta inviò al sovrano sessantadue campioni di olio, pregandolo di dare il suo parere e di decidere quali tra questi erano i più gradevoli solo dopo aver letto la sua opera. Presta affermava, anche, che con l'approvazione del re si sarebbe concentrato sulla sua terza opera che avrebbe dedicato, nuovamente, a Ferdinando IV.
 
=== Prima parte ===
Giovanni Presta era fortemente influenzato dal movimento culturale e filosofico del tempo: l’illuminismo. Gli illuministi seguivano una concezione del pensiero scientifico secondo cui la ragione umana attraverso l’osservazione dei fenomeni formulava dei principi. Il lavoro dell’autore si basava, infatti, sullo studio, sull’esperienza e sulla verifica, in seguito vi era la diffusione delle sue scoperte. Presta è un uomo che dedicò anni della sua vita allo studio della pianta di ulivo, dell’olio e alla maniera di ricavarlo. Proprio in questo notiamo il suo forte spirito illuministico: lo studio e la ragione sono alla base del suo lavoro. Presta nelle sue opere rileva che la “''perfezione''” dell’olio fu persa a causa dell’ignoranza e delle “''barbarie''”, quindi il carattere illuministico è dimostrato dalla lotta contro l’ignoranza. Gli illuministi, infatti, si caratterizzavano per la ferma convinzione di provenire da un epoca segnata dall’oscurità, dall’ignoranza e dalla superstizione e di iniziare a dirigersi verso un nuovo periodo segnato da una nuova fede quella della ragione e dai progressi della scienza. Secondo l’autore le tecniche utilizzate dagli antichi per estrarre l’olio si persero a causa dell’interesse di produrne solo in gran quantità, ma aggiungeva anche che con l’avvento del periodo illuministico vi fu la riscoperta dell’olio di ottima qualità.
Presta iniziò il lavoro con un riferimento al passato, affermando che prima vi era un grande consumo di olio finalizzato all'uso che l'uomo ne faceva sul proprio corpo. Era normale che non tutto l'olio fosse di ottima qualità. Dopo la caduta dell'impero romano si andò puntando solo sulla quantità di olio prodotta e fu perso qualsiasi interesse legato alla sua qualità. Dopo questa prefazione, nella prima parte dell'opera Presta distingueva i vari tipi di olio secondo il grado di maturazione delle olive. Alcuni tipi di olio erano stati ricavati dalle olive acerbe, in particolare, dalle olive raccolte nella prima metà di settembre, nella seconda metà di settembre, nella prima metà di ottobre e nella seconda metà di ottobre. Quest'olio era chiamato “Onfacino” ed era di colore verdegiallo e poco fluido. Altri tipi, anch'essi costituiti da olio "Onfacino", erano stati ottenuti da olive ancora acerbe nonostante fossero state raccolte a dicembre. Questo perché l'olio era stato estratto da varietà di olive differenti da quelle degli altri tipi di olio "Onfacino" ottenuto, come sopra precisato, dalle olive raccolte a settembre e a ottobre. Altri campioni rappresentavano l'olio raccolto dalle olive semiacerbe che in passato era chiamato “strictivum oleum o oleum ad unguenta o oleum viride” estratto dalle olive raccolte nella prima metà di novembre e da quelle raccolte nella seconda metà di novembre. Presta definì quest'olio “Semionfacino”. Nei mesi a seguire, dalle olive ormai mature, si produceva olio di scarsa qualità che probabilmente era proprio l'olio distribuito in passato agli schiavi, definito “Cibarium Oleum”. La più comune tra le varietà di olive prese in esame era “l'Ogliara” dai latini chiamata “Salentina”. Di questa varietà il Presta inviò tre campioni di olio ottenuti dalla raccolta di olive a differente maturazione:
 
* il primo era di olive verdi e verdi biancastre, cioè di “Onfacino”;
==Lettere a Marco Lastri==
* il secondo era di olive rossonerastre, meno saporito del precedente;
 
Presta inviò tra marzo e giugno del 1783 quattro lettere a Marco Lastri, figura importante nella stagione illuministica. Queste lettere, custodite nella biblioteca Moreniana di Firenze, sono rimaste inedite sino al 2001 quando vennero commentate dal Prof. Fabio D’Astore dell’Università di Lecce in una sua pubblicazione,“Dall’oblio alla Storia”. Esse dimostrano la frequentazione del Cenacolo gallipolino che diffondeva soluzioni per il sistema agricolo salentino. Sono la prova dell’attività di ricerca sugli ulivi iniziata dal Presta e dimostrano il suo impegno in questo lavoro. Il Presta, scrive D’Astore chiese all’illustre amico di inviargli i tre tipi di ulivi coltivati in Toscana, “''l’infrantoio, il coraggiuolo ed il moraiuolo, con tronco grosso come un manico di vanga, piantati in vasi di terracotta''”. Oltre agli alberi di ulivo che sono coltivati in Toscana chiese, anche, “''un picciol ma esatto modello in legno sì della macina solcata alla fiorentina che di tutta la macchina o strumento col quale usa costì d’infragner le ulive''”. E continuò “''Io devo alla vostra savia lezione la prima notizia, che costì si usa la macina solcata e non liscia; terminate dunque anche voi d’istruirmene con un modelluccio in legno''”. Da tale richiesta si comprende, prosegue il D’Astore, come sia grande l’impegno del Presta a migliorare la coltivazione dell’ulivo, praticato nelle sue zone in modo alquanto primitivo ed antieconomico. Confrontare le diverse modalità di produzione dell’olio tra la Toscana ed il Salento voleva significare per Giovanni Presta un avanzamento qualitativo e quantitativo. L’autore riteneva importante e decisivo il parere dell’amico per la prosecuzione dell’opera. Tutto questo rappresenta l’inizio della sua attività di osservazione e sperimentazione. Egli decise di creare un progetto sull’ammodernamento e sull’incremento delle colture agricole. Tale progetto è documentato nella sua terza opera: “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio”. Le lettere scritte a Marco Lastri sono prova fondamentale per ripercorrere le fasi del progetto di Giovanni Presta.
 
==Memoria su i saggi diversi di olio==
 
[[Immagine: Ulivo1.jpg|thumb|250px|left]]
 
Giovanni Presta dedicò la sua prima opera all’imperatrice di Russia Caterina II che “''per mezzo del Ministro di Napoli signor duca di Serracapriola ricevè in segno di gradimento duecento Zecchini effettivi di Olanda, ed un medaglione di oro col busto dell’Augusta Imperatrice da una parte, e la statua equestre di Pietro il Grande dall’altra''”.
 
===Dedica===
 
La lettera dedicatoria fu scritta a Napoli e datata 25 aprile 1786. Presta in questa lettera, precisa che la sua opera sarà consegnata all’Imperatrice [[Caterina II di Russia]] dal duca di Serracapriola, ministro di re Ferdinando IV accompagnata da alcuni campioni di olio. Presta prega, anche, l’imperatrice di diffondere questo suo scritto in modo da riuscire a far riacquistare al suo territorio la notorietà per la produzione dell’olio.
 
===Contenuto===
 
Lo scritto inizia con un’accurata descrizione sull’ulivo: “''l’Ulivo è un [[Albero]] di statura ordinariamente mezzana, ma che tal ora sa pareggiare anche la [[Quercia]]. Fa gran ceppaia, e gran tronco, che di sovente è nodoso e bitorzoluto: Getta assai rami, e fronzuti molto; e conserva ei sempre la sua verdura. Il suo legno è fitto, pesante, odoroso, di gran durata, e di bel marezzo''”.Presta, sottolinea, con nota polemica, che a causa dell’ignoranza e delle barbarie non furono più utilizzate le tecniche di una volta per produrre l’olio e che con il passare degli anni si andò puntando solo sulla quantità e non sulla qualità. L’abbandono delle tecniche usate in passato aveva causato la perdita del successo dell’olio salentino. Egli teneva in considerazione i metodi usati in passato cercando di migliorarli e di aggiungere le conoscenze acquisite con la sua esperienza. Dal passato riprese sicuramente la divisione di quattro tipi diversi di olio derivati dal grado di maturazione dell’oliva:
 
* “''onphachinon o oleum acerbum''” di olive del tutto acerbe;
 
* “''oleum viride''” di olive semiacerbe;
 
* “''oleum maturum''” di olive già nere;
 
* “''oleum cibarium''” di olive ormai rovinate.
 
La specie di [[Ulivo]], il modo in cui le olive erano raccolte e il periodo scelto erano parametri fondamentali che Presta decise di aggiungere per rendere migliore la produzione dell’olio. Le specie di ulivi locali utilizzati per estrarre l’olio erano:
 
[[Immagine: Ulivo2.jpg|thumb|250px|right]]
 
* “''la Cellina''”, cui si dava il vanto per la bontà di olio;
 
* “''la Pasola''”;
 
* “''l’oliva di Spagna''”, che presentava le olive più grosse in quelle zone;
 
* “''la Corniola''”;
 
* “''l’uliva dolce''”;
 
* “''le Coccole di oleastro''”, che in passato si credeva producessero un olio amaro in quanto le sue olive erano amare, invece, se raccolte mature davano all’olio un sapore gradevole.
 
Tutti i tipi di olio che egli aveva prodotto grazie all’uso delle sue tecniche e di quelle degli antichi, erano stati inviati da Giovanni Presta all’ imperatrice Caterina II. Alla fine del libro, l’autore analizza anche la “''ragia''” degli alberi di ulivo ottenuta senza alcun tipo d’incisione o di tecnica in quanto usciva da sola dai rami dell’albero. Presta dice che la “''ragia''” non apparteneva a tutti gli alberi ma negli ulivi era molto presente. Egli subito dichiara che le notizie sulla “''ragia''” erano state prese dal marchese [[Giuseppe Palmieri]], economista leccese tra le figure più rappresentative del settecento napoletano ma attivo anche nel Salento. Presta fa, quindi, un’accurata classificazione degli oli confrontando anche le sue esperienze con il passato.
 
==Memoria intorno a sessantadue saggi diversi di olio==
 
Presta con la sua prima opera riuscì a raggiungere un gran successo, per questo decise di iniziare un nuovo progetto molto più ampio. Questo suo secondo lavoro lo dedicò a Ferdinando IV, re delle due Sicilie.
 
===Dedica===
 
La lettera dedicatoria fu scritta a Gallipoli e datata 4 settembre 1788. Insieme a questa lettera inviò al sovrano sessantadue campioni di olio, pregandolo di dare il suo parere e di decidere quali tra questi erano i più gradevoli solo dopo aver letto la sua opera. Presta affermava, anche, che con l’approvazione del re si sarebbe concentrato sulla sua terza opera che avrebbe dedicato, nuovamente, a Ferdinando IV: “Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l’olio”.
 
==='''Prima parte'''===
 
[[Immagine: Ulivo2.jpg|thumb|400px|right]]
 
Presta iniziò il lavoro con un riferimento al passato “''la perfezione dell’Olio fu cosa in vero di non leggiera importanza appo degli Antichi''”. Presta affermava che in passato vi era un grande consumo di olio finalizzato all’uso che l’uomo ne faceva sul proprio corpo, quindi era normale che non tutto l’olio fosse di ottima qualità. Dopo la caduta dell’impero romano si andò puntando solo sulla quantità di olio prodotta e fu perso qualsiasi tipo di interesse legato alla sua qualità. In seguito a questa prefazione, nella prima parte dell’opera Presta distingueva i vari tipi di olio secondo il grado di maturazione delle olive. La più comune tra questa era “''l’Ogliara''” dai latini chiamata “''Salentina''”. I primi quattro campioni di olio contenevano quello ricavato dalle olive acerbe:
* primo campione: olive raccolte nella prima metà di settembre;
* secondo campione: olive raccolte nella seconda metà di settembre;
* terzo campione: olive raccolte nella prima metà di ottobre;
* quarto campione: olive raccolte nella seconda metà di ottobre.
Questo olio era chiamato “''Onfacino''” ed era di colore verdegiallo e poco fluido ma l’autore trovò il modo per schiarire il suo colore. Dalle olive semiacerbe si ricavava l’olio che in passato era chiamato “''strictivum oleum, oleum ad unguenta, oleum viride''”:
* quinto campione: olive raccolte nella prima metà di novembre;
* sesto campione: olive raccolte nella seconda metà di novembre;
Presta definì questo olio “''Semionfacino''”. Nei due successivi campioni l’olio può essere considerato “''Onfacino''”, dato che le olive erano ancora acerbe nonostante furono raccolte a dicembre, questo perché le olive appartenevano ad alberi differenti da quelle dei primi raccolti. Nei mesi a seguire le olive erano ormai mature e l’olio che si produceva era di scarsa qualità e probabilmente era proprio l’olio che in passato era dato agli schiavi, quello delle olive nere detto “''Cibarium Oleum''”. I fiaschi numero XV, XVI e XVII contenevano l’olio appartenente all’ “''Ogliara''” raccolta però a differente maturazione:
* il primo era di olive verdi e verdi biancastre, cioè di “''Onfacino''”;
* il secondo era di ulive rossonerastre, meno saporito del precedente;
* il terzo era di olive nere.
Nel XVIII fiasco abbiamo l’olio vergine, considerato da sempre quello più prezioso.
 
==='''Seconda parte'''===
 
Nella seconda parte del libro l’autore analizzava la differenza dei tipi di olio dovuta alle varie specie di olive. Egli aveva riconosciuto quarantotto varietà di olive e precisava che, sicuramente, molte li erano oscure. Per analizzare tutte queste varietà egli si fece mandare alcune specie di olive della [[Spagna]], della [[Campania]], di [[Genova]], di [[Firenze]] per controllare almeno la quantità di olio che riuscivano a produrre e non la qualità. Dell’oliva di grandi dimensioni detta “''Orchita ed Orchemora''” che in Salento era chiamata, semplicemente, “''oliva grossa''” o “''oliva di Spagna''” vi erano sette specie ma Presta ne riuscì ad analizzare solo tre:
* ovale con polpa “''soda''”;
* ovale con polpa “''soda''” ma più dolce della precedente;
* la terza oliva grossa “''fatta a pendente''” era dolcissima.
Un altro tipo di oliva era la “''Mennella''” di polpa tenerissima quasi acquosa ma l’autore ne fece una nuova che chiamò “''piccola Mennella''” utilizzando l’oliva matura. Poi abbiamo “''l’Usciana''”, “''l’Algiana''”, l’oliva che i tarantini chiamavano “''uliva dolce''”, sempre per i tarantini la “''Cerasola''” simile alla “''Mennella''”, nel fiasco numero X “''l’uliva Spagnola''” di polpa soda e nel successivo la “''Barisana''” o “''Varisana''”. La “''Pasola''” che era nei quattro campioni di seguito, si distingueva in:
* “''Pasola''” ovale dolce;
* “''Pasola''” ovale amara;
* “''Pasola''” rotonda dolce;
* “''Pasola''” rotonda amara.
Nei campioni successivi abbiamo l’olio delle olive dette:
* “''Corniola''” o “''Cornolara''”;
* “''Cellina''”;
* “''Termetone''” chiamata dall’autore “''Ulivastrona''” che è una pianta che cresce spontaneamente con olive di polpa molto “''soda''”;
* “''Palmierina''”, così chiamata perché era di un albero dell’uliveto di [[Giuseppe Palmieri]];
* “''uliva Cilieggia''” dal sapore delicatissimo, la cui forma è simile ad una ciliegia;
* “''uliva a grappolo''” di polpa “''soda''”;
* un’oliva molto comune che cambia nome in base al posto in cui si trova, viene detta “''Cellina''” o “''Morella''” o “''uliva di Lecce''” o “''uliva di Nardò''”;
* “''Tardiccia''”, la quale appartiene alla specie “''contra humorem pugnaces''”;
* “''Ulivetta''”, proviene da una pianta che nasce spontaneamente.
La specie preferita in passato era “''l’Ogliara''”, detta anche “''Salentina''”, che si poteva trovare nel fiasco numero XXIX. Presta di tutte queste specie di olive fece una descrizione accurata, precisando che la qualità dell’olio dipende dal tipo di oliva scelta e dal suo grado di maturazione, non è per niente importante la presenza o meno del nocciolo come spiegherà nella terza parte dell’opera.
 
==='''Terza parte'''===
 
In quest’ultima parte Presta iniziò precisando, appunto, che mentre in passato tutti credevano che il nocciolo dell’oliva rovinasse il sapore dell’olio in realtà la sua presenza era indifferente, la qualità dell’olio non cambiava. L’autore continua raffigurando le macchine utilizzate per la spremitura delle olive. Dai [[Greci]] era stato inventato il “''Frantoio''”, ritrovato negli scavi di [[Stabia]]. Per farlo funzionare c’era bisogno della spinta di braccia umane, quindi in passato erano gli schiavi a essere usati per macinare le olive. La vasca in cui avveniva questo lavoro con il “''frantoio''” non era molto ampia e doveva essere svuotata e poi riempita diverse volte, quindi questo lavoro richiedeva molto tempo. Nel periodo illuministico la macchina utilizzata per spremere le olive era la “''Macina verticale''”, ma sia con il “''frantoio''” sia con “''le macine''”, si notò che dal nocciolo non usciva olio, quindi tutto quello che si produceva apparteneva comunque alla polpa dell’oliva. L’errore che era stato fatto in passato era di spremere prima le olive senza il nocciolo e successivamente quelle con il nocciolo, la colpa del sapore differente fu data alla presenza del nocciolo, in realtà la qualità dell’olio dipendeva dal grado di maturazione dell’oliva. In fine, Presta dichiara che l’uso del frantoio antico era stato dismesso in quanto riusciva a ridurre in farina anche il nocciolo e questo “''trasmettea l’infezion dell’Olio dei semi all’Olio di polpa''”.
 
=='''Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l'olio'''==
 
“Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l’olio” è l’opera più importante di Giovanni Presta sia per la ricchezza dei riferimenti letterari, sia per la lingua, sia per la descrizione delle sue esperienze. L’autore pubblicò questo libro nel 1794, anche se finì di scriverlo due anni prima.
 
==='''Lingua'''===
 
Presta rispetto ai suoi colleghi usa un linguaggio molto più elaborato, un lessico selezionato e con precisi intendimenti stilistici. L’autore fa uso di espressioni letterarie, di termini dotti, di parole toscane ma riporta anche termini dialettali accompagnati dalla spiegazione e dal loro significato. La complessità della materia richiede massima attenzione anche dal punto di vista linguistico.
 
==='''Dedica'''===
 
La lettera dedicatoria fu scritta a [[Gallipoli]] nel 1793. Come aveva promesso nella seconda opera, l’autore dedicò anche questo lavoro a Ferdinando IV, re delle Due Sicilie. Nella lettera dedicatoria Presta affermò di riuscire a produrre dell’olio che sarebbe riuscito a far tornare il prestigio per la sua alta qualità al territorio e scrisse al re che qui avrebbe riportato le tecniche di produzione dell’olio. In quest’opera egli affrontò gli argomenti che aveva presentato nelle famose lettere a Marco Lastri.
 
==='''Prefazione'''===
 
Presta all’inizio dell’opera dimostrò subito il suo carattere illuministico, poiché basava ancora una volta il suo lavoro sullo studio e sugli esperimenti. Nella prefazione l’autore parlò un po’ della sua vita, fece un accenno alle accademie di quel tempo che affrontavano discorsi riguardanti la produzione agricola, poi parlò dell’ulivo come l’albero preferito da [[Minerva]], divinità della guerra. Tutto ciò per conoscere meglio la pianta che egli stava studiando e per dare dignità alla propria ricerca. Egli, anche in quest’opera, confrontava tutti i suoi studi sulle tecniche del passato e su quelle moderne alla sua esperienza, tutto doveva essere verificato.
[[Immagine: Uliveto.jpg|thumb|300px|left]]
Il Salento era considerato tra i migliori produttori di olio, tanto che l’olio salentino era conteso con quelli più rinomati come quelli di Provenza e di [[Lucca]]. Tale perfezione dell’olio dipendeva anche dall’efficacia del suo frantoio, dato che Presta analizzando i frantoi delle altre zone e notando i loro difetti non era riuscito a trovare un frantoio migliore della “''macine verticale''” usata nel Salento. Quello fiorentino era difettoso in quanto solcato, mentre quello Genovese e quello Provenzale erano di taglio strettissimo. Grazie ai suoi successi e ai risultati da lui ottenuti il Salento continuava a ottenere prestigio per l’ottima produzione di olio.
 
==='''Dell'ulivo''' Seconda parte ===
Nella seconda parte del libro l'autore analizzava la differenza dei tipi di olio dovuta alle diverse varietà di olive. Egli aveva riconosciuto quarantotto varietà di olive e precisava che sicuramente molte altre meritavano di essere studiate. Per analizzare tutte queste varietà egli si fece mandare alcune di queste olive dalla [[Spagna]], dalla [[Campania]], da [[Genova]], da [[Firenze]] per controllare almeno la quantità di olio che riuscivano a produrre e non la qualità. Dell'oliva di grandi dimensioni detta “Orchita ed Orchemora” che in Salento era chiamata, semplicemente, “oliva grossa” o “oliva di Spagna”, vi erano sette varietà ma Presta riuscì ad analizzarne solo tre:
* ovale con polpa “soda”;
* ovale con polpa “soda” ma più dolce della precedente;
* grossa, “fatta a pendente”, dolcissima.
Tra le altre varietà analizzate dal Presta si ricordano:
* la “Mennella” di polpa tenerissima;
* “l'Usciana o Algiana”, oliva che i tarantini chiamavano “uliva dolce”;
* la “Cerasola”, molto simile alla “Mennella”;
* “l'uliva Spagnola” di polpa soda;
* "l'uliva Barisana o Varisana”;
* la “Pasola” a sua volta distinta in “Pasola” ovale dolce, “Pasola” ovale amara, “Pasola” rotonda dolce e “Pasola” rotonda amara.
* “Corniola” o “Cornolara”;
* “Termetone”, chiamata dall'autore “Ulivastrona”, pianta che cresce spontaneamente con olive di polpa molto “soda”;
* “Palmierina”, proveniente da un albero dell'uliveto di [[Giuseppe Palmieri (pittore)|Giuseppe Palmieri]];
* “uliva Cilieggia” dal sapore delicatissimo, la cui forma era simile ad una ciliegia;
* “uliva a grappolo” di polpa “soda”;
* "Cellina o Morella o uliva di Lecce o uliva di Nardò", varietà molto comune meglio conosciuta come “Cellina di Nardò”, di certo la più coltivata nel Salento;
* “Ulivetta”, proveniente da una pianta che nasce spontaneamente;
* “l'Ogliara o Salentina”, in passato la varietà preferita, oggi è conosciuta come "Ogliarola salentina o Ogliarola leccese".
Delle due varietà da sempre più diffuse nel Salento, la "Cellina di Nardò" e "l'Ogliarola salentina", la prima produce un olio di ottima qualità ma è di scarsa resa, la seconda invece è di resa elevata ma produce un olio di qualità meno pregiata.
 
=== Terza parte ===
Il tema scelto nella prima parte dell’opera è l’olivo. Presta aprì il trattato con un’accurata descrizione di questa pianta, dicendo che per quanto riguarda la sua utilità sicuramente tra tutte l’olivo era il migliore: “''di quanti mai vi son’alberi finor noti sopra la terra, se si ha riguardo all’utilità, che ciascun arreca, si può dire senza fallo, che l’Ulivo è il migliore tra tutti, l’Ulivo è il primo tra tutti, l’Ulivo è il Re''”. In questa prima parte c’era un riferimento ai tempi antichi dove si confermava la sua tesi, infatti i [[Greci]] consideravano l’ulivo una pianta “''divina''”. L’ulivo, diceva Presta, era una delle piante che vivevano più a lungo, sicuramente alcuni secoli e riporta diverse tesi sulla sua propagazione:
In quest'ultima parte Presta iniziò precisando che mentre in passato tutti credevano che il nocciolo dell'oliva rovinasse il sapore dell'olio in realtà la sua presenza era indifferente. L'autore continua raffigurando le macchine utilizzate per la spremitura delle olive. Dai [[Greci]] era stato inventato il “Frantoio”, uno dei quali era stato ritrovato negli scavi di [[Stabiae|Stabia]]. Per farlo funzionare c'era bisogno della spinta di braccia umane, quindi in passato erano probabilmente gli schiavi a essere usati per macinare le olive. La vasca in cui avveniva questo lavoro con il “frantoio” non era molto ampia e doveva essere svuotata e poi riempita diverse volte, quindi questo lavoro richiedeva molto tempo. Nel periodo illuministico la macchina utilizzata per spremere le olive era la “Macina verticale”, secondo il Presta molto più efficiente. L'autore utilizzò le due macchine per capire se la presenza del nocciolo potesse rovinare il sapore dell'olio ma sia con il “frantoio” sia con “la macina”, notò che dal nocciolo non usciva olio, quindi tutto quello che si produceva apparteneva comunque alla polpa dell'oliva. Nell'antichità per capire se la presenza del nocciolo potesse rovinare il sapore dell'olio furono spremute sia le olive con il nocciolo sia quelle senza, ricavandone un olio dal sapore differente. Gli Antichi pensavano che il sapore diverso fosse dovuto alla presenza del nocciolo, Presta invece individuava nel grado di maturazione delle olive raccolte la causa di tale differenza.
* la “''propaggine''”, tecnica rifiutata da [[Teofrasto]], antico botanico greco. Approvata da [[Catone]] che in uno degli incontri agricoli di Teofrasto affermò che gli ulivi potevano essere sottoposti a questa tecnica. Presta dice di non aver mai utilizzato questo metodo, in quanto vi erano mezzi molto più facili ed economici.
* la “''talea''”, metodo molto usato, “''facilissimo veramente, e di poca spesa''”;
* i “''piantoni''”, preferiti dai Romani;
* i “''Curmoni''”, voce che deriva dal [[greco]];
* gli “''uovoli''”, già accennati da [[Lucio Giunio Moderato Columella]] e usati dai calabresi con il nome di “''topparelle''”;
* “''gli ulivastrelli o nati spontaneamente, o fatti nascer dal seme, e innestati''”, considerato da Presta il metodo migliore.
Dei metodi di propagazione dell’olivo elencati dal Presta, due sono quelli oggi utilizzati dai vivaisti:
* la talea (autoradicazione di talee semilegnose);
* l’innesto (propagazione per seme e successivo innesto).
Presta continuava analizzando il comportamento dei contadini e riportando le cause dei danni che l’ulivo poteva subire:
* “''la seccagione pel freddo''”, considerato il più grande nemico dell’olivo;
* “''il mal della Brusca''”, che colpiva solo gli ulivi “''Ogliaroli''” tipici del Salento;
* “''la Rogna, che suole infestare gli Ulivi''”;
* “''i Gozzi, o Gobbe dai Greci appellate Gongri, da noi Testuggini''”, che nascono sul tronco dell’albero;
* “''la Ragia''”, che esce o da qualche ramo o da qualche forellino;
* “''il Musco''”, presente sul tronco e sui rami dell’albero.
Le malattie dell’ulivo possono, anche, essere causate da numerosissimi insetti ma l’autore ne riporta solo alcuni esempi:
* le “''Cantarelle''”, che si trovano anche sulle Querce ma prendono soprattutto di mira l’olivo di cui rovina le foglie e i fiori;
* il “''Verme roditore''”, che nasce nel midollo dei rami e lo logora;
* morbo “''Araneum o Bombacella''” , che impedisce l’apertura dei fiori;
* il “''kermes''”, piccolo insetto che nasce sulla parte inferiore della foglia e in seguito si attacca al ramo dell’ulivo, di conseguenza la pianta è molto debole;
* il “''bruco minatore''” .
 
== Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l'olio ==
==='''Dell'ulive'''===
{{Vedi anche|Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l'olio}}
''Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l'olio'' è l'opera più importante di Giovanni Presta sia per la ricchezza dei riferimenti letterari, sia per la lingua, sia per la descrizione delle sue esperienze. L'autore pubblicò questo libro nel 1794, anche se finì di scriverlo due anni prima.
 
== Bibliografia ==
Nella seconda parte l’autore riporta un elenco dei vari tipi di olive scoperti nel Salento: "''così da anno in anno in questi nostri uliveti osservando mi è riuscito di rinvenircene non meno di cinquanta sorte diverse, e le anderò qui ad una ad una or dicendo, e parlerò poi di molte delle medesime, alloracchè di preciso esaminerò quali siano le ulive fornite di maggior quantità di olio, e quali il versar più delicato, e più fine, il chè è stato uno dei più importanti miei scopi''".
Le varietà di olive illustrate vengono descritte per peso lunghezza e colore, ma anche per quantità e qualità di olio prodotto.
* l’oliva grossa ovale detta “uliva grossa” o “uliva di Spagna”, chiamata dai Greci e dai Latini “Orcas, Orchis, Orchitis”. La sua polpa è “soda”e produce un olio molto delicato.
* “L’uliva grossa di punta tronca” chiamata dai Tarantini “Uliva Cazzarola”, mentre dal resto dei salentini “uliva grossa da cazzare bianco”.
* L’uliva grossa ovale detta “sanguinesca” che differisce dalla prima in quanto ha la punta più tondeggiante.
* L’oliva grossa fatta a “pendente”, poco oliosa e chiamata anche “orchite”.
* L’oliva grossa ovale meno lunga delle altre.
* La “Angelica Palmieri”, buona anche cruda. Questa oliva grossa ha la pelle macchiata e le macchie sono presenti anche sul nocciolo. Essa è ovale ed è chiamata angelica per il suo squisito sapore.
* “L’uliva grossa fatta a pendente chiamata a Taranto “Uliva di Spagna” utilizzata per la salamoia.
* “L’uliva grossa “cordiforme” detta “Permezana”, che è la più grossa di tutte,piena di polpa e proviene da Monopoli.
* “L’uliva in forma di limoncello” detta a Monopoli la “Limoncella”.
* L’oliva chiamata dai tarantini la “Mennella”e dal resto dei salentini “minna o minnedda”. Essa non produce troppo olio.
* La “piccola Mennella” presenta una varietà molto più piccola che l’autore chiama “piccolla mennella”, che ha un sapore quasi dolce.
* “L’uliva dolce”, la cui forma è simile a quella di una pera.
* L’oliva “Cerasola” di Tricase, la quale matura è di colore rossastro ed ha un forma a pendente. Essa scarseggia di olio.
* L’oliva dolce di “Barbarano” che ha poca polpa e produce poco olio.
* L’oliva chiamata da Presta “uliva albicocca” in quanto è composta da due metà formate a cucchiaio come un’albicocca. Questa oliva non è adatta per produrre olio in quanto sarebbe di scarsa qualità.
* “L’uliva Baresana”, così chiamata perché giunse la prima volta da Bari. E’ molto nera, tenerissima e piena di polpa. Produce molto olio come “l’ogliarola”.
* La “Pasola”, anticamente “Pausia, Posia, e Posea”. Si divide in tonda dolce, tonda amara, ovale dolce e ovale amara.
* La “”Cornolara, o Corniola” che si divide in maggiore,minore e piccola “Cornolara”. Scarseggia di olio però il suo olio mantiene un buon sapore per molti anni.
* “L’uliva tonda di Galatone”, la quale produce poco olio.
* La “Termetone”, che appartiene ad un ulivo che nasce spontaneamente ed ha una forma tondeggiante, di polpa soda e scarseggia sulla quantità di olio. Presta chiama questa varietà “Ulivastrone”.
* “L’Ulivastrona dolce”, stessa figura tondeggiante della precedente però un po’ più piccola. Ha un sapore molto dolce
* La “Palmierina”, piccola e ovale, di colore prima rosso e poi nero. L’autore la vide la prima volta nell’uliveto di Giuseppe Palmieri.
* “L’uliva a ciocca”, così chiamata in quanto l’albero allega i frutti a ciocche. Questa oliva verso un olio di sapore molto fine.
* L’oliva “Manna”, piccola e di sapore molto dolce, molto simile per il colore e la figura all’oliva “Ogliarola”.
* L’oliva detta “Cellina legittima”, “di un nero vivissimo, e lustro, quandocchè sia perfettamente matura”. Quest’ultima, conosciuta anche con altri nomi, Morella, Saracena, Scuranese, Cellina di Nardò ecc. , insieme all’Ogliarola è la varietà più coltivata oggi nel Salento.
Presta riporta anche altre varietà di olive e tra queste le tre olive di origine toscana, affermando che “l’infrantoia” è la migliore razza di ulivo.
 
* ''Giovanni Presta, Opere'', Volume I, a cura di H. A. Cavallera. Edizioni del Grifo, Lecce, 1988.
==='''Della maniera di cavar l'olio'''===
* ''Giovanni Presta, Opere'', Volume II, a cura di H. A. Cavallera. Edizioni del Grifo, Lecce, 1989.
* ''F. D'Astore, Dall'oblio alla storia: manoscritti di salentini tra sette e ottocento'', Congedo 2001.
* ''Ferrari Mario, Marcon Elena, Menta Andrea. Fitopatologia, entomologia agraria e biologia applicata'', Il Sole 24 Ore Edagricole 2010.
 
== Altri progetti ==
[[Immagine: macina.jpg|thumb|250px|right|Macina]]
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== Collegamenti esterni ==
La terza parte illustra i metodi utilizzati per ricavare l’olio. Scrive il Presta, “la prima maniera dunque di cavar l’olio, par, che sia stata quella di spremere con le mani le ulive schiacciate, a un di presso, come tra noi costumano i contadini, o pur di cavarlo co’ piedi, siccome è di uso non che nel Regno di Marocco, ma in molti Paesi di questo medesimo Regno”. Sembra che in questo modo l’olio sia stato scoperto e che il primo uso che se ne fece fu quello di spalmarlo sulla pelle e di usarlo come condimento per i cibi. In seguito venne molto utilizzato per illuminare le strade accendendo le fiaccole. I Greci, invece, utilizzavano il “Trapetum”, ritenendo che la tecnica sopra descritta richiedeva una grande perdita di tempo. Secondo il Presta il Trapetum dei Greci era il frantoio che nel 1780 fu ritrovato negli scavi di Stabia. “Consiste esso in una gran vasca, o gran mortajo di pietra vulcanica, o del Vesuvio, entro cui pendono perpendicolari, e girano intorno due porzioni di sfera concentriche, infilate pel loro centro, ed acconce in un asse, che gira appoggiato, e sostenuto da un perno di ferro conficcato in una colonnetta, che si eleva dal mezzo del mortajo medesimo”. Il frantoio si diceva riducesse in polvere anche il nocciolo e questo poteva rovinare il sapore dell’olio, in realtà questo non era vero. Il frantoio usato a Firenze era, però, molto difettoso rispetto agli altri paesi che usavano la più efficace macina verticale non solcata: “Tolta Firenze, gli altri noti olearii Paesi si vagliono di un Frantojo a macine verticale non solcata, ma liscia, o piuttosto col dosso un po’ scabro, acciochè le ulive, e i noccioli non sdrucciolino, e non isfuggano di sotto la macine, ma rimangano bene stacciati”. Dice il Presta che “quando la sollecitudine del lavoro, che di esso si vanta, fosse anche vera”, diversi sono i motivi per cui la macina verticale si fa preferire al frantoio. Dopo aver parlato del frantoio antico l’autore si sofferma sul torchio o strettoio “a’ tempi di Plinio inventatosi”, utilizzato per la spremitura della pasta dalla quale si ottiene l’olio. Nel capitolo IV della terza parte egli descrive la struttura e l’uso del torchio, soffermandosi in particolare sulla forza necessaria per azionare il torchio a due viti e il torchio a una vite, concludendo “che fia sempre meglio adoprar l’argano nel torchio a una vite, che al torchio a due, e del torchio a una vite, io dalla ragione, e dalla sperienza ammaestrato mi avvalgo”. Si può tranquillamente affermare, senza paura di essere smentiti che per migliorare la produzione dell’olio è fondamentale l’azione dell’uomo. E’ questo il motivo per cui Presta descrive le macchine e gli strumenti utilizzati per estrarre l’olio in maniera molto accurata. La terza parte è sicuramente la più importante perché ricca di “Avvertimenti intorno al Fattojo, intorno agli ordigni oleari, e intorno alle ulive per fabbricarne dell’olio fine”. Presta, con le sue opere, voleva spronare il lettore ad utilizzare i suoi metodi per dare un contributo allo sviluppo socio-economico del suo territorio.
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*A. Cavallera, ''Giovanni Presta Opere''. Lecce: Edizioni del Grifo
*F. D'Astore, ''Dall'oblio alla storia: manoscritti di salentini tra sette e ottocento''.