Filosofia: differenze tra le versioni

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[[File:OwlTetradrachm ofAthens Minerva450 reverse CdM Paris-transparent.png|thumbmin|LaAntico [[tetradramma]] con incisa la [[civetta di Minerva]], che per la sua capacità di [[chiaroveggenza|vedere nel buio]] è il simbolo della filosofia.<ref>«Gli occhi e il becco seguono la linea della lettera φ (''fi'') simbolo alfabetico greco della filosofia e in seguito della [[sezione aurea]]. Lettera che accomuna quindi, armonia, bellezza e amore per la [[conoscenza]] e per la ricerca in senso lato.» (in Ubaldo Nicola Ubaldo, ''Antologia di filosofia. Atlante illustrato del pensiero'', Firenze, [[Giunti Editore]], 2020, p. 354; si confronti anche [[Mario Livio]], ''La sezione aurea'', Milano, [[Rizzoli]], 2003; Rocco Panzarino, ''Dio, Sezionesezione Aureaaurea, Bellezzabellezza'', Collana di Filosofia Sapientia 10, Fasano, [[Schena editore]], 2005. Sul valore simbolico della "φ", ''[[cfr.]]'' anche [[Jacques Lacan]], ''EscritosScritti'', Vol.2volume secondo, SigloMilano, XXI[[Fabbri Editori]], 2007, p.783 679).</ref> La scritta "ΑΘΕ" è un'abbreviazione di ''ΑΘΗΝΑΙΩΝ'', che può essere tradotta come «degli Ateniesi».]]La '''filosofia''' ({{lang-grc|φιλοσοφία|philosophía}},<ref>Sull'origine e la diffusione del termine, si veda: Anne-Marie Malingrey, « ''Philosophia. » Étude d'un groupe de mots dans la littérature grecque, des présocratiques au IV<sup>e</sup> siècle [[Dopo Cristo|après J.-C.]]'', Parigi, Klincksieck, 1961.</ref> composto di φιλεῖν (''phileîn''), "amare", e σοφία (''sophía''), "sapienza" o "saggezza", ossia "amore per la sapienza")<ref>«Attività spirituale consistente, secondo il significato letterale della parola, nell'esercizio dell'amore per la sapienza», in [[Vittorio Mathieu]], ''Filosofia'', in [[Enciclopedia filosofica]], volume 5, Milano, [[Bompiani]], 2006, p. 4125.</ref> è l’indagine sistematica, razionale e critica delle questioni fondamentali riguardanti l’[[esistenza]], la [[conoscenza]], i [[Valore (scienze sociali)|valori]], la [[ragione]], la [[mente]] e il [[linguaggio]].
 
Generata dal senso di meraviglia e dalla curiosità umana, la filosofia si avvale dell'analisi razionale, della [[logica]], dell'[[argomentazione]], della chiarificazione concettuale, della riflessione [[introspezione|introspettiva]] e dell'intuizione derivante dall’esperienza diretta per comprendere la natura e lo scopo della "realtà", esplorare principi etici ed esaminare se e come gli esseri umani possano condurre una vita significativa. La filosofia affronta questioni che le scienze empiriche non possono pienamente risolvere, abbracciando diversi ambiti — tra cui [[metafisica]], [[epistemologia]], [[etica]], [[logica]], [[estetica]] e [[filosofia politica]] — con gli obiettivi ultimi di promuovere una più profonda consapevolezza di sé, visioni coerenti del mondo e la libera esplorazione intellettuale {{Senza fonte}}.
{{Quote|Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui.|[[Aristotele]], ''Protreptico'' o ''Esortazione alla filosofia''}}
 
Storicamente, prima ancora che indagine speculativa, la filosofia fu una [[Disciplina (didattica)|disciplina]] che assunse anche i caratteri della conduzione del "modo di vita", ad esempio nell'applicazione concreta dei principi desunti attraverso la riflessione o il [[pensiero]]. In questa forma, essa sorse nell'[[antica Grecia]].<ref>[[Giovanni Reale]] e [[Dario Antiseri]], ''Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi'', Brescia, [[Editrice La Scuola]], 1990, volume 1, p. 3, ISBN 88-350-7271-9.</ref>
La '''filosofia''' (dal [[lingua greca|greco]] φιλοσοφία, composto di φιλεῖν (''filèin''), "amare", e σοφία (''sofìa''), "sapienza", ossia "amore per la sapienza")<ref>«Attività spirituale consistente, secondo il significato letterale della parola, nell'esercizio dell'amore per la sapienza.» in V. Mathieu ''Filosofia'' in Enciclopedia filosofica. Vol. 5 pag. 4125, 2006, Milano, Bompiani</ref> è un campo di studi che si pone domande e riflette sul [[mondo]] e sull'[[uomo]], indaga sul [[senso]] dell'[[essere]] e dell'[[Soggetto (filosofia)|esistenza umana]] e si prefigge inoltre il tentativo di studiare e definire la natura, le possibilità e i limiti della [[conoscenza]].
A rendere complessa una definizione univoca della filosofia concorse il dissenso tra i filosofi sull'oggetto stesso della filosofia: alcuni orientarono l'analisi della filosofia verso l'[[uomo (filosofia)|uomo]] e i suoi interessi così come venne esposto nell{{'}}''[[Eutidemo (dialogo)|Eutidemo]]'' di [[Platone]], per cui essa consisterebbe nell'«uso del sapere a vantaggio dell'uomo».<ref>[[Nicola Abbagnano]], ''Dizionario di filosofia'', Torino, [[UTET]], 1992, p. 391, ISBN 88-02-01494-9.</ref> Nel prosieguo della storia della filosofia altri autori che seguirono questa opinione furono per esempio [[Cartesio]],<ref>«Tutta la filosofia è come un albero, di cui le radici sono la [[metafisica]], il tronco è la [[fisica]], e i rami che sorgono da questo tronco sono le altre [[scienze]], che si riducono a tre principali: la [[medicina]], la [[Meccanica (fisica)|meccanica]] e la [[morale]], intendo la più alta e la più perfetta morale, che presupponendo una conoscenza completa delle altre scienze, è l'ultimo grado della [[saggezza]]» nella ''Prefazione'' ai ''[[Principia philosophiae]]'' ([[1644]]).</ref> [[Thomas Hobbes]],<ref>Nel ''[[De corpore]]'' ([[1655]]); I, 2, 6.</ref> e [[Immanuel Kant]].<ref>Nella ''[[Critica della Ragion Pura]]'' Kant definisce la filosofia come «scienza della relazione di ogni conoscenza al fine essenziale della [[ragione]] umana» (''Dottrina trascendentale del metodo'', capitolo III).</ref> Altri pensatori ritennero che la filosofia dovesse puntare alla conoscenza dell'[[essere]] in quanto tale, secondo un percorso che – fatte le debite differenze –, principiò dagli [[eleati]]<ref>Virginia Guazzoni-Foà, ''Attualità dell'ontologia eleatica'', Torino, [[Società Editrice Internazionale]], 1961.</ref> per giungere fino a [[Husserl]] e a [[Heidegger]].
 
Storicamente, la filosofia comprendeva tutti i campi della conoscenza e uno dei suoi praticanti era denominato «''[[filosofo]]''». Dai tempi del filosofo greco antico [[Aristotele]] al [[XIX secolo]], la [[filosofia naturale]] comprendeva l'[[astronomia]], la [[medicina]] e la [[fisica]]. A partire dal XIX secolo, varie aree di indagine che erano tradizionalmente parte della filosofia divennero discipline accademiche separate; in particolare le [[scienze sociali]] come la [[psicologia]], la [[sociologia]], la [[linguistica]] e l'[[economia]].
== Descrizione ==
Prima che un campo speculativo, la filosofia fu una disciplina che assunse anche i caratteri della conduzione del "modo di vita", ad esempio nell'applicazione concreta dei principi desunti attraverso la riflessione. In questa forma, essa sorse nell'[[antica Grecia]].<ref>[[Giovanni Reale]] e [[Dario Antiseri]], ''Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi'', ed. La Scuola, Brescia, 1990, vol. I, pag. 3, ISBN 88-350-7271-9.</ref>
 
Al principio del [[XXI secolo]], i principali campi della filosofia accademica includono la [[metafisica]], ossia la «filosofia prima» – come soleva definirla Aristotele<ref>Aristotele, ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'', [[Libro Sesto della Metafisica|E]] 1, [[Edizione di Bekker|1026 a 24]].</ref> –, che si occupa della natura dei fondamenti dell'esistenza e della realtà; l'[[epistemologia]], che studia la natura della [[conoscenza]] e della credenza; l'[[etica]], che si occupa del comportamento e delle sue conseguenze; e la [[logica]], che studia le regole di inferenza che consentono di trarre conclusioni da premesse vere. Altri campi degni di nota includono la [[filosofia della religione]], la [[filosofia della scienza]], la [[filosofia politica]], l'[[estetica]], la [[filosofia del linguaggio]], la [[filosofia della mente]] e la filosofia del diritto.
A rendere complessa una definizione univoca della filosofia concorre il dissenso tra i filosofi sull'oggetto stesso della filosofia: alcuni orientano l'analisi della filosofia verso l'[[uomo (filosofia)|uomo]] e i suoi interessi così come viene esposto nell'''[[Eutidemo (dialogo)|Eutidemo]]'' di [[Platone]], per cui essa sarebbe «l'uso del sapere a vantaggio dell'uomo».<ref>[[Nicola Abbagnano]], ''Dizionario di filosofia'', ed. UTET, Torino, 1992, pag. 391, ISBN 88-02-01494-9.</ref>
[[File:Raffael 058.jpg|min|verticale=1.7|''[[Scuola di Atene]]'', affresco di [[Raffaello Sanzio]], [[1511]].]]
 
== Etimologia ==
Nel prosieguo della storia della filosofia altri autori che seguono questa opinione sono per esempio [[Cartesio]] («Tutta la filosofia è come un albero, di cui le radici sono la metafisica, il tronco è la fisica, e i rami che sorgono da questo tronco sono le altre scienze, che si riducono a tre principali: la medicina, la meccanica e la morale, intendo la più alta e la più perfetta morale, che presupponendo una conoscenza completa delle altre scienze, è l'ultimo grado della saggezza»),<ref>Prefazione ai ''[[Principia philosophiae]]'' ([[1644]])</ref> [[Thomas Hobbes]],<ref>Nel ''[[De corpore]]'' ([[1655]]); I, 2, 6</ref> e [[Immanuel Kant]], il quale, definisce la filosofia come «scienza della relazione di ogni conoscenza al fine essenziale della ragione umana».<ref>Nella ''[[Critica della Ragion Pura]]'' (''Dottrina trascendentale del metodo'', cap. III)</ref>
[[File:Minerva onyx Louvre Ma2225.jpg|min|verticale|Statua di [[Minerva]], dea [[Antica Roma|romana]] della [[sofia (sapienza)|sapienza]], accompagnata dalla [[athene noctua|civetta]], suo animale sacro.]]
La parola filosofia indica un nesso fondamentale fra il [[conoscenza|sapere]] e l'[[amore]], inteso non tanto nella sua forma passionale (anche se l'[[eros (filosofia)|eros]], il [[desiderio (filosofia)|desiderio]], per [[Platone]],<ref>Platone nel ''[[Simposio (dialogo)|Simposio]]'' lo descrive, per bocca di [[Diotima]], come un [[dèmone]] sempre inquieto e scontento, e lo identifica con la filosofia intesa letteralmente come "amore del sapere". (Eros «Vive tra la sapienza e l'ignoranza, ed ecco come avviene: nessun dio si occupa di filosofia e nessuno tra di loro ambisce a diventare sapiente perché tutti lo sono già. Chiunque possegga veramente il sapere, infatti, non fa filosofia; ma anche chi è completamente ignorante non si occupa di filosofia, e non desidera affatto la sapienza. Proprio questo è sconveniente nell'essere ignoranti: [...] non si desidera qualcosa se non si avverte la sua mancanza» - ''Simposio'', XXIII).</ref> è il movente fondamentale della ricerca filosofica), ma in un'accezione più vicina al [[sentimento]] dell'[[amicizia]].<ref>«Per gli autori la Grecia classica ha superato la figura del Saggio per confrontarsi con quella dell'Amico: cioè qualcuno che non possiede il vero, ma lo ricerca pur essendo convinto della sua irraggiungibilità. Se il saggio venuto dall'Oriente pensa per figure, L'Amico del sapere pensa per concetti, promuove la formazione di una società di eguali, senza rinunciare all'essenziale gioco dialettico della discussione e della diversità, che può giungere alla rivalità, alla sfida, alla competizione.» in Gilles Deleuze - Félix Guattari, ''Che cos'è la filosofia?'', Ed. Einaudi, 2002, p. 13.</ref>
 
Nella cultura greca antica, il termine filosofia oscillava tra due significati estremi: in un senso, la filosofia, spesso identificata come sinonimo di ''[[sofia (sapienza)|sophia]]'' - termine che la distingueva dalla φρόνησις (''phrònesis''), la prudenza - coincideva con la ''[[saggezza]]'' o, come anche si diceva, la ''[[paideia]]'' ([[educazione]], formazione culturale): ad esempio [[Erodoto]] racconta di [[Solone]] come un uomo che aveva molto viaggiato per il mondo «filosofando»,<ref>Erodoto, ''Storie'', I, 30.</ref> per desiderio di sapere. All'estremo opposto filosofia assume il significato di dottrina [[scienza|scientifica]] ben delineata, che [[Aristotele]] chiama «filosofia prima» indicante cioè, sia i principi primi, le cause prime, le strutture essenziali degli [[essere|esseri]], sia quel pensiero che studia il primo principio di tutto: [[Dio]] stesso. È nell'ambito di questi due significati che si sviluppano gli usi più particolari del termine filosofia. Il termine si evolverà ulteriormente: Jean-Joël Duhot, uno dei maggiori studiosi di [[storia della filosofia]], chiarisce che «gli intellettuali [[ellenismo|ellenisti]] sapevano che ''sophia'' indicava l'abilità, il saper fare, il conoscere operativo e che quindi il ''sophos'' è l'uomo abile e, nello stesso tempo, il sapiente».<ref>Jean-Joël Duhot, ''Epictète et la sagesse stoïcienne'', Bayard éditions (1996).</ref>
Altri pensatori ritengono che la filosofia debba puntare alla conoscenza dell'[[essere]] in quanto tale secondo un percorso che, fatte le debite differenze, va dagli [[eleati]]<ref>Virginia Guazzoni-Foà, ''Attualità dell'ontologia eleatica'', Società editrice internazionale, 1961</ref> sino ad [[Husserl]] e [[Heidegger]].
[[File:Minerva onyx Louvre Ma2225.jpg|thumb|right|250px|Statua della dea [[Antica Roma|romana]] [[Minerva]] con la civetta]]
 
Aristotele dedica una parte importante della sua ''[[Etica Nicomachea]]'' (libri VIII e IX) alla discussione della ''[[philìa]]'', tradotto tradizionalmente con "[[amicizia]]". Occorre tuttavia ricordare che fin da [[Omero]] tutti i termini composti con il suffisso ''philo'' indicano nella cultura greca qualcosa di più radicato nell'individuo rispetto al termine contemporaneo di 'amicizia'. ''Philo'' infatti riguarda, come evidenzia Pierre Hadot<ref>Pierre Hadot, ''Che cos'è la filosofia antica?'' Torino, Einaudi, 1998, p. 19.</ref>, chi fa coincidere il 'proprio' piacere o interesse, o la propria ragione di vita, con l'"oggetto" ricercato. Così ''philo-posia'' (piacere del bere), ''philo-timia'' (propensione o ricerca a ricevere 'onori'), ''philo-sophia'' interesse, piacere, ragione di vita nel ricercare la ''sophia''.
== Il bisogno di filosofare ==
Il bisogno di filosofare, secondo [[Aristotele]], che segue in questo Platone,<ref>«É proprio del filosofo questo che tu provi, di esser pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che questo » (Platone, ''Teeteto'' 150 d).</ref> nascerebbe dalla "meraviglia", ovvero dal senso di stupore e di inquietudine sperimentata dall'uomo quando, soddisfatte le immediate necessità materiali, comincia ad interrogarsi sulla sua [[esistenza]] e sul suo rapporto con il [[mondo]]:
 
Per Aristotele la forma più nobile di amicizia è quella che non si basa solo sull'utile o sul dilettevole, ma sul bene. Il filosofo, sarebbe dunque l'"amico del sapere", cioè del conoscere, non per usarlo come mezzo o solo per piacere intellettuale, ma come fine a sé stesso. Come tale egli si accompagna al sapere, essendo consapevole di non poterlo possedere del tutto: così ad es. in [[Pitagora]], indicato dalla [[tradizione]] come il creatore del termine "filosofo", quando avvertiva che l'uomo può solo essere amante del sapere ma mai possederlo del tutto, poiché questo appartiene interamente solo agli dei.<ref>Riguardo alla prima definizione di filosofo ad opera di Pitagora - come è stato riferito in [[Cicerone]], ''Tusculanae Disputationes'', 5.3.8-9 = [[Eraclide Pontico]] fr. 88 Wehrli = [[Diogene Laerzio]] 1.12, 8.8, = [[Giamblico]] ''VP'' 58. - la tesi è sostenuta da C. J. De Vogel (in ''Pythagoras and Early Pythagoreanism'' (1966), pp. 97-102) e da [https://books.google.it/books?id=eWc6-RU0oh8C&dq=Riedweg+Christoph+,in+Pitagora.+Vita,+dottrina+e+influenza,&printsec=frontcover&source=bl&ots=SvNzGTi0mr&sig=eWEonq9SDU_-cwffK5J6roQo1fk&hl=it&ei=GJ-rSfi_BZH__QbWptXzDw&sa=X&oi=book_result&resnum=2&ct=result#PPA156,M1 Christoph Riedweg (in ''Pitagora. Vita, dottrina e influenza'', Editore: Vita e Pensiero 2007)] che ritengono veritiera la tradizione. Mentre W. Burkert. ''Op.cit.'' e P. Hadot ''Op.cit'' ritengono che l'aneddoto raccontato da [[Eraclide Pontico]] ([[Cicerone]], ''Tusculanae Disputationes'', 5.3.8-9 = [[Eraclide Pontico]] fr. 88 Wehrli = [[Diogene Laerzio]] 1.12, 8.8, = [[Giamblico]] ''VP'' 58) sia "una proiezione su Pitagora della nozione platonica di ''philosophia''". In particolare Christoph Riedweg ha messo in dubbio questa tradizione antica rilevando come intendere modestamente il filosofo come colui che ama la sapienza ma non la possiede, come pretendeva il ''sophos'', il sapiente, perché questa appartiene solo agli dei, come, cioè, «un'umile definizione della filosofia di raggiungere qualcosa di irraggiungibile», non corrisponda al senso delle dottrine dei presocratici dove l'interesse fondamentale era la considerazione della natura, ma come piuttosto sembri una definizione più adeguata alla dottrina platonica (Paolo Impara, ''I presocratici. Lettura e interpretazione dei frammenti e delle testimonianze'', Armando Editore, 1997 p. 209). In un frammento che si fa risalire ad Eraclito, poi, sarebbe già indicato il termine "filosofia" che si ritrova anche in Erodoto, che però per l'uso normale che ne fa nelle sue ''Storie'' rende difficile pensare che questa parola sia nata negli anni venti del V secolo, quando probabilmente fu pubblicata la sua opera. Questa attribuzione di modestia del resto non si confaceva al carattere di Pitagora, che orgogliosamente si poneva come un capo religioso dalla personalità carismatica. (Christoph Riedweg, ''Pitagora: vita, dottrina e influenza'', Vita e Pensiero, 2007 p. 25).</ref>
{{quote|Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia [''thaumazon''] riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica.<ref>Aristotele, ''Metafisica'', I, 2, 982b, trad. [[Giovanni Reale]].</ref>}}
 
La datazione del primo utilizzo del termine [[greco antico]] ''philosophia'' e dei suoi derivati ''philosophos'' (filosofo) e ''philosophein'' (filosofare) è controversa. La maggioranza degli studiosi ritiene che tali termini non possano essere fatti risalire in alcun modo ai [[presocratici]] del VII e VI secolo a.C. e per alcuni di questi nemmeno a [[Pitagora]]<ref>Per la controversia su questo autore Cfr. al riguardo: R. Joly. ''Le théme philosophique des genres de vie dans l'Antiquité classique''. Bruxelles 1956; W. Burkert. ''Platon oder Pythagoras? Zum Urspung des Wortes "Philosophie"'' in "Hermes", LXXXVIII, 1960, pp. 159-77; C. J. De Vogel, ''Pythagoras and Early Pythagoreanism''. Assen 1966, pp. 15, 96, 102.</ref> o ad [[Eraclito]].<ref>In riferimento al frammento B35, cfr. anche J.P. Dumont (éd.), ''Les présocratiques'' Parigi, Gallimard, 1988, p. 1236.</ref> I più antichi pensatori della storia della filosofia non ebbero consapevolezza di essere ''[[filosofo|filosofi]]'': sia [[Diogene Laerzio]]<ref>Diogene Laerzio, in ''Vite dei filosofi'', Libro Primo, Proemio 12.</ref> che [[Cicerone]]<ref>Cicerone, ''Tuscolanae disputationes'', V, 3, 9.</ref> indicano [[Pitagora]] come il primo a definirsi ''filosofo''. In un frammento di [[Eraclito]], riferito da [[Clemente Alessandrino]],<ref>Passo la cui autenticità è messa però in dubbio da alcuni studiosi come M. Marcovich nella sua edizione dei ''Frammenti'' (Firenze, 1978).</ref> compare il termine ''filosofia'' e si dice che "è necessario che gli uomini filosofi siano indagatori di molte cose".<ref>Diels-Kranz, ''I frammenti dei Presocratici'', fr. B 35.</ref>
Tale 'meraviglia' però non va confusa con lo 'stupore intellettuale'; così [[Emanuele Severino]]:
{{quote|Che la "meraviglia", da cui - secondo il testo aristotelico - nasce la filosofia, non debba essere intesa, come di solito accade, come un semplice stupore intellettuale che passerebbe dai "problemi" (''ápora'') "più facili" (''prócheira'') a quelli "più difficili" - cioè che il timbro del passo aristotelico sia "tragico" - riceve luce dalla circostanza che anche per [[Eschilo]] l<nowiki>'</nowiki>''epistéme'' ("conoscenza") libera da una angoscia che sebbene sia da lui considerata "tre volte antica", è tuttavia ''la più recente'', perché non è quella primitiva, e più debole, dovuta all'incapacità di vivere, dalla quale libera la ''téchne'' ("tecnica", "arte"), ma è l'angoscia estrema, il culmine al quale essa perviene quando il mortale si trova di fronte al ''thaûma'' ("meraviglia", "sgomento") del divenire del Tutto - al terrore provocato dall'evento annientante che esce dal niente. In questo senso anche per Eschilo l<nowiki>'</nowiki>''epistéme'' non mira ad alcun vantaggio tecnico (982b21), è "libera" (982b27) e ha come fine soltanto sé stessa (982b27), cioè la liberazione vera dal terrore.»<ref>[[Emanuele Severino]]. ''Il giogo''. Milano, Adelphi, 1989, pag.352)</ref>}}
 
Secondo [[Pierre Hadot]]: {{Citazione|In effetti tutto lascia supporre che queste parole facciano la loro comparsa solo nel V secolo: nel secolo di [[Pericle]] che vede Atene brillare non solo per la supremazia politica, ma anche per lo splendore intellettuale; al tempo di [[Sofocle]], di [[Euripide]], dei [[sofisti]], e anche al tempo in cui lo storico [[Erodoto]], originario dell'[[Asia Minore]], nel corso dei suoi numerosi viaggi venne a vivere nella famosa città. È forse proprio nella sua opera che si incontra per la prima volta il riferimento a una attività "filosofica".|[[Pierre Hadot]]. ''Che cos'è la filosofia antica?'' Torino, Einaudi, 1998, p. 18}}
Sullo stesso senso della filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere era la concezione di [[Schopenhauer]]:</br>
Il bisogno di filosofare, secondo [[Aristotele]] - che segue in questo Platone -<ref>«È proprio del filosofo questo che tu provi, di esser pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che questo» (Platone, ''Teeteto'' 150 d).</ref> nascerebbe dalla "[[meraviglia]]", ovvero dal senso di stupore e di inquietudine sperimentata dall'uomo quando, soddisfatte le immediate necessità materiali, comincia ad interrogarsi sulla sua [[esistenza]] e sul suo rapporto con il [[mondo]].<ref>«Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia [''thaumazon''] riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica.» Aristotele, ''Metafisica'', I, 2, 982b, trad. [[Giovanni Reale]].</ref> Tale 'meraviglia' però non va confusa, secondo [[Emanuele Severino]], con lo 'stupore intellettuale'.<ref>«Che la "meraviglia", da cui - secondo il testo aristotelico - nasce la filosofia, non debba essere intesa, come di solito accade, come un semplice stupore intellettuale che passerebbe dai "problemi" (''ápora'') "più facili" (''prócheira'') a quelli "più difficili" - cioè che il timbro del passo aristotelico sia "tragico" - riceve luce dalla circostanza che anche per [[Eschilo]] l{{quote|'}}''epistéme'' ("conoscenza") libera da una angoscia che sebbene sia da lui considerata "tre volte antica", è tuttavia ''la più recente'', perché non è quella primitiva, e più debole, dovuta all'incapacità di vivere, dalla quale libera la ''téchne'' ("tecnica", "arte"), ma è l'angoscia estrema, il culmine al quale essa perviene quando il mortale si trova di fronte al ''thaûma'' ("meraviglia", "sgomento") del divenire del Tutto - al terrore provocato dall'evento annientante che esce dal niente. In questo senso anche per Eschilo l{{'}}''epistéme'' non mira ad alcun vantaggio tecnico (982b21), è "libera" (982b27) e ha come fine soltanto sé stessa (982b27), cioè la liberazione vera dal terrore.» in [[Emanuele Severino]]. ''Il giogo''. Milano, Adelphi, 1989, p. 352).</ref> Sullo stesso senso della filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere era la concezione di [[Schopenhauer]].<ref>«Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza… La meraviglia filosofica … è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio.<ref>» in A. Schopenhauer, ''Il mondo come volontà e rappresentazione'', I §1, trad. it. Milano, Mondadori, 1992.</ref>}}
 
== Definizioni del termine filosofia ==
Queste domande di carattere [[universale]], definibili come il problema del rapporto tra l'individuo e il mondo, tra il [[Soggetto (filosofia)|soggetto]] e l'oggetto, vengono trattate dalla filosofia secondo due aspetti: il primo è quello della [[filosofia teoretica]], che studia l'ambito della [[conoscenza]], il secondo è quello della [[filosofia pratica]] o [[morale]] o [[etica]], che si occupa del comportamento dell'uomo nei confronti degli oggetti e, in particolare, di quegli oggetti che sono gli altri uomini, che egli presume siano [[individuo|individui]] come lui, perché appaiono a lui simili, pur non potendoli veramente conoscere al di là delle apparenze esteriori.<ref>Individuo o persona etimologicamente rivela il carattere problematico della conoscenza reale del [[prossimo]] al di là da come si manifesti. Persona dal [[lingua greca|greco]] πρόσωπον, ''prósōpon'' cioè <tt>maschera dell'attore</tt>, termine entrato in [[Italia]] tramite l'[[lingua etrusca|etrusco]] [[phersu]]. Un'altra [[etimologia]] è da ricercare nel termine [[lingua latina|latino]] ''personare'', (per-sonare: <tt>parlare attraverso</tt>). Ciò spiegherebbe perché il termine persona indicasse in origine la [[maschera]] utilizzata dagli [[attore teatrale|attori teatrali]], che serviva a dare all'attore le sembianze del personaggio che interpretava (Cfr. AA. VV. Philosophica, Novara, 2007, Prefazione.)</ref>
[[File:Stanza della segnatura, soffitto 05 filosofia 2.jpg|min|verticale=1.3|[[Filosofia (Raffaello)|Allegoria della filosofia]] come «[[conoscenza]] delle [[causa (filosofia)|cause]]» (''causarum cognitio''), affresco di [[Raffaello]] sul soffitto della [[Stanza della Segnatura]] ai [[Musei Vaticani]].]]
[[File:Woher kommen wir Wer sind wir Wohin gehen wir.jpg|center|500px|thumb|''[[Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?]]'', [[Paul Gauguin]] ([[1848]]–[[1903]])]]
=== Il problema della definizione ===
{{Citazione|Definire la filosofia è di per sé un problema filosofico||Defining philosophy is itself a philosophical problem.<ref>«Defining philosophy is itself a philosophical problem. Perhaps a great many philosophers would agree that whatever else philosophy is, it is the critical, normally systematic study of an unlimited range of ideas and issues. But this characterization says nothing about what sorts of ideas or issues are important in philosophy or about its distinctive methods of studying them. Doing this will require some account of the special fields of the subject, its methods, its connections with other disciplines, its place in the academy, and its role in human culture. The task is large. Philosophy pursues questions in every dimension of human life, and its techniques apply to problems in any field of study or endeavor. It may be described in many ways. It is a reasoned pursuit of fundamental truths, a quest for understanding, a study of principles of conduct. It seeks to establish standards of evidence, to provide rational methods of resolving conflicts, and to create techniques for evaluating ideas and arguments. Philosophy may examine concepts and views drawn from science, art, religion, politics, or any other realm. The best way to clarify these broad characterizations of philosophy is to describe its principal subfields (all of which are addressed in more detail in entries in this Encyclopedia devoted to them alone). It is appropriate to start with what might be called traditional subfields of philosophy, most commonly taken to be epistemology, ethics, logic, metaphysics, and the history of philosophy. These remain central in philosophical research; and although they are by no means its exclusive focus, they are intimately connected with virtually every other field of philosophical research and are widely treated as core areas in the teaching of the subject.» in Robert Audi. "Philosophy" in ''Encyclopedia of Philosophy'' vol. 7, p. 325, NY Macmillan, 2005</ref>|lingua=en}}
Le definizioni della filosofia mirano a determinare cosa hanno in comune tutte le forme di filosofia e come distinguere la filosofia dalle altre discipline. Sono state proposte molte definizioni diverse, ma c'è molto poco accordo su quale sia quella giusta. Vi è ampio consenso sul fatto che la filosofia sia caratterizzata da vari tratti generali: è una forma di indagine [[razionalità|razionale]], tende ad essere sistematica e tende a riflettere criticamente sui propri metodi e presupposti. Ma gli approcci che vanno oltre tali vaghe caratterizzazioni per dare una definizione più interessante o profonda sono generalmente controversi.
 
Sebbene l'[[etimologia]] ci consenta di trarre indicazioni precise, la determinazione della filosofia, come concetto e come metodo, resta tuttavia [[problema]]tica ed è, pertanto, necessario premettere che una definizione ultimativa e specifica della filosofia non può darsi; ogni [[sistema]] di pensiero infatti include al suo interno una ridefinizione del concetto di filosofia.<ref>Robert Audi, "Philosophy" in ''Encyclopedia of Philosophy'', vol. 7, p. 325, NY Macmillan, 2005</ref> La riflessione filosofica, cioè, è un contenitore che permane uguale a sé stesso nella forma, ma il cui senso complessivo muta per il contenuto sempre diverso della speculazione stessa.
== Origine e significato del termine ==
[[File:Raffael 058.jpg|thumb|500px|''[[Scuola di Atene]]'', affresco di [[Raffaello Sanzio]], [[1511]]]]
La datazione del primo utilizzo del termine [[greco antico]] ''philosophia'' e dei suoi derivati ''philosophos'' (filosofo) e ''philosophein'' (filosofare) è controversa. La maggioranza degli studiosi ritengono che tali termini non possano essere fatti risalire in alcun modo ai [[presocratici]] del VII e VI secolo a.C. e per alcuni di questi nemmeno a [[Pitagora]]<ref>Per la controversia su questo autore Cfr. al riguardo: R. Joly. ''Le théme philosophique des genres de vie dans l'Antiquité classique''. Bruxelles 1956; W. Burkert. ''Platon oder Pythagoras? Zum Urspung des Wortes "Philosophie"'' in "Hermes", LXXXVIII, 1960 pagg. 159-77; C. J. De Vogel, ''Pythagoras and Early Pytagoraneism''. Assen 1966, pagg. 15, 96,102.</ref> o ad [[Eraclito]].<ref>In riferimento al B35, cfr. anche J.P. Dumont ''Le présocratiques'' Parigi, 1988, pag. 1236</ref> Secondo [[Pierre Hadot]]: {{q|In effetti tutto lascia supporre che queste parole facciano la loro comparsa solo nel V secolo: nel secolo di [[Pericle]] che vede Atene brillare non solo per la supremazia politica, ma anche per lo splendore intellettuale; al tempo di [[Sofocle]], di [[Euripide]], dei [[sofisti]], e anche al tempo in cui lo storico [[Erodoto]], originario dell'[[Asia Minore]], nel corso dei suoi numerosi viaggi venne a vivere nella famosa città. È forse proprio nella sua opera che si incontra per la prima volta il riferimento a una attività "filosofica".|[[Pierre Hadot]]. ''Che cos'è la filosofia antica?'' Torino, Einaudi, 1998, pag. 18}}
 
Una difficoltà è dovuta al fatto che il significato del termine "filosofia" è molto cambiato nella storia: era usato in un senso molto più ampio per riferirsi a qualsiasi forma di indagine razionale prima dell'età moderna. In questo senso, includeva molte delle singole scienze e matematiche che oggi non sono viste come parte della filosofia. Ad esempio, il trattato [[Philosophiæ Naturalis Principia Mathematica]] di [[Isaac Newton]] che formula le leggi della [[meccanica classica]] porta il termine "filosofia" nel titolo. Le moderne definizioni di filosofia tendono a concentrarsi su come il termine è usato oggi, cioè su un senso più ristretto.
La parola filosofia indica un nesso fondamentale fra il sapere e l'[[amore]], inteso non tanto nella sua forma passionale (anche se l'[[eros (filosofia)|eros]], il [[desiderio (filosofia)|desiderio]], per [[Platone]],<ref>Platone nel ''[[Simposio (dialogo)|Simposio]]'' lo descrive, per bocca di [[Diotima]], come un [[Demone|dèmone]] sempre inquieto e scontento, e lo identifica con la filosofia intesa letteralmente come "amore del sapere". (Eros «Vive tra la sapienza e l'ignoranza, ed ecco come avviene: nessun dio si occupa di filosofia e nessuno tra di loro ambisce a diventare sapiente perché tutti lo sono già. Chiunque possegga veramente il sapere, infatti, non fa filosofia; ma anche chi è completamente ignorante non si occupa di filosofia, e non desidera affatto la sapienza. Proprio questo è sconveniente nell'essere ignoranti: [...] non si desidera qualcosa se non si avverte la sua mancanza» - ''Simposio'', XXIII).</ref> è il movente fondamentale della ricerca filosofica), ma in una accezione più vicina al [[sentimento]] dell'[[amicizia]].
{{Quote|Per gli autori la Grecia classica ha superato la figura del Saggio per confrontarsi con quella dell'Amico: cioè qualcuno che non possiede il vero, ma lo ricerca pur essendo convinto della sua irraggiungibilità. Se il saggio venuto dall'Oriente pensa per figure, L'Amico del sapere pensa per concetti, promuove la formazione di una società di eguali, senza rinunciare all'essenziale gioco dialettico della discussione e della diversità, che può giungere alla rivalità, alla sfida, alla competizione.|Gilles Deleuze - Félix Guattari, ''Che cos'è la filosofia?'', Ed. Einaudi, 2002 pag.13}}
[[Aristotele]] dedica una parte importante della sua ''[[Etica Nicomachea]]'' (libri VIII e IX) alla discussione della ''philìa'', tradotto tradizionalmente con "amicizia".<ref>Occorre tuttavia ricordare che fin da [[Omero]] tutti i termini composti con il suffisso ''philo'' indicano nella cultura greca qualcosa di più radicato nell'individuo rispetto al termine contemporaneo di 'amicizia'. ''Philo'' infatti riguarda, come evidenzia Pierre Hadot (in ''Op.cit.'', pag.19), chi fa coincidere il 'proprio' piacere o interesse, o la propria ragione di vita, con l'"oggetto" ricercato. Così ''philo-posia'' (piacere del bere), ''philo-timia'' (propensione o ricerca a ricevere 'onori'), ''philo-sophia'' interesse, piacere, ragione di vita nel ricercare la ''sophia''.</ref> Per Aristotele la forma più nobile di amicizia è quella che non si basa solo sull'utile o sul dilettevole, ma sul bene. Il filosofo, sarebbe dunque l'"amico del sapere", cioè del conoscere, non per usarlo come mezzo o solo per piacere intellettuale, ma come fine a se stesso. Come tale egli si accompagna al sapere, essendo consapevole di non poterlo possedere del tutto: così ad es. in [[Pitagora]], indicato dalla [[tradizione]] come il creatore del termine "filosofo", quando avvertiva che l'uomo può solo essere amante del sapere ma mai possederlo del tutto, poiché questo appartiene interamente solo agli dei.<ref>Riguardo alla prima definizione di filosofo ad opera di Pitagora - come è stato riferito in [[Cicerone]], ''Tusculanae Disputationes'', 5.3.8-9 = [[Eraclide Pontico]] fr. 88 Wehrli = [[Diogene Laerzio]] 1.12, 8.8, = [[Giamblico]] ''VP'' 58. - la tesi è sostenuta da C. J. De Vogel (in ''Pythagoras and Early Pythagoreanism'' (1966), pp. 97-102) e da [http://books.google.it/books?id=eWc6-RU0oh8C&dq=Riedweg+Christoph+,in+Pitagora.+Vita,+dottrina+e+influenza,&printsec=frontcover&source=bl&ots=SvNzGTi0mr&sig=eWEonq9SDU_-cwffK5J6roQo1fk&hl=it&ei=GJ-rSfi_BZH__QbWptXzDw&sa=X&oi=book_result&resnum=2&ct=result#PPA156,M1 Riedweg Christoph (in ''Pitagora. Vita, dottrina e influenza'', Editore: Vita e Pensiero 2007)] che ritengono veritiera la tradizione. Mentre W. Burkert. ''Op.cit.'' e P. Hadot ''Op.cit'' ritengono che l'aneddoto raccontato da [[Eraclide Pontico]] ([[Cicerone]], ''Tusculanae Disputationes'', 5.3.8-9 = [[Eraclide Pontico]] fr. 88 Wehrli = [[Diogene Laerzio]] 1.12, 8.8, = [[Giamblico]] ''VP'' 58) sia "una proiezione su Pitagora della nozione platonica di ''philosophia''"</ref>
 
Il problema di cosa sia la filosofia si può porre secondo due prospettive diverse:
== Il problema della definizione ==
* a seconda che la definizione venga elaborata sul piano [[storia|storico]], ovvero la filosofia consiste essenzialmente nella sua storia e nella sua tradizione come evoluzione del pensiero in rapporto ai cambiamenti socio-culturali delle [[Società (sociologia)|società]] umane nelle varie epoche.
{{Quote|Definire la filosofia è di per sé un problema filosofico||Defining philosophy is itself a philosophical problem.<ref>«Defining philosophy is itself a philosophical problem. Perhaps a great many philosophers would agree that whatever else philosophy is, it is the critical, normally systematic study of an unlimited range of ideas and issues. But this characterization says nothing about what sorts of ideas or issues are important in philosophy or about its distinctive methods of studying them. Doing this will require some account of the special fields of the subject, its methods, its connections with other disciplines, its place in the academy, and its role in human culture. The task is large. Philosophy pursues questions in every dimension of human life, and its techniques apply to problems in any field of study or endeavor. It may be described in many ways. It is a reasoned pursuit of fundamental truths, a quest for understanding, a study of principles of conduct. It seeks to establish standards of evidence, to provide rational methods of resolving conflicts, and to create techniques for evaluating ideas and arguments. Philosophy may examine concepts and views drawn from science, art, religion, politics, or any other realm. The best way to clarify these broad characterizations of philosophy is to describe its principal subfields (all of which are addressed in more detail in entries in this Encyclopedia devoted to them alone). It is appropriate to start with what might be called traditional subfields of philosophy, most commonly taken to be epistemology, ethics, logic, metaphysics, and the history of philosophy. These remain central in philosophical research; and although they are by no means its exclusive focus, they are intimately connected with virtually every other field of philosophical research and are widely treated as core areas in the teaching of the subject.» in Robert Audi. ''Philosophy in Encyclopedia of Philosophy'' vol. 7 pag. 325, 2005 NY Macmillan</ref>|lingua=en}}
[[File:Auguste Rodin - Grubleren 2005-02.jpg|thumb|150px|Il pensatore di [[Auguste Rodin]]]]
 
Pur se l'etimologia ci consente di trarre indicazioni precise, la determinazione della filosofia, come concetto e come [[metodo]], resta tuttavia [[problema]]tica ed è necessario premettere che una definizione ultimativa e specifica della filosofia non può darsi; ogni [[sistema]] di pensiero infatti include al suo interno una ridefinizione del concetto di filosofia.
 
La riflessione filosofica, cioè, è un contenitore che permane uguale a se stesso nella forma, ma il cui senso complessivo muta per il contenuto sempre diverso della speculazione stessa.
 
La questione si pone innanzitutto in senso [[epistemologia|epistemologico]]: ovvero, la delimitazione dei metodi, dei temi della conoscenza filosofica è forse la prima e fondamentale questione su cui la filosofia stessa, si interroga; a seconda dei periodi storici e dei contesti culturali, questa domanda ha conosciuto e conosce tuttora risposte differenti.
 
=== Le due prospettive: filosofia come storia della filosofia o indagine gnoseologica ===
Il problema di cosa sia la filosofia si può tuttavia porre secondo due prospettive diverse:
* a seconda che la definizione venga elaborata sul piano [[storia|storico]], ovvero la filosofia consiste essenzialmente nella sua storia e nella sua tradizione,
* oppure sul piano strettamente [[gnoseologia|gnoseologico]] individuando l'oggetto della conoscenza filosofica e formalizzandone il metodo.
 
La prima prospettiva è stata seguita per lo più dalla [[filosofia continentale]] nel suo sviluppo successivo alla diffusione del [[Cristianesimo]], laddove si è posta la necessità di individuare, nella storia del pensiero, il dipanarsi di un filo conduttore univoco.
Un recente esempio di questo modo d'intendere la filosofia può rintracciarsi nel pensiero di [[Gilles Deleuze]], che nell'opera dedicata al senso della filosofia sostiene che la domanda su cosa sia la filosofia tende a porsela l'uomo maturo - non a caso -, proprio nell'età in cui non ha più nulla da chiedere, quando è in quell'intervallo tra la vita e la morte in cui gode di libertà assoluta. La risposta a quella domanda ribadisce l'importanza della prospettiva storica nel senso che «la filosofia, è l'arte di formare, di inventare, di fabbricare concetti, ma non soltanto. È altrettanto importante definire il contesto in cui opera e gli interlocutori cui si rivolge.»<ref>Gilles Deleuze - Félix Guattari, ''Che cos'è la filosofia?'', Ed. Einaudi, 2002, p. 13</ref> La [[storia della filosofia]] consente così di rintracciare le varie linee [[evoluzione|evolutive]] del [[concetto]] di filosofia e quindi definire secondo un criterio unitario ed organico i problemi oggetto della conoscenza filosofica; essi possono tuttavia essere studiati, oltre che dal punto di vista storico, anche singolarmente, esaminando le varie posizioni filosofiche sugli specifici argomenti.
 
La seconda prospettiva, invece, trova il suo antico fondamento nella indagine "scientifica" della [[filosofia greca]], rinnovatasi nell'ultimo secolo con la rinascita, accompagnata da una ripresa di interesse, degli studi di [[logica]] e con i tentativi del [[circolo di Vienna]], di [[Bertrand Russell]], di [[Wittgenstein]] ed altri, di fondare rigorosamente la conoscenza filosofica.
Un recente esempio di questo modo d'intendere la filosofia può rintracciarsi nel pensiero di [[Gilles Deleuze]] che nell'opera dedicata al senso della filosofia sostiene che la domanda su cosa sia la filosofia non a caso ce la poniamo quando siamo vecchi, proprio nell'età infatti in cui non abbiamo più nulla da chiedere quando siamo in quell'intervallo tra la vita e la morte in cui godiamo di una libertà assoluta. La risposta a quella domanda ribadisce l'importanza della prospettiva storica nel senso che «la filosofia, è l'arte di formare, di inventare, di fabbricare concetti, ma non soltanto. È altrettanto importante definire il contesto in cui opera e gli interlocutori cui si rivolge.»<ref>Gilles Deleuze - Félix Guattari, ''Che cos'è la filosofia?'', Ed. Einaudi, 2002 pag. 13</ref>
 
=== La filosofia e il metodo ===
La [[storia della filosofia]] consente così di rintracciare le varie linee [[evoluzione|evolutive]] del [[concetto]] di filosofia e quindi definire secondo un criterio unitario ed organico i problemi oggetto della conoscenza filosofica; essi possono tuttavia essere studiati, oltre che dal punto di vista storico, anche singolarmente, esaminando le varie posizioni filosofiche sugli specifici argomenti.
[[File:Auguste Rodin - Grubleren 2005-02.jpg|min|verticale|Il pensatore di [[Auguste Rodin]]]]
Due aspetti importanti per distinguere la filosofia dalle altre discipline sono stati il suo dominio di indagine e il suo metodo. La delimitazione dei metodi e dei temi della conoscenza filosofica è forse la prima e fondamentale questione su cui la filosofia stessa si interroga; a seconda dei periodi storici e dei contesti culturali, questa domanda ha conosciuto e conosce tuttora risposte differenti.
 
Si è sostenuto che il metodo filosofico si concentra sulla conoscenza ''[[a priori]]'', cioè che la filosofia non dipende da osservazioni e sperimentazioni empiriche. Un tale approccio basa la [[giustificazionismo|giustificazione]] filosofica principalmente sul [[ragione|ragionamento]] puro, in modo simile a come la creazione di teorie matematiche si basa su [[dimostrazione matematica|dimostrazioni matematiche]] e in contrasto con il metodo scientifico basato su [[ricerca empirica|prove empiriche]]. Sin dai suoi inizi la filosofia sembra talora indirizzarsi verso un linguaggio di tipo matematico o logico formale; essa però non ha mai finito per esaurirsi in una mera simbolizzazione formale dei concetti, anche se Leibniz per primo poneva l'esigenza di risolvere i problemi filosofici per mezzo di un calcolo logico universale. Se oggi la [[filosofia analitica]] deve necessariamente ricorrere alla logica matematica tuttavia essa utilizza ancora prevalentemente il linguaggio naturale.
La seconda prospettiva, invece, trova il suo antico fondamento nella indagine "scientifica" della [[filosofia greca]], rinnovatasi nell'ultimo secolo con la rinascita, accompagnata da una ripresa di interesse, degli studi di [[logica]] e con i tentativi del [[circolo di Vienna]], di [[Bertrand Russell]], di [[Wittgenstein]] ed altri, di fondare rigorosamente la conoscenza filosofica.
 
Alcuni autori come Kant e [[Wittgenstein]], pur nella distanza storica che li separa, concordano che l'assenza di una forma di verifica empirica in filosofia è una caratteristica epistemologica essenziale di questa dottrina, la quale rifiuta ogni commistione con le scienze sperimentali pur ritenendosi legittimata ad accedere alle risultanze della scienza, per adeguarvi i propri concetti. Per esempio questo si è verificato nella corrente dello spiritualismo con [[Pensiero di Bergson|Bergson]]. La filosofia non è una scienza sperimentale anche quando essa dedica la sua attenzione all'esame dei fatti empirici, collimando così con discipline quali la [[sociologia]], la pedagogia, la politica ecc. La filosofia in questi ambiti considera i dati empirici ma non si limita a catalogarli; piuttosto, essa studia questi dati concreti nell'ottica di una teorizzazione critica. Così per esempio Aristotele prenderà in considerazione le costituzioni delle città greche della sua epoca ma se ne servirà nella Politica per dedurne delle considerazioni teoriche di carattere universale.
=== Sophia come saggezza o come scienza ===
Nella cultura greca antica, il termine filosofia oscillava tra due significati estremi: in un senso, la filosofia, spesso identificata come sinonimo di ''sophia'', termine che la distingueva dalla φρόνησιϛ (''phrònesis''), la prudenza, coincideva con la ''saggezza'' o, come anche si diceva, la ''paideia'' ([[educazione]], formazione culturale): ad esempio [[Erodoto]] racconta di [[Solone]] come un uomo che aveva molto viaggiato per il mondo «''filosofando''»,<ref>Erodoto,''Storie'', I, 30</ref> per desiderio di sapere.
 
=== La filosofia e le scienze ===
All'estremo opposto filosofia assume il significato di dottrina [[scienza|scientifica]] ben delineata, che [[Aristotele]] chiama «''filosofia prima''» indicante cioè, sia i principi primi, le cause prime, le strutture essenziali degli [[essere|esseri]], sia quel pensiero che studia il primo principio di tutto: [[Dio]] stesso.
Le definizioni incentrate sul dominio di indagine o sull'argomento della filosofia spesso sottolineano la sua ampia portata in contrasto con le singole scienze. Molte scienze facevano parte della filosofia prima che maturassero abbastanza per costituire scienze pienamente sviluppate. Una disciplina filosofica cessa di essere filosofia e diventa una scienza una volta che è possibile una conoscenza definita del suo argomento. Non è azzardato quindi affermare che proprio le regole del metodo delineate filosoficamente hanno poi consentito alle scienze sperimentali di poter conseguire i loro risultati.<ref>K. R. Popper, ''Logica della scoperta scientifica'', Einaudi, Torino 1970</ref> Quando Socrate ad esempio affermava che bisognava liberare la mente dalle verità preconcette questo nel campo del lavoro scientifico vuol dire mettere in discussione le conoscenze acquisite per poter poi progredire nella scoperta. In questo senso, la filosofia è la levatrice delle scienze. La filosofia stessa non fa progressi perché la scienza appena creata si prende tutto il merito.
 
In tale prospettiva, è persino concepibile che la filosofia a un certo punto cessi di esistere una volta che tutte le sue sotto-discipline siano state trasformate in scienze. In effetti nel secondo Ottocento l'assetto dei saperi andava definendosi in modo tale da far pensare che la filosofia potesse decisamente scomparire. Nel corso del secolo alcune discipline cardine della filosofia, come la [[logica]] e la [[psicologia]] (intesa come studio del pensiero, o della mente), erano diventate scienze autonome. Anche l'[[antropologia]], la [[sociologia]], la [[linguistica]], la [[scienza politica]], che una volta facevano parte del territorio della filosofia, vantavano ora lo statuto di scienze specializzate.<ref>«Se la filosofia fosse qualcosa di cui si potesse fare a meno» ha scritto [[Ortega y Gasset]], «non v'è dubbio che in quell'epoca [alla fine dell'Ottocento] sarebbe decisamente morta» [https://ministeriodeeducacion.gob.do/docs/biblioteca-virtual/1b8u-ortega-y-gasset-jose-que-es-filosofia-1pdf.pdf ''¿Qué es filosofía?''], (1929) Lezione I, p. 10.</ref> Si assiste quindi al risolversi delle antiche discipline filosofiche, nelle scienze che affrontano gli stessi problemi con risultati empiricamente verificabili. [[Heidegger]] spiega così questo esito: ''"Quello che è stato fin qui il ruolo della filosofia, oggi è stato assunto dalle scienze [...] la psicologia, la logica, la politologia [...] la cibernetica"''.<ref>in "Risposta. A colloquio con Martin Heidegger", ed. Guida, p. 126</ref> Negli ultimi secoli la filosofia ha comunque ripreso, progressivamente, una sua autonomia e specificità rispetto alla conoscenza scientifica anche a livello metodico.<ref>Fabio di Clemente, ''Fra filosofia e scienza...'', in ''Inoltre'', Editoriale Jaca Book, 2008, p. 66</ref> Questa evoluzione storica della filosofia è evidente soprattutto a partire dal periodo successivo all'[[illuminismo]], quando l'attenzione dei filosofi si sposta progressivamente dalle modalità della conoscenza del reale, al rapporto diretto e personale che l'individuo nella sua singolarità è in grado di instaurare con la totalità che lo trascende, intesa come [[Idealismo|Idea]], [[Nietzsche|Volontà di Potenza]], [[Dio]] o [[Ontologia|Essere]].
È nell'ambito di questi due significati che si sviluppano gli usi più particolari del termine filosofia.<ref>Il termine si evolverà ulteriormente: Jean-Joël Duhot, uno dei maggiori studiosi di [[storia della filosofia]], chiarisce che «gli intellettuali [[ellenismo|ellenisti]] sapevano che ''sophia'' indicava l'abilità, il saper fare, il conoscere operativo e che quindi il ''sophos'' è l'uomo abile e, nello stesso tempo, il sapiente» (in ''Epictète et la sagesse stoïcienne'', Bayard èditions (1996)</ref>
 
Alcuni sostengono che la filosofia nel suo insieme potrebbe non superare mai il suo status di scienza immatura poiché gli esseri umani non hanno le facoltà cognitive per dare risposte basate su prove solide alle domande filosofiche che stanno prendendo in considerazione. Se questo punto di vista fosse vero, avrebbe la grave conseguenza che fare filosofia sarebbe del tutto inutile. La caratteristica impossibilità di definire i confini della filosofia, e la sua apparente inconcludenza pratica, sono state fra le ragioni fondamentali di un filone critico nei confronti dell'attività del filosofo in sé e per sé. A differenza delle critiche rivolte di volta in volta a singole teorie o opere, coloro che criticano la filosofia intendono per lo più evidenziare l'inutilità, o addirittura la nocività, di questo tipo di attività di pensiero per l'uomo.<ref>Sante Bagnoli, ''Le scienze dell'uomo sono sempre più indocili'' in ''Inoltre'', Editoriale Jaca Book, 2008, p. 59</ref> Sin dall'inizio della storia della filosofia si è posto il problema della inutilità pratica della filosofia. Del resto, neppure la scienza, per altri versi, è stata meno severa con la filosofia, o almeno con quella parte del sapere filosofico che pretende di poter trarre conclusioni universali sulla realtà, senza servirsi dei dati dell'esperienza sensibile, del calcolo matematico e della verifica empirica dei suoi risultati. Negli ultimi anni, sempre più personalità legate all'ambito scientifico hanno criticato l'utilità della filosofia in generale e della filosofia della scienza in particolare, spesso definendole "morte". Fra questi, [[Stephen Hawking]], [[Richard Feynman]], [[Lawrence Krauss]], [[Steven Weinberg]], [[Neil deGrasse Tyson]] ed [[Edoardo Boncinelli]]; in netto contrasto a questa opinione vi è invece [[Carlo Rovelli]].<ref>{{cita web|url = http://lameladinewton-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/01/04/cosa-resta-alla-filosofia-della-scienza-breve-storia-di-un-fraintendimento/|sito = MicroMega|titolo = Cosa resta alla filosofia della scienza? Breve storia di un fraintendimento|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20190106010923/http://lameladinewton-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/01/04/cosa-resta-alla-filosofia-della-scienza-breve-storia-di-un-fraintendimento/|urlmorto = sì}}</ref><ref>{{cita web|http://www.lescienze.it/news/2015/05/16/news/discussione_fisici_filosofi_filosofia_morta_viva-2611425/|sito = Le Scienze|Anche i fisici sono filosofi: il ruolo della filosofia nella fisica moderna}}</ref><ref>{{cita web|https://www.iltascabile.com/linguaggi/morte-della-filosofia/|sito = il Tascabile|La filosofia è morta?}}</ref>
=== Sophia come saper fare e capacità di governo ===
Il saggio, tuttavia, nel senso greco del termine, non è l'uomo perso nelle sue riflessioni teoriche; egli, pur detenendo un sapere considerato [[astrazione|astratto]], possiede invece l'abilità di farne un uso concreto, pratico. La filosofia come “stile di vita”, saggezza intesa come “saper vivere”, in una unità di teoria e prassi tipica dell'epoca nella quale appunto nasce. Il tema è trattato approfonditamente da Pierre Hadot in una delle sue opere principali, “Che cos'è la filosofia antica?”, nella quale illustra quanto lontano fosse il pensiero greco dalla costruzione di sistemi ideali astratti ed avulsi dalla realtà. Questa sua tesi è stata ampiamente sviluppata dal filosofo ispano indiano Raimon Panikkar, il quale, pur senza citare Hadot esplicitamente, è in perfetta sintonia con la sua idea di filosofia come “stile di vita”.
 
{{Citazione|È quanto mai esatto e perfettamente giusto dire che « la filosofia non serve a niente». L'errore è soltanto di credere che, con questo, ogni giudizio sulla filosofia sia concluso. Resta tuttavia da fare ancora una piccola aggiunta, sotto forma di domanda: se cioè, posto che noi non possiamo farcene nulla, non sia piuttosto la filosofia che, in ultima analisi, è in grado di fare qualcosa di noi, supposto che c'impegnamo in essa.|[[Martin Heidegger]], ''Introduzione alla Metafisica'', Mursia, Milano, 1968, pp. 22-23}}
Con l'uso della sapienza sarebbe facile arricchirsi: è ciò che sostiene [[Ieronimo di Rodi]],<ref>Ieronimo di Rodi,''Memorie sparse'' VI, 54.</ref> narrando di come si arricchisse [[Talete]], il quale, prevedendo un'abbondante produzione di [[oliva|olive]], affittò tutti i [[frantoio|frantoi]] di un'ampia regione, [[monopolio|monopolizzandone]] la [[molitura]]. L'aneddoto è raccolto, oltre che da [[Cicerone]],<ref>M. T. Cicerone, ''[[De divinatione]]'', I 49, 111.</ref> da [[Aristotele]], il quale scrive che:
« [...] siccome, povero com'era, gli rinfacciavano l'inutilità della filosofia, avendo previsto in base a calcoli [[astronomia|astronomici]] un'abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno, pur disponendo di poco denaro, si accaparrò tutti i frantoi di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]] e di [[Chio]] per una cifra irrisoria, dal momento che non ve n'era alcuna richiesta; quando giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgentemente tutti i [[frantoio|frantoi]] disponibili, egli li affittò al prezzo che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e dimostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, ma tuttavia non si preoccupano di questo.»<ref>Aristotele, ''[[Politica (Aristotele)|Politica]]'' (A 11, 1259 a)</ref>
 
=== Filosofia come creazione di significato e chiarimento di concetti ===
In questo senso la filosofia greca è permeata, fra l'altro, dal problema [[politica|politico]]. Secondo [[Jean-Pierre Vernant]] "...è sul piano politico, di fatto, che in Grecia la Ragione si è in primo luogo espressa, costituita, formata",<ref>J. P. Vernant,''Le origini del pensiero greco'', ed. Riuniti, p. 117.</ref> ovvero dal rapporto fra la sapienza e la capacità di governare il comportamento dell'uomo sia come singolo che come facente parte della comunità della ''[[polis]]'' stessa.
Il matematico [[Imre Toth (matematico)|Imre Toth]], che si è dedicato a definire i rapporti tra la creazione matematica e la speculazione filosofica, in un'intervista a Ennio Galzenati<ref>[http://www.caffeeuropa.it/attualita/109filosofia-toth.html Intervista di Ennio Galzenati a Imre Toth]</ref> ha osservato come le altre scienze come la [[medicina]], l'[[astronomia]] non si pongano domande sulla loro specificità, ovvero sulla definizione di sé stesse, come fanno invece la filosofia e la matematica che continuano a interrogarsi sui limiti e le possibilità della propria forma di conoscenza. Altresì manca per il pensiero filosofico un criterio di verificabilità [[esperimento|sperimentale]] che possa stabilire se ciò che esso afferma sia vero o falso; la filosofia stessa, infatti, è soggetta a una continua ridefinizione del criterio di verità con cui essa legittima le proprie conclusioni. Quindi la filosofia risulterebbe, alla fine, un girare a vuoto su sé stessa e costituita da teorie che si contraddicono a vicenda; eppure di essa non si riesce a sbarazzarsene. Opponendosi alla filosofia si fa ancora filosofia. La tematica della mancata verificabilità del pensiero filosofico che giustifica se stesso può portare però ad esiti [[scetticismo filosofico|scettici]], ovvero a considerazioni di tipo [[ermeneutica|ermeneutico]], secondo le quali proprio questa "circolarità" del pensiero filosofico che ridefinisce i propri punti di partenza costituisce la specificità e la potenzialità della filosofia, differenziandola dalle altre forme di conoscenza.
 
Toth sostiene che, falliti gli ultimi tentativi [[positivismo|positivistici]] di ridurre la filosofia a scienza, ci si è resi conto che l'oggetto della filosofia non sono gli oggetti naturali che studiano le scienze ma l'uomo stesso.<ref>Imre Toth, "La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale", Torino, Bollati Boringhieri, 2007.</ref> L'uomo che indaga l'uomo, questo è ciò che caratterizza il filosofare che ha conseguito risultati concreti nel corso della sua lunga storia rendendo coscienti alla mente dell'uomo principi e valori universali prima inespressi o semplicemente intuiti.<ref>Imre Toth, ''Op. cit.''</ref>
== Principali discipline filosofiche ==
Sempre rinnovata,<ref>G. Mayos, [http://www.ub.edu/histofilosofia/gmayos/5presentacio.htm Cos'è oggi la filosofia?]</ref> oggi la filosofia si è specializzata in numerose discipline, che si occupano di determinati settori della riflessione filosofica, in alcuni casi confinanti con altre scienze umane.
 
Molte definizioni di filosofia vedono come suo compito principale la creazione di significato e comprensione o il chiarimento di concetti. In questo senso, la filosofia è spesso contrapposta alle scienze, nel senso che non si tratta tanto di come è il mondo reale, ma di come lo viviamo o di come lo pensiamo e ne parliamo. Ciò può essere espresso affermando che la filosofia è la ricerca non della conoscenza ma della comprensione. In alcuni casi, questo prende la forma di rendere esplicite varie pratiche e ipotesi che sono state implicite in precedenza, in modo simile a come una grammatica rende esplicite le regole di una lingua senza inventarle.
=== Filosofia teoretica ===
{{vedi anche|filosofia teoretica}}
Oggetto della filosofia teoretica è la conoscenza nel senso più astratto e generale; la possibilità e il fondamento del conoscere umano, e i suoi oggetti più universali e astratti, quali l'essere, il mondo, ecc.
 
Se noi oggi consideriamo chiaro ad esempio quello che diciamo quando parliamo di [[libertà]] dimentichiamo che questo concetto appare per la prima volta nelle "Etiche" di Aristotele. Nella "[[Grande Etica]]", e nell'"[[Etica Eudemia]]" Aristotele parla però non di libertà, come noi oggi la intendiamo, ma di ''eleutheros'', ''[[Eleutheria (divinità)|eleutheria]]'' che in greco antico connotava soltanto la condizione sociale dell'uomo libero in rapporto a uno schiavo. Aristotele non disponeva ancora di un termine equivalente al concetto che noi oggi abbiamo di libertà. Ed è proprio da Aristotele che è cominciata la lunga storia che ha portato alla coscienza riflessa del significato di quel termine, ora diventato per noi banalmente chiaro e che la filosofia continuerà ad arricchire di significati nel futuro.
* [[Logica]]: la logica, originariamente, costituisce lo studio delle corrette modalità di funzionamento ed espressione della ragione umana (''[[logos]]''). Essa ha poi assunto il carattere particolare di disciplina che si occupa del corretto argomentare, da un punto di vista meramente formale e simbolico; in questo senso è una disciplina affine alla [[matematica]].
* [[Metafisica]]: la filosofia teoretica ha assunto per un lungo periodo storico il carattere di filosofia prima ovvero metafisica. Essa, letteralmente, è la conoscenza che si rivolge a quegli enti generalissimi che stanno "al di là" degli enti sensibili.
* [[Ontologia]]: L'ontologia si occupa dello studio dell'essere in quanto è, della sua differenza con l'ente([[differenza ontologica]]), del suo rapporto col nulla, ovvero con ciò che non è.
* [[Epistemologia]] e [[gnoseologia]]: con differenti sfumature, entrambe si occupano dell'analisi dei limiti e delle modalità della conoscenza umana. Soprattutto nella filosofia contemporanea, il concetto di epistemologia riguarda più specificamente la conoscenza scientifica: in questo senso l'epistemologia ha ampie sovrapposizioni con la [[filosofia della scienza]].
* [[Filosofia della scienza]]: specificatamente è la riflessione interna alla scienza sul metodo e sulla conoscenza scientifica.
* [[Filosofia del linguaggio]]: è quell'aspetto della filosofia che si occupa di studiare il linguaggio nella sua relazione con la realtà. Correlandosi strettamente alla [[linguistica]] e alla [[logica]], essa si occupa della genesi del linguaggio, del rapporto fra senso e significato e della modalità attraverso cui, in generale, il pensiero si esprime.
* [[Teologia]]: è quella specifica disciplina che indaga sull'esistenza di esseri superiori (Dio), cercando di stabilire il rapporto di conoscenza che si può avere tra l'ente massimo e l'essere umano
* [[Fisica]]: diversa dalla fisica scientifica, da cui è stata ormai soppiantata da almeno 4 secoli, in antichità studiava i fenomeni naturali senza servirsi del [[metodo scientifico]]
 
Come afferma [[Remo Bodei]]: «la filosofia ha avuto il merito di essere, e di continuare a essere, un [[laboratorio]] in cui concetti e valori vengono collaudati, vengono sperimentati e se ne osserva la tenuta rispetto alla discussione che si svolge nell'intera società. Quindi la filosofia ha il senso di creare in un mondo che cambia continuamente, in generazioni che si susseguono, in mentalità che si incontrano, questo spirito che è quello della ricerca critica, della vigilanza e persino del [[dubbio]]».<ref>[https://www.cilentonotizie.it/dettaglio/46425/celebrazione-della-giornata-mondiale-della-filosofia-unesco-philosophy-for-the-futures/ Celebrazione della Giornata Mondiale della Filosofia UNESCO "Philosophy for the Futures"]</ref>
=== Filosofia pratica ===
{{vedi anche|filosofia pratica}}
{{Quote|É giusto anche chiamare la filosofia (''philosophian'') scienza della verità, poiché di quella teoretica é fine la verità, mentre di quella pratica è fine l'opera (''ergon''); se anche infatti i (filosofi) pratici indagano come stanno le cose, essi non considerano la causa per sé, ma in relazione a qualcosa ed ora.<ref>Aristotele, Metafisica, II, 1, 993 b 19-23</ref>}}
* [[Etica]] o [[morale]]: è il campo d'applicazione pratico della filosofia per eccellenza. Il suo oggetto è l'uomo in quanto essere sociale: essa in particolare si occupa di determinare ciò che è giusto o sbagliato, distinguendo il bene dal male in base a una determinata [[teoria dei valori]] o [[assiologia]]. l'etica è intesa anche come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria [[libertà]] e di determinarne i limiti opportuni.
* [[Estetica]]: è un settore della filosofia che si occupa della conoscenza del bello naturale o di quello artistico, ovvero del giudizio di gusto. In origine, tuttavia, il termine estetica indicava l'analisi dei contenuti e delle modalità della conoscenza sensibile.
* [[Filosofia del diritto]]: si tratta di una disciplina intermedia fra filosofia e diritto, che si occupa di definire i criteri attraverso cui si forma il sistema delle norme che regolano la convivenza umana, e i principi in base ai quali un sistema giuridico può essere riconosciuto come valido e vigente.
* [[Filosofia della politica]]: oggetto di questa disciplina sono le istituzioni nella loro formazione, soprattutto per ciò che riguarda i fattori che regolano l'instaurazione e il mantenimento del potere nei confronti di coloro che vi sono sottoposti.
* [[Filosofia della religione]]: è la disciplina che si occupa di studiare le caratteristiche delle principali religioni da un punto di vista filosofico, individuandone le caratteristiche costanti e universali e studiando il rapporto dell'uomo con la religione come formazione culturale e storica.
* [[Filosofia della storia]]: la filosofia della storia si occupa della problematica classica del significato della storia e di un suo possibile fine teleologico. Essa si chiede se esista un disegno, uno scopo, un obiettivo o un principio guida nel processo della storia umana. Altre questioni su cui si interroga questa disciplina sono se l'oggetto della storia è la verità o il dover essere, se la storia è ciclica o lineare, o se esiste in essa il concetto di progresso.
 
Opinione condivisa dal filosofo statunitense [[Richard Rorty]] che dichiarò in un'intervista sul destino della filosofia: «La filosofia non potrà finire finché non finiranno i mutamenti sociali e culturali: tali mutamenti, infatti, contribuiscono a rendere obsolete le concezioni generali che abbiamo di noi stessi e del contesto in cui viviamo, determinando la necessità di un nuovo linguaggio mediante cui esprimere nuove concezioni.»<ref>Tratto dall'intervista "La filosofia e l'immagine del futuro" - Mosca, Accademia Russa di Amministrazione, lunedì 23 agosto 1993</ref>
=== Nuove discipline ===
* [[Bioetica]]: la bioetica, incrociando conoscenze filosofiche con analisi di tipo scientifico, antropologico e medico, si occupa in particolare degli aspetti etici connessi alla vita, umana e non. Problematiche bioetiche essenziali concernono dunque la riproduzione, la nascita, la morte, l'identità genetica, l'ingegneria genetica ecc.
* [[Filosofia della mente]]: sulla scorta delle moderne scoperte scientifiche riguardanti il funzionamento del sistema nervoso umano, si è sviluppata questa disciplina filosofica, che si occupa di indagare il rapporto fra la mente, come forma organizzativa della coscienza, e il cervello come struttura meramente fisica; nonché il rapporto della mente con il corpo e con il mondo.
* La [[Consulenza filosofica]] nasce in Germania, con il nome di [[Filosofia pratica#La .22Philosophische Praxis.22|''Philosophische Praxis'']], ad opera di [[Gerd Achenbach]] e [[Bergisch Gladbach]] nel maggio del [[1981]]<ref>Cfr. Gerd Achenbach, ''La consulenza filosofica'', Milano, Apogeo, 2004</ref> diventando oggetto anche di polemiche da parte sia del mondo della filosofia accademica sia da quello delle pratiche [[psicoterapia|psicoterapeutiche]]. I sostenitori della consulenza filosofica dichiarano che essa costituisce una peculiare applicazione della filosofia, assimilabile ma non coincidente, con le terapie psicologiche.<ref>Cfr. Raabe Peter, ''Teoria e pratica della consulenza filosofica'', Milano, Apogeo, 2006</ref><ref>In particolare su le teorie di Michael Zdrenka vedi Shlomit C. Schuster, ''La pratica filosofica'', Apogeo Editore, 2006. pp. 22 e sgg</ref>. Michael Zdrenka già nel [[1998]]<ref>Cfr. Michael Zdrenka, ''Konzeptionen und Probleme der Philosophischen Praxis''</ref> censiva circa 130 praticanti di questa disciplina, ma da allora il loro numero è probabilmente cresciuto, per lo sviluppo di tale attività in alcuni paesi. Gerd Achenbach, intervistato al riguardo, afferma di conoscerne parecchi soprattutto in Olanda, Israele e America<ref>''Chiedilo al Filosofo''. Intervista al professor Gerd B. Achenbach - [[la Repubblica]] R2 del 14 giugno 2008.</ref>
* [[Neurofilosofia]]: una disciplina che tenta di stabilire un rapporto tra le [[neuroscienza|neuroscienze]] e la filosofia al duplice scopo di render più chiare le risposte alle domande fondamentali della speculazione filosofica avvalendosi delle scoperte neuroscientifiche e nello stesso tempo fornire alle indagini scientifiche sulla mente strumenti speculativi più precisi che evitino confusioni [[linguistica|linguistiche]] o [[concetto|concettuali]].<ref>Cfr. Michele Di Francesco, Andrea Moro, Stefano Cappa, ''Neurofilosofia'', Editore Mondadori Bruno, 2011</ref><ref>Gottfried Fischer, u.a., Logik der Psychotherapie – Philosophische Grundlagen der Psychotherapiewissenschaft, Kröning 2008.</ref>
 
Come nota [[Paul Ricœur]], nel realizzare questo suo compito la filosofia esprime un valore unificante nell'assicurare, nella diversità dei linguaggi, la loro connessione reciproca. Dobbiamo al pensiero filosofico se la cultura europea occidentale non si sia frantumata e parcellizzata, perdendo il senso della sua unità, di fronte alla specializzazione dispersiva dei vari saperi [[tecnologia|tecnologici]]. Mentre infatti la filosofia si sviluppa unitariamente cercando di risolvere le domande di un'epoca, ma tenendosi collegata a quelle passate, nella storia delle scienze ci sono rotture, discontinuità, denominate ''fratture [[epistemologia|epistemologiche]]'' che fanno del percorso della scienza un cammino continuamente interrotto.
== La filosofia nella storia del pensiero occidentale ==
=== Origini della filosofia ===
{{vedi anche|Storia della filosofia occidentale}}
{{Quote|...Non dobbiamo credere di poter trovare negli antichi la risposta agli interrogativi della nostra coscienza, agli interessi del mondo odierno: tali interrogativi presuppongono una determinata educazione del pensiero. Ogni filosofia, per il fatto di rappresentare un particolare stadio di svolgimento, appartiene al tempo suo ed è chiusa nella sua limitatezza...Ogni filosofia è filosofia dell'età sua, è un anello della catena complessiva dello svolgimento spirituale, e può dar soddisfazione soltanto agli interessi del suo tempo.<ref>G. W. F. Hegel, ''Lezioni sulla storia della filosofia'', in ''Grande Antologia Filosofica'', Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pag. 569</ref>}}
==== Orientalisti ed occidentalisti ====
Sulla questione riguardante le origini della filosofia, ovvero se essa sia nata in [[Oriente]] o in [[Occidente]], si sono confrontate due correnti di pensiero opposte: quelle degli "orientalisti" e degli "occidentalisti". Appare piuttosto probabile che all'ambito indiano (prima del 1100 a.C.) vadano riconosciuti i prodromi di ciò che sarà la speculazione filosofica, per quanto posti in una veste più specificamente religiosa. Quella che invece sorgerà in ambito [[Grecia|greco]]-[[Ionia|ionico]], e specificamente a [[Mileto]] nel [[VII secolo a.C.]], è una filosofia laica, volta ad approfondire razionalmente le esperienze della conoscenza sensibile e a sostituire all'interpretazione [[mito|mitica]] dei fenomeni naturali un'analisi attenta ai dati dell'[[esperienza]].
 
=== Filosofia come stile di vita ===
[[File:Europe philosophes it.svg|thumb|350px|Alcuni importanti filosofi della zona europea secondo il loro luogo di nascita]]
[[File:Gerome - Diogenes.jpg|min|[[Jean-Léon Gérôme]], ''[[Diogene (Gérôme)|Diogene nella botte]]'', 1860. Ritratto romantico che rappresenta anche il cane (in greco “κύων”) che ha dato il nome al [[cinismo]].]]
Gli orientalisti affermano che la filosofia abbia avuto origini in [[Oriente]] circa nel [[1300 a.C.]] e che la stessa filosofia greca derivi dall'antico pensiero sviluppatosi in [[Asia]].<ref>Cioffi ed altri, ''I filosofi e le idee'', Ed. B. Mondadori, 2007 Vol. I, p. 17</ref> A supporto di questa tesi si porta la prova degli intensi rapporti [[commercio|commerciali]] tra i greci e le popolazioni orientali. Poiché la [[matematica]] nelle sue prime acquisizioni è nata in [[India]], si descrive come verosimile l'ispirazione orientale della dottrina pitagorica, mentre sembra meno probabile un contatto con l'Oriente della [[scuola di Mileto]].
Alcune definizioni della filosofia si concentrano sul suo ruolo nell'aiutare il praticante a condurre una vita buona: la filosofia è vista, secondo queste definizioni, come la pratica spirituale di sviluppare la propria capacità di ragionamento attraverso la quale deve essere realizzato qualche ideale di salute. Tale visione della filosofia era già esplicitamente articolata nello [[stoicismo]] ed è stata adottata anche da alcuni filosofi contemporanei. Una concezione strettamente correlata vede la filosofia come uno stile di vita. Questo si basa su una concezione di cosa significhi condurre una vita buona che è centrata sull'aumento della propria saggezza attraverso vari tipi di esercizi spirituali o sullo sviluppo e l'uso della ragione.
 
Il saggio nel senso greco del termine non è l'uomo perso nelle sue riflessioni teoriche. Egli, pur detenendo un sapere considerato [[astrazione (filosofia)|astratto]], possiede invece l'abilità di farne un uso concreto, pratico: filosofia come “stile di vita”, saggezza intesa come “saper vivere”, in un'unità di teoria e prassi tipica dell'epoca nella quale appunto nasce.
[[Talete]], in particolare, avrebbe tratto piuttosto dalla cultura [[Egitto|egizia]] nozioni di tipo [[Cosmologia (filosofia)|cosmologico]]. L'Egitto, infatti, all'epoca esprimeva un contesto assai più progredito della Grecia sul piano tecnologico, con importanti acquisizioni nel campo della [[geometria]] e dell'[[astronomia]], ma non solo; basti pensare che nel [[XII secolo a.C.]] gli [[Storia dell'antico Egitto|egizi]] distinguevano già la [[medicina]] dalla [[magia]] usando il metodo [[diagnosi|diagnostico]] e facevano progressi in campo [[matematica|matematico]] (come i [[babilonesi]]) e i [[Caldei]], già nel [[2000 a.C.]], erano in possesso di documenti di studio sui [[astronomia|corpi celesti]].
Il tema è trattato approfonditamente da [[Pierre Hadot]] in una delle sue opere principali, “Che cos'è la filosofia antica?”, nella quale illustra quanto lontano fosse il pensiero greco dalla costruzione di sistemi ideali astratti ed avulsi dalla realtà.
 
La filosofia greca è permeata, fra l'altro, dal problema [[politica|politico]]. Secondo [[Jean-Pierre Vernant]] "...è sul piano politico, di fatto, che in Grecia la Ragione si è in primo luogo espressa, costituita, formata",<ref>J. P. Vernant, ''Le origini del pensiero greco'', ed. Riuniti, p. 117.</ref> ovvero dal rapporto fra la sapienza e la capacità di governare il comportamento dell'uomo sia come singolo che come facente parte della comunità della ''[[polis]]'' stessa.
Ma le motivazioni degli orientalisti vanno oltre le prove sui contatti commerciali dell'Oriente con i greci e sui progressi culturali e scientifici orientali, poiché essi sostengono che la riflessione speculativa, e quindi la filosofia, era già presente in [[India]] nella religione [[induismo|brahmanica]] e poi nel [[buddhismo]], nel [[confucianesimo]] e nel [[taoismo]].
 
== Storia della filosofia occidentale ==
{{vedi anche|Storia della filosofia|Storia della filosofia occidentale}}
=== Filosofia antica ===
{{vedi anche|Filosofia antica}}
==== I presocratici ====
{{vedi anche|Presocratici|Scuola di Mileto|Scuola pitagorica||Scuola di Elea|Pluralisti#Il pluralismo antico|Atomismo|Sofistica}}
[[File:Asia minor p20.jpg|min|verticale=1.8|Asia minore e Mesopotamia nell'antichità. [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]] è nel quadratino '''B d''']]
La filosofia emerse nell'[[antica Grecia]] nel [[VI secolo a.C.]]. L'era presocratica durò circa due secoli, durante i quali l'espansione dell'[[impero persiano]] si estendeva a ovest, mentre i greci avanzavano nelle rotte commerciali e marittime, raggiungendo [[Cipro]] e la [[Siria]].
 
Tuttavia, purPur accettando che la filosofia greca abbia ricevuto apporti tematici provenienti dalle culture orientali,<ref>Aristotele stesso aveva notato come ci fossero analogie della filosofia con le culture non solo degli egiziani ma anche dei [[caldei]] e degli [[ebrei]] e, persino, dei magi iranici ([[Zoroastro]])</ref> l'approccio razionale e analitico era scarsamente utilizzato in Oriente, mentre sarà alla base di quello greco, e la maggior parte degli storici della filosofia oggi afferma l'autonomia e l'originalità della filosofia greca<ref>F. Cioffi ed altri, op.''I cit.filosofi e le idee'', ''ibidem''</ref> nata a [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]], [[colonie nell'antichità|colonia]] greca dell'Asia minore, nel [[VI secolo a.C.]] sostenendo:
* che anche gli autori della filosofia classica più vicini per tematiche al pensiero orientale (Platone, Aristotele, ecc.), pur riconoscendo l'importanza della cultura orientale, ne sottolineano il carattere pratico e non fanno alcuna menzione di una derivazione orientale della filosofia;
* che non abbiamo conferma di nessuna traduzione di testi orientali da parte di filosofi greci poiché evidentemente esistevano delle difficoltà [[linguaggio|linguistiche]] alla conoscenza delle culture orientali;
* che la sapienza orientale si basava su conoscenze poste come verità [[teologia|teologiche]] indiscutibili, conosciute solo da un gruppo ristretto di persone, i cosiddetti "[[sacerdote|sacerdoti]]": verità che non miravano allo sviluppo della razionalità, ma erano orientate [[ideologia|ideologicamente]] verso il raggiungimento di una vita ultraterrena o praticate per l'accrescimento di facoltà spirituali connesse alla sacralità, per cui il problema centrale che gli orientali si ponevano era quello della salvezza dell'anima dopo la morte, mentre il tema fondamentale nella speculazione dei primi filosofi greci (presocratici o presofisti) riguardava la natura e il cosmo;
* che infine esistevano fattori sociali e culturali che, come l'espansione coloniale greca, costituirono un ambiente caratterizzato dalla libertà politica e di pensiero favorevole allo sviluppo del pensiero filosofico;
* che la tesi orientalista è nata solamente dopo lo spostamento del baricentro culturale della Grecia verso Est, con la conquista di Alessandro Magno e la successiva diffusione dell'[[Ellenismo]].
 
Con la scuola milesia di [[Talete]], [[Anassimandro]] e [[Anassimene di Mileto|Anassimene]], il pensiero per la prima volta inizia ad emanciparsi dalla commistione con il [[mito]] e le tradizioni culturali poetiche per ricercare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali e alle questioni [[Cosmologia (filosofia)|cosmologiche]] abbandonando la [[cosmogonia]]; può nascere così un pensiero filosofico [[laicità|laico]], volto ad approfondire razionalmente le esperienze della conoscenza sensibile e a sostituire all'interpretazione [[mito|mitica]] dei fenomeni naturali un'analisi attenta ai dati dell'[[esperienza]]. La filosofia greca nasce quindi con interessi "scientifici" soprattutto per le necessità connesse alla navigazione e al commercio. Mileto infatti, sorta sulle coste della odierna Turchia, era il naturale punto d'incontro di frequenti scambi commerciali con la Grecia, l'Impero persiano e l'Egitto.<ref>[http://www.educational.rai.it/materiali/file_lezioni/18838_635761884611715278.pdf Rai educational.it]</ref> L'interpretazione mitica dei fenomeni naturali non soddisfa più e non serve: si cerca una causa che renda più comprensibile la natura. Questa interpretazione "scientifica" della natura, che dà un nuovo senso ai racconti [[mitologia|mitologici]], non viene ostacolata dal credo religioso, poiché la [[religione]] greca era [[Naturalismo (filosofia)|naturalistica]], legata all'[[immanenza]] e all'[[antropomorfismo|antropomorfizzazione]] del divino.
==== Dall'unità di oriente ed occidente alla diversità ====
{{Quote|Fino ad oggi l'umanità è vissuta di ciò che è avvenuto nel [[periodo assiale]], di ciò che allora è stato pensato e creato.|Karl Jaspers, ''Origine e senso della storia''}}
Secondo il filosofo [[Karl Jaspers]] gli uomini ancora oggi sono debitori di ciò che avvenne nel periodo assiale compreso tra l'800 a.C. e il 200 a.C. in cui l'interà umanità, in India, Cina, Palestina, Iran e Grecia, avvia una rottura epocale in cui si dissolvono le civiltà precedenti frutto di uno sviluppo storico [[filogenesi|monofiletico]] a favore di uno sviluppo policentrico caratterizzato da cerchie culturali separate.
{{Quote|In questo periodo si concentrano i fatti più straordinari. In Cina vissero [[Confucio]] e [[Lǎozǐ]], sorsero tutte le tendenze della filosofia cinese, meditarono [[Mòzǐ]], [[Zhuāng Zǐ]], [[Lìe Yǔkòu]] e innumerevoli altri. In India apparvero le ''[[Upaniṣad]]'', visse [[Gautama Buddha|Buddha]] e, come in Cina, si esplorarono tutte le possibiltà filosofiche fino allo [[scetticismo filosofico|scetticismo]] e al [[materialismo]], alla [[sofistica]] e al [[nihilismo]]. In Iran [[Zarathustra]] propagò l'eccitante visione del mondo come lotta fra bene e male. In Palestina fecero la loro apparizione i profeti, da [[Elia]] a [[Isaia]] e [[Geremia]], fino a [[Deutero-Isaia]]. La Grecia vide [[Omero]], i filosofi [[Parmenide]], [[Eraclito]] e [[Platone]], i poeti tragici, [[Tucidide]] e [[Archimede]]. Tutto ciò che tali nomi implicano prese forma in pochi secoli quasi contemporaneamente in Cina, in India e nell'Occidente, senza che alcuna di queste regioni sapesse delle altre. La novità di quest'epoca è che in tutti e tre i mondi l'uomo prende coscienza dell' "Essere" nella sua interezza (''umgreifende'': ulteriorità onnicomprensiva), di se stesso e dei suoi limiti. Viene a conoscere la terribilità del mondo e la propria impotenza. Pone domande radicali. Di fronte all'abisso anela alla liberazione e alla redenzione. Comprendendo coscientemente i suoi limiti si propone gli obiettivi più alti. Incontra l'assolutezza nella profondità dell'essere-se-stesso e nella chiarezza della trascendenza,. Ciò si svolse nella riflessione. La coscienza divenne ancora una volta consapevole di se stessa, il pensiero prese il pensiero ad oggetto.<ref>Karl Jaspers, ''Origine e senso della storia'' (''Vom Ursprung und Ziel der Geschichte'', 1949), a cura di A. Guadagnin, ed. Comunità, Milano, 1965, pag. 20</ref>}}
 
==== Le colonie ioniche ====
[[File:Asia minor p20.jpg|thumb|right|400px|Asia minore e Mesopotamia nell'antichità. [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]] è nel quadratino '''B d''']]
Intorno al [[1200 a.C.]] mercanti-marinai dalla penisola ellenica vanno verso [[Oriente]], fondando colonie nella [[Ionia]].
 
In un secondo tempo, dall'[[VIII secolo a.C.]] in poi, è da qui che (sotto la pressione [[Persiani|persiana]]) avviene l'inverso con un ritorno verso la madrepatria; ciò determina un rimescolamento di culture estremamente favorevole per l'evoluzione della filosofia.
 
Nei secoli VII e [[secolo VI a.C.|VI a.C.]] la [[Grecia]] si è ormai trasformata da paese agricolo in artigiano e commerciale. Una nuova classe di [[mercante|mercanti]] basa la sua fortuna lontano dalle ''poleis'' d'origine, nelle [[Colonia (insediamento)|colonie]] della [[Ionia]] ([[Asia Minore]]), come [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]], [[Efeso]], [[Clazomene]], [[Samo (isola)|Samo]], ecc.
 
È sulle coste della Ionia, e in particolare a Mileto, che l'evoluzione della società, i frequenti contatti mercantili con gli altri popoli del Mediterraneo, del mondo iranico e forse anche di quello indiano, portano un nuovo bisogno di conoscere.
 
Al di fuori del [[mito]] il tentativo di fornire spiegazioni razionali ai fenomeni naturali, volto a soddisfare ad esempio le necessità della [[navigazione]], trova nuovi sviluppi e può nascere un pensiero filosofico [[laicità|laico]].
 
Questa interpretazione "scientifica" della natura, che dà un nuovo senso ai racconti [[mitologia|mitologici]], non viene ostacolata dal credo religioso, poiché la [[religione]] greca era [[Naturalismo (filosofia)|naturalistica]], legata all'[[immanenza]] e all'[[antropomorfismo|antropomorfizzazione]] del divino.
 
È nelle libere [[colonizzazione greca|colonie ioniche]] che nasce quindi la prima struttura della [[polis]] [[democrazia|democratica]] greca che assieme con la filosofia, dopo la conquista [[persia]]na delle colonie, si trasferirà, dopo aver sopraffatto il vecchio regime [[aristocrazia|aristocratico]] conservatore, nella madrepatria, facendo di [[Atene]] la capitale della filosofia e della libertà greca.
 
==== Pensiero mitico e pensiero filosofico ====
A proposito dei rapporti tra la filosofia e il mito si possono sinteticamente indicare tre tesi sostenute dagli storici della filosofia:
*# La filosofia con la scuola di Mileto segna una rottura con il [[mito]]. Il ''[[logos]]'' si emancipa dal [[pensiero mitico]] con l'affermazione dei primordi di un pensiero razionale e scientifico. Si è parlato di una "scoperta dello spirito" che ha fatto nascere come "un miracolo greco" la filosofia.
*# Al contrario si sostiene che sia azzardato riconoscere nella filosofia ionica la nascita di una scienza priva, com'è quella antica, della [[esperimento|verifica sperimentale]]. La filosofia è ancora profondamente legata al mito: essa non fa altro che sottoporre alla [[critica]] razionale, alla discussione del ''logos'', quanto sostiene la visione mitica che è ancora sentita come vera. Le cosmologie dei filosofi ionici riprendono e cercano di rispondere alla stessa domanda delle [[cosmogonia|cosmogonie]]: «Come si è originato l'universo ordinato, il [[cosmo]], dal [[caos (mitologia)|caos]]?» Al mondo ordinato dei filosofi naturalisti basato sull'azione di forze contrapposte che si scindono dall'unità originaria, in continua lotta tra loro secondo un corso ciclico, corrisponde l'universo di [[Omero]] ed [[Esiodo]] dove l'ordine è mantenuto dalle forze contrapposte dei diversi dei del mito che con l'avvento della filosofia hanno perso il loro aspetto personalizzato, ma che sono ancora visti dal filosofo come potenze reali che intervengono nella vita degli uomini. Una teoria vicina a questa concezione è nell'opera più conosciuta del filosofo francese [[Jean-Pierre Vernant]]: ''Les Origines de la pensée grecque'' (Le origini del pensiero greco) pubblicata nel [[1962]] dove viene presentata una nuova interpretazione della storia greca avvalendosi degli studi antropologici di [[Georges Dumézil]], [[Claude Lévi-Strauss]] e Ignace Meyerson. L'autore cerca di trovare le cause del passaggio dal pensiero [[mito]]logico greco a quello razionale filosofico. Secondo Vernant il motivo di questo cambiamento va ricercato nel mito stesso oltreché nella stessa storia sociale, giuridica, politica ed economica dei greci. Il cammino verso la ragione, sostiene Vernant, porterà nello stesso tempo alla nascita della [[democrazia]] greca.<ref>{{citazione|La nascita della filosofia appare dunque solidale di due grandi trasformazioni mentali: di un pensiero positivo, che esclude ogni forma di soprannaturale e rifiuta l'assimilazione implicita, stabilita dal mito, fra fenomeni fisici ed agenti divini; e di un pensiero astratto, che spoglia la realtà di quella potenza di cambiamento che le attribuiva il mito e rifiuta l'antica immagine dell'unione degli opposti a vantaggio d'una categorica formulazione del principio d'identità.|Jean-Pierre Vernant, ''Mito e pensiero presso i Greci'', Einaudi, 1978, p. 395}}</ref>
# Questa è la tesi oggi maggiormente condivisa secondo la quale è errato sostenere che i filosofi di Mileto ripetano con parole diverse ciò che già sosteneva il mito. Nei filosofi presocratici vi sono certamente, rispetto alla concezione mitica, degli elementi originali e nuovi che vanno identificati.<ref>Fabio Cioffi, ''Dialogos'', Vol. I, Bruno Mondadori, 1999, p. 20</ref>
 
La facilità e la frequenza dei viaggi intra-greci contribuirono alla fusione e al confronto delle idee. Durante il VI secolo a.C., vari filosofi e altri pensatori si spostarono facilmente in giro per la Grecia, in particolare in occasione dei [[giochi panellenici]]. Sebbene la comunicazione a lunga distanza fosse difficile durante i tempi antichi, persone, filosofi e libri si spostavano attraverso altre parti della [[penisola greca]], le [[isole dell'Egeo]] e la [[Magna Grecia]], una zona costiera dell'[[Italia meridionale]]. Anche il sistema politico [[democrazia|democratico]] delle [[polis|poleis]] indipendenti ha contribuito all'ascesa della filosofia. La maggior parte delle città greche non era governata da autocrati o sacerdoti, consentendo ai cittadini di mettere in discussione liberamente una vasta gamma di questioni.
Una teoria vicina a questa concezione è nell'opera più conosciuta del filosofo francese [[Jean-Pierre Vernant]]: ''Les Origines de la pensée grecque'' (Le origini del pensiero greco) pubblicata nel [[1962]] dove viene presentata una nuova interpretazione della storia greca avvalendosi degli studi antropologici di [[Georges Dumézil]], [[Claude Lévi-Strauss]] e Ignace Meyerson.
{{quote|La nascita della filosofia appare dunque in relazione con due grandi trasformazioni mentali: il pensiero positivo, che esclude ogni forma di realtà sovrannaturale e rifiuta l'implicita assimilazione stabilita dal mito tra fenomeni fisici e agenti divini; il pensiero astratto, che spoglia la realtà di tutta quella potenza di cambiamento che le attribuiva il mito, e rifiuta l'antica immagine dell'unione degli opposti in favore della formulazione in termini categorici del principio di identità|Jean-Pierre Vernant, ''Mito e pensiero presso i Greci''}}
L'autore cerca di trovare le cause del passaggio dal pensiero [[mito]]logico greco a quello razionale filosofico. Secondo Vernant il motivo di questo cambiamento va ricercato nel mito stesso oltreché nella stessa storia sociale, giuridica, politica ed economica dei greci. Il cammino verso la ragione, sostiene Vernant, porterà nello stesso tempo alla nascita della [[democrazia]] greca.
 
* 3. Questa è la tesi oggi maggiormente condivisa secondo la quale è errato sostenere che i filosofi di Mileto ripetano con parole diverse ciò che già sosteneva il mito. Nei filosofi presocratici vi sono certamente, rispetto alla concezione mitica, degli elementi originali e nuovi che vanno identificati.<ref>Fabio Cioffi, ''Dialogos'', Vol. I, Bruno Mondadori, 1999, pag.20</ref>
 
=== La filosofia nella Grecia classica ===
{{vedi anche|Filosofia antica}}
==== I primi "filosofi". I presocratici ====
[[File:Kapitolinischer Pythagoras adjusted.jpg|125px|thumb|Busto di Pitagora]]
I più antichi pensatori della storia della filosofia non ebbero consapevolezza di essere ''[[filosofo|filosofi]]'': sia [[Diogene Laerzio]]<ref>Diogene Laerzio, in ''Vite dei filosofi'', Proemio 12</ref> che [[Cicerone]]<ref>Cicerone, ''Tuscolanae disputationes'', V, 3, 9</ref> indicano [[Pitagora]] come il primo a definirsi ''filosofo''.
 
Lo stesso Pitagora viene tradizionalmente indicato come l'autore dell'[[allegoria]] della filosofia come un mercato: la vita è come una grande [[fiera]] dove si recano quelli che vogliono fare affari, quelli che vi vanno per divertimento ed infine, i ''migliori'', i filosofi, i quali non hanno altro scopo che osservare la varia umanità. Questo secondo quanto Diogene Laerzio riprende da [[Eraclide Pontico]], un discepolo di [[Platone]]: il che indicherebbe che questo fosse il significato in uso nella filosofia platonica.
 
In un frammento di [[Eraclito]], riferito da [[Clemente Alessandrino]],<ref>Passo la cui autenticità è messa però in dubbio da alcuni studiosi come M. Marcovich nella sua opera ''Frammenti'' (Firenze, [[1978]])</ref> compare il termine ''filosofia'' e si dice che "è necessario che gli uomini filosofi siano indagatori di molte cose".<ref>fr. B 35 Diels-Kranz</ref>
 
Sembrerebbe che Eraclito volesse identificare la filosofia con la ''polimanthia'', il sapere molte cose, ma questa interpretazione è esclusa da altri frammenti dove lo stesso filosofo afferma che questa "non insegna l'[[intelligenza]]"<ref>''ibidem'' fr. B 40</ref> ma piuttosto che compito del filosofo è quello di fare molte esperienze e da queste arrivare al principio primo unitario, che Eraclito chiama ''[[Logos]]'' (ragione, discorso).
 
Inizia quindi a delinearsi con Eraclito il significato di filosofia come conoscenza dei principi primi: scienza universale che tratta l'essere in generale e che quindi è alla base e fondamento di tutte le forme di conoscenza che si occupano del particolare.
 
===== La scuola di Mileto e l'archè =====
{{Vedi anche|Presocratici}}
 
[[File:Parmenides.jpg|125px|thumb|Parmenide]]
 
Con la scuola milesia di [[Talete]], [[Anassimandro]] e [[Anassimene di Mileto|Anassimene]], il pensiero per la prima volta inizia ad emanciparsi dalla commistione con il [[mito]] e le tradizioni culturali poetiche per ricercare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali e alle questioni [[Cosmologia (filosofia)|cosmologiche]] abbandonando la [[cosmogonia]].
 
La filosofia greca nasce quindi con interessi "scientifici" soprattutto per le necessità connesse alla navigazione e al commercio. L'interpretazione mitica dei fenomeni naturali non soddisfa più e non serve: si cerca una causa che renda più comprensibile la natura. I primi filosofi, pur [[Naturalismo (filosofia)|naturalisti]], non per questo si possono definire come [[materialismo|materialisti]]: essi conservano uno spirito religioso che non contrasta con la religione greca che, del resto, priva com'era dell'autorità di testi sacri e di [[dogma|dogmi]], permetteva una certa libertà di pensiero.<ref>Cfr. [[Gabriele Giannantoni]], ''La ricerca filosofica'' (vol. 1), Torino, Loescher, 1996.</ref>
 
Si impone quindi il problema dell'identificazione dell'[[archè]], l'elemento costitutivo e animatore della realtà, indagato nello stesso periodo anche da [[Pitagora]] ed [[Eraclito]].
 
Essi pensarono che, pur essendo apparentemente diversi, i fenomeni naturali avessero un fondamento comune. Si trova nelle loro teorie la ricerca di una costante che metta ordine nella molteplicità caotica dei fenomeni. Se quindi, si riuscirà a identificare la [[causa (filosofia)|causa]] prima di tutti questi fenomeni si otterrà una chiave universale per spiegare la formazione e il divenire di tutto il [[cosmo]].
 
I primi filosofi, pur [[Naturalismo (filosofia)|naturalisti]], non per questo si possono definire come [[materialismo|materialisti]]: essi conservano uno spirito religioso che non contrasta con la religione greca che, del resto, priva com'era dell'autorità di testi sacri e di [[dogma|dogmi]], permetteva una certa libertà di pensiero.<ref>[[Gabriele Giannantoni]], ''La ricerca filosofica'' (vol. 1), Torino, Loescher, 1996.</ref> Si impone quindi il problema dell'identificazione dell'[[archè]], l'elemento costitutivo e animatore della realtà. Essi pensarono che, pur essendo apparentemente diversi, i fenomeni naturali avessero un fondamento comune. Si trova nelle loro teorie la ricerca di una costante che metta ordine nella molteplicità caotica dei fenomeni. Se quindi, si riuscirà a identificare la [[causa (filosofia)|causa]] prima di tutti questi fenomeni si otterrà una chiave universale per spiegare la formazione e il divenire di tutto il [[cosmo]]. Perciò i primi filosofi [[presocratici]] ricercheranno quest'elemento primordiale da cui tutto si è generato e a cui tutto ritorna: l'[[archéarchè]], ciò che successivamente verrà definito [[sostanza (filosofia)|sostanza]], termine che racchiuderà una pluralità di significati, ovvero ciò che:
* permane nei mutamenti
* rende unitaria la molteplicità
* rende possibile l'esistenza della cosa<ref>Cfr. Gabriele Giannantoni, ''I Presocratici. Testimonianza e frammenti'', Laterza, Roma-Bari, 2002.</ref>
 
Interessante notare come dalla iniziale speculazione sulla natura, ancora legata ad elementi fisici con Talete, il discorso filosofico si faccia più astratto già con Anassimandro, capace di concepire come principio ciò che non è materiale, l'indefinito, sino a giungere con la scuola pitagorica ad una visione matematica della natura,<ref>Molto tempo dopo Galilei dirà come «il gran libro della Natura è scritto in caratteri matematici» e «Ll'universo[[apeiron]]. èDopo un libro scritto in lingua matematica,Talete e i caratteri sono triangoliAnassimandro, cerchi e altre figure geometriche» (''[[IlAnassimene Saggiatoredi Mileto]]'').</ref> primoaffermò veroche anellol'archè didovesse congiunzioneessere fraidentificato lacon filosofia e le scienze applicatel'aria.
 
Secondo [[Eraclito]] compito del filosofo è quello di fare molte esperienze e da queste arrivare al principio primo unitario, che Eraclito chiama ''[[Logos]]'' (ragione, discorso). Inizia quindi a delinearsi con Eraclito il significato di filosofia come conoscenza dei principi primi: scienza universale che tratta l'essere in generale e che quindi è alla base e fondamento di tutte le forme di conoscenza che si occupano del particolare.
===== L'ontologia: il monismo parmenideo e il pluralismo ionico =====
{{vedi anche|Ontologia}}
[[File:Anaxagoras2.jpg|thumb|Anassagora]]
 
[[File:Kapitolinischer Pythagoras adjusted.jpg|verticale|min|Busto di Pitagora]]
Un altro percorso invece condurrà la filosofia, con [[Parmenide]] e la [[scuola eleatica]], alle prime speculazioni [[Ontologia|ontologiche]]; l'ontologia [[monismo|monistica]], che nasce con [[Senofane di Colofone]], trova infatti ad [[Elea]], nell'ambito della [[Magna Grecia]] occidentale, i suoi principali sviluppi; in questi pensatori è prevalente la percezione di un conflitto irriducibile tra la [[logica]] che governa la dimensione intellettuale e il contraddittorio divenire dei fenomeni testimoniato dai sensi. Tale contrasto verrà variamente risolto dai successivi filosofi del [[VI secolo a.C.|VI]]-[[V secolo a.C.]] ([[fisici pluralisti]]) e rimarrà centrale in tutta la storia del pensiero occidentale, dalla [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]] ad [[Heidegger]] nel [[XX secolo|Novecento]].
[[Pitagora]] (nato intorno al 570 a.C.), originario dell'isola di [[Samo (isola)|Samo]] al largo della costa della Ionia, visse in seguito a [[Crotone]] nell'[[Italia meridionale]] ([[Magna Grecia]]). I pitagorici sostengono che "tutto è numero", fornendo resoconti formali in contrasto con il materiale precedente degli Ioni. La scoperta degli intervalli consonantici nella musica da parte del gruppo permise di affermare in filosofia il concetto di armonia, che suggeriva che gli opposti potessero insieme dare origine a cose nuove. I pitagorici credevano anche nella [[metempsicosi]], nella trasmigrazione delle anime o nella reincarnazione.
 
[[File:Parmenides.jpg|verticale|min|sinistra|Parmenide]]
In opposizione al monismo eleatico, [[Anassagora]] (di [[Clazomene]]) e [[Leucippo (filosofo)|Leucippo]] (di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]]) sostituivano la teoria parmenidea di un Essere unico e immutabile con una concezione [[pluralismo|pluralistica]] della ''[[physis]]''. Questa tesi si originò in ambito [[Ionia|ionico]] e fu sviluppata da Anassagora e Leucippo in due modi differenti: il primo indicava come principi fondamentali i ''semi'' (che Aristotele ribattezzerà ''omeomerìe''), il secondo era invece assertore di una teoria [[atomo|atomistica]].
Un altro percorso invece condurrà la filosofia, con [[Parmenide]] e la [[scuola eleatica]], alle prime speculazioni [[ontologiche]]; l'ontologia [[monismo|monistica]], che nasce con [[Senofane di Colofone]], trova infatti ad [[Elea]], nell'ambito della [[Magna Grecia]] occidentale, i suoi principali sviluppi; in questi pensatori è prevalente la percezione di un conflitto irriducibile tra la [[logica]] che governa la dimensione intellettuale e il contraddittorio divenire dei fenomeni testimoniato dai sensi. [[Parmenide]] sosteneva che, a differenza degli altri filosofi che credevano che l'archè si fosse trasformata in molteplici cose, il mondo doveva essere immutabile ed eterno, mentre qualsiasi cosa suggerisse il contrario era un'illusione. [[Zenone di Elea]] formulò i suoi famosi [[paradosso|paradossi]] per supportare le opinioni di Parmenide sull'illusione della pluralità e del cambiamento (in termini di movimento), dimostrandoli impossibili.
 
[[File:Anaxagoras2.jpg|min|Anassagora]]
L'espressione di tale pluralismo che risulterà più ricca di sviluppi sarà l'[[atomismo]] leucippeo, che troverà in [[Democrito]] un valido continuatore. Più tardi, nel [[IV secolo a.C.]], [[Epicuro]] riformulerà questa tradizione, negandone il rigido [[determinismo]] introdotto da Democrito.
In opposizione al monismo eleatico, [[Anassagora]] (di [[Clazomene]]) e [[Leucippo]] (di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]]) sostituivano la teoria parmenidea di un Essere unico e immutabile con una concezione [[pluralismo|pluralistica]] della ''[[physis]]''. Questa tesi si originò in ambito [[Ionia|ionico]] e fu sviluppata da Anassagora e Leucippo in due modi differenti: il primo indicava come principi fondamentali i ''semi'' (che Aristotele ribattezzerà ''omeomerìe''), il secondo era invece assertore di una teoria [[atomo|atomistica]]. [[Empedocle]] sosteneva che l'archè consistesse in realtà in più fonti, dando origine al modello dei [[quattro elementi]]. Questi a loro volta sono soggetti alle forze dell'Amore e del Conflitto, creando le miscele di elementi che formano il mondo. L'espressione di tale pluralismo che risulterà più ricca di sviluppi sarà l'[[atomismo]] leucippeo, che troverà in [[Democrito]] un valido continuatore.
 
Accanto a questo primo iniziale configurarsi della filosofia come conoscenza universale compare nella storia della filosofia un'applicazione più pragmatica del filosofare: è quella dei [[sofisti]] che non tramandano definizioni della filosofia, ma chiamano filosofia una particolare forma di [[paideia|educazione]], dietro compenso, per i giovani che vogliano intraprendere una carriera politica.<ref>cfr. per es. Senofonte, ''Memorabilia'', IV, 2, 23 e Platone, ''Simposio'' I, 5</ref> I sofisti compaiono nel periodo compreso fra il culmine della civiltà ateniese e i primi sintomi della decadenza dovuta a tensioni individualistiche ed egoistiche già evidenti nell'età di [[Pericle]]. Allo scoppio della [[guerra del Peloponneso]] e alla morte di Pericle, entrano in crisi il senso di supremazia culturale ed economica a cui si sostituisce la percezione della precarietà dell'esistenza, cui i sofisti rispondono esibendo le capacità [[retorica|retoriche]] dell'individuo, educato con una nuova ''technè'' (tecnica) [[oratoria]]. Essi insegnano in particolare l'"arte della parola", un'educazione retorica e letteraria che riporta la filosofia al suo primo significato di [[paideia]] ma con diversi contenuti rispetto a quella antica, basata sulla [[poesia]] e sul [[mito]], attraverso i quali si realizzava l'[[aristocrazia|aristocratico]] ideale della [[kalokagathia]] ossia l'unione del ''bello e del buono''. I sofisti non mettono in dubbio l'autorità dello [[Stato]] ma evidenziano attraverso un'analisi storica, l'origine umana delle [[legge|leggi]] che lo regolano e il ruolo determinante di chi è capace di influenzarne la formazione attraverso l'abilità nell'usare il linguaggio, non tanto per persuadere, quanto per far prevalere sull'interlocutore il proprio punto di vista con il suo eloquio.<ref>''macròs logos'' in lingua greca, letteralmente lungo discorso.</ref>
Per quanto il monismo [[determinismo|determinista]] risulterà prevalente e gli epigoni di [[Parmenide]] (tra essi Platone) vincenti dal [[IV secolo a.C.]] in poi, nel [[V secolo]] il dibattito risultò assai fecondo per il pensiero greco. In ogni caso Aristotele, per quanto sostanzialmente monista, fu molto attento all'ontologia pluralistica, confrontandosi con essa a più riprese sia nella ''Fisica'' che nella ''Metafisica'' (la filosofia "prima").
 
==== Filosofia greca classica ====
===== La Sofistica: filosofia come nuova educazione =====
{{vedi anche|SofisticaSocrate|Platone|Aristotele}}
[[File:Socrates Pio-Clementino Inv314.jpg|verticale|sinistra|min|Socrate]]
Accanto a questo primo iniziale configurarsi della filosofia come conoscenza universale compare nella storia della filosofia un'applicazione più pragmatica del filosofare: è quella dei [[sofisti]] che non tramandano definizioni della filosofia, ma chiamano filosofia una particolare forma di [[paideia|educazione]], dietro compenso, per i giovani che vogliano intraprendere una carriera politica.<ref>cfr. per es. Senofonte, ''Memorabilia'', IV, 2, 23 e Platone, ''Simposio'' I, 5</ref>
Il periodo classico dell'antica filosofia greca è incentrato su [[Socrate]] e sulle due generazioni di studenti che seguirono.
 
Socrate visse un evento che gli cambiò la vita quando il suo amico [[Cherefonte]] visitò l'[[Oracolo di Delfi]] dove la [[Pizia]] gli disse che [[Lista degli oracoli di Delfi#440 a.C. - Socrate|nessuno ad Atene era più saggio di Socrate]]. Venuto a conoscenza di ciò, Socrate trascorse successivamente gran parte della sua vita interrogando chiunque ad Atene per indagare sull'affermazione della Pizia. Il senso della sua filosofia è quello di essere essenzialmente ''ricerca'' che caratterizza quella ''dotta ignoranza'' che permette di sviluppare lo spirito critico nei confronti di coloro che presumono di sapere in modo definitivo e invece non sanno rendere conto di quello che dicono.<ref>Platone, ''Fedro'', 278b.</ref> La peculiarità di Socrate consiste infatti nel metodo di indagine filosofica basato sulla [[maieutica]], ovvero sulla capacità, attraverso un [[dialogo]] serrato fra il filosofo e coloro che lo ascoltano, di discernere la conoscenza vera dalla mera opinione soggettiva.<ref>Si ripropone qui una delle interpretazioni della maieutica socratica. Per un discorso più approfondito si rimanda a [[Interpretazioni del pensiero di Socrate]] dove il senso della maieutica, secondo alcuni studiosi, è da rintracciare nella volontà di Socrate di convincere l'interlocutore che la sua certezza di possedere verità definitive è falsa e che ciò che si conosce va invece sempre rimesso in discussione.</ref>
I sofisti compaiono nel periodo compreso fra il culmine della civiltà ateniese e i primi sintomi della decadenza dovuta a tensioni individualistiche ed egoistiche già evidenti nell'età di [[Pericle]]. Allo scoppio della [[guerra del Peloponneso]] e alla morte di Pericle, entrano in crisi il senso di supremazia culturale ed economica a cui si sostituisce la percezione della precarietà dell'esistenza, cui i sofisti rispondono esibendo le capacità [[retorica|retoriche]] dell'individuo, educato con una nuova ''technè'' (tecnica) [[oratoria]].
 
Le domande di Socrate gli procurarono nemici che alla fine lo accusarono di empietà e di corruzione dei giovani. La democrazia ateniese lo processò, fu giudicato colpevole e condannato a morte. Sebbene i suoi amici si offrissero di aiutarlo a fuggire dalla prigione, Socrate scelse di rimanere ad Atene e di attenersi ai suoi principi. La sua esecuzione consistette nel bere la [[cicuta]] avvelenata. Morì nel 399 a.C.
Essi insegnano in particolare l'"arte della parola", un'educazione retorica e letteraria che riporta la filosofia al suo primo significato di [[paideia]] ma con diversi contenuti rispetto a quella antica, basata sulla [[poesia]] e sul [[mito]], attraverso i quali si realizzava l'[[aristocrazia|aristocratico]] ideale della [[kalokagathia]] ossia l'unione del ''bello e del buono''.
 
[[File:Plato Pio-Clemetino Inv305.jpg|min|verticale|Busto di Platone nel Museo Pio-Clementino]]
I sofisti non mettono in dubbio l'autorità dello [[Stato]] ma evidenziano attraverso un'analisi storica, l'origine umana delle [[legge|leggi]] che lo regolano e il ruolo determinante di chi è capace di influenzarne la formazione attraverso l'abilità nell'usare il linguaggio, non tanto per persuadere, quanto per far prevalere sull'interlocutore il proprio punto di vista con il suo eloquio.<ref>''macròs loghos'' in lingua greca, letteralmente lungo discorso.</ref>
Sebbene [[Socrate]] non abbia scritto nulla, due dei suoi discepoli, [[Platone]] e [[Senofonte]], scrissero di alcune delle sue conversazioni, sebbene Platone usasse Socrate anche come personaggio di fantasia in alcuni dei suoi dialoghi. Questi dialoghi socratici mostrano il [[metodo socratico]] applicato per esaminare problemi filosofici. Socrate fu accusato di empietà e di corruzione dei giovani. La [[democrazia ateniese]] lo processò e lo riconobbe colpevole, condannandolo a morte. Sebbene i suoi amici si offrissero di aiutarlo a fuggire dalla prigione, Socrate scelse di rimanere ad Atene e di attenersi ai suoi principi. Morì nel 399 a.C.
 
Dopo la morte di Socrate, Platone fondò l'[[Accademia platonica]] e la [[filosofia platonica]]. Secondo quanto scrive [[Alexandre Koyré]]:
==== Socrate: filosofia come educazione al ''non sapere'' ====
{{citazione|Tutta la vita filosofica di [[Platone]] è stata determinata da un avvenimento eminentemente politico, la condanna a morte di [[Socrate]]. |}}
{{vedi anche|Socrate}}
[[File:Socrates Louvre.jpg|150px|thumb|Socrate]]
 
Come egli scrisse, in tarda età, nella [[Lettera VII]] proprio la rinuncia alla politica attiva segna la scelta per la filosofia, intesa però come impegno "civile". Tuttavia i filosofi che vorrebbero dedicarsi alla [[meditazione]]<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 519d.</ref> devono invece essere costretti all'arte del governo,<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 520a.</ref> in quanto, proprio perché disinteressati, essi sono i più affidabili come politici.<ref name="ReferenceA">Libro VII della ''Repubblica'', 521b.</ref>
Paradossale fondamento del pensiero socratico, ostile a quello dei sofisti, è l'[[ignoranza]], elevato a movente fondamentale del desiderio di conoscere. La figura del filosofo secondo [[Socrate]] è completamente opposta a quella del saccente, ovvero del sofista.
 
La dottrina politica attribuita a Platone deriva dalla ''[[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'', dalle ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]'' e dal ''[[Politico (dialogo)|Politico]]''. Il primo di questi contiene il suggerimento che non ci sarà giustizia nelle città a meno che non siano governate da re filosofi; i responsabili dell'applicazione delle leggi sono obbligati a tenere in [[comunismo|comune]] le loro donne, i loro figli e le loro proprietà.
Egli diceva di ritenersi il più saggio degli uomini, proprio in quanto cosciente del proprio non sapere. Il senso della sua filosofia è quello di essere essenzialmente ''ricerca'' che caratterizza quella ''dotta ignoranza'' che permette di sviluppare lo spirito critico nei confronti di coloro che presumono di sapere in modo definitivo e invece non sanno rendere conto di quello che dicono.<ref>Platone, ''Fedro'', 278b.</ref>
 
I dialoghi di Platone hanno anche temi [[metafisica|metafisici]], il più famoso dei quali è la sua "teoria delle idee". Sostiene che le idee astratte (ma [[sostanza (filosofia)|sostanziali]]) non materiali, e non il mondo materiale del cambiamento a noi noto attraverso i nostri sensi fisici, possiedano il tipo più alto e fondamentale di realtà.
La peculiarità di Socrate consiste infatti nel [[metodo]] di indagine filosofica basato sulla [[maieutica]], ovvero sulla capacità, attraverso un [[dialogo]] serrato fra il filosofo e coloro che lo ascoltano, di discernere la conoscenza vera dalla mera opinione soggettiva.<ref>Si ripropone qui una delle interpretazioni della maieutica socratica. Per un discorso più approfondito si rimanda a [[Pensiero di Socrate (interpretazioni)]] dove il senso della maieutica, secondo alcuni studiosi, è da rintracciare nella volontà di Socrate di convincere l'interlocutore che la sua certezza di possedere verità definitive è falsa e che ciò che si conosce va invece sempre rimesso in discussione.</ref>
 
Platone usa spesso lunghe [[Analogia (retorica)|analogie]] (di solito [[allegorie]]) per spiegare le sue idee; la più famosa è forse il "[[mito della caverna]]" nel settimo libro della ''Repubblica'', dove delinea una formazione culturale che porti alla visione del mondo intelligibile,<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 517b.</ref> appresa la quale spetterà ai filosofi la funzione politica, ma non in quanto addestrati all'uso della parola, bensì perché essi sono depositari di quella luce della verità a cui sono giunti liberandosi dalle catene dell'ignoranza. La loro formazione culturale quindi sopravanza quella dei non filosofi, in quanto essi saranno educati non solo nella [[ginnastica]], nella [[musica]] e nelle arti<ref name="ReferenceA"/> ma anche nelle scienze esatte come la [[matematica]]<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 521c.</ref> e la [[geometria]], che permettano loro di arrivare alla concezione [[intelletto|intellettuale]] delle [[idea|idee perfette]] ed immutabili.<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 532c.</ref> Tramite la [[dialettica]], l'ascesa dalle forme sensibili all'intelligibile, "si tratta di ribaltare un'anima da un giorno che è come una notte, a un vero giorno, il che corrisponde all'ascesa all'essere; in una parola, all'autentica filosofia."<ref>Platone, ''Repubblica'', VII 521C, traduzione di Giovanni Reale, ''Platone. Tutti gli scritti'', Milano, Rusconi 1991, p. 1244.</ref>
==== Platone: la riflessione sulla giustizia ====
[[File:Plato Pio-Clemetino Inv305.jpg|thumb|left|150px|Busto di Platone nel Museo Pio-Clementino]]
 
Con Platone il termine filosofia ha raggiunto una tale vastità di significati che, secondo una celebre massima, in seguito la storia del pensiero non avrebbe fatto altro che svilupparne gli esiti.<ref>"Tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone" ("The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato".) [[Alfred North Whitehead]] in ''Process and Reality'', p. 39 (Free Press, 1979).</ref> Essa assume cioè il senso di sapere universale, teoria e pratica politica, prevalenza dell'intelletto sulla conoscenza sensibile, scienza dei principi primi e spirito critico applicato alle scienze particolari. I vari significati della filosofia sopra indicati appaiono e scompaiono in relazione alle fasi successive del suo pensiero.
La filosofia platonica origina dalla riflessione sulla [[politica]] conseguente alla vicenda socratica. Secondo quanto scrive [[Alexandre Koyré]]:
{{quote|Tutta la vita filosofica di [[Platone]] è stata determinata da un avvenimento eminentemente politico, la condanna a morte di [[Socrate]]. |}}
Occorre tuttavia distinguere la "riflessione sulla politica" dalla "attività politica". Non è certo in quest'ultima accezione che dobbiamo intendere la centralità della [[politica]] nel pensiero di Platone.
 
Si deve inoltre tenere presente che il senso della filosofia e quello dei suoi oggetti deve, per Platone, essere inseribile in un quadro [[Cosmologia (filosofia)|cosmologico]] generale perfetto ed armonico, su base matematico-geometrica. Uno dei più importanti dialoghi della maturità, il ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'', è molto significativo a questo proposito e, non a caso, è stato il testo base per tutta la cosmologia mistica medioevale. È un inno alla perfezione "geometrica" di un cosmo che non è solo ideale ma del tutto reale. L'ontologia platonica riguarda quindi un [[Essere]] generale (governato dall'[[anima del mondo]]), che ha il suo fondamento nell'elemento etico (il bene), in quello estetico (la bellezza) e in quello gnoseologico (la verità). Sono infatti essi che si coniugano come fondanti, lo qualificano e lo definiscono. La "materia" (la fisicità) è quindi elemento del tutto irrilevante per Platone, in quanto, non possedendo "verità" non può essere posto come oggetto della vera filosofia.
Come egli scrisse, in tarda età, nella [[Lettera VII]] proprio la rinuncia alla politica attiva segna la scelta per la filosofia, intesa però come impegno "civile". Tuttavia i filosofi che vorrebbero dedicarsi alla [[meditazione]]<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 519d.</ref> devono invece essere costretti all'arte del governo,<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 520a.</ref> in quanto, proprio perché disinteressati, essi sono i più affidabili come politici.<ref name="ReferenceA">Libro VII della ''Repubblica'', 521b.</ref> La riflessione sulla politica diventa, in altre parole, riflessione sul concetto di [[giustizia]] e dalla riflessione su questo concetto sorge un'idea di filosofia intesa come processo di crescita dell'uomo come membro della ''[[polis]]''.
 
[[File:Aristotle-Raphael.JPG|verticale|min|[[Aristotele]] ritratto nella ''[[Scuola di Atene]]'' di [[Raffaello]].]]
Fin dalle prime fasi di questa riflessione, appare chiaro che per il filosofo ateniese risolvere il problema della giustizia significa affrontare il problema della [[gnoseologia|conoscenza]]. Da qui la necessità di intendere la genesi del "mondo delle idee" inteso come depositario della verità contrapposto al "mondo delle cose", mere "copie" delle idee, come frutto di un impegno "politico" più complessivo e profondo. La vera educazione che assegnerebbe ai filosofi il diritto-dovere di governare non è però quella dei sofisti, ma quella descritta nel settimo libro della ''Repubblica'' dove, attraverso il "[[mito della caverna]]", [[Platone]] delinea una formazione culturale che porti alla visione del mondo intelligibile,<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 517b.</ref> appresa la quale spetterà ai filosofi la funzione politica, ma non in quanto addestrati all'uso della parola, bensì perché essi sono depositari di quella luce della verità a cui sono giunti liberandosi dalle catene dell'ignoranza. La loro formazione culturale quindi sopravanza quella dei non filosofi, in quanto essi saranno educati non solo nella [[ginnastica]], nella [[musica]] e nelle arti<ref name="ReferenceA"/> ma anche nelle scienze esatte come la [[matematica]]<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 521c.</ref> e la [[geometria]], che permettano loro di arrivare alla concezione [[intelletto|intellettuale]] delle [[idea|idee perfette]] ed immutabili.<ref>Libro VII della ''Repubblica'', 532c.</ref> Tramite la [[dialettica]], l'ascesa dalle forme sensibili all'intelligibile, "il volgere dell'anima da un giorno tenebroso a un giorno vero", si giungerà alla "vera filosofia"<!-- Di questo passo manca la ref Pequod76-->.
L'ultima scuola di filosofia ad essere istituita durante il periodo classico fu la [[scuola peripatetica]], fondata da [[Aristotele]], allievo di Platone. Aristotele scrisse ampiamente su argomenti di interesse filosofico, tra cui fisica, biologia, zoologia, metafisica, estetica, poesia, teatro, musica, retorica, politica e logica. La [[logica aristotelica]] fu il primo tipo di [[logica]] a tentare di classificare ogni [[sillogismo]] valido.
 
Per Aristotele, la filosofia è il più grande dei beni, dal momento che ha per scopo se stessa, mentre le altre scienze hanno per fine qualcosa di diverso da sé. Aristotele introduce una nuova concezione del sapere rispetto a quella della tradizione, che collegava la sapienza all'agire e al produrre. Dedicarsi al sapere richiede la ''scholè'', un tempo assolutamente libero da ogni cura e preoccupazione per le necessità materiali dell'esistenza.<ref>«Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c'era pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all'agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. È evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa.» in Aristotele, ''Metafisica'' I,2,982b</ref> Per Aristotele fare filosofia è l'inclinazione della natura razionale di tutti gli uomini e che solo i filosofi realizzano a pieno, mettendo in atto un sapere che non serve a nulla ma che, proprio per questo, non dovrà piegarsi a nessuna servitù: un sapere assolutamente libero. La filosofia, quindi presuppone la libertà da ogni bisogno materiale, è essa stessa libera perché persegue il sapere per il sapere e rende liberi dall'ignoranza.
===== I molti significati platonici della filosofia =====
Con Platone il termine filosofia ha raggiunto una tale vastità di significati che, secondo una celebre massima, in seguito la storia del pensiero non avrebbe fatto altro che svilupparne gli esiti.<ref>"Tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone" ("The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato".) [[Alfred North Whitehead]] in ''Process and Reality'', p. 39 (Free Press, 1979).</ref> Essa assume cioè il senso di:
* sapere universale
* teoria e pratica politica
* prevalenza dell'intelletto sulla conoscenza sensibile
* scienza dei principi primi
* spirito critico applicato alle scienze particolari
 
Mentre in un primo tempo Aristotele pensa che l'oggetto della filosofia debba essere il divino e che quindi essa sia la scienza più alta, nella maturità, con le mutate condizioni culturali e politiche, egli guarda il mondo secondo un'ottica orizzontale per cui tutte le scienze hanno pari dignità. In questo modo Aristotele constata e giustifica la situazione culturale del [[IV secolo a.C.]], dove le scienze si rendono autonome dalla filosofia e si specializzano nel loro specifico settore della realtà. Quindi, secondo Aristotele, la filosofia si differenzia dagli altri saperi perché, invece di considerare la varie facce della realtà o dell'essere, studia l'essere e la realtà in generale. Quindi, tutte le scienze che studiano una parte del reale dovranno ora presupporre la filosofia, che studia il reale in quanto tale.<ref>Aristotele ''Metafisica'' (I, 981a) e ''Categorie'' (1a25).</ref> La filosofia diventa la scienza prima, l'anima unificatrice ed organizzatrice delle scienze particolari. La filosofia, come un'enciclopedia del sapere, non può essere altro che scienza o sapere globale.
Questa classificazione della filosofia nei suoi vari significati condizionerà tutta la tradizione filosofica occidentale, almeno fino alle riflessioni filosofiche di [[John Locke|Locke]] e [[Immanuel Kant|Kant]] e alla [[filosofia contemporanea]], che metterà in discussione i presupposti e la possibilità stessa della filosofia.
 
Aristotele non enuncia direttamente il significato del termine, ma "sapere" per lui vuol dire "conoscenza dei principi primi e delle [[causa (filosofia)|cause]]".<ref>Aristotele,''Metafisica'', I, 981b 29</ref> Quanto più una cosa, infatti, è realizzata nella sua natura, tanto più essa è causa dell'essere delle cose che di tale natura partecipano. Ad esempio, il fuoco non può essere che la causa del calore delle cose calde, in quanto esso realizza al massimo la sua natura calda. Aristotele, cioè, stabilisce una connessione logica e reale tra verità, causalità e essere.
A differenza di altri (come Aristotele), Platone non è un pensatore sistematico. I vari significati della filosofia sopra indicati appaiono e scompaiono in relazione alle fasi successive del suo pensiero. Si deve inoltre tenere presente che il senso della filosofia e quello dei suoi oggetti deve, per Platone, essere inseribile in un quadro [[Cosmologia (filosofia)|cosmologico]] generale perfetto ed armonico, su base matematico-geometrica. Per quanto egli ammetta il [[divenire]] come una forma incipiente di "essere" (a differenza di [[Parmenide]], che lo vedeva come non-essere), esso, in quanto imperfetto e passibile di disordine, esiste soltanto come evento variabile e mutevole che precede l'avvento della perfezione e dell'ordine di un "essere" che è anche "verità".
 
La matematica sarà dunque la scienza che studia gli enti nello [[spazio (fisica)|spazio]], mentre quella che studia gli enti che divengono è la [[fisica]] (che comprende tutte le scienze naturali); quella che, infine, studia l'[[ente (filosofia)|ente]] in quanto ente sarà la "filosofia prima", la quale, quando si dedica allo studio dell'ente supremo, si definisce come [[teologia]]. La filosofia prima, che la tradizione filosofica chiamerà [[metafisica]], costituirà, come teoria generale della realtà, il nucleo centrale, almeno fino a John Locke, della filosofia. Il termine "metafisica" deriva dalla catalogazione dei libri di Aristotele, nell'edizione di [[Andronico da Rodi]] ([[I secolo a.C.]]), nella quale la trattazione dell'essenza della realtà fu collocata dopo (in greco ''meta-'') quella della natura (che è la fisica). Il prefisso ''meta-'' assunse poi il significato di "al di là, sopra, oltre".
Con queste premesse, la realtà platonica è totalmente avulsa dalla realtà concreta dell'uomo comune. Il primato dell'[[idea]]lità non è quindi solo gnoseologico, ma ontologico. Uno dei più importanti dialoghi della maturità, il ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'', è molto significativo a questo proposito e, non a caso, è stato il testo base per tutta la cosmologia mistica medioevale. È un inno alla perfezione "geometrica" di un cosmo che non è solo ideale ma del tutto reale, dove è riecheggiato Pitagora e la sua visione del mondo basata [[numerologia|sui numeri]]. L'ontologia platonica riguarda quindi un [[Essere]] generale (governato dall'[[anima del mondo]]), che ha il suo fondamento nell'elemento etico (il bene), in quello estetico (la bellezza) e in quello gnoseologico (la verità). Sono infatti essi che si coniugano come fondanti, lo qualificano e lo definiscono. La "materia" (la fisicità) è quindi elemento del tutto irrilevante per Platone, in quanto, non possedendo "verità" non può essere posto come oggetto della vera filosofia.
 
Aristotele definirà "filosofie teoretiche" la matematica, la fisica e la "filosofia prima", distinguendole in tal modo dalle "filosofie pratiche" ([[etica]], [[politica]]) e da quelle poietiche (da ''poieo'', "produco"), che riguardano la poetica e le discipline tecniche.<ref>Aristotele,''Topici'', VI, 6, 145ª 15; ''Metafisica'', XI, 7, 1064ª 10 sgg.</ref> Nelle dottrine pratiche e poietiche rientra quella caratterizzazione della filosofia come saggezza che la "filosofia prima" come scienza escludeva dal suo ambito. Anzi, a differenza di Platone, Aristotele attribuisce dignità filosofica anche alle filosofie pratiche e poietiche, non potendo sempre avere il sapere i caratteri precisi e definitivi, ad esempio, della matematica.<ref>Aristotele, ''Etica nicomachea'' I, 3, 1094b 12sgg.</ref> Le sue opinioni etiche identificavano l{{'}}''eudaimonia'' come il bene ultimo, poiché era buono in sé. Pensava che l'eudaimonia potesse essere raggiunta vivendo secondo la natura umana, che è vivere con ragione e virtù, definendo la ""virtù"" come il [[Virtù dianoetiche ed etiche#Il giusto mezzo|giusto mezzo]] tra gli estremi. Aristotele fece da tutore ad [[Alessandro Magno]], che conquistò gran parte dell'antico mondo occidentale. L'[[ellenizzazione]] e l'[[aristotelismo]] hanno esercitato una notevole influenza su quasi tutti i successivi filosofi occidentali e mediorientali.
==== Aristotele lo Stagirita ====
[[File:Aristoteles Louvre.jpg|150px|thumb|right|Busto che ritrae Aristotele, opera di [[Lisippo]]]]
 
==== Filosofia ellenistica e latina ====
Gli anni che separano Platone da Aristotele sono relativamente pochi, eppure il tempo di crisi in cui si trova a vivere Aristotele è già profondamente diverso da quello del suo maestro. Nella metà del [[IV secolo a.C.]] la decadenza della libertà nella ''[[polis]]'' è ormai irreversibile di fronte alla potenza [[Regno di Macedonia|macedone]]. Il cittadino greco non è più direttamente coinvolto nelle faccende del governo ed ormai è "inglobato" in un più vasto organismo statale, del quale altri reggono le fila e quindi perde quella passione per la politica che aveva costituito la molla per la filosofia platonica. Da qui l'emergere per altri interessi conoscitivi ed etici che saranno caratteristici dell'[[età ellenistica]].
{{vedi anche|Ellenismo|Epicureismo|Stoicismo|Pirronismo|Scetticismo filosofico|Scuola peripatetica|Platonismo|Filosofia latina|Neopitagorismo}}
[[File:MacedonEmpire.jpg|min|verticale=1.5|Mappa dell'impero di [[Alessandro Magno]] e del percorso che lui e [[Pirrone]] intrapresero per l'India]]
 
Nell'[[ellenismo|età ellenistica]] le città-stato greche perdono, dopo la conquista macedone, la loro libertà ed assieme il loro primato politico, economico e culturale che passa a nuove grandi città come [[Alessandria d'Egitto]], [[Antiochia di Siria|Antiochia]] e [[Pergamo]] che diventano a loro volta centri di sviluppo e diffusione della [[civiltà greca]] nelle vaste terre conquistate e portate alla grecità da [[Alessandro Magno]]. L'ellenismo poi «con i suoi vasti ideali e aspirazioni di universalità, aprì la via alle grandi affermazioni unitarie dell'Impero romano e del cristianesimo.»<ref>''Enciclopedia Treccani'' alla voce corrispondente.</ref> Il tratto caratterizzante dell'ellenismo è appunto la diffusione della civiltà greca nel [[Bacino del Mediterraneo|mondo mediterraneo]], [[eurasia]]tico e orientale, e la sua fusione con le culture dell'[[Asia Minore]], dell'[[Asia Centrale]], della [[Siria]] e della [[Fenicia]], dell'[[Africa del Nord]], della [[Mesopotamia]], dell'[[Iran]] e dell'[[India]], e la conseguente nascita di una civiltà, detta appunto «ellenistica», che fu modello per altre culture relativamente alla filosofia, [[economia]], [[religione]], [[scienza]] e [[arte]]. Il periodo iniziò con la morte di Alessandro nel [[323 a.C.]] (poi quella di Aristotele nel [[322 a.C.]]), e fu seguito dal predominio della [[Filosofia latina|filosofia dell'antica Roma]] durante il [[Impero romano|periodo imperiale romano]].
===== Filosofia come libertà =====
Il periodo ellenistico vide la continuazione dell'aristotelismo e del [[cinismo]] e l'emergere di nuove filosofie, tra cui il [[pirronismo]], l'[[epicureismo]], lo [[stoicismo]] e il [[neopitagorismo]]. Anche il [[platonismo]] continuò, ma trovò nuove interpretazioni, come lo [[scetticismo filosofico|scetticismo]] accademico.
Per Aristotele, la filosofia è il più grande dei beni, dal momento che ha per scopo se stessa, mentre le altre scienze hanno per fine qualcosa di diverso da sé. Aristotele introduce una nuova concezione del sapere rispetto a quella della tradizione, che collegava la sapienza all'agire e al produrre. Dedicarsi al sapere richiede la ''scholè'', l'''otium'' dei latini, un tempo assolutamente libero da ogni cura e preoccupazione per le necessità materiali dell'esistenza.
{{quote|Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c'era pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all'agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. È evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa.<ref>Aristotele, ''Metafisica'' I,2,982b</ref> |}}
 
La caratteristica fondamentale nelle filosofie ellenistiche è la tendenza a costituire dottrine fortemente strutturate caratterizzate da un interesse primario per l'etica. Nel clima di generale insicurezza e di una "fuga nel privato" che caratterizza questa età di sconvolgimenti politici, sociali e culturali, alla filosofia si chiedono sostanzialmente due cose: da un lato una visione unitaria e complessiva del mondo, dall'altro lato una specie di "supplemento d'animo", ossia una parola di saggezza e di serenità capace di guidare la vita quotidiana degli individui. Infatti conseguenza del ripiegamento verso l'intimità privata fu l'attenzione rivolta dagli intellettuali all'etica ed all'analisi interiore piuttosto che a un'indagine filosofica astratta.<ref>AA. VV., ''La società ellenistica'', in ''Storia e civiltà dei greci'', vol. 7-8, Milano 1977</ref> Le varie scuole di filosofia hanno proposto vari metodi per raggiungere l'[[eudaimonia]]. Per alcune scuole era attraverso mezzi interni, come la calma, l'[[atarassia]] (ἀταραξία) o l'indifferenza, l'[[Apatia (filosofia)|apatia]] (ἀπάθεια), il che era forse causato dalla maggiore insicurezza dell'epoca. [[Epicuro]] ritiene che la filosofia debba diventare lo strumento, il mezzo, teorico e pratico, per raggiungere la [[felicità]] liberandosi da ogni irrequieta passione.<ref>«Se non fossimo turbati dal pensiero delle cose celesti e della morte e dal non conoscere i limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura.» ''Epistola a Meneceo'', 132.</ref>
Per Aristotele fare filosofia è l'inclinazione della natura razionale di tutti gli uomini e che solo i filosofi realizzano a pieno, mettendo in atto un sapere che non serve a nulla ma che, proprio per questo, non dovrà piegarsi a nessuna servitù: un sapere assolutamente libero.
 
Un altro filone di pensiero importante nel pensiero occidentale post-classico era la questione dello scetticismo. [[Pirrone]], un filosofo democriteo, si recò in India con l'esercito di Alessandro Magno, dove Pirrone fu influenzato dagli insegnamenti [[buddisti]], in particolare dai [[Tre Segni dell'Esistenza|tre segni dell'esistenza]]. Dopo essere tornato in Grecia, Pirrone iniziò una nuova scuola di filosofia, il [[Pirronismo]], che insegnava che sono le opinioni su questioni non evidenti che impediscono di raggiungere l'atarassia. Per portare la mente all'atarassia, il pirronismo usa l{{'}}''epoché'' ([[sospensione del giudizio]]) riguardo a tutte le proposizioni non evidenti. Dopo che [[Arcesilao]] divenne capo dell'Accademia, adottò lo scetticismo come principio centrale del platonismo, rendendo il platonismo quasi corrispondente pirronismo. Dopo Arcesilao, lo scetticismo accademico si discostò dal pirronismo.
La filosofia, quindi:
* presuppone la libertà da ogni bisogno materiale,
* è essa stessa libera perché persegue il sapere per il sapere,
* rende liberi dall'ignoranza.
 
[[Immagine:Epikouros BM 1843.jpg|min|verticale|[[Epicuro]].]]
===== Filosofia come storia della filosofia =====
Le nuove filosofie si presentano come sistemi che riprendono la suddivisione della filosofia in etica, politica e [[dialettica]] introdotta nel [[IV secolo a.C.]] da [[Senocrate]], secondo successore di Platone, che abbandona l'aspetto metafisico della dialettica platonica, intesa come ascensione al mondo intelligibile, e la riduce essenzialmente alla [[logica]].<ref>[[Diogene Laerzio]], ''Vite'', IV, 2 e [[Sesto Empirico]], ''Contro i matematici'', VII, 16.</ref> La sua tripartizione è quella in vigore anche presso le correnti di pensiero degli epicurei, degli stoici e degli [[scetticismo filosofico|scettici]]. Altrettanto avviene nel Liceo dopo la morte di [[Teofrasto]]: la ''filosofia prima'', da studio metafisico dell'[[atto puro]], viene ora spostata sulla fisica nei suoi aspetti scientifici. Epicuro sostituisce alla dialettica la [[Epicuro#Canonica, il metodo di ricerca|canonica]], una dottrina che fornisce i canoni, i criteri fondamentali per arrivare, tramite i sensi, alla verità, poiché l'ascesa all'intelligibile, sostiene Epicuro, sarebbe una via che va all'infinito.<ref>''Epistola ad Erodoto'', 37 sgg.</ref> La filosofia stoica è focalizzata su problematiche di ordine etico: la filosofia è come un frutteto, il cui muro di cinta è la logica, gli alberi sono la fisica e i frutti, gli oggetti più importanti, l'etica.<ref>Sesto Empirico, ''Contro i matematici'', VII, 16 sgg.</ref>
La ricerca filosofica è difficile, perché deve affrontare la vastità del sapere, ma nello stesso tempo anche facile perché ognuno ha la capacità di cogliere qualcosa della verità. Talora la difficoltà della filosofia nasce dal fatto che non siamo in grado di cogliere proprio le cose più evidenti, ma in fondo tutti possono contribuire alla ricerca della verità poiché questa è già nella [[storia]]. La filosofia non crea la verità ma la porta alla luce; la verità infatti è anche nelle opinioni comuni, nei filosofi del passato. Come in un certo senso dirà Hegel la filosofia è come la [[nottola]] che vola intorno al tempio di [[Minerva]] al tramonto,<ref>G.W.F.Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Laterza Bari 1987 pag.17</ref> quando cioè la luce della verità è già apparsa. Aristotele è dunque il primo storico della filosofia che, interpretando le dottrine altrui alla luce della sua, tende a vedere nel pensiero dei filosofi passati dei tentativi di arrivare alla verità della sua dottrina.
 
Dal diretto contatto con il mondo greco, dopo la conquista romana del Mediterraneo, la filosofia latina, caratterizzata sin dalle origini dalla diffidenza per la speculazione pura, dalla predilezione per la vita pratica e dall'[[eclettismo]] e che trovava in [[Cicerone]] il suo rappresentante più significativo, mira ad una compenetrazione del [[pensiero greco]] con la cultura romana, diviene "arte di vita",<ref>Cicerone, ''De finibus'', III, 2, 4.</ref> che viene sempre più intesa, come già diceva Platone, come "esercizio di morte",<ref>In ''Fedone'', 67e.</ref> cioè metodo di preparazione all'abbandono del mondo terreno per l'ascesa a quello intelligibile. La cultura ellenistica che si inserisce nell'ultimo periodo del [[paganesimo]] s'innesta in un fenomeno di natura religiosa complesso di cui fa parte anche il [[cristianesimo]]: tramontati i valori tradizionali del mondo greco legati alla ''polis'', con l'espandersi dell'[[impero romano]], si sviluppa, sia nella classe colta che nella gente comune, l'interesse per la religione.<ref>[[Arnaldo Momigliano|Momigliano, A.]], ''Saggezza straniera. L'ellenismo e le altre culture'', Torino: Einaudi, 1980</ref> Una delle peculiarità della ''religione'' dei romani è che essa è inscindibilmente legata alla sfera civile, familiare e sociopolitica. Il culto verso gli dei era un dovere morale e civico ad un tempo, in quanto solamente la ''pietas'', vale a dire il rispetto per il sacro e l'adempimento dei riti, poteva assicurare la ''pax deorum'' per il bene della città, della famiglia e dell'individuo. Altre due caratteristiche salienti della religione romana possono essere individuate nel [[politeismo]] e nella relativa tolleranza verso altre realtà religiose. La ricchezza del pantheon romano è dovuta non solo al grande numero di divinità, siano esse antropomorfe o concetti astratti, ma anche al fatto che alcune figure divine fossero moltiplicate in relazione alle funzioni loro attribuite.<ref>R. Bloch, ''La religione romana'', in ''Le religioni del mondo classico'', Laterza, Bari 1993</ref>
===== Filosofia come scienza dell'ente in quanto ente (metafisica) =====
Mentre Platone guardava il mondo secondo un'ottica verticale e gerarchica ed anche Aristotele in un primo tempo pensa che l'oggetto della filosofia debba essere il divino e che quindi essa sia la scienza più alta, nella maturità, con le mutate condizioni culturali e politiche, lo Stagirita guarda il mondo secondo un'ottica orizzontale per cui tutte le scienze hanno pari dignità. In questo modo Aristotele constata e giustifica la situazione culturale del [[IV secolo a.C.]], dove le scienze si rendono autonome dalla filosofia e si specializzano nel loro specifico settore della realtà.
 
Dopo la fine del periodo scettico dell'Accademia con [[Antioco di Ascalona]], il pensiero platonico entrò nel periodo del [[medioplatonismo]], che assorbì idee dalle scuole peripatetiche e stoiche. Un sincretismo più estremo fu fatto da [[Numenio di Apamea]], che lo combinò con il [[neopitagorismo]]. Il neopitagorismo era sbarcato a Roma nel [[I secolo]] d.C. ed ebbe come cultori [[Publio Nigidio Figulo]], il poeta [[Virgilio]], [[Nicomaco di Gerasa]] (prima metà del [[II secolo]]) e [[Moderato di Cadice]]. Dal [[II secolo d.C.]] incomincia la diffusione delle opere [[ermetismo (filosofia)|ermetiche]]. Con "ermetismo" si intende generalmente un complesso di dottrine mistico-religiose nel quale confluirono durante l'[[ellenismo]] teorie [[astrologia|astrologiche]] di origine [[semita]], elementi della filosofia di ispirazione [[Platone|platonica]] e [[Pitagora|pitagorica]], credenze [[gnosticismo|gnostiche]] e procedure [[magia|magiche]] [[Egitto|egizie]].
Quindi, secondo Aristotele, la filosofia si differenzia dagli altri saperi perché, invece di considerare la varie facce della realtà o dell'essere, studia l'essere e la realtà in generale. Quindi, tutte le scienze che studiano una parte del reale dovranno ora presupporre la filosofia, che studia il reale in quanto tale.<ref>Aristotele ''Metafisica'' (I, 981a) e ''Categorie'' (1a25).</ref> La filosofia diventa la scienza prima, l'anima unificatrice ed organizzatrice delle scienze particolari. La filosofia, come un'enciclopedia del sapere, non può essere altro che scienza o sapere globale.
 
L'espressione più alta di questo nuovo sentire filosofico religioso è però il [[neoplatonismo]] che viene fatto iniziare con [[Plotino]] di [[Licopoli]], che visse nella prima metà del [[III secolo]] e studiò ad [[Alessandria d'Egitto]], dove fu allievo di [[Ammonio Sacca]]. Qui assimilò i fermenti culturali sia della [[filosofia greca]] che della [[mistica]] orientale, [[Egitto|egiziana]] e [[asia]]tica.<ref>Mario Piantelli, ''L'India e Plotino'', Mursia, Milano 1990</ref> Per Plotino la parte migliore, "la parte eccellente" del pensiero platonico<ref>''Enneadi'', I, 3, 5.</ref> è quella dialettica platonica a cui ora si riduce l'intera filosofia, poiché la dialettica investe di sé, riprendendo la tripartizione di Senocrate, anche l'etica e la fisica.<ref>In ''Enneadi'', I, 3, 6</ref>
Aristotele non enuncia direttamente il significato del termine, ma "sapere" per lui vuol dire "conoscenza dei principi primi e delle [[causa (filosofia)|cause]].<ref>Aristotele,''Metafisica'', I, 981b 29</ref> Quanto più una cosa, infatti, è realizzata nella sua natura, tanto più essa è causa dell'essere delle cose che di tale natura partecipano. Ad esempio, il fuoco non può essere che la causa del calore delle cose calde, in quanto esso realizza al massimo la sua natura calda. Aristotele, cioè, stabilisce una connessione logica e reale tra verità, causalità e essere.
 
=== Filosofia medievale e rinascimentale ===
La matematica sarà dunque la scienza che studia gli enti nello [[spazio (fisica)|spazio]], mentre quella che studia gli enti che divengono è la [[fisica]] (che comprende tutte le scienze naturali); quella che, infine, studia l'[[ente (filosofia)|ente]] in quanto ente sarà la "filosofia prima", la quale, quando si dedica allo studio dell'ente supremo, si definisce come [[teologia]]. La filosofia prima, che la tradizione filosofica chiamerà [[metafisica]],<ref>Il termine "metafisica" deriva dalla catalogazione dei libri di Aristotele, nell'edizione di [[Andronico da Rodi]] ([[I secolo a.C.]]), nella quale la trattazione dell'essenza della realtà fu collocata dopo (in greco ''meta-'') quella della natura (che è la fisica). Il prefisso ''meta-'' assunse poi il significato di "al di là, sopra, oltre".</ref> costituirà, come teoria generale della realtà, il nucleo centrale, almeno fino a John Locke, della filosofia.
{{vedi anche|Filosofia medievale}}
[[File:Saint Augustine by Philippe de Champaigne.jpg|min|verticale|sinistra|[[Agostino d'Ippona]].]]
La [[filosofia medievale]] si estende grosso modo dalla cristianizzazione dell'[[Impero romano]] fino al [[Rinascimento]]. È definita in parte dalla riscoperta e dall'ulteriore sviluppo della filosofia greca ed ellenistica classica, e in parte dalla necessità di affrontare problemi teologici e di integrare le dottrine sacre allora diffuse dalle [[religione abramitica|religioni abramitiche]] ([[ebraismo]], cristianesimo e [[islam]]) con il sapere laico. Alcuni problemi discussi durante questo periodo sono il rapporto della fede con la ragione, l'esistenza e l'unità di Dio, i problemi della conoscenza e degli universali. Facendo proprie le [[categoria (filosofia)|categorie]] filosofiche degli antichi greci, il [[Cristianesimo]] ha elaborato una concezione della filosofia che non pretendesse di sostituirsi arbitrariamente alla verità, ma che piuttosto fungesse da avvio nei suoi confronti e la difendesse dai tentativi di negarla da parte dello [[scetticismo filosofico|scetticismo]] e del [[relativismo]]: da qui l'espressione di filosofia come ''ancilla fidei'', cioè servitrice nei confronti di quella [[fede]] che per un cristiano è la manifestazione più immediata della verità.<ref>Giovanni Paolo II, enciclica ''Fides et ratio'', e {{Cita web|url=http://www.ratzinger.it/documenti/libertacristiana.htm |titolo=Libertà cristiana e liberazione|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071006004134/http://www.ratzinger.it//documenti/libertacristiana.htm }}, di Joseph Ratzinger, 1986</ref> La filosofia al servizio, ancella, della [[fede]] è la concezione che troviamo sin dall'inizio dei rapporti tra filosofia e religione in Clemente Alessandrino<ref>Clemente Alessandrino,''Stromata'', I, 5</ref>, e nella cultura medioevale a cominciare da [[Alberto Magno]] («''ad theologiam omnes aliae scientiae ancillantur''»).<ref>Alberto Magno, ''Summa theologiae'', I, VI, I, 6</ref> Questa concezione della filosofia convive nel Cristianesimo con la convinzione che l'uomo è essenzialmente libero di fronte alla verità, cioè ha la possibilità di accoglierla o rigettarla.<ref>V. anche: Giovanni Chimirri, ''Libertà dell'ateo e libertà del cristiano'', Fede & Cultura ISBN 978-88-89913-55-0</ref> Il problema della relazione fra fede, dottrina religiosa e pensiero torna d'attualità con l'avvento del Cristianesimo; in una prima fase sulla scorta della predicazione di [[Paolo di Tarso]]<ref>Dice [[San Paolo]]: «Badate a non farvi ingannare con la filosofia» Paolo, ''Lettera ai Colossesi'', 8</ref> si ritiene che i primi fedeli debbano salvaguardare la propria devozione, dall'incontro con la filosofia [[Paganesimo|pagana]] ma nello stesso tempo invita i cristiani a dare fondamento razionale alla loro fede.<ref>«Il Cristianesimo, fin dal principio, ha compreso se stesso come la religione del logos, come la religione secondo ragione. Non ha individuato i suoi precursori in primo luogo nelle altre religioni, ma in quell'illuminismo filosofico che ha sgombrato la strada dalle tradizioni per volgersi alla ricerca della verità e verso il bene, verso l'unico Dio che sta al di sopra di tutti gli dèi.» ([[Joseph Ratzinger]], ''L'Europa nella crisi delle culture'', ed. Cantagalli)</ref> Successivamente, la [[Patristica]] assume due indirizzi prevalenti, quello ''occidentale'', rappresentato da [[Ireneo]] e [[Tertulliano]], che esalta il carattere volontaristico e non razionale della fede, e quello ''orientale'', rappresentato ad es. da [[Clemente Alessandrino]] o da [[Origene]], i quali invece ritengono la filosofia una degna ancella della fede, nell'ottica di una razionalizzazione del pensiero cristiano.<ref>[[Carlo Sini]], "I filosofi e le opere", ed. Principato, vol. 1, pp. 308-309, il quale descrive appunto: "una patristica occidentale, che mira prevalentemente a esaltare la fede, il carattere volontaristico, e cioè irrazionalistico(..)della predicazione cristiana, e una patristica orientale, che sottolinea maggiormente la continuità fra filosofia e Cristianesimo (...)"</ref>
 
Una figura di spicco di questo periodo fu [[Agostino d'Ippona]], uno dei [[Padri della Chiesa]] più importanti della cristianità occidentale. Agostino adottò il pensiero di Platone e lo cristianizzò. La sua influenza dominò la filosofia medievale forse fino alla fine dell'era e alla riscoperta dei testi di Aristotele. L'[[agostinismo]] è stato il punto di partenza preferito per la maggior parte dei filosofi fino al XIII secolo. Tra le questioni toccate dalla sua filosofia c'erano il [[problema del male]], la teoria della [[Guerra giusta (teologia)|guerra giusta]] e del [[tempo]]. Sul problema del male, ha sostenuto che il male era un prodotto necessario del [[libero arbitrio]] umano. Quando questo ha sollevato la questione dell'incompatibilità del libero arbitrio e della [[prescienza]] divina, sia lui sia [[Boezio]] hanno risolto il problema sostenendo che Dio non vedeva il futuro, ma piuttosto si trovava completamente al di fuori del tempo.
Aristotele definirà "filosofie teoretiche" la matematica, la fisica e la "filosofia prima", distinguendole in tal modo dalle "filosofie pratiche" ([[etica]], [[politica]]) e da quelle poietiche (da ''poieo'', "produco"), che riguardano la poetica e le discipline tecniche.<ref>Aristotele,''Topici'', VI, 6, 145ª 15; ''Metafisica'', XI, 7, 1064ª 10 sgg.</ref> Nelle dottrine pratiche e poietiche rientra quella caratterizzazione della filosofia come saggezza che la "filosofia prima" come scienza escludeva dal suo ambito. Anzi, a differenza di Platone, Aristotele attribuisce dignità filosofica anche alle filosofie pratiche e poietiche, non potendo sempre avere il sapere i caratteri precisi e definitivi, ad esempio, della matematica.<ref>Aristotele, ''Etica nicomachea'' I, 3, 1094b 12sgg.</ref>
 
==== Scolastica ====
=== La filosofia nell'età ellenistico-romana ===
{{vedi anche|Scolastica (filosofia)}}
Nell'età ellenistica le città-stato greche perdono, dopo la conquista macedone, la loro libertà ed assieme il loro primato politico, economico e culturale che passa a nuove grandi città come Alessandria, Antiochia e Pergamo che diventano a loro volta centri di sviluppo e diffusione della civiltà greca nelle vaste terre conquistate e portate alla grecità da Alessandro. L'ellenismo poi «con i suoi vasti ideali e aspirazioni di universalità, aprì la via alle grandi affermazioni unitarie dell'Impero romano e del cristianesimo.»<ref>''Enciclopedia Treccani'' alla voce corrispondente.</ref>
Una scuola di pensiero influente era quella della [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]], che pone una forte enfasi sul ragionamento [[dialettica|dialettico]] per estendere la conoscenza per [[inferenza]] e per risolvere le [[contraddizione|contraddizioni]]. Il pensiero scolastico è noto anche per la rigorosa analisi concettuale. Un argomento tratto dalla tradizione viene affrontato sotto forma di domanda, si danno risposte di opposizione, si sostiene una controproposta e si confutano gli argomenti di opposizione.
 
[[Anselmo di Canterbury]] (chiamato il 'padre della scolastica') sosteneva che l'esistenza di Dio potesse essere provata inconfutabilmente con la conclusione logica che emerge dall'[[argomento ontologico]], secondo il quale Dio è per definizione la cosa più grande concepibile, e poiché una cosa esistente è più grande di un non esistente, deve essere che Dio esiste o non è la cosa più grande concepibile (quest'ultima è per definizione impossibile).
==== L'Ellenismo ====
{{Vedi anche|Ellenismo}}
 
[[Boezio]] ragionò sul problema degli [[universale|universali]], sostenendo che non esistevano in maniera indipendente come affermato da Platone, ma credeva ancora, in linea con Aristotele, che esistessero nella sostanza delle cose particolari. Un'altra figura importante per la scolastica, [[Pietro Abelardo]], sosteneva il [[nominalismo]], il quale afferma (in totale opposizione a Platone) che gli universali erano in realtà solo nomi dati a caratteristiche condivise dai particolari.
Sia per il [[Liceo di Aristotele|Liceo]] che per l'[[Accademia di Atene|Accademia]], dopo la morte dei loro capiscuola, il significato della filosofia tese a impoverirsi ma si arricchì la [[Grecia antica|civiltà greca]] che si diffuse nel mondo [[mediterraneo]], [[eurasia]]tico e in Oriente, fondendosi con le culture locali.
 
[[File:St-thomas-aquinas.jpg|min|verticale|[[Tommaso d'Aquino]] ritratto da [[Carlo Crivelli]], 1476]]
Dall'unione della cultura greca con quelle dell'[[Asia Minore]], l'[[Eurasia]], l'[[Asia Centrale]], la [[Siria]], la [[Mesopotamia]], l'[[Iran]], l'[[Nordafrica|Africa del Nord]], l'[[India]], nacque una civiltà (323 a.C.-31 a.C.) - detta [[Ellenismo]] - che fu modello insuperato per quel che riguarda filosofia, religione, scienza ed [[arte]].
Solo con [[Tommaso d'Aquino]]<ref>«Sebbene la verità della fede cristiana superi la capacità delia ragione,
tuttJvja i principi naturali della ragione non possono essere in contrasto con codesta verità.» (San Tommaso, ''Summa contra gentiles'', Libro I, Cap. VII, Torino, Utet, 1975, p. 72)</ref> si giungerà a una più piena conciliazione fra fede e ragione, nell'ottica però di una filosofia concepita come ''praeambulum fidei'', cioè avvio introduttivo alla fede, non nel senso che la filosofia possa servire a rafforzare o a dedurre razionalmente le verità della dottrina cristiana, quanto semmai a difenderle dalle critiche nei suoi confronti, da [[eresia|eresie]] e nemici, obiettivo primario degli scolastici. La filosofia, intesa dalla [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]] come ''ancilla theologiae''<ref>[[Pierre Hadot]], ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', Torino, Einaudi, 2002, p. 67</ref> è quindi una via indiretta, da utilizzare ad esempio per svelare il [[profeta|profetico]] contenuto cristiano delle antiche filosofie greche (come Platone che diviene profeta dell'avvento del Cristianesimo) o va adoperata per introdurre, con gli strumenti filosofici dei grandi pensatori del passato, alla dottrina cristiana. Ad esempio uno dei più famosi scolastici dell'età medievale «Ugo di San Vittore nel ''Didascalicon'' riconduce gerarchicamente le scienze profane alla filosofia e considera la filosofia propedeutica allo studio delle Sacre Scritture.»<ref>(AA.VV. ''I filosofi e le idee'', B. Mondadori editore, 2007 p. 585)</ref> L'esercizio della ragione che si ha con la filosofia è quello tipico della [[teologia negativa]], che consente di arrivare a conoscere il "quia est" di Dio («il fatto che Egli è») ma non il "quid est" («che cosa è»), per apprendere il quale è necessaria la fede: «di Dio noi non possiamo sapere che cosa è, ma piuttosto che cosa non è»<ref>Tommaso d'Aquino, ''Summa theologiae'', I, q. 3, prologo.</ref>. La filosofia pertanto non è un sapere fine a sé stesso, ma tanto più ha valore quanto più rimanda all'altro da sé, negandosi e superandosi come coscienza critica di una verità che la [[trascendente|trascende]]. Allegoria della ragione è ad esempio [[Virgilio]] nella ''[[Divina Commedia]]'', che accompagna il pellegrino per buona parte del percorso, ma è consapevole di essere una guida incompleta, che deve cedere il passo alla fede ([[Beatrice]]) nel tratto conclusivo che conduce a Dio.<ref>«Quanto ragion qui vede, / dir ti poss'io; da indi in là t'aspetta / pur a Beatrice, ch'è opra di fede» (''Purgatorio'', XVIII, 46-48).</ref>
 
[[File:William of Ockham.png|verticale|min|Guglielmo di Ockham]]
Tale civiltà si diffuse dall'[[Oceano Atlantico|Atlantico]] all'[[Indo]], apportando un notevole impulso anche al [[diritto]], alla [[politica]] ed all'[[economia]], che troveranno la loro piena realizzazione nel mondo romano.
Pur essendo prevalsa, per un lungo periodo del Medioevo, la concezione che vede la filosofia come sostegno e supporto razionale delle credenze religiose, con [[Guglielmo di Ockham]] nella tarda Scolastica, iniziò ad affermarsi una visione del pensiero come attività del tutto autonoma; egli sostenne infatti che «gli articoli di fede appaiono falsi ai sapienti, cioè a quelli che si affidano alla ragione naturale»,<ref>Ockam, ''Summa logicae'', III, 1</ref> contestando il [[fideismo]] acritico che si era avuto a partire da Tertulliano. Con Ockham viene in evidenza un problema già sollevato da [[Averroè]],<ref>Averroè, ''Destructio destructionum'', VI, fl.56, 79</ref> che assegnava alla filosofia il riflettere e lo speculare e alla religione l'amore per Dio e l'agire di conseguenza. La duplicità nasceva dal fatto, noto da tempo, che i frutti del ragionamento spesso non coincidono con quelli della credenza. Questa posizione di Averroè veniva battezzata dagli Scolastici "doppia verità" e tale espressione si affermerà per indicare ogni discrasia emergente tra fede e ragione. Va ricordato che già prima di Ockham ciò veniva ribadito in ambito cristiano da [[Duns Scoto]] ([[1265]]-[[1308]]), che in ''Opus Oxoniense''<ref>Duns Scoto, ''Prologo'', 3</ref> aveva riproposto in termini positivi la posizione del musulmano Averroè.
 
==== Umanesimo rinascimentale ====
La [[Grecia antica|civiltà greca]], da sempre legata a quella degli altri popoli [[Mar Mediterraneo|mediterranei]] e del [[Medio Oriente]], si rinnovò al contatto diretto con la varie civiltà ([[Storia dell'Egitto|egiziana]], [[Mesopotamia|mesopotamica]], [[Persia|iranica]] e di molti altri popoli) che via via, soprattutto in seguito alle conquiste di [[Alessandro Magno]], si ritrovarono più vicine, stabilendo sempre più intensi rapporti politici, economici e culturali con le città di [[lingua greca]].
{{vedi anche|filosofia rinascimentale|umanesimo}}
Il [[Rinascimento]] fu un periodo di transizione tra il Medioevo e il [[filosofia moderna|pensiero moderno]], in cui il recupero dei testi filosofici della Grecia antica contribuì a spostare gli interessi filosofici dagli studi tecnici di logica, metafisica e teologia verso indagini eclettiche su moralità, filologia e misticismo. Lo studio dei classici e delle arti umane in generale, come la storia e la letteratura, godeva di un interesse accademico fino a quel momento sconosciuto nella cristianità, una tendenza chiamata [[umanesimo]]. Sostituendo l'interesse medievale per la metafisica e la logica, gli umanisti seguirono [[Petrarca]] nel fare dell'umanità e delle sue virtù il fulcro della filosofia. Si sovrappone quindi sia alla filosofia tardomedievale, che nel [[XIV secolo|XIV]] e [[XV secolo]] fu influenzata da figure di spicco come [[Alberto Magno]], Tommaso d'Aquino, Guglielmo d'Ockham e [[Marsilio da Padova]], sia alla filosofia della prima età moderna, che convenzionalmente inizia con [[Cartesio]] e la sua pubblicazione del [[Discorso sul metodo]] nel [[1637]]. La linea di demarcazione tra ciò che è classificato come filosofia rinascimentale e moderna è controversa.
 
[[File:Giordano_Bruno_Campo_dei_Fiori.jpg|min|verticale|La statua di bronzo di [[Giordano Bruno]], realizzata da [[Ettore Ferrari]], presente a [[Campo de' Fiori]]]]
===== L'indagine filosofica s'incentra sull'etica =====
Il parallelismo medievale di ragione e fede diviene nuovamente problematico con l'emergere della scienza moderna nel Rinascimento; la ricerca filosofica infatti dimostra sempre maggiori difficoltà a conciliarsi con le restrizioni della dottrina religiosa, man mano che i risultati dell'indagine razionale contrastano con i dogmi e le verità della [[Rivelazione]] mettendo in crisi il [[Principio di autorità]] con cui venivano risolti questi contrasti. Alcuni dei grandi protagonisti di quest'epoca si scontrano con la Chiesa cattolica: [[Bernardino Telesio]], [[Tommaso Campanella]] perseguitato dall'[[Inquisizione]], [[Giordano Bruno]] condannato al rogo, e [[Galileo Galilei]], che pur animato da una sua sincera fede religiosa, è costretto ad abiurare le sue scoperte e quanto aveva dedotto da esse. Al punto di passaggio dal Rinascimento alla filosofia moderna, il dialogo è stato utilizzato come stile di scrittura primario dai filosofi del Rinascimento, come nel caso di Giordano Bruno.
{{Vedi anche|Epicureismo|Stoicismo|Scetticismo}}
[[File:Epikur.jpg|100px|thumb|right|Epicuro]]
La caratteristica fondamentale nelle filosofie ellenistiche è la tendenza a costituire dottrine fortemente strutturate caratterizzate da un interesse primario per l'etica.
 
Nella cultura umanistico-rinascimentale salta il quadro di riferimento religioso, la cornice che tiene assieme il mosaico del sapere.<ref>«Viene meno quella compatta unità del sapere, di cui le ''summae'' medioevali erano state l'espressione più evidente» in U. e A. Perone, G. Ferretti, C. Ciancio, ''Storia del pensiero filosofico'', vol.II, p. 13, ed. S.E.I. 1975</ref> Si smarrisce il senso della stabilità culturale e politica. Le scienze diventano autonome e specialistiche, si perfezionano ma non comunicano più tra loro, secondo quella che [[Panofsky]] ha definito "decompartimentazione" del sapere. Tutto si risolve nel singolo, nell'individualità del [[Principe]] che tende a fare della propria esistenza un'opera unica e irripetibile.<ref>G. Saitta, "Il pensiero italiano nell'Umanesimo e nel Rinascimento", Vol. II, Il Rinascimento. Bologna 1950</ref>
Nel clima di generale insicurezza e di una "fuga nel privato" che caratterizza questa età di sconvolgimenti politici, sociali e culturali, alla filosofia si chiedono sostanzialmente due cose: da un lato una visione unitaria e complessiva del mondo, dall'altro lato una specie di "supplemento d'animo", ossia una parola di saggezza e di serenità capace di guidare la vita quotidiana degli individui. Infatti conseguenza del ripiegamento verso l'intimità privata fu l'attenzione rivolta dagli intellettuali all'etica ed all'analisi interiore piuttosto che ad una indagine filosofica astratta.<ref>Cfr. AA. VV., ''La società ellenistica'', in ''Storia e civiltà dei greci'', vol. 7-8, Milano 1977</ref>
 
Questo nuovo interesse per le attività umane portò allo sviluppo della [[scienza politica]] con [[Il Principe]] di [[Niccolò Machiavelli]]. Il [[Rinascimento italiano|pensiero rinascimentale]] estende il concetto di naturalità, così come era accaduto con i sofisti, non solo alla considerazione della scienza naturale, ma anche a quell'ambiente naturale in cui vive l'uomo: lo Stato, e la scienza naturale che studia lo Stato è la [[Politica]]. Vera scienza naturale perché determinata da principi naturalistici e autonoma da tutte le altre scienze. Il ''pensiero politico'' di Machiavelli ora considererà suo oggetto di studio l'essere, le cose come stanno effettivamente e non più il dover essere, le cose come dovrebbero essere o come si vorrebbe che fossero.<ref>«Ma sendo l'intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare dietro la ''verità effettuale'' della cosa che alla immaginazione di essa.» in N. Machiavelli, ''Il Principe'', cap.XV</ref>
Le nuove filosofie si presentano come sistemi che riprendono la suddivisione della filosofia in etica, politica e [[dialettica]] introdotta nel [[IV secolo a.C.]] da [[Senocrate]], secondo successore di Platone, che abbandona l'aspetto metafisico della dialettica platonica, intesa come ascensione al mondo intelligibile, e la riduce essenzialmente alla [[logica]].<ref>[[Diogene Laerzio]], ''Vite'', IV, 2 e [[Sesto Empirico]], ''Contro i matematici'', VII, 16.</ref> La sua tripartizione è quella in vigore anche presso le correnti di pensiero degli [[epicureismo|epicurei]], degli [[stoicismo|stoici]] e degli [[scetticismo filosofico|scettici]].
 
Altrettanto avviene nel Liceo dopo la morte di [[Teofrasto]]: la ''filosofia prima'', da studio metafisico dell'[[atto puro]], viene ora spostata sulla fisica nei suoi aspetti scientifici.
 
[[Epicuro]] sostituisce alla dialettica la [[Epicuro#Il metodo di ricerca|canonica]], una dottrina che fornisce i canoni, i criteri fondamentali per arrivare, tramite i sensi, alla verità, poiché l'ascesa all'intelligibile, sostiene Epicuro, sarebbe una via che va all'infinito.<ref>''Epistola ad Erodoto'', 37 sgg.</ref> D'altra parte Epicuro ritiene che la filosofia debba diventare lo strumento, il mezzo, teorico e pratico, per raggiungere la [[felicità]] liberandosi da ogni irrequieta passione.
{{quote|Se non fossimo turbati dal pensiero delle cose celesti e della morte e dal non conoscere i limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura.<ref>''Epistola a Meneceo'', 132.</ref>}}
La filosofia stoica è focalizzata su problematiche di ordine etico: la filosofia è come un frutteto, il cui muro di cinta è la logica, gli alberi sono la fisica e i frutti, gli oggetti più importanti, l'etica.<ref>Sesto Empirico, ''Contro i matematici'', VII, 16 sgg.</ref>
 
==== Roma: la filosofia è arte di vita ====
[[File:M-T-Cicero.jpg|100px|thumb|Cicerone]]
 
Dal diretto contatto con il mondo greco, dopo la conquista romana del Mediterraneo, la filosofia latina, caratterizzata sin dalle origini dalla diffidenza per la speculazione pura, dalla predilezione per la vita pratica e dall'[[eclettismo]] e che trovava in [[Cicerone]] il suo rappresentante più significativo, mira ad una compenetrazione del [[Filosofia greca|pensiero greco]] con la cultura romana, diviene "arte di vita",<ref>Cicerone, ''De finibus'', III, 2, 4.</ref> che viene sempre più intesa, come già diceva Platone, come "esercizio di morte",<ref>In ''Fedone'', 67e.</ref> cioè metodo di preparazione all'abbandono del mondo terreno per l'ascesa a quello intelligibile.
 
==== La crisi del mondo greco-romano e il sentire religioso nel tardo impero ====
[[File:Plotinos.jpg|150px|left|thumb|Plotino]]
La cultura ellenistica che si inserisce nell'ultimo periodo del [[paganesimo]] s'innesta in un fenomeno di natura religiosa complesso di cui fa parte anche il [[cristianesimo]]: tramontati i valori tradizionali del mondo greco legati alla ''polis'', con l'espandersi dell'[[impero romano]], si sviluppa, sia nella classe colta che nella gente comune, l'interesse per la religione.<ref>Cfr. [[Arnaldo Momigliano|Momigliano, A.]], ''Saggezza straniera. L'ellenismo e le altre culture'', Torino: Einaudi, 1980</ref>
che è ben presente nella cultura filosofica greca antica dove la "teologia" è propria della fisica (nel significato greco antico del termine), della metafisica e della ontologia.
 
Già la [[Fisica]] [[Presocratici|presocratica]] fu "teologia" in quanto il principio primo (''arché'') ingenerato (''agénetos'') ed eterno (''aìdios'') ricercato dai primi indagatori della natura, era considerato come il "Divino" immortale" e "indistruttibile". L'acqua, l'aria, il fuoco dei filosofi "presocratici" non corrispondono quindi agli elementi fisici della concezione moderna ma a veri e propri principi teologici. Allo stesso modo la "Fisica" greco-antica non ha nulla a che vedere con la Fisica moderna.<ref>Cfr. [[Werner Jaeger]]. ''Die Theologie der frühen griechieschen Denker'', Stoccarda, 1953. Trad. it. ''La teologia dei primi pensatori greci''. Firenze, La Nuova Italia, 1961, pag. 47.</ref>
Il collegamento tra religione e filosofia greche diviene indissolubile a partire da [[Platone]].
{{q|A partire da Platone, e attraverso di lui, la religione è qualcosa di essenzialmente diverso da ciò che prima era stata. Per i Greci, come vediamo a partire da Omero, religione aveva sempre significato accettazione della realtà in modo ingenuo [...] Attraverso Platone la realtà perde effettualità in favore di un mondo superiore, incorporeo e immutabile, che deve valere come primario; l'Io si concentra in un'anima immortale, che nel corpo è straniera e imprigionata.|[[Walter Burkert]]. ''La religione greca''. Milano, Jaca Book, 2003, pagg. 565-6}}
 
Ma «l'assenza di una religione organizzata centralisticamente, di un patrimonio di dogmi rivelati, di un'ortodossia tutelata da una classe sacerdotale [permise] una ricerca libera da pregiudizi, intorno a questioni importanti come l'origine del mondo e dell'uomo, altrove appannaggio delle gerarchie religiose.»<ref>F. Cioffi ed altri, ''Dialogos'', vol.I, Ed. B. Mondadori, 2002, pag.15</ref>
 
Una delle peculiarità della ''religione'' dei romani è che essa è inscindibilmente legata alla sfera civile, familiare e socio-politica. Il culto verso gli dei era un dovere morale e civico ad un tempo, in quanto solamente la ''pietas'', vale a dire il rispetto per il sacro e l'adempimento dei riti, poteva assicurare la ''pax deorum'' per il bene della città, della famiglia e dell'individuo. Altre due caratteristiche salienti della religione romana possono essere individuate nel [[politeismo]] e nella relativa tolleranza verso altre realtà religiose. La ricchezza del pantheon romano è dovuta non solo al grande numero di divinità, siano esse antropomorfe o concetti astratti, ma anche al fatto che alcune figure divine fossero moltiplicate in relazione alle funzioni loro attribuite.<ref>Cfr. R. Bloch, ''La religione romana'', in ''Le religioni del mondo classico'', Laterza, Bari 1993</ref>
 
Ambedue le religioni erano dunque prive di un apparato di dottrine che invece, nell'ultimo periodo ellenistico, proviene dall'Oriente con uno specifico contenuto teologico che proclama la necessità di un rapporto personale tra il credente e la divinità e di una [[conversione religiosa|conversione]] ad una vita spirituale per la quale non basta più la filosofia. Nascono esigenze di certezze assolute e di salvezza trascendente che la filosofia non era stata in grado di assicurare.
 
La filosofia greca riverbera anche nella cultura religiosa ebraica, ad esempio la filosofia [[Mosè|mosaica]] di [[Filone d'Alessandria]] testimonia l'espansione della cultura greca nell'ebraismo ellenizzato.<ref>{{q|It has often been assumed that Hellenistic Jews were confronted with an existential dilemma of having to choose between two diametrically opposite cultures: Jewish monotheism, commitment to a specific people, legal code, and revealed Scriptures, on the one hand, and Greek rationalism, sense of beauty, and universal individualism, on the other. This image has increasingly been challenged. It has become clear that ancient Jews living in Alexandria may not have felt such a dichotomy. Instead, they seem to have been proud of both their heritage and their participation in the general culture. They creatively modernized their Scripture and tradition, choosing from the diversity of the Hellenistic environment whatever seemed suitable.|[[Yehoyada Amir]] e [[Maren Niehoff]]. ''Encyclopedia Judaica'' vol.16. NY, Macmillan, 2007, pag.64}}</ref>
 
Nel [[III secolo a.C.]] si ebbero le prime manifestazioni del [[neopitagorismo]], che presero lo spunto da alcune sentenze attribuite a Pitagora, nonché dagli scritti di antichi pitagorici come [[Archita di Taranto]], [[Timeo di Locri]] e [[Ocello Lucano]]. Figure importanti del neopitagorismo furono [[Nicomaco di Gerasa]], [[Numenio di Apamea]] e soprattutto [[Apollonio di Tiana]], in cui gli aspetti filosofici si fondono con quelli religiosi. Il neopitagorismo sbarcò a Roma nel [[I secolo]] d.C. ed ebbe come cultori [[Publio Nigidio Figulo]], il poeta [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], [[Nicomaco di Gerasa]] (prima metà del [[II secolo]]) e [[Moderato di Cadice]], che con le sue ''Lezioni pitagoriche'' farà confluire il pensiero filosofico verso il [[neoplatonismo]]. Infatti all'inizio del [[III secolo]] d.C. con [[Flavio Filostrato|Filostrato]] si esaurisce il neopitagorismo per far posto al neoplatonismo.
 
Dal [[II secolo d.C.]] incomincia la diffusione delle opere [[ermetismo (filosofia)|ermetiche]]. Con "ermetismo" si intende generalmente un complesso di dottrine mistico-religiose nel quale confluirono durante l'[[ellenismo]] teorie [[astrologia|astrologiche]] di origine [[Semiti|semita]], elementi della filosofia di ispirazione [[Platone|platonica]] e [[Pitagora|pitagorica]], credenze [[gnosticismo|gnostiche]] e procedure [[magia|magiche]] [[Egitto|egizie]].
 
L'espressione più alta di questo nuovo sentire filosofico religioso è però il neoplatonismo che viene fatto iniziare con [[Plotino]] di [[Licopoli]], che visse nella prima metà del [[III secolo]] e studiò ad [[Alessandria d'Egitto]], dove fu allievo di [[Ammonio Sacca]]. Qui assimilò i fermenti culturali sia della [[filosofia greca]] che della [[mistica]] orientale, [[Egitto|egiziana]] ed [[asia]]tica.<ref>Cfr. Mario Piantelli, ''L'India e Plotino'', Mursia, Milano 1990</ref> Per Plotino la parte migliore, "la parte eccellente" del pensiero platonico<ref>''Enneadi'', I, 3, 5.</ref> è quella dialettica platonica a cui ora si riduce l'intera filosofia, poiché la dialettica investe di sé, riprendendo la tripartizione di Senocrate, anche l'etica e la fisica.<ref>In ''Enneadi'', I, 3, 6</ref>
 
=== La filosofia medievale cristiana: fede e ragione ===
{{Vedi anche|Filosofia medievale}}
[[File:Augustinus 1.jpg|125px|thumb|[[Agostino d'Ippona]]]]
[[File:Saint Thomas Aquinas.jpg|125px|left|thumb|[[Tommaso d'Aquino]]]]
 
L'esercizio della filosofia ha sempre richiesto la [[libertà di pensiero]], e ciò paradossalmente ha fatto sì che le più durature e genuine tradizioni del pensiero filosofico siano sorte soltanto laddove si riconosceva il carattere ''necessario'' della [[verità]], contrapposto a quello arbitrario dell'[[opinione]]: una verità dotata di un'aura di sacralità.
 
Facendo proprie le [[categoria (filosofia)|categorie]] filosofiche degli antichi greci, il [[Cristianesimo]] ha quindi elaborato una concezione della filosofia che non pretendesse di sostituirsi arbitrariamente alla verità, ma che piuttosto fungesse da avvio nei suoi confronti e la difendesse dai tentativi di negarla da parte dello [[scetticismo filosofico|scetticismo]] e del [[relativismo]]: da qui l'espressione di filosofia come ''ancella fidei'',<ref>La filosofia al servizio, ancella, della [[fede]] è la concezione che troviamo sin dall'inizio dei rapporti tra filosofia e religione in Clemente Alessandrino (''Stromata'', I, 5), e nella cultura medioevale a cominciare da [[Alberto Magno]]: «''ad theologiam omnes aliae scientiae ancillantur''» (''Summa theologiae'', I, VI, I, 6)</ref> cioè servitrice nei confronti di quella [[fede]] che per un cristiano è la manifestazione più immediata della verità.<ref>Cfr. Giovanni Paolo II, enciclica ''Fides et ratio'', e [http://www.ratzinger.it/documenti/libertacristiana.htm ''Libertà cristiana e liberazione''], di Joseph Ratzinger, 1986</ref>
 
Questa concezione della filosofia convive nel Cristianesimo con la convinzione che l'uomo è essenzialmente libero di fronte alla verità, cioè ha la possibilità di accoglierla o rigettarla.<ref>V. anche: Giovanni Chimirri, ''Libertà dell'ateo e libertà del cristiano'', Fede & Cultura ISBN 978-88-89913-55-0</ref><ref>Il postulato della libertà di pensiero è stato invece negato da altre correnti filosofiche, come l'[[atomismo]] democriteo, il [[meccanicismo]] [[empirismo|empirista]] sorto agli inizi del [[XVII secolo|Seicento]], o il [[positivismo]] [[XIX secolo|ottocentesco]], i quali negavano che l'uomo fosse libero, ponendo all'origine di ogni suo atto o pensiero delle leggi causali di tipo naturalistico o meccanicistico.</ref>
 
Il problema della relazione fra fede, dottrina religiosa e pensiero torna d'attualità con l'avvento del Cristianesimo; in una prima fase sulla scorta della predicazione di [[Paolo di Tarso]]<ref>Dice [[San Paolo]]: «Badate a non farvi ingannare con la filosofia» Paolo, in ''Colossesi'', 8</ref> si ritiene che i primi fedeli debbano salvaguardare la propria devozione, dall'incontro con la filosofia [[Paganesimo|pagana]] ma nello stesso tempo invita i cristiani a dare fondamento razionale alla loro fede.<ref>«Il Cristianesimo, fin dal principio, ha compreso se stesso come la religione del logos, come la religione secondo ragione. Non ha individuato i suoi precursori in primo luogo nelle altre religioni, ma in quell'illuminismo filosofico che ha sgombrato la strada dalle tradizioni per volgersi alla ricerca della verità e verso il bene, verso l'unico Dio che sta al di sopra di tutti gli dèi.» ([[Joseph Ratzinger]], ''L'Europa nella crisi delle culture'', ed. Cantagalli)</ref>
 
Successivamente, la [[Patristica]] assume due indirizzi prevalenti, quello ''occidentale'', rappresentato da [[Ireneo]] e [[Tertulliano]], che esalta il carattere volontaristico e non razionale della fede, e quello ''orientale'', rappresentato ad es. da [[Clemente Alessandrino]] o da [[Origene]], i quali invece ritengono la filosofia una degna ancella della fede, nell'ottica di una razionalizzazione del pensiero cristiano.<ref>Cfr. [[Carlo Sini]], "I filosofi e le opere", ed. Principato, vol. 1 pag. 308-309, il quale descrive appunto: "una patristica occidentale, che mira prevalentemente a esaltare la fede, il carattere volontaristico, e cioè irrazionalistico(..)della predicazione cristiana, e una patristica orientale, che sottolinea maggiormente la continuità fra filosofia e Cristianesimo(...)"</ref>
 
Questa concezione, che culminerà nel primo tentativo di sintesi fra ragione e fede operato da [[Agostino d'Ippona]], permeerà quindi tutto l'[[Alto Medioevo]], almeno nell'Occidente cristianizzato.
 
Solo con [[Tommaso d'Aquino]]<ref>«Pensiero e ragione si possono conciliare, anzi, la ragione serve agli esseri umani per interrogarsi anche su alcuni enigmi di fede. Lo scopo della fede e della ragione è lo stesso, se poi la ragione si trova in contrasto con la fede deve cedere a questa» (San Tommaso, ''Summa contra gentiles'')</ref> si giungerà a una più piena conciliazione fra fede e ragione, nell'ottica però di una filosofia concepita come ''praeambulum fidei'', cioè avvio introduttivo alla fede: istrumento indispensabile non per rafforzare o poter dedurre razionalmente le verità della dottrina cristiana, quanto allo scopo di difenderle dalle critiche nei suoi confronti, da [[eresia|eresie]] e nemici, obiettivo primario degli scolastici.
 
La filosofia, intesa dalla [[Scolastica]] come ''ancilla theologiae''<ref>[[Pierre Hadot]], ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', Torino, Einaudi, 2002 pag. 67</ref> va utilizzata per svelare il [[profeta|profetico]] contenuto cristiano delle antiche filosofie greche (Platone ad esempio diviene profeta dell'avvento del Cristianesimo) o va adoperata per introdurre, con gli strumenti filosofici dei grandi pensatori del passato, alla dottrina cristiana.<ref>Ad esempio uno dei più famosi scolastici dell'età mediovale «''Ugo di San Vittore nel ''Didascalicon'' riconduce gerarchicamente le scienze profane alla filosofia e considera la filosofia propedeutica allo studio delle Sacre Scritture.''» (AA.VV. ''I filosofi e le idee'', B. Mondadori editore, 2007 pag. 585)</ref>
 
===== Ockham: la filosofia si separa dalla teologia =====
[[File:William of Ockham.png|150px|thumb|Guglielmo di Ockham]]
 
Pur essendo prevalsa, per un lungo periodo del Medioevo, la concezione che vede la filosofia come sostegno e supporto razionale delle credenze religiose, con [[Guglielmo di Ockham]] nella tarda Scolastica, iniziò ad affermarsi una visione del pensiero come attività del tutto autonoma; egli sostenne infatti che «''gli articoli di fede appaiono falsi ai sapienti, cioè a quelli che si affidano alla ragione naturale''»,<ref>Ockam,''Logica, III, 1</ref> contestando il [[fideismo]] acritico che si era avuto a partire da Tertulliano.
 
Con Ockham viene in evidenza un problema già sollevato da [[Averroè]],<ref>Averroè, ''Destructio destructionum'', VI, fl.56, 79</ref> che assegnava alla filosofia il riflettere e lo speculare e alla religione l'amore per Dio e l'agire di conseguenza. La duplicità nasceva dal fatto, noto da tempo, che i frutti della ragionamento spesso non coincidono con quelli della credenza. Questa posizione di Averroè veniva battezzata dagli Scolastici "doppia verità" e tale espressione si affermerà per indicare ogni discrasia emergente tra fede e ragione.
 
Il dibattito sull'armonia di ragione e fede, il problema medioevale dell'''intellectus fidei'' proseguirà ancora ma ciò che conviene notare è che la filosofia, messa di fronte al rapporto con la religione, comincia a rivendicare a delineare una sua propria [[autonomia]].
 
Va ricordato che già prima di Ockham ciò veniva ribadito in ambito cristiano da [[Duns Scoto]] ([[1265]]-[[1308]]), che in ''Opus Oxoniense''<ref>Duns Scoto, ''Prol'', 3</ref> aveva riproposto in termini positivi la posizione del musulmano Averroè.
 
=== La filosofia nell'età dell'umanesimo e del rinascimento ===
{{vedi anche|filosofia rinascimentale}}
Nasce convenzionalmente in questa età la [[filosofia moderna]] che si fa iniziare con l'[[Umanesimo]] ([[secolo XV]] ca.) e la sua rivalutazione dell'uomo e della sua esperienza eminentemente terrena, e terminare con la figura di [[Immanuel Kant]] ([[1724]] - [[1804]]), il pensatore che aprirà la strada all'[[idealismo]] [[Romanticismo|romantico]].
 
In particolare il parallelismo medievale di ragione e fede diviene nuovamente problematico con l'emergere della scienza moderna nel [[Rinascimento]]; la ricerca filosofica infatti dimostra sempre maggiori difficoltà a conciliarsi con le restrizioni della dottrina religiosa, man mano che i risultati dell'indagine razionale contrastano con i dogmi e le verità della [[Rivelazione]] mettendo in crisi il [[Principio di autorità]] con cui venivano risolti questi contrasti.
 
Alcuni dei grandi protagonisti di quest'epoca si scontrano con la Chiesa Cattolica: [[Bernardino Telesio]], [[Tommaso Campanella]] perseguitato dall'[[Inquisizione]], [[Giordano Bruno]] condannato al rogo, e [[Galileo Galilei]], che pur animato da una sua sincera fede religiosa, è costretto ad abiurare le sue scoperte e quanto aveva dedotto da esse.
 
A questa conflittualità porrà termine, in un certo senso, l'[[illuminismo]], in particolare attraverso la figura di [[Immanuel Kant|Kant]], che delimiterà in modo netto il campo della ragione, liberandola da tutti gli errori che ne contaminerebbero la purezza e l'autonomia.
 
===== La nuova concezione della natura =====
La stessa definizione dell'ambito della filosofia, la sua autonomia, sarà da specificare nell'età moderna nei confronti della scienza sperimentale e matematica della natura. Cambia nell'[[umanesimo]] la visione dell'uomo non più legato alla divinità: l'uomo viene considerato nel suo aspetto concreto e nel suo legame con la natura, che lo porta a sperimentare e conoscere con i sensi prima e piuttosto che attraverso le astrazioni della logica, con lo scopo di volgere la natura stessa ai propri fini.
 
«L'uomo sembrò meritare un'attenzione che la cultura precedente non gli aveva accordato, e soprattutto acquistò nuovo significato il suo operare nel mondo, e la sua attiva capacità di trasformarlo.»<ref>U. e A. Perone, G. Ferretti, C. Ciancio, ''Storia del pensiero filosofico'', vol. II, pag. 11, ed. S.E.I. 1975</ref>
 
Una scarsa considerazione della [[natura]] aveva caratterizzato il pensiero [[neoplatonismo|neoplatonico]] fino all'[[età moderna]]; durante il predominio della filosofia cristiana, dove si distingue nettamente il creatore dal creato, il [[naturalismo (filosofia)|naturalismo]] era stato messo completamente da parte. Anzi le dottrine naturalistiche, fatte risalire alla versione [[meccanicismo|meccanicistica]] dell'[[epicureismo]], venivano considerate empie, in quanto negatrici dei [[dogma|dogmi]] cristiani dell'esistenza di Dio, dell'immortalità dell'anima, di tutto quello che si riferiva al soprannaturale.
[[File:Cozza Tommaso Campanella.jpg|125px|thumb|left|Tommaso Campanella]]
 
Il naturalismo torna prepotentemente nell'età rinascimentale, «l'uomo apparve come il centro focale della natura, come un essere intermedio capace di forgiarsi secondo il suo volere, e di plasmare così la propria vita e lo stesso mondo circostante a propria immagine.»<ref>U. e A. Perone, G. Ferretti, C. Ciancio, ''Op.cit.'', ibidem</ref>
 
Si riprende in un certo modo l'antica visione [[panteismo|panteistico]] [[vitalismo|vitalistica]] o [[materialismo|materialistica]]-[[meccanicismo|meccanicistica]] degli antichi. Alla prima concezione della natura appartengono [[Telesio]], [[Giordano Bruno|Bruno]] e [[Tommaso Campanella|Campanella]] con la loro visione di un Dio che s'identifica nella natura stessa, che vive nella stessa perfezione dei fenomeni naturali, mentre la interpretazione materialistica la si ritrova in tutte quelle filosofie rinascimentali caratterizzate da una ripresa dello [[stoicismo]]. La dottrina di Giordano Bruno è la sintesi, intrisa di magia, di queste due tendenze: egli concepirà la ''natura naturans'' e quindi Dio come ''mens insita omnibus'' che come il ''[[pneuma]]'' degli stoici dà vita a tutto l'infinito universo.
 
Ora la natura dove l'uomo agisce non è più corrotta dal peccato e quindi l'uomo può ben operare nel mondo e può trasformarlo con la sua volontà. Questi uomini nuovi non sono [[ateismo|atei]] ma hanno una nuova religiosità. L'uomo del Medioevo sta con i piedi sulla terra ma guarda al cielo: la filosofia medioevale era impostata su una dimensione verticale dell'uomo, nel pensiero moderno prevale la dimensione orizzontale, perché Dio è nella natura stessa. L'ansia di perfezione che caratterizza l'opera di [[Leonardo da Vinci]] è in fondo il tentativo di raggiungere Dio nella natura. Nasce l'esigenza di una nuova religiosità che metta in contatto diretto, senza nessuna mediazione, l'uomo con Dio. L'uomo solo, individuo, in rapporto a Dio, sarà questo il fulcro della [[Riforma protestante|Riforma]].
 
===== La perdita dell'unità medievale del sapere e la specializzazione delle scienze =====
{{Quote|Viene meno quella compatta unità del sapere, di cui le ''summae'' medioevali erano state l'espressione più evidente|U. e A. Perone, G. Ferretti, C. Ciancio, ''Storia del pensiero filosofico'', vol.II, pag.13, ed. S.E.I. 1975}}
Il sapere medievale era enciclopedico, armonioso, coordinato e orientato verso Dio inteso come culmine della verità, quadro che tiene assieme i vari saperi. Ragione e fede procedevano assieme. Dopo Ockham filosofia e teologia sono autonome e anzi si contrastano. Nel Medioevo per quanto disordinata e approssimativa fosse la vita, il [[papato]] e l'[[impero]] costituivano dei punti di riferimento ben saldi, e per alcuni speranza d'ordine e di legalità universale (Dante).
 
Nella cultura umanistico-rinascimentale salta il quadro di riferimento religioso, la cornice che tiene assieme il mosaico del sapere. Si smarrisce il senso della stabilità culturale e politica. Le scienze diventano autonome e specialistiche, si perfezionano ma non comunicano più tra loro, secondo quella che [[Erwin Panofsky|Panofsky]] ha definito "decompartimentazione" del sapere.
 
Tutto si risolve nel singolo, nell'individualità del [[Principe]] che tende a fare della propria esistenza un'opera unica e irripetibile.<ref>G. Saitta, "Il pensiero italiano nell'Umanesimo e nel Rinascimento", Vol. II, Il Rinascimento. Bologna 1950</ref>
 
===== La Politica, scienza naturale =====
[[File:Santi di Tito - Niccolo Machiavelli's portrait headcrop.jpg|100px|right|thumb|Machiavelli]]
 
Il [[Rinascimento italiano|pensiero rinascimentale]] estende il concetto di naturalità, così come era accaduto con i sofisti, non solo alla considerazione della scienza naturale, ma anche a quell'ambiente naturale in cui vive l'uomo: lo Stato, e la scienza naturale che studia lo stato è la [[Politica]].
 
Vera scienza naturale perché determinata da principi naturalistici e autonoma da tutte le altre scienze. Il ''pensiero politico'' di [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]] ora considererà suo oggetto di studio l'essere, le cose come stanno effettivamente e non più il dover essere, le cose come dovrebbero essere o come si vorrebbe che fossero.
{{Quote|Ma sendo l'intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare dietro la ''verità effettuale'' della cosa che alla immaginazione di essa.|N. Machiavelli, ''Il Principe'', cap.XV}}
Una concezione storica e naturalistica assieme della vita dell'uomo simile a quella delle vicende della natura: come in questa nulla cambia così avviene, nonostante le apparenti trasformazioni, anche per la storia dell'uomo.
 
La stessa definizione dell'ambito della filosofia, la sua autonomia, sarà da specificare nell'età moderna nei confronti della scienza sperimentale e matematica della natura. Cambia nell'[[umanesimo]] la visione dell'uomo non più legato alla divinità: l'uomo viene considerato nel suo aspetto concreto e nel suo legame con la natura, che lo porta a sperimentare e conoscere con i sensi prima e piuttosto che attraverso le astrazioni della logica, con lo scopo di volgere la natura stessa ai propri fini.<ref>«L'uomo sembrò meritare un'attenzione che la cultura precedente non gli aveva accordato, e soprattutto acquistò nuovo significato il suo operare nel mondo, e la sua attiva capacità di trasformarlo.» inU. e A. Perone, G. Ferretti, C. Ciancio, ''Storia del pensiero filosofico'', vol. II, p. 11, ed. S.E.I. 1975</ref>
=== La filosofia del Seicento ===
{{Quote|E qual cosa è più vergognosa che'l sentir nelle pubbliche dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili, uscir un di traverso con un testo, e bene scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca all'avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo modo di studiare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi istorici o dottori di memoria; chè non conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l'onorato titolo di filosofo. [...] Signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta.|[[Galileo Galilei]], [[Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo]] (1632)}}
[[File:Frans Hals - Portret van René Descartes.jpg|125px|thumb|René Descartes]]
[[File:Galileo.arp.300pix.jpg|125px|thumb|Galileo Galilei]]
Di fronte alle acquisizioni scientifiche [[Galileo Galilei|galileiane]] della verità oggettiva va in crisi quello che Galilei definì ''il mondo di carta''.
 
[[File:Cozza Tommaso Campanella.jpg|verticale|min|sinistra|Tommaso Campanella]]
Secondo alcuni interpreti la filosofia della natura rinascimentale intrisa di [[magia]] o che riprendeva la ricerca della [[sostanza (filosofia)|sostanza]] dell'antica filosofia greca<ref>Cfr. [[Telesio]], ''De rerum natura iuxta propria principia'', e [[Tommaso Campanella]], ''Metaphysica''</ref> sembrava non potesse reggere dinanzi al nuovo sapere scientifico; secondo altri, invece, fu proprio il rinnovato interesse per la [[magia]], rimasto alquanto sopito durante il Medioevo, a causare lo sviluppo del sapere scientifico.<ref>«Troverete persino gente che scrive del XVI secolo come se la magia fosse una sopravvivenza medioevale, e la scienza la novità venuta a spazzarla via. Coloro che hanno studiato l'epoca sono più informati. Si praticava pochissima magia nel Medioevo: XVI e XVII secolo rappresentano l'apice della magia. La seria pratica magica e la seria pratica scientifica sono gemelle».([[C.S. Lewis]])</ref>
Il naturalismo torna prepotentemente nell'età rinascimentale, «l'uomo apparve come il centro focale della natura, come un essere intermedio capace di forgiarsi secondo il suo volere, e di plasmare così la propria vita e lo stesso mondo circostante a propria immagine.»<ref>U. e A. Perone, G. Ferretti, C. Ciancio, ''Op.cit.'', ibidem</ref> Si riprende in un certo modo l'antica visione [[panteismo|panteistico]] [[vitalismo|vitalistica]] o [[materialismo|materialistica]]-[[meccanicismo|meccanicistica]] degli antichi. Alla prima concezione della natura appartengono [[Telesio]], [[Giordano Bruno|Bruno]] e [[Tommaso Campanella|Campanella]] con la loro visione di un Dio che s'identifica nella natura stessa, che vive nella stessa perfezione dei fenomeni naturali, mentre la interpretazione materialistica la si ritrova in tutte quelle filosofie rinascimentali caratterizzate da una ripresa dello [[stoicismo]]. La dottrina di Giordano Bruno è la sintesi, intrisa di magia, di queste due tendenze: egli concepirà la ''natura naturans'' e quindi Dio come ''mens insita omnibus'' che come il ''[[pneuma]]'' degli stoici dà vita a tutto l'infinito universo. Ora la natura dove l'uomo agisce non è più corrotta dal peccato e quindi l'uomo può ben operare nel mondo e può trasformarlo con la sua volontà. Questi uomini nuovi non sono [[ateismo|atei]] ma hanno una nuova religiosità. Nasce l'esigenza di una nuova religiosità che metta in contatto diretto, senza nessuna mediazione, l'uomo con Dio. L'uomo solo, individuo, in rapporto a Dio, sarà questo il fulcro della [[Riforma protestante|Riforma]].
 
La filosofia rinascimentale è forse meglio spiegata da due proposizioni fatte da [[Leonardo da Vinci]] nei suoi taccuini:
Va quindi in crisi non solo l'antica fisica aristotelica ma la stessa metafisica che già nel Medioevo serviva essenzialmente come strumento già pronto per sostenere la conversione alla fede.
*Tutta la nostra conoscenza ha le sue origini nelle nostre percezioni.
*Non c'è certezza dove non si possa né applicare nessuna delle scienze matematiche né nessuna di quelle che si basano sulle scienze matematiche.
 
=== Filosofia moderna ===
==== Il metodo come strumento del filosofare risolutivo ====
{{vedi anche|Filosofia moderna}}
Gli uomini di cultura laica dell'età moderna rifiutano il linguaggio della metafisica medievale che a loro appariva farraginoso, astratto e formale. [[Cartesio]] infatti ora assegnerà alla filosofia un nuovo scopo, occorrerà egli dice che: «''un uomo dabbene, che non ha l'obbligo di aver letto tutti i libri né di aver imparato con cura tutto ciò che s'insegna nelle scuole''» possa avere un sapere che gli consenta di affrontare e risolvere i problemi quotidiani dell'esistenza.<ref>Cartesio, ''La ricerca della verità'', Introduzione</ref>
Il termine "[[filosofia moderna]]" ha molteplici usi. Ad esempio, [[Cartesio]] è spesso considerato il primo filosofo moderno perché ha fondato la sua filosofia su problemi di conoscenza, piuttosto che su problemi di metafisica.
La filosofia moderna, e in particolare la filosofia [[illuminista]], si distingue per la sua crescente indipendenza dalle autorità tradizionali come la Chiesa, il mondo accademico e l'aristotelismo; un nuovo focus sui fondamenti della conoscenza e della costruzione di sistemi metafisici; e l'emergere della fisica moderna dalla filosofia naturale.
 
==== Filosofia del Seicento ====
Esigenza questa di una filosofia ordinata sistematicamente e utile all'uomo già sentita da [[Francesco Bacone|Bacone]] che distingue la filosofia naturale (le scienze sperimentali), la filosofia umana (logica, [[psicologia]] ed etica) e la filosofia civile (la politica). Alla base di tutte la ''filosofia prima''.<ref>Bacone,''De dignitate et augmentis scientiarum'', III, 1</ref>
{{vedi anche|Rivoluzione scientifica|Razionalismo|Empirismo|Stato di natura}}
Alcuni argomenti centrali della filosofia occidentale nella sua prima età moderna includono la natura della mente e la sua relazione con il corpo, le implicazioni delle nuove scienze naturali per argomenti teologici tradizionali come il libero arbitrio e Dio e l'emergere di una base secolare per la morale e la filosofia politica. Queste tendenze si uniscono per la prima volta in modo distintivo nella richiesta di [[Francesco Bacone]] di un nuovo programma empirico per espandere la conoscenza, e presto hanno trovato una forma enormemente influente nella fisica meccanica e nella metafisica razionalista di Cartesio.
 
[[File:Galileo.arp.300pix.jpg|verticale|min|Galileo Galilei]]
In questo nuovo significato del filosofare ''risolutivo'', che dà soluzioni, Cartesio riprende il suo ambito tradizionale per il quale la filosofia è come un «''albero le cui radici sono la metafisica, il tronco la fisica, e i rami che se ne dipartono tutte le altre scienze''».<ref>Cartesio, ''Lettera a Picot'', in ''Opere'', ed. Adam-Tannery</ref> Ritorna qui l'impostazione aristotelica della filosofia come scienza prima nel cui ambito acquistano senso e significato tutte le altre scienze particolari.
Filosofi scienziati come Bacone e [[Isaac Newton|Newton]] o filosofi matematici come [[Cartesio]] e [[Leibniz]] sentirono l'esigenza di un metodo certo, che fondasse in modo indubitabile la loro conoscenza.<ref>{{Cita web |url=http://www.emsf.rai.it/gadamer/interviste/12_cartesio/cartesio.htm |titolo=H. G. Gadamer, Cartesio. Leibniz e l'Illuminismo |accesso=30 gennaio 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090304202015/http://www.emsf.rai.it/gadamer/interviste/12_cartesio/cartesio.htm |urlmorto=sì }}</ref> I primi hanno proposto metodi basati sul metodo empirico, mentre i secondi hanno proposto metodi logici con forti valenze metafisiche. Sia [[Francesco Bacone|Bacone]], per via [[empirismo|empirica]], che [[Cartesio]], attraverso la pura [[razionalismo|ragione]] sostengono l'adozione di un metodo le cui regole, se osservate, potevano portare a conoscenze assolute, a verità indiscutibili in ogni campo del sapere. Essi si rifacevano alla conoscenza verificata dalle conferme dell'esperienza ma poi consideravano fuori da questa la struttura razionale matematico-quantitativa della realtà, attribuendole un valore assoluto di verità.
 
Secondo alcuni interpreti la filosofia della natura rinascimentale intrisa di [[magia]] o che riprendeva la ricerca della [[sostanza (filosofia)|sostanza]] dell'antica filosofia greca<ref>[[Telesio]], ''De rerum natura iuxta propria principia'', e [[Tommaso Campanella]], ''Metaphysica''</ref> sembrava non potesse reggere dinanzi al nuovo sapere scientifico; secondo altri, invece, fu proprio il rinnovato interesse per la [[magia]], rimasto alquanto sopito durante il Medioevo, a causare lo sviluppo del sapere scientifico.<ref>«Troverete persino gente che scrive del XVI secolo come se la magia fosse una sopravvivenza medioevale, e la scienza la novità venuta a spazzarla via. Coloro che hanno studiato l'epoca sono più informati. Si praticava pochissima magia nel Medioevo: XVI e XVII secolo rappresentano l'apice della magia. La seria pratica magica e la seria pratica scientifica sono gemelle».([[C.S. Lewis]]), ''L'abolizione dell'uomo'', Milano Jaca Book, 1979, p. 44.</ref> Va quindi in crisi non solo l'antica fisica aristotelica ma la stessa metafisica che già nel Medioevo serviva essenzialmente come strumento già pronto per sostenere la conversione alla fede.
La vera novità di Cartesio nell'uso del filosofare sarà il [[metodo]] - di cui anche Bacone aveva sentito l'esigenza come ''novum organum'', nuovo strumento del sapere cui però non era riuscito ad indicare le regole - applicato secondo un'impostazione geometrica e algebrica alla scomposizione e composizione dei problemi filosofici.<ref>Cartesio,''Discorso sul metodo'', Parte II</ref>
 
[[File:Frans Hals - Portret van René Descartes.jpg|verticale|min|sinistra|Cartesio]]
L'uso del metodo per l'analisi e la soluzione di problemi metafisici, etici, cosmologici diverrà prevalente nei filosofi seguenti come [[Baruch Spinoza|Spinoza]] e [[Leibniz]].
Gli uomini di cultura laica dell'età moderna rifiutano il linguaggio della metafisica medievale che a loro appariva farraginoso, astratto e formale. [[Cartesio]] infatti ora assegnerà alla filosofia un nuovo scopo, occorrerà egli dice che: «un uomo dabbene, che non ha l'obbligo di aver letto tutti i libri né di aver imparato con cura tutto ciò che s'insegna nelle scuole» possa avere un sapere che gli consenta di affrontare e risolvere i problemi quotidiani dell'esistenza.<ref>Cartesio, ''La ricerca della verità'', Introduzione</ref> In questo nuovo significato del filosofare ''risolutivo'', che dà soluzioni, Cartesio riprende il suo ambito tradizionale per il quale la filosofia è come un «albero le cui radici sono la metafisica, il tronco la fisica, e i rami che se ne dipartono tutte le altre scienze».<ref>Cartesio, ''Lettera-Prefazione'', ai ''Principi della filosofia'' in ''Opere'', ed. Adam-Tannery, Vol. IX-2, pp. 1-20.</ref> Ritorna qui l'impostazione aristotelica della filosofia come scienza prima nel cui ambito acquistano senso e significato tutte le altre scienze particolari. La vera novità di Cartesio nell'uso del filosofare sarà il metodo applicato secondo un'impostazione geometrica e algebrica alla scomposizione e composizione dei problemi filosofici.<ref>Cartesio, ''Discorso sul metodo'', Parte II</ref> Cartesio sosteneva l'origine della verità dal [[dubbio]], ma questa, per Cartesio, rimane sempre di carattere metafisico più che scientifico. Dal dubbio fonte di verità non rimaneva fuori neppure l'esistenza di Dio che però, una volta dimostrata l'infallibilità del metodo, era semplice, seguendo le sue regole, dimostrarne l'esistenza riprendendo magari l'[[Anselmo d'Aosta|argomento ontologico]] rivalutato alla luce del ''cogito ergo sum''. Ma non è fuori luogo anche ricordare che per Cartesio di tutto si poteva dubitare, ma non del divino nell'anima, quale ''res cogitans'' calata dall'alto nella materiale ''res extensa''.
 
Tuttavia, il rapporto tra mente e corpo nel pensiero di Cartesio rimase una questione irrisolta. Una soluzione al problema fu presentata da [[Baruch Spinoza]], il quale ha affermato che la mente e il corpo sono [[monismo|una sola sostanza]]. Ciò si basava sulla sua visione che Dio e l'universo sono la stessa cosa, che comprende la totalità dell'esistenza. Essendoci solo un'unica Sostanza increata, [[Eternità|eterna]], [[Unicità|unica]], [[Infinito (filosofia)|infinita]], e quindi anche [[indivisibile]], la [[res cogitans]] e la [[res extensa]] non erano più, nella concezione spinoziana, sostanze, ma due degli infiniti attributi (proprietà fondamentali) dell'unica Sostanza o [[Deus sive Natura]]. All'altro estremo [[Gottfried Wilhelm Leibniz]] sosteneva invece che il mondo fosse composto da numerose singole sostanze, dette [[monade|monadi]]. Insieme, Cartesio, Spinoza e Leibniz sono considerati influenti primi [[razionalismo|razionalisti]].
===== La filosofia e il metodo =====
La filosofia non si è mai fondata sul metodo sperimentale proprio della scienza moderna, come del resto appare evidente anche nella filosofia antica e medievale (va tuttavia ricordato che il metodo scientifico è un'acquisizione successiva, a queste epoche). Quando Democrito ad esempio parlava degli [[atomo|atomi]] aggiungeva che questi «si vedevano con gli occhi della mente». Ma anche filosofi scienziati come [[Francesco Bacone|Bacone]] e [[Isaac Newton|Newton]] o filosofi matematici come [[Cartesio]] e [[Leibniz]] sentirono l'esigenza di un metodo certo, che fondasse in modo indubitabile la loro conoscenza.<ref>[http://www.emsf.rai.it/gadamer/interviste/12_cartesio/cartesio.htm H. G. Gadamer, Cartesio. Leibniz e l'Illuminismo]</ref> Però i primi hanno proposto metodi basati sul metodo empirico, mentre i secondi hanno proposto metodi logici con forti valenze metafisiche. Gli uni e gli altri hanno poi distinto la loro speculazione filosofica dalle loro opere più strettamente scientifiche o teologiche. Nel caso di Leibniz ad esempio la ''[[teodicea]]'' ha segnato profondamente anche la sua speculazione in ogni campo.
 
[[File:John Locke.jpg|verticale|min|[[John Locke]]]]
La filosofia illuministica è quasi totalmente allineata sulle posizioni di Bacone e di Newton ma riprende da Cartesio il valore della razionalità, intesa però, nello spirito di Locke, come programmaticamente finita.<ref>Cfr. [[Hans Georg Gadamer]], ''Verità e metodo'', tr. it. Di [[Gianni Vattimo]], Bompiani, Milano 1986</ref> Il pensiero di [[Diderot]], per certi aspetti, è quello che meglio sintetizza l'indizzo filosofico e scientifico in contrasto a quello metafisico e il suo ''Interpretazione della natura'' è uno dei testi chiave del pensiero illuministico legato alla scienza.
La corrente dell'[[empirismo]] sosterrà che il confronto della filosofia con la scienza non dev'essere condotto sul piano del metodo, ma verificando che ogni forma di conoscenza possa sostenere il ''cimento'' dell'esperienza [[sensibilità (filosofia)|sensibile]]. Questo dev'essere il banco di prova delle verità filosofiche e quindi il nuovo significato della filosofia che con [[John Locke|Locke]] si assumerà il compito di critica del sapere definendo: «l'origine, la certezza e l'estensione della conoscenza umana».<ref>Locke, ''Saggio sull'intelletto umano'', Introduzione</ref>
Locke è convinto che l'insolubilità di alcuni problemi filosofici dipenda dalla mancata analisi preventiva della questione da risolvere: se questa, cioè rientri o meno nell'ambito della ragione.<ref>«...essendosi cinque o sei amici riuniti a discutere...ben presto ci trovammo in un vicolo cieco...a me venne il sospetto...che prima di applicarci a ricerche di quel genere, fosse necessario esaminare le nostre facoltà e vedere con quali oggetti il nostro intelletto fosse atto a trattare e con quali no». in J. Locke, ''Epistola al lettore'', Prefazione del ''Saggio sull'intelletto umano''</ref>
Da questa critica propedeutica ne deriva che non esiste principio, nella morale come nella scienza, che possa ritenersi assolutamente valido tale da sfuggire ad ogni controllo successivo dell'esperienza. Quindi noi dobbiamo, per non girare a vuoto su argomenti inaccessibili alla ragione, prima ancora di stabilire le regole di un metodo conoscitivo, cercare di capire quali siano i limiti del nostro conoscere.
 
In termini di filosofia politica, le discussioni spesso partivano dalla discussione sui primi principi della natura umana attraverso l'esperimento mentale di come sarebbe il mondo senza la società, uno scenario definito [[stato di natura]]. [[Thomas Hobbes]] credeva che questo sarebbe stato violento e anarchico. Per evitare ciò, credeva che il sovrano dello stato dovesse avere un potere essenzialmente illimitato. Al contrario, Locke credeva che lo stato di natura fosse quello in cui gli individui godevano della libertà, ma che parte di quella libertà (escluse quelle coperte da diritti naturali) doveva essere rinunciata quando si formava una società, ma non al grado di dominio assoluto. Locke ha sostenuto la libertà di un popolo di sostituire un governo che non ha difeso i diritti intrinseci alla vita, alla libertà e alla proprietà all'indomani dell'instabilità politica dell'Inghilterra. La gente iniziò a diffidare della possibilità di un Dio capace di autorizzare un sovrano dispotico a governare. Questi ideali avrebbero cambiato in modo permanente l'Europa.
Sarà poi Kant ad armonizzare il ragionamento di tipo matematico, quale quello del cartesianesimo, con quello di tipo sperimentale, che si ritrova nell'Illuminismo di tipo newtoniano. Da questo punto di vista Kant si riallaccia a Galilei che aveva proclamato l'accordo di matematica e ''sperimento'' quale condizione indispensabile al progresso della scienza. Galilei trovò una tecnica che dimostrava operativamente la possibilità di tale accordo ma lasciò ad altri il compito di giustificarlo filosoficamente. Ed è questa giustificazione al centro della problematica filosofica della Critica della ragion pura di Kant.
 
==== Filosofia illuminista ====
Alcuni autori come Kant e [[Wittgenstein]], pur nella distanza storica che li separa, concordano che l'assenza di una forma di verifica empirica in filosofia è una caratteristica epistemologica essenziale di questa dottrina, la quale rifiuta ogni commistione con le scienze sperimentali pur ritenendosi legittimata ad accedere alle risultanze della scienza, per adeguarvi i propri concetti. Per esempio questo si è verificato nella corrente dello spiritualismo con [[Pensiero di Bergson|Bergson]].
{{vedi anche|Illuminismo}}
L'[[Illuminismo]] è stato un movimento filosofico che ha dominato il regno delle idee nell'Europa del [[XVIII secolo]]. Si fondava sul principio che la [[ragione]] è la fonte fondamentale del potere e della legittimità e promuoveva principi come la libertà, il progresso, la tolleranza, la fraternità, il governo costituzionale e la separazione Chiesa-Stato. Gli ideali dell'Illuminismo sfidarono la monarchia e la chiesa, gettando le basi per gli sconvolgimenti politici del XVIII e XIX secolo. È Kant che definirà chiaramente cosa deve intendersi per filosofia nel secolo dell'Illuminismo: filosofia quindi come liberazione dalla superstizione e dall'ignoranza diffuse dalla Chiesa cattolica e dalla tirannia dei regimi assoluti.<ref name="ReferenceB">«L'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro, Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. [[Sapere aude]]! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo.» [[Immanuel Kant]] da ''[[Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?]]''</ref>
 
[[File:Jean d'Alembert.jpeg|verticale|min|sinistra|Jean Baptiste Le Rond d'Alembert]]
Appare chiaro comunque che la filosofia non è una scienza sperimentale anche quando essa dedica la sua attenzione all'esame dei fatti empirici, collimando così con discipline quali la [[sociologia]], la pedagogia, la politica ecc. La filosofia in questi ambiti considera i dati empirici ma non si limita a catalogarli; piuttosto, essa studia questi dati concreti nell'ottica di una teorizzazione critica. Così per esempio Aristotele prenderà in considerazione le costituzioni delle città greche della sua epoca ma se ne servirà nella Politica per dedurne delle considerazioni teoriche di carattere universale.
Nel ''Discorso preliminare dell'Enciclopedia'' di [[Jean d'Alembert]] si mette in rilievo come l'Illuminismo erediti in un certo senso la concezione dell'empirismo inglese della filosofia come sapere risultato dell'attività della ragione per il bene della [[società umana|società]]. D'Alembert poi è convinto che debba rientrare nella filosofia anche lo studio della [[logica]] e del [[linguaggio]] poiché la filosofia non ha solo il compito di elaborare idee ma anche quello di comunicarle. Il ''philosophe'' illuminista, inteso come sinonimo di [[intellettuale]], ha infatti il dovere di usare il sapere, la filosofia, ai fini della sua comunicazione sociale e della sua efficacia sociale. Il significato della filosofia è quello di "addolcire i costumi e istruire i governanti".<ref>[[Voltaire]], ''Dizionario filosofico'', voce "Philosophe", sez. IV.</ref>
 
La stessa visione della filosofia come educazione sociale si ritrova nell'Illuminismo tedesco: [[Christian Wolff]] definisce la filosofia come "la scienza del possibile in quanto possibile",<ref>"Philosophia est scientia possibilium, quatenus esse possunt", in ''Discursus praeliminaris de philosophia in genere'', Frankfurt - Leipzig (1728), § 29.</ref> evidenziando fin dal titolo della sua opera il fine educativo e politico.
Sin dai suoi inizi la filosofia sembra talora indirizzarsi verso un linguaggio di tipo matematico o logico formale; essa però non ha mai finito per esaurirsi in una mera simbolizzazione formale dei concetti, anche se Leibniz per primo poneva l'esigenza di risolvere i problemi filosofici per mezzo di un calcolo logico universale. Se oggi la [[filosofia analitica]] deve necessariamente ricorrere alla logica matematica tuttavia essa utilizza ancora prevalentemente il linguaggio naturale.
 
Il pensiero di [[Diderot]], per certi aspetti, è quello che meglio sintetizza l'indirizzo filosofico e scientifico in contrasto a quello metafisico e il suo ''Interpretazione della natura'' è uno dei testi chiave del pensiero illuministico legato alla scienza.
Purtuttavia non è azzardato affermare che proprio le regole del metodo delineate filosoficamente hanno poi consentito alle scienze sperimentali di poter conseguire i loro risultati.<ref>K. R. Popper, ''Logica della scoperta scientifica'', Einaudi, Torino 1970</ref>
Quando Socrate ad esempio affermava che bisognava liberare la mente dalle verità preconcette o quando Cartesio sosteneva l'origine della verità dal [[dubbio]], questo nel campo del lavoro scientifico vuol dire mettere in discussione le conoscenze acquisite per poter poi progredire nella scoperta. Ma questa, per Cartesio, rimane sempre di carattere metafisico più che scientifico: da qui i travisamenti in fisica e astronomia che toccherà a [[Isaac Newton|Newton]] correggere.
 
[[Voltaire]] e [[Jean-Jacques Rousseau]] guidarono il movimento filosofico illuminista, sostenendo una società fondata sulla ragione piuttosto che sulla religione e sulla [[teologia cattolica]], per un nuovo ordine civico basato sul [[diritto naturale]] e per la scienza fondata sulla sperimentazione e l'osservazione. [[Montesquieu]], un filosofo politico, propose la nozione di [[divisione dei poteri]] di un governo, che fu accettata con entusiasmo dagli artefici della [[Costituzione degli Stati Uniti]].
Dal dubbio fonte di verità non rimaneva fuori neppure l'esistenza di Dio che però, una volta dimostrata l'infallibilità del metodo, era semplice, seguendo le sue regole, dimostrarne l'esistenza riprendendo magari l'[[Anselmo d'Aosta|argomento ontologico]] rivalutato alla luce del ''cogito ergo sum''. Ma non è fuori luogo anche ricordare che per Cartesio di tutto si poteva dubitare, ma non del divino nell'anima, quale ''res cogitans'' calata dall'alto nella materiale ''res extensa''.
 
[[File:Painting_of_David_Hume.jpg|min|verticale|Ritratto di [[David Hume]].]]
Quando Bacone, pur nella sua incapacità di capire l'importanza della matematica nella scienza e nel non considerare la prospettiva meccanicistica dei fenomeni naturali, sosteneva che il metodo dovesse consistere nella connessione di ''videre'' e ''cogitare'', nella collaborazione tra senso ed intelletto<ref>Famosa l'allegoria di Bacone sul metodo scientifico: non dobbiamo fare come gli empirici che badano solo all'esperienza e si affidano solo alla sensibilità. Gli empirici sono come le formiche che ammucchiano tutto ciò che trovano, esaminano ogni fatto che gli si presenta senza prima elaborarlo, ordinarlo. Né dobbiamo imitare i razionalisti che trascurano invece i dati sensibili e fanno come i ragni, che intessono da sé la propria tela e s'avviluppano nei loro stessi ragionamenti, nella loro ragnatela. I nuovi scienziati, devono essere invece come le api che da tutti i fiori traggono il polline per trasformarlo in miele, così lo scienziato deve elaborare tutti i fatti e trasformarli in teorie. Dispongono in modo ordinato i loro sforzi e si servono di tutti gli strumenti per arrivare alla verità.</ref> anticipava la grande scoperta del metodo sperimentale [[Galileo Galilei|galileiano]].
Il percorso che segue [[David Hume]] e in generale l'Illuminismo inglese è quindi quello dell'empirismo lockeano; tale percorso tuttavia lo conduce a conclusioni [[scetticismo filosofico|scettiche]], data l'inevitabile contingenza delle esperienze sensibili fondamenta di ogni pensiero. Hume però ritiene anche, nei suoi scritti dove si occupa di etica, religione e politica, che la validità della filosofia non debba restringersi a verificarne il rigore e la precisione identificandola con la scienza, ma debba estendersi anche ad una nuova concezione della filosofia come sapere tendente al conseguimento del [[bene (filosofia)|bene]] individuale e sociale.
 
[[File:Immanuel Kant portrait c1790.jpg|min|verticale|sinistra|Ritratto di [[Immanuel Kant]].]]
Metodo che del resto è figlio diretto del metodo cartesiano che delle sue regole, che nascono dalla matematica, indicava quella finale della ''enumerazione e revisione'', del controllo cioè dell'analisi e della sintesi, che sarà tradotta da Galilei in quella della verifica sperimentale della ipotesi.
Il tentativo degli illuministi di una sistemazione razionale del sapere scientifico per migliorare le condizioni di vita e arrivare ad un'organizzazione politica più razionale e giusta si basava però su un rapporto non ancora sufficientemente chiarito tra filosofia e scienza.<ref>Immanuel Kant, ''Sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica'', trad. it. Venturini M., BUR Biblioteca Universale Rizzoli (collana Classici), 2001, cap.I.</ref> Questo il compito che si assume [[Kant]]. Matematica e filosofia sono per Kant "arti razionali"<ref>Kant, ''Critica della ragion pura'', Dottrina del metodo, I, 1 (B 746/A 718).</ref> ma la filosofia si differenzia dalla matematica che procede per "costruzione" di concetti a priori, attraverso le intuizioni pure di spazio e tempo, concetti assolutamente certi perché indipendenti dall'esperienza ma che sono anche procacciatori di nuova conoscenza. Per questo che i giudizi che costituiscono la matematica sono "sintetici a priori". Quando ad esempio formulo l'espressione 7+5=12 non è vero che analizzo i concetti di 7 e di 5 e ne estraggo il 12 come relazione tra idee; al contrario, 7+5 è un materiale di lavoro base di una nuova conoscenza. La filosofia, più che un'estensione delle conoscenze, deve proporsi di analizzare le condizioni che rendono possibile la formazione di un sapere, magari non più esteso ma più solidamente fondato come pretendeva di possedere la metafisica.<ref>«Nella metafisica, anche a considerarla soltanto per una scienza fin qui solo tentata, ma pure indispensabile per la natura della ragione umana, debbono essere contenute conoscenze sintetiche a priori. Quindi essa non ha il compito di analizzare semplicemente concetti, che noi formiamo a priori delle cose, e con ciò dichiararli analiticamente. Bensì è che noi vogliamo ampliare la nostra conoscenza a priori, per il quale scopo ci dobbiamo servire di tali princìpi fondamentali che aggiungano oltre il concetto dato qualche cosa che in esso non era contenuto, e mediante giudizi sintetici a priori procedano pure così oltre, che la stessa esperienza non ci può seguire così lontano; per esempio, nella proposizione: il mondo deve avere un primo cominciamento, e così via. Così la metafisica consiste, almeno secondo il suo scopo, di evidenti proposizioni sintetiche a priori.» in I. Kant, ''Critica della ragion pura'', Introduzione alla seconda edizione</ref>
Nel [[criticismo]] [[trascendentale]] kantiano rientra quindi ancora la metafisica che ha perso però ogni pretesa di conoscenza assoluta riguardante la libertà, l'immortalità, l'esistenza di Dio ma che ha acquistato come [[Critica della ragion pratica#Il valore della metafisica|postulato della morale]] il suo reale valore di principio direttivo certo dell'azione morale.<ref>Così nelle opere ''Primi principi metafisici della scienza della natura'' del 1786 e ''Opus postumum'' e nella ''Metafisica dei costumi'' del 1797</ref>.
 
==== L'EmpirismoFilosofia e ldell'insufficienza del metodoOttocento ====
{{vedi anche|Filosofia del XIX secolo|Idealismo|Positivismo|Utilitarismo|Marxismo}}
[[File:John Locke.jpg|150px|thumb|right|[[John Locke]]]]
[[File:G.W.F._Hegel_(by_Sichling,_after_Sebbers).jpg|min|verticale|[[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]], incisione su acciaio, dopo il 1828]]
La corrente dell'[[empirismo]] sosterrà che il confronto della filosofia con la scienza non dev'essere condotto sul piano del metodo, ma verificando che ogni forma di conoscenza possa sostenere il ''cimento'' dell'esperienza [[sensibilità (filosofia)|sensibile]]. Questo dev'essere il banco di prova delle verità filosofiche e quindi il nuovo significato della filosofia che con [[John Locke|Locke]] si assumerà il compito di critica del sapere definendo: «''l'origine, la certezza e l'estensione della conoscenza umana''».<ref>Locke,''Saggio sull'intelletto umano'', Introduzione</ref>
Si ritiene che la [[filosofia del XIX secolo|filosofia tardomoderna]] inizi intorno all 1781, quando morì [[Gotthold Ephraim Lessing]] e fu pubblicata la ''Critica della ragion pura'' di Immanuel Kant. Il XIX secolo vide l'inizio di quello che sarebbe poi divenuto il divario tra le tradizioni filosofiche [[filosofia continentale|continentali]] e [[filosofia analitica|analitiche]], con la prima più interessata ai quadri generali della metafisica (più comune nel mondo di lingua tedesca) e la seconda incentrata su questioni di epistemologia, etica, diritto e politica (più comuni nel mondo anglofono).
Locke è convinto che l'insolubilità di alcuni problemi filosofici dipenda dalla mancata analisi preventiva della questione da risolvere: se questa, cioè rientri o meno nell'ambito della ragione:
 
La filosofia [[cultura tedesca|tedesca]] ha esercitato un'ampia influenza in questo secolo, in parte a causa del predominio del sistema universitario tedesco. Gli [[idealismo tedesco|idealisti tedeschi]], come [[Johann Gottlieb Fichte]], [[Friedrich Wilhelm Joseph Schelling]], [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]] e i membri del [[Romanticismo tedesco|Romanticismo]] della [[scuola di Jena]] ([[Friedrich Hölderlin]], [[Novalis]] e [[Friedrich Schlegel]]), trasformarono l'opera di Kant sostenendo che il mondo è costituito da un processo razionale e come tale è del tutto conoscibile. L'eredità [[Romanticismo|romantica]] dell'aspirazione all'[[infinito (filosofia)|infinito]] si ritrova nella filosofia [[idealismo|idealistica]] di Fichte, Schelling ed Hegel con una nuova visione della realtà che da [[fatto|fattuale]] diviene [[atto (Aristotele)|attuale]]. La filosofia, per Fichte, ci fa comprendere come la realtà fattuale non si esaurisca dogmaticamente in sé stessa, ma piuttosto «rimanda all'atto che lo pone». Questo atto originario, o [[Io (filosofia)|Io puro]], in quanto è appunto [[azione (filosofia)|attività]], non può essere mai oggettivato, cioè ridotto a semplice oggetto di conoscenza filosofica: esso si esperisce progressivamente nella pratica, al di là della teoria. La filosofia è quindi semmai il suo limite negativo: «il vivere è non-filosofare; e il filosofare è non-vivere».<ref>Fichte, ''La dottrina della religione'', a cura di G. Moretto, Guida, Napoli 1989, p. 192.</ref>
«...essendosi cinque o sei amici riuniti a discutere...ben presto ci trovammo in un vicolo cieco...a me venne il sospetto...che prima di applicarci a ricerche di quel genere, fosse necessario esaminare le nostre facoltà e vedere con quali oggetti il nostro intelletto fosse atto a trattare e con quali no».<ref>J. Locke, Prefazione ''Epistola al lettore'' del ''Saggio sull'intelletto umano''</ref>
Da questa critica propedeutica ne deriva che non esiste principio, nella morale come nella scienza, che possa ritenersi assolutamente valido tale da sfuggire ad ogni controllo successivo dell'esperienza.
 
L'uso della scienza come razionalizzazione della società umana per l'[[idealismo tedesco]] si attua con Hegel che concepisce tutto il [[filosofia della storia|corso della storia]] culminante nella filosofia. La filosofia, dice [[Hegel]], è la «considerazione pensante degli oggetti»<ref>Hegel, ''Enciclopedia'' par. 2</ref> che invece di esaminare isolatamente gli oggetti della conoscenza con gli strumenti analitici dell'intelletto, come fanno le scienze naturali, li studia come momenti dialettici della realtà totale. La [[verità]] è nell'intero, nella totalità e la filosofia come sapere di questa totalità è la meta finale dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]]<ref>Hegel, ''[[Fenomenologia dello spirito]]'', Prefazione</ref> che tramite essa diviene cosciente della sua identità con il tutto.<ref>Hegel, ''Enciclopedia'' par. 574</ref> Per Hegel, che rovesciò la prospettiva criticista, la filosofia esaurisce in sé tutta la realtà, diventando fine a sé stessa. Essa non rimanda più a qualcos'altro, non apre al mondo o all'esperienza, ma la chiude. «La [[nottola di Minerva]] si alza in volo sul far della sera»,<ref name="ReferenceC">G.W.F.Hegel, ''Lineamenti di filosofia del diritto'', Laterza, Bari, 1987, p. 17</ref> dice Hegel, nel senso che la filosofia, simboleggiata dalla civetta, consiste nel riflettere su quel che è già avvenuto, quando il soggetto sarà confermato nella sua realtà dall'oggetto e questo esisterà come tale perché c'è un soggetto che lo considera e lo interpreta. Ogni filosofia ''[[a priori]]'' che voglia anticipare la realtà o fungerle da avvio è perciò da lui giudicata astratta e irrazionale, perché non giustificata, e avrebbe valore soltanto nell'ottica della storia della filosofia come un momento di autoriflessione dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]]. L'eredità di Hegel si divise tra la [[destra hegeliana]] conservatrice e la [[sinistra hegeliana]] radicale; quest'ultima includeva [[David Strauss]] e [[Ludwig Feuerbach]]. Feuerbach ha sostenuto una concezione materialista del pensiero di Hegel, ispirando [[Karl Marx]].
Sia [[Francesco Bacone|Bacone]], per via [[empirismo|empirica]], che [[Cartesio]], attraverso la pura [[razionalismo|ragione]] si erano posti lo stesso problema pensando di averlo risolto tramite l'adozione di un [[metodo]] le cui regole, se osservate, potevano portare a conoscenze assolute, a verità indiscutibili in ogni campo del sapere. Essi si rifacevano alla conoscenza verificata dalle conferme dell'esperienza ma poi consideravano fuori da questa la struttura razionale matematico-quantitativa della realtà, attribuendole un valore assoluto di verità. Galilei affermava persino che l'intelletto umano, quando ragiona matematicamente, è uguale a quello divino:
 
[[File:Schopenhauer by Jules Lunteschütz.jpg|min|verticale|sinistra|Arthur Schopenhauer]]
«...quanto alla verità di che ci danno cognizione le dimostrazioni matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina [..]»<ref>G. Galilei, ''Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo'' (Salviati, ''Prima giornata'').</ref>
[[Arthur Schopenhauer]], rifiutando Hegel e anche il materialismo, propose un ritorno al [[trascendentalismo]] kantiano, adottando allo stesso tempo il [[non-teismo]] e un [[volontarismo]] cieco e determinista. Egli conserva la definizione di filosofia come ''espressione concettuale dell'esperienza''<ref>Schopenhauer, ''Mondo'', vol.I, par.15</ref> ma allo Spirito hegeliano, che in quanto pensiero [[autocosciente]] e razionale informa di sé tutta la totalità dell'Ente, egli sostituisce la [[volontà]] di vivere, una sorta di istinto [[irrazionale]] che affligge l'uomo e ne causa i patimenti, fino a che egli non riesca, attraverso l'arte, l'etica e l'ascesi, a liberarsene. Accettando la divisione del mondo di Kant in realtà [[noumeno|noumenale]] (il reale) e [[fenomeno|fenomenica]] (l'apparente), Schopenhauer non era comunque d'accordo sull'inaccessibilità della prima, sostenendo che vi si potesse effettivamente accedere. L'esperienza della [[volontà]] dimostra come questa realtà fosse accessibile alla ragione, rivelandola come fondamento dell'intera natura mentre tutto il resto è apparenza.
 
Lo sviluppo della varie scienze nel [[XIX secolo]] nei più svariati settori faceva nascere l'esigenza, già presente nell'idealismo, di una concezione unificante, di un ''sapere del sapere'' che è appunto il compito che il [[positivismo]], caratterizzato dalla fiducia nel progresso scientifico e dal tentativo di applicare il [[metodo scientifico]] a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana, assegna alla filosofia. Per [[Auguste Comte]] la filosofia è «lo studio delle generalità scientifiche che deve definire esattamente lo spirito di ciascuna scienza, scoprire le relazioni e le concatenazioni fra le scienze, riassumere possibilmente tutti i loro principi propri nel minor numero di principi comuni».<ref>Comte, ''Corso di filosofia positiva'', Lezione I</ref> Così anche per [[Spencer]] la filosofia è «conoscenza completamente unificata».<ref>Spencer, ''Primi principi'', par.37</ref>
Questo potere assoluto della ragione, in cui credevano Cartesio e Galilei, per Locke non esiste. Quindi noi dobbiamo, per non girare a vuoto su argomenti inaccessibili alla ragione, prima ancora di stabilire le regole di un metodo conoscitivo, cercare di capire quali siano i limiti del nostro conoscere.
 
Nell'ambito del positivismo vale citare la nascita in Inghilterra dell'[[utilitarismo]] che ebbe ampia diffusione perché pretendeva di semplificare le modalità di valutazione delle azioni: infatti, nei primi utilitaristi come [[Jeremy Bentham]] ([[1749]]-[[1832]]) e [[John Stuart Mill]] ([[1806]]-[[1873]]), la valutazione morale di un atto veniva ricondotta alla sua capacità di produrre felicità o piacere, senza alcun riferimento a leggi divine o a presupposti metafisici cui esso avrebbe dovuto conformarsi. Infatti, entrambi gli autori, seppure in modi diversi, sostengono che la ricerca dell'azione più utile può essere oggetto di un vero e proprio calcolo matematico, poiché l'utilità è una grandezza oggettiva e misurabile. Per di più, in questi autori l'utilitarismo, proprio per la sua agevole applicazione, diventava un principio guida della condotta anche per l'economia, il diritto e la politica.<ref>{{Citazione|La natura ha posto il genere umano sotto il dominio di due supremi padroni: il dolore e il piacere. Spetta a essi soltanto indicare quel che dovremmo fare, come anche determinare ciò che è giusto o ingiusto.|J. Bentham, ''Introduzione ai principi della morale e della legislazione'', a cura di E. Lecaldano, Torino, Utet, 1998, p. 89}}</ref>
=== La filosofia nell'età dei lumi ===
{{Vedi anche|Illuminismo}}
[[File:Immanuel Kant (painted portrait).jpg|thumb|right|150px|[[Immanuel Kant]]]]
 
Sviluppato da [[Karl Marx]] e [[Friedrich Engels]] tra la metà e la fine del [[XIX secolo]], il [[marxismo]] è una teoria sociopolitica ed economica. Marx basa il suo discorso politico sulla dialettica hegeliana ma prevede una fine della filosofia in una futura società [[comunismo|comunista]] dove avverrà l'attuazione dello spirito assoluto hegeliano nella concreta e reale liberazione dell'uomo dall'oppressione del [[capitalismo|sistema capitalista]].<ref>Marx, ''Per la critica dell'economia politica'', 3º manoscritto</ref> La filosofia in questo senso appare essere un gradino di un percorso di liberazione che vede in ogni caso primeggiare il soggetto pratico dell'azione sul "filosofo" come intellettuale puro, troppo portato a perdersi nell'astrattezza delle sue riflessioni e a farsi condizionare dal potere. Marx argomenta che la storia di tutta la società finora esistente è la storia delle [[lotta di classe|lotte di classe]]. Il marxismo ha avuto una profonda influenza sulla storia del [[XX secolo]].
È Kant che definirà chiaramente cosa deve intendersi per filosofia nel secolo dell'Illuminismo:
{{quote|L'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro, Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. [[Sapere aude]]! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo.<ref name="ReferenceB">[[Immanuel Kant]] da ''[[Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?]]''</ref>|}}
 
[[File:Nietzsche187a.jpg|min|verticale|[[Friedrich Nietzsche]].]]
Filosofia quindi come liberazione dalla superstizione e dall'ignoranza diffuse dalla Chiesa cattolica e dalla tirannia dei regimi assoluti.
[[Søren Kierkegaard]] e [[Friedrich Nietzsche]] sono considerati anticipatori dell'[[esistenzialismo]] di XX secolo. Per Kierkegaard la filosofia hegeliana è la filosofia del vuoto, del vacuo e dell'astratto, basata su definizioni dell'essere che non servono a risolvere la problematicità dell'esistere, che è evidenziata particolarmente dal rapporto, conciliabile, ma non certo, fra ragione e fede. Kierkegaard ha cercato di reintrodurre alla filosofia, nello spirito di [[Socrate]], la soggettività, l'impegno, la fede e la passione, che fanno tutti parte della condizione umana. Come Kierkegaard, Nietzsche vide i valori morali dell'Europa del XIX secolo disintegrarsi nel [[nichilismo]]. Nietzsche ha tentato di minare i valori morali tradizionali esponendone le basi. A tal fine, ha distinto tra la [[moralità signore-servo|morale del padrone e quella del servo]] e ha affermato che l'uomo deve allontanarsi dalla mansuetudine e dall'umiltà della morale dello servo.
 
=== Filosofia contemporanea (XX e XXI secolo) ===
Scriveva nel [[1713]] Anthony Collins nel ''Discourse of Freethinking'' (''Discorso sul libero pensiero''):
{{vedi anche|filosofia contemporanea}}
La filosofia contemporanea trova la sua delimitazione iniziale, secondo la comune storiografia filosofica, nel periodo in cui i grandi ideali e sistemi di pensiero [[XIX secolo|ottocenteschi]] declinano di fronte alle tragedie e alle disillusioni tipiche del [[Novecento]].
 
[[File:Heidegger_2_(1960).jpg|min|verticale|sinistra|[[Martin Heidegger]]]]
{{quote|Se la conoscenza di alcune verità ci è richiesta da Dio; se la conoscenza di altre è utile alla società; se la conoscenza di nessuna verità ci è proibita da Dio o è dannosa per noi; allora abbiamo il diritto di conoscere, cioè possiamo legittimamente conoscere ogni verità. E se abbiamo il diritto di conoscere ogni verità, abbiamo quindi il diritto alla libertà di pensiero.<ref name="ReferenceB"/><ref>C. Giuntini, ''[[John Toland|Toland]] e i [[libero pensatore|liberi pensatori]] del '700'', Sansoni, Firenze, 1974, pag.81)</ref>|}}
Figure seminali includono [[Bertrand Russell]], [[Ludwig Wittgenstein]], [[Edmund Husserl]], [[Martin Heidegger]] e [[Jean-Paul Sartre]]. La pubblicazione delle [[Ricerche logiche]] (1901-1) di Husserl e de ''I principi della matematica'' (1903) di Russell segnano l'inizio della filosofia del XX secolo, che ha visto anche la crescente professionalizzazione della disciplina e l'inizio dell'era attuale (contemporanea) della filosofia.
 
Nel [[XX secolo]] l'unico senso tradizionale della filosofia sembra essere rimasto quello della sua funzione critica. Persa ogni possibilità di unificare i saperi particolari, ormai troppo diversi e complessi, la filosofia non si definisce più per un metodo proprio d'indagine o per uno specifico campo di applicazione ma conserva in un certo modo la sua funzione universale riservandosi il compito di critica dei vari saperi, delle loro differenze e delle loro possibilità.<ref>Umberto Galeazzi, ''La teoria critica della Scuola di Francoforte: diagnosi della società contemporanea e dialogo critico con il pensiero moderno'', Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2000.</ref> Questa funzione critica della filosofia si sviluppa in modi diversi a seconda che si veda in essa prevalentemente
[[File:Jean d'Alembert.jpeg|150px|thumb|left|Jean Baptiste Le Rond d'Alembert]]
* l'aspetto metodologico, come critica cioè dei metodi dei saperi, come fanno l'[[empirismo logico]]<ref>{{Cita web |url=http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=100 |titolo=Empirismo logico |accesso=18 novembre 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304221907/http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=100 |urlmorto=sì }}</ref> e la [[filosofia analitica]]<ref>Annalisa Coliva, ''Filosofia analitica: temi e problemi'', Carocci, 2007</ref>
* una funzione di critica liberatoria dalla soggezione a strutture filosofiche del passato come nella fase finale della [[fenomenologia]] di [[Edmund Husserl]], in modo particolare nell'opera ''Crisi delle scienze europee'';
* una funzione di critica dei ''valori'' come nel [[pragmatismo]] di [[John Dewey]];<ref>J. Dewey, ''Esperienza e natura'', cap. 10</ref>
* una funzione di critica sociale come in [[Jürgen Habermas]] e [[Max Horkheimer]] come «interpretazione filosofica del destino degli uomini in quanto non sono puramente individui ma membri della società».<ref>M. Horkheimer, ''La situazione della filosofia sociale'', 1931</ref>
 
Nel [[XX secolo]], in ambito filosofico, è emerso il confronto-conflitto tra la tradizione [[filosofia analitica|analitica]] e la tradizione detta ''[[filosofia continentale|continentale]]''.<ref>Sull'opposizione tra filosofia analitica e continentale vedi: Giovanni Fornero Salvatore Tassinari, ''Le filosofie del Novecento'', ed. Bruno Mondadori, 2006, p. 1392 e sgg.</ref><ref>«Due diversi modi di fare filosofia: uno rigoroso e scientifico (analitici), l'altro creativo e letterario (continentali). Questo scontro ha opposto non solo due scuole filosofiche ma due culture, quella anglosassone, nella quale la riflessione "analitica" nasce e si sviluppa, e quella dell'Europa continentale dove ha origine il pensiero "continentale". Una delle date d'inizio di questa sfida è il 1958, quando nel discorso d'apertura del convegno di Cérisy-la-Salle, J. Wahl (pensatore francese famoso per alcuni studi sulla fenomenologia e l'esistenzialismo) individua nella filosofia "analitica" e in quella "continentale" le due correnti di pensiero dominanti del Novecento.» A. Donato, ''Lo scontro tra analitici e continentali. Incominciò nel 1958 l'ultima guerra dei filosofi'', in ''Il Giornale di Brescia''-18 maggio 2003</ref> La prima è caratteristica del mondo anglofono e la seconda del continente europeo. Il conflitto percepito tra le due scuole di filosofia rimane prominente, nonostante il crescente scetticismo sull'utilità della distinzione.
Nel ''Discorso preliminare dell'Enciclopedia'' di [[Jean d'Alembert]] si mette in rilievo come l'Illuminismo erediti in un certo senso la concezione dell'empirismo inglese della filosofia come sapere risultato dell'attività della ragione per il bene della [[società umana|società]]. D'Alembert poi è convinto che debba rientrare nella filosofia anche lo studio della [[logica]] e del [[linguaggio]] poiché la filosofia non ha solo il compito di elaborare idee ma anche quello di comunicarle. Il ''philosophe'' illuminista, inteso come sinonimo di [[intellettuale]], ha infatti il dovere di usare il sapere, la filosofia, ai fini della sua comunicazione sociale e della sua efficacia sociale. Il significato della filosofia è quello di "addolcire i costumi e istruire i governanti".<ref>[[Voltaire]], ''Dizionario filosofico'', voce "Philosophe", sez. IV.</ref>
 
Per un verso, la speculazione filosofica facente capo alla prima, che generalmente difende un tipo di lavoro filosofico molto attento alla logica e all'argomentazione, rispettoso della scienza, preferenzialmente estraneo alla vita pubblica e ai [[mezzo di comunicazione di massa|media]], sembra oggi svilupparsi quasi esclusivamente nell'[[Università|ambiente accademico]] come disciplina che procede parallelamente alle altre scienze.<ref>«Perché in Occidente la filosofia si è strutturata come una logica che formalizza il reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nelle università dove, tra iniziati si trasmette da maestro a discepolo un sapere che non ha nessun impatto sull'esistenza e sul modo di condurla?» ([[Umberto Galimberti]], ''[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]'' 12 aprile [[2008]]</ref> La ricerca infatti, in passato sviluppata in ambito privato indipendente dai grandi pensatori del [[XVII secolo]] (Cartesio, Spinoza) o del [[XIX secolo]] (Marx, Nietzsche, ecc.), o del XX come [[Benedetto Croce]] e [[Sartre]], ora è stata sostituita dalle figure istituzionali dei filosofi-professori, situazione questa di cui è possibile trovare forse un lontano esempio nei tempi della [[filosofia medievale]].<ref>M. Pancaldi, M. Trombino, M. Villani, ''Philosophica'', Marietti, 2007, p. 404 e sgg.</ref>
La stessa visione della filosofia come educazione sociale si ritrova nell'Illuminismo tedesco: [[Christian Wolff (filosofo)|Christian Wolff]] definisce la filosofia come "il sapere di tutte le cose possibili e del come e perché sono possibili",<!-- La nota è un po' imprecisa: bisognerebbe indicare un'edizione e una pagina. Pequod76 --><ref>In ''Pensieri razionali sui poteri dell'intelletto umano''.</ref> evidenziando fin dal titolo della sua opera il fine educativo e politico.
 
Per un altro verso, in accordo con la filosofia continentale, che generalmente non cura molto l'argomentazione, non ha simpatia per la logica ed è molto interessata all'uso pubblico della filosofia, si assiste a un rinnovato interesse per la ricerca filosofica, di cui si occupano anche quotidiani, siti specializzati sul [[web]], da parte di un pubblico di non specialisti che affollano dibattiti pubblici su temi come la [[bioetica]] o l'etica ambientale.<ref>M. Pancaldi, M. Trombino, M. Villani, ''Philosophica'', Marietti, 2007, p. 408.</ref>
[[File:David Hume.jpg|150px|thumb|right|David Hume]]
Il percorso che segue [[David Hume]] e in generale l'Illuminismo inglese è quello dell'empirismo lockeano; tale percorso tuttavia lo conduce a conclusioni [[scetticismo filosofico|scettiche]], data l'inevitabile contingenza delle esperienze sensibili fondamenta di ogni pensiero.
 
==== Filosofia analitica ====
Hume però ritiene anche, nei suoi scritti dove si occupa di etica, religione e politica, che la validità della filosofia non debba restringersi a verificarne il rigore e la precisione identificandola con la scienza, ma debba estendersi anche ad una nuova concezione della filosofia come sapere tendente al conseguimento del [[bene (etica)|bene]] individuale e sociale.
{{vedi anche|Filosofia analitica|Logica#Logica_contemporanea|Filosofia della scienza#Novecento}}
[[File:Bertrand Russell 1954.jpg|sinistra|min|verticale|[[Bertrand Russell]]]]
Con l'espressione [[filosofia analitica]] ci si riferisce ad una corrente di pensiero sviluppatasi a partire dagli inizi del [[XX secolo]], per effetto soprattutto del lavoro di [[Bertrand Russell]], [[George Edward Moore]], dei vari esponenti del [[Circolo di Vienna]] e di [[Ludwig Wittgenstein]]. Per estensione, ci si riferisce a tutta la successiva tradizione filosofica influenzata da questi autori, oggi prevalente in tutto il mondo anglofono (Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Australia), ma attiva anche in molti altri paesi, fra cui l'Italia. Il termine "filosofia analitica" designa grosso modo un gruppo di metodi filosofici che sottolineano l'argomentazione dettagliata, l'attenzione alla semantica, l'uso della logica classica e della logica non classica e la chiarezza del significato al di sopra di tutti gli altri criteri. Sebbene il movimento si sia ampliato, nella prima metà del secolo era una scuola coesa. I filosofi analitici sono stati fortemente modellati dal positivismo logico, uniti dall'idea che i problemi filosofici potrebbero e dovrebbero essere risolti dall'attenzione alla logica e al linguaggio.
 
Russell e Moore credevano che la filosofia dovesse basarsi sull'analisi delle proposizioni. Nel suo [[Tractatus Logico-Philosophicus]], Wittgenstein sostenne che i problemi della filosofia erano semplicemente prodotti del linguaggio che in realtà erano privi di significato. Wittgenstein in seguito ha cambiato la sua concezione di come funziona il linguaggio, sostenendo invece che ha molti usi diversi, che ha definito [[giochi linguistici]].
Il tentativo degli illuministi di una sistemazione razionale del sapere scientifico per migliorare le condizioni di vita e arrivare ad un'organizzazione politica più razionale e giusta si basava però su un rapporto non ancora sufficientemente chiarito tra filosofia e scienza.<ref>Cfr. Immanuel Kant, ''Sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica'', trad. it. Venturini M., BUR Biblioteca Universale Rizzoli (collana Classici), 2001, cap.I.</ref>
 
I [[positivismo logico|positivisti logici]] del [[Circolo di Vienna]] sostenevano che gli argomenti della metafisica, dell'etica e della teologia erano privi di significato, in quanto non verificabili logicamente o empiricamente. Ciò si basava sulla loro divisione delle affermazioni significative in analitiche (affermazioni logiche e matematiche) e sintetiche (affermazioni scientifiche). [[Moritz Schlick]] e [[Rudolf Carnap]] hanno sostenuto che la scienza si basava alle sue radici sull'osservazione diretta, ma [[Otto Neurath]] ha notato che l'osservazione richiede già la teoria per avere un significato. Secondo i positivisti logici, la filosofia doveva aspirare al rigore [[metodo scientifico|metodologico]] proprio della scienza. Centrale in questo senso è il tema del [[verificazionismo]] e del suo [[principio di verificazione]] come soluzione epistemologica al [[problema della demarcazione]] tra scienza, [[pseudoscienza|pseudoscienze]] e metafisica.
Questo il compito che si assume [[Immanuel Kant|Kant]]. La filosofia si oppone alla matematica: mentre questa "costruisce" i suoi saperi astratti, prescindendo dall'esperienza, la filosofia riflette su realtà oggettive.<ref>Kant, ''Critica della ragion pura'', Dottrina del metodo, I, 1.</ref> La filosofia, più che un'estensione delle conoscenze, deve proporsi di analizzare le condizioni che rendono possibile la formazione di un sapere, magari non più esteso ma più solidamente fondato. In questo [[criticismo]] [[trascendentale]] kantiano rientra ancora la metafisica che ha perso ogni pretesa di conoscenza assoluta ma che ha acquistato come [[Critica della ragion pratica#Il valore della metafisica|postulato della morale]] il suo reale valore.
 
Con l'espressione ''[[razionalismo critico]]'' [[Karl Popper]], riprendendo il pensiero di [[David Hume]] e nell'ambito delle dottrine elaborate dal Circolo di Vienna, critica la pretesa di verità definitiva delle proposizioni scientifiche. Rifiutando la validità dell'empirismo logico, dell'[[induzione|induttivismo]] e del verificazionismo, Popper afferma che le [[teoria scientifica|teorie scientifiche]] sono [[proposizione (logica)|proposizioni]] universali, espresse indicativamente per orientarsi provvisoriamente nella realtà. La verosimiglianza delle asserzioni scientifiche può essere controllata solo indirettamente a partire dalle loro conseguenze. Il valore della scienza è quindi più di carattere pratico che conoscitivo e trae origine dall'attitudine dell'uomo a risolvere i problemi in cui si imbatte, intendendo per problema la comparsa di una contraddizione tra quanto previsto da una teoria e i fatti osservati. Popper pone al centro dell'epistemologia la fondamentale asimmetria tra verificazione e [[falsificabilità|falsificazione]] di una teoria scientifica: infatti, per quanto numerose possano essere, le [[Esperimento|osservazioni sperimentali]] a favore di una teoria non possono mai provarla definitivamente e basta anche una sola smentita sperimentale per confutarla. La falsificabilità diviene quindi il criterio di demarcazione tra scienza e non scienza: una teoria è scientifica se e solo se essa è falsificabile<ref>{{Cita web |url=http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=389&Guid=6fd73840f52e447f9fd726f94a1745fc |titolo=Sul concetto di falsificabilità si veda quest'intervista allo stesso Popper, disponibile in italiano e inglese, inclusa nella serie dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche. |accesso=30 settembre 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110907023644/http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=389&Guid=6fd73840f52e447f9fd726f94a1745fc |urlmorto=sì }}</ref>. Ciò conduce Popper ad attaccare le pretese di scientificità della psicoanalisi e del [[materialismo dialettico]] del marxismo, dal momento che queste teorie non possono essere sottoposte al criterio della falsificabilità.
=== La filosofia dell'Ottocento ===
==== L'Idealismo: la filosofia come totalità ====
{{Vedi anche|Idealismo}}
[[File:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|thumb|150px|right|[[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]]]
 
Un ulteriore progresso nella filosofia della scienza è stato fatto da [[Imre Lakatos]], il quale ha affermato che i risultati negativi nei singoli test non falsificano singole teorie, ma la conseguenza è, piuttosto, che interi programmi di ricerca alla fine non sarebbero più riusciti a spiegare i fenomeni. [[Thomas Kuhn]] ha affermato che la scienza era composta da [[cambiamento di paradigma|paradigmi]], che alla fine sarebbero cambiati quando si sarebbero accumulate prove contro di loro. Basandosi sull'idea che paradigmi diversi avessero significati espressivi diversi, [[Paul Feyerabend]] è andato oltre sostenendo il relativismo nella scienza
L'uso della scienza come razionalizzazione della società umana per l'[[idealismo tedesco]] si attua concependo tutto il corso della storia culminante nella filosofia. La filosofia dice [[Hegel]] è la «considerazione pensante degli oggetti»<ref>Hegel, ''Enciclopedia'' par.2</ref> che invece di esaminare isolatamente gli oggetti della conoscenza con gli strumenti analitici dell'intelletto, come fanno le scienze naturali, li studia come momenti dialettici della realtà totale. La [[verità]] è nell'intero, nella totalità e la filosofia come sapere di questa totalità è la meta finale dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]]<ref>Hegel, ''[[Fenomenologia dello spirito]]'', Prefazione</ref> che tramite essa diviene cosciente della sua identità con il tutto.<ref>Hegel, ''Enciclopedia'' par. 574</ref>
 
==== Filosofia continentale ====
L'eredità [[Romanticismo|romantica]] dell'aspirazione all'[[infinito (filosofia)|infinito]] si ritrova nella [[idealismo|filosofia idealistica]] di [[Fichte]], [[Friedrich Schelling|Schelling]] ed Hegel con una nuova visione della realtà che da [[fatto|fattuale]] diviene [[atto|attuale]]. Il filo rosso del problema iniziale che attraversa tutta la storia della filosofia: il rapporto del soggetto con l'oggetto, rimasto indefinito con la problematicità del ''[[noumeno]]'' kantiano, appare risolto poiché ora «ogni fatto rimanda all'atto che lo pone» (Fichte, ''Dottrina della scienza'').
{{vedi anche|Filosofia continentale}}
[[File:Europe philosophes it.svg|min|verticale=2|Alcuni importanti filosofi della zona europea secondo il loro luogo di nascita]]
Con l'espressione [[filosofia continentale]] ci si riferisce generalmente ad una moltitudine di correnti filosofiche del XX secolo, quali la [[fenomenologia]], l'[[esistenzialismo]] (in particolare [[Martin Heidegger]]), il [[post-strutturalismo]] e [[post-modernismo]], il [[decostruzionismo]], la [[teoria critica]] come quella della [[Scuola di Francoforte]], la [[psicoanalisi]] (in particolare [[Sigmund Freud]]), il [[marxismo]] e la [[filosofia marxista]]. Le correnti continentali sono così chiamate perché si sono sviluppate soprattutto nel continente europeo, specialmente in Germania e Francia.<ref>Sergio Cremaschi, ''Filosofia analitica e filosofia continentale'', La Nuova Italia, 1999</ref>
 
Il fondatore della fenomenologia, [[Edmund Husserl]], ha cercato di studiare la coscienza nel modo in cui è vissuta da una prospettiva in prima persona, mentre Martin Heidegger ha attinto alle idee di Kierkegaard, Nietzsche e Husserl per proporre un approccio esistenziale non convenzionale all'ontologia.
L'autocoscienza, l'autoproduzione e l'autocreazione dell'Io assoluto mette fine alle credenze dogmatiche della oggettività del reale separata dal soggetto. Questo rapporto rimane però tale che stabilisce una identità tra oggetto e soggetto che porta all'indistinzione, per cui sarà come in «una notte in cui tutte le vacche sono nere». La soluzione sarà opera di Hegel con la celebre formula che recita come «tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale». Finalmente il rapporto tra il soggetto e l'oggetto non sarà più un rapporto di ostilità nei confronti di un oggetto che procura fatica all'attività teoretica o pratica del soggetto, né un illusorio rapporto di identità dove il soggetto si pone quasi come un dio creatore della realtà, ma di un proficuo rapporto di complementarietà dove il soggetto sarà confermato nella sua realtà dall'oggetto e questi esisterà come tale perché c'è un soggetto che lo considera e lo interpreta.
 
La metafisica orientata alla fenomenologia ha sostenuto l'esistenzialismo - Martin Heidegger, [[Jean-Paul Sartre]], [[Maurice Merleau-Ponty]], [[Albert Camus]] - e infine il post-strutturalismo - [[Gilles Deleuze]], [[Jean-François Lyotard]] (meglio noto per la sua articolazione del [[postmodernismo]]), [[Michel Foucault]], [[Jacques Derrida]] (meglio noto per lo sviluppo di una forma di analisi [[semiotica]] nota come [[decostruzionismo]]). Anche il lavoro [[psicanalisi|psicoanalitico]] di [[Sigmund Freud]], [[Carl Jung]], [[Jacques Lacan]], [[Julia Kristeva]] e altri è stato influente nel pensiero continentale contemporaneo. Al contrario, alcuni filosofi hanno tentato di definire e riabilitare antiche tradizioni filosofiche. In particolare, [[Hans-Georg Gadamer]] e [[Alasdair MacIntyre]] hanno entrambi, anche se in modi diversi, fatto rivivere la tradizione dell'aristotelismo.
==== Il Positivismo: la filosofia come unificazione del sapere ====
{{Vedi anche|Positivismo}}
 
===== Esistenzialismo =====
Lo sviluppo della varie scienze nel [[XIX secolo]] nei più svariati settori faceva nascere l'esigenza, già presente nell'idealismo, di una concezione unificante, di un ''sapere del sapere'' che è appunto il compito che il [[positivismo]], caratterizzato dalla fiducia nel progresso scientifico e dal tentativo di applicare il [[metodo scientifico]] a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana, assegna alla filosofia.
{{vedi anche|Esistenzialismo}}
[[File:Kierkegaard.jpg|min|verticale|[[Søren Kierkegaard]].]]
L'[[Esistenzialismo]] insiste sul valore specifico dell'[[individuo]] e sul suo carattere precario e finito, sull'insensatezza, l'[[Assurdismo|assurdo]], il vuoto che caratterizzano la condizione dell'uomo moderno, oltre che sulla «''solitudine di fronte alla [[morte]]''» in un mondo che è diventato completamente estraneo oppure ostile. A seconda della definizione data al "movimento", un filosofo o un indirizzo filosofico può essere o meno considerato come espressione dell'esistenzialismo. Questo spiega perché alcuni dei filosofi che sono considerati tra i rappresentanti maggiori dell'esistenzialismo (come [[Heidegger]] e [[Jaspers]]) ne abbiano rifiutato la qualifica, assunta invece come bandiera da altri, come [[Jean-Paul Sartre]] e [[Simone de Beauvoir]]. In particolare è Sartre a rendere celebre il termine nel lessico filosofico e nell'accezione popolare, con la sua conferenza ''[[L'esistenzialismo è un umanismo]]''.<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/esistenzialismo_%28Enciclopedia_del_Novecento%29/ Nicola Abbagnano, ''Esistenzialismo'', Enciclopedia del Novecento], Treccani.it</ref><ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/esistenzialismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/ ''Esistenzialismo'', Dizionario di filosofia], Treccani.it</ref>
 
Sebbene non usassero il termine, i filosofi del XIX secolo [[Søren Kierkegaard]] e [[Friedrich Nietzsche]] sono ampiamente considerati i padri dell'esistenzialismo. La loro influenza, tuttavia, si è estesa oltre il pensiero esistenzialista.
Per [[Auguste Comte]] la filosofia è «''lo studio delle generalità scientifiche che deve definire esattamente lo spirito di ciascuna scienza, scoprire le relazioni e i concatenazioni fra le scienze, riassumere possibilmente tutti i loro principi propri nel minor numero di principi comuni''».<ref>Comte, ''Corso di filosofia positiva'', Lezione I</ref>
 
===== Marxismo e teoria critica =====
Così anche per [[Spencer]] la filosofia è «''conoscenza completamente unificata''».<ref>Spencer,''Primi principi'', par.37</ref>
{{vedi anche|Marxismo|Filosofia marxista|Teoria critica}}
La nuova funzione critica della filosofia, erede del criticismo di Locke e soprattutto di Kant, prevale nel pensiero del [[XX secolo]] ad eccezione di alcune correnti marxiste come in [[György Lukács]], [[Ernst Bloch]], [[Theodor W. Adorno]], [[Herbert Marcuse]] per i quali la funzione critica della filosofia non deve rimanere un'astratta descrizione dei saperi e delle loro condizioni di possibilità ma deve portare dialetticamente ad una ''rivoluzionaria'', concreta e reale trasformazione della cultura e delle varie forme del sapere fondate su concrete forze storiche.<ref>G. Fornero, S. Tassinari, ''Op.cit.'' p.560-568 e sgg.</ref> Il [[marxismo]] del XX secolo analizza le relazioni tra le [[classe sociale|classi sociali]] e il conflitto sociale utilizzando un'[[materialismo storico|interpretazione materialistica dello sviluppo storico]] e una visione dialettica della trasformazione sociale. Le analisi e le metodologie marxiste hanno influenzato ideologie politiche e movimenti sociali. Le interpretazioni marxiste della storia e della società sono state adottate dagli accademici in archeologia, antropologia, studi sui media, scienze politiche, teatro, storia, sociologia, storia e teoria dell'arte, studi culturali, educazione, economia, geografia, critica letteraria, estetica, psicologia critica e filosofia.
 
Nella filosofia contemporanea, il termine "[[teoria critica]]" descrive la filosofia marxista occidentale della [[Scuola di Francoforte]], sviluppata in Germania negli anni '30. La teoria critica sostiene che l'[[ideologia]] è il principale ostacolo all'[[emancipazione]] umana.
==== La critica della filosofia come sistema ====
[[File:Schopenhauer.jpg|thumb|150px|Arthur Schopenhauer]]
[[File:Kierkegaard.jpg|125px|thumb|left|thumb|Søren Kierkegaard]]
[[File:Karl Marx.jpg|150px|thumb|Karl Marx]]
 
===== Fenomenologia ed ermeneutica =====
Durante il periodo post-idealista nel [[XIX secolo]] l'idea metafisica di un sistema filosofico, unificatore di tutto il sapere, si scontra con i numerosi fattori di dissolvimento di un astratto ideale di un sapere globale in grado di realizzare, come pensava Platone, «''l'uso del sapere a vantaggio dell'uomo''».<ref>Platone,''Eutidemo'', 288e sgg.</ref>
{{vedi anche|Fenomenologia|Ermeneutica}}
[[File:Edmund_Husserl_1910s.jpg|min|verticale|[[Edmund Husserl]].]]
Il termine [[fenomenologia]] designa lo studio dei [[fenomeni]] in ambito filosofico per come questi si manifestano, nella loro [[apparenza]], alla coscienza [[intenzionalità|intenzionale]] del soggetto, indipendentemente dalla realtà fisica esterna, il cui valore di [[esistenza]] viene messo per così dire «tra parentesi».<ref>[[Carlo Sini]], ''La Fenomenologia'', pag. 193, Garzanti, 1965.</ref> La fenomenologia è stata fondata da [[Edmund Husserl]], membro della [[Scuola di Brentano]]. Husserl pubblicò solo poche opere nella sua vita, che trattano la fenomenologia principalmente in termini metodologici astratti, ma lasciò un'enorme quantità di analisi concrete inedite. Il lavoro di Husserl ebbe subito un'influenza in Germania, con la fondazione di scuole fenomenologiche a Monaco ([[fenomenologia di Monaco]]) e Gottinga (fenomenologia di Gottinga). La fenomenologia raggiunse in seguito fama internazionale grazie al lavoro di filosofi come [[Martin Heidegger]] (ex assistente di ricerca di Husserl e sostenitore della fenomenologia ermeneutica, una sintesi teorica dell'[[ermeneutica]] e della fenomenologia moderne), [[Maurice Merleau-Ponty]] e [[Jean-Paul Sartre]]. Attraverso il lavoro di Heidegger e Sartre, l'attenzione di Husserl sull'esperienza soggettiva ha influenzato alcuni aspetti dell'[[esistenzialismo]].
 
===== Strutturalismo e post-strutturalismo =====
La filosofia ora non deve più, come nel [[Medioevo]] e nell'[[età moderna]] difendere il suo ruolo e la sua egemonia nei confronti di altri saperi, ma deve confrontarsi con nuove forze che ne mettono in discussione la sua caratteristica essenziale e che nello stesso tempo rinnovano la sua funzione. Infatti, dalla filosofia si separano incrementalmente discipline come la psicologia e la logica, che a loro volta pretendono una funzione come "filosofia prima", volta a fondare e unificare il sapere. Da un lato si notano tendenze (in parte neo-aristoteliche) verso l'empirismo e la naturalizzazione, dall'altro una progressiva matematizzazione e astrattismo formale. Queste due tendenze sono compresenti anche nell'opera di [[Friedrich Adolf Trendelenburg]], che ha contribuito sia ad una rinascita Aristotelica (evidente ad esempio nel suo studente [[Franz Brentano]]) che ad un rinnovato interesse in Leibniz<ref>Vedi Adolf Trendelenburg, "Uber Leibnizens Entwurf einer allgemeinen Characteristic" in ''Historische Beiträge zur Philosophie'', vol. 3, [[Berlino]], [[1867]], pp. 1-47.</ref> (che inspirò [[Gottlob Frege]] e [[Ernst Schröder]]).
{{vedi anche|Strutturalismo (filosofia) |Post-strutturalismo}}
[[File:Ferdinand_de_Saussure.jpg|min|verticale|[[Ferdinand de Saussure]]]]
Le origini dello [[Strutturalismo (filosofia)|strutturalismo]] si fanno risalire al lavoro di [[Ferdinand de Saussure]] in [[linguistica]]. Lo strutturalismo arrivò a dominare la filosofia continentale negli anni '60 e all'inizio degli anni '70, abbracciando pensatori diversi come [[Claude Lévi-Strauss]], [[Roland Barthes]] e [[Jacques Lacan]]. Il [[post-strutturalismo]] è venuto a predominare dagli anni '70 in poi, includendo pensatori come [[Michel Foucault]], [[Jacques Derrida]], [[Gilles Deleuze]] e lo stesso Roland Barthes.
 
Autori come Foucault, ad es., indagano la storia seguendo un metodo genealogico, nel tentativo di delineare il percorso evolutivo dell'uomo e della società contemporanea; altri, come Deleuze, adoperano i risultati di ricerche [[antropologia|antropologiche]] e psicologiche, per fondare nuovi concetti filosofici, come il [[desiderio (filosofia)|desiderio]]. Il problema filosofico fondamentale torna ad essere, innanzitutto, il problema stesso del fondamento, ovvero la necessità di giustificare una forma di conoscenza, quale quella filosofica, attraverso un riferimento esterno ad essa, che le fornisca quella legittimazione e quella stabilità metodica, che essa non sembra in grado di darsi da sola, e alla quale tuttavia non può rinunciare.<ref>G. Fornero, S. Tassinari, ''Op.cit.'' p.1143 e sgg.</ref>
La filosofia che era nata non come una semplice intuizione o impressione soggettiva ma come una disciplina deduttiva e razionale che voleva dimostrare con argomenti logici quello che ipotizzava, ora viene messa in discussione dagli stessi filosofi con una critica radicale della ragione: la razionalità assoluta dell'idealismo viene messa in discussione dalla stessa ragione.
 
Con la scoperta della finitezza del soggetto, dei suoi condizionamenti storici, emotivi, economici, sociali ecc., una parte della filosofia di fine secolo rifiuta la definizione della filosofia come critica della ragione e ripropone, fuori dagli schemi della metafisica tradizionale, una filosofia come ricerca del senso dell'[[essere]], inteso come ciò che precede e determina tutto ciò che è,<ref>Heidegger, ''Essere e tempo'', parr. 1-5</ref> ricerca che avvicina la filosofia alla letteratura e alla poesia, per certi versi, come accade anche in alcuni pensatori francesi quali ad es. il de-costruzionista [[Jacques Derrida]]. Sempre nell'ottica di una filosofia concepita come attività di pensiero del tutto libera e creativa, ma pur sempre rigorosa nell'applicazione del suo metodo, si può considerare come profondamente innovativa la riflessione di [[Gilles Deleuze]], secondo il quale l'attività del filosofo consiste in null'altro che creare [[concetto|concetti]].<ref>G. Fornero, S. Tassinari, ''Op. cit.'' p. 1161 e sgg.</ref>
Le critiche alla filosofia hegeliana da parte di [[Arthur Schopenhauer]] e degli studenti di Trendelenburg come [[Søren Kierkegaard]], [[Karl Marx]] e [[Franz Brentano]] fanno sì che la filosofia non sia più in grado di stabilire i suoi propri confini tradizionali e assuma il ruolo, più che di astratta speculazione metafisica, di riflessione concreta sulla condizione umana e sulla coscienza sia individuale che sociale.
 
===== Neoidealismo italiano =====
Certo Schopenhauer conserva la definizione di filosofia come ''espressione concettuale dell'esperienza''<ref>Schopenhauer, ''Mondo'', vol.I, par.15</ref> ma allo Spirito hegeliano, che in quanto pensiero autocosciente e razionale informa di sé tutta la totalità dell'Ente, egli sostituisce la volontà di vivere, una sorta di istinto irrazionale che affligge l'uomo e ne causa i patimenti, fino a che egli non riesca, attraverso l'arte, l'etica e l'ascesi, a liberarsene.
{{vedi anche|Neoidealismo italiano}}
L'idealismo o [[neoidealismo italiano]], nato dall'interesse per [[idealismo tedesco|quello tedesco]] e per la [[pensiero di Hegel|dottrina hegeliana]] in particolare, si sviluppò in [[Italia]] nei primi decenni del [[Novecento]], preparato dallo [[spiritualismo]] della tradizione [[risorgimentale]], e culminato nei suoi due massimi esponenti: [[Benedetto Croce]] e [[Giovanni Gentile]]. Il neoidealismo definisce il filosofare come «autoconoscenza dello spirito umano»<ref>K. Fischer, ''Storia della filosofia moderna'', Vol. I</ref> con un apparente rifarsi all'eredità hegeliana che, in effetti, come anche in Benedetto Croce, si riduce a una concezione della filosofia come «metodologia della [[storiografia]]»<ref>B. Croce, ''Logica'' e ''La Storia''</ref> dove la metafisica hegeliana è ormai completamente dissolta.
 
===== Neokantismo =====
Per Kierkegaard la filosofia hegeliana è la filosofia del vuoto, del vacuo e dell'astratto, basata su definizioni dell'essere che non servono a risolvere la problematicità dell'esistere, che è evidenziata particolarmente dal rapporto, conciliabile, ma non certo, fra ragione e fede.
{{vedi anche|Neokantismo}}
La visione della filosofia come funzione critica è evidente nelle nuove filosofie come il [[neokantismo]], con l'obiettivo di recuperare, dall'[[Criticismo|insegnamento kantiano]], l'idea che la filosofia debba essere innanzitutto riflessione critica sulle condizioni che rendono valida l'attività conoscitiva dell'uomo. Se come attività conoscitiva si intende in particolare la [[scienza]], il discorso neocriticista guardò anche ad altri campi di attività, dalla [[morale]] all'[[estetica]]. In linea con i principi del [[criticismo]] i neokantiani rifiutano ogni tipo di [[metafisica]], e se questo li contrappone polemicamente alle contemporanee correnti neoidealiste e spiritualiste, li allontana allo stesso tempo dallo [[scientismo]] del [[Positivismo]] che tende ad una visione assoluta e misticheggiante della scienza.<ref>G. Fornero, S. Tassinari, ''Op.cit.'' p.648</ref> Le due massime espressioni del neocriticismo tedesco furono incarnate dalla Scuola di Baden e dalla Scuola di [[Marburgo (Germania)|Marburgo]], che influenzarono buona parte della filosofia tedesca successiva ([[storicismo]], [[fenomenologia]]); nonostante questa corrente filosofica si sia diffusa in tutti i paesi europei, altre manifestazioni degne di nota si ebbero solo in [[Francia]] ([[Charles Renouvier]]). Una particolare corrente del neokantismo riprende il [[trascendentale]] kantiano adottandolo per una filosofia della cultura. In [[Ernst Cassirer]] prende il nome di ''Filosofia delle forme simboliche'' come recita il titolo della sua opera maggiore.
 
==== Il personalismo cristiano ====
Marx basa il suo discorso politico sulla dialettica hegeliana ma prevede una fine della filosofia in una futura società [[comunismo|comunista]] dove avverrà l'attuazione dello spirito assoluto hegeliano nella concreta e reale liberazione dell'uomo dall'oppressione del [[capitalismo|sistema capitalista]].<ref>Marx,''Per la critica dell'economia politica'', 3° manoscritto</ref> La filosofia in questo senso appare essere un gradino di un percorso di liberazione che vede in ogni caso primeggiare il soggetto pratico dell'azione sul "filosofo" come intellettuale puro, troppo portato a perdersi nell'astrattezza delle sue riflessioni e a farsi condizionare dal potere.
{{vedi anche|personalismo}}
In Francia, i filosofi [[Emmanuel Mounier]] (1905-1950) e [[Jacques Maritain]] (1882-1973) furono i principali fautori del personalismo, posizione intellettuale che sottolinea l'importanza della [[Persona (filosofia)|persona]], attorno al quale ha fondato la rivista ''Esprit'', che esiste ancora oggi. Il personalismo era visto come un'alternativa sia al liberalismo che al marxismo, rispettando i diritti umani e la personalità umana senza indulgere a un eccessivo collettivismo.
 
Seguendo gli scritti di [[Dorothy Day]], nel XX secolo si sviluppò un personalismo tipicamente cristiano. Il suo principale teorico fu il filosofo polacco [[Karol Wojtyła]] (poi Papa Giovanni Paolo II). Questo tipo di personalismo è diventato noto come "[[tomismo|tomista]]" a causa dei suoi sforzi per far quadrare le nozioni moderne riguardanti la persona con gli insegnamenti di Tommaso d'Aquino. Wojtyła è stato influenzato dal personalismo etico del fenomenologo tedesco [[Max Scheler]].
=== Filosofia e scienze fra Ottocento e Novecento ===
{{Quote|Mi trovai intricato in tanti dubbi ed errori, che mi sembrava di avere tratto nel tentativo di istruirmi un unico utile: la crescente scoperta della mia ignoranza...Mi si era fatto credere che con lo studio avrei acquistato una conoscenza chiara e sicura di tutto ciò che è utile alla vita|[[René Descartes]], ''Discorso sul metodo''}}
 
Un primo principio del personalismo cristiano è che le persone non vanno usate, ma rispettate e amate. Nella ''[[Gaudium et spes]]'', il [[Concilio Vaticano II]] ha formulato quella che è stata considerata l'espressione chiave di questo personalismo: "l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé".<ref>Vedi [https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html ''Gaudium et spes'', no. 24.]</ref>
[[File:Nietzsche1882.jpg|130px|thumb|Friedrich Nietzsche]]
 
Questa formula di autorealizzazione offre una chiave per superare la dicotomia spesso avvertita tra la "realizzazione" personale e i bisogni o le esigenze della vita sociale. Il personalismo implica anche l'interpersonalismo, come sottolinea [[Benedetto XVI]] nella ''[[Caritas in veritate]]''.<ref>«La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. Non è isolandosi che l'uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio». in ''Caritas in veritate'', #53</ref>
La caratteristica impossibilità di definire i confini della filosofia, e la sua apparente inconcludenza pratica, sono state fra le ragioni fondamentali di un filone critico nei confronti dell'attività del filosofo in sé e per sé. A differenza delle critiche rivolte di volta in volta a singole teorie o opere, coloro che criticano la filosofia intendono per lo più evidenziare l'inutilità, o addirittura la nocività, di questo tipo di attività di pensiero per l'uomo.
 
==== La divulgazione filosofica ====
Sin dall'inizio della storia della filosofia si è posto il problema della inutilità pratica della filosofia; basterebbe ricordare l'aneddoto che racconta di Talete che per osservare le stelle con il capo rivolto verso l'alto cascava nelle buche che si trovavano sul terreno. Similmente, [[Aristofane]] critica [[Socrate]] dipingendolo nel suo pensatoio, in una cesta, intento a venerare le aeree divinità condensate nelle nuvole. In altre parole, già secondo i greci la filosofia avrebbe la colpa di spingere l'uomo a perdere il contatto con la terra, ovvero il senso della realtà.
{{vedi anche|Comunicazione filosofica}}
È possibile intravedere nell'odierno processo di divulgazione al pubblico della filosofia un tentativo di risolvere una delle più antiche accuse che la filosofia condivide con la scienza, la matematica e la teologia, quella cioè di incomprensibilità del linguaggio adottato. Certo è inevitabile l'uso di un linguaggio specialistico, ma da alcuni vi si è voluta vedere la volontà di utilizzare a bella posta un linguaggio castale, riservato agli addetti ai lavori.
 
Oggi il problema di comunicazione del sapere comporta finalmente la consapevolezza che bisogna «... partire non dallo scienziato o dal filosofo o comunque dall'[[intellettuale]] aggiornato, ma proprio dal tipo di domande che vengono dal pubblico, che vengono dalla gente, dall'uomo della strada. Questo dovrebbe essere almeno il nostro orizzonte, l'orizzonte di chi fa divulgazione.»
Quando allora [[Nietzsche]] definirà la sua filosofia come "gaia scienza", intenderà appunto richiamarsi a una filosofia che sia capace, come scienza della terra, di occuparsi di questo mondo terreno e non dell'altro, metafisico, inventato da filosofie compromesse con la trascendenza.
 
Su questa linea alcune moderne esperienze filosofiche promuovono un uso divulgativo e dialettico del pensiero, offrendo anche forme nuove di fruizione della filosofia, come negli [[Stati Uniti]] con le esperienze ormai affermate della ''Philosophy for Children'', la filosofia per bambini, o come nella [[consulenza filosofica]] per il benessere della persona nella sua vita privata o nel lavoro [[azienda]]le.
Del resto, neppure la scienza, per altri versi, è stata meno severa con la filosofia, o almeno con quella parte del sapere filosofico che pretende di poter trarre conclusioni universali sulla realtà, senza servirsi dei dati dell'esperienza sensibile, del calcolo matematico e della verifica empirica dei suoi risultati.
 
Caratteristica di questo nuovo modello di filosofia è che esso non viene fornito solo da professionisti della filosofia ma spesso anche da esperti di altri settori scientifici. Così oggi ingegneri [[informatica|informatici]], biologi, fisici ritengono utile alla loro ricerca l'approfondimento filosofico.<ref>Silvano Tagliagambe, ''L'epistemologia contemporanea'', Editori Riuniti, 1991</ref><ref>[https://books.google.it/books?id=HtSgDQAAQBAJ&pg=PT74&lpg=PT74&dq=consulenza+filosofica+tagliagambe&source=bl&ots=1B325QvGSI&sig=a_fZ9GUQclljdB2ic3y9NKFh3WA&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjilOPsj7HYAhVBnBQKHdjsDTkQ6AEISTAE#v=onepage&q=consulenza%20filosofica%20tagliagambe&f=false Dario Antiseri, Silvano Tagliagambe, ''Storia della filosofia -: Filosofi italiani contemporanei'', Volume 13, Giunti 2008]</ref>
Va tuttavia sottolineato come la filosofia abbia ripreso, progressivamente, una sua autonomia e specificità rispetto alla conoscenza scientifica anche a livello metodico.
 
== Filosofia islamica ==
Questa evoluzione storica della filosofia è evidente soprattutto a partire dal periodo successivo all'[[illuminismo]], quando l'attenzione dei filosofi si sposta progressivamente dalle modalità della conoscenza del reale, al rapporto diretto e personale che l'individuo nella sua singolarità è in grado di instaurare con la totalità che lo trascende, intesa come [[Idealismo|Idea]], [[Nietzsche|Volontà di Potenza]], [[Dio]] o [[Ontologia|Essere]]. Accanto a questo percorso, tuttavia, si assiste al risolversi delle antiche discipline filosofiche, nelle scienze che affrontano gli stessi problemi con risultati empiricamente verificabili. [[Heidegger]] spiega così questo esito: ''"Quello che è stato fin qui il ruolo della filosofia, oggi è stato assunto dalle scienze [...] la psicologia, la logica, la politologia [...] la cibernetica"''.<ref>in "Risposta a colloquio con M. Heidegger", ed. Guida, p.126</ref>
{{vedi anche|Filosofia islamica}}
[[File:Avicenna_Portrait_on_Silver_Vase_-_Museum_at_BuAli_Sina_(Avicenna)_Mausoleum_-_Hamadan_-_Western_Iran_(7423560860).jpg|min|verticale|Un ritratto iraniano di [[Avicenna]] su un vaso d'argento. Fu uno dei filosofi più influenti dell'[[epoca d'oro islamica]].]]
La ''filosofia islamica'' ({{arabo|الفلسفة الإسلامية|al-falsafa al-islāmiyya}}) interessa l'insieme delle questioni filosofiche sollevate dai pensatori [[musulmano|musulmani]]. Malgrado i filosofi musulmani fossero sempre guardati con sospetto dalla [[Umma (Islam)|comunità]] [[islam]]ica e spesso anche perseguitati, essi furono credenti come tutti gli altri nel mondo musulmano, solo che nella ricerca della verità si avvalsero degli strumenti loro forniti dalla [[filosofia greca]], che cercarono di mettere in sintonia con la propria [[religione]]. L'evoluzione della filosofia islamica fu sostenuta da un ricco movimento di traduzione dal [[Lingua greca bizantina|greco]] e dal [[Persiano medio|persiano]] all'[[Lingua araba|arabo]] avvenuta in epoca [[abbaside]].
 
Tra l'VIII e il XVI secolo d.C., durante la cosiddetta [[Epoca d'oro islamica]], un fiorente periodo di progresso che nel tempo ha influenzato le varie scienze moderne, il filosofo arabo [[al-Kindi]] diede inizio a ciò che oggi chiamiamo ''Filosofia islamica classica''. All'interno della filosofia islamica bisogna sottolineare due concetti:
Accanto a una filosofia di orientamento anglosassone, che affonda le sue radici nel positivismo e nel primato della logica formale, si assiste nell'ultimo secolo a una rivalutazione del rapporto originario della filosofia con la [[letteratura]], la [[poesia]], la [[storia]], la [[sociologia]], le [[scienze umane]] in generale, in particolare nella filosofia di orientamento continentale, europeo.
* ''Kalam'': filosofia che si occupa a comprendere e a spiegare con la ragione i dogmi religiosi.
* ''Falsafah'': significa scienza ragionata intesa come logica, matematica e fisica che segue le dottrine [[Platone|platoniche]] o [[Aristotele|aristoteliche]].
 
Tra le figure più importanti in ambito islamico, che cercarono di conciliare l'adesione al ''[[Corano]]'' con le esigenze della [[ragione]], vi furono [[al-Kindi]], [[al-Farabi]], [[Ibn Bajja]], [[Avicenna]] (o Ibn-Sina) e [[Averroè]] (o Ibn-Rushd).<ref>Herbert A. Davidson, ''Alfarabi, Avicenna, and Averroes, on Intellect: Their Cosmologies, Theories of the Active Intellect, and Theories of Human Intellect'', New York, Oxford University Press, 1992 ISBN 9780195074239.</ref> Altri come [[Al-Ghazali]] erano molto critici nei confronti dei metodi degli aristotelici islamici e consideravano eretiche le loro idee [[metafisica|metafisiche]]. Pensatori islamici come [[Ibn al-Haytham]] e [[Al-Biruni]] svilupparono un [[metodo scientifico]], una medicina sperimentale, una teoria dell'ottica e una filosofia giuridica. [[Ibn Khaldun]] è stato un influente pensatore in [[filosofia della storia]].
Questa posizione è stata profondamente influenzata, in particolare in Italia, dallo [[storicismo]] tedesco e dalla sua ripresa da parte di [[Benedetto Croce]], secondo il quale la filosofia stessa, nella contemporaneità, si risolve in un'attività di ricerca storico-culturale, completamente affrancata dal metodo proprio delle scienze naturali.
 
Il pensiero islamico influenzò profondamente anche gli sviluppi intellettuali europei, soprattutto attraverso i commenti di Averroè ad Aristotele. Le [[Invasioni mongole della Siria|invasioni mongole]] e la [[presa di Baghdad]] nel 1258 sono spesso viste come la fine dell'età dell'oro. Tuttavia, diverse scuole di filosofia islamica hanno continuato a fiorire dopo l'epoca dell'oro e includono correnti come la filosofia illuminazionista, la filosofia sufi e la teosofia trascendente.
In altri paesi europei, tuttavia, accanto al permanere di posizioni idealistiche e storicistiche, è stata in particolare la [[fenomenologia]] a permeare l'evoluzione del pensiero filosofico, mantenendo un rapporto dialettico fra questi e le scienze umane e naturali.
 
Il [[mondo arabo]] del XIX e XX secolo vide il movimento ''[[Nahda]]'' (in [[lingua araba|arabo]] ''rinascimento'', ''rinascita'', ''risveglio''), che ebbe una notevole influenza sulla filosofia islamica contemporanea.
Autori come [[Michel Foucault|Foucault]], ad es., indagano la storia seguendo un metodo genealogico, nel tentativo di delineare il percorso evolutivo dell'uomo e della società contemporanea; altri, come [[Deleuze]], adoperano i risultati di ricerche [[antropologia|antropologiche]] e psicologiche, per fondare nuovi concetti filosofici, come il [[desiderio (filosofia)|desiderio]]; altri ancora, come [[Heidegger]], abbandonato il tradizionale approccio della [[metafisica]], si volgono alla poesia alla ricerca di un linguaggio fecondo di spunti riflessivi, da contrapporre alla perdita di senso imposta all'uomo dalla [[tecnologia]] moderna.
 
== Filosofie orientali ==
In altre parole, il problema filosofico fondamentale torna ad essere, innanzitutto, il problema stesso del fondamento, ovvero la necessità di giustificare una forma di conoscenza, quale quella filosofica, attraverso un riferimento esterno ad essa, che le fornisca quella legittimazione e quella stabilità metodica, che essa non sembra in grado di darsi da sola, e alla quale tuttavia non può rinunciare.
{{vedi anche|Filosofie orientali}}
Le [[filosofie orientali]] comprendono le varie filosofie che hanno avuto origine nell'[[Asia orientale]] e [[Asia meridionale|meridionale]], tra cui la [[filosofia cinese]], la [[filosofia giapponese]], la filosofia coreana e la filosofia vietnamita (tutte dominanti nell'Asia orientale e in Vietnam) e la [[filosofia indiana]] (tra cui la [[Induismo|filosofia indù]], la [[Giainismo|filosofia giainista]], [[Buddhismo|filosofia buddista]]), che sono dominanti in Asia meridionale, [[Sud-est asiatico]], [[Tibet]] e [[Mongolia]].
 
Gli orientalisti affermano che la filosofia abbia avuto origini in Oriente circa nel 1300 a.C. e che la stessa filosofia greca derivi dall'antico pensiero sviluppatosi in [[Asia]].<ref>Cioffi ed altri, ''I filosofi e le idee'', Ed. B. Mondadori, 2007 Vol. I, p. 17</ref> A supporto di questa tesi si porta la prova degli intensi rapporti [[commercio|commerciali]] tra i greci e le popolazioni orientali. Poiché la [[matematica]] nelle sue prime acquisizioni è nata in [[India]], si descrive come verosimile l'ispirazione orientale della dottrina pitagorica, mentre sembra meno probabile un contatto con l'Oriente della [[scuola di Mileto]]. [[Talete]], in particolare, avrebbe tratto piuttosto dalla cultura [[Egitto|egizia]] nozioni di tipo [[Cosmologia (filosofia)|cosmologico]]. L'Egitto, infatti, all'epoca esprimeva un contesto assai più progredito della Grecia sul piano [[tecnologia|tecnologico]], con importanti acquisizioni nel campo della [[geometria]] e dell'[[astronomia]], ma non solo; basti pensare che nel [[XII secolo a.C.]] gli [[Storia dell'antico Egitto|egizi]] distinguevano già la [[medicina]] dalla [[magia]] usando il metodo [[diagnosi|diagnostico]]. Gli egizi, come anche i [[babilonesi]], facevano progressi in campo [[matematica|matematico]] mentre i [[Caldei]] già nel [[2000 a.C.]], erano in possesso di documenti di studio sui [[astronomia|corpi celesti]]. Ma le motivazioni degli orientalisti vanno oltre le prove sui contatti commerciali dell'Oriente con i greci e sui progressi culturali e scientifici orientali, poiché essi sostengono che la riflessione speculativa, e quindi la filosofia, era già presente in [[India]] nella religione [[induismo|brahmanica]] e poi nel [[buddhismo]], nel [[confucianesimo]] e nel [[taoismo]]. Pur riconoscendo l'influenza delle culture orientali su quella greca, la maggior parte degli studiosi sostiene la tesi dell'autonomia e dell'originalità della filosofia greca.
=== La filosofia del XX secolo come funzione critica ===
{{vedi anche|filosofia contemporanea}}
La filosofia contemporanea trova la sua delimitazione iniziale, secondo la comune storiografia filosofica, nel periodo in cui i grandi ideali e sistemi di pensiero [[XIX secolo|ottocenteschi]] declinano di fronte alle tragedie e alle disillusioni tipiche del [[XX secolo|Novecento]].
 
Secondo il filosofo [[Karl Jaspers]] gli uomini ancora oggi sono debitori di ciò che avvenne nel [[periodo assiale]] compreso tra l'800 a.C. e il 200 a.C. in cui l'intera umanità, in India, [[Cina]], [[Palestina]], Iran e Grecia, avvia una rottura epocale in cui si dissolvono le civiltà precedenti frutto di uno sviluppo storico [[filogenesi|monofiletico]] a favore di uno sviluppo policentrico caratterizzato da cerchie culturali separate.<ref>«In questo periodo si concentrano i fatti più straordinari. In Cina vissero [[Confucio]] e [[Lǎozǐ]], sorsero tutte le tendenze della filosofia cinese, meditarono [[Mòzǐ]], [[Zhuāng Zǐ]], [[Lìe Yǔkòu]] e innumerevoli altri. In India apparvero le ''[[Upaniṣad]]'', visse [[Gautama Buddha|Buddha]] e, come in Cina, si esplorarono tutte le possibilità filosofiche fino allo [[Scetticismo filosofico|scetticismo]] e al [[materialismo]], alla [[sofistica]] e al [[nihilismo]]. In Iran [[Zaratustra]] propagò l'eccitante visione del mondo come lotta fra bene e male. In Palestina fecero la loro apparizione i profeti, da [[Elia (profeta)|Elia]] a [[Isaia (profeta)|Isaia]] e [[Geremia (profeta)|Geremia]], fino a [[Deutero-Isaia]]. La Grecia vide [[Omero]], i filosofi [[Parmenide]], [[Eraclito]] e [[Platone]], i poeti tragici, [[Tucidide]] e [[Archimede]]. Tutto ciò che tali nomi implicano prese forma in pochi secoli quasi contemporaneamente in Cina, in India e nell'Occidente, senza che alcuna di queste regioni sapesse delle altre. La novità di quest'epoca è che in tutti e tre i mondi l'uomo prende coscienza dell'"Essere" nella sua interezza (''umgreifende'': ulteriorità onnicomprensiva), di se stesso e dei suoi limiti. Viene a conoscere la terribilità del mondo e la propria impotenza. Pone domande radicali. Di fronte all'abisso anela alla liberazione e alla redenzione. Comprendendo coscientemente i suoi limiti si propone gli obiettivi più alti. Incontra l'assolutezza nella profondità dell'essere-se-stesso e nella chiarezza della trascendenza. Ciò si svolse nella riflessione. La coscienza divenne ancora una volta consapevole di se stessa, il pensiero prese il pensiero ad oggetto.» in Karl Jaspers, ''Origine e senso della storia'' (''Vom Ursprung und Ziel der Geschichte'', 1949), a cura di A. Guadagnin, ed. Comunità, Milano, 1965, p. 20</ref>
Nel [[secolo XX]] l'unico senso tradizionale della filosofia sembra essere rimasto quello della sua funzione critica. Persa ogni possibilità di unificare i saperi particolari, ormai troppo diversi e complessi, la filosofia non si definisce più per un metodo proprio d'indagine o per uno specifico campo di applicazione ma conserva in un certo modo la sua funzione universale riservandosi il compito di critica dei vari saperi, delle loro differenze e delle loro possibilità.<ref>Cfr. Umberto Galeazzi, ''La teoria critica della Scuola di Francoforte : diagnosi della società contemporanea e dialogo critico con il pensiero moderno'', Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2000.</ref>
 
==== NeokantismoFilosofia indiana ====
{{Vedivedi anche|NeokantismoFilosofia indiana}}
[[File:Raja_Ravi_Varma_-_Sankaracharya.jpg|min|verticale|[[Adi Shankara]] è uno dei filosofi indiani più studiati.]]
[[File:JurgenHabermas.jpg|200px|thumb|[[Jürgen Habermas]] della [[Scuola di Francoforte]] autore della ''[[Teoria critica]]'']]
La [[filosofia indiana]] (sanscrito: ''darśana'', lett. 'punto di vista', 'prospettiva') consiste nel complesso di diverse tradizioni filosofiche emerse fin dai tempi antichi nel subcontinente indiano. Le tradizioni filosofiche indiane condividono vari concetti e idee chiave, che sono definiti in modi diversi e accettati o rifiutati dalle diverse tradizioni. Questi includono concetti come ''[[dharma|dhárma]]'', ''[[karma]]'', ''[[pramana|pramāṇa]]'', ''[[duḥkha]]'', ''[[saṃsāra]]'' e ''[[mokṣa]]''.
 
Appare piuttosto probabile che all'ambito indiano (prima del 1100 a.C.) vadano riconosciuti i prodromi di ciò che sarà la speculazione filosofica, per quanto posti in una veste più specificamente religiosa. Alcuni dei primi testi filosofici indiani sopravvissuti sono le [[Upanishad]] del [[Civiltà vedica#Tardo periodo vedico (c. 1000 - c. 600 a.C.)|tardo periodo vedico]] (1000–500 a.C.), che si ritiene preservino le idee del [[bramanesimo]]. Le tradizioni filosofiche indiane sono comunemente raggruppate in base alla loro relazione con i Veda e le idee in essi contenute. Il [[giainismo]] e il [[buddismo]] hanno avuto origine alla fine del [[periodo vedico]], mentre le varie tradizioni raggruppate sotto l'[[induismo]] sono emerse principalmente dopo il periodo vedico come tradizioni indipendenti. Gli indù generalmente classificano le tradizioni filosofiche indiane come ortodosse (''āstika'') o eterodosse (''nāstika'') a seconda che accettino l'autorità dei Veda e le teorie del ''[[brahman]]'' e ''[[ātman]]'' ivi contenute.
Questa visione della filosofia è evidente nelle nuove filosofie come il [[neokantismo]], con l'obiettivo di recuperare, dall'[[Criticismo|insegnamento kantiano]], l'idea che la filosofia debba essere innanzitutto riflessione critica sulle condizioni che rendono valida l'attività conoscitiva dell'uomo. Se come attività conoscitiva si intende in particolare la [[scienza]], il discorso neocriticista guardò anche ad altri campi di attività, dalla [[morale]] all'[[estetica]].
 
Le scuole che si allineano al pensiero delle Upanishad, le cosiddette tradizioni "ortodosse" o "[[induismo|indù]]", sono spesso classificate in sei [[darśana]] o filosofie: [[Sankhya]], [[Yoga]], [[Nyāya]], [[Vaisheshika]], [[Mīmāṃsā]] e [[Vedānta]]. Le dottrine dei Veda e delle Upanishad sono state interpretate in modo diverso da queste sei scuole di filosofia indù, con vari gradi di sovrapposizione.
In linea con i principi del [[criticismo]] i neokantiani rifiutano ogni tipo di [[metafisica]], e se questo li contrappone polemicamente alle contemporanee correnti neoidealiste e spiritualiste, li allontana allo stesso tempo dallo [[scientismo]] del [[Positivismo]] che tende ad una visione assoluta e misticheggiante della scienza.
 
Ci sono anche altre scuole di pensiero che sono spesso viste come "indù", sebbene non necessariamente ortodosse (poiché possono accettare scritture diverse come normative, come i [[Tantra (testi induisti)|Tantra]]), che includono diverse scuole di [[scivaismo]] come [[Pāśupata]], [[Śaivasiddhānta]] e [[scivaismo kashmiro]] (cioè [[Trika]], [[Kaula (tantrismo)|Kaula]], ecc.).
Le due massime espressioni del neocriticismo tedesco furono incarnate dalla Scuola di Baden e dalla Scuola di [[Marburgo (Germania)|Marburgo]], che influenzarono buona parte della filosofia tedesca successiva ([[storicismo]], [[fenomenologia]]); nonostante questa corrente filosofica si sia diffusa in tutti i paesi europei, altre manifestazioni degne di nota si ebbero solo in [[Francia]] ([[Charles Renouvier]]).
Una particolare corrente del neokantismo riprende il [[trascendentale]] kantiano adottandolo per una filosofia della cultura.<ref>In [[Ernst Cassirer]] prende il nome di ''Filosofia delle forme simboliche'' come recita il titolo della sua opera maggiore.</ref>
 
Le tradizioni "indù" e "ortodosse" sono spesso in contrasto con le tradizioni "non ortodosse" (''nāstika'', letteralmente "coloro che rifiutano"), sebbene questa sia un'etichetta che non sia utilizzata dalle stesse scuole "non ortodosse". Queste tradizioni rifiutano i Veda come autorevoli e spesso rifiutano concetti e idee importanti che sono ampiamente accettati dalle scuole ortodosse (come ''Ātman'', ''Brahman'' e ''[[Īśvara]]''). Queste scuole non ortodosse includono il [[giainismo]] (accetta ''ātman'' ma rifiuta ''Īśvara'', ''Veda'' e ''Brahman''), il buddismo (rifiuta tutti i concetti ortodossi tranne rinascita e [[karma]]), [[Cārvāka]] (materialisti che rifiutano anche la rinascita e il karma) e [[Ājīvika]] (noto per la loro dottrina del destino).
==== Neoidealismo ====
Così anche nel neoidealismo che definisce il filosofare come «autoconoscenza dello spirito umano»<ref>K. Fischer, ''Storia della filosofia moderna'', Vol. I</ref> con un apparente rifarsi all'eredità hegeliana che, in effetti, come anche in [[Benedetto Croce]], si riduce a una concezione della filosofia come «''metodologia della [[storiografia]]''»<ref>B. Croce, ''Logica'' e ''La Storia''</ref> dove la metafisica hegeliana è ormai completamente dissolta.
 
La [[giainismo|filosofia giainista]] è una delle uniche due tradizioni "non ortodosse" sopravvissute (insieme al buddismo). Accetta generalmente il concetto di un'anima permanente (''[[jiva]]'') come una delle cinque astikaya (categorie eterne, infinite che costituiscono la sostanza dell'esistenza). Le altre quattro sono ''dhárma'', ''adharma'', ''ākāśa'' ("spazio") e ''pudgala'' ("materia"). Il pensiero giainista sostiene che tutta l'esistenza è ciclica, eterna e non creata. Alcuni degli elementi più importanti della filosofia giainista sono la teoria giainista del karma, la dottrina della nonviolenza (''[[ahiṃsā]]'') e la teoria della "multilateralità" o ''Anēkāntavāda''. Il ''[[Tattvārthasūtra]]'' è la prima raccolta conosciuta, più completa e autorevole della filosofia giainista.
==== Le correnti critiche del XX secolo ====
Questa funzione critica della filosofia si sviluppa in modi diversi a seconda che si veda in essa prevalentemente
* l'aspetto metodologico, come critica cioè dei metodi dei saperi, come fa l'[[empirismo logico]] e la [[filosofia analitica]];
* una funzione di critica liberatoria dalla soggezione a strutture filosofiche del passato come nella fase finale della [[fenomenologia]] di [[Edmund Husserl]], in modo particolare nell'opera ''Crisi delle scienze europee'';
* una funzione di critica dei ''valori'' come nel [[pragmatismo]] di [[John Dewey]];<ref>J. Dewey,''Esperienza e natura'', cap. 10</ref>
* una funzione di critica sociale come in [[Jürgen Habermas]] e [[Max Horkheimer]] come «''interpretazione filosofica del destino degli uomini in quanto non sono puramente individui ma membri della società».<ref>M. Horkheimer, ''La situazione della filosofia sociale'', 1931</ref>
=====La critica della conoscenza scientifica====
Con l'espressione ''[[razionalismo critico]]'' Karl Popper, riprendendo il pensiero di David Hume, critica la pretesa verità universale delle proposizioni scientifiche rifutando la validità dell'[[empirismo logico]], dell'[[induttivismo]] e del [[verificazionismo]]. Popper afferma che le [[teoria scientifica|teorie scientifiche]] sono [[proposizione|proposizioni]] universali, espresse al modo indicativo, la cui verosimiglianza può essere controllata solo indirettamente a partire dalle loro conseguenze. La [[conoscenza]] umana è di natura [[congettura]]le e [[ipotesi|ipotetica]], e trae origine dall'attitudine dell'uomo di risolvere i problemi in cui si imbatte, intendendo per problema la contraddizione tra quanto previsto da una teoria e i fatti osservati.
 
=== Filosofia cinese ===
Popper pone al centro dell'[[epistemologia]] la fondamentale [[asimmetria]] tra [[Principio di verificazione|verificazione]] e [[falsificabilità|falsificazione]] di una teoria scientifica: infatti, per quanto numerose possano essere, le [[Esperimento|osservazioni sperimentali]] a favore di una teoria non possono mai provarla definitivamente e basta anche solo una smentita sperimentale per confutarla. La [[falsificabilità]] è anche il criterio di [[Problema della demarcazione|demarcazione tra scienza e non scienza]]: una teoria è scientifica se e solo se essa è falsificabile<ref>[http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=389&Guid=6fd73840f52e447f9fd726f94a1745fc Sul concetto di falsificabilità si veda quest'intervista allo stesso Popper, disponibile in italiano e inglese, inclusa nella serie dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche.]</ref>.
{{vedi anche|Filosofia cinese}}
[[File:延宾馆.JPG|min|Statua dello studioso neoconfuciano [[Zhu Xi]] sul [[Monte Lu]].]]
La [[filosofia cinese]] iniziò durante la [[dinastia Zhou occidentale]] e nei periodi successivi alla sua caduta, quando fiorirono le "[[Cento scuole di pensiero]]" (dal VI secolo al 221 a.C.). Questo periodo è stato caratterizzato da significativi sviluppi intellettuali e culturali e ha visto l'ascesa delle principali scuole filosofiche della Cina come il [[confucianesimo]], il [[legismo]] e il [[taoismo]]. Queste tradizioni filosofiche hanno sviluppato teorie metafisiche, politiche ed etiche come il [[Tao]] e lo [[Yin e yang]].
 
Queste scuole di pensiero si svilupparono ulteriormente durante le ere [[dinastia Han|Han]] (206 a.C. – 220 d.C.) e [[dinastia Tang|Tang]] (618–907 d.C.), formando nuovi movimenti filosofici come lo ''Xuanxue'' (chiamato anche ''Neo-taoismo'') e il [[Neoconfucianesimo]]. Il neoconfucianesimo era una filosofia sincretica, che incorporava le idee di diverse tradizioni filosofiche cinesi, inclusi buddismo e taoismo. Il neoconfucianesimo arrivò a dominare il sistema educativo durante la [[dinastia Song]] (960–1297), e le sue idee servirono come base filosofica degli [[esami imperiali]] per la [[funzionario-letterato|classe ufficiale degli studiosi]]. Alcuni dei più importanti pensatori neoconfuciani sono gli studiosi Tang [[Han Yu]] e [[Li Ao]] così come il pensatore Song [[Zhu Xi]] (1130–1200). Zhu Xi ha compilato il canone confuciano, che consiste nei [[Quattro Libri (confucianesimo)|Quattro libri]] (''[[Il grande studio]]'', ''[[Il giusto mezzo]]'', i ''[[Dialoghi (Confucio)|Dialoghi]]'' di Confucio, e il ''[[Mencio]]''). Lo studioso Ming [[Wang Yangming]] (1472–1529) è anche un filosofo successivo ma importante di questa tradizione.
Ciò conduce Popper ad attaccare le pretese di scientificità della [[psicoanalisi]] e del [[materialismo dialettico]] del [[marxismo]], dal momento che queste teorie non possono essere falsificate.
 
Il [[Buddhismo cinese|Buddismo]] iniziò ad arrivare in Cina durante la dinastia Han, attraverso una trasmissione graduale attraverso la [[Via della seta]], e attraverso influenze autoctone sviluppò forme cinesi distinte (come Chan/[[Zen]]) che si diffusero in tutta la sfera culturale dell'[[Asia orientale]].
===== La critica sociale =====
Questa nuova funzione critica della filosofia, erede del criticismo di Locke e soprattutto di Kant, prevale nel pensiero del [[XX secolo]] ad eccezione di alcune correnti marxiste come in [[György Lukács]], [[Ernst Bloch]], [[Theodor Adorno]], [[Herbert Marcuse]] per i quali la funzione critica della filosofia non deve rimanere un'astratta descrizione dei saperi e delle loro condizioni di possibilità ma deve portare dialetticamente ad una ''rivoluzionaria'', concreta e reale trasformazione della cultura e delle varie forme del sapere fondate su concrete forze storiche.
 
Nell'era moderna, i pensatori cinesi hanno incorporato idee dalla filosofia occidentale. La filosofia [[marxismo|marxista]] cinese si sviluppò sotto l'influenza di [[Mao Zedong]], mentre un pragmatismo cinese si sviluppò sotto [[Hu Shih]]. Anche le antiche filosofie tradizionali hanno cominciato a riaffermarsi nel XX secolo. Ad esempio, il [[Nuovo Confucianesimo]] è diventato piuttosto influente.
===== Il valore dell'individuo =====
Secondo altre concezioni non bisogna trascurare il fatto che, quando attraverso la critica ci si impossessa teoricamente, o concretamente secondo i marxisti, della cultura e del suo fondamento storico, il protagonista di questo ''impossessamento'' è pur sempre il soggetto della tradizione metafisica che è portato a dimenticarsi della sua limitatezza, che [[Martin Heidegger]] chiama l'«[[Essere e tempo#L.27esser-ci come situazione emotiva|essere gettato]]»<ref>Heidegger, la ''[[Geworfenheit]]'', cfr. ''Essere e tempo'', par. 29</ref> equiparando la certezza della coscienza con la verità mentre, come sosteneva [[Nietzsche]], la coscienza non è altro che «''la voce del gregge dentro di noi''»<ref>Nietzsche, ''Gaia Scienza'', af. 354</ref> come confermerà la [[psicoanalisi]].
 
=== LaDonne in filosofia alla soglia del XXI secolo ===
{{vedi anche|Donne in filosofia}}
==== La filosofia e il senso dell'essere ====
[[File:Simone de Beauvoir.jpg|min|verticale|[[Simone de Beauvoir]] (1908-1986) è stata una scrittrice, intellettuale, [[esistenzialismo|esistenzialista]] filosofa, attivista politica, [[femminismo|femminista]] e teorica sociale.]]
Con la scoperta della finitezza del soggetto, dei suoi condizionamenti storici, emotivi, economici, sociali ecc., una parte della filosofia di fine secolo rifiuta la definizione della filosofia come critica della ragione e ripropone, fuori dagli schemi della metafisica tradizionale, una filosofia come ricerca del senso dell'[[essere]], inteso come ciò che precede e determina tutto ciò che è,<ref>Heidegger, ''Essere e tempo'', parr. 1-5</ref> ricerca che avvicina la filosofia alla letteratura e alla poesia, per certi versi, come accade anche in alcuni pensatori francesi quali ad es. il de-costruzionista [[Jacques Derrida]].
Le donne in filosofia sono sempre state presenti nel corso della storia ma poche sono state riconosciute come filosofe e pochissime sono menzionate come autrici di opere filosofiche nel [[canone Occidentale]]<ref name="Duran, Jane 2005">Jane Duran, ''Eight women philosophers: theory, politics, and feminism''., University of Illinois Press, 2005.</ref><ref name="read.hipporeads.com">[http://read.hipporeads.com/why-i-left-academia-philosophys-homogeneity-needs-rethinking/# Why I Left Academia: Philosophy’s Homogeneity Needs Rethinking]</ref>.
 
Nella [[filosofia antica]] in Occidente, mentre la filosofia accademica era un dominio tipicamente maschile (su tutti [[Platone]] e [[Aristotele]]), sono state attive durante questo periodo pensatrici [[Donna|donne]] quali [[Ipparchia]] (attiva circa nel 325 a.C.), [[Arete di Cirene]] (V-IV secolo a.C.) e [[Aspasia di Mileto]] (470-400 a.C.). Una donna notevole della filosofia tardo-antica è stata [[Ipazia]], vissuta nel V secolo. Donne influenti della [[filosofia contemporanea]] comprendono [[Hannah Arendt]] (1906-75), [[Simone de Beauvoir]] (1908-86), [[Simone Weil]] (1909-1943).
Sempre nell'ottica di una filosofia concepita come attività di pensiero del tutto libera e creativa, ma pur sempre rigorosa nell'applicazione del suo metodo, si può considerare come profondamente innovativa la riflessione di [[Gilles Deleuze]], secondo il quale l'attività del filosofo consiste in null'altro che creare [[concetto|concetti]].
 
Nei primi anni del XIX secolo alcuni [[college]] ed università del [[Regno Unito]] e degli [[Stati Uniti d'America]] hanno incominciato ad ammettere anche le donne, dando così vita a nuove generazioni di studiosi di sesso femminile. Tuttavia il rapporto del [[Dipartimento dell'Istruzione degli Stati Uniti d'America]] indica che a partire dal 1990 in poi proprio la filosofia è uno dei campi delle [[scienze umane]] meno proporzionato in relazione al [[genere (scienze sociali)|genere]]<ref name="Salary, Promotion 1997">"Salary, Promotion, and Tenure Status of Minority and Women Faculty in U.S. Colleges and Universities."National Center for Education Statistics, Statistical Analysis Report, March 2000; U.S. Department of Education, Office of Education Research and Improvement, Report # NCES 2000–173;1993 National Study of Postsecondary Faculty (NSOPF:93). See also "Characteristics and Attitudes of Instructional Faculty and Staff in the Humanities." National Center For Education Statistics, E.D. Tabs, July 1997. U.S. Department of Education, Office of Education Research and Improvement, Report # NCES 97-973;1993 National Study of Postsecondary Faculty (NSOPF-93).</ref>. Le donne vengono a costituire meno del 17% degli iscritti alle facoltà di filosofia secondo alcuni studi<ref>U.S. Department of Education statistics in above-cited reports seem to put the number closer to 17%, but these numbers are based on data from the mid-1990s. [[Margaret Urban Walker]]'s more recent article (2005) discusses the data problem and describes more recent estimates as an "(optimistically projected) 25–30 percent."</ref>.
==== L'utilità della filosofia ====
{{Quote|È quanto mai giusto dire che la filosofia non serve a niente l'errore è di credere che con questo ogni giudizio sulla filosofia sia concluso. In realtà resta da fare una piccola aggiunta sotto forma di domanda: se cioè, posto che noi non possiamo farcene nulla, non sia piuttosto la filosofia che in ultima analisi è in grado di fare qualcosa di noi, se appena ci impegnamo in essa| [[Martin Heidegger]], ''Introduzione alla Metafisica'', Mursia, Milano 1968 pagg. 22, 23}}
[[File:Paul Ricoeur.jpg|125px|thumb|Paul Ricoeur]]
 
== Principali discipline filosofiche ==
Il matematico [[Imre Toth (matematico)|Imre Toth]], che si è dedicato a definire i rapporti tra la creazione matematica e la speculazione filosofica, in un'intervista a Ennio Galzenati<ref name="caffeeuropa.it">[http://www.caffeeuropa.it/attualita/109filosofia-toth.html] Intervista di Ennio Galzenati a [[Imre Toth (matematico)|Imre Toth]]</ref> ha osservato come le altre scienze come la [[medicina]], l'[[astronomia]] non si pongano domande sulla loro specificità, ovvero sulla definizione di sé stesse, come fanno invece la filosofia e la matematica che continuano a interrogarsi sui limiti e le possibilità della propria forma di conoscenza. Altresì manca per il pensiero filosofico un criterio di [[verifica]]bilità [[esperimento|sperimentale]] che possa stabilire se ciò che esso afferma sia vero o falso; la filosofia stessa, infatti, è soggetta a una continua ridefinizione del criterio di verità con cui essa legittima le proprie conclusioni. Quindi la filosofia risulterebbe, alla fine, un girare a vuoto su se stessa e costituita da teorie che si contraddicono a vicenda; eppure di essa non si riesce a sbarazzarsene. Opponendosi alla filosofia si fa ancora filosofia.
Sempre rinnovata, oggi la filosofia si è specializzata in numerose discipline, che si occupano di determinati settori della riflessione filosofica, in alcuni casi confinanti con altre scienze umane.
 
Queste domande di carattere [[universale]], definibili come il problema del rapporto tra l'individuo e il mondo, tra il [[Soggetto (filosofia)|soggetto]] e l'oggetto, vengono trattate dalla filosofia secondo due aspetti: il primo è quello della [[filosofia teoretica]], che studia l'ambito della [[conoscenza]], il secondo è quello della [[filosofia pratica]] o [[morale]] o [[etica]], che si occupa del comportamento della persona nei confronti degli oggetti e, in particolare, di quegli oggetti che sono gli altri uomini, che egli presume siano [[individuo|individui]] come lui, perché appaiono a lui simili, pur non potendoli veramente conoscere al di là delle apparenze esteriori. Individuo o persona etimologicamente rivela il carattere problematico della conoscenza reale del [[prossimo]] al di là da come si manifesti.<ref>Persona dal [[lingua greca|greco]] πρόσωπον, ''[[prosopon|prósōpon]]'' cioè <kbd>maschera dell'attore</kbd>, termine entrato in italiano tramite l'[[lingua etrusca|etrusco]] [[phersu]]. Un'altra [[etimologia]] è da ricercare nel termine [[lingua latina|latino]] ''personare'', (per-sonare: <kbd>parlare attraverso</kbd>). Ciò spiegherebbe perché il termine persona indicasse in origine la [[maschera]] utilizzata dagli [[attore teatrale|attori teatrali]], che serviva a dare all'attore le sembianze del personaggio che interpretava (Cfr. M. Pancaldi, M. Trombino, M. Villani, ''Philosophica'', Marietti, 2007, Prefazione.)</ref>
La tematica della circolarità del pensiero filosofico può portare però ad esiti [[scetticismo filosofico|scettici]], ovvero a considerazioni di tipo [[ermeneutica|ermeneutico]], secondo le quali proprio questa circolarità del pensiero filosofico costituisce la specificità e la potenzialità proprio della filosofia, che la differenzia dalle altre forme di conoscenza.
 
{{Citazione|È giusto anche chiamare la filosofia (''philosophian'') scienza della verità, poiché di quella teoretica è fine la verità, mentre di quella pratica è fine l'opera (''ergon''); se anche infatti i (filosofi) pratici indagano come stanno le cose, essi non considerano la causa per sé, ma in relazione a qualcosa ed ora.<ref>Aristotele, ''Metafisica'', II, 1, 993 b 19-23</ref>}}
Toth sostiene che, falliti gli ultimi tentativi [[positivismo|positivistici]] di ridurre la filosofia a scienza, ci si è resi conto che l'oggetto della filosofia non sono gli oggetti naturali che studiano le scienze ma l'uomo stesso.<ref>Cfr. Imre Toht,"La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale", Torino, Bollati Boringhieri, 2007.</ref> L'uomo che indaga l'uomo, questo è ciò che caratterizza il filosofare che ha conseguito risultati concreti nel corso della sua lunga storia rendendo coscienti alla mente dell'uomo principi e valori universali prima inespressi o semplicemente intuiti.<ref>Cfr. Imre Toth, op. cit.</ref>
 
=== Filosofia teoretica ===
Se noi oggi consideriamo chiaro ad esempio quello che diciamo quando parliamo di [[libertà]] dimentichiamo che questo concetto appare per la prima volta nelle "Etiche" di Aristotele. Nella "Grande Etica", e nell'"Etica Eudemia" Aristotele parla però non di libertà, come noi oggi la intendiamo, ma di ''eleutheros'', ''eleutheria'' che in greco antico connotava soltanto la condizione sociale dell'uomo libero in rapporto a uno schiavo. Aristotele non disponeva ancora di un termine equivalente al concetto che noi oggi abbiamo di libertà. Ed è proprio da Aristotele che è cominciata la lunga storia che ha portato alla coscienza riflessa del significato di quel termine, ora diventato per noi banalmente chiaro e che la filosofia continuerà ad arricchire di significati nel futuro.<ref name="caffeeuropa.it"/>
{{vedi anche|filosofia teoretica}}
[[File:Aristotle, Metaphysics, Incunabulum.jpg|verticale|min|L'inizio della [[Metafisica (Aristotele)|''Metafisica'' di Aristotele]] in un incunambulo decorato con miniature]]
Oggetto della filosofia teoretica è la conoscenza nel senso più astratto e generale; la possibilità e il fondamento del conoscere umano, e i suoi oggetti più universali e astratti, quali l'essere, il mondo, ecc.
 
* [[Logica]]: la logica, originariamente, costituisce lo studio delle corrette modalità di funzionamento ed espressione della ragione umana (''[[logos]]''). Essa ha poi assunto il carattere particolare di disciplina che si occupa del corretto argomentare, da un punto di vista meramente formale e simbolico; in questo senso è una disciplina affine alla [[matematica]].
Come afferma [[Remo Bodei]]: «la filosofia ha avuto il merito di essere, e di continuare a essere, un [[laboratorio]] in cui concetti e valori vengono collaudati, vengono sperimentati e se ne osserva la tenuta rispetto alla discussione che si svolge nell'intera società. Quindi la filosofia ha il senso di creare in un mondo che cambia continuamente, in generazioni che si susseguono, in mentalità che si incontrano, questo spirito che è quello della ricerca critica, della vigilanza e persino del [[dubbio]]».<ref name="sito.cit.ibidem">Sito.cit.''ibidem''</ref>
* [[Metafisica]]: la filosofia teoretica ha assunto per un lungo periodo storico il carattere di filosofia prima ovvero metafisica. Essa, letteralmente, è la conoscenza che si rivolge a quegli enti generalissimi che stanno "al di là" degli enti sensibili.
* [[Ontologia]]: l'ontologia si occupa dello studio dell'essere in quanto essere, della sua differenza con l'ente ([[differenza ontologica]]), del suo rapporto col nulla, ovvero ciò che non è essere.
* [[Epistemologia]] e [[gnoseologia]]: con differenti sfumature, entrambe si occupano dell'analisi dei limiti e delle modalità della conoscenza umana. Soprattutto nella filosofia contemporanea, il concetto di epistemologia riguarda più specificamente la conoscenza scientifica: in questo senso l'epistemologia ha ampie sovrapposizioni con la [[filosofia della scienza]].
* [[Filosofia della scienza]]: specificamente è la riflessione interna alla scienza sul metodo e sulla conoscenza scientifica.
* [[Filosofia del linguaggio]]: è quell'aspetto della filosofia che si occupa di studiare il linguaggio nella sua relazione con la realtà. Correlandosi strettamente alla [[linguistica]] e alla [[logica]], essa si occupa della genesi del linguaggio, del rapporto fra senso e significato e della modalità attraverso cui, in generale, il pensiero si esprime.
* [[Teologia]]: è quella specifica disciplina che indaga sull'esistenza di entità superiori (Dio), cercando di stabilire il rapporto di conoscenza che si può avere tra l'ente supremo e l'essere umano.
* [[Filosofia della natura|Fisica]]: diversa dalla fisica scientifica, dalla quale è stata ormai soppiantata da almeno quattro secoli, in antichità studiava i fenomeni naturali senza servirsi del [[metodo scientifico]].
 
=== Filosofia pratica ===
Opinione condivisa dal filosofo statunitense [[Richard Rorty]] che dichiarò in un'intervista sul destino della filosofia: «La filosofia non potrà finire finché non finiranno i mutamenti sociali e culturali: tali mutamenti, infatti, contribuiscono a rendere obsolete le concezioni generali che abbiamo di noi stessi e del contesto in cui viviamo, determinando la necessità di un nuovo linguaggio mediante cui esprimere nuove concezioni.»<ref>Tratto dall'intervista "La filosofia e l'immagine del futuro" - Mosca, Accademia Russa di Amministrazione, lunedì 23 agosto 1993</ref>
{{vedi anche|filosofia pratica}}
[[File:Thomas Hobbes (portrait).jpg|min|[[Thomas Hobbes]], noto per la sua opera ''[[Leviatano (Hobbes)|Leviatano]]'', che espose un'influente formulazione della teoria del [[contratto sociale]].]]
* [[Etica]] o [[morale]]: è il campo d'applicazione pratico della filosofia per eccellenza. Il suo oggetto è l'uomo in quanto essere sociale: essa in particolare si occupa di determinare ciò che è giusto o sbagliato, distinguendo il bene dal male in base a una determinata [[teoria dei valori]] o [[assiologia]]. L'etica è intesa anche come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria [[libertà]] e di determinarne i limiti opportuni.
* [[Estetica]]: è un settore della filosofia che si occupa della conoscenza del bello naturale o di quello artistico, ovvero del giudizio di gusto. In origine, tuttavia, il termine estetica indicava l'analisi dei contenuti e delle modalità della conoscenza sensibile.
* [[Filosofia del diritto]]: si tratta di una disciplina intermedia fra filosofia e diritto, che si occupa di definire i criteri attraverso cui si forma il sistema delle norme che regolano la convivenza umana, e i principi in base ai quali un sistema giuridico può essere riconosciuto come valido e vigente.
* [[Filosofia della politica]]: oggetto di questa disciplina sono le istituzioni nella loro formazione, soprattutto per ciò che riguarda i fattori che regolano l'instaurazione e il mantenimento del potere nei confronti di coloro che vi sono sottoposti.
* [[Filosofia della religione]]: è la disciplina che si occupa di studiare le caratteristiche delle principali religioni da un punto di vista filosofico, individuandone le caratteristiche costanti e universali e studiando il rapporto dell'uomo con la religione come formazione culturale e storica.
* [[Filosofia della storia]]: la filosofia della storia si occupa della problematica classica del significato della storia e di un suo possibile fine teleologico. Essa si chiede se esista un disegno, uno scopo, un obiettivo o un principio guida nel processo della storia umana. Altre questioni su cui si interroga questa disciplina sono se l'oggetto della storia è la verità o il dover essere, se la storia è ciclica o lineare, o se esiste in essa il concetto di progresso.
 
=== Nuove discipline ===
Come nota [[Paul Ricoeur]],<ref name="sito.cit.ibidem"/> nel realizzare questo suo compito la filosofia esprime un valore unificante nell'assicurare, nella diversità dei linguaggi, la loro connessione reciproca. Dobbiamo al pensiero filosofico se la cultura europea occidentale non si sia frantumata e parcellizzata, perdendo il senso della sua unità, di fronte alla specializzazione dispersiva dei vari saperi [[tecnologia|tecnologici]]. Mentre infatti la filosofia si sviluppa unitariamente cercando di risolvere le domande di un'epoca, ma tenendosi collegata a quelle passate, «nella storia delle scienze ci sono rotture, discontinuità, denominate ''fratture [[epistemologia|epistemologiche]]''»<ref>sito cit. ''ibidem''</ref> che fanno del percorso della scienza un cammino continuamente interrotto.
* [[Bioetica]]: incrociando conoscenze filosofiche con analisi di tipo scientifico, antropologico e medico, si occupa in particolare degli aspetti etici connessi alla vita, umana e non. Problematiche bioetiche essenziali concernono dunque la riproduzione, la nascita, la morte, l'identità genetica, l'ingegneria genetica ecc.
* [[Filosofia della mente]]: sulla scorta delle moderne scoperte scientifiche riguardanti il funzionamento del sistema nervoso umano, si è sviluppata questa disciplina filosofica, che si occupa di indagare il rapporto fra la mente, come forma organizzativa della coscienza, e il cervello come struttura meramente fisica; nonché il rapporto della mente con il corpo e con il mondo.
* [[Consulenza filosofica]]: nasce in Germania, con il nome di ''[[Filosofia pratica#La .22Philosophische Praxis.22|Philosophische Praxis]]'', ad opera di [[Gerd B. Achenbach]] e [[Bergisch Gladbach]] nel maggio del [[1981]]<ref>Gerd B. Achenbach, ''La consulenza filosofica'', Milano, Apogeo, 2004</ref> diventando oggetto anche di polemiche da parte sia del mondo della filosofia accademica sia da quello delle pratiche [[psicoterapia|psicoterapeutiche]]. I sostenitori della consulenza filosofica dichiarano che essa costituisce una peculiare applicazione della filosofia, assimilabile ma non coincidente, con le terapie psicologiche.<ref>Peter Raabe, ''Teoria e pratica della consulenza filosofica'', Milano, Apogeo, 2006</ref><ref>In particolare sulle teorie di Michael Zdrenka vedi Shlomit C. Schuster, ''La pratica filosofica'', Apogeo Editore, 2006. pp. 22 e sgg</ref>. Michael Zdrenka già nel [[1998]]<ref>Michael Zdrenka, ''Konzeptionen und Probleme der Philosophischen Praxis''</ref> censiva circa 130 praticanti di questa disciplina, ma da allora il loro numero è probabilmente cresciuto, per lo sviluppo di tale attività in alcuni paesi. Gerd B. Achenbach, intervistato al riguardo, afferma di conoscerne parecchi soprattutto nei Paesi Bassi, Israele e Stati Uniti<ref>''Chiedilo al Filosofo''. Intervista al professor Gerd B. Achenbach - [[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]] R2 del 14 giugno 2008.</ref>
* [[Neurofilosofia]]: una disciplina che tenta di stabilire un rapporto tra le [[neuroscienza|neuroscienze]] e la filosofia al duplice scopo di render più chiare le risposte alle domande fondamentali della speculazione filosofica avvalendosi delle scoperte neuroscientifiche e nello stesso tempo fornire alle indagini scientifiche sulla mente strumenti speculativi più precisi che evitino confusioni [[linguistica|linguistiche]] o [[concetto|concettuali]].<ref>Michele Di Francesco, Andrea Moro, Stefano Cappa, ''Neurofilosofia'', Editore Mondadori Bruno, 2011</ref><ref>Gottfried Fischer, ''Logik der Psychotherapie – Philosophische Grundlagen der Psychotherapiewissenschaft'', Kröning 2008.</ref>
* [[Metafilosofia]]: esplora gli obiettivi, i confini e i metodi della filosofia. Così, mentre la filosofia tipicamente indaga la natura dell'essere, la realtà degli oggetti, la possibilità della conoscenza, la natura della verità e così via, la metafilosofia è l'indagine autoriflessa sulla natura, gli scopi e i metodi dell'attività che fa questo tipo di domande, chiedendo che cos'è la filosofia stessa, che tipo di domande dovrebbe porre, come potrebbe porre e rispondere e cosa può ottenere così facendo. Il problema fondamentale che il Novecento filosofico si trova a dover fronteggiare è infatti in quale misura la riflessione filosofica, con le sue caratteristiche pretese di generalità e fondamentalità, abbia ancora un senso e un ruolo all'interno del sistema delle scienze specializzate.<ref>Sull'argomento cfr. T. Williamson, ''The Philosophy of Philosophy'', Blackwell, Oxford 2007; F. D'Agostini, ''Nel chiuso di una stanza con la testa in vacanza: dieci lezioni sulla filosofia contemporanea'', Carocci, Roma 2005; U. Bonanate, M. Valsania, ''Le ragioni dei filosofi'', Carocci, Roma 2003; N. Rescher, ''Philosophical Reasoning''. A Study in the Method of Philosophising, Blackwell, Oxford 2001</ref>
 
==Insegnamento della filosofia==
==== Il rapporto fede-ragione ====
{{Vedi anche|Insegnamento della filosofia nella scuola}}
Nell'ultimo secolo, e in particolare negli ultimi decenni, non sono mancati i tentativi, da parte di esponenti della Chiesa Cattolica, di sottolineare la necessità di un pensiero forte, frutto della conciliazione fra filosofia e dottrina cristiana, capace di contrapporsi al [[nichilismo]], al [[relativismo]], a tutti gli irrazionalismi e in generale, alla perdita di fondamento che l'uomo contemporaneo sperimenta secondo l'interpretazione della realtà corrente da parte della chiesa cattolica.
Questi appelli hanno trovato una sintesi in un'[[enciclica]], promanata da [[papa Giovanni Paolo II]] nel finire dell'[[XX secolo]] col nome di ''[[Fides et Ratio]]'' che presenta lo [[anima|spirito]] dell'uomo come compreso tra due ali che sono appunto la [[fede]] e la [[ragione]]. Mancando una sola delle due non si può spiccare il volo alla ricerca della [[verità]].<ref>Vedi [http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_14091998_fides-et-ratio_it.html testo integrale dell'enciclica ''Fides et Ratio'']</ref>
 
;Austria
Va però rimarcato come questo punto di vista non ha di per sé mutato lo stato attuale del dibattito filosofico, che è da tempo impegnato, pur fra vari punti di vista, in una analisi critica dei presupposti e dei fondamenti di tutta la tradizione del pensiero occidentale; questa analisi, che ha preso le forme (per citare solo alcuni dei tanti casi) del [[pensiero debole]], della [[filosofia analitica]], del [[costruttivismo (filosofia)|costruttivismo]] di [[Deleuze]] o del [[decostruzionismo]] di [[Derrida]], ha messo in luce come la ragione, secondo questi filosofi, non appaia più in grado di offrire verità forti e sistematiche. Il compito della filosofia, oggi, sembrerebbe piuttosto essere quello di denunciare tutti gli usi ambigui e inadeguati del [[linguaggio]], e della ragione stessa, che spingono l'uomo a cadere vittima di [[irrazionalismo|irrazionalismi]] e [[ideologia|ideologie]].
In Austria, dopo venti anni di sperimentazione, nell'anno scolastico 2021-2022 sono stati attivati i primi corsi di etica e relativi corsi di formazione universitari per il personale docente. Lo Stato prevede l'erogazione di due ore settimanali opzionali e alternative all'ora tradizionale di religione. Principalmente, l'etica attiene alla filosofia e, in secondo piano, alle seguenti discipline: psicologia, sociologia, studi religiosi, storia, diritto, biologia, economia, scienze politiche.<ref>{{cita web|url=https://erenews.uniroma3.it/austria-etica-nuova-materia-obbligatoria-per-gli-studenti-che-non-frequentano-le-lezioni-di-religione/|titolo=Austria. Etica – nuova materia obbligatoria per gli studenti che non frequentano le lezioni di religione|data=10 gennaio 2023}}</ref>
 
;Italia
Resta tuttavia attuale lo scontro fra la filosofia e la religione cattolica, con riguardo a quelle evoluzioni scientifiche che mettono l'uomo in condizione di operare scelte autonome e personali sui fondamenti [[biologia|biologici]] della sua vita e di quella di altri.
In Italia l'insegnamento della filosofia è riservato ai soli licei. Fin dal tempo della [[Riforma Gentile]], esso si articola in tre ore settimanali nell'ultimo triennio di studi. Nel corso degli anni, da ultimo nel 2021 ad opera del ministro [[Patrizio Bianchi]], sono state avanzate varie proposte per la sua estensione agli istituti tecnici e professionali. La [[Società Filosofica Italiana]] ha più volte manifestato la sua preoccupazione per la situazione dell'insegnamento della filosofia nelle scuole italiane. Nel 2014, ha rilanciato una lettera aperta firmata da [[Giovanni Reale]], [[Roberto Esposito]] e [[Adriano Fabris]], nella quale si difendeva l'importanza dell'insegnamento della filosofia nelle scuole superiori e nelle università italiane. In particolare, la lettera sottolineava l'importanza della [[filosofia teoretica]], che era stata oggetto di critiche e proposte di eliminazione.<ref>{{cita web|url=https://www.sfi.it/261/appello-per-la-filosofia.html|titolo=Appello per la filosofia|data=18 febbraio 2014}}</ref>
Il nuovo terreno di scontro, o di possibile incontro, fra fede cattolica e ragione, è oggi quindi rappresentato dalla [[bioetica]].
 
;Francia
==== La filosofia all'analisi della metafilosofia ====
In Francia l'insegnamento della filosofia avviene nei licei ed è separato da quello della storia, materia che è unita alla geografia in un'unica cattedra. L'insegnamento non segue un criterio cronologico, bensì è proposto secondo macro aree tematiche (la verità, l’arte, la coscienza, la morale, eccetera) unitamente alla lettura e al commento critico di testi filosofici.<ref>{{cita web|url=https://www.lavoroculturale.org/insegnare-la-filosofia-in-francia/marco-salucci/2015/|titolo=Insegnare la filosofia in Francia. Charlie Hebdo, terrorismi e contemporaneità future.|autore=Marco Solucci|data=28 ottobre 2015}}</ref> A partire dal settembre 2021, la filosofia viene insegnata nell'ultimo anno di tutti gli istituti superiori che aderiscono al progetto, inclusi quelli professionali.<ref>{{cita web|url=https://www.gazzettafilosofica.net/2021-1/marzo/in-francia-la-filosofia-verr%C3%A0-proposta-negli-istituti-professionali/#:~:text=A%20partire%20da%20settembre%202021,che%20vorranno%20aderire%20al%20progetto.|autore=Gabriele Zuppa|titolo=In Francia la filosofia verrà proposta negli istituti professionali|data=13 marzo 2021}}</ref> Nel 2018 è stata eliminata l'obbligatorietà dell'insegnamento nei licei.<ref>{{cita web|url=https://www.repubblica.it/esteri/2018/05/26/news/francia_addio_alla_filosofia_obbligatoria_cosi_si_tradisce_lo_spirito_dei_lumi_-300965568/|titolo=Francia, addio alla filosofia obbligatoria. “Così si tradisce lo spirito dei Lumi”|autore=Anais Ginori|data=26 maggio 2018}}</ref>
{{vedi anche|metafilosofia}}
La [[metafilosofia]], ossia la disciplina filosofica indirizzata a chiarire la natura della filosofia e i suoi metodi e applicazioni, la filosofia, dunque, che riflette su se stessa e che origina dall'antichità, da Platone sino ai nostri giorni passando per Hegel, nel [[XX secolo]] ha acquisito una posizione di speciale rilievo.<ref>[http://books.google.it/books?id=0QKZ19aGNWoC&pg=PA101&lpg=PA101&dq=metafilosofia+Eric+Weil&source=bl&ots=dd-bVWKojh&sig=Ln5Xzj6gqDcUF7u0czTX3vzFTkY&hl=it&ei=0FykS-XiHp7gsAb8ndnVCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CAYQ6AEwAA#v=onepage&q=metafilosofia%20Eric%20Weil&f=false Giusi Strummiello, ''Filosofia e metafilosofia in [[Eric Weil]]'']</ref>
 
;Germania
Il problema fondamentale che il Novecento filosofico si trova a dover fronteggiare è infatti in quale misura la riflessione filosofica, con le sue caratteristiche pretese di generalità e fondamentalità, abbia ancora un senso e un ruolo all'interno del sistema delle scienze specializzate.<ref>Sull'argomento cfr. T. Williamson, ''The Philosophy of Philosophy'', Blackwell, Oxford 2007; F. D'Agostini, ''Nel chiuso di una stanza con la testa in vacanza: dieci lezioni sulla filosofia contemporanea'', Carocci, Roma 2005; U. Bonanate, M. Valsania, ''Le ragioni dei filosofi'', Carocci, Roma 2003; N. Rescher, ''Philosophical Reasoning''. A Study in the Method of Philosophising, Blackwell, Oxford 2001</ref>
In Germania lo studio universitario consiste nella lettura e nel commento critico dei testi filosofici. Il docente modera la discussione che si basa sulle domande e la partecipazione attiva degli studenti. Il focus è sull'attualizzazione dei testi.
L'esame è scritto e prevede un saggio critico tematico di lunghezza compresa tra le 15 e le 35 pagine.<ref>{{cita web|url=http://www.lachiavedisophia.com/blog/guida-allo-studio-della-filosofia-litalia-la-germania/|titolo=Guida allo studio della filosofia tra l'Italia e la Germania}}</ref> La riforma scolastica di [[Alexander von Humboldt]] del 1806 eliminò lo studio della filosofia dalle scuole superiori. In accordo con [[Hegel]], fino alla riforma del 1972, essa rimase nel ginnasio come studio transdisciplinare e come Propedeutica filosofica, obbligatoria ed autonoma, basata su Logica, Studio dell'antichità e Religione (non Intesa quindi come [[storia della filosofia]]). Dopo il 1972 lo studio dell'etica fu introdotto per gli studenti da 12 a 16 anni come materia sostitutiva della religione, nei soli casi in cui quest'ultimo insegnamento era erogato.<ref>{{cita web|url=http://www.paolomalerba.it/SSIS/Testi/Germania.htm|accesso=16 marzo 2023|titolo=Insegnamento della filosofia e struttura dei programmi nei 16 Länder della Repubblica di Germania.}}</ref>
 
;Spagna
Nel secondo Ottocento, in effetti, l'assetto dei saperi andava definendosi in modo tale da far pensare che la filosofia potesse decisamente scomparire. Nel corso del secolo alcune discipline cardine della filosofia, come la [[logica]] e la [[psicologia]] (intesa come studio del pensiero, o della mente), erano diventate scienze autonome. Anche l'[[antropologia]], la [[sociologia]], la [[linguistica]], la [[scienza politica]], che una volta facevano parte del territorio della filosofia, vantavano ora lo statuto di scienze specializzate.
Il 29 marzo 2022 il governo spagnolo ha approvato la riforma dell'istruzione secondaria obbligatoria (dai 12 ai 16 anni) che prevede l'eliminazione della filosofia e del criterio cronologico nell'insegnamento della storia.<ref>{{cita web|url=https://www.gazzettafilosofica.net/2022-1/marzo/il-governo-d%C3%A0-il-via-libera-alla-scomparsa-della-filosofia-e-dell-insegnamento-cronologico-della-storia/|titolo=Addio alla filosofia e all'insegnamento cronologico della storia in Spagna|data=30 marzo 2022}}</ref>
 
;Svizzera
«Se la filosofia fosse qualcosa di cui si potesse fare a meno» ha scritto [[Ortega y Gasset]], «non v'è dubbio che in quell'epoca [alla fine dell'Ottocento] sarebbe decisamente morta».<ref>Cfr. G. Deleuze e F. Guattari, ''Qu'est-ce que la philosophie?'', Minuit, Paris 1994</ref>
In Svizzera l'insegnamento della filosofia prevede un curricolo da 3 a 5 ore settimanali. L'insegnamento è opzionale e tratta la materia non come una scienza autonoma, ma complementare alla pedagogia o allo studio della religione. I docenti adottano il metodo zetetico, ma anche quello storico integrato con la lettura di testi. L'insegnamento ha l'obiettivo di rendere gli studenti capaci di ragionare autonomamente e criticamente, ma anche di far conoscere loro le risposte date dai filosofi ai problemi più importanti, fornendo il contesto culturale dei principali autori e delle principali correnti filosofiche.<ref>{{cita web|url=http://www.paolomalerba.it/SSIS/Testi/Svizz.htm|titolo=L’insegnamento della filosofia nella Confederazione svizzera}}</ref> Il corso di laurea in filosofia ha durata quadriennale ed è integrato da 4 semestri di tirocinio obbligatorio nelle scuole secondarie superiori. Agli anni 2000, un quinto dei laureati in filosofia trova occupazione nei licei, mentre un terzo nelle università.<ref>{{cita web|url=https://www.orientamento.ch/dyn/show/47993|titolo=Filosofia: sbocchi professionali}}</ref>
 
;Belgio
In seguito la prospettiva della "fine della filosofia" è rimasta uno dei temi favoriti delle riflessioni dei filosofi sino a quando la metafilosofia all'inizio della seconda metà del [[XX secolo]] ha identificato nella filosofia, proprio nel momento in cui la scienza e la vita pubblica sembrano interpellarla di nuovo, una divisione:<ref>«Due diversi modi di fare filosofia: uno rigoroso e scientifico (analitici), l'altro creativo e letterario (continentali). Questo scontro ha opposto non solo due scuole filosofiche ma due culture, quella anglosassone, nella quale la riflessione "analitica" nasce e si sviluppa, e quella dell'Europa continentale dove ha origine il pensiero "continentale". Una delle date d'inizio di questa sfida è il 1958, quando nel discorso d’apertura del convegno di Cérisy-la-Salle, J. Wahl (pensatore francese famoso per alcuni studi sulla fenomenologia e l'esistenzialismo) individua nella filosofia "analitica" e in quella "continentale" le due correnti di pensiero dominanti del '900.» (A. Donato, ''Lo scontro tra analitici e continentali. Incominciò nel 1958 l'ultima guerra dei filosofi'', in ''Il Giornale di Brescia''-18 maggio 2003</ref> il confronto-conflitto tra la tradizione [[filosofia analitica|analitica]]<ref>Con l'espressione ''filosofia analitica'' ci si riferisce ad una corrente di pensiero sviluppatasi a partire dagli inizi del [[XX secolo]], per effetto soprattutto del lavoro di [[Bertrand Russell]], [[George Edward Moore]], dei vari esponenti del [[Circolo di Vienna]] e di [[Ludwig Wittgenstein]]. Per estensione, ci si riferisce a tutta la successiva tradizione filosofica influenzata da questi autori, oggi prevalente in tutto il mondo anglofono (Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Australia), ma attiva anche in molti altri paesi, fra cui l'Italia.</ref> e la tradizione detta [[filosofia continentale|'continentale']].<ref>Con l'espressione filosofia continentale ci si riferisce generalmente ad una moltitudine di correnti filosofiche del XX secolo, quali la fenomenologia, l'esistenzialismo (in particolare [[Martin Heidegger]]), il post-strutturalismo e post-modernismo, decostruzionismo, la teoria critica come quella della Scuola di Francoforte, la psicoanalisi (in particolare Sigmund Freud), ed il Marxismo e la filosofia Marxista. Le correnti continentali sono così chiamate perché si sono sviluppate soprattutto sul continente europeo, specialmente in Germania e Francia.</ref>
Secondo il quotidiano ''[[Le Soir]]'', nel novembre 2021, dopo due anni di trattative, la maggior parte delle forze politiche delle regioni francofone ([[Bruxelles]] e [[Vallonia]]) ha raggiunto un'intesa che prevede la trasformazione dell'ora di religione, in precedenza obbligatoria, in un insegnamento extracurriculare facoltativo. A partire dal 2024 essa sarà sostituita nella scuola dell'obbligo da due ore settimanali obbligatorie di filosofia ed educazione civica.<ref>{{cita web|url=https://europa.today.it/attualita/stop-religione-scuola-belgio.html|titolo=Stop all'ora di religione a scuola, al suo posto la filosofia: la proposta del Belgio|data=23 novembre 2021}}</ref>
Perciò per un verso, la speculazione filosofica facente capo alla prima, che generalmente difende un tipo di lavoro filosofico molto attento alla logica e all'argomentazione, rispettoso della scienza, preferenzialmente estraneo alla vita pubblica e ai [[mezzo di comunicazione di massa|media]], sembra oggi svilupparsi quasi esclusivamente nell'[[Università|ambiente accademico]] come disciplina che procede parallelamente alle altre scienze.<ref>«Perché in Occidente la filosofia si è strutturata come una logica che formalizza il reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nelle università dove, tra iniziati si trasmette da maestro a discepolo un sapere che non ha nessun impatto sull'esistenza e sul modo di condurla?» ([[Umberto Galimberti]], ''[[La Repubblica]]'' [[12 aprile]] [[2008]]</ref>
 
;India
La ricerca infatti, in passato sviluppata in ambito privato indipendente dai grandi pensatori del [[XVII secolo]] (Cartesio, Spinoza) o del [[XIX secolo]] (Marx, Nietzsche, ecc.), o del XX come [[Benedetto Croce]] e [[Sartre]], ora è stata sostituita dalle figure istituzionali dei filosofi-professori, situazione questa di cui è possibile trovare forse un lontano esempio nei tempi della [[filosofia medievale]].<ref>Cfr. AA.VV. ''Philosophica'', Novara, 2007, pag. 404 e sgg.</ref>
In India l'insegnamento della filosofia come materia facoltativa nelle scuole secondarie superiori è stato eliminato nel 2017/2018. Nei due primi decenni del XXI secolo sono state istituite 20 università centrali pubbliche e 400 università private. Nessuna delle università statali fornisce corsi di filosofia, mentre di quelle private solamente due o tre prevedono l'insegnamento di questa materia. I dipartimenti di filosofia stanno gradualmente scomparendo dalle università pubbliche, unitamente a quelli umanistici e delle scienze sociali.<ref>{{cita web|url=https://www.telegraphindia.com/amp/india/across-campuses-a-crisis-of-philosophy/cid/1921909|titolo=Nei campus, una crisi di filosofia|città=Nuova Delhi|editore=[[The Telegraph]]|lingua=en|data=12 marzo 2023|accesso=16 marzo 2023}}</ref>
 
Per un altro verso, in accordo con la filosofia continentale, che generalmente non cura molto l'argomentazione, non ha simpatia per la logica ed è molto interessata all'uso pubblico della filosofia, si assiste a un rinnovato interesse per la ricerca filosofica, di cui si occupano anche quotidiani, siti specializzati sul [[web]], da parte di un pubblico di non specialisti che affollano dibattiti pubblici su temi come la [[bioetica]] o l'etica ambientale.<ref>Cfr. AA.VV. ''Philosophica'', Novara, 2007, pag. 408.</ref>
 
In quest'ambito si è posto nuovamente il tema della comunicazione filosofica.
 
==== La divulgazione filosofica ====
{{Vedi anche|Comunicazione filosofica}}
{{quote|Quando colui che ascolta non capisce e colui che parla non si capisce più, questa è la metafisica||Quand celui qui écoute ne comprend pas, et que celui qui parle ne se comprend plus, c'est de la métaphysique. ([[Voltaire]])<ref>Cfr. Ambroise Clément, ''Essai sur la science sociale. Économie politique, morale expérimentale, politique théorique'', Volume 2, ed. Guillaumin, 1867, pag.232</ref>|lingua=fr}}
 
È possibile intravedere in questo odierno processo di divulgazione al pubblico della filosofia, un tentativo di risolvere una delle più antiche accuse che la filosofia condivide con la scienza, la matematica e la teologia, quella cioè di incomprensibilità del linguaggio adottato.
 
Certo è inevitabile l'uso di un linguaggio specialistico ma da alcuni vi si è voluta vedere la volontà di utilizzare a bella posta un linguaggio castale, riservato agli addetti ai lavori.
 
Un po' quanto già accadeva con Eraclito, chiamato l'"oscuro", lo ''skateinos'', che nascondeva sotto l'ermeticità del linguaggio la convinzione che il suo pensiero potesse essere inteso solo da pochi, dai migliori. Una concezione aristocratica del sapere che si tramandò in Platone sostenitore della concezione che gli uomini, nati con un patrimonio di idee innate, per quanto facciano esperienze non potranno mai andare oltre quelle conoscenze già contemplate nell'[[Iperuranio]].
 
Per questo il filosofo è colui la cui ''anima bella'', già prima di nascere, possiede un sapere che le anime rozze non avranno mai.<ref>[http://www.educational.rai.it/mat/ss/d06prat.asp Franco Prattito, giornalista e divulgatore scientifico]</ref>
 
Oggi il problema di comunicazione del sapere comporta finalmente la consapevolezza che bisogna «... partire non dallo scienziato o dal filosofo o comunque dall'[[intellettuale]] aggiornato, ma proprio dal tipo di domande che vengono dal pubblico, che vengono dalla gente, dall'uomo della strada. Questo dovrebbe essere almeno il nostro orizzonte, l'orizzonte di chi fa divulgazione.»<ref>Franco Prattito, in sito web citato</ref>
 
Su questa linea alcune moderne esperienze filosofiche promuovono un uso divulgativo e dialettico del pensiero, offrendo anche forme nuove di fruizione della filosofia, come negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] con le esperienze ormai affermate della ''Philosophy for Children'', la filosofia per bambini, o come nella [[consulenza filosofica]] per il benessere della persona nella sua vita privata o nel lavoro [[azienda]]le.
 
Caratteristica di questo nuovo modello di filosofia è che esso non viene fornito solo da professionisti della filosofia ma spesso anche da esperti di altri settori scientifici. Così oggi ingegneri [[informatica|informatici]], biologi, fisici ritengono utile alla loro ricerca l'approfondimento filosofico.<ref>Silvano Tagliagambe, ''L'epistemologia contemporanea'', Editori Riuniti, 1991</ref>
 
== Note ==
{{<references|2}}/>
 
== Bibliografia ==
==== Manuali scolastici ====
* N.[[Nicola Abbagnano]] /e G.[[Giovanni Fornero]], ''Protagonisti e testi della filosofia'', 3 voll.volumi, Paravia, Torino, 1996.
* {{Cita libro|titolo=Storia della filosofia|autore=Francesco Adorno|autore2=Tullio Gregory|autore3=Valerio Verra|wkautore=Francesco Adorno|wkautore2=Tullio Gregory|editore=Editori Laterza|città=Roma-Bari|anno=1981|annooriginale=1973|volume=3 volumi|edizione=10|ISBN=no}}
* F. Cioffi et al., Diàlogos, 3 voll., Bruno Mondadori, Torino 2000.
* Luciano Ardiccioni, ''Filosofia'', D'Anna, Messina-Firenze, 1996.
* A. Dolci / L. Piana, Da Talete all'esistenzialismo, 3 voll., Trevisini Editore, Milano (rist. 1982).
* S.Giovanni GabbiadiniBoniolo /e M.Paolo ManzoniVidali, La biblioteca dei filosofi''Argomentare'', 35 voll.volumi, MariettiBruno ScuolaMondadori, Milano, 19912003.
* S.Giuseppe MoraviaCambiano e Massimo Mori, Sommario''Storia die storiaantologia della filosofia'', Le3 Monniervolumi, FirenzeLaterza, Roma-Bari, 1993-1994.
* Fabio Cioffi et al., ''Diàlogos'', 3 volumi, Bruno Mondadori, Milano, 2000.
* G. Reale / D. Antiseri, Storia della filosofia, 3 voll., Brescia 1973.
* Costantino Esposito e Pasquale Porro, ''Filosofia'', 3 tomi, Laterza, Roma-Bari, 2009.
* C. Sini, I filosofi e le opere, Principato, Milano 1986 (seconda edizione).
* Sergio Givone e Francesco Paolo Firrao, ''Philosophia'', 3 volumi, Bulgarini, Firenze, 2011.
* L. Ardiccioni, Filosofia, D'Anna, Messina-Firenze 1996
* Storia[[Nicolao della filosofiaMerker]] (direttaa dacura N. Merkerdi), ''Storia della filosofia'', 3 voll.volumi, Editori Riuniti, Roma, 1982.
* [[Sergio Moravia]], ''Sommario di storia della filosofia'', Le Monnier, Firenze 1994.
* C.Esposito, P. Porro, Filosofia, 3 tomi ( I - Antica e Medievale, II - Moderna, III - Contemporanea ), Laterza, Roma - Bari 2009.
* Fabio Palchetti (a cura di), ''Dentro la filosofia'', 3 volumi, Zanichelli, Bologna, 1997.
* Lorenzo Cosmo - Valentina Morotti, ''Le sfide del pensiero'' (3 volumi), Atlas, 2020.
* [[Giovanni Reale]] e [[Dario Antiseri]], ''Storia della filosofia'', 3 volumi, La Scuola, Brescia, 1973.
* [[Carlo Sini]], ''I filosofi e le opere'', Principato, Milano, 1986 (seconda edizione).
 
==== Alcuni testi di studio ====
* N.[[Nicola Abbagnano]], ''La saggezza della filosofia'', Rusconi, Milano, 1987.
* [[Reinhard Brandt]], ''La lettura del testo filosofico'', Roma-Bari, Laterza, 1997.
* M. Farber, I problemi fondamentali della filosofia, Mursia, Milano 1970.
* H. [[Hans-Georg Gadamer]], ''L'inizio della filosofia occidentale'', Guerini e Associati, Milano, 1993.
* D.[[Martin HuismanHeidegger]], Il''Avviamento manuale dialla filosofia'', LatoMarinotti SideEdizioni, RomaMilano, 19802006.
* J-P.[[Thomas JouaryNagel]], A''Brevissima cheintroduzione cosa serve laalla filosofia?'', Adrianoil SalaniSaggiatore, EditoreMilano, Firenze 19951989.
* C.[[Fulvio MonacoPapi]], Conoscere''Capire la filosofia'', Thema EditoreIbis, BolognaComo-Pavia, 19881993.
* [[Krzysztof Pomian]], voce «Filosofia/filosofie», in ''[[Enciclopedia Einaudi]]'', vol. 6, Einaudi, Torino, 1979.
* T. Nagel, Brevissima introduzione alla filosofia, il Saggiatore, Milano 1989.
* F.[[Paolo Papi,Rossi CapireMonti]] la(a cura di), ''La filosofia'', Ibis4 volumi, Como-PaviaUTET, Torino, 19931995.
* [[Bertrand Russell]], ''La saggezza dell'Occidente'', Longanesi & C., Milano, 1961.
* K. Pomian, voce Filosofia/filosofie, in "Enciclopedia Einaudi", vol. 6, Einaudi, Torino 1979.
* Bertrand Russell, ''Storia della filosofia occidentale'', TEA, Milano, 1991.
* P. Rossi (a cura di), La filosofia, 4 voll., UTET, Torino 1995.
* B.[[Emanuele RussellSeverino]], ''La saggezzafilosofia dellantica''Occidente, Longanesi & C.Rizzoli, Milano, 19611984.
* [[Nigel Warburton]], ''Il primo libro di filosofia'', Einaudi, Torino 1999.
* B. Russell, Storia della filosofia occidentale, TEA, Milano 1991.
* [[Wilhelm Weischedel]], ''La filosofia dalla scala di servizio'', Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996.
* N. Warburton, Il primo libro di filosofia, Einaudi, Torino 1999.
* W. Weischedel, La filosofia dalla scala di servizio, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996.
* P. D'Alessandro, ''"Esperienza di lettura e produzione di pensiero. Introduzione alla filosofia teoretica"'', LED Edizioni Universitarie, Milano, 1994, ISBN 88-7916-051-6
 
=== Enciclopedie e dizionari ===
* N. Abbagnano, ''Dizionario di filosofia'', UTET, Torino 1971 (seconda edizione).
* F. Brezzi, ''Dizionario dei termini e dei concetti filosofici'', Newton Compton, Roma 1995.
* Centro Studi Filosofici di Gallarate, ''Dizionario dei filosofi'', Sansoni, Firenze 1976.
* Centro Studi Filosofici di Gallarate, ''Dizionario delle idee'', Sansoni, Firenze 1976.
* ''Enciclopedia Garzanti di Filosofia'', Garzanti, Milano 1981.
* ''[[Internet Encyclopedia of Philosophy]]''
* E.P. Lamanna / F. Adorno, ''Dizionario dei termini filosofici'', Le Monnier, Firenze (rist. 1982).
* L. Maiorca, ''Dizionario di filosofia'', Loffredo, Napoli 1999.
* [[Dagobert D. Runes|D.D. Runes]], ''Dizionario di filosofia'', 2 volumi, Mondadori, Milano 1972.
* ''[[Stanford Encyclopedia of Philosophy]]''
* {{cita libro | url = https://archive.org/details/conciseroutledge00edwa | autore = Edward Craig | titolo = The Concise Routledge Encyclopedia of Philosophy | anno = 2000 | lingua = en | editore = Routledge | ISBN = 978-0415223645 | volume = 2 | sito = [[internet Archive|archive.org]] | urlarchivio = | datarchivio = | urlmorto = no}}
 
==== EnciclopedieRisorse eInternet dizionari ====
* {{cita web | url = https://www.sba.unimi.it/Biblioteche/filosofia/8489.html | autore = [[Università di Milano]] | titolo = Risorse web gratuite per lo studio della filosofia | accesso = 6 gennaio 2025 }}
* N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET, Torino 1971 (seconda edizione).
* {{cita web | url = http://www.biblioassisi.it/metolinks.php | titolo = MetoLinks: Strumenti per la ricerca di informazioni attraverso Internet, e per la valutazione e la citazione delle risorse online | editore = Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco in Assisi | urlarchivio = https://archive.is/20191217225620/http://www.biblioassisi.it/metolinks.php | urlmorto = no | accesso = 17 dicembre 2019 }}
* F. Brezzi, Dizionario dei termini e dei concetti filosofici, Newton Compton, Roma 1995.
 
* Centro Studi Filosofici di Gallarate, Dizionario dei filosofi, Sansoni, Firenze 1976.
== Voci correlate ==
* Centro Studi Filosofici di Gallarate, Dizionario delle idee, Sansoni, Firenze 1976.
* [[Giornata mondiale della filosofia]]
* Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano 1981.
* [[Insegnamento della filosofia nella scuola]]
* E.P. Lamanna / F. Adorno, Dizionario dei termini filosofici, Le Monnier, Firenze (rist. 1982).
* L. Maiorca, Dizionario di filosofia, Loffredo, Napoli 1999.
* D.D. Runes, Dizionario di filosofia, 2 voll., Mondadori, Milano 1972.
 
== Altri progetti ==
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* [{{cita web|url=http://picus.snsunica.it/biblioteche_dei_filosofi/ index.php?|titolo=Biblioteche dei filosofi]}}, progetto curato dalla [[Scuola normale superiore di Pisa]] e dall'[[Università degli Studi di Cagliari]]
* {{cita web|url=http://www.pensierofilosofico.it/|titolo=Pensiero Filosofico}} Portale di filosofia dove gli utenti possono trovare materiale e contribuire segnalando interviste, articoli, tesi e appunti.
* {{cita web|url=https://www.storiadellafilosofia.net/|titolo=Autori, testi, tematiche della storia della filosofia occidentale}}
*{{cita web|url=https://www.philosophica.info/links.html|titolo=Link utili}}
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