Cecilio Stazio: differenze tra le versioni

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{{Bio
'''Cecilio Stazio''' ([[230 a.C.]] - [[168 a.C.]]) era un commediografo latino. Delle sue opere, tutte [[palliata|commedie palliate]], ci restano 42 titoli e vari frammenti per circa 300 versi.
|Nome = Cecilio Stazio
|Cognome =
|PreData = {{latino|Caecilius Statius}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Milano
|LuogoNascitaAlt =<ref name="Girolamo"/><ref name="Pontiggia_286"/>
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = 230 a.C.
|NoteNascita =<ref name="Perelli61">{{cita|Perelli|p. 61}}.</ref>
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 168 a.C.
|NoteMorte =<ref name="Perelli62">{{cita|Perelli|p. 62}}.</ref>
|Epoca = -200
|Attività = commediografo
|Nazionalità = romano
}}
 
Primo autore della [[letteratura latina]] di origine [[Gallia cisalpina|gallica]], si specializzò, come il contemporaneo [[Tito Maccio Plauto]] prima di lui, nella composizione di [[palliata|palliate]], ovvero [[Commedia|commedie]] di ambientazione [[Grecia antica|greca]]. Accolte inizialmente con freddezza, le sue opere furono poi portate al successo dall'impresario teatrale [[Lucio Ambivio Turpione]] e acquisirono grande fama. Di esse restano 42 titoli e vari frammenti, per un totale di circa 280 versi.
== Introduzione generale ==
 
Mentre per la lingua e lo stile il suo teatro rimase molto vicino a quello plautino, Cecilio testimonia invece la progressiva penetrazione della [[ellenismo|cultura ellenistica]] in Roma, non traducendo i titoli degli originali greci da cui traeva le sue opere ed evidenziando i prodromi di quell'ideale che, grazie agli influssi della [[stoicismo|filosofia stoica]] e all'opera del [[circolo degli Scipioni]], avrebbe più tardi preso il nome di ''[[humanitas]]''.
Era un [[liberto]] di origine straniera, pare provenisse da [[Milano]], ed era quindi un Gallo Insubre. Forse fu portato a Roma dopo la [[battaglia di Clastidium]], nel [[222 a.C.]].
Come [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]], suo contemporaneo, fu molto legato all'attore e impresario [[Ambivio Turpione]].
 
L'opera di Cecilio fu variamente giudicata dagli autori antichi, che videro nel commediografo ora uno tra i maggiori drammaturghi della letteratura latina, ora un cattivo esempio di stile. La critica attuale, fortemente limitata dallo scarso numero di frammenti delle opere disponibili, tende comunque a sottolineare l'importante ruolo che Cecilio ricoprì nel passaggio dalla palliata di Plauto a quella di [[Publio Terenzio Afro]], dando inizio a una nuova fase dell'[[ellenizzazione]] della letteratura latina.
Tra i suoi titoli si possono citare per esempio:
''Ex hautoù hestòs'' (Quello che sta in piedi da sé); ''Gamos'' (Le nozze); ''Epìcleros'' (L'ereditiera); ''Synaristòsae'' (Le donne a colazione); ''Synèphebi'' (I compagni di gioventù); ''Epistula'' (La lettera); ''Pugil'' (Il pugile); ''Obolostàtes/Faenerator'' (Lo strozzino).
 
== Biografia ==
La commedia di gran lunga meglio conosciuta è il ''Plocium'' (La collana).
[[File:Roman masks.png|thumb|left|upright=1.4|[[Mosaico]] romano del [[I secolo a.C.]] raffigurante le [[maschera teatrale|maschere]] [[tragedia|tragica]] e [[commedia|comica]] ([[Roma]], [[Musei capitolini]]).]]
 
Cecilio Stazio nacque attorno al [[230 a.C.]], nel territorio dei [[Galli]] [[Insubri]], probabilmente a ''[[Mediolanum]]'' (l'odierna [[Milano]]), secondo anonime testimonianze riportate nel ''[[Chronicon (Girolamo)|Chronicon]]'' di [[Sofronio Eusebio Girolamo|Girolamo]].<ref name="Girolamo">Girolamo, ''Chronicon'', 179 a.C.:{{Citazione|Si sa che Cecilio Stazio, celebre autore di commedie, era gallo insubre di nascita e dapprima compagno di Ennio. Alcuni riferiscono che fosse milanese. Morì l'anno successivo alla morte di Ennio e fu sepolto vicino al Gianicolo.||Statius Caecilius comoediarum scriptor clarus habetur natione Insuber Gallus et Enni primum contubernalis. quidam Mediolanensem ferunt. mortus est anno post mortem Enni et iuxta Ianiculum sepultus.|lingua=la}}</ref><ref name="Pontiggia_286">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 286}}.</ref> Fu fatto prigioniero nel corso delle [[guerre tra Celti e Romani#Scontri del III secolo a.C.|guerre]] tra gli Insubri e l'[[esercito romano]] tra il [[222 a.C.|222]] e il [[219 a.C.]],<ref name="Beare_100">{{Cita|Beare|p. 100|Beare}}.</ref> forse a seguito della [[battaglia di Clastidium]],<ref name="Pontiggia_286" /> e giunse dunque a [[Roma (città antica)|Roma]] come [[schiavitù nell'antica Roma|schiavo]], secondo la testimonianza dell'erudito del [[II secolo|II secolo d.C.]] [[Aulo Gellio]], che scrisse nelle sue ''[[Noctes Atticae]]'':
La sua opera fu letta e apprezzata per tutta l'età repubblicana e in età imperiale almeno fino al [[II secolo]].
{{Citazione|[Cecilio] era di condizione servile, e perciò prese il ''[[convenzione dei nomi romani#Cognomen|cognomen]]'' di Stazio.|Aulo Gellio, ''Noctes Atticae'', IV, 20, 13.|[Caecilius] seruus fuit et propterea nomen habuit Statius.|lingua=la}}
Non risulta possibile, tuttavia, accertare se le parole di Gellio rispecchiassero la verità o se fossero soltanto un'inferenza originata dal fatto che il ''cognomen'' di Stazio, dal significato letterale di "attendente", era spesso attribuito agli schiavi. È infatti probabile che Gellio abbia voluto spiegare perché Cecilio portasse un nome solitamente attribuito agli schiavi, ideando la motivazione in un momento in cui le reali notizie biografiche sul drammaturgo erano andate perdute.<ref name="Beare_100" />
 
Dalla ''[[gens]]'' cui entrò a far parte, Stazio trasse il ''[[convenzione dei nomi romani#Nomen|nomen]]'' di Cecilio. Della sua carriera rimangono pochissime notizie: si dedicò esclusivamente alla composizione di [[palliata|palliate]], ma l'accoglienza inizialmente riservata alle sue opere, rappresentate sulla scena nel momento di massima celebrità di Plauto, fu fredda. Il pubblico romano, amante del carattere [[Farsa (genere teatrale)|farsesco]] e vivace del teatro plautino, non poteva apprezzare pienamente le commedie di Cecilio, più attento all'approfondimento psicologico e alla verosimiglianza delle vicende inscenate.<ref name="Pontiggia_286" /> Tuttavia, il capocomico e impresario teatrale Ambivio Turpione, che aveva acquistato le opere dell'autore e che quindi aveva l'incarico di metterle in scena, riuscì infine a portarle al successo. Nel prologo dell{{'}}''[[Hecyra]]'' di [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]], lo stesso Turpione, che rappresentava il [[Prologo|personaggio protatico]], raccontava le vicende degli esordi di Cecilio paragonandole a quelle, analoghe, che aveva in seguito vissuto nel tentativo di portare al successo anche le opere di Terenzio:
== Cecilio Stazio nella tradizione culturale latina ==
{{Citazione|Io mi presento a voi in costume da prologo, ma in funzione di avvocato. Fate che io sia un avvocato capace di vincer la causa, così che mi sia dato godere da vecchio del privilegio medesimo di cui ho goduto da giovane; quando sono riuscito a far sopravvivere delle opere fischiate da nuove e ad impedire che scomparissero, insieme col loro autore. Per le commedie di Cecilio, delle quali ebbi a curare la prima rappresentazione, in parte feci fiasco, in parte la spuntai di stretta misura. Sapendo che la fortuna delle opere drammatiche è dubbia, mi volli accollare, pur in una incerta speranza, un carico certo: mi rimisi a rappresentare le stesse commedie, per poterne mettere in scena altre dello stesso autore, con gran passione, in modo da non distogliere lui dalla passione sua. Ho ottenuto che fossero rappresentate; appena conosciute, hanno avuto successo. Così ho rimesso in onore un poeta, che la malignità dei suoi avversari per poco non aveva allontanato dalla sua occupazione prediletta e dal suo lavoro e dalla creazione poetica. Che se io avessi senz'altro buttato in un canto l'opera sua e avessi voluto di proposito scoraggiarlo, così da indurlo a star in ozio piuttosto di continuare a lavorare, facilmente l'avrei distolto dallo scrivere altre commedie.|Terenzio, ''Hecyra'', vv. 9-27; trad. di A. Arici in Terenzio, ''Commedie'', Zanichelli.|Orator ad vos venio ornatu prologi:<br />sinite exorator sim <eo>dem ut iure uti senem<br />liceat quo iure sum usus adulescentior,<br />novas qui exactas feci ut inveterascerent,<br />ne cum poeta scriptura evanesceret.<br />in is quas primum Caecili didici novas<br />partim sum earum exactu', partim vix steti.<br />quia scibam dubiam fortunam esse scaenicam,<br />spe incerta certum mihi laborem sustuli,<br /><ea>sdem agere coepi ut ab eodem alias discerem<br />novas, studiose ne illum ab studio abducerem.<br />perfeci ut spectarentur: ubi sunt cognitae,<br />placitae sunt. ita poetam restitui in locum<br />prope iam remmotum iniuria advorsarium<br />ab studio atque ab labore atque arte musica.<br />quod si scripturam sprevissem in praesentia<br />et in deterrendo voluissem operam sumere,<br />ut in otio esset potiu' quam in negotio,<br />deterruissem facile ne alias scriberet.|lingua=la}}
Raggiunto l'apice del successo attorno al [[179 a.C.]], dopo la morte di Plauto nel [[184 a.C.]],<ref name="Girolamo" /> Cecilio intrecciò un legame di amicizia con il coevo poeta e drammaturgo [[Quinto Ennio]], assieme al quale fu alla guida del ''collegium scribarum histrionumque'', un'associazione di tipo corporativo, fondata nel [[207 a.C.]] in seguito alla composizione, da parte di [[Livio Andronico]], dell'inno a ''Iuno Regina'', che riuniva gli attori e gli autori delle rappresentazioni drammatiche allora presenti in Roma.<ref name="Pontiggia_286" />
 
Di dubbia attendibilità<ref name="Beare_101">{{Cita|Beare|p. 101|Beare}}.</ref> risulta invece l'aneddoto riportato da [[Gaio Svetonio Tranquillo]] nella ''[[Vita Terentii]]'', che pone in diretto contatto l'attività di Terenzio con la figura di Cecilio:
Cecilio Stazio fu autore molto apprezzato e ciò si riflette nel grande numero di citazioni indirette, che consistono in informazioni biografiche (nel ''[[Chronicon]]'' di [[San Girolamo|Girolamo]], risalenti al De Poetis di [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]]), nonché in giudizi e commenti sulla sua figura e la sua opera, sul loro valore intrinseco e sui rapporti dell'autore con i suoi modelli greci e con i drammaturghi contemporanei ([[Marco Tullio Cicerone|Cic.]], (''De optimo genere oratorum'', 1,2); [[Quinto Orazio Flacco|Hor.]], ''[[Epistole (Orazio)|Epistulae]]'', 2, 1, 59; [[Velleio Patercolo|Vell.]], I, 17, 1; [[Marco Fabio Quintiliano|Quint.]], X, 1, 99; [[Aulo Gellio|Gell.]], II, 23 e XV, 24).
{{Citazione|[Terenzio] scrisse sei commedie. Di queste, quando presentò agli edili la prima, l{{'}}''Andria'', essendogli stato imposto di recitarla dapprima a Cecilio ed essendo andato da lui mentre pranzava, si racconta che abbia letto il principio della commedia stando seduto su uno sgabello presso il letto tricliniare, per il fatto che era vestito con un abito molto dimesso; ma, dopo pochi versi, fu invitato a prender posto ed a pranzare insieme a lui; quindi lesse tutto il resto, non senza grande ammirazione di Cecilio.|Svetonio, ''Vita Terentii'', 3; trad. di O. Bianco in Terenzio, ''Commedie'', UTET.|Scripsit comoedias sex, ex quibus primam "Andriam" cum aedilibus daret, iussus ante Caecilio recitare, ad cenantem cum venisset, dictus est initium quidem fabulae, quod erat contemptiore vestitu, subsellio iuxta lectulum residens legisse, post paucos vero versus invitatus ut accumberet cenasse una, dein cetera percucurrisse non sine magna Caecilii admiratione.|lingua=la}}
 
Secondo la testimonianza di Girolamo,<ref name="Girolamo" /> Cecilio morì nel [[168 a.C.]], un anno dopo Ennio, ma se si volesse dare credito all'aneddoto narrato da Svetonio la data dovrebbe essere posticipata almeno al [[166 a.C.]] poiché l{{'}}''[[Andria (Terenzio)|Andria]]'' fu rappresentata per la prima volta soltanto in quell'anno.<ref name="Pontiggia_286" /><ref name="Beare_101" /> Il drammaturgo fu sepolto nelle vicinanze del colle [[Gianicolo]].<ref name="Girolamo" />
Intorno al [[100 a.C.]] [[Volcacio Sedigito]], un erudito e poeta pre-neoterico, nel suo canone dei migliori poeti comici latini, pone Cecilio Stazio al primo posto, davanti a [[Tito Maccio Plauto|Plauto]]. Dello stesso tenore più o meno tutte le valutazioni successive, che lo pongono sempre in primo piano; Orazio lo elogia per la serietà dei sentimenti, Varrone approva i suoi intrecci. Solo sulla purezza del suo latino si riscontra in Cicerone qualche riserva. Ciò che emerge da tutto questo è in sostanza il fatto che il naufragio pressoché totale della sua opera non dipende da discredito o evidente inferiorità rispetto ad altri autori, ma solo da un doloroso caso.
 
=== Opere ===
== Caratteri stilistici e dei contenuti ==
{{Vedi anche|Storia della letteratura latina (240 - 78 a.C.)}}
 
Il grandissimo successo che le commedie plautine avevano riscosso e continuavano a riscuotere presso il popolo contribuì a creare in Roma una certa propensione per il genere comico, a svantaggio di quello [[Tragedia|tragico]].<ref name="Beare_100" /> Allo stesso tempo, Plauto aveva così stabilito degli standard che difficilmente i commediografi successivi riuscirono a raggiungere: essi, peraltro spesso in rivalità tra loro, potevano dunque o tentare di «rivaleggiare con Plauto sul suo stesso terreno»,<ref name="Beare_100" /> o cercare nuove strade per raggiungere il successo. In questo contesto si colloca dunque l'opera letteraria di Cecilio, che, pur cimentandosi nel genere della palliata come Plauto, vi introdusse alcune significative innovazioni.
La figura di Cecilio Stazio si pone in un certo senso in una posizione intermedia tra Plauto e Terenzio. Alcuni indizi orientano in questa direzione: molti frammenti a noi noti si inscrivono benissimo nell'atmosfera del teatro plautino; c'è anche qui infatti una grande ricchezza di [[metrica latina|metri]], vivace fantasia comica, gusto per la farsa.
 
[[File:Menander Chiaramonti Inv1453.jpg|thumb|Copia romana in marmo di un busto greco di [[Menandro]], principale esponente della [[Commedia nuova]], cui Cecilio si ispirò ([[Museo Chiaramonti]]).]]
A differenza di Plauto però Cecilio Stazio sembra essere più fedele ai modelli greci della [[Commedia Nuova]] ateniese, e in particolare si mostra un grande amante di [[Menandro]], a opere del quale fanno riferimento quasi la metà dei titoli che conosciamo; in generale i suoi titoli sono riproduzioni, sovente molto fedeli di titoli di commedie greche. Questi caratteri che avvicinano Cecilio a Terenzio e sono un chiaro sintomo della progressiva ellenizzazione della cultura romana a lui contemporanea.
Della vasta opera di Cecilio sono giunte fino a oggi poche testimonianze frammentarie, per un totale di circa 280 versi.<ref name="Beare_101" /> Sono noti i titoli di quarantadue palliate: ''Aethrio, Andrea, Androgynos, Asotus, Chalcia, Chrysion, Dardanus, Davos, Demandati, Ephesio, Epicleros, Epistathmos, Epistola, Ex hautu hestos, Exul, Fallacia, Gamos, Harpazomene, Hymnis, Hypobolimaeus sive Subditivos, Hypobolimaeus Chaerestratus, Hypobolimaeus Rastraria, Hypobolimaeus Aeschinus, Imbrii, Karine, Meretrix, Nauclerus, Nothus Nicasio, Obolostates sive Faenerator, Pausimachus, Philomena, [[Plocium]], Polumeni, Portitor, Progamos, Pugil, Symbolum, Synaristosae, Synephebi, Syracusii, Titthe'' e ''Triumphus''.
 
In ambito tecnico, l'opera di Cecilio determinò un significativo punto di svolta nella [[Storia della letteratura latina|storia della letteratura]] e del [[teatro latino]], che nel rapporto con gli originali greci vedevano uno tra i maggiori problemi letterari del tempo:<ref name="Traina_9596">{{cita|Traina|pp. 95-96|Traina}}.</ref> in precedenza, [[Gneo Nevio]] e Plauto avevano operato sugli originali da cui traevano le loro opere con grande disinvoltura, traducendone e latinizzandone i titoli, inserendovi riferimenti all'attualità e ai costumi romani, [[contaminatio|contaminando]] liberamente le trame.<ref name="Beare_101" /> Cecilio si fece invece artefice di una maggiore fedeltà agli originali, dei quali in molti casi non tradusse i titoli, a testimonianza della sempre maggiore ellenizzazione della cultura romana.<ref name="Pontiggia_286" /><ref name="Traina_9596" /> Rarissima è infatti nelle sue opere la presenza, limitata alla sola ''Rastraria'', di titoli con la formazione indigena in ''-aria'', molto frequente invece in Nevio e in Plauto.<ref name="Traina_9596" /> Dalla testimonianza di [[Marco Terenzio Varrone]],<ref name="Varrone" /> che assegnò a Cecilio la palma ''in argumentis'', ovvero per le trame, risulta inoltre probabile che il commediografo non facesse uso del procedimento, comune a molti dei suoi contemporanei, della ''contaminatio'', il quale arricchiva la commedia e permetteva di presentare un maggior numero di situazioni farsesche, ma contribuiva contemporaneamente a indebolire le trame.<ref name="Pontiggia_286" /><ref name="Traina_9596" /> Tale interpretazione sarebbe confermata dal fatto che Cecilio non è citato nell'elenco dei commediografi che fecero uso della ''contaminatio'' riportato nell{{'}}''Andria'' di Terenzio, dove compaiono, invece, Nevio, Plauto ed Ennio.<ref name="Andria">Terenzio, ''Andria'', v. 18.</ref>
Dal punto di vista contenutistico è rimarchevole la presenza di una consapevole indagine sulla condizione umana, che si esplica in numerose sentenze (vedi ad esempio nel brano riportato in questo articolo, la sentenza di apertura).
 
Il principale modello da cui Cecilio tradusse i suoi modelli fu il commediografo greco di età ellenistica [[Menandro]]: a lui si possono far risalire sedici dei quarantadue titoli di cui è giunta ad oggi notizia.<ref name="Beare_101" /> [[Marco Tullio Cicerone]] parlò in più opere di Cecilio e Terenzio come traduttori di Menandro,<ref name="Cic_19">Cicerone, ''De optimo genere oratorum'', 19.</ref><ref name="De_finibus">Cicerone, ''De finibus'', I, 2, 41.</ref> e Gellio operò nelle sue ''Noctes Atticae'' un confronto tra alcuni passi del ''Plocium'' di Cecilio e l'originale di Menandro.<ref name="Gellio">Aulo Gellio, ''Noctes Atticae'', II, 23.</ref>
Nelle ''[[Noctes Atticae]]'' Aulo Gellio riporta il più interessante frammento rimasto, il "lamento del marito": il suo valore è fondamentale perché Gellio ci propone un confronto fra questo brano, tratto dal ''Plocium'', e il suo modello greco, il Πλόκιον di Menandro. Non sono molti i casi come questo (ad esempio il ''Dis exapatòn'' sempre di Menandro, confrontabile in alcuni passi con le ''Bacchides'' di Plauto), in cui possiamo avere sott'occhio un confronto diretto, una testimonianza diretta della pratica del ''vertere''.
Si trattava di prendere spunto dai modelli greci, più o meno fedelmente a seconda del periodo e dell'autore, anche prendendo interi brani e traducendoli e riassemblandoli in nuovi modi, per creare nuove situazioni drammaturgiche originali.
 
A livello [[metrica|metrico]], Cecilio predilesse l'uso del [[senario giambico]], già particolarmente diffuso nelle opere dei drammaturghi a lui precedenti, e del [[settenario trocaico]]; si registra tuttavia, nella sua opera, la presenza di parti cantate, i ''cantica'', polimetriche e dal ritmo vivace,<ref name="Pontiggia_288">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 288}}.</ref> affini ai ''cantica'' già adoperati da Plauto. A livello [[retorica|retorico]], abbondano le [[figura retorica|figure]] di suono, tipiche della [[Età preletteraria latina#Produzione|prosa sacrale romana]] e di tutta la [[Storia della letteratura latina (240 - 78 a.C.)|letteratura arcaica latina]], quali l'[[allitterazione]]<ref name="Plocium_150">''Plocium'', v. 150 Ribbeck:{{Citazione|[...] e mi ha così stordito piangendo, pregando, insistendo e rimproverando [...]|Trad. di F. Cavazza in Aulo Gellio, ''Le Notti Attiche'', Zanichelli.|Ita plorando orando instando atque obiurgando me optudit [...]|lingua=la}}</ref><ref>''Synephebi'', vv. 213-214 Ribbeck:{{Citazione|Quel che succede in città è roba da patibolo: una meretrice non vuole accettare denaro dal suo amante.|Adattamento della trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Hoc in civitate fiunt facinora capitalia:<br /><Nam> ab amico amante argentum accipere meretrix noenu volt.|lingua=la}}</ref> e l'[[omoteleuto]];<ref name="Pontiggia_288" /><ref name="Plocium_150" /> nei frammenti è attestata inoltre la presenza di [[figura etimologica|figure etimologiche]]<ref name="Pontiggia_289">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 289}}.</ref> e [[accumulazione|accumulazioni sinonimiche]].<ref>''Synephebi'', v. 212 Ribbeck:{{Citazione|[...] io invoco, imploro, impetro, prego, scongiuro il vostro aiuto!|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Clamo postulo obsecro oro ploro atque inploro fidem!|lingua=la}}</ref><ref name="PontiggiaGrandi">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 292}}.</ref>
In effetti i due brani analizzati da Gellio mostrano che Cecilio ha qui riadattato Menandro con una notevole libertà, indizio che, come Plauto, non aveva interesse a riproporre passivamente le situazioni già note nei modelli e ottimamente rese da questi, ma a trarre spunto per creare opere autonome all'insegna di una poetica personale e originale.
 
A livello stilistico, dunque, l'opera di Cecilio trasse ispirazione da quella di Plauto: abbondano infatti situazioni farsesche e battute di spirito salaci e talvolta grossolane e volgari,<ref name="Beare_104">{{cita|Beare|p. 104|Beare}}.</ref> come è esemplificato dal seguente passo del ''Plocium'':
== Dal Plocium ==
{{Citazione|È proprio misero colui che non può nascondere e sopportare la sua pena: così mi rende mia moglie con la sua bruttezza e la sua condotta; se anche taccio lascio tuttavia trasparire la mia pena. Lei che, tranne la dote, ha tutto quello che non vorresti: chi avrà senno, imparerà da me, che, quale un prigioniero presso i nemici, sebbene io sia un uomo libero, sono in schiavitù, pur essendo in salvo la città e la rocca. Lei che mi priva di tutto ciò che mi piace. Vuoi che io sia salvo? Mentre io sto con la bocca aperta ad aspettare la sua morte, come morto fra i vivi io vivo. Quella dice che io me la intendevo con la mia ancella di nascosto a lei, di questo mi accusa, e mi ha stordito piangendo, pregando, insistendo e rimproverando, che io l'ho venduta; ora, credo, fa queste chiacchiere tra le sue coetanee e le parenti: «chi vi fu tra di voi, ancora nel fiore dell'età giovanile, che ottenne questa stessa cosa da suo marito, che io ora da vecchia ho ottenuto, cioè di privare mio marito dell'amante?» Questi saranno oggi i loro pettegolezzi, ed io, infelice, vengo straziato dalle chiacchiere.|''Plocium'', vv. 143-157 Ribbeck; trad. di F. Cavazza in Aulo Gellio, ''Le Notti Attiche'', Zanichelli.|Is demum miser est, qui aerumnam suam nesciat occulte<br />ferre: Ita me uxor forma et factis facit, si taceam, tamen indicium,<br />Quae nisi dotem omnia quae nolis habet: qui sapiet de me discet,<br />Qui quasi ad hostis captus liber servio salva urbe atque arce.<br />Dum eius mortem inhio, egomet inter vivos vivo mortuus.<br />Quaen mihi quidquid placet eo privatum it me servatam <velim>?<br />Ea me clam se cum mea ancilla ait consuetum. id me arguit:<br />Ita plorando orando instando atque obiurgando me optudit,<br />Eam uti venderem. nunc credo inter suas<br />Aequalis, cognatas sermonem serit:<br />'Quis vostrarum fuit integra aetatula<br />Quae hoc idem a viro<br />Impetrarit suo, quod ego anus modo<br />Effeci, paelice ut meum privarem virum?'<br />Haec erunt concilia hocedie: differar sermone misere.|lingua=la}}
 
[[File:Terence cropped.png|thumb|left|Ritratto di Terenzio dal codice Vaticano Latino 3868 ([[X secolo]], [[Biblioteca Apostolica Vaticana]]).]]
Il "lamento del marito"
 
Della palliata plautina Cecilio riutilizzò inoltre il linguaggio vario, vivace ed esuberante,<ref name="Pontiggia_287">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 287}}.</ref> incentrato sulla ricerca della parola carica, colorita e imprevista,<ref name="Traina_9596" /> ma evitò invece qualsiasi riferimento all'attualità romana, cui Plauto aveva invece fatto di frequente ricorso.<ref name="Beare_104" /> Inoltre, la maggiore aderenza agli originali greci, la predilezione per Menandro e il primo approfondimento psicologico dei personaggi testimoniano anche gli sviluppi che Cecilio apportò al modello plautino:<ref name="Pontiggia_287" /> egli si preoccupò infatti di prestare maggiore cura ai pensieri e alle azioni dei suoi personaggi, analizzandone finemente i sentimenti<ref name="Pontiggia_291">{{cita|Pontiggia; Grandi|p. 291}}.</ref> e rendendoli coerenti con le vicende narrate.<ref name="Pontiggia_290">{{cita|Pontiggia; Grandi|p. 290}}.</ref>
* Poveraccio davvero chi la propria sciagura non può tener nascosta:
* così ci pensa mia moglie, con la sua figura e le sue azioni,
* anche se io taccio, a farmi la spia.
* All'infuori della dote, tutto quello che non vorresti
* lei ce l'ha. Impari da me chi ha cervello:
* come prigioniero in mano del nemico, da libero
* io sono schiavo, salva la città e la rocca.
* Tutto quel che mi piace, lei me ne priva con la violenza: sì e no mi lascia sano.
* Attendo golosamente la sua morte, e intanto sto tra i vivi come un morto.
* Dice che me la faccio con la serva, di nascosto da lei: di questo mi accusa.
* A furia di implorare pregare seccare e rampognare mi ha tanto martellato
* che l'ho venduta. Adesso, credo, in mezzo
* a comari e congiunte tiene banco;
* "Chi di voi donne, negli anni verdi ,
* è stata capace di ottenere da suo marito
* quel che io, da vecchia, poco fa
* sono riuscita a fare, di togliere l'amante a mio marito?".
* Questo sarà il comizio oggi; mi si strazia di chiacchiere, ahimè!
(canticum polimetrico)
(vv. 143-157 Ribbeck)
 
Non mancano, tuttavia, passi che separino nettamente l'opera di Cecilio dal modello stilistico plautino: nei ''Synephebi'' il personaggio della ''meretrix'' ([[Cortigiano|cortigiana]]), nella palliata tradizionalmente avida e venale, appare al contrario generoso e disinteressato, pronto a sacrificarsi per l{{'}}''adulescens'' amato.<ref>''Synephebi'', vv. 211-214 Ribbeck:{{Citazione|O dei, e voi, giovani e concittadini tutti, io invoco, imploro, impetro, prego, scongiuro il vostro aiuto! Quel che succede in città è roba da patibolo: una meretrice non vuole accettare denaro dal suo amante.|Adattamento della trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Pro deum, popularium omnium, omnium adulescentium<br />Clamo postulo obsecro oro ploro atque inploro fidem!<br />Hoc in civitate fiunt facinora capitalia:<br /><Nam> ab amico amante argentum accipere meretrix noenu volt.|lingua=la}}</ref><ref name="PontiggiaGrandi" /> Cecilio fu inoltre autore di alcune sentenze di tono grave e patetico sul tema della vecchiaia<ref>''Ephesio'' vv. 28-29 Ribbeck:{{Citazione|E poi penso che sia questa la disgrazia peggiore quando si è vecchi: accorgersi che a quell'età si è di peso agli altri.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Tum equidem in senecta hoc deputo miserrimum,<br />Sentire ea aetate eumpse esse odiosum alteri.|lingua=la}}</ref><ref>''Plocium'', vv. 173-175 Ribbeck:{{Citazione|Ahimè, o vecchiaia, se anche non portassi con te nessun altro malanno, quando vieni, basterebbe questo solo, che vivendo a lungo si vedono molte cose che non si vorrebbero vedere.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Edepol, senectus, si nil quicquam aliud viti<br />Adportes tecum, cum advenis, unum id sat est,<br />Quod diu vivendo multa quae non volt videt.|lingua=la}}</ref> e di altrettante, di carattere più generale, sull'esistenza umana:<ref>''Plocium'', v. 177 Ribbeck:{{Citazione|Vivi come puoi, se non puoi vivere come vuoi.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Vivas ut possis, quando nec quis ut velis.|lingua=la}}</ref><ref>''Fabula incognita'', v. 266 Ribbeck:{{Citazione|Spesso anche sotto un sordido mantelluccio si rifugia la saggezza.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Saepe est etiam sup palliolo sordido sapientia.|lingua=la}}</ref> da situazioni comiche e farsesche, seppe dunque anche cogliere lo spunto per avviare riflessioni serie.<ref name="Pontiggia_293">{{cita|Pontiggia; Grandi|p. 293}}.</ref>
* Is demum miser est, qui aerumnam suam nequit occulte ferre:
 
* ita me<d> uxor forma et factis
L'opera di Cecilio si pone infine tra Plauto e Terenzio nell'elaborazione dell'ideale che nel [[I secolo a.C.]] avrebbe preso il nome di ''[[humanitas]]'': Plauto aveva scritto, nell{{'}}''Asinaria'', «lupus est homo homini, non homo, quom qualis sit non novit» («l'uomo è un lupo per l'uomo, non un uomo, qualora si ignori chi sia»),<ref>Plauto, ''Asinaria'', v. 495.</ref> sostenendo dunque che un uomo sconosciuto dovesse essere trattato come una fiera selvaggia.<ref name="Pontiggia_293" /> Cecilio scrisse invece «homo homini deus est, si suum officium sciat» («l'uomo è un dio per l'uomo, se conosce il proprio dovere»):<ref>''Fabula incognita'', v. 265 Ribbeck.</ref> influenzato dalla [[stoicismo|filosofia stoica]], i cui insegnamenti sarebbero stati a pieno colti e rielaborati dagli esponenti del [[circolo degli Scipioni]] e da Terenzio, che avrebbe scritto infine «[[homo sum, humani nihil a me alienum puto]]»,<ref>Terenzio, ''Heautontimorumenos'', v. 77.</ref> Cecilio sostenne che gli uomini dovessero essere tra loro solidali e recarsi reciproco beneficio: tale doveva essere il dovere di ogni uomo.<ref name="Pontiggia_293" />
* facit, si taceam, tamen indicium.
 
* Quae, nisi dotem, omnia quae nolis
=== Fortuna ===
* habet: qui sapiet, de me discet,
Il prologo dell{{'}}''Hecyra'' di Terenzio testimonia come le commedie di Cecilio, parallelamente a quanto era accaduto in Grecia a Menandro,<ref name="Beare_104" /> faticarono a raggiungere il successo finché Plauto fu in vita:<ref name="Hecyra">Terenzio, ''Hecyra'', vv. 9-27.</ref> il pubblico romano, che amava il carattere farsesco della palliata plautina, non poteva apprezzare pienamente l'approfondimento psicologico che Cecilio riservava ai suoi personaggi, né la ricerca della verosimiglianza nelle trame.<ref name="Pontiggia_286" /> Dopo la morte di Plauto, tuttavia, le opere di Cecilio ottennero un notevole successo e finirono per affermarsi su quelle degli altri autori: nella prima metà del [[I secolo a.C.]] l'erudito [[Volcacio Sedigito]] compose un canone dei maggiori poeti comici, in cui riconobbe la superiorità di Cecilio su tutti gli altri:<ref name="Pontiggia_447">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 447}}.</ref>
* qui, quasi ad hostis captus, liber
{{Citazione|Abbiamo visto molti, incerti, rivaleggiare su questo problema, a quale poeta comico assegnare la palma. Grazie al mio giudizio ti scioglierò da quest'incertezza, affinché, se qualcuno la pensasse diversamente, smetta di farlo. Assegno la palma al poeta comico Cecilio Stazio. [[Plauto]], per secondo, facilmente supera i restanti. Poi [[Gneo Nevio|Nevio]], che arde, al terzo posto. Se ci dovrà essere un quarto posto, lo si assegnerà a [[Valerio Liciniano Licinio|Licinio]]. Poi stimo che Attilio segua Licinio. Al sesto posto fa seguito [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]], [[Sesto Turpilio|Turpilio]] ottiene il settimo, [[Quinto Trabea|Trabea]] l'ottavo, e stimo che facilmente al nono posto ci sia [[Luscio Lanuvino|Luscio]]. Al decimo aggiungo, per via dell'antichità, [[Quinto Ennio|Ennio]].|Aulo Gellio, ''Noctes Atticae'', XV, 24.|multos incertos certare hanc rem vidimus,<br />palmam poetae comico cui deferant.<br />eum meo iudicio errorem dissolvam tibi,<br />ut, contra si quis sentiat, nihil sentiat.<br />Caecilio palmam Statio do comico.<br />Plautus secundus facile exsuperat ceteros.<br />dein Naevius, qui fervet, pretio in tertiost.<br />si erit, quod quarto detur, dabitur Licinio.<br />post insequi Licinium facio Atilium.<br />in sexto consequetur hos Terentius,<br />Turpilius septimum, Trabea octavum optinet,<br />nono loco esse facile facio Luscium.<br />decimum addo causa antiquitatis Ennium.|lingua=la}}
* servio, salva urbe atque arce.
 
* Quae, mihi quidquid placet, eo privat vi: <volt> vix me servatum.
Pur trattandosi di un'opinione personale, risulta verosimile che l'opinione di Volcacio fosse condivisa anche dagli altri [[filologia|filologi]] contemporanei.<ref name="Beare_133">{{Cita|Beare|p. 133|Beare}}.</ref> Poco tempo più tardi, Varrone sostenne che a Cecilio spettasse, tra i commediografi, la palma ''in argumentis'', ovvero per le trame:<ref name="Varrone">Varrone, ''Saturae Menippeae'', v. 399 Bücheler.</ref> Varrone, dunque, riconosceva probabilmente a Cecilio il merito di aver effettuato un'attenta scelta di quali fossero gli originali greci da tradurre, preferendo quelli la cui vicenda era più verosimile e meglio costruita.<ref name="Beare_101" />
* Dum ego eius mortem inhio, egomet vivo mortuus inter vivos.
 
* Ea me clam se cum mea ancilla ait consuetum, id me arguit;
Diverso fu invece il giudizio di Cicerone, che considerava la lingua di Cecilio ancora impura e attribuiva tale difetto alle origini straniere del drammaturgo:<ref name="Pontiggia_286" />
* ita plorando, orando, instando atque obiurgando me obtudit,
{{Citazione|Tralascio Gaio Lelio e Publio Scipione; fu proprio di quell'età il pregio di parlare un buon latino tanto quanto l'integrità morale; tuttavia non fu proprio di tutti: infatti vediamo che tra i loro contemporanei Cecilio e Pacuvio parlavano male: ma allora quasi tutti coloro che non erano vissuti al di fuori di questa città [Roma] e che non erano stati contaminati da alcun uso barbarico parlavano correttamente.|Cicerone, ''Brutus'', 258.|mitto C. Laelium P. Scipionem: aetatis illius ista fuit laus tamquam innocentiae sic Latine loquendi--nec omnium tamen; nam illorum aequales Caecilium et Pacuvium male locutos videmus --: sed omnes tum fere, qui nec extra urbem hanc vixerant neque eos aliqua barbaries domestica infuscaverat, recte loquebantur.|lingua=la}}
* eam uti venderem. Nunc credo inter suas
{{Citazione|Non ho seguito l'esempio di Cecilio, che è un cattivo modello di lingua latina, ma di Terenzio le cui opere, per l'eleganza del linguaggio, si riteneva fossero scritte da Gaio Lelio.|Cicerone, ''Epistulae ad Atticum'', VII, 3, 10.|secutusque sum non dico Caecilium [...] (malus enim auctor latinitatis est), sed Terentium cuius fabellae propter elegantiam sermonis putabantur a C. Laelio scribi [...]|lingua=la}}
* aequalis et cognatas sermonem serit:
Lo stesso Cicerone, tuttavia, riconobbe, come avevano fatto Volcacio Sedigito e i filologi a lui contemporanei, la superiorità di Cecilio sugli altri poeti comici.<ref>Cicerone, ''De optimo genere oratorum'', 2.</ref> Positivo fu invece il giudizio che dell'opera di Cecilio diede [[Quinto Orazio Flacco]]:
* "Quis vestrarum fuit integra aetatula,
{{Citazione|Quando poi ci si chiede quale sia il maggiore [dei poeti], si definiscono Pacuvio 'il vecchio erudito', Accio 'il sublime', Afranio 'togato, ma dotato della sensibilità di Menandro', Plauto 'estroso come il suo modello, il siciliano Epicarmo', Cecilio 'il più profondo', Terenzio 'il più fine'.|Orazio, ''Epistulae'', II, 1, 59.|ambigitur quotiens, uter utro sit prior, aufert<br />Pacuvius docti famam senis, Accius alti,<br />dicitur Afrani toga convenisse Menandro,<br />Plautus ad exemplar Siculi properare Epicharmi,<br />vincere Caecilius gravitate, Terentius arte.|lingua=la}}
* quae hoc idem a viro
 
* impetrarit suo, quod ego anus modo
Ugualmente lusinghiero fu il giudizio di [[Velleio Patercolo]]:
* effeci, paelice ut meum privarem virum?".
{{Citazione|Se non si risale col discorso alle espressioni contorte e rozze, e lodevoli per la novità, la tragedia romana si esaurisce con Accio e coloro che lo imitarono; e le eleganti facezie dell'arguzia latina risplendettero esclusivamente con Cecilio, Terenzio e Afranio, quasi contemporanei.|Velleio Patercolo, ''[[Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo]]'', I, 17, 1.|[...] nisi aspera ac rudia repetas et inventi laudanda nomine, in Accio circaque eum Romana tragoedia est; dulcesque Latini leporis facetiae per Caecilium Terentiumque et Afranium subpari aetate nituerunt.|lingua=la}}
* Haec erunt concilia hodie: differor sermone miser.
 
Decisamente negativo fu invece il parere di [[Marco Fabio Quintiliano]], esteso, peraltro, a tutto il genere comico. Egli sostenne, in particolare, la superiorità delle opere di Terenzio su quelle degli altri commediografi:
{{Citazione|Nella commedia, più che in ogni altro genere, lasciamo a desiderare, benché Varrone dica, citando la frase di Elio Stilone, che, se le Muse avessero voluto parlare latino, lo avrebbero fatto nella lingua di Plauto, nonostante le lodi che gli antichi rivolsero a Cecilio, e sebbene le opere di Terenzio siano attribuite a Scipione Africano (esse sono tuttavia le più raffinate in questo genere, e sarebbero state ancora più belle se fossero state scritte soltanto in trimetri giambici).|Quintiliano, ''Institutiones'', X, 1, 99.|In comoedia maxime claudicamus. Licet Varro Musas, Aeli Stilonis sententia, Plautino dicat sermone locuturas fuisse si Latine loqui vellent, licet Caecilium veteres laudibus ferant, licet Terenti scripta ad Scipionem Africanum referantur (quae tamen sunt in hoc genere elegantissima, et plus adhuc habitura gratiae si intra versus trimetros stetissent).|lingua=la}}
 
Diversamente da quella antica, la critica moderna e contemporanea si trova nell'impossibilità di valutare l'opera di Cecilio, di cui non restano che pochi frammenti.<ref name="Traina_9596" /> La sua figura appare dunque ambigua, in parte ancora legata al modello plautino, in parte anticipatrice di quello terenziano: il suo stile risulta contraddistinto da una tensione che non arriva pienamente a raggiungere la creatività del predecessore, né la compostezza e la naturalezza del successore.<ref name="Traina_9596" /> A Cecilio si riconosce comunque il merito di aver agito da fondamentale anello di passaggio tra la palliata di Plauto e quella di Terenzio, permettendo il successivo svilupparsi in tutti i generi di una letteratura completamente ellenizzata nel contenuto e nello stile.<ref name="Beare_104" />
 
==Frammenti superstiti==
Delle commedie di Cecilio Stazio ci sono pervenuti solo 190 frammenti, piuttosto brevi e di tradizione indiretta, per un totale di circa 290 versi. Il ''Plocium'' è la commedia meglio conservata (45 versi). Recentemente, tuttavia, un grande frammento dell{{'}}''Obolostates sive Faenerator'' (''L'usuraio'') è stato scoperto in uno dei [[papiri di Ercolano]] (''PHerc.'' 78).<ref>Sarah Hendriks, {{cita web|lingua=en|https://classicalstudies.org/annual-meeting/147/abstract/latin-papyri-herculaneum|The Latin Papyri from Herculaneum
}}</ref> L'utilizzo di tecniche innovative ha reso possibile la lettura del papiro, precedentemente catalogato come illeggibile a causa del pessimo stato di conservazione.<ref>''The Library of the Villa Dei Papiri at Herculaneum'', David Sider, Getty Publications, 2005, [https://books.google.it/books?id=CvmSaLqG3oMC&pg=PA71&lpg=PA71&dq=caecilius+statius&f=false pp. 71-72]</ref> Si tratta dell'unica opera di Cecilio giuntaci per tradizione diretta. L'[[edizione critica]] della commedia non è ancora stata pubblicata, ma si stima che il papiro contenga un frammento di 400-500 versi, vale a dire circa la metà dell'opera. Alcune informazioni preliminari sono state pubblicate nel [[1996]] dall'autore della scoperta, il [[filologo]] [[Norvegia|norvegese]] [[Knut Kleve]].<ref>Kleve, Knut (1996), ''How to read an Illegible Papyrus. Towards an Edition of Pherc. 78. Caecilius Statius, Obolostates sive Faenerator'', in: Cronache Ercolanesi 26, 5–14. Kleve, Knut (2001), ''Caecilius Statius, The Money–lender (PHerc. 78)'', in: Isabella Andorlini / Guido Bastianini / Manfredo Manfredi / Giovanna Menci (edd.), Atti del XXII congresso internazionale di papirologia, Firenze 23–29 agosto 1998 , Firenze, 725.</ref><ref>D. Sider. The Books of the Villa of the Papyri. In: M. Zarmakoupi, ed., The Villa of the Papyri at Herculaneum, 2010, p. 126.</ref>
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
;Fonti antiche
* [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], ''[[Brutus (Cicerone)|Brutus]]'', ''[[De finibus]]'', ''[[De optimo genere oratorum]]'', ''[[Epistulae ad Atticum]]''
* {{cita libro|autore=[[Aulo Gellio]]|titolo=[[Noctes Atticae]]|cid=Aulo Gellio|lingua=latino}} ([[Wikisource:la:Noctes Atticae|testo latino]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Gellius/home.html traduzione inglese]).
* [[Sofronio Eusebio Girolamo|Girolamo]], ''[[Chronicon (Girolamo)|Chronicon]]''
* [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], ''[[Epistole (Orazio)|Epistulae]]''
* [[Tito Maccio Plauto|Plauto]], ''[[Asinaria]]''
* [[Marco Fabio Quintiliano|Quintiliano]], ''[[Institutio oratoria]]''
* [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], ''[[Vita Terentii]]''
* [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]], ''[[Heautontimorumenos]]'', ''[[Hecyra]]''
* [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]], ''[[Saturae Menippeae]]''
* {{cita libro|autore=[[Velleio Patercolo]]|titolo=[[Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo]]|cid=Velleio Patercolo|lingua=latino}} ([[Wikisource:la:Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo|testo latino]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Velleius_Paterculus/home.html traduzione inglese qui] e [[Wikisource:en:Compendium of the History of Rome|qui]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}).
 
;Edizioni critiche dei frammenti
* {{Cita libro|cognome=Guardì|nome=Tommaso|titolo=Caecilius Statius. I frammenti|città=Palermo|anno=1974|editore=Palumbo}}
* {{cita libro|nome=Otto|cognome=Ribbeck|titolo=[https://archive.org/details/scaenicaeromanor02ribbuoft Scaenicae Romanorum poesis fragmenta, II]|editore=Biblioteca Teubneriana|anno=1898|città=Lipsia|pp=40-94}}
* {{cita libro|nome=E.H.|cognome=Warmington|titolo=[https://archive.org/details/remainsofoldlati01warmuoft Remains of Old Latin, I]|editore=Loeb|anno=1935|città=Cambridge-London|pp=1-495}}
 
;Letteratura critica
* {{Cita libro|cognome=Beare|nome=William|titolo=I Romani a teatro|città=Roma-Bari|editore=Laterza|anno=2008|annooriginale=1986|mese=gennaio|isbn=978-88-420-2712-6|traduttore=Mario De Nonno|cid=Beare}}
* {{Cita libro|autore=Roberto Gazich|titolo=Cecilio Stazio|opera=Studia Humanitas|anno=2002|editore=Mondadori Education|città=Milano|cid=Gazich|isbn=978-88-434-0905-1}}
* {{cita libro|cognome=Livan|nome=Gabriele|titolo=Appunti sulla lingua e lo stile di Cecilio Stazio|anno=2005|editore=Pàtron|città=Bologna|isbn=978-88-555-2804-7}}
* {{cita libro|autore=[[Luciano Perelli]]|titolo=Storia della letteratura latina|anno=1969|editore=Paravia|città=Torino|ISBN=88-395-0255-6|cid=Perelli}}
* {{Cita libro|autore=[[Giancarlo Pontiggia]]|autore2=Maria Cristina Grandi|titolo=Letteratura latina. Storia e testi|editore=Principato|città=Milano|anno=1996|mese=marzo|isbn=978-88-416-2188-2|cid=Pontiggia; Grandi}}
* {{cita libro|cognome=Traina|nome=Alfonso|titolo=Comoedia. Antologia della palliata|città=Padova|editore=CEDAM|anno=1969|cid=Traina}}
* {{cita libro|cognome=Traina|nome=Alfonso|titolo=Vortit barbare. Le traduzioni poetiche da Livio Andronico a Cicerone|anno=1974|città=Roma|editore=Edizioni dell'Ateneo}}
 
;Pubblicazioni scientifiche in lingua italiana
* {{cita pubblicazione|autore=L. Alfonsi|titolo=Sul v. 265 Ribbeck di Cecilio Stazio|rivista=Dioniso|volume=18|data=1955|pp=3-6}}
* {{cita pubblicazione|autore=L. Alfonsi|titolo=Su un verso di Cecilio Stazio|rivista=Dioniso|volume=40|data=1966|pp=27-29}}
* {{cita pubblicazione|autore=R. Argenio|titolo=I frammenti di Cecilio Stazio|rivista=RSC|volume=13|data=1965|pp=257-277}}
* {{cita pubblicazione|autore=Silvano Boscherini|titolo=Norma e parola nelle commedie di Cecilio Stazio|rivista=SIFC|volume=17|numero=1|data=1999|pp=99-115}}
* {{cita pubblicazione|autore=M.T. Camilloni|titolo=Una ricostruzione della biografia di Cecilio Stazio|rivista=Maia|volume=9|data=1957|pp=115-143}}
* {{cita pubblicazione|autore=M.T. Camilloni|titolo=Su alcuni frammenti di Cecilio Stazio|rivista=Vestigia degli antichi|data=1985|pp=212-222}}
* {{cita pubblicazione|autore=Mario De Nonno|titolo=Cecilio Stazio 34-35 R.3 in Festo p. 118 L.|rivista=Scritti per G. Morelli|data=1997|pp=233-248}}
* {{cita pubblicazione|autore=P. Frassinetti|titolo=Cecilio Stazio e Menandro|rivista=Studi di poesia latina in onore di A. Traglia|data=1979|pp=77-86}}
* {{cita pubblicazione|autore=Tommaso Guardì|titolo=Un nuovo frammento di Cecilio Stazio|rivista=Pan|volume=18-19|data=2001|pp=263-264}}
* {{cita pubblicazione|autore=Linda Meini|titolo=Né fiore né feccia|rivista=Lexis|volume=22|data=2004|pp=415-417}}
* {{cita pubblicazione|autore=Lidia Monacelli|titolo=La tradizione e il testo a proposito di Cecilio Stazio|rivista=Schol(i)a|volume=7|numero=3|data=2005|pp=39-79}}
* {{cita pubblicazione|autore=Salvatore Monda|titolo=Le citazioni di Cecilio Stazio nella Pro Caelio di Cicerone|rivista=GIF|volume=50|numero=1|data=1998|pp=23-29}}
* {{cita pubblicazione|autore=Cesare Questa|titolo=Tentativo di interpretazione metrica di Cecilio Stazio vv. 142-157 R (Plocium)|rivista=Poesia latina in frammenti|data=1974|pp=132-177}}
* {{cita pubblicazione|autore=R. Reggiani|titolo=Sulla morte di Cecilio Stazio. Una messa a punto del problema|rivista=Prometheus|volume=3|data=1977|pp=69-74}}
* {{cita pubblicazione|autore=Alfonso Traina|titolo=Sul « vertere » di Cecilio Stazio|rivista=AIV|volume=116|data=1957-1958|pp=385-393}}
 
;Pubblicazioni scientifiche in altre lingue
* {{cita pubblicazione|autore=Anne H. Groton|titolo=Planting trees for Antipho in Caecilius Statius' Synephebi|rivista=Dioniso|volume=60|data=1990|pp=58-63|lingua=inglese}}
* {{cita pubblicazione|autore=H. Jacobson|titolo=Trees in Caecilius Statius|rivista=Mnemosyne|volume=30|data=1977|p=291|lingua=inglese}}
* {{cita pubblicazione|autore=Knut Kleve|titolo=How to read an illegible papyrus|rivista=Cerc|volume=26|data=1996|pp=5-14|lingua=inglese}}
* {{cita pubblicazione|autore=Knut Kleve|titolo=Caecilius Statius, « The money-lender »|rivista=XXII congresso internazionale di papirologia|volume=2|data=2001|p=725|lingua=inglese}}
* {{cita pubblicazione|autore=Christoph Riedweg|titolo=Menander in Rom – Beobachtungen zu Caecilius Statius Plocium fr. I (136–53 Guardì)|rivista=Drama|volume=2|data=1993|pp=133-159|lingua=tedesco}}
* {{cita pubblicazione|autore=R. Rocca|titolo=Caecilius Statius mimicus?|rivista=Maia|volume=29-30|data=1977|pp=107-111|lingua=inglese}}
* {{cita pubblicazione|autore=Ludwika Rychlewska|titolo=Caecilius Statius, poeta vetus novusque|rivista=Eos|volume=78|data=1990|pp=297-314|lingua=inglese}}
 
== Voci correlate ==
{{Colonne}}
* [[Circolo degli Scipioni]]
* [[Ellenismo]]
* [[Humanitas]]
* [[Gneo Nevio]]
* [[Letteratura latina]]
* [[Lucio Ambivio Turpione]]
{{Colonne spezza}}
* [[Menandro]]
* [[Palliata]]
* [[Publio Terenzio Afro]]
* [[Quinto Ennio]]
* [[Storia della letteratura latina]]
* [[Tito Maccio Plauto]]
* [[Divina Commedia]]
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== Altri progetti ==
{{interprogetto|s=la:Caecilius Statius|etichetta=Caecilius Statius}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|http://catalog.perseus.org/catalog/urn:cite:perseus:author.293|"Caecilius Statius", in Perseus Catalog|19 marzo 2016|lingua=en}}
* {{cita web|http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Gellius/home.html|Aulo Gellio, ''Noctes Atticae''|24 maggio 2009|lingua=en}}
* {{cita web|http://www.latin.it/autore/orazio/epistulae|Orazio, ''Epistulae''|24 maggio 2009|lingua=la}}
* {{cita web|http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Quintilian/Institutio_Oratoria/home.html|Quintiliano, ''Institutio oratoria''|24 maggio 2009|lingua=en}}
* {{cita web|http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Velleius_Paterculus/home.html|Velleio Patercolo, ''Historiae romanae ad M. Vinicium libri duo''|24 maggio 2009|lingua=en}}
 
{{teatroCommedia latina}}
{{Controllo di autorità}}
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{{letteratura}}
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[[Categoria:Biografie|CecilioPersonaggi Staziocitati nella Divina Commedia (Purgatorio)]]
[[Categoria:Drammaturghi latini|Cecilio Stazio]]