Hortus conclusus: differenze tra le versioni
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[[File:Meister des Frankfurter Paradiesgärtleins 001.jpg|thumb|
L''''''hortus conclusus''''' ([[lingua latina|latino]], traducibile in [[lingua italiana|italiano]] come "
[[File:15th-century unknown painters - Madonna on a Crescent Moon in Hortus Conclusus - WGA23736.jpg|thumb|La ''[[Madonna col Bambino su falce di luna nell'hortus conclusus]]'' del Maestro del 1456]]
==Descrizione==
Come dice il nome stesso, si tratta di una zona verde,
Lo sfaldamento dell'impero, le distruzioni e il lungo intervallo di anarchia e di saccheggi barbarici avevano impedito la trasmissione dei modelli delle ville e dei giardini romani e, mancando gli esempi concreti e la letteratura di riferimento, il risveglio dell'interesse per la natura è stato lento. Soprattutto ha dovuto ricominciare con l'ammirazione del paesaggio e il tentativo di riprodurlo in miniatura all'interno di un recinto.
▲Come dice il nome stesso si tratta di una zona verde, generalmente di piccole dimensioni e circondata da alte mura, dove i monaci coltivavano essenzialmente piante e alberi per scopi [[Alimento#Piante|alimentari]] e [[pianta medicinale|medicinali]]. Pressoché sconosciuta era la funzione decorativa.
Una notevole influenza è stata esercitata dagli [[arabi]] che, oltre alla loro cultura, esportavano nuove varietà di cedri, aranci e limoni e le raffinate tecniche di irrigazione imparate dai babilonesi e dagli egiziani. Il loro gusto nel piantumare e crescere ulivi, melograni, mandorli, albicocchi, peri, e numerose varietà di agrumi si diffonde in tutto il bacino del Mediterraneo tanto che in dialetto siciliano i frutteti vengono ancora chiamati “giardini”, proprio per il loro aspetto ridente.
Nel campo dell'[[arte sacra]] europea l'''hortus conclusus'' divenne presto simbolo della [[verginità di Maria]], e si trova spesso raffigurato, anche tramite pochi accenni simbolici, in dipinti quali le ''[[annunciazione|Annunciazioni]]'' ed altre scene della vita della [[Maria (madre di Gesù)|Vergine]]. Dopotutto l'immagine dell'"hortus conclusus" è ripresa da un passo biblico del [[Cantico dei Cantici]] (4, 12): "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata"<ref>Dizionari dell'arte, "La natura e i suoi simboli", ed. Electa, p.12-15</ref>.▼
Fiori, aromi, giochi d'acqua, animali animano i giardini arabi, tesi alla ricerca di una serenità che riproduca il paradiso promesso nell'Aldilà. I cinque sensi vengono finalmente appagati: la vista dai colori, l'olfatto dai profumi delle essenze in fiore, il gusto dai frutti succosi, il tatto dalla freschezza delle foglie mosse dall'alitare del vento e l'udito dal mormorio dell'acqua e dal cinguettio degli uccelli. Il poeta [[Ibn Básrûn]] descrive la reggia palermitana di [[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]], il primo re di Sicilia: "Ecco i giardini, cui la vegetazione riveste di vaghissimi palii, / Ricoprendo il suolo olezzante con drappi di seta del Sind! / [...] Vedi gli alberi carichi delle frutta più squisite; / Ascolta gli augelli che a lor costume cianciano a gara dall'alba al tramonto!". Un altro poeta, Ibn Hamdiîs, descrive un palazzo nella contrada siciliana di Bugìa dove un canale d'acqua sembrava argento liquefatto e in una vasca vi erano alberi d'oro e d'argento i cui rami erano zampilli e sui cui bordi bocche di giraffe, leoni e uccelli gettavano acqua.
Era inoltre diffuso l'uso di grandi bacini, usati per la raccolta delle acque piovane e trasformati in luoghi di delizia sui quali si affacciavano sontuosi casini, in alcuni casi posti addirittura al centro su un isolotto. Oggi questi fasti vivono solo nelle cronache dei contemporanei e nei sopravvissuti esempi andalusi e nordafricani. Il domenicano [[Leonardo Alberti]] che visitò Palermo nel 1526 rimase affascinato dai numerosi giardini arabi che ancora vi sorgevano: "belli et vaghi giardini, pieni con molto ordine di cedri, limoni, naranzi, et altri frutti gentili [...] ruscelletti di chiare acque mormorando soavemente [...] alcune isolette artificiosamente attorniate dalle dette acque coperte sempre di verdi herbette".
L'imperatore [[Federico II di Svevia]], nipote di Ruggero II, mantenne una erudita corte di artisti e letterati, costruì castelli e conservò la tradizione normanna dei giardini - a sua volta desunta da quella araba che l'aveva preceduta - affidandone la costruzione a tecnici musulmani fatti venire appositamente dall'Oriente. Le forme di questi primitivi spazi verdi medievali sono essenziali e ridotte nelle dimensioni: un prato con al centro un pozzo, due vialetti perpendicolari con ai bordi fiori ed erbe medicinali e aromatiche.
Paradossalmente sono proprio i religiosi a vedere i limiti di una simile concezione della vita umana e con la fondazione delle prime comunità monastiche nel V e VI secolo viene attentamente rivalutato il lavoro manuale, i chiostri diventano fruttiferi con meli, peri, peschi, mandorli e, attorno al complesso religioso, sorgono vigne, uliveti, frutteti e orti che ben presto si trasformano in poderi modello dove sperimentare le nuove colture portate dai saraceni e dai crociati. L'importanza del chiostro aumenta divenendo centro fisico ma anche spirituale e intellettuale della vita del monaco e alla coltivazione delle erbe officinali e aromatiche in alcuni casi seguono anche eccessi tanto che nel 1216 ai vallombrosiani viene proibito di tenere nei chiostri fiere e uccelli esotici per diletto.
Se la riscoperta del giardino in periodo medievale può dirsi opera dei religiosi il suo successivo sviluppo è soprattutto laico. Nel IX secolo Carlo re dei franchi dà vita al Sacro Romano Impero: è l'inizio di una lenta ma costante ripresa economica. Nel ''[[Capitulare de villis]] vel de curtibus imperatoris'' - una raccolta di prescrizioni e consigli sulla costruzione e manutenzione delle proprietà imperiali - si suggerisce che i giardini e i broli siano cinti da siepi o muri, che all'interno ci siano fiori e ortaggi, piante aromatiche e alberi da frutto. Sono evidenti le influenze orientali, desunte dalle tradizioni di Bisanzio e Bagdad dove al tempo si fondevano le esperienze arabe, persiane e greche.
La fama di queste realizzazioni si sparge in tutta Italia ma solo in Toscana trova un ambiente pronto a recepire la nuova tendenza. Questo soprattutto grazie al successo dei suoi mercanti, agli scambi anche culturali con paesi lontani e al benessere economico diffuso che permettevano lo sviluppo di una folta classe di imprenditori desiderosi di porsi in evidenza e di fare del giardino un teatro insostituibile della loro vita quotidiana.
Radicandosi sui colli della Firenze comunale il giardino si laicizza tornando a essere luogo di svago e di ozio intellettuale come ai tempi della Roma imperiale. Così i piccoli giardini e gli aranceti di religiosi e privati sorti entro le mura si ampliano scegliendo ubicazioni sempre più amene. L'esempio classico è quello descritto intorno al 1350 da Boccaccio nel Decameron, un giardino che si ritiene fosse ubicato presso l'attuale villa Palmieri, sulle pendici di Fiesole: "fattosi aprire un giardino che di costa era al palagio, che tutto era da torno murato, se n'entrarono [...] Esso avea dintorno da sé e per lo mezzo in assai parti vie ampissime; e tutte allora fiorite sì grande odore per lo giardin rendevano [...] Le latora delle quali vie tutte di rosai bianchi e vermigli e di gelsomini erano quasi chiuse [...] Quante e quali e come ordinate poste fossero le piante che erano in quel luogo, lungo sarebbe a raccontare [...] Nel mezzo del quale [...] era un prato di minutissima erba [...] chiuso dintorno di verdissimi e vivi aranci e cedri [...] Nel mezzo del qual prato era una fonte di marmo bianchissimo e con maravigliosi intagli".
Questo della fonte al centro è un elemento ricorrente nell'evoluzione degli spazi verdi medievali. Spesso è identificata con la fonte dell'Eterna giovinezza o della Vita come quella celebre affrescata nel castello della Manta in provincia di Cuneo. Del resto nella Genesi II si legge: "e il fiume fuoriuscì dal Paradiso per innaffiare il giardino, che divenne così diviso in quattro parti" a formare aiuole fiorite o con erbe aromatiche (ruta, salvia, basilico, menta e tante altre di importazione) e negli esempi più tardi anche un labirinto. Nei pressi, ma discostati, sorgevano i pomari (dove si coltivavano frutti commestibili come mele ma anche pere, prugne, nespole, castagne, ciliegie, nocciole, mandorle, fichi, noci e agrumi), verzieri (con gli ortaggi), viridari (insieme di alberi sempreverdi dove vivevano animali selvatici) e peschiere.<ref>[[Ovidio Guaita]], ''Ville e giardini storici in Italia'', Milano, Electa-Mondadori, 1995, pp. 9-13.</ref>
== Iconografia nell'arte sacra ==
▲Nel campo dell'[[arte sacra]] europea, l<nowiki>'</nowiki>''hortus conclusus'' divenne presto simbolo del [[Giardino dell'Eden]] e della [[verginità di Maria]]
{{Citazione|Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata|[[Cantico dei cantici]] {{passo biblico|Cantico|4,12|libro=no}}<ref>Dizionari dell'arte, ''La natura e i suoi simboli'', ed. Electa, 2003, pp. 12-15</ref>|Hortus conclusus soror mea, sponsa, hortus conclusus, fons signatus|lingua=la}}
==Note==
<references/>
==Voci correlate==
* [[Horti]]
* [[Giardino all'italiana]]
* [[Giardino all'inglese]]
* [[Poema paradisiaco]]
* [[Il giardino segreto (Burnett)]]
==Altri progetti==
{{interprogetto}}
==Collegamenti esterni==
* [https://web.archive.org/web/20070825190646/http://www.tate.org.uk/tateetc/issue1/article2.htm Early Delights] simbologia dell'''hortus conclusus''
{{controllo di autorità}}
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[[Categoria:Iconografia cristiana]]
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