Platone: differenze tra le versioni

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[[File:Plato-raphael.jpg|thumb|right|300px|Platone, particolare della ''[[Scuola di Atene]]'' di [[Raffaello]], che lo ha ritratto con il volto di [[Leonardo da Vinci]].]]
{{Bio
|Nome = Platone Aristocle
|Cognome =
|PostCognomeVirgola = figlio di [[Aristone (padre di Platone)|Aristone]] del [[Collito|demo di Collito]] e di [[Perictione]]
|PreData = in [[lingua greca|greco]] Πλάτων, ''Pláton''
|Pseudonimo = Platone
|PreData = {{lang-grc|Πλάτων|Plátōn}}, [[Fonologia della lingua greca antica|pronuncia]]: {{IPA|[plá.tɔːn]}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Atene
|LuogoNascitaLink = Atene (città antica)
|GiornoMeseNascita =
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = [[428 a.C.]]/[[427 a.C.]]
|AnnoNascita = [[428 a.C.|428]]/[[427 a.C.]]
|LuogoMorte = Atene
|LuogoMorteLink = Atene (città antica)
|GiornoMeseMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = [[348 a.C.]]/[[347 a.C.]]
|AnnoMorte = [[348 a.C.|348]]/[[347 a.C.]]
|Epoca = -300
|Attività = filosofo
|Attività2 = scrittore
|Nazionalità = ateniese
|Attività3 = politico
|PostNazionalità =
|Nazionalità = greco antico
|Immagine = Plato Silanion Musei Capitolini MC1377.jpg
|Didascalia = Testa ritraente Platone, rinvenuta nel 1925 nell'[[area sacra del Largo Argentina]] a [[Roma]] e conservata ai [[Musei Capitolini]]. Copia antica di opera creata da [[Silanion]].<ref>{{Cita libro |citazione=Il ritratto di Silanion, che può considerarsi il primo vero ritratto di un personaggio individualizzato nei tratti fisionomici e nelle caratteristiche spirituali… |autore=[[Antonio Giuliano|A. Giuliano]] |voce=Platone |titolo=Enciclopedia dell'Arte Antica |anno=1965 |url=https://www.treccani.it/enciclopedia/platone_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/ |città=Roma |editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana |accesso=7 giugno 2021}}</ref><br />L'originale, commissionato da [[Mitridate II di Cio|Mitridate]] subito dopo la morte di Platone, fu dedicato alle [[Muse (divinità)|Muse]] e collocato nell'[[Accademia platonica]] di Atene.
}}
 
AssiemeÈ considerato uno dei personaggi più influenti della [[storia]], essendo colui che, insieme al suo maestro [[Socrate]] e al suo allievo [[Aristotele]], ha posto le basi del [[Filosofia occidentale|pensiero filosofico occidentale]].<ref>Così ad esempio il prof. [[Battista Mondin]]: «Platone è filosofo sommo, il filosofo per eccellenza. Indubbiamente anche la figura di Aristotele rifulge di luminoso fulgore. Ma […] nessun altro filosofo ha influenzato quanto Platone il destino della filosofia occidentale. Le sue dottrine gnoseologiche, metafisiche, etiche, politiche, estetiche, assimilate dal cristianesimo, sono diventate eredità permanente della cultura medioevale e della cultura moderna. La figura di Platone è fondamentale, gigantesca e poliedrica. Oltre che la storia della filosofia essa interessa la storia della poesia, della letteratura e della lingua greca. […] La straordinaria grandezza di Platone è stata riconosciuta in ogni tempo» (''Storia della metafisica'', vol. I, pag. 139, E.S.D., 1998, ISBN 978-88-7094-313-9).</ref><ref name=Whitehead>«''The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato''» («La più sicura caratterizzazione della tradizione filosofica europea è quella secondo la quale essa consiste in una serie di note a piè di pagina a Platone»), in [[Alfred North Whitehead|A. N. Whitehead, in]] ''Process and Reality: an Essay in Cosmology'', p. 39, Free Press, 1979).</ref><ref>«La filosofia posteriore, la nostra filosofia, non è altro che una continuazione, uno sviluppo della forma letteraria introdotta da Platone». ([[Giorgio Colli]], ''La nascita della filosofia'', Adelphi, Milano 2011, p. 13).</ref><ref>«Platone è una figura d'importanza storica mondiale, e la sua filosofia è una di quelle creazioni di risonanza mondiale, che sin dal primo loro sorgere hanno avuto la più significativa influenza, su tutte le età successive, sull'educazione e sullo svolgimento dello spirito» ([[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]], ''Lezioni sulla storia della filosofia'', vol. II, La Nuova Italia, Firenze 1964, p. 154).</ref>
 
== Biografia ==
===Le fonti===
Nacque ad [[Atene]] da genitori aristocratici: il padre Aristone, che vantava tra i suoi antenati [[Codro]], l'ultimo leggendario re d'Atene, gli impose il nome del nonno, cioè Aristocle; anche la madre, Perittione, secondo [[Diogene Laerzio]], discendeva dal famoso legislatore [[Solone]]<ref>«Crizia, uno dei Trenta e Glaucone erano figli di Callescro. Glaucone era padre di Carmide e di Perittione. Da Perittione e Aristone, nacque Platone, sesto da Solone» (Diogene Laerzio, a cura di Marcello Gigante, ''Diogenes Laertius Vite dei filosofi'', Laterza, 1962, III, 1)</ref><ref>Diogene Laerzio, ''Vite'', III, 1, 1 – {{en}} una [http://classicpersuasion.org/pw/diogenes/dlplato.htm versione in inglese], traduzione di C.D.&nbsp;Yonge</ref><ref>[[Crizia]] era cugino di Carmide e suo tutore (in Platone, [[Carmide (dialogo)|Charm.]] 154b e 155a). Carmide era fratello di Perittione per cui Platone era cugino in primo grado di Carmide e in secondo grado di Crizia. (in J. Kirchner, ''Prosopografia attica''. Vol.I)</ref>
{{Citazione|... [di un] uomo che ai malvagi non è neppure lecito lodare.|[[Aristotele]], ''Elegia dell'altare'', fr. 673 [[Valentin Rose|Rose]]<sup>3</sup>, v. 16<ref>{{cita libro|autore=Valentinus Rose|wkautore=Valentin Rose|titolo=Aristotelis qui ferebantur librorum fragmenta|url=https://archive.org/stream/aristotelisquif00arisgoog#page/n4/mode/2up|editore=In aedibus B. G. Teubneri|città=Lipsia|anno=1886|lingua=grc|capitolo=Carmina|url_capitolo=https://ia902702.us.archive.org/BookReader/BookReaderImages.php?zip=/34/items/aristotelisquif00arisgoog/aristotelisquif00arisgoog_tif.zip&file=aristotelisquif00arisgoog_tif/aristotelisquif00arisgoog_0448.tif&scale=4&rotate=0|p=421, fr. 673, v. 16|accesso=6 settembre 2014|cid=VRose}}.</ref><ref>{{cita libro|autore=Tiziano Dorandi|curatore=M. István Bodnár|curatore2=William Wall Fortenbaugh|titolo=Eudemus of Rhodes|url=https://books.google.it/books?id=HZTJadMo6GUC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|editore=Transaction Publishers|anno=2002|capitolo=Qualche aspetto controverso della biografia di Eudemo di Rodi|url_capitolo=https://books.google.it/books?id=HZTJadMo6GUC&pg=PA51&lpg=PA51&dq=Elegia+dellaltare+Aristotele&source=bl&ots=kBtuZmGX8R&sig=w4ZXDaAvmvUTqCzUO4Hhw5TiMvw&hl=it&sa=X&ei=CikKVMWUH4rOygP2g4C4Bw&ved=0CEkQ6AEwBQ#v=onepage&q=Elegia%20dellaltare%20Aristotele&f=false|citazione=Olimpiodoro cita, nel ''Commento al Gorgia'', alcuni versi di un'elegia in onore di Platone che Aristotele indirizza a un Eudemo […]: ''E quando giunse al nobile suolo della Cecropia piamente eresse un altare in onore della veneranda amicizia di un uomo, che ai cattivi neppure è lecito lodare. Il quale solo, o primo fra i mortali, dimostrò chiaramente con la sua propria vita e con le argomentazioni delle sue dottrine, che l'uomo diviene a un tempo buono e felice; ma a nessuno ormai è concesso di giungere a questo''|p=51|accesso=6 settembre 2014|ISBN=978-0-7658-0134-0}}</ref><ref>Enrico Berti, ''Profilo di Aristotele'', Edizioni Studium [1979], Roma 2012, p. 20: «Si può dire che i rapporti fra Platone e Aristotele dovettero essere ottimi, cioè non solo di grande amicizia […]; ma addirittura di vera e propria venerazione verso Platone da parte di Aristotele, come risulta da un'elegia scritta da questo dopo la morte del maestro, la cosiddetta ''Elegia dell'altare'', dove Platone è indicato come "''l'uomo che ai malvagi non è neppure lecito lodare"''».</ref>|…ἀνδρός, ὃν οὐδ'αἰνεῖν τοῖσι κακοῖσι θέμις.|lingua=grc}}
 
Le fonti non offrono un quadro univoco della vita di Platone. Una biografia che, secondo la testimonianza del neoplatonico [[Simplicio (filosofo)|Simplicio]],<ref>''De caelo'' (ed. Heiberg), 12, 22-23; ''In Physica'' (ed. Diels), 1165, 35.</ref> sarebbe stata redatta dal discepolo [[Senocrate]] non ci è pervenuta. Molte notizie ci giungono dallo storico greco [[Diogene Laerzio]] (vissuto tra il II e III secolo d.C.), autore di una serie di biografie di filosofi greci (''[[Vite dei filosofi]]''<ref>Il libro III delle Βίοι καὶ γνῶμαι τῶν ἐν φιλοσοφίᾳ εὐδοκιμησάντων di Diogene Laerzio è interamente dedicato a Platone.</ref>), che si rifà a numerosi testimoni, tra cui [[Speusippo]], [[Aristotele]], [[Ermodoro di Siracusa|Ermodoro]], [[Aristippo]], [[Dicearco]], [[Aristosseno]] e altri. Altri biografi di Platone, come [[Olimpiodoro il Giovane]] (VI secolo d.C.),<ref>{{Cita libro|titolo=Biografia universale antica e moderna ossia Storia per alfabeto della vita pubblica e privata di tutte le persone che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti. Opera affatto nuova compilata in Francia da una: 44|url=https://books.google.it/books?id=hmZBEZmKrY8C&pg=PA410|accesso=12 maggio 2022|data=1828|lingua=it}}</ref><ref>Traduzione italiana: "La vita di Platone", in ''Olimpiodoro d’Alessandria. Tutti i Commentari a Platone'', (testo greco a fronte) cura di Francesca Filippi, Sankt Augustin, Academia Verlag, 2017, vol. I, pp. 5-12.</ref> e una biografia anonima<ref>Pubblicata da Anton Westermann in ''Biographoi. Vitarum scriptores Graeci minores'', Brunsvigae, Westermann, 1845, pp. 388-396.</ref> non citano alcuna fonte. [[Apuleio]], nel ''[[Opere filosofiche di Apuleio#De Platone et eius dogmate|De Platone et eius dogmate]]'', i cui primi quattro capitoli costituiscono la più antica biografia di Platone pervenutaci,<ref>''Medioplatonici. Opere, frammenti, testimonianze'', a cura di Emmanuele Vimercati, Milano, Bompiani, 2015, p. 950 e p. 1147, n. 1.</ref> menziona Speusippo (I, 2, 183), il quale, come dice in un unico riferimento anche Diogene Laerzio (III, 1, 2; IV, 1-11), avrebbe scritto un elogio funebre del maestro.
La sua data di nascita viene fissata da [[Apollodoro di Atene]], nella sua ''Cronologia'', all'ottantottesima [[Olimpiade]], nel settimo giorno del mese di Targellione, ossia alla fine di maggio del 428&nbsp;a.C.<ref>Fonte utilizzata anche da Diogene Laerzio (III, 1-41), cfr. [http://marin.unisal.it/Sintesi%20di%20Storiografia%20FA%202010.pdf Storiografia filosofica antica], pag. 26 e 72.</ref> Ebbe due fratelli, Adimanto e Glaucone, citati nella sua ''[[Repubblica (Platone)|Repubblica]]'', e una sorella, Potone, madre di [[Speusippo]], futuro allievo e successore, alla sua morte, alla direzione dell'[[Accademia di Atene]].
 
Delle autorità citate da Diogene Laerzio, non è possibile dire se alcune tra esse si siano specificatamente dedicate a biografare il maestro.<ref>{{en}} [[George Grote]], ''[https://books.google.it/books?id=gvkaAAAAYAAJ Plato and the Other Companions of Sokrates]'', volume 1, ed. Murray, 1867, p. 113.</ref> Altre fonti sulla vita di Platone sono: i suoi [[Dialoghi (Platone)|dialoghi filosofici]]; gli scritti di Aristotele; una raccolta di [[Lettere (Platone)|tredici lettere di Platone]] (probabilmente spurie, tranne la [[Lettera VII|VII]] e l'VIII); un frammento dalla ''Storia dei filosofi'' (''Syntaxis ton philosophon'') e otto frammenti della ''Storia dell'Accademia'', dell'epicureo [[Filodemo di Gadara]] (I secolo a.C.), che fanno parte dei [[papiri di Ercolano]];<ref>Filodemo, ''Storia dei filosofi [.] Platone e l’Accademia (PHerc. 1021 e 164)'', Edizione, traduzione e commento a cura di Tiziano Dorandi, Napoli Bibliopolis 1991, pp. 186-187.</ref> gli anonimi ''Prolegomena'' alla filosofia platonica (tradizionalmente attribuiti a Olimpiodoro); la voce della ''[[Suda (enciclopedia)|Suda]]'' (X secolo) su Platone;<ref>Ada Adler (a cura di), ''Suidae Lexicon'', I-V. Lipsiae: B. G. Teubneri, 1928-1938. La voce "Platon, IV 141.16-17", è disponibile (testo greco e traduzione inglese) sul sito [https://www.cs.uky.edu/~raphael/sol/sol-entries/pi/1707 "Suda On Line" ].</ref> la ''Vita di Dione'' di [[Plutarco]] (I-II secolo d.C.), che comunque si rifà alle ''Lettere''.<ref>{{en}} [[George Boas]], «[https://www.jstor.org/stable/2181715?seq=1 Fact and Legend in the Biography of Plato]», in ''[[The Philosophical Review]]'', vol. 57, n. 5 (settembre 1948), pp. 439-457.</ref>
Fu un altro Aristone, un lottatore di [[Argo (città)|Argo]], suo maestro di [[ginnastica]], a chiamarlo Platone (dal greco πλατύς, ''platýs'', che significa "ampio") date le ampie spalle;<ref>Platone praticava infatti il [[pancrazio]], una sorta di lotta o [[pugilato]].</ref> altri danno del nome un'altra derivazione, come l'ampiezza della fronte o la maestà dello stile letterario. [[Diogene Laerzio]], riferendosi ad [[Apuleio]],<ref>''Ibid.'', ''Platone e la sua dottrina'', I, 2.</ref> a [[Olimpiodoro]]<ref>''Ibid.'', ''Vita di Platone'', 2, 3.</ref> e a [[Claudio Eliano|Eliano]],<ref>''Ibid.'', ''Storia varia'', II, 30.</ref> informa che avrebbe coltivato la [[pittura]] e la [[poesia]], scrivendo [[ditirambo|ditirambi]], [[Poesia lirica|liriche]] e [[tragedia|tragedie]], che avrebbero avuto in seguito, insieme ai mimi, un'importanza fondamentale per la scrittura dei suoi dialoghi.
 
===I viaggiNascita e l'incontro con Socrateorigini===
{{Approfondimento
Frequentò l'eracliteo [[Cratilo]] e il parmenideo [[Ermogene (filosofo)|Ermogene]], ma non è certo se la notizia sia reale o se voglia giustificare la sua successiva dottrina, influenzata sotto diversi aspetti dal pensiero dei suoi due grandi predecessori, [[Eraclito]] e [[Parmenide]], da lui considerati gli autentici fondatori della filosofia.
|allineamento = destra
|larghezza = 300px
|titolo = '''Tavola genealogica di Platone'''<ref>Mario Montuori, ''Socrate'' - ''Fisiologia di un mito'', Intr. Giovanni Reale, Vita e Pensiero, 1998 p.306 nota 61</ref>
|contenuto =
<div align=center>
 
{{Albero genealogico/inizio|style=font-size:100%;line-height:110%;}}
Avrebbe partecipato a tre spedizioni militari, durante la [[guerra del Peloponneso]], a [[Tanagra]], a [[Corinto]] e a [[Delio (Beozia)|Delio]], dal [[409 a.C.]] al [[407 a.C.]], anno in cui, conosciuto [[Socrate]], avrebbe distrutto tutte le sue composizioni poetiche per dedicarsi completamente alla filosofia.<ref name="biografia">[http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=58 Biografia di Platone].</ref>
 
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Fondamentale il suo incontro con Socrate che, dopo la parentesi del governo, oligarchico e filo-[[sparta]]no, dei [[Trenta tiranni]], del quale faceva parte lo zio di Platone [[Crizia]], fu accusato dal nuovo governo democratico di empietà e di corruzione dei giovani e condannato a morte nel [[399 a.C.]]
ess=<small>'''{{maiuscoletto|Essecestide}}'''<br />*? †?</small>
}}
 
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Dopo la morte del maestro sarebbe andato a [[Megara (città)|Megara]] insieme con altri allievi di Socrate, poi a [[Cirene (città)|Cirene]], frequentando il [[matematica|matematico]] [[Teodoro di Cirene (matematico)|Teodoro di Cirene]] e ancora in Italia, dai [[Pitagora|pitagorici]] [[Filolao]] ed [[Eurito (pitagorico)|Eurito]]. Di qui, si sarebbe recato in [[Egitto]], dove i sacerdoti l'avrebbero guarito da una malattia. Ma la fondatezza della notizia di questi viaggi è molto dubbia.
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ari=<small>'''{{maiuscoletto|[[Aristone (padre di Platone)|Aristone]]}}'''<br />*? †?</small>|
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Platone nacque ad Atene da genitori [[Aristocrazia|aristocratici]]: il padre [[Aristone (padre di Platone)|Aristone]], che vantava tra i suoi antenati [[Codro]], l'ultimo leggendario [[re di Atene]], gli impose il nome del nonno [[Aristocle (nome)|Aristocle]]; la madre, [[Perictione]], secondo [[Diogene Laerzio]] discendeva dal famoso legislatore [[Solone]]<ref>«Crizia, uno dei Trenta e Glaucone erano figli di Callescro. Glaucone era padre di Carmide e di Perittione. Da Perittione e Aristone nacque Platone, sesto da Solone» (Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', a cura di Marcello Gigante, Laterza, 1962, III, 1, p. 122).</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus:text:1999.01.0258:book=3:chapter=1|titolo=Diogenes Laertius, Lives of Eminent Philosophers, BOOK III, PLATO (427-347 B.C.)|accesso=12 maggio 2022}}</ref><ref>[[Crizia]] era cugino di Carmide e suo tutore (in Platone, [[Carmide (dialogo)|Charm.]] 154b e 155a). Carmide era fratello di Perittione per cui Platone era cugino in primo grado di Carmide e in secondo grado di Crizia. (in J. Kirchner, ''Prosopografia attica'', Berlino, G. Reimer, 1901, vol. I).</ref>.
 
La sua data di nascita viene fissata da [[Apollodoro di Atene]], nella sua ''Cronologia'', all'ottantottesima [[Olimpiade]], nel settimo giorno del mese di Targellione, ossia alla fine di maggio del 428&nbsp;a.C.<ref>Fonte utilizzata anche da Diogene Laerzio (III, 1-41), cfr. [https://www.yumpu.com/it/document/view/16363058/sintesi-di-storiografia-filosofica-antica-universita- Storiografia filosofica antica], pag. 26 e 72.</ref> Ebbe due fratelli, [[Adimanto (fratello di Platone)|Adimanto]] e [[Glaucone (fratello di Platone)|Glaucone]], citati nella sua ''[[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'', e una sorella, [[Potone]], madre di [[Speusippo]], futuro allievo e successore, alla sua morte, alla direzione dell'[[Accademia di Atene]].
 
Fu un altro Aristone, un lottatore di [[Argo (città antica)|Argo]], suo maestro di [[ginnastica]], a chiamarlo per la larghezza delle spalle "Platone" (dal greco {{polytonic|πλατύς}}, ''platýs'', che significa "ampio")<ref>Diogene Laerzio, III, 4</ref>. Platone praticava infatti il [[pancrazio]], una sorta di lotta e [[pugilato]] assieme. Altri danno del nome un'altra derivazione, come l'ampiezza della fronte o la maestà dello stile letterario. [[Diogene Laerzio]], riferendosi ad [[Apuleio]],<ref>''Ibid.'', ''Platone e la sua dottrina'', I, 2.</ref> a [[Olimpiodoro il Giovane|Olimpiodoro]]<ref>''Ibid.'', ''Vita di Platone'', 2, 3.</ref> e a [[Claudio Eliano|Eliano]],<ref>''Ibid.'', ''Storia varia'', II, 30.</ref> informa che avrebbe coltivato la [[pittura]] e la [[poesia]], scrivendo [[ditirambo|ditirambi]], [[Poesia lirica|liriche]] e [[tragedia|tragedie]], che avrebbero avuto in seguito, insieme ai mimi, un'importanza fondamentale per la scrittura dei suoi dialoghi.
 
Secondo lo stesso Diogene Laerzio<ref>''Le vite dei filosofi'', Libro III</ref> sulla sua nascita esiste una leggenda riferita nell'opera ''Il banchetto funebre di Platone'' di Speusippo, secondo cui il maestro di Aristotele sarebbe stato in realtà figlio del dio [[Apollo]], e perciò anche fratello di [[Asclepio]], «medico del corpo, come dell'anima immortale lo è Platone».<ref>Laerzio, III, 45, trad. di Anna Motta.</ref> Secondo questo mito Aristone, padre di Platone, in procinto di sedurre [[Perictione]], avrebbe avuto la visione di Apollo che lo avrebbe distolto da ogni rapporto fisico con la giovane, la quale sarebbe invece rimasta incinta del dio, preso dalla sua bellezza.<ref>''Dizionario enciclopedico delle scienze, lettere e arti'', a cura di Antonio Bazzanini, vol. 5, 1834, p. 912.</ref> Secondo una versione posteriore, tuttavia, esposta dall'autore ignoto dei ''[[Prolegomeni]]'', Platone viene nuovamente accostato ad Asclepio ma viene chiamato figlio di Aristone.<ref>Anonimo, ''Prolegomeni alla filosofia di Platone'', VI, 17-19 (traduzione italiana a cura di Anna Motta, Armando, 2014, pp. 126-128).</ref> D'altronde Speusippo, essendo figlio di una sorella di Platone, non poteva non sapere che quest'ultimo non era il primo ma il terzo figlio di Perictione.<ref>[http://www.filosofico.net/speusippo.htm Speusippo]</ref> Probabilmente il suo fine non era quello di fornire informazioni storiche, ma di promuovere la mitizzazione del filosofo dopo la morte di questi<ref>''Prolegomeni alla filosofia di Platone'', cit.</ref> e di giustificarne così il culto che gli era tributato nell'[[Accademia]]. La divinizzazione del celebre filosofo continuerà in età neoplatonica, con talune forme di eccesso - come riferito da [[Porfirio]] e da [[Proclo]]<ref>Anna Motta, ''Prolegomeni alla filosofia di Platone'', op. cit., p. 61.</ref> - e sarà ricordata dall'umanista [[Marsilio Ficino]] per la dote curativa trasmessagli da Apollo.<ref>Teodoro Katinis, ''Medicina e filosofia in Marsilio Ficino: il Consilio contro la pestilenza'', Ed. di Storia e Letteratura, 2007, pp. 72-73.</ref>
 
Nella medesima opera Speusippo elogiò inoltre l'acuto intelletto e la memoria prodigiosa dimostrati da Platone quando era un bambino, nonché la sua dedizione allo studio durante l'adolescenza.<ref>Leonardo Tarán, ''Speusippus of Athens : a Critical Study with a Collection of the Related Texts and Commentary'', Brill, Leida 1981, pp. 236-237.</ref>
 
=== I viaggi e l'incontro con Socrate ===
Platone frequentò l'eracliteo [[Cratilo]] e il parmenideo [[Ermogene (filosofo)|Ermogene]], ma non è certo se la notizia sia reale o se voglia giustificare la sua successiva dottrina, influenzata sotto diversi aspetti dal pensiero dei suoi due grandi predecessori, [[Eraclito]] e [[Parmenide]], da lui considerati gli autentici fondatori della filosofia. Avrebbe partecipato a tre spedizioni militari, durante la [[guerra del Peloponneso]], a [[Tanagra]], a [[Corinto (città antica)|Corinto]] e a [[Delio (Beozia)|Delio]], dal [[409 a.C.]] al [[407 a.C.]], anno in cui, conosciuto [[Socrate]], avrebbe distrutto tutte le sue composizioni poetiche per dedicarsi completamente alla filosofia.<ref name="biografia">[http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=58 Biografia di Platone] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100211011529/http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=58 |data=11 febbraio 2010}}</ref>
 
Secondo Diogene Laerzio (III, 8), che riporta la testimonianza di [[Aristosseno]], Platone tra il [[409 a.C.|409]] e il [[407 a.C.]] avrebbe preso parte a tre spedizioni militari, a [[Tanagra]], [[Corinto (città antica)|Corinto]] e [[Delio (Beozia)|Delio]] (e a Delio avrebbe ricevuto anche un premio per il suo valore).<ref>{{cita libro|F.| Wehrli|Die Schule des Aristoteles |1967|Aristoxenos|Basilea/Stoccarda|vol=2|posizione= fr. 11. Cit. in {{Cita|Platone, Reale, Cicero|p. 74}}|lingua=de }}</ref> In effetti, in tutti e tre i luoghi citati si sono svolte celebri battaglie: ma alla [[battaglia di Tanagra (457 a.C.)|battaglia di Tanagra]] del 457 a.C. e a [[battaglia di Delio|quella di Delio]] del 424 a.C. è impossibile che Platone, nato intorno al 427 a.C., abbia partecipato.<ref>{{cita|Nails|p. 245}}.</ref><ref name=grote117l/> Sappiamo invece che a Delio combatté Socrate come [[oplita]]<ref>Socrate combatté anche ad [[Battaglia di Anfipoli|Anfipoli]] (424-422 a.C.) e a [[Battaglia di Potidea|Potidea]] nel 432 a.C. (cfr. ''[[Apologia di Socrate]]'', 29e, in cui Platone fa dire a Socrate: «Quando i comandanti che voi eleggeste per darmi ordini mi assegnarono un posto a Potidea, ad Anfipoli e a Delio, rimasi in quel posto che mi assegnarono e rischiai di morire»).</ref> e si dice che vi si distinse<ref>Platone, ''Simposio'', 219e - 220e (trad. G. Reale).</ref>, per cui è possibile che le due figure siano state sovrapposte<ref>George Boas rigetta recisamente la plausibilità dell'intera storia delle campagne militari di Platone ({{cita|Boas|p. 444}}).</ref>. Quanto alla battaglia di Corinto del 394 a.C., sembra che Platone abbia lasciato Atene subito dopo o poco dopo la condanna a morte di Socrate (399 a.C.), ma potrebbe essersi trovato in patria al tempo della battaglia. Non è invece possibile che abbia combattuto a Delio dopo Corinto, perché in quegli anni Atene non era in conflitto con i [[Beoti]].<ref name=grote117l>{{cita|Grote|p. 117, nota l}}.</ref> Sia come sia, è altamente probabile che Platone, data l'età, abbia assolto il proprio dovere di cittadino rimanendo a difendere Atene duramente impegnata contro Sparta e che, stando a [[Tucidide]] (VII, 27; VIII, 69), era in quel periodo una base militare più che una semplice città.<ref>{{cita|Grote|p. 117}}.</ref>
 
Fondamentale il suo incontro con Socrate che, dopo la parentesi del governo, oligarchico e filo-[[sparta]]no, dei [[Trenta tiranni]], del quale faceva parte il prozio di Platone, [[Crizia]], fu accusato dal nuovo governo democratico di empietà e di corruzione dei giovani e condannato a morte nel [[399 a.C.]] Nell{{'}}''[[Apologia di Socrate]]'' l'allievo descrive il processo del maestro, che pronuncia la sua difesa, denuncia la falsità di chi l'accusa di corrompere i giovani e come testimoni della sua condotta menziona un gruppo di suoi amici presenti nel tribunale, tra i quali «Adimànto, figlio di Aristòne, di cui Platone, qui presente, è fratello».<ref>Platone, ''Apologia di Socrate'', 34a.</ref> Nel ''[[Fedone]]'' tuttavia, il narratore [[Fedone di Elide]] riferisce a [[Echecrate]] che Platone non era presente alle ultime ore di vita di Socrate.<ref>Platone, ''Fedone'', 59b.</ref> Platone sarebbe stato dunque assente, forse perché malato (59b), sebbene nessun'altra fonte antica parla per quell'epoca di una malattia del filosofo, tanto grave da impedirgli di assistere il maestro nelle ultime ore. Con la sua assenza, Platone forse vuole affermare che il dialogo non sarà una cronaca puntuale della morte di Socrate, quanto piuttosto, come afferma Bruno Centrone, una sua ricostruzione letteraria, in linea con lo spirito dialogico del maestro.<ref>Platone, ''Fedone'', trad. di M. Valgimigli, note agg. di B. Centrone, Laterza, Roma-Bari 2000, p. 200, nota 12.</ref> Dopo la scomparsa del maestro i suoi discepoli, compreso Platone, lasciarono Atene per rifugiarsi a [[Megara Nisea|Megara]].<ref>Battista Mondin, ''Storia della metafisica'', Volume 1, Edizioni Studio Domenicano, 1998, p.144</ref> Da qui egli si recò a [[Cirene]], frequentando il [[matematica|matematico]] [[Teodoro di Cirene (matematico)|Teodoro di Cirene]], e in Italia, dai [[Pitagora|pitagorici]] [[Filolao]], [[Eurito (pitagorico)|Eurito]] e [[Acrione]]. Si sarebbe infine recato in [[antico Egitto|Egitto]], dove i sacerdoti l'avrebbero guarito da una malattia. La fondatezza della notizia di questi viaggi è tuttavia dubbia.
 
=== I primi dialoghi ===
A partire dal [[395 a.C.]] Platone dovrebbe aver cominciato a scrivere i primi dialoghi, nei quali affronta il problema culturale rappresentato dalla figura di Socrate e la funzione dei sofisti: nascono così, in un possibile ordine cronologico:
{{quote|I primi dialoghi platonici sono concordi nell'attribuire una valutazione sostanzialmente positiva alle tecniche.<ref>
* l{{'}}''[[Apologia di Socrate]]'' che tuttavia non è un dialogo ma un monologo;
G. Cambiano, ''Platone e le tecniche'', Laterza, Roma-Bari 1991</ref>}}
* il ''[[Critone]]'' in cui Socrate discute la legittimità delle leggi;
A partire dal [[395 a.C.]] Platone dovrebbe aver iniziato a scrivere i primi dialoghi, nei quali affronta il problema culturale rappresentato dalla figura di Socrate e la funzione dei sofisti: nascono così, in un possibile ordine cronologico:
* lo ''[[Ione (dialogo)|Ione]]'' in cui Socrate con il gusto dello scherzo dialoga sul significato di Arte umana e Arte divina con un attore, il rapsodo, che interpreta o è posseduto dalla Poesia;
*l<nowiki>'</nowiki>''Apologia'' (il suo primo dialogo);
* l{{'}}''[[Eutifrone]]'' sui temi della giustizia e della pietà;
*il ''Critone'', in cui Socrate discute la legittimità delle leggi;
* il ''[[Carmide (dialogo)|Carmide]]'' dialogo aporetico sulla temperanza;
*lo ''Ione'', parodia ironica di poeti;
* il ''[[Lachete]]'' aporetico incentrato sul tema della virtù;
*l'''Eutifrone'';
* il ''[[Liside (dialogo)|Liside]]'' viene messo in luce il concetto platonico di amicizia;
*il ''Carmide'';
* l{{'}}''[[Alcibiade primo]]''<ref name="Attribuzione discussa">Attribuzione discussa</ref> tratta della vera sapienza, dell'utile e del giusto e del buon governo;
*il ''Lachete'';
* l{{'}}''[[Alcibiade secondo]]''<ref name="Attribuzione discussa"/> lunga discussione tra Socrate e Alcibiade sul tema della preghiera;
*il ''Liside'';
* l{{'}}''[[Ippia maggiore]]'' si discute sul concetto del "bello";
*l<nowiki>'</nowiki>''Alcibiade&nbsp;I'';
* l{{'}}''[[Ippia minore]]'' dell'identità di virtù e scienza;
*l<nowiki>'</nowiki>''Alcibiade&nbsp;II'' (queste due attribuzioni a Platone sono tuttavia discusse);
* il ''[[Menesseno]]'' elogio di [[Aspasia]] e della sua cultura e sapienza politica;
*l<nowiki>'</nowiki>''Ippia Maggiore'';
* il ''[[Protagora (dialogo)|Protagora]]'' in cui discute l'insegnabilità della virtù;
*l<nowiki>'</nowiki>''Ippia Minore'';
* il ''[[Gorgia (dialogo)|Gorgia]]'' in cui attacca l'arte retorica.
*il ''Trasimaco'' (che confluirà nella ''[[Repubblica (Platone)|Repubblica]]'' come primo libro);
*il ''Menesseno'';
*il ''Protagora'';
*il ''Gorgia''.
 
===Il primoL'arrivo viaggioin aSicilia Siracusa===
{{Vedi anche|Viaggi di Platone in Sicilia}}
Certo è invece che Platone, intorno al [[388 a.C.]], dopo aver conosciuto il pitagorico [[Archita]], governatore di [[Taranto]], sia stato a [[Siracusa]], governata da [[Dionigi I di Siracusa|Dionigi I]], dove strinse amicizia col cognato del tiranno, [[Dione di Siracusa|Dione]],<ref name="biografia" /> che guardò con favore ai programmi politici di Platone. Ma opposto fu l'atteggiamento di Dionigi che costrinse Platone ad abbandonare Siracusa per Atene; fatto sbarcare nell'isola di [[Egina (isola)|Egina]], nemica di Atene, vi venne fatto prigioniero e reso schiavo; per sua fortuna, il socratico [[Anniceride di Cirene]] lo riscattò. Ma anche quest'episodio, narrato con varianti da Diogene Laerzio,<ref>D. Laerzio, ''Vite'', III, 19, 20.</ref> è molto dubbio.
 
Numerose fonti antiche documentano i suoi viaggi in [[Sicilia (isola)|Sicilia]]. Nel [[388 a.C.|388]]/[[387 a.C.]] vi si recò con l'intenzione di studiare da vicino il [[vulcano]] [[Etna]]. Lo storico greco [[Diogene Laerzio]] afferma che il filosofo ateniese si sia recato nel suo primo viaggio siciliano presso i crateri etnei<ref>[[Diogene Laerzio]], libro III, 18. (Trad. italiana a cura di Giovanni Reale, 2005, p. 323.)</ref>. Alla sua testimonianza si aggiungono quelle di [[Ateneo di Naucrati|Ateneo]]<ref>Ateneo, ''Deipnosophistai''. l. 12. c. 22 V. cit. in ''Ateneo, i Deipnosofisti. I dotti a banchetto'', trad. commentata su progetto di [[Luciano Canfora]], introduzione di Christian Jacob, voll. I–IV, 2001.</ref> e di [[Apuleio]].<ref>Apuleio, ''De dogmate Platonis liber 1'', IV. (''Platone e la sua dottrina'', trad. in Emanuele Vimercati, ''Medioplatonici. Opere, Frammenti, Testimonianze'', 2015).</ref>
 
[[Diogene Laerzio]] afferma che nel [[390 a.C.]] circa, Platone giunse anche in [[Magna Grecia]] dove fece la conoscenza del [[pitagorico]] [[Archita di Taranto]]<ref>Paolo Cosenza, ''L'incommensurabile nell'evoluzione filosofica di Platone'', Napoli, Il Tripode 1977, p. 245.</ref>.
==== Primo viaggio: l'incontro con Dione e Dionisio I ====
Una volta giunto sull'isola fu invitato dal tiranno [[Dionisio I]] a recarsi a [[Siracusa (città antica)|Siracusa]], presso la sua corte. Qui fece la conoscenza del cognato del tiranno, [[Dione di Siracusa|Dione]], il quale divenne ben presto uno dei più intimi discepoli.<ref>[[Diogene Laerzio]], III, 46; [[Lettera VII]], 327 B e C.</ref> Opposto invece fu l'atteggiamento di Dionisio nei suoi confronti. Al siracusano non piacquero i discorsi di Platone sulla felicità e su cosa fosse giusto o non giusto fare. Per evitargli quindi l'ira di Dionisio, poiché tra i due vi era stato un acceso diverbio, Dione lo fece imbarcare su una nave capitanata dallo [[sparta]]no [[Pollide]].<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 5, 3-7; [[Diogene Laerzio]], III, 19.</ref>
 
Dionisio allora segretamente avrebbe chiesto al suo ambasciatore di uccidere Platone durante il viaggio o di renderlo schiavo. Venne quindi condotto a [[Egina (isola)|Egina]], isola nemica di Atene, dove fu fatto prigioniero e reso schiavo. A riscattarlo fu l'atleta e amico [[Anniceride (atleta olimpico)|Anniceride di Cirene]] (e non l'omonimo filosofo cirenaico [[Anniceride di Cirene]]). Ma quest'episodio, narrato con varianti da Diogene Laerzio,<ref>D. Laerzio, ''Vite'', III, 19, 20.</ref> è stato molto discusso e la critica moderna si divide nell'attribuire la responsabilità della riduzione in schiavitù di Platone a Dionisio I<ref>Vd. [[Marta Sordi]], ''Dionigi I e Platone'', ''Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni'', VI, Roma, 1980, pp. 2013-2022 (=Sordi, ''La dynasteia'', pp. 83-91; cf. pp, 165-166).</ref> o al fatto che durante la [[guerra di Corinto]] fosse molto pericoloso per gli Ateniesi navigare su quelle acque.{{#tag:ref|Cfr. contesto storico in M. Amit, ''Great and Small Poleis: a Study in the Relations between the Great Powers and the Small Cities in Ancient Greece'' (''Poleis grandi e piccole: uno studio sulle relazioni tra le grandi potenze e le piccole città dell'Antica Grecia''), Bruxelles, 1973, pp. 54-59.<br/>Nel 2024, nuove analisi di antichi documenti parrebbero antedatare al 399 a.C. la schiavitù di Platone.<ref name=Ranocchia1/> Un nuovo studio dei papiri di Ercolano, inoltre, reso noto a Napoli nell'aprile del 2024, avrebbe evidenziato che la data della schiavitù di Platone potrebbe essere anticipata al 399 a. C. o al 404 a.C., in occasione della conquista dell'isola di Egina da parte degli spartani, dunque non più imputabile al tiranno siracusano Dionisio.<ref name=Ranocchia1/>}}
 
Ne ''[[La Repubblica (Platone)|La Repubblica]]'' critica le pietanze sontuose ed elaborate della cucina locale, in particolare l'uso di condimenti e di diverse pentole per la realizzazione dei cibi, nonché l'abitudine di cibarsi due volte al giorno anziché una, fatti che erano in contrasto con le abitudini frugali del tempo e con la dieta dei militari che portavano con sé solamente un po' di carne arrostita e sale. Platone si difende dalle accuse di aver scelto questa città proprio per la qualità del cibo, affermando che per tutto il tempo si era nutrito di olive che in questo luogo non mancavano.<ref>{{cita web|url=https://www.balarm.it/news/qui-c-era-di-tutto-lui-voleva-solo-olive-perche-platone-non-digeriva-i-piatti-siciliani-149567|autore=Francesca Garofalo|data=26 ottobre 2024|accesso=27 ottobre 2024|titolo=Qui c'era di tutto, lui voleva solo olive. Perché Platone non digeriva i piatti siciliani}}</ref>
 
=== La fondazione dell'Accademia ===
[[File:Plato's Academy mosaic from Pompeii.jpg|thumb|Accademia platonica (Mosaico [[pompei (città antica)|pompei]]ano)]]
[[File:Plato i sin akademi, av Carl Johan Wahlbom (ur Svenska Familj-Journalen).png|200px|right|thumb|Platone discorre con i suoi discepoli nell'Accademia]]
Nel [[387 a.C.]] Platone è ad Atene; acquistato un parco dedicato ad [[Academo]], vi fonda una scuola che intitola [[Accademia platonica|Accademia]] in onore dell'eroe e la consacra ad [[Apollo]] e alle [[Muse (mitologia)|Muse]]. Sull'esempio opposto a quello della scuola fondata da [[Isocrate]] nel [[391 a.C.]] e basata sull'insegnamento della [[retorica]], la scuola di Platone ha le sue radici nella [[scienza]] e nel metodo da essa derivato, la [[dialettica]]; per questo motivo, l'insegnamento si svolge attraverso dibattiti, a cui partecipano gli stessi allievi, diretti da Platone o dagli allievi più anziani, e conferenze tenute da illustri personaggi di passaggio ad Atene.
 
In vent'anni, dalla creazione dell'Accademia al [[367 a.C.]], Platone scrive i dialoghi in cui si sforza di determinare le condizioni che permettono la fondazione della scienza; tali sono:
* il ''[[Clitofonte]]'' (tuttavia di incerta attribuzione);
* il ''[[Menone (dialogo)|Menone]]'' (in cui compare per la prima volta l'[[Anamnesi (filosofia)|anamnesi]], tramite l'esempio dello schiavo che riesce a dedurre il teorema di Pitagora senza che gli sia mai stato spiegato);
*il ''Menone'';
* il ''[[Fedone]]'' (in cui sostiene l'[[immortalità]] dell'anima);{{#tag:ref|In questo dialogo si accenna alla partecipazione di Platone e dello stesso Socrate ai [[Misteri Eleusini]].<ref>«''Plato, an initiate himself (as Socrates was before him) mentions the Mysteries specifically in his famous dialogue on the immortality of the soul, the Phaedo: "our mysteries had a very real meaning: he that has been purified and initiated shall dwell with the gods"''»: «Platone, anch'egli iniziato (come lo era Socrate prima di lui) menziona i Misteri proprio nel suo famoso dialogo sull'immortalità dell'anima, il ''Fedone'': "i nostri misteri avevano un significato molto reale: colui che è stato purificato e iniziato dimorerà con gli dei" (69:d, F.J. Church trans)», in {{cita web|url=https://www.ancient.eu/article/32/the-eleusinian-mysteries-the-rites-of-demeter/|titolo=The Eleusinian Mysteries: The Rites of Demeter|editore=Ancient History Encyclopedia|lingua=en}}</ref>}}
*il ''Fedone'';
* l{{'}}''[[Eutidemo (dialogo)|Eutidemo]]''; (in cui viene messa in scena una parodia dell'[[eristica]], l'arte sofistica di "battagliare" a parole allo scopo di confutare le tesi avversarie):
*l'''Eutidemo'';
* il ''[[Simposio (dialogo)|Simposio]]'' (in cui ogni partecipante dice cos'è, secondo lui, l'amore);
*il ''Convito'';
* la ''[[Repubblica (Platonedialogo)|Repubblica]]'' (in cui espone la sua forma di governo ideale, che non è, come si potrebbe immaginare, una repubblica);
* il ''[[Cratilo (dialogo)|Cratilo]]'' (in cui discute riguardo al linguaggio);
* il ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' (in cui presenta la tripartizione dell'anima tramite il mito della biga alata).
*il ''Fedro''.
 
=== Il secondo viaggio a Siracusa ===
{{Vedi anche|Viaggi di Platone in Sicilia#Secondo viaggio (367-366 a.C.)}}
Nel 364 a.C., poco prima dell'arrivo di [[Aristotele]] nell'Accademia, Platone è a [[Siracusa]], invitato da Dione che, con la morte di [[Dionigi I di Siracusa|Dionigi il Vecchio]] e la successione al potere di suo nipote [[Dionigi II di Siracusa|Dionigi il Giovane]], conta di poter attuare le riforme impedite dal precedente tiranno. Ma i contrasti con Dionigi, che sospetta nello zio intenzioni di ribellione, portano all'esilio di Dione: Platone può tuttavia rimanere a Siracusa come consigliere di Dionigi e coltivare i suoi progetti di trasformazione istituzionale dello Stato siracusano.
Nel 367-366 a.C. Platone è nuovamente a [[Siracusa]], invitato da Dione che, con la morte di [[Dionigi I di Siracusa|Dionigi il Vecchio]] e la successione al potere di suo nipote [[Dionigi II di Siracusa|Dionigi il Giovane]], conta di poter attuare le riforme impedite dal precedente tiranno.
 
{{Citazione|Se mai altra volta, certo ora potrà attuarsi la nostra speranza che filosofi e reggitori di grandi città siano le stesse persone|[[Dione di Siracusa|Dione]], ''[[Lettera VII]]'', 328a.<ref>Trad. italiana in Bonacasa, Braccesi, De Miro, ''La Sicilia dei due Dionisî'', Roma, L'Erma di Bretschneider, 2003, p. 11.</ref>|ὥστε εἴπερ ποτὲ καὶ νῦν ἐλπὶς πᾶσα ἀποτελεσθήσεται τοῦ τοὺς αὐτοὺς φιλοσόφους τε καὶ πόλεων ἄρχοντας μεγάλων συμβῆναι γενομένους|lingua=GRC}}
Nel [[365 a.C.]] Siracusa è in guerra e Platone torna ad Atene, con la promessa di poter tornare a Siracusa alla fine della guerra insieme con Dione. Ad Atene scrive il ''Parmenide'', il ''Teeteto'', e il ''Sofista''.
 
La riforma politica di Platone viene fortemente osteggiata dalla fazione tirannica che vede nel filosofo ateniese, e nella sua eloquenza, una minaccia alla propria esistenza, o addirittura un nuovo tentativo di conquista da parte di Atene.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 14. Cfr. Sordi, ''La Sicilia'', pp. 9-10: ''Il IV secolo'', p. 229; Muccioli, ''Dionisio II: storia e tradizione'', p. 201.</ref> Infine i contrasti con Dionigi II, che sospetta nello zio intenzioni di ribellione, portano all'esilio di Dione. Platone è rimasto ugualmente a Siracusa, sia perché il tiranno lo trasferisce sull'[[acropoli]] - dove occorre il suo permesso per qualsiasi imbarco - e sia perché nutre ancora «la speranza di fare tutto il bene possibile attraverso un unico individuo».<ref>Bonacasa, Braccesi, De Miro, cit., p. 15.</ref> Lo scoppio di un conflitto bellico che impegna direttamente Dionigi II offre a Platone l'occasione di lasciare la Sicilia. Ma il Siracusano gli promette che in tempo di pace manderà a chiamare sia lui che Dione.<ref>''[[Lettera VII]]'', 338a.</ref>
===Il terzo viaggio in Sicilia===
Nel [[361 a.C.]] Platone compie il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia. Non c'è però Dione, verso il quale Dionigi manifesta un'aperta ostilità; i tentativi di Platone di difendere l'amico portano alla rottura dei rapporti con il tiranno siracusano che arriva a imprigionare il filosofo. Liberato grazie all'intervento di [[Archita]], il pitagorico tiranno di [[Taranto]], amico di entrambi, nel [[360 a.C.]] Platone può ripartire per Atene; durante il viaggio sbarca a [[Olimpia]] per incontrare per l'ultima volta Dione. Questi progettava una guerra contro Dionigi, dalla quale Platone cercò invano di dissuaderlo: nel [[357 a.C.]] riuscirà a impadronirsi del potere a Siracusa ma vi sarà ucciso tre anni dopo.<ref name="vita">[http://www.parodos.it/vitadi_platone.htm Vita di Platone].</ref>
 
=== Il terzo viaggio in Sicilia ===
{{Vedi anche|Viaggi di Platone in Sicilia#Terzo viaggio}}
Nel [[361 a.C.]] Platone compie il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia. Non c'è però Dione, verso il quale Dionigi manifesta un'aperta ostilità; i tentativi di Platone di difendere l'amico portano alla rottura dei rapporti con il tiranno.
{{Citazione|Io, cittadino ateniese, amico di Dione, suo alleato, mi recai dal tiranno per cambiare in amicizia un rapporto di ostilità; combattei contro i calunniatori, ma ne fui sconfitto. Tuttavia, per quanto Dionigi con onori e ricchezze cercasse di tirarmi dalla sua parte per usarmi come prova a favore della legittimità dell’esilio di Dione, in questo fallì miseramente.|''[[Lettera VII]]'',333d.|ἐμὲ παρακαλοῦντας πρὸς τὰ νῦν πράγματα. ἦλθον Ἀθηναῖος ἀνὴρ ἐγώ, ἑταῖρος Δίωνος, σύμμαχος αὐτῷ, πρὸς τὸν τύραννον, ὅπως ἀντὶ πολέμου φιλίαν ποιήσαιμι· διαμαχόμενος δὲ τοῖς διαβάλλουσιν ἡττήθην. πείθοντος δὲ Διονυσίου τιμαῖς καὶ χρήμασιν γενέσθαι μετ’ αὐτοῦ ἐμὲ μάρτυρά τε καὶ φίλον πρὸς τὴν εὐπρέπειαν τῆς ἐκβολῆς|lingua=GRC}}
Dopo aver avuto un forte diverbio con il tiranno per aver difeso il siracusano [[Eraclide di Siracusa (politico)|Eraclide]] - colpevole di aver fomentato la rivolta dei mercenari contro Dionigi II - Platone viene cacciato dall'acropoli e trasferito nella casa di Archedemo.<ref>''[[Lettera VII]]'', 348a-e; 349a-e.</ref>
 
Nel [[360 a.C.]], quando ormai la situazione è divenuta pericolosa per la sua incolumità, riesce a lasciare la Sicilia grazie alla mediazione di Archita e dei pitagorici tarantini, i quali mandano [[Lamisco]] che convince Dionigi II a lasciare partire Platone. Durante il viaggio di ritorno, Platone sbarca a [[Olimpia]] dove incontra per l'ultima volta Dione. Questi stava progettando una guerra contro Dionigi, dalla quale Platone cercò invano di dissuaderlo: nel [[357 a.C.]] riuscirà a impadronirsi del potere a Siracusa ma vi sarà ucciso tre anni dopo.<ref name="vita">Diogene Laerzio, Vita di Platone.</ref>
 
{{Citazione|Sarò di certo con voi se, provando bisogno di reciproca amicizia, cercherete di fare qualcosa di buono; ma finché siete a desiderare il male, chiamate in aiuto qualcun altro.|Platone, ''[[Lettera VII]]'', 350.|κοινός τε ὑμῖν εἰμι, ἄν ποτέ τι πρὸς ἀλλήλους δεηθέντες φιλίας ἀγαθόν τι ποιεῖν βουληθῆτε· κακὰ δὲ ἕως ἂν ἐπιθυμῆτε, ἄλλους παρακαλεῖτε.|lingua=GRC}}
 
=== Ritorno ad Atene ===
Ad Atene Platone scrisse le ultime opere:
* Il ''[[Parmenide (dialogo)|Parmenide]]'' in cui vengono discusse le ipotesi opposte «se l'uno è» e «se l'uno non è»;
*il ''Timeo'';
* Il ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'' dedicato alla definizione del sofista;
*il ''Crizia'';
* Il ''[[Teeteto (dialogo)|Teeteto]]'' sul problema della conoscenza;
*il ''Politico'';
* il ''[[Politico (dialogo)|Politico]]'' dedicato alla definizione del politico;
*il ''Filebo'';
* il ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'' dove tratta della [[Cosmologia (filosofia)|cosmologia]], della struttura della [[materia (filosofia)|materia]] e il problema [[escatologia|escatologico]];
*le ''Leggi''.
* il ''[[Crizia (dialogo)|Crizia]]'' strutturato come una continuazione del Timeo è incompiuto: comprende la narrazione del [[mito di Atlantide]];
* il ''[[Filebo]]'' discutendo con Filebo e Protarco, Socrate ricerca il «vero Bene» in grado di garantire una vita felice;
* le ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]'': opera rimasta incompiuta, fu pubblicata postuma dal discepolo [[Filippo di Medma|Filippo di Opunte]], che la divise in dodici libri e ne aggiunse uno finale, l{{'}}''[[Epinomide]]''.<ref>[[Diogene Laerzio]] III 37.</ref>
 
MorìPlatone morì nel 347 a.C.<ref name="vita" /> e la guida dell'Accademia venne assunta dal nipote [[Speusippo]]. La scuola sopravviverà fino al [[529]] d.C., anno in cui venne definitivamente chiusa da [[Giustiniano I di Bisanzio|Giustiniano]] dopo vari periodi di alterne interruzioni della sua attività.
 
Sempre dai [[papiri di Ercolano]] si evincerebbe il luogo esatto della sepoltura di Platone all'interno dell'Accademia di Atene, ossia in un giardino privato presso un santuario dedito al culto delle Muse, a cui la scuola era in principio dedicata.{{#tag:ref|Lo sostiene il papirologo Graziano Ranocchia dell'[[Università di Pisa]], presentando alla [[Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III|Biblioteca Nazionale di Napoli]] i risultati di medio termine del progetto di ricerca "GreekSchools" condotto con il [[Consiglio Nazionale delle Ricerche]]. Secondo quanto emerso, Platone sarebbe stato sepolto nel giardino a lui riservato (un'area privata destinata alla scuola platonica) vicino al cosiddetto ''Museion'' o sacello sacro alle Muse. La scoperta emergerebbe dalla rilettura di parte del papiro contenente la ''Storia dell'Accademia'' di [[Filodemo di Gadara]].<ref name=Ranocchia1>{{Cita web|url=https://www.unipi.it/index.php/news/item/27919-lo-sguardo-tecnologico-legge-i-papiri-carbonizzati-rivelato-il-luogo-di-sepoltura-di-platonel|titolo=Lo "sguardo" tecnologico legge i papiri carbonizzati: rivelato il luogo di sepoltura di Platone|data=23 aprile 2024|lingua=it|accesso=23 aprile 2024}}</ref>}}
 
== Opere ==
{{vedi anche|Dialoghi platonici}}
[[File:Plato Symposium papyrus.jpg|300pxupright=1.4|thumb|Papiro con frammento manoscritto del ''[[Simposio (dialogo)|Simposio]]'' di Platone]]
Di Platone sono pervenute tutte le 36 opere: 34 sono dialoghi; una, chel{{'}}''Apologia comprendonodi 36Socrate'', dialoghiriporta una ricostruzione letterario-filosofica dell'autodifesa pronunciata da Socrate davanti ai giudici, mentre l'ultima è una raccolta edi 13tredici lettere.
 
===La superiorità del discorso orale===
=== La superiorità del discorso orale ===
Platone si avvale del [[dialogo]] perché lo ritiene l'unico strumento in grado di riportare l'argomento alla concretezza storica di un dibattito fra persone e di mettere in luce il carattere di ricerca della filosofia, elemento chiave del suo pensiero. Egli vuole inoltre evidenziare col ricorso al dialogo la superiorità del discorso [[oralità|orale]] rispetto allo [[scrittura|scritto]]. Certo la parola scritta è più precisa e meditata rispetto all'oralità, ma mentre questa permette un immediato scambio di opinioni sul tema in discussione quella scritta interrogata non risponde.<ref>Cfr. ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'', 275 c, dove Platone fa dire a Socrate: «La [[scrittura]] ha una strana qualità, simile veramente a quella della [[pittura]]. I prodotti della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se domandi loro qualcosa, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano i discorsi. [...] Una volta che sia messo per iscritto, ogni discorso si rivolge a tutti, tanto a chi l'intende quanto a chi non se ne fa nulla [...]; esso da solo non può difendersi né aiutarsi» (trad. it. di Piero Pucci, Laterza, 1998, pag. 119).</ref>
Platone si avvale del [[dialogo]] perché lo ritiene l'unico strumento in grado di riportare l'argomento alla concretezza storica di un dibattito fra persone e di mettere in luce il carattere di ricerca della filosofia, elemento chiave del suo pensiero. Egli vuole inoltre evidenziare col ricorso al dialogo la superiorità del discorso [[oralità|orale]] rispetto allo [[scrittura|scritto]]. Certo la parola scritta è più precisa e meditata rispetto all'oralità, ma mentre questa permette un immediato scambio di opinioni sul tema in discussione quella scritta interrogata non risponde.<ref>''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'', 275 c, dove Platone fa dire a Socrate: «La [[scrittura]] ha una strana qualità, simile veramente a quella della [[pittura]]. I prodotti della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se domandi loro qualcosa, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano i discorsi. […] Una volta che sia messo per iscritto, ogni discorso si rivolge a tutti, tanto a chi l'intende quanto a chi non se ne fa nulla […]; esso da solo non può difendersi né aiutarsi» (trad. it. di Piero Pucci, Laterza, 1998, pag. 119).</ref>
 
In genere, si suole riunire i [[dialoghi platonici]] in vari gruppi. Secondo una linea interpretativa piuttosto datata, i primi dialoghi sarebbero caratterizzati dalla viva influenza di [[Socrate]] (primo gruppo); quelli della maturità in cui avrebbe sviluppato la teoria delle [[idee]] (secondo gruppo); e l'ultimo periodo quando sentì l'urgenza di difendere la propria concezione dagli attacchi alla sua filosofia, attuando una profonda autocritica della teoria delle idee (terzo gruppo).<ref>Si tratta di un'interpretazione risalente a Schleiermarcher[[Schleiermacher]] e fatta propria da L. Stefanini e altri studiosi inglesi, cfr. in proposito L. Stefanini, ''Platone'', 2 voll., Padova 1932-1935.</ref> Secondo il nuovo paradigma interpretativo introdotto dalla scuola di Tubinga e di Milano, invece, i dialoghi platonici, al di là dello stile in evoluzione, presentano una coerenza sistematica di fondo, dove la dottrina delle idee, per quanto importante, non costituisce più la parte fondamentale del mondo sovrasensibile.<ref>Cfr. H. Krämer per la scuola di Tubinga, G. Reale per quella di Milano.</ref> Lo stile, che imita fedelmente la peculiarità del dialogo socratico,<ref>Platone riprodusse del dialogare di Socrate «quel reinterrogare senza posa, con tutte le impennate di dubbio, con gli improvvisi squarci che maieuticamente tendono alla verità, non rivelandola ma sollecitando l'anima dell'ascoltatore a trovarla [...] in lui solo è riconoscibile l'autentica cifra del filosofare socratico, che negli altri scrittori diviene per lo più trita maniera» (G. Reale, ''I problemi del pensiero antico dalle origini a Platone'', Milano 1972, pag. 347).</ref> muta notevolmente da un periodo all'altro: nei periodi giovanili si hanno interventi brevi e briosi che danno vivacità al dibattito; negli ultimi, invece, vi sono interventi lunghi, che danno all'opera il carattere di un trattato e non di un dibattito, trattandosi piuttosto di un dialogo dell'[[anima]] con se stessa, ma senza giungere mai a esporre compiutamente la propria dottrina in forma di scienza assoluta.<ref>«Non è, questa mia, una scienza come le altre: essa non si può in alcun modo comunicare, ma come fiamma s'accende da fuoco che balza: nasce d'improvviso nell'anima dopo un lungo periodo di discussioni sull'argomento e una vita vissuta in comune, e poi si nutre di se medesima» (Platone, ''lettera VII'', 341, c-d).</ref> La rinuncia, come già in Socrate, a comunicare in forma scritta il nucleo della propria dottrina porterebbe per di più a pensare che non solo la scrittura, ma anche l'oralità non fosse per Platone in grado di trasmetterla.<ref>Cfr. M. Isnardi Parente, ''Filosofia e politica nelle Lettere di Platone'', Napoli 1970, pp. 152-154.</ref>
 
In genere il protagonista dei dialoghi è [[Socrate]]; soltanto negli ultimi dialoghi costui assume una parte secondaria, fino a scomparire del tutto nell<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[Epinomide]]'' e nelle ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]''. La caratteristica di questi dialoghi è che il soggetto principale che dà il titolo all'opera è solito discorrere molto più dell'interlocutore a cui si rivolge, il quale si limita solamente a confermare o disapprovare quello che il protagonista espone.
 
==== Ordinamento in tetralogie ====
Il grammatico [[Trasillo di Mende|Trasillo]], nel [[I secolo|I secolo d.C.]], ordinòseguendo leun'affinità operedi platonicheargomento<ref>Battista inMondin, gruppi''Storia didella quattrometafisica'', seguendoVolume una1, pocoEdizioni persuasivaStudio affinitàDomenicano, di1998, argomento;p. i146.</ref>, dialoghiordinò dile sicuraopere attribuzione sono indicatiplatoniche in grassetto per distinguerli daglinove spuritetralogie:
#''' ''[[Eutifrone (dialogo)|Eutifrone]]''''', '''''[[Apologia di Socrate]]''''', '''''[[Critone]]''''', '''''[[Fedone]]'''''
#''' ''[[Cratilo (dialogo)|Cratilo]]''''', '''''[[Teeteto]]''''', '''''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]''''', '''''[[Politico (dialogo)|Politico]]'''''
#''' ''[[Parmenide (dialogo)|Parmenide]]''''', '''''[[Filebo]]''''', '''''[[Simposio (dialogo)|Simposio]]''''', '''''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'''''
# ''[[Alcibiade primo]]'', ''[[Alcibiade secondo]]'', ''[[Ipparco (dialogo)|Ipparco]]'', ''[[Amanti (dialogo)|Amanti]]''
# ''[[Teagete|Teage]]'', '''''[[Carmide (dialogo)|Carmide]]''''', '''''[[Lachete]]''''', '''''[[Liside (dialogo)|Liside]]'''''
#''' ''[[Eutidemo (dialogo)|Eutidemo]]''''', '''''[[Protagora (dialogo)|Protagora]]''''', '''''[[Gorgia (dialogo)|Gorgia]]''''', '''''[[Menone (dialogo)|Menone]]'''''
#''' ''[[Ippia maggiore]]''''', '''''[[Ippia minore]]''''', '''''[[Ione (dialogo)|Ione]]''''', '''''[[Menesseno]]'''''
# ''[[Clitofonte]]'', '''''[[La Repubblica (dialogo)|La Repubblica]]''''', '''''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]''''', '''''[[Crizia (dialogo)|Crizia]]'''''
# ''[[Minosse (dialogo)|Minosse]]'', '''''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]''''', ''[[Epinomide]]'', '''''[[Lettere (Platone)|Lettere]]'''''
 
Altre opere spurie sono:
 
''[[Definizioni (Platone)|Definizioni]]'', ''[[Sulla giustizia (dialogo)|Sulla giustizia]]'', ''[[Sulla virtù (dialogo)|Sulla virtù]]'', ''[[Demodoco (dialogo)|Demodoco]]'', ''[[Sisifo (dialogo)|Sisifo]]'', ''[[Erissia]]'', ''[[Assioco]]'', ''[[Alcione (dialogo)|Alcione]]'', ''[[Epigrammi (Platone)|Epigrammi]]''.<ref>Le ''Definizioni'' e i dialoghi spuri (eccetto l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Alcione'') sono disponibili nel volume VIII di: Platone, ''Opere complete'', Laterza, Roma-Bari 1982-84. L<nowiki>{{'</nowiki>}}''Alcione'' è un dialogo spurio di [[Luciano di Samosata]], talvolta attribuito anche a Platone, mentre gli epigrammi sono raccolti nell<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[Antologia Palatina]]''.</ref>
 
==== Ordinamento in trilogie ====
Una diversa, e più antica classificazione risale ad [[Aristofane di Bisanzio]] ([[III secolo a.C.]]), che ordinò le opere platoniche in cinque trilogie:
# ''Repubblica'', ''Timeo'', ''Crizia''
# ''Sofista'', ''Politico'', ''Cratilo''
# ''Leggi'', ''Minosse'', ''Epinomide''
# ''Teeteto'', ''Eutifrone'', ''Apologia di Socrate''
# ''Critone'', ''Fedone'', ''Lettere''
è un pirla..
 
== La filosofia di PlatonePensiero ==
 
[[File:David - The Death of Socrates detail.jpg|thumb|[[Socrate]], attorniato dai discepoli, mentre accetta la [[condanna a morte]]]]
=== Filosofia e politica ===
Quella che in termini storici possiamo chiamare "filosofia platonica" – ovvero il corpus di idee e di testi che definiscono la tradizione storica del pensiero platonico – è sorta dalla riflessione sulla [[politica]]. Come scrive [[Alexandre Koyré]]: «tutta la vita filosofica di Platone è stata determinata da un avvenimento eminentemente politico, la condanna a morte di [[Socrate]]».
Occorre tuttavia distinguere la "riflessione sulla politica" dall'"attività politica"<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Chiara|cognome=Casi|titolo="I limiti della Libertà autentica"|rivista=“I limiti della Libertà autentica” Analisi critica filosofico-giuridica del brano “La Libertà” tratto dal Libro VIII de “La Repubblica”|lingua=en|accesso=27 ottobre 2019|url=https://www.academia.edu/40746219/_I_limiti_della_Libert%C3%A0_autentica_|dataarchivio=26 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191026194908/https://www.academia.edu/40746219/_I_limiti_della_Libert%C3%A0_autentica_|urlmorto=sì}}</ref>. Non è certo in quest'ultima accezione che dobbiamo intendere la centralità della politica nel pensiero di Platone. Come egli scrisse, in tarda età, nella ''[[Lettera VII]]'' del suo epistolario, proprio la rinuncia alla politica attiva segna la scelta per la filosofia, intesa però come impegno "civile".<ref>Cfr. lettera VII, 325 b – 328 c.</ref> La riflessione sulla politica diventa, in altre parole, riflessione sul concetto di [[giustizia]], e dalla riflessione su questo concetto sorge un'idea di filosofia intesa come processo di crescita dell'Uomo come membro organicamente appartenente alla ''[[polis]]''.
 
Fin dalle prime fasi di questa riflessione, appare chiaro che per il filosofo ateniese risolvere il problema della giustizia significa affrontare il problema della [[filosofia della conoscenzagnoseologia|conoscenza]]. Da qui la necessità di intendere la genesi del "[[mondo delle idee]]" come frutto di un impegno "politico" più complessivo e profondo.
 
=== Il problema Socrate ===
[[File:David - The Death of Socrates.jpg|upright=1.6|thumb|''[[Morte di Socrate]]'' (1787), di [[Jacques-Louis David]] (1748–1825), opera conservata al [[Metropolitan Museum of Art]] di [[New York]].]]
La capacità di agire secondo giustizia presuppone, socraticamente, la conoscenza di che cosa è il bene.<ref>Cfr. G. Granata, ''Filosofia'', vol. I, pag. 68, Alpha Test, Milano 2001.</ref> Solo questo sapere contraddistingue il filosofo come tale,<ref>''Repubblica'', VII, 534.</ref> poiché chi compie il male lo fa per ignoranza. Ad Atene c'era molta confusione sulla figura del filosofo, ed in un certo senso lo stesso Socrate aveva alimentato questa confusione: presentandosi infatti come colui che sapeva di non sapere, professava una falsa ignoranza che nascondeva una vera sapienza. Egli si confondeva così con i sofisti, i quali dicevano di sapere ma in effetti non sapevano, perché non credevano nella verità.
La capacità di agire secondo giustizia presuppone, socraticamente, la conoscenza di che cosa è il bene.<ref>G. Granata, ''Filosofia'', vol. I, pag. 68, Alpha Test, Milano 2001.</ref> Solo questo sapere contraddistingue il filosofo come tale,<ref>''Repubblica'', VII, 534.</ref> poiché chi compie il male lo fa per ignoranza. Ad Atene c'era molta confusione sulla figura del filosofo, e in un certo senso lo stesso Socrate aveva alimentato questa confusione: presentandosi infatti come colui che sapeva di non sapere, professava una falsa ignoranza che nascondeva una vera sapienza. Egli si confondeva così con i sofisti, i quali dicevano di sapere ma in effetti non sapevano, perché non credevano nella verità.
 
Per dirimere questa confusione, per Platone era necessario andare oltre Socrate, delineando con chiarezza i criteri che distinguono il filosofo dal sofista: mentre il primo ricerca i principi della verità, senza la presunzione di possederla, il secondo si lascia guidare dall'opinione, facendone l'unico parametro valido della conoscenza.<ref>«La sofistica imita la filosofia nel suo interesse per l'"intero". Tuttavia, mentre il filosofo, ossia il dialettico, non presume di avere scienza di tutto, di possedere tutte le scienze e tutte le tecniche, ma si propone di esibire i fondamenti primi delle scienze e delle tecniche, il sofista, invece, pretende di conoscerle tutte» (G. Movia, ''Il "Sofista" e le dottrine non scritte di Platone'', in ''Verso una nuova immagine di Platone'', pag. 233, Vita e Pensiero, 1991).</ref>
 
L'altro problema legato alla figura di Socrate è la sua condanna a morte, cioè il fatto che sia stato trattato come un criminale pur essendo «il più giusto» tra gli uomini.<ref>Così Platone definisce Socrate nella ''lettera VII'', 324 e.</ref> Ciò significò per Platone dover constatare che tra filosofia e vita politica esisteva quell'incompatibilità già conosciuta da Socrate che nella ''Apologia'' accenna alla quasi ineluttabilità della sua condanna da parte dei politici e rifiuta la proposta di andare in esilio.<ref>«Perché io lo so bene, dovunque io vada i giovani verranno ad ascoltarmi come qui; e se io li allontano, saranno essi stessi che mi faranno cacciare persuadendone i più anziani; se non li allontano, mi cacceranno i loro genitori e parenti per cagion loro» (Platone, ''Simposio-Apologia di Socrate'', Guaraldi, 1995, p.120).</ref>
Compito dei filosofi è allora quello di fare in modo che la filosofia non sia in contrasto con lo stato, dovecosicché non accada più che un giusto sia condannato a morte.
 
Il tema era connesso alla convinzione che la filosofia fosse inutile: per molti Ateniesi Socrate è quello rappresentato ne ''[[Le nuvole (Aristofane)|Le nuvole]]'', [[commedia]] di [[Aristofane]] in cui il filosofo è ritratto come un pedante seccatore perso nelle sue discussioni astratte e campate in aria.
In un brano del ''[[Gorgia (dialogo)|Gorgia]]'' il sofista [[Callicle]], dice che la filosofia tutt'al più può essere praticata dai giovani che, inesperti della vita, si possono abbandonare ai discorsi campati in aria; quando però un uomo anziano, come Socrate, perde il suo tempo a discutere di problemi astratti, questo è degno di essere preso a bastonate.<ref>Vincenzo Cilento, ''Premessa storica al pensiero antico'', Editori Laterza, 1963, p.98</ref>
 
Platone invece dimostra che la filosofia ha un radicamento storico, essa cioè affonda le sue radici nella storia, nella realtà quotidiana come appare dagli interlocutori di Socrate che sono cioè politici come [[Alcibiade]], filosofi come [[Parmenide]], artisti come [[Aristofane]]. Socrate quindi è perfettamente inserito nel dibattito culturale del suo tempo e i suoi dialoghi riguardano problemi reali e universali. Così Socrate, pur non sembrando, fa politica tanto da venire condannato e morire per accuse politiche.
Il tema era connesso alla convinzione che la filosofia fosse inutile: per molti Ateniesi Socrate è quello rappresentato ne ''[[Le nuvole (Aristofane)|Le nuvole]]'', [[commedia]] di [[Aristofane]] come un pedante seccatore perso nelle sue discussioni astratte e campate in aria.
In un brano del [[Gorgia]] il sofista [[Callicle]], dice che la filosofia tutt'al più può essere praticata dai giovani che, inesperti della vita, si possono abbandonare ai discorsi campati in aria; quando però un uomo anziano, come Socrate, perde il suo tempo a discutere di problemi astratti, questo è degno di essere preso a bastonate.<ref>Vincenzo Cilento, ''Premessa storica al pensiero antico'', Editori Laterza, 1963, p.98</ref>
 
C'è quindi uno stretto legame tra il filosofo e la politica; Socrate però non l'ha mai fatto capire, pur anteponendo sempre il bene della città agli egoismi dei singoli.<ref>«La virtù è abilità per quelli che se ne ritenevano maestri, per Socrate [...] è bene e sapienza; la vita associata, individualismo governato dall'egoismo per i preparatori alla carriera politica, per Socrate è struttura organica di leggi che chiedono obbedienza e rispetto» (B. Mondin, op. cit., pag. 125).</ref> Per uscire dall'equivoco, occorre indicare esplicitamente quali siano le radici di questo legame, che ancora una volta consistono nella conoscenza della virtù, e nei criteri per distinguerla dalle opinioni e dalle strumentalizzazioni personali. Secondo alcune interpretazioni per Platone la conoscenza del bene non concerne l'enumerazione di singoli esempi di virtù, bensì la definizione di cosa sia la virtù in se stessa. «L'unicità della virtù è una delle principali tesi socratiche: nei dialoghi giovanili Platone difende e corrobora questa tesi analizzando il contenuto di alcune delle virtù tenute in più alta considerazione nel mondo greco»<ref>G. Granata, ''op. cit.'', pag. 67</ref> Sulla unicità della virtù in Socrate diversi autori non concordano attribuendo questa concezione alla sola filosofia platonica.<ref>Diverse interpretazioni sostengono che Socrate nei suoi dialoghi non mira a una definizione dell'unica virtù ma a portare l'interlocutore a riconoscere di non saper definire che cosa sia la virtù particolare di cui si sta discutendo. «Allora capii, dice Socrate, che veramente io ero il più sapiente perché ero l'unico a sapere di non sapere, a sapere di essere ignorante. In seguito quegli uomini, che erano coloro che governavano la città, messi di fronte alla loro pochezza presero a odiare Socrate...Ecco perché ancora oggi io vo d'intorno investigando e ricercando...se ci sia alcuno...che io possa ritenere sapiente; e poiché sembrami che non ci sia nessuno, io vengo così in aiuto al [[dio]] dimostrando che sapiente non esiste nessuno» (in Platone, ''Apologia di Socrate'' a cura di M. Valgimigli, in ''Opere'' pag.45). Socrate sa che è impossibile definire una volta per tutte cosa sia la virtù in se stessa ma vuole portare l'interlocutore a sapere, e assieme a praticare nel confronto dialogico, quella "scienza del bene e del male" che è il [[dialogo socratico|dialogo]] (il ''dialeghestai'') questo sì definito come ''to meghiston agathòn'', il sommo bene. (Cfr. ''Rivista di storia della filosofia'', Volume 63, FAE Riviste, 2008; Guido Calogero, ''Scritti minori di filosofia antica'',Bibliopolis, 1984; Patricia Fagan, John Edward Russon, ''Reexamining Socrates in the Apology'', Northwestern University Press, 2009 e Gabriele Giannantoni, ''Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone'', Edizione postuma a cura di Bruno Centrone, Edizioni Bibliopolis)
Platone invece dimostra che la filosofia ha un radicamento storico, essa cioè affonda le sue radici nella storia, nella realtà quotidiana e questo si vede da chi sono gli interlocutori di Socrate e cioè politici come [[Alcibiade]], filosofi come [[Parmenide]], artisti come [[Aristofane]]. Socrate quindi è perfettamente inserito nel dibattito culturale del suo tempo e i suoi dialoghi riguardano problemi reali ed universali. Così Socrate, pur non sembrando, fa politica tanto da venire condannato e morire per accuse politiche.
{{Vedi anche|Interpretazioni del pensiero di Socrate}}</ref>
 
=== La dottrina della conoscenza: le Idee ===
C'è quindi uno stretto legame tra il filosofo e la politica; Socrate però non l'ha mai fatto capire, pur anteponendo sempre il bene della città agli egoismi dei singoli.<ref>«La virtù è abilità per quelli che se ne ritenevano maestri, per Socrate [...] è bene e sapienza; la vita associata, individualismo governato dall'egoismo per i preparatori alla carriera politica, per Socrate è struttura organica di leggi che chiedono obbedienza e rispetto» (B. Mondin, op. cit., pag. 125).</ref> Per uscire dall'equivoco, occorre indicare esplicitamente quali siano le radici di questo legame, che ancora una volta consistono nella conoscenza della virtù, e nei criteri per distinguerla dalle opinioni e dalle strumentalizzazioni personali. Secondo alcune interpretazioni per Platone la conoscenza del bene non concerne l'enumerazione di singoli esempi di virtù, bensì la definizione di cosa sia la virtù in se stessa. «L'unicità della virtù è una delle principali tesi socratiche: nei dialoghi giovanili Platone difende e corrobora questa tesi analizzando il contenuto di alcune delle virtù tenute in più alta considerazione nel mondo greco»<ref>G. Granata, ''op. cit.'', pag. 67</ref> Sulla unicità della virtù in Socrate diversi autori non concordano attribuendo questa concezione alla sola filosofia platonica.<ref>Diverse interpretazion sostengono che Socrate nei suoi dialoghi non mira a una definizione dell'unica virtù ma a portare l'interlocutore a riconoscere di non saper definire che cosa sia la virtù particolare di cui si sta discutendo. «Allora capii, dice Socrate, che veramente io ero il più sapiente perché ero l'unico a sapere di non sapere, a sapere di essere ignorante. In seguito quegli uomini, che erano coloro che governavano la città, messi di fronte alla loro pochezza presero ad odiare Socrate...Ecco perché ancora oggi io vo d'intorno investigando e ricercando...se ci sia alcuno...che io possa ritenere sapiente; e poiché sembrami che non ci sia nessuno, io vengo così in aiuto al [[dio]] dimostrando che sapiente non esiste nessuno» (in Platone, ''Apologia di Socrate'' a cura di M.Valgimigli, in ''Opere'' pag.45). Socrate sa che è impossibile definire una volta per tutte cosa sia la virtù in se stessa ma vuole portare l'interlocutore a sapere, e assieme a praticare nel confronto dialogico, quella "scienza del bene e del male" che è il [[dialogo socratico|dialogo]] (il ''dialeghestai'') questo sì definito come ''to meghiston agathòn'', il sommo bene. (Cfr. ''Rivista di storia della filosofia'', Volume 63, FAE Riviste, 2008; Guido Calogero, ''Scritti minori di filosofia antica'',Bibliopolis, 1984; Patricia Fagan, John Edward Russon, ''Reexamining Socrates in the Apology'', Northwestern University Press, 2009 e Gabriele Giannantoni, ''Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone'', Edizione postuma a cura di Bruno Centrone, Edizioni Bibliopolis){{Vedi anche|Interpretazioni del pensiero di Socrate}}</ref>
[[File:Sanzio 01 Plato Aristotle.jpg|thumb|Particolare della ''[[Scuola di Atene]]'' di [[Raffaello]] che ritrae con il volto di [[Leonardo da Vinci]] Platone che indica con il dito proteso verso l'alto la realtà del mondo delle [[idee]] e [[Aristotele]] che invece tende la mano sulle realtà materiali.]]
 
La [[gnoseologia]] di Platone, messa a punto in vari dialoghi come il ''[[Menone (dialogo)|Menone]]'', il ''[[Fedone]]'', e il ''[[Teeteto]]'', deve combattere contro l'opinione che sostiene che la ricerca della [[conoscenza]] sia impossibile. La tesi era stata sostenuta dagli [[eristica|eristi]], i quali basavano questo loro insegnamento sulla base di due assunti:
=== La dottrina della conoscenza: le [[idee]] ===
# Se non si conosce ciò che si cerca, qualora lo si sia trovato, non lo si riconoscerà come l'obiettivo da raggiungere;
[[File:Platon-2.jpg|thumb|210px|Platone]]
La# [[gnoseologia]]Se disi Platone,conosce messagià aquel puntoche insi vari dialoghi come il ''[[Menone (dialogo)|Menone]]''cerca, il ''[[Fedone]]'', ed il ''[[Teeteto]]'', deve combattere contro l'opinione che la ricerca dellanon [[conoscenza]]ha sia impossibilesenso. La tesi era stata sostenuta dagli [[eristica|eristi]], i quali basavano questo loro insegnamento sulla base di due assunti:<ref>«Menone: "Ma in che modo, Socrate, ti metterai a cercare quel che ignori completamente? E, fra i tanti obiettivi che non conosci, quale sceglierai di ricercare? E se anche lo indovinassi casualmente, come farai ad accorgerti che era proprio quello che cercavi, se lo ignoravi?" Socrate: "Comprendo ciò che intendi dire, Menone! Guarda un po' che bel discordodiscorso eristico proponi! il discorso secondo il quale non è possibile all'uomo cercare né quel che sa, né quello che non sa: quel che sa perché conoscendolo non ha motivo di cercarlo; quel che non sa perché neppure sa cosa cerca"» (''Menone'', 80 d-e).</ref>
Il problema viene superato da Platone ammettendo che l'oggetto della ricerca è solo parzialmente sconosciuto all'uomo, il quale, dopo averlo contemplato prima della nascita, lo ha in qualche modo "[[oblio|dimenticato]]" nel fondo della sua [[anima]]. La meta del suo cercare è dunque un sapere già presente ma nascosto in lui, che la filosofia dovrà risvegliare con la [[Anamnesi (filosofia)|reminiscenza]] o «anamnesi» (''anàmnesis''), concetto su cui Platone fonda il convincimento che l'apprendere è un ricordare.<ref>''[[Menone]]'', 81 c-d: «Poiché, d'altra parte, la natura tutta è imparentata con se stessa e l'anima ha tutto appreso, nulla impedisce che l'anima, ricordando (ricordo che gli uomini chiamano apprendimento) una sola cosa, tragga da sé tutte le altre, quando uno sia coraggioso e infaticabile nella ricerca. Sì, cercare e apprendere sono, nel loro complesso, reminiscenza!» (trad. di Rocco Li Volsi, ''Il Menone platonico'', Dialegesthai, 2007 ISSN 1128-5478).</ref>
#se non si conosce ciò che si cerca, qualora lo si sia trovato, non lo si riconoscerà come l'obiettivo da raggiungere;
#se si conosce già quel che si cerca, la ricerca non ha senso.
 
PlatoneTale tuttaviadottrina hasi benrifà presentealla lacredenza figurareligiosa didella [[Socratemetempsicosi]], che aveva fatto della ricerca la componente di base della filosofia vera e propria. La sua ricerca secondo Platone era resa possibile dal fatto che ldell'uomo conosce solo parzialmente, o almeno [[inconscio|inconsciamenteorfismo]], l<ref>''oggettoDizionario da conoscere. È così che Platone elabora la famosa dottrina della [[anamnesidi (filosofia)|reminiscenza]], secondoTreccani'' cuialla l’apprenderevoce è un ricordare (''anàmnesis'').<ref>Cfr. ''[[Menone]]''."Metempsicosi"</ref> Tale dottrina si rifà alla credenza religiosa propria dell'[[orfismo]] e del [[scuola pitagorica|pitagorismo]], secondo cui l'anima, quando il corpo muore l'anima, essendo [[immortalità|immortale]], [[metempsicosi|trasmigra]] in un altro corpo. Platone sfrutta tale mito fondendolo con l'assunto fondamentale che esistano delle [[Idee]] che hanno caratteristiche opposte agli enti fenomenici: sono incorruttibili, ingenerate, eterne, non soggette ae mutamentoimmutabili. Queste Idee albergano nell'[[iperuranio]], mondo soprasensibile e che è parzialmente visibile alle anime una volta slegate dai loro corpi.
 
L'[[Idea]], traducibile più correttamente con «forma»,<ref>«Purtroppo la traduzione (che in questo caso è una traslitterazione) non è felice, perché, nel linguaggio moderno, "Idea" ha assunto un senso che è estraneo a quello platonico. La traduzione esatta del termine sarebbe "forma"...Noi moderni per idea intendiamo un concetto, un pensiero, una rappresentazione mentale...per Platone ciò a cui il pensiero si rivolge in maniera pura...l'idea platonica non è affatto un ente di ragione bensì un essere, il vero essere...la forma interiore, l'essenza della cosa...» (In G. Reale, ''Il pensiero antico'', p. 120, Vita e Pensiero, Milano 2001 ISBN 88-343-0700-3.)</ref> è dunque il vero oggetto della conoscenza: ma essa non è soltanto il fondamento [[gnoseologia|gnoseologico]] della realtà, ossia la causa che ci permette di ''[[pensare]]'' il mondo, bensì ne costituisce anche il fondamento [[ontologia|ontologico]], essendo il motivo che fa ''[[essere]]'' il mondo. Le idee rappresentano l<nowiki>{{'</nowiki>}}''eterno Vero'', l<nowiki>{{'</nowiki>}}''eterno Buono'' e l<nowiki>{{'</nowiki>}}''eterno Bello'', a cui si contrappone la dimensione vana e transitoria dei fenomeni sensibili.
 
Come viene spiegato nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'', dopo la [[morte (Bibbiafilosofia)|morte]] le anime diventano simili a cocchi alati che procedono in schiere dietro ai carri degli dèi: in questa loro processione alcune riescono, più distintamente di altre, a scorgere le Idee che appaiono attraverso uno squarcio tra le nuvole, diaframma obbligato tra il mondo sensibile e quello soprasensibile.<ref>Cfr. ''[[Mito del carro e dell'auriga]]''.</ref> Quando le anime precipitano nei corpi, reincarnandosi, [[oblio|dimenticano]] la loro visione delle idee e, prigioniere dei [[organi di senso|sensi]], sono portate a identificare la realtà col mondo sensibile. L'opera del filosofo dialettico, che ha saputo vedere le idee meglio degli altri, è quella di riportare all'anima la [[memoria (filosofia)|memoria]] del mondo delle idee, attraverso il ''dare e ricevere discorso'', dialogando con l'anima e persuadendola della verità. La dottrina dell'apprendere come ricordare riconduce immediatamente alla cura dell'anima professata da [[Socrate]]: la conoscenza è, di fatto, un conoscere meglio se stessi, riportando alla luce dell'intelletto ciò che l'anima ha [[oblio|dimenticato]] nel momento della [[reincarnazione]]; l'idea è quindi in un certo senso corrispettiva del ''[[demone|dàimon]]'' socratico.
 
Una conseguenza della reminiscenza è l'[[innatismo]] della conoscenza: tutto il sapere è già presente, in forma latente, nella nostra [[anima]]. A tal proposito i [[organi di senso|sensi]] svolgono comunque una funzione importante per Platone, poiché offrono lo spunto per aiutarci a ridestarlo. L'esperienza serve però solo da stimolo; la vera conoscenza deve essere fondata universalmente sulla ''[[noesi]]s'', e su di essa deve poggiare ogni tecnica particolare, che è invece il luogo della ''praxis''. L'errore contro cui Platone combatte, rappresentato dalla cultura [[sofista]], consiste nel basare la conoscenza sulla [[sensazione]].<ref>Cfr. ''[[Teeteto]]''.</ref> Al contrario, solo l'anima, e non i sensi, può conoscere l'aspetto "vero" di ogni realtà.
 
{{Approfondimento
{{Nota
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#Le verità [[geometria|geometriche]] e [[matematica|matematiche]], proprie della [[ragione]] [[dialettica|discorsiva]] (''diànoia'')
#Le [[idee]] intelligibili, raggiungibili solo per via speculativa e [[intuizione|intuitiva]] (''nòesis'')}}
La dottrina platonica è inoltre spesso oggetto di fraintendimenti. Di fatto, come Platone stesso suggerisce in numerosi passi, è impossibile recuperare completamente la conoscenza del mondo delle Idee anche per il filosofo. La conoscenza perfetta di queste è propria solo degli [[dèi]], che le osservano sempre. La conoscenza umana, nella sua forma migliore, è sempre ''filo-sofia'', ossia ''amore del sapere'', inesausta ricerca della verità. Ciò suggerisce una frattura "sofistica" all'interno del pensiero platonico: per quanto l'uomo si sforzi, il raggiungimento della [[verità]] assoluta è impossibile, perché confinata nel cielo [[iperuranio]] e dunque assolutamente inconoscibile. La parola, che è lo strumento utilizzato dal filosofo dialettico per persuadere le anime della verità e dell'esistenza delle idee, non rispecchia che parzialmente la realtà ultrasensibile, che è irriproducibile e non presentabile.
 
Per fare un esempio, è come se un insegnante, che pure ha presente come è fatto un triangolo, cercasse di spiegarlo ai suoi allievi senza poterglielo esibire o far vedere alla lavagna. Può forse persuadere loro di com'è fatto all'incirca un triangolo, ma la conoscenza degli alunni rimarrà comunque lontana da coloro che lo sanno rappresentare correttamente. La conoscenza del mondo delle idee dunque può essere solo [[intuizione|intuita]], mai comunicata; per conoscerla nel modo meno confutabile possibile ci si può basare al massimo sull'uso dei ''lògoi'', ossia dei ''discorsi'', ragionamenti in forma di [[dialogo]] svolti attorno a tali argomenti.
 
L'opera di ricerca filosofica deve limitarsi così al persuadere le anime,<ref>Cfr. ''[[Fedone (dialogo)|Fedone]]'': «Di certo, affermare che le cose stiano davvero come io le ho esposte non si addice ada un uomo dotato di buon senso; ma affermare che questo, o qualcosa di simile a questo, debba capitare alle nostre anime e alle loro dimore, ebbene, tutto ciò mi sembra che si addica e che si meriti di arrischiarci a crederlo, perché bello è rischiare!» (''Fedone'', 114 d).</ref> in maniera simile alla [[maieutica]] socratica. Qui Platone fa esplicito riferimento alla metafora della seconda [[navigazione]]: con questo termine i greci indicavano la navigazione a remi, più faticosa di quella a vela (prima navigazione) e usata in caso di necessità (come la mancanza di vento). La seconda navigazione consiste proprio nell'uso dei ''lògoi'', che presuppongono una frattura radicale tra il pensiero-parola, e la realtà. Platone, ben lungi dall'essere il filosofo della [[scienza]] forte e dottrinaria che per molti anni gli è stata erroneamente attribuita, ha scoperto, di fatto, l'impossibilità di raggiungere una verità piena ede incontrovertibile.<ref name="Krämer">Così H. Krämer: «La pretesa validità della filosofia sistematica di Platone deve essere considerata operando una serie di distinzioni. Difficilmente vi era collegata la pretesa dogmatica di una validità definitiva e la pretesa di non aver bisogno di alcuna revisione.[…] Il progetto era mantenuto piuttosto elastico e flessibile, e fondamentalmente aperto ad ampliamenti, sia nel suo insieme sia nei particolari. Si può pertanto parlare di un'istanza […] rimasta in alcuni particolari addirittura a livello di abbozzo e quindi di un sistema aperto; non però, certamente, di un ''antisistema'' di frammenti di teorie senza precise connessioni», (''Platone e i fondamenti della metafisica'', pag. 177, trad. di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 2001 ISBN 88-343-0731-3).</ref>
 
La più compiuta teoria platonica della conoscenza, esposta nel dialogo ''[[Repubblica (Platone)|Repubblica]]'' ede altrimenti nota come [[teoria della linea]], è quindi rappresentabile col seguente schema:<ref>«Considera per esempio una linea divisa in due segmenti disuguali, poi continua a dividerla allo stesso modo distinguendo il segmento del genere visibile da quello del genere intelligibile» (Platone, ''Repubblica'', VI, 509d-510a). Ognuno dei due segmenti va cioè diviso a sua volta in due sezioni, per ottenere in tutto quattro parti disuguali, che corrispondono ai quattro piani della conoscenza.</ref>
 
{| class="wikitable"
{| style="text-align: center; margin-left: auto; margin-right: auto;"
| style="background: aqua; margin: 1em; padding: 1em;" | conoscenza sensibile o opinione (δόξα)
{| class="wikitable"
{| style="text-align: center; margin: 0; padding: 0; border: none;"
| style="background: aqua; margin: 1em; padding: 1em; " | immaginazione (εικασίαεἰκασία)
| style="background: turquoise; margin: 1em; padding: 1em; lightgrey" | credenza (πίστις)
|}
| style="background: lightskyblue; margin: 1em; padding: 1em; " | conoscenza intelligibile o scienza (επιστήμηἐπιστήμη)
{| class="wikitable"
{| style="text-align: center; margin: 0; padding: 0; border: none;"
| style="background: lightskyblue; margin: 1em; padding: 1em; " | pensiero discorsivo (διάνοια)
| style="background: cornflowerblue; margin: 1em; padding: 1em; lightgrey" | intellezione (νόησις)
|}
|}
 
Solo la conoscenza [[intelletto|intelligibile]], cioè [[concetto|concettuale]], assicura un sapere vero e universale; l'[[opinione]] invece, fondata sui due stadi inferiori del conoscere, è portata a confondere la verità con la sua immagine. Platone polemizza in proposito contro il [[materialismo]] di [[Democrito]], secondo cui erano gli [[atomi]], entità materiali fisse, a determinare la formazione o la distruzione degli elementi.<ref>Pur non citando mai direttamente Democrito, Platone nel ''Timeo'' dimostrava di conoscerne le teorie. A testimonianza dell'aspra polemica in voga nell'antica Grecia tra idealisti e materialisti, Platone avrebbe provato per l'atomismo un'avversione tale da voler ridurre in cenere gli scritti democritei, pur venendo in ciò dissuaso dai pitagorici Amicla e Clinia (cfr. Salomon Luria, ''Democrito. Raccolta dei frammenti, interpretazione e commentario'', Bompiani, Milano 2007).</ref> Secondo Platone non ci sono in natura princìpi (o ''[[archéarchè]]'') ultimi e indivisibili: tutta la realtà fenomenica «scorre» in un continuo mutamento; al contempo però essa tende a costituirsi secondo forme atemporali che sembrano preesisterle. Proprio questo è il punto di cui Democrito non aveva saputo rendere ragione, ossia del perché la materia si aggreghi sempre in un certo modo, per formare adper esempio ora un cavallo, ora un elefante. Ciò evidentemente è possibile perché dietro ogni animale deve esistere un'idea, cioè una «forma» precostituita per ogni tipo, [[spirito (filosofia)|spirituale]] e non materiale.
 
L'Idea è inoltre ciò che consente a Platone di conciliare il dualismo filosofico venutosi a creare tra [[Parmenide]] ed [[Eraclito]]: nelle idee risiede infatti la dimensione ontologica dell'[[Essere]] parmenideo, ma esse forniscono anche, in virtù della loro [[molteplicità]], una spiegazione al [[divenire]] eracliteo che domina i fenomeni naturali, al quale Platone cercava una motivazione razionale che non lo riducesse a semplice illusione come aveva fatto Parmenide.
 
=== La funzione del [[mito]] ===
Oltre al dialogo, una caratteristica peculiare di Platone nella sua esposizione della dottrina delle idee consiste nella reintroduzione, con la sua opera, del [[mito]], quale forma di conoscenza tradizional-popolare che, cronologicamente, precedeva di molto la nascita della [[filosofia greca]].
 
Platone ha un atteggiamento diversificato nei confronti del mito, che ritiene vada rivalutato in quanto utile, e anzi necessario, alla comprensione. Il mito va infatti inteso come esposizione di un pensiero ancora nella forma di [[racconto]], quindi non come ragionamento puro e rigoroso. Esso ha una funzione [[allegoria|allegorica]] e [[didascalia|didascalica]], presenta cioè una serie di concetti attraverso immagini che facilitano il significato di un discorso piuttosto complesso, cercando di renderne comprensibili i problemi, e creando nel lettore una nuova tensione intellettuale, un atteggiamento positivo nei confronti dello sviluppo della riflessione.
 
Il mito ha così una doppia funzione: da un lato è un semplice espediente didattico-espositivo di cui Platone fa uso per comunicare in maniera più accessibile e intuitiva le sue dottrine. Dall'altro è un mezzo per superare quei limiti oltre i quali l'indagine [[ragione|razionale]] non può andare, diventando un vero e proprio strumento di [[verità]], una "via alternativa" al solo pensiero filosofico, grazie alla sua capacità di armonizzare unitariamente gli argomenti. Il mito è il momento in cui Platone esprime la [[bellezza]] della verità filosofica, in cui questa si manifesta anche con immagini e figure sensibili, e di fronte alla quale i discorsi razionali risultano insufficienti.<ref>«Dunque un poetare, un μύθους ποιείν, che è anche un filosofare; e qui è la radice dei famosi miti di Platone che non sono mai qualcosa di estraneo, come chi dicesse un abbellimento o un ornamento del suo filosofare; e il suo filosofare è anch'esso un poetare, un comporre musica, un μουσικὴν ποιείν, un cantare per incantare, ἐπάδειν, l'anima dell'uomo» (M. Valgimigli, ''Platone, "Fedone"'', Sandron, Palermo 1921, p. XXXVIII).</ref>
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I racconti mitici platonici toccano le questioni fondamentali dell'[[esistenza]] umana, come la [[morte (Bibbia)|morte]], l'[[immortalità dell'anima]], la [[conoscenza]], l'[[Cosmologia (filosofia)|origine del mondo]], e le collegano strettamente ai temi e ai discorsi logico-critici, a cui il filosofo affida il compito di produrre una conoscenza e una rappresentazione vere della realtà.
 
I miti che si possono riscontrare nell'opera platonica sono approssimativamente i seguenti:<ref>Si tratta di un numero approssimativo, dato che sono diversi i passi platonici che possono essere annoverati come "miti" per via del loro contenuto allegorico o immaginifico (cfr. Geneviève Droz, ''I miti platonici'', pag. 10, trad. di P. Bollini, Dedalo editore, 1994).</ref><ref>Si segue, con poche eccezioni, la proposta de ''I miti di Platone'', a cura di [[Franco Ferrari (professore)|Franco Ferrari]]</ref>
# Mito dell'insoddisfazione del dissoluto<ref>''Gorgia'', 493 A – 494 A</ref>
# [[Anello di Gige|Mito di Gige]]<ref>''Repubblica'', II 359 D – 360 D</ref>
# Mito dell'uomo-marionetta<ref>''Leggi'', I 644 D – 645 C</ref>
# [[Mito di Aristofane o dell'androgino]]<ref>''Simposio'', 189 C – 193 E</ref>
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# [[Mito di Theuth]],<ref>''Fedro'', 274 C – 277 A</ref>
# Mito dei cicli cosmici<ref>''Politico'', 268 E – 274 E</ref>
# [[Atlantide|Mito di Atlantide]]<ref>''Timeo'', 24 E – 25 D; ''Crizia'', 108 E – 113 B</ref>
# Mito del governo divino<ref>''Leggi'', IV 712 E – 714 B</ref>
# [[Mito della caverna]]<ref>''Repubblica'', VII 514 A – 519 A</ref>
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# [[Mito del carro e dell'auriga]]<ref>''Fedro'', 246 A – 249 B</ref>
# Mito del ciclo delle incarnazioni<ref>''Timeo'', 89 E – 92 C</ref>
# [[Demiurgo|Mito del Demiurgo]]<ref>''Timeo'', 29 E – 31 B</ref>
# Mito dell'anima del mondo<ref>''Timeo'', 34 C – 37 C</ref>
# Mito delle specie mortali<ref>''Timeo'', 40 D – 42 E</ref>
# Mito della provvidenza divina<ref>''Leggi'', X 903 B – 905 D</ref>
Tra i racconti platonici degni di nota per la loro ispirazione sono generalmente annoverati anche quello sulle forme di conoscenza o «la linea»,<ref>''Repubblica'', VI 509 D – 511 E: consiste in una serie di analogie che preparano il terreno al successivo mito della caverna.</ref> e «il mistero dell'amore»<ref>''Simposio'', 209 E – 212 C: si tratta propriamente di un racconto che però rappresenta, al pari di altri miti, «il miglior modo di unire, nella forma come nel contenuto di fondo, l'ispirazione della filosofia» (Léon Robin, ''Le Banquet'', pag. 24, Les Belles Lettres, Paris 1989).</ref> sulla gerarchia del bello.<ref>[[Franco Ferrari (professore)|Franco Ferrari]], ''op. cit.'', pp. 113-22.</ref>
 
=== La filosofia come ''[[Eros (filosofia)|Eros]]'' ===
[[File:Eros bobbin Louvre CA1798.jpg|230px|thumb|Eros, demone dell'Amore]]
È proprio per spiegare l'umano desiderio di conoscenza che Platone ricorre a un celebre mito, quello di [[Eros (mitologia)|Eros]], dio greco dell'[[Amore]] e della forza,<ref>Platone parla di Eros non come un dio ma come un [[dèmonedemone]], ovvero un essere intermediario tra gli Dèi e gli uomini.</ref> figlio di [[Poros (mitologia)|Poros]] e [[Penia (mitologia)|Penia]], cioè di Risorsa e Povertà.<ref>Pòros significa propriamente «ingegno», «espediente», e quindi capacità di procurarsi arricchimento e abbondanza.</ref> Il filosofo, secondo Platone, è mosso da una tensione verso la [[verità]] con lo stesso desiderio d'amore che attrae due esseri umani.
 
Per la sua caratteristica di essere principio [[Uno (filosofia)|unificante]] del [[molteplicitàMolteplicità|molteplice]], la peculiarità di ''[[Eros (filosofia)|eros]]'' consiste essenzialmente nella sua ambiguità, ovvero nell'aspirazione alla [[verità]] assoluta e disinteressata (ecco la sua abbondanza); ma al contempo nel suo essere costretto a vagare nelle tenebre dell'[[ignoranza]] (la sua povertà).
La contrapposizione tra verità e ignoranza viene sentita da Platone, come già dal suo maestro [[Socrate]], come una profonda lacerazione, fonte di continua irrequietezza e insoddisfazione.
 
Si desidera infatti soltanto quello che non si ha, e l'uomo tende ada una [[Sapienza (filosofia)|sapienza]] della quale si ricorda vagamente, ma di cui in realtà è povero. Si può notare come la ricerca di questa sapienza muova dalla stessa consapevolezza [[socrate|socratica]] del «sapere di non sapere». Platone aggiunge che l'uomo non desidererebbe con tanta forza una tale verità se non l'avesse mai vista, se non fosse certo che esiste. In tal senso, non solo si desidera quel che non si ha, ma di più si può affermare: si desidera soltanto ciò che non si ha più, che si è perso.<ref>«Vive tra la sapienza e l'ignoranza, ed ecco come avviene: nessun dio si occupa di filosofia e nessuno tra di loro ambisce a diventare sapiente perché tutti lo sono già. Chiunque possegga veramente il sapere, infatti, non fa filosofia; ma anche chi è completamente ignorante non si occupa di filosofia, e non desidera affatto la sapienza. Proprio questo è sconveniente nell'essere ignoranti: […] non si desidera qualcosa se non si avverte la sua mancanza» (''Simposio'', XXIII).</ref>
 
Per Platone vale l'ideale della ''[[kalokagathìa]]'' (dal [[linguaLingua greca|greco]] ''kalòs kài agathòs''), ossia «bellezza e bontà». Tutto ciò che è bello (''kalòs'') è anche vero e buono (''agathòs''), e viceversa. La [[bellezza]] delle idee che attira l'amore intellettuale del filosofo perciò è anche il [[beneBene (eticafilosofia)|bene]] dell'uomo. Il fine della vita umana diventa la visione delle idee e la contemplazione di [[Dio]].
 
Tale contemplazione è sempre imperfetta nella dimensione del mondo sensibile, dominata dalla [[materia (filosofia)|materia]] che, in quanto priva di ''[[essere]]'', è un semplice ''[[non-essere]]''. L'uomo si trova a metà strada tra questi due estremi: mentre le idee ''sono'' in sé e per sé, come realtà indipendente e ''[[assolutoAssoluto|assoluta]]'' (''ab''-''soluta''), appunto perché ''"sciolta da"'' ogni altra, non essendo relative ad altro da sé, l'uomo invece è calato nell'[[esistenza]] (da ''ex''-''sistentia'', ''"essere fuori"''). L'[[esistenza]] per Platone è una dimensione ontologica che non ha l'essere in proprio, ma ''esiste'' solo in quanto è subordinata ada un essere superiore; egli la paragona ada un ponte sospeso tra essere e non essere. L'uomo è dilaniato così da una duplice natura: da un lato avverte il richiamo del mondo [[iperuranio]], in cui risiede la dimensione più vera dell'Essere, eterna, immutabile, e incorruttibile, ma dall'altro il suo essere è inevitabilmente soggetto alla contingenza, al divenire, e alla morte (non-essere).
 
Questa duplicità umana è vissuta dallo stesso Platone ora in maniera più ottimista, ora con toni decisamente più pessimisti. Da ciò deriva il disprezzo dei platonici per il corpo: Platone più volte nei dialoghi gioca con l'[[assonanza]] di parole ''sèma''/''sòma'', ossia ''"tomba"''/''"corpo"'': il [[corpo (filosofia)|corpo]] come tomba dell'[[anima]].
 
=== L'ontologia ===
Il tema della frattura interiore dell'uomo porta a domandare: su che cosa si fondano, e che rapporto hanno le idee con gli oggetti della conoscenza sensibile? La risposta a questa domanda costituisce la cosiddetta [[ontologia]] platonica.
 
[[File:Platon Cave Sanraedam 1604.jpg|left|thumb|Il mito della caverna in un'incisione del 1604 di [[Jan Saenredam]].]]
Il testo fondativo di questo aspetto del pensiero platonico è senza dubbio il celebre ''[[mito della caverna]]'' del libro VII de ''[[Repubblica (Platone)|La Repubblica]]''. In esso, il mondo sensibile è presentato come immagine evanescente e imperfetta del [[mondo delle idee]], inteso invece come "mondo vero" e fondamento di tutto ciò che '''''è'''''. Platone stesso fornisce l'interpretazione dell'allegoria: lo [[schiavo]] che viene liberato dalla caverna rappresenta l'[[anima]], che si libera dai vincoli corporei mediante la [[conoscenza]]. Gli elementi del mondo esterno rappresentano le [[idee]], mentre gli oggetti dentro la caverna (e le immagini di questi proiettate sulla parete) non sono che le loro copie imperfette. Il sole, che permette di riconoscere l'aspetto vero della realtà, è simbolo dell{{'}}''idea del [[beneBene (eticafilosofia)|Bene]]'', l'idea suprema in vista della quale l'intero mondo delle idee è costituito e al quale essa conferisce la sua [[Uno (filosofia)|unità]].
 
Una conferma di tale impostazione ontologica del reale è data nel mito narrato nel dialogo ''Fedro'', attraverso l'immagine della faticosa salita dell'anima al cielo [[iperuranio]] delle idee, così descritte: «essenze incolori, informi e intangibili, contemplabili solo dall'intelletto (...) essenze che sono scaturigine della vera scienza».<ref>''Fedro'', 247 c.</ref>
 
{{Approfondimento
Per testimoniare l'essere delle idee, Platone porta l'esempio delle figure [[geometria|geometriche]], dei [[solidi platonici]] da lui stesso scoperti, dei [[triangolo|triangoli]] e dei [[cerchio|cerchi]]. In natura non esiste un cerchio o un [[Quadrato (geometria)|quadrato]] perfetto, che pur ogni individuo conosce sapendone calcolare area e perimetro. Una tale capacità è dovuta al fatto che l'[[intelletto]] vede al di là del sensibile un'idea di cerchio e quadrato che non si trova nel mondo esteriore.
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|larghezza = 40%
|titolo = Esemplificazione visiva delle "idee" platoniche
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|contenuto = [[File:Platoneeleidee.jpg|200px|left|Platone e le Idee]] Il termine usato da Platone per indicare i "modelli esemplari", i "paradigmi", che sono all'origine della realtà sensibile, è παράδειγμα (''paradeigma''), indicato dagli autori platonici più tardi (per esempio da [[Plotino]]) con il termine ὰρχέτυπος (''archetypos''; "archetipo"). Questa immagine qui rappresentata del "paradigma", dell'"archetipo" del "cavallo" che risiede nel mondo delle idee vuole genericamente raffigurare visivamente uno di quei "modelli" che per Platone sono privi di figura, di colore e invisibili. Essendo puramente intelligibili, la loro esistenza, infatti, non può essere in alcun modo appurata per mezzo dei dati sensibili come la vista, ma solo per il tramite dell'[[intelletto]].
}}
 
Per testimoniare l'essere delle idee, Platone porta l'esempio delle figure [[Geometria|geometriche]], dei [[solidi platonici]] da lui stesso scoperti, dei [[Triangolo|triangoli]] e dei [[Cerchio|cerchi]]. In natura non esiste un cerchio o un [[Quadrato (geometria)|quadrato]] perfetto, che pur ogni individuo conosce sapendone calcolare area e perimetro. Una tale [[facoltà (filosofia)|capacità]] è dovuta al fatto che l'[[intelletto]] vede al di là del sensibile un'idea di cerchio e quadrato che non si trova nel mondo esteriore.
[[File:Platoneeleidee.jpg|thumb|right|200px|Esemplificazione delle "idee" platoniche.]]
Soltanto nelle idee quindi si trova la dimora dell'[[Essere]], che è una dimensione [[trascendente]] rispetto a quella della semplice [[esistenza]]. L'ontologia platonica si presenta così come "[[dualismo|dualistica]]", comprensiva cioè di due piani concettuali, quello delle realtà sensibili e quello delle idee, tra i quali esiste una ''[[differenza ontologica]]'', incolmabile e costitutiva della loro stessa natura. L'unico rapporto possibile tra il piano dei fenomeni e quello delle idee è quello "[[mimesi|mimetico]]" (''mimesis''): ogni realtà sensibile (''ente'') ha il suo modello (''eidos'') nel mondo intelligibile. L'unico "salto" possibile tra i due livelli resta quello che può compiere l'[[anima]] umana, elevandosi attraverso la conoscenza dall'esistenza materiale a quella intellettuale. Platone, come già accennato, si rifà alla concezione [[orfismo|orfica]] [[Pitagora|pitagorica]] dell'anima, ove questa infatti è scissa in due parti: la prima, mortale, che muore insieme al corpo, e la seconda, immortale, che secondo [[Pitagora]] si reincarna in altri corpi.
 
Soltanto nelle idee quindi si trova la dimora dell'[[Essere]], che è una dimensione [[trascendente]] rispetto a quella della semplice [[esistenza]]. L'ontologia platonica si presenta così come "[[dualismo|dualistica]]", comprensiva cioè di due piani concettuali, quello delle realtà sensibili e quello delle idee, tra i quali esiste una ''[[differenza ontologica]]'', incolmabile e costitutiva della loro stessa natura. L'unico rapporto possibile tra il piano dei fenomeni e quello delle idee è quello "[[Mimesi|mimetico]]" (''mimesis''): ogni realtà sensibile (''ente'') ha il suo modello (''eidos'') nel mondo intelligibile. L'unico "salto" possibile tra i due livelli resta quello che può compiere l'[[anima]] umana, elevandosi attraverso la conoscenza dall'esistenza materiale a quella intellettuale. Platone, come già accennato, si rifà alla concezione [[Orfismo|orfica]] [[Pitagora|pitagorica]] dell'anima, ove questa infatti è scissa in due parti: la prima, mortale, che muore insieme al corpo, e la seconda, immortale, che secondo [[Pitagora]] si reincarna in altri corpi.
==== Ontologia e [[dialettica]] ====
 
==== Ontologia e dialettica ====
Come conciliare la differenza tra mondo sensibile e intelligibile e tuttavia la loro corrispondenza?
Come partecipano tra loro i due piani della realtà? A queste domande è chiamata a rispondere la [[dialettica]].
 
Il problema è legato storicamente alla presenza di [[Aristotele]] nell'[[Accademia platonica|Accademia]], durante gli anni della tarda maturità platonica. È infatti presumibile che da un certo momento la critica aristotelica all'''[[Differenza ontologica|ontologia della differenza]]'' abbia costretto il vecchio maestro a rivedere criticamente le sue originali concezioni in funzione di un maggior "[[Realismo (filosofia)|realismo]]" logico della teoria delle idee. In altri termini, la domanda è: se il mondo delle idee e quello empirico si contrappongono – essere e non-essere – che senso ha porre l'idea come ''causa'' della realtà apparente? Non sarebbe più coerente concludere, come già aveva fatto [[Parmenide]], che esiste solo il mondo delle idee, riducendo il mondo della natura a pura illusione?
 
La prima soluzione che Platone aveva cercato a questa [[aporia]] era stata la ''teoria della partecipazione'' (''[[Metessi|mèthexis]]''): le entità particolari parteciperebbero ognuna dell'idea corrispondente.
 
In una seconda fase, il filosofo aveva proposto come si è visto la ''teoria dell'imitazione'' (''[[mimesi]]s''), secondo la quale gli enti naturali sarebbero imitazioni della loro rispettiva idea. A tal proposito Platone introdurrà nel ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'', dialogo della vecchiaia, la figura del [[Demiurgo]] proprio per attribuirgli il ruolo di mediatore tra le due dimensioni.<ref>''Timeo'', 28ab – 29a.</ref> Il Demiurgo è un [[semi-dio]] che vitalizza il cosmo attraverso un'[[Anima del mondo]], plasmando la ''chora'', una materia già esistente ma sottoposta al caos, allo scopo di darle una forma sul modello delle Idee.<ref>Il Demiurgo quindi non è un dio ''generatore'' come quello cristiano, ma ''ordinatore'': egli dà il soffio vitale a una materia informe e ingenerata che preesiste a lui. Per questo fu definito da [[Celso (filosofo)|Celso]] piuttosto come un «semidio» (Cfr. [[Origene di Alessandria|Origene]], ''Contra Celsum'', VI, 47).</ref>
Il problema è legato storicamente alla presenza di [[Aristotele]] nell'[[Accademia platonica|Accademia]], durante gli anni della tarda maturità platonica. È infatti presumibile che da un certo momento la critica aristotelica all'''[[differenza ontologica|ontologia della differenza]]'' abbia costretto il vecchio maestro a rivedere criticamente le sue originali concezioni in funzione di un maggior "[[realismo (filosofia)|realismo]]" logico della teoria delle idee. In altri termini, la domanda è: se il mondo delle idee e quello empirico si contrappongono – essere e non-essere – che senso ha porre l'idea come ''causa'' della realtà apparente? Non sarebbe più coerente concludere, come già aveva fatto [[Parmenide]], che esiste solo il mondo delle idee, riducendo il mondo della natura a pura illusione?
 
[[File:Being Parmenides.png|upright=0.7|thumb|L'Essere secondo Parmenide: chiuso e incompatibile con il non-essere]]
La prima soluzione che Platone aveva cercato a questa [[aporia]] era stata la ''teoria della partecipazione'' (''[[metessi|mèthexis]]''): le entità particolari parteciperebbero ognuna dell'idea corrispondente.
[[File:Being Plato.png|thumb|L'Essere secondo Platone: gerarchicamente strutturato secondo passaggi graduali che vanno da un minimo a un massimo]]
Entrambe le risposte però mantenevano aperte molte e complesse contraddizioni di carattere logico. In una terza fase Platone mette allora in discussione una delle basi parmenidee della sua ontologia, quella dell{{'}}''immobilità dell'essere'', attuando quello che lui chiama un «[[parmenicidio|parricidio]]», ritenendosi egli filosoficamente "figlio" di [[Parmenide]]. Ora infatti il mondo delle idee assume l'aspetto di un sistema complesso, in cui trovano posto i concetti di ''diversità'' e ''molteplicità''. Più che una contrapposizione tra idea e realtà, entra in gioco il ''principio della divisione'' (''[[diairesis]]'') del mondo intelligibile, che consente di collegare ''[[dialettica]]mente'' ogni realtà empirica al suo principio sommo. Ciascuna idea si articola con quelle a essa subordinate (più particolari) e sovraordinate (più generali), secondo regole dialettiche di somiglianza e comunanza, dando luogo a [[genere (filosofia)|generi]] e [[specie (filosofia)|specie]]; in cima a tutte sta l'idea del [[Bene (filosofia)|Bene]]. In questa ipotesi teorica entra in gioco la possibilità dell'[[errore (filosofia)|errore]]: esso consiste nella determinazione di connessioni arbitrarie tra generi e specie, non rispettose delle loro relazioni [[Logica|logiche]]. Viene inoltre profondamente modificato il concetto stesso di "non-essere": esso non è più il "nulla", ma viene a costituirsi come il "diverso", come un'altra modalità dell'[[essere]]. In altri termini, ora anche il [[non-essere]] in certo qual modo ''è'', perché non è più radicalmente contrapposto all'essere, ma esiste in senso relativo (relativo cioè agli enti sensibili). Il non-essere esiste come "corrosione" o decremento della bellezza originaria delle idee iper-uraniche calate nella materia per dare [[Forma (filosofia)|forma]] agli elementi, in un [[sinolo]] o ''unità'' di materia e forma, come dirà [[Aristotele]]; unione che si decomporrà poi con la morte o distruzione dei singoli enti.
 
La ''diairesi'' non elimina, naturalmente, il carattere [[trascendente]] delle idee, ma avvicina maggiormente il metodo dialettico alle possibilità conoscitive del [[metodo scientifico]]. Platone si vede costretto a postulare una tale gerarchia o ''suddivisione'' della realtà ontologica anche per rispondere al problema sorto con Parmenide, da lui definito «terribile e venerando»,<ref>Così Platone definisce [[Parmenide]] quando fa dire a [[Socrate]]: «Parmenide mi sembra, per dirla con [[Omero]], che sia ''"venerando e terribile"'' insieme. Infatti mi avvicinai a quell'uomo quando io ero molto giovane e lui molto vecchio, e mi sembrò che avesse una profondità eccezionalmente nobile» (''[[Teeteto (dialogo)|Teeteto]]'', 183 e5 - 184 a1).</ref> circa l'impossibilità di oggettivare l'[[Essere]], al quale, secondo la filosofia eleatica, non si poteva attribuire nessun [[predicato]]. In tal modo però diventava impossibile conoscere l'Essere, e in ultima analisi [[Pensiero|pensarlo]]: una condizione che secondo Platone equivaleva di fatto al non-essere, del quale pure, a rigore, nulla si può dire.
In una seconda fase, il filosofo aveva proposto come si è visto la ''teoria dell'imitazione'' (''[[mimesi]]s''), secondo la quale gli enti naturali sarebbero imitazioni della loro rispettiva idea. A tal proposito Platone introdurrà nel ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'', dialogo della vecchiaia, la figura del [[Demiurgo]] proprio per attribuirgli il ruolo di mediatore tra le due dimensioni.<ref>''Timeo'', 28ab – 29a.</ref> Il Demiurgo è un [[semi-dio]] che vitalizza il cosmo attraverso un'[[Anima del mondo]], plasmando la ''chora'', una materia già esistente ma sottoposta al caos, allo scopo di darle una forma sul modello delle Idee.<ref>Il Demiurgo quindi non è un dio ''generatore'' come quello cristiano, ma ''ordinatore'': egli dà il soffio vitale ad una materia informe e ingenerata che preesiste a lui. Per questo fu definito da [[Celso (filosofo)|Celso]] piuttosto come un «semidio» (Cfr. [[Origene di Alessandria|Origene]], ''Contra Celsum'', VI, 47).</ref>
 
Nel ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'', pertanto, Platone postula [[5 generi sommi|cinque generi sommi]] (''essere'', ''identico'', ''diverso'', ''stasi'' e ''movimento'') a cui tutte le idee possono essere subordinate; la conciliazione di [[Uno (filosofia)|unità]], [[molteplicità]], staticità e movimento è detta «rapporto di comunanza» (''koinonìa'').
[[File:Being Parmenides.png|150px|thumb|L'Essere secondo Parmenide: chiuso e incompatibile con il non-essere]]
[[File:Being Plato.png|200px|thumb|L'Essere secondo Platone: gerarchicamente strutturato secondo passaggi graduali che vanno da un minimo a un massimo]]
Entrambe le risposte però mantenevano aperte molte e complesse contraddizioni di carattere logico. In una terza fase Platone mette allora in discussione una delle basi parmenidee della sua ontologia, quella dell'''immobilità dell'essere'', attuando quello che lui chiama un «parricidio», ritenendosi egli filosoficamente "figlio" di [[Parmenide]]. Ora infatti il mondo delle idee assume l'aspetto di un sistema complesso, in cui trovano posto i concetti di ''diversità'' e ''molteplicità''. Più che di una contrapposizione tra idea e realtà, entra in gioco il ''principio della divisione'' (''[[diairesis]]'') del mondo intelligibile, che consente di collegare ''[[dialettica]]mente'' ogni realtà empirica al suo principio sommo. Ciascuna idea si articola con quelle ad essa subordinate (più particolari) e sovraordinate (più generali), secondo regole dialettiche di somiglianza e comunanza (generi, specie); in cima a tutte sta l'idea del [[Bene (etica)|Bene]]. In questa ipotesi teorica entra in gioco la possibilità dell'errore: esso consiste nella determinazione di connessioni arbitrarie tra generi e specie, non rispettose delle loro relazioni [[logica|logiche]]. Viene inoltre profondamente modificato il concetto stesso di "non-essere": esso non è più il "nulla", ma viene a costituirsi come il "diverso", come un'altra modalità dell'[[essere]]. In altri termini, ora anche il [[non-essere]] in certo qual modo ''è'', perché non è più radicalmente contrapposto all'essere, ma esiste in senso relativo (relativo cioè agli enti sensibili). Il non-essere esiste come "corrosione" o decremento della bellezza originaria delle idee iper-uraniche calate nella materia per dare [[Forma (filosofia)|forma]] agli elementi, in un [[sinolo]] o ''unità'' di materia e forma, come dirà [[Aristotele]]; unione che si decomporrà poi con la morte o distruzione dei singoli enti.
 
Una notevole difficoltà che s'incontra studiando gli ultimi dialoghi di Platone (''[[Parmenide (dialogo)|Parmenide]]'', ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'', ''[[Teeteto]]'') è la definizione di [[dialettica]], che Platone non dà mai. Nella ''[[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'' Platone ne parla come il metodo più efficace per raggiungere la verità. Nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' si trova che la dialettica è un ''“processo di unificazione e moltiplicazione”'':<ref>I due modi di procedere della [[dialettica]]:
La ''diairesi'' non elimina, naturalmente, il carattere [[trascendente]] delle idee, ma avvicina maggiormente il metodo dialettico alle possibilità conoscitive del [[metodo scientifico]]. Platone si vede costretto a postulare una tale gerarchia o ''suddivisione'' della realtà ontologica anche per rispondere al problema sorto con Parmenide, da lui definito «terribile e venerando»,<ref>Così Platone definisce [[Parmenide]] quando fa dire a [[Socrate]]: «Parmenide mi sembra, per dirla con [[Omero]], che sia ''"venerando e terribile"'' insieme. Infatti mi avvicinai a quell'uomo quando io ero molto giovane e lui molto vecchio, e mi sembrò che avesse una profondità eccezionalmente nobile» (''[[Teeteto (dialogo)|Teeteto]]'', 183 e5 - 184 a1).</ref> circa l'impossibilità di oggettivare l'[[Essere]], al quale, secondo il filosofo eleata, non si poteva attribuire nessun [[predicato]]. In tal modo però diventava impossibile conoscere l'Essere, e in ultima analisi [[pensiero|pensarlo]]: una condizione che secondo Platone equivaleva di fatto al non-essere, del quale pure, a rigore, nulla si può dire.
{{Citazione|Socrate: Non sarebbe affatto privo di ricompensa cogliere scientificamente il significato di due procedimenti. … Uno: abbracciare in uno sguardo d'insieme e ricondurre a un'unica forma ciò che è molteplice e disseminato affinché, definendo ciascun aspetto, si attinga chiarezza intorno a ciò di cui si intenda ogni volta insegnare.…<br />Fedro: E qual è l'altro procedimento che dici, o Socrate?<br />
Socrate: Consiste nella capacità di smembrare l'oggetto in specie, seguendo le nervature naturali, guardandosi dal lacerarne alcuna parte come potrebbe fare un cattivo macellaio.|Platone, ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' 265 d-e}}</ref> partendo cioè da un'analisi di certi fenomeni, si tratta di unificarli sotto un unico ''[[genere (filosofia)|genere]]''; mentre all'opposto la dialettica si occupa anche di dividere un genere in tutte le ''[[specie (filosofia)|specie]]'' che comprende sotto di sé. Possiamo forse dire che l'Idea è di fatto un{{'}}''[[Uno (filosofia)|unità]]'' del molteplice, che racchiude e assume in sé la caratteristica principale propria di alcuni esseri: si pensi per esempio all'idea del bello che unifica in sé tutte le varie realtà belle.
 
Nel ''[[Parmenide (dialogo)|Parmenide]]'' Platone dà una dimostrazione di come lavora la dialettica all'interno del discorso: si tratta di trovare tutte le risposte possibili a una domanda; poi, con un procedimento falsificatorio, si procederà col confutare una a una le risposte date, sulla base di certi princìpi; la risposta che non è falsificata dal procedimento è meno confutabile delle altre e dunque risulta più vera delle altre, mai però vera in senso assoluto. Si potrebbe obiettare a questo punto che tale applicazione della dialettica non corrisponde alla pseudo-definizione datane da Platone nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]''. Tale obiezione si rafforza tenendo conto che nel ''[[Filebo (dialogo)|Filebo]]'' Platone riformula una nuova concezione. Nel dialogo infatti Socrate è impegnato a definire che cosa sia il piacere. Anzitutto i piaceri sono tanti oppure è solo uno? Filebo non sa rispondere, e allora Socrate pronuncia la famosa frase secondo cui «i molti sono [[Uno (filosofia)|Uno]] e l'Uno è molti».
Nel ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'', pertanto, Platone postula cinque generi sommi (''essere'', ''identico'', ''diverso'', ''stasi'' e ''movimento'') a cui tutte le idee possono essere subordinate; la conciliazione di [[Uno (filosofia)|unità]], [[molteplicità]], staticità e movimento è detto «rapporto di comunanza» (''koinonìa'').
 
Cosa significa quest'asserzione? Semplicemente ribadisce un principio proprio delle Idee, ossia quello di essere uniche e perfette, eppure, nel contempo, di riflettersi nella [[molteplicità]] del sensibile. La metodologia più coerente dell'applicazione della dialettica è probabilmente quella esposta nel ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'': si tratta del metodo [[Dicotomia|dicotomico]]. All'interno di una domanda si tratta di isolare il [[concetto]] che si vuole definire; nell'attribuire questo concetto a una classe più ampia nella quale siamo certi sia compreso il concetto medesimo; quindi nel suddividere tale classe in due parti, più piccole, per vedere in quale delle due sottoclassi è ancora compreso il concetto da trovare, e così via, suddividendo finché non troviamo più nulla da dividere e, dunque, la definizione trovata è proprio quella del concetto che volevamo spiegare. Pur presentandosi come [[scienza]] (''epistème''), la dialettica, è bene ribadirlo, è solo un procedimento rigoroso, che però non riesce mai ad arrivare alla verità (sempre per il fatto che si serve dei ''[[lògoi]]''). Si può dire allora che la scienza presentata da Platone non è certo quella a cui cercherà di approdare per esempio [[Cartesio]] nel Seicento, o in seguito [[Hegel]]. Da notare che anche [[Aristotele]], nonostante le sue critiche a Platone, collocava i princìpi primi al di sopra del ragionamento dimostrativo [[Sillogismo|sillogistico]], giudicandoli raggiungibili solo attraverso l'[[intuizione]] [[intelletto|intellettuale]].
Una notevole difficoltà che s'incontra studiando gli ultimi dialoghi di Platone (''[[Parmenide (dialogo)|Parmenide]]'', ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'', ''[[Teeteto]]'') è la definizione di [[dialettica]] che Platone non dà mai. Nella ''[[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'' Platone ne parla come il metodo più efficace per raggiungere la verità. Nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' si trova che la dialettica è un ''“processo di unificazione e moltiplicazione”'':<ref>I due modi di procedere della [[dialettica]]:
{{q|Socrate: Non sarebbe affatto privo di ricompensa cogliere scientificamente il significato di due procedimenti. … Uno: abbracciare in uno sguardo d'insieme e ricondurre ad un'unica forma ciò che è molteplice e disseminato affinché, definendo ciascun aspetto, si attinga chiarezza intorno a ciò di cui si intenda ogni volta insegnare.… <br>Fedro: E qual è l'altro procedimento che dici, o Socrate?<br>
Socrate: Consiste nella capacità di smembrare l'oggetto in specie, seguendo le nervature naturali, guardandosi dal lacerarne alcuna parte come potrebbe fare un cattivo macellaio.|Platone, ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' 265 d-e}}</ref> partendo cioè da un'analisi di certi fenomeni, si tratta di unificarli sotto un unico ''genere''; mentre all'opposto la dialettica si occupa anche di dividere un genere in tutte le [[specie]] che comprende sotto di sé. Possiamo forse dire che l'Idea è di fatto un'''[[Uno (filosofia)|unità]] del molteplice'', che racchiude ed assume in sé la caratteristica principale propria di alcuni esseri: si pensi ad esempio all'idea del bello che unifica in sé tutte le varie realtà belle.
 
Nel [[Cratilo (dialogo)|Cratilo]], contemporaneo o di poco precedente alla [[Repubblica (dialogo)|Repubblica]], Platone si pone il problema, decisivo per l’impiego della dialettica a fini conoscitivi, della relazione fra nome e cosa, fra parola e realtà. Il dialogo si risolve in un contrasto fra la tesi di Ermogene, che considera il nome una semplice sequenza di suoni convenzionalmente scelta per riferirsi a un oggetto, e la tesi di Cratilo, allievo del vecchio Eraclito, che sosteneva la piena espressione dell’essenza del nominato nel nome, e considerava i nomi espressioni forgiate da un Onomaturgo in grado di esprimere l’essenza della cosa nominata. Alcuni studiosi contemporanei, in base ai loro orientamenti, hanno sostenuto che Platone ha dato il suo assenso ora alla tesi di Ermogene, ora alla tesi di Cratilo.
Nel ''[[Parmenide (dialogo)|Parmenide]]'' Platone dà una dimostrazione di come lavora la dialettica all'interno del discorso: si tratta di trovare tutte le risposte possibili ad una domanda; poi, con un procedimento falsificatorio, si procederà nel confutare ad una ad una le risposte date, sulla base di certi principi; la risposta che non è falsificata dal procedimento è meno confutabile delle altre e dunque risulta più vera delle altre, mai però vera in senso assoluto. Si potrebbe obiettare a questo punto che tale applicazione della dialettica non corrisponde alla pseudo-definizione datane da Platone nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]''. Tale obiezione si rafforza tenendo conto che nel ''[[Filebo (dialogo)|Filebo]]'' Platone riformula una nuova concezione. Nel dialogo infatti Socrate è impegnato a definire che cosa sia il piacere. Anzitutto i piaceri sono tanti oppure è solo uno? Filebo non sa rispondere, ed allora Socrate pronuncia la famosa frase secondo cui «i molti sono [[Uno (filosofia)|Uno]] e l'Uno è molti».
[[Gérard Genette]], nell'opera ''Mimologie. Viaggio in Cratilia'' (1976), parte dal discorso di Platone per argomentare l'idea di arbitrarietà del segno: secondo questa tesi, già sostenuta dal grande linguista [[Ferdinand de Saussure]], il collegamento tra la lingua e gli oggetti non è naturale, ma culturalmente determinato. Le idee sviluppate nel [[Cratilo (dialogo)|Cratilo]], benché datate, sono state un importante punto di riferimento nello sviluppo della [[linguistica]]. Sulla base del ''Cratilo'' [[Gaetano Licata]] ha ricostruito, nel saggio ''Teoria platonica del linguaggio. Prospettive sul concetto di verità'' (2007, Il Melangolo), la concezione platonica della semantica, in base alla quale i nomi avrebbero un legame naturale, (una fondatezza essenziale) col loro "nominatum". Questo autore sostiene che Platone accoglie la tesi di Cratilo.
 
=== Lo Stato filosofico ===
Cosa significa quest'asserzione? Semplicemente ribadisce un principio proprio delle Idee, ossia quella di essere uniche e perfette, eppure, nel contempo, di riflettersi nella [[molteplicità]] del sensibile. La metodologia più coerente dell'applicazione della dialettica è probabilmente quella esposta nel ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'': si tratta del metodo [[dicotomia|dicotomico]]. All'interno di una domanda si tratta di isolare il [[concetto]] che si vuole definire; nell'attribuire questo concetto ad una classe più ampia nella quale siamo certi sia compreso il concetto medesimo; quindi nel suddividere tale classe in due parti, più piccole, per vedere in quale delle due sottoclassi è ancora compreso il concetto da trovare, e così via, suddividendo finché non troviamo più nulla da dividere e, dunque, la definizione trovata è proprio quella del concetto che volevamo spiegare. Pur presentandosi come [[scienza]] (''epistème''), la dialettica, è bene ribadirlo, è solo un procedimento rigoroso, che però non riesce mai ad arrivare alla verità (sempre per il fatto che si serve dei ''[[lògoi]]''). Si può dire allora che la scienza presentata da Platone non è certo quella a cui cercherà di approdare ad esempio [[Cartesio]] nel Seicento, o in seguito [[Hegel]]. Da notare come anche [[Aristotele]], nonostante le sue critiche a Platone, collocava i princìpi primi al di sopra del ragionamento dimostrativo [[sillogismo|sillogista]], giudicandoli raggiungibili solo attraverso l'[[intuizione]] [[intelletto|intellettuale]].
[[File:Akropolis by Leo von Klenze.jpg|upright=1.6|thumb|La ''[[Città-stato]]'' dell'[[antica Grecia]], in un dipinto di epoca [[romanticismo|romantica]]]]
Il [[dualismo]] che Platone aveva teorizzato tra [[verità]] e apparenza, [[anima]] e [[Corpo (filosofia)|corpo]], si riflette anche nella concezione [[politica]]. Come la sapienza è distinta dall'ignoranza, così anche i filosofi vanno distinti da coloro che sono rimasti fermi a una conoscenza puramente sensibile del mondo.
 
Uno [[Stato]] che assegni ai suoi cittadini funzioni incompatibili col livello di sapienza da essi raggiunto diventa disarmonico e rischia facilmente di degenerare. Si può notare qui come Platone interpreti la società in analogia a un [[organismo]] vivente.<ref>''[[La Repubblica (dialogo)|La Repubblica]]'' e ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]''.</ref> Il compito di far rispettare l'[[armonia]] tra le parti spetta a coloro che più hanno saputo recuperare la reminiscenza dell'idea del [[Bene (filosofia)|Bene]]: i filosofi. Costoro hanno dunque il compito di governare. La loro funzione è identica a quella che nell'[[anima]] umana, secondo la tripartizione platonica, spetta all'anima razionale: la coordinazione e il governo delle altre due, l'intellettiva e la concupiscente. Nel ''[[mito del carro e dell'auriga]]'' l'anima razionale è infatti assimilata a un cocchiere che deve sapere bene indirizzare i due cavalli a lui sottomessi, affinché il carro proceda rettamente.
===Lo Stato filosofico===
[[File:Akropolis by Leo von Klenze.jpg|350px|thumb|La ''[[Città-stato]]'' dell'[[antica Grecia]], in un dipinto di epoca [[romanticismo|romantica]]]]
Il [[dualismo]] che Platone aveva teorizzato tra [[verità]] e apparenza, [[anima]] e [[corpo (filosofia)|corpo]], si riflette anche nella concezione [[politica]]. Come la sapienza è distinta dall'ignoranza, così anche i filosofi vanno distinti da coloro che sono rimasti fermi ad una conoscenza puramente sensibile del mondo.
 
Uno [[Stato]] che assegni ai suoi cittadini funzioni incompatibili col livello di sapienza da essi raggiunto diventa disarmonico e rischia facilmente di degenerare. Si può notare qui come Platone interpreti la società in analogia ad un [[organismo]] vivente.<ref>Cfr. ''[[La Repubblica (dialogo)|La Repubblica]]'' e ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]''.</ref> Il compito di far rispettare l'[[armonia]] tra le parti spetta a coloro che più hanno saputo recuperare la reminiscenza dell'idea del [[Bene (etica)|Bene]]: i filosofi. Costoro hanno dunque il compito di governare. La loro funzione è identica a quella che nell'[[anima]] umana, secondo la tripartizione platonica, spetta all'anima razionale: la coordinazione e il governo delle altre due, l'intellettiva e la concupisciente. Nel ''[[mito del carro e dell'auriga]]'' l'anima razionale è infatti assimilata a un cocchiere che deve sapere bene indirizzare i due cavalli a lui sottomessi, affinché il carro proceda rettamente. Una sana organizzazione dello Stato è dunque il riflesso dell'organicità dell'anima umana, a cui i filosofi sono preposti. L'anima [[thumos|irascibile]] o volitiva, simboleggiata dal cavallo bianco, diventa virtuosa quando è caratterizzata da [[coraggio]] e audacia: essa trova il suo corrispettivo nella classe dei [[guerraguerriero|guerrieri]], che hanno il compito di difendere la città. L'anima concupiscibile, simboleggiata dal cavallo nero, è rappresentata infine dagli [[artigiani]] e i [[commercianti]], che devono sapere sviluppare la virtù della [[temperanza]]; costoro sono più portati al [[lavoro produttivo]].
 
{{qCitazione|…noi pensiamo di modellare una ''[[polis]]'' felice non prendendo pochi individui separatamente e rendendoli tali, ma considerandola nella sua interezza.|Platone, ''Repubblica'', IV, 420c}}
 
Quando ogni classe conduce al meglio il proprio compito, ognuno nella sua autonomia, lo Stato ne risulta armonicamente beneficiato. La concezione politica di Platone si fonda quindi su un forte senso della [[giustizia]], che d'altronde aveva ispirato tutta la sua dottrina delle idee. La preoccupazione di Platone tra l'altro è la stessa che aveva animato il suo maestro [[Socrate]] quando lo aveva spinto a fare opera di [[maieutica]] presso i suoi concittadini, e nasce da una sostanziale sfiducia verso i metodi politici vigenti nella sua epoca: questi sono responsabili, secondo Platone, di curare solo gli aspetti esteriori e transitori dell'individuo, trascurando l'interiorità dell'[[anima]].
 
Affinché la classe dei governanti e dei guerrieri non si faccia distrarre da interessi terreni e personali, essi sono chiamati a mettere in comune ogni [[proprietà (diritto)|proprietà]]; i loro figli analogamente non dovranno appartenere alle rispettive famiglie, ma sarà la collettività a prendersi cura di loro. Sono inoltre disapprovate da Platone le usanze educative del suo tempo basate sulle espressioni [[arte|artistiche]] come la [[poesia]] o la [[musica]], perché invece di proporre esempi di moralità si limitano a una sterile imitazione del mondo sensibile, già a sua volta imitante l'[[idea]]. Nel suo Stato filosofico non c'è neppure bisogno di [[leggi]] positive: ogni individuo infatti non deve rispondere a comandi impartiti dall'esterno, ma obbedire alla sua propria attitudine interiore. In virtù di quest'ultima, le tre classi-funzione della città platonica sono dinamiche, e non vengono assegnate alla nascita: è solo durante l'educazione selettiva che si arriva a stabilire quale ruolo ogni individuo sia più adatto a svolgere, poiché, come Platone spiega nel ''mito delle stirpi'', ognuno possiede un'indole che indirizza l'individuo ada uno solo dei tre percorsi.
 
{|style="background:azure; text-align:center; margin-right:15px; margin-top:5px; margin-bottom:3px;" border="4" align="left" cellspacing="1" cellpadding="3" width="400"
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|'''[[Testa]]'''
|'''[[Ragione|Razionale]]'''
|'''[[Sapienza (filosofia)|Sapienza]]'''
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|'''[[GuerraGuerriero|Guerrieri]]'''
|'''[[Torace]]'''
|'''[[Volontà|Volitiva]]'''
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|}
 
Il [[educazione|modello educativo]] di Platone (''[[paideia|paidèia]]'') si basa sulla selezione per tappe: il giovane è sottoposto ada una prima istruzione da parte dello Stato comprendente, oltre alla [[ginnastica]] e al combattimento (ossia l'esercizio del corpo), anche la [[musica]] (ossia l'esercizio dello spirito) purché esprima davvero l'amore per il Bello ideale e non per le bellezze sensibili. L'istruzione tuttavia non va imposta con la forza «poiché un uomo libero dev'essere libero anche nella conquista del sapere».<ref>''Repubblica'', 536.</ref> Se l'educando si dimostra all'altezza, egli viene privilegiato ed educato alla [[matematica]], col fine di diventare stratega, e all'[[astronomia]], disciplina solo teorica il cui fine è elevare l'animo. Tra i migliori infine vengono scelti coloro che, per diventare buoni governanti, intraprenderanno lo studio della [[filosofia]] e della [[dialettica]], la massima scienza. Non essendoci differenze esteriori di nascita, anche le [[donna|donne]] sono chiamate, ognuna secondo la propria inclinazione, ad assolvere le stesse funzioni degli uomini, comprese la guerra e il governo, avendo i loro stessi diritti-doveri.
 
{{qCitazione|…non c'è nessuna attività di coloro che amministrano la città che sia della donna in quanto donna, né dell'uomo in quanto uomo, ma le nature sono disseminate in entrambi gli esseri, e la donna partecipa secondo natura di tutte le attività, e alla pari l'uomo di tutte.|Platone, ''Repubblica'', V, 455d}}
 
L'educazione dei giovani cittadini consente così di costruire una [[civiltà]] armonica in grado di prevenire le forme degenerative della [[timocrazia]], della [[plutocrazia]] e della [[democrazia]], che sfociano tutte inevitabilmente nel peggiore dei governi: la [[tirannide]].
 
Lo [[Città ideale|Stato ideale]] tracciato da Platone è stato oggetto di alcune critiche (tra cui quelle di [[Karl Popper]] in ''[[La società aperta e i suoi nemici]]''); si è parlato in proposito di [[comunismo]] platonico, presumendo di vedere in esso un'anticipazione della società egualitaria vagheggiataprospettata da [[Karl Marx]]. Quello di Platone è tuttavia un comunismo etico, non sociale, che si propone l'abolizione della proprietà, ma solo per le classi superiori; la distinzione stessa tra le classi viene mantenuta. [[Margherita Isnardi Parente]] parla in proposito di ''comunismo morale'' dei governanti, non di popolo, ristretto cioè a pochi.<ref>Cfr.: [http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=103 Intervista a M. Isnardi Parente] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20111111120648/http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=103 |data=11 novembre 2011 }}.</ref> Lo stesso Marx rimproverava a Platone di avere ideato uno stato diviso in rigide [[caste]], unendosi alle critiche di coloro che ravvisano nella sua [[utopia]] un carattere [[aristocratico]]. Occorre anche qui precisare tuttavia che l'aristocrazia platonica è del tutto diversa da quella tradizionale fondata sulla [[stirpe]] sociale. I "migliori" che Platone chiama a governare infatti sono aristocratici in un senso ''intellettuale'': non per un diritto acquisito con la nascita, ma secondo criteri [[morale|morali]] rinvenibili in chiunque.
 
=== Il problema dell'arte ===
Come scrittore di prosa e occasionalmente anche di poesia, Platone era un artista di grande talento e come esteta istruito si rivolse, come ovvio, al bello. Da un punto di vista filosofico, tuttavia, il suo rapporto con l'arte - arti visive e performative, musica e letteratura - era ambivalente, e in gran parte persino negativo.
 
La sua critica all'arte, sviluppata in connessione con la sua filosofia politica, ha suscitato scalpore sin dai tempi antichi. A causa dell'effetto straordinariamente potente dell'arte sulle menti sensibili, Platone riteneva che lo stato dovesse regolare le manifestazioni artistiche al fine di prevenire gli effetti disastrosi legati a forme d'arte dannose per la comunità. Pertanto, nel suo stato ideale non tollerava i poeti. Solo il tradizionale, il collaudato e il semplice hanno trovato la sua approvazione; non accettava innovazioni, dal momento che potevano compromettere la caratteristica ideale, armoniosa e stabile della società.<ref>{{Cita libro|autore=Platone|titolo=Repubblica. Testo greco a fronte|editore=Rizzoli BUR|anno=2006|traduttore=Mario Vegetti|ISBN=978-88-17-01337-6}}</ref>
 
Platone preferiva la bellezza delle forme geometriche a quella degli esseri viventi o delle opere d'arte, poiché quest'ultime sono solo relativamente belle, mentre certe figure geometriche regolari sono belle in senso assoluto. Ordine, misura (appropriatezza) e proporzioni armoniche (συμμετρία: simmetría) erano, per lui, criteri decisivi della bellezza, poiché davano unità alle cose; una deviazione arbitraria da questa norma (e l'eccessività) portano alla bruttezza.<ref>{{Cita libro|titolo=Einführung in die Ästhetik Adornos|url=http://dx.doi.org/10.1515/9783110843934-022|accesso=16 dicembre 2020|data=31 dicembre 1979|editore=De Gruyter|pp=152-154|ISBN=978-3-11-084393-4}}</ref>
 
La disapprovazione di Platone per le arti visive si basava sulla convinzione che nell'ordine gerarchico dell'essere il relativamente inferiore è solo un'immagine del relativamente superiore e come tale è in una certa misura meno perfetto rispetto a esso. Quindi, la vera lotta umana per il miglioramento può esprimersi solo nell'allontanarsi dalle immagini spurie rivolgendosi invece agli archetipi. Tuttavia, poiché sia la pittura che la scultura non erano altro che imitazioni della natura per Platone (concetto di mimesi) e la natura stessa era un'immagine del mondo delle idee, egli vide nel trattare tali arti solo un percorso dall'archetipo all'immagine e quindi una discesa e un'aberrazione.
 
L'arte, secondo Platone, non ha a che fare con l'idealità. Non è un modo possibile di concepire la verità. Essa si trova nel percorso inverso che porta dal materiale all'ideale. Di fatto l'astrazione artistica è a un grado ontologico e gnoseologico inferiore rispetto alle cose.
 
Dal suo punto di vista, l'opera d'arte era, nel migliore dei casi, copia vera e quindi duplicazione non necessaria di originali che non avrebbero mai potuto superare. Inoltre, Platone vedeva tale creazione artistica come un espediente e un passatempo, una distrazione da compiti importanti. Ha condannato in modo particolarmente aspro le opere d'arte con le quali l'artista non si sforza nemmeno di imitare le cose naturali il più fedelmente possibile, ma piuttosto di creare illusioni o esprimere il soggettivo. Il suo giudizio dispregiativo non si applicava all'architettura, che non annovera tra le arti imitative (mimetiche), ma tra le arti "creative" (poietiche), che producono cose reali invece di limitarsi a raffigurarle.<ref>{{Cita libro|autore=Platone|titolo=Sofista, 266c–d}}</ref>
 
La sua critica a certe forme di musica e di poesia iniziava principalmente su un altro punto, cioè sull'effetto "demoralizzante" che attribuiva loro. Con questo argomento si rivoltò contro la chiave lidia, contro la musica per flauto e contro poesie come quelle di Omero ed Esiodo. Dava per scontato che la cattiva musica intensificasse gli affetti inferiori, minacciando il dominio della ragione sulla vita emotiva e quindi rovinando il carattere, mentre la cattiva poesia diffonde bugie. D'altra parte, ha valutato positivamente altre chiavi, poesie inni religiosi e poesie di lode per brave persone e ha attribuito loro un'influenza positiva sulla formazione del carattere. Ciò che trovava buono in poesia non lo considerava i risultati propri dei poeti, ma lo attribuiva all'ispirazione divina. Per descrivere l'entusiasmo che nasce da tale lavoro, ha usato il termine ambivalente e positivo di rabbia (μανία: manía); nel poeta ispirato vide un mediatore tra gli dei e gli uomini. L'arte come portatrice di valori politici era giustificabile, sebbene Platone ritenesse comunque che non fosse un grado eccelso di espressione, al contrario della dialettica e della filosofia.
 
Platone distingueva le forme poetiche in base all'estensione della parte mimetica in esse. Rifiutava completamente il [[dramma]] come forma scenica e quindi puramente mimetica e riproduzione diretta, soprattutto perché includeva anche personaggi discutibili o cattivi, la cui imitazione da parte degli attori considerava dannosa. Considerava accettabile la narrazione e la riproduzione solo indiretta di forme di poesia con una bassa componente mimica (dithyrambos, poesia epica), a condizione che il contenuto non fosse moralmente discutibile.<ref>{{Cita libro|autore=Platone|titolo=Repubblica, 393a–396e}}</ref>
 
== Le dottrine non scritte: l'Uno e la Diade ==
{{vedi anche|Dottrine non scritte di Platone}}
{{quote|Su queste cose non c'è un mio scritto, né ci sarà mai. In effetti la conoscenza della verità non è affatto comunicabile come le altre conoscenze, ma, dopo molte discussioni fatte su questi temi, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende dallo scoccare di una scintilla, essa nasce dall'anima e da se stessa si alimenta.|Platone, ''Lettera VII'', 341 C 5 - D 2}}
{{Citazione|Su queste cose non c'è un mio scritto, né ci sarà mai. In effetti la conoscenza della verità non è affatto comunicabile come le altre conoscenze, ma, dopo molte discussioni fatte su questi temi, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende dallo scoccare di una scintilla, essa nasce dall'anima e da se stessa si alimenta.|Platone, ''Lettera VII'', 341 C 5 - D 2}}
 
Come suggerisce il contenuto della ''Lettera VII'', e secondo quanto si è accennato in più punti, Platone avrebbe omesso nei suoi scritti di parlare di alcune questioni della massima importanza.<ref>Platone avrebbe in questo modo seguito l'opinione del suo maestro Socrate circa l'inaffidabilità dei testi scritti, e la sua decisione di affidarsi al metodo orale della maieutica: «l'oralità dialettica fu la cifra emblematica del socratismo; e fu questa forma di oralità, e solo questa, che Platone ritenne di gran lunga superiore alla scrittura» (G. Reale, introduzione a ''Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima'', di Francesco Sarri, pag. X, Vita e Pensiero, Milano 1997).</ref> Alcuni esponenti della cosiddetta [[Scuola di Tubinga (filosofia)|scuola di Tubinga]] (tra gli altri [[Hans Krämer|Hans Joachim Krämer]], [[Konrad Gaiser]] e [[Thomas Alexander Szlezák]]) e dell'[[Università Cattolica del Sacro Cuore|Università Cattolica]] di [[Milano]] ([[Giovanni Reale]]) sostengono che effettivamente una parte rilevante delle teorie platoniche non sia mai stata messa per iscritto, e tuttavia ritengono di poter ricavare, da alcuni accenni sparsi nei dialoghi e da alcune considerazioni polemiche presenti nella ''Metafisica'' di [[Aristotele]] (Libri I, XIII e XIV), le linee di fondo delle cosiddette "dottrine non scritte".<ref>Sull'importanza delle "dottrine non scritte" nel pensiero di Platone, si veda quest'[http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=856&Guid=f579e41edd7a43e39dd637ad3620d54a intervista a Thomas Alexander Szlezák] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160817094800/http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=856&Guid=f579e41edd7a43e39dd637ad3620d54a |data=17 agosto 2016 }}, compresa nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche.</ref> Secondo le suddette scuole, dunque, la filosofia di Platone non si esaurirebbe nei suoi scritti ma, anzi, parte di essa potrebbe essere recuperata facendo ricorso alla cosiddetta "tradizione indiretta".
 
Tale critica all'esegesi dell'opera platonica procede lungo un percorso storico che aveva visto la modernità, soprattutto con [[Friedrich Schleiermacher]] (1768-1834),<ref>Cfr. al riguardo l'Introduzione di [[Marie-Dominique Richard]] a Friedrich Schleiermacher: ''Introductions aux dialogues de Platon (1804-1828). Leçons d'historie de la philosophie (1819-1823) suivies des textes de Friedrich Schlegel relatifs à Platon'', Les Éditions du Cerf., Parigi 2004.</ref> manifestare la convinzione che gli scritti di Platone contenessero in maniera esaustiva le sue dottrine, rigettando così l'interpretazione allegorica delle sue opere compiuta dagli autori [[Medioplatonismo|medioplatonici]] e [[Neoplatonismo|neoplatonici]].
 
Ma già [[Friedrich Nietzsche]]<ref>Cfr. Friedrich Nietzsche. ''Gesammelte Werke. Vierter Band: VortrageVorträge, Schriften und VorlensungenVorlesungen 1871-1876''. Monaco, Musarion Ausgabe, pag.730370 (Einleitung in das Studium der platonischen Dialoge (1871-1876), tr. it. ''Plato amicus sed. Introduzione ai dialoghi platonici'', Bollati Boringhieri, Torino 1991, pp. 45-46).</ref> aveva individuato la contraddizione tra la tesi di Schleiermacher e le affermazioni del filosofo ateniese contenute nel ''[[Fedro]]''. Secondo Nietzsche, lo scritto ha per Platone il solo scopo di far richiamare alla memoria degli allievi le conoscenze già apprese oralmente all'interno dell'[[Accademia di Atene|Accademia]].
 
In seguito [[Heinrich Gomperz]] (1873-1942)<ref>Heinrich Gomperz, ''Plato's System of Philosophy'', in "Proceedings of the Seventh International Congress of Philosophy", Londra 1931.</ref> partendo da un'interpretazione del passo 341 c. della ''lettera VII'' di Platone, sostenne che una piena comprensione dell'opera di Platone poteva avvenire solo attraverso le testimonianze indirette:
{{quoteCitazione|Il sistema filosofico di Platone non viene espressamente sviluppato nei dialoghi, ma si trova solamente, almeno a partire dalla ''Repubblica'', dietro di essi. Questo sistema è un sistema di deduzione, e precisamente dualistico, poiché esso conduce "tutte le cose" a due fattori originari essenzialmente diversi fra loro.|Heinrich Gomperz, ''Op.cit.'', citato in [[Giovanni Reale]], ''Autotestimonianze e rimandi dei dialoghi di Platone alle "dottrine non scritte"'', Bompiani, Milano 2008, pagg. 48-9}}
 
Negli anni venti [[Hans-Georg Gadamer]] (1900-2002) scopriva anche luianch'egli le "dottrine non scritte", anche seseppure le ritenevaritenesse basilari unicamente per la comprensione della matematica in Platone.<ref>G.[Giuseppe Girgenti] (a cura di), ''La nuova interpretazione di Platone. Un dialogo tra Hans-Georg Gadamer e la scuola di Tubinga (-Milano)'', Milano, Rusconi, 1998.</ref>
 
Il primo autore che ha affrontato organicamente la nuova interpretazione di Platone è stato comunque [[Hans Joachim Krämer]] con il suo ''Platone e i fondamenti della metafisica. Saggio sulla teoria dei principi e sulle dottrine non scritte di Platone'' contestualmente tradotto in italiano da [[Giovanni Reale]]<ref>Giovanni Reale richiamerà questa sua opera di traduzione come ciò che lo convinse a riconsiderare l'opinione prevalente che le opere di Platone fossero esaustive rispetto alle sue dottrine.</ref> nel [[1982]] per la casa editrice milanese [[Vita e Pensiero (casa editrice)|Vita e Pensiero]].
 
Dopo Krämer, ede altri autori della scuola di Tubinga, è intervenuto lo stesso Giovanni Reale che ha applicato a questa nuova interpretazione i canoni epistemologici di [[Thomas Kuhn]] ritenendo il lavoro di Tubinga come un "nuovo paradigma ermeneutico".
 
Un'analisi del testo di ''[[Fedro]]'' (276A, 276E, 277B) unitamente alla ''Lettera VII'' sono per questi studiosi più che sufficienti a dimostrare l'autotestimonianza dello stesso Platone del fatto che il filosofo non affida e non comunica tutto il suo insegnamento sui "rotoli di carta" ma soprattutto quelli di maggior valore li redige direttamente negli animi degli uomini in grado di comprenderli.
 
Questi insegnamenti "non scritti" sono per questi autori il cuore delle dottrine platoniche e, facendo leva sulla testimonianza di [[Aristotele]] e dei suoi commentatori [[Alessandro di Afrodisia]] e [[Simplicio (filosofo)|Simplicio]], ritengono che per Platone l'intera realtà, non solo quella sensibile ma anche del mondo delle Idee, sia il risultato di due Principi primi: l'[[Uno (filosofia)|Uno]] e la Diade.<ref>Cfr. l'Introduzione a {{cita libro|titolo=[[Fedone]]|curatore=[[Giovanni Reale|G. Reale]]|editore=La Scuola}}, pagg. 56 segg.</ref>. Tale concezione, di tipo pitagorico, intende l'Uno (il «Bene» dei dialoghi) come tutto ciò che è unitario e positivo, mentre la Diade, ovvero il mondo delle differenze e della molteplicità, genera il disordine.
 
È evidente che questo nuovo paradigma interpretativo del pensiero di Platone non intende più il mondo delle Idee come la dimensione ontologica primaria, ma restringe questa condizione ai soli Principi primi. Le Idee "[[processione (teologia)|procedono]]" da quei due Principi partecipando dell'unità e distinguendosene per difetto o per eccesso; le stesse Idee quindi entrano in relazione con la materia e generano gli enti sensibili, che partecipano dell'Idea corrispondente e se ne differenziano secondo la Diade, sempre per eccesso o per difetto.
 
Ne consegue che le stesse Idee sarebbero "generate", forse ''ab aeterno''; il bene, poi, nel mondo sensibile, dove non può esservi unità, ma solo molteplicità, consiste nell'armonia delle parti, come si evince anche dai dialoghi.
 
== La fortuna di Platone ==
Secondo alcuni autori laLa filosofia platonica costituisce una tappa fondamentale dell'intera storia della filosofia occidentale, che si riconosce di lui debitrice. Come[[Friedrich disseNietzsche]], per esempio, nonostante la sua opposizione al socratismo e al platonismo, arriva a definirlo «il figlio più bello dell'antichità»<ref>F. Nietzsche, ''Al di là del bene e del male'' [1886], trad. di F. Masini, Adelphi, Milano 2010, p. 4.</ref>; il filologo tedesco [Ralph[Wilhelm Waldovon EmersonChrist]]:, invece, nell'atto di redigere la sua ''Geschichte der griechischen Literatur'', qualifica Platone come «un bellissimo gioiello»<ref>L. Canfora, ''Storia della letteratura greca'', Laterza, Roma-Bari 2013, p. 784.</ref>.
 
{{Quote|In lui trovate ciò che avete già trovato in Omero, ora maturato in pensiero, il poeta convertito in filosofo, con vene di saggezza musicale più elevate di quelle raggiunte da Omero; come se Omero fosse il giovane e Platone l'uomo finito; eppure con la non minore sicurezza di un canto ardito e perfetto, quando ha cura di avvalersene; e con alcune corde d'arpa prese da un più alto cielo. Egli contiene il futuro, pur essendo uscito dal passato. In Platone esplorate l'Europa moderna nelle sue cause e nella sua semente, il tutto in un pensiero che la storia d'Europa incarna o dovrà ancora incarnare.<ref>R. W. Emerson, in ''Realizzare la vita'', Il Prato, 2007.</ref> }}
[[Gottfried Wilhelm von Leibniz|Leibniz]], in una sua lettera, sostiene che chi riuscisse a "ridurre a sistema" l'intera filosofia di Platone assurgerebbe allo statuto di benemerito dell'umanità.<ref>"Si quelqu'un réduisait Platon en système, il rendrait un grand service au genre humain" G.W. Leibniz, Lettre a Rémond dell'11 febbraio 1715, in ''Die philosophischen Schriften von G.W. Leibniz'', a cura di C.J. Gerhardt, Berlino 1887, vol.III, p. 637.</ref>
 
Come disse [[Ralph Waldo Emerson]]:
{{Citazione|In lui trovate ciò che avete già trovato in [[Omero]], ora maturato in pensiero, il poeta convertito in filosofo, con vene di saggezza musicale più elevate di quelle raggiunte da Omero; come se Omero fosse il giovane e Platone l'uomo finito; eppure con la non minore sicurezza di un canto ardito e perfetto, quando ha cura di avvalersene; e con alcune corde d'arpa prese da un più alto cielo. Egli contiene il futuro, pur essendo uscito dal passato. In Platone esplorate l'Europa moderna nelle sue cause e nella sua semente, il tutto in un pensiero che la storia d'Europa incarna o dovrà ancora incarnare.<ref>R. W. Emerson, in ''Realizzare la vita'', Il Prato, 2007.</ref>}}
 
Sempre a questo proposito, [[Alfred North Whitehead]] ha sostenuto che «tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone».<ref name=Whitehead />
 
===Traduzione delle opere di Platone===
Il fatto che Platone, nell'ampiezza dei suoi interessi etici e metafisici, abbia assunto i numeri e le forme geometriche come enti reali ha indotto matematici moderni a condividerne il realismo relativo alla matematica e ai suoi oggetti. Si tratta della corrente chiamata [[Platonismo#Il_platonismo_matematico|"platonista"]] della matematica, che vede aderirvi anche matematici di indirizzo filosofico non platonico, come [[Bertrand Russell]] e [[Kurt Godel]].
La maggior parte dei suoi scritti fu tradotta in latino circa 200 anni dopo il recupero delle opere di Aristotele. Nel Medioevo, l'unica opera di Platone in circolazione era la prima parte del ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'' (che delinea la cosmologia platonica), tradotta con commentario da [[Calcidio|Calcidius]] (o Chalcidius). Traduzioni del ''[[Menone (dialogo)|Menone]]'' e del ''[[Fedone (dialogo)|Fedone]]'' erano state realizzate nel XII secolo da [[Enrico Aristippo]], tuttavia la loro diffusione rimase limitata; inoltre alcune traduzioni di opere platoniche si persero in epoca medievale. Fu soltanto con [[Marsilio Ficino]], nel [[Rinascimento]], che tutte le opere di Platone furono tradotte e commentate.<ref>''Omnia divinis Platonis opera'', Firenze, 1484</ref>
 
=== Il platonismo matematico ===
==Note==
{{Vedi anche|Platonismo#Il platonismo matematico}}
{{references|2}}
Il fatto che Platone, nell'ampiezza dei suoi interessi etici e metafisici, abbia assunto i numeri e le forme geometriche come enti reali ha indotto matematici moderni a condividerne il realismo relativo alla matematica e ai suoi oggetti. Si tratta della corrente chiamata [[Platonismo#Il platonismo matematico|"platonista"]] della matematica, che vede aderirvi anche matematici di indirizzo filosofico non platonico, come [[Bertrand Russell]] e [[Kurt Gödel]].
 
Secondo alcuni autori perciò si deve a Platone e alla sua scuola anche lo sviluppo della [[matematica]]<ref>Vittorio Hösle, ''I Fondamenti dell'aritmetica e della geometria in Platone'', introduzione di Giovanni Reale; traduzione di Elisabetta Cattanei, Milano : Vita e pensiero, 1994,</ref><ref>{{Cita web |url=http://math.unipa.it/~grim/platone.pdf |titolo=Domenico Massaro, ''Matematica e filosofia in Platone'', pp.118 e sgg. |accesso=24 maggio 2012 |dataarchivio=4 luglio 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120704112502/http://math.unipa.it/%7Egrim/platone.pdf |urlmorto=sì }}</ref> e la fondazione del pensiero scientifico.<ref>''Enciclopedia Britannica'', 2002</ref>
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
Per un quadro completo sulla bibliografia relativa a Platone si puòpossono consultare:
* [{{cita web|http://www.platosociety.org/newbibliography.html L.plato-bibliography/|Luc Brisson, ''La bibliografia platonica dal 20012000 al 20092014'']}}
* {{cita web|http://www.pythia.fr/| ''PYTHIA - Bibliographie platonicienne de 1950-''}}
 
=== Opere edite ===
* ''Omnia Platonis Opera'', Venise, 1513.
* Plato, ''Opera'' Recognovit brevique adnotatione critica instruxit I. Burnet, Oxford, Clarendon Press 1906-7 e ristampe(5 volumi)
* ''Platonis omnia Opera cum commentariis Procli in Timaeum et Politica'', Bale, 1534.
* ''Platonis Opera quae extant omnia, ex nova Joan. Serrani interpretatione, perpetuis ejusdem notis illustrata'', 3 volumi, Paris, H. Estienne, 1578.
* Plato, ''Opera'' Recognovit brevique adnotatione critica instruxit I. Burnet, Oxford, Clarendon Press 1906-7 e ristampe (5 volumi).
* {{Cita libro|editore= Clarendon Press|lingua= la|cognome= Plato|titolo= Tetralogias. 1-2|città= Oxonii|accesso= 20 aprile 2015|data= 1899|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=3091654&search_terms=DTL5}}
* {{Cita libro|editore= Clarendon Press|lingua= la|cognome= Plato|titolo= Tetralogias. 3-4|città= Oxonii|accesso= 20 aprile 2015|data= 1910|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=3092769&search_terms=DTL5}}
* {{Cita libro|editore= Clarendon Press|lingua= la|cognome= Plato|titolo= Tetralogias. 5-7|città= Oxonii|accesso= 20 aprile 2015|data= 1903|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=3093628&search_terms=DTL5}}
* {{Cita libro|editore= Clarendon Press|lingua= la|cognome= Plato|titolo= Tetralogias. 8|città= Oxonii|accesso= 20 aprile 2015|data= 1905|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=3094695&search_terms=DTL5}}
* {{Cita libro|editore= Clarendon Press|lingua= la|cognome= Plato|titolo= Tetralogias. 9, 1|città= Oxonii|accesso= 20 aprile 2015|data= 1913|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=3944474&search_terms=DTL5}}
* {{Cita libro|editore= Clarendon Press|lingua= la|cognome= Plato|titolo= Tetralogias. 9, 2|città= Oxonii|accesso= 20 aprile 2015|data= 1913|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=3095822&search_terms=DTL5}}
* ''Platonis Opera ''Recognovit brevique adnotatione critica instruxerunt E. A Duke, W. F. Hicken, W. S. M. Nicoll, D. B. Robinson, J. C. G. Strachan&nbsp;– vol. I (Eutyphro, Apologia, Crito, Phaedo, Cratylus, Theaetetus, Sophista, Politicus) - New York, Oxford University Press 1995 (revisione dell'edizione Burnet).
 
=== Traduzioni italiane ===
* Platone, ''Fedone'', a cura di [[Manara Valgimigli]], [[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]], Bari 1949
* Platone, ''I dialoghi, l'apologia e le epistole'', versione e interpretazione di Enrico Turolla, Rizzoli Editore, Milano, 1953 (3 volumi)
*Platone, ''Opere complete'', a cura di [[Gabriele Giannantoni|G. Giannantoni]], Laterza, Roma-Bari 1982-1984 (9 voll.)
* Platone, ''DialoghiOpere complete'', a cura di [[GiuseppeGabriele CambianoGiannantoni|G. CambianoGiannantoni]] e F. Adorno, UtetLaterza, TorinoRoma-Bari 19951982-20081984 (59 voll.)
* Platone, ''Tutti gli scrittiDialoghi'', a cura di [[GiovanniGiuseppe RealeCambiano|G. RealeCambiano]] e F. Adorno, Bompiani[[UTET]], MilanoTorino 19971995-2008 <small>ISBN(5 88-18-22018-7</small>voll.)
* Platone, ''LaTutti veritàgli scritti'', traduz.a e notecura di Emidio[[Giovanni Martini,Reale|G. Lorenzo BarberaReale]], editore[[Bompiani]], SienaMilano 20061997 <small>ISBN 88-789918-10322018-1</small>7
* Platone, ''Minosse o della legge'', a cura di Ciro Sbailò, Liberilibri, Macerata 2002.
*Platone, ''Dialoghi'', versione di [[Francesco Acri]] a cura di Carlo Carena (con Appendice di Mario Vegetti, ''Quindici lezioni su Platone''), Mondadori, Milano 2008
* Platone, ''TutteLa le opereverità'', atraduz. curae note di E.V.Emidio MalteseMartini, NewtonLorenzo ComptonBarbera editore, RomaSiena 1995,2006 ISBN 2009<sup>2</sup>88-7899-103-1
* Platone, ''Dialoghi'', versione di [[Francesco Acri]] a cura di Carlo Carena (con Appendice di Mario Vegetti, ''Quindici lezioni su Platone''), Mondadori, Milano 2008
* Platone, ''Tutte le opere'', a cura di E.V. Maltese, [[Newton Compton]], Roma 1995, 2009<sup>2</sup>
 
=== Studi ===
*F A. AdornoBortolotti, ''DueLa tipireligione dinel "discorso"pensiero indi Platone: mitodai primi dialoghi al e'Fedro{{'}}'' logos, Firenze 19961986, ISBN 88-222-3664-5.
*F A. AdornoBortolotti, ''IntroduzioneLa areligione nel pensiero di Platone: dalla 'Repubblica', Laterzaagli ultimi scritti'', Roma-BariFirenze 20051991, ISBN 88-420222-14273834-36.
* A. BortolottiLabellarte, ''LaCritone religionee nelle pensieroLeggi. diLegge Morale e Legge Scritta. Platone: daie primila dialoghirealtà alpolitica e sociale del suo tempo'', FedroFirenze Atheneum (collana Collezione Oxenford), Firenze, 19862010, ISBN 978-88-2227255-3664375-56.
* A. Longo, ''La tecnica della domanda e le interrogazioni fittizie in Platone'', Scuola Normale Superiore, Pisa, 2000.
*A. Bortolotti, ''La religione nel pensiero di Platone: dalla'' Repubblica ''agli ultimi scritti'', Firenze 1991 ISBN 88-222-3834-6
* [[Giuseppe Cambiano|G. Cambiano]], ''Platone e le tecniche'', Einaudi, Torino 1971 (poi:; Laterza, Roma-Bari 1991).
* [httphttps://books.google.it/books?id=QmmBpP41slwC&printsec=frontcover&source=gbs_atb#v=onepage&q&f=false ''The Cambridge Companion to Plato''], editeda bycura R.di [[Richard Kraut]], Cambridge 1992.
* G. Casertano, ''Il nome della cosa. Linguaggio e realtà negli ultimi dialoghi di Platone'', Napoli 1996.
*G. Giovanni Cerri, ''Platone sociologo della comunicazione'', Milano 1991.
* G. Compagnino, ''Metafisica dell'immagine. Platone e il linguaggio della poesia fra magia e retorica'', in «Quaderni Catanesi di studi classici e medievali», 1 (1979), pp.&nbsp;159–216; 2 (1979), pp.&nbsp;499–538; 3 (1980), pp.&nbsp;137–176.
* G. Compagnino, ''La poesia e la città. Ethos e mimesis nella 'Repubblica' Repubblica ''di Platone'', in «Siculorum Gymnasium», 1990, pp.&nbsp;3–893–8.
* [[Gian Carlo Duranti]], ''Verso un Platone 'terzo'. Intuizioni e decezioni nella scuola di Tübingen'', Marsilio, Venezia 1995 (tradotto in inglese e tedesco).
*F. Ferrari, ''I Miti di Platone'', RCS libri (BUR), Milano 2006 <small>ISBN 88-17-00972-5</small>
* [[Francesco Adorno]], ''Introduzione a Platone'', Laterza, Bari, 1978.
*F. Fronterotta, ''Methexis. La teoria platonica delle idee e la partecipazione delle cose empiriche'', Scuola Normale Superiore, Pisa 2001
* Francesco Adorno, ''Due tipi di 'discorso' in Platone: 'mito' e 'logos{{'}}'', in: ''Pensare storicamente'', parte I, § 4, Olschki, Firenze 1996 ISBN 88-222-4399-4.
*[[Hans-Georg Gadamer|H.G. Gadamer]], ''Studi platonici'', trad. it., Marietti, Casale Monferrato 1983-84
* [[Franco Ferrari (grecista)|Franco Ferrari]], ''I Miti di Platone'', Collana BUR Classici Greci e Latini Milano, Rizzoli, 2006, ISBN 88-17-00972-5.
*K. Gaiser, ''Il paragone della caverna. Variazioni da Platone ad oggi'', trad. it., Bibliopolis, Napoli 1985
* Franco Ferrari, ''Il Teeteto e l'epistemologia di Platone'', in: «Elenchos» Rivista di studi sul pensiero antico, Bibliopolis, Napoli, Anno XXXIV - 2003.
*[[Olof Gigon|O. Gigon]], ''La teoria e i suoi problemi in Platone e Aristotele'', trad. it., Napoli 1987
* Francesco Fronterotta, ''Methexis. La teoria platonica delle idee e la partecipazione delle cose empiriche'', Scuola Normale Superiore, Pisa 2001.
*E. Havelock, ''Cultura orale e civiltà della scrittura da Omero a Platone'', trad. it., Laterza, Roma-Bari 1973
*V F. HösleFronterotta, ''IGuida fondamentialla dell'aritmeticalettura edel della geometriaParmenide di Platone'', trad.Laterza, it.Roma-Bari, Milano 19941998.
* [[Hans-Georg Gadamer]], ''Studi platonici'', Marietti, Casale Monferrato 1983-84.
*P. Impara, ''Platone filosofo dell'educazione'', Armando, Roma 2002
* Konrad Gaiser, ''Il paragone della caverna. Variazioni da Platone a oggi'', Bibliopolis, Napoli 1985.
*[[Margherita Isnardi Parente|M. Isnardi Parente]], ''Platone'', Laterza, Bari 1996
* [[Olof Gigon]], ''La teoria e i suoi problemi in Platone e Aristotele'', Napoli 1987.
*[[Werner Jaeger|W. Jaeger]], ''Paideia. La formazione dell'uomo greco'', trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1959
* {{cita libro|autore=[[George Grote]]|titolo=[https://books.google.it/books?id=gvkaAAAAYAAJ Plato and the Other Companions of Sokrates], volume 1|editore= Murray|anno=1867|cid=Grote}}
*C. Kahn, ''Platone e il dialogo socratico. L'uso filosofico di una forma letteraria'', trad. it., Vita e Pensiero, Milano 2008
*A E. KoiréHavelock, ''IntroduzioneCultura orale e civiltà della scrittura da Omero a Platone'', Vallecchitrad. it., FirenzeLaterza, Roma-Bari 1973.
* V. Hösle, ''I fondamenti dell'aritmetica e della geometria di Platone'', trad. it., Vita e Pensiero, Milano 1994.
*[[Hans Joachim Krämer|H.G. Krämer]], ''[http://books.google.it/books?id=jImUFg9gbJwC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Platone e i fondamenti della metafisica. Saggio sulla teoria dei principi e sulle dottrine non scritte di Platone]'', intr. e trad. di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 1982, 2001<sup>6</sup> ISBN 88-343-0731-3
* P. Impara, ''Platone filosofo dell'educazione'', Armando, Roma 2002.
* H.G. Krämer, ''[http://books.google.it/books?id=GFKzoWnHaQIC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Dialettica e definizione del Bene in Platone: interpretazione e commentario storico-filosofico di Repubblica VII 534 B 3-D 2]'', Vita e Pensiero, Milano 1989 ISBN 88-343-0857-3
*Evanghelos MoutsopoulosP. Friedländer, ''LaPlatone'' musica(1930), nell'operaa cura di Platone'',A. VitaLe eMoli, PensieroBompiani, Milano 20022004.
* [[Massimo Bontempelli (storico)|Massimo Bontempelli]], Fabio Bentivoglio, ''Platone e i preplatonici'', Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press, Napoli 2011 ISBN 978-88-905957-3-8.
*L.M. Napolitano Valditara, ''Platone e le "ragioni" dell'immagine'', Vita e Pensiero, Milano 2007 ISBN 978-88-343-1394-7
* {{cita libro|autore=[[Martin Heidegger]]|curatore=Hermann Mörchen|titolo=L'essenza della verità. Sul mito della caverna e sul «Teeteto» di Platone|altri=edizione italiana a cura di [[Franco Volpi (filosofo)|Franco Volpi]]|editore=Adelphi|città=Milano|anno=2009|edizione=3|annooriginale=1988|isbn=978-88-459-1279-5}}
*U. Pagallo, ''Plato's Daoism and the Tübingen School'', in «Journal of Chinese Philosophy», 32, 4, pp.&nbsp;597–613 ISSN 0301-8121
* {{cita libro|autore=Martin Heidegger|curatore=Ingeborg Schüẞler|titolo=Il «Sofista» di Platone|altri=edizione italiana a cura di Nicola Curcio|editore=Adelphi|città=Milano|anno=2013|annooriginale=1992|isbn=978-88-459-2847-5}}
*D. Pesce, ''Il Platone di Tubinga'', Brescia 1990
* {{cita libro|autore=Martin Heidegger|curatore=Manfred S. Frings|titolo=Parmenide|altri=edizione italiana a cura di Franco Volpi, traduzione di Giovanni Gurisatti|editore=Adelphi|città=Milano|anno=2005|edizione=2|annooriginale=1992|isbn=978-88-459-1471-3}}
*C. Quarta, ''L'utopia platonica. Il progetto politico di un grande filosofo'', Bari 1993
* [[Margherita Isnardi Parente]], ''Platone'', Laterza, Bari 1996.
*[[Giovanni Reale|G. Reale]], ''Autotestimonianze e rimandi dei dialoghi di Platone alle "dottrine non scritte"'', Bompiani, Milano 2008 ISBN 978-88-452-6027-8
* [[Werner Jaeger]], ''Paideia. La formazione dell'uomo greco'', trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1959.
*[[Giovanni Reale|G. Reale]], ''[http://books.google.it/books?id=i9S-Unb35isC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Per una nuova interpretazione di Platone]'', Vita e Pensiero, Milano 2003
* C. H. Kahn, ''Platone e il dialogo socratico. L'uso filosofico di una forma letteraria'', trad. it., Vita e Pensiero, Milano 2008.
*D. Roochnik, ''The Tragedy of Reason. Toward a Platonic conception of logos'', Routledge, New York 1990
*G A. SalmeriKoiré, ''IlIntroduzione discorso e la visione. I limiti della ragione ina Platone'', StudiumVallecchi, RomaFirenze 19991973.
* [[Hans Joachim Krämer|H.G. Krämer]], ''[https://books.google.it/books?id=jImUFg9gbJwC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Platone e i fondamenti della metafisica. Saggio sulla teoria dei principi e sulle dottrine non scritte di Platone]'', intr. e trad. di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 1982, 2001<sup>6</sup> ISBN 88-343-0731-3.
*A.E. Taylor, ''Platone. L'uomo e l'opera'', trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1968
* H.G. Krämer, ''[https://books.google.it/books?id=GFKzoWnHaQIC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Dialettica e definizione del Bene in Platone: interpretazione e commentario storico-filosofico di Repubblica VII 534 B 3-D 2]'', Vita e Pensiero, Milano 1989 ISBN 88-343-0857-3.
*F. Trabattoni, ''Platone'', Carocci, Roma 1998
* Gaetano Licata, “Teoria platonica del linguaggio. Prospettive sul concetto di verità”, Il Melangolo, Genova, 2007.
*M. Vegetti, ''Quindici lezioni su Platone'', Einaudi, Torino 2003
* E. Moutsopoulos, ''La musica nell'opera di Platone'', Vita e Pensiero, Milano 2002.
*R. Velardi, ''"Enthousiasmòs". Possessione rituale e teoria della comunicazione poetica di Platone'', Roma 1989
* A. Muni (a cura di), ''Platone nel pensiero moderno e contemporaneo'', 15 volumi, Limina Mentis, Villasanta (Monza Brianza), 2014-2021.
*C. J. de Vogel, ''[http://books.google.it/books?id=tOY5xnIt1SEC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Ripensando Platone e il platonismo]'', Vita e Pensiero, Milano 1990
* {{cita libro | autore=Debra Nails|editore=Hackett| anno=2002| titolo=The People of Plato. A Prosopography of Plato and Other Socratics| url=https://archive.org/details/peopleofplatopro0000nail|ISBN=978-0-87220-564-2| cid=Nails}}
*R. Radice, "Plato, Lexicon" , Biblia, Milano 2003, pag. 1006 (electronic edition by Roberto Bombacigno)
*M L. Bontempelli, FM. BentivoglioNapolitano Valditara, ''Platone e ile preplatonici"ragioni" dell'immagine'', IstitutoVita Italianoe perPensiero, gliMilano Studi Filosofici Press2007, Napoli 2011 ISBN 978-88-905957343-31394-87.
* U. Pagallo, ''Plato's Daoism and the Tübingen School'', in «Journal of Chinese Philosophy», 32, 4, pp.&nbsp;597–613 ISSN 0301-8121.
* D. Pesce, ''Il Platone di Tubinga'', Brescia, La Scuola, 1990.
* C. Quarta, ''L'utopia platonica. Il progetto politico di un grande filosofo'', Bari 1993.
* Roberto Radice, "Plato, Lexicon", Biblia, Milano 2003, pag. 1006 (electronic edition by Roberto Bombacigno).
* [[Giovanni Reale]], ''Autotestimonianze e rimandi dei dialoghi di Platone alle "dottrine non scritte"'', Bompiani, Milano 2008 ISBN 978-88-452-6027-8.
* G. Reale, ''[[Per una nuova interpretazione di Platone]]'', Vita e Pensiero, Milano 2003.
* D. Roochnik, ''The Tragedy of Reason. Toward a Platonic conception of logos'', Routledge, New York 1990.
* G. Salmeri, ''Il discorso e la visione. I limiti della ragione in Platone'', Studium, Roma 1999.
* D. Sperduto, ''L'imitazione dell'eterno. Implicazioni etiche della concezione del tempo immagine dell'eternità da Platone a Campanella'', Schena, Fasano 1998.
* [[Alfred Edward Taylor]], ''Platone. L'uomo e l'opera'' (1926, 1949), trad. di Mario Corsi, La Nuova Italia, Firenze 1968-1990; Roma, Castelvecchi, 2016.
* Franco Trabattoni, ''Platone'', Roma, Carocci, 2009.
* F. Trabattoni, ''Attualità di Platone'', Vita e Pensiero, Milano 2009.
* "Platone", in: AA.VV., ''Dialoghi oltre il tempo e lo spazio. Il convivio impossibile dei grandi della filosofia'', Roma-Bari, Laterza, 2024.
* S. Tsitsiridis, ''Platons Menexenos. Einleitung, Text und Kommentar'', (Beiträge zurAltertumskunde 107) Stuttgart/Leipzig 1998. ISBN 3-519-07656-X.
* [[Mario Vegetti]], ''Quindici lezioni su Platone'', Einaudi, Torino 2003, ISBN 978-88-061-6441-6.
* R. Velardi, ''"Enthousiasmòs". Possessione rituale e teoria della comunicazione poetica di Platone'', Roma 1989.
* C. J. de Vogel, ''[https://books.google.it/books?id=tOY5xnIt1SEC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Ripensando Platone e il platonismo]'', Vita e Pensiero, Milano 1990.
* {{cita libro|autore=[[Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff]]|titolo=Platon|url=https://archive.org/details/platonwil02wila|lingua=tedesco|anno=1919|editore=Weidmann|città=Berlino|isbn=no|accesso=25 maggio 2015}}
 
=== Antiche vite di Platone. Edizioni e traduzioni ===
* I frammenti di Filodemo di Gadara, ''Academicorum philosophorum index Herculanensis,'' (I secolo a.C.), edizione, traduzione e commento a cura di Tiziano Dorandi in: Filodemo, ''Storia dei filosofi [.] Platone e l’Accademia (PHerc. 1021 e 164)'', Napoli Bibliopolis 1991, pp.&nbsp;186–187.
* Apuleio, ''De Platone et dogmate eius,'' (II secolo d.C.), Libro I, I, 180-IV, 189, testo latino e traduzione di Emanuele Vimercati, Apuleio, ''Platone e la sua dottrina'', in: ''Medioplatonici. Opere, Frammenti, Testimonianze'', Milano, Bompiani 2015, pp.&nbsp;954–959.
* Diogene Laerzio, ''Vite e dottrine dei più celebri filosofi'', (III secolo d.C.), Libro III, 1-49, testo greco e traduzione di Giovanni Reale, Milano, Bompiani, 2005, pp.&nbsp;308–348.
* Olimpiodoro il Giovane, ''In Platonis Alcibiadem commentaria'' (VI secolo d.C.) Libro I, 1,13–3,2, testo greco e traduzione di Francesca Filippi, ''Olimpiodoro d’Alessandria. Tutti i Commentari a Platone,'' Sankt Augustin: Academia Verlag, 2017, Vol. I, pp.&nbsp;64–68.
* Autore anonimo: ''Vitae philosophorum: Platonis'' (VI secolo d.C.)'','' in Anton Westermann, ''Biographoi. Vitarum scriptores Graeci minores'' (1845, pp.&nbsp;388–396), traduzione di Anna Motta in: [Anonimo], ''Prolegomeni alla filosofia di Platone'', Roma, Armando editore 2014.
* La biografia nella ''Suda'' (X secolo d.C.) basata su Eschio di Mileto, &nbsp;''Onomatologos'', edizione a cura di [[Ada Adler]], ''Suidae Lexicon'', I-V. Lipsiae: B. G. Teubneri, 1928-1938, ''Platon'', IV 141.16-17, disponibile (testo greco e traduzione inglese) sul sito [http://www.stoa.org/sol-entries/pi/1707 Suda On Line].
 
=== Film su Platone ===
* ''[[Socrate (film)|Socrate]]'', regia di [[Roberto Rossellini]] ([[1971]]) - Il film, ripercorrendo la vita del filosofo, trae spunto dai maggiori dialoghi di Platone, quali ''[[Simposio (dialogo)|Simposio]]'', ''[[Fedone]]'', ''[[Critone]]'' e ''[[Apologia di Socrate|Apologia]]''
* ''[[Il banchetto di Platone]]'', regia di [[Marco Ferreri]] ([[1988]]) - La pellicola ripropone la celebre conversazione riportata nel dialogo platonico ''[[Simposio (dialogo)|Simposio]]'' su [[Eros (filosofia)|Eros]] tenuta da alcuni filosofi, tra i quali [[Socrate]].
 
=== I dialoghi di Platone a teatro ===
La compagnia [[Carlo Rivolta (attore)|Carlo Rivolta]] ha portato in scena dal 1985 a oggi alcuni dialoghi platonici: [[Apologia di Socrate]], [[Critone]], [[Fedone]], [[Simposio (dialogo)|Simposio]] e [[Fedro (dialogo)|Fedro]]
 
La [[Compagnia del Sole]] ha portato in scena il [[Menone (dialogo)|Menone]].
 
== Voci correlate ==
* [[Noocrazia]]
*[[Anamnesi (filosofia)|Anamnesi]]
* [[Anamnesi (filosofia)]]
*[[Dialettica]]
* [[DialoghiDialettica]]
* [[Dialoghi platonici]]
*''[[Eros (filosofia)|Eros philosophos]]''
* [[IdeaEros (filosofia)]]
* [[Idea]]
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
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*[http://www.liberliber.it/biblioteca/p/plato/index.htm Opere di Platone dal sito LiberLiber]
* {{cita web|url=https://www.iep.utm.edu/plato/|titolo=Plato (427—347 B.C.E.)|autore=Thomas Brickhouse|autore2=Nicholas D. Smith|lingua=en}}
*[http://www.ariannascuola.eu/joomla/filosofia/la-filosofia-greca/platone/la-matematica-in-platone.html La matematica in Platone]
* {{cita web|url=https://platosociety.org/|titolo=International Plato Society|lingua=en}}
*[http://www.ariannascuola.eu/joomla/filosofia/la-filosofia-greca/platone/schema-il-pensiero-di-platone.html Mappa del pensiero di Platone]
*[http://www.donatoromano.it/interviste/54.htm Il Platone politico]
*[http://enricopantalone.com/AnimaPlatoneRepubblica.pdf La dottrina dell'anima ne ''La Repubblica'' di Platone], articolo di Giovanni Costa
* [http://www.ariannascuola.eu/joomla/filosofia/la-filosofia-greca/platone/platone-e-machiavelli.html Confronto sul tema dello Stato tra Platone e Machiavelli]
* [http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=850&Guid=d0e858c408994cdb8db858e320e6bece Intervista a Mario Vegetti sul pensiero politico di Platone]
*[http://www.filosofiatv.org/news_files2/50_LA%20SPIRITUALITA%20COSMOCENTRICA%20DI%20PLATONE.doc La spiritualità cosmocentrica di Platone]
 
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