Pietro Felter: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
mNessun oggetto della modifica
 
(34 versioni intermedie di 20 utenti non mostrate)
Riga 1:
{{F|esploratori italiani|luglio 2013}}
{{Bio
|Nome = Pietro
Riga 9 ⟶ 10:
|GiornoMeseMorte = 25 gennaio
|AnnoMorte = 1915
|Epoca = 1800
|Epoca2 = 1900
|Attività = esploratore
|AttivitàAltre = {{sp}}e commerciante
|Attività2 = diplomatico
|AttivitàAltre = {{sp}}e commerciante
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità =
|Immagine =
}}
 
== Biografia ==
 
Nacque il 4 agosto [[1856]] a [[Roè Volciano]], in [[provincia di Brescia]], da Antonio Felter e Diletta Baccoli, entrambi originari del [[Trentino]] emigrati in [[Lombardia]], nella [[Valle del Chiese]]. Qui gestivano una locanda.
 
Completati gli studi a [[Sabbio Chiese]] e a [[Salò]], Pietro Felter frequentò le scuole tecniche a [[Breno (Italia)|Breno]], praticando poi come segretario e ufficiale presso il registro civile di [[Preseglie]]. Non riuscendo ad accedere all'[[Accademia militare di Modena]], si arruolò a 17 anni nell'esercito, inizialmente destinato a [[Roma]], al quartiere dei [[corazzieri]].
 
Rimase in servizio attivo per dieci anni, durante i quali si segnalò per numerosi atti di [[insubordinazione]], atti che gli causarono parecchie condanne al carcere, finché non raggiunse il grado di [[sergente]], svolgendo diverse mansioni. Infine, riuscì ad entrare all'[[accademia militare]] modenese, da dove uscì con il grado di [[sottotenente]]. In tal veste, nel [[1883]], prese servizio a [[Firenze]], all'ufficio di commissariato e da qui fu ammesso all'ufficio foto [[Topografia|topografico]] dove imparò alcuni rudimenti di [[medicina]] e [[chirurgia]].
 
Nel maggio 1884 si mise in aspettativa, raggiungendo la colonia italiana di [[Assab]] in [[Eritrea]], dove cercò di liberare un gruppo di [[Schiavismo|schiavi]] a Ralieita, per poi accogliere calorosamente il [[giornalista]] [[Augusto Franzoj]], giunto in [[Africa]] a scopi esplorativi. Le sue iniziative, però, furono boicottate dalle autorità locali e così l'anno dopo tornò in [[Italia]].
 
Abbandonato l'esercito, si dedicò al [[commercio internazionale]], recandosi prima ad [[Aden]] come agente delle saline [[Burgarella|Bulgarella]] e Guastalla, e poi dopo lo scioglimento di questa, a [[Perini]], per conto di una casa commerciale francese che commerciava in [[carbone]]. Nel 1879 ritorna momentaneamente a [[Roma]], proprio pochi giorni prima della missione scioana, (relativa alla regione storica dell'[[Etiopia]]) nella capitale italiana, guidata dal [[ras Makonnen]], all'indomani della firma del trattato di [[Uccialli]].
 
Dal [[1890]] l'esploratore italiano si reca nella città [[Etiopia|etiope]] di [[Harar]], dove ebbe un ruolo importante nelle trattative diplomatiche tra il governo Italiano e le autorità locali abissine, conseguenti all'abbandono della regione storica dello [[Scioa]] da parte del rappresentante italiano, conte [[Pietro Antonelli]]. In questa opera fu coadiuvato dalla moglie, Agostina de Glatignée, vedova [[Delaporte|de La Porte]], dalla quale ebbe cinque figli: Antonio, Maria Diletta, nata in [[Italia]] nel [[1891]], Piera, nata nell'[[Harar]] nel [[1892]] e tenuta a battesimo dallo stesso [[ras Makonnen]], oltre ad essere stata sorella di latte di [[ras Tafari]], il futuro imperatore [[Hailé Selassié I]], Marco, nato in Italia nel [[1896]] e Alba, nata nel [[1897]].
 
Come corrispondente della casa commerciale Bienenfield di [[Aden]] e corrispondente ufficioso del governo italiano, Felter riuscì a intervenire presso Ras Makonnen per salvare, in numerose occasione, i suoi compatrioti situati in un'area ostile alla penetrazione italiana, a dimostrazione delle simpatie createsi sul suo conto da parte degli etiopi.
 
Ad esempio fece liberare dal ras etiope gli scienziati Pietro Candeo ed [[Enrico Baudi di Vesme]], recuperando anche tutto il loro materiale scientifico sequestrato; recuperò la corrispondenza del conte Augusto Salimbeni, rimasta nella regione storica dello [[Scioa]], mentre nel [[1892]], quando questi si recò nell'[[Harar]] per definire certe questioni di confine, lo fece liberare dal ras del piccolo centro di frontiera di Biocaboba, dove era stato arrestato. Quando però [[Menelik II]] ordinò a [[ras Makonnen]] di partire per il nord, questi fece avvertire Felter di mettersi in salvo e raggiungere [[Zeila]] (dove l'italiano giunse nel l'ottobre [[1895]]), e di rimanervi finché non avesse ricevuto comunicazioni da parte sua dopo aver conferito con l'imperatore.
 
Poi, sollecitato a riprendere contatto con il ras, dopo molte vicissitudini l'italiano si recò al campo nemico il 7 gennaio [[1896]], in tempo per assistere all'[[assedio di Macallè]] da parte degli abissini e consegnare, il giorno dopo, una missiva da parte di [[Menelik II|Menelik]] destinata al generale [[Oreste Baratieri]]. Ebbe poi parte rilevante nelle laboriose trattative che dovevano portare all'evacuazione del presidio italiano di [[Macallè|Macallé]], al comando del colonnello [[Giuseppe Galliano|Galliano]], che poterono uscire con l'onore delle armi il 21 gennaio 1896.
 
Per tali meriti, Felter ricevette la [[Medaglia d'oro al valor militare]]. Ma la gratitudine italiana si fermò qui, perché in seguito venne accusato in [[Parlamento]] dall'on. Pantaleoni di aver comprato la liberazione del contingente italiano con svariati milioni, derivati dalla sua casa di commercio come credito nei confronti di Makonnen. Infine, dopo tante promesse di incarichi prestigiosi e importanti, Felter fu costretto ad accettare la carica di commissario italiano di [[Assab]], ovvero la base più disagiata dei domini coloniali italiani, dove rimase fino al [[1907]], finché non tornò in Italia mezzo cieco e minato dalla [[lebbra]].
 
Morì il 25 gennaio [[1915]] a [[Sabbio Chiese]], a 59 anni, a causa della malattia contratta in [[Africa]]. Otto mesi dopo sarebbe morto anche il figlio Marco, [[tenente]] degli [[alpini]] durante la [[prima guerra mondiale]]. Nel [[1936]] la figlia Alba tornò nell'Harar per cercare di riottenere il patrimonio paterno nella regione, ottenendo però solo un riconoscimento formale, da parte del governo italiano, dei possessi dei Felter nell'Harar.
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
Pietro Felter nacque il [[4 agosto]] [[1856]] a [[Roè Volciano]], in provincia di [[Brescia]], da Antonio Felter e Diletta Bacoli, una coppia originaria del [[Trentino]] emigrata in [[Lombardia]], nella [[val di Chiese]], dove gestiva una locanda. Completati gli studi a [[Sabbio Chiese]] e a [[Salò]], Pietro frequentò le scuole tecniche a [[Breno]], facendo poi pratica come segretario e ufficiale di registro civile a [[Preseglie]]. Dopo aver fallito il tentativo di entrare nell'[[Accademia militare di Modena]], si arruolò a 17 anni nell'esercito e fu inizialmente destinato a [[Roma]] al quartiere dei [[corazzieri]]. Rimase in servizio attivo per dieci anni, durante i quali si segnalò per numerosi atti di insubordinazione, per via dei quali rimediò parecchie condanne al carcere, finché non raggiunse i gradi di sergente, svolgendo diverse mansioni. Infine, riuscì ad entrare nell' accademia militare modenese, da dove uscì con i gradi di sottotenente, e in tal veste nel [[1883]] prese servizio a [[Firenze]], all'ufficio di commissariato, dove fu ammesso all’ufficio foto topografico e dove imparò alcuni rudimenti di medicina e chirurgia. Messosi in aspettativa, nel [[maggio]] [[1884]] Felter raggiunse la colonia italiana di [[Assab]], in [[Eritrea]], dove cercò di effettuare un tentativo di liberare un gruppo di schiavi a Ralieita, per poi accogliere calorosamente il [[giornalista]] [[Augusto Franzoj]], giunto in [[Africa]] a scopi esplorativi. Visto che le sue iniziative furono boicottate dalle autorità locali, Felter tornò in [[Italia]] l’anno dopo; qui, abbandonato l’esercito, si dedicò al commercio internazionale, recandosi prima ad [[Aden]] come agente delle saline Bulgarella e Guastalla, e dopo lo scioglimento di questa, a [[Perini]], per conto di una casa commerciale francese che trafficava in carbone. Dal [[1890]] (l’anno prima era tornato momentaneamente a [[Roma]], proprio pochi giorni prima della missione scioana nella capitale italiana, guidata da [[ras Makonnen]], all’indomani della firma del trattato di [[Uccialli]]) l’esploratore italiano fu nell’[[Harar]], in [[Etiopia]], dove ebbe un ruolo importante nelle trattative diplomatiche tra il governo di Roma e le autorità locali abissine, , conseguenti all’abbandono dello [[Scioa]] da parte del rappresentante italiano, conte [[Pietro Antonelli]]. In questa opera fu coadiuvato dalla moglie, Agostina de Glatignée, vedova de La Porte, da cui ebbe cinque figli: Antonio, Maria Diletta (nata in [[Italia]] nel [[1891]]), Piera (nata nell’[[Harar]] nel [[1892]] e tenuta a battesimo dallo stesso ras Makonnen, oltre ad essere stata sorella di latte di ras Tafari, il futuro imperatore [[Hailé Selassié I]]), Marco (nato in Italia nel [[1896]]) e Alba, nata nel [[1897]]. Infatti, come corrispondente della casa commerciale Bienenfield di [[Aden]] e corrispondente ufficioso del governo italiano, Felter riuscì a intervenire presso ras Makonnen per salvare in numerose occasione i suoi compatrioti, in un’area ostile alla penetrazione italiana, a dimostrazione delle simpatie createsi sul suo conto da parte degli etiopi. Ad esempio fece liberare dal ras etiope gli scienziati Pietro Candeo ed Enrico Baudi di Vesme, recuperando anche tutto il loro materiale scientifico sequestrato; recuperò la corrispondenza del conte [[Augusto Salimbeni]], rimasta nello [[Scioa]], mentre nel [[1892]], quando questi si recò nell’Harar per definire certe questioni di confine, lo fece liberare dal capo del piccolo centro di frontiera di Biocaboba, dove era stato arrestato. Quando però [[Menelik II]] ordinò a ras Makonnen di partire per il nord, questi fece avvertire Felter di mettersi in salvo e raggiungere [[Zeila]] (dove l’italiano giunse nel l’[[ottobre]] [[1895]]), e di rimanervi finché non avesse ricevuto comunicazioni da parte sua dopo aver conferito con l’imperatore. Poi, sollecitato a riprendere contatto con il ras, dopo molte vicissitudini l’italiano si recò al campo nemico il [[7 gennaio]] [[1896]], in tempo per assistere all’[[assedio di Macallè]] da parte degli abissini e consegnare, il giorno dopo, una missiva da parte di Menelik destinata al generale [[Oreste Baratieri]]. Ebbe poi parte rilevante nelle laboriose trattative che dovevano portare all’evacuazione del presidio italiano di Makallé, al comando del colonnello [[Galliano]], che poterono uscire con l’onore delle armi il [[21 gennaio]]. Per tali meriti, Felter ricevette la [[medaglia d’oro al valor militare]]. Ma la gratitudine italiano si fermò qui, perché Felter fu in seguito accusato in [[Parlamento]] dall’on. Pantaleoni di aver comprato la liberazione del contingente italiano con svariati milioni, derivati dalla sua casa di commercio come credito nei confronti di Makonnen. Infine, dopo tante promesse di incarichi prestigiosi e importanti, Felter fu costretto ad accettare la carica di commissario italiano di [[Assab]], ovvero la base più disagiata dei domini coloniali italiani, dove rimase fino al [[1907]], finché non tornò in Italia mezzo cieco e minato dalla [[lebbra]]. Morì il [[25 gennaio]] [[1915]] a [[Sabbio Chiese]], a 59 anni, a causa della malattia contratta in [[Africa]]. Otto mesi dopo sarebbe morto anche il figlio Marco, [[tenente]] degli [[alpini]] durante la [[Prima guerra mondiale]]. Nel [[1936]] la figlia Alba tornò nell’Harar per cercare di riottenere il patrimonio paterno nella regione, ottenendo però solo un riconoscimento formale, da parte del governo italiano, dei possessi dei Felter nell’Harar.
{{Portale|biografie}}
 
[[Categoria:ColonialismoPersone legate al colonialismo italiano]]
[[Categoria:Esploratori dell'Africa]]