Martin Heidegger: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua|altri significati|[[Heidegger (disambigua)]]|Heidegger}}
{{Bio
|Nome = Martin
|Cognome = Heidegger
|PreData = pronuncia, in tedesco: {{IPA|[ˈmaɐ̯tiːn ˈhaɪdɛɡɐ]}}; talvolta italianizzata in {{IPA|[ˈaideɡer]}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Meßkirch
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|GiornoMeseMorte = 26 maggio
|AnnoMorte = 1976
|Attività = filosofo
|Epoca = 1900
|Attività = filosofo
|Nazionalità = tedesco
|PostNazionalità = , considerato inizialmente il maggior esponente dell'[[esistenzialismo]] (per quanto lui abbia sempre precisato la sua lontananza effettiva dal movimento francese), e successivamente dell'[[ontologismo]] [[fenomenologia|fenomenologico]],{{#tag:ref|Se la prima ricezione di Heidegger interpretava la sua opera come la «bibbia dell'esistenzialismo»,<ref>Cfr. la [https://books.google.it/books?id=6TTYCQAAQBAJ&printsec=frontcover&hl=it presentazione a ''Essere e Tempo''], Longanesi, 2015.</ref> ad esempio da parte di [[Pietro Chiodi]],<ref name=chiodi/> la critica più recente, soprattutto d'Oltralpe, preferisce parlare piuttosto di «ontologia fenomenologica» (oppure di «fenomenologia ermeneutica»), cfr. i saggi dell'allievo e assistente personale di Martin Heidegger, [[Friedrich-Wilhelm von Herrmann]], successore della cattedra dello stesso Heidegger, in particolare ''Il concetto di fenomenologia in Heidegger e Husserl'', e ''Sentiero e metodo: sulla fenomenologia ermeneutica del pensiero della storia dell'essere'', editi dal [[Il melangolo]]. In Italia, si vedano gli studi di Alfredo Marini, in particolare la sua "Introduzione" alla traduzione di ''Essere e tempo'', per [[I Meridiani]] di Mondadori.<ref>Lo stesso Heidegger, in un intervento per il «Bulletin de la Société française de Philosophie», dichiarò «che le mie tendenze filosofiche [...] non possono essere classificate come ''Existenzphilosophie''. La questione che mi preoccupa non è quella dell'esistenza dell'uomo, ma quella dell'essere nel suo insieme e in quanto tale» (cit. in [[Pietro Chiodi|P. Chiodi]], ''Introduzione'' a M. Heidegger, ''Essere e tempo'' [1927], a cura di P. Chiodi, Utet, Torino 1969, p. 13 e nota 5)</ref>}} da lui sviluppati a partire da studi di [[teologia cristiana|teologia]]{{#tag:ref|Studi teologici che aveva intrapreso all'università di Friburgo (con vocazione [[Compagnia di Gesù|gesuita]]), e poi decise di interrompere poco dopo, seppur non rinnegandoli mai.<ref>«Senza questa origine teologica non sarei mai giunto sul cammino del pensiero. Ma la provenienza resta sempre futuro». In: {{Cita libro|titolo=In cammino verso il linguaggio (III: Da un colloquio nell'ascolto del linguaggio)|autore=Martin Heidegger|editore=Mursia|città=Milano|anno=1990|p=90)}} Traduzione italiana: Alberto Caracciolo e Maria Caracciolo Perotti.</ref><ref name="babo1"/>}}
|Immagine = Martin-heidegger.jpg
|Immagine = Heidegger 1 (1960).jpg
|Didascalia =
|Didascalia = Martin Heidegger nel 1960
}}
 
Celebre è il suo scritto ''[[Essere e tempo]]'', in cui cercò di impostare un nuovo discorso attorno all'[[Essere]], a partire da un'analisi dell'[[esistenza]] condotta su quello che egli definisce ''[[Dasein|Esserci]]'', ossia l'uomo<!--, volta a mettere in luce le strutture ''ontiche'' (ossia dell'esistenza del singolo),-->. In esso Heidegger rivendica la scoperta della [[tempo (filosofia)|temporalità]] quale orizzonte di [[senso della vita|senso]] dell'<nowiki/>''Esserci''.<ref>Nel suo progetto iniziale, quest'intuizione sarebbe dovuta servire per cominciare a definire i tratti dell'essere (dato che, secondo Heidegger, l{{'}}''Esserci'' è apertura all'essere, in quanto ente in grado di pensare all'essere, e per questo, a partire dall'uomo, si può arrivare a comprendere l'essere). In realtà, Heidegger si sarebbe reso presto conto che l'uomo non potrà mai essere il punto di partenza di un'autentica e precisa ricerca dell'essere, dal momento che, spiega il filosofo, vi sarebbe una differenza ontologica insuperabile fra ente ed essere.</ref> Per l'impossibilità anche linguistica di approdare a un risultato soddisfacente, tuttavia, Heidegger annunciò una ''Kehre'' (cioè una "svolta") del suo pensiero, volta a indagare l'Essere in sé con approccio diverso rispetto all'opera precedente. Tale ricerca lo condurrà ad affrontare anche altre questioni di filosofia, quali la [[metafisica]], l'[[arte]], la [[poesia]] e il [[Filosofia del linguaggio|linguaggio]].<ref>{{cita libro|titolo=Introduzione a Heidegger|autore=Costantino Esposito|editore=il Mulino|città=Bologna|anno=2017|p=25}}</ref>
 
Alla fine della [[seconda guerra mondiale]], Heidegger è stato al centro di notevoli polemiche circa il suo trascorso da simpatizzante nazista, e fu estromesso per qualche anno dal mondo accademico,<ref>Anche a causa di alcuni filosofi che lo avevano conosciuto di persona (tra cui spicca [[Karl Jaspers]]). Inoltre, dopo aver assistito alla confisca della sua casa, sarà preda di un crollo psico-fisico, e cadrà in una profonda depressione; verrà comunque riabilitato pochi anni dopo, e riotterrà la libera docenza nel semestre 1951-1952.</ref> per essere poi riabilitato.
Nonostante il suo [[Heidegger e il nazionalsocialismo|rapporto col nazismo]] sia ancora oggi oggetto di notevoli controversie e dibattiti,<ref>{{cita web|url=https://www.corriere.it/cultura/14_marzo_14/heidegger-antisemita-vero-nazista-7687d310-ab5b-11e3-a415-108350ae7b5e.shtml|titolo=Heidegger, antisemita e vero nazista|autore=Ranieri Polese|data=14 marzo 2014|accesso=21 marzo 2023}}</ref> il suo contributo alla filosofia resta innegabile, e le sue opere continuano ad essere influenti tutt'oggi.
 
== Biografia ==
[[File:Geburtshaus Heidegger.JPG|thumb|La casa natale di Heidegger a [[Meßkirch]].]]
La vita di Heidegger si svolse pressoché interamente in [[Germania]]; egli infatti viaggiò pochissimo, quasi esclusivamente per alcune conferenze (come a [[Roma]], [[Zurigo]] ecc.), o seminari.<ref>Franco Volpi, ''Elenco dei corsi e seminari tenuti da Heidegger tra il 1915 e il 1973'', in appendice a ''Guida a Heidegger'', Roma-Bari, Laterza, 2005.</ref> In sostanza, egli si dedicò per l'intera durata della sua esistenza all'insegnamento accademico e all'elaborazione delle sue opere filosofiche, alcune delle quali strettamente legate ai corsi universitari.
=== Formazione ===
Di umili origini, nacque il 26 settembre 1889 a Meßkirch, piccolo centro nel Baden meridionale, da Friedrich Heidegger (1851-1924), un mastro bottaio di Meßkirch che al contempo ricopriva l'incarico di sacrestano della chiesa St. Martin a Meßkirch, e da Johanna Kempf (1858-1927). Compie i primi studi dapprima nel ginnasio "Heinrich Suso" di [[Costanza (Germania)|Costanza]] (1903-1906), grazie a una borsa di studio di una fondazione locale, ottenuta per intervento del parroco del paese, Camillo Brandhuber (1860-1931) e del suo futuro padre spirituale, [[Conrad Gröber]] (1872-1948)<ref>Gröber era all'epoca rettore del convitto di Costanza "Konradihaus".</ref>, e poi in quello di Friburgo (1906-1909, Berthold Gymnasium) presso i [[gesuiti]].
 
Nel 1907 Gröber lo invita alla lettura della dissertazione di [[Franz Brentano]], ''[[Sui molteplici significati dell'essere secondo Aristotele]]'' (''Von der mannigfachen Bedeutung des Seienden nach Aristoteles''), (1862)<ref>traduzione italiana: Milano, Vita e Pensiero, 1995.</ref>. Dal 30 settembre 1909 al 13 ottobre dello stesso anno Heidegger è novizio presso il collegio dei gesuiti di [[Tisis]] (nei pressi della cittadina di [[Feldkirch]], in [[Austria]])<ref>La ragione per cui Heidegger dovette trasferirsi in territorio austriaco per frequentare un seminario dei gesuiti risiede nella ''[[Jesuitengesetz]]'', la legge tedesca emanata il 4 luglio 1872 che proibiva la presenza di istituzioni religiose governate dai gesuiti sul territorio tedesco.</ref>, ma anche per motivi di salute (in particolare, problemi di natura cardiaca) rinuncia alla vocazione religiosa e si iscrive alla [[Albert-Ludwigs-Universität]] di [[Friburgo in Brisgovia|Friburgo]], dove segue i corsi di [[teologia cattolica]] per i primi due anni<ref>Franco Volpi, ''Guida a Heidegger'', p. 4.</ref>, optando successivamente per i corsi di scienze matematiche, scienze naturali e filosofia, frequentando le lezioni dello storico dell'arte [[Wilhelm Vöge]] (1868-1952) e del teologo [[Carl Braig]] (1853-1923), del quale studia il trattato ''Vom Sein: Abriß der Ontologie''<ref>Franco Volpi, in ''Heidegger'', ''Enciclopedia filosofica'', Milano, Bompiani, 2006, vol. 6, p. 5210, nota come questo strumento riporti alla fine di ogni capitolo lunghi brani tratti da [[Aristotele]], [[Tommaso d'Aquino]] e [[Francisco Suárez]], nonché l'etimologia di termini fondamentali dell'ontologia.</ref>.
[[File:Geburtshaus Heidegger Sonne.JPG|thumb|right|250px|La casa natale di Heidegger a [[Meßkirch]]]]
Nato nel [[1889]] a [[Meßkirch]], nel [[Baden (stato)|Baden]], in una famiglia [[Cattolicesimo|cattolica]], compie i primi studi a [[Costanza (Germania)|Costanza]] e Friburgo presso i [[gesuiti]], frequentando corsi di [[teologia]].<ref>F. Volpi, ''Vita e opere'', in ''op. cit.''</ref> Dopo una convinta adesione al sistema di valori del cattolicesimo,<ref>''[http://archiviostorico.corriere.it/2011/giugno/20/filosofo_del_Reich_cattolico_nascosto_co_9_110620033.shtml Il filosofo del Reich, un cattolico nascosto]'', dall'archivio storico del ''Corriere della Sera'', 20 giugno 2011.</ref> a poco a poco tuttavia se ne discosta per preferire un orientamento religioso ispirato al [[protestantesimo]] [[luterano]],<ref>Cfr. articolo di [http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna//990522.htm Righetto]. Righetto individua il motivo dell'allontanamento dal cattolicesimo da parte di Heidegger soprattutto nell'influenza della moglie Elfride Petri di confessione luterana (con la quale pure si era sposato con rito cattolico), nonché nell'influsso esercitato dai gruppi filosofici riuniti attorno a Rickert e ad Husserl, dentro i quali la cultura cattolica era vista assai negativamente. Heidegger avrebbe quindi provato avversione per il sistema istituzionale del cattolicesimo romano, fautore di un ritorno al pensiero tomistico, che Heidegger giudicava come una invasione di campo della religione nell'ambito della filosofia.</ref> finché nel [[1919]] dichiarerà: «convinzioni gnoseologiche coinvolgenti la teoria del conoscere storico hanno reso per me problematico ed inaccettabile il sistema del cattolicesimo, non però il [[Cristianesimo]]»<ref>Da una lettera del 9 gennaio [[1919]] a Engelbert Krebs, tratto da: Hugo Ott, ''Martin Heidegger: sentieri biografici'', Sugarco 1990</ref>. Dopo essere intanto divenuto allievo del neo[[kant]]iano [[Heinrich Rickert]], conclude i suoi studi conseguendo il dottorato in [[matematica]] presso l'università di Friburgo, diventando libero docente con una dissertazione riguardante il pensiero di [[Duns Scoto]].
 
È in questo periodo che Heidegger si avvicina ad autori come [[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]], [[Friedrich Schelling|Schelling]], [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]], [[Wilhelm Dilthey|Dilthey]], alle poesie di [[Friedrich Hölderlin|Hölderlin]] e di [[Rainer Maria Rilke|Rilke]], e, grazie a Vöge, alla pittura di [[Vincent van Gogh|van Gogh]], pubblicando contemporaneamente brevi articoli sulle riviste cattoliche ''Heuberger Volksblatt'' e ''Der Akademiker''. In Germania in questo periodo si avviano le traduzioni di [[Søren Kierkegaard|Kierkegaard]] e di [[Fëdor Dostoevskij|Dostoevskij]], viene stampata la seconda edizione, notevolmente ampliata, della ''[[La volontà di potenza (manoscritto)|Volontà di potenza]]'' di Nietzsche, nonché l'edizione ''Gesammelte Schriften'' di Dilthey. Durante l'inverno 1910-1911, Heidegger studia la prima edizione (1900-1901) delle ''[[Ricerche logiche]]'' (''Logische Untersuchungen'') di [[Edmund Husserl]]<ref>Cfr. ''Gesammelte Ausgabe'', (= GA) 14, p.93.</ref>.
Divenuto nel [[1916]] assistente di [[Husserl]], inizia con lui un periodo di intensa collaborazione e di ricerca, in particolare riguardante [[Aristotele]], [[Kant]] e [[Fichte]]; nello stesso tempo, svolge esercitazioni accademiche sulla [[fenomenologia]] seguendo l'indirizzo tracciato da Husserl. Fra il [[1923]] ed il [[1927]], divenuto professore presso l'università di [[Marburgo (Germania)|Marburgo]], svolge corsi su diversi temi filosofici, in particolare sull'[[ontologia]] medievale; in questo periodo comincia il distacco da Husserl, che si concretizzerà poi nella pubblicazione, nel [[1927]], di ''[[Essere e tempo]]'', la sua opera principale, dedicata al suo maestro e tuttavia segnata da una applicazione molto originale delmetodo e ai concetti della [[fenomenologia]].
Con la pubblicazione di ''[[Essere e tempo]]'' ([[1927]]), Heidegger diede avvio al proprio distacco dalla [[fenomenologia]]. L'opera venne interpretata all'epoca come [[esistenzialismo|esistenzialista]], in quanto sono presenti profonde implicazioni con le tematiche esistenzialistiche affermatesi in quegli stessi anni anche in Francia sulla scia di pensatori come [[Kierkegaard]], [[Nietzsche]], [[Dilthey]], [[Bergson]], [[Scheler]] e altri (si ricordi in particolare l'opera capitale di [[Sartre]], ''[[Essere e nulla]]'', di poco successiva). Sono altresì presenti considerazioni sull'"esperienza del [[tempo]]" vissuta dalle originarie comunità [[cristianesimo|cristiane]] e sul significato del momento [[escatologia|escatologico]] della [[parusia]].<ref>Cfr. [[Umberto Regina]], ''Dal tempo cristiano alla filosofia della religione. Heidegger interprete delle Lettere di S. Paolo'', in AA.VV., ''Heidegger e San Paolo. Interpretazione fenomenologica dell'Epistolario paolino'', a cura di Aniceto Molinaro, Urbania University Press, Roma 2008.</ref>
 
Nel 1912 Heidegger pubblica le sue prime rassegne critiche: ''[[Il problema della realtà nella filosofia moderna]]'' (''Das Realitätsproblem in der modernen Philosophie'')<ref>Ripubblicato nel 1979 nella ''Martin Heidegger Gesamtausgabe'', I volume, pp. 1-15; ed. it. ''Il problema della realtà nella filosofia moderna'', in Martin Heidegger, ''Scritti filosofici. 1912-1917'', traduzione di Albino Babolin. Padova, La Garangola, 1972, pp. 131 e sgg.</ref> per la rivista ''[[Philosophisches Jahrbuch]]'', e ''[[Recenti ricerche sulla logica]]'' (''Neuere Forschungen über Logik'')<ref>Cfr. GA 1, pp. 17-43; ed. it. ''Recenti ricerche sulla logica'', in Martin Heidegger, ''Scritti filosofici. 1912-1917'', pp. 149 e sgg.</ref> per la rivista ''[[Literarische Rundschau für das katholische Deutschland]]''. Il 26 luglio 1913, Heidegger consegue il dottorato con la tesi ''Die Lehre vom Urteil im Psychologismus''<ref name="babo1">Cfr. GA 1, pp. 59-188; ed. it. ''La dottrina del giudizio nello psicologismo'', traduzione di Albino Babolin. Padova, La Garangola, 1972</ref>, il relatore è Arthur Schneider (1876-1945), correlatore [[Heinrich Rickert]] (1863-1936)<ref>In questa tesi Heidegger discute delle posizioni di [[Wilhelm Wundt]], [[Franz Brentano]], [[Heinrich Maier (filosofo)|Heinrich Maier]], Anton Marty, Theodor Lipps, mostrando adesione alle critiche contro le teorie psicologistiche della logica, proprie del neokantismo e della fenomenologia.</ref>. Il 2 agosto 1914 si arruola volontario nell'esercito ma il 9 ottobre dello stesso anno viene congedato per motivi di salute.[[File:Engelbert Krebs.gif|thumb|[[Engelbert Krebs]] (1881-1950), sacerdote e teologo cattolico. Seguirà il percorso per la libera docenza di Heidegger alla Albert-Ludwigs-Universität di [[Friburgo in Brisgovia|Friburgo]].]]
Nel [[1928]] sarà proprio Heidegger a succedere, a Friburgo, nella cattedra che era stata di Husserl; la sua carriera universitaria lo porterà, in seguito, ad assumere il ruolo di rettore, sia pure per breve tempo, proprio mentre Husserl fu allontanato, a causa delle sue origini ebraiche, dall'insegnamento.
Il 26 luglio 1915 è libero docente grazie alla tesi ''Die Kategorien- und Bedeutungslehre des Duns Scotus''<ref>Cfr. GA 1, pp. 189-411; ed. it. ''La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto'', traduzione di Albino Babolin. Bari, Laterza, 1974</ref>, presentata da Heinrich Rickert, ma seguita dal sacerdote e teologo cattolico Engelbert Krebs (1881-1950) la quale verrà pubblicata nel 1916 con l'aggiunta di una conclusione<ref>In questo testo Heidegger affronta la relazione tra ''modi essendi'', ''modi intelligendi'' e ''modi significandi'', riportati nella ''Grammatica speculativa'' opera all'epoca ritenuta di [[Duns Scoto]] ma che nel 1922 il medievista Martin Grabmann (1875-1949) dimostrerà essere di Tommaso di Erfurt (cfr. ''De Thoma Erfordiensi auctore Grammaticae quae Ioanni Duns Scoto adscribitur speculativae, Archivum Franciscanum Historicum'', vol. 15 (1922), pp. 273–277.</ref>. Il giorno successivo, il 27 luglio 1915, al fine di ottenere l'abilitazione all'insegnamento (''[[venia legendi]]''), tiene la lezione di prova su ''Der Zeitbegriff in der Geschichtswissenschaft''<ref>Cfr. GA 1, pp. 413-433; ed. it. ''Il concetto di tempo nella scienza della storia'', in Martin Heidegger, ''Scritti filosofici. 1912-1917'', pp. 210 e sgg.</ref>. In questi primi scritti Heidegger non presenta alcun pensiero originale, successivamente, tuttavia, ricorderà come in quel periodo fossero già presenti le due tematiche che saranno al centro delle riflessioni e delle opere successive: la questione dell'"essere" e la questione del "linguaggio"<ref>Cfr. ''Vorwort zur ersten Ausgabe der "Frühen Schriften"'' (1972), in GA 1, p. 55.</ref>.
 
Il 18 agosto 1915 Heidegger viene richiamato alle armi, dapprima presso il servizio postale di Friburgo e, successivamente, dopo un addestramento tenuto a [[Berlino]] (maggio-luglio 1918), presso il servizio meteorologico di [[Battaglia di Verdun|Verdun]] dove resterà fino a dicembre 1918. Nel frattempo, il 21 marzo 1917, sposa con rito cattolico Elfride Petri (1893-1992), la figlia di un ufficiale prussiano di religione protestante conosciuta nel 1915 a Friburgo mentre ella frequentava i corsi di economia politica. A celebrare il rito sarà, nel Duomo di Friburgo, proprio Engelbert Krebs, mentre testimone di nozze è Heinrich Ochsner (1891-1970). Una settimana dopo verrà celebrato lo stesso matrimonio ma con il rito protestante e questa volta alla presenza dei genitori della sposa. Dal matrimonio nasceranno due figli: Jörg (nato il 21 gennaio 1919) ed Hermann (nato il 28 agosto 1920)<ref>Quest'ultimo non era figlio biologico di Heidegger, ma dell'amante della moglie. Benché ne fosse consapevole, Heidegger lo riconobbe come proprio. Cfr. in tal senso ''Briefe Martin Heideggers an seine Frau Elfride 1915-1970'', a cura di G. Heidegger, Monaco 2005.</ref>.
=== Il coinvolgimento col nazismo ===
[[File:Universität Freiburg Kollegiengebäude I (Altbau).jpg|thumb|300px|left|L'Università di Friburgo]]
Nel [[1933]] Heidegger fu quindi nominato rettore dell'Università di [[Friburgo in Brisgovia|Friburgo]] e fu allora che aderì, seppur brevemente, al partito [[nazismo|nazionalsocialista]]. In questa occasione egli pronunciò un discorso dal titolo ''L'autoaffermazione dell'università tedesca'', nel quale difendeva l'autonomia dell'istituzione universitaria rispetto alla cosiddetta "scienza politicizzata", ma senza alcun riferimento al Partito nazista.
 
Dopo una convinta adesione al sistema di valori del cattolicesimo, Heidegger comunicherà nella lettera del 9 gennaio 1919 a Engelbert Krebs l'abbandono della fede cattolica: «convinzioni gnoseologiche coinvolgenti la teoria del conoscere storico hanno reso per me problematico ed inaccettabile il sistema del [[cattolicesimo]], non però il [[Cristianesimo]]»<ref>Cfr. Nota a partire da B. Casper, ''Martin Heidegger und die Theologische Fakultät Freiburg'' (1909-1923), «Freiburger Diözesan-Archiv», C (3ª serie, xxii), 1980, pp. 534-541. La lettera è citata in Hugo Ott, ''Martin Heidegger: sentieri biografici'', Milano, Sugarco 1990 (''Unterwegs zu seiner Biographie'', Campus Verlag, Frankfurt 1988), p. 97 nella traduzione di F. Cassinari.</ref><ref>In una lettera datata 5 marzo 1919 Edmund Husserl lo indica a Rudolf Otto come un "protestante adogmatico".</ref>.
Nello stesso anno, tuttavia, il 3 novembre pronunciò un altro discorso, dal titolo ''Appello agli studenti tedeschi'', in cui si espresse in questi termini: "Non teoremi e idee siano le regole del vostro vivere. Il Führer stesso e solo lui è la realtà tedesca dell'oggi e del domani e la sua legge". A ogni modo si dimise dall'incarico di rettore nel [[1934]], pur continuando ad insegnare; da quel momento in poi Heidegger non partecipò più direttamente all'azione politica del nazismo.
 
=== Assistente di Husserl ===
Intanto, parallelamente alla vita matrimoniale con la moglie Elfride, aveva intrapreso sin dagli anni di Marburgo una relazione sentimentale con la filosofa ebrea [[Hannah Arendt]], al tempo sua giovane allieva, caratterizzata dal forte ascendente del pensatore su di lei; la giovane studentessa riuscì a riconoscere solo molto più tardi il coinvolgimento di Heidegger col nazismo, e in ogni caso restò interiormente sempre devota al suo maestro, pur dissociandosi dalle sue idee politiche.
[[File:Edmund Husserl 1900.jpg|thumb|[[Edmund Husserl]], il padre della [[fenomenologia]]. Il 17 gennaio 1919 Heidegger viene nominato suo assistente.]]
Quando, il 7 gennaio 1919 Heidegger diviene assistente di Husserl<ref>Husserl fu chiamato nel 1916 a sostituire Heinrich Rickert, mentre Heidegger era impegnato nel servizio militare. Husserl ebbe come assistente Edith Stein (1891-1942) dall'ottobre 1916 a febbraio 1918.</ref> ha già affrontato<ref>Su questo Volpi, Heidegger in EF, p.5211.</ref>, oltre gli studi già citati di Brentano e di Braig, anche i due volumi delle ''Logische Untersuchungen'' (1900-1901)<ref>In italiano ''Ricerche logiche'', a cura di Giovanni Piana, 2 volumi, Milano: Il Saggiatore, 1968</ref> del padre della fenomenologia.
 
È in questo periodo, tuttavia, che Heidegger inizia a maturare una propria visione dell'"ermeneutica della fatticità". Così nei suoi "primi corsi friburghesi" (1919-1923) inizia ad emergere una certa originalità di pensiero<ref>Volpi, ''Heidegger'', in EF, p. 5212.</ref>. Partendo dal principio husserliano dell'andare alle "cose stesse" Heidegger pone al centro della sua ricerca il problema della vita umana, volendo comprenderla all'interno della sua "fatticità e storicità". Quindi Heidegger non intende porre la "vita umana" tra gli oggetti da osservare, non intende "sospendere la vita" (''ent-leben''), ma muoversi con essa alla ricerca della sua "autenticità" ovvero dell'ambito che le è proprio.
{{Citazione necessaria|Nel [[1987]] un libro di [[Victor Farias]] ha sollevato nuovamente la polemica}}, del resto mai sopita, sulla compromissione biografica e filosofica di Heidegger con la ideologia e la vicenda storica del nazismo. {{Citazione necessaria|Le tesi di Farias, tuttavia, sono state criticate a fondo da [[François Fédier]]}}, pensatore francese, allievo di Jean Beaufret. In ogni caso, {{Citazione necessaria|ancora oggi, molti ritengono che Heidegger non abbia mai pronunciato un'abiura esplicita riguardo al nazismo}}; in realtà, egli ha fornito varie spiegazioni del suo coinvolgimento politico, come, ad esempio, in un'intervista al periodico tedesco ''[[Der Spiegel]]'' (pubblicata, per suo stesso volere, dopo la sua morte) <ref>[http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=796&Guid=b2c1be3496354d1e8d161db449ea3e64 Si veda un breve riepilogo nell'intervista a Nicolas Tertulian per l'Enciclopedia Multimediale delle scienze filosofiche]</ref>.
{{Citazione|Heidegger intende e pratica la filosofia non come un'attività teoretica tra le altre, come un sistema di teorie e dottrine indifferente alla vita, ma come comprensione della vita che implica una forma di vita e dà forma alla vita. La filosofia non è solo sapere, ma anche scelta di vita: è salvezza e redenzione.|Franco Volpi, ''Heidegger'' in "Enciclopedia filosofica" vol.6. Milano, Bompiani, 2006, p. 5212}}
 
In tal senso Heidegger nei "primi corsi friburghesi" affronta autori come San Paolo, Agostino d'Ippona, Lutero, Kierkegaard e, soprattutto, Aristotele, allo scopo di evidenziare il senso profondamente esistenziale dell'indagine filosofica; vi partecipano numerosi allievi, tra i quali [[Karl Löwith]], (1897-1973), Oskar Becker (1889-1964), [[Günther Anders]] (1902-1992), [[Hans-Georg Gadamer]] (1900-2002), [[Leo Strauss]] (1899-1973), Walter Bröcker (1902-1992) e la di lui futura moglie Käte Oltmanns (1906-1999).
{{Citazione necessaria|Molte sono state le reazioni e le interpretazioni, in particolare di condanna, seguite al coinvolgimento politico del pensatore tedesco. Alcuni suoi allievi o discepoli, come ad es. [[Karl Löwith]] o [[Emmanuel Levinas]], hanno preso le distanze sin dagli anni Trenta e Quaranta, sottolineando anche quanto l'esplicito anti-umanismo dell'opera heideggeriana abbia contribuito, in un certo senso, all'elaborazione di una ideologia [[totalitarismo|totalitaria]] negatrice dei [[diritti umani]], quale quella nazista. Altri, come [[H.G. Gadamer]], hanno preso le difese del maestro, sottolineando la superficialità di molte accuse, spesso scarsamente documentate e tendenziose}}.
 
==== Incontro con Jaspers ====
Altri ancora, come [[Jürgen Habermas]], hanno preso una posizione per certi versi neutrale e maggiormente filosofica;<ref name="habermas">[[Jürgen Habermas]], ''Der Philosophische Diskurs der Moderne. Zwölf Vorlesungen'', Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1985. Tr. it.: ''Il discorso filosofico della modernità. Dodici lezioni'', Roma-Bari, Editori Laterza, 2ª ed. 2003, p. 159. ISBN 88-420-5239-6; ISBN 978-88-420-5239-5.</ref> {{Citazione necessaria|secondo [[Derrida]] il cosiddetto "silenzio di Heidegger sul nazismo" sarebbe scaturito dalla consapevolezza, da parte del filosofo, della propria inadeguatezza nel misurarsi criticamente con lo spirito di questa ideologia}}. Recentemente, l'intervista di Heidegger allo ''Spiegel'' è stata analizzata dal punto di vista filosofico e psicoanalitico, sulla base dei principi della decostruzione: in particolare, l'intervista è caratterizzata da una serie di lapsus che tradirebbero la "cattiva coscienza" del filosofo di fronte alla "questione ebraica".<ref>F. Dal Bo, ''La lingua malata. Linguaggio e violenza nella filosofia contemporanea'', Bologna, Clueb, 2008. ISBN 978-88-491-2841-3</ref>
L'8 aprile 1920 Heidegger incontra, alla festa per il sessantunesimo compleanno di Husserl, [[Karl Jaspers]] (1883-1969), con il quale avvia una comune intesa filosofica e una collaborazione contro la filosofia accademica dell'epoca<ref>Su questo cfr. anche il 10º capitolo, aggiunto nell'edizione postuma, di Karl Jaspers, ''Philosophische Autobiographie''.</ref>. È di questo periodo ''Anmerkungen zu Karl Jaspers «Psychologie der Weltanschauungen»''<ref>In GA 9. La traduzione italiana è in appendice a Martin Heidegger ''Segnavia'', pubblicato dalla Adelphi di Milano nel 1987</ref> che Heidegger nel giugno del 1921 invia a Jaspers, ma senza pubblicarla, in quanto contenente delle critiche sull'uso di strumenti concettuali, caratteristici della filosofia tradizionale, per l'analisi del fenomeno dell'esistenza.
 
Nel corso del 1922 la moglie Elfride fa costruire a Todtnauberg (nella [[#Heidegger e la Foresta Nera|Foresta Nera]]) una baita (''Hütte'') dallo stile semplice dove il filosofo trascorre i periodi liberi dagli impegni accademici, e a cui [[#La_baita_nella_Foresta_Nera|resterà sempre legato]].
La posizione di Heidegger nei confronti del nazismo rimane un argomento controverso, la cui discussione tra gli studiosi è ancora aperta.
 
===La "svolta"A eMarburgo gli ultimi anni===
{{vedi anche|Hannah Arendt e Martin Heidegger}}
Dimessosi dal rettorato, ed evitando ogni coinvolgimento politico diretto, Heidegger aveva continuato a tenere i suoi corsi accademici, ma senza pubblicare più alcuna opera fino al [[1942]]. Fra i corsi di questo periodo troviamo quello su [[Nietzsche]], poi pubblicati nel [[1961]].
[[File:Marburg asv2022-02 img02 Old University.jpg|thumb|La Philipps-Universität di [[Marburgo]], dove Heidegger insegnò dal 1923 al 1928.<ref>Nello stesso periodo questa università era anche la sede della "Fachbereich Evangelische Theologie" (Dipartimento di teologia evangelica), quindi anche della scuola di "''fenomenologia della religione''" di [[Marburgo]] fondata da [[Rudolf Otto]] (1866-1931).</ref>]]
Dopo aver compendiato le sue interpretazioni di Aristotele sviluppate lungo i "primi corsi friburghesi", Heidegger invia lo scritto (''Phänomenologische Interpretationen zu Aristoteles (Anzeige der hermeneutischen Situation)'', noto anche come ''Natorp-Bericht'')<ref>In GA 62, ''Phänomenologische Interpretation ausgewählter Abhandlungen des Aristoteles zu Ontologie und Logik'', pp. 341-419; ed.it. ''Interpretazioni fenomenologiche di Aristotele (Indicazione della situazione ermeneutica)'', traduzione di V. Vitiello, in ''Filosofia e teologia'', IV, 1990, pp.489-532.</ref> a Paul Natorp (1854-1924) e a Georg Misch (1878-1965) allo scopo di concorrere per l'insegnamento rispettivamente a [[Marburgo]] e a [[Gottinga]]. Natorp resta colpito dalla interpretazione di Aristotele promossa da Heidegger e nel 1923 lo nomina professore straordinario (''Extraordinarius'') all'Università di Marburgo.
 
A Marburgo, Heidegger resterà fino al 1928, cinque anni molto fecondi, con diversi allievi "friburghesi" che qui lo seguiranno (tra questi Löwith e Gadamer<ref>Hans-Georg Gadamer, già allievo di Natorp, poté, grazie a questi, avere accesso al manoscritto ''Natorp-Bericht'' e fu talmente colpito da questo da seguire le lezioni di Heidegger a Friburgo, per ancora seguirlo rientrando a Marburgo.</ref>) e l'incontro con colleghi di grande spessore, oltre Natorp, il filosofo Nicolai Hartmann (1882-1950), il filologo Paul Friedländer (1882-1968) e, soprattutto, il teologo evangelico Rudolf Bultmann (1884-1976)<ref>Bultmann era giunto a Marburgo due anni prima. Il rapporto fu per entrambi fecondo, Heidegger precisò meglio la relazione tra filosofia e teologia nell'ottica dell'analisi esistenziale, Bultmann elaborò l'interpretazione esistenziale del Nuovo Testamento: ciò che per Heidegger era critica della "metafisica" per Bultmann diveniva un processo di "demitizzazione".</ref>. Nuovi allievi si aggiungeranno ai suoi corsi di Marburgo, tra questi: Simon Moser (1901-1988), Gerhard Krüger (1902-1972), [[Hannah Arendt]] (1906-1975), [[Hans Jonas]] (1903-1993), Hermann Mörchen (1906-1990), Hélène Weiß (1901-1951).
[[File:Grab Heidegger.JPG|thumb|250px|La tomba]]
Alla caduta del regime nazista, per un'interdizione accademica predisposta dalle potenze occupanti nel periodo post-bellico, per alcuni anni fu allontanato dall'insegnamento, al quale {{Citazione necessaria|verrà riammesso nel [[1949]] su sollecitazione di [[Jaspers]], il quale era al corrente della compromissione di Heidegger col nazismo, ma ritenne ugualmente di prendere le sue difese}}. Cessata l'interdizione, nel [[1947]] Heidegger pubblica ''[[Lettera sull'umanismo|La dottrina platonica della verità, con una lettera sull'umanismo]]'', in cui prende le distanze dall'[[esistenzialismo]] [[umanismo|umanistico]] in primo luogo di [[Sartre]], in quegli anni molto diffuso in [[Francia]]; a differenza di questo, infatti, la sua filosofia è volta principalmente alla riflessione sull'[[essere]].
 
In questo primo periodo Heidegger studia la corrispondenza intercorsa tra [[Wilhelm Dilthey]] e Paul Yorck von Wartenburg<ref>''Briefwechsel zwischen Wilhelm Dilthey und dem Grafen Paul Yorck von Wartenburg 1877 - 1897'', Halle 1923, ristampa Hildesheim 1995</ref> da cui nasce l'intenzione di pubblicarne una recensione che finirà per rappresentare un vero e proprio saggio, il quale, anticipando alcuni temi propri di ''Essere e tempo'', sarà l'oggetto della famosa conferenza, ''Der Begriff der Zeit: Vortrag vor der Marburger Theologenschaft'', tenuta a Marburgo il 25 luglio 1924 su invito di Bultmann, di fronte ai teologi della locale università<ref>Il testo, ''Der Begriff der Zeit: Vortrag vor der Marburger Theologenschaft'' è in GA 64, pp. 105 e sgg.; ed. it. nella traduzione di Franco Volpi, e con la postilla di Hartmut Tietjen, è in ''Il concetto di tempo'' edito dalla Adelphi di Milano nel 1978.</ref>.
Del resto è proprio in questo periodo che egli comincia a tracciare, attraverso una serie di saggi e conferenze poi riuniti in varie raccolte, i temi di una "svolta" intellettuale (''Kehre'') che sposterà la sua ricerca dai temi più prettamente esistenzialistici a quelli riguardanti la [[verità]] dell'[[essere]]; per adeguarsi a questa svolta, anche il linguaggio delle sue opere diverrà sempre più vicino a quello della [[poesia]] e dunque più oscuro e ambiguo. D'altra parte proprio il tema del linguaggio e della poesia sarà centrale in quest'ultima fase, come testimonia lo scritto ''In cammino verso il linguaggio'' del [[1959]], nonché gli incontri, avvenuti in quest'ultima fase della vita di Heidegger, con poeti come [[René Char]] e [[Paul Celan]]. Nel [[1969]] Heidegger, a 80 anni, accetta un'intervista televisiva, svolta da Richard Wisser per la Zdf; in questa intervista ed in altre conferenze ed interviste giornalistiche di questi ultimi anni, centrale è la questione della [[tecnica]], come evento dell'essere che scuote nel profondo l'uomo, minacciandolo nel suo stesso fondamento.<ref name="intervista">Heidegger, ''Ormai solo un Dio ci può salvare. Intervista con lo «Spiegel»'', a cura di A. Marini, Guanda, 1988.</ref> A ottantasette anni morirà a Friburgo, nel [[1976]].
 
Nell'autunno del 1924 avviene intanto l'incontro con la studentessa diciottenne [[Hannah Arendt]], giunta a Marburgo con l'intenzione di partecipare ai seminari di Heidegger, allora trentacinquenne, il quale la nota e rimane colpito dal suo sguardo, come ricorderà in seguito. La [[Hannah Arendt e Martin Heidegger|relazione tra i due]] rimase clandestina.
=== Heidegger e la Foresta Nera ===
 
==== Pubblicazione di ''Essere e tempo'' ====
I contenuti dei seminari universitari di Marburgo (a partire da quello invernale del 1923-1924)<ref>In GA da 17 a 24.</ref> rappresentano un cammino verso la pubblicazione principale del filosofo tedesco, ''Sein und Zeit'' (Essere e tempo)<ref>In GA 2; di questa opera fondamentale di Heidegger disponiamo in lingua italiana di una prima traduzione di Pietro Chiodi pubblicata dalla Edizioni Bocca nel 1953, poi, rivista, dalla UTET nel 1969 e infine, sempre rivista, dalla Longanesi nel 1970; una successiva traduzione di Alfredo Marini è stata pubblicata nei Meridiani della Mondadori nel 2006.</ref> che uscirà nell'aprile del 1927.
 
Precedentemente Heidegger aveva consegnato un primo suo manoscritto alla facoltà di filosofia dell'Università, il quale, esaminatolo, propone il 5 agosto 1925 il filosofo come successore di [[Nicolai Hartmann]] alla prima cattedra di filosofia, ma il 27 gennaio del 1926 il ministero respinge tale richiesta motivandola con "per carenza di pubblicazioni importanti".
 
Nell'aprile del 1926 si avvia la composizione tipografica del testo, l'8 aprile Heidegger dona a Husserl alcune parti del manoscritto che quest'ultimo rivede.
 
Nel dicembre 1926, in concomitanza di una visita di Jaspers, Heidegger decide di lasciare incompiuto, alla seconda sezione della prima parte, ''Sein und Zeit''. Il 3 maggio 1927 muore Johanna Kempf, la madre del filosofo. A pubblicazione avvenuta di ''Sein und Zeit'' (aprile 1927), il 19 ottobre 1927 Heidegger è nominato alla I cattedra di filosofia dell'Università di Marburgo. Nel frattempo, l'8 luglio dello stesso anno tiene una importante conferenza su ''Phänomenologie und Theologie'' (Fenomenologia e teologia)<ref>In GA 9; la traduzione italiana, di Franco Volpi, è in ''Segnavia'', pubblicato dalla Adelphi di Milano nel 1987</ref> presso la facoltà di teologia dell'Università di Tubinga.
 
=== Rientro a Friburgo ===
[[File:Kollegiengebaeude I Seite.JPG|thumb|La Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo. Dal 21 aprile 1933 al 27 aprile 1934, Heidegger ricoprì l'incarico di rettore di questa prestigiosa università operando attivamente per la sua "nazificazione".]]
La collaborazione tra Heidegger e Husserl continua, e nel 1928 preparano insieme la voce "Phenomenology" per la ''[[Enciclopedia Britannica]]'' curando l'edizione di '' Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins''<ref>[https://www.freidok.uni-freiburg.de/fedora/objects/freidok:5974/datastreams/FILE1/content]</ref> ("Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo") a suo tempo predisposta da [[Edith Stein]] (1891-1942). In autunno viene chiamato dall'Università di Friburgo, la Albert-Ludwigs-Universität, a succedere alla cattedra di Husserl il quale la lasciava per raggiunti limiti di età<ref>Cfr. Elio Franzini, ''Husserl'', in Enciclopedia filosofica, vol. 6, p. 5395.</ref>. Fu lo stesso Husserl a volere Heidegger come suo successore<ref>Safranski, p. 215</ref>.
 
Nell'autunno del 1928, infatti, Husserl si era adoperato affinché il suo allievo Martin Heidegger gli subentrasse nella cattedra della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo che il padre della fenomenologia doveva lasciare per raggiunti limiti di età. Il 14 aprile 1933, Husserl verrà definitivamente congedato dall'insegnamento. A partire poi dal varo della ''Reichsbürgergesetz'', datata 15 settembre 1935, Husserl perderà, in quanto "ebreo", la cittadinanza tedesca. I contatti tra Husserl e Heidegger saranno, dopo il congedo universitario di Husserl, sporadici, per lo più mediati dal filosofo [[Max Müller (filosofo)|Max Müller]] (1906–1994).<ref>Costui ricorderà: {{Citazione|Aveva per me l'aspetto di un "saggio"; non gli interessavano le questioni del quotidiano, anche se era proprio la politica quotidiana a minacciare costantemente lui e sua moglie perché ebrei. Era come se non sapesse nulla di questa minaccia, o semplicemente non volesse prenderne atto|Cit. in Safranski p. 313}}</ref> Dopo un primo sdegno occorso nel 1933, causato dall'adesione di Heidegger al [[Nazionalsocialismo|nazismo]], l'opinione di Husserl nei suoi confronti tornerà ad essere positiva.<ref>Ricorda, Müller, come Husserl lo considerasse ancora «il più dotato di tutti coloro che abbiano fatto parte della mia cerchia». Al funerale di Husserl, morto il 26 aprile 1938, Heidegger non parteciperà. Nel 1940, su pressione dell'editore Max Niemeyer, Heidegger farà omettere la dedica a Husserl nella riedizione di ''Sein und Zeit'', ma il ringraziamento celato nelle note, a p.&nbsp;38, verrà comunque conservato.</ref>
 
Il 24 gennaio 1929 Heidegger tiene la conferenza su ''Philosophische Anthropologie und Metaphysik des Daseins'' ("Antropologia filosofica e metafisica dell'esserci)<ref>Non pubblicata, è prevista la pubblicazione in GA 80.</ref> a Francoforte dove ci sarà l'unico incontro con [[Theodor W. Adorno]].
 
Nella seconda metà di marzo Heidegger interviene a Davos sostenendo la celebre disputa con [[Ernst Cassirer]] (1874-1945); il suo intervento sarà compendiato in un libro pubblicato lo stesso anno: ''Kant und das Problem der Metaphysik''<ref>In GA 3; di questo testo disponiamo in italiano di una traduzione di Maria Elena Reina, riveduta da Valerio Verra, pubblicata dalla casa editrice Laterza di Bari nel 1981 con il titolo ''Kant e il problema della metafisica''.</ref>. Tale saggio vedrà la dedica a Max Scheler (1874-1928), scomparso l'anno prima, e con cui Heidegger ebbe un intenso scambio filosofico già a partire dal 1923<ref>Cfr. ad esempio le conferenze tenute, tra il 1923 e il 1924 in varie sedi della Kant-Gesellschaft su suo invito, da cui il testo di Heidegger ''Wahrsein und Dasein. Aristoteles, Ethica Nicomachea'' ancora non pubblicato ma previsto in GA 80.</ref>.
 
In occasione del settantesimo compleanno di Husserl, il 9 aprile del 1929, Heidegger tiene il discorso celebrativo e in quella occasione pubblicherà nel volume in onore del suo maestro ''Vom Wesen des Grundes'' ("Dell'essenza del fondamento")<ref name="Franco Volpi 1987">In GA 9; l'edizione italiana di questo testo, curata e tradotta da Franco Volpi, è in ''Segnavia'', pubblicato dalla Adelphi di Milano nel 1987.</ref>. Il 27 luglio dello stesso anno tiene la lezione su ''Was ist Metaphysik?'' ("[[Che cos'è metafisica?]]")<ref name="Franco Volpi 1987"/>.
 
La fama di Heidegger si diffonde per tutto il contesto accademico tedesco, viene invitato quindi a ricoprire una cattedra significativa come quella di [[Ernst Troeltsch]] (1856-1923) a Berlino, che rifiuta il 3 maggio 1930. L'anno successivo rifiuterà ancora una medesima offerta della stessa università e anche una analoga di Monaco. Per giustificare il suo gesto terrà un discorso alla radio di Berlino che sarà raccolto nello scritto ''Warum bleiben wir in der Provinz?'' ("Perché restiamo in provincia")<ref>In GA 13: ''Aus der Erfahrung des Denkens''; la traduzione italiana di questo volume è di Nicola Curcio, pubblicata dalla casa editrice Il melangolo di Genova con il titolo ''Dall'esperienza del pensiero'' nel 2011</ref>.
 
Da luglio a dicembre del 1930 tiene diverse conferenze a Karlsruhe, Brema, Marburgo, Friburgo e Dresda (estate 1932), sul tema del ''Vom Wesen der Wahrheit'' ("Dell'essenza della verità")<ref>In GA 9: ''Wegmarken''; l'edizione italiana di questo volume, curata e tradotta da Franco Volpi, è ''Segnavia'', pubblicato dalla Adelphi di Milano nel 1987</ref>. Il 26 ottobre dello stesso anno tiene la conferenza nell'[[arciabbazia di Beuron|abbazia benedettina di Beuron]] su ''Augustinus: Quid est tempus?''<ref>In GA 80 volume in attesa di pubblicazione.</ref>.
 
==== Adesione al nazismo ====
{{vedi anche|Heidegger e il nazionalsocialismo}}
Il 30 gennaio [[1933]] [[Adolf Hitler]], capo indiscusso del [[Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori]] (NSDAP), che aveva ottenuto l'incarico dal presidente della [[Repubblica di Weimar]], [[Paul von Hindenburg]] (1847-1934), forma un nuovo governo, il quale tuttavia non dispone di una maggioranza in parlamento. Il 27 febbraio il parlamento tedesco, il [[Palazzo del Reichstag|Reichstag]], [[Incendio del Reichstag|viene dato alle fiamme]], i nazionalsocialisti accusano del gesto i comunisti. Il giorno dopo [[Decreto dell'incendio del Reichstag|un decreto a firma dello stesso Hindenburg]] sospende i diritti politici e civili. Il 5 marzo il partito nazista vince alle elezioni politiche e il 23 dello stesso mese Adolf Hitler fa approvare una legge che assegna al suo governo poteri eccezionali. Il 7 aprile il governo di Hitler vara una legge, la ''Gesetz zur Wiederherstellung des Berufsbeamtentums'', per la quale i funzionari pubblici (e tra questi i professori universitari) "non ariani" devono essere allontanati dal loro ruolo.
 
Il 21 aprile 1933 Heidegger viene eletto rettore alla [[Università di Friburgo in Brisgovia|Albert-Ludwigs-Universität]] di [[Friburgo in Brisgovia|Friburgo]], prendendo il posto del dimissionario [[Wilhelm von Möllendorff]] (1887-1944), il quale, eletto l'anno precedente, aveva tentato senza successo di ritardare l'attuazione della legge del 7 aprile che metteva in congedo tutti i professori di origine ebraica<ref>Wilhelm von Möllendorff era già inviso ai nazisti per aver pubblicamente difeso il borgomastro di Friburgo, Karl Bender (1880-1970), uomo politico di centro.</ref>. Heidegger viene proposto da un gruppo di docenti nazionalsocialisti guidati da Wolfgang Aly (1881-1962) e Wolfgang Schadewaldt (1900-1974). Il voto a favore di Heidegger è pressoché unanime: gli unici 13 voti che non lo appoggiano, su 93 disponibili, sono proprio i voti dei professori "ebrei" che in virtù del decreto attuato dal ''Gauleiter'' per il Baden, Robert Wagner, non possono essere conteggiati. Va attestato che dei restanti 80, solo 56 presero parte alla votazione<ref>cfr. Rüdiger Safranski, ''Heidegger e il suo tempo'' (Ein Meister aus Deutschland. Heidegger und seine Zeit, 1994); traduzione di Nicola Curcio, ed. italiana a cura di Massimo Bonola, Longanesi, Milano 1996 e TEA, Milano, 2001, p. 293. Ma anche: {{Citazione|The Nazi professors put Heidegger forward, and under pressure from within the university and without, he was duly elected as Rector on 21 April 1933 by an almost unanimous vote of the professoriate. Indeed, the only substantial body of professorial opinion that did not support him consisted of the 12 out of 93 holders of chairs in Freiburg who were Jewish. They were not allowed to cast their votes, however, since they had been suspended from their posts under the law of 7 April by the Nazi Reich Commissioner for Baden, Regional Leader Robert Wagner, as ‘Non-Aryans’.|Richard J. Evans, ''The Coming of the Third Reich'', 2003, versioni epub pos. 544}}</ref>.
 
Il 1º maggio dello stesso anno, in quanto condizione prevista per assumere ufficialmente l'incarico, si iscrive al Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori.<ref>Franco Volpi, ''Guida a Heidegger'', p. 36</ref>
 
Il 27 maggio si insedia ufficialmente al rettorato, tenendo il famoso discorso ''Die Selbstbehauptung der deutschen Universität'' ("L'autoaffermazione dell'università tedesca")<ref>La traduzione italiana di Carlo Angelino è stata pubblicata dalla casa editrice Il melangolo di Genova nel 1988</ref>. Gli effetti di questo discorso furono molteplici e con valutazioni contrastanti, da una parte Heidegger lo ricorderà nel [[1945]] nel ''Das Rektorat 1933/1934. Tatsachen und Gedanken'' (Il rettorato 1933/1934. Fatti e pensieri)<ref>In GA 16 al n. 180; traduzione italiana in ''Discorsi e altre testimonianze del cammino di una vita 1910-1976'' curato da Nicola Curcio, traduttore insieme a Carlo Angelino, Roberto Brusotti e Adriano Fabris, per la casa editrice Il melangolo di Genova, 2000, p. 338.</ref> sostenendo che già il giorno successivo se lo erano dimenticati tutti e che nulla cambiò; la stampa nazionalsocialista esulterà; i commentatori stranieri, tra cui [[Benedetto Croce]] che nella lettera a Karl Vossel del 9 settembre 1933 lo valuterà come inadeguato e opportunista, criticheranno il testo. Diversa la valutazione di Karl Jaspers che il 23 agosto 1933 invierà una lettera a Heidegger per complimentarsi, anche se successivamente spiegherà che voleva dare la migliore lettura possibile di quel discorso per mantenere con lui un dialogo aperto<ref>Cfr. Safranski, pp. 304-5; Safranski rileva, tuttavia, come Jaspers abbia plaudito alle riforme naziste delle università tedesche e, sempre nell'estate del 1933, abbia cercato di partecipare a tale processo di riforma, senza riuscirvi però, in quanto, coniugato con una ebrea, era appena tollerato dal regime.</ref>. Franco Volpi<ref>Cfr.''Guida a Heidegger'', p. 36</ref> nota come il testo sia influenzato dal ''Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt'' (1932)<ref>Traduzione italiana in ''L'Operaio. Dominio e forma'', Milano, Longanesi 1984, Parma, Guanda 1991</ref> di [[Ernst Jünger]] (1895-1998), questo per la sua suddivisione nel triplice compito: ''Arbeitsdienst'' (servizio del lavoro), ''Wehrdienst'' (servizio di difesa) e ''Wissensdienst'' (servizio del sapere) consegnando a quest'ultimo il ruolo primario.
 
Nel settembre 1933 vengono offerte a Heidegger due ambiziose candidature alle cattedre delle prestigiose università di Berlino e di Monaco. L'opposizione al suo nome proviene da due fronti: da una parte i professori conservatori, dall'altra diversi professori nazisti che non riconoscevano nella sua filosofia la ''Weltanschauung'' propria del partito<ref>Alla fine l'offerta a Heidegger venne effettivamente fatta, ma lui la rifiutò motivandola che c'era bisogno di lui a Friburgo.</ref>. In questa circostanza inizia a circolare un documento stilato dal filosofo e psicologo nazista Erich Rudolf Ferdinand Jaensch (1883-1940), già collega di Heidegger nel periodo di Marburgo, il quale lo descrive come «pericoloso schizofrenico», propugnatore di pensiero ebraico di genere «avvocatesco-talmudico» che, per questa ragione, secondo Jaensch, avrebbe attratto così tanti ebrei ai suoi corsi. In realtà, secondo lo psicologo nazista, la condotta di Heidegger era solo un abile adattamento della sua filosofia al nazionalsocialismo<ref>Safranski, p. 325.</ref>. L'anno successivo Heidegger torna ad essere in predicato per un incarico molto ambizioso: la direzione del costituendo ''Nationalsozialistischer Deutscher Dozentenbund'' ("Lega dei docenti nazionalsocialisti").
 
In quella occasione Jaensch rincara la dose con una nuova relazione indicando le idee di Heidegger come «ciance schizofreniche», «banalità con le sembianze di cose significative», idee di un autore pronto a cambiare nuovamente bandiera qualora la rivoluzione nazista si fosse arrestata. In quella stessa circostanza, il filosofo nazista Ernst Krieck (1882-1947), già nominato dai nazisti rettore della Johann Wolfgang Goethe-Universität di Francoforte, il quale mirava alla medesima posizione di filosofo del partito, esce allo scoperto e, sulla "prestigiosa" rivista di pedagogia nazista, da lui curata, ''Volk im Werden'', appare un articolo del seguente tenore:
{{Citazione|Il tono fondamentale della visione del mondo sottesa alla lezione di Heidegger si caratterizza con i concetti di cura e di angoscia, i quali si riferiscono entrambi al nulla. La cifra di questa filosofia è un aperto ateismo e un nichilismo metafisico, equivalente a quello sostenuto in modo particolare da vari autori ebrei: essa è perciò un motivo di disgregazione e fiaccamento del popolo tedesco. In ''Essere e tempo'' Heidegger filosofeggia esplicitamente e volutamente a proposito della "quotidianità"; ma non vi è neanche un accenno in merito al popolo e allo Stato, alla razza, e al blocco valoriale della nostra immagine nazionalsocialista del mondo.|citato in ''Guida a Heidegger'' (a cura di Franco Volpi), Bari, Laterza, 2012, p. 37}}
[[File:Bundesarchiv Bild 146-2007-0118, Walter Gross.jpg|thumb|[[Walter Groß]] (1904-1945), direttore dell'Ufficio razziale dello [[NSDAP]].<ref>Sarà lui (Safranski, p. 327) a segnalare agli uffici di Joseph Goebbels l'inopportunità di prendere in considerazione Heidegger, citando nell'occasione i rapporti dello psicologo nazista Erich Rudolf Ferdinand Jaensch (1883-1940) e gli articoli della rivista pedagogica ''Volk im Werden'', curata dal filosofo nazista Ernst Krieck (1882-1947), in cui la filosofia di Heidegger veniva accusata di essere nichilista e analoga a quelle di tipo "ebraico".</ref>]]
In analogo modo si mosse [[Walter Groß]] (1904–1945), astro nascente del partito nazista<ref>Il 15 maggio 1934 Walter Groß fu nominato, su indicazione del vice di Hitler, Rudolf Hess, nel "prestigioso" incarico di direttore del ''Rassenpolitisches Amt der NSDAP'' ("Ufficio per la politica razziale dello Nsdap"), cfr. Max Weinreich, ''I professori di Hitler'', 2003, Milano, Il Saggiatore, p. 98.</ref>, il quale, citando le relazioni di Jaensch e gli articoli di Krieck, avvertì l'ufficio di [[Joseph Goebbels]] dell'inopportunità di nominare a tale prezioso incarico Heidegger. Groß suggerisce a Goebbels anche di mettere fine alla politicizzazione delle università di modo che si possa mettere fine agli «sforzi penosi» dei docenti «di recitare la parte del nazionalsocialismo», riservando la cura ideologica alle predisposte sezioni di partito, lasciando alle università il solo ambito tecnico, economico e scientifico.<ref>Safranski, p. 327.</ref>
{{Approfondimento|larghezza = 350px|contenuto=[[Karl Jaspers|Jaspers]] e Heidegger si incontrano per la prima volta l'8 aprile 1920, alla festa di compleanno di Edmund Husserl. Jaspers è già un professore affermato, insegna filosofia presso la Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg, mentre Heidegger è l'assistente di Husserl. Ambedue condividono l'esigenza di riformare l'insegnamento accademico, ma il sodalizio ha un arresto quando Heidegger, dopo aver inviato una copia della sua opera capitale, ''Essere e tempo'' all'amico, che considera insieme a [[Rudolf Bultmann]] (1884–1976) l'unico in grado di comprenderne appieno i contenuti, scopre che questi si è limitato ad affidare a Dolf Sternberger (1907–1989) e a [[Hans Jonas]] (1903–1993) l'esecuzione di due seminari. In realtà sappiamo dagli appunti personali di Jaspers che il filosofo non lesse mai del tutto l'opera di Heidegger non essendosene appassionato. Il rapporto tra i due riprende comunque con entusiasmo quando Jaspers invia a Heidegger le sue due opere del 1931 ''Philosophie'' ("Filosofia") e ''Die geistige Situation der Zeit'' ("La situazione spirituale del nostro tempo").
Nel giugno del 1933, divenuto rettore a Friburgo e aderente al Partito nazista, Heidegger si reca a Heidelberg per una conferenza sull'università nel III Reich. In questa circostanza incontra, per l'ultima volta, Jaspers. Nelle sue memorie Jaspers ricorda questo incontro con Heidegger che affronta il tema del "complotto ebraico mondiale". Jaspers, sposato con Gertrud Mayer (1879-1974) di origini ebraiche, è decisamente preoccupato per il suo avvenire e per l'avvenire della Germania in mano ai nazisti. Ciononostante Jaspers rimane dell'idea di poter mantenere un contatto filosofico con Heidegger, questo almeno fino all'ultima sua lettera, datata 16 maggio 1936. Nel 1937 Jaspers viene costretto al pensionamento e, a partire dal 1938, gli viene impedito di pubblicare le sue opere. Il professore di Heidelberg si prepara quindi a un eventuale arresto da parte della Gestapo meditando, in questo caso, di avvelenarsi insieme alla moglie. I contatti tra i due riprendono solo nell'autunno del 1945 quando Jaspers invia a Heidegger una copia della rivista "Wandlung" di cui è collaboratore. Heidegger non gli risponde, ma sollecita la ''Commission d'Epuration'' che si sta occupando della denazificazione delle università tedesche e quindi del suo caso, di prendere contatto con Jaspers. La Commissione è inizialmente intenzionata a dare il via libera alla docenza per Heidegger, ma il duro intervento di Jaspers contro Heidegger, dove questi viene denunciato come nazista e dove viene auspicato il suo allontanamento dall'insegnamento, gli fa cambiare idea. Nel 1949 il rettore della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo, Gerd Tellenbach (1903-1999), si rivolge tuttavia nuovamente a Jaspers per un parere su un eventuale ritorno di Heidegger all'insegnamento. Questa la risposta di Jaspers: {{Citazione|Magnifico Rettore, Con quel che ha fatto in filosofia, Heidegger è riconosciuto in tutto il mondo come uno dei filosofi più importanti del nostro tempo. In Germania non c'è nessuno che lo superi. Il suo modo di fare filosofia, sensibile alle questioni più profonde e riconoscibile solo indirettamente nei suoi scritti, fa di lui oggi, in un mondo filosoficamente povero, una figura unica. [...]| In M. Heidegger-K. Jaspers, ''Briefwechsel 1920-1963'' (a cura di W. Biemel e H. Saner) Francoforte, Monaco, Zurigo, Klostermann, Piper, 1990, pp. 275-276; cit. in Volpi ''Guida a Heidegger'', p. 43}} La relazione tra i due filosofi riprende, ma il rifiuto di Heidegger di fare autocritica sul suo trascorso nazista fa nuovamente sprofondare il rapporto. Nella sua lettera del 22 settembre 1959 Jaspers chiarisce ad Heidegger che «Dal 1933 in poi si è interposto tra noi un deserto che, dopo quanto è accaduto ed è stato detto in seguito, appare sempre più inattraversabile».<br />
Il 26 febbraio 1969 Karl Jaspers muore, sul suo scrittoio rimane aperto un faldone di 300 pagine manoscritte il cui ultimo appunto è un addio a Heidegger:
{{Citazione|Da sempre - scrive Jaspers - i filosofi tra loro contemporanei si incontrano in alta montagna, sopra un vasto altopiano roccioso. Da lassù lo sguardo spazia sulle montagne nevose e ancora più in basso sulle valli abitate dagli uomini e sull'orizzonte lontano e in ogni dove sotto il cielo. Là, il sole e le stelle sono più lucenti che in qualsiasi altra parte. E l'aria è talmente pura che dissolve ogni opacità, talmente fredda che non lascia levarsi alcun fumo, talmente limpida che uno slancio del pensiero si diffonde in spazi immensi. [...] Oggi sembra che su questo altopiano non ci sia nessuno da incontrare. Ho avuto l'impressione [...] di incontrarne uno soltanto e – tranne lui – nessun altro. Quest'uomo però è stato un mio cavalleresco avversario: le potenze che noi servivamo, infatti, erano irriducibili tra loro. Presto apparve evidente che noi non potevamo affatto parlare uno con l'altro. E così la gioia si trasformò in dolore, un dolore particolarmente inconsolabile, come se si fosse perduta una possibilità che sembrava prossima, a portata di mano. Così è andata tra me e Heidegger. Per questo trovo insopportabili, senza alcuna eccezione, tutte le critiche che egli ha subito: lassù, infatti, su quell'altopiano, non avrebbero trovato posto. Per questo vado alla ricerca della critica che diventa reale nella sostanza del pensiero stesso, alla ricerca della lotta che rompe l'assenza di comunicazione dell'inconciliabile, della solidarietà che lassù – trattandosi di filosofia – è ancora possibile anche tra chi è più estraneo. Una critica e una lotta intese in questo senso sono forse possibili, eppure vorrei, per così dire, tentare di catturarne l'ombra|K. Jaspers, ''Notizen zu Martin Heidegger''. Monaco, Zurigo, Piper, 1978, pp. 263-264. Cit. in Volpi, ''Guida a Heidegger'', p. 45}}}}
 
Il 14 aprile 1934 Heidegger rassegna le dimissioni da rettore della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo, che verranno accolte dall'università il 27 dello stesso mese.
 
I discorsi tenuti da Heidegger nel periodo del rettorato, compreso tra il 22 aprile 1933 e il 14 aprile 1934, sono integralmente riportati nel volume 16 della ''Martin Heidegger Gesamtausgabe'', segnatamente nella parte III (pp.&nbsp;81–274) e integralmente tradotti in italiano, sempre nella parte III (pp.&nbsp;75–256), nel volume ''Discorsi e altre testimonianze del cammino di una vita 1910-1976'', curato da Nicola Curcio, per la casa editrice Il melangolo di Genova.
 
Da queste testimonianze, e da altre testimonianza indirette, è indiscusso per gli studiosi<ref>Cfr. a solo titolo esemplificativo le conclusioni di Franco Volpi, in ''Guida a Heidegger'', p. 319.</ref> il fatto che Heidegger, nel suo ruolo di rettore, abbia comunque attivamente partecipato al programma di nazificazione della sua università. Già nel discorso di insediamento a rettore, il filosofo tedesco ambiva a una rottura epocale, una sorta di lotta decisiva per la storia dell'essere a partire dalla riforma dell'università. E in questa battaglia egli si presenta come l'alfiere degli studenti rivoluzionari nazionalsocialisti in rivolta contro gli accademici borghesi. Una rivolta, come rileva lo storico Rüdiger Safranski, che possiede parole d'ordine sovrapponibili a quelle del movimento studentesco del 1967<ref>Cfr. gli esempi di Safranski, pp. 314 e sgg.</ref>. Lo studioso Rüdiger Safranski ritiene che le dimissioni di Heidegger vadano imputate alla sua delusione nel riscontrare che il partito nazista non si dimostrasse sufficientemente "rivoluzionario" nei confronti dell'idealismo e del conservatorismo borghesi proprio delle università dell'epoca.
 
{{Citazione|Quindi le dimissioni di Heidegger dal rettorato sono connesse con la sua lotta per la purezza del movimento rivoluzionario, così come lo intendeva lui, cioè come rinnovamento dello spirito occidentale dopo la "morte di Dio"|Safranski, p. 331}}
 
In questo periodo la condotta di Heidegger nei confronti dei propri allievi e colleghi ebrei è ambivalente. Franco Volpi<ref>''Guida a Heidegger'', p. 319</ref> nota come in alcuni casi, come con Werner Brock, [[Eduard Fraenkel]], Elisabeth Blochmann, [[Paul Kristeller]], Georg von Hevesy egli si sia adoperato per trovare loro una sistemazione all'estero; ma in altri casi, come con Richard Hönigswald, Eduard Baumgarten,<ref>In uno scritto del 16 dicembre 1933 indirizzato al "primo capo" dell'associazione dei docenti nazionalsocialisti dell'[[Università Georg-August di Gottinga|Università di Gottinga]], Heidegger denunciò Baumgarten, il quale «durante il suo soggiorno a Freiburg (…) era tutt'altro che un nazionalsocialista. Per affinità spirituale, il dottor Baumgarten proviene dal circolo intellettuale liberal-democratico di Heidelberg ispirantesi a [[Max Weber]]. Dopo aver fallito con me ha frequentato assiduamente l'ebreo Fraenkel, il quale, prima di essere destituito qui a Freiburg, era stato attivo a Göttingen». {{Cita libro|titolo=Heidegger e il nazismo|autore=Victor Farias|editore=Bollati Boringhieri|anno=1988|p=234}}</ref> Jonas Cohn, il chimico [[Hermann Staudinger]],<ref>Heidegger inviò dei documenti riguardanti Staudinger al Ministero dell'Educazione e alla [[Gestapo]], persino alcuni giorni dopo aver deciso di dimettersi da rettore. In essi Heidegger confermava l'accusa che Staudinger aveva collaborato in tempo di guerra con i nemici della Germania, osservando come «nel gennaio del 1917, quando la Patria si trovava in grande pericolo, St[audinger] avesse inoltrato domanda per ottenere la cittadinanza svizzera». Inoltre, riferì che Staudinger continuava a mostrare una «ferma opposizione alle correnti nazionali in Germania» e a fare «dichiarazioni secondo cui egli non si sarebbe mai adoperato per fare avere armi al suo Paese». Staudinger non era cattolico, né liberale, né socialdemocratico, né ebreo, bensì pacifista e antinazionalista. {{Cita libro|titolo=Martin Heidegger. Unterwegs zu seiner Biographie|autore=Hugo Ott|editore=Campus Verlag|città=Francoforte sul Meno|anno=1988|pp=201-213|lingua=de}}; traduzione italiana di Flavio Cassinari ''Martin Heidegger, sentieri biografici'', Milano, SugarCo, 1990.</ref> futuro premio Nobel, si comportò diversamente, denunciandoli. Heidegger riferì "l'atteggiamento negativo verso la Germania" del suo allievo Max Müller, che era stato denunciato per l'appartenenza a un'associazione cattolica.{{#tag:ref|Quando il vice-rettore dell'Università di Friburgo, Theodor Maunz, consigliò a Müller di chiedere a Heidegger di cancellare quel giudizio che avrebbe compromesso le sue possibilità di carriera, quest'ultimo gli disse: «Non c'è nulla che io possa fare. Non se la prenda con me». A Müller verrà concesso di insegnare in Germania solo dopo la caduta del [[Germania nazista|Terzo Reich]].<ref>{{Cita libro|titolo=Hannah Arendt e Martin Heidegger. Una grande storia d'amore|autore=Elżbieta Ettinger|editore=Garzanti|anno=1996|città=Milano|pp=53-54|isbn=88-11-67483-2}}</ref>}}
 
In sintesi Heidegger aderì con entusiasmo alla "rivoluzione nazionalsocialista", interpretata da lui come storica possibilità per la risorgenza dell'essere, e con altrettanto entusiasmo si adoperò, durante il suo rettorato, per la nazificazione della sua università. Diede le dimissioni quando ebbe contezza che il nazismo stava rinunciando alle sue premesse "rivoluzionarie" per mediare con gli interessi "borghesi".
 
Fatta salva quindi l'evidente adesione di Heidegger al nazismo, certamente secondo una visione del tutto personale dello stesso, adesione che egli non ritratterà mai, diversi studiosi si sono interrogati se la sua filosofia potesse contenere anche delle posizioni antisemite.
 
Hadrien France-Lanord (specialista di Heidegger) nella voce ''Antisémitisme'' del ''Le Dictionnaire Martin Heidegger'' (curato da Philippe Arjakovsky, François Fédier, Hadrien France-Lanord, Editions du Cerf, 2013) afferma, nel 2013, testualmente (p.&nbsp;27):
{{Citazione|Non c'è, in tutta l'opera di Heidegger pubblicata ad oggi (84 volumi su 102), una sola frase antisemita||Il n'y a, dans toute l'œuvre de Heidegger publiée à ce jour (84 volumes sur 102), pas une seule phrase antisémite.|lingua=fr}}
 
Il rifiuto di considerare Heidegger antisemita fu la posizione di importanti studiosi quali, ad esempio, il già citato Rüdiger Safranski («Heidegger antisemita? Non lo fu nel senso del folle sistema ideologico dei nazionalsocialisti. Risulta infatti evidente che né nei corsi di lezioni né negli scritti filosofici, né nei suoi discorsi e ''pamphlets'' politici si possono trovare osservazioni antisemite e razziste.», p.&nbsp;309) e Bern Martin<ref>Cfr. Martin Bern, ''Martin Heidegger und der Nationalsozialismus'', in ''Martin Heidegger und das "Dritte Reich". Ein Kompendium'' (a cura di Martin Bern), WBG, Darmstadt, 1987, pp. 14-50.</ref>.
 
[[Donatella Di Cesare]] rileva anche come tale posizione di rifiuto nel considerare Heidegger come un "antisemita" sia stata condivisa da molti allievi ebrei di Heidegger quali Karl Löwith, Hans Jonas, Hannah Arendt e Herbert Marcuse che pure non gli fecero mancare critiche.<ref>Cfr. Donatella Di Cesare, ''Heidegger e gli ebrei. I "Quaderni neri"'', Torino, Boringhieri 2014, versione mobi pos. 152</ref>
 
Recentemente, l'intervista di Heidegger allo Spiegel è stata analizzata dal punto di vista decostruttivo: in particolare, l'intervista è caratterizzata da una serie di lapsus che tradirebbero la "cattiva coscienza" del filosofo di fronte alla "questione ebraica"<ref>F. Dal Bo, 'La lingua malata. Linguaggio e violenza nella filosofia contemporanea', Bologna, Clueb, 2007.</ref>.
 
Nel 2014, tuttavia, la casa editrice tedesca Vittorio Klostermann di Francoforte, casa editrice che cura la ''Gesamtausgabe'' di Heidegger prevista in 102 volumi, ha dato alle stampe i volumi n. 94, 95 e 96 contenenti i primi ''[[Schwarze Hefte]]'' ("[[Quaderni Neri]]", taccuini in cui il filosofo raccoglieva, rivedendoli, i suoi pensieri, di fatto una vera e propria opera filosofica) titolati come ''Überlegungen'' (Riflessioni, dal II al XV; il I è andato perduto) che coprono il periodo compreso tra il 1931 e il 1941. Questi testi, fino a quel momento sconosciuti in quanto mai pubblicati, contengono, per la maggioranza degli studiosi, delle affermazioni chiaramente antisemite. Così nei 1.694 passaggi numerati nelle ''Überlegungen'' (a cui vanno aggiunte le 120 pagine dell'ultimo volume che non contengono la numerazione), Heidegger cita per quattordici volte temi inerenti agli ebrei e all'ebraismo, sette di questi quattordici passaggi risulterebbero evidentemente antisemiti.
 
Il dibattito tra gli studiosi sui temi sollevati dalla pubblicazione dei primi ''Schwarze Hefte'' è ancora aperto. Così per lo stesso curatore delle edizioni degli ''Schwarze Hefte'', Peter Trawny, la presenza di tratti antisemiti nel pensiero heideggeriano è indubitabile<ref>{{Citazione|C'è un antisemitismo onto-storico nei testi di Heidegger che sembra contaminare non pochi aspetti del suo pensiero. Questo dato di fatto getta una nuova luce sulla filosofia heideggeriana e sulla sua ricezione. Se finora il coinvolgimento di Heidegger durante il nazismo è stato un problema che ha portato in parte a condanne eccessive e in parte a riserve legittime, la pubblicazione dei ''Quaderni neri'' rende impossibile ignorare l'esistenza di una forma specifica di antisemitismo che, per di più, emerge in un periodo in cui il filosofo critica fortemente il nazismo.|Peter Trawny, ''Heidegger e il mito della cospirazione ebraica'' (2014), Milano, Bompiani, 2015, versione mobi pos. 1631}}</ref>. La specialista di Heidegger Donatella Di Cesare, nella sua opera ''Heidegger e gli ebrei - I "Quaderni neri"'' del 2014, rileva, ad esempio, come la posizione di Heidegger sugli ebrei non possa essere considerata solo in base alla "quantità" dei passaggi delle ''Überlegungen'' evidentemente antisemiti, quanto piuttosto su come questi "passaggi", unitamente ad altre espressioni maggiormente utilizzate in qualità di "sinonimi", possano far comprendere l'effettiva posizione filosofica di Heidegger sugli ebrei, qui evidentemente intesi come popolo posto al di fuori della storia dell'essere, il che iscriverebbe Heidegger in quella tradizione antisemita propria della filosofia tedesca, ad esempio di Kant, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, nonché di buona parte della passata cultura filosofica europea.
 
La studiosa Francesca Brencio, considerando che la prospettiva ermeneutica di tali affermazioni sia ancora di fatto assente, avanza invece l'ipotesi che tale antisemitismo sia piuttosto legato «alla spietata critica che Heidegger muove al cristianesimo»<ref>Francesca Brencio, ''Heidegger, una patata bollente'', in ''La pietà del pensiero. Heidegger e i Quaderni Neri'', Passignano sul Trasimento, Aguaplano, 2015, p.139</ref>. Di tutt'altro avviso il figlio di Heidegger, Hermann Heidegger, storico e curatore testamentario delle opere del filosofo tedesco, nonché diretto curatore di alcuni volumi della ''Martin Heidegger Gesamtausgabe'' che, in un suo articolo del 6 agosto 2015 pubblicato dallo ''Die Zeit'' di Amburgo, sostiene che il filosofo non è mai stato antisemita<ref>{{Cita news|lingua=de|nome=Hermann|cognome=Heidegger|url=https://www.zeit.de/2015/32/martin-heidegger-antisemitismus-sohn-hermann-heidegger|titolo=Martin Heidegger: "Randständige Bemerkungen"|pubblicazione=Die Zeit|data=6 agosto 2015|accesso=26 settembre 2024}}</ref>. Allo stesso modo, il principale curatore della ''[[Martin Heidegger Gesamtausgabe]]'', Friedrich-Wilhelm von Herrmann, in un articolo a sua firma pubblicato il 4 ottobre 2015 sul quotidiano italiano il ''Corriere della Sera''<ref>[http://rassegna.be.unipi.it/20151005/SID1045.pdf Cfr. p. 39].</ref> respinge l'accusa di antisemitismo rivolta al filosofo tedesco, evidenziando come un'analisi strettamente filologica dei termini usati negli ''Schwarze Hefte'' conduca a delle conclusioni assolutamente diverse rispetto a quelle finora considerate dai suoi critici e da lui considerate "improvvisate".
 
==== Dimissioni da rettore ====
Dimessosi da rettore e rifiutato come direttore della Lega dei docenti nazionalsocialisti, nel maggio 1934 Heidegger diviene componente della Commissione di filosofia del diritto dell{{'}}''Akademie für deutsches Recht'' ("Accademia per il diritto tedesco"). Nello stesso mese si reca a Weimar dove visita l'"Archivio Nietzsche" e dove incontra Elisabeth Nietzsche (1846-1935). In questo periodo il coinvolgimento di Heidegger con la politica si va allentando anche se nutre ancora fede in Hitler e nella rivoluzione nazionalsocialista<ref>Safranski, 342.</ref>. Significativo in tal senso è il corso del semestre estivo del 1934<ref>In GA 38 con il titolo ''Logik als die Frage nach dem Wesen der Sprache''.</ref> che previsto con il titolo "Stato e scienza", aveva attirato numerose personalità naziste curiose anche di conoscere cosa avrebbe sostenuto Heidegger rispetto alle sue dimissioni da rettore. Entrato in aula il filosofo comunica l'intenzione di mutare l'argomento del corso in "Logica" intesa come interrogazione sui fondamenti dell'essere, luogo della problematicità: alla seconda ora di lezione la sala si svuota, solo gli interessati alla filosofia sono presenti<ref>Safranski, pp. 342-3.</ref>.
 
Nel semestre invernale 1934-35 affronta per la prima volta la figura e la poesia di [[Friedrich Hölderlin]] (1770-1843)<ref>In GA 39 con il titolo ''Hölderlins Hymnen „Germanien“und „Der Rhein“''.</ref>. In una significativa lettera che Heidegger invia il 21 dicembre 1934, alla sua amica, amante e confidente Elisabeth Blochmann (1892-1972)<ref>Martin Heidegger conobbe Elisabeth Blochmann nello stesso periodo in cui incontrò Elfride Petri, la futura moglie. La Blochmann, che aveva studiato filosofia a Strasburgo con Georg Simmel, era infatti un'amica di Elfride.</ref>, nel frattempo rifugiatasi nel Regno Unito per via delle sue origini ebraiche, ne spiega le ragioni:
{{Citazione|Hö[lderlin] ha pre-istituito la miseria – che ha un rinnovato inizio – del nostro esserci storico, affinché essa ci attenda. E la nostra miseria è la mancanza di miseria, l'impotenza a un'esperienza originaria della problematicità dell'esserci. E l'angoscia di fronte all'interrogare giace sull'Occidente; esilia i popoli in sentieri invecchiati e li ricaccia in fretta in dimore ormai decrepite. Solo la miseria dell'odierno lutto per la morte degli dei, che entro sé tuttavia è pronto anelante attendere, rischiara e appronta per la nuova istituzione dell'essere. La disposizione emotiva fondamentale tuttavia non è affatto una semplice "sensazione", bensì la forza dell'esserci, che è legata alla terra e alla patria; il lutto [''Trauer''] è cordoglio [''Mittrauer''] con le "sacre acque" - i fiumi.|In Martin Heidegger-Elisabeth Blochmann, ''Carteggio 1918-1969'', trad. it. a cura di Roberto Brusotti. Genova, Il melangolo, 1991, p. 136}}
 
L'atto del poetare è quindi ciò che istituisce la cultura. La ''Grundstimmung'' ovvero la tonalità emotiva fondante di un popolo, quindi la verità del suo esserci, è istituita dai poeti che, unitamente ai pensatori e agli statisti, creano opere di grande potenza generando nuove condizioni dell'esserci. E, riferendosi a Hölderlin, il "poeta del poetare", rivela:
{{Citazione|Può darsi che noi un giorno usciamo (''herausrücken'') dal nostro quotidiano, dovendo entrare nella potenza della poesia (''Macht der Dichtung''), e che non possiamo più tornare alla quotidianità così come l'abbiamo lasciata. |In GA 39, p. 22|Es kann sein, dass wir dann eines Tages aus unserer Alltäglichkeit herausrücken und in die Macht der Dichtung einrücken müssen, dass wir nie mehr so in die Alltäglichkeit zurückkehren, wie wir sie verlassen haben.|lingua=DE}}
 
La scelta di Hölderlin è da Heidegger ben meditata in quanto il poeta tedesco è «der Dichter des Dichters und der Dichtung» ("il poeta dei poeti e della poesia"), non solo, Hölderlin è anche il «der Dichter der Deutschen» ("il poeta dei tedeschi"), e siccome lui è tutto questo ma il suo poetare è "difficile" (''Schwer'') e "arcano" (''Verborgene''), la sua "potenza" non è divenuta "potenza" del popolo tedesco e "siccome non lo è, lo deve diventare" (''Weil er das noch nicht ist, muß er es werden'')<ref>GA 39, p. 214.</ref>.
 
Quindi parlare di Hölderlin è per Heidegger parlare di politica nel suo significato più "alto"<ref>GA 29, pp. 214-215</ref> in quanto, e qui Heidegger cita direttamente l'ultima frase della lirica ''[[Andenken]]'' ('Ricordi') di Hölderlin:
{{Citazione|i poeti fondano ciò che resta|GA 39, p. 214|Was bleibet aber, stiften die Dichter|lingua=DE}}
 
Per meglio significare questo valore, Heidegger introduce una modifica grafica al termine ''Sein'' che diventa ''Seyn'': all'"essere" (''Sein'') si aggiunge, nella terminologia heideggeriana, l'Essere (''Seyn''):
{{Citazione|Il poeta è il fondatore dell'Essere|GA 39, p. 214|Der Dichter ist der Stifter des Seyns|lingua=DE}}
 
Nei fondamentali scritti che inizierà a redigere l'anno successivo, il 1936, e fino al 1938, e che saranno pubblicati con il titolo ''Beiträge zur Philosophie (Vom Ereignis)''<ref>GA 65; la traduzione in lingua italiana di questo volume è di Franco Volpi ed è stata pubblicata con il titolo ''Contributi alla filosofia (Dall'Evento)'', dalla casa editrice Adelphi di Milano nel 2007</ref> Heidegger rende conto dell'importanza di questa innovazione terminologica:
{{Citazione|Il domandare dell'Essere secondo la sua storia non è rovesciamento della metafisica, bensì de-cisione in quanto progetto del fondamento di quella distinzione in cui anche il rovesciamento deve continuare a mantenersi. Con tale progetto questo domandare giunge assolutamente al di fuori della distinzione tra essere ed ente ed è per tale ragione che essa scrive ora il nome dell'essere (''Sein'') nella forma di "Essere" (''Seyn''). Ciò deve indicare che qui l'essere non è più pensato nel senso della metafisica.|GA 65, p. 436; traduzione di Franco Volpi in ''Contributi alla filosofia (Dall'Evento)'', Milano, Mondadori, 2010, pp. 782-783 |Das seynsgeschichtliche Erfragen des Seyns ist nicht Umkehrung der Metaphysik, sondern Ent-scheidung als Entwurf des Grundes jener Unterscheidung, in der sich auch noch die Umkehrung halten muß. Mit solchem Entwurf kommt dieses Fragen überhaupt ins Außerhalb jener Unterscheidimg von Seiendem und Sein; und sie schreibt deshalb auch das Sein jetzt als »Seyn«. Dieses soll anzeigen, daß das Sein hier nicht mehr metaphysisch gedacht wird. |lingua=DE}}
 
=== La "svolta" e gli ultimi anni ===
Dimessosi dal rettorato, ed evitando ogni coinvolgimento politico diretto, Heidegger aveva continuato a tenere i suoi corsi accademici, ma senza pubblicare più alcuna opera fino al [[1942]]. Fra i corsi di questo periodo troviamo soprattutto quelli su [[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]], poi editi nel [[1961]], mentre del [[1935]] è la conferenza su ''L'origine dell'opera d'arte'',<ref>[http://www.filosofico.net/esteticaheideggerrr.htm Martin Heidegger: opera d'arte e verità dell'essere], a cura di Claudia Bianco.</ref> e dell'anno seguente quella tenuta a [[Roma]] dedicata a ''Hölderlin e l'essenza della poesia''.
 
[[File:Grab Heidegger.JPG|thumb|La tomba di Heidegger e della moglie Elfride.<ref>Si trova nel cimitero di Meßkirch, in Baden-Württemberg. Da notare l'assenza della croce e la presenza solo di una stella. Al funerale di Heidegger furono letti alcuni inni di Hölderlin.</ref>]]
Alla caduta del regime nazista, per un'interdizione accademica predisposta dalle [[zone di occupazione della Germania|potenze occupanti]] nel periodo post-bellico, per alcuni anni fu allontanato dall'insegnamento, al quale verrà riammesso nel [[1949]] su sollecitazione di [[Karl Jaspers|Jaspers]], il quale era al corrente della compromissione di Heidegger con il nazismo, ma ritenne ugualmente di prendere le sue difese.<ref>''Risposta a colloquio con Martin Heidegger'', ''op. cit.'', pag. 44.</ref> Cessata l'interdizione,<ref>Con la divisione della Germania, sempre nel 1949 sarebbe divenuto cittadino della [[Germania Ovest]], mentre nella [[Germania Est]] le sue opere saranno guardate con sospetto insieme ai libri di [[Nietzsche]] e [[Carl Gustav Jung|Jung]].</ref> nel [[1947]] Heidegger pubblica ''[[La dottrina platonica della verità]]'', ed una ''[[Lettera sull'"umanismo"]]'', in cui prende le distanze dall'[[esistenzialismo]] [[Umanesimo (XIX secolo)|umanistico]] in primo luogo di [[Jean-Paul Sartre|Sartre]], allora molto diffuso in [[Francia]], rilevando come, a differenza di quest'ultimo, la propria filosofia sia volta principalmente alla riflessione sull'[[essere]].
 
Del resto è proprio in questo periodo che egli comincia a tracciare, attraverso una serie di saggi e conferenze come ''[[Sentieri interrotti]]'', ''La questione della tecnica'', ''L'abbandono'', poi riuniti in varie raccolte, i temi di una «svolta» intellettuale (''Kehre'') che sposterà la sua ricerca dai temi più prettamente esistenzialistici a quelli riguardanti la [[verità]] dell'[[essere]]; per adeguarsi a questa svolta, anche il linguaggio delle sue opere diverrà sempre più vicino a quello della [[poesia]] e dunque più oscuro e ambiguo. D'altra parte proprio il tema del linguaggio e della poesia sarà messo in risalto in quest'ultima fase, come testimonia lo scritto ''[[In cammino verso il linguaggio]]'' del [[1959]], nonché gli incontri con poeti come [[René Char]] e [[Paul Celan]]. Nel [[1969]] Heidegger, a 80 anni, accetta un'intervista televisiva, svolta da Richard Wisser per la [[ZDF]]; in questa come in altre conferenze ed interviste giornalistiche degli ultimi anni, centrale è la questione della [[tecnica]], assurta ad evento dell'essere che scuote l'uomo nel profondo, minacciandolo nel suo stesso fondamento.<ref name="intervista">Heidegger, ''Ormai solo un Dio ci può salvare. Intervista con lo «[[Der Spiegel|Spiegel]]»'', 1966, trad. it. a cura di Alfredo Marini, Guanda, 1988.</ref>
 
Poco dopo la morte dell'amica [[Hannah Arendt]] ([[1975]]), Heidegger morirà a Friburgo, a ottantasei anni, nel [[1976]].
 
=== La baita nella Foresta Nera ===
[[File:Heideggerrundweg0009.JPG|thumb|La baita dove Heidegger scrisse ''Essere e tempo'', situata nei pressi di Todtnauberg, nella Foresta Nera.<ref>La baita fu fatta costruire dalla moglie del filosofo, Elfride, nel corso del 1922. Sull'architrave della porta, nella corteccia, Heidegger fece incidere il detto eracliteo «τὰ δὲ πάντα οἰακίζει Κεραυνός» («il fulmine governa ogni cosa», Eraclito, fr. 64).</ref>]]
Il legame particolarmente forte, quasi atavico, di Heidegger con la [[Foresta Nera]] è stato messo in luce da un testo, ''Il messaggero della Foresta Nera'', pubblicato da Fréderic de Towarnicki, un giovane francese che nel [[1945]] aveva raggiunto e conosciuto il pensatore proprio nella sua baita montana, restandone vivamente impressionato.
 
A tal proposito [[Hans-Georg Gadamer]] ricorda:
In seguito alla pubblicazione di numerose fotografie di Heidegger, che lo ritraevano in atteggiamenti di vita quotidiana nella sua baita di [[Todtnauberg]], sempre nella Foresta Nera, lo scrittore austriaco [[Thomas Bernhard]] sembra invece stigmatizzare causticamente la figura del pensatore.<ref>«...in Heidegger mi ha sempre disgustato tutto, non soltanto il berretto da notte in testa ed i mutandoni invernali tessuti a mano e stesi sulla stufa che lui stesso si accendeva a Todtnauberg, non soltanto il suo bastone da passeggio della Foresta Nera tagliato in casa, ma per l’appunto la sua filosofia della Foresta Nera fatta in casa, tutto in quest’uomo tragicomico mi ha sempre disgustato...» (Bernhand, ''Antichi Maestri'').</ref>
{{Citazione|Chi è stato ospite nella baita di Heidegger a Todtnauberg si ricorderà della sentenza incisa sulla corteccia sopra l'architrave della porta: ''τὰ δὲ πάντα οἰακίζει Κεραυνός'', "Il fulmine governa ogni cosa" (fr. 64). Queste parole sono allo stesso tempo una sentenza oracolare e un paradosso. Perché certamente in questa sentenza non viene inteso l'attributo del signore del cielo, attraverso cui egli fa tuonare le sue decisioni sulla terra, piuttosto l'improvviso e lampeggiante rischiararsi che rende di colpo ogni cosa visibile, ma in modo tale da essere di nuovo inghiottito dall'oscurità. Così almeno Heidegger legò le sue domande al senso profondo delle parole di [[Eraclito]]. Poiché l'oscuro compito che Heidegger attribuiva al suo pensiero non era come per Hegel l'onnipresenza dell'autocoscienza dello spirito che in sé unisce l'identità dello scambio e l'unità speculativa degli opposti, ma proprio quell'insolubile unità e dualità di svelamento e nascondimento, di luce e oscurità, in cui il pensiero dell'uomo si trova avvolto. Unità e dualità che si infiamma nel fulmine, che certo non rappresenta il "fuoco eterno" come pensava Ippolito.|[[Hans-Georg Gadamer]], ''Eraclito. Ermeneutica e mondo antico'' (titolo originale ''Heraklit Studien'' e ''Hegel und Heraklit''). Roma, Donzelli, 2004, pp.85-6}}
 
Un segnale dell'attaccamento di Heidegger a questo luogo si trova anche nel suo breve scritto ''Warum bleiben wir in der Provinz'' (''Perché restiamo in provincia''),<ref>{{Cita web |url=https://blog.libero.it/ziryab/12196219.html |titolo=Testo in italiano di ''Perché restiamo in provincia?'' |accesso=25 giugno 2019 }}</ref> nel quale il filosofo considera il rapporto dell'uomo con la propria terra alla stregua di un legame ontologico.<ref>In questo scritto, in particolare, il concetto di [[tempo (filosofia)|tempo]] come struttura originaria dell'essere conduce il pensatore a definire anche un'idea di [[spazio (fisica)|spazio]] antropologico come luogo chiuso nel quale soltanto può realizzarsi quella che egli definisce "esistenza autentica", altrimenti mortificata nell'annichilimento metropolitano e [[globalizzazione|globalizzante]].</ref>
== L'ontologia esistenzialista di ''Essere e tempo'' ==
In seguito alla pubblicazione di numerose fotografie di Heidegger, che lo ritraevano in atteggiamenti di vita quotidiana nella sua baita di [[Todtnauberg]], sempre nella Foresta Nera, lo scrittore austriaco [[Thomas Bernhard]] sembra invece stigmatizzare causticamente la figura del pensatore.<ref>« [...] in Heidegger mi ha sempre disgustato tutto, non soltanto il berretto da notte in testa ed i mutandoni invernali tessuti a mano e stesi sulla stufa che lui stesso si accendeva a Todtnauberg, non soltanto il suo bastone da passeggio della Foresta Nera tagliato in casa, ma per l'appunto la sua filosofia della Foresta Nera fatta in casa, tutto in quest'uomo tragicomico mi ha sempre disgustato...» (Bernhand, ''[[Antichi Maestri]]'', 1985).</ref>
[[File:Todtnauberg thumb.jpg|thumb|left|300px|[[Todtnauberg]], nella [[Foresta Nera]], il luogo dove fu scritto ''[[Essere e tempo]]'']]
L'intento di Heidegger è quello di costruire un'[[ontologia]] fondamentale che, sulle orme dell'ultimo [[Edmund Husserl|Husserl]], ricerchi la natura costitutiva degli oggetti del mondo a partire dal [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e dalla coscienza [[trascendentale]]<ref>Il termine ''trascendentale'' va inteso nel senso [[kant]]iano e [[idealismo|idealista]] per denotare un'attività soggettiva che conferisce valore e sostanza anche alla realtà oggettiva.</ref> che in qualche modo li rende possibili.<ref>Secondo Husserl, «è solo un ritorno alla soggettività che può rendere intelligibile la verità oggettiva e il significato ultimo del mondo» (''[[Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica]]'', 1913).</ref> Husserl aveva bensì evidenziato l'esigenza di indagare la soggettività in maniera non astratta e generica, ma in relazione agli oggetti del mondo e della storia: in tal senso egli aveva dato avvio all'esplorazione delle cosiddette "ontologie regionali", ossia di quelle [[scienza|scienze]] rivolte allo studio di particolari aspetti o regioni della realtà, come la [[logica]] o la [[matematica]], da un punto di vista ''[[a priori]]'', cioè sulla base delle loro essenze ideali. Il tentativo di Husserl di dare concretezza al soggetto trascendentale, però, secondo Heidegger non è bastato, poiché occorre tener conto anche della sua finitezza e della drammaticità della sua esistenza storica.<ref>Cfr. Perone, ''Storia del pensiero filosofico'', III vol., Torino, Sei, 1988, pag. 367 e segg.</ref>
 
== Pensiero ==
Nel costruire la sua ontologia, ossia la scienza che descrive l'[[essere]] e le sue strutture fondamentali, Heidegger ritiene si debba partire dal soggetto che pone la domanda su che cosa sia l'essere, cioè l'[[uomo]]. L'uomo ha avuto un rapporto problematico con la definizione di essere, finendo per concepirlo come "[[oggetto (filosofia)|oggettività]]", come ''semplice presenza'', come la qualità per cui diversi oggetti o entità sono ''posti'' davanti a me (''ob-jecta'' in [[lingua latina|latino]]). Questa definizione non tiene conto dell'uomo stesso, al quale gli oggetti sono bensì presenti, ma che non è una semplice-presenza nel mondo, bensì un prendersi «cura» di esso, un agire rivolto al [[futuro]] continuamente operando in vista di uno scopo. Recependo infatti l'insegnamento fenomenologico, secondo Heidegger l'esistenza umana significa essenzialmente ''[[trascendenza]]'', protesa però allo stesso tempo verso il mondo, al fine di modellarlo e progettarlo. L'uomo quindi non è presenza ma ''progetto'', o alternativamente ''esser-ci'' (''[[Dasein]]''),<ref>Il termine tedesco ''Dasein'', composto dalla preposizione ''Da'' + il verbo ''Sein'', significa appunto ''essere qui'', ''esserci''.</ref> ''essere nel mondo'', in quanto nodo inestricabile di situazioni nel quale si trova calato.<ref name="Abbagnano">Cfr. [[Nicola Abbagnano]], ''Linee di storia della filosofia'', III vol., Torino, Paravia, 1960, pag. 187.</ref>
{{Citazione|Il filosofo deve restare solitario, perché lo ''è'' nella sua essenza. La sua solitudine non può essere ''discussa''. L'isolamento non è qualcosa che si può volere. Proprio per questo egli deve esserci sempre nei momenti decisivi e non può farsi da parte. Egli non fraintenderà la solitudine interpretandola nel senso esteriore di un ritirarsi e di un lasciar-correre le cose.|M. Heidegger, ''L'essenza della verità. Sul mito della caverna e sul «Teeteto» di Platone'' [1931-32], a cura di H. Mörchen [1988], edizione italiana a cura di [[Franco Volpi (filosofo)|F. Volpi]], Adelphi, Milano 2009³, p. 112<ref>Cfr.{{cita libro|autore=M. Heidegger|titolo=Vom Wesen der Wahrheit. Zu Platons Höhlengleichnis und Theätet|curatore=H. Mörchen|opera=Martin Heidegger Gesamtausgabe|volume=34|editore=Verlag Vittorio Klostermann|città=Frankfurt am Main|annooriginale=1988|anno=1997|ed=2|isbn=978-3-465-02924-3|p=86|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=AGVAAQAAIAAJ&dq=Vom+Wesen+der+Wahrheit&focus=searchwithinvolume&q=Einsamkeit|citazione=Der Philosoph muẞ einsam bleiben, weil er es seinem Wesen nach ''ist''. Seine Einsamkeit ist nicht zu ''bereden''. Vereinzelung ist nichts, was zu wollen wäre. Gerade deshalb muß er immer wieder in entscheidenden Augenblicken da sein und nicht weichen|lingua=de|accesso=7 luglio 2016}}</ref>.}}
 
=== L'ontologia esistenzialista di ''Essere e tempo'' ===
===L'uomo come progetto===
{{vedi anche|Essere e tempo}}
Se si intende l'essere come progettare, si modifica anche la concezione dell'essere degli oggetti, o degli «enti intramondani»: questi non sono più presenze che sussistono in maniera indipendente da noi, come induce a credere il [[metodo scientifico]], ma vengono visti come strumenti in funzione del nostro progetto. Un progetto che consiste appunto nel «preoccuparsi» di tali strumenti, averne ''cura'' nel senso latino del termine, un compito che l'uomo, per sua natura, ha nei confronti di essi. Del resto, anche la presunta oggettività con cui la [[tecnica]] dice di guardare loro, è in realtà in funzione della loro strumentalità o utilizzabilità.<ref>Cfr. Nicola Abbagnano, ''ibidem''.</ref>
L'intento di Heidegger è quindi quello di costruire un'[[ontologia]] fondamentale che, sulle orme dell'ultimo [[Edmund Husserl|Husserl]], ricerchi la natura costitutiva degli oggetti del mondo a partire dal [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e dalla coscienza [[trascendentale]]<ref>Il termine ''trascendentale'' va inteso nel senso [[kant]]iano e [[idealismo|idealista]] per denotare un'attività soggettiva che conferisce valore e sostanza anche alla realtà oggettiva.</ref> che in qualche modo li rende possibili.<ref>Secondo Husserl, «è solo un ritorno alla soggettività che può rendere intelligibile la verità oggettiva e il significato ultimo del mondo» (''[[Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica|Idee I]]'', 1913).</ref> Husserl aveva bensì evidenziato l'esigenza di indagare la soggettività in maniera non astratta e generica, ma in relazione agli oggetti del mondo e della storia: in tal senso egli aveva dato avvio all'esplorazione delle cosiddette "ontologie regionali", ossia di quelle [[scienza|scienze]] rivolte allo studio di particolari aspetti o regioni della realtà, come la [[logica]] o la [[matematica]], da un punto di vista ''[[a priori]]'', cioè sulla base delle loro essenze ideali. Il tentativo di Husserl di dare concretezza al soggetto trascendentale, però, secondo Heidegger non è bastato, poiché occorre tener conto anche della sua finitezza e della drammaticità della sua esistenza storica.<ref>Perone, ''Storia del pensiero filosofico'', III vol., Torino, Sei, 1988, pag. 367 e segg.</ref>
 
Nel costruire la sua ontologia, ossia la scienza che descrive l'[[essere]] e le sue strutture fondamentali, Heidegger ritiene si debba partire dal soggetto che pone la domanda su che cosa sia l'essere, cioè l'[[condizione umana|uomo]]. L'uomo ha avuto un rapporto problematico con la definizione di essere, finendo per concepirlo come "[[oggetto (filosofia)|oggettività]]", come ''semplice presenza'', come la qualità per cui diversi oggetti o entità sono ''posti'' davanti a me (''ob-jecta'' in [[lingua latina|latino]]). Questa definizione non tiene conto dell'uomo stesso, al quale gli oggetti sono bensì presenti, ma che non è una semplice presenza nel [[mondo]], bensì un prendersi «[[cura (filosofia)|cura]]» di esso, un agire rivolto al [[futuro]] continuamente operando in vista di uno scopo. Recependo infatti l'insegnamento fenomenologico, secondo Heidegger l'esistenza umana significa essenzialmente ''[[trascendenza]]'', protesa però allo stesso tempo verso il mondo, al fine di modellarlo e progettarlo. L'uomo quindi non è presenza ma ''progetto'', o alternativamente ''esser-ci'' (''[[Dasein]]''),<ref>Il termine tedesco ''Dasein'', composto dalla preposizione ''Da'' + il verbo ''Sein'', significa appunto ''essere qui'', ''esserci''.</ref> ''essere nel mondo'', in quanto nodo inestricabile di situazioni nel quale si trova calato.<ref name="Abbagnano">[[Nicola Abbagnano]], ''Linee di storia della filosofia'', III vol., Torino, Paravia, 1960, pag. 187.</ref>
 
==== L'uomo come progetto ====
Se si intende l'essere come progettare, si modifica anche la concezione dell'essere degli oggetti, o degli «enti intramondani»: questi non sono più presenze che sussistono in maniera indipendente da noi, come induce a credere il [[metodo scientifico]], ma vengono visti come strumenti in funzione del nostro progetto. Un progetto che consiste appunto nel «preoccuparsi» di tali strumenti, averne ''cura'' nel senso latino del termine, un compito che l'uomo, per sua natura, ha nei confronti di essi. Del resto, anche la presunta oggettività con cui la [[tecnica]] dice di guardare loro, è in realtà in funzione della loro strumentalità o utilizzabilità.<ref>Nicola Abbagnano, ''ibidem''.</ref>
 
Poiché ogni strumento coopera con altri strumenti in vista di un orizzonte più vasto che è il fine ultimo a cui devono servire, essi vanno compresi entro una totalità, alla luce del mondo complessivo creato e unificato dall'uomo che persegue i suoi progetti. Ciò significa che l'essere di questi enti intramondani è dato dal fatto che c'è l'uomo: è l'uomo che li fa venire all'essere.
 
Tale risultato, che per certi aspetti avvicina Heidegger all'[[idealismo]] [[trascendentale]] e alla coscienza [[fenomenologia|fenomenologica]],<ref>Cfr. Perone, ''op. cit.'', pag. 369.</ref> per i quali appunto era il soggetto a creare l'oggetto, viene a questo punto ricondotto da Heidegger all'esigenza sua propria di connetterlo alla concretezza dell'esistenza. L'esserci, infatti, che progettando il mondo lo fa venire all'essere in quanto coscienza trascendentale, si trova ad essere a sua volta "progettato": egli stesso è ''progetto gettato'' (''[[Geworfenheit]]'');<ref>L'etimologia tardo latina del termine "progetto" è ''pro'' + ''jacereproiectare'' che significa appunto «gettare avanti» (cfr. ''[http://www.etimo.it/?term{{Treccani|progettare|progettare|v=progetto Dizionario etimologico]''1}}).</ref> nasce e muore senza averlo deciso, e si ritrova limitato dalla sua finitezza. Il ''Dasein'', pertanto, da un lato denota [[libertà]] (in quanto trascendenza), dall'altro però questa stessa libertà comporta di accettare le condizioni in cui essa si va ad esplicare ([[immanenza]]).
 
==== Essere- per- la- morte ====
Su questa auto-limitazione della libertà si inserisce la riflessione di Heidegger sulla [[morte]], che non viene affrontata con intento moraleggiante, ma viene studiata per la sua funzione di dare senso e stutturastruttura al progetto dell'esserci.
 
Mentre per le [[metafisica|metafisiche]] passate, come ad esempio quella [[hegel]]iana, la morte aveva per lo più rappresentato un intoppo, un ostacolo al procedere della [[ragione]] [[assoluto|assoluta]] di cui l'uomo era ritenuto portatore, la filosofia heideggeriana vuole mostrare che solo attraverso la morte l'uomo si costituisce come coscienza trascendentale, che "aprendo al mondo" lo fa venire all'essere. La morte, infatti, si differenzia da ogni altra possibilità di scelta che l'uomo può trovarsi ad avere nella sua [[esistenza]], perché non solo è una possibilità permanente con cui dovrà misurarsi comunque, ma è l'unica che, quando si realizzi, annulla e rende impossibili tutte le altre: morendo si perde infatti ogni altra possibilità di scelta. Solo la morte, però, è costitutiva dell'esserci come tale, cioè come ''Dasein'', mentre le altre possibilità non realizzano la sua vera essenza.
 
Scegliendo di vivere una possibilità particolare come fondamentale e ineludibile (ad esempio dedicandosi totalmente aalla una personafamiglia, o allaal politicaguadagno, o aad un mestiere specifico), l'uomo sviluppa un'esistenza inautentica. Questa è connotata da un'uniformità di tipo circolare, per la quale egli tende a ricadere in futuro nei modi di essere del passato, o in situazioni già vissute, conducendo un'esistenza quotidiana sostanzialmente insignificante e anonima, dove prevale l'adeguamento a modelli impersonali dettati dal termine «si» (''man'' in tedesco) ossia alle convenzioni dei vari «''si'' dice» o «''si'' fa».
 
Per ritrovare l'"autenticità" dell'esistenza, termine ripreso da [[Kierkegaard]] ma in un senso nuovo, occorre fare della morte il cardine delle proprie possibilità di scelta, non in un'ottica pessimistica, ma anzi per trascendere le situazioni particolari in cui di volta in volta ci si viene a trovare: per evitare cioè l'irrigidimento in esse, salvaguardando la propria trascendenza e la propria libertà, la cui essenza è proprio la possibilità di [[scelta]].
 
IlLa sentimentotonalità emotiva che mantiene aperta sull'uomo la minaccia della morte è l'[[angoscia]], che non è da intendere come timore, altrimenti foriero di debolezza e di desiderio di fuga dal proprio destino, ma va vista come il momento di comprensione emotiva della propria nullità. Di fronte all'angoscia, infatti, «l'uomo si sente in presenza del niente, dell'impossibilità possibile della sua esistenza».<ref>Cit. di Heidegger tratta da Abbagnano, ''op. cit.'', pag. 188.</ref> Solo l'angoscia, mostrando ogni situazione alla luce della morte, gli consente di realizzare la storicità dell'esistenza, evitando di cristallizzarla su possibilità già verificatesi; e d'altro lato, vivendo per la morte, l'uomo riesce ad accettare più liberamente anche quelle circostanze che tendono a ripetersi, per poter restare fedele al [[destino]] suo e della comunità cui appartiene.<ref name="Abbagnano"/> L'essere-per-la-morte (''SeinZumTodeSein-zum-Tode''), facendogli prendere coscienza del significato profondo della storia, costituisce quindi il progetto dell'esserci in quanto tale.
 
==== L'orizzonte temporale del progetto ====
Poiché ogni progetto è limitato dalla morte, esso si ritrova calato in una dimensione temporale, crocevia di passato, presente e futuro. E dal momento che, come si è visto, gli oggetti intramondani vengono all'essere attraverso quel progetto storico-temporale che è l'uomo, si può dire che l'essere si dà nel [[tempo]]; un concetto, questo, già di derivazione [[neoplatonica]] e [[agostinismo|agostiniana]],<ref>Cfr. Perone, ''op.cit.'', pag. 370.</ref> per il quale l'Essere non solo «è», ma appunto «si dà», «avviene», rivelandosi entro l'orizzonte della storia, dove ''ciò che sarà'' è destinato a cadere in ''ciò che è stato'', e al cui destino l'uomo è chiamato a prestare fedeltà.<ref>«L'essere accade ''[ereignet]'', e al tempo stesso fa accadere, istituisce, l'essere è ''evento''. L'essere, nel consegnare all'orizzonte della temporalità l'uomo come progetto-gettato, "accade" esso stesso, nella misura in cui tale progetto istituisce un'apertura che è la libertà del rapporto tra l'uomo e il suo mondo; così che il rapporto tra l'uomo e l'essere si manifesta come reciproca appropriazione: l'uomo è ''appropriato'', potremmo dire, all'essere; l'essere da parte sua è ''consegnato'' all'uomo» (Martin Heidegger, cit. in ''Martin Heidegger e Hannah Arendt. Lettera mai scritta'', a cura di Pio Colonnello, Guida, Napoli, 2009, pag. 50 ISBN 978-88-6042-693-2).</ref> Heidegger dirà più tardi: «L'avvenire è l'origine della storia. [...] L'Inizio è ancora. Non è alle nostre spalle, come un evento da lungo tempo passato, ma ci sta di fronte, davanti a noi. L'inizio, in quanto è ciò che vi è di più grande, precede tutto ciò che è sul punto di accadere e così è già passato oltre di noi, al di sopra di noi».<ref>Cit. di Heidegger tratatratta dalle Lezioni del semestre invernale 1937-38.</ref> Le ulteriori riflessioni di Heidegger sulle consonanze tra ''Essere e tempo'' sono incompiute per l'impossibilità di disporre di una terminologia linguistica adeguata, che non fosse ereditata dalla metafisica tradizionale.
 
==== Sull<nowiki>{{'</nowiki>}}''Essenza della Verità'' ====
Nel corso della conferenza ''Essenza della Verità'' tenuta nel [[1930]], Heidegger amplierà tuttavia le sue riflessioni sul tempo, sostenendo l'impossibilità di darne una definizione oggettiva, ma assimilandolo al [[linguaggio]] che è analogamente un orizzonte entro il quale ci troviamo ad operare: il linguaggio per lui non è uno strumento manipolabile arbitrariamente, così come non lo sono il tempo e gli enti intramondani, ma sono "quadri", aperture, nelnelle qualequali ci troviamo gettati e da cui veniamo condizionati, noi con i nostri progetti e le nostre esperienze. Quella tra linguaggio ed essere è per Heidegger più che un'analogia: colcon il linguaggio, ad esempio, abbiamo la libertà di esprimerci nei modi che vogliamo, usando parole e costrutti in vista di quel che più ci preme affermare, ma restando pur sempre vincolati dalle regole del [[parti del discorso|discorso]], della [[grammatica]], dei vocaboli disponibili: la nostra libertà di linguaggio ha quindi un limite in quella libertà più basilare dell'Essere, che attraverso il linguaggio si rivela. Non possiamo usare dell'essere a piacimento, perché non è un oggetto: con un'immagine ripresa dalla teologia neoplatonica, l'Essere lo si può pensare piuttosto come la "[[luce (filosofia)|luce]]" grazie a cui è possibile vedere gli oggetti.<ref>Cfr. Perone, pag. 371.</ref>
 
=== L'evoluzioneEvoluzione dell'ontologia heideggeriana ===
[[File:JurgenHabermas.jpg|thumb|[[Jürgen Habermas]], secondo il quale l'acriticità di Heidegger nei confronti del nazismo è dovuta alla sua deresponsabilizzante svolta (''Kehre'') verso l'Essere come Tempo e Storia.<ref>«Egli distacca le sue azioni ed affermazioni da sé come persona empirica e le attribuisce ad un [[destino]] di cui non si deve rispondere» ([[Jürgen Habermas]], ''Der Philosophische Diskurs der Moderne. Zwölf Vorlesungen'', Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1985. Tr. it.: ''Il discorso filosofico della modernità. Dodici lezioni'', Roma-Bari, Editori Laterza, 2ª ed. 2003, p. 159. ISBN 88-420-5239-6; ISBN 978-88-420-5239-5).</ref>]]
Mentre nell'opera capitale del [[1927]], ''Essere e tempo'', Heidegger aveva affrontato principalmente le tematiche connesse all'[[esistenza]] dell'uomo, trattazione che fu accolta come innovativa e importante anche in campo [[teologia cristiana|teologico]], tanto da accendere un ampio dibattito presso vari teologi come [[Rudolf Bultmann|Bultmann]] e [[Gerhardt Kuhlmann|Kuhlmann]],<ref>Cfr. AA.VV., ''Confronti con Heidegger'', a cura di Giuseppe Semerari, Bari, Dedalo editore, 1992, pag. 7 e segg.</ref> nei decenni successivi egli venne maturando una svolta, o ''Kehre'' come sostenne lui stesso, sebbene non si trattasse di una rottura delle posizioni esistenzialiste già espresse in precedenza, ma piuttosto di un'attenzione maggiormente rivolta allo studio dell'[[ontologia]], e quindi in fondo di quell'[[Essere]] che determina e condiziona la stessa esistenza umana.<ref name="Perone">Cfr. Perone, ''ibidem''.</ref>
Mentre nell'opera capitale del [[1927]], ''Essere e tempo'', Heidegger aveva affrontato principalmente le tematiche connesse all'[[esistenza]] dell'uomo, trattazione che fu accolta come innovativa e importante anche in campo [[teologia cristiana|teologico]], tanto da accendere un ampio dibattito presso vari teologi come [[Rudolf Bultmann|Bultmann]] e [[Gerhardt Kuhlmann|Kuhlmann]],<ref>Valerio Bernardi, ''Lo Heidegger-Streit teologico degli anni Trenta'', in AA.VV., ''Confronti con Heidegger'', a cura di [[Giuseppe Semerari]], Bari, Dedalo editore, 1992, pag. 7 e segg.</ref> nei decenni successivi egli venne maturando una svolta, o ''Kehre'' come sostenne lui stesso, sebbene non si trattasse di una rottura delle posizioni esistenzialiste già espresse in precedenza, ma piuttosto di un'attenzione maggiormente rivolta allo studio dell'[[ontologia]], e quindi in fondo di quell'[[Essere]] che determina e condiziona la stessa esistenza umana.<ref name="Perone">Perone, ''ibidem''.</ref>
 
Diversi studi e ricerche avevano portato Heidegger ad approdare a questa nuova fase, le cui linee guida erano già state accennate nella conferenza del 1930, e il cui periodo iniziale coincise con la sua breve adesione al [[nazismo]]. L'influenza che le vicende politiche possano aver avuto sul suo pensiero è piuttosto discussa,<ref>Tra i suoi allievi, ad esempio, [[Karl Löwith]] gli rimprovera che la sua svolta ontologica sarebbe stata operata proprio per giustificare l'adesione alla dottrina nazionalsocialista (cfr. ''Heidegger. Denker in dürftiger Zeit'' [1953], trad. it., ''Saggi su Heidegger'', a cura di C. Cases e A. Mazzone, Einaudi, Torino 1966).</ref> dato che non mancarono riferimenti di Heidegger alla sua situazione storica, che a suo dire vedeva l'[[Europa]] stretta «nella grande tenaglia tra [[Urss|Russia]] e [[Stati Uniti d'America|America]]», fra il totalitarismo [[sovietico]] da un lato e il regime [[monopolio|monopolista]] dall'altro, ma accomunati entrambi dal fatto di esprimere «lo stesso triste correre della tecnica scatenata».<ref>Heidegger, ''Einführung in die Metaphysik'', Niemeyer, Tübingen 1953; trad. di G. Masi, in ''Introduzione alla metafisica'', Milano, Mursia, 1968, pag. 48.</ref> Nella soverchiante struttura di questi apparati sovraindividuali Heidegger vedeva la conferma di come il singolo uomo non possa decidere arbitrariamente del proprio operato rispetto al mondo, ma di come si trovi inevitabilmente condizionato da situazioni storico-linguistiche fuori dal suo controllo.<ref>Perone, ''op. cit.'', pag. 372.</ref>
[[File:JurgenHabermas.jpg|270px|thumb|right|Per [[Jürgen Habermas|Habermas]], l'acriticità di Heidegger nei confronti del nazismo è dovuta alla sua deresponsabilizzante svolta (''Kehre'') verso l'Essere come Tempo e Storia: «Egli distacca le sue azioni ed affermazioni da sé come persona empirica e le attribuisce ad un [[destino]] di cui non si deve rispondere.»<ref name="habermas"/>]]
Diversi studi e ricerche avevano portato Heidegger ad approdare a questa nuova fase, le cui linee guida erano già state accennate nella conferenza del 1930, e il cui periodo iniziale coincise con la sua breve adesione al [[nazismo]]. L'influenza che le vicende politiche possano aver avuto sul suo pensiero è piuttosto discussa,<ref>Tra i suoi allievi, ad esempio, [[Karl Löwith]] gli rimprovera che la sua svolta ontologica sarebbe stata operata proprio per giustificare l'adesione alla dottrina nazionalsocialista.</ref> dato che non mancarono riferimenti di Heidegger alla sua situazione storica, che a suo dire vedeva l'[[Europa]] stretta «nella grande tenaglia tra [[Urss|Russia]] e [[Usa|America]]», fra il totalitarismo [[sovietico]] da un lato e il regime [[monopolio|monopolista]] dall'altro, ma accomunati entrambi dal fatto di esprimere «lo stesso triste correre della tecnica scatenata».<ref>Heidegger, ''Einführung in die Metaphysik'', Niemeyer, Tübingen 1953; trad. di G. Masi, in ''Introduzione alla metafisica'', Milano, Mursia, 1968, pag. 48.</ref> Nella soverchiante struttura di questi apparati sovraindividuali Heidegger vedeva la conferma di come il singolo uomo non possa decidere arbitrariamente del proprio operato rispetto al mondo, ma di come si trovi inevitabilmente condizionato da situazioni storico-linguistiche fuori dal suo controllo.<ref>Cfr. Perone, ''op. cit.'', pag. 372.</ref>
 
A testimonianza di questo suo convincimento vi sono i suoi studi rivolti in particolare a [[Nietzsche]], che molto aveva insistito sulla liberazione dell'individuo dagli schemi di pensiero precostituiti, e poi un saggio del [[1946]] riguardante un frammento dell'antico filosofo [[Anassimandro]], a cui si dedicò non per un interesse storiografico, ma per cercare di trascendere le forme tipiche del linguaggio odierno cristallizzate ormai a suo dire dalla riflessione metafisica, andando alla ricerca della libertà basilare dell'Essere che fonda e condiziona il nostro modo di [[pensiero|pensare]] e di parlare.
{{quoteCitazione|Noi andiamo alla ricerca di ciò che fu greco non per amore dei Greci, né in vista d'un progresso della scienza, e neppure allo scopo di rendere il dialogo più rigoroso; ma lo facciamo esclusivamente in vista [...] di quel Medesimo che, in maniere diverse, investe, in conformità della sua struttura, i Greci e noi. Si tratta di ciò che porta il mattino del pensiero nel destino della terra della sera.|Heidegger, ''Il detto di [[Anassimandro]]'', in ''Sentieri interrotti'', trad. it. di P. Chiodi, Firenze, La Nuova Italia, 1968, pag. 307}}
 
Non a caso Ilil suo metodo di indagine dopo la svolta si basò sempre più spesso sulla rilettura di testi poetici o filosofici ed in particolar modo di frammenti di [[pensierofilosofia grecogreca arcaicoarcaica|pensatori greci arcaici]].<ref>F. Volpi, ''Pensiero, poesia e linguaggio'', in ''Guida a Heidegger'', ''op. cit.''</ref>
 
==== La ''Lettera sull'«umanismo»'' ====
{{vedi anche|Lettera sull'"umanismo"}}
Con la pubblicazione della ''Lettera sull'umanismo'' Heidegger rese note le tematiche dell'evoluzione del suo pensiero, rispondendo anche alla pressante richiesta di un'[[etica]] che completasse la sua ontologia.<ref>Cfr. J-L. Nancy, ''L'etica originaria di Heidegger'', Napoli, Cronopio, 1996.</ref> Risalendo al detto di [[Eraclito]], secondo cui «''Ethos anthròpo [[daimon]]''» («il carattere proprio dell'uomo è il suo [[destino]]»),<ref>«Ηθος Ανθρωπῳ Δαιμων» (Eraclito, frammento 119 [[Diels-Kranz]]).</ref> Heidegger lo analizza interpretando etimologicamente la parola ''ethos'' come soggiorno, dimora: ed il linguaggio viene ad essere considerato appunto come il luogo aperto, la finestra, attraverso cui l'Essere si può manifestare all'uomo nella sua [[verità]]. In un celebre passaggio della ''lettera'', Heidegger afferma che:
Con la pubblicazione della ''[[Lettera sull'"umanismo"|Lettera sull'«umanismo»]]'' Heidegger rese note le tematiche dell'evoluzione del suo pensiero, rispondendo anche alla pressante richiesta di un'[[etica]] che completasse la sua ontologia.<ref>J-L. Nancy, ''L'etica originaria di Heidegger'', Napoli, Cronopio, 1996.</ref> Risalendo al detto di [[Eraclito]], secondo cui «''Ethos anthròpo [[daimon (religione e filosofia)|daimon]]''» («il carattere proprio dell'uomo è il suo [[destino]]»),<ref>«Ηθος Ανθρωπῳ Δαιμων» (Eraclito, frammento 119 [[Diels-Kranz]]).</ref> Heidegger lo analizza interpretando etimologicamente la parola ''ethos'' come soggiorno, dimora: ed il linguaggio viene ad essere considerato appunto come il luogo aperto, la finestra, attraverso cui l'Essere si può manifestare all'uomo nella sua [[verità]]. In un celebre passaggio della ''lettera'', Heidegger afferma che:
 
{{quoteCitazione|Nel... nel pensiero l'essere perviene al linguaggio. Il linguaggio è la casa dell'essere. Nella sua dimora abita l'uomo. I pensatori ede i poeti sono i custodi di questa dimora.|Heidegger, ''Über den »Humanismus«'', (1947<ref>Trad), in GA 9, p. 313; trad. di F. Volpi, ''Lettera sull'"umanismo"'', Milano, Adelphi, 1995, pag. 31|.</ref>.. im Denken das Sein zur Sprache kommt. Die Sprache ist das Haus des Seins. In ihrer Behausung wohnt der Mensch. Die Denkenden und Dichtenden sind die Wächter dieser Behausung. |lingua=de}}
 
L'uomo, quindi, non può imporre all'essere la sua verità, ma si deve piuttosto comportare, nei confronti di ciò che è, come nei confronti dell'ospite atteso: custodire e preparare la dimora, rammemorando un incontro passato, e predisponendosi consapevolmente alla possibilità di un incontro futuro. Il suo umano essere-nel-mondo, connotato dalla ricerca del senso dell'essere quale fondamento della sua possibilità di scelta, viene ora interpretato come un soggiornare [[estasi|e-statico]] (ossia ''fuori di '') nella verità dell'Essere, concetto dal resto già presente in ''Essere e tempo'' dove, come sottolinea Heidegger, il Dasein «esperisce l'esistenza estatica come "cura"».<ref>''Ibidem'', pag. 90.</ref> L'uomo diventa così il «pastore dell'Essere», «la cui dignità consiste nell'esser chiamato dall'Essere stesso a custodia della sua verità»<ref>''Ibid.'', pag. 73.</ref> e «la cui essenza, in quanto ''e-sistenza'', consiste nell'abitare nella vicinanza dell'essere».<ref>''Ibid.'', pag. 74.</ref> Ciò a cui danno voce i poeti ed i pensatori, ossia innanzitutto il «pensiero poetante», in quanto maggiormente dedito alla cura del linguaggio, meglio saprà, secondo Heidegger, predisporre all'ascolto della parola e dell'avvento dell'essere.<ref>{{cita web|titolo=Heidegger, perché i poeti?|url=http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaH/heidegger345653rtedcvbfgfdddsaffffgbda3xcxcxcxcshjghfddwe.htm|accesso=12 marzo 2012|editore=Filosofico.net}} Da ''[[Sentieri interrotti]]'', la scelta di Hölderlin come espressione massima di tale "pensiero poetante".</ref>
|accesso=12-03-2012|editore=Filosofico.net}} Da ''[[Sentieri interrotti]]'', la scelta di Hölderlin come espressione massima di tale "pensiero poetante".</ref>
 
Nella stessa "lettera" Heidegger respinge pertanto ogni forma [[umanismo|umanistica]] di etica, cioè che riconduca l'etica alla volontà e soggettività di «un'umanità che, come ''subiectum'',<ref>Il termine latino sta a indicare quella soggettività di cui l'uomo si è appropriato ma che non gli apparteneva: «Dobbiamo senz'altro intendere questa parola ''subjectum'' come la traduzione del greco ''hypokeìmenon''. La parola indica ciò che-sta-prima, ciò che raccoglie tutto in sé come fondamento. Questo significato metafisico del concetto di soggetto non ha originariamente alcun particolare riferimento all'uomo, o meno ancora all'Io. Ma il costituirsi dell'uomo a primo e autentico ''subjectum'' porta con sé quanto segue: l'uomo diviene quell'ente in cui ogni ente si fonda nel suo modo di essere e nella sua verità» (Heidegger, ''L'epoca dell'immagine del mondo'' [1938], in ''Sentieri interrotti'', La Nuova Italia, 1968).</ref> è a fondamento di tutto l'ente»,<ref>''Ibid.'', pag. 125.</ref> facendone qualcosa di intrinsecamente nichilista. L'unica etica possibile è quella che viene prima di ogni etica, che tenga conto di quella [[differenza ontologica]] che consente all'uomo di esperire la [[trascendenza]] dell'essere rispetto all'ente, e quindi di abbandonare la pretesa di impossessarsi dell'ente e di manipolarlo riducendolo a mero strumento della propria tecnica.
 
==== Il Destino dell'Essere ====
{{Approfondimento
{{Nota
|allineamento = destra
|larghezza = 250px
|titolo = Il bosco e la radura
|contenuto = Heidegger ricorre a un'immagine silvestre per spiegare l'impossibilità di definire l'Essere:<ref>Cfr. Heidegger, ''Holzwege'' (''Sentieri interrotti''), 1950.</ref> esso è simile a una [[foresta]] buia e intricata, dentro la quale si è costretti a vagare lungo i suoi sentieri senza poterla cogliere in maniera oggettiva e distaccata. Saltuariamente, tuttavia, si approda a un diradamento, una «radura» (''[[Lichtung]]'')<ref>Convinto che la semantica delle parole abbia dei fondamenti nascosti, Heidegger gioca qui, come altre volte, sul doppio significato del termine tedesco ''Lichtung'', che vuol dire non solo "«[[radura"]]» ma anche "«[[illuminazione" (cristianesimo)|illuminazione]]».</ref> che consente di averne una visuale più ampia pur dal suo interno.<ref>Proprio in virtù della sua ''[[Lichtung]]'', l'Essere è la [[radura]] degli enti, nel senso che consente di far luce su di essi, ma è una [[luce divina|luce]] che consiste nel suo stesso "diradarsi" e quindi venir meno.</ref>}}
 
Il tema della [[differenza ontologica]] tra enti ed Essere, ossia tra la dimensione [[ontico|ontica]] dei primi e quella [[ontologia|ontologica]] del secondo, è stato affrontato da Heidegger negli ultimi anni in relazione alla domanda, già posta in ''Essere e tempo'',<ref>''Sein und Zeit'', al paragrafo 83.</ref> sul perché l'Essere sia stato via via identificato con l'oggettività e la semplice-presenza. L'Essere infatti non è un oggetto, cosa che comporta l'impossibilità di definirlo; ma poiché l'uomo non sceglie arbitrariamente il linguaggio in cui si esprime, essendogli dato dal modo in cui l'Essere liberamente si rivela, non si può attribuire ai filosofi che via via si sono succeduti la responsabilità dell'argomentare metafisico che ha determinato l'«oblio» dell'Essere. Una tale questione deve avere a che fare piuttosto colcon il [[destino]] stesso dell'Essere (''Seins Geschick'').<ref>M. Heidegger ''Über den Humanismus'', Klostermann, ottava edizione, 1981, p.20.</ref>
 
Ripercorrendo le tappe della [[storia della filosofia]], Heidegger qualifica come "[[metafisica]]" tutto il [[pensiero]] che si è sviluppato dopo [[Parmenide]]. Quest'ultimo ancora parlava di Essere senza attribuirgli un predicato, e quindi senza farne un oggetto,<ref>Parmenide, secondo Heidegger, aveva intuìto l'essenza della [[verità]] come ''disvelamento'', che contiene in sé la possibilità sia del suo apparire che del ritrarsi nel nascondimento; quest'intuizione sarebbe andata via via smarrita, a suo dire, nel successivo sviluppo della filosofia (cfr. L. Ruggiu, ''Heidegger e Parmenide'', in AA.VV., ''Heidegger e la metafisica'', a cura di M. Ruggenini, Marietti, Genova 1991, pagg. 49-81).</ref> ma dopo di lui l'Essere è stato progressivamente confuso con gli enti e reso [[dialettica|dialettico]]. Già con [[Platone]] ha avuto inizio il tentativo di oggettivarlo, sebbene costui lo identificasse con l'enteEnte sommo situato al di sopra della [[dialettica]]. In seguito [[Kant]], condopo loche schematismole trascendentale, fornirà un equivalente spazio-temporale per ognuna delle dodicidieci [[categoria (filosofia)|categorie]] di [[Aristotele]], che da leggi della mente divengonofurono divenute leggi dell'ente, collocabili[[Kant]] con lo schematismo trascendentale fornirà un equivalente spazio-temporale per ognuna di esse, collocandole nello [[spazio (fisica)|spazio]] e nel [[tempo (filosofia)|tempo]]. Lo strumento del pensiero filosofico sono diventate così le categorie aristoteliche, e un essere concepito in filosofia è via via divenuto un essere categoriale, che per la teoria di Kant è anche un essere spazio-temporale, non trascendente, ma ente anch'esso.
 
Con [[Hegel]] infine si è avuto il culmine di quel modo di pensare che di fatto ha estromesso l'ontologia dalla filosofia, sancendo il primato definitivo della metafisica e del "sistema".<ref>Cfr. Heidegger, ''Identität und Differenz'' (''Identità e differenza''), Neske, Pfullingen 1957.</ref> Di fronte all'occultamento dell'Essere operato dalla [[dialettica]] hegeliana non rimane che tentare un superamento di quest'ultima e del suo presunto «sapere assoluto», consapevoli però degli esiti irreversibili cui è approdato il pensiero occidentale.
 
Paradossalmente, l'ultimo esponente della metafisica è stato colui che più di tutti ne ha tentato il superamento, cioè [[Nietzsche]],<ref>Nietzsche fu definito l'"ultimo metafisico" (''der letzte Metaphysiker'') ovvero il "pensatore del compimento della metafisica" (''Nietzsche als Denker der Vollendung der Metaphysik'') in M. Heidegger, ''Nietzsche'', Neske Pfullingen, 1961, I volume, pagg. 473 e 480.</ref> il quale, pur mostrando l'illusorietà e il nichilismo di fondo celato dietro ai valori della tradizione filosofica occidentale, ne è rimasto imprigionato opponendovi la [[volontà di potenza]], che di quelli rappresenta la radice per via del suo carattere oggettivante e quindi [[nichilismo|nichilistico]]: «La metafisica di Platone non è meno nichilistica di quella di Nietzsche. In quella l'essenza del nichilismo resta solo celata, in questa giunge interamente alla comparsa».<ref>Heidegger, ''Nietzsche'', Bd. 2, Neske, Pfullingen 1961; trad. it. di F. Volpi, II vol., Adelphi, Milano 1994, pag. 832.</ref>
 
La fine della metafisica porta adesso a ripensare il ruolo della filosofia, per accordarlo ad una verità il cui disvelamento non è affatto progressivo e crescente: Heidegger infatti legge la [[storia della filosofia]] alla luce della [[filosofia della storia]], secondo una visione per cui l'essere si dis-vela e ritorna a «nascondersi» nelle varie epoche: questo processo è da lui chiarito attraverso un'indagine linguistica ed [[etimologia|etimologica]] sul vocabolo greco indicante la [[verità]], cioè ''a-létheia'' («non-nascosto»). Si tratta di un termine composto da "[[alfa privativo]] privativa" che indica appunto la negazione, e dalla radice della parola ''léthe'' (oblio), presente anche nel verbo ''lantháno'' significante "nascondere"«nascondersi».<ref>Heidegger, ''Dell'essenza della verità'' (conferenza del 1930 pubblicata nel 1943) in ''Segnavia'', trad. it. a cura di Franco Volpi, Milano, Adelphi, 1987. 5ª ed.: 2008. ISBN 9788845902635978-88-459-0263-5. Per la critica a questa etimologia vedi: C. Balzaretti, «Filologia e filosofia», ''Nuova secondaria'' 32/8 (aprile 2015) 62-64.</ref> In quanto ''alétheia'', quindi, l'[[essere]] si ri-''vela'' (termine che contiene in sé una contraddizione interna: manifestarsi, celandosi) come un uscir fuori dall'oblio e dall'essere nascosto; e tuttavia il termine primo di questa dialettica resta pur sempre l'oblio, il ritrarsi dell'essereEssere aad ogni sua rappresentazione nell'ente.
 
In questo aspetto si avvertono echi della [[teologia negativa]]: come nell'immagine [[neoplatonismo|neoplatonica]] citata in precedenza, l'Essere è come la [[luce (filosofia)|luce]] che non vediamo direttamente, ma solo in quanto rende visibili gli oggetti. Così l'Essere rimane nascosto dietro quel che fa apparire: e ciò che appare è la [[storia]] con le sue epoche. Anche qui l'analisi della temporalità dell'[[essere]] si fonda su un'indagine linguistica, in questo caso della parola greca ''[[epoché]]'', «sospensione». L'epoca è la forma propria della temporalizzazione, ed ogni epoca indica una particolare modalità di sospensione dell'[[essere]], il quale, in quanto ''alétheia'', se per un verso «si dà» e si disvela, per l'altro rimane sempre in qualche misura in sé stesso, appunto, in sospensione, ossia nascosto.
 
Alla verità dell'essere, dunque, appartiene originariamente, etimologicamente, la possibilità del suo nascondimento, e quindi la sua non-verità: a partire da questo aspetto è possibile comprendere meglio il senso dell'inautenticità della condizione umana, centrale già in ''Essere e tempo'', che non è una connotazione morale, ma la modalità in cui innanzitutto e per lo più l'uomo esperisce il suo riferimento all'essere. Il [[nichilismo]] stesso della nostra epoca non può essere considerato una degenerazione del pensiero filosofico, ma un evento dell'essere, un suo destino.<ref>«Ciò che accade all'uomo storico risulta di volta in volta da una decisione sull'essenza della verità che non dipende dall'uomo, ma è già stata presa in precedenza» (Martin Heidegger, cit. da ''La dottrina di Platone sulla verità'', in ''Gesamtausgabe'' [''Opere Complete''], 9, ''Wegmarken'', pag. 237, Klostermann, Frankfurt am Main 1976; trad. it. in ''Segnavia'', pag. 191, Adelphi, Milano 1988).</ref>
 
==== ''La questione della tecnica'' ====
[[File:Heidegger 4 (1960).jpg|thumb|left|upright=0.9|Heidegger nel 1960]]
La riflessione sulla [[tecnica]], condotta più volte, aveva portato Heidegger già in ''Essere e tempo'' a evidenziare come l'uomo, il cui compito è "prendersi-cura" degli utilizzabili, ossia degli enti intramondani, tenda invece a ridurli a semplici mezzi sottoposti alla sua manipolazione.
La riflessione sulla [[tecnica]], condotta più volte, aveva portato Heidegger già in ''Essere e tempo'' a evidenziare come l'uomo, il cui compito è "prendersi-cura" degli utilizzabili, ossia degli enti intramondani, tenda invece a ridurli a semplici mezzi sottoposti alla sua manipolazione.
 
In particolare nella conferenza ''La questione della tecnica'', del [[1953]], il pensatore tedesco pone la domanda circa l'essenza della tecnica moderna, rintracciando la sua origine nella mentalità metafisica, che riduce tutto al livello dell'oggettività misurabile e pianificabile, a partire dalla sua impiegabilità concreta. La tecnica è divenuta così il modo prevalente del «disvelamento» (''aletheia''), nel senso che l'uomo di oggi esperisce la verità dell'Essere sotto forma di tecnica, la quale si «impone» all'uomo come «pro-''vocazione''». Essa è cioè un appello dell'Essere: per definirne l'essenza Heidegger usa il termine ''Gestell'' («scaffale», «montatura», e appunto «imposizione») che spinge l'uomo a dirigere ogni elemento della [[natura]], ogni [[energia]], persino se stesso al fine di immagazzinarli, modificarli e nuovamente impiegarli.
 
{{Citazione|Quell'appello provocante che riunisce l'uomo nell'impiegare come «fondo» ciò che si disvela noi lo chiameremo ''Ge-stell'', l'imposizione [...]. Im-posizione si chiama il modo di disvelamento che vige nell'essenza della tecnica moderna...<ref>{{Cita libro|titolo=La questione della tecnica|anno=2017|editore=goWare|città=Firenze|pp=44, 45|ISBN=978-88-6797-712-3}}</ref>|M. Heidegger, ''La questione della tecnica'', trad. it. goWare, 2017}}
Di fronte a questa im-''posizione'', l'uomo può recuperare la sua libertà soltanto divenendo consapevole del vero carattere della tecnica, che al fondo non è qualcosa di meramente strumentale, e la cui «montatura» non ha nulla di tecnico, ma è ancora una volta parte del [[destino]] dell'essere. Questo, da un lato, non può essere dunque contrastato, tuttavia una sorta di ''[[amor fati]]'', di assunzione di [[responsabilità]] nei confronti di un tale destino, può consentirci di custodire la possibilità di una salvezza, oggi messa in grave pericolo dalla tecnocrazia. Come aveva scritto [[Friedrich Hölderlin]], è proprio nel pericolo che si annida ciò che salva;<ref>Cit. in Heidegger, ''La poesia di Hölderlin'', Adelphi, Milano, 1988.</ref> e Heidegger in quest'ottica, a partire dal senso originario della parola ''techne'' («arte»), ne riscopre l'affinità con la ''poiesis'': entrambe, nell'[[antica Grecia]], stavano a indicare la produzione del vero e del bello.
 
Di fronte a questa im-''posizione'', l'uomo può recuperare la sua libertà soltanto divenendo consapevole del vero carattere della tecnica, che al fondo non è qualcosa di meramente strumentale, e la cui «montatura» non ha nulla di tecnico, ma è ancora una volta parte del [[destino]] dell'essere.{{#tag:ref|«L'essenza della tecnica io la vedo in ciò che chiamo "la postura" (''Ge-stell)''.<!--[L’espressione, a tutta prima facilmente equivocabile e forse poco elegante, a ben guardare riporta il suo significato nella storia più profonda della metafisica, che ancor oggi determina il nostro esserci.]--> Il dominio della "postura" significa: l'uomo è impostato, impegnato e provocato da una potenza che diviene palese nell'essenziare della tecnica.<!--[Proprio nell'esperienza dell’'uomo, di essere impostato da qualcosa che egli stesso non è, e non domina, gli si mostra la possibilità di capire che l'uomo è usato dall'essere. In ciò che costituisce il più proprio della tecnica moderna si cela nientemeno che la possibilità di esperire l'essere-usato (''Gebrauchtsein'') e l'esser-pronto (''Bereitsein'') per queste nuove possibilità].--> Far capire questo: di più il pensiero non pretende, e la filosofia è alla fine».<ref name="intervista"/> (p. 150)}}
Questo, da un lato, non può essere dunque contrastato, tuttavia una sorta di ''[[amor fati]]'', di assunzione di [[responsabilità]] nei confronti di un tale destino, può consentirci di custodire la possibilità di una salvezza, oggi messa in grave pericolo dalla tecnocrazia. Come aveva scritto [[Friedrich Hölderlin]], è proprio nel pericolo che si annida ciò che salva;<ref>«Wo aber Gefahr ist, wächst das Rettende auch», cit. in Heidegger, ''La poesia di Hölderlin'', Adelphi, Milano, 1988.</ref> e Heidegger in quest'ottica, a partire dal senso originario della parola ''techne'' («arte»), ne riscopre l'affinità con la ''poiesis'': entrambe, nell'[[antica Grecia]], stavano a indicare la produzione del vero e del bello.
 
A quel tempo, opere d'arte e opere "tecniche", erano, in un certo senso, lo stesso, e l'[[estetica]] non era diventata ancora una branca del tutto separata nel modo di conoscere umano. È proprio questa, quindi, la via di salvezza che Heidegger propone all'uomo moderno: essa passa per un ambito che è strettamente affine alla tecnica stessa, e tuttavia ne è distinto nel fondamento, ovvero l'ambito dell'[[arte]], poiché
 
{{quoteCitazione|L'essenza più profonda della tecnica non è nulla di tecnico.<ref>«Das Wesen der Technik ist nichts Technisches».</ref>|M. Heidegger, ''La questione della tecnica'', trad. it. in ''Saggi e discorsi'', Mursia, 1976}}
 
==== ''L'abbandono'' ====
Il fatto che Heidegger ritenesse un destino ineluttabile l'avvento dell'era [[tecnocrazia|tecnocratica]] ha indotto alcuni critici a vedere in questa sua convinzione, paradossalmente, una sorta di giustificazione e apologia della tecnica stessa.<ref>Perone, ''op. cit.'', pag. 373-374.</ref> Quel che traspare dai suoi scritti, tuttavia, è una speranza e quasi un'attesa [[religione|religiosa]] che, se pure il destino del mondo sfugge alle decisioni dei singoli uomini, un cambiamento epocale potrà un giorno verificarsi.<ref name="Perone"/>
 
Il termine utilizzato in proposito da Heidegger nella conferenza del 1955 è ''Gelassenheit'' («abbandono»),<ref>Il contenuto della conferenza venne pubblicata quattro anni dopo in M. Heidegger, ''Gelassenheit'', Neske, Pfullingen 1959 (la prima traduzione italiana fu ''L'[[Abbandono (religione)|abbandono]]'', Il Melangolo, Genova 1983).</ref> termine che, come sempre accade nell'ultima fase del pensiero di Heidegger, pone significativi problemi di traduzione. Il pensatore tedesco intende con questa espressione richiamare l'uomo a un atteggiamento speculativo di fronte alla realtà, che consiste, a suo avviso, in un raccoglimento (cui allude il prefisso tedesco ''ge-''), che ''lascia-essere''<ref>''Lassen'', come verbo, indica appunto l'atteggiamento del lasciare, come l'inglese ''to let''.</ref> le cose così come sono, senza intervenire.
=== ''L'abbandono'' ===
Il fatto che Heidegger ritenesse un destino ineluttabile l'avvento dell'era [[tecnocrazia|tecnocratica]] indusse alcuni critici a vedere in questa sua convinzione, paradossalmente, una sorta di giustificazione e apologia della tecnica stessa. Quel che traspare dai suoi scritti, tuttavia, è una speranza e quasi un'attesa religiosa che, se il destino del mondo sfugge alle decisioni dei singoli uomini, un cambiamento epocale potrà un giorno verificarsi.<ref>Cfr. Perone, ''op. cit.'', pag. 374.</ref>
 
Heidegger volge così sempre più il suo pensiero a un atteggiamento [[mistico]], sintetizzabile nella formula «ormai solo un dio ci può salvare»,<ref>Il pessimismo circa la possibilità che l'uomo sia in grado salvarsi soltanto da sé ha indotto a ritenere che «l'intera dottrina di Heidegger possa essere considerata universalizzazione e traduzione ontologica del principio di [[fede]] [...]. L'appello finale a un dio che, solo, può salvarci ha il valore di una soluzione sostanzialmente religiosa del problema dell'uomo» ([[Giuseppe Semerari]], ''La questione dell'ente-uomo in Heidegger'', in AA.VV., ''Confronti con Heidegger'', pag. 188, ''op. cit.''). «In definitiva, l'ultimo Heidegger torna a chiamare [[Dio]] ciò che, dall{{'}}''Ontologie'' del 1923 in poi, ha denominato ''Essere'', dopo aver radicalizzato e trasformato il concetto tradizionale di Dio» (''ivi'', nota 51).</ref> che egli pronunciò in una celebre intervista.{{#tag:ref|«La filosofia non potrà produrre nessuna immediata modificazione dello stato attuale del mondo. E questo non vale soltanto per la filosofia, ma anche per tutto ciò che è mera intrapresa umana. Ormai solo un Dio ci può salvare. Ci resta, come unica possibilità quella di preparare (''Vorbereiten'') nel pensare e nel poetare, una disponibilità (''Bereitschaft'') all'apparizione del Dio o all'assenza [''ab-essenza''] del Dio nel tramonto<!--, rispetto al fatto che [volgarmente parlando, noi non "crepiamo" ma, quando tramontiamo,] tramontiamo al cospetto del Dio assente [ab-essente]-->»<ref name="intervista" /> (p. 149).}}
Il termine utilizzato in proposito da Heidegger nella conferenza del 1955 è ''Gelassenheit'' («abbandono»), termine che, come sempre accade nell'ultima fase del pensiero di Heidegger, pone significativi problemi di traduzione. Il pensatore tedesco intende con questa espressione richiamare l'uomo a un atteggiamento speculativo di fronte alla realtà, che consiste, a suo avviso, in un raccoglimento (cui allude il prefisso tedesco ''ge-''), che ''lascia-essere''<ref>''Lassen'', come verbo, indica appunto l'atteggiamento del lasciare, come l'inglese ''to let''.</ref> le cose così come sono, senza intervenire.
Egli intende lanciare una sorta di allarme nei confronti della tecnica, con cui l'uomo mette a repentaglio sé stesso nell'obiettivo di conseguire l'egemonia sull'ente, obiettivo che lo ha infatti portato, egli sostiene, sulla soglia dell'[[era atomica]]. Si tratta quindi, di fronte al predominio della tecnica, di approdare ad un'etica originaria, attraverso una duplice condotta:
* l'[[abbandono (religione)|abbandono]] agli enti, agli oggetti del mondo, ossia una disposizione mentale che, riconoscendo sul nascere gli schemi di pensiero originantisi nel linguaggio, rifiuti l'atteggiamento calcolante proprio della tecnica, per ri-meditare la relazione fra l'uomo e l'ente fino a cogliere quel senso trascendente che nel mondo della tecnica si cela;
* l'apertura al mistero, che consiste nel mantenersi aperti, mediante una tale [[meditazione]] sulla tecnica, alla possibilità di una nuova manifestazione della verità dell'Essere.
Questo atteggiamento meditabondo, che recupera la [[mistica renana|mistica renano-fiamminga]] rappresentata soprattutto da [[Meister Eckhart]], [[Johannes Tauler]] ed [[Enrico Suso]], non esclude neanche il [[silenzio]] quale modo per cercare di superare le forme linguistico-concettuali della metafisica, il che non significa affatto rinunciare ad indagare i «massimi problemi». Occorre piuttosto trovare un altro mezzo che possa farci riaccostare all'Essere senza i limiti del linguaggio. La [[poesia]] può servire a questo. Essa infatti è la prima forma di linguaggio che, per la sua giovinezza, mantiene ancora intatta la vivacità dell'Essere.<ref name="Perone"/>
 
=== Ricezione critica ===
Heidegger volge così sempre più il suo pensiero a un atteggiamento [[mistico]], sintetizzabile nella formula «ormai solo un dio ci può salvare», che egli pronunciò in una celebre intervista.<ref name="intervista" /> Egli intende lanciare una sorta di allarme nei confronti della tecnica, con cui l'uomo mette a repentaglio se stesso nell'obiettivo di conseguire l'egemonia sull'ente, obiettivo che lo ha infatti portato, egli sostiene, sulla soglia dell'[[era atomica]]. Si tratta quindi, di fronte al predominio della tecnica, di approdare ad un'etica originaria, attraverso una duplice condotta:
I primi studi su Heidegger risalgono agli anni trenta in seguito alla pubblicazione di ''Essere e tempo'', che accese un vivo dibattito sui temi dell'[[esistenzialismo]], soprattutto in Francia,<ref>Esponenti principali di questo dibattito furono [[Gabriel Marcel|Marcel]], [[Emmanuel Mounier|Mounier]], [[Jean-Paul Sartre|Sartre]], [[Jean Wahl|Wahl]]; cfr. in proposito F. Valentini, ''La filosofia francese contemporanea'', Feltrinelli, Milano 1958.</ref> mentre in Germania si inseriva in quello già avviato da [[Karl Jaspers]].<ref>L'opera di Jaspers che ne aveva segnato l'avvio fu ''Psychologie der Weltanschauungen'' del 1919.</ref> In Italia Heidegger fu introdotto da studiosi di formazione [[Cattolicesimo|cattolica]], come [[Carlo Mazzantini (filosofo)|Carlo Mazzantini]] e [[Luigi Pareyson]],<ref>C. Mazzantini, ''Filosofia perenne e personalità filosofiche'', Cedam, Padova 1942; L. Pareyson, ''Studi sull'esistenzialismo'', Sansoni, Firenze 1943.</ref> in contrapposizione all'idealismo immanentista e storicista della tradizione hegeliana,<ref>A. Santucci, ''Esistenzialismo e filosofia italiana'', Il Mulino, Bologna 1959.</ref> dominante in quegli anni e rappresentato soprattutto da [[Benedetto Croce]], che su di lui espresse un giudizio fortemente negativo.<ref>Benedetto Croce, ''Conversazioni Critiche'', Serie Quinta, Bari, Laterza, 1939, pag. 362.</ref> Ad una rivalutazione della sua filosofia esistenzialistica, ma al di fuori di un contesto religioso, concorse anche la ricezione di [[Nicola Abbagnano]]<ref>N. Abbagnano, ''Introduzione all'esistenzialismo'', Bompiani, Milano 1942.</ref> e [[Pietro Chiodi]].<ref name=chiodi>P. Chiodi, ''L'esistenzialismo di Heidegger'', Taylor, Torino 1947.</ref>
* l'[[abbandono (religione)|abbandono]] agli enti, agli oggetti del mondo, ossia una disposizione mentale che, riconoscendo sul nascere gli schemi di pensiero originantesi nel linguaggio, rifiuti l'atteggiamento calcolante proprio della tecnica, per ri-meditare la relazione fra l'uomo e l'ente fino a cogliere quel senso trascendente che nel mondo della tecnica si cela;
* l'apertura al [[mistero]], che consiste nel mantenersi aperti, mediante una tale [[meditazione]] sulla tecnica, alla possibilità di una nuova manifestazione della verità dell'Essere.
Questo atteggiamento meditabondo, che recupera la [[mistica renana|mistica renano-fiamminga]] rappresentata soprattutto da [[Meister Eckhart]], [[Johannes Tauler]] ed [[Enrico Suso]], non esclude neanche il [[silenzio]] quale modo per cercare di superare le forme linguistico-concettuali della metafisica, il che non significa affatto rinunciare ad indagare i «massimi problemi». Occorre piuttosto trovare un altro mezzo che possa farci riaccostare all'Essere senza i limiti del linguaggio. La [[poesia]] può servire a questo. Essa infatti è la prima forma di linguaggio che, per la sua giovinezza, maniene ancora intatta la freschezza dell'Essere.<ref name="Perone"/>
 
In seguito agli sviluppi del pensiero heideggeriano nel secondo dopoguerra, lo stesso Chiodi e diversi seguaci come Löwith presero le distanze dalla sua «svolta», giudicandola un'involuzione.<ref>P. Chiodi, ''L'ultimo Heidegger'', Taylor, Torino 1952. su Löwith cfr. ''Saggi su Heidegger'', 1953, ''op. cit.''</ref> Tra gli altri critici, soprattutto di area marxista, [[Jean Wahl]] contestò il tentativo heideggeriano di unire i temi del soggettivismo esistenzialista, come l'angoscia e la cura, con quelli del realismo ontologico attraverso la categoria di ''essere-nel-mondo'',<ref>J. Wahl, ''Vers la fin de l'ontologie. Etude sur l'Introduction à la métaphysique de Heidegger'', Sedes, Parigi, 1956.</ref> mentre [[Levinas]] e [[Derrida]], pur essendone stati inizialmente influenzati, lo accusarono di ricadere nella metafisica per via degli aspetti [[logocentrismo|logocentrici]] presenti nella sua filosofia.<ref>J. Derrida, ''De l'esprit. Heidegger et la question'', Parigi, 1987.</ref>
== La ricezione critica ==
I primi studi su Heidegger risalgono agli anni trenta in seguito alla pubblicazione di ''Essere e tempo'', che accese un vivo dibattito sui temi dell'[[esistenzialismo]], soprattutto in Francia,<ref>Esponenti principali di questo dibattito furono Marcel, Mounier, Sartre, Wahl. Cfr. in proposito F. Valentini, ''La filosofia francese contemporanea'', Feltrinelli, Milano 1958.</ref> mentre in Germania si inseriva in quello già avviato da [[Karl Jaspers]].<ref>L'opera di Jaspers che ne aveva segnato l'avvio fu ''Psychologie der Weltanschauungen'' del 1919.</ref> In Italia Heidegger fu introdotto da studiosi di formazione [[cattolica]], come [[Carlo Mazzantini]] e [[Luigi Pareyson]],<ref>C. Mazzantini, ''Filosofia perenne e personalità filosofiche'', Cedam, Padova 1942; L. Pareyson, ''Studi sull'esistenzialismo'', Sansoni, Firenze 1943.</ref> in contrapposizione all'idealismo immanentista e storicista della tradizione hegeliana,<ref>Cfr. A. Santucci, ''Esistenzialismo e filosofia italiana'', Il Mulino, Bologna 1959.</ref> dominante in quegli anni e rappresentato soprattutto da [[Benedetto Croce]], che su di lui espresse un giudizio fortemente negativo.<ref>Benedetto Croce, ''Conversazioni Critiche'', Serie Quinta, Bari, Laterza, 1939, pag. 362.</ref> Ad una rivalutazione della sua filosofia esistenzialistica, ma al di fuori di un contesto religioso, concorse anche la ricezione di [[Nicola Abbagnano]]<ref>N. Abbagnano, ''Introduzione all'esistenzialismo'', Bompiani, Milano 1942.</ref> e [[Pietro Chiodi]].<ref>P. Chiodi, ''L'esistenzialismo di Heidegger'', Taylor, Torino 1947.</ref>
 
Diverse letture hanno invece sottolineato l'importanza dell'ispirazione [[religione|religiosa]] ed [[Escatologia|escatologica]] che fa da sfondo alla filosofia di Heidegger, ad esempio da parte di [[Otto Pöggeler]],<ref>O. Poeggeler, ''Der Denkweg M. Heidegger'', Pfullingen, Neske, 1963.</ref> di Enrico Garulli,<ref>E. Garulli, ''Heidegger e storia dell'ontologia'', Urbino, Argalia, 1983.</ref> o di [[Umberto Regina]], per il quale il filosofo tedesco, rivelando la direzione ontologica della conoscenza umana, ne ha svelato anche la dignità e la destinazione teologica.<ref>Umberto Regina, ''Heidegger. Dal nihilismo alla dignità dell'uomo'', [[Vita e Pensiero (casa editrice)|Vita e Pensiero]], Milano 1970.</ref>
In seguito agli sviluppi del pensiero heideggeriano nel secondo dopoguerra, lo stesso Chiodi e diversi seguaci come Löwith presero le distanze dalla sua «svolta», giudicandola un'involuzione.<ref>P. Chiodi, ''L'ultimo Heidegger'', Taylor, Torino 1952.</ref> Tra gli altri critici, soprattutto di area marxista, [[Jean Wahl]] contestò il tentativo heideggeriano di unire i temi del soggettivismo esistenzialista, come l'angoscia e la cura, con quelli del realismo ontologico attraverso la categoria di ''essere-nel-mondo'',<ref>J. Wahl, ''Vers la fin de l'ontologie. Etude sur l'Introduction à la métaphysique de Heidegger'', Sedes, Parigi, 1956.</ref> mentre [[Levinas]] e [[Derrida]] lo accusarono di ricadere nella metafisica per via degli aspetti [[logocentrismo|logocentrici]] presenti nella sua filosofia.<ref>J. Derrida, ''De l'esprit. Heidegger et la question'', Parigi, 1987.</ref>
 
A vario titolo, Heidegger ha dato spunto ad altri pensatori come [[Umberto Galimberti]], [[Emanuele Severino]], [[Emil Cioran]],<ref>Quest'ultimo reputava fondamentale la scoperta di Heidegger e aver letto le sue opere; ma, di fronte all'estremo tecnicismo del tedesco affermava paradossalmente che «Heidegger mi ha insegnato come "non" si deve scrivere».</ref> [[Jean-Paul Sartre]], [[Albert Camus]],<ref>L'esistenzialismo francese di [[Jean-Paul Sartre|Sartre]] e [[Albert Camus|Camus]] in seguito si distaccherà notevolmente da quello heideggeriano.</ref> [[Alexandre Kojève]], [[Georges Bataille]], [[Herbert Marcuse]]<ref>Denis Hollier, ''Plenty of Nothing'', in Hollier (ed.), ''A New History of French Literature'' (Cambridge, Massachusetts, Harvard University Press, 1989), pp. 894–900.</ref>, [[Michel Onfray]].<ref>M. Onfray, ''Trattato di ateologia'', pag. 72: «Venire al mondo significa scoprire di ''essere per la morte''; essere per la morte significa vivere giorno per giorno la delusione della vita. Solo la religione dà l'impressione di arrestare il movimento. In realtà lo accelera».</ref>
Diverse letture hanno invece sottolineato l'importanza dell'ispirazione [[religione|religiosa]] ed [[Escatologia|escatologica]] che fa da sfondo alla filosofia di Heidegger, ad esempio da parte di [[Otto Pöggeler]],<ref>O. Poeggeler, ''Der Denkweg M. Heidegger'', Pfullingen, Neske, 1963.</ref> di Enrico Garulli,<ref>E. Garulli, ''Heidegger e storia dell'ontologia'', Urbino, Argalia, 1983.</ref> o di [[Umberto Regina]], per il quale il filosofo tedesco, rivelando la direzione ontologica della conoscenza umana, ne ha svelato anche la dignità e la destinazione teologica.<ref>Cfr. Umberto Regina, ''Heidegger. Dal nihilismo alla dignità dell'uomo'', [[Vita e Pensiero]], Milano 1970.</ref>
 
Di Heidegger è stato aspramente criticato il linguaggio oscuro, ripetitivo, inutilmente contorto, spesso dal suono pseudo religioso. Ad esempio [[Alfonso Berardinelli|Alfonso Belardinelli]] afferma che "il linguaggio di Heidegger è una disonesta parodia verbalistica dell'esperienza mistica. Teologizza la filosofia, evitando il problema della religione"<ref>{{cita web|url=https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/e-gia-nel-1942-guido-calogerosmontava-heidegger |titolo=E già nel 1942 Guido Calogero smontava Heidegger|data=12 gennaio 2018|accesso=1º giugno 2025}}</ref>. Prosegue osservando che: "Ora, bisogna dire che Heidegger nell’arte del farsi capire poco pur ripetendo all’infinito un lessico filosofico di quattro o cinque parole, è risultato unico dal Novecento al Duemila"<ref>{{cita web|url=https://www.ilfoglio.it/cultura/2019/09/22/news/umilta-e-coraggio-dellamico-filosofo-che-ammetteva-di-non-capire-heidegger-275351/|titolo=Umiltà e coraggio dell'amico filosofo che ammetteva di non capire Heidegger|data=2019-09-22|lingua=it|accesso=2025-06-01}}</ref>. In una intervista al quotidiano [[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]] egli sottolinea l'"includente astrattezza della sua opera".<ref>{{cita web|url=https://www.fondfranceschi.it/wp-content/uploads/2023/06/Alfonso-Berardinelli-Ma-che-noia-le-ideologie.pdf|titolo=Alfonso Belardinelli-Ma che noia le ideologie|data=23 maggio 2023|accesso=1º giugno 2025}}</ref>
In proposito, molto si è discusso sulle ascendenze e gli anticipatori che possano aver ispirato il pensiero di Heidegger. Oltre agli interpreti già citati, soprattutto [[Gadamer]] ha evidenziato la nota mistico-religiosa che risuona spesso nelle sue pagine, dovuta in particolare all'influenza esercitata su di lui da [[San Paolo]] e dal giovane [[Lutero]], nonché da altri esponenti del misticismo tedesco come [[Angelus Silesius]] e i renano-fiamminghi. La stessa avversione di Heidegger verso l'[[oggettivismo]] e la [[metafisica]] sarebbe nata dall'idea che questa sia stata inquinata dal concetto greco dell'[[Essere]], e quindi resa incapace di pensare la visione [[cristianesimo|cristiana]] dell'[[Escatologia|''Eschaton'']].<ref>H. G. Gadamer, ''I sentieri di Heidegger'', trad. it., Marietti, 1987.</ref>
 
=== Ispiratori di Heidegger ===
{{Citazione|Compagno di ricerca è stato il giovane Lutero e modello Aristotele che quello odiava. Alcune scosse le diede Kierkegaard, e gli occhi me li ha aperti Husserl.|Martin Heidegger, ''Hermeneutik der Faktizität'', in GA 63, p. 5; trad. it. di Gennaro Auletta in Martin Heidegger ''Ontologia. Ermeneutica dell'effettività'', Napoli, Guida, 1992, p. 13|Begleiter im Suchen war der junge Luther und Vorbild Aristoteles, den jener haßte. Stöße gab Kierkegaard, und die Augen hat mir Husserl eingesetzt.|lingua=de}}
Tra i filosofi più recenti a cui invece Heidegger esplicitamente si richiamò ci sono [[Edmund Husserl]], padre della [[fenomenologia]], di cui fu discepolo, oltre a [[Friedrich Nietzsche]],<ref>Cfr. M. Djuric, ''Nietzsche und Heidegger'', in "Synthesis Phylosophica", 1987 (2), 4, pagg. 324-350.</ref> il poeta [[Friedrich Hölderlin]],<ref>Cfr. B. Alemand, ''Hölderlin und Heidegger'', Puf, Parigi 1954.</ref> e [[Søren Kierkegaard]],<ref>Cfr. F. De Natale, ''Esistenza, filosofia, angoscia. Tra Kierkegaard ed Heidegger'', Adriatica, Bari, 1995.</ref> che già svolsero prima di Heidegger riflessioni analoghe anche sulla poesia, la tecnica, l'essere, la temporalità, l'abitare.
Sugli anticipatori e le ascendenze [[teologia|teologiche]] che possano aver ispirato il pensiero di Heidegger, oltre agli interpreti già citati, soprattutto [[Hans-Georg Gadamer]] ha evidenziato la nota mistico-religiosa che risuona spesso nelle sue pagine, dovuta in particolare all'influenza esercitata su di lui da [[San Paolo]] e dal giovane [[Lutero]], nonché da altri esponenti del misticismo tedesco come [[Angelus Silesius]] e i renano-fiamminghi. La stessa avversione di Heidegger verso l'[[oggettivismo]] e la [[metafisica]] sarebbe nata dall'idea che questa sia stata inquinata dal concetto greco dell'[[Essere]], e quindi resa incapace di pensare la visione [[cristianesimo|cristiana]] dell{{'}}''[[Escatologia|Eschaton]]''.<ref>H. G. Gadamer, ''I sentieri di Heidegger'', trad. it., Marietti, 1987.</ref>
 
Sarebbe dovuto in particolare a [[Platone]] e [[Aristotele]] il fatto di averci tramandato un concetto travisato dell'Essere, che pure gli antichi greci avevano conosciuto nell'originaria purezza con cui l'aveva enunciato [[Parmenide]], verso il quale Heidegger si fece quindi fautore di un ritorno, e nel cui alveo viene fatta inserire la sua riflessione.<ref>«Che il suo solido posto Heidegger l'abbia nell'ambito della tradizione parmenidea, si può tranquillamente sostenere» (Giuseppe Semerari, ''La questione dell'ente-uomo in Heidegger'', in AA.VV., ''Confronti con Heidegger'', pag. 170, ''op. cit.''). Sul suo auspicio di un ritorno a Parmenide cfr. anche [[Battista Mondin]], ''Ontologia, metafisica'', pag. 69, ESD, 1999.</ref>
Un altro filosofo ad aver ispirato Heidegger, specialmente nella sua seconda fase, è [[Friedrich Schelling]], anticipandolo nel fare dell'[[arte]] l'organo della filosofia che più si avvicina alla comprensione dell'essere. Di Schelling Heidegger apprezzò in particolar modo le riflessioni da lui condotte intorno al [[1809]] sulla [[libertà]] umana <ref>Cfr. di Heidegger, ''[http://books.google.it/books?id=Awc-a55JEfkC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Schelling. Il trattato del 1809 sull'essenza della libertà umana]'' (1971), dove l'opera schellinghiana è giudicata «ciò che di più grande Schelling abbia fatto, ed è in pari tempo una delle opere più profonde della filosofia tedesca e quindi della filosofia occidentale» (trad. it. a cura di Carlo Tatasciore, Guida editore, Napoli 1998, pag. 29).</ref> in funzione di contrapposizione al nascente sistema filosofico onnicomprensivo di [[Hegel]]; fu proprio verso quest'ultimo invece che Heidegger ebbe un approccio sintetizzabile nella seguente formula: «tenere il sistema di Hegel in cima allo sguardo e quindi pensare in una direzione totalmente opposta».<ref>Cfr. Heidegger, ''Beitrage Zur Philosophie: Vom Ereignis'' (1938), in ''Contributions to philosophy: from enowning'', Indiana University Press, 1999, pag. 123.</ref> E aggiungeva: «io stesso non so ancora abbastanza chiaramente come debba essere definita la mia "posizione" rispetto a Hegel. Come "posizione ''antitetica''" sarebbe troppo poco».<ref>Cit. di Heidegger da una lettera a Hans-Georg Gadamer del 2 dicembre 1971, in: Gadamer, ''La dialettica di Hegel'', trad. di R. Dottori, Marietti, Genova 1996, pag. 187.</ref>
 
Un altro filosofo ad aver ispirato Heidegger, specialmente nella sua seconda fase, è [[Friedrich Schelling]], anticipandolo nel fare dell'[[arte]] l'organo della filosofia che più si avvicina alla comprensione dell'essere. Di Schelling Heidegger apprezzò in particolar modo le [[Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana|riflessioni da lui condotte intorno al 1809 sulla libertà umana]]<ref>Cfr. di Heidegger, ''[https://books.google.it/books?id=Awc-a55JEfkC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Schelling. Il trattato del 1809 sull'essenza della libertà umana]'' (1971), dove l'opera schellinghiana è giudicata «ciò che di più grande Schelling abbia fatto, ed è in pari tempo una delle opere più profonde della filosofia tedesca e quindi della filosofia occidentale» (trad. it. a cura di Carlo Tatasciore, Guida editore, Napoli 1998, pag. 29).</ref> in funzione di contrapposizione al nascente sistema filosofico onnicomprensivo di [[Hegel]]; fu proprio verso quest'ultimo invece che Heidegger ebbe un approccio sintetizzabile nella seguente formula: «tenere il sistema di Hegel in cima allo sguardo e quindi pensare in una direzione totalmente opposta».<ref>Heidegger, ''Beiträge Zur Philosophie: Vom Ereignis'' (1938), in ''Contributions to Philosophy: from Enowning'', Indiana University Press, 1999, pag. 123.</ref> E aggiungeva: «io stesso non so ancora abbastanza chiaramente come debba essere definita la mia "posizione" rispetto a Hegel. Come "posizione ''antitetica''" sarebbe troppo poco».<ref>Cit. di Heidegger da una lettera a [[Hans-Georg Gadamer]] del 2 dicembre 1971, in: Gadamer, ''La dialettica di Hegel'', trad. di R. Dottori, Marietti, Genova 1996, pag. 187.</ref>
Il filosofo contemporaneo [[Stanley Cavell]], emerito di Harvard, ha rilevato notevoli somiglianze fra il pensiero di Heidegger e le principali opere dei due primi grandi filosofi americani dell'800, [[Henry David Thoreau]] e [[Ralph Waldo Emerson]].<ref>S. Cavell, ''Emerson's Transcendental Etudes'' Stanford, David Justin Hodge, 2003.</ref> Analoghe forti somiglianze sono state evidenziate col [[neoplatonismo]] greco e cristiano, specialmente sul tema dell'ineffabilità dell'essere.<ref>Cfr. Ferruccio De Natale, ''Heidegger e Plotino. Consonanze imperfette'', in AA.VV., ''Confronti con Heidegger'', ''op. cit.'', pag. 33 e segg.; cfr. anche [[Werner Beierwaltes]], ''Identità e differenza'', Vita e Pensiero, Milano 1989, pag. 365 e segg., che fa notare come Heidegger non citasse quasi mai [[Plotino]] ritenendolo un esponente minore nel percorso della metafisica, della quale egli era interessato solo ai nodi ritenuti più importanti per via «del senso livellante della storia della filosofia del suo tempo». Tuttavia, oltre al fatto che secondo Beierwaltes l'assenza di un confronto sarebbe tutta da provare, «la ricostruzione heideggeriana della storia dell'essere [...] non avrebbe potuto essere pienamente sostenuta se Heidegger si fosse occupato del pensiero neoplatonico: Plotino, Proclo, Eriugena, Meister Ekhart, Cusano» (pag. 368).</ref>
 
Tra i filosofi più recenti a cui invece Heidegger esplicitamente si richiamò emergono [[Edmund Husserl]], padre della [[fenomenologia]], di cui fu discepolo, oltre a [[Friedrich Nietzsche]],<ref>M. Djuric, ''Nietzsche und Heidegger'', in "Synthesis Phylosophica", 1987 (2), 4, pagg. 324-350.</ref> il poeta [[Friedrich Hölderlin]],<ref>B. Alemand, ''Hölderlin und Heidegger'', Puf, Parigi 1954.</ref> [[Søren Kierkegaard]],<ref>F. De Natale, ''Esistenza, filosofia, angoscia. Tra Kierkegaard ed Heidegger'', Adriatica, Bari, 1995.</ref> e [[Arthur Schopenhauer]],<ref>Chiara Romerio, introduzione ad: A. Schopenhauer, ''Consigli sulla felicità'', edizione Mondadori Saperi, I Sempreverdi, 2007, ''Il successo di Schopenhauer'', pag. XI. Cfr. anche Ugo Ugazio, ''La volontà della metafisica: Heidegger e Schopenhauer'', in «Filosofia», 32, pp. 13-32, 1981.</ref> che già svolsero prima di Heidegger riflessioni analoghe anche sulla poesia, la tecnica, l'essere, la temporalità, l'abitare.
 
Il filosofo contemporaneo [[Stanley Cavell]], emerito di Harvard, ha rilevato notevoli somiglianze fra il pensiero di Heidegger e le principali opere dei due primi grandi filosofi americani dell'800, [[Henry David Thoreau]] e [[Ralph Waldo Emerson]].<ref>S. Cavell, ''Emerson's Transcendental Etudes'' Stanford, David Justin Hodge, 2003.</ref> Analoghe forti somiglianze sono state evidenziate con il [[neoplatonismo]] greco e cristiano, specialmente sul tema dell'ineffabilità dell'essere.<ref>Ferruccio De Natale, ''Heidegger e Plotino. Consonanze imperfette'', in AA.VV., ''Confronti con Heidegger'', ''op. cit.'', pag. 33 e segg.; cfr. anche [[Werner Beierwaltes]], ''Identità e differenza'', Vita e Pensiero, Milano 1989, pag. 365 e segg., che fa notare come Heidegger non citasse quasi mai [[Plotino]] ritenendolo un esponente minore nel percorso della metafisica, della quale egli era interessato solo ai nodi ritenuti più importanti per via «del senso livellante della storia della filosofia del suo tempo». Tuttavia, oltre al fatto che secondo Beierwaltes l'assenza di un confronto sarebbe tutta da provare, «la ricostruzione heideggeriana della storia dell'essere [...] non avrebbe potuto essere pienamente sostenuta se Heidegger si fosse occupato del pensiero neoplatonico: Plotino, Proclo, Eriugena, Meister Ekhart, Cusano» (pag. 368).</ref> Al di fuori invece della filosofia occidentale, è oggi ammesso e documentato un accostamento di Heidegger al [[taoismo]] e al [[buddhismo Zen]].<ref>Leonardo Vittorio Arena, ''Metafisica europea e filosofia asiatica. Taoismo filosofico. Buddismo Ch'an'', in AA.VV., ''Immaginare l'Europa'', a cura di G. Baratta, pp. 32-40, Università di Urbino, 1993. Lo stesso Heidegger ammise l'identità tra il senso celato dall'Essere e il senso custodito dal Tao in un'intervista con il professor Tezuka dell'[[Università Imperiale di Tokyo]], in M. Heidegger, ''Aus einem Gespräch von der Sprache zwischen einem Japaner und einem Fragenden'' (1953-1954), trad. it.: ''Da un colloquio nell'ascolto del linguaggio'', ne ''In cammino verso il linguaggio'', Mursia, Milano 1973, pp. 83-125.</ref>
 
==Applicazioni==
L'[[esistenzialismo]] di Heidegger influenzò profondamente l'[[ermeneutica]] biblica di [[Rudolf Bultmann]].
 
== Opere ==
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* ''[[Fenomenologia della vita religiosa]]'' ([[1919]]–[[1920|20]])
* ''[[Dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto]]'' (1915)
* ''[[Il concetto di tempo]]'' ([[1924]])
* ''Per la determinazione delle filosofia'' (1919)
* ''[[Essere e tempo]]'' ([[1927]])
* ''Fenomenologia della vita religiosa'' (1919-20). Il volume in questione è la traduzione in lingua italiana di ''GA'' 60 e raccoglie tre distinti scritti a loro volta frutto di differenti seminari: ''Introduzione alla fenomenologia della religione'' (semestre invernale 1920-21); ''Agostino e il neoplatonismo'' (semestre estivo 1920-21); ''I fondamenti filosofici della mistica medievale'' (annunciato per il semestre invernale 1919-20, ma mai svolto).
* ''[[Kant e il problema della metafisica]]'' ([[1929]])
* ''Ontologia. Ermeneutica dell'effettività'' (1923)
* ''[[Che cos'è metafisica]]'' ([[1929]])
* ''[[ContributiIl allaconcetto filosofia.di Sull'eventotempo]]'' ([[1936]]-[[1938]]1924)
* ''[[LetteraProlegomeni sull'umanismoalla storia del concetto di tempo]]'' ([[1947]]1925)
* ''[[SentieriEssere interrottie tempo]]'' ([[1950]]1927)
* ''[[InChe camminocos'è verso il linguaggiometafisica?]]'' ([[1959]]1929)
* ''[[SaggiKant e discorsiil problema della metafisica]]'' ([[1954]]1929)
* ''[[IntroduzioneL'essenza alladel metafisicafondamento]]'' ([[1953]]1929)
* ''[[Concetti fondamentali della metafisica. Mondo-Finitezza-Solitudine]]'' (1929)
* ''[[Che cosa significa pensare?]]'' ([[1954]])
* ''[[IlL'origine principiodell'opera di ragioned'arte]] '' ([[1957]]1935-36)
* ''[[Hölderlin e l'essenza della poesia]]'' (1936)
* ''[[Martin Heidegger#La conferenza .22L.27abbandono.22 (Gelassenheit)|L'abbandono]]'' ([[1959]])
* ''[[NietzscheContributi (opera)|Nietzschealla filosofia. Sull'evento]]'' ([[1961]]1936-38)
* ''[[TempoLa estoria esseredell'Essere]]'' ([[1962]]1938-40)
* ''[[La tesidottrina diplatonica Kantdella sull'essereverità]]'' ([[1963]]1942)
* ''[[IlL'essenza trattatodella diverità. SchellingSul sull'essenzamito della libertàcaverna umanae sul "Teeteto"]]'' ([[1971]]1943)
* ''[[L'essenza del nichilismo]]'' (1946-48)
* ''[[Conferenze di Brema e Friburgo]]'' (1949-1957)
* ''[[Lettera sull'"umanismo"]]'' (1947)
* ''[[Sentieri interrotti]]'' (1950)
* ''[[Il linguaggio]]'' (1950)
* ''[[Introduzione alla metafisica]]'' (1953)
* ''[[#La questione della tecnica|La questione della tecnica]]'' (1953)
* ''[[Saggi e discorsi]]'' (1954)
* ''[[Che cosa significa pensare?]]'' (1954)
* ''[[Il principio di ragione]] ''(1957)
* ''[[Identità e differenza]]'' (1957)
* ''[[#L'abbandono|L'abbandono]]'' (1959)
* ''[[In cammino verso il linguaggio]]'' (1959)
* ''[[Nietzsche (opera)|Nietzsche]]'' (1961)
* ''[[Tempo e essere]]'' (1962)
* ''La questione della cosa: la dottrina kantiana dei principi trascendentali'' (1962)
* ''[[La tesi di Kant sull'essere]]'' (1963)
* ''[[Ormai solo un dio ci può salvare]]'' (1966)<ref>Intervista pubblicata il 23 settembre 1966 e pubblicata sul ''Der Spiegel'' il 31 maggio 1976 per volontà dell'autore.</ref>
* ''[[Segnavia (Heidegger)|Segnavia]]'' (1967)
* ''[[Il trattato di Schelling sull'essenza della libertà umana]]'' (1971)
* ''[[Quattro seminari]]'' (1977)
* ''[[Quaderni Neri]]'' (postumo, in fase di pubblicazione)
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=== Traduzioni italiane ===
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* ''Che cos'è la metafisica?'', trad. e introduzione di [[Enzo Paci]], Collana Orientamenti n.6, Fratelli Bocca, Milano 1946
* ''Dell'essenza della verità'', Fratelli Bocca, Milano 1952
* ''Essere e Tempo'', Collana Nuova Biblioteca Filosofica, Fratelli Bocca, Milano 1953
* ''Che cos'è la metafisica?'', Collana Pensatori antichi e moderni, La Nuova Italia, Firenze 1959; a cura di Armando Carlini, La Nuova Italia, 1979-1996
* ''Kant e il problema della metafisica'', Silva, Milano 1962
* ''Identità e differenza'', a cura di [[Pietro Chiodi]], in «Teoresi», XXI, 1966
* ''Sentieri interrotti'', a cura di Pietro Chiodi, La Nuova Italia, Firenze 1968¹
* ''Essere e tempo. L'essenza del fondamento'', a cura di Pietro Chiodi, Collana Classici della Filosofia, UTET, Torino 1969-1978-1994
* ''In cammino verso il linguaggio'', Mursia, Milano 1973
* ''La dottrina di Platone sulla verità'', ''La lettera sull'umanismo'', SEI, Torino 1974
* ''Dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto'', Laterza, Bari 1974
* ''Essere e tempo'', a cura di Pietro Chiodi, Longanesi, Milano 1976
* ''Esistenza e metafisica'', a cura di Guido Saffirio, Collana classici di filosofia e psicologia n.7, Marietti, 1976
* ''Che cosa significa pensare?'', SugarCo, Milano 1979
* ''Tempo ed essere'', a cura di E. Mazzarella, Guida, Napoli 1980
* ''L'abbandono'', a cura di A. Fabris, Il Melangolo, Genova 1983
* ''Ormai solo un dio ci può salvare'', a cura di Alfredo Marini, Guanda, Parma 1987
* ''Introduzione alla metafisica'', trad. di Giuseppe Masi, presentazione di Gianni Vattimo, Collana biblioteca di filosofia, Mursia, Milano 1972; Collana Grande Universale, Mursia, Milano 1990 ISBN 978-88-425-0705-5
* ''Segnavia'', a cura di F.W. von Herrmann, ediz. italiana a cura di Franco Volpi, Collana Biblioteca Filosofica n.3, Adelphi, Milano 1987 ISBN 978-88-459-0263-5
* ''La poesia di [[Hölderlin]]'', Collana Biblioteca Filosofica n.5, Adelphi, Milano 1988 ISBN 978-88-459-0315-1
* ''Saggi e discorsi'', a cura di [[Gianni Vattimo]], Mursia, Milano 1991
* ''Il principio di ragione'', trad. di Franco Volpi e G. Gurisatti, a cura di F. Volpi, Collana Biblioteca Filosofica n.10, Adelphi, Milano 1991 ISBN 978-88-459-0844-6
* ''Nietzsche'', a cura di Franco Volpi, Collana Biblioteca Filosofica, Adelphi, Milano, 1994, ISBN 978-88-459-1186-6; Nuova edizione ampliata, Adelphi, 2018.
* ''Metafisica e nichilismo'', a cura di H.J. Friedrich, edizione italiana e trad. a cura di C. Angelino, Collana Opera, Il Melangolo, Genova 1999-2006 ISBN 978-88-7018-459-4
* ''Concetti fondamentali della metafisica. Mondo, finitezza, solitudine'', a cura di C. Angelino, Collana Opera, Il Nuovo Melangolo, Genova 1992-1999 ISBN 978-88-7018-174-6
* ''Parmenide'', trad. di Giovanni Gurisatti, a cura di Franco Volpi, Collana Biblioteca Filosofica n.17, Adelphi, Milano 1999 ISBN 978-88-459-1471-3
* ''Prolegomeni alla storia del concetto di tempo'', a cura di R. Cristin e A. Marini, Il Nuovo Melangolo, Genova 1999 ISBN 978-88-7018-149-4
* ''I concetti fondamentali della filosofia antica'', a cura di K. Blust, ediz. italiana a cura di Franco Volpi, trad. di G. Gurisatti, Collana Biblioteca Filosofica n.19, Adelphi, Milano 2000 ISBN 978-88-459-1581-9
* ''L'origine dell'opera d'arte'', a cura di I. De Gennaro e G. Zaccaria, Milano, Marinotti Edizioni, 2000 ISBN 978-88-827-3011-6
* ''Conferenze di Brema e Friburgo'', a cura di P.G. Jaeger, ediz. italiana a cura di Franco Volpi, trad. di G. Gurisatti, Collana Biblioteca Filosofica n.21, Adelphi, Milano 2002 ISBN 978-88-459-1687-8
* ''Fenomenologia della vita religiosa'', trad. di G. Gurisatti, Collana Biblioteca Filosofica n.23, Adelphi, Milano 2003 ISBN 978-88-459-1832-2
* ''Discorsi e altre testimonianze del cammino di una vita. 1910-1976'', Il Nuovo Melangolo, Genova 2005 ISBN 978-88-7018-577-5
* ''Essere e Tempo'', trad., introduzione e a cura di Alfredo Marini, Collana i Meridiani, Mondadori, Milano 2006 ISBN 978-88-04-52347-5
* ''Contributi alla Filosofia. (Dall'evento)'', a cura di Franco Volpi e F.W. von Herrmann, trad. di Alessandra Jadicicco, Collana Biblioteca Filosofica n.26, Adelphi, Milano 2007
* ''Avviamento alla filosofia'', a cura di M. Borghi, Milano, Marinotti Edizioni, 2007 ISBN 978-88-827-3075-8
* Martin Heidegger, Karl Jaspers, ''Lettere 1920-1963'', a cura di W. Biemel e H. Saner, trad. di Alessandro Jadicicco, Raffaello Cortina Editore, Milano 2009 ISBN 978-88-6030-291-5
* ''Che cos'è la verità'', a cura di Carlo Götz, Marinotti, Milano 2011
* ''Hölderlin. Viaggi in Grecia. A cura di Tommaso Scappini. Testo tedesco a fronte'', Collana Il Pensiero Occidentale, Bompiani, Milano 2012 ISBN 978-88-452-7153-3
* ''[[Ernst Jünger]]. A cura di Marcello Barison. Testo tedesco a fronte'', Collana [[Il pensiero occidentale]], Bompiani, Milano 2013, ISBN 978-88-452-7192-2
* ''Il «Sofista» di Platone'', a cura di I. Schüssler, ediz. italiana a cura di N. Curcio, trad. di A. Cariolato e E. Fongaro, Collana Biblioteca Filosofica n.32, Adelphi, Milano 2013 ISBN 978-88-459-2847-5
* ''Linguaggio tramandato e linguaggio tecnico'', a cura di Costantino Esposito, ETS, Pisa 1992
* ''La questione della tecnica: Con un saggio di Federico Sollazzo'', goWare, Firenze 2017, ISBN 978-88-6797-712-3
* {{Cita libro|titolo=Quaderni neri 1931/1938 [Riflessioni II-VI]|altri=a cura di P. Trawny|trad=Alessandra Iadicicco|editore=Bompiani|città=Milano|anno=2015}}
* {{Cita libro|titolo=Quaderni neri 1938/1939 [Riflessioni VII-XI]|altri=a cura di A. Iadicicco|editore=Bompiani|città=Milano|anno=2016}}
* {{Cita libro|titolo=Quaderni neri 1939/1941 Riflessioni XII-XV|altri=a cura di P. Trawny|trad=A. Iadicicco|editore=Bompiani|città=Milano|anno=2016}}
* ''Dell'essenza della libertà umana. Introduzione alla filosofia'', a cura di Matteo Pietropaoli, Bompiani, Milano 2016 ISBN 978-88-452-8122-8.
* {{Cita libro|titolo=Concetti fondamentali della filosofia aristotelica|altri=a cura di M. Michalski e G. Gurisatti|edizione=Collana Biblioteca filosofica|editore=Adelphi|città=Milano|anno=2017}}
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=== Traduzioni''Gesamtausgabe'' ===
{{vedi anche|Martin Heidegger Gesamtausgabe}}
* ''Che cos'è la verità'', a cura di Carlo Götz, Marinotti edizioni, Milano 2011
La ''Martin Heidegger Gesamtausgabe'' (abbreviato in GA o HGA) è l'edizione completa di Heidegger, pubblicata dalla casa editrice tedesca [[Verlag Vittorio Klostermann|Vittorio Klostermann]], con sede in Francoforte sul Meno.
 
Le opere di Heidegger corrispondono, per larga parte, alla rielaborazione degli appunti inerenti alle lezioni universitarie svoltesi nei semestri accademici; seguendone il percorso si può seguire lo sviluppo negli anni del suo pensiero filosofico.
== Bibliografia ==
 
* C. Bonola, ''Verità e interpretazione nello Heidegger di “Essere e tempo”'', Filosofia, Torino 1963.
Heidegger ha tuttavia lasciato un suo scritto, datato 1937-1938, in cui suggeriva un percorso di lettura della sua opera. Tale scritto, ''Über die Bewahrung des Versuchten'', è in GA 66<ref>GA 66, ''Besinnung'': pp. 419-20.</ref>.
* Loris Ricci Garotti, ''Heidegger contra Hegel'', Argalia, Urbino 1965.
 
* [[Hans-Georg Gadamer]], ''La dimensione religiosa in Heidegger'', a cura di Giampiero Moretti, ed. Itinerari, Lanciano 1980.
Franco Volpi<ref>Cfr. ''¿Aportes a la filosofia? El diario de un naufragio'', in Franco Volpi ''Martin Heidegger. Aportes a la filosofia''. Madrid, Maia Ediciones, 2010, p. 33.</ref> ritiene che tale scritto spieghi le ragioni per cui, ad esempio, l'opera ''Beiträge zur Philosophie (Vom Ereignis)'' (in GA 65, "Contributi alla filosofia. Dell'evento")<ref>La traduzione in lingua italiana di questo volume è di Franco Volpi ed è stata pubblicata con il titolo ''Contributi alla filosofia (Dall'Evento)'', dalla casa editrice Adelphi di Milano nel 2007</ref>) sia risultata inedita fino alla morte del filosofo. Secondo Volpi, Heidegger intendeva applicare quel criterio "tradizionale" proprio del ''Corpus Aristotelicum'', quindi una suddivisione delle opere "essoteriche", dirette al pubblico, e un insieme di opere "esoteriche", dirette a coloro che risultavano pronti a recepirne i contenuti<ref>Sugli eventuali livelli "esoterici" della sua opera cfr. anche Peter Trawny, ''Adynaton. Heideggers esoterische Philosophie''. Berlino, Matthes & Seitz, 2010.</ref>. Quindi una specie di cammino "iniziatico" verso il "cuore" del suo pensiero. Tale lettura è stata recepita anche da Donatella Di Cesare<ref>''Heidegger e gli ebrei. I "Quaderni neri"''. versione mobi pos. 1442.</ref>, secondo la quale ciò spiegherebbe, tra l'altro, l'importanza degli ''Schwarze Hefte'' nella complessiva opera heideggeriana.
* AA.VV., ''Martin Heidegger. Ontologia, Fenomenologia, Verità'', a cura di S. Poggi e P. Tomasello, Led, Milano, 1995.
 
* AA.VV., ''Sentieri della differenza. Per un'introduzione a Heidegger'', a cura di A. Ardovino, Nuova Editrice Universitaria, Roma 2008.
Il "percorso" suggerito da Heidegger in ''Über die Bewahrung des Versuchten'' è il seguente:
* AA.VV., ''Guida a Heidegger'', a cura di [[Franco Volpi (filosofo italiano)|Franco Volpi]], Laterza, Roma-Bari 1997, nuova ed. 2005.
 
* Franco Volpi, ''Heidegger, Martin'', in: "Enciclopedia filosofica", vol. 6, Bompiani, Milano 2006.
1. Lezioni universitarie (die Vorlesungen)<br />
* [[Gianni Vattimo]], ''Introduzione a Heidegger'', Laterza, Roma-Bari 1981.
2. Le conferenze (die Vorträge)
* [[Mario Perniola]], ''Dopo Heidegger. Filosofia e organizzazione della cultura'', Milano, Feltrinelli 1982.
::Hegelvortrag (Amsterdam)<ref>Intende: ''Hegel und das Problem der Metaphysik'' (1930). In GA 80.</ref>
* Victor Farias, ''Heidegger e il nazismo'', [[Bollati Boringhieri]], Torino 1988. <small>ISBN 978-88-339-0421-4</small> <small>ISBN 88-339-0421-0</small>
::Über das Wesen der Wahrheit<ref>Intende: ''Vom Wesen der Wahrheit'' (1930). In GA 80.</ref>
* Victor Farias, ''L'eredità di Heidegger'', Edizioni Medusa, Milano 2008. <small>ISBN 978-88-7698-150-0</small>
::Die gegenwärtige Lage der Philosophie (Konstanzer Vortrag)<ref>Intende: ''Die gegenwärtige Lage und die künftige Aufgabe der deutschen Philosophie'' (1934). In GA 16.</ref>
* [[Emanuele Severino]], ''Heidegger e la metafisica'', Adelphi, Milano 1994.
::Vom Ursprung des Kunstwerks (Freiburger Vortrag)<ref>Intende: ''Vom Ursprung des Kunstwerks'' (1935). In GA 80</ref>
* [[Umberto Regina]], ''Servire l'essere con Heidegger'', Morcelliana, Brescia 1995.
::Vom Ursprung des Kunstwerks (Frankfurter Vorträge)<ref>Intende: ''Der Ursprung des Kunstwerkes'' (1936). In GA 5</ref>
* C. Angelino, ''L’“errore filosofico” di Martin Heidegger'', Melangolo, Genova 2001.
3. Appunti per le esercitazioni seminariali, in particolare: (die Aufzeichnungen zu den Übungen, im besonderen)
* [[Alain Badiou]] e Barbara Cassin, ''Heidegger. Il nazismo, le donne, la filosofia'', Il Nuovo Melangolo. <small>ISBN 978-88-7018-791-5</small>
::zu Kants transzendentaler Dialektik und zur Kritik der praktischen Vernunft<ref name="ReferenceA">In: Seminare: Leibniz - Kant, GA 84.</ref>
* A. Fabris, ''Essere e tempo di Heidegger. Introduzione alla lettura'', Carocci, Roma 2005.
::zu Hegels Phänomenologie des Geistes<ref>In: Seminare: Hegel - Schelling, GA 86.</ref>
* Antonio Gnoli, Franco Volpi, ''L' ultimo sciamano. Conversazioni su Heidegger'', Bompiani, 2006. <small>ISBN 978-88-452-5696-7</small>
::zu Leibniz, Monadologie<ref name="ReferenceA"/>
* Fabio Bazzani, ''Verità e potere. Oltre il nichilismo del senso del reale'', Firenze, Clinamen 2008.
::zu Kants Kritik der aesthetischen Urteilskraft<ref name="ReferenceA"/>
* P. F. Stagi, ''[http://books.google.it/books?id=t6_vDxDDtA0C&printsec=frontcover&source=gbs_atb#v=onepage&q&f=false Il giovane Heidegger. Verità e rivelazione]'', presentazione di Gianni Vattimo, Zikkurat Edizioni&Lab, Senigallia-Roma-Teramo 2010.
::zu Schillers Briefen über die aesthetische Erziehung<ref>Al riguardo cfr. GA 66, p. 436.</ref>
* [[Jean Beaufret]], ''Dialogue avec Heidegger'', Ed. de Minuit, 4 lib.
::zur Nietzschevorlesung<ref>In: Seminare Nietzsche, GA 87.</ref>
* [[Dominique Janicaud]], ''Heidegger en France'', Albin Michel, 2 lib.
4. Lavori preparatori per l'opera (Vorarbeiten zum Werk)
* [[Maxence Caron]], ''Heidegger - Pensée de l'être et origine de la subjectivité'', Ed. du Cerf, 1 lib., 1760 p., primo e unico libro su Heidegger premiato per dell'[[Académie française]].
::(dazu die Selbstkritik von» Sein und Zeit«)<ref>Intende: ''Eine Auseinandersetzung mit» Sein und Zeit«'' (1935/36). In GA 82.</ref>
* [[Georges Bataille]], ''Scritti sul fascismo 1933-34. Contro Heidegger. La struttura psicologica del fascismo'', [[Mimesis]] ([[2010]]). <small>ISBN 978-88-575-0267-0</small>
5. Überlegungen und Winke Heft II-''IV''-V<ref>''Schwarze Hefte'', in GA 94-102.</ref><br />
* [[Jacques Bouveresse]], ''Heidegger, la politique et l'intelligentsia française'', in ''Essais IV - Pourquoi pas des philosophes ?'', Agone ([[2004]]).
6. die Hölderlinvorlesung<ref>Intende: ''Hölderlins Hymnen »Germanien« und »Der Rhein«.'' In GA 39.</ref> und Vorarbeiten zum» Empedokles«<ref>Intende: ''Zu Hölderlins Empedokles-Bruchstücken'', in GA 75.</ref><br />
* François Fédier, ''Martin Heidegger : Écrits politiques 1933-1966'', Gallimard, Parigi [[1995]]. <small>ISBN 2-07-073277-0</small>
7. Vom Ereignis (Beiträge zur Philosophie) dazu Nr. 4<ref>In GA 65.</ref>
* François Fédier, ''Heidegger: Anatomie d'un scandale'', Robert Laffont, Parigi [[1988]]. <small>ISBN 2-221-05658-2</small>
 
*Enrico Garulli, ''Heidegger'', Cittadella, Assisi 1974.
=== Carteggi ===
*[[Umberto Regina]], ''Heidegger. Dal nihilismo alla dignità dell'uomo'', [[Vita e Pensiero]], Milano 1970.
* Martin Heidegger - Elisabeth Blochmann, ''Briefwechsel, 1918-1969''. Traduzione italiana a cura di Roberto Brusotti. Genova, Il melangolo, 1991.
*Umberto Regina, ''Heidegger. Esistenza e sacro'', Morcelliana, Brescia 1974.
* Martin Heidegger - Karl Jaspers, ''Briefwechsel, 1920-1963''. Traduzione italiana a cura di Alessandra Iadicicco. Milano, Raffaello Cortina, 2009.
*Ugo Ugazio, ''Il problema della morte nella filosofia di Heidegger'', Mursia, Milano 1976.
* Martin Heidegger - Hannah Arendt, ''Briefe 1925 bis 1975 und andere Zeugnisse''. Traduzione italiana a cura di Massimo Bonola. Torino, Edizioni di Comunità, 2001.
*Costantino Esposito, ''Il fenomeno dell'essere. Fenomenologia e ontologia in Heidegger'', Dedalo, Bari 1984. <small>ISBN 9788822060358</small>
*Vittorio Perego, ''Finitezza e libertà. Heidegger interprete di Kant'', [[Vita e Pensiero]], Milano 2001 <small>ISBN 9788834307229</small>
*Vincenzo Costa, ''La verità del mondo. Giudizio e teoria del significato in Heidegger'', Vita e Pensiero, Milano 2003
*Sandro Gorgone, ''Il tempo che viene. Martin Heidegger dal Kairós all'Ereignis'', Guida, 2005.
 
== Note ==
<references/>
 
== Altri progettiBibliografia ==
* Pietro Chiodi, ''L'esistenzialismo di Heidegger'', Taylor, Torino, 1965.
{{interprogetto|q|commons=Category:Martin Heidegger}}
*Giovanni Giulietti, ''Alla ricerca dell'essere perduto. Una introduzione al pensiero di Heidegger,'' Cavova, Treviso, 1972.
* Umberto Galimberti, ''Invito al pensiero di Heidegger'', Mursia, Milano, 1986.
* Umberto Galimberti, ''Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente'', Marietti, Milano, 1975.
*Victor Farias ''Heidegger et le Nazism'', Editions Verdier, Paris, 1987; trad. it. di Mario Marchetti e Paolo Amari, ''Heidegger e il nazismo'', Bollati Boringhieri, Torino, 1988.
* Dirk de Pol, [https://unglaublich.de/eigentlichkeit-bei-heidegger/ ''Eigentlichkeit bei Heidegger - Der Begriff der Eigentlichkeit in Sein und Zeit''], Bibliothek der Philosophie, FU Berlin, Berlin, 1992.
* Ernst Nolte, ''Martin Heidegger tra politica e storia'' (Martin Heidegger. Politik und Geschichte im Leben und Denken, 1992); traduzione italiana di Nicola Curcio, Bari, Laterza, 1994.
* Hugo Ott, ''Martin Heidegger, sentieri biografici'' (Martin Heidegger. Unterwegs zu seiner Biographie, 1988); Traduzione italiana di Flavio Cassinari, Milano, SugarCo, 1990.
* Rüdiger Safranski, ''Heidegger e il suo tempo, una biografia filosofica'' (Ein Meister aus Deutschland. Heidegger und seine Zeit, 1994); traduzione di Nicola Curcio, ed. italiana a cura di Massimo Bonola, Milano, Longanesi, 1996; Milano, TEA, 2001. ISBN 88-7818-972-3.
* Franco Volpi, "Heidegger", ''Enciclopedia filosofica'' (=EF) vol.6, Milano, Bompiani, 2006.
* ''Guida a Heidegger'', a cura di Franco Volpi (con i contributi anche di Adriano Fabris, Costantino Esposito, Leonardo Samonà, Leonardo Amoroso, Mario Ruggenini e Renato Cristin), Bari, Laterza, 2012.
* Costantino Esposito, ''Heidegger''. Bologna, il Mulino, 2013.
* Adriano Fabris e Antonio Cimino, ''Heidegger''. Roma, Carocci, 2009.
* ''The Cambridge Companion to Heidegger'' (a cura di Charles B. Guignon, con i contributi anche di Dorothea Frede, Thomas Sheehan, Taylor Carman, Robert J. Dostal, William Blattner, David Couzens Hoy, Charles Taylor, Piotr Hoffman, Mark A. Wrathall, Michael E. Zimmerman, John D. Caputo, Hubert L. Dreyfus, Julian Young). Cambridge, Cambridge University Press, 1993.
* Gianni Vattimo, ''Introduzione a Heidegger''. Bari, Laterza, 1991.
* Gianni Vattimo, ''Essere, storia e linguaggio in Heidegger'', Genova, Marietti, 1963.
* Vincenzo Costa, ''Heidegger'', La Scuola, Brescia, 2013.
*Laura Darsié, ''Il grido e il silenzio. Un {{sic|in-contro}} fra Celan e Heidegger,'' Milano-Udine, Mimesis, 2013
*Anna Di Somma, ''Metafisica e Lichtung nel pensiero di Martin Heidegger'', Armando, Roma 2017.
 
=== Lessici ''heideggeriani'' ===
* Daniel O. Dahlstrom (a cura di), ''The Heidegger Dictionary'', London-New York, Bloomsbury, 2013.
* Michael Inwood (a cura di), ''A Heidegger Dictionary''. Malden, Blackwell, 1999.
* François Jaran e Christophe Perrin (a cura di), ''The Heidegger Concordance'', Prefazione di Theodore Kisiel, London-New York, Bloomsbury, 2013 (tre volumi).
* Frank Schalow e Alfred Denker, ''Historical Dictionary of Heidegger's Philosophy''. Lanham-Toronto, Scarecrow Press, 2010.
 
=== Sugli ''Schwarze Hefte'' ===
* Donatella Di Cesare, ''Heidegger e gli ebrei - I "Quaderni neri"'', Torino, Boringhieri, 2014. ISBN 978-88-3392-736-7
* ''La pietà del pensiero. Heidegger e i Quaderni Neri'' (a cura di Francesca Brencio, con i contributi anche di Àngel Xolocotzi Yañez, Sonia Caporossi, Marco Casucci, Luis Alejandro Rossi, Francisco Gómez-Arzapalo y V., Paolo Beretta e Michael Kraft), Passignano sul Trasimento, Aguaplano, 2015. ISBN 978-88-9773-855-8
* Peter Trawny, ''Heidegger e il mito della cospirazione ebraica'' (2014), Milano, Bompiani, 2015.
* [[Friedrich-Wilhelm von Herrmann]] e Francesco Alfieri, ''Martin Heidegger. La verità sui Quaderni neri'', premessa di A. Heidegger, con uno scritto di L. Messinese, appendice di C. Gualdana, "Filosofia" n. 72, Brescia, Morcelliana, 2016, pp.&nbsp;464. ISBN 978-88-372-2928-3
* ''I Quaderni neri di Heidegger'' (a cura di Donatella Di Cesare), Milano, Mimesis, 2016. ISBN 978-88-5753-579-1
 
== Voci correlate ==
* [[Heidegger e il nazionalsocialismo]]
* ''[[Dasein]]''
* [[Dasein]]
* [[Differenza ontologica]]
* [[Esistenzialismo]]
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* [[Ontologia]]
* [[Nichilismo]]
* [[Martin Heidegger Gesamtausgabe]]
* [[Angoscia]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|q|b=Martin Heidegger, la vita e l'opera}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* [http://archiviostorico.corriere.it/2007/marzo/16/Heidegger_cattolico_co_9_070316052.shtml Il profilo cattolico di Heidegger]
* {{cita web|https://www.iep.utm.edu/heidegge/|Martin Heidegger nella ''Internet Encyclopedia of Philosophy'' - IEP}}
* [http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=531 Intervista a Martin Heidegger]
* {{cita web|https://plato.stanford.edu/entries/heidegger/|Martin Heidegger nella ''Stanford Encyclopedia of Philosophy''}}
* [http://www.caffeeuropa.it/attualita/45marcuse-heidegger.html Corrispondenza tra Marcuse e Heidegger sul nazismo]
* {{cita web|url=http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=531|titolo=Video intervista a Martin Heidegger}}
* [http://archiviostorico.corriere.it/1993/gennaio/28/errore_Heidegger_co_0_9301286928.shtml ''L'errore di Heidegger''], articolo di Lucio Colletti
* {{cita web|https://www.dailymotion.com/video/xmzk1a_hermann-heidegger-and-hans-georg-gadamer-on-the-cabin_creation|Video in lingua inglese in cui il figlio di Heidegger, Hermann Heidegger, ci fa visitare l'interno della baita, ''Hütte'', di Martin Heidegger nella Foresta Nera, là dove il filosofo scrisse ''Essere e tempo''}}
* {{fr}}[http://www.paris4philo.org/article-10504198.html ''Heidegger contre le nazisme'']
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=1Aifr5DAeuI|titolo=Enrico Berti legge Heidegger}}
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=S1pY2TCbq2w&list=PLPmqtbaZxz2LCZLLgOiuLQV0u9NI6Wm-m|titolo=Video con un intervento di Franco Volpi su "Heidegger e il mondo moderno", Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche}}
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=kxqerOcrUDs|titolo=Video con un intervento di Gianni Vattimo sulla figura di Heidegger}}
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=Mu-oOu5Nvik|titolo=Video con un intervento di Costantino Esposito sulla filosofia di Heidegger}}
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=G9Wg8532YWk|titolo=Intervento di Gianni Vattimo sui "Quaderni neri"}}
*{{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=RdGx4mmWJU0|titolo=Intervento di Donatella Di Cesare e Diego Fusaro sui "Quaderni neri"}}
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=kadM7--cM_s|titolo=Intervento di Umberto Galimberti sui "Quaderni neri"}}
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=ysveRRPazcc|titolo=Video intervista a Umberto Galimberti sulla "Tecnica (Jaspers, Heidegger, Anders)}}
* {{cita web|url=http://www.cdt.ch/cultura-e-spettacoli/notizie/149240/heidegger-antisemita-%C3%A8-solo-una-montatura|titolo=Intervista a Friedrich-Wilhelm von Herrmann e Francesco Alfieri sui "Quaderni neri"|accesso=2 marzo 2016|dataarchivio=25 febbraio 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160225073601/http://www.cdt.ch/cultura-e-spettacoli/notizie/149240/heidegger-antisemita-%C3%A8-solo-una-montatura|urlmorto=sì}}
* {{cita web|url=http://www.cdt.ch/cultura-e-spettacoli/libri/158609/su-heidegger-vendette-private-e-finto-politiche|titolo=Un intervento di Alfredo Marini, traduttore italiano di "Sein und Zeit", sulla polemica circa i "Quaderni neri"|accesso=1º luglio 2016|dataarchivio=2 luglio 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160702140152/http://www.cdt.ch/cultura-e-spettacoli/libri/158609/su-heidegger-vendette-private-e-finto-politiche|urlmorto=sì}}
* {{cita web|url=http://www.raiscuola.rai.it/articoli/darsié-lin-contro-tra-celan-e-heidegger/24118/default.aspx|titolo=L'in-conto tra Celan e Heidegger|accesso=20 luglio 2021|dataarchivio=26 settembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200926212509/http://www.raiscuola.rai.it/articoli/darsi%C3%A9-lin-contro-tra-celan-e-heidegger/24118/default.aspx|urlmorto=sì}}
 
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