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{{Nota disambigua}}
{{Nota disambigua|altre voci che possono riferirsi alla stessa sequenza di 3 caratteri|[[IRI (disambigua)]]}}
{{Infobox Azienda
|nome = Istituto per la Ricostruzione Industriale
|nome=IRI S.p.A.
|logo =IRI-logo Logo_IRI.gifsvg
|logo_dimensionelogo dimensione = 100
|immagine = Sede Fintecna ex IRI Roma Via Veneto.jpg
|tipo= società per azioni
|didascalia = Sede IRI (poi sede [[Fintecna]]) a [[Roma]], [[via Vittorio Veneto]], 89
|fondatori=
|forma societaria = Società per azioni
Governo Italiano:
|data fondazione = 24 gennaio [[1933]]
*[[Benito Mussolini]]
|forza cat anno = 1933
*[[Alberto Beneduce]]
|luogo fondazione = [[Roma]]
*[[Guido Jung]]
|fondatori =
|borse=
|data chiusura = [[2002]]:
|nazione=ITA
|causa chiusura = Incorporazione in [[Fintecna]]
|data_fondazione = 1933
|nazione = ITA
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|luogo_fondazione=[[Roma]]
|sedecontrollate = * [[RomaAlitalia]]
* [[Atlantia]]
|filiali=
* [[Autostrade per l'Italia|Autostrade]]
*[[Alitalia]]
* [[Banca Commerciale Italiana]]
*[[Atlantia|Autostrade]]
* [[BancaBanco Commercialedi ItalianaRoma]]
* [[Banco di RomaCofiri]]
* [[CofiriCredito Italiano]]
* [[Credito ItalianoFincantieri]]
* [[FincantieriFinelettrica]]
* [[FinelettricaFinmare]]
* [[FinmareFinmeccanica]]
* [[FinmeccanicaFinsider]]
* [[FinsiderFinsiel]]
* [[FinsielItalstat]]
* [[ItalstatRAI]]
* [[RAISME (azienda)|SME]]
* [[SME (azienda)|SMESTET]]
|persone chiave =
*[[STET]]
|settore = * alimentare
|slogan=
* aerospaziale
|persone_chiave=
* auto
|industria=
* costruzioni navali
* Alimentare
* chimica
* Aerospaziale
* editoria
* Auto
* finanza
* Costruzioni navali
* informatica
* Chimica
* microelettronica
* Editoria
* metallurgia
* Finanza
* telecomunicazioni
* Informatica
* trasporti
* Microelettronica
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* Metallurgia
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}}
L{{'}}'''Istituto per la Ricostruzione Industriale''' (in [[acronimo]] '''IRI''') è stato un [[ente pubblico economico]] [[italia]]no, poi trasformato in [[società per azioni]], con funzioni di [[politica industriale]].
{{quote|L'impresa pubblica, se non sia informata a criteri economici, tende al tipo dello spizio di carità|[[Luigi Einaudi]]}}
 
Istituito nel [[1933]], durante il [[fascismo]], nel [[Secondo dopoguerra italiano|dopoguerra]] allargò progressivamente i suoi settori di intervento e divenne il fulcro dell'[[intervento pubblico]] nell'[[economia italiana]]. Nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa {{formatnum:1000}} società con più di {{formatnum:500000}} dipendenti. È stata a suo tempo una delle più grandi aziende non petrolifere al di fuori degli [[Stati Uniti d'America]];<ref>{{en}} [http://www.referenceforbusiness.com/history2/98/Istituto-per-la-Ricostruzione-Industriale-S-p-A.html Reference for Business ]</ref> nel 1992 chiudeva l'anno con {{formatnum:75912}} miliardi di [[lira italiana|lire]] di [[fatturato]] e {{formatnum:5182}} miliardi di [[perdita (economia)|perdite]].<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1993/novembre/28/all_IRI_palma_del_fatturato_co_0_93112812062.shtml Archivio storico www.corriere.it]</ref> Ancora nel [[1993]] l'IRI era il settimo [[Conglomerato (finanza)|conglomerato]] al mondo per dimensioni, con un fatturato di circa 67 miliardi di [[Dollaro statunitense|dollari]].<ref>''Istituto per la Ricostruzione Industriale'', dal sito [http://www.referenceforbusiness.com/history2/98/Istituto-per-la-Ricostruzione-Industriale-S-p-A.html in inglese.]</ref>
L’'''IRI''' - acronimo di '''Istituto per la Ricostruzione Industriale''' - è stato un [[ente pubblico]] [[italia]]no, istituito nel [[1933]] per iniziativa dell’allora capo del Governo [[Benito Mussolini]] al fine di evitare il fallimento delle principali banche italiane ([[Banca Commerciale Italiana|Commerciale]], [[Credito Italiano]] e [[Banco di Roma]]) e con esse il crollo dell’economia, già provata dalla crisi economica mondiale iniziata nel [[1929]].
 
Trasformato in [[società per azioni]] nel [[1992]] venne incorporato in [[Fintecna]] dieci anni dopo.
Nel dopoguerra allargò progressivamente i suoi settori di intervento e fu l'ente che modernizzò e rilanciò l'economia italiana durante soprattutto gli anni '50 e '60; nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa 1.000 società con più di 500.000 dipendenti. Per molti anni l'IRI fu la più grande azienda industriale al di fuori degli [[Stati Uniti d'America]]; nel 1992 chiudeva l'anno con 75.912 miliardi di [[lira italiana|lire]] di fatturato ma con 5.182 miliardi di perdite.<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1993/novembre/28/all_IRI_palma_del_fatturato_co_0_93112812062.shtml Archivio storico www.corriere.it]</ref> Ancora nel [[1993]] l'IRI si trovava al settimo posto nella classifica delle maggiori società del mondo per fatturato, con 67.5 miliardi di [[dollaro statunitense|dollari]] di vendite.<ref>''Istituto per la Ricostruzione Industriale'', dal sito [http://www.referenceforbusiness.com/history2/98/Istituto-per-la-Ricostruzione-Industriale-S-p-A.html in inglese.]</ref> Trasformato in [[società per azioni]] nel [[1992]], cessò di esistere dieci anni dopo.
 
== Storia ==
=== Il "Consorzio Sovvenzioni" ===
===Le origini===
{{Vedi anche|Consorzio per sovvenzioni su valori industriali}}
l'Iri nacque come ente temporaneo con lo scopo prettamente di salvataggio delle banche e delle aziende a loro connesse. Il nuovo ente era formato da una "Sezione finanziamenti" e una "Sezione smobilizzi".
La [[Banca d'Italia]] nel [[1913]], dopo aver dovuto effettuare il salvataggio di alcune imprese negli anni precedenti, durante la direzione di [[Bonaldo Stringher]] decise di costituire un organo permanente destinato al finanziamento e risanamento delle imprese in crisi, il ''[[Consorzio per sovvenzioni su valori industriali]]''. L'ente, divenuto operativo nel 1915, era guidato dalla stessa Banca d'Italia e riuniva i [[Banco di Napoli|Banchi di Napoli]] e [[Banco di Sicilia|Sicilia]], alcune [[cassa di risparmio|casse di risparmio]], il [[Monte dei Paschi di Siena]] e l'[[Istituto Bancario San Paolo di Torino]].<ref name=Colajanni>Napoleone Colajanni, ''Storia della banca italiana'', Roma, Newton Compton, 1995</ref>
Nel [[1930]] la crisi di liquidità del Credito Italiano portò alla fusione con la ''Banca nazionale di credito''. Il Credito Italiano assunse le attività e le passività a breve scadenza della Banca nazionale del credito (BNC), cedendole gran parte degli investimenti a lunga scadenza. In un secondo momento la BNC cedette le sue partecipazioni in società industriali alla ''[[Società Finanziaria Italiana]]'' (Sfi), mentre le partecipazioni immobiliari e le partecipazioni in aziende di pubblica utilità furono trasferite alla ''[[Società Elettrofinanziaria]]''. Sfi e Società Elettrofinanziaria furono messe in liquidazione nel [[1934]] dopo essere passate sotto il controllo dell'IRI.
 
Dopo la [[prima guerra mondiale]] ci fu una grave crisi dovuta alle difficoltà della riconversione dell'[[industria bellica]], sovradimensionata rispetto alla domanda in periodo di pace, che travolse anche le banche che avevano grossi interessi nelle stesse industrie. Nel [[1922]], in seguito al crollo della [[Banca Italiana di Sconto]], fu trasferita al ''Consorzio'' la partecipazione di controllo nell'[[Ansaldo]] detenuta dall'istituto fallito.<ref name=Colajanni/>.
Nel [[1931]] l'intervento pubblico riguardò la [[Banca Commerciale Italiana]] che, di fronte alla crisi del [[1929]], aveva aumentato la propria esposizione verso il sistema industriale. Il crollo delle quotazioni azionarie richiese l'intervento statale, che si concretizzò nella cessione dalla Comit alla ''[[Società Finanziaria Industriale Italiana]]'' della totalità delle azioni possedute dalla banca.
 
Un anno dopo, il [[Banco di Roma]], che era in crisi dal 1921, fu rilevato dalla ''Società Nazionale Mobiliare'', controllata per il 26% dal ''Consorzio Sovvenzioni'' e per un altro 26% dalla [[Banca Commerciale Italiana]] e dal [[Credito Italiano]].<ref name=Colajanni/>
Nel pieno della crisi la [[Banca d'Italia]] si trovò esposta verso l'Istituto di liquidazioni, un ente pubblico creato nel [[1926]] per sostenere finanziariamente le imprese in crisi, e verso le banche, per oltre 7 miliardi, ovvero oltre il 50% del circolante.
 
=== L'"Istituto di Liquidazioni" ===
Lo Stato assunse dunque le partecipazioni delle banche in crisi, finanziandole affinché non fallissero. Le partecipazioni furono poi trasferite all'IRI, la cui principale preoccupazione divenne rimborsare alla Banca d'Italia il capitale ricevuto.
Nel [[1926]] il Consorzio Sovvenzioni, che ormai deteneva partecipazioni in pianta stabile, fu trasformato in un istituto dotato di [[personalità giuridica]], l{{'}}''Istituto di Liquidazioni''<ref name=Colajanni/>.
 
Nel [[1930]] la crisi di liquidità del Credito Italiano portò questa banca sull'orlo della bancarotta. Si rimediò innanzitutto con la [[Fusione societaria|fusione]] del Credito con la [[Banca nazionale di credito]] (BNC), costituita per liquidare la [[Banca Italiana di Sconto]].
Nel 1931 le partecipazioni azionarie e i crediti a lungo termine dei due istituti riuniti confluirono in due finanziarie: le partecipazioni in società industriali nella ''[[Società Finanziaria Italiana]]'' (Sfi), mentre le partecipazioni immobiliari e le partecipazioni in aziende di pubblica utilità furono trasferite alla ''[[Società Elettrofinanziaria]]''. Queste due società detenevano anche le quote di controllo dello stesso Credito Italiano<ref>{{Cita libro|nome=Enrico|cognome=Berbenni|titolo=I processi dello sviluppo urbano. Gli investimenti immobiliari di Comit e Credit a Milano 1920-1950: Gli investimenti immobiliari di Comit e Credit a Milano 1920-1950|url=https://books.google.it/books?id=8gJAsXSNTMgC&pg=PA243&lpg=PA243&dq=elettrofinanziaria&source=bl&ots=fqjz8KXSPn&sig=PXfgbdkF9tbnyZErArahpighr_4&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwidibGBt6DOAhXIhiwKHcOEDpsQ6AEIQzAG#v=onepage&q=elettrofinanziaria&f=false|accesso=2023-01-14|data=2010-05-11|editore=FrancoAngeli|lingua=it|ISBN=978-88-568-2696-8}}</ref>.
 
Nel [[1931]] l'intervento pubblico riguardò la [[Banca Commerciale Italiana]] che, di fronte alla crisi finanziaria del [[1929]], aveva aumentato in modo preoccupante la propria esposizione verso il sistema industriale. Il crollo delle quotazioni azionarie richiese l'intervento statale, che si concretizzò in una complessa operazione: le partecipazioni azionarie della Comit nelle industrie furono trasferite alla ''[[Società Finanziaria Industriale Italiana]]'' (Sofindit), mentre le azioni della Comit sarebbero state conferite ad un'altra società, creata apposta, la ''Comofin'', a sua volta controllata dalla ''Sofindit''. Questa complessa operazione non fu, tuttavia, sufficiente e nel [[1932]] la Commerciale era insolvente e avrebbe dovuto essere liquidata<ref name=Colajanni/>.
 
Nel pieno della crisi degli anni trenta la [[Banca d'Italia]] si trovava esposta verso l'Istituto di liquidazioni e verso le banche per oltre 7 miliardi, ovvero oltre il 50% del capitale circolante.
 
=== La costituzione durante il fascismo come ente provvisorio e la presidenza di Albero Beneduce ===
{{Vedi anche|Alberto Beneduce}}
La costituzione dell'IRI, avvenuta
con regio decreto legge 23 gennaio 1933 n. 5, convertito in legge 3 maggio 1933, n. 512 - che subentró all'"Istituto di liquidazione" in tutti i suoi rapporti giuridici ed economici con contestuale soppressione dell'ente subentrato - fu patrocinata dal ministro delle finanze [[Guido Jung]] a [[Benito Mussolini]].<ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/guido-jung_(Dizionario-Biografico) Dizionario biografico Treccani]</ref>. Il nuovo ente nacque con durata di vita temporanea con lo scopo prettamente di salvataggio delle banche e delle imprese loro connesse. Primo presidente, oltre che uno dei principali artefici della creazione dell'ente, fu [[Alberto Beneduce]], [[economista]] di formazione socialista, che godeva della fiducia del capo del governo.
 
[[File:Alberto Beneduce1.gif|thumb|right|[[Alberto Beneduce]], il primo presidente dell'IRI.]]
 
Il nuovo ente era formato da una "Sezione finanziamenti" e una "Sezione smobilizzi".
Il nuovo istituto assorbì innanzitutto l{{'}}''Istituto di Liquidazioni''. Poi nel [[1934]] l'IRI stipulò con le tre banche, Commerciale, Credito e Banco di Roma, tre distinte convenzioni con cui gli istituti di credito cedevano all'IRI le proprie partecipazioni industriali e i crediti verso le imprese, in cambio di liquidità, necessaria a proseguire l'attività bancaria. Conseguentemente furono trasferite all'IRI, e poi messe in liquidazione, la Sfi, la Società Elettrofinanziaria e la Sofindit<ref name=Colajanni/>.
 
Le partecipazioni furono infine trasferite all'IRI, la cui principale preoccupazione divenne rimborsare alla Banca d'Italia il capitale ricevuto per acquisire le finanziarie.
Una volta trasferite le quote all'Istituto, questo avviò una propria campagna di mobilitazione del credito attraverso lo strumento delle obbligazioni industriali garantite dallo Stato. L'operazione fu l'applicazione in larga scala di quanto era già stato abbozzato con l'INA, ovvero l'organizzazione del piccolo risparmio che le banche, vincolate in legami a doppio filo con il sistema industriale, non riuscivano ad impiegare in reali processi di sviluppo.
 
In questo modo l'IRI, e quindi lo [[Stato]], smobilizzò le banche miste, diventando contemporanenamentecontemporaneamente proprietario di oltre il 20% dell'intero capitale azionario nazionale e di fatto il maggiore [[imprenditore]] italiano, con aziende come [[Ansaldo]], [[IlvaAcciaierie di Terni|Terni]], [[Cantieri Riuniti dell'AdriaticoIlva]], [[TelecomSIP - Società Idroelettrica ItaliaPiemontese|SIP]], [[SME (azienda)|SME]], [[AcciaierieAlfa diRomeo]], Terni[[Navigazione Generale Italiana]], [[Lloyd Triestino|TerniLloyd Triestino di Navigazione]], [[EdisonCantieri Riuniti dell'Adriatico]]. Si trattava in effetti di grandi aziende che già da molti anni erano vicine al settore pubblico, sostenute da politiche tariffarie favorevoli e da commesse bellichepubbliche. Inoltre, l'IRI possedeva le tre maggiori banche italiane.
 
AlNel [[1934]], il valore nominale del patrimonio industriale italiano era di 16,7 miliardi di lire, pari al 14,3% del [[Pil]]. Tra i principali trasferimenti all'ente figuravano<ref>Mimmo Franzinelli, Marco Magnani, ''Beneduce, il finanziere di Mussolini'', Mondadori 2009, pagg. 229-230</ref>:
* la quasi totalità dell'industria degli armanentiarmamenti
* i servizi di telecomunicazione di gran parte dell'Italia
* un'altissima quota della produzione di energia elettrica
* una notevole quota dell'industria siderurgica civile
* tra l'80% ed il 90% del settore di costruzioni navali e dell'industria della navigazione
Primo presidente, oltre che tra gli artefici della creazione dell'ente, fu [[Alberto Beneduce]], economista di tradizione Socialista e fiduciario del Presidente del Consiglio dei Ministri.
 
Nel complesso, con la costituzione dell'Iri il 21,49% del capitale delle società italiane esistenti al 31 dicembre 1934 era, direttamente o indirettamente, controllato dall'Istituto.<ref>Archivio Storico Iri, Sezione Finanziamenti, Relazione del consiglio di amministrazione sul bilancio al 31 dicembre 1934, citato in AA VV, ''Storia dell'Iri'' (a cura di Valerio Castronovo), Editori Laterza, Roma-Bari, 2012, vol. 1, pag. 186</ref>
===IRI ente permanente===
Inizialmente era previsto che l'IRI fosse un ente provvisorio il cui scopo era limitato alla dismissione delle attività così acquisite. Ciò in effetti avvenne con la [[Edison]], che fu ceduta ai privati, ma nel 1937 il governo trasformò l'IRI in un ente pubblico permanente; in questo probabilmente influirono lo scopo di mettere in atto la politica autarchica lanciata dal governo e di tenere sotto controllo del governo le aziende navali ed aeronautiche, mentre era in corso la guerra d'Etiopia.
 
=== La stabilizzazione in ente permanente ===
Per finanziare le sue aziende l'IRI emise negli anni Trenta dei prestiti obbligazionari garantiti dallo Stato, risolvendo in questo modo il problema della scarsità di capitali privati. L'IRI si diede una struttura che raggruppava le sue partecipazioni per aree merceologiche: l'Istituto sottoscriveva il capitale di società finanziarie (le "caposettore") che a loro volta possedevano il capitale delle società operative; così nel 1936 nacque la [[Finmare]], nel 1937 la [[Finsider]] e la [[STET]], poi nel dopoguerra [[Finmeccanica]], [[Fincantieri]] e [[Finelettrica]].
[[File:Francesco Giordani.jpg|right|thumb|150px|[[Francesco Giordani (chimico)|Francesco Giordani]], il secondo presidente IRI.]]
Inizialmente era previsto che l'IRI fosse un ente provvisorio il cui scopo era limitato alla dismissione delle attività così acquisite. Ciò in effetti avvenne con alcune imprese del settore elettrico ([[Edison (azienda)|Edison]] e [[Bastogi (azienda)|Bastogi]]) e tessile<ref name=Colajanni/>, che furono cedute ai privati, ma nel 1937 il governo trasformò l'IRI in un ente pubblico permanente; in questo probabilmente influirono lo scopo di attuare l'[[Autarchia in Italia|autarchica]] propagandata dalla [[politica economica fascista]] tenere sotto controllo del governo le aziende navali ed aeronautiche, mentre era in corso la [[guerra d'Etiopia]].
 
Per finanziare le sue aziende l'IRI emise negli anni trenta dei prestiti obbligazionari garantiti dallo Stato, risolvendo in questo modo il problema della scarsità di capitali privati. L'IRI si diede una struttura che raggruppava le sue partecipazioni per aree merceologiche: l'Istituto sottoscriveva il capitale di società finanziarie (le "caposettore") che a loro volta possedevano il capitale delle società operative; così nel 1934 nacque la [[STET]], nel 1936 la [[Finmare]], e nel 1937 la [[Finsider]], poi nel dopoguerra [[Finmeccanica]], [[Fincantieri]] e [[Finelettrica]].
===Il dopoguerra===
Nel dopoguerra la sopravvivenza dell'Istituto non era data per certa, essendo nato più come una soluzione provvisoria che con un orizzonte di lungo termine; di fatto però risultava difficile per lo stato cedere ai privati aziende che richiedevano grandi investimenti e davano ritorni sul lunghissimo periodo. Così l'IRI mantenne la struttura che aveva sotto il fascismo.
 
Alberto Beneduce nel 1939 a causa di problemi di salute, dovuti a un [[ictus]] che lo aveva colpito al ritorno da una riunione della [[Banca dei regolamenti internazionali|Banca dei Regolamenti Internazionali]] a [[Basilea]] il 13 luglio 1936, lasciò la presidenza dell'ente a [[Francesco Giordani (chimico)|Francesco Giordani]].
Solo dopo il 1950 la funzione dell'IRI fu meglio definita: una nuova spinta propulsiva per l'IRI venne da [[Oscar Sinigaglia]], che con il suo piano per aumentare la capacità produttiva della [[siderurgia]] italiana strinse un'alleanza con gli industriali privati; si venne così a creare un nuovo ruolo per l'IRI, cioè quello di sviluppare la grande industria di base e le infrastrutture necessarie al paese, non in "supplenza" dei privati ma in una tacita suddivisione dei compiti. Ne furono esempi lo sviluppo dell'industria siderurgica, quello della rete telefonica e la costruzione dell'[[Autostrada del Sole]], iniziata nel [[1956]].
 
=== Il ruolo nel secondo dopoguerra e nel miracolo economico italiano ===
==="La formula IRI"===
Nel [[secondo dopoguerra italiano]] la sopravvivenza dell'Istituto non era data per certa, essendo nato più come una soluzione provvisoria che con un orizzonte di lungo termine; di fatto però risultava difficile per lo Stato cedere ai privati aziende che richiedevano grandi investimenti e davano ritorni sul lunghissimo periodo, sicché l'IRI mantenne la struttura che aveva sotto il [[fascismo]].
Negli anni '60, mentre l'economia italiana cresceva ad alti ritmi, l'IRI era tra i protagonisti del "miracolo" italiano. Altri paesi europei, in particolare i governi laburisti inglesi, guardavano alla "formula IRI" come ad un esempio positivo di intervento dello stato dell'economia, migliore della semplice "nazionalizzazione" perché permetteva una cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato.
 
Solo dopo il 1950 la funzione dell'Istituto fu meglio definita: una nuova spinta propulsiva per l'ente venne da [[Oscar Sinigaglia]], che con il suo piano per aumentare la capacità produttiva della [[siderurgia]] italiana strinse un'alleanza con gli industriali privati; si venne così a creare un nuovo ruolo per l'IRI, cioè quello di sviluppare la grande industria di base e le infrastrutture necessarie al paese, non in "supplenza" dei privati ma in una tacita suddivisione dei compiti. Ne furono esempi lo sviluppo dell'industria siderurgica, quello della rete telefonica e la costruzione dell'[[Autostrada del Sole]], iniziata nel [[1956]].
In molte aziende del gruppo il capitale era misto, in parte pubblico, in parte privato. Molte aziende del gruppo IRI rimasero quotate in borsa e le obbligazioni emesse dall'Istituto per finanziare le proprie imprese erano sottoscritte in massa dai risparmiatori.
 
Negli anni sessanta, mentre l'economia italiana cresceva ad alti ritmi, l'IRI era tra i protagonisti del "[[miracolo economico italiano]]". Altri paesi europei, in particolare i governi laburisti inglesi, guardavano alla "formula IRI" come ad un esempio positivo di intervento dello Stato dell'economia, migliore della semplice "nazionalizzazione" perché permetteva una cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato.
===La teoria degli "oneri impropri"===
Ai vertici dell'IRI si insediarono esponenti della [[Democrazia Cristiana|DC]] come [[Giuseppe Petrilli]], presidente dell'Istituto per quasi vent'anni (dal 1960 al 1979). Petrilli nei suoi scritti elaborò una teoria che sottolineava gli effetti positivi della "formula IRI"<ref>Petrilli pubblicò un libro intitolato ''Lo stato imprenditore'', Cappelli, Bologna 1967; citato da M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', Arnoldo Mondadori, 2004, pag. 26 e bibliografia a pag. 298</ref>. Attraverso l'IRI le imprese erano utilizzabili per finalità sociali e lo stato doveva farsi carico dei costi e delle diseconomie generati dagli investimenti; significava che l'IRI non doveva necessariamente seguire criteri imprenditoriali nella sua attività, ma investire secondo quelli che erano gli interessi della collettività anche quando ciò avrebbe generato "oneri impropri", cioè anche in investimenti antieconomici<ref>M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', pag. 26</ref>.
 
In molte società del gruppo il capitale era misto, in parte pubblico, in parte privato. Molte imprese del [[gruppo societario]] IRI rimasero quotate in borsa e le obbligazioni emesse dall'Istituto per finanziare le proprie imprese erano sottoscritte in massa dai risparmiatori.
Questa prassi, generalmente ritenuta connaturata all'esistenza stessa dell'Iri per il suo essere ''azienda pubblica'', non era in realtà data per scontata al momento della sua creazione. La pratica amministrativa del suo fondatore, [[Alberto Beneduce]], si fondava al contrario sull'assoluto rigore di bilancio e sulla limitazione delle assunzioni all'essenziale per garantire un funzionamento snello ed efficiente dell'organizzazione<ref>M. Franzinelli, M. Magnani, ''Beneduce, il finanziere di Mussolini'', Mondadori 2009, pag. 239</ref>. Allo stesso modo, durante i primi anni di vita si scelse a livello gestionale di non procedere con operazioni di salvataggio, reali o camuffate<ref>ibidem, pagg. 230-31</ref>.
 
Ai vertici dell'IRI si insediarono esponenti della [[Democrazia Cristiana|DC]] come [[Giuseppe Petrilli]], presidente dell'Istituto per quasi vent'anni (dal 1960 al 1979). Petrilli nei suoi scritti elaborò una teoria che sottolineava gli effetti positivi della "formula IRI"<ref>Petrilli pubblicò un libro intitolato ''Lo stato imprenditore'', Cappelli, Bologna 1967; citato da M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', Arnoldo Mondadori, 2004, pag. 26 e bibliografia a pag. 298</ref>. Attraverso l'IRI le imprese erano utilizzabili per finalità sociali e lo Stato doveva farsi carico dei costi e delle diseconomie generati dagli investimenti; significava che l'IRI non doveva necessariamente seguire criteri imprenditoriali nella sua attività, ma investire secondo quelli che erano gli interessi della collettività anche quando ciò avesse generato "oneri impropri", cioè anche in investimenti antieconomici<ref>M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', pag. 26</ref>.
Critico verso la prassi assistenzialista, in linea quindi con la falsariga del modello Beneduciano fu il secondo Presidente della Repubblica Italiana, il pur liberale [[Luigi Einaudi]], che ebbe a dire: «''L'impresa pubblica, se non sia informata a criteri economici, tende al tipo dell'ospizio di carità''».
 
Questa prassi, generalmente ritenuta connaturata all'esistenza stessa dell'IRI per il suo essere ''[[azienda pubblica]]'', non era in realtà data per scontata al momento della sua creazione. La pratica amministrativa del suo fondatore, [[Alberto Beneduce]], si fondava al contrario sull'assoluto rigore di bilancio e sulla limitazione delle assunzioni all'essenziale per garantire un funzionamento snello ed efficiente dell'organizzazione<ref>M. Franzinelli, M. Magnani, ''Beneduce, il finanziere di Mussolini'', Mondadori 2009, pag. 239</ref>. Allo stesso modo, durante i primi anni di vita si scelse a livello gestionale di non procedere con operazioni di salvataggio, reali o camuffate<ref>ibidem, pagg. 230-31</ref>.
Si veda a raffronto, due paragrafi più in basso, l'incremento del numero di dipendenti Iri, aumento che solo in parte può essere spiegato con l'espansione dell'attività produttiva in capo all'ente.
 
Critico verso la prassi assistenzialista, in linea quindi con la falsariga del modello beneduciano, fu il secondo Presidente della Repubblica Italiana, il liberista [[Luigi Einaudi]], che ebbe a dire: «''L'impresa pubblica, se non sia informata a criteri economici, tende al tipo dell'ospizio di carità''».
Poiché gli obiettivi dello stato erano sviluppare l'economia del Mezzogiorno e mantenere la piena occupazione, l'IRI doveva concentrare i propri investimenti nel [[Sud Italia|Sud]] ed incrementare l'occupazione nelle proprie aziende. La posizione di Petrilli rifletteva quelle già diffuse in alcune correnti della DC, che cercavano una "terza via" tra il [[liberismo]] ed il [[comunismo]]; il sistema misto delle imprese a partecipazione statale dell'IRI sembrava realizzare questo ibrido tra due sistemi agli antipodi.
 
Poiché gli obiettivi dello Stato erano sviluppare l'economia del Mezzogiorno e mantenere la piena occupazione, l'IRI doveva concentrare i propri investimenti nel [[Sud Italia|Sud]] ed incrementare l'occupazione nelle proprie imprese. La posizione di Petrilli rifletteva quelle già diffuse in alcune correnti della DC, che cercavano una "[[terza via]]" tra il [[liberismo]] ed il [[comunismo]]; il sistema misto delle imprese a partecipazione statale dell'IRI sembrava realizzare questo ibrido tra due sistemi agli antipodi.
===Gli investimenti ed i salvataggi===
L'IRI effettivamente poneva in essere grandissimi investimenti nel Sud Italia, come la costruzione dell'[[Italsider]] di [[Taranto]] e quella dell'AlfaSud di [[Pomigliano d'Arco]] e di Pratola Serra in [[Irpinia]]; altri furono programmati senza essere mai essere realizzati, come il centro siderurgico di [[Gioia Tauro]] . Per evitare gravi crisi occupazionali, l'IRI venne spesso chiamato in soccorso di aziende private in difficoltà: ne sono esempi i "salvataggi" della [[Motta (alimentari)|Motta]] e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l'acquisizione di aziende alimentari dalla [[Montedison]]; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell'Istituto.
 
=== Gli investimenti nel meridione d'Italia e gli interventi di salvataggio ===
'''Gruppo IRI – andamento numero dipendenti'''<ref>da P. Bianchi, ''La rincorsa frenata-L’industria italiana dall’unità nazionale all’unificazione europea'', Il Mulino, 2002
L'IRI effettivamente poneva in essere grandissimi investimenti nel Sud Italia, come la costruzione dell'[[Italsider]] di [[Taranto]] e quella dell'[[Alfasud (azienda)|AlfaSud]] di [[Pomigliano d'Arco]] e di [[Pratola Serra]]; altri furono programmati senza mai essere realizzati, come il centro siderurgico di [[Gioia Tauro]]. Per evitare gravi crisi occupazionali, l'IRI venne spesso chiamato in soccorso di [[imprese]] e [[gruppo societario|gruppi societari]] in difficoltà: ne sono esempi i "salvataggi" della [[Motta (alimentari)|Motta]] e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l'acquisizione di imprese del settore agroalimentare del [[Montedison|gruppo Montedison]]; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell'ente.
 
=== I debiti e la crisi degli anni 1970 ===
</ref>
All'IRI vennero richiesti ingentissimi investimenti anche in periodi di crisi, quando i privati riducevano i loro investimenti. Lo Stato erogava i cosiddetti "fondi di dotazione" all'IRI, che poi li allocava alle sue caposettore sotto forma di capitale; tali fondi però non erano mai sufficienti per finanziare gli enormi investimenti e spesso venivano erogati con ritardo. L'Istituto e le sue aziende dovevano quindi finanziarsi con l'indebitamento bancario, che negli anni settanta crebbe a livelli vertiginosi: gli investimenti del gruppo IRI erano coperti da mezzi propri solo per il 14%; il caso più estremo era la [[Finsider]] dove nel [[1981]] questo rapporto scendeva al 5%<ref>M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', Mondadori, 2004, pag. 67</ref>.
{| class="wikitable"
Gli oneri finanziari portarono in rosso i conti dell'IRI e delle sue controllate: nel 1976 si verificò che tutte le aziende del settore pubblico chiusero in perdita<ref>V. Castronovo, ''Storia dell'Industria italiana'', Mondadori, 2003</ref>. In particolare, la siderurgia e la cantieristica riportarono perdite fino agli anni ottanta, così come erano pessimi i risultati economici dell'[[Alfa Romeo]]. La gestione anti-economica delle aziende IRI portò gli azionisti privati ad uscire progressivamente dal loro capitale. All'inizio degli anni ottanta i governi iniziarono un ripensamento sulla funzione e sulla gestione delle aziende pubbliche.
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=== La presidenza di Romano Prodi e la ristrutturazione degli anni 1980 ===
===I debiti e la crisi===
[[File:Romano Prodi in 1996.jpg|thumb|[[Romano Prodi]]]]
All'IRI vennero richiesti ingentissimi investimenti anche in periodi di crisi, quando i privati riducevano i loro investimenti. Lo Stato erogava i cosiddetti "fondi di dotazione" all'IRI, che poi li allocava alle sue caposettore sotto forma di capitale; tali fondi però non erano mai sufficienti per finanziare gli enormi investimenti e spesso venivano erogati con ritardo. L'Istituto e le sue aziende dovevano quindi finanziarsi con l'indebitamento bancario, che negli anni Settanta crebbe a livelli vertiginosi: gli investimenti del gruppo IRI erano coperti da mezzi propri solo per il 14%; il caso più estremo era la [[Finsider]] dove nel [[1981]] questo rapporto scendeva al 5%<ref>M.Pini, ''I giorni dell'IRI'', Mondadori, 2004, pag. 67</ref>.
Nel 1982 il governo affidò la presidenza dell'IRI a [[Romano Prodi]]. La nomina di un [[economista]] (seppur sempre politicamente di area democristiana, come il predecessore [[Pietro Sette]]) alla guida dell'IRI costituiva in effetti un segno di discontinuità rispetto al passato. La ristrutturazione dell'IRI durante la presidenza Prodi, per far fronte alla situazione debitoria, portò a:
Gli oneri finanziari portarono in rosso i conti dell'IRI e delle sue controllate: nel 1976 si verificò che tutte le aziende del settore pubblico chiusero in perdita<ref>V.Castronovo, ''Storia dell'Industria italiana'', Mondadori, 2003</ref>. In particolare, la siderurgia e la cantierisitica riportarono perdite fino agli anni '80, così come erano pessimi i risultati economici dell'[[Alfa Romeo]]. La gestione anti-economica delle aziende IRI portò gli azionisti privati ad uscire progressivamente dal loro capitale. All'inizio degli anni '80 i governi iniziarono un ripensamento sulla funzione e sulla gestione delle aziende pubbliche.
* la cessione di 29 aziende del gruppo, tra le quali la più grande fu l'[[Alfa Romeo]], privatizzata nel [[1986]];
 
* la diminuzione dei dipendenti, grazie alle cessioni e a numerosi prepensionamenti, soprattutto nella siderurgia e nei cantieri navali;
===L'epoca Prodi===
* la liquidazione di [[Finsider]], [[Italsider]] e [[Italstat]];
Nel 1982 il governo affidò la presidenza dell'IRI a [[Romano Prodi]]. La nomina di un economista (seppur sempre politicamente di area democristiana, come il predecessore [[Pietro Sette]]) alla guida dell'IRI costituiva in effetti un segno di discontinuità rispetto al passato. La ristrutturazione dell'IRI durante la presidenza Prodi portò a:
*la cessionelo scambio di 29alcune aziende del gruppo, tra le quali la più grande fu l'[[Alfa RomeoSTET]], privatizzata nele [[1986Finmeccanica]];
* la tentata vendita della [[SME (azienda)|SME]] al gruppo [[CIR (azienda)|CIR]] di [[Carlo De Benedetti]], operazione che venne fortemente ostacolata dal governo di [[Bettino Craxi]]. Fu organizzata una cordata di imprese, comprendente anche [[Silvio Berlusconi]], che avanzarono un'offerta alternativa per bloccare la vendita. L'offerta non venne poi onorata per carenze finanziarie, ma intanto la vendita della SME sfumò. Prodi fu accusato di aver stabilito un prezzo troppo basso ([[vicenda SME]]).
*la diminuzione dei dipendenti, grazie alle cessioni ed a numerosi prepensionamenti, soprattutto nella siderurgia e nei cantieri navali;
*la liquidazione di [[Finsider]], [[Italsider]] ed [[Italstat]];
*lo scambio di alcune aziende tra [[STET]] e [[Finmeccanica]];
*la tentata vendita della [[SME (azienda)|SME]] al gruppo [[CIR (azienda)|CIR]] di [[Carlo De Benedetti]], che venne fortemente ostacolata dal governo di [[Bettino Craxi]]. Fu organizzata una cordata di imprese, comprendente anche [[Silvio Berlusconi]] che avanzarono un'offerta alternativa per bloccare la vendita. L'offerta non venne poi onorata per carenze finanziarie, ma intanto la vendita della SME sfumò. Prodi fu accusato di aver stabilito un prezzo troppo basso (vedi [[vicenda SME]]).
 
Il risultato fu che nel 1987, per la prima volta da più di un decennio, l'IRI riportò il bilancio in utile, e di questo Prodi fece sempre un vanto, anche se a proposito di ciò [[Enrico Cuccia]] affermò:
{{quoteCitazione| (Prodi) nel 1988 ha solo imputato a riserve le perdite sulla siderurgia, perdendo come negli anni precedenti.| S.Bocconi, ''I ricordi di Cuccia. E quella sfiducia sugli italiani'', [[Corriere della Sera]], 12 novembre 2007}}
 
È comunque indubbio che in quegli anni l'IRI aveva cessato di crescere e di allargare il proprio campo di attività, come invece aveva fatto nel decennio precedente; intanto però la [[Commissione Europea]], per garantire il principio della [[libera concorrenza]], negli anni ottanta aveva incominciato a contestare alcune pratiche messe in atto dai governi italiani, come la garanzia dello Stato sui debiti delle aziende siderurgiche e la pratica di affidare i lavori pubblici all'interno del gruppo IRI senza indire gara d'appalto europea. La [[ricapitalizzazione]] delle aziende pubbliche e la garanzia dello Stato sui loro debiti furono da allora considerati [[aiuti di Stato]], in contrasto con i principi su cui si basava la [[Comunità Europea]]; l'Italia si trovò quindi nella necessità di riformare, secondo criteri di gestione più vicini a quelli delle imprese private, il suo settore pubblico, incentrato su IRI, [[Eni]] ed [[EFIM]].
È comunque indubbio che in quegli anni l'IRI aveva per lo meno cessato di crescere e di allargare il proprio campo di attività, come invece aveva fatto nel decennio precedente, e per la prima volta i governi cominciarono a parlare di "privatizzazioni".
 
===L Il trattato di Maastricht, l'accordo Andreatta-Van Miert e le privatizzazioni in Italia ===
{{Vedi anche|Privatizzazioni in Italia}}
Per le sorti dell'IRI fu decisiva l'accelerazione del processo di unificazione europea, che prevedeva l'unione doganale nel 1992 ed il successivo passaggio alla moneta unica sotto i vincoli del [[Trattato di Maastricht]]. Per garantire il principio della libera concorrenza, la Commissione Europea negli anni Ottanta aveva incominciato a contestare alcune pratiche messe in atto dai governi italiani, come la garanzia dello stato sui debiti delle aziende siderurgiche e la pratica di affidare i lavori pubblici all'interno del gruppo IRI senza indire gara d'appalto europea.
LePoco ricapitalizzazioni delle aziende pubbliche edopo la garanziafirma dellodel Stato sui loro debiti furono da allora considerati aiuti[[trattato di stato,Maastricht]] in contrasto con i principi su cui si basava lail [[Comunitàgoverno EuropeaAmato I]]; l'Italiacon sidecreto trovòlegge quindi11 nellaluglio necessità1992, din. riformare333 secondo- critericonvertito diin gestionelegge più08 viciniagosto alle aziende private il suo settore pubblico incentrato su IRI1992, [[ENI]] ed [[EFIM]]n. Nel359 luglio [[1992]]trasformó l'IRI e gli altri [[enti pubblici furonoeconomici]] convertitiinteressati in Società[[società per azioni]]. Nel luglio dell'anno successivo il commissario europeo alla Concorrenza [[Karel Van Miert]] contestò all'Italia la concessione di fondi pubblici all'EFIM, che non era più in grado di ripagare i propri debiti.
 
Per evitare una grave crisi d'insolvenza, Van Miert concluse, alla fine del 1993, con l'allora ministro degli Esteri [[Beniamino Andreatta]] un accordo<ref>[http://europa.eu/rapid/press-release_IP-96-1197_it.htm europa.eu: press release IP-96-1197]</ref>, che consentiva allo Stato italiano di pagare i debiti dell'EFIM, ma a condizione dell'impegno incondizionato a stabilizzare i debiti di IRI, ENI ed [[ENELEnel]] e poi a ridurloridurli progressivamente ad un livello comparabile con quello delle aziende private entro il [[1996]]. Per ridurre in modo così sostanzioso i debiti degli ex-enti pubblici, l'Italia non poteva che privatizzare gran parte delle aziende partecipate dall'IRI.
 
L'accordo Andreatta-Van Miert impresse una forte accelerazione alle [[privatizzazioni in Italia]]; nonostante alcuni pareri contrari, il [[Ministero del tesoro]] decise non di privatizzare l'IRI S.p.A., ma di smembrarla e di vendere le sue aziende operative; tale linea politica fu inaugurata col primo governo Amato e non fu mai messa realmente in discussione dai governi successivi. {{Senza fonte|Raggiunti nel [[1997]] i livelli di indebitamento fissati dall'accordo Andreatta-Van Miert}}, le dismissioni dell'IRI proseguirono comunque e l'Istituto aveva perso qualsiasi funzione, se non quella di vendere le sue attività e di avviarsi verso la liquidazione.
===Le privatizzazioni===
L'accordo Andreatta-Van Miert impresse una forte accelerazione alle privatizzazioni, iniziate già nel 1992 con la vendita del [[Credito Italiano]]. Nonostante alcuni pareri contrari, il ministero del Tesoro scelse di non privatizzare l'IRI SpA, ma di smembrarlo e di vendere le sue aziende operative; tale linea politica fu inaugurata sotto il primo governo di [[Giuliano Amato]] e non fu mai messa realmente in discussione dai governi successivi. Raggiunti nel [[1997]] i livelli di indebitamento fissati dall'accordo Andreatta-Van Miert, le dismissioni dell'IRI proseguirono comunque e l'Istituto aveva perso qualsiasi funzione se non quella di vendere le sue attività e di avviarsi verso la liquidazione.
 
Tra il 1992 ed il 2000 l'IRI vendette partecipazioni e [[azienda (ordinamento italiano) |rami d'azienda]], che determinarono un incasso per il ministeroMinistero del Tesorotesoro, suo unico azionista, di 56.051{{formatnum:56051}} miliardi di lire, cui vanno aggiunti i debiti trasferiti.<ref>[[Mediobanca]] Ricerche e Studi,''Le privatizzazioni in Italia dal 1992'', 2000 </ref> Hanno suscitato critiche le cessioni ai privati, tra le altre, di aziende in posizione pressoché monopolistica, come [[TIM (azienda)|Telecom Italia]] ed [[Autostrade S.p.A.per l'Italia]],; cessioni che hanno garantito agli acquirenti posizioni di rendita.
 
Particolarmente critica fu la privatizzazione di [[Autostrade per l'Italia#La privatizzazione del 1999|Autostrade per l'Italia]], decisa nel 1997 e completata due anni più tardi. Per liquidare il Ministero del tesoro, si rese necessario reperire sul mercato una somma compresa fra i 4.500 e i 5.000 miliardi lire, dei quali il 40% avrebbe dovuto provenire da un "nucleo stabile" di azionisti, formato da una ventina di realtà imprenditoriali e finanziarie. A capo del progetto iniziale di cordata erano [[Lazard]], [[Banca Generali|Generali]], insieme alla banca [[Rothschild]].<ref>{{cita web | autore = Enzo Cirillo | url = https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/09/23/agip-rothschild-entrano-in-autostrade.html | titolo = Agip e rothschild entrano in autostrade | città = Roma | data = 23 gennaio 1997 | urlarchivio = https://archive.is/20190907115521/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/09/23/agip-rothschild-entrano-in-autostrade.html | dataarchivio = 7 settembre 2019 | urlmorto = no | accesso = 7 settembre 2019}}</ref>
===L'analisi della Corte dei Conti sulla stagione delle privatizzazioni===
Con un documento pubblicato il 10 febbraio 2010<ref>[http://www.ilgiornale.it/economia/la_corte_conti_svela_lato_oscuro_privatizzazioni/finanza-azioni-energia-euro-inflazione-privatizzazioni_tariffe_corte_conti/27-02-2010/articolo-id=425552-page=0-comments=1 La Corte dei Conti svela il lato oscuro delle privatizzazioni, 27 gen 2010, Il Giornale]</ref>, ormai ultimata la stagione delle privatizzazioni che prese il via quasi 20 anni prima, la Corte dei Conti ha reso pubblico uno studio nel quale elabora la propria analisi sull'efficacia dei provvedimenti adottati. Il giudizio, che rimane neutrale, segnala sì un recupero di redditività da parte delle aziende passate sotto il controllo privato; un recupero che, tuttavia, non è dovuto alla ricerca di maggiore efficienza quanto piuttosto all'incremento delle tariffe di energia, autostrade, banche, etc ben al di sopra dei livelli di altri paesi Europei. A questo aumento, inoltre, non avrebbe fatto seguito alcun progetto di investimento volto a migliorare i servizi offerti.<ref>[http://www.tgcom.mediaset.it/economia/articoli/articolo475071.shtml Con privatizzazioni tariffe alte, 26 feb 2010, TgCom]</ref>
Più secco è invece il giudizio sulle procedure di privatizzazione, che:
{{quote|evidenzia una serie di importanti criticità, che vanno dall'elevato livello dei costi sostenuti e dal loro incerto monitoraggio, alla scarsa trasparenza connaturata ad alcune delle procedure utilizzate in una serie di operazioni, dalla scarsa chiarezza del quadro della ripartizione delle responsabilità fra amministrazione, contractors ed organismi di consulenza al non sempre immediato impiego dei proventi nella riduzione del debito<ref>[http://www.corriere.it/economia/10_febbraio_26/privatizzazioni-corte-conti_220274c6-22e3-11df-8195-00144f02aabe.shtml Corte dei Conti: le ex aziende pubbliche ora fanno i soldi grazie a tariffe più care, 26 feb 2010, Corriere della Sera]</ref>}}
 
=== La liquidazione e l'incorporazione in Fintecna ===
Le poche aziende ([[Finmeccanica]], [[Fincantieri]], [[Fintecna]], [[Alitalia]] e [[RAI]]) rimaste in mano all'IRI furono trasferite sotto il diretto controllo del Tesoro[[Ministero del tesoro]]. Nonostante alcune proposte di mantenerlo in vita, trasformandolo in una non meglio precisata "agenzia per lo sviluppo", il 27 giugno [[2000]] l'IRI fu messo in liquidazione e nel [[2002]] fu incorporato in [[Fintecna]], scomparendo definitivamente. Prima di essere incorporato dalla sua ex controllata ha però pagato un assegnoversato al MinisteroTesoro delun Tesoroassegno di oltre 5000 miliardi di lire, naturalmente dopo aver saldato ogni suo debito.
 
== Natura giuridica ed organizzazione ==
==La ''governance'' dell’IRI==
Per la maggior parte della sua storia l’IRIl'IRI è stato un [[ente pubblico economico]], che rispondevadipendente formalmentefunzionalmente aldal [[Ministero delle Partecipazionipartecipazioni Statalistatali]], che fino agli anni ’80ottanta fu quasi ininterrottamente ricoperto da esponenti della [[Democrazia Cristiana|DC]].
 
A capo dell’IRIdell'IRI vi erano un consiglio di amministrazione ed il ''comitato di presidenza'', formato dal presidente e da membri nominatidesignati dai partiti di governo. Se il presidente dell’IRIdell'IRI fu sempre espressione della [[Democrazia Cristiana|DC]], la vicepresidenza fu spesso ricoperta da esponenti del [[Partito Repubblicano Italiano|PRI]] come [[Bruno Visentini]] (perdal più1953 dial vent’anni1971), prima[[Pietro Armani]] (dal 1977 al 1991) e [[PietroRiccardo ArmaniGallo (professore)|Riccardo Gallo]] poi(dal 1991 al 1992, qui [[c:File:Nomina_Iri_in_GU.pdf|decreto di nomina]]), con un interregno del liberale [[Enzo Storoni]] (dal 1971 al 1977), a controbilanciare il peso dei cattolici con quello dei grandi imprenditori privati e laici, di cui i repubblicani erano espressione. Le nomine ai vertici delle banche, delle finanziarie e delle maggiori aziende erano decise dal comitato di presidenza ma, soprattutto durante il mandato di Petrilli, i poteri erano concentrati nelle mani del presidente e di poche persone a lui vicine.
 
Dopo la trasformazione dell’IRIdell'IRI in [[società per azioni]] nel 1992, il consiglio d’amministrazioned'amministrazione dell’Istitutodell'Istituto fu ridotto a tre soli membri e l’influenza l'influenza della DC e degli altri partiti, in un periodo in cui molti loro esponenti furono coinvolti nelle indagini di [[Tangentopoli]], fu di molto ridotta. Negli anni delle privatizzazioni, la gestione dell’IRIdell'IRI fu accentrata nelle mani del [[Ministero del Tesorotesoro]].
 
== Le partecipazioni IRIdetenute ==
Le partecipazioni dell'IRI erano strutturate in una serie di '''[[holding]]'' di settore''', che a loro volta controllavano le società operative. La gestione di quote societarie rimaste nell'ambito delle partecipazioni statali anche dopo gli [[anni 1990]] (principalmente in [[Finmeccanica]] e [[Fincantieri]]) spetti alla [[Fintecna]], la quale assolverebbe quindi a una funzione parzialmente analoga a quella dell'IRI, di cui era nata come controllata.
 
L'elenco seguente segnala comunque anche le attività in seguito eventualmente tornate, in tutto o anche solo in parte, sotto controllo statale (tramite la già citata Fintecna, il [[Ministero dell'economia e delle finanze]], [[Cassa depositi e prestiti]] o [[Invitalia]]), e quindi considerabili [[Impresa pubblica|imprese pubbliche]].
Le principali aziende controllate dall'IRI sono state:
* '''[[Banche di Interesseinteresse Nazionalenazionale]]'''
**[[Banca Commerciale Italiana]] (secondo maggior azionista: [[Assicurazioni Generali]], [[BNP Paribas|Paribas]]), privatizzata con [[Offerta pubblica di acquisto|OPA]] nel [[1994]];
**[[Credito Italiano]] (secondo maggior azionista: [[Alleanza Assicurazioni]] 5%), privatizzata con [[Offerta pubblica di acquisto|OPA]] nel [[1993]];
**[[Banco di Roma]] (secondo maggior azionista: [[Toro Assicurazioni]] 10%, [[Banca Commerciale Italiana]] 5%), confluito nella [[Banca di Roma]] nel [[1992]].
* '''Siderurgia'''
**[[Finsider]]: 99,82%. Fu ricostituita come [[ILVA]] nel 1989, che fu quindi privatizzata "a pezzi" (con operazione conclusa nel [[1995]]), dal [[2021]] divenuta [[Acciaierie d'Italia]], partecipata (38%) da [[Invitalia]] (agenzia pubblica).<ref>{{Cita news|titolo=L'Ilva diventa Acciaierie d'Italia|pubblicazione=Milano Finanza|autore=Paola Valentini|data=23 aprile 2021|url=https://www.milanofinanza.it/news/l-ilva-diventa-acciaierie-d-italia-202104231016413092|accesso=14 ottobre 2021}}</ref>
**[[Finsider]]: 99,82%. Ricostituita nel [[1988]] come [[Ilva]], privatizzata "a pezzi" (operazione conclusa nel [[1995]])
*'''Meccanica'''
**[[Finmeccanica]]: 86,6%. LaProprietaria proprietàfino al 1986 della casa automobilistica [[Alfa Romeo]], ceduta poi alla FIAT, la Finmeccanica fu trasferita al [[Ministero dell'Economiaeconomia e delle Finanzefinanze]].
*'''Cantieristica'''
**[[Fincantieri]]: 99,9%. La proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'Economiaeconomia e delle Finanzefinanze]].
*'''Costruzioni'''
**[[Italstat]]: 99.,99%. Fusa nel [[1991]] in [[Iritecna SpA|Iritecna]], poi sostituita nel [[1994]] da [[Fintecna]], la cui proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'Economiaeconomia e delle Finanzefinanze]].
*'''Telecomunicazioni'''
**[[STET]]: 56,56%. Fusa nel 1997 con [[Telecom Italia]], la cui proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'Economiaeconomia e delle Finanzefinanze]] e privatizzata nel 1997.
*'''Trasporto via mare'''
**[[Finmare]]: 99,88%. La proprietà del suo principale asset, [[Tirrenia di Navigazione]], fu inglobata in [[Fintecna]] e trasferita al [[Ministero dell'Economiaeconomia e delle Finanzefinanze]]; fu poi privatizzata nel [[2008]].
*'''Trasporto via cielo'''
**[[Alitalia]] 89,3%. La proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'economia e delle finanze]], poi privatizzata nel [[2008]]; nel [[2021]] ha cessato le attività e le è subentrata [[ITA Airways]], partecipata al 100% dal [[Ministero dell'economia e delle finanze]].<ref>{{Cita news|titolo=Alitalia dà l'addio ai cieli, Ita pronta al decollo|pubblicazione=ANSA|data=14 ottobre 2021|url=https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2021/10/13/alitalia-da-laddio-ai-cieli-ita-pronta-al-decollo-_ebc18df1-4122-4eac-9592-8ee8b0bb397b.html|accesso=14 ottobre 2021}}</ref>
**[[Alitalia]] 89,3%. La proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'Economia e delle Finanze]]
*'''Trasporto via strada'''
**[[Autostrade per l'Italia|Autostrade S.p.A.]]. La proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'economia e delle finanze]], poi privatizzata nel [[1999]]; dal [[2021]] partecipata da [[Cassa depositi e prestiti]].<ref>{{Cita news|titolo=Le Autostrade tornano allo Stato a tre anni dal Ponte: sì di Atlantia a Cdp. Ai Benetton 2,4 miliardi|pubblicazione=Corriere della Sera|autore=Fabio Savelli|data=31 maggio 2021|url=https://www.corriere.it/economia/finanza/21_maggio_31/autostrade-l-ok-soci-all-offerta-cassa-depositi-fondi-esteri-5857fba4-c20f-11eb-97d8-c46abd749374.shtml|accesso=31 maggio 2021}}</ref>
**[[Atlantia|Autostrade]]. La proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'Economia e delle Finanze]], poi privatizzata nel [[1999]]
*'''Alimentare'''
**[[SME (azienda)|SME]] (secondo maggior azionista: [[Mediobanca]] 4%), privatizzata "a pezzi" negli anni '901990 (vedi [[vicenda SME]] e [[processo SME]]).
*'''Teleradiodiffusione'''
**[[RAI]] 99,55%. La proprietà fu trasferita al [[Ministero dell'Economiaeconomia e delle Finanzefinanze]].
*'''Altro'''
**[[Cofiri]]: 100%
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**[[Società per la Promozione e Sviluppo Industriale - SPI]]: 97,5%
**[[Aerhotel]]: Ceduta a Starwood Hotels & Resorts Worldwide Inc.
**[[Banco di Santo Spirito]]
 
== Le ”Nuove"nuove IRI" IRI”==
InNel linguaggio giornalistico l’IRIitaliano l'IRI è rimasto come paradigma della mano pubblica interventista nell'economia, che raccogliedetiene partecipazioni in aziende senza troppi criteri imprenditoriali.<ref>[http://osservatorioglobalizzazione.it/progetto-italia/iri-leterno-ritorno/ ''Dallo Stato-imprenditore allo Stato-stratega''], Osservatorio Globalizzazione, 8 gennaio 2020</ref> Così enti statali come la [[Cassa Depositidepositi e Prestitiprestiti]] e [[Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa|Sviluppo ItaliaInvitalia]] sono stati soprannominati “nuove"nuove IRI”IRI", con una certa connotazione negativa, a sottolinearne le finalità politiche e clientelari che tenderebbero, secondo i critici, a prevalere su quelle economiche.<ref>Si veda ad esempio il titolo del seguente articolo sulla Cassa Depositidepositi e Prestitiprestiti: F.M. Mucciarelli, ''Verso una nuova IRI ?'', dal sito [http://www.lavoce.info]</ref>
 
== Dati statistici ==
==Bilancio 1997==
Andamento numero dipendenti 1938-1995:<ref>da P. Bianchi, ''La rincorsa frenata-L'industria italiana dall'unità nazionale all'unificazione europea'', Il Mulino, 2002</ref>
Nel [[1997]] IRI S.p.A. ha ottenuto 40095 miliardi di [[lire]] di [[ricavo|ricavi]], un [[utile]] di 4885 miliardi, debiti per 33831 miliardi, un indebitamento finanziario netto di 19579 miliardi, un [[patrimonio netto]] di 15480 miliardi, 4371 miliardi di partecipazioni in aziende controllate e collegate, 125415 dipendenti.
 
{| class="wikitable"
Fonte: [http://www.iri.it/cons97.pdf Bilancio Consolidato IRI S.p.A. al 31.12.1997]
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==Bilancio 1998==
! Align=Left|Dipendenti
Nel [[1998]] IRI S.p.A. ha ottenuto 36150 miliardi di lire di ricavi, un utile di 3445 miliardi, debiti per 77448 miliardi, indebitamento finanziario netto di 12232 miliardi, 4236 miliardi di partecipazioni in aziende controllate e collegate, 18038 miliardi di patrimonio netto, 112651 dipendenti.
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|VAlign=Top|[[1938]]
Fonte: [http://www.iri.it/con98.pdf Bilancio Consolidato IRI S.p.A. al 31.12.1998]
|VAlign=Top|{{formatnum:201577}}
 
|-
==Bilancio 1999==
|VAlign=Top|[[1950]]
Nel [[1999]] IRI S.p.A. ha ottenuto 36348 miliardi di ricavi, un utile di 6640 miliardi, debiti per 63842 miliardi, un indebitamento finanziario netto di 6476 miliardi, 4201 miliardi di partecipazioni in controllate e collegate, patrimonio netto di 22312 miliardi, 108970 dipendenti.
|VAlign=Top|{{formatnum:218529}}
 
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Fonte: [http://www.iri.it/consolidato.pdf Bilancio Consolidato IRI S.p.A. al 31.12.1999]
|VAlign=Top|[[1960]]
|VAlign=Top|{{formatnum:256967}}
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|VAlign=Top|[[1970]]
|VAlign=Top|{{formatnum:357082}}
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|VAlign=Top|[[1980]]
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|VAlign=Top|[[1985]]
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|VAlign=Top|[[1995]]
|VAlign=Top|{{formatnum:263000}}
|}
 
== Presidenti ==
*[[Alberto Beneduce]] (1933-1939)
*[[Francesco Giordani (chimico)|Francesco Giordani]] (1939-1943)
*[[Alberto Asquini]] (1943-1944)
*[[Vincenzo Tecchio]] (Commissario Alta Italia, 1944-1945)
*[[Leopoldo Piccardi]] (Commissario Alta Italia, 1944-1946)
*[[Giuseppe Paratore]] (1946-1947)
*Imbriani Longo (1947)
Riga 256 ⟶ 254:
*[[Piero Gnudi]] (1999-2002)
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
* AA VV, ''Storia dell'IRI'' (a cura di [[Valerio Castronovo]]), Editori Laterza, Roma-Bari, 2012 (6 volumi) [http://www.archiviostoricoiri.it/index/pagina-70.html] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170812181239/http://www.archiviostoricoiri.it/index/pagina-70.html |date=12 agosto 2017 }}
* Vera Lutz, ''Italy: A Study in Economic Development'', [[Oxford]], Oxford University Press, 1962.
* [[Pasquale Saraceno]], ''Il sistema delle imprese a partecipazione statale nell'esperienza italiana'', [[Milano]], Giuffrè, 1975.
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* [[Mario Ferrari Aggradi]], ''Origini e sviluppo dell'industria pubblica in Italia'', in "Civitas", sett.-ott. 1982.
* [[Sabino Cassese]], Gli «statuti» degli enti di [[Alberto Beneduce|Beneduce]], in “Storia contemporanea”, 1984, n. 5, pp. 941-946.
* [[Nico Perrone]], ''Il dissesto programmato. Le partecipazioni statali nel sistema di consenso democristiano'', [[Bari]], Dedalo, 1992 ISBN 8-82206-115-2
* Massimo[[Nico PiniPerrone]], ''IEconomia giornipubblica dellrimossa'IRI', -in Storie''Studi ein misfattionore dadi BeneduceLuca a ProdiButtaro'', Arnoldovol. MondadoriV, pp. 241-289, Milano, EditoreGiuffrè, 20042002. ISBN 88-0414-5295010088-48
* Massimo Pini, ''I giorni dell'IRI – Storie e misfatti da Beneduce a Prodi'', Arnoldo Mondadori Editore, 2004. ISBN 88-04-52950-4
* [[Mimmo Franzinelli]], Marco Magnani. ''Beneduce: il finanziere di Mussolini'', Milano, Mondadori, 2009. ISBN 9788804585930.
* [[Piercarlo Ravazzi]], "Le privatizzazioni del gruppo e la liquidazione dell'IRI. Valutazioni, orientamenti, alternative." (2014): 257-335.
 
== Voci correlate ==
* [[StatalizzazioneAlberto Beneduce]]
* [[AlbertoGoverno BeneduceAmato I]]
* [[Iritecna]]
*[[Politica economica fascista]]
* [[Intersind]]
*[[Partecipazioni statali]]
* [[Azienda pubblicaFintecna]]
* [[Politica economica fascista]]
*[[Impresa pubblica]]
* [[Politica industriale]]
*[[Privatizzazioni]]
* [[Partecipazioni statali in Italia]]
*[[Intersind]]
* [[Privatizzazioni in Italia]]
*[[Processo SME]]
* [[RomanoProcesso ProdiSME]]
* [[Storia dellaRomano siderurgiaProdi]]
* [[Storia economica d'Italia]]
 
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*[http://ec.europa.eu/archives/commission_1999_2004/prodi/president/sme_it.htm Le sentenze sulla SME]
 
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