Ifigonia in Culide: differenze tra le versioni

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{{Libro
'''Ifigonia in Culide''' è una [[tragedia]] [[goliardia|goliardica]] in tre atti, composta nella seconda metà degli [[anni 1920|anni venti]] e creduta erroneamente per molti anni opera di Autore ignoto, oppure di autore celebre sotto mentite spoglie. Una leggenda voleva che lo stesso Autore fosse nientemeno che Gabriele D'Annunzio. Scritto in versi e strutturato come una [[tragedia greca]] (il titolo è un chiaro rimando a [[Ifigenia in Aulide]]), il poema è una parodia del genere tragico che, come vuole lo spirito goliardico, fa ampio utilizzo di termini scurrili e allusioni sessuali. L'opera contiene anche un ricco e serioso apparato di note fuori testo, la cui lettura è molto apprezzata dagli amanti del genere.
|tipo =
 
|titolo = Ifigonia. Commedia e tragedia classica in tre atti
Il poema ha avuto ampia diffusione fra gli studenti, sempre su edizioni non ufficiali ma stampate in fotocopie o ciclostili, diventando uno dei simboli della goliardia italiana.<ref>
|titoloorig =
{{Cita news
|titolialt =
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|immagine = Ifigonia.jpg
[[File:Ifigonia.jpg|thumb|didascalia = Dattiloscritto originale dell'opera, conservato a Torino nell'archivio del ''Centro Universitas Scholarium.'']]
|autore = [[Hertz De Benedetti]]
|annoorig = 1928
|forza_cat_anno =
|annoita =
|genere = [[poema]]
|sottogenere = [[goliardia]]
|lingua = it
|ambientazione = [[Corinto (città antica)|Corinto]], [[69 a.C.]]
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|personaggi =
|url = http://archiviostorico.corriere.it/1999/novembre/13/Benigni_derubato_dai_politici_co_0_9911138529.shtml
|protagonista = [[Ifigonia]]
|titolo = Benigni derubato dai politici
|coprotagonista =
|pubblicazione = [[Corriere della sera]]
|giornoantagonista = 13
|altri_personaggi = Re di Corinto, Allah Ben Dhur, Don Peder Asta, Uccellone conte di Belmanico, Spiro Kito, Enter O' Clisma, In Man Lha, Bel Pistolino d'Oro, Coro di nobili, vergini e popolo
|mese = novembre
|annoserie = 1999
|paginapreceduto =
|seguito =
|accesso = 19 luglio 2008
}}
'''''Ifigonia in Culide''''' è un [[poemetto]] [[goliardia|goliardico]] in tre atti, composto a [[Torino]] nel [[1928]] da [[Hertz De Benedetti]] (Asti, 20 luglio 1904 - Vercelli. 20 Dicembre 1987), all'epoca studente [[asti]]giano di medicina, e in seguito medico urologo. Esso venne pubblicato in forma anonima, sotto forma di dattiloscritto senza data e senza firma, e per questo motivo per lunghi anni si fecero congetture di ogni tipo sull'autore, sulla sua città di provenienza e sulla datazione dell'opera.<ref>Una voce, chiaramente priva di fondamento, attribuì per alcuni anni il ''Coro delle Vergini'' nientemeno che ad un giovane [[Gabriele D'Annunzio]] (questa leggenda si era diffusa tra gli studenti, equivocando scherzosamente con i titoli di due delle sue opere, ''[[Il libro delle vergini]]'' del 1884 e ''[[Le vergini delle rocce]]'' del 1895).</ref> Scritta in versi e strutturata come una [[tragedia greca]] (il titolo è un chiaro rimando a ''[[Ifigenia in Aulide]]''), ''Ifigonia'' è una [[parodia]] burlesca del [[tragedia|genere tragico]] che, come vuole lo spirito goliardico, fa ampio utilizzo di termini scurrili e allusioni sessuali. Il poemetto (divenuto uno dei simboli della goliardia italiana) ha avuto amplissima diffusione fra gli studenti di tutta [[Italia]],<ref>Ifigonia era così popolare che di essa comparve nel 1970 persino una parodia a fumetti, la ''Nasonia'', ripulita ad uso del pubblico giovanissimo cui era destinata. Vi agivano le caricature di [[Claudio Villa]] (il Re), [[Mike Bongiorno]] (il Gran Cerimoniere), il [[Raffaele Cutolo (paroliere)|Professor Cutolo]] (il Gran Sacerdote), [[Antonella Steni]] (Nasonia) e, tra i pretendenti, i nasutissimi [[Gino Bartali]], [[Nicola Arigliano]] e [[Giorgio Gaber]], quest'ultimo vincitore della gara. La tragedia si concludeva quando [[Giorgio Gaber]] rivelava di essere in realtà il paffuto [[Bobby Solo]]. Nasonia estirpava le tonsille al canoro genitore e si suicidava.</ref> passando di mano in mano su edizioni clandestine riprodotte in proprio a mano o con la [[macchina per scrivere]], delle quali venivano fatte altre copie ugualmente clandestine con la [[carta carbone]], o riprodotte col [[ciclostile]].<ref>{{Cita news
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A causa di questa modalità di diffusione dell'opera, le versioni dell'Ifigonia in circolazione possono essere differenti in alcune parti dalla versione originale, perché molti dei copisti vollero aggiungervi del loro sotto forma di rime, strofe e personaggi apocrifi.<ref>In una di queste versioni apocrife in circolazione il Re di Corinto veniva chiamato Banano I, e gli veniva attribuita anche una moglie, tale "Filippa".</ref> Via via nel corso degli anni, ai versi venne associato dai copisti anche tutto un ricco apparato di [[Glossa|glosse]] e note fuori testo fintamente serie ma in realtà umoristiche.<ref name="ReferenceA">Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', pag. 12.</ref>
==Attribuzione dell'opera==
 
== Attribuzione dell'opera ==
[[File:Ifigonia.jpg|thumb|Dattiloscritto originale dell'opera, conservato a Torino nell'archivio del ''Centro Universitas Scholarium.'']]
La rivelazione del nome dell'autore si ebbe nel 1975 grazie a Cesare Perfetto, inventore e patron del [[Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera]]. Egli volle assegnare in quell'anno il premio ''Rama di Palma d'oro'' proprio ad ''Ifigonia'', consegnando il premio nelle mani di colui che l'aveva composta.<ref name="ReferenceB">Marco Albera, Manlio Collino, Aldo Alessandro Mola, ''Saecularia Sexta Album, Studenti dell'Università a Torino, Sei secoli di Storia'', pag. 114.</ref> L'autore, Hertz De Benedetti,<ref>Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', pag. 9.</ref> aveva scritto il suo poemetto nel [[1928]] quando, giovane goliarda, frequentava la Facoltà di [[medicina]] a [[Torino]]<ref>Il dattiloscritto originale di ''Ifigonia'' venne esposto nel [[2008]] a [[Torino]] tra i pezzi in visione della mostra ''L'Università di Torino. Vicende e protagonisti di una storia plurisecolare'', che si svolse dall'11 giugno al 24 luglio presso l'antico [[Palazzo dell'Università (Torino)|Palazzo dell'Università di Torino]] in via Po 17 (il palazzo, esempio di barocco piemontese e sede dell'Università fino al XIX secolo, risale al 1720 ed ospita oggi gli uffici del Rettorato).</ref> e partecipava nel contempo molto attivamente alla scapigliata vita goliardica torinese guidata all'epoca da Ovidio Borgondo (detto ''Cavur''),<ref>Ovidio Borgondo detto “Cavur” (''Cavur'', scritto proprio così, senza la ''"o"''), noto artista di teatro leggero e del varietà ([[Buenos Aires]], [[Argentina]], 1899-1961), di famiglia originaria di [[Crescentino]], fu il protagonista della vita goliardica italiana e torinese tra le due guerre. Fuoricorso pluribollato, dopo diciassette anni passati ad [[Economia e Commercio]] cambiò Facoltà, si iscrisse a [[Giurisprudenza]] e si laureò finalmente nel Giugno del 1940, a quarant'anni, in Legge. Si iscrisse subito a [[Scienze Politiche]], dove conseguì dopo un anno (nel novembre 1941), la sua seconda laurea. Si iscrisse successivamente a [[Medicina]], ma dovette interrompere gli studi. Per giustificare la sua permanenza all'Università, aveva propalato in giro la falsa leggenda di essere beneficiario di un lascito di un ricco zio prete defunto, il quale avrebbe dato disposizione di corrispondergli il vitalizio fino a che egli fosse rimasto iscritto all'Ateneo. Ma si trattava di uno scherzo: anche se ''Cavur'' per gioco si divertiva ad impersonare lo studente inetto e nullafacente, in realtà per mantenersi lavorava come autore e attore di rivista, sfruttando la sua vena artistica sui palcoscenici di tutta [[Italia]]. Nell'ambito della scena teatrale torinese, dopo aver partecipato con successo alla rivista goliardica ''Fra gonne e colonne'' del 1928, scrisse e fu protagonista delle riviste studentesche ''Come me la godo!'' (1930, in collaborazione con [[Angelo Nizza]] e [[Riccardo Morbelli]]), ''Va' all'inferno!'' (1932), ''Meglio un asino vivo'' (1933, di nuovo in collaborazione con [[Angelo Nizza]] e [[Riccardo Morbelli]]), ''Attenzione, attenzione!'' (1937), ''Giovanotti in aula!'' (1939), ''Io?...Mai stato!'' (1945). Nell'allestimento delle sue riviste torinesi, Cavur si avvalse della collaborazione del regista dell'[[EIAR]] [[Riccardo Massucci]], già regista del celeberrimo programma radiofonico ''[[I quattro moschettieri (programma radiofonico)|I quattro moschettieri]]'' (che andò in onda dal 1934 al 1937 proprio dagli studi dell'[[EIAR]] di [[Torino]]).</ref> autore e attore in tutte le riviste teatrali studentesche torinesi degli anni venti e trenta, messe in scena con la ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'' che Borgondo stesso aveva fondato.<ref name="ReferenceA"/> Il titolo originario era ''Ifigonia. Commedia e tragedia classica in tre atti''.<ref>Come si vede, le trascrizioni posteriori di successive generazioni di copisti ne hanno persino stravolto il titolo originale, aggiungendovi il suffisso "in Culide".</ref> Nelle sue memorie, scritte dopo la guerra e dedicate al suo ventennio di vita universitaria, Cavur non mancò di nominare (pur indirettamente, attraverso il suo soprannome goliardico)<ref>Il soprannome goliardico di Hertz De Benedetti, attributogli dagli amici dopo il 1928, era ''Ifigonia''</ref> l'amico Hertz De Benedetti,<ref>Ovidio Borgondo ''Cavur'', fin dagli anni venti, aveva riunito gli amici compagni di goliardia e di bagordi in un gruppo chiamato ''La Nave Ammiraglia'' (nel quale, oltre a ''Cavur'' nelle vesti di Ammiraglio, tutti i membri ricoprivano scherzosi incarichi marinareschi). Questo gruppo si ritrovava a [[Torino]], in piazza Carlo Felice, presso la ''Casa del Caffè'' (un locale non più esistente, all'angolo con Corso Vittorio Emanuele). Anche Hertz De Benedetti fu uno dei "marinai" membri della ''Nave Ammiraglia'', e tutti i compagni della ''Nave Ammiraglia'' presero poi parte alle riviste messe in scena da ''Cavur''.</ref> e di raccontare la nascita davanti ai suoi occhi del poemetto, da Cavur definito «un capolavoro che fece, e continua a fare, il giro di tutte le scuole, i collegi e le Università d'Italia».<ref>Marco Albera, ''Un ventennio di vita e teatro goliardico torinese: l'autobiografia inedita di Ovidio Borgondo detto Cavur, 1919-1942'' (Tesi di Laurea), Torino, 1991.</ref> De Benedetti, conseguita la laurea, si specializzò in [[urologia]] e si trasferì a [[Vercelli]], ma allo scoppio della [[seconda guerra mondiale]] fu richiamato in servizio come ufficiale medico e inviato in [[Montenegro]]. Dopo la guerra continuò a lavorare presso il reparto di [[Urologia]] dell'Ospedale di [[Vercelli]] e ne divenne il Primario.
 
== Prima diffusione tramite copie dattiloscritte ==
La rivelazione del nome dell'Autore si ebbe solo nel [[1975]], quando Cesare Perfetto, inventore e patron del [[Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera]], volle premiare ''Ifigonia'' con la “Rama di Palma d’Oro”, consegnando il premio nelle mani di colui che l'aveva composta. E l'Autore non era Gabriele D'Annunzio, ma portava il nome di Hertz De Benedetti.
Per oltre quarant'anni, nonostante l'immediato successo, nessuno osò pubblicarla a stampa, e ''Ifigonia'' (come già detto) circolò per tutta la Penisola soltanto in copie uniche dattiloscritte semiclandestine, ma ciò non ostacolò affatto la sua diffusione.<ref>D'altronde sarebbe stato molto rischioso stamparla: il [[Codice Zanardelli]] (risalente al 1889 e rimasto in vigore fino al 1930) comminava minaccioso all'art. 339 (oltre al sequestro dell'opera) la reclusione per «Chiunque offenda il pudore con scritture, disegni o altri oggetti osceni, sotto qualunque forma distribuiti o esposti al pubblico…» e il successivo [[Codice penale italiano|Codice Rocco]] del 1930 all'art. 528 continuava a minacciare la galera per «Chiunque (…) metta in circolazione scritti, disegni, immagini o altri oggetti osceni di qualsiasi specie (…)».</ref> Nel 1961 a [[Torino]] un gruppo di goliardi avrebbe voluto pubblicare a stampa il poemetto (ormai divenuto celeberrimo), commentandolo con note e postille e arricchendolo con sedici disegni relativi alle parti salienti del testo, e aveva già preso accordi con una tipografia.<ref name="ReferenceC">Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', pag. 13</ref> Tale edizione però non vide mai la luce, perché l'avvocato Roberto Vittucci Righini, a quel tempo alla testa del M.O.V.A.T. ''(Maximus Ordo Victoriae Augusta Taurinorum)'',<ref name="ReferenceC"/> dissuase fermamente sia i goliardi che la tipografia dal procedere alla sua stampa e alla diffusione, reputando troppo elevato (nella temperie sociale italiana dell'epoca) il rischio di guai giudiziari che ne sarebbe derivato.<ref>In effetti, anche la legge di Pubblica Sicurezza (T.U. 6-11-1926 n.1848), all'art.112. avvertiva che «non possono esporsi a pubblica vista, né offrirsi in vendita, né detenersi per vendere, né fabbricare (…) a fine di vendita o di distribuzione, scritti, stampati, incisioni, litografie, figure (…) offensivi della pubblica decenza…».</ref>
Hertz De Benedetti ([[1904]] - † [[1989]]), originario di [[Asti]], aveva scritto il suo poemetto nel [[1928]], quando era un giovane goliardo, studente di [[Medicina]] a [[Torino]]. Il titolo originario era '''Ifigonia. Commedia e tragedia classica in tre atti'''. <ref> Il dattiloscritto originale di ''Ifigonia'' venne esposto a Torino tra i pezzi in visione della mostra ''L’Università di Torino. Vicende e protagonisti di una storia plurisecolare'', che si svolse dall’11 giugno al 24 luglio 2008 presso il Palazzo dell’Università di Torino in via Po 17. </ref>. Hertz De Benedetti partecipò attivamente alla scapigliata vita goliardica torinese, che all'epoca aveva l'esponente più rappresentativo in Ovidio Borgondo (detto "Cavur"), autore e attore in tutte le riviste teatrali studentesche torinesi degli anni '20 e '30, messe in scena con la ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'' <ref> Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', Viterbo, 1999 </ref>. Nelle sue memorie, scritte dopo la guerra, Cavur non mancò di nominare l'amico Hertz De Benedetti, e di lodare sia lui che la commedia, da Cavur definita «''capolavoro che fece, e continua a fare, il giro di tutte le scuole, i collegi e le Università d'Italia''». <ref> Marco Albera, ''Un ventennio di vita e teatro goliardico torinese: l'autobiografia inedita di Ovidio Borgondo detto Cavur, 1919-1942'' (Tesi di Laurea), Torino, 1991 </ref>. Hertz De Benedetti, conseguita la laurea, si specializzò in [[Urologia]] e si trasferì a [[Vercelli]], ma allo scoppio della [[Seconda Guerra Mondiale]] fu richiamato in servizio come ufficiale medico e inviato in [[Montenegro]]. Dopo la guerra continuò a lavorare presso il reparto di [[Urologia]] dell'Ospedale di [[Vercelli]], e ne divenne il Primario.
Nonostante l'immediato successo, nessun editore osò per oltre quarant'anni pubblicarla a stampa, e ''Ifigonia'' circolò in tutta Italia, scambiata da studente a studente, soltanto in copie uniche semiclandestine vergate a mano o dattiloscritte. <ref>D’altronde sarebbe stato molto rischioso stamparla: il [[Codice Penale Zanardelli]] (risalente al [[1889]] e rimasto in vigore fino al [[1942]]) comminava minaccioso all’art. 339 la reclusione per : ''«Chiunque offenda il pudore con scritture, disegni o altri oggetti osceni, distribuiti o esposti al pubblico…»'' e il successivo [[Codice Rocco]] del [[1942]] all’art. 528 continuava a minacciare la galera per : ''«Chiunque (…) metta in circolazione scritti, disegni, immagini o altri oggetti osceni di qualsiasi specie (…)»''.</ref>
''Ifigonia'' riuscì però addirittura ad essere recitata in un teatro prestigioso. Si trattò di un'unica rappresentazione, avvenuta nel [[1939]] al [[Teatro Carignano]] di [[Torino]], che ottenne il visto della censura come spettacolo ad inviti, riservato ad un solo pubblico maggiorenne. Questa rappresentazione potè avere luogo grazie agli sforzi di Giò Lanza, goliardo membro della ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'', che ne compose anche le musiche. <ref> La scelta del [[Teatro Carignano]] non fu un caso: proprio in quel teatro nel [[1939]] la rivista goliardica ''Giovanotti in aula!'', la più famosa e la più fortunata tra quelle allestite dalla ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'', era rimasta in scena ininterrottamente da gennaio ad aprile e con grandissimo successo di pubblico (venendo poi ripresa nuovamente, a grande richiesta, a dicembre, nel periodo natalizio). Gli interpreti di questa ''Ifigonia'' furono gli stessi goliardi-attori che avevano preso parte a ''Giovanotti in aula!'', con Hertz De Benedetti con una parrucca dalle lunghe trecce bionde nella parte della protagonista. Giò Lanza dagli anni '50 lavorò poi nel campo della pubblicità presso [[Armando Testa]], e nel [[1961]] riutilizzò per il [[Carosello]] della [[Carne Simmenthal]] interpretato da [[Walter Chiari]] e [[Sylva Koscina]] la musichetta da lui creata nel [[1939]] per la celebre strofa dell' ''Ifigonia'': ''«Noi siamo felici, noi siamo contenti (...)»''. </ref>
 
== Ifigonia stampata ==
Le prime copie stampate di ''Ifigonia'' comparvero in vendita sulle bancarelle soltanto nel [[1969]] , quando la rivoluzione sessuale degli anni sessanta aveva ormai operato un sostanziale mutamento nella morale comune (anche se le prime edizioni, prudentemente, non indicavano nè il nome dell'Editore, nè la città di edizione).
Le prime versioni stampate di ''Ifigonia'' comparvero in vendita a [[Torino]] sulle bancarelle dei libri usati<ref>''Ifigonia'' non fu messa in vendita nelle paludate librerie normali, ma sulle bancarelle dei venditori dei libri d'occasione (che a [[Torino]] si trovavano tradizionalmente in Corso Siccardi).</ref> soltanto nel 1969, in calce al ''Libretto Rosso dell'Universitario'' (una raccolta scherzosa di canti goliardici)<ref>La versione di ''Ifigonia'' pubblicata nel 1969 non conteneva tutto il ricco apparato di note. Esso invece comparve integralmente sulla successiva edizione curata da Castelli e Brivio nel 1970 ne ''I Canti Goliardici'', che proponeva la versione dell{{'}}''Ifigonia'' diffusa a [[Milano]] dall{{'}}''Ordo Spadonis'' negli anni sessanta, la quale a sua volta riprendeva la versione torinese (con le note) del 1961 (quella che si tentò inutilmente di editare).</ref> quando la [[rivoluzione sessuale]] degli anni sessanta aveva ormai operato un sostanziale mutamento nella morale comune (anche se le prime edizioni non indicavano né il nome vero dell'editore, né la città di edizione). Nel 1970 l{{'}}''Ifigonia'' venne inclusa in una raccolta di canti goliardici curata da [[Alfredo Castelli]]<ref>Alfredo Castelli ([[Milano]], 1947) è un fumettista italiano. È noto soprattutto per aver ideato, nel 1982, la sua serie di maggior successo: [[Martin Mystère]], il detective dell'impossibile, tuttora pubblicata da [[Sergio Bonelli Editore]] con cadenza bimestrale. È anche uno storico del fumetto e di letteratura popolare.</ref> e [[Roberto Brivio]],<ref>Roberto Brivio ([[Milano]], 1938) è un attore, autore, cantante, chansonnier e cabarettista italiano, membro negli anni Sessanta del gruppo di [[cabaret]] de [[I Gufi]].</ref> pubblicata (in attinenza alle strofe spudorate) come allegato a ''La Mezz'ora'', una delle storiche riviste erotiche italiane rivolte al pubblico maschile edite a [[Milano]] in quegli anni. Nel 1971 a [[Roma]] venne pubblicata in edizione propria, abbinata al poemetto ottocentesco ''[[Processo di Sculacciabuchi]]'' con prefazione del giornalista [[Enrico de Boccard]].
Come detto sopra, Hertz De Benedetti accettò di uscire allo scoperto come autore del poema soltanto nel [[1975]], quando si era ormai ritirato dalla professione medica. <ref>Marco Albera, Manlio Collino, Aldo Alessandro Mola, ''Saecularia Sexta Album, Studenti dell’Università a Torino, Sei secoli di Storia'', Elede, Torino, 2005, pag.114</ref>
 
A parte l'evitare eventuali processi per oscenità, è facilmente intuibile il motivo per il quale l' lfigonia non abbia avuto un autore per quarantasette anni: sarebbe stato imbarazzante per un medico, tenuto a mantenere una facciata rispettabile di persona “seria”, rivelare di essere lui l'autore del più famoso poema pecoreccio italiano, da lui in fondo composto soltanto per gioco quando era studente.<ref> Hertz De Benedetti, logicamente, non rivendicò mai alcun diritto d'autore sulla sua opera. </ref>.
Come detto sopra, Hertz De Benedetti accettò di uscire allo scoperto come autore del poema soltanto nel [[1975]], quando si era ormai ritirato dalla professione medica. <ref name="ReferenceB"/>Marco Albera,Non Manliorivendicò Collino,mai Aldoalcun Alessandro Mola,[[diritto d''Saeculariaautore]] Sextasulla Album,sua Studenti dell’Università a Torino, Sei secoli di Storia'', Elede, Torino, 2005, pagopera.114</ref>
 
[[fr:== Ifigonia in Culide]]teatro ==
È testimoniata<ref>Renato Mariani, Piero Finà, ''IfigoniaDegoliardicare - Goliardus necne, tertium non datur'', riuscìpag. però206.</ref> addiritturala adprima essererecita recitatapubblica indi un''Ifigonia'' teatronello prestigioso.stesso Si1928 trattòa [[Torino]], sotto i portici di unpiazza Carlo Felice davanti alla 'unica'Casa rappresentazionedel Caffè'', avvenutada parte dello stesso Hertz De Benedetti, che declamò le prime strofe del poemetto che stava componendo per sottoporle al giudizio degli amici della ''Nave Ammiraglia''. Ma ''Ifigonia'', qualche anno dopo (nel [[1939]]), venne recitata al [[Teatro Carignano]] di [[Torino]]. Si trattò di un'unica rappresentazione serale, che ottenneriuscì a ottenere il visto della [[censura]] come spettacolo ad inviti, riservatolimitato ad unal solo pubblico maschile maggiorenne. Questa rappresentazione potè avereebbe luogo grazie agli sforzi di Giò Lanza, goliardogoliarda anch'egli, membro della ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'', che ne compose anche le musiche. <ref> La scelta del [[Teatro Carignano]]teatro non fuavvenne unper caso: proprio in quel teatro nelnello stesso [[1939]] la rivista goliardica ''Giovanotti in aula!'', la più famosa e la più fortunata tra quelle allestite dalla ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'', era rimasta in scena ininterrottamente da gennaio ad aprile e con grandissimo successo di pubblico (venendo poi ripresa nuovamente, a grande richiesta, a dicembre, nel periodo natalizio). Gli interpreti di questa ''Ifigonia'' furono gli stessi goliardi-attori che avevano preso parte a ''Giovanotti in aula!'', con Hertz De Benedetti con una parrucca dalle lunghe trecce bionde nella parte della protagonista. Giò Lanza, musicista, dagli anni '50cinquanta lavorò poi nel campo della pubblicità presso l'Agenzia [[Armando Testa]], e nel [[1961]] riutilizzò per il [[Carosello]] della carne [[Carne Simmenthal]] interpretato da [[Walter Chiari]] e [[Sylva Koscina]] la musichetta da lui creata nel [[1939]] per la celebre strofa dell{{' }}''Ifigonia'': ''«Noi siamo felici, noi siamo contenti / le chiappe del culo porgiam riverenti (...)»''. </ref>
 
Il 1º febbraio 2014 l'Associazione Goliardica Turritana di [[Sassari]], in collaborazione con l'[[Università degli Studi di Sassari]], il Conservatorio di Musica "[[Luigi Canepa]]", l'Accademia di Belle Arti "[[Mario Sironi]]" e la compagnia teatrale MabTeatro ha allestito una rappresentazione dell'opera presso il teatro "Giuseppe Verdi" di Sassari<ref>[http://www.sardegnaeventi24.it/evento/8621-ifigonia_in_culide__unica_rappresentazione_al_teatro_g_verdi/ Ifigonia in Culide: unica rappresentazione al Teatro G.Verdi] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170204200839/http://www.sardegnaeventi24.it/evento/8621-ifigonia_in_culide__unica_rappresentazione_al_teatro_g_verdi/ |data=4 febbraio 2017 }} sardegnaeventi24.it</ref>
 
== Trama ==
Nonostante l'assonanza del titolo, la trama della tragedia (con la nota vicenda della principessa che sposerà il pretendente che riuscirà a risolvere i tre indovinelli da lei proposti) non è affatto ispirata all{{'}}''[[Ifigenia in Aulide]]'', ma è piuttosto la parodia della trama della ''[[Turandot]]'' di [[Giacomo Puccini]] la quale (su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni) a sua volta, riprendeva la vicenda dell'originaria ''[[Turandot (Carlo Gozzi)|Turandot]]'', fiaba teatrale del [[1762]] di [[Carlo Gozzi (drammaturgo)|Carlo Gozzi]].
La [[''Turandot]]'' di Puccini, dopo la prima aalla [[La Scala|Scala]] di [[Milano]] il 26 aprile [[1926]], andò in scena al [[Teatro Regio (Torino)|Teatro Regio]] di [[Torino]] il 17 marzo [[1927]] (con laalla presenza di [[Umberto II di Savoia]], allora [[Principe di Piemonte]], tra il pubblico), e rimase per lungo tempo in cartellone, con un successo enorme e con una grande eco di stampa .<ref> ''«La grande "première" di domani sera al Regio»'', ''LA[[La STAMPAStampa]]'', 16 marzo 1927, pag. 5; ''«La Turandot al Regio - I Principi e il gran pubblico - L' opera d'arte e la cronaca del successo»'', ''LA[[La STAMPAStampa]]'', 18 marzo 1927, pagina 3. </ref>. Le sue melodie (come la celebre ''[[Nessun dorma]]'') ebbero un' immediata presa popolare. Hertz De Benedetti ebbe l'intuizioneidea di scrivere il suo poema dopo aver assistito alla rappresentazione di quest'opera al Regio. È curioso notare però, per bizzarra coincidenza, come i personaggi del Re e della sua figliola sembrino avere dei punti in comune con il [[Re Bischerone]] del pisano [[Domenico Luigi Batacchi]], di cui si riporta l'incipit:
{{Citazione| Sopra il trono sedea di Pontadera<br />- siccome scrive il padre Sparagione -<br />un re congiunto a un'orrida mogliera;<br />Lasagna, ella chiamossi; ei Bischerone;<br />e gentil figlia avean, che gran prurito<br />sentia, dove grattarselo è proibito.}}
 
=== Atto primo ===
Il dramma si svolge nella reggia di [[Corinto (città antica)|Corinto]], nell'anno [[69 a.C..]] La principessa Ifigonia, tormentata da incontenibili prurigini erotiche nella zona vaginale e stanca di essere costretta a rimanere forzatamente vergine, chiede al Re suo padre di trovarle al più presto un marito, aitante e (soprattutto) ben dotato, con cui trovare sollievo potendosi congiungere carnalmente. Sotto consiglio del gran sacerdote Enter O' Clisma il sovrano bandisce in tutta fretta un concorso, e decide che gli aspiranti sposi dovranno risolvere un indovinello, per poter avereottenere la mano di sua figlia, dovranno risolvere un indovinello.
 
=== Atto secondo ===
Si presentano gli aspiranti sposi. I primi tre (Allah Ben Dhur, Don Peder Asta e Uccellone conte di Belmanico) non hanno fortuna, e vengono condannati dal sovrano a pene severe per aver sbagliato. Sarà invece Spiro Kito (il cui nome, oltre che la parodia del nome dell'[[Imperatore del Giappone]], è un riferimento al batterio [[Treponema pallidum]] appartenente al phylum [[spirochaetes]], agente patogeno della [[sifilide]])<ref>Nell'epoca in cui venne scritta l'[[Ifigonia]] (epoca in cui tutti i maschi maggiorenni frequentavano abitualmente e normalmente le [[Casa di tolleranza|case di tolleranza]]) la [[sifilide]] e la [[gonorrea]] erano estremamente diffuse, molto più di oggi e in tutti gli strati sociali (negli anni Trenta a Torino erano aperte ben quattordici [[Casa di tolleranza|Case di Tolleranza]] ed erano attivi ben sette [[Sala celtica|Dispensari Celtici]], sorta di ambulatori per il trattamento e la cura delle malattie veneree: via Principe Tommaso 21; corso San Maurizio 73; Corso Duca degli Abruzzi 73; via IV Marzo 11; via Villarbasse 23; Istituto Dermopatico, via Santa Chiara 19; Sifilocomio, via Cherasco 23). Tra le due, la [[sifilide]] era una vera piaga (è noto che ne fu contagiato persino [[Lenin]], e si sospetta che lo siano stati anche [[Adolf Hitler]] e [[Benito Mussolini]]). Essa era a quel tempo una malattia praticamente inguaribile perché recidivante anche a distanza di venti o trent'anni dalla presunta guarigione che, se giunta al terzo stadio, poteva portare alla morte (il pittore [[Édouard Manet]] morì proprio per questo). Essa causava gravi danni neurologici che si manifestavano dapprima nell'incapacità di controllare i movimenti muscolari, e successivamente nella paralisi completa, nella cecità e nella demenza (il gangster [[Al Capone]], che aveva contratto la sifilide da giovane, morì ad [[Alcatraz]] in queste penose condizioni). Non esistevano ancora la [[penicillina]] e gli [[antibiotici]], che hanno finalmente permesso nel dopoguerra di combattere efficacemente queste malattie. In quegli anni, ai malati di [[sifilide]] si somministravano pomate al mercurio, e ai malati di [[gonorrea]] una soluzione di [[protargolo]] o argento proteinico (e questi rimedi sono scherzosamente citati nel poema: ''«Io son Don Peder Asta, gran nobile spagnolo, / astuto oltre ogni dire, viaggio col protargolo / e sei preservativi, per non subire l'onta / di prendermi lo scolo all'atto della monta!»''). Prima della comparsa degli [[antibiotici]] (e cioè ai tempi in cui Hertz De Benedetti scriveva l{{'}}''[[Ifigonia]]''), un'altra terapia seguita nella cura della [[sifilide]] era di infettare intenzionalmente le persone che ne erano affette inoculando loro il [[plasmodium]] (il [[protozoo]] responsabile dell'insorgenza della [[malaria]]), affinché ne sviluppassero la febbre, secondo il metodo sviluppato dal medico austriaco [[Julius Wagner-Jauregg]]. Egli aveva osservato che, curando con la somministrazione del [[chinino]] i sifilitici nei quali la [[malaria]] era stata indotta artificialmente, la mortalità della [[sifilide]] diminuiva.</ref> a risolvere il suo indovinello e a ottenere la mano di Ifigonia.
Si presentano gli aspiranti sposi. I primi tre (Allah Ben Dur, Don Peder Asta e Uccellone di Belmanico) non hanno fortuna, e vengono condannati dal sovrano a pene severe per aver sbagliato. Sarà invece Spiro Kito (il cui nome è un riferimento allo [[spirochete]], agente patogeno della [[sifilide]]) a risolvere il suo indovinello e a ottenere la mano di Ifigonia.
 
=== Atto terzo ===
Dopo le nozze, invece di assolvere al suo debito coniugale, Spiro Kito evita con ogni pretesto di entrare nel letto della sposa. Ifigonia, sempre più irritata e stanca di aspettare la consumazione del matrimonio, chiedeaffronta spiegazionidi alpetto suo nuovoil marito e gli chiede spiegazioni sul perché della lunga attesa. Spiro Kito, avvilito, le svela di esserecelare un terribile segreto: egli non potrà mai accontentarla, perché è totalmente privo di pene. E, poichépiangendo, le racconta di come l'abbia perso: esso gli è stato roso, senza che lui se ne accorgesse, da un terribile e famelico [[taenia solium|verme solitario]], che avrebbeabitava contrattostabilmente sodomizzandol'intestino di un [[bonzo]] che egli aveva sodomizzato. Spiro Kito invita quindi Ifigonia a rassegnarsi al destino. Ma Ifigonia, impazzitalungi dal dolorerassegnarsi, [[castrazione|castra]]impazzisce per la collera, e quando il padre ignaro di tutto e premuroso si presenta sulla porta della camera dei due sposi recando in dono un vasetto di vaselina per agevolare gli amanti, ella sfoga tutta la sua rabbia gettandosi contro di lui e castrandolo a morsi. eIl poidramma si suicidaconclude buttandosicon il suicidio di Ifigonia che, ancora in preda alla follia, si getta nel [[vaso sanitario|water]] e scompare azionando lo sciacquone.
 
== I protagonisti ==
* Il Re di Corinto, padre di Ifigonia
* Ifigonia, la protagonista
* Allah Ben Dhur, primo pretendente, nobile arabo
* Don Peder Asta, secondo pretendente, nobile spagnolo
* Uccellone conte di Belmanico, terzo pretendente, nobile italiano
* Spiro Kito, quarto pretendente, nobile giapponese
* Enter O' Clisma, gran sacerdote
* In Man Lha, gran cerimoniere
* Bel Pistolino d'Oro, elefante sacro
* Coro di nobili, vergini e popolo
 
==Nella cultura popolare==
== Note==
Nel 1976 nel film [[Cugine mie]] viene messa brevemente in scena.
 
Nel 1986 circa si dichiarava in vendita ''Ifigonia'', videogioco d'avventura per [[home computer]] prodotto dalla Quickly Software di Milano<ref>{{RivistaVG|sperimentare|2|20|2|1986|titolo=Ifigonia}}</ref><ref>{{RivistaVG|sperimentare|7/8|95|7/8|1986|titolo=Ifigonia|tipo=pubblicità}}</ref>, tuttavia non ci sono evidenze dirette della sua esistenza e forse si trattava di una burla<ref>{{cita web|https://ready64.org/lost/|Lost Games & Programmi (Wanted List)}}</ref><ref>Rari anche i riferimenti alla Quickly, che pubblicizzava inoltre il programma [https://archive.org/details/Sperimentare_1985_12/page/n82/mode/1up ''Biturbo''] e un'imprecisata [https://archive.org/details/YourComputer_198509/page/n104/mode/1up rivista su nastro per Amstrad CPC].</ref>.
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
* ''Ifigonia - Tragedia classica in tre atti Corinto anno 69 A.C'' di Gianluigi De Marchi e Marcello Andreani Illustrazioni di Matteo Anselmo, Erga Edizioni, Genova, ISBN 978-88-8163-501-6.
* Marco Albera, Manlio Collino, Aldo Alessandro Mola, ''Saecularia Sexta Album, Studenti dell’Universitàdell'Università a Torino, Sei secoli di Storia'', Ed. Elede Editore, Torino, 2005.
* Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', Scipioni Editore, Viterbo, 1999, ISBN 88-8364-051-9.
* Franco Ressa, ''La Goliardia. Ovidio Borgondo “Cavur”'', Roberto Chiaramonte Editore, Collegno, 2007.
* Marco Albera, ''Un ventennio di vita e teatro goliardico torinese: l'autobiografia inedita di Ovidio Borgondo detto Cavur, 1919-1942'' (Tesi di Laurea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Universitàdell'Università di Torino. Relatore: Guido Davico Bonino, Anno Accademico 1990-91).
* ''Processo di Sculacciabuchi e Ifigonia'', prefazione di Enrico De Boccard, Edizioni Homerus, Roma, 1971.
* ''I Canti Goliardici n.2 '', a cura di Alfredo Castelli con presentazione di Roberto Brivio, WilliamsInteuropa Editore, Milano, 19741970 (Supplemento a «La Mezzora» n. 53).
* ''I Canti Goliardici n.2 '', a cura di Alfredo Castelli con presentazione di Roberto Brivio, Williams Editore, Milano, 1974.
* ''Il Libretto Rosso dell'Universitario - Raccolta di commedie, drammi, ballate, cazzate, sproloqui, ecc.'', Editrice Le Colonne - Piemonte in Bancarella, Torino, 1969.
* Massimo Centini, ''Bordelli Torinesi – Quando le case chiuse erano aperte'', Editrice Il Punto Piemonte in Bancarella, Torino, 2013, pp.&nbsp;336.
* Renato Mariani, Piero Finà, ''Degoliardicare - Goliardus necne, tertium non datur'', Edizioni ETS, Pisa, 2010, pp.&nbsp;238.
 
== CollegamentiAltri esterniprogetti ==
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* [http://plgrs.lacab.it/ifigonia/ifigonia.htm Testo completo della tragedia]
 
== Collegamenti esterni ==
==Altri progetti==
* {{cita web|url=http://plgrs.lacab.it/ifigonia/ifigonia.htm|titolo=Ifigonia in Culide (testo completo)|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190603213529/http://plgrs.lacab.it/ifigonia/ifigonia.htm|accesso=11 aprile 2010|dataarchivio=3 giugno 2019}}
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