Utente:Gianreali/Ipotesi sulle cause che hanno generato popoli più ricchi ed altri meno ricchi: differenze tra le versioni
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Le ipotesi che spieghino le cause che rendono od hanno reso un popolo più ricco ed altri più poveri è estremamente ampio ed in esso convergono tantissime considerazioni di tipo genetico, linguistico, sociologiche, storiche, economiche.<br />
Esiste probabilmente un diffuso imbarazzo nell'affrontare il problema delle ipotesi sulle cause che hanno generato popoli a maggior o minor reddito.<br />
Ad esemplificare ciò e nel tentativo di superarlo, scrive [[Claude Levi Strauss]]:
{{quote| ''Questa diversità intellettuale, estetica e sociologica [''N.d.T.'' tra le diverse razze] non è in alcun modo il risultato di differenze biologiche di alcune caratteristiche presenti in differenti gruppi di uomini; [essa] è semplicemente un fenomeno che avviene parallelamente, in un ambito differente. ..... in ultimo, ma più importante, la natura della diversità deve essere investigata anche a rischio di permettere al pregiudizio razziale, le cui basi biologiche sono state distrutte solo così tardi....Non si può asserire di aver formulato una smentita convincente della disuguaglianza delle razze umane, se non riusciamo a considerare il problema della disuguaglianza - o diversità - delle culture umane, che sono tra loro in realtà - per quanto ingiustificatamente - strettamente associate nella mentalità comune'' |Race, history and culture, March 1996 by Claude Levi-Strauss|This intellectual, aesthetic and sociological diversity is in no way the outcome of the biological differences, in certain observable features, between different groups of men; it is simply a parallel phenomenon in a different sphere. ....
Last and most important, the nature of the diversity must be investigated even at the risk of allowing the racial prejudices whose biological foundation has so lately been destroyed .... We cannot therefore claim to have formulated a convincing denial of the inequality of the human races, so long as we fail to consider the problem of the inequality--or diversity--of human cultures, which is in fact--however unjustifiably--closely associated with it in the public mind....|lingua=en}}
[[File:Earth's City Lights by DMSP, 1994-1995 (large).jpg|thumb|240px|left|Visione notturna del mondo. Essa mette in evidenza i diversi consumi energetici nel globo ed indirettamente la diversa distribuzione della ricchezza]]
<br />
<br />
== Come suddividere i popoli: "quali razze e....come?" ==
{{Vedi anche|Razze#Utilizzo non scientifico}}
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 350px
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[[Charles Darwin]] era completamente agli antipodi: riteneva infattiche fondamentalmente non esistessero razze nel genere umano.)
Come si può "leggere tra le righe"
Nel 1950 l'[[UNESCO]] affermò nella sua Dichiarazione sulla razza la non scientificità delle razze umane e dunque l'inesistenza di razze biologicamente diverse in seno alla specie umana. Recita infatti: "In base alle conoscenze attuali non vi è alcuna prova che i gruppi dell'umanità differiscano nelle loro caratteristiche mentali innate, riguardo all'intelligenza o al comportamento".}
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I popoli possono essere suddivisi secondo vari criteri.
In passato era prevalente la suddivisione in razze a seconda del colore della pelle.
Attualmente tale separazione è considerata non corretta e prevalgono i concetti di
[[popolazioni]] umane od [[etnie]].
In realtà il problema, se si tiene conto di alcune considerazioni è ben più complesso:
*1) in primis le razze sono al disotto del raggruppamento [[specie]], quindi forse più correttamente si dovrebbe chiamarle [[sottospecie]]. Il noto genetista contemporaneo [[Luigi Luca Cavalli Sforza]] sostiene infatti che " se noi adottassimo per l'uomo i criteri utilizzati da [[Ernst Mayr]] (1963) per la [[zoologia]] sistematica, i differenti gruppi razziali andrebbero chiamati sottospecie" .<ref>Cavalli-Sforza, L.L. and W.F. Bodmer. (1977). The Genetics of Human Populations, San Francisco: W.H. Freeman and Co</ref>
*2) [[Richard Lewontin]], negli anni 70, ha dimostrato che nella popolazione mondiale, la variabilita' delle proteine tra gli individui è del: 85% circa all'interno di una stessa popolazione, 8% tra le diverse popolazioni all'interno di una razza (ovvero ad esempio la differenza tra Olandesi e Spagnoli all'interno della razza bianca), il restante 7% è la variabilità tra le diverse razze <ref>Spencer Wells, Depp Anchestry_Inside the genographic Project, pg 24</ref>.
Queste informazioni hanno dato un colpo difinitivo alla storica questione delle razze basate sul colore della pelle. In parole povere, apparteniamo tutti alla stessa famiglia.
*3) Logica conclusione è l'affermazione secondo cui sarebbe possibile isolare razze totalmente diverse dalle solite tradizionalmente considerate.
*4) Ancora, ...fino a che punto approfondire? Ovviamente, studiando molti geni contemporaneamente, si può dimostrare una diversita' biologica (quindi a livello di proteine, enzimi, caratteri fenotipici, DNA...) significativa dal punto di vista statistico, tra gli individui. A questo punto nasce un problema: più si rende lo studio sensibile, più si possono isolare una miriade di razze diverse, per cui alla fine, come sostiene Luigi Luca Cavalli Sforza, "che utilità ha isolare la ''razza di Parma'' da quella di ''Reggio Emilia''?". <ref name="GPL 50-54">Luigi Luca Cavalli Sforza, Geni, Popoli e Lingue, Adelphi, pg 50-54</ref>
*5) a questo punto sorge spontaneo: se non esistono le razze, cosa esiste? Il termine più corretto sarebbe [[Homo sapiens#Le popolazioni umane|popolazioni umane]] od [[etnie]]
{{Vedi anche|Razza#Termine controverso}}
{{Vedi anche|Etnia}}
{{Vedi anche|Homo sapiens#Le popolazioni umane}}
[[File:Humanevolutionchart.png|Visione attuale delle diffusione temporale e geografica degli [[ominidi]].<ref>[http://biology.plosjournals.org/perlserv/?request=slideshow&type=figure&doi=10.1371/journal.pbio.0020340&id=15540 Figure 1. Phylogeny of Primate Lice from Morphological and Molecular Data], in {{cite journal |title=Genetic Analysis of Lice Supports Direct Contact between Modern and Archaic Humans |author=Reed DL, Smith VS, Hammond SL, Rogers AR, Clayton DH PLoS |journal=PLoS Biol |volume=2 |issue=11 |page=e340 |year=2004 |pmid=15502871 |pmc=521174 |doi=10.1371/journal.pbio.0020340|url=http://biology.plosjournals.org/perlserv/?request=slideshow&type=figure&doi=10.1371/journal.pbio.0020340&id=15540|archiveurl = http://www.webcitation.org/5uQpahHlX |archivedate = 2010-11-22|deadurl=no}}</ref> Il paradosso che si evidenzia da tale quadro è che l'abitante originario dell'[[Europa]], l' [[Homo neanderthalensis]] fu soppiantato dall'africano [[Homo sapiens]], che dimostrò un molto maggior adattamento all'ambiente con pare pochi casi di incroci, tra queste due specie (circa il 4% del genoma del sapiens non africano deriva dall'uomo di Neanderthal (vedi [[:en:Neanderthal admixture theory|teoria dell'ibridazione con l'uomo di Neanderthal]])|thumb|325px]]
== Siamo tutti figli di una stessa origine primordiale?==
[[File:Hominidae filogenia.png|thumb|350 px|Filogenesi degli ominidi]]{{quote|E' stato dimostrato che la classificazione in razze, è un esercizio futile per ragioni che erano già chiare a [[Charles Darwin|Darwin]].|<ref>Cavalli-Sforza, Menozzi, Piazza, 1994, p. 19</ref>|The classification into races has proved to be a futile exercise for reasons that were already clear to [[Charles Darwin|Darwin]]|lingua=en}}
Gli studi sulle popolazioni sono il risultato di dati tratti principalmente da studi di genetica delle popolazioni e di linguistica ma anche da studi storici. In essi appare come ipotesi più probabile la ''Recent out of Africa'', seguita a distanza dalla ''Ipotesi multiregionale''. Ebbene, in entrambe, è presente un predecessore comune fuoriuscito dall'Africa quasi due milioni di anni fa.
====Studi di genetica====
Esistono fondamentalmente 2 teorie sulla origine dell'homo sapiens ovvero la "Recent African origin of modern humans", la ipotesi multiregionale, cui vanno aggiunte la ipotesi Out of Asia (che allo stato attuale è per lo più un contenitore di ipotesi) e la ipotesi multigenica (a cui pochissimi danno credito). <br />
{{Vedi anche|Migrazioni dell'uomo}}
=====
[[File:Out of Africa I and II hypothesis.jpg|thumb|250px|right|Ipotesi: "Out of Africa II" o "Recent African origin of modern humans".Tale ipotesi implica una evoluzione darwiniana dell'uomo (vedi anche la tabella sotto riportata: Cosa implicano le diversie teorie)]]
* siamo tutti originati dallo stesso ceppo di [[ [[File:9 Cluster Tree.png|320px|thumb|left|Cavalli-Sforza sostiene che la distanza genetica tra le popolazioni sia al massimo grado tra Africa e l'Oceania (score 0.2470). Questi dati potrebbero essere contraddittori rispetto all'intuito, se ci si dovesse basare sulla apparenza fisica, in quanto gli [[Aborigeni australiani]] e gli abitanti della Nuova Guinea assomigliano agli Africani per la pelle scura e talvolta i capelli ricci. Questa grande distanza riflette il relativo lungo isolamento dell'Australia e della Nuova Guinea dalla fine della ultima glaciazione, quando il continente fu ulteriormente isolato dall'Asia, per il livello crescente del mare. La successiva maggiore distanza genica è tra l'Africa e le Americhe (score 0,2260). Ciò è comprensibile, in accordo con la Recent African origin of modern humans, considerando che l'Europa ha una variabilità genetica in generale circa tre volte inferiore rispetto ad altri continenti, ed il contributo genetico dell'Asia e dell'Africa all'Europa si pensa sia rispetivmente 2/3 ed 1/3 rispettivamente<ref name="Cavalli-Sforza1997">Genes, peoples, and languages, Luigi Luca Cavalli-Sforza, Proceedings of the National Academy of Science, 1997, vol.94, pp.7719–7724, doi=10.1073/pnas.94.15.7719 http://www.pnas.org/cgi/content/full/94/15/7719</ref><ref>Cavalli-Sforza, L. L., P. Menozzi, A. Piazza. 1994. The History and Geography of Human Genes. Princeton University Press, Princeton. ISBN 0-691-02905-9</ref>]]
* Più tardi, circa 100-200 mila anni fa, comparve in Africa (per via evolutiva dall'homo Erectus) l'Homo Sapiens, e si allontanò dall'Africa disperdendosi ovunque (per alcuni questa seconda fase della stessa teoria è chiamata''Out of Africa II'' oppure ''Seconda grande diaspora dell'umanità'').<ref>Telmo Pievani, Homo Sapiens ed altre catastrofi, Meltemi Editore, pag 154-186</ref>
Attualmente i grandi studi genetici vengono effettuati considerando gli [[Aplogruppi del cromosoma Y]] e gli [[Aplogruppi mitocondriali umani]].
Attualmente sono considerate altamente probabili altre diaspore:
* tra i 300 ed i 500 mila anni fa antenati di H. Neandertalensis, appartenenti alle famiglie di Homo heidelbergensis o Homo rhodiensis sarebbero usciti dall'Africa <ref>Telmo Pievani, La vita inaspettata, Raffaello Cortina Editore, pag 25</ref>
* ancora tra il milione ed i 500 mila anni fa vi sarebbe stata un'ulteriore diaspora di homo intermedi tra Sapiens e Neanderthal di cui il ritrovamento di Denisova è un esempio <ref>Telmo Pievani, La vita inaspettata, Raffaello Cortina Editore, pag 25</ref>
<ref>Secondo Paabo si tratterebbe, invece che di quattro diaspore di un continuo fuoriuscire dall'Africa. tratto da Telmo Pievani, La vita inaspettata, Raffaello Cortina Editore, pag 26</ref>
[[File:Migraciones humanas en haplogrupos mitocondriales.PNG|Le migrazioni viste seguendo il DNA mitocondriale|thumb|250px|right]]
[[File:Migraciones humanas en haplogrupos de ADN-Y.PNG|Le migrazioni viste seguendo il cromosoma Y|thumb|250px|right]]
<br />
Nel 1990 studi di genomica trovarono che il cromosoma Y degli uomini africani Khoisan (usando campioni tratti da parecchie tribù San) mostrava particolari aspetti di polimorfismo ben distinti dai genomi di qualunque altra popolazione.
Molti autori sostengono quindi che i Khoisan potrebbero essere stati la prima popolazione a differenziarsi dal più recente antenato paterno comune, il cosiddetto [[Adamo cromosomiale-Y]] che si suppone sia vissuto tra 60.000 e 90.000 anni fa per Mayell
Ad analoghe conclusioni sono giunti alcuni studiosi nel tracciare l'evolversi del DNA mitocondriale.<br />
Gli autori suggeriscono che tale risultato dovrebbe
{{Vedi anche|khoisan}}
=====Ipotesi Multiregionale=====
{{Vedi anche|Ipotesi multiregionale}}
[[File:Ipotesi multiregionale.jpg|thumb|260px|right|Ipotesi multiregionale.
Tale ipotesi implica una evoluzione lineare, non darwiniana dell'uomo (vedi anche la tabella sotto riportata: Cosa implicano le diversie teorie)]]
L'ipotesi multiregionale è un modello basato sull'idea che l'uomo, sorto in Africa, sia emigrato fuori dall'Africa circa 1,5-2 milioni di anni fa e da qui evoluto lungo una linea che dall'
Questa
Contro l'ipotesi multiregionale, vale l'
Anche le analisi sul DNA mitocondriale paiono escludere una tale ipotesi.<ref>[http://news.nationalgeographic.com/news/2007/05/070507-aborigines-dna.html Aborigines, Europeans Share African Roots, DNA Suggests]. National Geographic News. May 7, 2007.</ref>
Ed anche se nel 2010 fu dimostrato che circa 50-80000 anni fa, in Medio Oriente, vi furono incroci tra Sapiens e Neanderthal, il grado di ibridazione pare molto scarso e non diffuso (infatti il DNA neandertaliano fu trovato, in proporzione dall'1 al 4% di DNA neandertaliano, in uomini causcasici ed asiatici, ma non in uomini subsahariani). <ref>{{cite journal |doi=10.1126/science.1188021 |author=Richard E. Green, ''et al.'' |title=A Draft Sequence of the Neandertal Genome |journal=Science |volume=328 |issue=5979 |pages=710–722 |year=2010 |month=May |url=http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/328/5979/710 |pmid=20448178|bibcode = 2010Sci...328..710G }}</ref>
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=====Ipotesi dell'Origine Euroasiatica=====
{{Vedi anche|Ipotesi dell'origine Euroasiatica}}
L'ipotesi dell'Origine Euroasiatica è un'ipotesi paleoantropologica alternativa alle 2 teorie dominanti.
Tale quadro, che è più da considerarsi un contenitore piuttosto che un'ipotesi strutturata, convoglia fondamentalmente due diverse idee, ovvero:
* sottolinerebbe l'origine asiatica dell'uomo. Alcuni studiosi, avrebbero ipotizzato che il soggetto di tali migrazioni sarebbe stato l'[[Homo ergaster]] e che l'H. erectus, da questi derivante, fosse autoctono dell'Asia e successivamente migrato in Africa. Essa ipotizzerebbe una origine euroasiatica dell'[[Homo sapiens]] <ref>[http://www.sciencedaily.com/releases/2010/12/101230123554.htm "Was Israel the Birthplace of Modern Humans?"]</ref><ref>[http://www.sciencedaily.com/releases/2010/10/101025172924.htm "Modern Humans Emerged Far Earlier Than Previously Thought, Fossils from China Suggest"]</ref>, oppure
* porrebbe l'accento sull'origine in asia dei primi antropoidi, (dagli [[Simiiformes|antrhopoidi]]<ref>[http://www.pnas.org/content/102/24/8436.full "Anthropoid primates from the Oligocene of Pakistan (Bugti Hills): Data on early anthropoid evolution and biogeography"]</ref><ref>[http://www.sciencemag.org/content/310/5746/244.summary "Shaking the Earliest Branches of Anthropoid Primate Evolution"]</ref><ref>[http://www.pnas.org/content/early/2008/08/05/0804159105.full.pdf "The oldest Asian record of Anthropoidea"]</ref><ref>[http://www.newscientist.com/article/mg20227116.000-did-first-hominids-live-in-europe.html "Did first hominids live in Europe?"]</ref>al [[Griphopithecus]]<ref>[http://www.britannica.com/EBchecked/topic/275670/human-evolution/250593/Background-and-beginnings-in-the-Miocene?anchor=ref867700 "Griphopithecus"]</ref> 15/16.500.000 anni fa, fino alle scimmie [[Ponginae|Orangutan]]<ref>[http://www.sciencedaily.com/releases/2009/06/090618084304.htm "Humans More Related To Orangutans Than Chimps, Study Suggests"]</ref>ed all'[[Homo erectus]]<ref>[http://www.britannica.com/EBchecked/topic/270386/Homo-erectus "Homo erectus"]</ref><ref>[https://apps.cla.umn.edu/directory/items/publication/295509.pdf "A Fourth Hominin Skull From Dmanisi, Georgia"]</ref><ref>[http://www.paleomag.net/members/rixiangzhu/ZhuPottsNature2004.pdf "New evidence on the earliest human presence at high northern latitudes in northeast Asia"]</ref>)<br />
=====Ipotesi multigenica=====
[[File:Multigenic hypothesis.jpg|thumb|260px|right|Ipotesi multigenica]]
L'[[ipotesi multigenica]] non gode di alcun credito presso gli studiosi.
Questa ipotesi formulata da [[Carleton S. Coon]] e pubblicata in ''"The Origin of Races" '', sostiene che l'Homo sapiens sia evoluto dall'Homo Erectus (gia' diviso in cinque razze geografiche o sottospecie) passando attraverso il Neanderthal, fino all'Homo Sapiens non una sola volta, ma cinque volte in ogni propria area geografica. Apparentemente simile alla ipotesi multiregionale,
<ref name=Coon>[vedi anche http://comm.colorado.edu/~jacksonj/research/coon.pdf http://comm.colorado.edu/~jacksonj/research/coon.pdf]</ref> se ne differenzia sostenendo l'inesistenza di alcun scambio genico in parallelo tra le 4 popolazioni
Il prof Coon sosterrebbe che gli africani sono 200.000 anni adddietro nell'evoluzione (''"the Negro is 200,000 years behind the White race on the ladder of evolution"'').
Inutile sottolineare come Coon abbia esposto una teoria cui pochissimi studiosi danno credito. E' nota anche la sua connessione con il movimento segregazionista del sud degli Stadi Uniti d'America<ref name=Coon/>.
===== E' stato possibile l'
{{Vedi anche|Homo di Denisova}}
Esistono dati
<ref>http://www.sciencemag.org/content/328/5979/723.full</ref>
<ref>http://www.sciencemag.org/content/328/5979/710.full</ref>
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====Studi di linguistica====
{{Vedi anche|Famiglia linguistica}}
Nell'800 si è
La [[glottocronologia]], infatti, sostiene che il vocabolario base di ogni linguaggio, venga sostituito ad una velocità costante. I cambiamenti possono quindi essere utilizzati per misurare il tempo.
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La concordanza tra famiglie linguistiche e famiglie genetiche, almeno come mostrato da Luigi Cavalli Sforza <ref name="SGGU 186">Luigi Cavalli-Sforza, Storia e geografia dei geni umani, pag 186</ref>, è impressionante, eccetto alcune variazioni che potremmo specificare meglio:
====Studi storici====
===== Evidenze archeologiche =====
Si ritiene che l'''Homo sapiens'' più antico sia l'[[Lista dei fossili dell'evoluzione dell'uomo|Uomo di Kibish (o resti Omo I)]], i cui reperti sono stati trovati in [[Africa orientale]] (fiume [[Omo]], [[Etiopia]]), datati circa 195 000 anni fa<ref>White TD, Asfaw B, DeGusta D, Gilbert H, Richards GD, Suwa G, Howell FC (2003) Pleistocene Homo sapiens from Middle Awash, Ethiopia. Nature 423:742–747</ref>.
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Altri reperti sono le punte di pietra e punte di freccia di osso trovate in [[siti archeologici]] come Howiesons Poort e Stillbay in [[Sudafrica]] (circa 60 a 70 000 anni).<ref>Hirst, K. Kris [http://archaeology.about.com/od/sterms/qt/southern_disper.htm Southern Dispersal Route.] About.com:Archaeology</ref>
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 350px
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'''Implicazioni metodologiche'''<br />
La teoria multiregionale sostiene il gradualismo filetico, l'idea di una evoluzione graduale e progressiva,
}}
== I grandi momenti di divergenza, ovvero le discontinuità ==
[[File:
Nel momento in cui l'Homo Sapiens si diffuse in tutto il mondo, iniziarono anche tutta una serie di evoluzioni che creeranno popoli avvantaggiati e popolazioni "perdenti". MI riferisco in particolare al grande balzo in avanti (in cui sarà perdente l'Homo di Neandertal), il neolitico (con sconfitta dei cacciatori raccoglitori) e così via per le successive divergenze.
Il concetto di differente grado di sviluppo va ovviamente utilizzato con grande cautela in quanto rischia di apparire, da un parte come un’impostazione sostanzialmente razzista, e dall’altra come una deformazione “eurocentrica” dell’ipotetica esistenza di un’unica modalità di sviluppo<ref>Dal colonialismo al neocolonialismo Materiali di lettura a cura di Stefano Magagnoli, http://economia.unipr.it/DOCENTI/MAGAGNOLI/docs/files/Dispensa.pdf</ref><br/>
====Comparsa dell'Homo
L'attuale posizione: "Recent Out of Africa" (come sopra spiegato), vede la sostituzione della popolazione precedente ([[Homo habilis]], [[Homo erectus]], [[Homo neanderthalensis]], [[Homo floresiensis]]) con l'Homo sapiens che arrivava dall'Africa.
Quindi, ricapitolando, l’uomo compare sulla terra circa 7 milioni di anni fa' (le stime vanno da 5 a 9). In particolare da un unico ceppo di scimmie antropomorfe africane si formarono gli [[scimpanzé]], i [[gorilla]] e l’uomo. Per 5 milioni di anni l’uomo è rimane confinato in Africa, fino a che:
* 1-2 milioni di anni fa' l'Homo abilis-erectus
* 500.000 anni fa l'Homo abilis-erectus emigra in Europa
* circa 100-180.000 anni fa l'Homo sapiens esce dall'Africa e sostituisce i precedenti
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====Il grande balzo in avanti====
{{Vedi anche|Il grande balzo in avanti (antropologia)}}
Il grande balzo avanti si riferisce ad una serie di tratti che distinguono gli esseri umani moderni dai loro antenati e da altre linee estinte di ominidi. E' il momento in cui l'homo sapiens comincia a dimostrare la presenza di
Il "grande balzo in avanti comprende tantissimi momenti di crescita
* comparsa del pensiero simbolico
* elaborazione di concetti
* spiccate capacità relazionali,
* esplosione della produzione di rappresentazioni artistiche,
* ritualizzazione di pratiche di sepoltura,
* comparsa dei primi interessi per la comprensione dei fenomeni naturali.<br />
Tutto questo avverrà in contemporanea con "''la prima espansione certa dell'uomo oltre i confini dell'Eurasia e dell'Africa; furono infatti occupate l'Australia e la Nuova Guinea ...''" <ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, 1997, pag 25</ref>
Si ritiene che sia legato all'evoluzione del linguaggio.
<ref>http://www.letterainternazionale.it/testi_htm/pievani_80.htm</ref>.
Si pensa che il grande balzo avanti sia alla base della decadenza dell'Homo Neanderthalensis in seguito all'interazione con l'Homo Sapiens.
==== Passaggio da cacciatori-raccoglitori ad agricoltori ovvero la [[Rivoluzione neolitica]]====
{{Vedi anche|Rivoluzione neolitica}}
Il transito da cacciatori-raccoglitori ad agricoltori fu un passaggio importantissimo per progredire nella costituzione di società più complesse. In effetti esso permise una maggior disponibilità alimentare.
Il surplus alimentare consentì quindi alle popolazioni agricole di fornirsi di un apparato burocratico (che si andò organizzando in governo, tassazione, sacerdoti, guerrieri, scribi, intellettuali, artigiani come spadai ed armaioli,…..). Questo progresso sociale ed il fatto che molte persone avessero un compito definito all’interno dalla società, sganciato dal quotidiano procacciarsi del cibo, comportò una grande crescita tecnologica (armi da fuoco, spade d’acciaio). Da ciò anche la nascita della scrittura con la conseguente più facile circolazione delle idee e degli avvenimenti.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, 1997, pag 62-67</ref>
Riga 203 ⟶ 197:
Alla fine di questo processo un ettaro di terra coltivata riesce a dare sostentamento a molte più persone di quanto non riesca a dare a cacciatori raccoglitori un ettaro di foresta vergine.
Gli animali domestici hanno aiutato l’uomo a produrre più cibo in quattro modi: fornendo latte, carne, concime e forza motrice.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, 1997, pag 62</ref>
[[File:Centres_of_origin_and_spread_of_agriculture.svg
L'agricoltura non fu “un pacchetto in regalo” dalla natura. Furono necessari migliaia di selezioni ed incroci (ed un numero ancora superiore di fallimenti) ad addomesticare le piante di uso comune. Le principali piante addomesticate in epoca preistorica furono circa una cinquantina e riguardano cereali, leguminose, radici, tuberi e cucurbitacee.
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* all’aumentare della popolazione, aumenta l’efficienza della raccolta di cibo, che aumenta la raccolta di cibo………tutto questo nel mondo agricolo. Nel mondo dei cacciatori è vero il contrario.
* quindi le comunità di agricoltori sono numerose, quelle di cacciatori sono piccole. Inevitabilmente gli agricoltori vinsero e scacciarono i cacciatori, in quanto mangiavano di più e soprattutto erano in tanti. Col tempo gli agricoltori sarebbero stati in grado di mantenere anche un potere centrale con una classe miltare ed artigiani che preoducevano armi ottenute con migliori tecniche estrattive e migliori tecniche di forgia (ovvero ferro, acciaio).
<ref>Jared Diamond, Armi acciaio e malattie pag.
<!-- ====
Il passaggio successivo è la nascita di società complesse che superano i villaggi neolitici. In Europa tale fase viene per lo più diffusa, intorno al 4000 a.C., dall'invasione degli [[Arii]], una popolazione stanziata all'incirca nella attuale Ucraina, ovvero una etnia a cavallo che si diffuse in Europa spazzando via tutte le lingue precedenti (escluso rare eccezioni) <ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, 1997, pag 66</ref>
<ref>V. Warmuth et al.,"Reconstructing the origin and spread of horse domestication in the Eurasian steppe", PNAS</ref>
<ref>A. Achilli et al. "Mitochondrial genomes from modern horses reveal the major haplogroups that underwent domestication", PNAS</ref>
{{cn|Il motivo della loro superiorità pare dovuta alla domesticazione del cavallo, cosa per cui riuscirono ad imporsi sulle altre popolazioni.}}<ref>{{cn|Esse erano popolazioni a cavallo, patriarcali, governate da un '''regs''' (un re che era un capo guerriero eletto, ben diverso dai re-dèi egizi e mesopotamici), e caratterizzate da una prima divisione gerarchica fra guerrieri, sacerdoti e lavoratori, con donne e schiavi relegati in secondo piano; la religione era politeistica con al centro figure di dèi padri celesti, in opposizione alle religioni delle dee madri tipiche delle popolazioni preindoeuropee (i pantheon dei popoli indoeuropei storicamente noti sono frutto di una fusione con la religione di substrato, con gli dèi padri che faticano a tenere a bada le dee madri: vedi le scene da un matrimonio della coppia olimpica [[Zeus]] - [[Era (mitologia)|Hera]]). Gli Indoeuropei si imposero sulle popolazioni neolitiche in virtù del fatto che padroneggiavano la tecnologia del bronzo e avevano addomesticato il cavallo. Si trattava quindi di una società patriarcale gerarchizzata di guerrieri e sacerdoti che si sovrappose, in modo più o meno violent,o alle società equisessuali ed egualitarie dei villaggi neolitici, segnando il passaggio traumatico dell'Europa occidentale all'età del bronzo alla fine del terzo millennio a.C. e determinando in India il crollo della civiltà di [[Harappa]] e [[Mohenjo Daro]]. Questo è il quadro che emerge dagli studi della [[Gimbutas]] e di [[Dumézil]]. Quella degli Indoeuropei non sarebbe allora null'altro che una delle tante invasioni che le aree fertili e climaticamente attraenti del Mar Mediterraneo e dell'India avrebbero subito nel corso dei millenni: la prima invasione che sia indirettamente documentabile.}}.
possibile autore potrebbe essere: Francisco Villar, Gli indoeuropei e le origini dell'Europa, Bologna, Il Mulino, 1997 </ref>
[[File:IE expansion.png|thumb|240 px| Diffusione degli [[Arii]] secondo la teoria Kurganica]].
-->
====
In Grecia pare avvenne verso l'ultimo terzo del V secolo a.C, esattamente ai tempi di [[Socrate]].<ref>Giovanni Reale, Socrate, alla scoperta della sapienza umana, pag.78 </ref>. E' noto che con l'introduzione della scrittura, le notizie sono trasmesse molto più velocemente ed in modo preciso rispetto alle epoche o luoghi senza scrittura. Questa carenza è probabilmente (oltre ad altre cause sottocitate come ...) la causa della caduta dell'impero Inca (sappiamo infatti che Atahualpa non sapeva nulla della caduta, avvenuta nel ventennio precedente, dell'impero azteco e degli altri del centroamerica, appunto per la nota non conoscenza della scrittura) <ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp 56-58 ISBN 880615619</ref>
<ref>Fase di stallo. Tra l'800 a. C ed il 200 d.C si assiste ad una lunga fase di stallo in cui le civiltà del mediterraneo raggiunsero uno sviluppo destinato a non essere superato. Secondo Cameron ciò fu dovuto al contemporaneo presentarsi di: suddivisione del lavoro e massimizzazione delle reti commerciali tratto da Rondo Cameron, Storia economica del mondo, pag 58 ed assenza contemporanea di evoluzione tecnologica (che comincerà con il Medioevo)(tratto da Rondo Cameron, Storia economica del mondo, pag 72)
In questa fase si inscrive la teoria del [[periodo assiale]]. Essa è una fase teorizzata da Karl Jaspers, per cui dopo una prima fase di sviluppo della storia universale come monofiletica, subentra una fase multicentrica. In quest'ottica i cinque grandi centri teorizzati da Jaspers (Cina, India, Iran, Palestina e Grecia) ebbero un antecedente comune e si svilupparono contemporaneamente tra l'800 a.C. ed il 200 a.C. (tratto da Elmar Holenstein Atlante di filosofia, Einaudi 2009, pag 50 immettere cartina a pag 51) Le principali ramificazioni della filosofia nascerebbero in questo periodo.(definire meglio, ricontrollare le voci bibliografiche)<br />
Il medioevo è caratterizzato da una grande evoluzione tecnologica (mulino, orologio... aratro di metallo, rotazione delle colture....)
Altro punto fondamentele fu la nascita delle [[università]] ovvero della possibilità di studio non legata ad un ceto, bensì aperta a tutti.
Tale novità era completamente sconosciuta nell'antichità ed in oriente.(tratto da Maurice De Wulf???.............)
{{cn|Ë interessante notare come le prime invenzioni che avrebbero funzionato da volano per l'aumento demografico del Medioevo, l’aggiogamento in fila, il collare rigido da spalla per la bardatura del cavallo e la ferratura dei cavalli, dei muli e dei buoi siano un adattamento slavo di un attrezzo turco e mongolo
(tratto da Roberto Lopez, Le influenze orientali e il risveglio economico dell’Occidente, pag. 33
ricontrollare in toto }}<br />
Interessantissima, e contraria alla stretta visione eurocentrica, è la storia dello sviluppo della moderna cultura occidentale. Denominata teoria dei tre nodi scorsoi, essa descrive lo spostamento dall'Europa ad ambiti extraeuropei di matematica, filosofia ellenica e diritto romano. In tutte e tre i campi si assiste alla nascita in Europa con un successivo spostamento nel mondo islamico durante il primo medioevo, per ritornare nel basso medioevo, in Italia (a Bologna per quanto riguarda il diritto, con [[Fibonacci]] per quanto concerne la matematica, ed attraverso Cordoba e Parigi per la filosofia.(tratto da Elmar Holenstein, Atlante di Filosofia, Einaudi 2009, pag 84 e 114)</ref> <br />
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Con la nascita dei [[comune (storia)|comuni]] nell'Europa del XII secolo iniziò il [[mercantilismo]].
In realtà il mercantilismo non fu' solo un'esperienza dell'
É però necessario ricordare:
*la
*l'inizio, successivo alla scoperta dell'America, della [[Costa degli Schiavi#La traversata|triangolazione tra Europa, Costa degli Schiavi e Americhe]].
* i paesi occidentali (in particolare Portogallo, Olanda, Inghilterra) cominciarono un'espansione ed un imperialismo in tutti i porti orientali.<ref>Rondo Cameron, Storia economica del mondo, dalla preistoria ad oggi, Società editrice il mulino, 1998, pag 103-113</ref>
Con il mercantilismo nascevano anche le prime [[commenda|commende]] e, successivamente, le [[banche]]
==== Esito moderno: la grande divergenza ====
<!-- Fino al 1500 quella europea era una delle quattro principali civiltà del mondo, insieme a quelle cinese, indiana ed islamica, senza avere una particolare prevalenza: da allora però essa iniziò un profondo mutamento che l' ha portata, nel corso di alcuni secoli, a superare di gran lunga le altre civiltà sul piano culturale, scientifico ed economico. In Europa è nata la scienza moderna ( la fisica, la chimica, la medicina, la nuova fisica), sono state fatte tutte le invenzioni moderne (dalla locomotiva al computer) , sono state create le scienze umane (storia, sociologia, psicologia, economia), si e' soprattutto formato lo stato moderno (democrazia, libertà, uguaglianza, laicità, legalità).
Tutto ciò ha permesso all’Europa di conquistare o comunque controllare il resto del mondo con molta facilità: vere guerre accanite e totali si sono svolte solo fra le potenze europee ma esse hanno conquistato il resto del mondo e formati immensi imperi coloniali con pochi mezzi: le difficoltà maggiori sono state dovute alle distanze immense e alle difficoltà dei luoghi.
Con ancora maggiore facilita però gli europei hanno abbandonato gli imperi coloniali nel corso di pochi anni, poco dopo la seconda guerra mondiale. Cosa è stato allora il colonialismo?
Nel dibattito culturale europeo si oscilla fra chi vede in esso sostanzialmente l’espandesi del progresso e della civiltà e chi invece semplicemente un momento di rapina e di spoliazione degli altri popoli, considerando gli europei alla stregua di "nuovi mongoli" con tutte le gradazioni e combinazioni possibili fra i due poli di posizione interpretative.
In questo lavoro cercheremo di vedere come il fenomeno del colonialismo viene considerato non in Occidente ma nei due più importanti paesi extraeuropei, India e Cina che probabilmente in un futuro potrebbero esse stesse divenire le civiltà egemoni.
In India non vi è nessun particolare rancore verso la passata dominazione coloniale inglese: ne vengono dibattuti con serenità i vantaggi e gli vantaggi ma come un fatto cha appartiene al passato: il presente e il futuro sono nella integrazione dell’india nel contesto dello sviluppo economico, la maggiore aspirazione è quella di raggiungere livelli economici simili a quelli occidentali, traguardo che una parte non trascurabile, anche se minoritaria degli indiani, ha ormai raggiunto.
In Cina dopo l’abbandono del maoismo, con l’apertura al capitalismo guidata da Deng Xiaoping, è sentita fortemente la spinta a raggiungere gli occidentali: essa viene però vista anche come una sfida ai popoli dell’Occidente, una affermazione nazionalista. Il colonialismo è condannato, radicalmente, senza “se” e senza “ma”.
I Cinesi possono avere opinioni politiche su cose molto diverse : ma su una valutazione sempre concordano: il colonialismo è stato il nemico capitale della Cina, una sorta di male radicale nel quale nulla di positivo può essere trovato
I due atteggiamenti tanto contrastanti derivano da radici storiche che di seguito cerchiamo di illustrare.
INDIA
Premesse culturali
La storia dell’india è in realtà la storia delle invasioni: ogni ondata di invasione si sovrappone senza distruggerla alla civiltà precedente: il risultato è che l’india è un mosaico infinito di popoli, di razze, di culture diverse che parlano decine di lingue diverse.
Da questo punto di vista l’invasione inglese è solo l’ultima delle tante. Non pare quindi di una particolare gravità ma un fenomeno ricorrente. quasi naturale.
Vicende storiche
I primi europei arrivarono in india alla fine del 1400: nel 1500 di formò il grande impero Moghul con la cui potenza gli europei non potevano certo misurarsi accontentatosi di qualche lembo di terra per commerciare con vantaggi reciproci.
In seguito la dissennata politica dell’imperatore Aurangzeb caratterizzata dalla intolleranza verso l’induismo e dal fanatismo islamico trascinò l’ India in un abisso di guerre: cominciò cosi la decadenza dei Moghul.
A questo punto gli Inglesi riuscirono a prendere un iniziale controllo, visti come dominatori più tolleranti, più come liberatori che nemici .
Nella prima fase, fino alla metà del ‘800, il dominio inglese era rimesso nella mani della Compagnia delle Indie, una sorta di società privata con fini propriamente commerciali ed economici. Gli inglesi in quel tempo, non tentarono quindi di portare la loro civiltà agli Indiani, anzi in qualche modo si adeguavano ad essa: ad essi interessavano i rapporti economici non i problemi etici, religiosi, civili: non avevano ancora alcuna intenzione di imporre la propria superiore civiltà. In pratica si comportano come i migliori precedenti conquistatori, come Akbar che nella tolleranza verso tutte le religioni e tutte le etnie avevano fondato la grandezza dell’impero.
Nel 1857 però la rivolta dei Sepoys mutò profondamente la situazione; dopo gli orrori perpetrati prima dai Sepoys e poi, per ritorsione, dagli inglesi il potere passò direttamente alla corona britannica: da allora gli inglesi si sono sentiti investiti della missione civilizzatrice ,” il fardello dell’uomo bianco” come si espresse Kipling: non più persone che fanno affari rispettosi o meglio, indifferenti agli usi locali ma un corpo di funzionari governativi competenti e diligenti che volevano modernizzare l’india: furono ad esempio vietati usi come quelli del sati e del matrimonio delle bambine
Man mano si crea pure una ossatura burocratica di personale indiano, si fanno riforme democratiche: il passaggio alla indipendenza fu senza traumi anche perchè tutti i funzionari che avevano servito nel raj britannico furono confermati nei loro incarichi : la indipendenza e la democrazia appariranno un fatto naturale per gli indiani nel ‘47.
D’altra parte la lotta per l’indipendenza sotto la guida di Gandhi non ebbe asprezze e scontri sanguinosi: in effetti Gandhi era popolare in Inghilterra non meno che in India.
Dopo l’indipendenza Gandhi è stato “santificato” ma in realtà i suoi insegnamenti sono stati dimenticati: i suoi richiami a un’India ancestrale e antica sono stati pressocchè ignorati: egli sognava il ritorno al villaggio, alla autosufficienza agricola, rifiutava l’industrializzazione, non parlava di redistribuzione delle terre, dei sindacati, della laicità, non condannò nemmeno radicalmente il sistema delle caste.
L’india attuale è molto lontana da Gandhi, è stata costruita da Nehru molto più moderno e molto più vicino al modello britannico.
Atteggiamento verso il colonialismo
Dalle vicende storiche sommariamente illustrate nasce l’atteggiamento indiano verso il colonialismo.
C’è un gran dibattito culturale sui demeriti e meriti del colonialismo che rileva aspetti positivi e negativi: non una condanna generalizzata ne tanto meno una giustificazione generalizzata.
Si discute ampiamente sia a livello di cultura storiografica che a livello popolare di quanto l’Inghilterra debba all’India ma anche di quanto l’India debba all’Inghilterra.
Anche il Mahatma Gandhi pur reclamando l’indipendenza e il ritorno alla cultura indiana non disconosceva affatto l’importanza di quella inglese e Nehru in realtà non nascondeva i meriti indubbi della colonizzazione britannica in un giudizio molto equilibrato.
L’attuale premier, Manmhoan Singh, nel 2005 in un incontro a Oxford (vedi appendice ) ha così riassunti gli aspetti positivi della dominazione inglese: le diffusione di una cultura scientifica che è il vanto più evidente egli europei, ma anche lo stato di diritto prima del tutto sconosciuto in India e quindi la sua espressione più alta che è la democrazia, e l’India è la più grande democrazia del mondo. Ha rilevato come sono stati gli inglesi stessi a riscoprire scientificamente la cultura dell’india al di là delle vaghe leggende e letture di parte, ha dato anche atto che la lingua inglese è diventata un veicolo importantissimo per la comunicazione non solo a livello internazionale ma anche al suo interno per superare il frazionamento infinito delle lingue e dei dialetti.
Non si nascondono naturalmente gli aspetti negativi.
CINA
Premesse culturali
Mentre la civiltà dell’India è costituita, come abbiamo visto, dal cristallizzarsi delle successive invasioni, quella della Cina è sostanzialmente, al contrario, la lotta contro gli invasori.
Fin dall’inizio della sua storia la civiltà agricola cinese ha dovuto lottare contro i popoli nomadi o seminomadi, comunque meno civili, che tentavano di invaderla. La Cina nasce praticamente con la costruzione della Grande Muraglia che divide nettamente il mondo cinese in due; da qui la civiltà, di là la barbarie: ed infatti il nome che assume il paese è Zhongguó, (il paese di mezzo) cioè il centro della civiltà.
Effettivamente ai confini della Cina vi sono deserti, monti foreste impenetrabili e il mare dai quali potevano arrivare solo ondate di barbari invasori : se essi prevalevano la Cina cadeva nel caos e nella rovina. Qualche volta i barbari riuscirono a conquistare la Cina: i Mongoli nel XIII secolo e i Mangiu nel XVII secolo, ma rapidamente abbracciarono la civiltà cinese e comunque non portarono quasi nulla della propria. Nei millenni quindi in Cina si è formata l’idea fondamentale che nulla di positivo e di desiderabile poteva trovarsi al di fuori della Cina stessa, non UN paese civile dunque ma l’UNICA civiltà .
I cinesi al contrario dell’India conobbero pochissimo il mondo esterno. Nel 1400 una flotta cinese fu anche inviata al comando di Zheng He per affermare una egemonia sui mari ma durò poco: La Cina preferì ritirarsi e fu vietato perfino la costruzioni di navi che potessero sfidare gli Oceani.
In questo mondo cosi chiuso in se stesso arrivarono gli Occidentali nel 1500. I cinesi li assimilarono ai tanti barbari che questa volta venivano dal mare anzicchè dai deserti e dai monti. Apprezzarono anche il grande gesuita Matteo Ricci, che divenne personaggio importante a corte: ma anche Matteo Ricci si presentava come una persona che aveva assimilato la cultura cinese, vestiva e parlava da cinese colto.
La Cina concesse la possibilità di qualche commercio che poteva essere utile e qualche scalo periferico come Macao, ammirarono pure la tecnica e le conoscenze degli europei ma conservarono intatta l’idea della loro superiorità. Per essi fu un trauma terribile, quando nella guerra dell’oppio, un corpo di spedizione inglese travolse, con stupefacente facilità, il loro esercito.
Da allora iniziò una serie ininterrotta di rovesci militari: gli eserciti europei invadevano e percorrevano in lungo e in largo la Cina, bruciarono palazzi imperiali e altre opere d’arte , cosi come facevano i barbari, costringendo ad accettare qualsiasi imposizione: la Cina precipitava nell’anarchia come nei periodi più bui delle invasioni barbariche.
Per i cinesi gli europei erano pur sempre dei barbari, anche se militarmente superiori come era a volte accaduto, dei “nuovi mongoli” insomma: non percepirono che invece gli europei non erano i soliti barbari ma i portatori di una nuova civiltà.
L’acme dello scontro si ebbe negli ultimi anni dell’800.
Mentre in Giappone prevalevano le forze favorevoli a una rapida assimilazione delle modernità europee (governo meiji), la Cina era troppo orgogliosa e sicura della sua millenaria civiltà per fare altrettanto: la situazione andò precipitando fino alla rivolta dei Boxer che fu sostanzialmente una ribellione popolare contro la oppressione degli europei che voleva restaurare la grandezza della Cina. La rivolta fallì, l’impero si dimostrò inadeguato a difendere la Cina dagli stranieri e a mantenere l’ordine interno e cadde nella quasi indifferenza generale.
Solo però a partire dagli inizi del ‘900 i cinesi si resero conto della importanza della civiltà europea e penetrarono idee nuove di liberali e socialisti ma intanto, poichè la ideologia del colonialismo tramontavano anche in Europa, esse finirono con il rafforzare ancora di più la condanna di esso. In particolare la Cina conobbe la modernità soprattutto attraverso il comunismo che assimilava nella stessa condanna inappellabile sia il capitalismo che il colonialismo il secondo visto come la peggior espressione del primo del primo.
Vicende storiche
Il colonialismo in Cina fu particolarmente negativo, non presentò nessuno degli aspetti positivi che ebbe in India e in altri paesi.
L’inizio stesso della penetrazione in Cina avvenne in occasione dei uno degli episodi più vergognosi della storia: la guerra dell’oppio.
Gli Inglesi, per controbilanciare la importazione di the, iniziarono a vendere oppio in Cina. Ovviamente le autorità cinesi si opposero: allora gli inglesi aggredirono la Cina e vinsero facilmente la guerra costringendola a permettere la libera importazione dell’oppio. L’oppio si diffuse come una peste in tutto l’impero con un effetto devastante su tutto il tessuto civile e familiare della nazione: pochi fatti nella storia sono stati altrettanto ingiusti e infamanti.
Vista la facilità con la quale era possibile battere militarmente la Cina, fu un continuo di interventi europei per questo o quella ragione o meglio pretesto. Alla fine di ogni intervento si addossavano alla Cina le spese dell’intervento stesso, spese sproporzionate che la Cina, già in piena crisi economica, non era assolutamente in grado di pagare.
Gli europei allora pretesero il controllo delle dogane, dei tributi, delle miniere e di tutto quello che poteva fruttare qualcosa: una vera e propria rapina delle, per altro magre, ricchezze cinesi.
Con il crollo dell’impero e la formazione del Kuomitang i cinesi si ribellarono a questa tremende sopraffazione e gli europei sostanzialmente si ritirarono dalla Cina. Tuttavia si fece avanti un nuovo colonialismo, ancora peggiore, quello Nipponico. Non si trattava di europei ma comunque di una nazione che ne aveva assunto il ruolo.
I Giapponesi erano convinti che i cinesi fossero una razza inferiore, da usare come schiavi: gli orrori, le stragi, le sopraffazioni furono qualcosa di terribile, una delle pagini peggiori del ‘900.
Quando, con la fine della Seconda Guerra Mondiale i Giapponesi si ritirarono per qualche anno i nazionalisti di Jiang Jiesh (Chiang Kai-shek) furono appoggiati dagli americani ma persero di fronte ai comunisti: ancora una volta gli Occidentali si trovarono dalla parte sbagliata.
La Russia era la centrale del comunismo internazionale, la più portante alleata, in teoria, ma diede sempre scarso appoggio ai comunisti cinesi dei quali ha sempre diffidato preferendo i rapporti con il governo di nazionalista di Jiang Jiesh.
Dopo alcuni anni i rapporti con i Russi si guastarono irrimediabilmente e ancor una volta gli europei erano pur sempre dei nemici.
Tuttavia attraverso l’ideologia del comunismo i cinesi assorbirono profondamente la civiltà occidentale e con Deng Xiaoping si aprirono all’Occidente liberista.
Attualmente la Cina appare il paese più occidentalizzato dell’Asia: a parte le fattezze degli abitanti e le scritte in ideogrammi, se si cammina i per Shanghai sembra di essere a New York.
L’india al paragone mantiene la sua individualità di civiltà molto più che la Cina.
Sarebbe però un errore pensare che un paese fortemente occidentalizzato sia un amico dell’Occidente. Il Giappone accettò modelli occidentali ma divenne il grande nemico dell’America e più in generale i movimenti di liberazione al colonialismo si formarono secondo la cultura occidentale ma combatterono l’Occidente .
Atteggiamento verso il colonialismo
In Cina il giudizio sul colonialismo è estremamente negativo come non potrebbe non essere date le vicende storiche che abbiamo sommariamente delineato non tanto a livello ufficiale e colto quanto a livello popolare, di coscienza diffusa.
Il cinese medio, a differenza dell’‘indiano medio, vede nel colonialismo il male radicale, il nemico di sempre.
A Cixi, l’ultima imperatrice, non imputa la politica fallimentare che portò allo sfascio dell’impero e la Cina all’ultima rovina: la rimprovera soprattutto l’aver lasciato agli inglesi Hong kong: il suo ritorno alla madrepatria è stato l’avvenimento che più ha riempito di gioia e di orgoglio l’animo cinese. Lo stesso successo economico è vissuto come una rivincita contro le umiliazione inflitta alla Cina dal colonialismo: vogliono costruire il grattacielo più alto, lo stadio più moderno per una sorta di rivincita del ”paese di mezzo” cioè della “vera” civiltà rispetto agli stranieri.
Anche gli avvenimenti del Tibet sono stati vissuti in un parossimo di nazionalismo, come un ultimo tentativo del colonialismo di sempre.
Analogamente la proclamazione da parte della Chiesa Cattolica dei martiri dei cinesi uccisi dai Boxer durante la rivolta è stata vista come un sorte di giustificazione del colonialismo: il risultato è stato un blocco del processo di normalizzazione dei rapporti fra Cina e Chiesa che sembrava molto ben avviato: il cinese di oggi è quanto di più lontano si possa immaginare da un boxer di 100 anni fa ma gli si riconosce il fatto di aver lottato contro il colonialismo: questo è un titolo sufficiente per ammirarlo.
Non è possibile prevedere se il sentimento anticoloniale, per altro pienamente giustificato, combinato con il nazionalismo di sempre legato alla convinzione millenaria che la Cina sia LA civiltà quale strada possa intraprendere: per il bene dell’umanità ci auguriamo che essa possa risolversi nella competizione pacifica e nella tolleranza.
APPENDICE
Address by Prime Minister Dr Manmohan Singh at Oxford University
From:THE HINDU indian newspaper - 2005 /06/08
Mr Chancellor, Excellencies, Ladies and Gentlemen,
.
The economics we learnt at Oxford in the 1950s was also marked by optimism about the economic prospects for the post-War and post-colonial world. But in the 1960s and 1970s, much of the focus of development economics shifted to concerns about the limits to growth. There was considerable doubt about the benefits of international trade for developing countries. I must confess that when I returned home to India, I was struck by the deep distrust of the world displayed by many of my countrymen. We were overwhelmed by the legacy of our immediate past. Not just by the perceived negative consequences of British imperial rule, but also by the sense that we were left out in the cold by the Cold War.
There is no doubt that our grievances against the British Empire had a sound basis for. As the painstaking statistical work of the Cambridge historian Angus Maddison has shown, India's share of world income collapsed from 22.6% in 1700, almost equal to Europe's share of 23.3% at that time, to as low as 3.8% in 1952. Indeed, at the beginning of the 20th Century, "the brightest jewel in the British Crown" was the poorest country in the world in terms of per capita income. However, what is significant about the Indo-British relationship is the fact that despite the economic impact of colonial rule, the relationship between individual Indians and Britons, even at the time of our Independence, was relaxed and, I may even say, benign.
This was best exemplified by the exchange that Mahatma Gandhi had here at Oxford in 1931 when he met members of the Raleigh Club and the Indian Majlis. The Mahatma was in England then for the Round Table Conference and during its recess, he spent two weekends at the home of A.D. Lindsay, the Master of Balliol. At this meeting, the Mahatma was asked: "How far would you cut India off from the Empire?" His reply was precise - "From the Empire, entirely; from the British nation not at all, if I want India to gain and not to grieve." He added, "The British Empire is an Empire only because of India. The Emperorship must go and I should love to be an equal partner with Britain, sharing her joys and sorrows. But it must be a partnership on equal terms." This remarkable statement by the Mahatma has defined the basis of our relationship with Britain.
Jawaharlal Nehru echoed this sentiment when he urged the Indian Constituent Assembly in 1949 to vote in favour of India's membership of the Commonwealth. Nehru set the tone for independent India's relations with its former master when he intervened in the Constituent Assembly's debate on India joining the Commonwealth and said:
"I wanted the world to see that India did not lack faith in herself, and that India was prepared to co-operate even with those with whom she had been fighting in the past provided the basis of the co-operation today was honourable, that it was a free basis, a basis which would lead to the good not only of ourselves, but of the world also. That is to say, we would not deny that co-operation simply because in the past we had fought and thus carry on the trail of our past karma along with us. We have to wash out the past with all its evil."
India and Britain set an example to the rest of the world in the way they sought to relate to each other, thanks to the wisdom and foresight of Mahatma Gandhi and Jawaharlal Nehru. When I became the Finance Minister of India in 1991, our Government launched the Indo-British Partnership Initiative. Our relationship had by then evolved to a stage where we had come to regard each other as partners. Today, there is no doubt in my mind that Britain and India are indeed partners and have much in common in their approach to a wide range of global issues.
What impelled the Mahatma to take such a positive view of Britain and the British people even as he challenged the Empire and colonial rule? It was, undoubtedly, his recognition of the elements of fair play that characterized so much of the ways of the British in India. Consider the fact that an important slogan of India's struggle for freedom was that "Self Government is more precious than Good Government". That, of course, is the essence of democracy. But the slogan suggests that even at the height of our campaign for freedom from colonial rule, we did not entirely reject the British claim to good governance. We merely asserted our natural right to self-governance.
Today, with the balance and perspective offered by the passage of time and the benefit of hindsight, it is possible for an Indian Prime Minister to assert that India's experience with Britain had its beneficial consequences too. Our notions of the rule of law, of a Constitutional government, of a free press, of a professional civil service, of modern universities and research laboratories have all been fashioned in the crucible where an age old civilization met the dominant Empire of the day. These are all elements which we still value and cherish. Our judiciary, our legal system, our bureaucracy and our police are all great institutions, derived from British-Indian administration and they have served the country well.
Of all the legacies of the Raj, none is more important than the English language and the modern school system. That is, if you leave out cricket! Of course, people here may not recognise the language we speak, but let me assure you that it is English! In indigenising English, as so many people have done in so many nations across the world, we have made the language our own. Our choice of prepositions may not always be the Queen's English; we might occasionally split the infinitive; and we may drop an article here and add an extra one there. I am sure everyone will agree, however, that English has been enriched by Indian creativity as well and we have given you R.K. Narayan and Salman Rushdie. Today, English in India is seen as just another Indian language.
The idea of India as enshrined in our Constitution, with its emphasis on the principles of secularism, democracy, the rule of law and, above all, the equality of all human beings irrespective of caste, community, language or ethnicity, has deep roots in India's ancient civilization. However, it is undeniable that the founding fathers of our republic were also greatly influenced by the ideas associated with the age of enlightenment in Europe. Our Constitution remains a testimony to the enduring interplay between what is essentially Indian and what is very British in our intellectual heritage.
The idea of India as an inclusive and plural society, draws on both these traditions. The success of our experiment of building a democracy within the framework of a multi-cultural, multi-ethnic, multi-lingual and multi-religious society will encourage all societies to walk the path we have trodden. In this journey, both Britain and India have learnt from each other and have much to teach the world. This is perhaps the most enduring aspect of the Indo-British encounter.
It used to be said that the sun never sets on the British Empire. I am afraid we were partly responsible for sending that adage out of fashion! But, if there is one phenomenon on which the sun cannot set, it is the world of the English speaking people, in which the people of Indian origin are the single largest component.
No Indian has paid a more poetic and generous tribute to Britain for this inheritance than Gurudev Rabindranath Tagore. In the opening lines of his Gitanjali, Gurudev says:
"The West has today opened its door.
There are treasures for us to take.
We will take and we will also give,
From the open shores of India's immense humanity."
To see the India - British relationship as one of 'give and take', at the time when he first did so, was an act of courage and statesmanship. It was, however, also an act of great foresight. As we look back and also look ahead, it is clear that the Indo-British relationship is one of 'give and take'. The challenge before us today is to see how we can take this mutually beneficial relationship forward in an increasingly inter-dependent world.
I wish to end by returning to my alma mater. Oxford, since the 19th century, has been a centre for Sanskrit learning and the study of Indian culture. The Boden professorship in Sanskrit, and the Spalding professorship in Eastern Religions and Ethics, stand testimony to the university's commitment to India and Indian culture. I recall with pride the fact that the Spalding professorship was held by two very distinguished Indians: Dr S. Radhakrishnan, who later became the President of India, and by Dr. Bimal Krishna Matilal. In the context of the study and preservation of Indian culture, I also wish to recall the contribution of another Oxonian, Lord Curzon, about whose project to preserve and restore Indian monuments, Jawaharlal Nehru said, "After every other Viceroy has been forgotten, Curzon will be remembered because he restored all that was beautiful in India."
http://cronologia.leonardo.it/storia/mondiale/cina024.htm approfondire/integrare con questo-->
[[File:Maddison GDP per capita 1500-1950.svg|thumb|right|320px|Crescita del [[prodotto interno lordo]] dal 1500, seondo la stima di [[Angus Maddison]]. Il grafico mostra il PIL al [[:en:purchasing power parity|pari potere d'acquisto]]) [[pro capite]] tra il 1500 ed il 1950 in [[:en:International dollar|dollari internazionali al 1990]] per differenti nazioni ed evidenzia la crescita esplosiva di alcune nazioni europee dopo il 1800<ref>Maddison, Angus (2007), Contours of the World Economy, 1–2030 AD: Essays in Macro-Economic History, Oxford University Press, tabella A7 , pag.382, ISBN 978-0-19-922721-1</ref>.]]
La '''Grande divergenza''' (termine coniato da [[Samuel P. Huntington|Samuel Huntington]]<ref name=Frank>{{harvnb|Frank|2001}}</ref>) si riferisce al processo per cui il mondo occidentale e parte del nuovo mondo {Nord America, Australia e Nuova Zelanda) hanno superato i vincoli presenti precedentemente della crescita moderna e siano emersi inconfutabilmente, nel corso del XIX secolo, come il mondo ricco e potente, eclissando gli altri paesi come la Cina [[Qing]], i [[Moghul]] in India, ed il Giappone [[Tokugawa]]<ref>[http://www.worldmapper.org/posters/worldmapper_map160_ver5.pdf Benessere nel XVI secolo secondo worldmapper]</ref>.
Nomi simili sono il ''miracolo europeo'', termine coniato da [[Eric Jones]] nel 1981.
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Il processo è stato accompagnato e rafforzato dall'[[Storia dell'uomo#Età delle scoperte|"era delle Scoperte"]] e dal conseguente incremento degli imperi coloniali, l'[[Illuminismo|illuminismo]], la [[Rivoluzione commerciale|rivoluzione commerciale]], la [[Rivoluzione scientifica|rivoluzione scientifica]] ed, infine, la [[Rivoluzione Industriale|rivoluzione Industriale]]. Gli studiosi hanno proposto una grande varietà di teorie per spiegare le cause della divergenza, tra cui l'intervento del governo, la geografia, le tradizioni.
Prima della grande divergenza, secondo l'economista Angus Maddisson (vedi [[:en:List of regions by past GDP (PPP) per capita|il listato di regioni per Prodotto Interno Lordo dall'anno 1000 al 2003]]) il cuore dello sviluppo includeva l'Europa occidentale, la Cina, il Giappone e l'India. In ciascuno di questi settori fondamentali, diverse istituzioni politiche e culturali avevano permesso diversi gradi di sviluppo. Cina, Europa occidentale e Giappone si erano sviluppato ad un livello relativamente alto
== Le scuole di pensiero==
*Approfondire con [http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/839318/Fondamenti_d_analisi_geografica#!]<br />
*leggere assolutamente ''mario ortolani: geografia delle popolazioni'' CSB Scienze della formazione CSB SCF V.859 bis<br />
*Approfondire con [http://www.thinktag.it/system/files/11835/236_outline.pdf?1347833794] e [http://www.comunicazione.uniroma1.it/materiali/16.09.29_31marzo2011.pdf]<br />
<br />
<br />
{{Approfondimento
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|larghezza = 380px
|titolo = Differenti scuole geografiche di interpretazione delle cause
|contenuto =Storicamente esistono due scuole di pensiero che correlano il grado e lo sviluppo di una società con i fattori che lo avrebbero prodotto. Essi sono il cosiddetto determinismo geografico, e quello culturale. All'interno di questi estremi si possono sistemare tanti pensieri che in qualche modo si pongono come intermedi. Ma all'interno degli stessi esistono svariate modalità di lettura.<br />
'''Determinismo geografico (od ambientale)'''
Il determinismo geografico, nella sua forma più estrema, sostiene che il lavoro degli uomini sia controllato o determinato da condizioni geografiche come clima, morfologia e simili.
Questa idea, attualmente, ha pochi aderenti. <ref>Geography - Geographical Determinism - European, Accepted, World, Adherents, Humans, and Concept http://science.jrank.org/pages/9506/Geography-Geographical-Determinism.html#ixzz1OyLjfWmL</ref>
[[Jared Diamond]] uno degli attuali studiosi della origine delle differenze tra diverse popolazioni, è tra i più noti appartenenti alla corrente del determinismo geografico, <
<ref>Geography - Geographical Determinism - European, Accepted, World, Adherents, Humans, and Concept http://science.jrank.org/pages/9506/Geography-Geographical-Determinism.html#ixzz1OyLjfWmL</ref>
<ref>Tra il 1920 ed il 1948, il determinismo ambientale fu stato sottoposto a ripetuti attacchi, e le sue affermazioni furono trovate spesso sbagliate. I geografi reagirono a questo, dapprima sviluppando la nozione di possibilismo ambientale e, successivamnte, abbandonando la ricerca per parecchi decenni.
Critiche successive sostennero che il determinismo geografico avrebbe giustificato il [[razzismo]] e l'[[imperialismo]]. Tale esperienza ha gettato molte ombre per cui molti geografi si affrettarono a buttare via ogni suggerimento di influenza ambientale sulla società umana. Alcuni ritengono che tale rigetto sia "andato oltre", e che ''"incorporating environmental factors into explanations of social outcomes is not only useful but necessary"''.(Ballinger, Clint (2011), [http://mpra.ub.uni-muenchen.de/29750/1/MPRA_paper_29750.pdf Why Geographic Factors are Necessary in Development Studies] MPRA Paper No. 29750)
Una rivisitazione del determinismo ambientale si è avuto con [[Jared Diamond]] uno degli attuali studiosi della origine delle differenze tra diverse popolazioni, (e tra i più noti appartenenti alla corrente del determinismo geografico), anche se con molti distinguo in quanto considera, oltre a strette considerazioni geografiche e climatiche, tutta una serie di altri fenomeni come fattori politici</ref><br />
'''Determinismo culturale'''
Il Determinismo culturale è teoria per cui la cultura nella quale siamo cresciuti determini chi siamo sia a livello emozionale che comportamentale, invece dei tratti biologici ereditari. Ciò riguarda sia i singoli come i gruppi.
Un classico esempio di determinismo culturale è quello di [[Margaret Mead]] nel noto testo: "Coming of age in Samoa". In esso Margaret Mead sostenne che l'unica spiegazione possibile di un comportamento (nel caso specifico era il comportamento sessuale degli adolescenti nelle Isole Samoa) fosse in termini di ambiente sociale, quindi culturale. <ref>Derek Freeman, Diltrey Dream, Pandanus Book, 2001, pag 43</ref>
Un altro modo di guardare il concetto di determinismo culturale è quello di porlo a confronto con il determinismo ambientale, ovvero confrontarlo con l'idea che il mondo fisico con tutti le sue costrizioni e potenziali elementi di alterazione della vita, sia responsabile per la spiegazione di ogni cultura esistente. Ciò contrasta con l'idea che noi umani siamo in grado di creare la nostra vita attraverso la potenza del pensiero, la socializzazione, e tutte le forme di circolazione delle informazioni.
Ancora, determinismo culturale è usato per descrivere il concetto che la cultura determini effetti su economia e politica. E' una idea che è ricorsa in molte culture della storia umana, dalle antiche civiltà, fino al presente.<br />
Un esempio di determinismo culturale è il sostenere che l'indagine scientifica in Occidente sia stata stimolata dal [[pensiero greco]] e [[giudaico-cristiano]], oppure sia stata fermata dal pensiero [[Confucianesimo|confuciano]] e [[Taoismo|taoista]] in Cina.<br />
'''Tentativo di superare questo schematismo'''
{{quote|''Questo risorgere (NdT. dell'uso di fattori geografici e/o ambientali negli studi dullo sviluppo umano), specialmente tra i geografi è visto frequentemente in modo estremamente negativo, strutturalmente sbagliato, [...] (<ref>Blaut, James M. 2000. Eight Eurocentric Historians. New York: Guilford Press</ref>, <ref>Merrett, Christopher D. 2003. Debating Destiny: Nihilism or Hope in Guns, Germs, and Steel? Antipode 35(4): 801-806</ref>, <ref>Sluyter, Andrew. 2003. Neo-environmental determinism, intellectual damage control, and nature/society science. Antipode 35(4): 813-817</ref>, <ref>Coombes, Paul and Keith Barber. 2005. Environmental determinism in Holocene research: Causality or coincidence? Area 37(3): 303–311</ref>, <ref>Judkins, Gabriel, Marissa Smith, and Eric Keys. 2008. Determinism within humanenvironment research and the rediscovery of environmental causation. The Geographical Journal 174(1): 17-29</ref>,<ref>O’Keefe, Phil, Geoff O’Brien, Zaina Gadema, and Jon Swords. 2010. Geographers and geography: making waves for the wrong reasons. Area. 42(3): 258-261</ref> <ref>Radcliffe, Sarah A., Elizabeth E. Watson, Ian Simmons, Felipe Fernández-Armesto,
and Andrew Sluyter. 2010. Environmentalist thinking and/in geography. Progress
in Human Geography 34(1): 98-116</ref>). Questo "revival" potrebbe essere semplicemente conseguenza del ricorrere, alla circolarità, alle mode intellettuali. In modo simile, ma più pericolosamente, potrebbe essere dovuto alle persistenti sottostanti ideologie per cui i fattori geografici sono in qualche modo utilizzati per sopportare tali idee. Alternativamente possono essere visti come più gradevoli perchè nella loro forma recente sono più sofisticati ed 1) evitano la peggior forma delle ipersemplificazioni e/o 2) evitano associazioni con ideologia deterministiche, razziste od imperialistiche. Noi crediamo che nessuna di queste sia la vera ragione del risorgere dei fattori geografici nelle ricerche sullo sviluppo diseguale. Piuttosto la ricerca moderna, nonostante un grande incremento nella quantità e qualità dei dati, ed anche la presenza di teorie più sofisticate, ed i mezzi tecnologici per combinarli, ha comunque colpito una barriera insuperabile, e la ricerca non può avanzare senza integrare fattori geografici ed ambientali con la ricerca delle scienze sociali.''| <ref>Ballinger, Clint, Why Geographic Factors are Necessary in Development Studies, January 2011 [http://mpra.ub.uni-muenchen.de/29750/1/MPRA_paper_29750.pdf][http://cambridge.academia.edu/ClintBallinger/Papers/436622/Why_Geographic_Factors_are_Necessary_in_Development_Studies]</ref>|<ref>originale: ''This resurgence, (N.d.A. in the use of geographic/environmental factors in development studies) especially among geographers, is frequently viewed extremely negatively—as ill-conceived, [...] (Blaut 2000, Merrett 2003, Sluyter 2003, Coombes and Barber 2005, Judkins et. al. 2008, O’Keefe et. al. 2010, Radcliff et. al., 2010). The resurgence could be simply due to the recurrent nature of intellectual fashions. Similarly, but more ominously, it could be due to underlying persistent ideologies that geographic factors are somehow uniquely suited to supporting. Alternatively, they might be viewed as having become more palatable because in their recent form they are more sophisticated and either 1) in their increased sophistication avoid the worst aspects of over-simplicity and/or 2) avoid association with deterministic, racist, or imperialistic ideologies.We believe none of these are the real reason for the resurgence of geographic factors in research on uneven development. Rather, modern research, despite vast increases in the amount and quality of data, ever more sophisticated theories, and the technological means to combine these, has nevertheless hit an insuperable barrier; research cannot advance without integrating geographic and environmental factors into social science research.''</ref>}}
Ovviamente si tratta di due impostazioni completamente opposte ed antitetiche.
In una si dà importanza alla capacità dell'uomo di elaborare nuovi strutture sociologiche a partire da se stesso. Nell'altra si da importanza a fattori esterni. Nell'impossibilità di discernere la ''"verità"'' <ref>(anche nell'ottica di una voce per una enciclopedia ed in accordo con il tentativo di dare equilibrio alle diverse interpretazioni)</ref> non verranno fatte scelte pregiudiziali, nel limite del possibile.}}
<ref>Sono state avanzate molte teorie sul determinismo culturale. Tipici esempi del determinismo culturale sono state infatti le teorie di [[Max Weber]] sull’etica protestante vista quale fattore chiave per la crescita nelle economie capitaliste.
Non esistono però analisi definitive che convalidino tali teorie che, convincenti per la spiegazione del passato, si sono sempre dimostrate erronee nella predizione del futuro. Inoltre, mentre la teoria di Weber sull’etica protestante si andava affermando, i paesi cattolici (Francia e Italia) si stavano sviluppando più rapidamente rispetto a Gran Bretagna e Germania (entrambe protestanti).Per questo la teoria dovette essere ampliata per includere i cristiani o gli occidentali.
Successivamente con la clamorosa crescita di Giappone, Corea del Sud, Thailandia e altri paesi dell’Asia orientale, si dovette abbandonare la convinzione secondo cui i valori confuciani rallentassero la crescita.
La comprensione delle tradizioni culturali può fornire elementi intuitivi per capire
il comportamento umano e la dinamica sociale che influenzano gli esiti dello sviluppo, ma non fornisce una teoria completa sulla cultura e lo sviluppo.
Per esempio, nella spiegazione dei tassi di crescita economica vengono considerati fattori
assai pertinenti la politica economica, la geografia e il peso delle malattie.
Ma la cultura, per esempio, che una società sia indù o musulmana, viene considerata un fattore insignificante.
Lo stesso vale per la democrazia.
Gli autori del saggio segnalato in calce alla nota, sottolineano come sia attualmente presente una nuova ondata di determinismo culturale che imperversa in alcuni dibattitipubblici, attribuendo i fallimenti della democratizzazione
nel mondo non occidentale a caratteristiche culturali intrinseche di
intolleranza ed alla presenza di «valori assolutisti». A livello globale alcuni teorici hanno rivelato che nel XXI secolo si assisterà a uno «scontro di
civiltà», che il futuro degli stati occidentali democratici e tolleranti è minacciato da stati non occidentali che hanno valori più assolutisti.
Gli autori segnalano come verosimilmente si possa essere scettici. In primo luogo, la teoria
enfatizza le differenze tra le categorie di «civiltà» e ignora le somiglianze esistenti tra
di esse. Inoltre, l’Occidente non ha il monopolio sulla democrazia o la tolleranza, e non
esiste un’unica linea di divisione storica tra l’Occidente tollerante e democratico e l’Oriente dispotico. Infatti, ad esempio, Platone e Agostino non furono meno autoritari nel loro pensiero rispetto a Confucio e [[Kautilya]]. I difensori della democrazia furono presenti non solo in Europa ma anche altrove, come, ad esempio, [[Akbar]] che predicava la tolleranza religiosa nell’India del XVI secolo, od il principe [[Shotoku]] che introdusse nel Giappone, del VII secolo, la costituzione (la quale, ad esempio, sosteneva come «le decisioni relative a questioni importanti non dovrebbero essere prese da una sola persona ma da molte persone».(tratto da [http://hdr.undp.org/en/media/hdr04_it_complete.pdf]
É importante notare come questo riferimento bibliografico rovesci il tipico pregiudizio razziale, per cui il paradigma goegrafico sarebbe apportarore di "razzismo".</ref>
== Le ipotesi sulle cause ==
==== Il vantaggio degli agricoltori ====
{{Vedi anche|#Passaggio da cacciatori-raccoglitori ad agricoltori ovvero la Rivoluzione neolitica }}
<br />
<br />
In precedenza è segnalato come i popoli più progrediti siano per lo più passati da essere [[cacciatori-raccoglitori]] ad agricoltori. Il passaggio all’[[agricoltura]] è obbligatorio per progredire. In effetti l‘agricoltura permette una maggior disponibilità alimentare<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 2006. pag. X, </ref>.
<br />
<br />
Il surplus alimentare ha permesso alle popolazioni agricole, di fornirsi di un apparato burocratico (che si è andato organizzando in governo, tassazione, sacerdoti, guerrieri, scribi, ....)<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 2006. pag. 62-65, </ref>.<br />
Successivamente si aggiungerà la scrittura, forse l'invenzione più importante in molte migliaia di anni. La scrittura sorgerà in modo indipendente in pochissimi momenti della storia
dell'umanità, e sempre in zone dove la produzione di cibo era iniziata per prima, e mai in popoli allo stadio di cacciatori-raccoglitori<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 2006. pag. 184,</ref>.
==== Ruolo delle malattie ====
È importante anche considerare il ruolo delle malattie.
Facciamo alcuni esempi:
* tra il 1346 ed il 1352 la [[peste bubbonica]] spazzò via circa un quarto della popolazione europea. (arrivando a sterminare il 70 % degli abitanti di alcune città),
* verso la fine della prima guerra mondiale la [[spagnola]] uccise 21 milioni di persone,
* nel 1520 quando [[Cortes]] ritornò in messico gli portò anche il [[vaiolo]]. Nel 1618 dei 20 milioni di aztechi ne rimaneva solo un milione e mezzo,
* pare che ai tempi di Colombo gli indiani nativi nordamericani fossero circa 20 milioni. Due secoli dopo il 95% percento della popolazione era distrutto. I killer più spietati furono vaiolo, [[morbillo]], [[influenza]], [[tifo]]… a cui questi popoli non erano mai stati esposti,
* Tra il 1492 ed il 1532 praticamente tutti gli abitanti di [[Haiti]] furono uccisi da una epidemia di vaiolo e morbillo,
* In pochi anni, alla fine del XIX secolo un quarto della popolazione delle isole [[Fiji]] fu uccisi dal morbillo.
I dati illustrati sono chiari: le malattie negli ultimi 500 anni hanno giocato per lo più a favore deli abitanti europei (ed hanno avuto un peso fondamentale nel consolidare i primi successi militari).
Infatti le principali malattie epidemiche sono dovute al passaggio dall’animale all’uomo dell’agente infettivo. Ovviamente l’agricoltura-pastorizia facilitava al massimo ciò. Consideriamo i seguenti dati:
{| border=1 cellspacing=0
|-
| ''malattia'' || ''animali portatori del patogeno''
|-
| morbillo || buoi
|-
| tubercolosi || buoi
|-
| vaiolo || buoi
|-
| influenza || maiali ed anatre
|-
| pertosse || maiali ed anatre
|-
| malaria || uccelli
|}
Quindi gli euro-asiatici, che svilupparono alla fine della glaciazione l’agricoltura-pastorizia, vennero a contatto presto con questi patogeni. In conseguenza dei trasporti, commercio e colonizzazione, (Impero Romano, Alessandro Magno, Persiani etc..) i germi furono trasportati in Oriente ed in Nord Africa.
Nel nuovo mondo invece gli animali domestici (per lo più tacchini e lama) erano pochi, non vivevano ne’ in grandi assembramenti né in intimità con l’uomo, per cui il passaggio opposto dal nuovo mondo al vecchio si restrinse alla epidemia di sifilide del 1500-1600.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp....ISBN 8806156195</ref>
==== Perché il vantaggio dell'Eurasia sulle Americhe ====
Trattasi, probabilmente, dell'esempio più chiaro.
Si ebbe un ritardo sistematico dell’America rispetto all’Eurasia dovuta a:
* Nelle
Ma attenzione furono addomesticate lì, semplicememnte perchè era ricca "in partenza" <zref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 2006. pap 123,</ref>
Tutto ciò ha comportato un ritardo di circa 5000 anni.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 2006. pap 286-288,</ref>
{| class="wikitable"
! titolo !! Eurasia !! Americhe
|-
|arrivo dell'uomo||1-1,8 milioni di anni fa ||circa 13000 a.C.
|-
|diffusione agricoltura||8000 a.C.||3000 a.C.
|-
|domesticazione degli animali|| 7000 a.C.||500 a.C.
|-
| caratteristiche domesticazione animali||molti animali utili||un animale (lama-alpaca) meno utile
|-
| forza motrice animale ||dalla domesticazione degli animali||mai
|}
Per lungo tempo le popolazioni americane vissero unendo l’attività di caccia con l’agricoltura, ritardando tantissimo la nascita di strutture burocratiche sul modello delle città stato.
* l’asse principale del continente eurasiatico è in direzioneest-ovest e quindi una volta trovato un cereale ed un animale addomesticato si poteva diffondere facilmente in quanto le variabili climatiche erano inferiori. Ben diverso in un mondo come quello americano ove l’asse era nord-sud, con grandi variabili climatiche.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pag. 135-146, ISBN 8806156195</ref>
* la forza motrice degli animali in Eurasia era ben più importante di quella scarsa presente nelle americhe (solo il lama nelle Ande), con conseguente non avanzamento dei metodi agricoli e. verosimilmente, non invenzione della [[ruota]]<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pap 286-288, ISBN 8806156195</ref>.
* la non invenzione della [[scrittura]] e della ruota.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pag. 290, ISBN 8806156195</ref> Per precisione la ruota fu inventata in Messico come gioco, ma non si incontrò mai con il lama. Come detto sopra la scrittura è sorta in modo indipendente in pochi momenti della storia, sempre in zone dove la produzione di cibo era iniziata per prima; le altre società che svilupparono successivamente con una propria cultura scritta, presero a modello i sistemi di quei pochi centri di diffusione. La mancata invenzione di scrittura e della ruota, secondo Jared Diamond sarebbe legata all'esiguità della popolazione ed allo scarso o nullo collegamento tra le popolazioni <ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pag. 290, ISBN 8806156195</ref><ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pag. 249, ISBN 8806156195</ref>.
* Quanto scritto per la scrittura è vero anche per la tecnologia.
Grazie alla produzione di un surplus alimentare
con agricoltura e allevamento, in alcune società si potè formare
un gruppo di specialisti tecnici non dediti alla produzione di cibo.
L'agricoltura permise alla società di mantenere non solo i tecnici, ma
anche i politici. Le tribù nomadi di cacciatori-raccoglitori sono
in gran parte società di eguali, la cui azione politica si limita al controllo
del proprio territorio e a mutevoli alleanze con le tribù circostanti.
Le esigenze delle società agricole sedentarie e densamente popolate
portarono ai re, alle caste, alla burocrazia, elementi essenziali non solo
per il governo ma anche per il mantenimento degli eserciti e per l'organizzazione
delle spedizioni di conquista.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pag. 16-17, ISBN 8806156195</ref>
Questi fatti spiegano probabilmente perché [[Pizarro]] e [[Cortes]] riuscirono a giungere nel Messico e nel Perù, distruggendo quelle culture e non avvenne invece che i popoli precolombiani sbarcassero sulle coste portoghesi o spagnole per conquistare il vecchio mondo.
==== Perché il vantaggio dell'Europa
* la mezzaluna fertile circa 5000 anni fa era ricoperta per lo più da foreste e, tramite il continuo disboscare per case, navi e combustibile si è arrivati alla attuale situazione. Quindi le prime civiltà del mediterraneo orientale e della mezzaluna fertile ebbero la sfortuna di nascere in un territorio fragile dal punto di vista ambientale. All’Europa centrale ed occidentale questo fato fu risparmiato in quanto l’ambiente era più resistente. Ciò ha comportato un progressivo arricchimento del mondo europeo ed un progressivo impoverimento della mezzaluna fertile.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp....ISBN 8806156195</ref>
* la mancanza di despoti assoluti (se non per brevissimi periodi) che ha impedito il cristallizzarsi di determinate idee con chiusure a fatti nuovi. <ref>Qui Diamond riporta due esempi, in parte {{cn|da parecchi autori}}. Pensiamo ad esempio in Europa a Colombo che avrebbe ricevuto il rifiuto ad allestirgli le navi per la “navigazione in india” dalla Francia, dal Portogallo, fino ad avere una risposta positiva dalla corte spagnola, od al caso della Cina, esempio di despotismo assoluto, ove nei primi anni del XV secolo, fu bloccata l’armamento di una flotta formidabile (la Cina di allora era molto avanti dal punto di vista tecnologico, avevano inventato la polvere da sparo, la ghisa, la bussola, ed erano in grado di costruire navi lunghe 120 metri e con 300 uomini), per una lotta di potere interna alla corte.(da Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp
* l’Europa è notoriamente frammentata, catene montuose la dividono continuamente, non esistono grandi fiumi che la uniscano (fatta eccezione dal Danubio che però unifica un territorio diviso al massimo grado dalle catene montuose) e ciò ha probabilmente favorito la nascita di tantissimi staterelli, in lotta fra di loro. Ciò ha comportato un continuo ricambio di idee ed ha impedito una cristallizzazione delle idee: (pensiamo invece ad esempio alla Cina unita
* la tradizione critica di derivazione giudeo-greco-cristiana.<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp....ISBN 8806156195</ref>
* L'asse ambientale est-ovest ha permesso scambi di semi e di animali domestici, che non è potuto avvenire in mondi ad asse nord-sud (Africa ed Americhe)<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp....ISBN 8806156195</ref>
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* la successiva nascita del capitalismo<ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp....ISBN 8806156195</ref>
==== Perché il vantaggio dell'Europa sull'Africa
aggiungere parti tratte dal mio lavoro su povertà nei paesi del sud del mondo ...
Integrare con [[povertà in Africa]] [[:en:Poverty in Africa|Poverty in Africa]], [[:en:Economic history of Africa|Economic history of Africa]], [[Land grabbing]]
* Ancora cercare su tutta la bibliografia dielnuovo centro si sviluppo e su [[altreconomia]].
===== Perché il vantaggio dell'Europa sull'Africa subsahariana =====
Va completamente rivisto da pag 295 e segg.
* pressochè assenza di specie addomesticabili (nessuna piante e pochissimi animali, l'unico accertato pare la gallina faraona).Per altro le specie tipiche (rinoceronti, zebre) non poterono mai essere addomenticate.
<ref>Jared Diamond, Armi, acciao e malattie, pag 304</ref><ref name="Cameron 146"/>
* minor quantità (rispetto all'Eurasia) di terre coltivabili<ref>Jared Diamond, Armi, acciao e malattie, pag</ref>
* I grandi fiumi africani non favorirono il commercio essendo ricchi di cascate e rapide;<ref name="Cameron 146">Rondo Cameron, Storia economica del mondo, pag 146</ref>
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* il gruppo fondamentale al di sopra della famiglia era soprattutto la tribù <ref name="Cameron 146"/>
* occasionalmente si costituirono forme maggiori di governo (come l'[[Impero Ashanti]]) che comunque non furono mai dotati di scrittura; <ref name="Cameron 146"/>
* assenza di animali domestici per presenza di una malattia letale per i grossi animali domestici africani;<ref name="Cameron 146"/>
{{Vedi anche|Razze#Utilizzo non scientifico}}
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 380px
|titolo = ''Critiche e criticità nell'opera di Jared Diamond''
|contenuto =
Fondamentalmente si trovano vari tipi di critiche:
1) Il tentativo di far rinascere il [[determinismo geografico]] caduto negli ultimi anni in disgrazia fino alla comparsa del lavoro di Diamond.
2) L'abuso dell'[[eurocentrismo]](James M. Blaut, Eight Eurocentric Historians, August 10, 2000
3)
4) Fattori politici. Victor Davis Hanson è d'accordo con Diamond per quanto concerne il rifiuto di spiegazioni razziali. Gli contesta però come alcuni fattori culturali occidentali quali la libertà, il capitalismo, l'individualismo, la res publica, il razionalismo, il dibattito aperto, possano essere responsabili della supremazia dell'occidente (tipica argomentazione che segue il determinismo culturale). Secondo alcuni autori favorevoli a Diamond, gli aspetti cosiddetti culturali sarebbero secondari a maggiori a più complesse strutture socio politiche conseguenza di maggiori risorse e dell'ambiente, di cui hanno beneficiato gli europei occidentali.(Victor Davis Hanson, Decline and Fall, National Review, [http://old.nationalreview.com/books/hanson200505200837.asp])
5) Errori storici
Riga 415 ⟶ 640:
5f)La diffusione di colture ed animali utili è stato determinato almeno quanto dalle attività umane, in particolare il commercio e migrazione, come da fattori puramente geografici.
5g)Ancora: gli esseri umani possono alterare l'ambiente per errore, per esemio la Mesopotamia, da Diamond presentata come la culla delle civiltà commise un suicidio ecologico tramite l'utilizzo di tecniche di irrigazione che crearono un terreno infertile e salato.
<!-- "Given the magnitude of the task he has set himself, it is inevitable that Professor Diamond uses very broad brush-strokes to fill in his argument," but regarded Diamond's sketchy coverage of social, political and intellectual history (a handful of pages), especially in the last 500 years, as a notable weakness. He stated that Diamond's approach ignored "much of the current literature on cultural interactions in modern history" and Diamond omitted "almost all of the standard literature on the history of [[imperialism]] and [[post-colonialism]], [[world systems theory|world-systems]], [[underdevelopment]] or socio-economic change over the last five hundred years." Tomlinson also stated that, "The European empires of conquest in Asia, especially those of the British in India and the Dutch in [[Java]], were not based on clear technological superiority in armaments, nor on the spread of disease. -->"[http://www.history.ac.uk/reviews/paper/diamond.html Review:Guns, Germs and Steer: The Fates of Human Societies, Institute of Historical Research}]
A queste criticità seguirono alcuni articoli su The New York Review of Books. Su essi Diamend enfatizzava come le sue ricerche su Armi acciaio e malattie, abbiano una scala di tempi ben più estesa dei lavori della maggior parte degli storici.
Per esempio nel 1492 avevamo popoli ad elevata civilizzazione, popoli all'età del bronzo (oriundi americani) e tribù, come ad esempio in Australia, in cui, pur nella grande diversità di cultura, alcuni avevano costruito villaggi con canalizzazioni. In questi ultimi nessuno aveva sviluppato una agricoltura od armi.
Pertanto, per Diamond, bisogna guardare i fattori ambientali, perchè in caso contrario si sarebbe lasciato un vuoto che potrebbe essere riempito da presupposti razzisti. Ha ammesso che i fattori culturali sono stati di solito molto importanti per la dimensione più brevi scale temporali, come le cause della seconda guerra mondiale. McNeill ha risposto che alcuni storici hanno cercato di "spiegare i modelli più ampia della storia", "con più rispetto per la storia naturale di Diamond ha per il livello di coscienza della storia umana". <ref>[http://www.studentsfriend.com/feed/topic14.html]</ref>
}}
==== Perchè il vantaggio dell'Occidente sulla Cina. Il particolare caso della Cina ====
I cinesi dell'epoca [[Ming]], commerciavano con [[Giappone]], [[Filippine]], [[Asia sudorientale]], [[Malesia]], [[Indonesia]].
Nel 1433 l'imperatore proibì qualsiasi viaggio in Occidente, vietò ai suoi sudditi di recarsi all'estero e fece distruggere le navi transoceaniche. Furono pure abbandanate le colonie (situate in India, [[Ceylon]], [[Golfo Persico]], [[Mar Rosso]], costa orientale dell'Africa)
<ref>Rondo Cameron, Storia economica del mondo, pag 138</ref> (per approfondire vedi anche queste voci [[Dinastia Ming#Dalle esplorazioni all'isolamento|Dalle esplorazioni all'isolamento]] e [[Dinastia Ming#Le sette spedizioni navali|Le sette spedizioni navali]]).
Generalmente tutto ciò viene giustificato con: il tipico aspetto monolitico (per quanto concerne cultura, politica e lingue) della Cina, già unificata nel 221 a.C. <ref>Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni, collana Il Saggiatore, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi, 1997. pp 256,ISBN 8806156195</ref><ref>La necessità di regolare le acque è stata centrale in Cina: essa deve essere intesa come protezione contro le inondazioni (ovvero la costruzione di dighe. Nella Cina (soprattutto settentrionale ma in minor misura anche meridionale) non vi era necessità di canali a scopo di irrigazione, bensì il pericolo era l'ingrossamento delle acque,(situazione ben diversa quindi dal nostro Medio Oriente ove era prioritaria l'irrigazione). Per il suddito mesopotamico od egiziano era basilare che dal re e dalla sua amministrazione derivasse la tranquillità del raccolto e quindi la vita. Il re ''creava'' il raccolto. Inevitabilmente il dio era supremo (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 65). I sovrani quindi, dovevano legittimarsi come "figli del cielo". E se per caso vi era una inondazione il sovrano doveva fare pubblica penitenza. (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 72). La garanzia dell'ordine era conseguenza di potenza impersonale che donava tranquillità, estranea alla passione ed all'ira.(Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 77) Ben diverso [[Jahvè]] che era un dio guerriero, alleato, personale (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 67) Per il mondo cinese invece l'ordinamento della vita sociale, sempre costante, era tutto. Infatti, a partire dal III secolo a. C. nelle rare invasioni (ad esempio i mongoli del XIII secolo), i sudditi cambiavano solamente padrone. La garanzia dell'ordine interno era garantito dalla impersonalità del sovrano. (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 71)</ref>
e con la propensione al commercio per via terrestre piuttosto che per via marittima <ref> Max Weber (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 60), segnala che il trasporto in Cina avveniva principalmente per via continentale (a differenza delle regioni del Mediterraneo) e per quanto vasto fosse il raggio d'azione delle giunche cinesi (che già conoscevano bussola e sestante) il commercio marittimo rimaneva comunque meno importante del terrestre. A ciò si va ad aggiungere la pericolosità dei tifoni e dei pirati, per cui si era persino costruito il [[Gran Canale|Gran canale imperiale]], fondamentalmente parallelo al mare per evitare appunto il mare)</ref><br />
Possiamo, a questo punto tentare alcune spegazioni:<br />
1) Spiegazione "geografica".<br />
La Cina nel passato era un coacervo di etnie, ma fu unificata assai presto. Il neolitico potrebbe essere iniziato nel 7500 a.C., quindi 1000 anni dopo la mezzaluna fertile.
La disposizione della nazione sull'asse est-ovest e la disposizione dei fiumi sullo stesso asse favorirono i trasferimenti delle colture agricole. Inoltre in Cina mancavano deserti ed istmi che potessero rallentare il transito delle popolazioni. <ref>Jared Diamond, armi acciaio e malattie, 2003, pag 256-265</ref>
2) Spiegazione sociologica.<br />
a) La Cina disponeva di un mercato interno enormemente sviluppato per quanto concerneva l'agricoltura, ma scarsissimo e deficitario per ciò che riguardava il transito di denaro <ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p.45</ref>.Infatti il potere centrale cinese seguì una politica monetaria molto discutibile. Fino alla fine dell'impero romano erano esistiti scambi con varie monete, ma con il crollo dell'impero romano tutto ciò finì.<ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 47)</ref> Con il XVI secolo cominciò a girare tantissimo oro ed argento proveniente dall'america Latina. <ref>L'argento sarebbe apparso solo nel XI secolo (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 46). Fino al XVI secolo pare si facessero scambi in monete di rame (che mutavano continuamente il valore) e conchiglie (sic!)(Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 46). Con il XVI secolo l'oro ed argento proveniente dall'america latina ricomincia a girare in scambio per seta, te e porcellana, (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982,p. 47). Ancora erano presenti zecche private non gestibili dal potere centrale, veniva riutilizzato del rame per la guerra e quindi carenza per il conio e successivo aumento sul mercato con la pace (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 49) il rame era concentrato per produrre statue buddiste o taoiste (e conseguente rarità sul mercato) con creazione di balzelli contro buddisti o taoisti (Max Weber Sociologia della religione, II pag 50 e 52), già dal I secolo precedente l'era volgare, di esperimenti di scale monetarie (fine a 28 con Wang Mang nel 40 a.C) (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982,p. 50) furono fatti tentativi infruttuosi di introdurre una moneta cartacea con esito fondamentalmente fallimentare (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 52 e 54) e fu interrotta nel XVII secolo</ref>
Questa condizione portò, come conseguenza, ad un fortissimo aumento in quantità di metalli preziosi con creazione di una minima economia monetaria. Tale economia non si diresse verso una frattura con le tradizioni, bensì provocò un aumento del tradizionalismo, non esitando in alcun fenomento capitalistico<ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 56)</ref>, che pur in presenza di un grandissimo aumento della popolazione, rimase ad una forma di economia stazionaria, non capitalistica.<ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 57)</ref><br />
b)Ancora più importante era il tipico aspetto della città cinese, ben differente dal nostro Occidente: ogni città, infatti, non conobbe mai un diritto cittadino, <ref>mancava di una nobiltà residente in campagna od in città, era la risedenza de vicerè (ovvero lì venivano spese rendite), mancava del tutto il tessuto tipico del comune medioevale occientale, (ove invece vi era un diritto cittadino, una borghesia, un ceto militare), (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 57-58)</ref>, mancava del tutto il gruppo politico di cittadini giurati<ref>infatti ogni cittadino (anche l'immigrato) manteneva la propria relazione con la propria stirpe, (Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p.57 e 59)</ref>, le città tipiche cinesi dipendevano in tutto e per tutto per la loro esistenza dagli amministratori regi da cui dipendeva la [[buorocrazia]] (in Cina antichissima ed assente da noi) <ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 61</ref>, l'intraprendenza economica era sconosciuta, ma veniva spinta dal potere centrale . In fondo la città era un prodotto razionale dell'amministrazione.
<ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 57 e 59)</ref>
{{cn|Nuovamente la differenza con le città dell'occidente è stridente, In Cina governa sempre un potere centrale quasi impersonale}}
c)In Cina mancava fondamenti giuridici stabili (del tipo di quelli occidentali a garanzia del commercio e dell'industria<ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 61,</ref>
d)In Cina il monarca era tale per grazia di Dio ma, a differenza che nel mondo occidentale doveva legittimarsi come tale e se non era in grado di dimostrare il suo potere (ad esempio inondazioni o siccità) doveva fare pubblica ammenda <ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 77</ref>
La tipica impersonalità del la filosofia e religione cinese (principalmente taoista e confuciana<ref>Max
In Cina l'antico ordinamento sociale non veniva mai toccato. Il cielo era custode della stabilità.
''"La garanzia della tranquillità e dell'ordine interno era offerto nel migliore dei modi, da una potenza qualificata nella sua impersonalità [...] alla quale dovevano rimanere estranee la passione e soprattutto l'ira"''<ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982, p. 71</ref> <br />
Non viene considerata ormai considerata fondata la teoria secondo cui i principii taoisti e confuciani abbiano sfavorito la crescita economica <ref>[http://hdr.undp.org/en/media/hdr04_it_complete.pdf Human Development Report 2004]</ref>
3)Spiegazione in base al tipo di scrittura.
Secondo Weber, la tipica scrittura cinese, l'ideogramma, si rivolgeva non tanto all'udito (con la scrittura alfabetica) ma bensì alla vista. Cià avrebbe favorito la scrittura a discapito del parlare, della dialettuca (tipico prodotto della filosofia greca). Conclude Weber:''" Così da un lato, nonostante le qualità logiche della lingua, il pensiero si arrestò in misura assai larga ad un livello intuitivo e la potenza del logos, della definizione e del ragionamento rimase preclusa al cinese"''.<ref>Max Weber, Sociologia della religione, vol. II, 1982,
Tutto ciò avrebbe creato la
==== ''"In tempi più recenti"'', a vantaggio dell'Occidente ====
Secondo Max Weber l'etica protestante avrebbe fornito una giustificazione alla particolare condotta occidentale, mai vista in altre civiltà, caratterizzata dalla ricerca del massimo profitto in vista di un suo reinvestimento e non del suo godimento <ref>Reale, Antiseri, Storia del Pensiero occidentale dalle origini ad oggi, Vol III, 1983, Editrice la Scuola, pag 369</ref>
[[File:Percent poverty world map.png|thumb|left|360px|Mappa illustrante la percentuale di persone viventi sotto la soglia di povertà nazionale]]
== Considerazioni culturali sul razzismo ==
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