Campagna di Russia: differenze tra le versioni

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{{notaNota disambigua|altrile significatioperazioni di guerra italiane sul fronte orientale della seconda guerra mondiale, fra il 1941 e il 1943|[[Campagna italiana di Russia (disambigua)]]}}
{{Infobox conflitto
|Tipo = Battaglia
|Nome del conflitto = Campagna di Russia
|Didascalia = ''La ritirata di Napoleone da Mosca''<br />(dipinto del [[XIX secolo]] di [[Adolph Northen]])
|Immagine=Napoleons retreat from moscow.jpg
|Data = 23 giugno - 14 dicembre [[1812]]
|Didascalia=''La ritirata di Napoleone da Mosca''<br />(dipinto del [[XIX secolo]] di [[Adolph Northen]])
|Parte_diLuogo =delle [[guerreImpero napoleonicherusso]]
|Esito = Decisiva vittoria russa
|Data=[[24 giugno]] - [[12 dicembre]] [[1812]]
|Schieramento1 = {{FRA 1804-1815}}<br>{{ITA 1805-1814}}<br>[[File:Flag of the Kingdom of Naples (1811).svg|20px|border]] [[Regno di Napoli (1806-1815)|Regno di Napoli]]<br>[[File:Flag of the Duchy of Warsaw.svg|20px|border]] [[Ducato di Varsavia]]<br>[[Confederazione del Reno]]<br />{{AUT 1804-1867}}<br />[[File:Flag of the Kingdom of Prussia (1803-1892).svg|20px|border]] [[Regno di Prussia]]
|Luogo=[[Impero Russo]]
|Schieramento2 = {{RUS Impero}}
|Esito=Vittoria russa
|Comandante1 = {{Bandiera|FRA 1804-1815}} [[Napoleone Bonaparte]]<br />{{Bandiera|FRA 1804-1815}} [[Étienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald|Étienne Macdonald]]<br />{{bandiera|AUT 1804-1867}} [[Karl Philipp Schwarzenberg|Karl Schwarzenberg]]
|Schieramento1={{FRA 1IMPERO}}<br />{{ITA 1805-1814}}<br /> [[File:Flag of the Kingdom of Naples (1811).gif|22px]] [[Regno di Napoli]] <br />[[Granducato di Varsavia]] <br /> [[File:Flag of the Confederation of the Rhine.svg|22px]] [[Confederazione del Reno]]<br /> [[File:Flag of the Habsburg Monarchy.svg|22px]] [[Impero austriaco]]<br /> [[File:Flag of Prussia (1803).gif|border|22px]] [[Prussia|Regno di Prussia]]
|Comandante2 = {{Bandiera|RUS 1721-1917}} [[Alessandro I di Russia|Alessandro I]]<br />{{Bandiera|RUS 1721-1917}} [[Michail Illarionovič Kutuzov|Michail Kutuzov]]<br />{{Bandiera|RUS 1721-1917}} [[Michael Andreas Barclay de Tolly|Michael Barclay de Tolly]]<br />{{Bandiera|RUS 1721-1917}} [[Peter Wittgenstein]]<br />{{Bandiera|RUS 1721-1917}} [[Pavel Vasil'evič Čičagov|Pavel Čičagov]]
|Schieramento2={{RUS Impero}}
|Effettivi1 = 611&nbsp;000 uomini<ref name="ReferenceA">{{Cita|Lefebvre 2009| p. 597|Lefebvre2009}}.</ref>
|Comandante1=[[File:Flag of France.svg|22px]] [[Napoleone]] <br /> [[File:Flag of France.svg|22px]] [[Etienne Jacques Joseph Alexandre MacDonald|Etienne MacDonald]] <br /> [[File:Flag of the Habsburg Monarchy.svg|22px]] [[Karl Philipp Schwarzenberg|Karl Schwarzenberg]]
|Effettivi2 = circa 409&nbsp;000 uomini<ref name="ReferenceB">{{Cita|Chandler 1992| p. 901|Chandler1992}}.</ref>
|Comandante2= [[File:Flag of Russia.svg|22px]] [[Alessandro I di Russia|Alessandro I]]<br /> [[File:Flag of Russia.svg|22px]] [[Mikhail Illarionovich Kutuzov|Michail Kutuzov]]<br /> [[File:Flag of Russia.svg|22px]] [[Michael Andreas Barclay de Tolly|Michael Barclay de Tolly]] <br /> [[File:Flag of Russia.svg|22px]] [[Peter Wittgenstein]]<br /> [[File:Flag of Russia.svg|22px]] [[Pavel Vasilievič Čičagov|Pavel Čičagov]]
|Perdite1 = circa 400&nbsp;000 morti e dispersi, 100&nbsp;000 prigionieri<ref name="GL33"/>
|Effettivi1= 611.000 uomini<ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 597|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>
|Perdite2 = circa 210&nbsp;000<ref name=Bogdanovich>Bogdanovich, "History of Patriotic War 1812", Spt., 1859–1860, Appendix, pp. 492–503.</ref>
|Effettivi2= circa 409.000 uomini<ref>{{Cita|Chandler1992| p. 901|Chandler 1992 |harv=s}}</ref>
|Immagine = Napoleons retreat from Moscow by Adolph Northen.jpg
|Perdite1= circa 400.000 morti e dispersi, 100.000 prigionieri<ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 603|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>
|Parte_di = delle [[guerre napoleoniche]]
|Perdite2= circa 210.000<ref name=Bogdanovich>Bogdanovich, "History of Patriotic War 1812", Spt., 1859–1860, Appendix, pp. 492–503.</ref>
}}
{{Campagnabox Guerre napoleoniche}}
{{Campagnabox Invasione napoleonica della Russia}}
La '''campagna di Russia''' fu l'invasione francese dell'[[Impero russo]] nel [[1812]], terminata con una disastrosa sconfitta e con la distruzione di gran parte delle truppe francesi e dei contingenti stranieri. La campagna segnò il punto di svolta nella parabola di [[Napoleone Bonaparte]] e delle [[Guerre napoleoniche]]. In Russia l'invasione francese è più conosciuta come '''guerra patriottica''' ({{russo|Отечественная война}}, ''Otečestvennaja vojna''), termine che evidenzia il carattere che assunse la lotta, di resistenza nazionale e popolare russa contro lo straniero.
 
Alla fine della campagna, l'[[grande Armata|esercito napoleonico]] - costituito da oltre 600&nbsp;000 soldati, di cui 450&nbsp;000 nella massa principale guidata dall'imperatore - era ridotto a poco più di 100&nbsp;000 uomini.
Si definisce '''campagna di Russia''' l'invasione francese della [[Russia]] nel [[1812]], terminata con una disastrosa sconfitta e con la distruzione di gran parte delle truppe francesi e dei contingenti stranieri.
Le perdite ammontarono a 400&nbsp;000 tra morti, feriti e dispersi; 100&nbsp;000 furono i prigionieri caduti nelle mani dei russi<ref>{{Cita|Lefebvre 2009| p. 603|Lefebvre2009}}. A termine campagna, della forza principale d'invasione guidata da Napoleone, costituita in origine da {{formatnum:450000}} soldati, solo circa {{formatnum:50000}} uomini riuscirono a raggiungere la salvezza. La perdita della quasi totalità dell'esercito lasciò sguarnito l'Impero -giunto alla massima espansione- e il contrattacco russo in Europa fece riaffiorare sentimenti e insurrezioni anti-francesi nei territori assogettati.</ref>.
La campagna segnò il punto di svolta della carriera di [[Napoleone Bonaparte]] e delle [[Guerre napoleoniche]].
In Russia l'invasione francese è più conosciuta come '''guerra patriottica''' ({{russo|Отечественная война}}, ''Otečestvennaja Vojna''), termine che evidenzia il carattere di resistenza nazionale e popolare russa contro lo straniero che assunse la lotta.
 
Alla fine della campagna, l'esercito napoleonico - costituito da oltre 600.000 soldati, di cui 450.000 nella massa principale guidata dall'imperatore - era ridotto a poco più di 100.000 uomini.
Le perdite ammontarono a 400.000 tra morti e dispersi; 100.000 furono i prigionieri caduti nelle mani del nemico<ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 603|Lefebvre 2009 |harv=s}}.
A termine campagna, della forza principale d'invasione guidata da Napoleone, costituita in origine da 450.000 soldati, solo circa 50.000 uomini riuscirono a raggiungere la salvezza.</ref>.
 
La distruzione della [[Grande Armata]] in Russia ebbe conseguenze decisive sulla storia europea dell'[[XIX secolo|Ottocento]].
 
Tale avvenimento ha ispirato profondamente anche la [[letteratura russa,]] e ne fa fede -, tra tutti -, il più noto esempio, costituito dal celebre [[romanzo]] di [[Lev Tolstoj]], ''[[Guerra e pace]]''<ref>Vale la pena ricordare anche un'[[ode]] composta da [[Vasilij Andreevič Žukovskij]] sulla [[battaglia di Borodino]] e l'[[incendio di Mosca (1812)|incendio di Mosca]], che all'epoca conobbe un grande successo.</ref>. Oltre alla letteratura russa la campagna di Russia ha ispirato anche il brano ''[[Ouverture 1812]]'' di [[Pëtr Il'ič Čajkovskij]].
 
== Rottura dell'alleanza franco-russa ==
{{vedi anche|Quarta coalizione|Pace di Tilsit|Campagna di Napoleone in Spagna|Quinta coalizione}}
L'alleanza tra [[Primo imperoImpero francese|Francia]] e [[Impero russo|Russia]], conclusa formalmente il [[7 luglio]] [[1807]] dopo i [[pace di Tilsit|colloqui diretti a Tilsit]] tra l'imperatore [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] e lo zar [[Alessandro I di Russia|Alessandro]], si era dimostrata fragile e instabile fin dall'inizio; nonostante l'accordo e la simpatia personale tra i due sovrani, i contrastanti interessi concreti di politica di potenza e di politica economica dei due stati rendevano difficile una collaborazione sincera e prolungata nell'instabile scenario internazionale uscito dalla guerra della [[Quarta coalizione]]. Inoltre persisteva grande ostilità ideologica nella nobiltà russa nei confronti della Francia e del suo capo, considerato il continuatore e il diffusore, alla testa dei suoi eserciti, delle idee della [[Rivoluzione francese]]. In un primo tempo Alessandro sembrò ignorare le critiche di molti suoi collaboratori e di una parte dei suoi famgliarifamiliari e riprese, con la collaborazione di [[Michail Michajlovič Speranskij|Michail Speranskij]], una serie di progetti riformatori per modernizzare in senso liberale il suo impero; egli inoltre sperava di ottenere dei vantaggi concreti nel nordNord, nei Balcani e soprattutto in Oriente, dall'accordo con Napoleone<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 304|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
Dopo aver dovuto, secondo i termini dell'accordo di Tilsit, chiudere i porti del [[Mar Baltico]] al commercio britannico e aver dichiarato guerra alla [[Gran Bretagna]] il [[31 ottobre]] 1807<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 288|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>, lo zar, dispiaciuto anche di aver dovuto cedere le [[Isole Ionie]] alla Francia, contava di conservare i [[Principati danubiani]]; inoltre, sempre legato da una forte amicizia con i [[sovrani delladi [[Prussia]], egli non cessava di richiedere l'evacuazione del territorio prussiano da parte della Grande Armata che invece Napoleone manteneva tra l'[[Elba (fiume)|Elba]] e l'[[Oder]] in attesa del pagamento dell'indennità di guerra prevista dal trattato di pace. La questione d'Oriente era un grande motivo di conflittualità tra i due alleati; Alessandro continuava la guerra contro la [[Persia]] e l'[[Impero Ottomanoottomano]] che, di conseguenza, allentarono i loro rapporti anche con la Francia e si riavvicinarono alla [[Gran Bretagna]]; nel marzo [[1808]] fallirono i colloqui tra l'ambasciatore [[Armand Augustin Louis de Caulaincourt|Armand de Caulincourt]] e [[Nikolaj Rumjancev|Nikolaj Rumjančev]] per una possibile spartizione dell'[[Impero Ottomanoottomano]] tra Russia e Francia. Alessandro non vedeva collaborazione concreta da parte francese neppure nella guerra che la Russia combatteva contro la [[Svezia]] che in questa fase, dopo l'entrata in [[Finlandia]], continuava in modo sfavorevole ai russi<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 304-306|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Tilsitz 1807.JPG|thumb|left|290pxupright=1.3|L'[[pace di Tilsit|incontro a Tilsit]] tra [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] e lo zar [[Alessandro I di Russia|Alessandro]] in una zattera in mezzo al fiume [[Nemunas|Niemen]].]]
La situazione mutò a vantaggio di Alessandro dopo le infelici iniziative di Napoleone nella penisola iberica e la conseguente [[guerra d'indipendenza spagnola|insurrezione della Spagna]]; le sconfitte subite dall'esercito francese nell'estate 1808 costrinsero l'imperatore a progettare il trasferimento di gran parte della Grande Armata a sud dei [[Pirenei]]; quindi divenne necessario ottenere la collaborazione dello zar per impedire inziativeiniziative aggressive in [[Germania]] contro il predominio francese da parte di Austria e Prussia. Napoleone organizzò un incontro con lo zar ada [[Erfurt]] il [[27 settembre]] 1808 sperando di indurlo a concludere un nuovo accordo di stretta collaborazione, ma la sua posizione politica, dopo il disastro spagnolo, si era indebolita e Alessandro poté ottenere, senza nulla concedere, i Principati danubiani, l'evacuazione della Prussia e garanzie sul [[Ducato di Varsavia|Granducato di Varsavia]]. Nonostante queste concessioni di Napoleone, lo zar non si mostrò disposto ad assicurare un fermo appoggio contro l'Austria; egli promise solo che avrebbe invitato alla moderazione gli austriaci, ma rifiutò di presentare minacce formali di intervento. Napoleone dovette accontentarsi; il [[12 ottobre]] 1808 venne firmata una convenzione franco-russa; la Prussia venne evacuata dalle truppe francesi che vennero trasferite a ovest dell'Elba prima di partire per la Spagna sotto il comando dell'imperatore<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 307-308|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
La mancata collaborazione di Alessandro favorì le iniziative aggressive dell'Austria; nel gennaio [[1809]] Napoleone, da [[Valladolid]], aveva proposto allo zar di presentare un ''ultimatum'' congiunto a [[Vienna]] per impedire la guerra, ma Alessandro, pur acconsentendo a inviare una nota formale, rifiutò di rompere le relazioni diplomatiche. Napoleone fu costretto a interrompere prematuramente [[campagna di Napoleone in Spagna|il suo intervento in Spagna]] senza aver ottenuto una vittoria definitiva, e il [[23 gennaio]] 1809 rientrò precipitosamente a [[Parigi]] dove, avendo lasciato gran parte delle sue truppe nella penisola iberica, si affrettò ada organizzare un nuovo esercito per affrontare l'inevitabile attacco austriaco<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 312, 336 e 339|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. La crescente ostilità di Alessandro divenne evidente durante la guerra della [[Quinta coalizione]]; dopo aver rifiutato di trattenere l'Austria, lo zar non collaborò con i polacchi del principe [[Józef Antoni Poniatowski]] per respingere l'attacco austriaco contro il Granducato di Varsavia; al contrario sembrò favorevole all'Austria e manifestò grandi preoccupazioni per una possibile rinascita di uno statoStato polacco indipendente. Il [[3 agosto]] 1809 disse chiaramente all'ambasciatore Caulaincourt che si opponeva fortemente alla eventuale ricostituzione della [[Polonia]]<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 347-349|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Entrevue Erfurt by Nicolas Grosse.jpg|thumb|right|300pxupright=1.4|L'incontro di [[Erfurt]] nel settembre 1808; nell'immagine Napoleone accoglie l'ambasciatore austriaco, si riconoscono, sulla destra, lo zar [[Alessandro I di Russia|Alessandro]] e, al centro, Tallyerand.]]
In questa fase la Russia stavanostava inoltre ottenendo successi sul [[Danubio]] nella guerra contro i turchi, e a nord, dove la Svezia venne sconfitta e dovette cedere all'Impero la Finlandia il [[17 settembre]] 1809. Molto irritato dal comportamento dello zar e dal suo modesto aiuto durante la guerra, Napoleone non tenne conto degli interessi russi al termine delle ostilità; il Granducato di Varsavia venne ampliato con l'assegnazione delle regioni di [[Cracovia]] e [[Lublino]], mentre la Russia ottenne solo [[Ternopil'|Ternopol]]. Alessandro in autunno iniziò a considerare probabile una rottura dell'alleanza e una nuova guerra con la Francia; egli parlò ad [[Adam Jerzy Czartoryski]] di riprendere i vecchi progetti di sfruttare il partito filo-russo presente nella [[szlachta|nobiltà polacca]] per creare un regnoRegno di Polonia all'interno dell'[[Impero russo]], in funzione antifrancese<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 348-350|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. In realtà già in precedenza lo zar aveva manifestato all'ambasciatore austriaco, con parole esplicite, i suoi propositi a lungo termine di rimettere completamente in discussione il predominio napoleonico in Europa<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 336|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}; lo zar avrebbe detto all'ambasciatore austriaco, dopo averlo invitato alla prudenza: "l'ora della vendetta suonerà più tardi".</ref>.
[[File:Rumyan.jpg|thumb|left|120pxupright=0.5|[[Nikolaj Rumjancev|Nikolaj Rumjančev]], il consigliere dello zar Alessandro favorevole ada un accordo con la Francia.]]
Dopo la fine della Quinta coalizione, la decisione di Napoleone di divorziare da [[Giuseppina di Beauharnais|Giuseppina]] e di scegliere una nuova moglie per organizzare un matrimonio dinastico, introdusse un nuovo motivo di conflitto, anche personale, con lo zar. Il [[22 novembre]] 1809 l'imperatore diede disposizione all'ambasciatore Caulaincourt di presentare ad Alessandro una domanda formale di matrimonio della sorella minore dello zar, [[Anna Pavlovna Romanova|Anna Pavlovna]]; l'imperatore offriva di concludere contemporaneamente un trattato sulla [[questione polacca]] che sarebbe andato incontro ai desideri del sovrano russo, contrario alla ricostituzione di una Polonia indipendente<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 351|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Lo zar, deciso ormai a rompere l'alleanza con la Francia, non era intenzionato a concedere la mano della sorella e, con una serie di pretesti, rinviò una risposta definitiva; nel frattempo egli convinse Caulaincourt a concludere il trattato sulla Polonia che venne firmato il [[4 gennaio]] [[1810]] in termini molto favorevoli alla Russia. Napoleone, di fronte ai ripetuti rinvii di Alessandro, si insospettì e sospese la ratifica del trattato; ma egli aveva già pronto un piano di riserva. Fin dal novembre 1809 l'Austria, su indicazione del nuovo cancelliere [[Klemens von Metternich]], desideroso di inasprire il conflitto franco-russo, aveva proposto all'imperatore francese di sposare l'arciduchessa [[Maria Luisa d'Asburgo-Lorena|Maria Luisa]], figlia di [[Francesco II del Sacro Romano Imperod'Asburgo-Lorena|Francesco II]]. Il [[5 febbraio]] 1810 Napoleone, irritato dal nuovo rinvio richiesto dallo zar, decise di chiedere la mano dell'arciduchessa austriaca e l'accordo venne concluso il [[7 febbraio]]; intanto, il [[4 febbraio]] 1810 Alessandro aveva infine comunicato il suo rifiuto della proposta di matrimonio della sorella Anna<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 351-353|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Adam Jerzy Czartoryski (1808).jpeg|thumb|right|120pxupright=0.5|Il polacco [[Adam Jerzy Czartoryski]], consigliere e amico dello zar.]]
Al mancato matrimonio dinastico franco-russo seguì quindi unaun netto raffreddamento dei rapporti personali tra i due sovrani ede il fallimento delle trattative sulla Polonia; il [[13 luglio]] 1810, dopo la decisione di Napoleone di bloccare il progetto concluso da Caulaincourt a febbraio, l'inviato dello zar, [[Karl Vasil'evič Nessel'rode|Karl Vasil'evič Nesselrode]], respinse nettamente una nuova proposta di trattato avanzata dall'imperatore, meno favorevole ai russi; le trattative furono quindi interrotte da Napoleone<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 353|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. I sorprendenti avvenimenti che si verificarono in Svezia poco dopo provocarono nuove polemiche e sospetti tra i due sovrani. Dopo la sconfitta in Finlandia e la conclusione della pace con la Francia, il [[6 gennaio]] 1810 una crisi di successione provocò cambiamenti clamorosi nel quadro istituzionale del paesePaese scandinavo; dopo la morte dell'erede designato dal re [[Carlo XIII di Svezia|Carlo XIII]], il partito filo-francese presente in Svezia, prima progettò di richiedere uno dei fratelli di Napoleone come nuovo erede al trono e poi, di fronte alle reticenze dell'imperatore preoccupato delle reazioni di Alessandro, propose al maresciallo [[Jean-Baptiste Jules Bernadotte|Jean-Baptiste Bernadotte]] di accettare la designazione. Il maresciallo informò l'imperatore che rimase prudente ma non gli proibì di accettare; egli giustamente riteneva Bernadotte, con cui aveva avuto anche recentemente duri contrasti, personaggio poco affidabile. Il [[21 agosto]] 1810 la dieta svedese designò il maresciallo Bernadotte erede al trono di Svezia e Napoleone nonostante i dubbi, diede la sua approvazione; il [[17 novembre]] la Svezia, apparentemente allineata alla Francia, dichiarò guerra ai britannici. Lo zar Alessandro reagì duramente a questa macchinazione diplomatica, temendo che il maresciallo Bernadotte potesse rappresentare un fedele esecutore delle direttive dell'imperatore; invece il maresciallo fece subito sapere ai rappresentanti russi che egli non sarebbe stato un fantoccio di Napoleone, che avrebbe rinunciato per sempre alla Finlandia e che avrebbe salvaguardato l'amicizia con la Russia, anche nel caso di un conflitto franco-russo<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 359-361|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Armfelt.png|thumb|left|120pxupright=0.5|[[Gustaf Mauritz Armfelt]], il consigliere di origine svedese dello zar, acceso fautore della guerra contro la Francia.]]
Alessandro iniziò a preparare una guerra contro la Francia fin dalla primavera 1810; in aprile egli parlò esplicitamente a Czartoryski di iniziare il conflitto entro nove mesi e richiese, senza successo, il suo appoggio per ottenere l'aiuto del Granducato di Varsavia; nello stesso periodo i suoi inviati a [[Vienna]] fecero proposte di alleanza anti-francese che vennero però respinte dal cancelliere<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 361|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Oltre alle controversie di politica di potenza e alla rivalità personale tra i due sovrani, anche importanti fattori economici resero ben presto evidente la l'impossibilità di una realeleale collaborazione tra i due paesiPaesi. L'adesione della Russia al [[Blocco continentale]] aveva avuto effetti disastrosi per l'economia ede i commerci; le esportazioni di grano, canapa e legname verso la Gran Bretagna erano cessate, senza che i commercianti russi potessero trovare altri sbocchi per i loro prodotti. Il Mar Baltico era ormai chiuso ai commerci, mentre le navi britanniche dell'ammiraglio [[James Saumarez]] dominavano quelle acque e favorivano il contrabbando. La Francia non necessitava dei prodotti russi e invece esportava beni di lusso, profumi e liquori che non potevano sostituire i prodotti di prima necessità di cui la Russia aveva bisogno; la bilancia commerciale russa era quindi in grave deficit e il malcontento si accresceva tra i mercanti ede i produttori<ref>{{Cita|Tulard1994Tulard 1994| pp. 498-499|Tulard 1994Tulard1994 |harv=s}}.</ref>.
 
Lo zar Alessandro prestò ascolto alle proteste; egli, consapevole del grave danno economico causato dalle misure di blocco adottate, fin dal 1809 aveva favorito la ripresa del commercio su navi "presumibilmente neutrali" nel Mar Baltico; nonostante le rimostranze francesi, non adottò i provvedimenti ancor più restrittivi contro la navigazione decisi da Napoleone con i decreti del Trianon e di Fontainebleau<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 361-363|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Infine il [[31 dicembre]] 1810 lo zar promulgò un ''[[ukaz'']] che liberalizzava il commercio neutrale e stabiliva una serie di pesanti tasse doganali sui prodotti di lusso francesi importati via terra<ref>{{Cita|Tulard1994Tulard 1994| p. 499|TulardTulard1994 1994 |harv=s}}.</ref>. Napoleone, che nell'estate 1810 non considerava ancora inevitabile una guerra con la Russia, ritenne la rottura della coesione del Blocco continentale un punto di non ritorno, e prese la decisione di costringere alla sottomissione lo zar, eventualmente ricacciandolo in [[Asia]], dopo avergli strappato le sue province europee<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 428|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Contemporaneamente all'''[[ukaz'']] di Alessandro, l'imperatore francese decise di annettere il [[Oldenburgoldenburgo (stato)|ducatoDucato di Oldenburgo]], il cui sovrano era cognato dello zar, in violazione degli accordi stabiliti a Erfurt<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 362|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Questi eventi sancirono la rottura anche formale dell'alleanza franco-russa stabilita a Tilsit e precipitarono l'Europa in una guerra decisiva tra le due maggiori potenze continentali.
 
== Preliminari diplomatici della campagna di Russia ==
[[File:Armand-caulaincourt.jpg|thumb|right|120pxupright=0.5|L'ambasciatore francese in Russia, [[Armand Augustin Louis de Caulaincourt|Armand de Caulaincourt]].]]
In un primo momento lo zar Alessandro sembrò deciso a prendere l'iniziativa con il suo esercito e portare la guerra in Germania dopo aver invaso il Granducato di Varsavia, sperando di innescare la sollevazione della Prussia e di favorire la partecipazione dell'Austria; l'[[8 gennaio]] [[1811]] il sovrano russo fece nuove proposte a Czartoryski richiedendo l'appoggio dei polacchi in cambio della ricostituzione di uno statoStato polacco all'interno dell'Impero. Queste iniziative tuttavia non ottennero risultati concreti: Czartoryski, intimorito da Napoleone e cosciente della simpatia dei polacchi per l'imperatore francese, respinse gli inviti di Alessandro; il cancelliere austriaco Metternich rifiutò le allettanti proposte russe, mentre Bernadotte, designato erede al trono svedese, sembrò inizialmente propenso ad affiancarsi alla Francia, promettendo in caso di guerra un contingente di truppe, in cambio del dominio sulla [[Norvegia]]<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 429-430|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Count Nesselrode.jpg|thumb|left|140pxupright=0.6|Il consigliere dello zar [[Karl Vasil'evič Nessel'rode|Karl Vasil'evič Nesselrode]], fautore della guerra contro la Francia.]]
Napoleone, male informato da Caulaincourt, si accorse tardivamente di queste minacciose manovre russe; solo dopo gli avvertimenti dei polacchi si preoccupò di un possibile attacco preventivo dello zar; egli quindi progettò piani di emergenza e iniziò una serie di trattative per organizzare un sistema di alleanze per la guerra all'est. Nel frattempo, mentre si giocava una complessa partita diplomatica segreta, continuavano anche trattative dirette tra le due potenze per cercare di dirimere i contrasti e trovare un compromesso; si discusse a lungo, su iniziativa soprattutto di Rumjančev, desideroso di mantenere la pace, sull'indennità da concedere al duca di Oldenburgo per la perdita del suo territorio, e la Francia ripropose il trattato sulla Polonia già preparato l'anno precedente; lo zar Alessandro invece si limitò a manifestare il suo malcontento, ma in un primo momento non presentò richieste precise. Il [[15 agosto]] 1811 Napoleone, irritato dalla tattica dilatoria dello zar, ebbe un violento scontro con l'inviato russo [[AlexanderAleksandr Kurakin]] e quindi stabilì di iniziare la guerra nel giugno 1812, nonostante le assicurazioni di Caulaincourt e del suo successore [[Jacques Alexandre Law de Lauriston|Jacques Lauriston]] sulla volontà di pace dello zar<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 430-431|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
Nel frattempo Alessandro aveva rinunciato ai propositi di anticipare l'imperatore e portare la guerra in Germania; bene informato dei preparativi francesi, lo zar decise di attendere l'attacco nemico e assumere il ruolo, a lui congeniale, di difensore e liberatore dell'Europa sottomessa al dispotismo napoleonico. Lo stesso [[Charles Maurice de Talleyrand-Périgord|Charles de Talleyrand]], caduto in disgrazia presso Napoleone, consigliava lo zar di rimanere sulla difensiva e ricercare l'alleanza o la neutralità dell'Austria, della Svezia e dell'Impero Ottomano<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 431-432|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Inizialmente i tentativi di Alessandro di convincere Austria e Prussia a coalizzarsi contro l'imperatore non ebbero successo; al contrario fu Napoleone che, dalla sua posizione di forza, poté imporre ai due stati, ripetutamente sconfitti negli anni precedenti, delle forzate alleanze contro la Russia.
 
In Prussia in realtà il partito antifrancese e i nazionalisti erano attivi e desiderosi della rivincita, ma il re [[Federico Guglielmo III di Prussia|Federico Guglielmo III]], dopo aver accettato in un primo tempo di concordare con Alessandro una convenzione militare difensiva, timoroso della potenza francese, abbandonò questi progetti e, minacciato da Napoleone, si dichiarò disposto ada un'alleanza con la Francia. L'imperatore attese fino al [[23 febbraio]] [[1812]], quindi impose ai prussiani di firmare subito un trattato di alleanza, minacciando un'invasione. La Prussia si sottomise il [[5 marzo]] 1812, concluse l'alleanza e promise un contingente di truppe per la guerra con la Russia. Le truppe francesi entrarono in Prussia e organizzarono una base di operazioni per la guerra; il maresciallo [[Claude-Victor Perrin|Claude Victor]], con il IX corpo d'armata, occupò [[Berlino]]. I principali esponenti prussiani del partito anti-francese, tra cui [[August Neidhardt von Gneisenau|August von Gneisenau]], [[Hermann von Boyen]] e [[Carl von Clausewitz]], abbandonarono il regno ed emigrarono a [[Londra]] o soprattutto alla corte dello zar<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 432-433|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:CarlXIVJohnSweden.jpg|thumb|right|120pxupright=0.5|L'erede al trono di [[Svezia]], il maresciallo [[Jean-Baptiste Jules Bernadotte|Jean-Baptiste Bernadotte]], concluse un'alleanza segreta con lo zar contro la Francia, prima della guerra.]]
Mentre la Prussia veniva occupata dall'esercito francese, anche l'Austria, guidata dal prudente Metternich, si allineava alla Francia; il [[17 dicembre]] 1811 l'ambasciatore a Parigi [[Karl Philipp Schwarzenberg]] concluse un accordo in cui era prevista l'organizzazione di un contingente di truppe austriache che sarebbe stato aggregato alla Grande Armata, mentre la [[Galizia (Europa Centralecentrale)|Galizia]] sarebbe stata ceduta al Granducato di Varsavia in cambio delle [[Province illiriche]]. Il [[14 marzo]] 1812 venne firmato il trattato formale di alleanza franco-austriaca. In realtà il partito anti-francese a [[Vienna]] non era affatto disarmato e Metternich conduceva un abile doppio gioco; egli fece sapere allo zar che l'Austria manteneva i suoi obiettivi di equilibrio europeo di lungo periodo, che le eventuali ostilità con la Russia sarebbero state solo di facciata e che le truppe non sarebbero state incrementate; il [[2 giugno]] 1812 venne addirittura conclusa una convenzione segreta austro-russa<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 433-434|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Prince Klemens Lothar von Metternich-Winneburg.jpg|thumb|left|100pxupright=0.5|Il cancelliere austriaco [[Klemens von Metternich]].]]
Alessandro non sembrò risentito della partecipazione di Prussia e Austria all'invasione e comprese il loro scarso entusiamoentusiasmo e il loro segreto interesse ada una sconfitta di Napoleone e ada un successo della Russia; lo zar inoltre ottenne alcuni importanti successi diplomatici con la Svezia e l'Impero Ottomano, che consolidarono la sua posizione. A causa delle violazioni svedesi al blocco continentale le relazioni tra Francia e Svezia si erano deteriorate nel corso del 1811; l'ambasciatore francese a [[Stoccolma]] giunse al punto di rompere le relazioni diplomatiche, dopo un aspro scontro con Bernadotte. Nel gennaio 1812 il maresciallo [[Louis Nicolas Davout|Louis-Nicolas Davout]] occupò, su ordine di Napoleone, la [[Pomerania svedese]] per chiuderla al contrabbando britannico; la rottura divenne inevitabile e lo zar seppe approfittare del risentimento di Bernadotte. Il [[18 febbraio]] 1812 l'inviato svedese Löwenhielm propose ad Alessandro un'alleanza militare e promise un intervento alle spalle dell'esercito francese, sbarcando in Germania; il 5 e il [[9 aprile]] nelle due capitali venne conclusa l'alleanza tra Svezia e Russia<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 434-435|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
Nel frattempo la guerra contro i turchi era proseguita in modo sempre più favorevole alla Russia dopo le vittorie dei generali [[Pëtr Ivanovič Bagration|Pëtr Bagration]] e [[Nikolaj Michajlovič Kamenskij|Nikolaj Kamenskij]] nel 1809 e 1810; i turchi abbandonarono la [[Serbia]] che si affiancò alla Russia, mentre le truppe dello zar conquistavano le fortezze del [[Danubio]] e occupavano gran parte del [[Caucaso]]. Nel 1811 il generale [[Michail Illarionovič Kutuzov|Michail Kutuzov]] ottenne una grande vittoria a [[Ruse (Bulgaria)|Ruse]] e sbaragliò l'esercito ottomano; il [[25 ottobre]] 1811 iniziarono le trattative di pace che si trascinarono per mesi a causa dell'intransigenza dei turchi che rifiutavano di cedere l'intera [[Bessarabia]] fino al [[Siret (fiume)|Seret]]. Infine il [[28 maggio]] 1812, grazie anche alla mediazione britannica, venne conclusa una pace di compromesso che assegnò ai russi i territori fino al [[Prut]] ([[Trattato di Bucarest (1812)|trattato di Bucarest]]). La fine delle ostilità con l'Impero Ottomano fu di grande vantaggio per lo zar Alessandro che poté richiamare a nord contro i francesi l'esercito del Danubio, proprio nel momento in cui iniziava l'invasione, mentre le truppe del Caucaso tenevano sotto controllo la Persia<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 435-436|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
== Concentrazione della Grande Armata in Polonia ==
[[File:NapoleonbonaparteThe colouredEmperor drawingNapoleon I.pngjpg|thumb|right|200px|L'imperatore [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]]. nel periodo della campagna di Russia]]
Dall'inizio del 1811, Ll'imperatore aveva attivato l'ufficio topografico del ''[[Dépôt de la Guerre]]'' che, sotto la direzione di [[Louis Albert Guislain Bacler d'Albe|Louis Albert Bacler d'Albe]], iniziò a studiare l'area di operazioni ede a preparare le carte per la nuova campagna; si diede inizio inoltre alla raccolta ede alla distribuzione di materiali ed equipaggiamenti necessari per le truppe che, dopo essere stati ammassati a [[fortezza di Magonza|Magonza]], [[Metz]], [[Wesel]] e [[Maastricht]]<ref>{{Cita|Tulard1994Tulard 1994| p. 501|TulardTulard1994 1994 |harv=s}}.</ref>, furono poi concentrati a [[Danzica]] dove il generale [[Jean Rapp]] organizzò, con 25.&nbsp;000 uomini, una grande base di rifornimento. Nel gennaio 1811 l'imperatore iniziò a rinforzare i reparti già presenti in Germania e costituì nuove formazioni; la classe di coscritti del 1811 era già stata richiamata in precedenza ed era in fase di istruzione nei depositi prima di partire per i reparti; le difficoltà pratiche furono grandi, soprattutto per organizzare i mezzi di trasporto e i necessari vettovagliamenti per uomini e animali<ref name="ReferenceC">{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 429|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Engelmann - Louis-Albert Ghislain Bacler d'Albe (1761-1824).jpg|thumb|left|130pxupright=0.6|[[Louis Albert Guislain Bacler d'Albe|Louis Albert Bacler d'Albe]], militare, pittore e direttore del ''[[Dépôt de la Guerre]]''.]]
Dall'estate 1811 Napoleone fu impegnato nel concentramento dell'esercito in Germania e quindi nella direzione della marcia di avvicinamento attraverso il Granducato di Varsavia fino al [[Nemunas|Niemen]]. La concentrazione della Grande Armata si effettuò sotto la copertura delle truppe del principe [[Józef Antoni Poniatowski|Józef Poniatowski]] che, costituite da 56.&nbsp;000 soldati, coprivano la linea della [[Vistola]] in caso di improvvise iniziative russe; le forze francesi già presenti sull'[[Oder]] erano comandate dal maresciallo Louis-Nicolas Davout che iniziò a far avanzare oltre il fiume i suoi 100.&nbsp;000 soldati scelti per raggiungere la Polonia. Nel frattempo il maresciallo [[Nicolas Charles Oudinot|Nicolas Oudinot]] avanzava dalla [[Vestfalia]] con i contingenti degli stati tedeschi e raggiunse Berlino il [[28 marzo]] 1812 dove era giagià acquartierato il IX corpo d'armata del maresciallo Victor; da [[Boulogne-sur-Mer|Boulogne]] si misero iin marcia i nuovi reparti di coscritti francesi guidati dal maresciallo [[Michel Ney]], seguiti dalla Guardia imperiale che era stazionata nell'est della Francia<ref name="GL">{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 436|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
I reparti forniti dall'Impero austriaco e dalla Prussia, dopo gli accordi conclusi con la Francia il 5 e il 14 marzo 1812, si misero a loro volta in cammino e raggiunsero la linea dell'Elba; il [[23 febbraio]] 1812 iniziò i movimenti l'armata[[Armata d'Italia]] guidata dal principe [[Eugenio di Beauharnais]] che dovette attraversare le [[Alpi]] per raggiungere il resto dello schieramento di Napoleone. Il raggruppamento finale di tutte le forze sul Niemen era stato previsto dall'imperatore per il mese di maggio 1812, nel frattempo si era conclusa la fase diplomatica dell'ostilità tra Francia e Russia<ref name="GL"/>.
 
L'[[8 aprile]] 1812 lo zar Alessandro presentò le sue richieste finali per un accordo: i francesi avrebbero dovuto evacuare la Prussia e la Pomerania svedese, quindi si sarebbe concordato un nuovo trattato commerciale che avrebbe dovuto mantenere libero il commercio dei neutrali; si sarebbe infine stabilita una indennità per il duca di Oldenburgo, il cui stato era stato annesso dalla Francia nel dicembre 1810 in contrasto con gli accordi di Erfurt. Napoleone non diede alcuna risposta, e il [[9 maggio]] 1812 partì da Parigi insieme al ministro degli esteri [[Hugues-Bernard Maret]] senza ricevere l'inviato dello zar Alexander Kurakin che cercava di vederlo. In precedenza l'imperatore aveva fatto senza successo un tentativo di trovare un accordo con la Gran Bretagna proponendo di lasciare la Spagna a [[Giuseppe Bonaparte|Giuseppe]], la Sicilia a [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando]] e reintegrare la vecchia dinastia in Portogallo. Napoleone giunse a [[Dresda]] il [[25 maggio]] dove venne accolto da numerosi re e principi tedeschi alleati, compresi l'imperatore d'Austria e il re di Prussia; dopo aver cercato di impressionarli mostrando grande fiducia, il [[28 maggio]] finalmente ripartì per raggiungere la Grande Armata sul Niemen. Negli stessi giorni l'inviato francese [[Louis Marie Narbonne Lara|Louis Narbonne]] non era stato neppure ricevuto dallo zar che si trovava a [[Vilnius|Vilna]]<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 436-437|Lefebvre 2009Lefebvre2009 |harv=s}}.</ref>.
 
== La Grande Armata ==
{{vedi anche|Grande Armata}}
=== Composizione e organizzazione ===
[[File:French attack in 1812 in Russia.jpg|thumb|right|170pxupright|Fanteria di linea francese durante la campagna di Russia.]]
Le forze raccolte da Napoleone per la guerra contro la Russia - definita "seconda campagna di Polonia" nel proclama dell'imperatore diramato alle truppe<ref>{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| p. 103|SégurSégur1966 1966 |harv=s}}.</ref> - ammontavano a oltre 700.&nbsp;000 soldati, dei quali 611.&nbsp;000 entrarono in azione oltre il Niemen durante il corso della campagna<ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 597|Lefebvre 2009 |harvname=s}}<"ReferenceA"/ref>; questo enorme impegno sottopose l'Impero napoleonico ada una grande tensione - specialmente considerando che c'erano ulteriori 300.&nbsp;000 soldati francesi che combattevano in [[Spagna]] e più di 200.&nbsp;000 di guarnigione nei territori dell'impero.
 
Circa 300&nbsp;000 soldati erano di nazionalità francese (compresi quelli provenienti dai territori annessi alla Francia dopo il [[1792]]); 180&nbsp;000 erano i soldati tedeschi, compresi gli austriaci (30&nbsp;000), i prussiani (20&nbsp;000); i soldati polacchi e lituani erano 90&nbsp;000, 32&nbsp;000 gli italiani del [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]] e del [[Regno di Napoli]]<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 621-622|Blond1998 }}.</ref>. I reparti del Regno d'Italia erano inquadrati nel IV corpo d'armata, mentre i soldati del Regno di Napoli dipendevano dal IX corpo d'armata, che entrò in azione in Russia durante la ritirata, 9&nbsp;000 svizzeri, illirici, spagnoli e portoghesi<ref>{{Cita|Lefebvre 2009| pp. 597-598|Lefebvre2009 }}.</ref>. La nuova Grande Armata comprendeva soldati provenienti da tutte le regioni e gli Stati del Grande Impero e degli stati satelliti o alleati dell'impero napoleonico; il valore di questi reparti era molto variabile e nel complesso l'esercito era molto meno compatto e omogeneo della Grande Armata originale del 1805<ref name="GL2">{{Cita|Lefebvre 2009| p. 598|Lefebvre2009 }}.</ref>. La maggior parte dei reparti combatterono con coraggio e disciplina durante la durissima campagna, ma sorsero inevitabili problemi di controllo e coordinamento di truppe così variabili per lingua, addestramento e equipaggiamenti. Inoltre, la fedeltà delle truppe di provenienza prussiana, austriaca, olandese e spagnola rimaneva non del tutto sicura<ref>{{Cita|Chandler 1992| pp. 907-908|Chandler1992 }}.</ref>. Le truppe francesi nell'insieme mostrarono entusiasmo per la nuova impresa; accanto ai reparti giovani e inesperti, erano numerose le truppe veterane che costituivano il nucleo forte dell'armata. In questi soldati era presente consuetudine alla guerra, curiosità, vanità, aspirazione a nuova gloria, speranza di saccheggi, senso di superiorità, sotto la guida del loro capo, sugli altri popoli e sui regnanti d'Europa. Tra i comandanti, pur in parte indeboliti dalle continue guerre e dagli onori raggiunti, era ancora forte il legame con l'imperatore, fonte dei loro privilegi e origine della loro gloria; la vittoria sembrava sicura e accanto a Napoleone si potevano prevedere nuovi vantaggi morali e materiali<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 98-102|Ségur1966}}.</ref>.
Circa 300.000 soldati erano di nazionalità francese (compresi quelli provenienti dai territori annessi alla Francia dopo il [[1792]]); 180.000 erano i soldati tedeschi, compresi gli austriaci (30.000), i prussiani (20.000); i soldati polacchi e lituani erano 90.000, 32.000 gli italiani del [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]] e del [[Regno di Napoli]]<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 621-622|Blond 1998 |harv=s}}</ref>.
[[File:Louisberthier1.jpg|thumb|left|upright=0.6|Il maresciallo [[Louis Alexandre Berthier|Louis-Alexandre Berthier]], il capo di stato maggiore della [[Grande Armata]]]]
I reparti del Regno d'Italia erano inquadrati nel IV corpo d'armata, mentre i soldati del Regno di Napoli dipendevano dal IX corpo d'armata, che entrò in azione in Russia durante la ritirata.</ref>, 9.000 svizzeri, illirici, spagnoli e portoghesi<ref>{{Cita|Lefebvre2009| pp. 597-598|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>. La nuova Grande Armata comprendeva soldati provenienti da tutte le regioni e gli stati del Grande Impero e degli stati satelliti o alleati dell'impero napoleonico; il valore dei questi reparti era molto variabile e nel complesso l'esercito era molto meno compatto e omogeneo della Grande Armata originale del 1805<ref name="GL2">{{Cita|Lefebvre2009| p. 598|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>. La maggior parte dei reparti combatterono con coraggio e disciplina durante la durissima campagna, ma sorsero inevitabili problemi di controllo e coordinamento di truppe così variabili per lingua, addestramento e equipaggiamenti. Inoltre, la fedeltà delle truppe di provenienza prussiana, austriaca, olandese e spagnola rimaneva non del tutto sicura<ref>{{Cita|Chandler1992| pp. 907-908|Chandler 1992 |harv=s}}</ref>. Le truppe francesi nell'insieme mostrarono entusiasmo per la nuova impresa; accanto ai reparti giovani e inesperti, erano numerose le truppe veterane che costituivano il nucleo forte dell'armata. In questi soldati era presente consuetudine alla guerra, curiosità, vanità, aspirazione a nuova gloria, speranza di saccheggi, senso di superiorità, sotto la guida del loro capo, sugli altri popoli e sui regnanti d'Europa. Tra i comandanti, pur in parte indeboliti dalle continue guerre e dagli onori raggiunti, era ancora forte il legame con l'imperatore, fonte dei loro priviliegi e origine della loro gloria; la vittoria sembrava sicura e accanto a Napoleone si potevano prevedere nuovi vantaggi morali e materiali<ref>{{Cita|Ségur1966| pp. 98-102|Ségur 1966|harv=s}}</ref>.
La massa di manovra principale, controllata direttamente dall'imperatore, era costituita da 450&nbsp;000 soldati e 1&nbsp;146 cannoni, divisi in nove corpi d'armata, la Guardia imperiale, quattro corpi di cavalleria di riserva e i contingenti austriaco e prussiano. Napoleone comprese la difficoltà di manovrare efficacemente un numero così elevato di soldati, e prima dell'inizio dell'offensiva divise il raggruppamento principale in tre armate<ref name="GL2"/>. Una forza principale di 227&nbsp;000 uomini costituita dal I, II, III corpo d'armata, dalla Guardia imperiale e dalla riserva di cavalleria, sarebbe stata agli ordini diretti dell'imperatore. Subito dietro un secondo gruppo di 80&nbsp;000 uomini, con il IV e il VI corpo, al comando del principe Eugenio. Sulla destra una terza armata di 70&nbsp;000 uomini, V, VII e VIII corpo, agli ordini del fratello Girolamo. Sull'ala sinistra il maresciallo [[Étienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald|Étienne-Jacques Macdonald]] comandava i 32&nbsp;000 soldati del X corpo e del contingente prussiano del generale Yorck von Wartenburg; sull'ala destra il generale austriaco [[Karl Philipp Schwarzenberg|Karl Schwarzenberg]] controllava il XII corpo con i 34&nbsp;000 soldati del contingente austriaco.
[[File:Louisberthier1.jpg|thumb|left|130px|Il maresciallo [[Louis-Alexandre Berthier]], il capo di stato maggiore della [[Grande Armata]].]]
La massa di manovra principale, controllata direttamente dall'imperatore, era costituita da 450.000 soldati e 1.146 cannoni, divisi in nove corpi d'armata, la Guardia imperiale, quattro corpi di cavalleria di riserva e i contingenti austriaco e prussiano.
Napoleone comprese la difficoltà di manovrare efficacemente un numero così elevato di soldati, e prima dell'inizio dell'offensiva divise il raggruppamento principale in tre armate<ref name="GL2"/>. Una forza principale di 227.000 uomini costituita dal I, II, III corpo d'armata, dalla Guardia imperiale e dalla riserva di cavalleria, sarebbe stata agli ordini diretti dell'imperatore.
Subito dietro un secondo gruppo di 80.000 uomini, con il IV e il VI corpo, al comando del principe Eugenio.
Sulla destra una terza armata di 70.000 uomini, V, VII e VIII corpo, agli ordini del fratello Girolamo.
Sull'ala sinistra il maresciallo [[Etienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald|Etienne-Jacques Macdonald]] comandava i 32.000 soldati dell'X corpo e del contingente prussiano del generale Yorck von Wartenburg; sull'ala destra il generale austriaco [[Karl Philipp Fürst zu Schwarzenberg|Karl Schwarzenberg]] controllava 34.000 soldati austriaci.
 
L'organizzazione appariva razionale ma avrebbe richiesto comandanti di armata capaci, mentre Eugenio e, soprattutto, Girolamo non erano esperti capi militari e avrebbero dimostrato le loro carenze come condottieri nel corso della campagna<ref name="GL2"/>. Anche la coesione tra i capi non era del tutto soddisfacente, ancor prima dell'inizio della campagna sorse un grave conflitto tra il maresciallo [[Louis Alexandre Berthier|Louis-Alexandre Berthier]], capo di stato maggiore della Grande Armata e il maresciallo Louis-Nicolas Davout, comandante del I corpo, la formazione più grande e potente dell'esercito. Il maresciallo Davout, tenace e metodico, ma anche ostinato e irascibile, era oggetto di invidia e malumore da parte di molti ufficiali superiori francesi per il suo eccessivo zelo e per la sua incorruttibilità; anche Napoleone sembrò non apprezzare del tutto la meticolosità e la prudenza del maresciallo; egli preferì in generale dare ascolto a personaggi temerari come il re di Napoli [[JoachimGioacchino Murat]] e il maresciallo Michel Ney<ref>{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| pp. 93-95|Ségur 1966|harv=sSégur1966}}.</ref>.
 
=== Articolazione dei corpi di prima linea della Grande Armata, 24 giugno 1812 ===
<ref>{{Cita|Chandler1992Chandler 1992| pp. 1305-1309|ChandlerChandler1992 1992 |harv=s}}.</ref> ===
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Armata principale agli ordini diretti di Napoleone
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File:Louisdavout1.jpg|I corpo d'armata, maresciallo [[Louis Nicolas Davout]]
File:Marshal Nicolas Oudinot.jpg|II corpo d'armata, maresciallo [[Nicolas Charles Oudinot|Nicolas Oudinot]]
File:Marechal Ney.jpg|III corpo d'armata, maresciallo [[Michel Ney]]
File:JoachimMurat Post.jpg|Riserva di cavalleria, re di Napoli,: il maresciallo [[JoachimGioacchino Murat]]
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Seconda armata agli ordini di Eugenio di Beauharnais
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SecondaFile:EugeneBeau.jpg|IV corpo d'armata, agliprincipe ordini[[Eugenio di Eugenio Beauharnais]]
File:EugeneBeau.jpg|IV corpo d'armata, principe [[Eugenio Beauharnais]]
File:Gouvion-saint-cyr.jpg|VI corpo d'armata, generale [[Laurent de Gouvion-Saint-Cyr]]
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Terza armata agli ordini di Girolamo Bonaparte
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File:Artwork images 424489800 201887 sophie-lienard.jpg|VIII corpo d'armata, re di Vestfalia [[Girolamo Bonaparte]]
File:Prince Joseph Poniatowski by Józef Grassi.jpg|V corpo d'armata, principe [[Józef Antoni Poniatowski|Józef Poniatowski]]
File:GénéralPhilippoteaux JEAN- LOUISGeneral EBENEZELJean deLouis REYNIER (1771-1814)Ebenezer.jpg|VII corpo d'armata, generale [[Jean Reynier]]
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Truppe dell'ala sinistra agli ordini del maresciallo Macdonald
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File:MacDonald par Antoine Jean Gros.jpg|X corpo d'armata, maresciallo [[Étienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald|Étienne Macdonald]]
File:Ludwig Yorck von Wartenburg.jpg|Contingente prussiano, generale [[Ludwig Yorck von Wartenburg]]
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Truppe dell'ala destra agli ordini del generale Schwarzenberg
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File:Karl philipp fuerst zu schwarzenberg.jpg|Contingente austriaco, generale [[Karl Philipp Schwarzenberg]]
File:Karl philipp fuerst zu schwarzenberg.jpg|XII corpo d'armata e contingente austriaco, generale [[Karl Philipp Schwarzenberg]]
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=== I piani di Napoleone ===
{{quotecitazione|Una buona battaglia avrà ragione del vostro amico Alessandro|Frase rivolta da Napoleone all'ambasciatore Caulaincourt durante un colloquio a Parigi il 5 giugno 1811<ref name="GL431">{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 431|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>}}
Prima dell'inizio della campagna Napoleone sembrava credere che la guerra avrebbe potuto concludersi rapidamente a suo favore con una schiacciante vittoria in una grande e decisiva battaglia campale. Il [[5 maggio]] 1811, durante un lungo colloquio con l'ambasciatore Caulaincourt, che lo invitava alla prudenza per i rischi dovuti ad unaa un'avanzata in profondità nell'immensità della Russia, e manifestava il proprio scetticismo sulla possibilità di costringere lo zar a cedere, l'imperatore replicò manifestando ottimismo e fiducia sulla possibilità di vincere una grande battaglia che avrebbe distrutto il morale e la perseveranza di Alessandro<ref name="GL431"/>.
 
Dopo l'inizio della campagna, e fino al [[20 giugno]] 1812, Napoleone credette ancora che la guerra si sarebbe potuta decidere già in Polonia; a questo scopo, mentre egli minacciava di marciare su [[Kaunas|Kovno]] con l'ala sinistra e, l'ala destra con l'armata di Girolamo era stata trattenuta indietro, per attrarre un'eventuale offensiva russa in direzione di [[Varsavia]].
Se i russi si fossero spinti in avanti, egli contava di attaccarli con le sue forze principali sul loro fianco destro e sconfiggerli completamente con una sola battaglia. Quando riconobbe che i russi non si sarebbero mossi in modo così avventato, decise di iniziare l'offensiva generale oltre il Niemen, ancora con una pianificazione che prevedeva di concludere la campagna in poche settimane. I soldati partirono dunque con una scorta per soli quattro giorni di razioni, e farina per venti giorni<ref name="GL2"/>. Essendo l'esercito russo principale ancora diviso in due masse separate, l'imperatore intendeva marciare direttamente da Kovno a [[Vilnius|Vilna]], interporsi tra le forze nemiche, isolare e distruggere la parte meridionale a sud di [[Hrodna|Grodno]], agganciare e attaccare a sua volta la parte settentrionale a ovest della Dvina<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 105-106|Ségur1966 }}.</ref>.
Se i russi si fossero spinti in avanti, egli contava di attaccarli con le sue forze principali sul loro fianco destro e sconfiggerli completamente con una sola battaglia.
Quando riconobbe che i russi non si sarebbero mossi in modo così avventato, decise di iniziare l'offensiva generale oltre il Niemen, ancora con una pianificazione che prevedeva di concludere la campagna in poche settimane. I soldati partirono dunque con una scorta per soli quattro giorni di razioni, e farina per venti giorni<ref name="GL2"/>. Essendo l'esercito russo principale ancora diviso in due masse separate, l'imperatore intendeva marciare direttamente da Kovno a [[Vilna]], interporsi tra le forze nemiche, isolare e distruggere la parte meridionale a sud di [[Grodno]], agganciare e attaccare a sua volta la parte settentrionale a ovest della Dvina<ref>{{Cita|Ségur1966| pp. 105-106|Ségur 1966 |harv=s}}</ref>.
 
Napoleone sembrava a questo punto consapevole delle difficoltà di questa nuova campagna<ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 429|Lefebvre 2009 |harvname=s}}<"ReferenceC"/ref>. Tuttavia, alla vigilia dell'attacco, si mostrò ottimista e di buon umore<ref>{{Cita|Tulard1994Tulard 1994| pp. 502-503|TulardTulard1994 1994 |harv=s}}.</ref>. Ad alcuni suoi consiglieri prospettò progetti di conquista giganteschi: a Narbonne disse che avrebbe puntato su [[Mosca (Russia)|Mosca]], la capitale morale e religiosa della Russia, per infliggere un colpo mortale alla nazione e sottomettere facilmente un popolo da lui ritenuto superstizioso e barbaro. L'imperatore gli avrebbe anche prospettato il piano di aprire la strada per l'[[India]], passando per la [[Persia]], attraverso [[Erevan]] e [[Tbilisi|Tiflis]]<ref>{{Cita|Tulard1994Tulard 1994| pp. 500-502|TulardTulard1994 1994 |harv=s}}.</ref>, dopo la sconfitta e la sottomissione di Alessandro.
 
== Lo zar Alessandro e l'esercito russo ==
{{quotecitazione|Guido la Russia in un momento di terribile crisi e contro un avversario diabolico, il quale unisce a una spaventosa malvagità un genio straordinario...|Da una lettera dello zar Alessandro alla sorella Caterina del 24 settembre 1812<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| pp. 247-248|LievenLieven2010 2010 |harv=s}}.</ref>}}
=== Organizzazione e forze dell'esercito russo ===
[[File:AlkrugerAlexander I of Russia by F.Kruger (1837, Hermitage).jpg|thumb|rigth|210px|Lo zar [[Alessandro I di Russia]].]]
La scelta di Alessandro di combattere una guerra decisiva contro Napoleone non era condivisa da tutti i dirigenti ede i dignitari dell'impero; in particolare il [[konstantin Pavlovič Romanov|granduca Costantino]] e Nikolaj Rumjancev invitavano alla prudenza ede alla ricerca di un possibile nuovo accordo con la Francia. Alessandro sembrava risoluto a combattere ada oltranza; all'inviato francese Narbonne disse di avere "spazio e tempo" a suo favore, e che avrebbe costretto Napoleone a firmare la pace, se necessario, "sullo [[stretto di Bering]]"<ref>{{Cita|Troyat2001Troyat 2001| pp. 208-209|TroyatTroyat2001 2001 |harv=s}}.</ref>. Nell'ambiente dello zar predominavano ormai i fautori della lotta ada oltranza che esaltavano la vanità di Alessandro descrivendolo come l'atteso salvatore dell'Europa e come il designato da Dio a combattere l'"anticristo"<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 598 e 602|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Tra questi erano [[Gustaf Mauritz Armfelt]], [[Heinrich Friedrich Karl von Stein|Heinrich von Stein]], [[Ernst Moritz Arndt]], la sorella [[Ekaterina Pavlovna Romanova|Caterina]], emigrati come [[Madame de Staël]] e [[François D'Ivernois (1757-1842)|François d'Ivernois]]. Nel quartier generale erano presenti una serie di esperti militari tedeschi, come i generali [[Karl Ludwig von Phull]] e [[Carl von Clausewitz]], e britannici, come i generali [[William Cathcart, I conte Cathcart|William Cathcart]] e [[Robert Thomas Wilson|Robert Wilson]], che dispensavano consigli bellicosi allo zar. Il [[28 giugno]], quando l'invasione era già in corso, Alessandro, che si trovava al campo trincerato di [[VerkhnijažvinskVerchnjadzvinsk|Drysa]] con tutto il suo seguito di dignitari e consiglieri militari, inviò da Napoleone il generale [[Aleksandr Balašov]] con la proposta, subito respinta, di mettere fine all'ostilità in caso di immediata evacuazione francese del territorio russo<ref name="GL2"/>.
[[File:Kutuzov1.jpg|thumb|left|150pxupright=0.7|Il generale [[Michail Illarionovič Kutuzov|Michail Kutuzov]] prese il comando dell'esercito russo dopo le ritirate iniziali e la [[battaglia di Smolensk (1812)|battaglia di Smolensk]].]]
Apparentemente la forza militare dell'esercito russo appariva molto inferiore e destinata alla sconfitta contro la Grande Armata guidata dall'imperatore. Tuttavia dopo la sconfitta del 1807 lo zar Alessandro aveva affidato, prima al duro e fidatissimo generale [[Aleksej Andreevič ArakseevArakčeev|Aleksej Arakseev]] e poi all'esperto e capace generale [[Michael Andreas Barclay de Tolly|Michail Barclay de Tolly]], nominati successivamente ministri della guerra, una vasta opera di ammodernamento e riorganizzazione dell'apparato bellico che aveva dato qualche risultato<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| pp. 109-117|LievenLieven2010 2010 |harv=s}}.</ref>. Dal punto di vista logistico e amministrativo l'esercito russo aveva migliratomigliorato la sua organizzazione, abbandonando la ingombrante "divisione mista" a favore di strutture organiche più agili e impiegabili; inoltre erano stati costituiti i corpi d'armata per raggruppare le divisioni. Anche l'equipaggiamento della fanteria era stato migliorato con l'adozione, grazie all'iniziativa del generale Arakseev<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| pp. 112-113|LievenLieven2010 2010 |harv=s}}.</ref>, di un nuovo tipo di moschetto più moderno. La cavalleria russa, che manteneva la sua elevata qualità, era stata potenziata e disponeva anche di un temibile corpo "irregolare", costituito da circa 15.&nbsp;000 [[cosacchi]], molto abili negli attacchi di disturbo e nella ricognizione. L'artiglieria russa era stata modernizzata sotto l'impulso del generale Arakseev<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| pp. 110-111|LievenLieven2010 2010 |harv=s}}.</ref> e, organizzata in 44 batterie pesanti, 58 batterie leggere e 22 batterie ippotrainate, era ora molto numerosa ed efficiente ed era stata resa anche molto più mobile<ref>{{Cita|Chandler1992Chandler 1992| pp. 900-901|ChandlerChandler1992 1992 |harv=s}}.</ref>.
 
Nonostante questi notevoli miglioramenti, rimanevano importanti carenze nella struttura militare dello zar; lo stato maggiore era ancora poco addestrato e appesantito dalla burocrazia; il sistema dei trasporti e logistico era primitivo e non adeguato alle necessitanecessità delle armate in campo, la qualità degli ufficiali inferiori, valorosi e aggressivi ma poco istruiti e insufficientemente addestrati, non era elevata<ref>{{Cita|Chandler1992Chandler 1992| pp. 901-902|ChandlerChandler1992 1992 |harv=s}}.</ref>. I comandanti superiori inoltre rimanevano divisi sulle migliori strategie da adottare contro l'invasione, e lo stesso zar spesso si affidava ai molteplici e contrastanti consigli dei suoi esperti stranieri. A livello della truppa, invece, il soldato russo aveva mantenuto le caratteristiche di tenacia, di resistenza alla fatica e agli stenti, e di valore individuale.
[[File:Arakcheev Alexey Andreevich.jpg|thumb|right|120pxupright=0.5|Il generale [[Aleksej Andreevič ArakseevArakčeev|Aleksej Arakseev]], ex ministro della guerra e principale consigliere militare dello zar Alessandro.]]
Numericamente l'esercito russo nel 1812 era costituito complessivamente da 409.&nbsp;000 uomini, di cui 211.&nbsp;000 schierati nei reparti di prima linea, 45.&nbsp;000 in seconda linea e 153.&nbsp;000 dislocati nelle formazioni di riserva o nelle guarnigioni<ref>{{Cita|Chandler1992| p. 901|Chandler 1992 |harvname=s}}<"ReferenceB"/ref>. All'inizio della campagna, tuttavia, solo una parte di queste forze era preparata e organizzata per affrontare l'invasione, suddivise in tre raggruppamenti: la Prima Armata, comandata personalmente dal generale Barclay de Tolly, costituita da circa 136.&nbsp;000 uomini, la Seconda Armata, comandata dal generale [[Pëtr Ivanovič Bagration|Pëtr Bagration]], con circa 57.&nbsp;000 soldati, e la Terza Armata, comandata dal generale [[AleksanderAleksandr Petrovič Tormasov|Alexander Tormasov]], composta da circa 48.&nbsp;000 soldati<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| p. 145|Lieven 2010Lieven2010 |harv=s}}.</ref>. In seconda linea si trovava l'armata del generale [[Peter Wittgenstein]] che con 40.&nbsp;000 soldati<ref>{{Cita|Chandler1992Chandler 1992| p. 978|ChandlerChandler1992 1992 |harv=s}}.</ref> era incaricato di coprire la linea della [[Daugava|Dvina occidentale]] e difendere la città di [[Riga]], mentre da sud, iniziava la marcia di avvicinamento l'armata del Danubio dell'ammiraglio [[Pavel VasilievičVasil'evič Čičagov|Pavel Čičagov]] che aveva abbandonato il fronte balcanico dopo la conclusione della pace con l'Impero Ottomano; infine nell'interno erano disponibili altri 300.&nbsp;000-400.&nbsp;000 uomini, tratti dalle milizie di difesa, che avrebbero potuto essere organizzati per l'esercito<ref name="GLFVB1">{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 599|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
I progetti strategici di Alessandro prima dell'inizio della guerra rimangono non del tutto chiari. Anche se a Caulaincourt parlò del vantaggio dello spazio e del clima russi che avrebbe sfruttato per battere l'imperatore<ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 431|Lefebvre 2009 |harvname=s}}<"GL431"/ref>, sembra che lo zar non fosse intenzionato fin dal principio a prolungare la guerra attirando la Grande Armata nelle sterminate steppe russe<ref name="GLFVB1"/>. Tra i suoi consiglieri, alcuni, tra cui [[Fëdor Vasil'evič Rostopčin]], promuovevano queste idee della ritirata sistematica, della pazienza e del tempo, ma in generale la maggior parte degli esperti militari, della nobiltà e degli emigrati premevano per una guerra aggressiva che impedisse l'invasione; molti temevano anche che in caso di sconfitta iniziale lo zar, demoralizzato, potesse rinuciarerinunciare alla lotta e accettare la sottomissione<ref name="GLFVB1"/>. Il generale Barclay, che aveva presentato fin dal marzo 1810 un piano di guerra fondato sulla difensiva e sulla ritirata strategica, in un secondo tempo propose invece progetti di offensiva preventiva in Prussia e Polonia<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| pp. 131-133|LievenLieven2010 2010 |harv=s}}.</ref>. Lo sviluppo strategico della campagna fu in realtà largamente dovuto a circostanze impreviste e involontarie: timorosi di affrontare Napoleone, i generali russi, le cui armate erano in inferiorità numerica e non ancora concentrate, non poterono evitare di ritirarsi e in questo modo imposero ai francesi di addentrarsi sempre di più nella Russia, sfiancandosi nell'avanzata nelle disagevoli e primitive terre deldell'est<ref name="GLFVB1"/>.
 
=== Articolazione delle forze russe, 24 giugno 1812 ===
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Fronte centrale
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File:Barclay1829.jpg|I Armata, generale [[Michael Andreas Barclay de Tolly]]
File: George Dawe - ПортретPortrait of ПетраGeneral ИвановичаPyotr БагратионаBagration (1765-1812) - Google Art Project.jpg|II Armata, generale [[Pëtr Ivanovič Bagration]]
File:Tormasov.jpg|III Armata, generale [[Aleksandr Petrovič Tormasov|Aleksander Petrovič Tormasov]]
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Fronte settentrionale
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File:Pjotr-christianowitsch-wittgenstein.jpg|generale [[Peter Wittgenstein]]
File:Pjotr-christianowitsch-wittgenstein.jpg|Generale [[Peter Wittgenstein]]
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Fronte meridionale
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File:Pavel Chichagov.jpg|ammiraglio [[Pavel Vasilievič Čičagov]]
File:Pavel Chichagov-color.jpg|Ammiraglio [[Pavel Vasil'evič Čičagov|Pavel Vasilievič Čičagov]]
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== Prima fase della campagna ==
{{vedi anche|Battaglia di Smolensk (1812)|Battaglia di Valutino|Battaglia di Ševardino|Battaglia di Borodino}}
=== Avanzata della Grande Armata ===
[[File:Napoleon Neman.jpg|thumb|280px|rightupright=1.3|La [[Grande Armata]] attraversa il [[Nemunas|Niemen]] il 24 giugno 1812.]]
Napoleone diede inizio alla campagna con l'attraversamento del Niemen che si svolse ildal 2423 eal [[25 giugno]] 1812 senza difficoltà e senza resistenza; il piano dell'imperatore intendeva sfruttare la mancata concentrazione delle armate dei generali Barclay e Bagration che erano ancora separate, marciare rapidamente su [[Vilnius|Vilna]] per interporsi tra le due masse nemiche e agganciare e sconfiggere le forze russe della Prima armata. ContemporanemanteContemporaneamente all'attraversamento dell'armata principale francese, passarono il fiume anche le forze del maresciallo Macdonald a [[Sovetsk (Oblast' di Kaliningrad)|Tilsit]], mentre l'armata di Girolamo venne trattenuta a ovest di [[Hrodna|Grodno]], senza attraversare il Niemen fino al [[30 giugno]] per ritardare le forze del generale Bagration. La marcia forzata su Vilna si concluse il [[28 giugno]] e la città venne occupata senza combattere; l'avanzata aveva già affaticato le truppe e disorganizzato il sistema di vettovagliamento; il tempo instabile con violenti temporali alternati a caldo torrido, non favorì la marcia e le truppe, esaurite rapidamente le razioni, iniziarono a saccheggiare il territorio<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 59-63|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
L'armata del generale Barclay aveva abbandonato Vilna e aveva ripiegato dietro il campo trincerato di Drysa senza combattere per eseguire il piano d'operazione che, dopo lunghe discussioni, era stato proposto dal generale tedesco Phull e approvato dallo zar<ref name="GLFVB1"/>. Secondo questo progetto i generali Barclay e Bagration avrebbero dovuto ripiegare sui fianchi della Grande Armata in avanzata e, concentrandosi sul [[DnieperDnepr]] e soprattutto sulla Dvina nel campo trincerato di Drysa, attaccarla sui lati<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 430|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>; ma questo piano si rivelò rapidamente inattuabile a causa della rapidità e della potenza della marcia della Grande Armata. I due generali, intimoriti dalla presenza dell'imperatore e dalla superiorità numerica dei francesi, batterono in ritirata e quando il [[14 luglio]] lo zar lasciò Drysa per ritornare a San Pietroburgo, egli implicitamente autorizzò il generale Barclay a ripiegare ulteriormente se necessario, invitandolo alla prudenza e ricordandogli di salvaguardare al massimo la sopravvivenza dell'armata<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 66-68|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
Nel frattempo Napoleone, dopo aver visto sfuggire da Vilna l'armata del generale Barclay, aveva deciso di organizzare una manovra per attaccare e distruggere l'armata del generale Bagration prima che potesse congiungersi con le forze principali russe. Analizzando attentamente le carte, egli considerò possibile sfruttare l'isolamento della seconda armata russa. Mentre Murat con il II corpo del maresciallo Oudinot e il III corpo del maresciallo Ney si diresse verso nord-est per impegnare l'armata del generale Barclay, il maresciallo Davout con due divisioni del I corpo e forti reparti di cavalleria venne distaccato a sud verso Minsk per prendere sul fianco le forze del generale Bagration che avrebbero dovuto essere attaccate frontalmente da Girolamo con il V e l'VIII corpo d'armata; infine l'imperatore avrebbe marciato su [[Vicebsk|Vitebsk]] con il IV e il VI corpo rinforzati da tre divisioni distaccate dal I corpo del maresciallo Davout, incuneandosi tra le due armate russe<ref>{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| pp. 129-130|Ségur 1966|harv=sSégur1966}}.</ref>. Napoleone diramò i nuovi ordini il [[10 luglio]] da Vilna<ref>{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| p. 130|SégurSégur1966 1966 |harv=s}}.</ref>, ma anche questo movimento strategico in teoria ben congegnato, la cosiddetta [[manovra di Vilna]], non raggiunse i risultati decisivi attesi dall'imperatore.
 
Girolamo e il maresciallo Davout non riuscirono a coordinare i loro movimenti; entrambi si mossero in ritardo e soprattutto il fratello minore di Napoleone non agganciò efficacemente il generale Bagration che quindi, coperto efficacemente dalla cavalleria leggera guidata dai generali [[Matvej Ivanovič Platov|Matvei Platov]] e [[Ilarion Vasilčikov]]<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| p. 161|LievenLieven2010 2010 |harv=s}}.</ref>, poté ripiegare, inseguito dal I corpo del maresciallo Davout. Questo maresciallo, dopo aver perso tempo a [[Minsk]], sperava di bloccare il nemico a [[Głusk|Glusk]], ma il generale Bagration riuscì ad attraversare la [[Beresina]] a [[Babrujsk|Bobrujsk]] e poi a raggiungere il DnieprDnepr a [[BykovBykhov]]<ref>{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| p. 132|Ségur 1966|harv=sSégur1966}}.</ref>. L'imperatore, fortemente irritato dalla scarsa energia di Girolamo, rimproverò aspramente il fratello che, umiliato, preferì abbandonare il comando e rientrare nel suo [[regno di Vestfalia]]<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 71-72|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>. Il maresciallo Davout cercò ancora di bloccare la ritirata dei russi tra il DnieprDnepr e la Beresina, avanzò oltre [[Lida (Bielorussia)|Lida]] e raggiunse [[Mahilëŭ|Mogilev]] dove sbarrò il passaggio al generale Bagration che risaliva lungo la riva destra del DnieprDnepr<ref>{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| pp. 132-133|Ségur 1966|harv=sSégur1966}}.</ref>. L'[[battagliaBattaglia di MogilevSaltanovka|attacco russo a Mogilev]] venne duramente respinto dalle truppe francesi del maresciallo Davout; temendo la possibile presenza di Napoleone<ref name="DS133">{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| p. 133|Ségur 1966|harv=sSégur1966}}.</ref>, il generale Bagration preferì ripiegare e attraversare il fiume a BykovBykhov da dove sfuggisfuggì in direzione di [[Smolensk]], senza che il maresciallo Davout potesse impedire questa nuova ritirata<ref name="GLFVB1"/>.
[[File:Raevsky saltanovka.jpg|thumb|left|270pxupright=1.2|Contrattacco russo alla [[battaglia di Saltanovka|battaglia di Mogilev]].]]
Napoleone era fortemente deluso per il mancato accerchiamento dell'armata del generale Bagration, di cui attribuì la responsabilità ai suoi luogotenenti che apparivano troppo prudenti; la sua presenza diretta sul posto diventava sempre più indispensabile per raggiungere il successo e per far progredire le operazioni<ref name="DS133"/>. Egli rimase a Vilna fino al [[16 luglio]]; l'imperatore, nonostante il fallimento delle sue complesse manovre, continuava tuttavia a mostrarsi fiducioso e manifestò in una occasione anche la sua volontà di arrivare fino a Smolensk per poi ritornare a Vilna per stabilire i quartieri d'inverno; l'imperatore interpretò la continua ritirata dei russi e l'evacuazione senza combattere del campo di Drysa da parte del generale Barclay come un segno di debolezza e incapacità<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 72-75|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Mentre il maresciallo Davout cercava di intercettare l'armata del generale Bagration, l'imperatore aveva ripreso la marcia con il II, III, IV e VI corpo, puntando su [[Vitebsk]], sperando questa volta di raggiungere e attaccare il generale Barclay; fu un'altra marcia forzata snervante per le truppe e disastrosa per i cavalli che, malnutriti, iniziarono a morire in massa; oltre 8.000 morirono durante questa seconda avanzata. Anche le colonne di rifornimento si disorganizzarono; il caldo torrido, alternato a violenti temporali, continuò ad affaticare e indebolire i soldati; l'avanzata si svolgeva su un terreno privo di ogni risorsa e abbandonato dai contadini che distruggevano i villaggi prima di fuggire; le truppe russe avevano inoltre l'ordine di non lasciare nulla al nemico e le retroguardie devastavano e incendiavano i depositi e i beni materiali disponibili<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 7472-75|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
Mentre il maresciallo Davout cercava di intercettare l'armata del generale Bagration, l'imperatore, dopo aver lasciato il II corpo del maresciallo Oudinot a fronteggiare il generale Wittgenstein sulla Dvina, aveva ripreso la marcia con la Guardia imperiale, il IV corpo del principe Eugenio e tre divisioni del I corpo verso Vitebsk, dove stavano convergendo anche Murat con la cavalleria e il maresciallo Ney con il III corpo<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 136-137|Ségur1966 }}.</ref>. L'imperatore sperava questa volta di raggiungere e attaccare il generale Barclay; fu un'altra marcia forzata snervante per le truppe e disastrosa per i cavalli che, malnutriti, iniziarono a morire in massa; oltre 8&nbsp;000 morirono durante questa seconda avanzata. Anche le colonne di rifornimento si disorganizzarono; il caldo torrido, alternato a violenti temporali, continuò ad affaticare e indebolire i soldati; l'avanzata si svolgeva su un terreno privo di ogni risorsa e abbandonato dai contadini che distruggevano i villaggi prima di fuggire; le truppe russe avevano inoltre l'ordine di non lasciare nulla al nemico e le retroguardie devastavano e incendiavano i depositi e i beni materiali disponibili<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 74-75|Nicolson2001 }}.</ref>.
Il [[25 luglio]] la cavalleria di Murat raggiunse finalmente, pochi chilometri ad ovest di Vitebsk, la retroguardia dei russi; in un primo momento Napoleone sperò che il generale Barclay avesse deciso di combattere in campo aperto; in realtà nella stessa giornata Murat, sostenuto dal IV corpo del principe Eugenio, affrontò e respinse la retroguardia nemica nel piccolo [[battaglia di Ostrovno|scontro di Ostrovno]], e il giorno seguente l'imperatore si portò personalmente sul campo e fece concentrare le sue truppe, mentre l'esercito russo sembrava fermo e schierato per la battaglia. Il [[27 luglio]] invece il generale Barclay, ritenendosi troppo debole numericamente per affrontare la Grande Armata e consapevole che l'armata del generale Bagration, ancora lontana oltre 240 chilometri, non avrebbe potuto raggiungerlo in tempo, decise di ritirarsi di nuovo, abbandonò Vitebsk e si mise in movimento verso [[Smolensk]]; la ritirata, coperta con efficacia dalla retroguardia di cavalleria comandata dal generale [[Peter von der Pahlen]], si svolse con ordine e disciplina<ref>{{Cita|Lieven2010| p. 165|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>. Napoleone entrò a Vitebsk il [[29 luglio]]; la città era stata abbandonata dai suoi 20.000 abitanti, ma non era stata distrutta e lentamente l'armata e le colonne di rifornimento furono raggruppate. Le condizioni dell'esercito stavano peggiorando, i malati si moltiplicavano e l'assistenza e il rifornimento dei soldati erano sempre più precari<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 76-77|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Il 25 luglio la cavalleria di Murat raggiunse finalmente, pochi chilometri a ovest di Vitebsk, la retroguardia dei russi; in un primo momento Napoleone sperò che il generale Barclay avesse deciso di combattere in campo aperto; in realtà nella stessa giornata Murat, sostenuto dal IV corpo del principe Eugenio, affrontò e respinse la retroguardia nemica nel piccolo [[battaglia di Astroŭna|scontro di Astroŭna]], e il giorno seguente l'imperatore si portò personalmente sul campo e fece concentrare le sue truppe, mentre l'esercito russo sembrava fermo e schierato per la battaglia. Il 27 luglio invece il generale Barclay, ritenendosi troppo debole numericamente per affrontare la Grande Armata e consapevole che l'armata del generale Bagration, ancora lontana oltre 240 chilometri, non avrebbe potuto raggiungerlo in tempo, decise di ritirarsi di nuovo, abbandonò Vitebsk e si mise in movimento verso [[Smolensk]]; la ritirata, coperta con efficacia dalla retroguardia di cavalleria comandata dal generale [[Peter von der Pahlen]], si svolse con ordine e disciplina<ref>{{Cita|Lieven 2010| p. 165|Lieven2010 }}.</ref>. Napoleone entrò a Vitebsk il 29 luglio; la città era stata abbandonata dai suoi 20&nbsp;000 abitanti, ma non era stata distrutta e lentamente l'armata e le colonne di rifornimento furono raggruppate. Le condizioni dell'esercito stavano peggiorando, i malati si moltiplicavano e l'assistenza e il rifornimento dei soldati erano sempre più precari<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 76-77|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
=== Da Vitebsk a Smolensk ===
[[File:Battle of Smolensk 1812.png|thumb|right|300pxupright=1.4|[[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] alla [[battaglia di Smolensk (1812)|battaglia di Smolensk]].]]
L'imperatore mostrava segni di nervosismo per l'andamento della campagna e alternava fasi di euforia per la facile conquista di Vitebsk a momenti di forte irritazione per la mancanza di una grande battaglia decisiva; egli rimase nella nell'antica città per due settimane mentre altre operazioni erano in corso sulle due ali del fronte offensivo della Grande Armata. Mentre il maresciallo Davout continuava l'inseguimento del generale Bagration che stava risalendoprocedendo verso nord per ricongiungersi con l'armata principale russa, sul fianco sinsitrosinistro francese il maresciallo Macdonald stava avanzando con il X corpo d'armata verso Riga ed era in attesa dell'attrezzatura d'assedio per conquistare la fortezza; lungo la Dvina il VI corpo del maresciallo Gouvion-Saint-Cyr e il II corpo del maresciallo Oudinot stavano fronteggiando validamente le forze del generale Wittgenstein. Sul fianco destro infine il generale Schwarzenberg e il generale Reynier con il VII corpo erano impegnati in combattimenti inconcludenti con le truppe russe del generale Tormazov<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 77-78|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
L'andamento insoddisfacente delle operazioni, la continua ritirata dei russi e l'indebolimento delle sue forze, imposero a Napoleone di prendere nuove decisioni; in un primo momento l'imperatore parlò di "fine della campagna" per evitare il destino di [[Carlo XII di Svezia]] e sembrò deciso a stabilire a Vitebsk i quartieri d'inverno in attesa di riprendere le operazioni in primavera; a Murat disse che la guerra con la Russia sarebbe durata tre anni, nel 1813 si sarebbe conquistata Mosca e nel 1814 Pietroburgo<ref>{{Cita|Ségur 1966| p. 153|Ségur1966 }}.</ref>. Ma le sue decisioni cambiarono rapidamente; dopo aver respinto bruscamente gli inviti alla prudenza del maresciallo [[Louis Alexandre Berthier|Alexandre Berthier]], di [[Géraud Duroc]] e di Caulaincourt, Napoleone ritornò all'idea di continuare l'avanzata almeno fino a [[Smolensk]], dove riteneva di poter finalmente combattere una grande battaglia. Anche il maresciallo Murat alla fine concordò con i piani dell'imperatore<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 78-79|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
Nel frattempo il generale Barclay e il generale Bagration avevano finalmente ricongiunto le loro forze a Smolensk dove furono concentrati circa 125&nbsp;000 soldati russi; tra i due comandanti russi persisteva una forte rivalità e in particolare il generale Bagration, che aveva completato un'abile ritirata di fronte alle forze del maresciallo Davout, criticava aspramente la strategia rinunciataria adottata dal generale Barclay e la continua ritirata dell'esercito. Il ricongiungimento tra le due armate avvenne alla fine del mese di luglio e, dopo molte indecisioni, sembrò che finalmente il generale Barclay avesse deciso di passare all'offensiva con l'intero esercito avanzando da Smolensk lungo la riva settentrionale del Dnepr in direzione di [[Orša]] e Vitebsk. All'inizio di agosto quindi l'armata russa iniziò con molta prudenza ad avanzare verso ovest divisa in tre colonne<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 79-81|Nicolson2001 }}.</ref>.
L'andamento insoddisfacente delle operazioni, la continua ritirata dei russi e l'indebolimento delle sue forze, imposero a Napoleone di prendere nuovo decisioni; in un primo momento l'imperatore parlò di "fine della campagna" per evitare il destino di [[Carlo XII di Svezia]] e sembrò deciso a stabilire a Vitebsk i quartieri d'inverno in attesa di riprendere le operazioni in primavera. Ma le sue decisioni cambiarono rapidamente; dopo aver respinto bruscamente gli inviti alla prudenza del maresciallo [[Louis Alexandre Berthier|Alexandre Berthier]], di [[Géraud Duroc]] e di Caulaincourt, Napoleone ritornò all'idea di continuare l'avanzata almeno fino a [[Smolensk]], dove riteneva di poter finalmente combattere una grande battaglia. Anche il maresciallo Murat alla fine concordò con i piani dell'imperatore<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 78-79|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Napoleone apprese l'8 agosto che reparti di cavalleria francesi erano stati impegnati da reparti di cosacchi nello [[battaglia di Inkovo|scontro di Inkovo]] a nord-ovest di Smolensk; l'imperatore fu molto soddisfatto di questa notizia che sembrava confermare la sua ipotesi che i russi si sarebbero battuti per difendere Smolensk e che faceva ritenere che l'esercito nemico si trovasse a nord del Dnepr e si stesse allontanando dalla città<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 82|Nicolson2001 }}.</ref>. Egli progettò subito una grande manovra aggirante per sorprendere il nemico, tagliarlo fuori da Smolensk e infliggergli una sconfitta decisiva; la Grande Armata avrebbe lasciato Vitebsk, sarebbe avanzata in massa a sud del Dnepr, attraversando il fiume tra Orša e Rossasna; si sarebbe congiunta con le forze del maresciallo Davout provenienti da Mogilev, quindi sarebbe risalita lungo la riva sinistra del Dnepr e avrebbe raggiunto e attaccato Smolensk da sud. Il 10 agosto inviò gli ordini di concentrazione al maresciallo Davout, a cui disse che Orša sarebbe stata il centro dell'armata e che sarebbe stata una "faccenda risolutiva"<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 168-169|Ségur1966 }}.</ref>. La cosiddetta "manovra di Smolensk", ritenuta dagli storici una delle più brillanti creazioni strategiche di Napoleone<ref>{{Cita|Chandler 1992| p. 941|Chandler1992 }}.</ref>, prevedeva di raggruppare una massa di quasi 200&nbsp;000 soldati sul fianco e alle spalle dell'esercito russo e avrebbe potuto teoricamente concludersi con una vittoria decisiva simile alla [[battaglia di Jena]]. L'imperatore lasciò Vitebsk l'11 agosto ed entro il 13 agosto l'armata principale con Napoleone, costituita dal III e IV corpo d'armata, dalla Guardia imperiale e dalla cavalleria di riserva, si concentrò in un settore di 25 chilometri sul Dnepr, mentre i genieri costruivano quattro ponti di barche sul fiume. Contemporaneamente un secondo raggruppamento, con il I, V e VIII corpo, attraversò più a sud, affiancandosi alla colonna settentrionale; all'alba del 14 agosto 1812 il passaggio era stato completato con successo e oltre 175&nbsp;000 soldati francesi si trovavano già a sud del Dnepr<ref>{{Cita|Chandler 1992| p. 942|Chandler1992 }}.</ref>. L'armata marciava in modo frenetico, lasciandosi alle spalle sbandati e ritardatari; i villaggi venivano saccheggiati per approvvigionare le truppe; solo le divisioni del I corpo del maresciallo Davout mantenevano disciplina e coesione<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 172-174|Ségur1966 }}.</ref>.
Nel frattempo il generale Barclay e il generale Bagration avevano finalmente ricongiunto le loro forze a Smolensk dove furono concentrati circa 125.000 soldati russi; tra i due comandanti russi persisteva una forte rivalità e in particolare il generale Bagration, che aveva completato una abile ritirata di fronte alle forze del maresciallo Davout, criticava aspramente la strategia rinunciataria adottata dal generale Barclay e la continua ritirata dell'esercito. Il ricongiungimento tra le due armate avvenne alla fine del mese di luglio e, dopo molte indecisioni, sembrò che finalmente il generale Barclay avesse deciso di passare all'offensiva con l'intero esercito avanzando da Smolensk lungo la riva settentrionale del Dniepr in direzione di [[Orša]] e Vitebsk. All'inizio di agosto quindi l'armata russa iniziò con molta prudenza ad avanzare verso ovest divisa in tre colonne<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 79-81|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Smolensk by hess.jpg|thumb|left|upright=1.4|Il quartier generale russo alla [[battaglia di Smolensk (1812)|battaglia di Smolensk]]]]
Nonostante la brillante manovra strategica, una serie di circostanze vanificarono anche questo terzo tentativo dell'imperatore di infliggere una sconfitta decisiva al nemico. Fin dal 12 agosto il generale Barclay, incerto sulla esatta posizione dell'esercito francese e preoccupato da possibili sorprese di Napoleone, aveva rinunciato a proseguire la marcia lungo la riva settentrionale del Dnepr in direzione di Vitebsk e aveva iniziato la ritirata verso Smolensk<ref name="glbvr"/>; inoltre i reparti russi lasciati dal generale Barclay sulla riva meridionale del fiume, una divisione di fanteria e alcune formazioni di cavalleria, il 13 agosto entrarono in contatto con la cavalleria del maresciallo Murat nella cittadina di Krasnoi a cinquanta chilometri da Smolensk. Ne seguì un duro scontro al termine del quale, a causa di errori del comandante francese e del ritardato intervento del III corpo, i russi poterono ritirarsi verso Smolensk dove vennero rinforzati dal sopraggiunto corpo d'armata del generale [[Nikolaj Nikolaevič Raevskij|Nikolaj Raevskij]] che assunse la difesa dei quartieri meridionali<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 83|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
Napoleone mostrò in questa fase qualche indecisione; il 14 e il 15 agosto, invece di accelerare la marcia da sud verso Smolensk con tutte le sue forze, rallentò l'avvicinamento dando tempo all'armata del generale Barclay di arrivare per difendere la città. Solo il 16 agosto si recò in prima linea per osservare le difese di Smolensk e prendere le sue decisioni tattiche; vedendo fitte colonne russe ammassarsi sulla riva settentrionale del Dnepr, l'imperatore apparve molto soddisfatto e, convinto nonostante lo scetticismo di Murat e del maresciallo Ney, che i russi si sarebbero battuti, decise di sferrare un attacco frontale ai quartieri meridionali con quattro corpi d'armata<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 181-183|Ségur1966 }}.</ref>. Dopo una giornata di intensi bombardamenti d'artiglieria che devastarono l'antica città russa, l'attacco francese venne sferrato il 17 agosto 1812 ma incontrò un'accanita resistenza da parte delle truppe del generale Raevskij e del generale [[Dmitrij Sergeevič Dochturov|Dmitrij Dochturov]] che difesero i sobborghi meridionali e la fortezza, mentre il grosso delle forze dei generali Barclay e Bagration rimase sulla riva settentrionale<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 83-86|Nicolson2001 }}.</ref>.
Napoleone apprese l'[[8 agosto]] che reparti di cavalleria francesi erano stati impegnati da reparti di cosacchi nello [[battaglia di Inkovo|scontro di Inkovo]] a nord-ovest di Smolensk; l'imperatore fu molto soddisfatto di questa notizia che sembrava confermare la sua ipotesi che i russi si sarebbero battuti per difendere Smolensk e che faceva ritenere che l'esercito nemico si trovasse a nord del Dniepr e si stesse allontando dalla città<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 82|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Egli progettò subito una grande manovra aggirante per sorprendere il nemico, tagliarlo fuori da Smolensk e infliggergli una sconfitta decisiva; la Grande Armata avrebbe lasciato Vitebsk, sarebbe avanzata in massa a sud del Dniepr, attraversando il fiume tra Orša e Rossasna; si sarebbe congiunta con le forze del maresciallo Davout provenienti da Mogilev, quindi sarebbe risalita lungo la riva sinistra del Dniepr e avrebbe raggiunto e attaccato Smolensk da sud. La cosiddetta "manovra di Smolensk", ritenuta dagli storici una delle più brillanti creazioni strategiche di Napoleone<ref>{{Cita|Chandler1992| p. 941|Chandler 1992 |harv=s}}</ref>, prevedeva di raggruppare una massa di quasi 200.000 soldati sul fianco e alle spalle del'esercito russo e avrebbe potuto teoricamente concludersi con una vittoria decisiva simile alla [[battaglia di Jena]]. L'imperatore lasciò Vitebsk l'[[11 agosto]] ed entro il [[13 agosto]] l'armata principale con Napoleone, costituita dal III e IV corpo d'armata, dalla Guardia imperiale e dalla cavalleria di riserva, si concentrò in un settore di 25 chilometri sul Dniepr, mentre i genieri costruivano quattro ponti di barche sul fiume. Contemporaneamente un secondo raggruppamento, con il I, V e VIII corpo, attraversò più a sud, affiancandosi alla colonna settentrionale; all'alba del [[14 agosto]] 1812 il passaggio era stato completato con successo e oltre 175.000 soldati francesi si trovavano già a sud del Dniepr<ref>{{Cita|Chandler1992| p. 942|Chandler 1992 |harv=s}}</ref>.
[[File:Smolensk by hess.jpg|thumb|left|310px|Il quartier generale russo alla [[battaglia di Smolensk (1812)|battaglia di Smolensk]].]]
Nonostante la brillante manovra strategica, una serie di circonstanze vanificarono anche questo terzo tentativo dell'imperatore di infliggere una sconfitta decisiva al nemico. Fin dal [[12 agosto]] il generale Barclay, incerto sulla esatta posizione dell'esercito francese e preoccupato da possibili sorprese di Napoleone, aveva rinunciato a proseguire la marcia lungo la riva settentrionale del Dniepr in direzione di Vitebsk e aveva iniziato la ritirata verso Smolensk<ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 600|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>; inoltre i reparti russi lasciati dal generale Barclay sulla riva meridionale del fiume, una divisione di fanteria e alcune formazioni di cavalleria, il [[13 agosto]] entrarono in contatto con la cavalleria del maresciallo Murat nella cittadina di Krasnoi a cinquanta chilometri da Smolensk. Ne segui un duro scontro al termine del quale, a causa di errori del comandante francese e del ritardato intervento del III corpo, i russi poterono ritirarsi verso Smolensk dove vennero rinforzati dal sopraggiunto corpo d'armata del generale [[Nikolaj Nikolaevič Raevskij|Nikolaj Raevskij]] che assunse la difesa dei quartieri meridionali<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 83|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Napoleone non mostrò in questa fase la consueta energia; il 14 e ilLa [[15 agosto]], invecebattaglia di accelerareSmolensk la(1812)|battaglia marcia da sud versodi Smolensk]] confu tuttemolto lecombattuta suee forze,costò rallentòsanguinose l'avvicinamentoperdite dandoalle tempodue all'armataparti; della generalecittà Barclayvecchia divenne arrivare per difenderedistrutta, la città.popolazione Solosubì ilgrandi [[16sofferenze agosto]]e si recòabbandonò in prima linea per osservaremassa le difeseabitazioni. diI Smolenskfrancesi edei prenderecorpi ledel suemaresciallo decisioni tattiche; vedendo fitte colonne russe ammassarsi sulla riva settentrionaleDavout, del Dniepr, l'imperatore apparve moltogenerale soddisfattoMouton e decisedel diprincipe sferrarePoniatowski unriuscirono attaccoa frontaleconquistare aii quartierisobborghi meridionali conma quattroal corpitermine d'armata. Dopo unadella giornata dii intensirussi bombardamentimantenevano d'artiglieriaancora cheil devastaronocontrollo l'anticadella cittàfortezza russa, l'attacco francese venne sferratoche il [[17maresciallo agosto]]Ney 1812non maera incontròriuscito unaa accanitaconquistare; resistenzaal da parte delle truppemattino del generale18 Raevskijagosto ei delprimi generalereparti [[Dmitrijpolacchi Sergeeviče Dochturov|Dmitrijfrancesi Dochturov]]entrarono chesenza difeserocombattere iin sobborghi meridionali e la fortezzaSmolensk, mentredistrutta ildagli grossoincendi dellee forzepiena deidi generali Barclayferiti e Bagration rimase sulla riva settentrionalecadaveri<ref>{{Cita|Nicolson2001Ségur 1966| pp. 83184-86186|NicolsonSégur1966 2001 |harv=s}}.</ref>. La [[battaglia di Smolensk (1812)|battaglia di Smolensk]] fu molto combattuta e costò sanguinose perdite alle due parti; la città vecchia venne distrutta, la popolazione subì grandi sofferenze e abbandonò in massa le abitazioni. I francesi riuscirono a conquistare i sobborghi meridionali ma al termine della giornata i russi mantenevano ancora il controllo della fortezza. Le scene di distruzione e di morte impressionarono gli stessi collaboratori di Napoleone, mentre l'imperatore, rimase imperturbabileturbato e fiduciosofortemente contrariato, nonostantederise con i segnisuoi diluogotenenti unala nuovastrategia ritiratarinunciataria deidel russinemico<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 188-189|Ségur1966 }}.</ref>. In effetti il generale BarcalyBarclay, dopo un nuovo contrasto con il generale Bagration e con altri generali, aveva deciso di abbandonare Smolensk e ritirarsi verso est lungo la riva settentrionale; le truppe di Bagration avevano già ricevuto l'ordine di ripiegare lungo la strada di Mosca, mentre nella notte del 17-[[18 agosto]] anche i reparti schierati a sud del fiume evacuarono la città in fiamme e attraversarono il Dniepr. Al mattino del 18 agosto i francesi entrarono senza combattere in Smolensk, distrutta dagli incendi e piena di feriti e cadaveriDnepr<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 86-90|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
=== Battaglia di Borodino ===
[[File:kutuzovborodino.jpg|thumb|270px|right|Il generale [[Michail Kutuzov]] alla [[battaglia di Borodino]].]]
Il [[19 agosto]] sembrò presentarsi per i francesi l'opportunità di bloccare la ritirata di almeno una parte dei russi; Napoleone spinse il generale [[Jean-Andoche Junot]], passato al comando dell'VIII corpo dopo il ritiro di Girolamo, a nord del Dniepr attraverso il guado di Prudisevo, a est di Smolensk, per interrompere la strada che avrebbero dovuto percorrere le truppe del generale Barclay. Nel frattempo il maresciallo Ney, con il III corpo, passò anch'egli sulla riva settentrionale per incalzare le retroguardie nemiche. L'indecisione e la scarsa aggressività del generale Junot fecero fallire anche questa manovra; la [[battaglia di Valutino]] combattuta dal maresciallo Ney si concluse dopo pesanti combattimenti con la ritirata dei russi che, non impegnati dalle truppe del generale Junot, poterono sfuggire e ricollegarsi con l'armata del generale Bagration che si era già ritirata nei giorni precedenti lungo la strada di Mosca<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 91-92|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Il 19 agosto sembrò presentarsi per i francesi l'opportunità di bloccare la ritirata di almeno una parte dei russi; Napoleone spinse il generale [[Jean-Andoche Junot]], passato al comando dell'VIII corpo dopo il ritiro di Girolamo, a nord del Dnepr attraverso il guado di Prudisevo, a est di Smolensk, per interrompere la strada che avrebbero dovuto percorrere le truppe del generale Barclay. Nel frattempo il maresciallo Ney, con il III corpo, passò anch'egli sulla riva settentrionale per incalzare le retroguardie nemiche. L'indecisione e la scarsa aggressività del generale Junot fecero fallire anche questa manovra; la [[battaglia di Valutino]] combattuta dal maresciallo Ney si concluse dopo pesanti combattimenti con la ritirata dei russi che, non impegnati dalle truppe del generale Junot, poterono sfuggire e ricollegarsi con l'armata del generale Bagration che si era già ritirata nei giorni precedenti lungo la strada di Mosca<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 91-92|Nicolson2001 }}.</ref>.
Napoleone fu molto critico verso il generale Junot<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 92|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>; il nemico era di nuovo sfuggito alla distruzione e quindi si ripresentava il problema di come proseguire la campagna dopo la conquista di Smolensk; la Grande Armata si stava indebolendo con grande rapidità e la massa di manovra principale sotto il controllo diretto dell'imperatore era ormai ridotta, dopo la battaglia e dopo che il II corpo era stato distaccato a nord in direzione della Dvina, a soli 160.000 soldati; soprattutto i contingenti stranieri avevano sofferto molto per le fatiche della campagna e le carenze organizzative<ref name="glbvr">{{Cita|Lefebvre2009| p. 600|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>. Le difficoltà di questa guerra erano ormai evidenti; la strategia napoleonica, impiegata sulle sconfinate e desolate pianure della Russia, mostrava le sue debolezze; le truppe non potevano essere vettovagliate a sufficienza per carenza di mezzi e neppure potevano sfruttare le risorse locali che erano modeste o erano state distrutte in precedenza dai russi; il clima torrido sfibrava i soldati durante le lunghe marce forzate richieste da Napoleone. Queste marce si stavano rivelando oltre che stancanti per le truppe anche inefficaci tatticamente a causa delle distanze, delle caratteristiche del terreno e della rapidità della ritirata dei russi; gli animali stavano morendo in massa per le stesse ragioni<ref name="glbvr"/>.
 
Napoleone fu molto critico verso il generale Junot<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 92|Nicolson2001 }}.</ref>; il nemico era di nuovo sfuggito alla distruzione e quindi si ripresentava il problema di come proseguire la campagna dopo la conquista di Smolensk; la Grande Armata si stava indebolendo con grande rapidità e la massa di manovra principale sotto il controllo diretto dell'imperatore era ormai ridotta, dopo la battaglia e dopo che il II corpo era stato distaccato a nord in direzione della Dvina, a soli 160&nbsp;000 soldati; soprattutto i contingenti stranieri avevano sofferto molto per le fatiche della campagna e le carenze organizzative<ref name="glbvr">{{Cita|Lefebvre 2009| p. 600|Lefebvre2009 }}.</ref>. Le difficoltà di questa guerra erano ormai evidenti; la strategia napoleonica, impiegata sulle sconfinate e desolate pianure della Russia, mostrava le sue debolezze; le truppe non potevano essere vettovagliate a sufficienza per carenza di mezzi e neppure potevano sfruttare le risorse locali che erano modeste o erano state distrutte in precedenza dai russi; il clima torrido sfibrava i soldati durante le lunghe marce forzate richieste da Napoleone. Queste marce si stavano rivelando oltre che stancanti per le truppe anche inefficaci tatticamente a causa delle distanze, delle caratteristiche del terreno e della rapidità della ritirata dei russi; gli animali stavano morendo in massa per le stesse ragioni<ref name="glbvr"/>.
Dal punto di vista politico, l'imperatore aveva contato sulla sollevazione delle popolazioni polacche presenti nelle regioni occidentali invase; in realtà fin dal 28 giugno una confederazione polacca guidata da [[Adam Kazimierz Czartoryski]], padre di Adam Jerzy Czartoryski, aveva proclama la ricostituzione del regno di Polonia, ma Napoleone non fu molto soddisfatto di questo evento che rischiava di esasperare lo zar e di irrigidirne ancor più la volontà di combattere ad oltranza. Egli preferì organizzare una amministrazione francese provvisoria nei territori invasi della [[Lituania]] e della [[Curlandia]] senza unire le terre lituane al granducato polacco<ref name="GL22">{{Cita|Lefebvre2009| p. 601|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>. Nel complesso le popolazioni polacche rimasero tranquille e non appoggiarono i francesi come sperato, attendendo l'evolversi degli eventi. Anche le masse contadine servili avrebbero potuto in teoria accogliere favorevolmente l'invasione, ma Napoleone, ormai alieno da slanci rivoluzionari, non osò prendere misure radicali favorendo l'abolizione della [[servitù della gleba]], evento che avrebbe potuto mutare completamente la situazione<ref name="GL22"/>. I contadini, inquieti ed esasperati dalle violenze della guerra, lasciarono in massa le terre, si unirono alla ritirata dopo aver distrutto i raccolti e fecero resistenza alle truppe francesi con la [[guerriglia]]<ref name="GLNap">{{Cita|Lefebvre2009| p. 602|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>.
[[File:Vereshagin.Napoleon near Borodino.jpg|thumb|left|280px|Napoleone con i suoi generali alla [[battaglia di Borodino]].]]
Nei settori periferici del fronte le operazioni proseguivano in modo soddisfacente ma non decisivo; dopo la sconfitta del maresciallo Oudinot nello scontro di [[Kljasticy]] il [[1 agosto]] contro le truppe del generale Wittgenstein, il maresciallo Gouvion-Saint-Cy, inviato da Napoleone in appoggio al maresciallo Oudinot, aveva vinto la [[prima battaglia di Polotsk]] il [[17 agosto]] contro i russi; tuttavia il generale Wittgenstein manteneva la difesa della Dvina e stava rafforzando il suo esercito; il maresciallo Macdonald era sempre bloccato davanti a Riga dalla guarnigione russa del generale [[Magnus von Essen]]. Dopo l'incontro di [[Turku|Åbo]] con Bernadotte, alla fine di agosto, che rafforzò l'alleanza russo-svedese, Alessandro poté impegnare sulla Dvina il corpo di truppe russe del generale [[Fabian von Steinheil]] ritirato dalla Finlandia<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 182-189|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>. A sud, dopo una vittoria iniziale del generale Tormazov contro le truppe sassoni del VII corpo a [[Kobrin]] il [[27 luglio]], i generali Schwarzenberg e Reynier riuscirono a costringere i russi a ripiegare oltre il fiume [[Styr]]<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 189-190|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>; ma c'erano notizie di un avvicinamento dal Danubio dell'armata dell'ammiraglio Cičagov<ref>{{Cita|Lefebvre2009| pp. 600-601|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>. Quest'ultimo aveva proposto allo zar un grandiso progetto di attacco nei Balcani per disgregare l'impero Ottomano e sollevare le popolazioni slave, minacciando anche l'Impero Austriaco, ma Alessandro, più realisticamente, preferì rimandare questi ambiziosi piani e ordinò all'ammiraglio di accelerare il concentramento delle sue forze con l'armata del generale Tormazov per minacciare le linee di comunicazione francesi<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 190-193|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>.
 
Dal punto di vista politico, l'imperatore aveva contato sulla sollevazione delle popolazioni polacche presenti nelle regioni occidentali invase; in realtà fin dal 28 giugno una confederazione polacca guidata da [[Adam Kazimierz Czartoryski]], padre di Adam Jerzy Czartoryski, aveva proclamato la ricostituzione del regno di Polonia, ma Napoleone non fu molto soddisfatto di questo evento che rischiava di esasperare lo zar e di irrigidirne ancor più la volontà di combattere a oltranza. Egli preferì organizzare un'amministrazione francese provvisoria nei territori invasi della [[Lituania]] e della [[Curlandia]] senza unire le terre lituane al granducato polacco<ref name="GL22">{{Cita|Lefebvre 2009| p. 601|Lefebvre2009 }}.</ref>. Nel complesso le popolazioni polacche rimasero tranquille e non appoggiarono i francesi come sperato, attendendo l'evolversi degli eventi. Anche le masse contadine servili avrebbero potuto in teoria accogliere favorevolmente l'invasione, ma Napoleone, ormai alieno da slanci rivoluzionari, non osò prendere misure radicali favorendo l'abolizione della [[servitù della gleba]], evento che avrebbe potuto mutare completamente la situazione<ref name="GL22"/>. I contadini, inquieti ed esasperati dalle violenze della guerra, lasciarono in massa le terre, si unirono alla ritirata dopo aver distrutto i raccolti e fecero resistenza alle truppe francesi con la [[guerriglia]]<ref name="GLNap">{{Cita|Lefebvre 2009| p. 602|Lefebvre2009 }}.</ref>.
I principali collaboratori di Napoleone, compresi Murat e Caulaincourt, tornarono a consigliare all'imperatore di arrestare la campagna e porre i quartieri d'inverno a Smolensk, solo il maresciallo Davout si dimostrò più aggressivo<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 96|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Napoleone conosceva i pericoli della situazione ma considerava anche le implicazioni politiche di una sua lunga assenza dalla Francia, isolato nel cuore della Russia. I suoi precari alleati tedeschi avrebbero potuto defezionare alle sue spalle, la sua posizione sarebbe potuta diventare meno sicura anche in Francia dove il suo prestigio personale, in caso di mancata e rapida vittoria, avrebbe potuto subire un grave colpo. Considerando l'insieme delle circostanze e ancora convinto che una marcia sulla "città santa" di Mosca e la conquista dell'antica capitale avrebbe inferto un colpo decisivo alla capacità di resistenza dei russi ed alla tenacia dello zar, egli decise, dopo una settimana di sosta, di lasciare Smolensk ed il [[25 agosto]] riprese l'avanzata verso oriente<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 95|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref><ref>{{Cita|Lefebvre2009| p. 601|Lefebvre 2009 |harv=s}}</ref>.
[[File:Vereshchagin Napoleon near Borodino.jpg|thumb|left|upright=1.3|Napoleone con i suoi generali alla [[battaglia di Borodino]]]]
Nei settori periferici del fronte le operazioni proseguivano in modo soddisfacente ma non decisivo; dopo la sconfitta del maresciallo Oudinot nello scontro di [[Kljasticy]] il 1º agosto contro le truppe del generale Wittgenstein, il maresciallo Gouvion-Saint-Cyr, inviato da Napoleone in appoggio al maresciallo Oudinot, aveva vinto la [[prima battaglia di Polack]] il 17 agosto contro i russi; tuttavia il generale Wittgenstein manteneva la difesa della Dvina e stava rafforzando il suo esercito; il maresciallo Macdonald era sempre bloccato davanti a Riga dalla guarnigione russa del generale [[Ivan Nikolaevič Ėssen|Magnus von Essen]]. Dopo l'incontro di [[Turku|Åbo]] con Bernadotte, alla fine di agosto, che rafforzò l'alleanza russo-svedese, Alessandro poté impegnare sulla Dvina il corpo di truppe russe del generale [[Fabian von Steinheil]] ritirato dalla Finlandia<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 182-189|Lieven2010 }}.</ref>. A sud, dopo una vittoria iniziale del generale Tormazov contro le truppe sassoni del VII corpo a [[Kobryn|Kobrin]] il 27 luglio, i generali Schwarzenberg e Reynier riuscirono a costringere i russi a ripiegare oltre il fiume [[Styr]]<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 189-190|Lieven2010 }}.</ref>; ma c'erano notizie di un avvicinamento dal Danubio dell'armata dell'ammiraglio Cičagov<ref>{{Cita|Lefebvre 2009| pp. 600-601|Lefebvre2009 }}.</ref>. Quest'ultimo aveva proposto allo zar un grandioso progetto di attacco nei Balcani per disgregare l'impero Ottomano e sollevare le popolazioni slave, minacciando anche l'Impero Austriaco, ma Alessandro, più realisticamente, preferì rimandare questi ambiziosi piani e ordinò all'ammiraglio di accelerare il concentramento delle sue forze con l'armata del generale Tormazov per minacciare le linee di comunicazione francesi<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 190-193|Lieven2010 }}.</ref>.
 
I principali collaboratori di Napoleone, compresi Murat e Caulaincourt, tornarono a consigliare all'imperatore di arrestare la campagna e porre i quartieri d'inverno a Smolensk, solo il maresciallo Davout si dimostrò più aggressivo<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 96|Nicolson2001 }}.</ref>. Napoleone conosceva i pericoli della situazione ma considerava anche le implicazioni politiche di una sua lunga assenza dalla Francia, isolato nel cuore della Russia. I suoi precari alleati tedeschi avrebbero potuto defezionare alle sue spalle, la sua posizione sarebbe potuta diventare meno sicura anche in Francia dove il suo prestigio personale, in caso di mancata e rapida vittoria, avrebbe potuto subire un grave colpo<ref name="GL22"/>. Egli considerò tre possibilità operative: una marcia verso [[Kiev]], che avrebbe potuto assicurare le ricche risorse dell'[[Ucraina]]; un'offensiva verso Pietroburgo, cuore politico e amministrativo dell'Impero, che era però lontana e difficilmente raggiungibile; infine l'avanzata verso Mosca, capitale morale e religiosa, più vicina e dove era possibile attaccare e distruggere l'esercito principale nemico<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 210-211|Ségur1966 }}.</ref>.
Nel frattempo un cambiamento decisivo si era verificato nel campo russo; lo zar, ritornato a [[San Pietroburgo]] dopo aver abbandonato Drysa, si trovava a fronteggiare un grave malcontento popolare a causa della ritirata e dell'abbandono delle antiche città russe, mentre la nobiltà e gli emigrati premevano per affrontare Napoleone in campo aperto. Alessandro preferì aderire alle pressioni esterne e decise il [[20 agosto]] 1812 di nominare comandante supremo dell'esercito l'anziano, esperto e prestigioso generale [[Michail Kutuzov]]<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 96-98|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Costui, prudente e sagace, accentuò subito il carattere religioso e nazionale della resistenza contro l'invasore ed esaltò con proclami il patriottismo del popolo, impaurito dalle devastazioni dell'invasore descritto come ateo e diabolico<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 106-107 e 117|Nicolson 2001 |harv=s}}, con il proclama alle truppe russe prima della battaglia in cui si esortava a "confidare in Dio", e a dare "testimonianza della vostra fede e del vostro patriottismo".</ref>. In realtà Kutuzov, era perfettamente consapevole della forza dei francesi e della superiorità operativa di Napoleone, e contava soprattutto su "pazienza e tempo" per avere il sopravvento sull'invasore<ref>{{Cita|Tolstoj1991| vol. III, p. 1356|Tolstoj 1991 |harv=s}}</ref>. Con scaltrezza, egli tuttavia in un primo momento accondiscese alle richieste dei generali, della nobiltà e del popolo, e decise di affrontare una grande battaglia difensiva davanti a Mosca<ref>{{Cita|MontanelliCervi1981| pp. 200 e 203|MontanelliCervi 1981 |harv=s}}</ref>.
[[File:Battle of Borodino.jpg|thumb|right|370px|La [[battaglia di Borodino]].]]
L'armata francese avanzò nei campi ondulati ad ovest di Mosca in giornate ancora molto calde; le truppe marciavano in mezzo ad un polverone soffocante, attraversavano villaggi distrutti e regioni devastate, mentre i cavalli continuavano a morire; Napoleone aveva sperato di raggiungere di sorpresa [[Vjaz'ma (città)|Vjazma]] il [[28 agosto]], ma i russi ebbero il tempo di incendiare la città. Nei giorni seguenti i francesi, con una nuova marcia forzata, raggiusero [[Gagarin (Oblast' di Smolensk)|Gzansk]]; il tempo era improvvisamento peggiorato, e una violenta pioggia trasformò le strade in pantani difficilmente transitabili; queste condizioni climatiche influirono anche sulla salute dell'imperatore che era afflitto da disturbi urinari e da un fastidioso raffreddore<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 101-102 e 108|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Considerando l'insieme delle circostanze e delle possibilità e convinto che una marcia sulla "città santa" di Mosca e la conquista dell'antica capitale avrebbe inferto un colpo decisivo alla capacità di resistenza dei russi e alla tenacia dello zar, egli decise, dopo una settimana di sosta, di lasciare Smolensk e il 25 agosto riprese l'avanzata verso Oriente<ref name="GL22"/><ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 95|Nicolson2001 }}.</ref>.
Dopo essere entrato a Gzansk, Napoleone apprese che finalmente l'esercito russo si era fermato circa cinquanta chilometri più a est, vicino al villaggio di [[Borodino]], situato lungo la cosiddetta "strada nuova" per Mosca; le truppe nemiche si stavano trincerando e sembravano intenzionate a combattere una grande battaglia in difesa della "città santa"<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 110|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Il generale Kutuzov aveva deciso quindi di affrontare la Grande Armata in uno scontro difensivo su un campo di battaglia accuratamente scelto e rinforzato con una serie di fortificazioni campali. Lo schieramento dell'esercito russo era protetto sul fianco destro dal fiume [[Koloča]], affluente della [[Moscova]], mentre il fianco sinistro si appoggiava sul bosco di [[Utiža]], difficilmemte percorribile da grandi corpi di truppe. Nel vulnerabile settore pianeggiante centrale il generale russo aveva invece ordinato la costruzione di fortificazioni per proteggere le sue truppe e favorire la difesa<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 113|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Nel frattempo un cambiamento decisivo si era verificato nel campo russo; lo zar, ritornato a [[San Pietroburgo]] dopo aver abbandonato Drysa, si trovava a fronteggiare un grave malcontento popolare a causa della ritirata e dell'abbandono delle antiche città russe, mentre la nobiltà e gli emigrati premevano per affrontare Napoleone in campo aperto. Alessandro preferì aderire alle pressioni esterne e decise il 20 agosto 1812 di nominare comandante supremo dell'esercito l'anziano, esperto e prestigioso generale [[Michail Illarionovič Kutuzov|Michail Kutuzov]]<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 96-98|Nicolson2001 }}.</ref>. Costui, prudente e sagace, accentuò subito il carattere religioso e nazionale della resistenza contro l'invasore ed esaltò con proclami il patriottismo del popolo, impaurito dalle devastazioni dell'invasore descritto come ateo e diabolico<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 106-107 e 117|Nicolson2001 }}, con il proclama alle truppe russe prima della battaglia in cui si esortava a "confidare in Dio", e a dare "testimonianza della vostra fede e del vostro patriottismo".</ref>. In realtà Kutuzov, era perfettamente consapevole della forza dei francesi e della superiorità operativa di Napoleone, e contava soprattutto su "pazienza e tempo" per avere il sopravvento sull'invasore<ref>{{Cita|Tolstoj 1991| vol. III, p. 1356|Tolstoj1991 }}.</ref>. Con scaltrezza, egli tuttavia in un primo momento accondiscese alle richieste dei generali, della nobiltà e del popolo, e decise di affrontare una grande battaglia difensiva davanti a Mosca<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1981| pp. 200 e 203|MontanelliCervi1981 }}.</ref>.
Preceduta dal [[battaglia di Ševardino|combattimento di Ševardino]] del [[5 settembre]], la [[battaglia di Borodino]] ebbe luogo il [[7 settembre]] 1812 e fu uno dei più duri e sanguinosi scontri delle guerre napoleoniche; l'imperatore la definì "la più terribile delle mie battaglie"<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 126|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Napoleone, desideroso di combattere finalmente la grande battaglia decisiva, utilizzò una tattica diretta di attacco frontale e, debilitato anche dal raffreddore, non dimostrò la solita energia. Dopo aver scartato, temendo una nuova ritirata dei russi, il piano proposto dal maresciallo Davout di effettuare una vasta manovra aggirante sul fianco sinistro del nemico, l'imperatore ordinò una serie di attacchi frontali al centro contro le fortificazioni campali nemiche. Nonostante alcuni errori tattici del comando e l'insufficenza delle fortificazioni, i soldati russi, altamente motivati, difesero accanitamente le loro posizioni e costrinsero i francesi a ripetuti e sanguinosi assalti per conquistare la "grande ridotta" e le "frecce di Bagration". Gli attacchi iniziali del I corpo del maresciallo Davout furono respinti con pesanti perdite; solo dopo aspri combattimenti il III corpo del maresciallo Ney e il IV corpo del principe Eugenio riuscirono a conquistare le fortificazioni, mentre il V corpo del principe Poniatowski occupava Utiža<ref>{{Cita|Chandler1992| pp. 958-968|Chandler 1992 |harv=s}}</ref>. I russi ripiegarono con ordine su posizioni più arretrate, mantenendo la coesione e resistendo al micidiale fuoco dell'artiglieria francese<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 212-215|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>; nella fase culminante della battaglia Napoleone, temendo di esaurire anche la sua ultima riserva, aveva rifiutato di far entrare in azione la Guardia imperiale<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 123-125|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Alla fine della giornata i francesi avevano conquistato, al costo di 35.000 perdite, le posizioni nemiche, ma i russi, che pur avevano subito perdite ancora più elevate, circa 44.000 uomini, non erano stati disfatti, rimanevano in campo e non mostravano segni di collasso<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 126-127|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Battle of Borodino.jpg|thumb|upright=1.7|La [[battaglia di Borodino]]]]
L'armata francese avanzò nei campi ondulati a ovest di Mosca in giornate ancora molto calde; le truppe marciavano divise in tre colonne in mezzo a un polverone soffocante, attraversavano villaggi distrutti e regioni devastate, mentre i cavalli continuavano a morire. Inoltre accesi contrasti tra Murat, comandante dell'avanguardia, e il maresciallo Davout, posto dall'imperatore alle dipendenze del re di Napoli, intralciarono l'avanzata<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 213-215|Ségur1966 }}.</ref>. Napoleone, dopo una nuova deludente azione di retroguardia a [[Dorogobuž]], aveva sperato di raggiungere di sorpresa [[Vjaz'ma (città)|Vjazma]] il 28 agosto, ma i russi ebbero il tempo di incendiare la città. Nei giorni seguenti i francesi, con una nuova marcia forzata, raggiunsero [[Gagarin (Oblast' di Smolensk)|Gzansk]]; il tempo era improvvisamente peggiorato, e una violenta pioggia trasformò le strade in pantani difficilmente transitabili; queste condizioni climatiche influirono anche sulla salute dell'imperatore che era afflitto da disturbi urinari e da un fastidioso raffreddore<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 101-102 e 108|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
Dopo essere entrato a Gzansk, Napoleone apprese che finalmente l'esercito russo si era fermato circa cinquanta chilometri più a est, vicino al villaggio di [[Borodino (Mosca)|Borodino]], situato lungo la cosiddetta "strada nuova" per Mosca; le truppe nemiche si stavano trincerando e sembravano intenzionate a combattere una grande battaglia in difesa della "città santa"<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 110|Nicolson2001 }}.</ref>. Il generale Kutuzov aveva deciso quindi di affrontare la Grande Armata in uno scontro difensivo su un campo di battaglia accuratamente scelto e rinforzato con una serie di fortificazioni campali. Lo schieramento dell'esercito russo era protetto sul fianco destro dal fiume [[Koloča]], affluente della [[Moscova]], mentre il fianco sinistro si appoggiava sul bosco di [[Utiža]], difficilmente percorribile da grandi corpi di truppe. Nel vulnerabile settore pianeggiante centrale il generale russo aveva invece ordinato la costruzione di fortificazioni per proteggere le sue truppe e favorire la difesa<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 113|Nicolson2001 }}.</ref>.
=== L'incendio di Mosca ===
Il generale Kutuzov era riuscito ad evitare una sconfitta campale definitiva ed aveva fortemente indebolito l'armata francese, ma la situazione rimaneva difficile, le sue truppe era provate dalle perdite e le prospettive di una nuova battaglia erano molto incerte; egli quindi, dopo qualche incertezza e confronti vivaci con i suoi generali, alle ore 03.00 del mattino ordinò la ritirata verso Mosca; durante la notte le truppe russe abbandonarono le loro posizioni e iniziarono a ripiegare lungo la strada oltre [[Možajsk]], dove Napoleone entrò con il suo esercito l'[[11 settembre]]<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 128-133|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Rostopchin Fyodor Vasilyevich.jpg|thumb|left|140px|Il governatore di [[Mosca]], [[Fëdor Vasil'evič Rostopčin]].]]
Il [[13 settembre]] 1812 a [[Fili-Davydkovo|Fili]], nei sobborghi di Mosca, il generale Kutuzov convocò un decisivo consiglio di guerra per prendere le decisioni operative fondamentali; dopo molte discussioni il comandante in capo russo decise di rinunciare a difendere Mosca e, ritenendo impossibile contrattaccare sul fianco destro francese, considerò inevitabile abbandonare la città per conservare l'integrità dell'esercito<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp- 135-139|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. La ritirata sarebbe stata effettuata inizialmente verso sud-est, lungo la strada di [[Kolomna]], in previsione di avvicinarsi alla fertili regioni del sud della Russia non ancora devastate dalla guerra, e di minacciare le linee di comunicazione francesi. Tutta la notte del 13 settembre e l'intero giorno [[14 settembre]] l'esercito russo attraversò con ordine e disciplina la città e proseguì lungo la strada di Kolomna; nel frattempo il governatore di Mosca, il conte [[Fëdor Vasil'evič Rostopčin]], che aveva approvato il piano del generale Kutuzov, decise di liberare i detenuti e di organizzare la completa evacuazione della città. Mosca, abitata da 250.000 persone, venne abbandonata in massa dalla popolazione per patriottismo e per timore dell'occupante, le classi umili se ne andarono con ogni mezzo di trasporto o a piedi, l'alta società moscovita lasciò i suoi palazzi e i suoi beni e partì a sua volta dalla città. Dopo l'esodo generale, a Mosca rimasero solo 25.000 persone tra sbandati, vagabondi, stranieri, criminali, malati e feriti<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 141-143|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Preceduta dal [[battaglia di Ševardino|combattimento di Ševardino]] del 5 settembre, la [[battaglia di Borodino]] ebbe luogo il 7 settembre 1812 e fu uno dei più duri e sanguinosi scontri delle guerre napoleoniche; l'imperatore la definì "la più terribile delle mie battaglie"<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 126|Nicolson2001 }}.</ref>. Napoleone, avendo rilevato la debolezza dell'ala sinistra russa, passò con la massa delle sue forze a sud della strada maestra di Smolensk e sorprese inizialmente il nemico<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 238-239|Ségur1966 }}.</ref>, le cui fortificazioni erano ancora incomplete. Tuttavia l'imperatore, desideroso di combattere finalmente la grande battaglia decisiva, utilizzò una tattica diretta di attacco frontale e, debilitato anche dal raffreddore, non dimostrò durante la giornata del 7 settembre la solita energia. Dopo aver scartato, temendo una nuova ritirata dei russi, il piano proposto dal maresciallo Davout di effettuare una vasta manovra aggirante sul fianco sinistro del nemico, Napoleone ordinò una serie di attacchi diretti contro l'ala sinistra e il centro, guarniti dalle fortificazioni campali nemiche. Nonostante alcuni errori tattici del comando e l'insufficienza delle fortificazioni, i soldati russi, altamente motivati, difesero accanitamente le loro posizioni e costrinsero i francesi a ripetuti e sanguinosi assalti per conquistare la "grande ridotta" e le "frecce di Bagration". Gli attacchi iniziali del I corpo del maresciallo Davout furono respinti con pesanti perdite; solo dopo aspri combattimenti il III corpo del maresciallo Ney e il IV corpo del principe Eugenio riuscirono a conquistare le fortificazioni, mentre il V corpo del principe Poniatowski occupava Utiža<ref>{{Cita|Chandler 1992| pp. 958-968|Chandler1992 }}.</ref>. I russi ripiegarono con ordine su posizioni più arretrate, mantenendo la coesione e resistendo al micidiale fuoco dell'artiglieria francese<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 212-215|Lieven2010 }}.</ref>; nella fase culminante della battaglia Napoleone, temendo di esaurire anche la sua ultima riserva, aveva rifiutato di far entrare in azione la Guardia imperiale<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 123-125|Nicolson2001 }}.</ref>. Alla fine della giornata i francesi avevano conquistato, al costo di 35&nbsp;000 perdite, le posizioni nemiche, ma i russi, che pur avevano subito perdite ancora più elevate, circa 44&nbsp;000 uomini, non erano stati disfatti, rimanevano in campo e non mostravano segni di collasso<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 126-127|Nicolson2001 }}.</ref>.
Napoleone, alla notizia della ritirata dei russi, si recò il mattino del 14 settembre sulle Colline dei Passeri dove osservò la città e il [[Cremlino]]; l'imperatore parve sollevato e emozionato per aver raggiunto Mosca; egli proseguì con il suo seguito fino alla porta Drogomilov, la via di accesso occidentale lungo la strada di Smolensk, mentre la cavalleria guidata da Murat si diresse con prudenza verso la Moscova, che attraversò a guado, e quindi raggiunse le mura del Cremlino senza trovare alcuna resistenza. L'imperatore raggiunse la fortezza il mattino del [[15 settembre]] ed entrò attraverso la torre della Trinità; dopo un primo momento di euforia, Napoleone fu sorpreso e turbato dalla vista delle strade deserte, segno evidente del completo esodo della popolazione e dall'assenza di deputazioni cittadine inviate ad accogliere umilmente il conquistatore<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 143-144|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:В Кремле - пожар.jpg|thumb|right|190px|Napoleone osserva l'incendio dalle mura del [[Cremlino]].]]
Mentre l'imperatore si stabiliva negli alloggi dello zar nel Palazzo delle Sfaccettature all'interno del Cremlino, i soldati francesi, ugualmente soddisfatti per aver raggiunto la città e sbalorditi per la partenza in massa dei suoi abitanti, entrarono a Mosca e si dispersero in tutti i quartieri. Il primo giorno furono ispezionati i palazzi signorili e si cercò di organizzare confortevoli acquartieramenti. Presto tuttavia la disciplina militare si allentò, e per quanto Napoleone avesse proibito ogni saccheggio, le truppe estenuate dalla sfibrante campagna iniziarono a depredare le case abbandonate mentre per le strade si aggiravano criminali e sbandati<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 145-146|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
Alle ore 04.00 del [[16 settembre]] Napoleone venne svegliato al Cremlino da una notizia che avrebbe impresso una inattesa svolta agli eventi; un grande incendio era scoppiato in città e si stava diffondendo in modo incontrollabile mettendo in pericolo la stessa sicurezza del'imperatore. Napoleone alla vista delle fiamme ebbe espressioni di ammirazione per la grandiosità dell'evento che egli attribuì ad una iniziativa dei russi<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 148-149|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Nonostante alcuni confusi tentativi di circoscrivere l'incendio e la cattura e la fucilazione di saccheggiatori e presunti incendiari, le fiamme continuavano ad estendersi; alle ore 17.30 lo stesso Napoleone dovette abbandonare il Cremlino e rifugiarsi a dieci chilometri di distanza nel Palazzo Petrovskij<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 149-150|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Il gigantesco incendio proseguì fino al [[18 settembre]] e distrusse i quattro quinti di Mosca; su oltre 9.200 edifici, in maggioranza in legno, oltre 6.000 andarono distrutti<ref>{{Cita|MontanelliCervi1981| p. 218|MontanelliCervi 1981 |harv=s}}</ref>; il Cremlino tuttavia rimase quasi intatto e anche le chiese, situate nelle piazze si salvarono<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 150-151|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Zamoskvorechye in fire by Vereschagin.jpg|thumb|left|280px|L'incendio di [[Mosca]].]]
La catastrofe provocò il collasso della disciplina tra le truppe che saccheggiarono disordinatamente le case per appropriarsi i beni disponibili prima che fossero distrutti dalle fiamme; pellicce, sete, argenteria, liquori furono depredati, l'ubbriachezza e la riottosità si diffusero tra i soldati che irruppero anche nelle chiese per asportarne i tesori; Napoleone rientrò al Cremlino il 18 settembre e cercò di porre la situazione sotto controllo ristabilendo la disciplina per salvaguardare i beni materiali rimasti e permettere un acquartieramento prolungato dell'esercito nella città distrutta<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 151-153|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Sulle responsabilità dell'incendio sembra ormai stabilito che l'iniziativa di appiccare le fiamme venne direttamente dal governatore Rostopčin che agì senza consultare lo zar o il generale Kutuzov; egli avrebbe diramato precise disposizioni ai suoi subordinati<ref>{{Cita|Blond1998| p. 369|Blond 1998 |harv=s}}</ref> e avrebbe evacuato tutti i mezzi antincendio disponibili per rendere incontrollabili le fiamme<ref>{{Cita|MontanelliCervi1981| p. 219|MontanelliCervi 1981 |harv=s}}</ref>. Il gesto è stato interpretato sia come una azione di grande patriottismo per indebolire gli invasori, sia come un'azione personale dovuta all'emotività e alla instabilità del governatore<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 147-148|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
=== L'incendio di Mosca ===
Teoricamente l'incendio di Mosca non pregiudicava in modo irreparabile la situazione della Grande Armata; l'intendente dell'armata [[Pierre Daru]] confermò all'imperatore che, nonostante le difficoltà, sarebbe stato ancora possibile trascorrere l'inverno con l'esercito nella zona della città distrutta<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 153|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>, tuttavia Napoleone considerava i grandi problemi che sarebbero sorti se fosse rimasto bloccato a Mosca per sei mesi: le comunicazioni tra i settori dell'esercito sarebbero divenute molto precarie durante l'inverno, i collegamenti erano in misura crescente intralciati dai cosacchi e dai gruppi sempre più numerosi di guerriglieri audaci e agguerriti. Anche se la tradizione storiografica russa ha esaltato in misura eccessiva l'importanza e la vastità della resistenza patriottica della popolazione all'invasore, sottolineandone il carattere di resistenza nazionale di tutto il popolo<ref name="GLNap"/>, è indubbio che i contadini abbandonarono le terre, distrussero i raccolti, dimostrarono odio verso il nemico, e organizzarono raggruppamenti di [[partigiani]] che, guidati da capi abili come [[Denis Vasil'evič Davydov|Denis Davydov]], Jermolai Četverikov e Aleksandr Figner<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 255-256|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>, inflissero perdite significative ai distaccamenti isolati e alle pattuglie francesi, rendendo il territorio e le campagne molto pericolose per i soldati nemici<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 158-159|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. La guerra dei partigiani era spietata e costellata di crudeltà e distruzioni a cui i francesi risposero con rappresaglie, processi sommari e fucilazioni che accrebbero l'odio popolare verso l'invasore<ref>{{Cita|MontanelliCervi1981| pp. 202 e 223|MontanelliCervi 1981 |harv=s}}</ref>.
{{Vedi anche|Consiglio di Fili|Incendio di Mosca (1812)}}
[[File:Denisdavydov.jpg|thumb|right|120px|Il capo guerrigliero russo [[Denis Vasil'evič Davydov|Denis Davydov]].]]
Il generale Kutuzov era riuscito a evitare una sconfitta campale definitiva e aveva fortemente indebolito l'armata francese, ma la situazione rimaneva difficile, le sue truppe erano provate dalle perdite e le prospettive di una nuova battaglia erano molto incerte; egli quindi, dopo qualche incertezza e confronti vivaci con i suoi generali, alle ore 03:00 del mattino ordinò la ritirata verso Mosca; durante la notte le truppe russe abbandonarono le loro posizioni e iniziarono a ripiegare lungo la strada oltre [[Možajsk]], dove Napoleone entrò con il suo esercito l'11 settembre<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 128-133|Nicolson2001 }}.</ref>.
Napoleone considerava inoltre i problemi politici che sarebbero stati causati dalla sua permenenza a Mosca durante l'inverno; c'era il rischio di un'insurrezione in Germania e di torbidi in Francia, in mancanza di notizie certe sulla sorte dell'imperatore e dell'armata<ref name="GLNap"/>. Inoltre con il trascorrere del tempo, mentre l'esercito francese, isolato in una terra ostile, si indeboliva, l'armata russa al contrario si rafforzava, grazie all'apporto delle riserve dall'interno e dell'afflusso di rifornimenti e materiali. In realtà Napoleone non ebbe fretta di prendere una decisione e sperò fino a metà ottobre di poter risolvere la difficile situazione inducendo lo zar a concludere una pace di compromesso che ricalcasse i trattati di Tilsit<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 153-154 e 162|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Rostopchin Fyodor Vasilyevich.jpg|thumb|left|upright=0.6|Il governatore di [[Mosca (Russia)|Mosca]], [[Fëdor Vasil'evič Rostopčin]]]]
[[File:Peaceatallcosts.jpg|thumb|left|210px|[[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] a colloquio con l'ambasciatore [[Jacques Alexandre Law de Lauriston|Jacques Lauriston]], incaricato di aprire le trattative di pace. ]]
Il 13 settembre 1812 a [[Fili-Davydkovo|Fili]], nei sobborghi di Mosca, il generale Kutuzov convocò un [[Consiglio di Fili|decisivo consiglio di guerra]] per prendere le decisioni operative fondamentali; dopo molte discussioni il comandante in capo russo decise di rinunciare a difendere Mosca e, ritenendo impossibile contrattaccare sul fianco destro francese, considerò inevitabile abbandonare la città per conservare l'integrità dell'esercito<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp- 135-139|Nicolson2001 }}.</ref>. La ritirata sarebbe stata effettuata inizialmente verso sud-est, lungo la strada di [[Kolomna]], in previsione di avvicinarsi alla fertili regioni del sud della Russia non ancora devastate dalla guerra, e di minacciare le linee di comunicazione francesi. Tutta la notte del 13 settembre e l'intero giorno 14 settembre l'esercito russo attraversò con ordine e disciplina la città e proseguì lungo la strada di Kolomna; nel frattempo il governatore di Mosca, il conte [[Fëdor Vasil'evič Rostopčin]], che aveva approvato il piano del generale Kutuzov, decise di liberare i detenuti e di organizzare la completa evacuazione della città. Mosca, abitata da 250&nbsp;000 persone, venne abbandonata in massa dalla popolazione per patriottismo e per timore dell'occupante, le classi umili se ne andarono con ogni mezzo di trasporto o a piedi, l'alta società moscovita lasciò i suoi palazzi e i suoi beni e partì a sua volta dalla città. Dopo l'esodo generale, a Mosca rimasero solo 25&nbsp;000 persone tra sbandati, vagabondi, stranieri, criminali, malati e feriti<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 141-143|Nicolson2001 }}.</ref>.
L'imperatore fece tre tentativi per convincere Alessandro a trattare<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 154|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>, ma lo zar, spronato alla resistenza ad oltranza dai nobili della sua corte e dai consiglieri stranieri esasperati e desiderosi di vendetta dopo l'invasione e la distruzione di Mosca, era ormai convinto dell'indebolimento di Napoleone e, esaltato dalla possibilità di rappresentare il vendicatore delle nazioni europee oppresse e la guida della crociata contro l'anticristo, respinse tutti gli inviti al dialogo<ref name="GLNap"/>. Alessandro, che fin dal [[30 luglio]] aveva con un proclama solenne richiamato nella milizia 230.000 uomini, aveva progettato un ambizioso piano per tagliare fuori e distruggere l'esercito francese con il concorrso combinato degli eserciti del generale Wittgenstein, di Kutuzov e dell'ammiraglio Čičagov<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 240 e 250-252|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>. La lettera personale del [[20 settembre]] scritta in tono quasi compassionevole da Napoleone, non fece che rafforzare la sicurezza dello zar; quindi il [[4 ottobre]] l'ambasciatore Lauriston fu trattenuto da Kutuzov e poté solo trasmettere una nuova lettera allo zar, per mezzo del principe Volkonskij, che Alessandro respinse sarcasticamente dichiarando che "la mia guerra è solo all'inizio". Infine il [[14 ottobre]] una lettera del maresciallo [[Louis Alexandre Berthier]] al generale Kutuzov con la richiesta di interrompere le violenze dei contadini e di combattere una guerra secondo le regole codificate, venne ugualmente respinta dal generale che accusò l'esercito francese invasore di essere la causa della esasperazione e della brutalità dei ''mugiki''<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 154-157|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Napoleone, alla notizia della ritirata dei russi, si recò il mattino del 14 settembre sulle Colline dei Passeri dove osservò la città e il [[Cremlino]]; l'imperatore parve sollevato e emozionato per aver raggiunto Mosca; egli proseguì con il suo seguito fino alla porta Drogomilov, la via di accesso occidentale lungo la strada di Smolensk, mentre la cavalleria guidata da Murat si diresse con prudenza verso la Moscova, che attraversò a guado, e quindi raggiunse le mura del Cremlino senza trovare alcuna resistenza. L'imperatore raggiunse la fortezza il mattino del 15 settembre ed entrò attraverso la torre della Trinità; dopo un primo momento di euforia, Napoleone fu sorpreso e turbato dalla vista delle strade deserte, segno evidente del completo esodo della popolazione e dall'assenza di deputazioni cittadine inviate ad accogliere umilmente il conquistatore<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 143-144|Nicolson2001 }}.</ref>.
Fin dal [[30 settembre]] Napoleone aveva riunito il maresciallo Davout, Murat, il principe Eugenio e il maresciallo Berthier per prendere una decisione sulla prosecuzione della guerra; dopo aver valutato in un primo momento la possibilità di una marcia su [[San Pietroburgo]], l'imperatore considerò due opzioni principali: rimanere a Mosca per l'inverno o avanzare verso sud nelle fertili terre lungo la strada di [[Kiev]] per affrontare il generale Kutuzov in una seconda battaglia prima di eventualmente ripiegare verso Smolensk<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 160-163|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Tuttavia Napoleone lasciò trascorrere altro tempo prima di agire; il clima era ancora mite ma l'inverno si avvicinava. Egli non prese una decisione fino al [[17 ottobre]] dopo aver inutilmente atteso una risposta del generale Kutuzov al suo terzo tentativo di aprire trattative; Napoleone decise di abbandonare Mosca entro tre giorni e di avanzare verso sud per affrontare l'esercito russo lungo la strada di [[Kaluga]]<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 165-166|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Gli imprevisti eventi del [[18 ottobre]] affrettarono la decisione dell'imperatore e inflissero una primo serio colpo alla sua sicurezza e alle illusioni dell'esercito francese.
[[File:В Кремле - пожар.jpg|thumb|Napoleone osserva l'incendio dalle mura del [[Cremlino]]|300x300px]]
Mentre l'imperatore si stabiliva negli alloggi dello zar nel [[Palazzo delle Faccette|Palazzo delle Sfaccettature]] all'interno del Cremlino, i soldati francesi, ugualmente soddisfatti per aver raggiunto la città e sbalorditi per la partenza in massa dei suoi abitanti, entrarono a Mosca e si dispersero in tutti i quartieri. Il primo giorno furono ispezionati i palazzi signorili e si cercò di organizzare confortevoli acquartieramenti. Presto tuttavia la disciplina militare si allentò, e per quanto Napoleone avesse proibito ogni saccheggio, le truppe estenuate dalla sfibrante campagna iniziarono a depredare le case abbandonate mentre per le strade si aggiravano criminali e sbandati<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 145-146|Nicolson2001 }}.</ref>. Alle ore 04:00 del 16 settembre Napoleone venne svegliato al Cremlino da una notizia che avrebbe impresso una inattesa svolta agli eventi; un grande [[Incendio di Mosca (1812)|incendio]] era scoppiato in città e si stava diffondendo in modo incontrollabile mettendo in pericolo la stessa sicurezza dell'imperatore. Napoleone alla vista delle fiamme ebbe espressioni di ammirazione per la grandiosità dell'evento che egli attribuì a un'iniziativa dei russi<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 148-149|Nicolson2001 }}.</ref>. Nonostante alcuni confusi tentativi di circoscrivere l'incendio e la cattura e la fucilazione di saccheggiatori e presunti incendiari, le fiamme continuavano a estendersi; alle ore 17.30 lo stesso Napoleone dovette abbandonare il Cremlino e rifugiarsi a dieci chilometri di distanza nel Palazzo Petrovskij<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 149-150|Nicolson2001 }}.</ref>. Il gigantesco incendio proseguì fino al 18 settembre e distrusse i quattro quinti di Mosca; su oltre {{formatnum:9200}} edifici, in maggioranza in legno, oltre 6&nbsp;000 andarono distrutti<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1981| p. 218|MontanelliCervi1981 }}.</ref>; il Cremlino tuttavia rimase quasi intatto e anche le chiese, situate nelle piazze si salvarono<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 150-151|Nicolson2001 }}.</ref>.
La catastrofe provocò il collasso della disciplina fra le truppe che saccheggiarono disordinatamente le case per appropriarsi dei beni disponibili prima che fossero distrutti dalle fiamme; pellicce, sete, argenteria, liquori furono depredati, l'ubriachezza e la riottosità si diffusero tra i soldati che irruppero anche nelle chiese per asportarne i tesori; Napoleone rientrò al Cremlino il 18 settembre e cercò di porre la situazione sotto controllo ristabilendo la disciplina per salvaguardare i beni materiali rimasti e permettere un acquartieramento prolungato dell'esercito nella città distrutta<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 151-153|Nicolson2001 }}.</ref>. Sulle responsabilità dell'incendio sembra ormai stabilito che l'iniziativa di appiccare le fiamme venne direttamente dal governatore Rostopčin che agì senza consultare lo zar o il generale Kutuzov; egli avrebbe diramato precise disposizioni ai suoi subordinati<ref>{{Cita|Blond 1998| p. 369|Blond1998 }}.</ref> e avrebbe evacuato tutti i mezzi antincendio disponibili per rendere incontrollabili le fiamme<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1981| p. 219|MontanelliCervi1981 }}.</ref>. Il gesto è stato interpretato sia come un'azione di grande patriottismo per indebolire gli invasori, sia come un'azione personale dovuta all'emotività e alla instabilità del governatore<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 147-148|Nicolson2001 }}.</ref>.[[File:Zamoskvorechye in fire by Vereschagin.jpg|thumb|left|upright=1.3|L'incendio di [[Mosca (Russia)|Mosca]]]]Teoricamente l'incendio di Mosca non pregiudicava in modo irreparabile la situazione della Grande Armata; l'intendente dell'armata [[Pierre Daru]] confermò all'imperatore che, nonostante le difficoltà, sarebbe stato ancora possibile trascorrere l'inverno con l'esercito nella zona della città distrutta<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 153|Nicolson2001 }}.</ref>, tuttavia Napoleone considerava i grandi problemi che sarebbero sorti se fosse rimasto bloccato a Mosca per sei mesi: le comunicazioni tra i settori dell'esercito sarebbero divenute molto precarie durante l'inverno, i collegamenti erano in misura crescente intralciati dai cosacchi e dai gruppi sempre più numerosi di guerriglieri audaci e agguerriti. Anche se la tradizione storiografica russa ha esaltato in misura eccessiva l'importanza e la vastità della resistenza patriottica della popolazione all'invasore, sottolineandone il carattere di resistenza nazionale di tutto il popolo<ref name="GLNap"/>, è indubbio che i contadini abbandonarono le terre, distrussero i raccolti, dimostrarono odio verso il nemico, e organizzarono raggruppamenti di [[partigiano|partigiani]] che, guidati da capi abili come [[Denis Vasil'evič Davydov|Denis Davydov]], Jermolai Četverikov e Aleksandr Figner<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 255-256|Lieven2010 }}.</ref>, inflissero perdite significative ai distaccamenti isolati e alle pattuglie francesi, rendendo il territorio e le campagne molto pericolose per i soldati nemici<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 158-159|Nicolson2001 }}.</ref>. La guerra dei partigiani era spietata e costellata di crudeltà e distruzioni a cui i francesi risposero con rappresaglie, processi sommari e fucilazioni che accrebbero l'odio popolare verso l'invasore<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1981| pp. 202 e 223|MontanelliCervi1981 }}.</ref>.
[[File:Denisdavydov.jpg|thumb|upright=0.5|Il capo guerrigliero russo [[Denis Vasil'evič Davydov|Denis Davydov]]]]
Napoleone considerava inoltre i problemi politici che sarebbero stati causati dalla sua permanenza a Mosca durante l'inverno; c'era il rischio di un'insurrezione in Germania e di torbidi in Francia, in mancanza di notizie certe sulla sorte dell'imperatore e dell'armata<ref name="GLNap"/>. Inoltre con il trascorrere del tempo, mentre l'esercito francese, isolato in una terra ostile, si indeboliva, l'armata russa al contrario si rafforzava, grazie all'apporto delle riserve dall'interno e dell'afflusso di rifornimenti e materiali. In realtà Napoleone non ebbe fretta di prendere una decisione e sperò fino a metà ottobre di poter risolvere la difficile situazione inducendo lo zar a concludere una pace di compromesso che ricalcasse i trattati di Tilsit<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 153-154 e 162|Nicolson2001 }}.</ref>.
[[File:Napoleon and general Lauriston (Vereshchagin).jpg|thumb|left|[[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] a colloquio con l'ambasciatore [[Jacques Alexandre Law de Lauriston|Jacques Lauriston]], incaricato di aprire le trattative di pace ]]
L'imperatore fece tre tentativi per convincere Alessandro a trattare<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 154|Nicolson2001 }}.</ref>, ma lo zar, spronato alla resistenza a oltranza dai nobili della sua corte e dai consiglieri stranieri esasperati e desiderosi di vendetta dopo l'invasione e la distruzione di Mosca, era ormai convinto dell'indebolimento di Napoleone e, esaltato dalla possibilità di rappresentare il vendicatore delle nazioni europee oppresse e la guida della crociata contro l'anticristo, respinse tutti gli inviti al dialogo<ref name="GLNap"/>. Alessandro, che fin dal 30 luglio aveva con un proclama solenne richiamato nella milizia 230&nbsp;000 uomini, aveva progettato un ambizioso piano per tagliare fuori e distruggere l'esercito francese con il concorso combinato degli eserciti del generale Wittgenstein, di Kutuzov e dell'ammiraglio Čičagov<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 240 e 250-252|Lieven2010 }}.</ref>. La lettera personale del 20 settembre scritta in tono quasi compassionevole da Napoleone, non fece che rafforzare la sicurezza dello zar; quindi il 4 ottobre l'ambasciatore Lauriston fu trattenuto da Kutuzov e poté solo trasmettere una nuova lettera allo zar, per mezzo del principe Volkonskij, che Alessandro respinse sarcasticamente dichiarando che "la mia guerra è solo all'inizio". Infine il 14 ottobre una lettera del maresciallo [[Louis Alexandre Berthier]] al generale Kutuzov con la richiesta di interrompere le violenze dei contadini e di combattere una guerra secondo le regole codificate, venne ugualmente respinta dal generale che accusò l'esercito francese invasore di essere la causa della esasperazione e della brutalità dei ''mugiki''<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 154-157|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
Fin dal 30 settembre Napoleone aveva riunito il maresciallo Davout, Murat, il principe Eugenio e il maresciallo Berthier per prendere una decisione sulla prosecuzione della guerra; dopo aver valutato in un primo momento la possibilità di una marcia su [[San Pietroburgo]], l'imperatore considerò due opzioni principali: rimanere a Mosca per l'inverno o avanzare verso sud nelle fertili terre lungo la strada di [[Kiev]] per affrontare il generale Kutuzov in una seconda battaglia prima di eventualmente ripiegare verso Smolensk<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 160-163|Nicolson2001 }}.</ref>. Tuttavia Napoleone lasciò trascorrere altro tempo prima di agire; il clima era ancora mite ma l'inverno si avvicinava. Egli non prese una decisione fino al 17 ottobre, dopo aver inutilmente atteso una risposta del generale Kutuzov al suo terzo tentativo di aprire trattative; Napoleone decise di abbandonare Mosca entro tre giorni e di avanzare verso sud per affrontare l'esercito russo lungo la strada di [[Kaluga]]<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 165-166|Nicolson2001 }}.</ref>. Gli imprevisti eventi del 18 ottobre affrettarono la decisione dell'imperatore e inflissero un primo serio colpo alla sua sicurezza e alle illusioni dell'esercito francese.
 
== La ritirata ==
{{quotecitazione|L'esercito avversario sta scappando come nessun altro esercito ha mai fatto nella storia. Abbandona le salmerie, i malati e i feriti|Considerazione del generale russo di cavalleria [[Matvej Ivanovič Platov|Matvei Platov]]<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| p. 270|Lieven 2010Lieven2010 |harv=s}}.</ref>}}
{{vedi anche|Battaglia di Krasnoi|Battaglia della Beresina}}
=== Da Tarutino a Vjazma ===
{{Vedi anche|Battaglia di Tarutino|Battaglia di Vjaz'ma|Battaglia di Malojaroslavec}}[[File:Hess maloyaroslavets.jpg|thumb|right|300pxupright=1.4|La [[battaglia di Malojaroslavec]] il 24 ottobre 1812.]]
Il generale Kutuzov, dopo aver abbandonato Mosca, inizialmente aveva ripiegato con il suo esercito verso sud-est lungo la strada di Kolomna, ma nei giorni seguenti decise di deviare verso sud e sud-ovest per imboccare la strada diretta a [[Tula (Russia)|Tula]] e [[Kaluga]]; questo movimento avvicinava le truppe russe alle loro basi di rifornimento e soprattutto minacciava il fianco destro e le linee di comunicazione dell'armata francese giunta a Mosca. Murat aveva seguito con la sua cavalleria la marcia dei russi, ma quasi subito aveva perso il contatto con il nemico e solo il [[26 settembre]] riuscì ad agganciare nuovamente l'esercito russo a cinquanta chilometri a sud di Mosca; il generale Kutuzov continuò a ripiegare fino a [[Tarutino (Oblast' di Kaluga)|Tarutino]] mentre i francesi si fermarono a [[Vinkovo]]. Le due forze rimasero su queste posizioni per tre settimane durante le quali i combattimenti praticamente cessarono e si instaurò una tregua tra le due parti con contatti non ostili che illusero Murat sulla scarsa aggressività dei russi<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 166-167|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
In realtà il generale Kutuzov continuava nella sua prudente strategia in attesa che il tempo e il clima indebolissero in modo decisivo l'armata francese, e mentre i suoi luogotenenti levavano critiche alla sua presunta passività, l'esercito russo si rafforzava fino a contare in quel momento oltre 120&nbsp;000 soldati e 620 cannoni, oltre ai reparti di partigiani che si muovevano nelle campagne. Inoltre erano arrivati ventisei reggimenti di cosacchi del Don che assicuravano al comandante in capo una netta superiorità nella cavalleria e una grande mobilità per attaccare e indebolire progressivamente l'esercito francese<ref>{{Cita|Lieven 2010| p. 260|Lieven2010 }}.</ref>. Per tacitare i suoi critici, finalmente il 18 ottobre il generale Kutuzov decise di sferrare un attacco limitato contro le avanguardie di Murat, sfruttando il clima di tregua che regnava nel campo francese. Nonostante alcuni errori tattici e organizzativi, ritardi e profondi contrasti all'interno del quartier generale tra Kutuzov e il suo capo di stato maggiore [[Levin August von Bennigsen|Levin von Bennigsen]]<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 262-263|Lieven2010 }}.</ref>, nella nebbia del primo mattino l'attacco russo colse di sorpresa la cavalleria del generale [[Horace Sébastiani]] e anche la fanteria francese fu in difficoltà e dovette ripiegare; Murat riuscì coraggiosamente a superare il panico e organizzare una ritirata fino a [[Voronovo]], venti chilometri più a nord, e il generale Kutuzov preferì non insistere negli attacchi. La [[battaglia di Tarutino]] terminò con la vittoria dei russi e dimostrò la loro maggiore aggressività; soprattutto la sconfitta indusse Napoleone ad accelerare la partenza dell'esercito da Mosca per muovere subito verso sud, attaccare il generale Kutuzov e rimediare allo scacco subito<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 167-168|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
L'armata francese, costituita ancora da 87&nbsp;000 fanti, 14&nbsp;750 cavalieri e 533 cannoni<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 173|Nicolson2001 }}.</ref>, lasciò Mosca all'alba del 19 ottobre 1812; l'esercito era accompagnato da numerosi civili, donne, bambini, prigionieri e soprattutto da oltre 40&nbsp;000 carrozze e carrette su cui era stato ammassato tutto il bottino raccolto nella città; la marcia, a causa di questo enorme e confuso traino, si trasformò subito, contrariamente ai piani di Napoleone, in una lenta avanzata di un lungo e pesante convoglio. L'imperatore aveva deciso che il maresciallo [[Édouard Adolphe Casimir Joseph Mortier|Édouard Mortier]] sarebbe rimasto con una parte della Guardia a Mosca per completare le distruzioni e far esplodere il Cremlino, prima di ritirarsi a sua volta lungo la strada di Možajsk. La Grande Armata aveva imboccato la strada nuova di Kaluga e inizialmente colse di sorpresa il generale Kutuzov che apprese solo il 22 ottobre della partenza dei francesi da Mosca<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 173-174|Nicolson2001 }}.</ref>.
In realtà il generale Kutuzov continuava nella sua prudente strategia in attesa che il tempo e il clima indebolissero in modo decisivo l'armata francese, e mentre i suoi luogotenenti levavano critiche alla sua presunta passività, l'esercito russo si rafforzava fino a contare in quel momento oltre 120.000 soldati e 620 cannoni, oltre ai reparti di partigiani che si muovevano nelle campagne. Inoltre erano arrivati ventisei reggimenti di cosacchi del Don che assicuravano al comandante in capo una netta superiorità nella cavalleria e una grande mobilità per attaccare e indebolire progressivamente l'esercito francese<ref>{{Cita|Lieven2010| p. 260|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>. Per tacitare i suoi critici, finalmente il [[18 ottobre]] il generale Kutuzov decise di sferrare un attacco limitato contro le avanguardie di Murat, sfruttando il clima di tregua che regnava nel campo francese. Nonostante alcuni errori tattici e organizzativi, ritardi e profondi contrasti all'interno del quartier generale tra Kutuzov e il suo capo di stato maggiore [[Levin August von Bennigsen|Levin von Bennigsen]]<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 262-263|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>, nella nebbia del primo mattino l'attacco russo colse di sorpresa la cavalleria del generale [[Horace Sébastiani]] ed anche la fanteria francese fu in difficoltà e dovette ripiegare; Murat riuscì coraggiosamente a superare il panico ed organizzare una ritirata fino a [[Voronovo]], venti chilometri più a nord, e il generale Kutuzov preferì non insistere negli attacchi. La [[battaglia di Tarutino]] terminò con la vittoria dei russi e dimostrò la loro maggiore aggressività; soprattutto la sconfitta indusse Napoleone ad accelerare la partenza dell'esercito da Mosca per muovere subito verso sud, attaccare il generale Kutuzov e rimediare allo scacco subito<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 167-168|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Desarnot-Cossacks pursue retreating Frenchmen.jpg|thumb|left|upright=1.3|Attacco di [[cosacchi]] alle truppe francesi in ritirata]]
Il 23 ottobre le avanguardie russe constatarono la presenza dell'esercito francese e il generale [[Dmitrij Sergeevič Dochturov|Dmitrij Dochturov]] riuscì con una marcia notturna a raggiungere l'importante villaggio di [[Malojaroslavec]] dove il 24 ottobre si combatté una [[battaglia di Malojaroslavec|sanguinosa battaglia]]; le truppe del IV corpo del principe Eugenio, in cui si distinsero i reparti italiani del generale [[Domenico Pino]], riuscirono a respingere i russi e a conquistare la cittadina e il ponte sul fiume Luža; i russi persero oltre 7&nbsp;000 uomini ma nonostante la sconfitta ripiegarono solo di un chilometro lungo la strada mentre le perdite francesi furono di 4&nbsp;000 uomini. Napoleone apprese tardi della battaglia e non intervenne con le riserve; egli sembrò incerto e depresso. Il mattino del 25 ottobre rischiò addirittura di essere ucciso o catturato da un distaccamento di cosacchi mentre effettuava una ricognizione senza scorta. Durante la giornata raggiunse Malojaroslavec, dove tenne un nuovo e decisivo consiglio di guerra con Murat, il principe Eugenio e i marescialli Davout, Berthier e [[Jean Baptiste Bessières|Jean-Baptiste Bessières]]<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 174-178|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
Nel corso della conferenza solo Murat propose, senza molta convinzione, di riprendere l'offensiva verso sud e rischiare una nuova battaglia campale; gli altri luogotenenti dell'imperatore concordarono invece sulla necessità di ripiegare verso Smolensk; il maresciallo Bessières per primo parlò esplicitamente di "ritirata". Napoleone concluse la riunione annunciando la sua decisione di abbandonare la marcia verso Kaluga e di ritornare verso Možajsk per riprendere la strada di Smolensk già percorsa durante l'avanzata estiva; l'imperatore voleva affrettare la ritirata e questa strada diretta consentiva di guadagnare tempo e di rompere il contatto con i russi; inoltre il generale Junot con l'VIII corpo era già a Možajsk dove dal 23 ottobre si stava dirigendo anche il maresciallo Mortier con la Guardia imperiale, dopo aver abbandonato Mosca senza essere riuscito a distruggere il Cremlino come ordinato da Napoleone. Tuttavia, percorrendo questa strada, l'esercito avrebbe attraversato di nuovo un terreno già devastato dalla guerra e privo di beni materiali e di risorse; le truppe percorsero tristemente a ritroso il cammino e ben presto raggiunsero e superarono il macabro campo di battaglia di Borodino<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 178-182|Nicolson2001 }}.</ref>.
L'armata francese, costituita ancora da 87.000 fanti, 14.750 cavalieri e 533 cannoni<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 173|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>, lasciò Mosca all'alba del [[19 ottobre]] 1812; l'esercito era accompagnato da numerosi civili, donne, bambini, prigionieri e soprattutto da oltre 40.000 carrozze e carrette su cui era stat ammassat tutto il bottino raccolto nella città; la marcia, a causa di questo enorme e confuso traino, si trasformò subito, contrariamente ai piani di Napoleone, in una lenta avanzata di un lungo e pesante convoglio. L'imperatore aveva deciso che il maresciallo [[Édouard Adolphe Casimir Joseph Mortier|Édouard Mortier]] sarebbe rimasto con una parte della Guardia a Mosca per completare le distruzioni e far esplodere il Cremlino, prima di ritirarsi a sua volta lungo la strada di Možajsk. La Grande Armata aveva imboccato la strada nuova di Kaluga e inizialmente colse di sorpresa il generale Kutuzov che apprese solo il [[22 ottobre]] della partenza dei francesi da Mosca<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 173-174|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Desarnot-Cossacks pursue retreating Frenchmen.jpg|thumb|left|280px|Attacco di [[cosacchi]] alle truppe francesi in ritirata.]]
Il [[23 ottobre]] le avanguardie russe constatarono la presenza dell'esercito francese e il generale [[Dmitrij Sergeevič Dochturov|Dmitrij Dochturov]] riuscì con una marcia notturna a raggiungere l'importante villaggio di [[Malojaroslavec]] dove il [[24 ottobre]] si combattè una [[battaglia di Malojaroslavec|sanguinosa battaglia]]; le truppe del IV corpo del principe Eugenio, in cui si distinsero i reparti italiani del generale [[Domenico Pino]], riuscirono a respingere i russi e a conquistare la cittadina e il ponte sul fiume Luža; i russi persero oltre 7.000 uomini ma nonostante la sconfitta ripiegarono solo di un chilometro lungo la strada mentre le perdite francesi furono di 4.000 uomini. Napoleone apprese tardi della battaglia e non intervenne con le riserve; egli sembrò incerto e depresso. Il mattino del [[25 ottobre]] rischiò addirittura di essere ucciso o catturato da un distaccamento di cosacchi mentre effettuava una ricognizione senza scorta. Durante la giornata raggiunse Malojaroslavec, dove tenne un nuovo e decisivo consiglio di guerra con Murat, il principe Eugenio e i marescialli Davout, Berthier e [[Jean-Baptiste Bessières]]<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 174-178|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Il 28 ottobre l'esercito francese raggiunse Možajsk; il tempo era nettamente peggiorato, cadde la prima neve, la temperatura discese a -4&nbsp;°C<ref>{{Cita|Blond 1998| p. 391|Blond1998 }}.</ref>; Napoleone si mostrò ancora ottimista durante un colloquio con Caulaincourt che invece realisticamente affermò: "più l'inverno avanza, più tutto volgerà a favore dei russi e soprattutto dei cosacchi". In realtà la ritirata si stava già disorganizzando lungo la strada; la colonna si allungava per oltre ottanta chilometri e gli sbandati e i ritardatari, in numero crescente, arrancavano nelle retrovie<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 182-184|Nicolson2001 }}.</ref>. Dopo Možajsk alcuni soldati gettarono le armi e molti iniziarono anche a disfarsi del carico di oggetti, beni preziosi, opere d'arte, libri. I cosacchi stavano diventando un reale pericolo per la colonna; in continuo movimento, apparivano all'orizzonte sui fianchi dell'armata e colpivano rapidamente gruppi di ritardatari e reparti francesi colti di sorpresa<ref>{{Cita|Blond 1998| p. 393|Blond1998 }}.</ref>.
Nel corso della conferenza solo Murat propose, senza molta convinzione, di riprendere l'offensiva verso sud e rischiare una nuova battaglia campale; gli altri luogotenenti dell'imperatore concordarono invece sulla necessità di ripiegare verso Smolensk; il maresciallo Bessières per primo parlò esplicitamente di "ritirata". Napoleone concluse la riunione annunciando la sua decisione di abbandonare la marcia verso Kaluga e di ritornare verso Možajsk per riprendere la strada di Smolensk già percorsa durante l'avanzata estiva; l'imperatore voleva affrettare la ritirata e questa strada diretta consentiva di guadagnare tempo e di rompere il contatto con i russi; inoltre il generale Junot con l'VIII corpo era già a Možajsk dove dal 23 ottobre si stava dirigendo anche il maresciallo Mortier con la Guardia imperiale, dopo aver abbandonato Mosca senza essere riuscito a distruggere il Cremlino come ordinato da Napoleone. Tuttavia, percorrendo questa strada, l'esercito avrebbe attraversato di nuovo un terreno già devastato dalla guerra e privo di beni materiali e di risorse; le truppe percorsero tristemente a ritroso il cammino e ben presto raggiunsero e superarono il macabro campo di battaglia di Borodino<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 178-182|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Михаил Андреевич Милорадович.jpg|thumb|upright=0.5|Il generale russo [[Michail Andreevič Miloradovič|Michail Miloradovič]]]]
In questa fase della ritirata il generale Kutuzov, che aveva accolto con enorme sollievo la notizia del ritorno dei francesi sulla strada di Možajsk, si limitò a seguire cautamente la colonna nemica marciando con il suo esercito lungo la strada meridionale che da [[Medyn']] conduceva a Smolensk. Il generale russo continuò ad adottare una strategia di attesa contando di logorare progressivamente i francesi durante la ritirata, grazie al concorso dell'[[inverno russo]] e dei partigiani, senza necessità di una grande battaglia campale<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 184 e 187|Nicolson2001 }}.</ref>. Egli continuava a esaltare nei suoi proclami il carattere patriottico e religioso della guerra contro l'invasore<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 185-186|Nicolson2001 }}.</ref>, ma per il momento marciava sulla strada parallela senza ricercare uno scontro diretto<ref name="GBLO2">{{Cita|Blond 1998| p. 394|Blond1998 }}.</ref>. La sua condotta, lodata da [[Lev Tolstoj]] nella sua opera "[[Guerra e pace]]"<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 184|Nicolson2001 }}.</ref>, era invece severamente criticata dai suoi consiglieri stranieri e anche da alcuni generali russi; essi consideravano il comandante in capo, vecchio, stanco e debole, e reclamavano un grande attacco risolutivo. Lo zar, che peraltro non interveniva nella condotta delle operazioni, consigliava di coordinare i movimenti con le armate del generale Wittgenstein e dell'ammiraglio Čičagov per bloccare la ritirata nemica<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 187-189|Nicolson2001 }}.</ref>.
[[File:Battle vyazma.jpg|thumb|left|upright=1.3|La [[battaglia di Vjaz'ma|battaglia di Vjazma]] dove la retroguardia francese rischiò di essere distrutta]]
Per tacitare le critiche il generale Kutuzov decise di organizzare un primo tentativo di bloccare la colonna francese a Vjazma, dove si congiungevano le due strade dirette a Smolensk<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 189|Nicolson2001 }}.</ref>. Con una temperatura di -4&nbsp;°C e cielo sereno, Napoleone arrivò in questa città con la Guardia il 31 ottobre<ref name="GBLO2"/>. L'imperatore ripartì dopo una sosta di tre giorni seguito dagli altri corpi, ma prima che fosse arrivata anche la retroguardia francese, costituita dal I corpo del maresciallo Davout. L'imperatore aveva criticato il comportamento di questo maresciallo che stava conducendo la marcia della sua retroguardia troppo lentamente; le truppe del I corpo erano ancora a cinque giornate di marcia; Napoleone riteneva il maresciallo Davout ormai stanco e intendeva trasferire al maresciallo Ney il compito di guidare la colonna di coda dell'armata<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 374-375|Ségur1966 }}.</ref>.
 
Il generale [[Michail Andreevič Miloradovič|Michail Miloradovič]] passò all'attacco il 3 novembre con 20&nbsp;000 uomini, mentre i cosacchi dell'[[atamano|ataman]] [[Matvej Ivanovič Platov|Matvei Platov]] caricavano da est. La situazione dei francesi divenne critica; i gruppi di civili presenti nella colonna si sbandarono; la retroguardia del maresciallo Davout fu salvata dall'intervento di due divisioni del IV corpo del principe Eugenio che tornarono indietro e riaprirono il passaggio. I russi ripresero l'attacco e sembrò che entrambi i corpi potessero essere distrutti; dopo sei ore di combattimenti, l'intervento di una divisione del III corpo, fatta intervenire dal maresciallo Ney, riuscì a disimpegnarli<ref>{{Cita|Chandler 1992| pp. 989-990|Chandler1992 }}.</ref>. I francesi ebbero 4&nbsp;000 morti e feriti e 4&nbsp;000 prigionieri nella [[battaglia di Vjaz'ma|battaglia di Vjazma]]; il I corpo del maresciallo Davout ne uscì molto provato e venne sostituito alla retroguardia dal III corpo del maresciallo Ney; la catastrofe fu evitata anche per il mancato intervento del grosso dell'esercito russo che il generale Kutuzov trattenne a cinquanta chilometri di distanza<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 189-190|Nicolson2001 }}.</ref>.
Il [[28 ottobre]] l'esercito francese raggiunse Možajsk; il tempo era nettamente peggiorato, cadde la prima neve, la temperatura discese a -4 °C<ref>{{Cita|Blond1998| p. 391|Blond 1998 |harv=s}}</ref>; Napoleone si mostrò ancora ottimista durante un colloquio con Caulaincourt che invece realisticamente affermò: "più l'inverno avanza, più tutto volgerà a favore dei russi e soprattutto dei cosacchi". In realtà la ritirata si stava già disorganizzando lungo la strada; la colonna si allungava per oltre ottanta chilometri e gli sbandati e i ritardatari, in numero crescente, arrancavano nelle retrovie<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 182-184|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Dopo Možajsk alcuni soldati gettarono le armi e molti iniziarono anche a disfarsi del carico di oggetti, beni preziosi, opere d'arte, libri. I cosacchi stavano diventando un reale pericolo per la colonna; in continuo movimento, apparivano all'orizzonte sui fianchi dell'armata e colpivano rapidamente gruppi di ritardatari e reparti francesi colti di sorpresa<ref>{{Cita|Blond1998| p. 393|Blond 1998 |harv=s}}</ref>.
[[File:Miloradowitsch.jpg|thumb|right|120px|Il generale russo [[Michail Andreevič Miloradovič|Michail Miloradovič]].]]
In questa fase della ritirata il generale Kutuzov, che aveva accolto con enorme sollievo la notizia del ritorno dei francesi sulla strada di Možajsk, si limitò a seguire cautamente la colonna nemica marciando con il suo esercito lungo la strada meridionale che da [[Medyn']] conduceva a Smolensk. Il generale russo continuò ad addottare una strategia di attesa contando di logorare progressivamente i francesi durante la ritirata, grazie al concorso dell'inverno russo e dei partigiani, senza necessità di una grande battaglia campale<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 184 e 187|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Egli continuava ad esaltare nei suoi proclami il carattere patriottico e religioso della guerra contro l'invasore<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 185-186|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>, ma per il momento marciava sulla strada parallela senza ricercare uno scontro diretto<ref name="GBLO2">{{Cita|Blond1998| p. 394|Blond 1998 |harv=s}}</ref>. La sua condotta, lodata da [[Lev Tolstoj]] nella sua opera "[[Guerra e pace]]"<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 184|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>, era invece severamente criticata dai suoi consiglieri stranieri ed anche da alcuni generali russi; essi consideravano il comandante in capo, vecchio, stanco e debole, e reclamavano un grande attacco risolutivo. Lo zar, che peraltro non interveniva nella condotta delle operazioni, consigliava di cordinare i movimenti con le armate del generale Wittgenstein e dell'ammiraglio Čičagov per bloccare la ritirata nemica<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 187-189|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Battle vyazma.jpg|thumb|left|290px|La [[battaglia di Vjazma]] dove la retroguardia francese rischiò di essere distrutta.]]
Per tacitare le critiche il generale Kutuzov decise di organizzare un primo tentativo di bloccare la colonna francese a Vjazma, dove si congiungevano le due strade dirette a Smolensk<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 189|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Con una temperatura di -4 °C e cielo sereno, Napoleone arrivò in questa città con la Guardia il [[31 ottobre]]<ref name="GBLO2"/>. L'imperatore ripartì dopo una sosta di tre giorni seguito dagli altri corpi, ma prima che potesse muoversi anche la retroguardia francese, costituita dal I corpo del maresciallo Davout, il generale [[Michail Andreevič Miloradovič|Michail Miloradovič]] passò all'attacco il [[3 novembre]] con 20.000 uomini, mentre i cosacchi dell'[[atamano|ataman]] [[Matvei Platov]] caricavano da est. La situazione dei francesi divenne critica; i gruppi di civili presenti nella colonna si sbandarono; la retroguardia del maresciallo Davout fu salvata dall'intervento di due divisioni del IV corpo del principe Eugenio che tornarono indietro e riaprirono il passaggio. I russi ripresero l'attacco e sembrò che entrambi i corpi potessero essere distrutti; dopo sei ore di combattimenti, l'intervento di una divisione del III corpo, fatta intervenire dal maresciallo Ney, riuscì a disimpegnarli<ref>{{Cita|Chandler1992| pp. 989-990|Chandler 1992 |harv=s}}</ref>. I francesi ebbero 4.000 morti e feriti e 3.000 prigionieri nella [[battaglia di Vjazma]]; il I corpo del maresciallo Davout ne uscì molto provato e venne sostituito alla retroguardia dal III corpo del maresciallo Ney; la catastrofe fu evitata anche per il mancato intervento del grosso dell'esercito russo che il generale Kutuzov trattenne a cinquanta chilometri di distanza<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 189-190|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Il [[5 novembre]] la colonna francese abbandonò Vjazma e si diresse verso Smolensk dove si sperava di poter riorganizzare e nutrire le truppe grazie ai grandi depositi preparati nella città. Gli sbandati che seguivano i reparti erano in aumento mentre nella notte del 5 novembre riprese a nevicare e la temperatura scese ulteriormente; nei bivacchi cresceva il numero dei soldati trovati morti per il freddo e le sofferenze. La penosa marcia dei soldati francesi ora si svolgeva in mezzo a grandi campagne innevate, punteggiate da boschi di abeti<ref>{{Cita|Blond1998Blond 1998| p. 395|BlondBlond1998 1998 |harv=s}}.</ref>.
 
=== Da Krasnoi alla Beresina ===
{{Vedi anche|Battaglia di Krasnoi|Battaglia della Beresina}}[[File:Night Bivouac of Great Army.jpg|thumb|right|280pxupright=1.3|La [[Grande Armata]] nella tormenta.]]
Dopo Vjazma, dove l'armata giunse ridotta a 65.&nbsp;000 uomini, la situazione dell'esercito francese divenne veramente critica; i cosacchi moltiplicavano le loro incursioni nascosti nei boschi che costeggiavano la strada dove si trascinava la colonna in ritirata; sbandati, ritardatari e pattuglie inviate alla ricerca di cibo e legname, cadevano facile preda di questi temibili cavalieri. I partigiani erano altrettanto pericolosi per i francesi colti isolati in piccoli gruppi nelle campagne; la guerra di questi combattenti irregolari era spietata; i prigionieri venivano torturati e uccisi, i piccoli gruppi terrorizzavano con la loro brutalità i soldati francesi, mentre grosse bande erano in grado di affrontare con successo scontri con interi reparti nemici<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 190-192|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
Le condizioni dei soldati stavano declinando rapidamente; sempre più uomini morivano di fame e di freddo. Il [[7 novembre]] iniziarono le bufere di neve, con temperature molto basse e scarsa visibilità; per ripararsi dal freddo, i soldati si coprivano con quanto era disponibile: capi d'abbigliamento depredati a Mosca, vestiti cinesi e tartari, pellicce da donna, sete, sciarpe, stoffe per avvolgere i piedi, trasformando penosamente l'aspetto delle orgogliose truppe napoleoniche. In mancanza di viveri, i soldati si nutrivano di carne di cavallo e di verdure avariate, ci furono anche episodi di [[cannibalismo]]. Dopo estenuanti marce anche di quattordici ore, le truppe non trovavano alcun riparo dalle intemperie; i feriti erano spesso abbandonati senza cure; i cavalli morirono a migliaia e vennero macellati; di conseguenza dovettero essere abbandonati carri pieni di bottino, e soprattutto gran parte dei cannoni che furono catturati dai russi. La disciplina stava cedendo; disperazione e demoralizzazione si diffondevano tra i soldati. A Smolensk, con una temperatura di -26 &nbsp;°C, arrivarono 41.&nbsp;000 uomini<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 192-195|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
 
Napoleone era, in carrozza o a cavallo, in testa alla lunga colonna con la Guardia imperiale, ancora relativamente organizzata; egli non controllava personalmente la marcia delle truppe e dei ritardatari; appariva distaccato, impassibile, rassegnato<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| p. 196|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>. Il [[9 novembre]] giunse a Smolensk dove ricevette la pessima notizia che la divisione di riserva del generale [[Louis Baraguey d'Hilliers]], in avvicinamento da sud-ovest per rinforzare l'armata, era stata sorpresa e quasi annientata da unaun attacco dei partigiani; il generale [[Jean-Pierre Augereau]], fratello del [[Pierre François Charles Augereau|famoso maresciallo]], era stato catturato. Il [[6 novembre]] Napoleone aveva appreso dell'inquietante episodio della congiura del generale [[Claude François de Malet]] a Parigi che, pur rapidamente soffocata, dimostrava la dubbia stabilità del regime in sua assenza<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 196-201|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Krasnoi.jpg|thumb|left|300pxupright=1.4|La [[battaglia di Krasnoi]].]]
Inoltre egli era stato informato del peggioramento della situazione anche sulle due ali del fronte. Il generale Wittgenstein a nord aveva [[seconda battaglia di Polock|riconquistato Polock]] il 18 ottobre, nonostante la tenace difesa delle truppe del maresciallo Gouvion-Saint-Cyr, e stava discendendo lungo il corso della Dvina<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 399-404|Ségur1966 }}.</ref>; il [[7 novembre]] riconquistò Vitebsk; il maresciallo Macdonald dovette rinunciare al suo inutile assedio di Riga e ripiegare verso il Niemen dove rimase tagliato fuori dalle operazioni principali<ref name="NN200">{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 200 e 205|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>. A sud anche l'ammiraglio Čičagov si stava avvicinando e, dopo essersi congiunto con l'armata del generale Tormasov, marciava su Minsk<ref name="GL33">{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 603|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Il generale austriaco Schwarzenberg, intralciato dal corpo di truppe russe del generale [[Fabian Gottlieb von Osten-Sacken|Fabian von der Osten-Sacken]], stava ripiegando verso Varsavia insieme al VII corpo del generale Reynier<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| p. 281|Lieven 2010|harv=sLieven2010}}.</ref>, lasciando l'ammiraglio libero di marciare verso nord dove avrebbe potuto mettere in pericolo le linee di comunicazione dell'armata francese<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| p. 200|NicolsonNicolson2001 2001}}.</ref>. Nelle lontane retrovie francesi il reparto di cavalleria regolare e cosacchi dell'audace colonnello [[Aleksandr Ivanovič Černyšëv|harv=sAleksandr Černyšëv]] fin dal mese di ottobre stava attaccando magazzini militari e reparti isolati dal Granducato di Varsavia alla regione baltica<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 253-254|Lieven2010}}.</ref>. Napoleone si preoccupò inizialmente soprattutto di bloccare l'avanzata del generale Wittgenstein da Vitebsk, e quindi ordinò al maresciallo Oudinot con il II corpo e al maresciallo Victor con il IX corpo, che stazionavano di riserva tra Vitebsk e Orša, di marciare verso nord per contrastare il passo ai russi nel territorio compreso tra la Dvina e il DnieprDnepr<ref name="NN200"/>.
 
Dal 10 al 12 novembre il grosso dell'esercito francese arrivò a Smolensk; il maresciallo Ney aveva condotto il combattimento in retroguardia con grande tenacia per cercare di guadagnare tempo<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 388-389|Ségur1966 }}.</ref>, ma il IV corpo del principe Eugenio, che aveva tentato di ripiegare abbandonando la strada maestra e deviando verso Vitebsk, andò incontro al disastro. Attaccati continuamente dai reparti del generale Platov, le truppe francesi e italiane del viceré si disgregarono nel tentativo di passare l'8 novembre il [[Vop'|fiume Vop']] ghiacciato e poi lungo il percorso dopo la decisione di ritornare indietro verso la strada di Smolensk. In parte circondate, queste truppe subirono gravi perdite e solo con grande difficoltà i 5&nbsp;000 uomini superstiti si ricongiunsero con il III corpo del maresciallo Ney e arrivarono a Smolensk il 13 novembre<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 389-394|Ségur1966 }}.</ref>.
Dal 10 al [[12 novembre]] i resti dell'esercito francese arrivarono a Smolensk; Napoleone rimase nella città fino al 12 novembre; egli era consapevole della necessità di accelerare la ritirata, nonostante le condizioni deplorevoli delle truppe totalmente esauste, prima che gli eserciti russi da nord e da sud potessero bloccare il passaggio verso ovest. A nord i marescialli Oudinot e Victor erano riusciti per il momento a fermare l'avanzata del generale Wittgenstein da Vitebsk, ma a sud l'ammiraglio Čičagov il [[16 novembre]] prese Minsk, si impadronì dei grandi depositi di rifornimenti francesi che erano stati ammassati in quella città, e continuò ad avanzare verso la [[Beresina]]. Nel frattempo anche il generale Kutuzov, arrivato a [[El'nja]] con il grosso del suo esercito, sembrava finalmente intenzionato a manovrare per intercettare la linea di ritirata francese a sud del Dniepr tra Smolensk e Orša<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 205-206|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Napoleone rimase nella città fino al 14 novembre; egli era consapevole della necessità di accelerare la ritirata, nonostante le condizioni deplorevoli delle truppe totalmente esauste, prima che gli eserciti russi da nord e da sud potessero bloccare il passaggio verso ovest. A nord i marescialli Oudinot e Victor erano riusciti per il momento a fermare l'avanzata del generale Wittgenstein da Vitebsk, ma a sud l'ammiraglio Čičagov il 16 novembre prese Minsk, si impadronì dei grandi depositi di rifornimenti francesi che erano stati ammassati in quella città, e continuò ad avanzare verso la [[Beresina]]. Nel frattempo anche il generale Kutuzov, arrivato a [[El'nja]] con il grosso del suo esercito, sembrava finalmente intenzionato a manovrare per intercettare la linea di ritirata francese a sud del Dnepr tra Smolensk e Orša<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 205-206|Nicolson2001 }}.</ref>.
Smolensk disponeva di grandi depositi di viveri ed equipaggiamenti su cui Napoleone aveva fatto grande conto per rifornire e riorganizzare le sue truppe, ma la confusione e l'indisciplina resero impossibile un regolare approvigionamento dei soldati. Una parte dei rifornimenti era già stata sprecata, per mancanza di pianificazione, dal comandante di Smolensk, generale Charpentier, che, male informato, non era a conoscenza delle disastrose condizioni dell'armata. Prima i soldati del IX corpo del maresciallo Victor, poi la Guardia imperiale e torme di sbandati assaltarono senza controllo i depositi ed esaurirono in tre giorni tutti i rifornimenti; di conseguenza le colonne che seguivano non trovarono più quasi nulla; la città stessa venne infine devastata e saccheggiata<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 206-207|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Smolensk disponeva di grandi depositi di viveri ed equipaggiamenti su cui Napoleone aveva fatto grande conto per rifornire e riorganizzare le sue truppe, ma la confusione e l'indisciplina resero impossibile un regolare approvvigionamento dei soldati. Una parte dei rifornimenti era già stata sprecata, per mancanza di pianificazione, dal comandante di Smolensk, generale Charpentier, che, male informato, non era a conoscenza delle disastrose condizioni dell'armata. Prima i soldati del IX corpo del maresciallo Victor, poi la Guardia imperiale e torme di sbandati assaltarono senza controllo i depositi ed esaurirono in tre giorni tutti i rifornimenti; di conseguenza le colonne che seguivano non trovarono più quasi nulla; la città stessa venne infine devastata e saccheggiata<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 206-207|Nicolson2001 }}.</ref>.
Napoleone, apparentemente impassibile nonostante le condizioni caotiche della sua armata, decise di ripartire a scaglioni da Smolensk e marciare lungo la riva meridionale del Dnieper fino a Orša; non potendo passare per Vitebsk, occupata dall'esercito del generale Wittgenstein, l'esercito francese avrebbe quindi dovuto superare l'ostacolo della Beresina. L'armata contava ancora circa 40.000 soldati, di cui 3.000 cavalieri, ma erano già stati persi 350 cannoni; l'imperatore avrebbe marciato in testa con la Guardia, mentre il maresciallo Ney avrebbe comandato la retroguardia. La nuova ritirata fu estremamente lenta e faticosa; nelle brevi giornate autunnali, su terreni innevati e strade ghiacciate, la colonna che si estendeva su circa 65 chilometri di lunghezza, procedette con grande fatica e abbandonando ritardatari, feriti e dispersi lungo il cammino<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 209-210|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Adolphe Yvon (1817-1893) - Marshall Ney at retreat in Russia.jpg|thumb|right|310px|Il maresciallo [[Michel Ney]] con i suoi soldati a Krasnoi.]]
L'armata lasciò Smolensk tra il 14 e il [[17 novembre]], in modo poco coordinato; di conseguenza i vari corpi d'armata non riuscirono a rimanere in stretto contatto e si trovarono in grave difficoltà di fronte agli sbarramenti organizzati dall'esercito del generale Kutuzov lungo la strada a est di [[Krasnoi]]<ref name="GL33"/>. Il [[15 novembre]] Napoleone con la Guardia imperiale poté passare senza incontrare molta resistenza, ma il [[16 novembre]] la situazione dei francesi peggiorò in modo disastroso. Il generale Miloradovič, con 20.000 soldati, tagliò la strada, bloccando la marcia del IV corpo del principe Eugenio a est di Krasnoi; i russi non attaccarono a fondo e il principe riuscì ad evitare un'immediata disfatta, sostenuto anche da due reggimenti della Guardia rimandati indietro da Napoleone. Il IV corpo ripiegò nella notte attraverso la campagna e raggiunse in salvo Krasnoi, dopo aver abbandonato il traino con il rimanente bottino di guerra<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 211-2125|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Il I corpo del maresciallo Davout e il III corpo del maresciallo Ney erano però ancora a est dello sbarramento russo lungo la strada di Krasnoi e la loro situazione era molto grave.
[[File:Platov.jpg|thumb|left|110px|Il generale [[Matvei Platov]], comandante della cavalleria leggera russa.]]
Il [[17 novembre]] Napoleone decise di fare entrare in azione la Guardia imperiale, sempre risparmiata in precedenza, per cercare di liberare il passaggio a Krasnoi ai corpi d'armata isolati; la Guardia mostrò ancora efficenza e combattività e impressionò il nemico con la sua compattezza e disciplina. La strada di Krasnoi venne riaperta e il I corpo del maresciallo Davout riuscì a passare, ma il III corpo del maresciallo Ney sembrava destinato alla rovina. Essendo partito in ritardo a causa di un malinteso con il maresciallo Davout, il maresciallo Ney non aveva potuto mantenere il contatto; lasciata Smolensk alle ore 15.00 del 17 novembre, il III corpo trovò le forze russe del generale Miloradovič a Krasnoi nel pomeriggio del [[18 novembre]]; Napoleone era già lontano a Orša e anche il maresciallo Davout non intervenne in aiuto<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 212-215|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Napoleone, apparentemente impassibile nonostante le condizioni caotiche della sua armata, decise di ripartire a scaglioni da Smolensk e marciare lungo la riva meridionale del Dnieper fino a Orša; non potendo passare per Vitebsk, occupata dall'esercito del generale Wittgenstein, l'esercito francese avrebbe quindi dovuto superare l'ostacolo della Beresina. L'armata contava ancora circa 36&nbsp;000 soldati, di cui 3&nbsp;000 cavalieri, ma erano già stati persi 350 cannoni<ref>{{Cita|Ségur 1966| p. 412|Ségur1966 }}.</ref>; l'imperatore avrebbe marciato in testa con la Guardia, mentre il maresciallo Ney avrebbe comandato la retroguardia. La nuova ritirata fu estremamente lenta e faticosa; nelle brevi giornate autunnali, su terreni innevati e strade ghiacciate, la colonna che si estendeva su circa 65 chilometri di lunghezza, procedette con grande fatica e abbandonando ritardatari, feriti e dispersi lungo il cammino<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 209-210|Nicolson2001 }}.</ref>.
Nonostante la situazione apparisse disperata, il maresciallo Ney respinse tutti gli inviti alla resa e con i suoi 3.000 soldati trovò il modo di sfuggire alla morsa dei quasi 80.000 uomini radunati dal generale Kutuzov e dal generale Miloradovič sulle colline intorno a Krasnoi<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 214-215|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Il maresciallo decise quindi di passare di nascosto sulla riva settentrionale del Dniepr, che era solo parzialemente gelato, e fuggire verso ovest lungo quella riva. Dopo aver attraversato con grandi difficoltà il fiume, il [[21 novembre]] il maresciallo Ney riuscì a raggiungere, insieme a 925 superstiti, la città di Orša e ricollegarsi con le truppe del principe Eugenio<ref>{{Cita|Chandler1988| pp. 512-513|Chandler 1988 |harv=s}}</ref>. Napoleone, già 32 chilometri più a ovest, mostrò grande sollievo per la salvezza del maresciallo Ney, nonostante la quasi completa distruzione del III corpo. Il maresciallo Davout venne criticato per il mancato soccorso alle truppe del maresciallo Ney<ref>{{Cita|Chandler1988| p. 188|Chandler 1988 |harv=s}}</ref>.
[[File:Adolphe Yvon (1817-1893) - Marshall Ney at retreat in Russia.jpg|thumb|upright=1.4|Il maresciallo [[Michel Ney]] con i suoi soldati a Krasnoi]]
L'armata lasciò Smolensk tra il 14 e il 17 novembre, in modo poco coordinato; di conseguenza i vari corpi d'armata non riuscirono a rimanere in stretto contatto e si trovarono in grave difficoltà di fronte agli sbarramenti organizzati dall'esercito del generale Kutuzov lungo la strada a est di [[Krasnoi]]<ref name="GL33"/>. Il 15 novembre i superstiti dell'VIII corpo, guidati dal generale Exelmans, riuscirono a superare uno sbarramento di cosacchi; subito dopo Napoleone con la Guardia imperiale poté passare senza incontrare molta resistenza e raggiunse Krasnoi da dove il generale Sébastiani con pochi granatieri scacciò la fanteria russa<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 414-415|Ségur1966 }}.</ref>; il 16 novembre invece la situazione dei francesi peggiorò in modo disastroso. Il generale Miloradovič, con 20&nbsp;000 soldati, tagliò la strada, bloccando la marcia del IV corpo del principe Eugenio che era ripartito da Smolensk solo il 15 novembre preceduto da colonne di sbandati. Bersagliati dal fuoco dell'artiglieria russa, gli sbandati, guidati dal generale Guilleminot, rifluirono indietro e alcuni si riunirono ai resti del IV corpo che il principe Eugenio aveva schierato attraverso la strada maestra per fronteggiare i russi del generale Miloradovič<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 416-419|Ségur1966 }}.</ref>.
 
I russi non attaccarono a fondo e il principe riuscì a evitare un'immediata disfatta. Dopo aver sferrato un attacco disperato per sviare l'attenzione del nemico, il viceré ripiegò con i resti del IV corpo nella notte attraverso la campagna e raggiunse in salvo Krasnoi, dopo aver abbandonato il traino con il rimanente bottino di guerra<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 211-2125|Nicolson2001 }}.</ref>. Napoleone cercò di aiutare il principe Eugenio e impegnò la Giovane Guardia al comando del generale Roguet che respinse il nemico e protesse la ritirata del IV corpo<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 422-423|Ségur1966 }}.</ref>. Il I corpo del maresciallo Davout e il III corpo del maresciallo Ney erano però ancora a est dello sbarramento russo lungo la strada di Krasnoi e la loro situazione era molto grave.
La [[battaglia di Krasnoi]], confusa e drammatica, era durata tre giorni ed era costata gravi perdite ai francesi che ebbero 10.000 morti, i russi catturarono 20.000 uomini e 200 cannoni; il generale Kutuzov si ritenne soddisfatto dei risultati raggiunti, nonostante le nuove critiche ricevute da alcuni suoi generali; egli riteneva indispensabile non affaticare in modo disastroso le sue truppe nell'inseguimento e considerava ormai raggiunta la vittoria<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 277-278|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>. Il [[19 novembre]] il grosso dell'armata francese ripartì per Orša che Napoleone con la Guardia raggiunse il [[20 novembre]]<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 400-401|Blond 1998 |harv=s}}</ref>; il nuovo ostacolo alla ritirata era ora rappresentato dal fiume [[Beresina]].
[[File:Platov.jpg|thumb|left|upright=0.5|Il generale [[Matvej Ivanovič Platov|Matvei Platov]], comandante della cavalleria leggera russa]]
Il 17 novembre, mentre il principe Eugenio riprendeva la ritirata con i resti del suo corpo, Napoleone decise di fare entrare in azione l'intera Guardia imperiale, sempre risparmiata in precedenza, per cercare di liberare il passaggio a Krasnoi ai corpi d'armata isolati; la Guardia, guidata dal maresciallo Mortier, mostrò ancora efficienza e combattività e impressionò il nemico con la sua compattezza e disciplina. Mentre la divisione del generale Claparède difendeva Krasnoi, Mortier e Napoleone con le divisioni della Guardia del generale Roguet e del generale Delaborde marciarono contro il nemico che li attaccava da tre direzioni. La strada di Krasnoi venne riaperta e il I corpo del maresciallo Davout, pur dando segni di disgregazione, riuscì a passare, ma il III corpo del maresciallo Ney sembrava destinato alla rovina. Napoleone, allarmato dalle difficoltà del generale Claparède che rischiava di essere sopraffatto, non poté più rimanere a Krasnoi e diede ordine al maresciallo Mortier di ripiegare a sua volta; le divisioni della Guardia dei generali Roguet e Delaborde, pur molto provate, effettuarono una ritirata combattuta e abbandonarono ordinatamente Krasnoi<ref>{{Cita|Ségur 1966| pp. 425-429|Ségur1966 }}.</ref>.
 
Essendo partito in ritardo a causa di un malinteso con il maresciallo Davout, il maresciallo Ney non aveva potuto mantenere il contatto; lasciata Smolensk alle ore 15:00 del 17 novembre, il III corpo trovò le forze russe del generale Miloradovič a Krasnoi nel pomeriggio del 18 novembre; Napoleone era già lontano a Orša e anche il maresciallo Davout non intervenne in aiuto<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 212-215|Nicolson2001 }}.</ref>.
=== Catastrofe finale della Grande Armata ===
[[File:Rousset-The retreat from Moscow.jpg|thumb|right|290px|La ritirata dell'esercito francese.]]
Dopo il [[20 novembre]] anche Napoleone sembrò più pessimista sull'esito della campagna; il [[23 novembre]] disse a Caulaincourt che la "situazione si sta facendo molto grave"; due giorni prima aveva appreso della caduta di Minsk e dell'avvicinamento da sud dell'ammiraglio Čičagov con 30.000 uomini. Egli sperava tuttavia di poter contare sui 20.000 soldati ancora efficienti del II corpo del maresciallo Oudinot e del IX corpo del maresciallo Victor e, dopo aver superato la Beresina, sulle guarnigioni e sui depositi ammassati tra il Niemen e la Vistola. L'imperatore prese la decisione, per agevolare la marcia, di liberarsi di tutto l'equipaggiamento inutile ed anche di bruciare tutte le barche da ponte<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 218-220|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>; egli credeva che i marescialli Victor e Oudinot fossero in grado di difendere i ponti di [[Borisov]] e prevedeva di attraversare in quel punto il fiume.
 
Nonostante la situazione apparisse disperata, il maresciallo Ney respinse tutti gli inviti alla resa e con i suoi 3&nbsp;000 soldati trovò il modo di sfuggire alla morsa dei quasi 80&nbsp;000 uomini radunati dal generale Kutuzov e dal generale Miloradovič sulle colline intorno a Krasnoi<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 214-215|Nicolson2001 }}.</ref>. Il maresciallo decise quindi di passare di nascosto sulla riva settentrionale del Dnepr, che era solo parzialmente gelato, e fuggire verso ovest lungo quella riva. Dopo aver attraversato con grandi difficoltà il fiume, il 21 novembre il maresciallo Ney riuscì a raggiungere, insieme a 925 superstiti, la città di Orša e ricollegarsi con le truppe del principe Eugenio<ref>{{Cita|Chandler 1988| pp. 512-513|Chandler1988 }}.</ref>. Napoleone, già 32 chilometri più a ovest, mostrò grande sollievo per la salvezza del maresciallo Ney, nonostante la quasi completa distruzione del III corpo. Il maresciallo Davout venne criticato per il mancato soccorso alle truppe del maresciallo Ney<ref>{{Cita|Chandler 1988| p. 188|Chandler1988 }}.</ref>.
In realtà fin dal [[21 novembre]] i russi si erano impadroniti di Borisov e dei ponti sulla Beresina; l'ammiraglio Čičagov era avanzato da Minsk con il suo esercito diviso in tre colonne e, dopo aver sopraffatto l'aspra resistenza dei polacchi del generale [[Jan Henryk Dąbrowski]], aveva conquistato la cittadina e i ponti. L'ammiraglio sembrava ottimista e, convinto di poter bloccare i francesi, diramò un proclama alle sue truppe in cui spronava a catturare Napoleone in persona e ne tratteggiava le fattezze fisiche che permettessero di identificarlo. Nel frattempo il generale Wittgenstein che aveva riconquistato Polock il [[18 ottobre]] respinse i marescialli Gouvion-Saint-Cyr e Victor fino al fiume Ulla; il [[22 novembre]] si rimise in marcia verso sud con 40.000 soldati<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 283-285|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>.
 
La [[battaglia di Krasnoi]], confusa e drammatica, era durata tre giorni ed era costata gravi perdite ai francesi che ebbero 10&nbsp;000 morti, i russi catturarono 20&nbsp;000 uomini e 200 cannoni; il generale Kutuzov si ritenne soddisfatto dei risultati raggiunti, nonostante le nuove critiche ricevute da alcuni suoi generali; egli riteneva indispensabile non affaticare in modo disastroso le sue truppe nell'inseguimento e considerava ormai raggiunta la vittoria<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 277-278|Lieven2010 }}.</ref>. Il 19 novembre il grosso dell'armata francese ripartì per Orša che Napoleone con la Guardia raggiunse il 20 novembre<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 400-401|Blond1998 }}.</ref>; il nuovo ostacolo alla ritirata era ora rappresentato dal fiume [[Beresina]].[[File:Rousset-The retreat from Moscow.jpg|thumb|upright=1.3|La ritirata dell'esercito francese]]
Ma i francesi reagirono a queste minacce sui fianchi; il maresciallo Oudinot accorse alla Beresina con le sue truppe e contrattaccò subito il [[22 novembre]], sorprese l'avanguardia russa e riconquistò la cittadina di Borisov sulla riva orientale del fiume; i russi ripiegarono sulla riva occidentale, bloccando l'attraversamento del fiume, dopo aver incendiato i ponti<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 220|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>indispensabili per passare sulla riva occidentale, dato che, a causa del disgelo provocato da un temporaneo aumento delle temperature, la Beresina non era più ghiacciata.
Dopo il 20 novembre anche Napoleone sembrò più pessimista sull'esito della campagna; il 23 novembre disse a Caulaincourt che la "situazione si sta facendo molto grave"; due giorni prima aveva appreso della caduta di Minsk e dell'avvicinamento da sud dell'ammiraglio Čičagov con 30&nbsp;000 uomini. Egli sperava tuttavia di contare sui 20&nbsp;000 soldati ancora efficienti del II corpo del maresciallo Oudinot e del IX corpo del maresciallo Victor e, dopo aver superato la Beresina, sulle guarnigioni e sui depositi ammassati tra il Niemen e la Vistola. L'imperatore prese la decisione, per agevolare la marcia, di liberarsi di tutto l'equipaggiamento inutile e anche di bruciare tutte le barche da ponte<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 218-220|Nicolson2001 }}.</ref>; egli credeva che i marescialli Victor e Oudinot fossero in grado di difendere i ponti di [[Barysaŭ|Borisov]] e prevedeva di attraversare in quel punto il fiume.
 
In realtà fin dal 21 novembre i russi si erano impadroniti di Borisov e dei ponti sulla Beresina; l'ammiraglio Čičagov era avanzato da Minsk con il suo esercito diviso in tre colonne e, dopo aver sopraffatto l'aspra resistenza dei polacchi del generale [[Jan Henryk Dąbrowski]], aveva conquistato la cittadina e i ponti. L'ammiraglio sembrava ottimista e, convinto di poter bloccare i francesi, diramò un proclama alle sue truppe in cui spronava a catturare Napoleone in persona e ne tratteggiava le fattezze fisiche che permettessero di identificarlo. Nel frattempo il generale Wittgenstein che aveva riconquistato Polock il 18 ottobre respinse i marescialli Gouvion-Saint-Cyr e Victor fino al fiume Ulla; il 22 novembre si rimise in marcia verso sud con 40&nbsp;000 soldati<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 283-285|Lieven2010 }}.</ref>.
Il [[24 novembre]] Napoleone apprese del disastro a Borisov; per alcuni giorni dopo aver lasciato Orşa la situazione dell'armata era sembrata migliorare, grazie anche agli abbondanti rifornimenti trovati in quella città, anche se la marcia nel fango che si formò per l'improvviso disgelo fu molto faticosa. Sulla riva orientale della Beresina i superstiti e gli sbandati si congiunsero finalmente con i soldati relativamente freschi del II e del IX corpo che rimasero impressionati dalle miserabili condizioni dei loro commilitoni. L'imperatore mantenne una fredda lucidità anche in questa drammatica situazione; nonostante la distruzione dei ponti a Borisov e la mancanza di materiali, egli decise di studiare un piano per trasportare in salvo oltre il fiume i suoi soldati<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 221-223|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:Березина Кившенко.jpg|thumb|left|330px|Il [[battaglia della Beresina|passaggio della Beresina]].]]
Ma i francesi reagirono a queste minacce sui fianchi; il maresciallo Oudinot accorse alla Beresina con le sue truppe e contrattaccò subito il 22 novembre, sorprese l'avanguardia russa e riconquistò la cittadina di Borisov sulla riva orientale del fiume; i russi ripiegarono sulla riva occidentale, bloccando l'attraversamento del fiume, dopo aver incendiato i ponti<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 220|Nicolson2001 }}.</ref> indispensabili per passare sulla riva occidentale, dato che, a causa del disgelo provocato da un temporaneo aumento delle temperature, la Beresina non era più ghiacciata.
Per evitare la trappola dei tre eserciti russi convergenti da nord, sud ed est, Napoleone contava anche sulle esitazioni del generale Kutuzov e degli altri comandanti russi molto prudenti e ancora intimoriti dalla sua reputazione di condottiero formidabile; in particolare Kutuzov si era fermato a [[Kopys']] con il grosso delle sue forze per riorganizzare e far riposare le truppe, e aveva mandato avanti solo il contingente del generale Miloradovič, preceduto a sua volta da una "colonna volante" partita all'avanguardia il [[19 novembre]] al comando del generale [[Aleksej Petrovič Ermolov|Aleksej Ermolov]]<ref>{{Cita|Lieven2010| pp. 285-286|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>.
 
Il 24 novembre Napoleone apprese del disastro a Borisov; per alcuni giorni dopo aver lasciato Orşa la situazione dell'armata era sembrata migliorare, grazie anche agli abbondanti rifornimenti trovati in quella città, anche se la marcia nel fango che si formò per l'improvviso disgelo fu molto faticosa. Sulla riva orientale della Beresina i superstiti e gli sbandati si congiunsero finalmente con i soldati relativamente freschi del II e del IX corpo che rimasero impressionati dalle miserabili condizioni dei loro commilitoni. L'imperatore mantenne una fredda lucidità anche in questa drammatica situazione; nonostante la distruzione dei ponti a Borisov e la mancanza di materiali, egli decise di studiare un piano per trasportare in salvo oltre il fiume i suoi soldati<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 221-223|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
Per evitare la trappola dei tre eserciti russi convergenti da nord, sud ed est, Napoleone contava anche sulle esitazioni del generale Kutuzov e degli altri comandanti russi molto prudenti e ancora intimoriti dalla sua reputazione di condottiero formidabile; in particolare Kutuzov si era fermato a [[Kopys']] con il grosso delle sue forze per riorganizzare e far riposare le truppe, e aveva mandato avanti solo il contingente del generale Miloradovič, preceduto a sua volta da una "colonna volante" partita all'avanguardia il 19 novembre al comando del generale [[Aleksej Petrovič Ermolov|Aleksej Ermolov]]<ref>{{Cita|Lieven 2010| pp. 285-286|Lieven2010 }}.</ref>.
 
La sera del 24 novembre l'imperatore venne informato della presenza di un possibile punto di passaggio sulla Beresina non occupato dai russi a nord di Borisov, nel villaggio di [[Studienka (Bielorussia)|Studienka]]; egli decise quindi di attraversare in quel punto il fiume. I soldati del II corpo del maresciallo Oudinot occuparono subito Studjenka e il generale del genio [[Jean Baptiste Éblé]] venne inviato sul posto per costruire i ponti necessari alle truppe<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 406-408 e 410|Blond1998 }}.</ref>. I 30&nbsp;000 uomini del generale Wittgenstein erano a 20 chilometri di distanza a nord; il grosso dell'esercito del generale Kutuzov era ancora sul Dnepr a oltre 150 chilometri dalla Beresina, mentre l'ammiraglio Čičagov aveva disseminato le sue truppe lungo la riva occidentale<ref>{{Cita|Blond 1998| p. 407|Blond1998 }}.</ref>. Napoleone, dopo il rinforzo del II e del IX corpo, disponeva di circa 40&nbsp;000 soldati efficienti e di un numero molto elevato di sbandati; i piani dell'imperatore prevedevano di ingannare l'ammiraglio Čičagov con una serie di finte a Borisov e quindi attraversare di sorpresa a Studienka; il maresciallo Victor avrebbe dovuto trattenere le truppe del generale Wittgenstein, mentre il maresciallo Davout avrebbe controllato un'eventuale avanzata del generale Kutuzov da est<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 224-225|Nicolson2001 }}.</ref>.
 
La notte del 25-26 novembre Napoleone arrivò con i suoi soldati a Studienka; i russi non individuarono subito questo movimento e trattennero le loro forze intorno a Borisov, dando tempo ai francesi di organizzare il passaggio della Beresina<ref>{{Cita|Nicolson 2001| p. 225|Nicolson2001 }}.</ref>. Dal mattino del 25 novembre il generale Éblé aveva dato inizio alla costruzione dei ponti; grazie alla sua energia e al coraggio dei suoi uomini del genio, furono costruiti due ponti su cavalletti servendosi del legno delle case del villaggio; alle ore 15 del 26 novembre il primo ponte venne completato e alle ore 16.30 terminarono i lavori anche del secondo<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 408-409|Blond1998 }}.</ref>. La maggior parte dei 400 genieri impegnati morirono assiderati lavorando nell'acqua. Dopo il passaggio del II corpo del maresciallo Oudinot, entro la sera attraversarono la Beresina anche i reparti del maresciallo Davout e del principe Eugenio; si crearono ritardi e difficoltà a causa del crollo del secondo ponte e i genieri dovettero sacrificarsi continuamente per risolvere i problemi tecnici, mentre i soldati passavano penosamente il fiume<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 228-229|Nicolson2001 }}.</ref>.
[[File:Claude Victor Perrin.jpg|thumb|upright=0.5|Il maresciallo [[Claude-Victor Perrin|Claude Victor]]]]
Napoleone con la Guardia imperiale, Murat con gli ultimi cavalieri e i superstiti del corpo del maresciallo Ney passarono la Beresina il 27 novembre; l'imperatore controllò la marcia all'inizio del ponte e apparve molto calmo. Il 28 novembre i russi passarono finalmente all'attacco sulle due rive del fiume per bloccare gli attraversamenti e distruggere l'esercito francese; il generale Wittgenstein, ancora ignaro della situazione a Studienka, si diresse verso Borisov e durante l'avanzata incontrò la divisione francese del generale [[Louis Partouneaux]] che venne accerchiata e infine costretta alla resa; 4&nbsp;000 francesi caddero prigionieri<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 409-410 e 412|Blond1998 }}.</ref>. Sulla riva occidentale del fiume l'ammiraglio Čičagov attaccò in forze il 28 novembre ma i suoi attacchi vennero respinti dalle truppe del maresciallo Oudinot e del maresciallo Davout; sulla riva orientale fu invece il maresciallo Victor che rimase fino all'ultimo con il IX corpo e trattenne l'avanzata verso i ponti delle truppe del generale Wittgenstein e del generale Ermolov, arrivato il 27 novembre con la sua colonna volante<ref>{{Cita|Lieven 2010| p. 286|Lieven2010 }}.</ref>, precedendo il grosso dell'esercito del generale Kutuzov. Il maresciallo Victor riuscì, durante la notte del 28 novembre, ad attraversare a sua volta il fiume sui ponti che alle ore 10:00 del mattino del 29 novembre il generale Éblé diede ordine di incendiare, sacrificando i ritardatari<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 230-231|Nicolson2001 }}.</ref>. Sulla riva orientale erano rimasti circa 12&nbsp;000 sbandati che cercarono di passare nella più grande confusione sui ponti in fiamme; la maggior parte annegò o rimase uccisa nella fase finale della battaglia<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 412-415|Blond1998 }}.</ref>.
[[File:Prianishnikov 1812.jpg|thumb|left|upright=1.3|Pittura "Nel [[1812]]", di [[Illarion Michajlovič Prjanišnikov|Illarion Pryanishnikov]]]]
 
=== Catastrofe finale della Grande Armata ===
Circa 30&nbsp;000 soldati attraversarono la Beresina, di cui circa 20&nbsp;000 truppe combattenti, con i quali Napoleone continuò subito verso Vilna, passando per [[Zembin]]; nonostante la riuscita manovra dell'imperatore che permise di evitare una disfatta definitiva grazie anche alle esitazioni dei generali russi, le perdite francesi nella [[battaglia della Beresina]] furono molto elevate: circa 25&nbsp;000 morti, dispersi e prigionieri tra le truppe combattenti e quasi altrettanti sbandati<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 232-233|Nicolson2001 }}.</ref>. Nonostante il sollievo delle truppe per lo scampato pericolo, le sofferenze dei superstiti della Grande Armata non erano affatto terminate, al contrario l'ultima parte della ritirata fu la più difficile e penosa per i soldati. La marcia continuò dalla Beresina a Vilna per 250 chilometri e poi per altri 60 chilometri fino a Kovno<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 415-416|Blond1998 }}.</ref>; il clima colpì duramente le truppe: mentre nella prima parte della ritirata le temperature erano state relativamente miti e si erano avuti solo tre giorni di gelo, nell'ultima fase ve ne furono ventidue consecutivi<ref name="JT22"/>. La temperatura che oscillò tra i -20 e i -30&nbsp;°C, la neve e il vento completarono il disfacimento dell'esercito. Dopo una settimana di marcia verso Vilna, solo 13&nbsp;000 soldati erano ancora in grado di combattere; le truppe avanzavano in silenzio, ancora disciplinate, cercando di non addormentarsi nei bivacchi per evitare l'assideramento<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 237-238|Nicolson2001 }}.</ref>; Napoleone marciava a piedi o a cavallo, circondato dai suoi aiutanti e dai marescialli<ref>{{Cita|Blond 1998| p. 416|Blond1998 }}.</ref>.
 
Il 2 dicembre Napoleone e i superstiti raggiunsero [[Maladzečna|Molodechno]] e la strada principale che deviava verso Vilna; l'imperatore decise finalmente di informare la Francia, dove si era all'oscuro del reale andamento della campagna. Venne quindi redatto il famoso "29° Bollettino della Grande Armata" in cui Napoleone cercava di delineare un quadro edulcorato, ma tuttavia sufficientemente chiaro, dell'esito disastroso dell'impresa. Il Bollettino si dilungava su alcuni successi, imputava le difficoltà soprattutto al clima invernale, lamentava la grande perdita di cavalli e si manteneva molto reticente sulla sorte dei soldati; tuttavia parlava di "spaventosa calamità" e di armata "orribilmente stremata": il 29° Bollettino si concludeva con rassicuranti parole sull'ottima salute dell'imperatore, allo scopo di tranquillizzare i funzionari dell'impero ed evitare il diffondersi di notizie incontrollate<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 417-419|Blond1998 }}.</ref>.
La sera del 24 novembre l'imperatore venne informato della presenza di un possibile punto di passaggio sulla Beresina non occupato dai russi a nord di Borisov, nel villaggio di [[Studienka (Bielorussia)|Studienka]]; egli decise quindi di attraversare in quel punto il fiume. I soldati del II corpo del maresciallo Oudinot occuparono subito Studjenka e il generale del genio [[Jean Baptiste Eblé]] venne inviato sul posto per costruire i ponti necessari alle truppe<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 406-408 e 410|Blond 1998 |harv=s}}</ref>. I 30.000 uomini del generale Wittgenstein erano a 20 chilometri di distanza a nord; il grosso dell'esercito del generale Kutuzov era ancora sul Dniepr a oltre 150 chilometri dalla Beresina, mentre l'ammiraglio Čičagov aveva disseminato le sue truppe lungo la riva occidentale<ref>{{Cita|Blond1998| p. 407|Blond 1998 |harv=s}}</ref>. Napoleone, dopo il rinforzo del II e del IX corpo, disponeva di circa 40.000 soldati efficienti e di un numero molto elevato di sbandati; i piani dell'imperatore prevedevano di ingannare l'ammiraglio Čičagov con una serie di finte a Borisov e quindi attraversare di sorpresa a Studienka; il maresciallo Victor avrebbe dovuto trattenere le truppe del generale Wittgenstein, mentre il maresciallo Davout avrebbe controllato un eventuale avanzata del generale Kutuzov da est<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 224-225|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
La ritirata continuava; a Molodechno il maresciallo Ney e poi il maresciallo Victor trattennero le forze dell'ammiraglio Čičagov e poi si diressero a [[Smorgon']] dove appresero la decisione finale di Napoleone. Egli, preoccupato della solidità del regime e del sistema di alleanze e temendo il panico a seguito delle notizie diffuse dal 29° Bollettino, riteneva indispensabile abbandonare l'armata e ritornare alla massima velocità a Parigi per consolidare la situazione politica, tranquillizzare gli animi e organizzare un nuovo esercito. Dopo un'ultima riunione il 5 dicembre, in cui la maggioranza dei partecipanti consigliò all'imperatore di partire, Napoleone lasciò l'armata insieme a Caulaincourt, Duroc e [[Agathon Jean François Fain|Agathon Fain]], affidando il comando in capo a Gioacchino Murat<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 242-245|Nicolson2001 }}.</ref>. Egli partì in segreto da Smorgon' alle ore 22:00 del 5 dicembre con la scorta di uno squadrone di cacciatori a cavallo della Guardia e di uno squadrone di cavalleria polacca; a Vilna questi reparti furono sostituiti dai cavalleggeri della Guardia reale napoletana<ref>{{Cita|Blond 1998| p. 420|Blond1998 }}.</ref>. Napoleone evitò Vilna e si diresse in carrozza a Kovno e poi a [[Głogów]] dove salì con Caulaincourt su una slitta con cui proseguì il resto del rapido viaggio. Il 10 dicembre raggiunsero [[Varsavia]], entrarono a [[Dresda]] il 13 dicembre, il 16 dicembre passarono il [[Reno]] a [[Magonza]] e il 18 dicembre arrivarono nel massimo segreto a Parigi<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 246-252|Nicolson2001 }}.</ref>.
La notte del 25-26 novembre Napoleone arrivò con i suoi soldati a Studienka; i russi non individuarono subito questo movimento e trattennero le loro forze intorno a Borisov, dando tempo ai francesi di organizzare il passaggio della Beresina<ref>{{Cita|Nicolson2001| p. 225|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Dal mattino del [[25 novembre]] il generale Eblé aveva dato inizio alla costruzione dei ponti; grazie alla sua energia e al coraggio dei suoi uomini del genio, furono costruiti due ponti su cavalletti servendosi del legno delle case del villaggio; alle ore 15 del [[26 novembre]] il primo ponte venne completato e alle ore 16.30 terminarono i lavori anche del secondo<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 408-409|Blond 1998 |harv=s}}</ref>. La maggior parte dei 400 genieri impegnati morirono assiderati lavorando nell'acqua. Dopo il passaggio del II corpo del maresciallo Oudinot, entro la sera attraversarono la Beresina anche i reparti del maresciallo Davout e del principe Eugenio; si crearono ritardi e difficoltà a causa del crollo del secondo ponte e i genieri dovettero sacrificarsi continuamente per risolvere i problemi tecnici, mentre i soldati passavano penosamente il fiume<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 228-229|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
[[File:Claude Victor Perrin.jpg|thumb|right|110px|Il maresciallo [[Claude-Victor Perrin|Claude Victor]].]]
Napoleone con la Guardia imperiale, Murat con gli ultimi cavalieri e i superstiti del corpo del maresciallo Ney passarono la Beresina il [[27 novembre]]; l'imperatore controllò la marcia all'inizio del ponte e apparve molto calmo. Il [[28 novembre]] i russi passarono finalmente all'attacco sulle due rive del fiume per bloccare gli attraversamenti e distruggere l'esercito francese; il generale Wittgenstein, ancora ignaro della situazione a Studienka, si diresse verso Borisov e durante l'avanzata incontrò la divisione francese del generale [[Louis Partouneaux]] che venne accerchiata e infine costretta alla resa; 4.000 francesi caddero prigionieri<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 409-410 e 412|Blond 1998 |harv=s}}</ref>. Sulla riva occidentale del fiume l'ammiraglio Čičagov attaccò in forze il 28 novembre ma i suoi attacchi vennero respinti dalle truppe del maresciallo Oudinot e del maresciallo Davout; sulla riva orientale fu invece il maresciallo Victor che rimase fino all'ultimo con il IX corpo e trattenne l'avanzata verso i ponti delle truppe del generale Wittgenstein e del generale Ermolov, arrivato il 27 novembre con la sua colonna volante<ref>{{Cita|Lieven2010| p. 286|Lieven 2010 |harv=s}}</ref>, precedendo il grosso dell'esercito del generale Kutuzov. Il maresciallo Victor riuscì, durante la notte del 28 novembre, ad attraversare a sua volta il fiume sui ponti che alle ore 10.00 del mattino del [[29 novembre]] il generale Eblé diede ordine di incendiare, sacrificando i ritardatari<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 230-231|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Sulla riva orientale erano rimasti circa 12.000 sbandati che cercarono di passare nella più grande confusione sui ponti in fiamme; la maggior parte annegò o rimase uccisa nella fase finale della battaglia<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 412-415|Blond 1998 |harv=s}}</ref>.
[[File:Prianishnikov 1812.jpg|thumb|left|290px|Pittura "Nel [[1812]]", di [[Illarion Pryanishnikov]].]]
Circa 30.000 soldati attraversarono la Beresina, di cui circa 20.000 truppe combattenti, con i quali Napoleone continuò subito verso Vilna, passando per [[Zembin]]; nonostante la riuscita manovra dell'imperatore che permise di evitare una disfatta definitiva grazie anche alle esitazioni dei generali russi, le perdite francesi nella [[battaglia della Beresina]] furono molto elevate: circa 25.000 morti, dispersi e prigionieri tra le truppe combattenti e quasi altrettanti sbandati<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 232-233|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Nonostante il sollievo delle truppe per lo scampato pericolo, le sofferenze dei superstiti della Grande Armata non erano affatto terminate, al contrario l'ultima parte della ritirata fu la più difficile e penosa per i soldati. La marcia continuò dalla Beresina a Vilna per 250 chilometri e poi per altri 60 chilometri fino a Kovno<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 415-416|Blond 1998 |harv=s}}</ref>; il clima colpì duramente le truppe: mentre nella prima parte della ritirata le temperature erano state relativamente miti e si erano avuti solo tre giorni di gelo, nell'ultima fase vi furono ventidue giorni continui di gelo<ref>{{Cita|Tulard1994| p. 523|Tulard 1994 |harv=s}}</ref>. La temperatura che oscillò tra i -20 e i -30 °C, la neve e il vento completarono il disfacimento dell'esercito. Dopo una settimana di marcia verso Vilna, solo 13.000 soldati erano ancora in grado di combattere; le truppe avanzavano in silenzio, ancora disciplinate, cercando di non addormentarsi nei bivacchi per evitare l'assideramento<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 237-238|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>; Napoleone marciava a piedi o a cavallo, circondato dai suoi aiutanti e dai marescialli<ref>{{Cita|Blond1998| p. 416|Blond 1998 |harv=s}}</ref>.
 
Nel frattempo Murat aveva perso definitivamente il controllo della situazione; il 6 dicembre la temperatura scese a -37&nbsp;°C, le truppe si disgregarono completamente, circa 20&nbsp;000 soldati morirono per il freddo e le sofferenze lungo la strada tra Smorgon' e Vilna, tra cui buona parte degli uomini della divisione fresca del generale [[Louis Henri Loison]]<ref>{{Cita|Blond 1998| pp. 422-423|Blond1998 }}.</ref>. I superstiti raggiunsero Vilna l'8 dicembre; le truppe senza controllo saccheggiarono i cospicui depositi di rifornimenti e persero ogni coesione e disciplina<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 256-257|Nicolson2001 }}.</ref>. Murat ripartì già il 9 dicembre e circa 10&nbsp;000 soldati ripresero la ritirata verso Kovno; il maresciallo Ney difese coraggiosamente il ponte sul Niemen e coprì le spalle della colonna con la retroguardia; infine il maresciallo si ritirò a sua volta dopo aver incendiato il ponte; i suoi uomini furono gli ultimi soldati francesi ad abbandonare il suolo russo il 14 dicembre 1812<ref>{{Cita|Nicolson 2001| pp. 257-258|Nicolson2001 }}.</ref>.
Il [[2 dicembre]] Napoleone e i superstiti raggiunsero [[Molodechno]] e la strada principale che deviava verso Vilna; l'imperatore decise finalmente di informare la Francia, dove si era all'oscuro del reale andamento della campagna. Venne quindi redatto il famoso "29° Bollettino della Grande Armata" in cui Napoleone cercava di delineare un quadro edulcorato, ma tuttavia sufficientemente chiaro, dell'esito disastroso dell'impresa. Il Bollettino si dilungava su alcuni successi, imputava le difficoltà soprattutto al clima invernale, lamentava la grande perdita di cavalli e si manteneva molto reticente sulla sorte dei soldati; tuttavia parlava di "spaventosa calamità" e di armata "orribilmente stremata": Il 29° Bollettino si concludeva con rassicuranti parole sull'ottima salute dell'imperatore, allo scopo di tranquilizzare i funzionari dell'impero ed evitare il diffondersi di notizie incontrollate<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 417-419|Blond 1998 |harv=s}}</ref>.
[[File:Patriotic War of 1812 RUS map2.svg|thumb|right|270px|Carte delle operazioni durante la ritirata della [[Grande Armata]].]]
La ritirata continuava; a Molodechno il maresciallo Ney e poi il maresciallo Victor trattennero le forze dell'ammiraglio Čičagov e poi si diressero a [[Smorgon']] dove appresero la decisione finale di Napoleone. Egli, preoccupato della solidità del regime e del sistema di alleanze e temendo il panico a seguito delle notizie diffuse dal 29° Bollettino, riteneva indispensabile abbandonare l'armata e ritornare alla massima velocità a Parigi per consolidare la situazione politica, tranquillizzare gli animi e organizzare un nuovo esercito. Dopo un'ultima riunione il [[5 dicembre]], in cui la maggioranza dei partecipanti consigliò all'imperatore di partire, Napoleone lasciò l'armata insieme a Caulaincourt, Duroc e [[Agathon Jean François Fain|Agathon Fain]], affidando il comando in capo a Joachim Murat<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 242-245|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Egli partì in segreto da Smorgon' alle ore 22.00 del 5 dicembre con la scorta di uno squadrone di cacciatori a cavallo della Guardia e di uno squadrone di cavalleria polacca; a Vilna questi reparti furono sostituiti dai cavalleggeri della Guardia reale napoletana<ref>{{Cita|Blond1998| p. 420|Blond 1998 |harv=s}}</ref>. Napoleone evitò Vilna e si diresse in carrozza a Kovno e poi a [[Głogów]] dove salì con Caulaincourt su una slitta con cui proseguì il resto del rapido viaggio. Il [[10 dicembre]] raggiunsero [[Varsavia]], entrarono a [[Dresda]] il [[13 dicembre]], il [[16 dicembre]] passarono il [[Reno]] a [[Magonza]] e il [[18 dicembre]] arrivarono nel massimo segreto a Parigi<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 246-252|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:Cannone Regno Italico.jpg|thumb|upright=0.6|[[Mosca (Russia)|Mosca]], [[Cremlino]], cannone in bronzo dell'artiglieria del [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]], fuso a [[Pavia]] e catturato dall'esercito russo nel 1812]]
Nel frattempo Murat aveva perso definitivamente il controllo della situazione; il [[6 dicembre]] la temperatura scese a -30 °C, le truppe si disgregarono completamente, circa 20.000 soldati morirono per il freddo e le sofferenze lungo la strada tra Smorgon' e Vilna, tra cui buona parte degli uomini della divisione fresca del generale [[Louis Henri Loison]]<ref>{{Cita|Blond1998| pp. 422-423|Blond 1998 |harv=s}}</ref>. I superstiti raggiunsero Vilna l'[[8 dicembre]]; le truppe senza controllo saccheggiarono i cospicui depositi di rifornimenti e persero ogni coesione e disciplina<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 256-257|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>. Murat ripartì già il [[9 dicembre]] e circa 10.000 soldati ripresero la ritirata verso Kovno; il maresciallo Ney difese coraggiosamente il ponte sul Niemen e coprì le spalle della colonna con la retroguardia; infine il maresciallo si ritirò a sua volta dopo aver incendiato il ponte; i suoi uomini furono gli ultimi soldati francesi ad abbandonare il suolo russo il [[14 dicembre]] 1812<ref>{{Cita|Nicolson2001| pp. 257-258|Nicolson 2001 |harv=s}}</ref>.
 
Circa 10.&nbsp;000 soldati si trascinarono fino a [[Königsberg]], seguiti nelle settimane seguenti da altri 40.&nbsp;000 sbandati e dispersi in piccoli gruppi<ref name="GL33" />; sui fianchi dell'armata principale che aveva marciato fino a Mosca, il maresciallo Macdonald ripiegò alla metà di dicembre verso [[Sovetsk (Oblast' di Kaliningrad)|Tilsit]] con 7.&nbsp;000 francesi e 17.&nbsp;000 prussiani, mentre i generali Schwarzenberg e Reynier si erano già ritirati sul Bug con 35.&nbsp;000 soldati<ref>{{Cita|Nicolson2001Nicolson 2001| pp. 259-260|NicolsonNicolson2001 2001 |harv=s}}.</ref>. La campagna di Russia era finita e la Grande Armata era ormai distrutta.
 
== Bilancio e conseguenze ==
{{vedi anche|Sesta coalizione}}
Le perdite della Grande Armata in Russia furono catastrofiche ed ebbero un'influenza irreversibile sull'equilibrio militare in Europa; secondo [[Georges Lefebvre]] Napoleone ebbe circa 400.&nbsp;000 morti e dispersi e 100.&nbsp;000 prigionieri<ref name="GL33"/>; [[David G. Chandler]] parla invece di 370.&nbsp;000 morti e dispersi e 200.&nbsp;000 prigionieri, tra cui 48 generali e 3.&nbsp;000 ufficiali; oltre alle perdite umane, disastrose furono anche le perdite materiali subite dall'esercito; i francesi riportarono indietro dalla Russia solo 250 cannoni, i russi affermarono di averne catturati 925; gravissima fu anche la perdita per i francesi di oltre 200.&nbsp;000 cavalli che privò la cavalleria napolenicanapoleonica dei mezzi per ritornare all'originaria potenza nelle successive campagne di guerra<ref>{{Cita|Chandler1992Chandler 1992| pp. 1020-1021|ChandlerChandler1992 1992 |harv=s}}.</ref>.
[[File:Minard.png|thumb|260pxupright=1.2|Un grafico di [[Charles Joseph Minard]] che mostra la disastrosa riduzione degli effettivi della [[Grande ArméeArmata]] nella sua marcia verso [[Mosca (Russia)|Mosca]] e nella ritirata: il percorso beige indica l'andata da [[Kaunas|Kovno]] a Mosca, quello nero il ritorno, e lo spessore indica la quantità di uomini vivi. Vengono mostrate anche le temperature rilevate in gradi [[Grado Réaumur|Réaumur]].]]
Nonostante le dimensioni del disastro in Russia, tuttavia l'imperatore, alla partenza da Smorgon', non era affatto rassegnato alla sconfitta; rimaneva invece fiducioso e considerava la situazione ancora rimediabile; ritornando subito a Parigi, egli era intenzionato a organizzare un nuovo esercito per riprendere la guerra in primavera. L'imperatore si illudeva della fedeltà all'alleanza di Prussia e Austria e riteneva inoltre che Murat, sfruttando l'indebolimento anche dei russi, sarebbe riuscito a resistere almeno sulla linea della Vistola<ref name="GLFB22">{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| p. 604|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Effettivamente anche l'esercito russo era esausto dopo la durissima campagna; le sue perdite, secondo David G. Chandler, erano state di almeno 150.&nbsp;000 morti e dispersi e un numero doppio di feriti e malati a causa della guerra<ref>{{Cita|Chandler1992Chandler 1992| p. 1021|ChandlerChandler1992 1992 |harv=s}}.</ref>; l'armata del generale Kutuzov contava a metà dicembre solo 42.&nbsp;000 soldati, il generale Wittgenstein disponeva di 35.&nbsp;000 soldati, mentre l'ammiraglio Čičagov ne aveva ancora 24.&nbsp;000<ref>{{Cita|Lieven2010Lieven 2010| p. 292|Lieven 2010Lieven2010 |harv=s}}.</ref>. Inoltre il generale Kutuzov, stanco e malato, riteneva esaurito il suo compito dopo la liberazione della patria e non attraversò subito la frontiera. Fu lo zar Alessandro che, sollecitato dai suoi consiglieri a liberare i popoli europei dal dominio napoleonico e desideroso di assumere il ruolo eroico di salvatore della cristianità, decise, giunto il [[23 dicembre]] a Vilna insieme a Nesselrode, di continuare la guerra ed entrare in Polonia<ref name="GLFB22"/>.
[[File:Koetoezov kazan.jpg|thumb|100pxupright=0.5|left|[[Cattedrale di Kazan' (San Pietroburgo)|Cattedrale della Vergine di Kazan]] a [[San Pietroburgo]] dove sono scolpite le vittorie russe contro Napoleone]]
La missione di Murat divenne quasi impossibile anche a causa della defezione della Prussia, innescata dalla decisione del generale Yorck di abbandonare le truppe del maresciallo Macdonald e passare nelle file russe con i suoi 17.&nbsp;000 soldati dopo aver concluso il [[30 dicembre]] 1812 la [[convenzione di Tauroggen]]. Alla fine di gennaio 1813 anche il generale Schwarzenberg ritirò le sue truppe dal fronte scoprendo il fianco destro dello schieramento francese; Murat e il principe Eugenio, che prese il suo posto al comando dopo la decisione del re di Napoli di rientrare precipitosamente nel suo regno, non furono quindi in grado di difendere il Granducato di Varsavia che venne subito invaso dai russi. Le scarse forze francesi abbandonarono Varsavia e ripiegarono sulla linea dell'[[Oder]], da dove ben presto dovettero ritirarsi ancora in attesa dell'arrivo dei rinforzi organizzati in Francia di Napoleone<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 604-607|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>.
 
Nella primavera del 1813 l'imperatore, nonostante le catastrofiche perdite in Russia e l'impegno di 200.&nbsp;000 uomini in Spagna, fu ancora in grado di organizzare un nuovo esercito di oltre 300.&nbsp;000 soldati che, pur costitutocostituito principalmente da giovani coscritti inesperti, si batté bene nella [[Campagna di Germania del 1813|campagna di Germania]]. Tuttavia le perdite di soldati e ufficiali esperti subite in Russia furono irreparabili e impedirono un nuovo amalgama tra coscritti e veterani che era il punto di forza degli eserciti francesi della [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]] e dell'[[Primo Impero francese|Impero]]<ref>{{Cita|Lefebvre2009Lefebvre 2009| pp. 603-604|LefebvreLefebvre2009 2009 |harv=s}}.</ref>. Alla [[battaglia di Lipsia]], Napoleone venne sconfitto e costretto ad abbandonare la Germania; dopo la campagna di Francia del [[1814]] l'imperatore sarebbe stato infine costretto costretto ad abdicare.
 
Sulle cause della catastrofe della Grande Armata, Napoleone nel 29° Bollettino e poi nel [[Il Memoriale di Sant'Elena|Memoriale di Sant'Elena]] ricondusse la rovina della sua impresa quasi esclusivamente al precoce clima invernale russo che avrebbe debilitato le truppe e trasformato la campagna di Russia in un disastro<ref name="JT22">{{Cita|Tulard1994Tulard 1994| p. 523|TulardTulard1994 1994 |harv=s}}.</ref>. Questa interpretazione tradizionale fu ripresa dalle testimonianze e dai primi storici francesi; [[Philippe-Paul de Ségur]], partecipe e primo grande storico dell'impresa, spiegò la catastrofe anche evidenziando le precarie condizioni di salute di Napoleone, che ne avrebbero pregiudicato l'attività e la risolutezza, e facendo riferimento a fattori esterni come il destino avverso e la mancanza di fortuna<ref>{{Cita|Ségur1966Ségur 1966| pp. 11-12|SégurSégur1966 1966 |harv=s}}.</ref>. Queste analisi ottocentesche sono state criticate dall'analisi storiografica più recente. [[Jean Tulard]] sottolinea come solo nell'ultima fase, dalla Beresina a Vilna quando già il disastro era completo, ci fu un clima veramente invernale con tempeturetemperature estreme<ref name="JT22"/>, mentre David G. Chandler evidenzia come la decimazione della Grande Armata iniziò subito e che l'avanzata durante il periodo estivo fu altrettanto sfibrante e micidiale per le truppe francesi della fase di ritirata. Lo storico militare britannico identifica le cause della disfatta in primo luogo nelle enormi difficoltà logistiche di un'avanzata in profondità in Russia e nei problemi di trasporto e di rifornimento; egli inoltre rileva errori tattici e incertezze strategiche di Napoleone, alcune sue esitazioni ede un decadimento in alcune fasi della campagna delle sue grandi capacità intellettuali e della sua energia fisica<ref>{{Cita|Chandler1992Chandler 1992| pp. 1023-1031|ChandlerChandler1992 1992 |harv=s}}.</ref>. Nella storiografia russa invece è sempre stato dato grande rilievo alla resistenza patriottica della popolazione che distrusse il territorio davanti all'avanzata francese e abbandonò i villaggi, alla guerra dei partigiani nelle campagne e alle scelte tattiche e strategiche dei generali russi ede in particolare del maresciallo Kutuzov<ref name="JT22"/>.
 
La campagna di Russia ebbe una importanza decisiva nella storia europea e segnò la rovina dei progetti di Napoleone e del suo sistema di dominio; per le sue catastrofiche dimensioni e per le sue caratteristiche la sconfitta è diventata nel tempo un evento quasi mitico dell'epopea napoleonica; paradossalmente la grandiosità degli eventi e della disfatta hanno accresciuto, anziché diminuito, la fama e il valore del percorso storico quasi leggendario dell'imperatore<ref>{{Cita|MascilliMigliorini2001MascilliMigliorini 2001| pp. 370-371|MascilliMiglioriniMascilliMigliorini2001 2001 |harv=s}}.</ref><ref>{{Cita|Tulard1994Tulard 1994| p. 506|TulardTulard1994 1994 |harv=s}}.</ref>.
 
== La guerra nella cultura ==
* ''[[Ouverture 1812]]'': pezzo per orchestra scritto da [[Pëtr Il'ič Čajkovskij|Čajkovskij]] nel 1882 per celebrare il 70º anniversario della vittoria russa sui francesi.
* {{ru}} ''[[Guerra e pace]]'': romanzo di [[Lev Tolstoj]] basato sulla campagna di Russia, 938 pagine (prima pubblicazione 1863-1869).
 
== Note ==
{{references|3Note strette}}
 
== Bibliografia ==
* {{cita libro | cognome= Blond | nome= Georges | titolo= Vivere e morire per Napoleone, vol. II | editore= Biblioteca Universale Rizzoli | città= Milano | anno= 1998 | id isbn= ISBN 88-17-11797-8 | cid= Blond1998 }}
* {{cita libro | cognome= Chandler | nome= David G.| wkautore = David G. Chandler |titolo= Le campagne di Napoleone, vol. II | editore= Biblioteca Universale Rizzoli | città= Milano | anno= 1992 | id isbn= ISBN 88-17-11577-0 | cid= Chandler1992 }}
* {{cita libro | cognome= Chandler (a cura di)| nome= David G. | titolo= I marescialli di Napoleone | editore= Rizzoli | città= Milano | anno= 1988 | id isbn= ISBN 88-17-33251-8 | cid= Chandler1988 }}
* {{cita libro | cognome= Lefebvre | nome= Georges | wkautore = Georges Lefebvre | titolo= Napoleone | editore= Editori Laterza | città= Bari | anno= 2009 | id isbn= ISBN 978-88-420-5902-8 | cid= Lefebvre2009 }}
* {{cita libro | cognome= Lieven | nome= Dominic | titolo= La tragedia di Napoleone in Russia | editore= Mondadori | città= Milano | anno= 2010 | id isbn= ISBN 978-88-04-60465-5 | cid= Lieven2010 }}
* {{cita libro | cognome= Mascilli Migliorini| nome= Luigi | wkautore = Luigi Mascilli Migliorini |titolo= Napoleone | editore= Salerno Editrice | città= Roma | anno= 2001 | id isbn= ISBN 88-8402-350-5 | cid= MascilliMigliorini2001 }}
* {{cita libro | nome= Indro | cognome= Montanelli | coautori= Mario Cervi | wkautore = Indro Montanelli | titolo= Due secoli di guerre, vol. II | editore= Editoriale Nuova | città= Milano | anno= 1981 | id isbn= {{noISBN}}no | cid= MontanelliCervi1981 }}
* {{cita libro | cognome= Nicolson | nome= Nigel | titolo= Napoleone in Russia | editore= Biblioteca Universale Rizzoli | città= Milano | anno= 2001 | id isbn= ISBN 88-17-12542-3 | cid= Nicolson2001 }}
* E.V. Tàrle, ''1812: la campagna di Napoleone in Russia'', Milano, Corticelli, 1950 [Ristampa Anastatica: Milano, Res Gestae, 2012].
* {{cita libro | cognome= de Ségur | nome= Philippe-Paul | wkautore = Philippe-Paul de Ségur | titolo= Storia di Napoleone e della Grande Armata nell'anno 1812 | editore= Istituto Geografico De Agostini | città= Novara | anno= 1966 | id = {{noISBN}} | cid= Ségur1966 }}
* {{cita libro | cognome= Troyat | nome= Henri | titolo= Alessandro I | url= https://archive.org/details/alessandroilozar0000troy | editore= Biblioteca Storica Il Giornale | città= Milano | anno= 2001 | id isbn= {{noISBN}}no | cid= Troyat2001 }}
* {{cita libro | cognome= Tolstoj | nome= Lev | wkautore = Lev Tolstoj | titolo= Guerra e pace | editore= Mondadori, edizione per Famiglia Cristiana | città= Milano | anno= 1991 | id isbn= {{noISBN}}no | cid= Tolstoj1991 }}
* {{cita libro | cognome= Tulard | nome= Jean | titolo= Napoleone | editore= Rusconi libri | città= Milano | anno= 1994 | id isbn= ISBN 88-18-70091-X | cid= Tulard1994 }}
* ''Memorie di [[Pamfil Nazarovič Nazarov]]''.
 
* Francesco Rubini, ''Documenti ufficiali e bollettini della Grande Armata: anno 1812'', Pubblicazione indipendente, Mosca, 2024.
== La guerra nella cultura ==
 
* ''[[Ouverture 1812]]'': pezzo per orchestra scritto da [[Pëtr Il'ič Čajkovskij|Čajkovskij]] nel 1882 per celebrare il 70º anniversario della vittoria russa sui francesi.
* {{ru}} ''[[Guerra e pace]]'': romanzo di [[Lev Nikolaevič Tolstoj|Lev Tolstoj]] basato sulla Campagna di Russia, 938 pagine (prima pubblicazione 1863-1869)
 
== Voci correlate ==
* [[Guerre napoleoniche]]
* [[Cronologia dell'epocaetà napoleonica]]
* [[Grande Armata]]
* [[Contingenti stranieri nella Grande Armata]]
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== Altri progetti ==
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{{interprogetto|commons=Category:Patriotic War 1812}}
 
== Collegamenti esterni ==
* [{{cita web|url=http://napoleonistyka.atspace.com/Russian_army.htm |titolo=L'esercito russo durante le Guerre napoleoniche]}}
* [{{cita web|url=http://www.napoleonic-literature.com/1812/1812.htm |titolo=Perdite subite dalla Grande Armée durante la Campagna di Russia (grafico)]}}
 
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