Battaglia degli Altipiani: differenze tra le versioni

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{{conflitto
{{Coord|45|54|7|N|11|30|32|E|display=title|type:landmark_region:IT}}
|Tipo = Battaglia
{{F|argomento=battaglie|data=dicembre 2008}}
{{Infobox|Nome del conflitto = Battaglia degli Altipiani
|Immagine = Offensive 1916.png
|Tipo=Battaglia
|Didascalia = Piano dell'Offensiva di Primavera
|Nome del conflitto=Battaglia degli Altipiani <br> ''Strafexpedition''
|Parte_di = del [[Fronte italiano (1915-1918)|fronte italiano]] della [[prima guerra mondiale]]
|Immagine=Guerra Altipiani Dopo Assalto.jpg
|Data = 15 maggio-27 luglio [[1916]]
|Didascalia=Quello che rimane della vegetazione alpina dopo un assalto sull'[[ Altopiano di Asiago|Altopiano di Asiago 7 Comuni]].
|Luogo = [[Trentino]] meridionale, alto [[Vicenza|vicentino]], nei dintorni del massiccio del [[Pasubio]], nell'[[Altopiano dei Sette Comuni]] e nei dintorni di [[Folgaria]], [[Tonezza del Cimone|Tonezza]] e [[Lavarone]]
|Parte_di=del [[Fronte italiano (prima guerra mondiale)|Fronte italiano]] della [[prima guerra mondiale]]
|Esito = Vittoria italiana / Ripiegamento austroungarico
|Data=[[15 maggio]]-[[27 giugno]] [[1916]]
|Schieramento1 = {{AUT-HUN}}
|Luogo=[[Trentino]] meridionale, alto [[Vicenza|vicentino]] <br> [[Pasubio]], [[Altopiano di Asiago|Altopiani di Asiago]], [[Folgaria]], [[Tonezza del Cimone|Tonezza]], [[Lavarone]],
|Schieramento2 = {{ITA 1861-1946}}
|Esito=Offensiva [[Impero austro-ungarico|austro-ungarica]] respinta
|Comandante1 = [[Franz Conrad von Hötzendorf]]<br/>(C.s.m.)<br/>
|Schieramento1={{ITA 1861-1946}}
[[Eugenio d'Asburgo-Teschen|Arciduca Eugenio d'Asburgo]]<br/>
|Schieramento2={{AUT-HUN}}
[[Hermann Kövess]]<br/>(3ª Armata)<br/>
|Comandante1=[[Luigi Cadorna]]</br>
[[Viktor Dankl von Krasnik]]<br/>(11ª Armata)
* [[Roberto Brusati]] →
|Comandante2 = [[Luigi Cadorna]]<br/>(C.s.m.)<br/>
* [[Guglielmo Pecori Giraldi]]
[[Guglielmo Pecori Giraldi]]<br/>([[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª Armata]])<br/>
|Comandante2=[[Franz Graf Conrad von Hötzendorf|Conrad von Hötzendorf]]</br>
[[Pietro Frugoni]]<br/>([[5ª Armata (Regio Esercito)|5ª Armata]])
* [[Eugen von Habsburg-Lothringen]]
|Effettivi1 = 300 battaglioni ({{M|300000}} uomini), {{M|2000}} pezzi d'artiglieria (stime)
* [[Hermann Kövess von Kövesshaza|Hermann Kövess]]
|Effettivi2 = 172 battaglioni ({{M|200000}} uomini), 850 pezzi d'artiglieria (stime)
* [[Viktor Graf Dankl von Krasnik|Viktor Dankl]]
|Perdite1 = {{M|82815}} ({{M|10203}} morti, {{M|45651}} feriti, {{M|26961}} fra prigionieri e dispersi)<ref>Cifre relative al periodo 15 maggio - 31 luglio 1916, fornite dalla Relazione Ufficiale in: Gianni Pieropan, ''1916. Le montagne scottano'', Tamari editori, Bologna, 1968, pag. 214.</ref>
|Effettivi1=172 battaglioni, 850 pezzi d'artiglieria (stime)
|Perdite2 = {{M|147730}} ({{M|15453}} morti, {{M|76642}} feriti e {{M|55635}} fra prigionieri e dispersi)<ref>Dati relativi al periodo 15 maggio - 31 luglio 1916, forniti dal Diario della Prima Armata in: [[Gianni Pieropan]], ''1916. Le montagne scottano'', Tamari editori, Bologna, 1968, pag. 214.</ref>
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}}
{{Campagnabox Fronte Italiano Grande Guerra}}
La '''battaglia degli Altipiani''' ('''Österreich-Ungarns Südtiroloffensive 1916''', o solamente '''Südtiroloffensive''', nelle nazioni di lingua tedesca) fu lo scontro che, durante la [[prima guerra mondiale]], ebbe luogo nella primavera del 1916 sugli [[Gruppo degli Altipiani|altipiani di confine]] tra [[Veneto]] e [[Trentino]] tra l'[[Imperiale e regio esercito]] [[Impero austro-ungarico|austroungarico]] e il [[Regio Esercito]] [[italia]]no, comandati rispettivamente da [[Franz Conrad von Hötzendorf]] e [[Luigi Cadorna]]. La battaglia nella storiografia imperiale è nota con il nome di '''Frühjahrsoffensive''' (in italiano ''Offensiva di primavera'') o anche '''Maioffensive''' o '''Südtiroloffensive''' (in italiano ''Offensiva di Maggio'' o ''Offensiva del Sud Tirolo'').
 
L'offensiva austriaca è poi conosciuta in Italia anche con il termine di '''''Strafexpedition''''' (in italiano ''Spedizione punitiva''). Questa denominazione non ha riscontri nella documentazione ufficiale austriaca del tempo ed è considerata di origine popolare per sottolineare la presunta volontà dell'Austria di punire l'Italia per l'entrata in guerra a fianco dell'[[Triplice intesa|Intesa]].<ref>{{cita|Acerbi|p. 11}}.</ref> Questa fu anche l'unica offensiva austriaca sul fronte italiano tra l'entrata in guerra dell'Italia nel 1915 e [[Battaglia di Caporetto (storiografia)|l'offensiva di Caporetto]] dell'ottobre 1917. La battaglia durò dal [[15 maggio]] [[1916]] al [[27 luglio]] [[1916]]. L'offensiva austriaca si esaurì il [[16 giugno]] [[1916]]; da quella data fino al [[27 luglio]] ebbe invece luogo la controffensiva italiana.
{{quote|Improvvisamente, una nostra mitragliatrice aprì il fuoco. Io mi levai per vedere. Gli austriaci attaccavano. <br />
Chi ha assistito agli avvenimenti di quel giorno, credo che li rivedrà in punto di morte|[[Emilio Lussu]], ''[[Un anno sull'Altipiano]]''}}
 
Questa battaglia segnò la volontà austriaca di condurre un'offensiva su grande scala che avrebbe permesso all'esercito imperiale di invadere la pianura veneta e isolare il fronte dell'Isonzo dal resto della penisola italiana. Tuttavia, le difficoltà logistiche dell'Austria-Ungheria, l'[[Offensiva Brusilov]] sul fronte orientale, e l'afflusso di rinforzi italiani decretarono il fallimento dei piani asburgici, con l'esercito imperiale che decise di ripiegare su posizioni più facilmente difendibili. Si stima che, al termine della battaglia, le perdite italiane ammontarono a quasi {{M|150000}} uomini e quelle austriache a circa {{M|83000}} uomini.<ref name=":5"/>
La '''Battaglia degli Altipiani''' fu una durissima battaglia combattuta tra il [[15 maggio]] e il [[27 giugno]] [[1916]], sugli [[Gruppo degli Altipiani|altipiani vicentini]], tra l'esercito [[italia]]no e quello [[Impero austro-ungarico|austro-ungarico]], impegnati in quella che fu definita dagli italiani come '''''Strafexpedition''''', traduzione in tedesco di "spedizione punitiva" <ref>Non è noto alcun documento storico austriaco che riporti il termine ''Strafexpedition''; esso, chiaro riferimento ad un supposto atteggiamento austro-ungarico, si diffuse tra gli ufficiali italiani al fronte già durante gli scontri, forse anche per poterne far uso in termini sarcastici in caso di fallimento dell'offensiva {{cita|Acerbi|p.11}}</ref>. In tedesco la battaglia è individuata come '''''Frühjahrsoffensive''''' (ossia '''''Offensiva di primavera''''')<ref>La storiografia austriaca raramente si usa il termine "Strafexpedition", abbondantemente utilizzato invece da quella italiana</ref>.
 
== Premesse ==
==I preparativi austro-ungarici==
In seguito all'annessione del Veneto al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], il [[Trentino-Alto Adige|Trentino]] (o Tirolo meridionale) rappresentava un pericoloso [[Saliente (militare)|saliente]] in territorio italiano e una minaccia per eventuali operazioni militari sul fronte dell'Isonzo. Infatti, un'ipotetica offensiva austriaca dai confini meridionali del Trentino avrebbe potuto dilagare nella pianura veneta tagliando fuori dalle linee di rifornimento le armate italiane operanti nella Venezia-Giulia.<ref name=":0">{{Cita|Leoni (2015)|Cap. V|leoni}}.</ref> Conscio di questo, vista la centralità che il fronte orientale rappresentava nei piani strategici a partire dall'inizio del XX secolo e data l'intrinseca difficoltà di manovrare in territorio montano, sin dallo scoppio della [[prima guerra mondiale]] lo Stato Maggiore italiano impostò una guerra puramente difensiva sul fronte che andava dallo Stelvio al Cadore e che nel 1915 fu affidato alla [[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª Armata]].<ref name=":0" /> Al contrario, l'offensiva sarebbe stata riservata alla [[3ª Armata (Regio Esercito)|3ª Armata]] sul Carso supportata dalla [[4ª Armata (Regio Esercito)|4ª Armata]] nel Cadore. Inoltre, il saliente Trentino faceva sì che l'Austria disponesse del controllo di tutti gli accessi alla pianura veneto-friulana dal versante alpino. Oltre a ciò, tagliava a metà le vie di comunicazione italiane tra i bacini dell'[[Adda]], dell'[[Oglio]] e del Chiese e quelli del [[Brenta]] e del [[Piave]], rendendo lunghe e disagevoli le comunicazioni lungo la direttrice est-ovest.<ref>{{Cita|Stato Maggiore|vol I, pp 290-291|maggiore}}.</ref>
Già da tempo il Capo di Stato Maggiore austro-ungarico, generale [[Franz Graf Conrad von Hötzendorf|Conrad von Hötzendorf]], propugnava l'idea di un'offensiva condotta a fondo sul suolo italiano che colpisse letalmente l'ex-alleato, reo di avere tradito la [[Triplice Alleanza (1882)|Triplice Alleanza]], e negli anni precedenti aveva fatto esplorare la frontiera con l'Italia per studi, ancora teorici, sulla possibilità di una guerra d'invasione.
 
Consapevole del vantaggio strategico offerto dal saliente Trentino, l'imperiale e regio capo di stato maggiore [[Franz Conrad von Hötzendorf]] già da tempo propugnava l'idea di una guerra preventiva contro l'Italia tramite un'offensiva che partisse dagli altipiani di [[Folgaria]]-[[Lavarone]]-[[Luserna]] e avanzasse fino al mare tagliando fuori il Friuli e il fronte dell'Isonzo dal resto della penisola.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 114-15|leoni}}.</ref> A questo scopo, tra il 1907 e il 1915 aveva fatto costruire una formidabile linea fortificata imperniata su sette forti corazzati e che andava dal Dosso del Sommo al Pizzo di Levico.<ref name=":1">{{Cita|Rosner (2016)|3=rosner}}.</ref> Questa linea difensiva seguiva i dettami della teoria del ''minimo sacrificio territoriale'' introdotta da Julius Vogl alla fine del XIX secolo. Tale teoria prevedeva che la difesa del territorio non dovesse avvenire su singole piazzeforti, come [[Fortezza di Trento|Trento]] o [[Fortezza (Italia)|Fortezza,]] ma fosse compito di una linea di difesa di confine assorbire l'urto iniziale dell'offensiva nemica garantendosi alle spalle uno spazio di manovra adeguato per radunare truppe e rifornimenti in vista di una controffensiva.<ref>Fontana N. ''Pianificazione, cantieri e militarizzazione'' in {{cita libro|nome=|cognome=|curatore=Morena Dallemule|titolo=Il recupero dei forti austroungarici trentini|data=|anno=2014|editore=Provincia Autonoma di Trento|città=Trento|lingua=|cid=aavv2|isbn=9788877023797}}</ref>
Il problema era apparso serio, anche perché la gran parte della frontiera correva in alta montagna, e i pochi guadagni territoriali italiani nel [[1915]] avevano per certi versi peggiorato la situazione, chiudendo la possibilità di un'avanzata in grande stile al di là di pochi fondovalle come la [[Valsugana]] e la [[Val Lagarina]] (peraltro servite da una ferrovia) e gli altipiani di [[Lavarone]], [[Folgaria]] e dei [[Altopiano di Asiago|Sette Comuni (Asiago)]].
 
=== Versante italiano ===
La posizione geografica delle direttrici per l'avanzata lasciavano dunque spazio al progetto originario della spedizione, il cui scopo era arrivare da [[Trento]] fino a [[Venezia]] isolando la Seconda e la Terza Armata italiane, impegnate sull'[[Battaglia dell'Isonzo|Isonzo]], nonché la Quarta, posta a difesa dell'alto [[Belluno|bellunese]] e del [[Trentino]] orientale.
Fu proprio contro la linea fortificata degli altipiani che si infransero gli assalti italiani sul fronte [[Folgaria]]-[[Lavarone]]-[[Luserna]] tra il maggio e il settembre del 1915. Infatti, ignorando i continui ordini di [[Luigi Cadorna|Cadorna]] affinché si mantenesse un atteggiamento puramente difensivo e si rafforzassero le difese, il tenente generale [[Roberto Brusati]], comandante della [[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª Armata]], si votò all'offensiva conducendo ripetuti attacchi contro i forti degli altipiani covando l'ambizione di superare questa linea fortificata per raggiungere la cintura della [[Fortezza di Trento]]. In questo modo sperava di spostare il centro di gravità dell'offensiva dal fronte Giulia a quello Trentino.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|p. 94|leoni}}.</ref> Questi dispendiosi e continui attacchi frontali contro una linea fortificata, insieme ai tentativi di avanzata in Valsugana, non ebbero altro risultato che il sacrificio di migliaia di uomini e lo schieramento delle fanterie italiane su posizioni deboli e difficilmente difendibili. Per questo, tutti i mesi di settembre e ottobre 1915 furono impiegati in attacchi senza successo volti a consolidare il fronte e ad attestarsi su posizioni più vantaggiose soprattutto in Valsugana, con il solo risultato di logorare ulteriormente le truppe ormai sull'orlo dello sfinimento fisico, morale e materiale. Inoltre, la dottrina propugnata da Cadorna della difesa ad oltranza<ref>{{Cita|Frescura (2015)|p. 54|frescura}}.</ref> e il rifiuto di ripiegare dal terreno conquistato per ragioni strategiche, pena l'accusa di fallimento, spinsero Brusati a non considerare l'idea di arretrare su posizioni più facilmente difendibili e/o realizzare una linea di difesa arretrata su cui spostarsi in caso di attacco, scegliendo invece di continuare ad attaccare su una linea più estesa, poco profonda, insidiosa e senza adeguata protezione.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 93-95|leoni}}.</ref><ref name=":2">{{Cita|Bencivegna (1933)|Vol II pp. 193-194|benci}}.</ref> Questo atteggiamento, che sarebbe stato mantenuto anche all'inizio del 1916, avrebbe avuto conseguenze pesantissime in occasione dell'offensiva austriaca. L'inadeguatezza e l'impreparazione delle linee di difesa della [[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª armata]] vennero poi descritte con vena polemica dal tenente [[Attilio Frescura]]:<ref>{{Cita|Frescura (2015)|pp. 88-91|frescura}}.</ref>
{{Citazione|Che cosa occorre avere dietro la zona bombardata? Uno schieramento di artiglieria che sbarri il cammino alle fanterie avversarie quando esse, dopo il bombardamento, procedono all'attacco. E una linea di resistenza già stabilita. Noi i cannoni li abbiamo perduti, perché li avevamo immediatamente dietro la prima linea e dietro questa non avevamo difese. Occorre anche avere, dietro la linea nella quale una brigata di fanteria è maciullata, un'altra linea, occupata da una brigata fresca. E poi un'altra. E poi un'altra ancora. E poi un'altra ancora.}}E da Roberto Bencivegna:<ref name=":2" />
{{Citazione|Un ufficiale di Stato Maggiore [...] dovette constatare come le trincee non avessero nessuna consistenza, ed i reticolati fossero di scarsa profondità e neppure continui}}
Lo stesso Cadorna, ricordando un'ispezione al fronte della [[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª Armata]] sugli altipiani a inizio maggio 1916, scrisse nelle sue memorie:<ref name=":3">{{Cita|Cadorna (2019)|pp. 187-190|cadorna}}.</ref>
 
{{Citazione|Lo stato dei lavori era ben lungi dal corrispondere a quella dichiarazione [sullo stato delle difese che] era accompagnata da una carta sulla quale erano tracciate con diversi colori le varie linee difensive: quando, pochi giorni dopo, eseguii delle ricognizioni sul terreno, ebbi a constatare che, all'infuori delle linee avanzate, esisteva poco più dei colori tracciati sulla carta.}}[[File:Kaiserjäger - Postcard.jpg|thumb|Cartolina militare austriaca del 1916, spedita dal fronte, con raffigurato un [[Kaiserjäger]]]]Verificate quindi di persona le inadempienze di Brusati a quegli ordini che lo avrebbero obbligato a rimanere sulla difensiva, Cadorna decise il suo esonero dal comando l'8 maggio 1916 e la sua sostituzione con [[Guglielmo Pecori Giraldi]].
I preparativi per la battaglia iniziarono nel dicembre 1915, quando Hötzendorf propose al suo omologo tedesco, il generale [[Erich von Falkenhayn]], lo spostamento di un certo numero di divisioni dal [[Fronte Orientale (prima guerra mondiale)|fronte orientale]] in [[Galizia (Europa centrale)|Galizia]] al [[Tirolo]], sostituendole con unità tedesche.<ref>{{cita|Sondhaus|p. 182}}</ref> Dopo aver ricevuto un diniego da parte del tedesco, che non avrebbe ordinato il rimpiazzo e sconsigliava vivamente l'austro-ungarico di iniziare l'offensiva, Hötzendorf si decise ad operare autonomamente. L'Undicesima armata austro-ungarica al comando del conte [[Viktor Graf Dankl von Krasnik|Dankl]] avrebbe operato lo sfondamento, seguita in rincorsa dalla Terza di [[Hermann Kövess von Kövesshaza|Kövess]].
 
=== Versante austriaco ===
Nei mesi precedenti l'offensiva, in Tirolo vennero accumulati mezzi e armamenti, ma non fu un'impresa facile: il [[15 marzo]] [[1916]] una [[Frana|slavina]] di terra, neve e fango travolse una colonna militare su una delle direttrici più affollate per l'afflusso al fronte, il [[Valico della Fricca|passo della Fricca]] (che collega [[Trento]] a [[Folgaria]]) e gran parte del traffico pesante, già aggravato dalle diverse deviazioni che doveva fare per non destare sospetti negli osservatori italiani, dovette essere deviato lungo arterie alternative più vicine al fronte e quindi più esposte.
Allo scoppio dell ostilità con l'Italia, le truppe austriache cedettero progressivamente alcune porzioni di territorio mentre ripiegavano dietro la ''Tiroler Widerstandslinie,'' approntata tra 1914 e 1915 come linea di resistenza. Di conseguenza, le linee italiane avanzarono fino a trovarsi a ridosso di un complesso sistema di fortificazioni che si mostrava particolarmente formidabile proprio nel settore Folgaria-Lavarone-Luserna. Gli assalti italiani in quest'area furono accompagnati da pesantissimi bombardamenti di artiglieria. Si stima che tra il 24 e il 28 maggio 1915 sul solo [[Forte Luserna]] siano caduti 5000 proiettili<ref>{{Cita|Leoni (2015)|p. 119|leoni}}.</ref> e tra il maggio e l'agosto 1915 il [[Forte Verle]] sia stato oggetto di una serie di bombardamenti in cui complessivamente furono sparati più di 9000 colpi.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|p. 124|leoni}}.</ref> Tuttavia, i forti austriaci, dopo aver constatato gli effetti distruttivi del nuovo mortaio d'assedio [[Škoda 30,5 cm Vz. 1911|Škoda da 305 mm]], erano stati realizzati secondo le più recenti tecniche costruttive in fatto di ingegneria militare e con un massiccio uso di calcestruzzo rinforzato da putrelle d'acciaio.<ref name=":1" /> Questo fece sì che potessero resistere ai colpi dell'artiglieria italiana, che nei primi mesi di guerra scarseggiava in fatto di parco d'assedio e non schierava cannoni con un calibro superiore a 280 mm, mantenendo solida la linea difensiva degli altipiani. Solo il Forte Luserna, essendo sull'orlo della distruzione, il 25 maggio issò bandiera bianca. Tuttavia, la mancanza di una pronta reazione italiana e l'immediata risposta austriaca fecero sì che il forte rimanesse saldamente in mani austriache.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 118-120|leoni}}.</ref> Una volta che gli assalti italiani cessarono, i forti vennero rimessi in piena efficienza e avrebbero sparato i primi colpi di artiglieria che avrebbero dato il via all'offensiva di primavera.
 
==I preparativi austro-ungarici==
Gran parte dei ''Cacciatori imperiali'' (tedesco: ''[[Kaiserjäger]]'' – normali reggimenti di fanteria, da non confondere con i [[Landesschützen]], le truppe da montagna dell'Austria-Ungheria, corrispondenti agl Alpini italiani) arrivò in Trentino per ultima e gradualmente, mentre il grosso dei materiali era già stato spostato; eppure, soprattutto a causa degli smottamenti e dei problemi logistici, l'offensiva non poté avere luogo in aprile come previsto. La data d'inizio venne fissata così al [[15 maggio]], sperando nel miglioramento [[meteorologia|meteorologico]] e in una stabilizzazione del fronte [[balcani]]co, dove l'intervento della [[Bulgaria]] aveva reso infinitamente meno difficoltoso gestire l'avanzata in territorio [[Serbia|serbo]].
[[File:Franz Conrad von Hötzendorf.jpg|thumb|left|Il capo di stato maggiore dell'imperiale e regio esercito austro-ungarico [[Franz Conrad von Hötzendorf]].]]
I preparativi per la battaglia iniziarono nel dicembre 1915, quando Conrad propose al suo omologo tedesco, il generale [[Erich von Falkenhayn]], di impiegare truppe tedesche sul fronte italiano o almeno lo spostamento di un certo numero di divisioni tedesche in [[Galizia (Europa centrale)|Galizia]] per permettere l'afflusso di più unità austriache in [[Tirolo]].<ref>{{cita|Sondhaus|p. 182}}.</ref> Dopo aver ricevuto un diniego da parte del tedesco, già impegnato nei preparativi per la [[Battaglia di Verdun]], Conrad si decise ad operare autonomamente sancendo una prima rottura tra i comandi austriaco e tedesco. Visti i recenti successi austriaci in Montenegro, l'austriaco era infatti fiducioso di poter sconfiggere l'Italia anche senza l'aiuto tedesco.<ref name=":7">{{Cita|Sondhaus (2003)|pp. 255-256|sond}}.</ref>
[[File:42 cm Haubitze am Monte Rover. Aufgenommen im Mai 1916. (BildID 15534014).jpg|thumb|upright=1.3|[[42 cm Gamma Mörser|Obice d'assedio da 42 cm]] in posizione a Monte Rovere alla vigilia dell'offensiva.]]
 
Il piano originario, messo a punto con la collaborazione dell'Arciduca Eugenio e dei comandanti d'armata in Trentino, prevedeva che l'11ª armata del generale [[Viktor Dankl von Krasnik]] attaccasse con uno schieramento a freccia nel modo seguente: XX corpo d'armata al centro in direzione di Arsiero; l'VIII sulla destra verso il [[Coni Zugna]]-Passo della Borcola; III a sinistra in direzione Asiago.<ref>{{Cita|Baj-Macario (1934)|pp. 164-165|baj}}.</ref> La data di inizio delle operazioni venne fissata per i primi di aprile. Nonostante ciò, i comandanti austriaci commisero diversi errori di valutazione. In primo luogo, Conrad ritenne che la relativa tranquillità del fronte orientale potesse lasciar presupporre che lo sarebbe rimasto ancora per qualche tempo e che quindi si potesse trasferire gran parte delle truppe migliori in Italia, soprattutto dopo che un'improvvisata offensiva russa era stata respinta nel gennaio 1916.<ref name=":7" /> In secondo luogo, per la buona riuscita dell'operazione non tennero conto né delle difficoltà logistiche del far affluire un enorme mole di soldati e armamenti in un territorio montano, né del terreno impervio che avrebbe rallentato, se non ostacolato del tutto, i rifornimenti durante l'avanzata, né del meteo avverso.
==Le reazioni italiane==
La Prima Armata del generale [[Roberto Brusati]] era allora impegnata in alcune azioni offensive atte a conquistare cime e agglomerati strategicamente importanti ([[Altissimo (Italia)|Altissimo]], il [[Pasubio]], [[Ospedaletto]]) in [[Valsugana]] con lo scopo di accorciare e razionalizzare la difesa del fronte, troppo esteso e frastagliato per garantire una difesa efficace. Era però diventato chiaro, in seguito ad alcune osservazioni, che al di là del fronte qualcosa di grosso si stava muovendo: ne venne perciò informato [[Luigi Cadorna]], Capo di Stato Maggiore italiano.
[[File:Jger Winter1.PNG|thumb|[[Kaiserjäger]] austriaco]]
Sin dal mese di febbraio, disertori di nazionalità trentina, [[istria]]na, austro-ungarica e [[Repubblica Ceca|ceca]] passavano le linee per riferire la presenza di un imponente movimento di uomini e materiali. L'interrogatorio dei disertori, che avveniva nel Quartier generale di [[Udine]], era possibile solo per coloro che masticavano l'[[Lingua italiana|italiano]], poiché nessuno degli alti ufficiali italiani parlava tedesco: nessuno di essi, per assurdo, si dichiarava comunque disposto a credere anche a chi parlasse italiano, sospettando di trovarsi di fronte a spie mandate col solo scopo di distrarre forze dall'[[Isonzo]].
 
Aprile si rivelò infatti una data eccessivamente ottimistica per l'inizio dell'offensiva. Nei mesi precedenti, in Tirolo cominciarono ad affluire uomini, mezzi, armamenti e rifornimenti imponenti. Tuttavia non fu un'impresa facile per via della necessità di non destare sospetti nel nemico e per le difficoltà di un sistema viario e ferroviario sottodimensionato ed esposto al maltempo. Maltempo che, tra marzo e aprile, costrinse a ridurre l'afflusso dei convogli ferroviari, ostacolò il traffico stradale e fece avariare i rifornimenti e le derrate alimentari esposte alle intemperie. Queste difficoltà spinsero infine Conrad a posticipare l'inizio dell'operazione al 15 maggio per permettere a migliaia di soldati ed operai militarizzati di sgomberare e ripristinare sentieri e mulattiere, di costruire magazzini e nuove teleferiche e approntare nuovi ricoveri per la truppa.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 280-281|leoni}}.</ref> Si stima che prima dell'offensiva sugli altipiani siano state trasportate {{M|18000}} tonnellate di munizioni e materiale vario, 280 battaglioni (circa {{M|300000}} uomini) e 1447 pezzi di artiglieria trasferiti da altri fronti, tra i quali alcuni pezzi navali da [[Škoda 38 cm Vz. 1916|38 cm]] e [[Škoda 42 cm Vz. 1914|42 cm]] .<ref>{{Cita|Leoni (2015)|p. 280|leoni}}.</ref>
Il [[22 marzo]] [[1916]], quasi due mesi prima dell'inizio della battaglia, Brusati ricevette l'ordine telegrafato da Cadorna di ripiegare e difendersi sulle ''posizioni principali di resistenza'', concetto non ulteriormente chiarito e controproducente rispetto alle posizioni avanzate appena conquistate. Queste infatti accorciavano il fronte di svariate decine di [[chilometro|km]] (da 380 a 213), e riducevano le direttrici d'attacco a circa metà della sua lunghezza, poiché passavano attraverso passi troppo impervi anche per la fanteria di montagna.
 
Il ritardo nell'inizio delle operazioni portò a nuovi contrasti tra Conrad e il comando tedesco. Von Falkenhayn riteneva ormai vanificato l'effetto sorpresa e fece pressioni affinché l'offensiva non avesse luogo per concentrarsi sul solo fronte occidentale.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|p. 281|leoni}}.</ref> Quest'ulteriore rottura con i tedeschi portò ad una frammentazione dei comandi locali e ad una modifica dei piani austriaci che avrebbe allargato il fronte:<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 281-282|leoni}}.</ref> l'11ª armata avrebbe attaccato verso [[Schio]] e [[Vicenza]] attraverso la [[Vallarsa]] mentre la 3ª armata di [[Hermann Kövess von Kövesshaza|Kövess]] avrebbe attaccato verso [[Asiago]] e, attraverso la [[Valsugana]], verso [[Bassano del Grappa]].
Brusati, restìo ad abbandonare le posizioni guadagnate, contravvenne agli ordini e stabilizzò la propria linea del fronte, promuovendo a linea di ripiego i capisaldi di [[Coni Zugna]], [[Col Santo]], [[Monte Maggio]], [[Spitz di Tonezza]] e il [[forte Vezzena]]: egli era infatti convinto che il miglior modo di spezzare un'offensiva nemica era attaccare a propria volta, e non volle prendere in considerazione l'idea di arretrare neanche quando il [[26 aprile]] [[1916]] il tenente [[Anton Krecht]], disertore austro-ungarico del 4º battaglione dell'81º reggimento di fanteria, rese noto agli italiani il termine ''Strafexpedition'' per indicare l'offensiva in preparazione. Anche se nessun documento ufficiale austro-ungarico riferisce questo termine, di fatto veniva utilizzato nei comandi locali, e pare che fosse noto a tutti gli ufficiali in forza a von Hötzendorf.
[[File:Luigi Cadorna 02.jpg|miniatura|Il capo di stato maggiore del [[Regio Esercito]] [[Luigi Cadorna]]]]
 
=== La reazione italiana ===
Per quanto pattuglie esplorative venissero continuamente in contatto con gli Italiani in [[Valsugana]], e per quanto sopra le teste dei soldati fischiassero proiettili diversi dal solito, più potenti del previsto (erano i tiri d'aggiustamento delle batterie medie e pesanti, che gli austro-ungarici ancora non avevano schierato sull'[[Isonzo]]), Cadorna non volle credere alle voci di un'offensiva austro-ungarica. Nei primi di maggio, durante un'ispezione sul fronte Trentino, Cadorna si rese conto che Brusati aveva pienamente contravvenuto ai suoi ordini e lo sostituì, deferendolo alla Corte Marziale (la quale lo riabilitò nel [[1919]]). Il suo posto venne preso da [[Guglielmo Pecori Giraldi]], che però non arretrò la linea del fronte per il pericolo concreto di essere colti dall'assalto austro-ungarico in linea di ripiegamento.
Von Falkenhayn aveva ragione ma, fortunatamente per Conrad, lo Stato Maggiore italiano ignorò tutti i segnali che esplicitavano le intenzioni austriache mantenendo paradossalmente l'effetto sorpresa. Sin dagli inizi del 1916, il servizio informazioni della [[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª Armata]] iniziò a raccogliere prove sempre più concrete di un movimento anomalo di uomini e mezzi in Trentino. Il 1º aprile l'Ufficio informazioni della [[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª Armata]] rilasciò il bollettino n° 75 che concludeva con la deduzione che gli austriaci stessero preparando un'offensiva imminente tra Vallagarina e Valsugana.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|p. 283|leoni}}.</ref> Nonostante ciò, gli ufficiali dello Stato Maggiore dell'esercito continuarono ad ignorare avvertimenti e richieste di rinforzi ritenendo inverosimili e inattendibili le informazioni raccolte fino a quel momento con il risultato che, a meno di una settimana dall'inizio dell'offensiva, Cadorna continuava a professare pubblicamente il fatto che non credesse alla possibilità di un'offensiva.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 283-284|leoni}}.</ref>
 
Nelle sue memorie, Cadorna si giustificò sostenendo che le ragioni per cui non credeva alla possibilità di un'offensiva erano la consapevolezza dell'imminenza dell'[[Offensiva Brusilov]] a oriente, il fatto che sembrasse impossibile che gli austriaci potessero scegliere l'impervio territorio trentino come luogo di scontro e, infine, perché riteneva impossibile che Conrad potesse raggiungere i suoi obiettivi con le poche truppe schierate in Trentino. Naturalmente, oltre a risultare considerazioni scritte a posteriori, tutto questo non coincideva con le evidenze raccolte dal servizio informazioni e con quanto si avvertiva sul fronte della [[1ª Armata (Regio Esercito)|1ª Armata]] risultando nei fatti un grossolano errore di valutazione.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|p. 285|leoni}}.</ref>
Su un piano strategico, la data del 15 maggio era perfetta, soprattutto perché l'Isonzo viveva qualche settimana di relativa calma, con piccole schermaglie. Il tempo consentiva di stare relativamente bene anche in alta montagna, e la sistemazione delle vie di accesso aveva consentito di spostare da altri fronti alcuni pezzi di grosso calibro, di fatto concepiti come da cannoni di marina (381 e 420&nbsp;mm) e capaci di fare danni tremendi sull'obbiettivo.
 
Convinto finalmente dell'attacco – ma sottovalutandolo, non credendo che due intere armate austro-ungariche si fossero schierate in Valsugana e in Val Lagarina, né che l'attacco potesse avvenire attraverso i massicci montuosi –, ordinò alla 15ª divisione di farsi avanti tra [[Borgo Valsugana]] e [[Levico]], spostando il fronte in una zona pericolosamente esposta, e difficilmente difendibile. Il [[15 maggio]], le truppe italiane si fecero così trovare in capisaldi troppo avanzati.
 
==Lo scontro==
{{Citazione|Improvvisamente, una nostra mitragliatrice aprì il fuoco. Io mi levai per vedere. Gli austriaci attaccavano.
[[Immagine:IsonzoBattles-Italy1915-17.jpg|left|thumb|300px|Mappa del fronte durante le Battaglie dell'Isonzo e quella degli Altipiani]]
Chi ha assistito agli avvenimenti di quel giorno, credo che li rivedrà in punto di morte|[[Emilio Lussu]], ''[[Un anno sull'Altipiano]]''}}{{Citazione|Non v'era un solo metro quadrato di terreno che non fosse battuto; sotto quella furia la montagna stessa doveva essere spianata. Le rocce si sfaldavano, precipitavano, mutavano aspetto; il monte era tutto un cratere in eruzione.[...] Ci è sembrato che il monte avesse cambiato fisionomia, irriconoscibile.|Alfredo Graziani, tenente della brigata Sassari}}{{Citazione|Lì [ai Sogli di Campiglia] si consumarono le ecatombi di intere compagnie italiane ed austriache.[...] Col vento fresco dell'alba, nell'umidore dei boschi all'intorno, saliva odore di morte, ad ondate, dal fondo valle... Odore di morte, odore di cadavere che ci prese penetrando quasi nelle ossa e nel sangue.|Tullio Urangia Tazzoli, ufficiale di fanteria}}
Nella notte tra il 14 e il 15 maggio 1916 l'artiglieria austro-ungarica cominciò un bombardamento a tappeto (tecnica finora mai utilizzata sul fronte italiano) sulle linee nemiche, e che di fatto colse impreparati molti comandi locali.
 
{{Citazione|Prima di uscire all'assalto si mandano a togliere i fili dei reticolati nemici, uomini con pinze. Ordinariamente non tornano più né pinze né uomini. Anche oggi|Giuseppe Tommasi, ufficiale della brigata Sassari.}}[[File:Eroberter italienischer 28 cm Mörser M 79 C am Campomolon. Aufgenommen am 24. Mai 1916. (BildID 15534266).jpg|thumb|Batterie italiane abbandonate sul [[forte Campomolon]] a seguito dell'avanzata nemica|283x283px]]Alle 6 del mattino del 15 maggio, quasi 1500 cannoni aprirono il fuoco sulle linee italiane e alle 9 iniziò il bombardamento a tappeto seguito dall'avanzata delle prime linee che di fatto colse impreparati i comandi locali italiani. L'artiglieria italiana, inferiore di numero e di potenza, non fu in grado di reagire e rallentare l'avanzata avversaria con un fuoco di sbarramento: fu travolta dall'avanzata in quanto troppo vicina alle prime linee per assecondare la dottrina offensiva di Brusati.<ref name=":3" /> Le fanterie italiane, scioccate da una potenza di fuoco mai vista prima sul fronte italiano e impossibilitate a reagire, si arresero o si ritirarono disordinatamente su linee di difesa improvvisate che cadevano a poco a poco. I forti italiani in Veneto ([[Forte Campolongo]], [[Forte Campomolon]], [[Forte Verena]], ecc...) furono annientati dai colpi dei mortai d'assedio. Tra il 15 e il 20 maggio si registrarono 15931 perdite italiane (850 morti, 4021 feriti, 11060 dispersi di cui 6800 prigionieri).<ref>{{Cita|Baj-Macario (1933)|p. 212|baj}}.</ref> Il 25 maggio le linee austriache raggiunsero il loro punto di massima penetrazione ad Arsiero e il 28 maggio reparti della 3ª armata occuparono Asiago.[[File:Asiago-in-fiamme-maggio-1916.jpg|thumb|left|Asiago in fiamme, maggio 1916|293x293px]]
L'artiglieria italiana, meno della metà di quella austriaca e relativamente inferiore nella potenza, non reagì, avendo ricevuto in molte zone l'ordine di non fare nulla a meno di contrordini diretti da parte del Comando Supremo — ordini che non arrivarono mai, poiché molti degli ufficiali si trovavano in brevi periodi di vacanza in preparazione della seguente offensiva sul [[Carso]].
Se da un lato gli austriaci misero in campo una superiorità assoluta di artiglieria e uomini, il comando supremo italiano cercò di trasferire il confronto sul piano della logistica e della superiorità numerica inviando quanti più uomini nel minor tempo possibile verso il fronte. Già dal 16 maggio cominciarono ad affluire rinforzi dalle divisioni schierate sul fronte Giulia per costituire la neonata 5ª armata, comandata da [[Pietro Frugoni]], e in 11 giorni furono trasferiti sugli altipiani {{M|100000}} uomini con un'imponente operazione logistica che coinvolse Veneto e Friuli. Appena giunti in Veneto, questi uomini vennero inviati al fronte senza alcuna preparazione, equipaggiamento da montagna, mappe del fronte, né ordini adeguati, spesso dopo marce di trasferimento in montagna lunghe ed estenuanti, privi di acqua e cibo. Intere brigate furono annientate.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 289-297|leoni}}.</ref>[[File:Verdeck des eroberten Werks Campolongo. (BildID 15576516).jpg|thumb|Le cupole corazzate del [[forte Campolongo]] divelte dagli obici Skoda e fotografate durante l'offensiva di primavera|281x281px]]
 
Se al centro dell'offensiva i progressi austriaci furono netti, le due ali incontrarono notevoli difficoltà, soprattutto in Vallarsa. L'VIII corpo d'armata, dopo aver riconquistato il [[Forte Pozzacchio]] e il Col Santo, venne arrestato sullo Zugna e a [[Passo Buole]] dove un piccolo distaccamento di fanti italiani riuscì a resistere ai ripetuti assalti nemici su un terreno particolarmente favorevole alla difesa. L'ulteriore arresto degli austriaci sul Pasubio privò l'offensiva di adeguato supporto sul fianco destro.<ref>{{Cita|Leoni (2015)|pp. 309-312|leoni}}.</ref> Anche in Valsugana, dopo una rapida avanzata il fronte si stabilizzò in prossimità di Ospedaletto. Queste difficoltà contribuirono a rallentare notevolmente l'azione delle armate austriache. Anche la natura del terreno rese problematici i collegamenti e i rifornimenti tra le retrovie e le truppe di prima linea che preferivano aspettare che le artiglierie fossero messe in posizione prima di intraprendere nuove azioni.<ref name=":4">{{Cita|Pieri (1971)|p. 101|pieri}}.</ref> Infatti, per risparmiare uomini, l'arciduca Eugenio aveva emanato direttive secondo le quali fosse opportuno evitare azioni fulminee e pericolose fughe in avanti per attendere il posizionamento dell'artiglieria e garantirsi un appoggio dalle retrovie adeguato.<ref>{{Cita|Artl (2003)|pp. 88-102|artl}}.</ref>
Le fanterie italiane, pressate e di fatto private delle proprie difese dai grossi calibri avversari, non arretrarono un po' per ostinazione e un po' per mancanza di una diretta coordinazione che rendesse il ripiegamento organico. Ciò, effettivamente, non consentì il rafforzamento di quelle seconde e terze linee che si sarebbero poi piegate all'avanzata nemica.
 
Il prolungarsi dell'offensiva austriaca favorì quindi l'afflusso di rinforzi italiani in prima linea. Nonostante ciò, da fine maggio alla metà giugno, gli austriaci compirono gli estremi tentativi di sfondamento sulle prealpi vicentine: gli imperiali attaccarono ancora molto duramente e reiteratamente, ma senza successo, il monte Zugna ed il passo Buole in Vallarsa; ed il monte Lemerle (a [[Cesuna]] - altopiano dei Sette Comuni), tentando anche di forzare lo sbarramento della [[val d'Astico]] e di insidiare l'ultima linea di difesa attestata sui monti della [[Val Leogra]], prima della pianura. I monti [[Monte Novegno|Novegno]], Ciòve e Brazòme, nel territorio di [[Schio]], furono il teatro sanguinoso degli ultimi cruenti assalti dell'Offensiva di Primavera.
Le prime fasi dell'attacco austro-ungarico, dunque, non potevano che essere coronate da successo: l'Undicesima e la Terza Armata austro-ungariche attaccarono su un fronte lungo 70&nbsp;km, concentrando il proprio attacco lungo le grandi valli di sbocco al [[Veneto]].
 
A partire dal 4 giugno, gli austriaci furono improvvisamente costretti a far fronte all'[[Offensiva Brusilov]] che travolse le loro prime linee in [[Bucovina]] avvantaggiandosi della penuria di uomini e mezzi che da quel fronte erano stati trasferiti in Italia per scatenare l'offensiva di primavera. Questo costrinse Conrad ad interrompere l'offensiva sugli altipiani il 16 giugno e a ritirare progressivamente il fronte sulla linea di ''Winterstellung'' mentre parte delle truppe impegnate in Italia venivano trasferite sul fronte orientale. In totale, tra il 15 maggio e il 15 giugno le perdite austro-ungariche assommarono a circa {{M|5000}} morti, {{M|23000}} feriti, {{M|2000}} prigionieri. Quelle italiane a {{M|6000}} morti, {{M|20000}} feriti, {{M|42000}} tra dispersi e prigionieri.<ref name=":5">{{Cita|Leoni (2015)|p. 311|leoni}}.</ref>
In Valsugana gli italiani furono respinti dal XVII Corpo d'armata austro-ungarico fino a Ospedaletto, che divenne una città fortificata e dove il fronte si stabilizzò dopo diversi giorni. Dalla Val Lagarina il VII Corpo d'armata dilagò prendendo le posizioni della Zugna Torta, Pozzacchio e Col Santo, ma la resistenza italiana seppe tenere sul [[Coni Zugna]], sul [[Pasubio]] e sul [[Passo Buole]] (dai 10 ai 15&nbsp;km più indietro); quest'ultimo passò poi alla storia come ''[[Termopili]] d'Italia''.
 
=== Controffensiva ===
La XXXV Divisione italiana fu una delle più colpite dall'attacco nemico: pur controllando solo 6&nbsp;km di fronte, si abbatté sui suoi uomini il fuoco di più di 300 pezzi (di cui un'ottantina di medio calibro e una trentina di grosso calibro), seguite dal poderoso attacco del XX Corpo d'armata austro-ungarico dell'arciduca Carlo.
{{vedi anche|Battaglia del Monte Corno}}
Il rallentamento e la ritirata dell'avanzata austriaca diedero l'avvio alla controffensiva italiana, utilizzando i {{M|181000}} uomini della 5ª armata appena giunti in Veneto da altri fronti. In particolare l'obiettivo era quello di riconquistare il terreno perduto sull'Altopiano dei Sette Comuni e sul Pasubio. Fu in questo contesto che gli irredentisti [[Cesare Battisti]] e [[Fabio Filzi]] furono catturati mentre guidavano i loro uomini del battaglione alpino Vicenza alla conquista del [[Monte Corno Battisti|Monte Corno]]. L'attacco non ebbe successo e il battaglione fu quasi del tutto annientato. Tra i 400 prigionieri anche Battisti e Filzi che sarebbero stati arrestati e giustiziati a Trento per tradimento dopo un processo sommario il 12 luglio 1916.<ref name=":6" /> Nel maggio 1916 era già stato catturato e condannato a morte l'irredentista roveretano [[Damiano Chiesa]].[[File:Igm asiago.jpg|thumb|Pezzi di [[artiglieria]] italiana da 102 mm, mimetizzati, trasportati con autocarri sull'altopiano dei Sette Comuni (Luglio 1916)|282x282px]]
Sfortunatamente, la superiorità di uomini messi in campo da Cadorna fu quasi sempre vanificata da una mancanza di ordini chiari e precisi, di un supporto di artiglieria adeguato, dalla scarsa conoscenza del fronte da parte delle truppe e dalla mancanza di equipaggiamenti adeguati alla guerra in montagna. Il risultato fu la mancanza di un qualsiasi sfondamento deciso e il semplice avanzamento delle prime linee italiane di fronte alla nuova linea austriaca attestata su Zugna, Pasubio, monte Majo, val Posina, [[Monte Cimone di Tonezza|monte Cimone]], val d'Astico, [[val d'Assa]] fino a [[Roana]], monte Mosciagh, [[Monte Zebio]], monte Colombara e [[Monte Ortigara|Ortigara]]. In molti casi, l'arretramento delle linee austriache avvenne senza che nessuno se ne accorgesse.<ref>{{Cita libro|autore=Tullio Marchetti|titolo=Ventotto anni nel Servizio informazioni Militari|posizione=p. 202}}</ref> Nel complesso, fu comunque riconquistato metà del territorio perduto. Gran parte delle nuove linee, tranne rare eccezioni, erano solo a una manciata di chilometri dalla linea del fronte del 15 maggio. Tuttavia, le nuove posizioni italiane rimasero esposte ad attacchi nemici; come ricorda [[Giulio Douhet]]:<ref>{{Cita libro|autore=Giulio Douhet|titolo=Diario critico di guerra|posizione=pp. 300-301|volume=II}}</ref>
 
{{Citazione|Rioccupammo il terreno sgombrato e risalimmo, secondo il solito, fin sotto le posizioni difensive nemiche. Secondo il solito siamo attestati dove conviene al nemico. Non andremo più innanzi, ci fermeremo qui come ci siamo fermati sul resto della fronte, mancandoci le forze ed i mezzi per procedere.}}
La notizia delle vittorie austro-ungariche seminò panico tra gli alti comandi italiani, e Cadorna ordinò la mobilitazione delle ultime leve, assieme alla creazione di una 5ª Armata che si disponesse tra [[Vicenza]] e [[Treviso]] al comando del generale Frugoni. Per prendere parte alla difesa del Paese arrivarono uomini da tutta Italia; furono coinvolti anche 120 battaglioni già impegnati sull'intero fronte isontino, spostati con una complessa e magistrale operazione logistica che coinvolse l'intero Veneto settentrionale. Vennero allestite sette divisioni di riserva, di cui una composta di uomini rimpatriati in tutta fretta dall'[[Albania]] e dalla [[Libia]].
 
Il 27 luglio, Pecori Giraldi interruppe qualunque azione controffensiva, essendo evidente il bisogno di un riordinamento operativo e organizzativo delle linee italiane, ora più estese richiedendo quindi un numero maggiore di uomini per essere presidiate rispetto alla situazione precedente al 15 maggio. La controffensiva costò al Regio Esercito {{M|57400}} morti e feriti e {{M|14200}} tra prigionieri e dispersi. Gli austriaci contarono {{M|27900}} morti e feriti e {{M|25000}} tra dispersi e prigionieri.<ref name=":5" />
Cadorna richiamò anche l'attenzione degli [[Russia imperiale|alleati russi]], impegnati sul fronte in Galizia, affinché lanciassero un'offensiva di larga scala approfittando della minore copertura ungherese sul fronte orientale: se era vero che alcune divisioni si erano spostate in Tirolo a partire da quelle posizioni, alcuni vuoti di guardia dovevano essere rimasti.
[[File:Rovine di Asiago 1.jpeg|thumb|right|300px|[[Asiago]] distrutta]]
L'[[altopiano di Asiago]] divenne teatro di combattimenti asperrimi, poiché mancava di appoggio sulla destra, vista l'evacuazione verso Ospedaletto. Su 5&nbsp;km di fronte aprirono il fuoco più di duecento pezzi d'artiglieria, di cui venti di grosso calibro. Il III Corpo austro-ungarico sorpassò le difese italiane anche grazie al terreno in gran parte nevoso (gli italiani non trovavano appigli per muoversi, e restavano indietro rispetto agl'invasori, finendone prigionieri), e occupò [[Arsiero]] e [[Asiago]] tra il [[27 maggio|27]] e il [[28 maggio]]; la resistenza, ridotta all'orlo meridionale della conca di Asiago, non riuscì a impedire la caduta di [[Gallio (Italia)|Gallio]], prospettando agli austro-ungarici uno sbocco sull'alta pianura vicentina.
Il [[forte Corbin]] venne fatto saltare per non lasciare gli armamenti in mani austro-ungariche.
 
Cadorna a questo punto lavorò in modo pedissequo e preciso: preparò un accurato piano di ripiegamento delle unità isolate e sbandate, sostituì attraverso continue e puntigliose ispezioni quei comandanti che manifestavano evidenti segni di cedimento o depressione, evitò il panico (suo e altrui) quando gli austro-ungarici, premendo in modo tremendo dalla val di Posina all'Altipiano dei Sette Comuni, presero il [[Monte Cengio]].
 
Il [[2 giugno]] venne ordinata la controffensiva: la 1ª Armata di Pecori Giraldi sarebbe avanzata nell'altopiano d'Asiago, dove le linee di rifornimento austro-ungariche non raggiungevano più le prime linee proprio a causa della formidabile avanzata delle due settimane precedenti. Il disegno di Cadorna era quello di aprire il fronte al centro, sugli altipiani, e aggirare le forti compagini laterali in Valsugana e Val Lagarina. Gli austro-ungarici però tennero bene, anche grazie a un fronte d'attacco che si faceva sempre più stretto e alla solita, cronica mancanza di artiglierie da parte italiana.
 
Il [[4 giugno]] dalla Russia partì un'offensiva su larga scala che sovrastò le sguarnite linee austro-ungariche, prive di qualunque rimpiazzo da parte tedesca. Il rapido e precoce ripiegamento delle linee austro-ungariche richiese l'appoggio e l'intervento di rinforzi, che potevano confluire solo dal [[Tirolo]].
 
L'avanzata italiana, costante pur nella sua lentezza, minacciava i capisaldi laterali e, per evitare ulteriori perdite di uomini e mezzi, il [[15 giugno]] Hötzendorf ordinò il ripiegamento su basi prestabilite e già pronte. Approfittando di un rallentamento dell'avanzata italiana, attardata dalla mancata copertura di artiglierie da montagna, il [[25 giugno|25]] l'arciduca [[Eugen von Habsburg-Lothringen|Eugenio]] dalla sede di [[Campo Gallina]] ordinò la rottura del contatto, attestandosi sulla linea: Zugna, [[monte Pasubio]], monte Majo, [[val Posina]], [[Monte Cimone di Tonezza|monte Cimone]], [[val d'Astico]], [[val d'Assa]] fino a [[Roana]], monte Mosciagh, [[Monte Zebio]], monte Colombara e [[Monte Ortigara|Ortigara]]. Gran parte delle nuove linee&nbsp;– tranne rare eccezioni&nbsp;– erano a una manciata di chilometri davanti a quelle prima della battaglia.
 
Il [[27 giugno|27]], Pecori Giraldi interruppe qualunque azione controffensiva, essendo evidente il bisogno di un riordinamento operativo e organizzativo delle linee italiane.
 
Curiosamente, si trattò dell'unica battaglia a cui abbia preso parte [[Benito Mussolini]].
 
==Conseguenze==
{{Vedi anche|Sesta battaglia dell'Isonzo}}
[[Immagine:Igm asiago.jpg|thumb|300px|Pezzi di [[artiglieria]] italiana da 103 mm, mimetizzati, trasportati con autocarri sull'altopiano di Asiago (Luglio 1916)]]
[[File:Dante Denkmal mit italienischen Waffen in Trient. (BildID 15534322).jpg|thumb|upright=1.3|Armi italiane catturate durante le prime fasi dell'offensiva in mostra a Trento in [[Piazza Dante (Trento)|Piazza Dante]].]]
L'alto numero di perdite su entrambi i fronti, nonché il furore di alcuni scontri, determinarono l'avvio di una serie di considerazioni tattiche, strategiche e politiche.
La Battaglia degli Altopiani mise in luce diversi limiti dei due eserciti in campo. Da un lato l'Austria-Ungheria mostrava una netta superiorità in fatto di artiglieria pesante. Allo stesso tempo però si mostrava carente in fatto di uomini e di pianificazione logistica. Il fatto di non godere di nessun appoggio da parte tedesca fece anche sì che il fronte orientale risultasse fortemente sguarnito di fronte all'offensiva Brusilov e che l'avanzata sugli Altopiani dovesse essere interrotta per trasferire d'urgenza più divisioni dal fronte alpino a quello orientale. La sottovalutazione della minaccia russa fu quindi un grande errore di valutazione austriaco. Questo grande dispendio di uomini e mezzi fece sì che gli austriaci non fossero più in grado di sferrare autonomamente nuove offensive. Anche la presa di [[Gorizia]] fu sul punto di far collassare l'esercito imperiale.
 
Da parte italiana, si palesarono tutti i limiti dei comandanti, sia dal punto di vista strategico che della preparazione difensiva del fronte alla vigilia dell'offensiva. Inoltre mostrarono di aver sottovalutato gli avversari. Allo stesso modo fu evidente l'inferiorità dell'artiglieria che non riuscì mai a supportare adeguatamente la fanteria. D'altra parte, il Regio Esercito riuscì a dimostrare una grande superiorità logistica che gli permise di movimentare enormi masse di truppe in poco tempo garantendosi anche una superiorità di uomini, anche se poi questi ultimi vennero spesso sacrificati in assalti poco coordinati e senza ordini chiari.[[File:Rovine di Asiago 1.jpeg|thumb|[[Asiago]] distrutta|398x398px]]
Tatticamente, era ormai consolidato l'uso di massicci sbarramenti di artiglieria per colpire le difese e sconquassare le compagini avversarie, e gli Altipiani evidenziarono quanto fosse efficace se si era in grado di colpire un nemico sguarnito. Eppure, queste straordinarie battaglie di materiale stavano dando, come a [[Battaglia di Verdun|Verdun]], risultati molto scarsi, e i principi che regolavano un conflitto così strutturato non sarebbero cambiati fino all'invenzione, tutta tedesca, del ''[[Blitzkrieg]]''.
 
Inoltre le battaglie come questa iniziavano a far capire, come già stava avvenendo per la [[battaglia di Verdun]] e per la [[Battaglia della Somme]], che strategicamente si seguivano modelli superati e che i principi che regolavano un conflitto così strutturato avrebbero dovuto mutare. Insegnamenti che poi sarebbero stati applicati in occasione della [[Battaglia di Caporetto]] con l'infiltrazione tra le linee di piccole pattuglie invece di un violento assalto frontale.<ref name=":4" />
Strategicamente, le perdite lasciarono il segno. In Italia, si diffuse la psicosi dell'invasione da parte degli austro-ungarici, i quali, come provato da questa battaglia, si erano mostrati capaci di sconvolgere le aspettative dei comandi italiani: se era stato necessario mobilitare uomini da tutto il Paese per fermare l'avanzata nemica, era ovvio che i comandi militari avevano appena concluso un periodo di eccezionali sottovalutazioni di chi stava dall'altra parte del fronte. Ne sia a riprova la disposizione delle forze italiane lungo la frontiera del Tirolo, sul quale si disponevano 400.000 soldati: lo sforzo per mantenerli avrebbe rimesso a dura prova le capacità logistiche dello staff generale italiano, soprattutto in prospettiva della [[Sesta battaglia dell'Isonzo|successiva battaglia]] in Venezia Giulia. L'Austria-Ungheria, presa com'era da due fronti in cui infuriavano battaglie cruente e dopo il ripiegamento in Tirolo, non sarebbe più stata in grado di sferrare campagne offensive senza l'aiuto tedesco; peraltro, l'aiuto tecnico-tattico tedesco sarebbe stato determinante nello sfondamento operato a [[Battaglia di Caporetto|Caporetto]].
 
Politicamente, i più grandi sconvolgimenti si ebbero in Italia. La prima fase della ''Strafexpedition'' provocò una grave crisi politica, con la sostituzione del [[governo Salandra II]] con il [[governo Boselli]] di unità nazionale (esclusi i [[Partito Socialista Italiano|socialisti]]), che poté godere inizialmente dell'entusiasmo successivo al fallimento della ''Strafexpedition'' e alla presa di Gorizia. A livello popolare, poi, destò grande scalpore la morte o la cattura (e la conseguente esecuzione) di alcuni tra i più illustri e conosciuti personaggi dell'[[irredentismo]] italiano, quali [[Fabio Filzi]], [[Damiano Chiesa]] e [[Cesare Battisti]]. La vita e la morte di questi personaggi avrebbero guidato, in Italia, molte delle campagne d'arruolamento e molta parte della letteratura propagandistica del periodo.<ref name=":6">{{Cita|Leoni (2015)|pp. 316-325|leoni}}.</ref>
Politicamente, i più grandi sconvolgimenti si ebbero in Italia. Benché il disastro fosse stato quasi miracolosamente evitato, la ''Strafexpedition'' provocò una grave crisi politica.
 
A livello istituzionale, il 25 maggio il consiglio dei ministri deliberò che il generale Roberto Brusati fosse sollevato dal comando. Cadorna infatti non aveva comunicato al governo la destituzione di Brusati avvenuta due settimane prima. Brusati fu quindi oggetto di una campagna diffamatoria volta a screditarlo a seguito del collasso della sua ex-armata, ma nel 1919 ottenne di essere riabilitato dal parlamento.<ref name=":4"/> Due settimane dopo, Il [[Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|Presidente del Consiglio dei ministri]] [[Antonio Salandra]] fu sfiduciato dal parlamento. Prese il suo posto [[Paolo Boselli]], decano della [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera]], il quale aumentò il numero dei ministri come manovra politica atta a soddisfare il maggior numero possibile di capigruppo e creare un governo quanto più unito possibile; eppure, le capacità decisionali del Parlamento italiano ne risultarono ancor più indebolite. Come [[Ministri degli affari esteri del Regno d'Italia|Ministro degli affari esteri]] rimase [[Sidney Sonnino]]. L'entusiasmo seguito alla presa di [[Gorizia]] nel corso della [[Sesta battaglia dell'Isonzo]] portò a una decisione che Salandra aveva accuratamente evitato: il 27 agosto venne consegnata agli ambasciatori dell'Impero Germanico la dichiarazione di guerra, che di fatto integrava l'Italia nel conflitto mondiale da quello che fino ad allora era rimasto come un regolamento di conti con l'Austria-Ungheria.
A livello popolare, aveva destato grande scalpore la morte o la cattura (e la conseguente esecuzione) di alcuni tra i più illustri e conosciuti personaggi dell'[[irredentismo]] italiano, quali [[Fabio Filzi]], [[Damiano Chiesa]], [[Cesare Battisti (irredentista)|Cesare Battisti]], [[Nazario Sauro]], ed anche quella di [[Enrico Toti]]. La vita e la morte di questi personaggi avrebbero guidato, in Italia, molte delle campagne d'arruolamento e molta parte della letteratura propagandistica del periodo.
 
A livello istituzionale, il [[Presidente del Consiglio dei ministri]], [[Antonio Salandra]], stava per prendere a pretesto l'attacco austro-ungarico per sollevare Cadorna dal comando, ma il [[10 giugno]] [[1916]] perse l'incarico a seguito di un [[Questione di fiducia (ordinamento italiano)|voto di sfiducia]]. Prese il suo posto [[Paolo Boselli]], decano della [[Camera dei Deputati|Camera]], il quale aumentò il numero dei ministri per una manovra politica atta a soddisfare il maggior numero possibile di capigruppo e creare un governo quanto più unito possibile; eppure, le capacità decisionali del Parlamento italiano ne risultarono ancor più indebolite. Agli [[Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana|Esteri]] rimaneva [[Sidney Sonnino]].
 
L'entusiasmo seguito alla presa di [[Gorizia]] nel corso della [[Sesta battaglia dell'Isonzo]] portò a una decisione che Salandra aveva accuratamente evitato: il [[27 agosto]]<!-- o 28?--> venne consegnata agli ambasciatori dell'Impero Germanico la dichiarazione di guerra, che di fatto integrava nel conflitto mondiale quello che fino ad allora era rimasto un regolamento di conti con l'Austria-Ungheria.
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
=== Libri ===
*<cite id=Acerbi></cite>{{cita libro|cognome=Acerbi |nome=Enrico |wkautore= |coautori= |curatore= |altri= |titolo=Strafexpedition |dataoriginale= |annooriginale=1992 |meseoriginale= |url= |formato= |datadiaccesso= |annodiaccesso= |mesediaccesso= |edizione= |data= |anno=2007 |mese= |editore=Gino Rossato Editore |città=Valdagno |lingua=italiano |id=ISBN 88-8130-006-0 |doi= |pagine= |capitolo= |url_capitolo= |citazione= |cid=Acerbi }}
 
*<cite id=Sondhaus></cite>{{cita libro|cognome=Sondhaus |nome=Lawrence |wkautore= |coautori= |curatore= |altri= |titolo=Franz Conrad von Hötzendorf: architect of the apocalypse. |dataoriginale= |annooriginale= |meseoriginale= |url= |formato= |datadiaccesso= |annodiaccesso= |mesediaccesso= |edizione= |data= |anno=2000 |mese= |editore=BRILL |città= |lingua=inglese |id=ISBN 9780391040977 |doi= |pagine= |capitolo= |url_capitolo= |citazione= |cid=Sondhaus }}
*{{Cita libro|autore=Enrico Acerbi|titolo=Strafexpedition|anno=2007|editore=Gino Rossato Editore|città=Novate Valdagno|ISBN=978-8881300068}}
*{{Cita libro|autore=Gerhard Artl|titolo=La Strafexpedition nel quadro della guerra austriaca|editore=Gaspari editore|città=Treviso|opera=1916. La Strafexpedition|curatore=Vittorio Corà e Paolo Pozzato|anno=2003|cid=artl}}
*{{Cita libro|autore=Peter Fiala|titolo=Il feldmaresciallo Franz Conrad von Hötzendorf. Biografia storico-militare (1852-1925)|annooriginale=1990|editore=Gino Rossato Editore|città=Novate Valdagno}}
*{{Cita libro|autore=Luigi Cadorna|titolo=La guerra alla fronte italiana|anno=2019|editore=BastogiLibri|città=Roma|ISBN=9788855010146|cid=cadorna|annooriginale=1921}}
*{{Cita libro|autore=Gianni Baj-Macario|titolo=La "Strafexpedition". L'offensiva austriaca del Trentino|anno=1934|editore=Corbaccio|città=Milano|cid=baj}}
*{{Cita libro|autore=Roberto Bencivegna|titolo=Saggio critico sulla nostra guerra|anno=1933|editore=Tipografia Agostiniana|città=Roma|cid=benci|volume=I-V}}
*{{Cita libro|autore=Attilio Frescura|titolo=Diario di un imboscato|annooriginale=1919|editore=Mursia|città=Milano|anno=2015|ISBN=9788842555742|cid=frescura}}
*{{Cita libro|autore=Diego Leoni|titolo=La Guerra Verticale|annooriginale=2015|editore=Einaudi|città=Torino|cid=leoni|ISBN=9788806237189}}
*{{cita libro|titolo=Cosa videro quegli occhi! Uomini e donne in guerra: 1913-1920|editore=Laboratorio di storia di Rovereto|città=Rovereto|cid=leoni|ISBN=9788897402558|nome=|cognome=|curatore=Diego Leoni|data=|anno=2018|lingua=|volume=I-II}}
*{{Cita libro|curatore=Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio Storico|titolo=L'esercito italiano nella grande guerra (1915–1918)|anno=1931|editore=Istituto poligrafico dello Stato|città=Roma|volume=I-IV|cid=maggiore}}
*{{Cita libro|curatore=Ministero della Guerra, Stato Maggiore Centrale - Ufficio Storico|titolo=Guerra Italo-Austriaca 1915–1918. Le medaglie d'Oro.|anno=1923|editore=Stabilimento Poligrafico Amministrazione Guerra|città=Roma|volume=II}}
*{{Cita libro|autore=Piero Pieri|titolo=L'Italia nella prima guerra mondiale|anno=1971|editore=Einaudi|città=Torino|cid=pieri}}
*{{Cita libro|autore=Willibald Richard Rosner|curatore=Nicola Fontana|titolo=Fortificazione e Operazione|anno=2016|editore=Curcu & Genovese|città=Trento|cid=rosner|ISBN=9788868761240}}
*{{Cita libro|autore=Walter Schaumann|titolo=Dall'Ortles all'Adriatico Immagini del fronte italo-austriaco 1915–1918|annooriginale=1993|editore=M&C Editori}}
*{{cita libro|cognome=Sondhaus|nome=Lawrence|titolo=Franz Conrad von Hötzendorf: architect of the apocalypse.|url=https://archive.org/details/franzconradvonho0000sond|data=|anno=2000|editore=BRILL|città=|lingua=inglese|isbn=978-0-391-04097-7|cid=Sondhaus}}
*{{Cita libro|autore=Lawrence Sondhaus|titolo=Franz Conrad von Hötzendorf. L'anti Cadorna|annooriginale=2003|editore=Libera Editrice Goriziana|città=Gorizia|cid=sond|ISBN=9788886928595}}
*{{Cita libro|autore=Fritz Weber|titolo=Guerra sulle Alpi. 1915-1917|annooriginale=1935|anno=2016|editore=Mursia|città=Milano|ISBN=9788842553793}}
*{{Cita libro|autore=Fritz Weber|titolo=[[Tappe della disfatta]]|anno=2016|editore=Mursia|città=Milano|ISBN=9788842553793|annooriginale=1933}}
 
=== Mostre ===
 
* [http://www.trentinograndeguerra.it/context.jsp?area=100&ID_LINK=240&id_context=1045 I trentini nella guerra europea] - Le Gallerie di Piedicastello (Trento)
* [http://www.fondazionemcr.it/events_detail.jsp?IDAREA=5&ID_EVENT=1017 Cosa videro quegli occhi! Uomini e donne in guerra: 1913 - 1920] - Museo civico di Rovereto (Rovereto)
 
== Voci correlate ==
* ''[[Attacco frontale e ammaestramento tattico]]''
* [[Melette]]
* [[KarlBattaglia Schnellerdel Monte Cengio]]
* [[ForteRoberto VerenaBrusati]]
* [[Cesare Battisti]]
* [[Forte Belvedere Gschwent]], fortezza austro-ungarica e museo della guerra 1914-18 di [[Lavarone]].
* [[PasqualeFabio OroFilzi]]
* [[Damiano Chiesa]]
* "[[Un anno sull'Altipiano]]", libro di [[Emilio Lussu]] sull'esperienza in questa battaglia.
* [[Un anno sull'Altipiano]]
* ''[[Tappe della disfatta]]''
 
== Altri progetti ==
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==Collegamenti esterni==
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{{prima guerra mondiale}}
{{Alpini}}
{{Portale|Grande Guerra|Guerra|StoriaVicenza}}
 
[[Categoria:Guerra nel 1916]]
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[[Categoria:Pasubio]]
[[Categoria:Battaglie che coinvolgono gli Alpini]]
[[Categoria:Storia del Veneto]]
 
[[bs:Bitka na Monte Meleti]]
[[de:Österreich-Ungarns Südtiroloffensive 1916]]
[[en:Battle of Asiago]]
[[fr:Offensive du Trentin]]
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[[pt:Batalha de Asiago]]
[[ru:Битва при Асиаго]]