Sacro: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
LiveRC : Annullata la modifica di 87.9.248.24; ritorno alla versione di Ary29 |
|||
| (162 versioni intermedie di 70 utenti non mostrate) | |||
Riga 1:
{{nota disambigua|il luogo di culto|Santuario|Sacra}}
[[
'''Sacro''' è un termine [[Storia delle religioni|storico-religioso]], [[fenomenologia della religione|fenomenologico]] e [[antropologia|antropologico]], riferito a una dimensione [[divinità|divina]], [[aldilà|ultraterrena]] o [[soprannaturale]], il cui significato mira ad estendere ed oltrepassare quello attribuito alla realtà ordinaria percepita all'opposto come [[profana]]. L'esperienza del "sacro" è al cuore di tutte le [[religioni]].<ref>[[Julien Ries]], ''Le vie della semantica storica'', in ''Opera omnia'', vol. II, pag. 28, Milano, Jaca Book, 2007.</ref>
{{Citazione|Il ''sacro'' è un elemento della ''struttura'' della coscienza e non un momento della storia della coscienza. L'esperienza del ''sacro'' è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall'uomo per costruire un mondo che abbia un significato. Le [[ierofanie]] e i simboli religiosi costituiscono un linguaggio preriflessivo. Trattandosi di un linguaggio specifico, ''sui generis'', esso necessita di un'[[ermeneutica]] propria. |[[Mircea Eliade]], ''Discorso pronunciato al Congresso di [[Storia delle religioni]] di Boston il 24 giugno [[1968]]''<ref>''Fragments d'un Journal 1945-1969'', Parigi, Gallimard 1973, p. 555: tr. it. ''Giornale'', Torino, Boringhieri, 1976.</ref>}}
==
[[File:Lapis niger (schema).jpg|thumb|Schema dell'iscrizione del [[Lapis Niger]]. Da notare il termine ''sakros'' alla seconda riga.]]
Il termine italiano "sacro" deriva dal termine [[latino arcaico]] ''sakros'', rinvenuto sul ''[[Lapis Niger]]'', sito archeologico romano risalente al [[VI secolo a.C.]]<ref>Così [[Julien Ries]] in ''Saggio di definizione del sacro''. ''Opera Omnia''. Vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.3: «Sul ''Lapis Niger'', scoperto a Roma nel [[1899]] vicino al Comitium, 20 metri prima dell'Arco di Trionfo di Settimio Severo, nel luogo che si dice sia la tomba di Romolo, risalente all'epoca dei re, figura la parola ''sakros'': da questa parola deriverà tutta la terminologia relativa alla sfera del sacro.»</ref> e, in un significato successivo, indica anche ciò che è dedicato ad una [[divinità]], ed al suo relativo [[culto]]; infatti, tale termine lo si trova, con medesimo significato, anche in altre lingue antiche come, ad esempio, l'[[lingua ittita|ittita]] ''saklai'' e il [[lingua gotica|gotico]] ''sakan''.
La radice di ''sakros'' si ritrova nell’[[accadico]] (lingua o insieme di lingue dell'area semitica, ormai estinte) saqāru (“invocare la divinità”), sakāru (“sbarrare, interdire”) e saqru (“elevato”). Simili a sua volta, il radicale [[lingua protoindoeuropea|indoeuropeo]] ''*sak'', ''*sag'', col significato di ''avvincere'', ''aderire'', o ''sac-ate'', col significato di ''seguire'', o ''sap-ati'', col significato di ''onorare'', sempre sottintendendo una [[divinità]], a tal punto che negli antichi testi [[Ṛgveda]] può anche diventare sinonimo di ''adorare''<ref>[https://www.etimo.it/?term=sacro Sacro, etimologia]</ref>. Anche per i popoli dell'[[Europa centrale]] il termine era strettamente legato alla spiritualità ed alla relativa alla [[Salvezza (religione)|salvezza dell'anima]], indicandola come ''Heil'', da cui deriva il termine [[lingue germaniche|germanico]] e [[lingua olandese|olandese]] ''Heilig'', il [[Lingua danese|danese]] ''hellige'', l'[[lingua inglese|inglese]] ''holy'' etc.
Il rapporto del termine con la [[religione]] si estese poi anche per divinità maligne come, ad esempio, è avvenuto nel termine [[lingua latina|latino]] ''ex-sacrabilis'', ''ex-secrabilis'', ovvero ''per il sacro'', dove invece il relativo termine "esecrabile" vuol dire invece ''cattivo'', ''ripugnante''<ref>''Saggio di definizione del sacro'', ''Op. cit.''</ref>. Gli [[Antica Grecia|antichi Greci]] invece, usavano distinguere il termine [[Lingua greca antica|greco antico]] ''hagios'' per indicare qualcosa di ''inviolabile'', non accessibile ai comuni mortali (tradotto in latino come latino ''santcus'', ''santo'') dal termine ''[[Hierón|hieron]]'', a indicare propriamente la potenza divina in sé, come ad esempio la costruzione di un [[Tempio]] dedicato alla divinità. In antichità quindi, il significato veniva applicato a tutti i rituali religiosi annessi, dove spesso esistevano le cosiddette [[Sacrificio|vittime "sacrificali"]] e dove è probabile derivi anche il termine osso "[[osso sacro|sacro]]", indicando tradizionalmente in questo <ref>[https://www.lettera43.it/howto/perche-si-chiama-osso-sacro/ Perché si chiama osso sacro]</ref> la parte anatomica più gradita agli [[Dio|dei]].
Il termine si estese ancora, in termini più generici, ad indicare qualcosa a cui è stata conferita una oggettiva validità, ovvero che acquisisce il dato di fatto reale, suo fondamento e conforme al cosmo<ref>''Saggio di definizione del sacro'', in ''Grande dizionario delle Religioni'' (a cura di P. Poupard). Assisi, Cittadella-Piemme, 1990 pagg. 1847-1856</ref>. Da qui anche il termine, sempre [[lingua latina|latino]], di ''sancire'', evidenziato in [[legge|leggi]] o accordi. Seguendo questo insieme di significati, il ''sakros'' sancisce una alterità, ovvero un essere "altro" e "diverso" rispetto all'ordinario, al comune, al [[profano]]<ref>''Saggio di definizione del sacro'', ''Op. cit.''.</ref>, e dal quale iniziò lo studio della cosiddetta [[antropologia]] del sacro e della [[ierofania]].
{{vedi anche|Ierofania}}
In significati ancor più recenti e popolari poi, il termine ''sacra'', da cui deriva l'analogo "''sagra''", fu applicato a indicare non più una costruzione, una festa tradizionale o un rituale strettamente legato ad un culto devozionale-[[religione|religioso]], bensì legato a una qualsiasi generica commemorazione (ad es. la primavera, il raccolto, i prodotti dell'agricoltura, etc.).
{{vedi anche|Sagra (festa)}}
== Il ''sacro'' negli studi contemporanei ==
[[File:RudolfOtto.jpg|upright=0.7|thumb|[[Rudolf Otto]] (1896-1937), fu tra i primi studiosi della dimensione del "sacro".]]
[[File:Nathan Soderblom.jpg|upright=0.7|thumb|[[Nathan Söderblom]] (1866-1931), considerò il "sacro" alla base di ogni religione.]]
[[File:Stamp of Moldova 038 (cropped).jpg|upright=0.7|thumb|Ritratto di [[Mircea Eliade]] (1907-1986, particolare di un ritratto pubblicato su un francobollo moldavo).]]
[[Marcel Mauss]] (1872-1950) ed [[Henri Hubert]] (1872-1927), autori dell<nowiki>'</nowiki>''Essai sur la nature et la fonction du sacrifice'' (1897),<ref>trad. it.: ''Saggio sul sacrificio'' Brescia, Morcelliana, 2002.</ref> sono tra i primi studiosi ad indagare la dimensione del "sacro" che, a detta di questi, si manifesta nel "[[sacrificio]]" il quale, per mezzo della vittima, permette agli esecutori dello stesso, i "sacerdoti", di passare dal piano del "profano" al piano del "sacro".
Nel successivo ''Saggio su una teoria generale della magia'' (1902),<ref>tr. it. ''Teoria generale della magia e altri saggi'', Torino, Einaudi 1965.</ref> [[Marcel Mauss]] individua nel ''[[mana]]'' un concetto più generale che comprende sia il sacro che la [[religione]], ma anche la [[magia]].
[[Émile Durkheim]] (1858-1917) nell'opera ''Les Formes élémentaires de la vie religieuse'' (1912)<ref>tr. it. ''Le forme elementari della vita religiosa'', Milano, Edizioni di comunità 1971.</ref> riprende i lavori di Mauss, ma aggiunge altri strumenti come "rottura di livello" per provocare il passaggio dal profano al sacro. Quindi non solo il "sacrificio" ma anche altri [[rito|riti]] cultuali e di [[iniziazione]] consentono l'ingresso nel "sacro". Peraltro per Durkheim, il quale basava il suo studio su ricerche etnografiche condotte in [[Australia]], l'esperienza religiosa consente ad un gruppo umano di avere esperienza di sé.
Ma è con [[Rudolf Otto]] (1896-1937) che la dimensione del "sacro" acquisisce un peculiare ambito di ricerca. Nella sua opera ''Das Heilige'' (1917),<ref>''[[Il Sacro]]'', Brescia, Morcelliana, 2011.</ref> Otto analizza l'esperienza umana del "sacro" e la qualifica come terrificante e irrazionale; una esperienza indicata come ''mysterium tremendum'' davanti ad una "realtà" a cui viene attribuita una schiacciante superiorità e potenza. Ma anche una realtà dotata di ''mysterium fascinans'' in cui può realizzarsi la pienezza dell'essere. Otto identifica queste esperienze come "[[numinoso|numinose]]" (esperienze del divino), di fronte al quale l'uomo si sente annichilito. Esse vengono ritenute [[totalmente Altro|al di là dell'umano e persino del cosmico]]. La peculiarità del "sacro" è, per Otto, riconducibile alla sua impossibilità ad essere spiegato o ricondotto ad un linguaggio pertinente per altri oggetti di ricerca.
Lo [[storico delle religioni]] svedese [[Nathan Söderblom]] (1866-1931) in ''The Nature of Revelation'' (1931)<ref>New York, Oxford University Press.</ref> è il primo a coniugare strettamente il termine "sacro" con quello di "religione":
{{Citazione|Sacro è la parola fondamentale in campo religioso; è ancora più importante della nozione di Dio. Una religione può realmente esistere senza una concezione precisa della divinità, ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione tra sacro e profano|J. Hastings. ''Holiness'' in ''Encyclopedia of Religion and Ethics'', Vol.VI. Edinburgh, Clark, 1913, pag. 731-41}}
Uno dei primi studiosi della [[Fenomenologia della religione]], [[Gerardus van der Leeuw]] (1890-1950), autore di ''Phänomenologie der Religion'', (1933),<ref>tr. it. ''Fenomenologia della religione'', Torino, Boringhieri 1960.</ref> ribadisce la peculiarità dell'ambito della ricerca [[fenomenologia|fenomenologica]] della religione individuando i temi ricorrenti nella storia e nelle differenti religioni attraverso il presentarsi di strutture e forme tipiche come riti e credenze. A tal proposito van der Leeuw conia l'espressione di ''[[homo religiosus]]'' per indicare quell'uomo che ha una condotta specifica in relazione con il "sacro".
[[Mircea Eliade]] (1907-1986) in ''Le Sacré et le profane'' (1956)<ref>tr. it. ''[[Il sacro e il profano]]'', Torino, Bollati Boringhieri 2006. Il libro fu redatto da Eliade in francese ma fu pubblicato per la prima volta nel 1957 in tedesco nella collana ''Rowohlts Deutsche Enzykläpdie'' diretta da [[Ernesto Grassi (filosofo)|Ernesto Grassi]] con il titolo ''Das Heilige und das Profane''.</ref>), suggerisce al riguardo del "sacro" il termine "[[ierofania]]" inteso come "qualcosa di sacro ci si mostra". Per Eliade la [[storia delle religioni]], dalla preistoria ad oggi, è costituita dall'accumularsi di "ierofanie" ovvero dalla manifestazione di realtà "sacre". Il "sacro" non ha nulla a che fare con il nostro mondo, il "profano". Per Eliade tutto il mondo fisico può essere assunto nella cultura, soprattutto arcaica, al rango di sacro. La pietra o l'albero possono essere investiti della potenza del sacro senza perdere le loro caratteristiche fisiche, "profane". Essendo "potenza" per le culture arcaiche il "sacro" assurge a massima realtà e risulta saturo d'essere. Per Eliade il Cosmo desacralizzato, ovvero considerato del tutto privo di quella potenza, è una scoperta recente dell'umanità. L'uomo moderno quindi, per Eliade, ha difficoltà a comprendere il rapporto dell'uomo arcaico con la "sacralità". "Sacro" e "profano" sono due modi di essere completamente diversi. Per l'uomo arcaico, ad esempio, molti atti del tutto fisiologici ("profani") per l'uomo moderno sono investiti di sacralità: l'alimentazione, la sessualità, ''etc.''
{{Citazione| Ogni rito, ogni mito, ogni credenza, ogni figura divina riflette l’esperienza del sacro, e di conseguenza implica le nozioni di essere, di significato, di verità. […] Il “sacro” è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa. Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, poiché l’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale. In altre parole, essere – o piuttosto divenire – un uomo significa essere “religioso” . | [[Mircea Eliade]]. ''Storia delle credenze e delle idee religiose'' vol. I. Sansoni, 1999, pag.7}}
L'uomo che vive l'esperienza del "sacro" viene indicato anche da Eliade come ''[[homo religiosus]]''. Mircea Eliade<ref>[[Mircea Eliade]]. ''Trattato di storia delle religioni''. Torino, Boringhieri, 1984, pag. 19 e segg.</ref>, inoltre, rileva come la dimensione del sacro, separato dal profano, abbia diverse analogie con il termine ''[[tabù|tabú]]'', presente nelle lingue della [[Polinesia]] e adottato precedentemente da diversi [[Etnografia|etnografi]]<ref>Ad esempio: [[James Frazer]] (1854-1941), [[Hutton Webster]] (1875-1955) e [[Arnold van Gennep]] (1873-1957).</ref>.
Mircea Eliade sottolinea che la religione non deve essere interpretata solo come «la credenza nella divinità», ma come «esperienza del sacro». Eliade analizza la dialettica del sacro.<ref>{{cita libro|lingua= en |autore= Thomas J. J. Altizer |titolo= Mircea Eliade and the Dialectic of the Sacred |editore= Westminster Press |città=Philadelphia |anno= 1968 |ISBN= 978-083-7171-96-8 }}</ref> Il sacro è presentato in relazione al profano.<ref>Mircea Eliade, ''Il sacro e il profano'', Bollati Boringhieri, Torino 2006.</ref> Il rapporto tra il sacro e il profano non è di opposizione, ma di complementarità, come il profano è visto come [[ierofania]].<ref>{{cita libro|lingua= ro |autore= Mircea Itu |titolo= Mircea Eliade |editore= Editura Fundaţiei România de Mâine |città= Bucarest |anno= 2006 |p= 35 |ISBN= 973-725-715-4 }}</ref>
{{
=== Religioni preistoriche ===
[[File:Monted'accoddisardegna.png|thumb|L'[[Complesso prenuragico di Monte d'Accoddi|altare di Monte d'Accoddi]], santuario [[neolitico]] presso [[Sassari]]]]
[[File:Gabillou Sorcier.png|left|thumb|Pittura rupestre di un essere per metà umano e metà animale risalente al [[Paleolitico]] e rinvenuto nei pressi di [[Dordogna]] ([[Francia]]). È opinione degli [[Archeologia|archeologi]] che questo genere di figure indichino delle pratiche [[Sciamanesimo|sciamaniche]] svolte sul luogo.]]
[[File:Scena di aratura - Seradina R 12 - Capo di Ponte (Foto Luca Giarelli).jpg|thumb|[[Ierogamia]] incisa presso il Parco archeologico comunale di Seradina-Bedolina in [[Val Camonica]].]]
[[File:Stonehenge Wide Angle.jpg|left|thumb|Il sito [[neolitico]] di [[Stonehenge]].]]
L'uomo è apparso durante il [[Paleolitico]], all'interno di questo periodo che va da due milioni di anni a.C. al 9000 a.C., i nostri progenitori vissero un lento e costante sviluppo tecnico, simbolico e culturale. Conosciamo poco del rapporto dell'uomo con il sacro durante il [[Paleolitico]], sappiamo tuttavia che durante il periodo [[Musteriano]] (70000 a.C.) l'uomo avvia una pratica di sepoltura rituale<ref>[[Luigi Luca Cavalli-Sforza]], Gianluca Bocchi. ''Le radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici, storici'' Milano, Bruno Mondadori, 2001, pag.199. Anche [[Julien Ries]]. ''Il valore del sacro nelle risorse umane''. in ''Opera omnia'', vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.355.</ref>. Dal [[Paleolitico]] superiore registriamo l'usanza di cospargere di ocra rossa le ossa dei morti. L'ocra rossa, sostituto del sangue, ricopriva il significato di "vita" <ref>Julien Ries. ''L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità'', Milano, Jaca Book, 2007, pag.606.</ref>. L'uomo del Paleolitico superiore viene sepolto con oggetti funerari, usanza che indica una qualche credenza nella vita dopo la morte. Le pitture rupestri del Paleolitico superiore indicano anche che l'uomo di quel periodo aveva delle cognizioni cosmogoniche e conservava delle simbologie delle volte celesti. Almeno da questo periodo si può registrare l'ingresso del "sacro" nella vita dell'umanità e quindi l'inizio dell{{'}}''[[homo religiosus]]''<ref>Il primo studioso ad utilizzare questo termine fu [[Gerardus van der Leeuw]] (1890-1950) nella sua opera ''Phänomenologie der Religion'' del 1933. Per una panoramica sul tema cfr.: Julien Ries, ''Homo religiosus et expérience du sacré'' in ''Relìgiosité, religions et identités religieuses'' (a cura di P. Million) Congrés de Grenoble, Grenoble 1998, pagg.171-91.</ref>.
Durante il periodo [[Mesolitico]] (9000-4000 a.C.) la pratica di [[sepoltura|inumazione]] viene realizzata nella posizione fetale, modalità che indica che la tomba è considerata un [[Uovo (biologia)|uovo]] pronto a generare nuova vita<ref name="II. Milano, Jaca Book 2007">[[Julien Ries]]. ''Il valore del sacro nelle risorse umane''. in ''Opera omnia'', vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.356.</ref>.
Durante il periodo [[Neolitico]] (4000-3000 a.C.) l'uomo diventa sedentario e fonda villaggi sempre più organizzati. Si trasforma in agricoltore e quindi inizia a svelare il mistero della fecondità. Le pareti delle tombe iniziano ad essere incise simbolicamente, si iniziano ad innalzare dei monumenti megalitici come il tempio circolare di [[Stonehenge]]. I miti religiosi prendono forma: dalla [[Dea madre]]<ref>[[Julien Ries]]. ''Il valore del sacro nelle risorse umane''. in ''Opera omnia'', vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.355.</ref>, la quale indica il posto centrale riconosciuto alla donna in queste culture, ai [[cicli cosmici]] alle [[ierogamie]] rituali. Le iscrizioni rupestri in [[Val Camonica]] evidenziano come l'uomo del [[Neolitico]] si rappresenti con le braccia levate al cielo, per poi passare alla formazione di statue-stele di divinità, alle rappresentazioni di danze sacre, ai culti solari<ref name="II. Milano, Jaca Book 2007"/>.
Non siamo in grado di sapere come le diverse culture del Neolitico denominassero l'esperienza del "sacro", non ci è giunta infatti alcuna testimonianza scritta di quelle culture essendo improbabile la nascita di una [[scrittura]] in quel periodo. Oggi si discute se le [[tavolette di Tărtăria]], appartenenti alla [[Cultura Vinča]] (VI millennio a.C.) o le iscrizioni su ceramica della civiltà di [[Harappa]] (IV millennio a.C.), possano o meno rappresentare le prime forme di scrittura dell'umanità. Ma se da una parte sappiamo che la [[Cultura Vinča]] era certamente connessa all'esperienza del "sacro"<ref>Luigi Luca Cavalli-Sforza, Gianluca Bocchi. ''Le radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici, storici'' Milano, Bruno Mondadori, 2001, pag.93.</ref>, dall'altra non siamo in grado di interpretare in alcun modo il contenuto delle tavolette di Tărtăria, come risultano del tutto indecifrabili le iscrizioni della civiltà di [[Harappa]]. Le prime informazioni che disponiamo sul modo di denominare il "sacro" risalgono quindi alle civiltà dei [[Sumeri]] e degli [[Egizi]] risalenti al III e IV millennio a.C.
===
[[File:Luxor, sanctuary inside Temple of Hatshepsut, Egypt, Oct 2004.jpg|thumb|Ingresso del [[Tempio funerario di Hatshepsut|tempio di Hatshepsut]] a [[Luxor]]. Questo tempio dedicato al dio [[Amon]] veniva indicato come ''ḏśr dsrw 'Imn'' (Santo è il luogo santo di Amon) dove '' 'Imn'' sta per "misterioso", "nascosto" ovvero lo stesso nome del dio [[Amon]].]]
{{citazione| Amon-Ra, il pastore di tutti i poveri, ha tolto la mia sofferenza durante la processione. Conceda egli una razione a chi ha amato. Amon-Ra, signore di forza, mio signore, potente di ira e grande di amore più di ogni Dio| Ostracon Cairo 12212}}
Gli [[Antico Egitto|Egizi]] furono un popolo agricolo che, stabilitosi in [[Periodo predinastico dell'Egitto|epoca preistorica]] nel [[Delta del Nilo]], a partire dal [[V millennio a.C.|V millennio]] avviò la costruzione delle prime città e nel [[IV millennio a.C.|IV millennio]] la prima entità statale organizzata.
La civiltà egizia fu fortemente [[Religione egizia|religiosa]] fin dal primo suo costituirsi. La vita degli uomini, per gli egizi, dipendeva dalle [[Divinità egizia|divinità]] che garantivano vita, giustizia e sopravvivenza dopo la morte.
Gli dei dell'Egitto erano essi stessi delle potenze e dovevano la loro esistenza ad un dio primordiale che creò il cosmo, ordinato e regolato, da un [[Caos (mitologia egizia)|caos]] precedente. La vita per gli egizi era sacra e sottoposta alla salvaguardia divina.
Il [[faraone]], re-sacerdote dell'Antico Egitto, era il custode della vita e dello stesso Egitto nonché l'intermediario con le divinità e garante della giustizia e della pace tra gli uomini. Aveva il dovere di far costruire i [[Tempio egizio|templi]] che non erano luoghi per la celebrazione di culti ad uso del popolo, ma la dimora degli dei che vi risiedevano.
I [[Antico Egitto#La casta sacerdotale|sacerdoti]] dei culti entravano nei templi in sostituzione e con il permesso del faraone. I loro riti garantivano che il cosmo restasse integro, perpetuando ogni giorno la creazione stessa, con i suoi ritmi e le sue fecondità. Durante il rito quotidiano, il sacerdote egizio offriva alla divinità celebrata una statua della dea [[Maat|Maāt]], simbolo della forza cosmica, della verità e della giustizia.
Grazie a questa offerta il sacerdote partecipava alla coesione del cosmo stesso. Il termine con cui gli egizi indicavano la sacralità di Dio o degli oggetti sacri è ''ḏśr'' (sublime, sacro, immenso). All'interno dei templi egizi vi era una parte separata in cui potevano entrare solo i sacerdoti di alto rango, questo santuario era denominato ''naos'' e accoglieva la statua del dio.
{{Citazione|Il tempio egizio non è una casa di devozione ad uso dei fedeli. È la casa dove abita il dio, presente nel ''[[Cella (architettura)|naos]]'' tramite la statua. In occasione delle feste, i fedeli si riuniscono sul sagrato. I sacerdoti portano solennemente la statua: il dio viene incontro al suo popolo. Ogni mattina il sacerdote che è in servizio entra nel tempio. In nome del faraone penetra nel ''naos'' e vi celebra il culto. È la celebrazione quotidiana compiuta nelle migliaia di templi che perpetuano la creazione e la vita: il movimento del sole, la fecondità degli animali e degli umani, il ritmo delle stagioni e della vegetazione, la piena annuale del [[Nilo]], fonte del miracolo egizio. Nel corso del rituale quotidiano, il sacerdote offre al dio una piccola statua della dea Maāt, il simbolo divino delle leggi e delle azioni, della rettitudine del pensiero e dell'ordine del paese. Grazie a Maāt il culto sviluppa una forza cosmica e spirituale che mantiene la coesione del cosmo e della società.|Julien Ries, ''L'uomo e il sacro''. Milano, Jaca Book, 2007 pag. 439}}
Per la centralità della dea nel sistema cultuale egizio: {{Citazione|The feather of Maat (Truth or Justice) also symbolized order, and in those countless temple scenes showing the king presenting to various deities the small figure of the goddess wearing the feather and seated on a basket, the king is both claiming and promising to preserve order on earth on behalf of all the other gods.|in Leonard H. Lesko, ''Egyptian Religion: an Overview'', in Encyclopedia of Religion, vol. 4, pag. 2713. NY, MacMillan.}}
Sempre sulla centralità cultuale della dea: {{Citazione|Il faraone teneva in mano un'immagine simile a una bambola di questa dea, seduta e con una piuma di struzzo sul capo, che veniva ritualmente offerta agli Dèi|in Manfred Lurker, ''Lexikon der Götter und Symbole der alten Ägypter'', Bern, Scherz Verlag, 1987.<ref>Cfr. Anche Alessia Fassone ed Enrico Ferraris. ''Maat'' in "Egitto" Milano, Electa, 2007, pag. 130 e segg.</ref>}}
Un altro termine utilizzato per indicare la sacralità di un luogo è ''ouāb'' <ref>Il termine ''ouāb'' compare molto spesso nelle versioni [[Chiesa ortodossa copta|copte]] del Vangelo cristiano come sinonimo di "sacro" dove viene preferito al termine greco ''hagios'', acquisendo, nella cultura religiosa copta, il significato di "santità" cristiana. Stesso termine e significato lo si rileva nei testi gnostici di [[Codici di Nag Hammadi|Nag Hammâdi]] e nei testi copti manichei di [[Medinet Madi]].</ref> che ne indica la purezza, scopo e condizione di un culto anche funerario. ''Ouāb'', puro, deve essere il defunto che deve incontrare [[Osiride]], ''ouāb'' deve essere il sacerdote che vuole entrare nel ''naos''.
===
[[File:Fragment Bau Louvre AO4572.jpg|thumb|left|Frammento di stele rappresentante una divinità [[Sumeri|neo-sumerica]], 2120 a.C. [[Girsu]], ([[Iraq]] meridionale).]]
{{citazione|[[Gudea]] davanti al suo re, gli rivolse la sua preghiera, gli si avvicinò nella sala del consiglio portò la mano davanti alla bocca (''ka šu gál'') e disse: "O mio re Ninghirsu<ref>Ninghirsu è la divinità sumera patrona della città di [[Lagaš]] governata dal re [[Gudea]].</ref>, signore, che trattiene le acque selvagge, signore benevolo, generato dalla Grande Montagna, giovane privo di legami, o Ninghirsu, io voglio costruire il tuo tempio, tuttavia non ho ricevuto il segno in proposito"| Cilindro A VIII 13, IX 4}}
I [[Sumeri]] furono un popolo pre-semitico la cui civiltà fiorì intorno al IV millennio a.C. nella [[Mesopotamia]] meridionale. Questa civiltà era costituita da un insieme di città-stato le più antiche delle quali risalgono al 3000 a.C. Tra queste città le più importanti furono: [[Kish (Sumer)|Kish]], [[Ur]] (che nella ''[[Bibbia]]'' risulta essere la patria di [[Abramo]]) e [[Uruk]] (che fu governata dal mitico sovrano [[Gilgameš]]). Mentre [[Lagaš]], [[Umma (città)|Umma]] e [[Nippur]] rappresentavano delle sedi dei culti religiosi. Queste città venivano governate da un re-sacerdote (''[[ensi (storia antica)|ensi]]'' o anche ''[[lugal]]'').
Nel linguaggio dei [[Sumeri]], sacro viene indicato con il termine ''kù-g'', così esso appare nei cilindri A e B di [[Gudea]] di [[Lagaš]]. Il termine ''kù-g'' insiste su un significato di purezza primordiale. Ciò che è puro all'inizio dei tempi questo è "sacro", ''kù-g''. Altri tre termini presenti nei cilindri sono ''Mah'', ''Zi-d'' e ''Me''. Il primo, ''Mah'' indica la priorità e la trascendenza di re come delle divinità (''dingir''), o anche di montagne e città, ''Mah'' è la superiorità di un dio rispetto ad un altro e si colloca nel ''sancta sanctorum'' del tempio sumerico. ''Zi-d'' indica la [[santità]] divina. Il sacro ''kù-g'' essendo primordiale riguarda innanzitutto le prime due divinità cosmiche: [[An (mitologia)|An]] e [[Gatumdu]]. Il terzo termine ''Me'' indica la sacralità dell'ordine cosmico. Con ''Me'' viene garantito il destino del mondo. Per i [[sumeri]] il mondo è governato e il destino di ciascuno è stabilito dagli dèi. Coltivare il ''kù-g'', la purezza primordiale, e il ''Me'', la sacralità dell'ordine cosmico permette di rendere il mondo armonioso e crea un legame con gli dèi<ref>Cfr. ad es. [[Julien Ries]]. ''Opera omnia'' vol. II: ''L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità''. Milano, Jaca Book, 2007, pagg. 544-5.</ref>.
=== Babilonesi ===
[[File:Marduk and pet.jpg|upright=0.7|thumb|[[Marduk]] e il drago Mušḫuššu.]]
{{citazione|O [[Marduk]] guerriero, la cui ira è il diluvio, ma il cui perdono è quello di un padre misericordioso. Parlare senza essere ascoltato mi ha privato del sonno, gridare senza avere risposta mi ha tormentato, ha fatto svanire le forze del mio cuore, mi ha piegato come se fossi un vecchio.|Testo cuneiforme: King, ''BMS'', 41, 1-4}}
I [[Babilonesi]] furono un popolo [[semitico]] che visse, a partire dal 2000 a.C., tra il corso dei fiumi [[Tigri]] ed [[Eufrate]] avendo come centro la città di [[Babilonia (città antica)|Babilonia]] (''Bābilu'', Porta di Dio). Il sesto sovrano babilonese, [[Hammurabi]] (1728-1686 a.C.) fondò un regno unitario sottoposto ad un insieme di norme legali che prendono il suo nome, il [[Codice di Hammurabi]]. Hammurabi elevò il Dio [[Marduk]], divinità della città di Babilonia, al rango di protettore di tutto il suo regno. ''[[Enūma eliš]]'' è il poema religioso babilonese che eleva la figura del dio Marduk su tutte le altre divinità. La sua vittoria su queste ultime riporta l'ordine nel cosmo. L'antico dio An, colui che ha messo sul trono Marduk, è intriso di ''anūtu'', la primordiale trascendenza. ''Anūtu'' è quindi, per i Babilonesi, l'aspetto primordiale del "sacro". Gli Dèi sono indicati con il termine ''Ilū'' (plurale, ''Ilūtu''). Tutto ciò che esprime, è in contatto o è il luogo delle divinità (''Ilūtu''), ovvero tutto ciò che è "sacro" viene indicato con il termine ''ellu'' (luce, splendore) ma anche come ''kuddhushu''. Il "sacro" si manifesta sempre come lampo di luce e di splendore. L'uomo ricopre un ruolo piuttosto periferico nella manifestazione del "sacro". Egli fu creato dal dio della conoscenza, Ea, e i suoi atti per raggiungere il luminoso "sacro" sono validi solo se raggiungono il mondo divino. Da qui l'elaborazione di rituali e la costruzione di oggetti e luoghi per creare questo legame tra l'uomo e le divinità espressione del sacro.
=== Antica religione germanica ===
[[File:Ardre Odin Sleipnir.jpg|thumb|left|Un particolare della Pietra di Tjängvide (VIII secolo) che mostra il Dio dei Germani [[Wōdanaz]] in sella al suo destriero [[Sleipnir]].]]
{{citazione|Io so che esiste un frassino chiamato [[Yggdrasill]], un alto albero bagnato di bianca brina; di là derivano le rugiade che cadono nelle valli, e sempre verde sta presso la fonte di Urðr. Di là vengono tre donne molto sagge, dalla sala che sta attorno a quell'albero; una si chiama Urðr, un'altra Verðandi, incidono [[Alfabeto runico|rune]], un'altra Skuld; esse fissarono le sorti e decidono la vita dei figli degli uomini, del destino degli eroi.| [[Vǫluspá]] 19 e 20}}
I [[Germani]] sono un [[Popoli indoeuropei|popolo indoeuropeo]] che si stanziò a partire dal XV secolo a.C. in un territorio compreso tra la Germania settentrionale, la Danimarca e la Svezia Meridionale. Da questa regione questa etnia iniziò a spostarsi progressivamente verso Ovest e verso Sud. A tale etnia appartengono, tra gli altri, i popoli: [[Senoni]], [[Norreni]] (noti anche come [[Vichinghi]]), [[Angli]], [[Marcomanni]], [[Goti]], [[Vandali]], [[Burgundi]], [[Cherusci]], [[Franchi]], [[suebi|Svevi]], [[Longobardi]], [[Frisoni]], [[Sassoni]]. I Germani furono cristianizzati a partire dal IV secolo (Goti) fino al XII (Scandinavi).
Ricostruire la religione dei Germani e il loro rapporto con il sacro è compito piuttosto arduo considerando che essa era priva di un [[sacerdozio]] dedicato e di veri e propri [[templi]]<ref>[[Julien Ries]].''L'expression et la signification du sacré dans la religion des anciens Germains et Scandinaves'', in ''L'expression du sacré dans les grandes religions'' Centre d'Historie des Religions, Louvain La Neuve, 1983, pagg. 87-115.</ref>.
Il sacro nella lingua germanico-scandinava è reso con due termini di base: ''Heilagaz'' e ''Wihaz'': il primo indica una realtà numinosa ed è collegato al mondo degli Dei, il secondo invece corrisponde ad una forza misteriosa che lega l'uomo al suo Destino (''Gaefa'')<ref>[[Régis Boyer]] e [[Eveline Lot Falck]]. ''Les Religions de l'Europe du Nord''. Parigi, Fayard, 1968.</ref>.
''Heilagaz'' (anche ''Heil'' o ''Heilig'') indica ciò che è inviolabile, ciò che è sacro. Da questo termine deriva l'aggettivo ''Heilgar'' inteso come inviolabilità.<br />
''Heilagaz'' è il dono delle potenze trascendenti offerto all'uomo come "forza innata", è anche la volontà degli Dèi che va conosciuta per mezzo della [[divinazione]] e degli [[oracoli]].
Il mondo dei Germani è infatti un mondo rigidamente segnato dalla nozione di "Destino" (''Gaefa'')<ref>[[Régis Boyer]], in ''Op.cit'', si domanda chi fosse la divinità suprema dei popoli germanici se Oddin, Thórr o il Destino stesso (reso anche con i termini, tra gli altri, di: ''audhna'', ''tima'', ''happ'', ''forlög'', ''sköpp'').</ref> e in questa dimensione il sacro è legato alla consultazione del futuro che attende l'uomo, attraverso la [[divinazione]].
[[Régis Boyer]], ricordando in merito la nozione di ''hugr'' (quando un personaggio viene colto da un presentimento ed esprime ''svá segir hugr mér'', "lo ''hugr'' mi dice che"), ritiene che:
{{Citazione|Questa è senza dubbio la ragione per cui la divinazione, cioè la consultazione degli àuguri, era tenuta in gran conto, almeno a giudicare da quel poco che sappiamo sul culto presso i Germani|[[Régis Boyer]], ''Il sacro presso i Germani e gli Scandinavi'', in ''L'uomo indoeuropeo e il sacro''. Milano, Jaca Book, 1991, pagg. 191}}
Il ''Gaefa'' dell'uomo è un dono delle potenze trascendenti<ref>[[Norne]] e [[Dísir]] plasmano il destino dell'uomo immettendo in esso l'energia necessaria affinché l'individuo possa avere "potere" (''mátr'') e quindi riuscita nell'intento (''megin''). In questo modo, ricorda Boyer in ''Op. cit.'', l'uomo può portare a termine il suo Destino avendone la potenza specifica.</ref> esso va accettato in modo attivo e non subendolo altrimenti perde il suo senso<ref name="Julien Ries. Op.cit">[[Julien Ries]], ''op.cit''.</ref>. Il Destino è dunque il luogo sacro dei Germani che non conoscevano né adorazioni né preghiere. Anche gli Dèi dei Germani dipendono dal ''Gaefa'', l'intero universo era plasmato da esso.
{{Citazione|Tutto, dei, uomini cose ed elementi è dotato di un ''megin'', cioè in ultima analisi della volontà di organizzare il caos, di assicurare un ordine che corrisponda ad una destinazione senza dubbio chiara, ma da verificare, per assicurare a ogni essere almeno la possibilità di prendere tutto su di sé, realizzando un progetto supremo nella sua modalità specifica|[[Régis Boyer]], ''op.cit.'', pag.197. Citato anche da [[Julien Ries]] in ''L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità''. ''Opera omnia'' vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag. 167}}
La comunità (''Aett'' in Scandinavia, ''Sippe'' in Germania), in questa etnia, era fondante lo stesso rapporto col sacro, dimensione che legava tutti i membri di un clan portatori dell{{'}}''hamingjia'' questa intesa come espressione degli stessi antenati e di tutta la discendenza ovvero l'onore (''virding'') e la forza della comunità da cui deriva anche il destino dell'individuo; per questa ragione il senso dell'onore e la fedeltà alla parola data erano essi stessi dimensione del sacro: l'offesa portata ad un individuo o da un individuo era portata alla stessa sacralità del clan e la vendetta un diritto sacro<ref name="Julien Ries. Op.cit"/>.
{{Citazione|Non c'è alcun testo che prescriva apertamente la vendetta; ma non ce ne sono neppure che la condannino anche se poco giustificata. Chi attenta al mio onore, costruito secondo la mia concezione personale, si fa beffe del sacro che è in me, tende a dissacrarmi. Tutto ciò chiede una compensazione (''hót'') ...|[[Régis Boyer]], ''Il sacro presso i Germani e gli Scandinavi- La vendetta, diritto sacro'', in ''L'uomo indoeuropeo e il sacro''. Milano, Jaca Book, 1991, pagg. 187-188}}
L'unico modo per un Germano per attestare la sua aderenza all{{'}}''hamingjia'' era manifestarla con i comportamenti che dovevano dimostrare accettazione del ''Gaefa'' (la dimensione sacra del Destino) e il rispetto dell<nowiki>'</nowiki>''hamingjia'' (la dimensione sacra della comunità), quindi dell'onore e della fedeltà alla parola data al proprio clan di fronte alle prove della vita, ivi compresa la condotta in guerra<ref>[[Julien Ries]]. ''Op.cit'' e |[[Régis Boyer]] ''Op. cit.''.</ref>.
Il luogo di culto dei Germani veniva indicato con l'altro termine base, ''Wihaz'' (''vé'' in [[scandinavo]], ''vigjia'' in [[Lingua norrena|norreno]], ''weihs'' in [[gotico]]), tale luogo era all'aria aperta, spesso adiacente ad alberi o a fonti sacre.
Il capo del clan (''Helgi'') veniva eletto (intronizzato, ''arfleiding'') dagli altri membri e svolgeva anche funzioni sacerdotali includendo la dimensione dell<nowiki>'</nowiki>''Hailagaz'' e del ''Wihaz'' e se si dimostrava indegno del suo compito veniva esso stesso sacrificato ovvero riconsegnato al Destino.
Due comportamenti erano aborriti in questi popoli: l'omosessualità e il tradimento<ref>[[Julien Ries]]. ''L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità''. ''Opera omnia'' vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.413.</ref>. Per quanto attiene l'omosessualità, diversamente Gilbert Herdt: {{Citazione|Obligatory homosexuality existed in ancient Germany and Albania and was no doubt linked to their warrior traditions.|[[Gilbert Herdt]], ''Homosexuality'', in ''Enciclopedia of Religion'' (1987), vol. 6. NY, Macmillan, 2005, p. 4113}}
La famiglia era invece considerata centrale nel rapporto con il sacro a tal punto che la stessa classe degli Dèi era divisa in famiglie e il rito della nascita di un individuo era considerato tra i più importanti: la donna partoriva inginocchiata di modo che il neonato potesse venire accolto dalla Terra madre, purificato con l'acqua veniva mostrato al Sole e solo dopo gli veniva assegnato un nome che doveva richiamare insieme sia quello del padre che quello della madre; dopo l'assegnazione del nome, il bambino veniva integrato nella famiglia<ref>Per i riti della nascita cfr. [[Régis Boyer]]. ''Il sacro presso i Germani e gli Scandinavi. I riti della nascita'' in ''L'uomo indoeuropeo e il sacro''. Milano, Jaca Book, 1991, pagg. 187-8</ref>. Colui che violava le regole e l'onore della comunità veniva invece proscritto dalla stessa perdendo così il proprio destino e con esso la stessa ragione di vivere. Essendo i morti degli intermediari tra il sacro e i viventi, i defunti che erano stati in vita proscritti dalla comunità venivano seppelliti sotto cumuli di pietre o abbandonati in mare in quanto avevano perso qualsivoglia forma di esistenza<ref name="Julien Ries. Op.cit"/>.
=== Religione greca ===
[[File:Aphrodite swan BM D2.jpg|thumb|La dea [[Afrodite]] a cavallo di un [[Cygnus (zoologia)|cigno]] (dalla tomba F43 [[Kameiros]], [[Rodi]]). Il cigno animale sacro alla Dea e compagno di [[Apollo]], nella tradizione religiosa greca è una [[ierofania]] vivente della luce.]]
{{citazione| Quattro principi fondamentali devono soprattutto valere per quanto riguarda Dio: fede, verità, amore, speranza. Bisogna infatti credere, perché l'unica salvezza è la conversione verso Dio: chi ha creduto deve quanto più è possibile impegnarsi a conoscere la verità su di lui; chi l'ha conosciuto amare colui che è stato conosciuto; chi l'ha amato, nutrire di buone speranze l'anima tutta la vita. |[[Porfirio]], '' Lettera a Marcella, 24''}}
Il radicale in [[lingua greca]] che indica il '''sacro''' è ''hag-'' (corrispettivo del [[sanscrito]] ''yai-''). In tal senso:
* ''Hagnós'' nell'[[Odissea]] dove indica il sacro divino e la sacra maestà, da qui ''hagneia'' nel significato di purezza religiosa consegnata dalla divinità all'uomo prescelto (consacrato);
* ''Hágios'' aggettivo verbale (da ''hazestai'') in [[Erodoto]] è ciò che indica il luogo sacro; in [[Platone]] esso indica la separatezza del divino dal mondo umano a cui l'anima può aspirare praticando la virtù <ref>[[Fedone]] 79 d.</ref>. Con l'ellenizzazione le divinità orientali importate nella penisola greca vengono indicate come ''hagios'' (sacre). Nella [[Bibbia]] in traduzione greca, la [[Septuaginta]], il termine ebraico per santo, ''qadoš'', è reso come ''hagios''. Sempre come ''hagios'' è reso ''qodeš'' (riservato a Dio).
*''Hierós'' (corrispettivo del [[sanscrito]] ''iṣiraḥ'') è un altro termine che entra nella sfera del sacro. Esso indica ciò che è forte e che rende forti. In [[Omero]] non è mai attribuito ad un essere umano ma solo a realtà o condizioni considerate "potenti". Non indica gli Dèi ma gli oggetti o i luoghi ad essi legati. Da qui i templi che sono indicati come ''hieroi''. I discorsi intorno agli Dèi vengono denominati come ''hieroi logoi''. I re e i sacerdoti dei culti entrando in rapporto con gli Dèi sono anch'essi ''hieroi''. Nei culti misterici, l'iniziato che ha preso contatto con la potenza divina è esso stesso uno ''hieros anthropos''.<ref>Emile Benveniste, ''Indo-European Language and Society'', Miami, University of Miami Press, 1973. [https://chs.harvard.edu/CHS/article/display/3964.book-6-religion-1-the-sacred- "Book 6: Religion Chapter 1: The “Sacred” "] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201020234243/https://chs.harvard.edu/CHS/article/display/3964.book-6-religion-1-the-sacred- |data=20 ottobre 2020 }}</ref>
Così se ''Hagnós'' è riferibile al contesto degli Dèi, alla loro maestà, e ''Hágios'' è sempre riferibile agli stessi, ''Hierós'' indica prima gli oggetti e i luoghi "toccati" dagli Dèi e, successivamente, gli uomini che hanno avuto esperienza della loro potenza. Questi uomini non sono "santi", o frutto di un percorso di "santità", sono coloro che sono entrati in diretto contatto con il divino. In epoca ellenistica compaiono i termini ''hagneia'' e ''hagnotes'' ad indicare la purezza cultuale (non morale). Ma l'ideale sacro dell'uomo greco è e resta, nei secoli, l'eroe, colui che dopo la morte viene elevato al di sopra della condizione umana di cui [[Eracle]] rappresenta l'elemento universale nella cultura greca ma anche romana. Un modello dell'uomo accostatosi al sacro con le sue dodici fatiche e il suo trionfo davanti agli ostacoli, la pazienza di fronte alle difficoltà e al dolore, il coraggio nelle prove della vita.
Tale modello rimanda ad un altro luogo del sacro greco, la ''psyché'' (reso in italiano con il termine "anima"). Tale termine riguarda il centro vitale dell'uomo e compare per la prima volta in [[Omero]] a designarne il soffio vitale o, anche, quel 'fantasma' che dopo la morte abita l'[[Ade (regno)|Ade]]. Con gli [[Orfismo|Orfici]] ''psyché'' è invece il [[Demone]] di origine divina (quindi immortale) che corrisponde al centro spirituale ed esistenziale dell'uomo, mentre il corpo, denominato ''soma'', ne indica l'aspetto fisico e mortale<ref>Prima dell'Orfismo con il termine ''soma'' si indicavano solo i cadaveri.</ref> Ma se per gli Orfici la ''psyché'' emerge tanto più l'attività cosciente e l'intelligenza vengono limitate (come nei sogni o nello svenimento) è con [[Socrate]] che essa viene identificata con la [[coscienza (filosofia)|coscienza]], aspetto e luogo del Dèmone reso umano. [[Michel Foucault]] <ref>Michel Foucault. ''Tecnologie del sé''. in ''Un seminario con Michel Foucault - Tecnologie del sé''. Torino, Boringhieri, 1992.</ref> ha ripercorso il cammino dei greci nella "cura di sé" (''epimeleisthai'') come cura dell'aspetto sacro della propria persona, ovvero del proprio Dèmone. Partendo dagli Orfici, passando per [[Socrate]] fino a [[Platone]] egli osserva come nella cultura greco-romana:
{{citazione|Nei periodi ellenistico e imperiale, il concetto socratico del «prendersi cura di sé» divenne un tema filosofico comune, universale. La «cura di sé» fu accettata da [[Epicuro]] e dai suoi seguaci. dai [[cinici]], dagli [[stoici]] come [[Seneca]], [[Gaio Musonio Rufo]], [[Galeno]]. i [[pitagorici]] si interessarono molto al concetto di una vita ordinata e comunitaria. La cura di sé non costituiva una raccomandazione astratta, ma un'attività ampiamente diffusa, una rete di obblighi e servigi resi alla propria anima.|[[Michel Foucault]], ''Op. cit.'', p. 23}}
=== Religione romana ===
[[File:Jupiter Tonans.jpg|thumb|'' [[Iupiter]] tonans'', statua romana risalente al I secolo d.C. probabilmente commissionata da [[Domiziano]] per sostituire, con poche varianti, nel Santuario di [[Augusto]] la precedente scolpita da [[Leocare]] (IV secolo a.C.) e dedicata a ''[[Zeus]] brontaios'' ([[Museo del Prado]], [[Madrid]]).]]
{{citazione|Accorrete in aiuto, accorrete sempre in aiuto, Dèi [[Penati]], tu, [[Apollo]], e tu, [[Nettuno (divinità)|Nettuno]], con la clemenza del vostro [[nume]] allontanate tutti questi mali, che mi bruciano, mi atterriscono e mi tormentano. |Riportato da [[Arnobio]] in ''Adversus nationes'' III, 43}}
Dal termine [[latino arcaico]] ''sakros'' originano due successivi termini [[lingua latina|latini]]: ''sacer'' e ''sanctus''. Lo sviluppo del termine ''sakros'', nel suo variegarsi di significati procede, per quanto inerisce al ''sanctus'' per via del suo participio ''sancio'' che è collegato a ''sakros'' per mezzo di un infisso nasale<ref>Così [[Émile Benveniste]]: «Questo presente in latino in ''-io'' con infisso nasale sta a *sak come ''jungiu'' 'unire' sta a ''jug'' in lituano; il procedimento è ben noto.», in ''Le vocabulaire des institutions indo-européennes'' (2 voll., 1969), Paris, Minuit; edizione italiana (a cura di Mariantonia Liborio) ''Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee'', Torino, Einaudi, 1981, pp. 426-427.</ref>.
==== Etimologia ====
''Sacer'' e ''sanctus'', pur provenendo dalla stessa radice ''sak'', possiedono dei significati originari molto diversi.
Il primo, ''sacer'', è ben descritto da [[Sesto Pompeo Festo]] (II secolo d.C.) nel suo ''De verborum significatu'' dove precisa che: «[[Homo sacer]] is est, quem populus iudicavit ob maleficium; neque fas est eum immolari, sed, qui occidit, parricidii non damnatur.». Quindi, e in questo caso, l'uomo sacro è colui che portando una colpa infamante che lo espelle dalla comunità umana deve essere allontanato. Non lo si può perseguire, ma non si può perseguire nemmeno colui che lo uccide. L'''Homo sacer'' non appartiene, non è perseguito né è tutelato dalla comunità umana.
''Sacer'' è quindi ciò che appartiene ad 'altro' rispetto agli uomini, appartiene agli Dèi, come gli animali del ''sacrificium'' (rendere ''sacer'').
Nel caso di ''sacer'' la sua radice ''sak'' inerisce a ciò che viene stabilito (''sak'') come non attinente agli uomini.
''Sanctus'' invece, come spiega il ''[[Digesto]]'', è tutto ciò che deve essere protetto dalle offese degli uomini. È ''sancta'' quell'insieme di cose che sono sottomesse ad una sanzione. Esse non sono né sacre né profane. Esse non sono comunque consacrate agli Dèi, non appartengono a loro. Ma ''sanctus'' non è nemmeno profano, deve essere protetto dal profano e rappresenta il limite che circonda il ''sacer'' anche se non lo riguarda.
''Sacer'' è tutto ciò che appartiene quindi ad un mondo fuori dall'umano: ''dies sacra'', ''mons sacer''.
Mentre ''sanctus'' non appartiene al divino: ''lex sancta'', ''murus sanctus''. ''Sanctus'' è tutto ciò che è proibito, stabilito, sanzionato dagli uomini e, con questo, anche ''sanctus'' si relaziona al radicale [[Lingue indoeuropee|indoeuropeo]] ''sak''.
Ma col tempo, ''sacer'' e ''sanctus'' si sovrappongono. ''Sanctus'' non è più solo il "muro" che delimita il ''sacer'' ma entra esso stesso in contatto col divino: dall'eroe morto ''sanctus'', all'oracolo ''sanctus'', ma anche ''Deus sanctus''. Su questi due termini, ''sacer'' e ''sanctus'', si fonda un ulteriore termine, questo dall'etimologia incerta, ''religio'', ovvero quell'insieme di riti, simboli, credenze e significati che consentono all'uomo romano di comprendere il "cosmo", di stabilirne i contenuti e di mettersi in relazione con esso e con gli Dèi.
Così la città di Roma diviene essa stessa ''sacra'' in quanto avvolta dalla ''maiestas'' che il Dio ''[[Giove (divinità)|Iupiter]]'' ha consegnato al suo fondatore, [[Romolo]]. Attraverso le sue conquiste, la città di [[Roma]] offre una collocazione agli uomini nello spazio "sacro" da essa rappresentato.
==== Uso ====
La sfera del ''sacer''-''sanctus'' romano appartiene al ''sacerdos'' che, nel mondo romano unitamente all'''imperator''<ref>Qui inteso come ricolmo di ''augus'', o ''ojas'', dopo l'''[[inauguratio]]'', ovvero pieno della forza che gli consente di avere relazioni con il ''sakros'', quindi non nell'accezione molto più tarda riferita prima al ruolo militare e poi politico di alcune personalità della storia romana.</ref> si occupa delle ''res sacrae'' che consentono di rispettare gli impegni verso gli Dèi. Così ''sacer'' divengono le vittime dei "sacrifici", gli altari e le loro fiamme, l'acqua purificatrice, gli incensi e le stesse vesti dei "''sacer''doti". Mentre ''sanctus'' è riferito alle persone: i re, i magistrati, i senatori (''pater sancti'') e da questi alle stesse divinità.
=== Ebraismo ===
[[File:Köln-Tora-und-Innenansicht-Synagoge-Glockengasse-040.JPG|thumb|left|upright=0.7|[[Torah]] nella sua forma tradizionale di rotolo]]
{{Citazione|Siate santi, perché io, l’Eterno, l’Iddio vostro, son santo.|[[Levitico]] 19,2.}}
La parola [[Lingua ebraica|ebraica]] kadosh (קדוש) significa originariamente "separato", il contrario di profano. Nell'[[ebraismo]], il termine sacro è soprattutto associato alla ''[[Tōrāh]]'' e ai [[Mitzvah|comandamenti]] in essa contenuti. Nel [[calendario ebraico]] i sei giorni feriali sono profani, mentre [[Shabbat]] e [[Yom Kippur]] sono giorni di festa con un alto grado di santità. Le preghiere ebraiche derivate dal termine kadosh includono [[Kaddish]], [[Qiddush]] e [[Kedushah]], la parte centrale dell'[[Amidah]].
=== Cristianesimo ===
[[File:Spas vsederzhitel sinay.jpg|upright=0.7|thumb|[[Icona (arte)|Icona]] del [[Cristo Pantocratore]] (Sovrano di ogni cosa) risalente al VI secolo e conservato nel [[Monastero di Santa Caterina (Egitto)|Monastero di Santa Caterina]] nel Monte Sinai.]]
{{citazione|Con le tue opere hai reso visibile l'eterna creazione del mondo. Tu, o Signore, creasti la Terra, tu il fedele in tutte le generazioni. Giusto nei tuoi giudizi, mirabile in forza e magnificenza, saggio nel creare intelligente nello stabilire ciò che è creato, buono nelle cose visibili, benevolo verso quelli che si rivolgono a te, misericordioso e compassionevole: perdona le nostre iniquità e le nostre ingiustizie, le cadute e le negligenze.|[[Clemente di Roma]], ''Lettera ai Corinzi'', 60.}}
Per poter comprendere l'accezione cristiana di ''sacro'' occorre tener presente, anche in questo caso, la radice semitica dello stesso, QDŠ, incrociandola con la sua resa greca in ''Hágios'' riscontrabile nella Bibbia [[Septuaginta]] (Bibbia tradotta in greco nel III secolo a.C. da [[ebrei]] della comunità di [[Alessandria]]). Gli autori del [[Nuovo Testamento]] furono infatti con ogni probabilità degli [[ebrei]] che leggevano la Bibbia [[Septuaginta]] conoscendone il significato originario in [[ebraico]]. Seguendo questa direttiva anche qui ''Sacro'' è Dio, esso stesso fonte del ''sacro''. Ma il Dio dei cristiani, come quello degli [[ebrei]], non è un dio cosmico come le altre divinità semitiche, piuttosto un dio personale. Un dio che si rivolge agli uomini, direttamente o per mezzo di [[patriarca (ebraismo)|patriarchi]] e [[profeta|profeti]] da lui scelti. Se Dio è ''sacro'', gli uomini lo devono rendere ''santo'', così [[Isaia (profeta)|Isaia]] definisce il Dio degli ebrei come il "Santo di Israele": in questo modo lo stesso popolo si fa "santo" e tale deve essere reso.
Ma il ''sacro'' nei cristiani subisce un'evoluzione: esso è centrato sulla figura di [[Gesù Cristo]], "Santo di Dio" costitutore di una "Nuova Alleanza" per mezzo della quale, e solo per mezzo di essa, Dio santifica pienamente il "suo" popolo avendo espresso per mezzo di [[Gesù Cristo]] la propria completezza. Il pieno tempo sacro dei cristiani inizia con la [[resurrezione]] di [[Gesù Cristo]] e la discesa dello [[Spirito Santo]], quando la prima comunità cristiana è inviata a diffondere il vangelo, così come Dio aveva inviato Gesù. Coloro che fanno parte della chiesa fondata da Gesù il Cristo saranno santi nella misura in cui rispetteranno la consacrazione avvenuta con l'ingresso nella comunità dei credenti, sancita da atti cultuali e [[riti di iniziazione]]<ref>[[Pierre Grelot]]. ''La sainteté consacrée dans le Nouveau Testament''. Parigi, 1985.</ref>.
Così [[Julien Ries]]: {{Citazione|In conclusione, il sacro e la santità nella vita del cristiano cominciano con i riti di iniziazione cristiana per estendersi poi ai diversi ambiti: dominio delle forze cosmiche, sviluppo delle culture, consacrazione del mondo.}}
=== Islam ===
[[File:Kabaa (January 2003).jpg|thumb|left|La ''[[Kaʿba]]'' della [[Mecca]], luogo sacro (''ḥaram'') dell'islam.]]
{{citazione|O Dio, Tu sei la pace, e da Te è la pace, facci vivere, nostro Signore, nella pace, e facci entrare nella dimora della pace. Sii Tu benedetto, o possessore della maestà e della Gloria. | Dal ''[[Masnūn Du'ā'ain]]''}}
Il '''sacro''' nel mondo [[islam]]ico è reso con la radice semitica ''Ḥrm'' (mettere da parte) reso in [[Lingua araba|arabo]] con l'ambigua espressione di ''ḥaram'' (lett. "separato") che compare anche nel termine [[harem]]. Sono separati, ''ḥaram'', gli spazi resi tali dalla presenza di Dio come [[La Mecca]] e [[Medina]], ma anche la [[Tomba dei Patriarchi]] a [[Hebron]] o il [[Haram al-Sharif]] a [[Gerusalemme]], tutti luoghi vietati ai non musulmani<ref>Nell'islam sciita sono posti sotto analogo divieto anche le tombe degli ''iman'' nelle città di Qum, Baghdad, Mashad, Samarra, Najaf e Kerbela.</ref> e dove il musulmano può recarsi dopo riti di purificazione. ''Ḥaram'' è anche la proprietà privata ottenuta con il volere di Dio, sono ''ḥaram'' le mogli e le concubine riconosciute dalla legge. ''Harem'' sono i luoghi a loro destinati e vietati sotto disposizione di Allah. Ma ''ḥaram'' ha anche un terzo ambito di significato sacro, dove per "separato" indica ciò che è "vietato" ([[harām]]): da alcuni alimenti a condotte espressamente proibite dal [[Corano]] (ad esempio le bevande fermentate così come il furto).
Altro termine chiave del mondo sacro dell'islam è ''Quddūs'' (che proviene dalla radice semitica "QDŠ"), la "santità", così con il termine ''Al-quddūs'' si indica Dio, il Santissimo e tutto ciò che lo riguarda sia in termini di oggetti e di scritti come il [[Corano]] che i luoghi resi da lui ''ḥaram''. Da notare che mentre la città di Gerusalemme è ''al-Quds'' la [[Monte del Tempio|spianata delle Moschee]] con la [[moschea al-Aqsa]] dove [[Maometto]] sarebbe stato innalzato al Trono di Dio, è ''ḥaram''. L'unica fonte del sacro, sia in termini di ''Quddūs'' che in quelli di ''ḥaram'' è e resta [[Allah]], Dio. ''Quddūs'' e ''ḥaram'' sono dunque i due termini chiave della nozione di sacro nell'ambito dell'Islām, nonostante che, come nota Louis Gardet <ref>Louis Gardet. ''Notion et sens du sacré en Islam''. In E. Castelli. ''Le sacré. Études et rechears'' Parigi, Aubiers, 1973, pagg. 317-31.</ref>, verrebbe la tentazione di rendere il termine ''Quddūs'' prevalente su quello di ''ḥaram'', ciò non è possibile perché la ''Kaʿba'' della Mecca è indicata come ''ḥaram'', è ''ḥaram'' anche il ''sancta sanctorum'' della città santa, ''al-Quds'', Gerusalemme.
=== Buddhismo ===
[[File:BuddhistTriad.JPG|upright=1.4|thumb|Bassorilievo buddhista [[mahāyāna]] rinvenuto nella [[Regno di Gandhāra|regione del Gandhāra]] e risalente al II-III secolo d.C., conservato al [[Museo Guimet]] di [[Parigi]]. Da sinistra verso destra: un devoto laico (''[[upāsaka]]''), il ''[[bodhisattva]]'' [[Maitreya]], il [[Buddha Śākyamuni]], il ''[[bodhisattva]]'' [[Avalokiteśvara]], un [[monaco buddhista]] (''bhikṣu''). Le tre figure centrali mostrano con la mano destra il "gesto di incoraggiamento" (''abhayamudrā''), con il palmo della mano aperto invitano il fedele ad avvicinarsi senza avere paura.]]
{{citazione|Con il bene acquisito compiendo tutto ciò come descritto possa io lenire la sofferenze di ogni essere vivente. Sono la medicina per il malato. Possa io essere e medico e infermiere finché la malattia non torni più. Possa io allontanare la pena della fame e della sete con piogge di cibo e bevande. Possa diventare io bevanda e cibo negli eoni intermedi di carestia. Possa io essere un tesoro insesauribile per gli esseri impoveriti. Possa io servirli con molteplici offerte. Ecco abbandono senza rimpianto i miei corpi, i miei piaceri e i miei beni acquisiti in tutti e tre i tempi per realizzare il bene per ogni essere|[[Śāntideva]]. ''Bodhicaryāvatāra'' III, 6-10}}
Il [[Buddhismo]] non considera come realtà ultima, come [[totalmente Altro]], una dimensione che prescinda dall'esperienza umana, essendo, nell'insegnamento di [[Gautama Buddha]], qualsivoglia riferimento a realtà trascendenti la diretta esperienza umana, non utile al conseguimento della [[bodhi|liberazione del dolore]] da parte dell'uomo.
Questo non significa che nel [[Buddhismo]] sia negata l'esistenza di realtà trascendenti il mondo naturale, solo che tali realtà sono ritenute non necessarie per il conseguimento degli obiettivi inerenti alla liberazione dell'uomo.
Un elemento importante del Buddhismo, riportato in tutti i [[Canone buddhista|Canoni]], è la conferma dell'esistenza delle divinità come già proclamate dalla letteratura [[Veda|religiosa vedica]] (i ''[[deva]]''), tuttavia queste divinità sono nel Buddhismo ancora sottomesse alla legge del ''[[karma]]'' e la loro esistenza è condizionata dal ''[[saṃsāra]]''. Così nel ''Majjhima nikāya'' 100 II-212<ref>{{Cita web|titolo=Majjhima nikāya 100 - Sangarava Sutta|url=http://www.mahindarama.com/e-tipitaka/Majjhima-Nikaya/mn-100.htm|lingua=en|editore=Mahindarama. Kampar Road 10460, Penang, Malaysia|pagine=1|accesso=4 aprile 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081202112659/http://www.mahindarama.com/e-tipitaka/Majjhima-Nikaya/mn-100.htm|dataarchivio=2 dicembre 2008}})</ref> dove al [[brahmano]] Sangarava che gli chiedeva se esistessero i ''[[deva]]'', il [[Buddha storico]] rispose: «I Deva esistono! È questo un fatto che io ho riconosciuto e su cui tutto il mondo è d'accordo». Sempre nei testi che raccolgono i suoi insegnamenti, testi riconosciuti tra i più antichi in assoluto e conservati sia nel [[Canone pāli]] che nel [[Canone cinese]] e che la storiografia contemporanea inquadra nel termine ''[[Āgama-Nikāya]]'', il Buddha storico consiglia a due [[brāhmaṇa]] che, dopo aver dato da mangiare a uomini santi, si debba dedicare questa azione alle divinità ([[Deva]]) locali che restituiranno l'onore concesso loro assicurando il benessere dell'individuo (''Digha-nikāya'', 2,88-89<ref>{{Cita web|autore=Sister Vajira (trad.)|coautori=Francis Story (trad.)|titolo=Maha-parinibbana Sutta - Last Days of the Buddha (gli ultimi giorni del Buddha)|url=http://www.abhidhamma.org/digha_nikaya_16.htm|lingua=en|editore=Buddhist Publication Society|anno=1998|accesso=8 aprile 2009|dataarchivio=2 dicembre 2008|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081202110200/http://www.abhidhamma.org/digha_nikaya_16.htm|urlmorto=sì}}</ref>).
Lo [[storico delle religioni]] svedese [[Nathan Söderblom]] (1866-1931) osserva che secondo le dottrine buddhiste, nel mezzo della realtà impermanente (''[[saṃsāra]]'') sia individuata una realtà che trascende questa e che risulta assoluta, il ''[[nirvāṇa]]''. Tale realtà è quella a cui il praticante buddhista deve mirare per raggiungere la completa [[bodhi|liberazione]]. Söderblom individua in questa realtà, ovvero nel ''[[nirvāṇa]]'', il "sacro" buddhista<ref>[[Nathan Söderblom]]. ''Holiness'', in [[James Hastings]]. ''[[Encyclopaedia of Religions and Ethics]]'', vol.6. Edimburgo, T.& T. Clark. 1913, pag. 731-41</ref>.
[[Julien Ries]] osserva come il termine [[sanscrito]] ''ārya'' (in [[devanāgarī]] आर्य) {{Citazione| sia circondato da una risonanza sacrale. [...] ''Ārya'' contiene la duplice nozione di "nobile" e di "santo". Nel buddhismo, il termine è più vicino alla nozione di "santo".|[[Julien Ries]]. ''L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità''. In ''Opera omnia'', vol.II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.451}}
== Note ==
Riga 112 ⟶ 212:
==Bibliografia==
* [[Georges Bataille]], ''Teoria della religione'',
* [[Roger Caillois]], ''L'
* Joseph Chelhod. ''Les Structures du sacré chez les Arabes''. Parigi, Maisonneuve, 1964.
* Joseph Chelhod. ''Le sacrifice chez les Arabes''. Parigi, PUF, 1955.
* [[Alfonso Maria di Nola]], ''Sacro e profano'', in ''Enciclopedia delle religioni'', vol. V, pp. 678–710, Firenze, 1973.
* [[Mircea Eliade]], ''Il sacro e il profano'', Torino, Bollati Boringhieri, 2006.
* [[Louis Gardet]]. ''Notion et sens du sacré en Islam''. In E. Castelli. ''Le sacré. Études et rechears'' Parigi, Aubiers, 1973, pagg. 317-331.
* André Motte, "L'expression du sacré dans la religion grecque", in [[Julien Ries]], ''L'expression du sacré dans les grandes religions'', vol. 3, Louvain la Neuve, 1986, Centre d'Histoire des Religions, 1986, pp. 109–256.
* J. Nuchelmans, "A propos de ''hagios'' avant l'époque hellénistique", in A.A.R. Bastiaensen, A. Hilhorst, C.H. Kneepkens (eds.), ''Fructus centesimus: mélanges offerts à Gerard J.M. Bartelink à l'occasion de son soixante-cinquième anniversaire'', Steenbrugis, in abbatia S. Petri, 1989, pp. 239.258.
*[[Rudolf Otto]], ''Il sacro. Sull'irrazionale nell'idea del divino e il suo rapporto con il razionale'', Brescia, Morcelliana, 2010.
*[[Mario Perniola]], ''Più che sacro, più che profano'', Milano, Mimesis, 2011, ISBN 978-88-5750-207-6.
*[[Julien Ries]] e Lawrence E. Sullivan (a cura di), ''Trattato di Antropologia del Sacro'', Milano, Jaca Book, 1989-2009 (10 volumi).
* [[Julien Ries]] ''Il sacro nell'Islam'', in ''Il sacro nella storia religiosa dell'umanità''. Milano, Jaca Book, 1995, pagg.191-207 anche in [[Julien Ries]] ''Opera omnia'' vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pagg.189-204.
==Voci correlate==
*[[Credo religioso]]
*[[Fenomenologia della religione]]
*[[
*[[Ierofania]]
*[[Profano]]
*[[Rito]]
*[[Mircea Eliade]]
*[[Sacrificio]]
*[[Spiritualità]]
*[[Storia delle religioni]]
==Altri progetti==
{{Interprogetto|q|q_preposizione=sul|q_etichetta=sacro}}
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|url=http://www.rivistazetesis.it/Sacer.htm|titolo=Etimologia del termine "sacro"|autore=Moreno Morani}}
* {{cita web|url=https://www.encyclopedia.com/environment/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/sacred-and-profane|titolo=The Sacred and the Profane|autore=Carsten Colpe|lingua=en}}
* {{cita web|url=http://www.nobeliefs.com/beliefs.htm |editore= Think without Beliefs |titolo= Does rational thinking require the adherence to beliefs at all?|lingua=en|accesso=26 dicembre 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140723204433/http://nobeliefs.com/beliefs.htm|dataarchivio=23 luglio 2014|urlmorto=sì}}
* {{cita web|http://ajburger.homestead.com/ethics.html |titolo= Ethics of Belief |id= Classic WK Clifford essay that belief by its nature is unethical, with counterpoint by William James|lingua=en}}
* {{cita web|https://jeannicod.ccsd.cnrs.fr/file/index/docid/53431/filename/index.html|titolo=Sommes-nous responsables de nos croyances ?|autore=Pascal Engel|lingua=fr}}
* {{cita web|url=http://www.theologie-systematisch.de/spiritualitaet/heilig.htm|titolo=Bibliografia sul Sacro|lingua=de}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Germani|antico Egitto|religioni|Grecia antica}}
[[Categoria:Concetti religiosi]]
[[Categoria:Antropologia religiosa]]
| |||