Anime: differenze tra le versioni
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Gli {{nihongo|'''anime'''|アニメ|extra=/{{IPA|aɲime̞}}/ {{Link audio|Ja-Anime.oga|ascolta}}}} sono le opere commerciali di [[animazione]] di produzione giapponese; in [[Giappone]] invece il termine comunemente indica tutti i tipi di animazione, sia quelli prodotti in patria sia quelli importati dall'estero.<ref name="Tavassi25"/>
I primi esempi commerciali di anime risalgono al 1917, ma è solo negli [[anni 1960|anni sessanta]], grazie soprattutto all'influenza delle opere e delle pratiche produttive di [[Osamu Tezuka]], che il ''[[Mezzo di comunicazione di massa|medium]]'' ha acquisito le sue caratteristiche salienti. Nel corso dei decenni successivi gli anime hanno ottenuto grande popolarità in Giappone e all'estero, e dagli anni novanta godono di una distribuzione e di un richiamo globale. Gli anime possono essere prodotti in diversi formati: per il [[cinema]] come [[lungometraggio|lungometraggi]], [[mediometraggio|mediometraggi]] o [[cortometraggio|cortometraggi]], per la [[televisione]] come [[serie televisiva|serie televisive]], direttamente per il mercato [[home video]] come [[original anime video]] (OAV) e, più di recente, per [[Internet]] e la [[web TV]] come [[original net anime]] (ONA).<ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 28 e segg}}.</ref>
Gli anime costituiscono un ''medium'' eterogeneo e variegato: possono infatti trattare di soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro, e indirizzarsi a diverse [[Target (media)|tipologie di pubblico]], dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, da grandi platee fino a categorie socio-demografiche più piccole e specifiche.<ref name="Napier6"/><ref name="Castellazzi8"/><ref name="Marcovitz10"/> Rispetto all'animazione occidentale, gli anime si concentrano meno sulla rappresentazione del movimento, impiegando tecniche come l'[[animazione limitata]], effetti di camera cinematografici, e una maggiore enfasi sulla narrazione, la veste grafica e la caratterizzazione dei personaggi. Seppure non esista uno stile unico, è possibile individuare degli elementi estetici e visuali comuni, quali un design semplice ma con dettagli estremizzati come pettinature e colori di capelli innaturali o dimensione degli occhi esagerata.
Il medium è strettamente legato ad altri settori della [[cultura di massa]] e dell'intrattenimento giapponese, come [[manga]], [[light novel]] e [[videogioco|videogiochi]], con cui spesso condivide storie, personaggi e interi [[media franchise]]. Il mercato degli anime rappresenta un'importante branca economica in costante crescita e nel XXI secolo costituisce da solo il 60% di tutte le opere di animazione nel mondo.<ref name="Napierx"/>
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In giapponese "anime" indica qualsiasi forma di [[animazione]], indipendentemente dall'origine geografica e dallo stile. Al di fuori del Giappone il termine viene invece utilizzato per riferirsi esclusivamente alle opere di animazione di produzione giapponese.<ref name="Tavassi25">{{cita|Tavassi 2022|p. 23 e segg}}.</ref><ref name="MacWilliams48">{{cita|MacWilliams 2008|p. 48}}.</ref> Secondo l'ipotesi più accreditata, la parola {{nihongo|''anime''|アニメ}} deriva dall'abbreviazione di {{nihongo|''animēshon''|アニメーション}}, traslitterazione giapponese della parola [[Lingua inglese|inglese]] ''animation'', ovvero "animazione".<ref name="Berndt"/> Un filone minoritario ritiene invece che l'origine del termine sia da individuarsi nel [[lingua francese|francese]] ''animé'', "animato".<ref>{{cita|Marcovitz 2008|p. 9}}.</ref> In Giappone l'uso del [[neologismo]] iniziò ad attestarsi negli anni sessanta e settanta,<ref name="Berndt">{{cita pubblicazione|autore=Jaqueline Berndt|titolo=Anime in Academia: Representative Object, Media Form, and Japanese Studies|rivista=Arts|volume=7|numero=4|data=30 settembre 2018|ISSN=2076-0752|pp=5-7|doi=10.3390/arts7040056|lingua=en}}</ref><ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 25}}.</ref><ref>{{cita|Benecchi 2005|p. XIII}}.</ref> sostituendo denominazioni precedenti, come {{nihongo|''senga''|線画||"arte di linee"}}, ''kuga'' ("[[flip-book]]"), {{nihongo|''manga eiga''|漫画 映画||"film di [[fumetto|fumetti]]"}} o {{nihongo|''dōga''|動画||"film animato"}}.<ref>{{cita|Pellitteri 2008|p. 102}}.</ref><ref name="Clements29">{{cita|Clements 2013|p. 29 e segg}}.</ref> Dal Paese il lemma si è poi diffuso in tutto il mondo nel corso degli anni ottanta.<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|p. 24}}.</ref><ref>{{cita|Patten 2004|pp. 19, 85-86}}.</ref>
Sebbene nell'accezione più generica e accettata "anime" venga appunto usato come sinonimo di "cartone animato giapponese",<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 30}}.</ref> in ambito accademico, giornalistico e commerciale questa definizione è controversa e ne sono state proposte anche formulazioni alternative.<ref name="Clements29"/><ref name="Ruh">{{cita pubblicazione|autore=Brian Ruh|titolo=Conceptualizing Anime and the Database Fantasyscape|rivista=[[Mechademia]]|volume=9|numero=1|anno=2014|ISSN=2152-6648|pp=164-167|doi=10.1353/mec.2014.0012|lingua=en}}</ref> Per [[Susan J. Napier]] anime è allo stesso tempo un prodotto di intrattenimento commerciale, un fenomeno culturale popolare di massa e una forma d'arte tecnologica.<ref>{{cita|Napier 2005|pp. 3-14}}.</ref> Studiosi come Tsunaga Nobuyuki, [[Thomas Lamarre]] e [[Marco Pellitteri]] ne hanno proposto una definizione più ristretta, come una tipologia di animazione giapponese che si è diversificata a partire dagli anni sessanta con le produzioni televisive, e incentrata su un insieme di stilemi comuni fatto di tecniche, processi e multimedialità.<ref name="Clements29"/><ref>{{cita|Lamarre 2009|p. 184}}.</ref><ref name="Pellitteri106">{{cita|Pellitteri 2008|pp. 106-107}}.</ref> Seguendo questa prospettiva, altri accademici come Jonathan Clements hanno sottolineato che una definizione complessiva di anime non può prescindere dal suo essere oggetto ed evento, analizzandolo quindi nel contesto di come viene generato, distribuito e fruito: sarebbero quindi elementi indissolubilmente legati a esso i processi produttivi degli studi di animazione nipponici, il mercato, i canali di distribuzione e l'intermedialità con altre forme espressive come i manga, le [[light novel]] o le [[visual novel]]. In questo modo l'anime non sarebbe quindi un'entità precisa e immutabile, ma «un'articolazione di sistemi concettuali che si è formata e modificata nel corso del tempo in risposta a problematiche, tradizioni e influenze».<ref name="Clements29"/>
Più spesso, in termini non rigorosi, gli anime vengono identificati in base alle loro caratteristiche narrative, estetiche, stilistiche e visuali, che sono anche quelle più immediatamente riconoscibili dai fruitori. Secondo questa lettura il medium in oggetto è definito come un insieme di immagini, tematiche e linguaggi comuni, tra cui quelli più frequentemente citati sono: una narrazione continua che si dipana per più episodi, l'utilizzo di [[Cliffhanger (narrativa)|cliffhanger]] e la loro risoluzione tramite [[Eucatastrofe|eucatastrofi]], un [[character design]] minimale e iconico, grande varietà cromatica, l'uso della tecnica di [[animazione limitata]], la creazione di un senso di spazio tramite il movimento, una grande abbondanza di tagli, e l'utilizzo di tecniche cinematografiche e di montaggio per rappresentare più prospettive e dettagli di una stessa scena.<ref name="Pellitteri106"/><ref name="Iglesias">{{cita pubblicazione|autore=José Andrés Santiago Iglesias|titolo=The Anime Connection. Early Euro-Japanese Co-Productions and the Animesque: Form, Rhythm, Design|rivista=Arts|volume=7|numero=4|anno=2018|pp=5-10|doi=10.3390/arts7040059|lingua=en | issn=2076-0752 }}</ref> Considerando questa definizione di anime come stile e non per forza legato a una particolare area geografica e viste le caratteristiche di transnazionalità proprie del medium,<ref name="Ruh"/> alcuni autori, giornalisti e case di produzione occidentali hanno iniziato a riferirsi a certe opere di animazione occidentali come "anime", sebbene la tendenza prevalente sia di considerarle animazioni "in stile anime" o "influenzate dagli anime".<ref name="ClementseMcCarthy190">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 190-191}}.</ref>
Nella definizione di anime viene spesso anche posto l'accento su quanto l'animazione giapponese differisca da quello che gli spettatori occidentali sono soliti aspettarsi dai cartoni animati, ovvero opere destinate ai bambini e con contenuti e tematiche perlopiù leggeri.<ref name="MacWilliams48"/> Gli anime sono infatti indirizzati a diverse tipologie di pubblico, bambini così come adulti, e possono trattare di soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro come amore, avventura, fantascienza, sport, fantasy, dramma, erotismo, pornografia e molto altro ancora.<ref name="Napier6">{{cita|Napier 2005|pp. 6-7}}.</ref><ref name="Castellazzi8">{{cita|Castellazzi 1999|p. 8}}.</ref><ref name="Marcovitz10">{{cita|Marcovitz 2008|p. 10}}.</ref>
== Storia ==
=== Le origini ===
[[File:Katsudō Shashin (1907).webm|sinistra|miniatura|''[[Katsudō Shashin]]'', antecedente al 1915]]
Le origini dell'animazione giapponese vengono fatte risalire a una ricca tradizione nel Paese di forme di narrazione e di intrattenimento basate sulle immagini. Gli ''[[emakimono]]'', ovvero dei racconti illustrati che contenevano storie e leggende realizzati su rotoli, erano diffusi dall'XI secolo e furono d'ispirazione per forme artistiche successive che tendevano a riprodurre dettagliatamente sequenze di movimenti, come gli ''[[ukiyo-e]]'' o i [[manga]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=Massimo Nicora|titolo=Alle radici del cinema d'animazione giapponese. Gli emakimono, gli spettacoli di lanterna magica e il kamishibai|rivista=Manga Academica|editore=La Torre|volume=15|anno=2022}}</ref><ref name="Novielli">{{cita libro|autore=Maria Roberta Novielli|titolo=Floating Worlds: A Short History of Japanese Animation|url=https://books.google.it/books?id=SFJHDwAAQBAJ|editore=CRC Press|anno=2018|ISBN=978-1-351-33481-5|lingua=en|capitolo=From Pre-Cinema to the Birth of Industry}}</ref> Tra gli spettacoli e le rappresentazioni teatrali, importanti apripista furono anche il ''[[kamishibai]]'', il [[teatro d'ombre]], il teatro di burattini noto come ''[[bunraku]]'' e l'{{nihongo|''utsushie''|写し絵}}, una sorta di variante della [[lanterna magica]] che si sviluppò alla fine del [[periodo Edo]] e che veniva impiegata come forma di [[precinema]] in spettacoli fissi o itineranti o venduta come giocattolo alle classi più abbienti.<ref name="Novielli"/><ref name="Clements20">{{cita|Clements 2013|pp. 20-32}}.</ref>
[[File:Saru Kani Gassen.jpg|thumb|Immagine da ''Saru to kani no kassen'' di Seitaro Kitayama, 1917]]
Fu in questo humus culturale che all'inizio del XX secolo cominciarono a diffondersi in Giappone le prime animazioni rudimentali, composte da brevi filmati di disegni fotografati in sequenza, provenienti dalla Francia, Germania, Stati Uniti e Russia, che spinsero artisti nipponici a sperimentare con queste nuove tecniche pioneristiche. ''[[Katsudō Shashin]]'', un filmato ritenuto antecedente al 1915 di autore sconosciuto e mai proiettato pubblicamente, viene a volte citato come il primo esempio di anime.<ref name="Clements20"/><ref name="ClementsMcCarthy169">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 169-171}}.</ref> I pionieri dell'animazione giapponese furono il pittore [[Seitarō Kitayama]] e i vignettisti [[Oten Shimokawa]] e [[Jun'ichi Kōuchi]].<ref>{{cita|Prandoni 1999|pp. 3 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 57-71}}.</ref> A partire dal 1917, a pochi mesi l'uno dall'altro, furono presentati diversi filmati d'animazione, all'epoca chiamati {{nihongo|''senga eiga''|腺画 映画||{{lett|film di linee}}}}, frutto dei loro sforzi. A essere proiettato per primo fu probabilmente {{nihongo|''[[Imokawa Mukuzo genkanban no maki]]''|芋川椋三玄関番の巻}} di Shimokawa, nel gennaio del 1917 per lo studio cinematografico Tenkatsu; la prima opera di Kitayama, {{nihongo|''[[Saru to kani no kassen]]''|サルとカニの合戦}}, seguì a maggio per lo studio Nikkatsu, mentre a giugno uscì {{nihongo|''[[Namakura katana|Hanawa Hekonai meitō no maki]]''|塙凹内名刀之巻}} di Kōuchi, che lavorava per lo studio Kobayashi Shokai. I tre realizzarono 18 filmati nel solo 1917 e furono anche i primi a fondare studi di animazione dedicati: Kitayama nel 1921 e Kōuchi nel 1923; tuttavia già negli anni trenta avevano abbandonato il medium e gran parte delle loro opere venne distrutta nel [[grande terremoto del Kantō del 1923]].<ref name="ClementsMcCarthy169"/><ref>{{cita web|autore=Frederick S. Litten|url=http://litten.de/fulltext/ani1917.pdf|titolo=Some remarks on the first Japanese animation films in 1917|accesso=25 novembre 2021|lingua=en|dataarchivio=10 agosto 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140810001217/http://litten.de/fulltext/ani1917.pdf|urlmorto=no}}</ref> Questi primi lavori erano realizzati con tecniche sperimentali e artigianali: con illustrazioni fatte su lavagna o carta e poi fotografate, disegnando direttamente sulla pellicola o usando la più economica e pratica [[cutout animation]].<ref name="Clements20"/><ref name="ClementsMcCarthy169"/>
[[File:Chikara to onna.jpg|left|thumb|Immagine da ''Chikara to onna no yononaka'' di Kenzo Masaoka, 1932]]
Con il terremoto del Kantō la nascente industria dell'animazione giapponese si trasferì nella regione del [[Kansai]], che ne rimase il fulcro per i successivi trent'anni. Durante questo periodo il settore subì una radicale trasformazione verso una produzione più strutturata e industrializzata, che poteva reggersi autonomamente grazie ai propri profitti, e vennero fissati i primi standard per le tecniche e i processi produttivi. Influenzata dalle contemporanee produzioni animate statunitensi, una nuova generazione di autori contribuì a raffinare e ad apportare innovazioni al medium.<ref name="Clements35">{{cita|Clements 2013|pp. 35-51}}.</ref> Tra le figure di riferimento ci furono [[Sanae Yamamoto]], che nel 1924 realizzò il cortometraggio {{nihongo|''Ubasute yama''|姥捨て山}}, e [[Noburō Ōfuji]], autore nel 1927 di {{nihongo|''Kujira''|くじら}}, il primo anime a incorporare una traccia audio in forma dell'[[ouverture del Guglielmo Tell]].<ref name="ClementsMcCarthy169"/> Nel 1932 vide la luce la prima produzione con il sonoro parlato, {{nihongo|''Chikara to onna no yononaka''|力と女の世の中}} di [[Kenzō Masaoka]], che però non reggeva ancora il confronto con le più raffinate produzioni coeve americane.<ref name="Clements35"/><ref>{{cita|Baricordi 1991|p. 14}}.</ref> Masaoka fu anche il primo a utilizzare come materiale di lavoro i cosiddetti ''[[rodovetro|cel]]'', ovvero fogli trasparenti di [[acetato di cellulosa]], che diventeranno lo standard del settore. In questo periodo avvennero inoltre i primi esperimenti con il colore, che però si impose definitivamente solo negli anni cinquanta.<ref name="ClementsMcCarthy169"/> I filmati prodotti erano di breve durata e raffiguravano soprattutto commedie umoristiche o racconti di miti e favole orientali, ma anche opere a scopi didattici e pubblicitari, ovvero produzioni che avrebbero più facimente potuto aggirare la rigida [[censura]] di quegli anni.<ref name="Clements20"/><ref name="ClementsMcCarthy169"/> Venivano proiettati prevalentemente nelle sale cinematografiche, ma anche in negozi, scuole e istituzioni pubbliche per le quali spesso erano commissionati.<ref name="Clements35"/>
Tali rapidi progressi furono possibili per via della politica espansionistica e nazionalista del governo giapponese degli anni trenta, il quale incoraggiò e finanziò l'industria cinematografica e dell'animazione soprattutto come strumento di propaganda e valorizzazione della cultura nipponica.<ref>{{cita|Clements 2013|pp. 53-65}}.</ref> Così il primo lungometraggio animato giapponese, {{nihongo|''[[Momotarō: umi no shinpei]]''|桃太郎 海の神兵}} di [[Mitsuyo Seo]], venne prodotto nel 1945 con fondi della [[Marina imperiale giapponese|Marina imperiale]]<ref name="Raffaelli194">{{cita|Raffaelli 2005|p. 194}}.</ref><ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 10}}.</ref> per raccontare la storia patriottica di [[Momotarō]], che con il suo esercito di animali antropomorfi pone sotto assedio e conquista una base navale nemica in [[Nuova Guinea]].<ref name="DFM51">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 51-63}}.</ref> Complessivamente, tra il 1917 e il 1945 furono realizzati almeno 400 filmati d'animazione, dei quali però, tra terremoti, bombardamenti e censura governativa, è rimasto ben poco.<ref name="Prandoni2">{{cita|Prandoni 1999|p. 2}}.</ref>
[[File:Momotaro 1945.jpg|thumb|upright|Immagine tratta da ''Momotaro umi no shinpei'' di Mitsuyo Seo, 1945]]
=== Dal dopoguerra agli anni ottanta ===
Al termine della [[seconda guerra mondiale]], la grave crisi economica e i contrasti politici e sociali resero molto difficile l'impiego di risorse nel settore. Le dimensioni degli studi d'animazione, le produzioni e la qualità diminuirono, e ci vollero diversi anni perché l'attività riprendesse in modo costante.<ref name="Raffaelli194"/><ref name="Clements74">{{cita|Clements 2013|pp. 74-91}}.</ref> Un ruolo chiave giocò la neonata [[Toei Dōga]], che nel 1958 fece uscire {{nihongo|''[[La leggenda del serpente bianco]]''|白蛇伝|Hakujaden}} di [[Taiji Yabushita]], il primo lungometraggio anime a colori. Questa produzione segnò l'inizio della «nuova era dell'animazione nipponica»,<ref name="Raffaelli194"/> caratterizzata da una serie di film dello stesso studio che divennero dei classici dell'animazione e che ebbero un'influenza notevole sulle opere successive.<ref>{{cita|Pellitteri 2018|pp. 167-174}}.</ref> Alle loro produzioni erano inoltre coinvolti numerosi artisti che in seguito fonderanno propri studi di animazione, portando con sé le esperienze maturate alla Toei.<ref name="DFM51"/>
In questo periodo due fattori si rivelarono decisivi per lo sviluppo dell'animazione giapponese: da un lato l'esistenza in Giappone di un mercato estremamente fiorente e dinamico dei fumetti, detti [[manga]], che avrebbero formato un campionario inesauribile di materiale a cui attingere e un traino economico da sfruttare; dall'altro la diffusione della [[televisione]] negli anni sessanta, che allargherà enormemente la platea e le possibilità commerciali degli anime.<ref>{{cita|Castellazzi 1999|pp. 11, 21 e segg}}.</ref> {{nihongo|''Mittsu no hanashi''|新しい動画 3つのはなし}} del 1960 fu il primo film anime a essere trasmesso in televisione,<ref>{{cita|Patten 2004|p. 271}}.</ref> seguito nel 1961 dalla prima serie televisiva con {{nihongo|''[[Otogi Manga Calendar]]''|おとぎマンガカレンダー}}.<ref>{{cita|Patten 2004|p. 219}}.</ref> Fu però il successo della serie ''[[Astro Boy (serie animata 1963)|Astro Boy]]'' di [[Osamu Tezuka]] a segnare uno spartiacque nella storia del settore. Tezuka, che era già attivo come ''[[mangaka]]'' e aveva lavorato a tre film della Toei, realizzò il progetto dopo aver fondato il suo proprio studio di animazione, [[Mushi Production]], nel 1961. La serie, tratta dal [[Astro Boy|manga omonimo]] dello stesso Tezuka, segue le avventure di Atom, un robot dall'aspetto di un bambino che protegge il mondo dai crimini e dalle ingiustizie. La serie televisiva in bianco e nero durò per ben 193 episodi, dal 1963 al 1966, e fu la prima a presentare puntate di trenta minuti.<ref>{{cita|Murakami 1998|pp. 6 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Patten 2004|221}}.</ref> Nel 1965 Tezuka realizzò sempre con la Mushi anche la prima serie televisiva animata a colori di successo, ''[[Kimba - Il leone bianco]]'', basata su un altro suo manga.<ref>{{cita|Prandoni 1999|p. 43}}.</ref> Influenzato dall'estetica e dalla tecnica dei film di [[Walt Disney]], Tezuka emulò e affinò i processi produttivi statunitensi per permettere una produzione continua, ridurre i costi e limitare il numero di [[Fotogramma|fotogrammi]] nelle sue produzioni. Inoltre aprì la strada a nuovi canali di finanziamento come la vendita di licenze e il [[merchandising]].<ref name="Clements114">{{cita|Clements 2013|pp. 114-130}}.</ref> Le sue opere e le sue pratiche ebbero un'influenza profonda e duratura sui suoi successori e sullo sviluppo dell'animazione giapponese in una vera e propria industria.<ref name="DFM51"/>
Dalla metà degli anni sessanta in poi la scena dell'animazione giapponese conobbe una crescita continua, gli studi di produzione si moltiplicarono, si affinarono sempre più le tecniche e le televisioni private, così come la televisione di Stato [[NHK]], aumentarono progressivamente la loro domanda di serie animate. Inoltre i personaggi degli anime vennero sfruttati a fini pubblicitari per i prodotti più disparati, garantendo così alle case di produzione entrate ulteriori, e cominciò anche a prendere piede il finanziamento diretto delle serie da parte di comitati produttivi e sponsor, finalizzato al successivo merchandising di [[gadget]] e [[modellismo|modellini]].<ref>{{cita|Prandoni 1999|p. 31}}.</ref><ref>{{cita|Mognato 1999|p. 29}}.</ref> Questo vero e proprio ''anime boom'' continuò fino agli anni ottanta,<ref name=Pellitteri-2002-137 /> tanto che dal dopoguerra alla metà degli anni novanta si stima siano state prodotte complessivamente circa {{formatnum:3000}} opere ufficiali.<ref name="Prandoni2"/>
Contemporaneamente si assistette all'articolazione della produzione in una molteplicità di target, formati e generi, per venire incontro alle richieste di un pubblico sempre più vasto e variegato.<ref name="Clements133">{{cita|Clements 2013|pp. 133-155}}.</ref> Tra i filoni più rappresentativi si affermarono gli anime robotici o ''[[mecha]]'',<ref name=Pellitteri-2002-137>{{cita|Pellitteri 2018|p. 165}}.</ref> che conobbero il loro apice negli anni settanta con le saghe dei ''super robot'' di [[Gō Nagai]]<ref>{{cita|Mognato 1999|pp. 31 e segg}}.</ref> e il realismo inaugurato da [[Yoshiyuki Tomino]] nel franchise ''[[Gundam]]''.<ref>{{cita|Mognato 1999|pp. 53 e segg}}.</ref> Per i più piccoli abbondarono le serie fantasy, fiabesche o storiche prodotte da grandi studi come [[Toei Animation]] e [[Nippon Animation]], la quale con il ''[[World Masterpiece Theater]]'' diede avvio nel 1975 a una popolare serie di adattamenti di romanzi occidentali per ragazzi. Le commedie e le opere drammatiche furono altresì tra i generi più diffusi, soprattutto i [[spokon|drammi sportivi]].<ref name="Clements133"/><ref name="Patten_2004">{{cita|Patten 2004|}}.</ref> Risalgono a questo periodo anche le prime opere indirizzate a un pubblico femminile: una corrente inaugurata da ''[[La principessa Zaffiro]]'' di Tezuka e ''[[Mimì e la nazionale di pallavolo]]'' della [[Tokyo Movie Shinsha]] sul finire degli anni sessanta, a cui si aggiunse negli anni ottanta il sottogenere ''[[mahō shōjo]]'', e che portò nuovi temi nel medium come l'emancipazione, la scoperta di sé stessi e le storie d'amore.<ref name="DFM149">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 149-154}}.</ref> La diffusione delle [[VHS|videocassette]] e dei [[videoregistratore|videoregistratori]] e la conseguente esplosione del mercato [[home video]] negli anni ottanta diede origine a un nuovo tipo di produzione, il cosiddetto [[original anime video]] (OAV), nato ufficialmente nel dicembre 1983 con il primo episodio di ''[[Dallos]]''.<ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 32, 224-227}}.</ref> Questo nuovo canale di distribuzione favorì la nascita di studi e progetti più piccoli, che potevano finanziarsi anche senza i cospicui budget televisivi, e costituì la valvola di sfogo per contenuti più maturi o pornografici che non avrebbero potuto trovare spazio nei palinsesti tv.<ref name="Patten_2004" /><ref name="ClementseMcCarthyxx" /> In questo periodo emersero anche alcuni autori innovativi che segneranno i decenni a seguire, quali tra gli altri [[Isao Takahata]], [[Hayao Miyazaki]] e [[Katsuhiro Ōtomo]], il cui film [[colossal]] ''[[Akira (film)|Akira]]'' del 1988, in particolare, contribuì in maniera determinante alla diffusione e al successo degli anime in Occidente.<ref>{{cita|Napier 2005|p. 41}}.</ref>
=== Sviluppi contemporanei ===
[[File:Studio GAINAX.jpg|left|thumb|La vecchia sede di [[Tokyo]] della [[Gainax]], lo studio che ha prodotto il ''blockbuster'' ''[[Neon Genesis Evangelion]]'']]
Con lo scoppio della [[bolla speculativa giapponese]] nel 1991 e la seguente [[Decennio perduto (Giappone)|recessione e stagnazione economica]], anche il mercato degli anime subì una brusca battuta di arresto, e gli studi di animazione dovettero affrontare debiti crescenti, difficoltà finanziarie e una generale crisi di idee. La risposta furono una serie di opere innovative che uscirono a partire dal 1995, esemplificate da ''[[Neon Genesis Evangelion]]'' di [[Hideaki Anno]], che segnarono i canoni di una cosiddetta «nuova animazione seriale»: ossia una maggiore autorialità, la concentrazione delle risorse in serie più brevi e facili da vendere, un'impostazione registica ancora più vicina alla [[cinematografia]] dal vero, un drastico ridimensionamento del rapporto di dipendenza dai soggetti dei manga e una maggiore libertà dai vincoli del merchandising.<ref name="ClementseMcCarthyxx"/><ref>{{cita|Fontana e Tarò 2007|pp. 105 e segg}}.</ref> È nell'ambito di questo rilancio che emersero nuovi talenti e figure di riferimento quali, oltre al già citato Anno, [[Mamoru Oshii]], [[Satoshi Kon]] e [[Shin'ichirō Watanabe]].<ref>{{cita|Napier 2005|p. xvii}}.</ref>
Intanto se in Giappone gli anime faticavano, a livello internazionale negli anni novanta e duemila raccolsero sempre più interesse e un bacino di spettatori in costante crescita. Questo permise ad alcuni franchise e studi di animazione di consolidarsi e fece aumentare la domanda per nuove serie, al cui finanziamento iniziarono a interessarsi anche aziende occidentali.<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 24-35, 51-63}}.</ref><ref name="Clements177">{{cita|Clements 2013|pp. 177-189}}.</ref> Nei primi venti anni del [[XXI secolo]] la produzione di animazione commerciale in Giappone è cresciuta enormemente, contando più della metà delle oltre {{formatnum:13000}} opere prodotte dal 1958 nei vari formati.<ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 590}}.</ref> In questo periodo si è assistito a un aumento della polimedialità, alla diffusione dell'[[animazione digitale]] e della [[computer grafica 3D]] per contenere i costi di produzione, e a un'apertura a fasce di mercato sempre più diversificate. L'avvento di [[Internet]] ha assicurato nuove possibilità di distribuzione, come lo [[streaming]], il [[simulcast]] e gli [[original net anime]] (ONA), garantendo una diffusione e una richiesta senza precedenti dell'animazione giapponese, ma generando anche una serie di sfide e interrogativi per il futuro del medium, come la copia e la fruizione illegale di contenuti, lo sviluppo di animazione in "stile anime" al di fuori del Giappone, la concorrenza di altri media, la necessità di nuovi impulsi creativi e tecnici, o la saturazione del mercato.<ref name="Clements191">{{cita|Clements 2013|pp. 191-210}}.</ref><ref name="Sudo">{{cita web|autore=Tadashi Sudo|url=https://www.animenewsnetwork.com/feature/2021-11-03/what-is-happening-in-the-anime-industry-in-2020-2021-an-analysis-of-the-animation-industry-report-/.179153|titolo=What Is Happening In the Anime Industry in 2020-2021? An Analysis of The Animation Industry Report 2021|sito=[[Anime News Network]]|data=3 novembre 2021|accesso=27 novembre 2021|lingua=en|dataarchivio=27 novembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211127085532/https://www.animenewsnetwork.com/feature/2021-11-03/what-is-happening-in-the-anime-industry-in-2020-2021-an-analysis-of-the-animation-industry-report-/.179153|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita|Litten 2008|pp. 101-102}}.</ref>
== Contenuti e riferimenti culturali ==
Gli anime presentano spesso storie più complesse e articolate rispetto a quelle dei cartoni animati occidentali.<ref name="Mangatopia143">{{cita|Perper e Cornog 2011|pp. 143-144}}.</ref> La caratterizzazione e lo sviluppo dei personaggi hanno un peso maggiore: così per i [[protagonista|protagonisti]] è più importante la loro motivazione, lealtà e forza di volontà invece della semplice vittoria; i [[cliché]] sugli [[antagonista|antagonisti]] vengono deliberatamente evitati, rendendo i cattivi spesso particolarmente belli d'aspetto o dando loro trascorsi e motivazioni convincenti che spiegano il loro comportamento; frequenti sono poi gli [[antieroe|antieroi]] e i cambi di fazione dei personaggi, e anche la morte di protagonisti o figure amate dal pubblico non è rara.<ref name="DFM24">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 24-35}}.</ref><ref>{{cita|Levi 1996|pp. 20-23, 68-73, 84, 97-98}}.</ref> Il ruolo delle donne spazia da figure di primo piano che godono della stessa considerazione degli uomini, quali [[donna guerriera|donne guerriere]] o [[mahō shōjo|ragazze con poteri magici]], a parti femminili più tradizionali come quella della madre e casalinga premurosa che resta in secondo piano o della studentessa carina, tranquilla ed empatica, epitomizzate dal concetto di ''yasashii'', ovvero "semplice, dolce, gentile".<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 117-141}}.</ref> La corrispondenza di queste immagini femminili con la reale [[Condizione della donna in Giappone|condizione della donna nella società giapponese]] è tuttora oggetto di dibattito.<ref name="Levi115">{{cita|Levi 1996|pp. 115-117}}.</ref><ref name="Mangatopia144">{{cita|Perper e Cornog 2011|pp. 144-145}}.</ref>
Gli anime sono radicati nella [[cultura giapponese]] e presentano pertanto frequenti richiami a elementi del costume e della società nipponici: elementi che spesso sono determinanti nel definirne il contenuto e l'estetica e che possono risultare difficili da comprendere per gli spettatori stranieri.<ref>{{cita|Fontana e Tarò 2007|p. 147}}.</ref> Questo fenomeno è più marcato nelle produzioni più vecchie, che erano state realizzate considerando il solo mercato domestico, mentre, con l'internazionalizzazione del medium, nelle opere più recenti si assiste di frequente a una contaminazione delle fonti.<ref name="Drazenvii">{{cita|Drazen 2003|pp. vii-ix}}.</ref> I riferimenti culturali giapponesi risultano più evidenti nelle opere storiche, mitologiche o ''[[slice of life]]'', ma sono riscontrabili come sottotesto anche in tanti altri generi, compresi quelli che meno hanno a che fare con la realtà, come il fantasy e la fantascienza.<ref name="DFM24"/><ref name="Levi20">{{cita|Levi 1996|pp. 20-23}}.</ref>
[[File:Kuniyoshi Utagawa, Dragon 2.jpg|thumb|left|Leggende mitologiche di tradizione shintoista (opera dell'artista Kuniyoshi Utagawa, XIX secolo)]]
Le religioni e i sistemi di pensiero tradizionali giapponesi hanno grande influenza sul medium. Lo [[shintoismo]] si esplicita in una visione [[animismo|animistica]] della natura, popolata da spiriti e demoni, nella citazione di innumerevoli miti, leggende e figure folcloristiche, spesso reinterpretati in chiave moderna e con una morale esplicita,<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 40-47}}.</ref> e nell'inclusione nella vita quotidiana di elementi fantastici e appartenenti a realtà situate oltre la normale soglia della percezione umana.<ref>{{cita|Levi 1996|p. 34}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 38-40}}.</ref> Il rispetto tipicamente asiatico per la società e le gerarchie trae origine dagli insegnamenti del [[confucianesimo]], mentre dal [[buddhismo giapponese]] e dallo [[zen]] derivano compassione e un approccio pragmatico e diretto alla realtà, che si manifesta anche nella scelta di storie d'azione, significando gli anime pur sempre intrattenimento e spettacolarità.<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 146-147}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 42}}.</ref>
Altro fattore che porta nell'animazione nipponica tradizioni, aneddoti e situazioni è il ''[[bushido]]'', il codice di condotta del nobile guerriero.<ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 217 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Mognato 1999|p. 85}}.</ref> Le storie degli anime tendono in particolare a unire gli aspetti del {{nihongo|''[[bujutsu]]''|武術||la tecnica e l'abilità marziale}} e del {{nihongo|''[[budō]]''|武道||la via marziale che conduce alla pace}} per fornire il giusto grado di spettacolarizzazione dei combattimenti, ma anche per rappresentare il percorso morale e formativo del protagonista e le sue qualità di giustizia, senso del dovere, lealtà, compassione, onore, onestà e coraggio, che possono esprimersi negli ambiti più disparati.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 45-46}}.</ref><ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 218}}.</ref> Talvolta il fine ultimo di tale processo di crescita è addirittura l'acquisizione di una consapevolezza della vacuità della realtà, dell'ego e dell'esistenza materiale, così che nemmeno la morte sia più motivo di timore.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 50}}.</ref><ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 222}}.</ref> Classico è anche il conflitto tra ''giri'' e ''ninjō'', ovvero tra il senso del dovere nei confronti degli altri e più in generale della società, e la propria felicità personale,<ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 223 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Levi 1996|p. 84}}.</ref> che si riflette nei comportamenti e nelle scelte dei protagonisti degli anime, fino ad arrivare anche all'estremo {{nihongo|sacrificio di sé|我慢|gaman}}.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 78 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 226 e segg}}.</ref>
Un ruolo importante riveste il rispetto delle relazioni e delle regole sociali, che vanno dall'attenzione alla famiglia, al rispetto per i più anziani e in generale per le figure guida come il {{nihongo|maestro|先生|sensei}} o il ''[[senpai]]'', all'uso di [[Linguaggio onorifico giapponese|linguaggio]] e [[Suffissi onorifici giapponesi|suffissi onorifici]],<ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 220}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 48 e segg.}}</ref> a cui fa da contraltare la vita allettante, libera ma anche pericolosa dei lupi solitari.<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 29-36}}.</ref> A questi temi sociali si aggiungono tematiche ambientali come il complesso rapporto tra uomo, natura e tecnologia, la protezione dell'ambiente, o i vantaggi e i pericoli della tecnica,<ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 133 e segg}}.</ref> a cui è strettamente legato il trauma collettivo tutto giapponese della [[bomba atomica]], che prende forma nell'animazione in ordigni e catastrofi dalle conseguenze spaventose per il mondo e per l'umanità.<ref name="Mangatopia144"/> Sotto altro profilo, il rapporto uomo-tecnologia costituisce anche il versante privilegiato attraverso il quale gli anime recepiscono e rielaborano la modernità, risultando un connubio inscindibile di antico e di nuovo.<ref name="Cavallaro6">{{cita|Cavallaro 2007|p. 6}}.</ref> A livello politico e militare, a fianco a opere pacifiste ambientate in mondi fantastici, realistici o distopici, esistono anche storie legate alla propaganda, apologetiche della guerra, che minimizzano l'imperialismo giapponese o che attribuiscono al Paese un ruolo di vittima nella seconda guerra mondiale.<ref name="Mangatopia144"/><ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 183-207}}.</ref>
Infine un certo grado di [[sessualità]] e di [[nudità]] non è considerato [[tabù]] neanche nell'ambito più [[mainstream]] o nelle opere rivolte ai più piccoli, e trae origine dal diverso rapporto che i giapponesi hanno col corpo umano rispetto agli occidentali.<ref name="Levi115"/><ref name="Drazen50">{{cita|Drazen 2003|pp. 50-58}}.</ref> Anche personaggi velatamente o esplicitamente [[omosessualità|omosessuali]], figure androgine o ambigue, e comportamenti in contrasto coi tradizionali [[Ruolo di genere|ruoli di genere]] compaiono frequentemente, e si manifestano in immagini ideali di uomini ''[[bishōnen]]'', in donne che agiscono in ambiti tipicamente maschili, nel [[travestitismo]] e nel ''[[gender bender|gender bending]]''.<ref name="Drazen78">{{cita|Drazen 2003|pp. 78-103}}.</ref> Conseguenza di questa diversa sensibilità è anche l'abbondanza di comicità legata all'[[umorismo scatologico]] e sessuale.<ref name="Mangatopia143"/><ref name="Drazen50"/>
== Generi ==
Nel loro insieme gli anime si rivolgono all'intero campionario di fasce d'età e strati sociali.<ref name="Drazenvii"/> Mutuando la tradizionale classificazione dei manga in [[Target (media)|target]] demografici, anche i prodotti animati vengono spesso catalogati per pubblico di destinazione in base all'età e al sesso. Per molti anime, tuttavia, specie quelli non tratti da fumetti, questa attribuzione può rivelarsi difficile o addirittura impossibile. E non è infrequente che opere concepite per un particolare target finiscano per accattivare anche altre fasce.<ref name="MacWilliams60">{{cita|MacWilliams 2008|p. 60}}.</ref> Si distinguono le seguenti tipologie di massima:<ref name="Levi11">{{cita|Levi 1996|pp. 11-14}}.</ref><ref name="Tavassi50">{{cita|Tavassi 2022|pp. 50-52}}.</ref>
* ''[[kodomo]]'', opere indirizzate ai bambini;
* ''[[shōnen]]'', produzioni per ragazzi e adolescenti, che spesso ricadono nei generi azione, fantascienza e fantasy;
* ''[[shōjo]]'', anime per ragazze, principalmente storie sentimentali e d'amore;
* ''[[seinen]]'', per un pubblico maschile dai 18 anni in su, con contenuti più sofisticati, violenti o erotici;
* ''[[josei]]'', per un pubblico femminile dai 18 anni in su, che tratta soprattutto della vita quotidiana, lavorativa o sentimentale di giovani donne.
I target hanno un'influenza anche sui generi, sui formati e sulla distribuzione degli anime. Ciascun gruppo demografico privilegia infatti determinati soggetti rispetto ad altri, per cui un anime che ad esempio tratti di fantascienza sarà più probabilmente uno ''shōnen'' che uno ''shōjo'', e così via.<ref name="Tavassi50"/> Similmente, le produzioni cinematografiche e televisive sono destinate principalmente ai bambini e alle famiglie, mentre nel mercato home video o nella fascia televisiva notturna è più probabile incontrare opere indirizzate a un pubblico più maturo.<ref name="Clements191"/><ref name="DFM24"/>
Gli anime presentano la stessa varietà di [[Genere (arte)|generi narrativi]] di qualsiasi altro [[Mezzo di comunicazione di massa|medium]]: dalla [[commedia]] al [[Film drammatico|drammatico]], [[letteratura per ragazzi|storie per bambini]], [[letteratura]], [[storico]], [[avventura]], [[Azione (genere)|azione]], [[fantascienza]], [[fantasy]], [[orrore]], [[thriller]], [[Giallo (genere)|giallo]], [[sportivo]], [[Romanzo rosa|romantico]], ''[[slice of life]]'', [[umoristico]] o [[erotico]].<ref name="Napier6"/><ref name="Drazenvii"/> Si ritrovano tuttavia anche generi, sottogeneri e tipi esclusivi della narrativa giapponese. ''[[Aniparo]]'', ad esempio, indica [[parodia|parodie]] di altri anime spesso realizzati in stile ''[[super deformed]]''.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 108}}.</ref> Nel campo dell'azione e sportivo, frequenti sono le storie di [[arte marziale|arti marziali]], che pescano a piene mani dalla cultura giapponese e orientale, oppure i cosiddetti ''[[spokon]]'', anime sportivi in cui il protagonista raggiunge la vittoria tramite un percorso di crescita fatto di fatica, tenacia, coraggio e duri allenamenti. A fianco agli sport tradizionali e popolari in tutto il mondo, trovano spazio anche storie incentrate su attività più sedentarie e locali, come il [[Go (gioco)|go]], lo [[shōgi]], il [[mah jong]], il [[pachinko]], il [[collezionismo]],<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 607-608}}.</ref> o la cucina.<ref>{{cita web|url=https://www.cbr.com/cooking-themed-anime-watch-skip/|titolo=8 Cooking-Themed Anime To Watch (& 7 To Skip)|autore=Vivienne Chen|sito=[[CBR (sito web)|CBR]]|data=16 agosto 2020|accesso=11 maggio 2022|lingua=en|dataarchivio=11 maggio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220511085506/https://www.cbr.com/cooking-themed-anime-watch-skip/|urlmorto=no}}</ref> Uno dei sottogeneri più vecchi e diffusi è il ''[[mecha]]'', una tipologia di anime fantascientifici incentrata sulla tecnologia e le macchine, in cui a dominare la scena sono sovente [[robot]] giganti.<ref name="ClementseMcCarthy31">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 31}}.</ref><ref>{{cita|Poitras 2000|p. 35}}.</ref> Due correnti del fantastico tipicamente giapponesi sono invece l{{'}}''[[isekai]]'', storie in cui il protagonista viene trasportato in un [[universo parallelo]] o mondo alternativo,<ref>{{cita web|autore=Naomi Starlight|url=https://reelrundown.com/animation/Thoughts-on-the-History-of-the-Isekai-Genre|titolo=Isekai Anime: Explaining the Genre's History, and How It's Changed|data=11 agosto 2020|accesso=5 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=5 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211205093909/https://reelrundown.com/animation/Thoughts-on-the-History-of-the-Isekai-Genre|urlmorto=no}}</ref> e il ''[[mahō shōjo]]'', un sottogenere con protagoniste dotate di [[magia|poteri magici]] che solitamente impiegano ricorrendo a vistose trasformazioni.<ref name="ClementseMcCarthy31"/>
In ambito sentimentale l'[[Harem (genere)|harem]] denota ambientazioni in cui un personaggio è circondato e riceve le attenzioni di diversi membri del sesso opposto, tipicamente dai tre in su.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 542}}.</ref> Una nicchia dell'animazione giapponese è occupata dai generi [[erotismo|erotico]] e [[pornografia|pornografico]], per i quali si è diffusa a livello internazionale la dizione di ''[[hentai]]''. Gli hentai presentano contenuti espliciti e si manifestano in una varietà di sottogeneri e tipologie.<ref name="ClementseMcCarthy180">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 180-182}}.</ref> Di contro, più diffuso è l{{'}}''[[ecchi]]'', ovvero l'inclusione in altri generi di tematiche o allusioni sessuali senza mostrare atti amorosi espliciti, in quella che può essere considerata una forma di [[fanservice]].<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 89, 295}}.</ref> Alcuni generi infine esplorano rapporti omosessuali, come ''[[yaoi]]'' (omosessualità maschile), ''[[Bara (genere narrativo)|bara]]'' (per maschi [[gay]] adulti), e ''[[yuri]]'' ([[lesbismo]]). Sebbene spesso utilizzati in contesto pornografico, i termini ''yaoi'' e ''yuri'' nelle loro varianti ''[[shōnen-ai]]'' e ''[[shōjo-ai]]'' possono essere usati anche per riferirsi a storie focalizzate sullo sviluppo della relazione affettiva senza contenuti sessuali espliciti.<ref name="ClementseMcCarthy180"/><ref>{{cita|Poitras 2000|p. 50}}.</ref>
In ogni caso una categorizzazione per genere e soggetto che sia esaustiva e univoca non è riscontrabile nella letteratura in materia, e comunque essa trova accreditamento spesso e volentieri più presso il pubblico che da parte degli autori.<ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 51}}.</ref> Molti anime, inoltre, non si lasciano ascrivere facilmente nelle categorie esistenti, ricadendo in più generi contemporaneamente o mischiando generi e temi in modo creativo.<ref name="DFM24"/><ref name="Levi20"/><ref>{{cita|Poitras 2000|pp. 34, 41-43}}.</ref>
== Linguaggio, stile e forme di espressione ==
Soprattutto se paragonati ad altre opere di animazione, gli anime presentano delle peculiarità nel linguaggio, nel simbolismo e nello stile, che sono il risultato dei processi di animazione che a lungo hanno dominato il medium in Giappone, della cultura [[estetica giapponese]], e di influssi da parte dei manga e dell'animazione statunitense delle origini.<ref name="DFM24"/> Queste caratteristiche si ritrovano in gran parte delle opere dagli anni sessanta in poi, anche se sono sempre esistite eccezioni e in tempi più recenti, vista la crescente varietà e contaminazione, è sempre più difficile parlarne in termini generali.<ref name="DFM50">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 50-51, 56-57}}.</ref>
[[File:Wikipe-tan in Different Anime Styles.png|thumb|upright=1.4|left|Lo stesso personaggio rielaborato in nove stili diversi, ispirati, in ordine, a [[Kyoto Animation]], ''[[Naruto]]'', ''[[Type-Moon]]'', ''[[Detective Conan]]'', ''[[Sailor Moon (serie animata)|Sailor Moon]]'', [[Fujiko Fujio]], [[Studio Ghibli]] e [[Makoto Shinkai]].]]
A differenza dell'animazione occidentale, l'enfasi nell'animazione giapponese non è posta sulla rappresentazione di un movimento realistico.<ref name="DFM24"/> Trova infatti largo impiego l'[[animazione limitata]],<ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 13}}.</ref> in cui dai quindici disegni al secondo, tipici della media delle produzioni cinematografiche della [[Disney]], i creatori di anime scendono fino a cinque, con la conseguenza di un'animazione meno fluida. Questa tecnica è impiegata non solo per risparmiare tempo e denaro, ma anche come vero e proprio espediente artistico.<ref name="chicks">{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/chicks-on-anime/2008-09-16|titolo=Chicks on Anime|sito=Anime News Network|data=16 settembre 2008|accesso=8 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=8 novembre 2012|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108150611/http://www.animenewsnetwork.com/chicks-on-anime/2008-09-16|urlmorto=no}}</ref> Il movimento finisce quindi per avere minore peso nella narrazione, laddove diventano invece più importanti la forza del soggetto, la qualità dei disegni, la storia, il ritmo narrativo fatto anche di pause e di silenzi, il character design e la caratterizzazione dei personaggi.<ref name="DFM50"/><ref name="chicks"/><ref>{{cita|Benecchi 2005|p. 3}}.</ref><ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 287}}.</ref> Nell'animazione limitata giapponese viene risparmiato in prima linea sulle pose intermedie, così che la narrazione procede soprattutto come alternanza di [[key frame|fotogrammi chiave]] in cui si sottolineano pose volutamente espressive dei personaggi. Ciò è dovuto anche alla tradizione estetica giapponese, basti pensare alle forme narrative del [[teatro kabuki]] o del [[kamishibai]], in cui la fisicità e la mimica hanno un ruolo centrale.<ref name="DFM24"/> Momenti importanti possono essere anche solo accennati od omessi del tutto, e sta all'immaginazione dello spettatore completare le ellissi rappresentative.<ref>{{cita|Raffaelli 2005|p. 214}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 66}}.</ref>
Una delle innovazioni cruciali introdotte dagli anime e utilizzata per compensare le mancanze dell'animazione limitata è l'impiego di tecniche di ripresa simili a quelle usate nella cinematografia dal vero.<ref name="chicks"/> Tale approccio, in cui il movimento è simulato muovendo fisicamente il disegno, si pone in antitesi con l'impostazione teatrale predominante nell'animazione americana.<ref>{{cita|Poitras 2000|p. 58}}.</ref> Tra gli effetti più usati si possono distinguere: il ''fix'', ossia il fermo immagine; lo zoom, in cui la cinepresa si avvicina o si allontana; movimenti di camera come lo ''slide'', il ''pan'' e il ''tilt''; frequenti tagli; inquadrature angolate; prospettive multiple; variazioni di [[Piano (fotografia)|piano]] e [[Campo (fotografia)|campo]]; lo ''[[split screen]]'', in cui l'inquadratura viene suddivisa in più parti, ciascuna con una visuale diversa della stessa o di più scene.<ref>{{cita|Cavallaro 2007|pp. 12-13}}.</ref><ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 44-45}}.</ref><ref name="Frazier3">{{cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1998|url=http://www.ex.org/3.1/10-bts1.html|titolo=Japanese animation camera work|volume=3|numero=1|lingua=en|rivista=EX|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080511211110/http://www.ex.org/3.1/10-bts1.html}}</ref> Frequente è anche l'impiego di tali tecniche e il riuso di fotogrammi per ottenere un effetto di dilatazione temporale, che può portare in casi estremi un combattimento, una partita o un incontro di pochi istanti a durare per più di un episodio;<ref name="Pellitteri307">{{cita|Pellitteri 2018|p. 307}}.</ref> una tendenza dovuta anche a questioni di risparmio, ma soprattutto per aumentare la tensione e la partecipazione emotive,<ref name="Pellitteri307" /> e nell'ottica della mentalità giapponese di non considerare il tempo in semplici termini cronometrici, ma valorizzando invece la qualità dell'istante, l'intensità con cui lo si vive.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 56}}.</ref><ref>{{cita|Raffaelli 2005|p. 213}}.</ref>
Le figure vengono rappresentate generalmente in modo semplice e stilizzato, mentre gli sfondi sono più dettagliati e realistici. In questo modo si facilita l'immedesimazione degli spettatori nei personaggi e l'immersione nell'ambientazione della storia.<ref name="DFM24"/> Nelle scene d'azione i fondali spariscono invece del tutto e viene dato risalto al solo movimento.<ref name="Drazen18">{{cita|Drazen 2003|pp. 18-25}}.</ref> I dettagli sono impiegati con parsimonia ma in modo molto preciso, in modo da dare l'impressione di una maggiore ricchezza di particolari di quella effettiva.<ref name="Levi20"/> Tipico è anche l'uso abbondante di colori,<ref name="Iglesias"/> il ricorso alle linee cinetiche (''dōsen'') per esaltare i movimenti, e la resa iperbolica dei gesti per aumentare il ''pathos''.<ref>{{cita web|url=https://www.japanpowered.com/anime-articles/anime-visual-language-guide|titolo=Anime Visual Language Guide|autore=Chris Kincaid|sito=Japan Powered|data=29 settembre 2019|lingua=en|accesso=7 dicembre 2021|dataarchivio=24 novembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211124145905/https://www.japanpowered.com/anime-articles/anime-visual-language-guide|urlmorto=no}}</ref> Un'attenzione particolare viene inoltre riservata a sottolineare lo stato d'animo e le emozioni dei personaggi, in modo da coinvolgere e generare empatia negli spettatori.<ref name="Levi20"/><ref>{{cita|MacWilliams 2008|pp. 60-61}}.</ref>
Il [[character design]] è fortemente influenzato dai manga e segue sovente i canoni di bellezza giapponesi per ragazze e ragazzi attraenti, ''[[bishōjo]]'' e ''[[bishōnen]]'', o i concetti di ''cool'' ("affascinante", carismatico") e di ''[[kawaii]]'' ("carino", "adorabile").<ref name="DFM149"/><ref>{{cita|Pellitteri 2008|pp. 116-119}}.</ref> I personaggi mantengono alcuni tratti espressamente fanciulleschi, come gli occhi molto grandi o comunque preponderanti rispetto al resto del viso. Questo segno caratteristico degli anime, che è stato diffuso dalle opere di Osamu Tezuka, a sua volta influenzato da figure dell'animazione occidentale con occhi esageratamente grandi come [[Betty Boop]],<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 6-7}}.</ref> è funzionale a una maggiore resa espressiva.<ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 290}}.</ref><ref>{{cita|Benecchi 2005|p. 17 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 23}}.</ref> I capelli sono spesso rappresentati in modo innaturale, con acconciature peculiari e colori sgargianti come il verde, il blu o il rosa; e stesso discorso si può fare anche per il fisico e l'abbigliamento. Tutte queste caratteristiche servono a rendere i personaggi più attrattivi e riconoscibili, e veicolano a volte anche un significato simbolico.<ref name="Levi11"/><ref>{{cita|Poitras 2000|pp. 61-62}}.</ref> L'aspetto risultante appare spesso ben diverso da quello tipico dei [[giapponesi]], che hanno solitamente occhi a mandorla e capelli scuri, risultando invece più marcatamente europeo; mentre però in Occidente questa tendenza può risultare evidente e contraddittoria, gli autori e gli spettatori giapponesi non percepiscono i soggetti ritratti in questo modo come più o meno stranieri, o legati a una particolare provenienza etnica o geografica.<ref name="Levi11"/><ref>{{cita|Napier 2005|pp. 24-25}}.</ref>
[[File:AngryWikipe-tan.png|thumb|upright|Wikipe-tan disegnata in formato ''super deformed'' e con l'utilizzo di espressioni facciali standard per indicare la collera]]
Nel disegno dei personaggi trova largo impiego un ventaglio consolidato di espedienti grafici ed espressioni facciali, per denotare in modo sintetico, velato o comico particolari stati d'animo. Tra la grande varietà di simboli utilizzati: una croce pulsante sul capo per indicare l'ira, una goccia di sudore per nervosità o tensione, arrossamento per l'imbarazzo legato all'attrazione sentimentale, occhi lucidi per uno sguardo intenso e carico di emozione, o una bolla dal naso per il sonno profondo.<ref>{{cita|Benecchi 2005|pp. 25 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 311}}.</ref><ref>{{cita|Brenner 2007|p. 52}}.</ref> Un'altra varietà di design è il ''[[chibi]]'' o ''[[super deformed]]'', uno stile caricaturale in cui i personaggi assumono dimensioni ridotte, teste sproporzionatamente grandi e altri tratti infantili e graziosi, e che viene impiegato in serie parodistiche, in commedie o per siparietti comici improvvisi.<ref name="Drazen18"/> Va tenuto presente, tuttavia, che non tutti gli anime seguono queste convenzioni, e in opere di certi autori o per adulti trova invece impiego un design più realistico.<ref name="DFM149"/>
== Formati ==
Gli anime si presentano in una varietà di formati. I [[film]] sono stati la prima forma espressiva del medium<ref>{{cita|Litten 2008|p. 91}}.</ref> e si dividono in base alla durata in [[lungometraggio|lungometraggi]], [[mediometraggio|mediometraggi]] o [[cortometraggio|cortometraggi]]. Hanno solitamente un budget e una qualità superiore alle altre produzioni anime e vengono concepiti per ampie platee, soprattutto di bambini, giovani e famiglie. Vengono distribuiti principalmente al [[cinema]] o più raramente prodotti per la televisione.<ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 19}}.</ref><ref name="ClementseMcCarthyxiv">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. xiv}}.</ref> La presentazione di film, cortometraggi o brevi filmati promozionali da parte degli studi di animazione è diventata anche una caratteristica di vari festival e ''convention'' annuali in Giappone a tema anime e manga.<ref name="Clements133"/> Tra gli anni 2000 e 2020 il numero di lungometraggi anime prodotti annualmente è passato da 31 a 91.<ref name="AIR2020"/>
Le [[serie televisiva|serie televisive]] rappresentano la fetta più grande e importante delle produzioni anime. Hanno una portata molto eterogenea, in quanto possono essere trasmesse su grandi network nazionali o anche su piccole stazioni che coprono solo una parte del territorio nipponico. Inoltre le serie televisive diurne hanno ascolti più alti e si indirizzano a un pubblico di bambini e giovani, mentre dagli anni novanta ha preso piede la programmazione notturna con gli {{nihongo|''shin'ya anime''|深夜アニメ}}, che contengono temi più maturi e hanno ascolti sensibilmente più bassi.<ref name="MacWilliams60"/><ref name="Litten93">{{cita|Litten 2008|pp. 93-94}}.</ref> Nei primi vent'anni del XXI secolo a causa dell'[[invecchiamento della popolazione in Giappone]] e della maggiore richiesta di esportazione di anime, l'animazione per adulti si è affermata sempre più e rappresenta ora la maggior parte delle produzioni televisive.<ref name="AIR2020"/><ref>{{cita|Litten 2008|pp. 100-101}}.</ref> Il numero di serie tv è andato progressivamente aumentando: negli anni ottanta e novanta si registravano tra i 50 e i 100 nuovi titoli all'anno, negli anni duemila si è passati da 100 a 200, nel 2013 si sono superate per la prima volta le 300 serie annuali, e da allora il valore oscilla tra 300 e 350.<ref name="AIR2020"/> Le serie tv anime sono caratterizzate da scadenze più serrate e da una qualità media inferiore rispetto ad altre produzioni. Contano generalmente 12-13, 24-26, o più raramente 52 o più episodi, così che, trasmesse settimanalmente, raggiungono una durata di un trimestre, un semestre o un anno di programmazione.<ref name="MacWilliams60"/><ref name="Litten93"/> Un intervallo di tre mesi viene definito {{nihongo|''cour''|クール|kūru}} e ha una collocazione tipicamente stagionale che si riflette sui palinsesti televisivi giapponesi: ci sono infatti ''cour'' invernali, primaverili, estivi e autunnali che iniziano rispettivamente a gennaio, aprile, luglio e ottobre.<ref>{{cita web|autore=Thanasis Karavasilis|url=https://manga.tokyo/columns/what-is-a-cour-and-a-season-in-anime/|titolo=What is a Cour and a Season in Anime?|accesso=31 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=31 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211231094330/https://manga.tokyo/columns/what-is-a-cour-and-a-season-in-anime/|urlmorto=no}}</ref> La maggior parte delle serie ha una durata prestabilita, ma ad esempio adattamenti di manga lunghi e di successo possono essere prodotti continuativamente e arrivare a contare anche centinaia di episodi.<ref name="Litten93"/> Una caratteristica delle serie anime è che presentano solitamente una trama continua che si snoda attraverso i diversi episodi e che si conclude con la fine dell'opera, a differenza delle produzioni animate occidentali che hanno tipicamente un formato episodico in cui ogni puntata narra una storia autoconclusiva.<ref name="MacWilliams60"/>
Anime prodotti direttamente per il mercato [[home video]] prendono il nome di [[original anime video]] (OAV). Si tratta solitamente di singoli film o di brevi serie composte da pochi episodi. La durata è variabile e può andare da puntate di trenta minuti a film di due ore.<ref name="Patten281">{{cita|Patten 2004|pp. 281-282}}.</ref> Generalmente è un formato che riguarda storie non sufficienti a sviluppare una serie televisiva o per le quali non si prevede un grande pubblico, in quanto si possono produrre anche per nicchie specifiche di mercato<ref name="ClementseMcCarthyxiv"/> e con budget sensibilmente più contenuti rispetto a film e serie tv.<ref>{{cita|Poitras 2000|p. 14}}.</ref> Poiché non sono sottoposti alla censura televisiva, gli OAV si possono permettere di includere [[fanservice]], azione, violenza e contenuti pornografici, ma trovano spazio anche opere più tradizionali, artistiche, innovative o storie extra e [[Spin-off (mass media)|spin-off]] a corredo di franchise famosi. La qualità può essere molto variabile, in alcune produzioni anche piuttosto bassa, ma spesso sensibilmente più alta delle serie per la tv.<ref>{{cita|Patten 2004|pp. 268-276, 280-282}}.</ref><ref name="Clements157">{{cita|Clements 2013|pp. 157-172}}.</ref><ref>{{cita|MacWilliams 2008|p. 54}}.</ref> I formati degli OAV seguono i principali supporti multimediali, quali [[laserdisc]], [[VHS]], [[DVD]] e [[Blu-ray]].
Infine, gli [[original net anime]] (ONA) sono un formato di anime sviluppatisi nei primi anni duemila e distribuiti originariamente in [[streaming]] su [[Internet]] e [[web TV]]. Spesso, come nel caso degli OAV, si tratta di serie brevi o con episodi di breve durata, alcune volte, specie nei primi tempi, a carattere amatoriale o promozionale.<ref>{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=37|titolo=Original Net Anime (ONA)|sito=Anime News Network|accesso=31 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=2 ottobre 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131002014105/http://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=37|urlmorto=no}}</ref>
== Processo produttivo ==
[[File:Anime production it.png|thumb|center|upright=4.5|La struttura dell'industria moderna degli anime<ref name="JETRO">{{cita pubblicazione|autore=Japanese Economy Division|titolo=Japan Animation Industry Trends|rivista=JETRO Japan Economic Montly|data=giugno 2005|lingua=en|url=http://www.jetro.go.jp/en/reports/market/pdf/2005_35_r.pdf|accesso=11 gennaio 2009|dataarchivio=21 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110721214211/http://www.jetro.go.jp/en/reports/market/pdf/2005_35_r.pdf|urlmorto=no}}</ref>]]
=== Pianificazione ===
Il processo produttivo di un anime è preceduto da una fase di pianificazione, che può essere di due tipi: l'uno, il {{nihongo|''gensaku anime''|原作 アニメ}}, consiste nella scelta di un manga, un romanzo, una [[light novel]] o un videogioco su cui basare la [[sceneggiatura]] e comporta una serie di negoziazioni tra autori, [[Editoria|editori]] e produttori; l'altro, il cosiddetto {{nihongo|''gen an''|原 アン}}, vede un soggetto originale concepito dal [[regista]] o da un altro autore appositamente per la creazione dell'anime.<ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 37 e segg}}.</ref><ref name="Frazier">{{cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1997|url=http://www.ex.org/2.1/12-beyondtvsafety.html|titolo=Titles and positions in japanese animation industry|rivista=EX|volume=2|numero=1|lingua=en|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/19980523114600/http://www.ex.org/2.1/12-beyondtvsafety.html}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|url=http://www.ex.org/2.2/11-bts1.html|titolo=Even more of those japanese animation industry job titles|rivista=EX|volume=2|numero=2|lingua=en|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080828122406/http://www.ex.org/2.2/11-bts1.html}}</ref> Poiché inoltre difficilmente uno [[studio di animazione]] si imbarca in una produzione contando solo sui propri mezzi finanziari, vengono coinvolti sponsor esterni, oltre al {{nihongo|comitato produttivo|製作委員会|seisaku iinkai}} composto da [[Casa di produzione cinematografica|case di produzione]], [[Emittente televisiva|emittenti televisive]] ed editori, i quali investono i propri capitali più facilmente su soggetti già collaudati, come nel caso dei ''gensaku'', piuttosto che al buio, come in un ''gen an''.<ref name="Cavallaro6"/> Conseguenza dell'alto numero di persone coinvolte nei processi decisionali e produttivi dell'opera è che nei prodotti finiti è spesso difficile riconoscere l'autorialità dei singoli contributi. Un apporto creativo più marcato è individuabile nei film cinematografici di particolari autori e registi illustri, che mantengono un controllo più serrato sulle idee e le decisioni, anche se tali opere d'autore sono piuttosto rare negli anime.<ref>{{cita|Clements 2013|1-2, 4-8}}.</ref><ref name="Hui">{{cita|Berndt e Kümmerling-Meibauer 2013|pp. 222-239}}.</ref>
=== Produzione ===
Scelto il soggetto, si procede alla stesura della [[sceneggiatura]], in base alla quale il regista, affiancato dal direttore di produzione, comincia a fornire le prime direttive al ''[[character design]]er'', al [[Direttore artistico (animazione)|direttore artistico]] e, ove necessario, al ''[[mecha design]]er'' per un primo abbozzo delle ambientazioni e dei personaggi. Con il materiale così elaborato si passa alla realizzazione dell'{{nihongo|''[[ekonte]]''|絵コンテ}}, una sorta di ''[[storyboard]]'' dell'anime che funge da traccia base per tutto lo staff, fornendo dettagli quali il numero di ''[[fotogramma|frame]]'' per scena, gli effetti visivi e gli sfondi necessari, le inquadrature, i movimenti di camera, la dinamica e la composizione delle scene.<ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 41}}.</ref> Per la realizzazione di circa mezz'ora di ''ekonte'' sono necessarie normalmente circa tre settimane di lavoro.<ref name="Cavallaro6"/> Nel caso di trasposizioni si assiste sovente a modifiche del materiale originale, come la rimozione di parti di storia o l'aggiunta di archi narrativi inediti, detti ''[[filler (media)|filler]]''. Anche un adattamento a un'altra fascia di pubblico è possibile, con conseguenze nell'estetica, nei temi e nel tono della narrazione. Nel caso di serial un regista e uno sceneggiatore principale si occupano della composizione generale della serie, ma poi spetta ai registi e agli sceneggiatori dei singoli episodi applicare e declinare concretamente le direttive.<ref name="Hui"/> In questa fase il ''character designer'' si occupa di definire l'aspetto dei vari personaggi e di tracciare dei modelli di riferimento, detti {{nihongo|''settei''|設定}}, che ne illustrano le caratteristiche principali come fisionomia, proporzioni e principali espressioni facciali, fornendo una guida il più possibile dettagliata per il successivo lavoro degli animatori.<ref name="Frazier"/> Una volta definiti l{{'}}''ekonte'', il ''character design'', il ''mecha design'' e gli sfondi, viene poi realizzato l{{'}}''animatic'', ossia una versione filmata dell{{'}}''ekonte'' necessaria per verificare sia il ritmo delle scene sia — con l'aggiunta dei dialoghi e delle musiche in versione grezza — la coerenza di suoni e immagini<ref name="Cavallaro6"/><ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 265}}.</ref>. Superato il vaglio del regista, dall{{'}}''animatic'' si passa quindi alla fase di realizzazione dell'[[animazione]] vera e propria coordinata dal [[direttore dell'animazione]].<ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 38-47}}.</ref>
Gli anime vengono realizzati comunemente impiegando l'[[animazione tradizionale]], e per lungo tempo il medium è stato caratterizzato dall'uso della ''cel animation''.<ref name="Clements35"/> In essa i fotogrammi vengono disegnati su fogli di acetato trasparenti, detti ''[[rodovetro|cel]]'' appunto, e poi sovrapposti in più strati sugli sfondi per comporre i ''frame'' da fotografare: a ogni scatto corrisponde la sostituzione di uno o più ''cel'' contenenti la variazione necessaria per rendere il movimento. Questo procedimento viene quindi ripetuto per ogni scena.<ref name="DFM24"/> Per ricreare l'illusione di un movimento fluido, in animazione così come in cinematografia si considerano standard 24 [[Frequenza dei fotogrammi|fotogrammi al secondo]]. Negli anime è d'uso invece impiegare l'[[animazione limitata]], nella quale da 24 ''frame'' si può passare a 12 o 8 o anche meno, in modo da risparmiare tempo e denaro, ma da garantire una fluidità comunque soddisfacente. A tal fine lo stesso ''cel'' viene filmato per più fotogrammi successivi; si può avere quindi ad esempio un'animazione ''shot on twos'' in cui i ''frame'' al secondo sono 12, o ''shot on threes'' in cui ogni fotogramma viene ripreso per 3/24, ossia 1/8, di secondo. Negli anime la media è 8 ma si può arrivare a numeri inferiori, per scene statiche, o superiori, fino anche a 24, per sequenze particolarmente cariche d'azione.<ref name="ClementseMcCarthy645">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 645-646}}.</ref><ref>{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=61|titolo=Shot on threes (ones, twos, etc.)|sito=Anime News Network|accesso=11 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=11 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211211083214/https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=61|urlmorto=no}}</ref> La frequenza dei fotogrammi dipende dal budget e dalla qualità che si vuole ottenere: solitamente i film hanno un numero di fotogrammi al secondo più alto delle produzioni televisive.<ref name="DFM24"/>
[[File:Anime cel with Wikipe-tan.jpg|thumb|Un esempio del processo di realizzazione di un fotogramma. Si notino i bordi dell'inquadratura e il campo per il ''time sheet''.]]
L'animazione si compone di {{nihongo|''[[key frame]]''|原画|genga}}, ossia i disegni che definiscono gli stati chiave del movimento, e di {{nihongo|''[[Intercalazione (animazione)|inbetween frame]]''|動画|dōga}}, i fotogrammi di passaggio da un ''key frame'' all'altro, necessari a dare l'illusione del movimento. Negli studi di animazione giapponesi i ''key frame'' vengono affidati ai capi animatori, lavoratori esperti e meglio pagati, che definiscono anche i ''time sheet'' dei fotogrammi, ovvero le impostazioni di ripresa delle scene e la posizione che devono occupare nella sequenza di montaggio finale. Le intercalazioni invece, che sono in numero maggiore e richiedono meno creatività, vengono svolte dagli ''inbetweener'', animatori più giovani o alle prime armi e peggio retribuiti. Gli animatori seguono il modello del ''settei'' ma questo processo a cascata può portare a delle difformità di stile; spetta quindi al direttore dell'animazione ricontrollare, correggere o ricommissionare i singoli fotogrammi.<ref name="Frazier"/> I disegni sono eseguiti solitamente su carta e devono essere poi trasferiti su ''cel''; nel primo periodo dell'animazione giapponese quest'operazione veniva svolta con della [[Carta carbone|carta copiativa]] soprattutto da donne, poi l'introduzione della [[xerografia]] ha permesso di accelerare e meccanizzare il processo.<ref>{{cita|Clements 2013|p. 142f}}.</ref> Su ''cel'' le tavole sono poi colorate, tradizionalmente a mano. Tra gli anni sessanta e settanta le fasi più semplici dell'intercalazione e della colorazione venivano affidate a studenti e massaie pagati al ribasso, e dallo stesso periodo si è iniziato a subappaltare tali operazioni ad altri studi di animazione, in Giappone ma soprattutto all'estero, in particolare Cina, Corea, Filippine e Thailandia;<ref>{{cita|Castellazzi 1999|pp. 18-19}}.</ref> il fenomeno è andato consolidandosi, tanto che attorno al 2010 si stimava che circa il 60-70% del personale impiegato nella produzione di anime risiedeva fuori dal Giappone.<ref name="Clements191"/>
Una volta che i fotogrammi sono completati, vengono assemblati davanti alla fotocamera e filmati. Quest'operazione è solitamente svolta da due operatori: uno che riporta le indicazioni del ''time sheet'', e uno incaricato di comporre e muovere i vari elementi per formare le scene e creare gli effetti cinematografici.<ref name="Frazier3"/> I ''cel'' vengono fissati al banco di lavoro tramite dei fori posti sul bordo e che ricadono fuori dall'inquadratura,<ref name="ClementseMcCarthy645"/> questo permette di evitare disallineamenti indesiderati e di velocizzare la variazione dei vari livelli agendo su delle manovelle. Il formato più comune per le riprese è la pellicola da [[16 millimetri]], che viene poi convertita per la televisione o l'home video tramite [[telecinema]].<ref name="Frazier3"/><ref name="ClementseMcCarthy645"/>
Dagli anni novanta l'[[animazione al computer]] trova sempre più spazio nella produzione di anime, e ogni studio l'impiega ormai correntemente per ridurre tempi e costi. In essa tutti i disegni vengono digitalizzati tramite [[Scanner (informatica)|scanner]] o realizzati direttamente su supporti appositi come una [[tavoletta grafica]], e colorati digitalmente tramite appositi programmi; vengono poi sovrapposti agli sfondi, anch'essi digitalizzati o [[Pittura digitale|dipinti digitalmente]], e composti impiegando ''[[software]]'' appositi con i quali i vari fotogrammi vengono memorizzati in sequenza, anziché fotografati uno per uno.<ref name="Clements191"/> Questi processi di animazione digitalizzati non hanno però soppiantato la resa grafica tradizionale 2D della ''cel animation'', tanto che la maggior parte dei disegni è tuttora realizzata a mano. Produzioni anime interamente in [[computer grafica 3D]] restano limitate a pochissimi esperimenti, mentre le tecniche di animazione digitale vengono più spesso impiegate a corredo dell'animazione tradizionale, ad esempio per aggiungere effetti particolari come ''[[cel-shading]]'', [[illuminazione]] o ''[[rendering]]''.<ref name="Cavallaro6"/><ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 121-133}}.</ref> Questa modernizzazione dell'industria ha reso necessarie nuove competenze e figure professionali.<ref name="Clements191"/>
Secondo i dati di uno studio del 2013 gli addetti nel campo degli anime lavorano in media 10-11 ore al giorno per 25-26 giorni al mese. Il salario annuale [[Media (statistica)|medio]] è di 3,3 milioni di [[yen]] (circa {{formatnum:25400}} €) e la [[Moda (statistica)|norma]] è di 4 milioni ¥ ({{formatnum:30800}} €): a partire dai 1,1 milioni ¥ ({{formatnum:8500}} €) dei ruoli meno qualificati e iniziali come gli intercalatori, 2,8 milioni ¥ ({{formatnum:21500}} €) per i capi animatori, i 3,8 milioni ¥ ({{formatnum:29200}} €) degli storyboarder/animatori 3D, fino ai 6,5 milioni ¥ ({{formatnum:50000}} €) dei registi.<ref>{{cita web|autore=Jennifer Sherman|url=https://www.animenewsnetwork.com/news/2015-05-15/study-animators-earned-usd28000-on-average-in-japan-in-2013/.87762|titolo=Study: Animators Earned US$28,000 on Average in Japan in 2013|sito=Anime News Network|data=15 maggio 2015|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211214091928/https://www.animenewsnetwork.com/news/2015-05-15/study-animators-earned-usd28000-on-average-in-japan-in-2013/.87762|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.janica.jp/survey/survey2015Report.pdf|titolo=アニメーション制作者実態調査報告書2015|editore=Japanese Animation Creators Association|anno=2015|accesso=14 dicembre 2021|lingua=ja|dataarchivio=28 agosto 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210828201128/http://janica.jp/survey/survey2015Report.pdf|urlmorto=no}}</ref> I disegnatori sono pagati secondo uno schema che prevede un compenso fisso e una parte variabile che dipende dal numero di tavole disegnate; una situazione che insieme al basso stipendio fisso causerebbe turni di lavoro massacranti per le nuove leve.<ref>{{cita web|autore=Chris Nishijima|url=https://www.animenewsnetwork.com/interest/2015-02-25/animation-veteran-claims-that-industry-newcomers-only-make-120-yen-an-hour/.85323|titolo=Animation Veteran Claims That Industry Newcomers Only Make 120 Yen An Hour|sito=Anime News Network|data=25 febbraio 2015|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211214091930/https://www.animenewsnetwork.com/interest/2015-02-25/animation-veteran-claims-that-industry-newcomers-only-make-120-yen-an-hour/.85323|urlmorto=no}}</ref> Dagli anni sessanta agli anni novanta, a ridosso delle scadenze, era inoltre frequente lavorare a oltranza fino a passare la notte nello studio, in quelle che venivano soprannominate ''satsujin shūkan'' ("settimane della morte"). Un retaggio di questa impostazione è che comunque le donne e gli uomini con famiglia vengono penalizzati, e gli studi di animazione preferiscono ingaggiare giovani maschi single, che sono più flessibili per quanto riguarda orari e salari.<ref>{{cita|Clements 2013|pp. 102-104}}.</ref> Le condizioni di lavoro e gli stipendi sono comunque migliorati sensibilmente a partire dagli anni novanta grazie a tre fattori: l'avvento dell'industria dei videogiochi, che ha offerto per la prima volta agli animatori un'alternativa meglio retribuita; la nascita nel 2007 dell'associazione di settore Japanese Animation Creators Association (JAniCA); e una riforma delle pratiche lavorative degli studi d'animazione imposta dall'amministrazione giapponese.<ref name="Clements191"/><ref name="AIR2020">{{cita pubblicazione|titolo=Anime Industry Report 2020|data=marzo 2021|editore=The Association of Japanese Animations|url=https://aja.gr.jp/download/anime-industry-report-2020-summary?wpdmdl=1691&refresh=61eb0d39e11171642794297|lingua=en|accesso=22 gennaio 2022|dataarchivio=21 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220121195354/https://aja.gr.jp/download/anime-industry-report-2020-summary?wpdmdl=1691&refresh=61eb0d39e11171642794297|urlmorto=no}}</ref>
Una volta completata l'animazione ha luogo la sonorizzazione, consistente nell'aggiunta delle voci e della [[colonna sonora]], costituita dagli effetti sonori, dalla [[musica di sottofondo]] e dalle [[canzone (musica)|canzoni]].<ref name="Frazier2">{{cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1997|url=http://www.ex.org/2.4/15-bts_1.html|titolo=Music and sound|volume=2|numero=2|lingua=en|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080511212359/http://www.ex.org/2.4/15-bts_1.html}}</ref> Poiché a differenza delle produzioni occidentali il doppiaggio avviene dopo l'animazione e per risparmiare vengono utilizzate solo poche animazioni della bocca dei personaggi, è possibile che il suono non corrisponda sempre precisamente al labiale.<ref name="Drazen18"/> Gli attori vocali, o ''[[seiyū]]'', sono scelti dal regista, dal produttore musicale o affidandosi a un'agenzia.<ref name="Frazier2"/> Il doppiaggio avviene in [[studi di registrazione]] e si avvale in alcuni casi di ''animatic'' o di copie dei ''frame'' con informazioni sul tempo e sul ritmo delle battute,<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 708}}.</ref> ma più spesso fornendo agli attori solo un'immagine del personaggio e i propri dialoghi.<ref>{{cita web|autore=Megan Peters|url=https://comicbook.com/anime/news/anime-know-how-voice-acting-101/|titolo=Anime Know-How: Voice Acting 101|data=5 settembre 2017|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211214160856/https://comicbook.com/anime/news/anime-know-how-voice-acting-101/|urlmorto=no}}</ref> La musica degli anime viene composta seguendo le indicazioni del regista e dei produttori, e vanta una tradizione di compositori eccellenti. Il direttore degli effetti si occupa della creazione degli effetti sonori, ormai realizzati quasi esclusivamente con generatori di suoni elettronici, quali [[Sintetizzatore|sintetizzatori]] e [[Campionatore|campionatori]], mentre il direttore del suono sovrintende alle registrazioni e alla qualità dell'audio.<ref name="Frazier2"/><ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 313}}.</ref> Canzoni vengono impiegate per le sequenze di apertura e di chiusura o come ''insert song'' all'interno delle opere. Sono generalmente composte da band [[J-pop]] o [[J-rock]], tenendo presente sia l'anime che devono andare a corredare sia il mercato discografico più ampio, per questo spesso non alludono se non molto vagamente all'ambientazione della storia.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 433}}.</ref><ref>{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=74|titolo=Original Soundtrack (OST)|sito=Anime News Network|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=17 ottobre 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141017134333/http://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=74|urlmorto=no}}</ref>
=== Distribuzione e localizzazione ===
[[File:Anime DVDs.JPG|thumb|Anime in [[DVD]] pronti per la vendita]]
Della distribuzione degli anime si occupano le [[Casa di distribuzione|compagnie di distribuzione]], che spesso siglano i loro accordi con gli studi di animazione in anticipo ed entrano a far parte del comitato produttivo come finanziatori. Al cinema entrano in gioco case di distribuzione cinematografiche, per le serie televisive sono le emittenti a fare da tramite, mentre nel mercato home video aziende specializzate si occupano della conversione dei filmati nei diversi formati commerciali.<ref name="JETRO"/><ref name="Patten104">{{cita|Patten 2004|pp. 104-108}}.</ref>
La distribuzione internazionale è effettuata da aziende che si assicurano i diritti di [[Localizzazione audiovisiva|localizzazione]] delle opere. Si tratta perlopiù di pochi grandi distributori concentrati in Occidente.<ref name="Litten99">{{cita|Litten 2008|pp. 99-100}}.</ref> Come prima cosa l'adattamento della sceneggiatura originale viene affidato a un [[traduttore]], che è spesso un professionista con un'ottima padronanza della lingua giapponese e di destinazione. Il traduttore è responsabile di fornire un adattamento che salvaguardi il senso dell'originale e che sia fluido anche nella lingua di destinazione; un compito difficile per via delle marcate differenze linguistiche e culturali tra il giapponese e le lingue occidentali, e che può portare in questa fase a derive semantiche, perdita di significati e giochi di parole voluti o a una traduzione più libera e meno letterale.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 671-672}}.</ref> La traduzione serve come base per la realizzazione dei [[sottotitolo|sottotitoli]] e del [[doppiaggio]]. Le opere solo sottotitolate sono la minoranza, mentre una localizzazione doppiata risulta più costosa ma anche più facile da rivendere e quindi più proficua.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 671}}.</ref> La traccia vocale viene registrata dai doppiatori locali in studi di registrazione ed è poi sostituita e sincronizzata digitalmente al posto di quella giapponese. In questa fase possono avvenire ulteriori modifiche alla traduzione e deviazioni dal significato originale.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 672}}.</ref>
Poiché gli anime presentano dei marcati riferimenti alla cultura giapponese e dei contenuti spesso più maturi o in contrasto con la concezione occidentale tradizionale dei cartoni animati, che li rendono non sempre facilmente comprensibili e adatti alle platee straniere, i distributori internazionali hanno operato frequentemente degli adattamenti invasivi. Una prima strategia è stata di esportare inizialmente solo quelle opere con contenuti neutri o basate su fiabe e racconti di tradizione occidentale, che venivano avvertite come di origine non giapponese, prima che prendessero piede anche prodotti più marcatamente nipponici.<ref name="DFM24"/> Frequenti nella localizzazione sono anche [[Adattamento e censura degli anime|modifiche e censure]] al materiale originale, al fine soprattutto di rendere i prodotti più adatti al target televisivo dei più piccoli e allinearsi alle linee guida più stringenti in materia di censura, con conseguente rimozione di scene o interi episodi di nudità e violenza, o allusioni alla sessualità, la religione, gli alcolici o le droghe. Semplificazioni culturali sono state messe in atto per evitare riferimenti espliciti al Giappone e ai suoi costumi, come la sostituzione di sigle e canzoni, cibo, festività, nomi o titoli onorifici.<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 230-233}}.</ref><ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 93-95}}.</ref> In anni più recenti tuttavia questo fenomeno si è ridotto, ed è pratica comune eseguire un adattamento che mantiene inalterate le opere rispetto all'originale giapponese.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 95}}.</ref>
Ai canali distributivi legali si affianca il fenomeno del ''[[fansub]]bing'', in cui gli anime vengono resi disponibili in modo non autorizzato con l'aggiunta di sottotitoli da parte di gruppi di appassionati e distribuiti su Internet tramite portali web o programmi di ''[[file sharing]]''. Questa pratica è nata per poter fruire di opere giapponesi non disponibili in Occidente, ma prosegue spesso indisturbata anche dopo un'eventuale uscita [[Licenza (economia)|licenziata]].<ref name="Litten99"/><ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 206-207}}.</ref><ref>{{cita|Patten 2004|pp. 119-122}}.</ref> Per limitare le perdite derivate dal ''fansubbing'' e rimuovere la necessità di intermediari, canali e distributori hanno iniziato a diffondere le opere sottotitolate e in alcuni casi anche doppiate in ''[[simulcast]]'' o poco dopo l'uscita giapponese su piattaforme online a sottoscrizione ma anche libere, quali [[Funimation]] o [[Crunchyroll]], alle quali si aggiunge l'offerta di servizi [[video on demand]] internazionali come [[Amazon Prime]] o [[Netflix]].<ref>{{cita web|url=http://www.asahi.com/showbiz/manga/TKY200905040063.html|titolo=アニメバブル崩壊 DVD不振、新番組も減|sito=[[Asahi Shinbun]]|data=4 maggio 2009|accesso=31 dicembre 2021|lingua=ja|dataarchivio=29 novembre 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181129141650/http://www.asahi.com/showbiz/manga/TKY200905040063.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|url=https://comicbook.com/anime/news/how-internet-streaming-will-change-anime-access/|titolo=Sugoi Streaming: How The Internet Is Changing Anime Access|autore=Megan Peters|data=5 settembre 2017|accesso=11 maggio 2022|lingua=ja|dataarchivio=11 maggio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220511163704/https://comicbook.com/anime/news/how-internet-streaming-will-change-anime-access/|urlmorto=no}}</ref><ref name="ClementseMcCarthy476">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 476}}.</ref>
== Industria e mercato ==
L'industria degli anime in senso stretto si riferisce al [[mercato]] generato dalle sole case di produzione, che ammontano a 622 [[studio di animazione|studi di animazione]] in Giappone, la quasi totalità dei quali ha sede a [[Tokyo]] con una particolare concentrazione nei [[Quartieri speciali di Tokyo|quartieri]] di [[Nerima]] e [[Suginami]].<ref name="AIR2020"/> L'[[associazione di categoria]] principale è la Association of Japanese Animations.<ref name="Brenner17">{{cita|Brenner 2007|p. 17}}.</ref> Questo mercato annuale è in costante espansione e ha superato i 300 miliardi di [[yen]] nel 2019. Le fonti di reddito principali per gli studi sono rappresentate dalla televisione, dal cinema, dall'home video, da Internet, dal merchandising, dalla musica, dalla commercializzazione all'estero e da altri canali, quali licenze ''[[pachinko]]'' a tema ed eventi. Negli ultimi vent'anni si è assistito a un aumento dei ricavi da televisione e cinema, e contestualmente a un forte calo nell'home video, vendita e noleggio, settori che soffrono la concorrenza della distribuzione digitale e che sono passati da essere la fonte principale di guadagni a cavallo degli anni novanta e duemila a fornire un apporto trascurabile;<ref name="AIR2020"/><ref>{{cita|Litten 2008|p. 96}}.</ref> questo calo è però compensato dall'emergere della distribuzione su Internet, che in percentuale ha avuto l'incremento maggiore e rappresenta una delle branche più promettenti del settore.<ref name="AIR2020"/>
In senso più ampio nel mercato degli anime vengono contate anche tutte quelle aziende che fanno parte dell'[[indotto]] e che sono attive in campi come la distribuzione o il merchandising, in Giappone e all'estero. Se si considera tutta questa catena produttiva il mercato annuale sale a oltre 2500 miliardi di yen, con i ricavi maggiori che derivano dai settori del merchandising e delle licenze.<ref name="AIR2020"/> Inoltre una parte cospicua dei guadagni proviene dall'estero, con una tendenza in costante aumento dato che sempre più spettatori e distributori si interessano agli anime negli ultimi anni.<ref>{{cita web|url=https://www.bbc.com/future/article/20191127-the-spirited-world-of-japanese-anime|titolo=Is Japanese anime going mainstream?|sito=[[BBC]]|accesso=21 gennaio 2022|lingua=en|dataarchivio=20 maggio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200520104218/https://www.bbc.com/future/article/20191127-the-spirited-world-of-japanese-anime|urlmorto=no}}</ref> Nel 2020 per la prima volta il mercato internazionale ha superato quello giapponese ammontando a più della metà dei ricavi mondiali di anime.<ref name="Sudo"/>
{{#chart:Mercato degli anime in senso stretto.Area.chart}}
Gli anime rappresentano una parte sostanziale del comparto economico video in Giappone. Negli anni duemila l'animazione costituiva il 7% del mercato dei film, superiore al 4,6% delle opere in live action.<ref name="Brenner17"/> Pur ammontando ad appena il 10% del totale dei film giapponesi, i lungometraggi anime figurano tra le opere più viste del Paese, rappresentano da soli la metà del botteghino cinematografico annuale nipponico, e molti dei film di maggiore incasso in Giappone sono anime.<ref name="AIR2020"/> Nello stesso periodo le vendite di anime nel Paese ammontavano al 70% del mercato home video.<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 16-17}}.</ref> A livello internazionale gli anime non arrivano a emulare i successi domestici o di produzioni più consolidate e popolari, come i film Disney o le pellicole di Hollywood,<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 528}}.</ref> ma si sono attestati come un'importante industria e fenomeno globale,<ref>{{cita|Napier 2005|p. 8}}.</ref><ref name="CNN">{{cita web|autore=Emiko Jozuka|url=https://edition.cnn.com/style/article/japan-anime-global-identity-hnk-intl/index.html|titolo=Japanese anime: From 'Disney of the East' to a global industry worth billions|sito=[[CNN]]|data=29 luglio 2019|accesso=22 gennaio 2022|lingua=en|dataarchivio=7 febbraio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220207140801/https://edition.cnn.com/style/article/japan-anime-global-identity-hnk-intl/index.html|urlmorto=no}}</ref> tanto che nel 2004 si stimava che il 60% dell'animazione in circolazione in tutto il mondo era di produzione giapponese.<ref name="Napierx">{{cita|Napier 2005|p. x}}.</ref> I mercati internazionali maggiori sono, nell'ordine, l'Estremo Oriente, l'Europa e il Nord America.<ref name="AIR2020"/>
I costi di realizzazione degli anime sono andati costantemente aumentando: un singolo episodio di 30 minuti per la TV richiedeva mediamente attorno ai 5-10 milioni di yen nel 2005<ref name="JETRO"/>, 12-15 milioni nel 2010, e ha raggiunto i 20 milioni nel 2020, con punte che possono arrivare fino a 30-50 milioni per alcune serie.<ref name="Sudo"/> Ciononostante questo non si traduce sempre in un guadagno per le case di produzione, e anzi più di un terzo di loro ha i conti in rosso.<ref name="Sudo"/> Infatti i finanziamenti da parte dei committenti in Giappone — che possono essere comitati produttivi, fondi, banche,<ref name="JETRO"/> o investitori stranieri<ref name="Clements177"/> — e i ricavi della prima trasmissione non sono spesso sufficienti a coprire i costi i produzione. Per questo si rendono necessarie altre fonti di guadagno, attraverso il merchandising o la vendita di diritti all'estero o di licenze per altri media, per permettere la sopravvivenza degli studi di animazione.<ref name="Clements114"/><ref>{{cita|Litten 2008|pp. 98-99}}.</ref>
Il mercato degli anime è strettamente legato a quello di altri media. Storicamente infatti molti anime, se non la maggior parte, sono basati su manga di successo,<ref name="DFM24"/><ref>{{cita|Napier 2005|p. 20}}.</ref> tanto che alcuni esperti li stimano in oltre il 90%.<ref>{{cita|MacWilliams 2008|p. 6}}.</ref> In tempi più recenti si è invece assistito a un incremento di adattamenti derivanti da [[light novel]], [[visual novel]] e videogiochi.<ref>{{cita|Berndt e Kümmerling-Meibauer 2013|p. 165}}.</ref> Anche il percorso inverso è però comune: dagli anime spesso si sviluppano interi [[franchise]] composti da prodotti quali manga, romanzi, merchandising, [[artbook]], [[drama CD]], colonne sonore o giocattoli.<ref name="DFM24"/> Questo è dovuto in parte alla multimedialità propria del medium, in parte alla già citata esigenza da parte degli studi di animazione di trovare altri canali di finanziamento sfruttando il traino economico delle loro opere. Il sistema produttivo stesso degli anime incoraggia d'altronde questo processo, in quanto i comitati di produzione sono composti da aziende attive in svariati settori — emittenti tv, compagnie di distribuzione, case editrici, agenzie pubblicitarie, ditte di giocattoli — le quali investono negli anime come piattaforma su cui poi sviluppare prodotti ''[[tie-in]]'' per la propria branca.<ref name="Clements133"/> Per questo, nel caso degli anime gli ascolti e i ricavi diretti giocano non di rado un ruolo trascurabile, e la trasmissione può servire anche e principalmente da pubblicità per la successiva pubblicazione home video, l'uscita del merchandising o lo sviluppo del franchise, con cui vengono fatti i veri guadagni.<ref name="Clements191"/>
==
Gli anime hanno avuto nel tempo una diffusione planetaria. Nel Sud-est asiatico, a causa della pregressa larga diffusione dei [[manga]], della vicinanza geografica col Giappone e dell'assenza di un'industria dell'animazione consolidata, gli anime iniziarono a circolare presto nel secondo dopoguerra in Paesi come Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, Thailandia e Filippine. Anche se in molti di questi Paesi le importazioni dal Giappone erano scoraggiate, il fiorire di un vasto mercato illegale permise alle opere di circolare ugualmente e di raggiungere un'ampia popolarità nella regione già dagli anni ottanta, influenzando notevolmente artisti e stili della produzione locale.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 474-475}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Ng Wai-ming|titolo=The Impact of Japanese Comics and Animation in Asia|url=https://www.cuhk.edu.hk/jas/staff/benng/publications/anime1.pdf|rivista=Journal of Japanese Trade & Industry|data=luglio-agosto 2002|lingua=en|accesso=4 aprile 2022|dataarchivio=26 aprile 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220426051223/https://www.cuhk.edu.hk/jas/staff/benng/publications/anime1.pdf|urlmorto=no}}</ref> Quello asiatico è il mercato internazionale più grande, soprattutto con la crescita di importazioni da parte della Cina a partire dagli anni novanta.<ref name="AIR2020"/><ref name="ClementseMcCarthy476"/>
In Occidente l'animazione giapponese giunse a cavallo degli anni cinquanta e sessanta, con alcuni film a distribuzione limitata quali ''[[La leggenda del serpente bianco]]'', ''[[Shōnen Sarutobi Sasuke]]'' e ''[[Le 13 fatiche di Ercolino]]''.<ref>{{cita|Pellitteri 2002|p. 136}}.</ref> Il primo Paese a importare regolarmente prodotti anime furono gli Stati Uniti, dove tra il 1963 e il 1964 venne trasmessa ''[[Astro Boy (serie animata 1963)|Astro Boy]]'', praticamente in contemporanea con il Giappone,<ref name="JETRO"/><ref>{{cita|Marcovitz 2008|pp. 29 e segg}}.</ref> a cui fecero seguito altre serie molto popolari come ''[[Kimba - Il leone bianco]]'' e ''Speed Racer'' (''[[Superauto Mach 5]]'').<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 474}}.</ref> Negli anni ottanta la richiesta di nuovi cartoni a basso costo per la programmazione tv e il mercato dei giocattoli diede ulteriore spinta alle importazioni, soprattutto di serie ''mecha''. Queste furono frequentemente modificate e adattate nei dialoghi e nella trama ai gusti del pubblico nordamericano, come nel caso di ''Tranzor Z'' (''[[Mazinga Z]]''), ''Battle of the Planets'' (''[[Gatchaman]]'') e ''[[Star Blazers]]'',<ref name="Gosling">{{cita web|autore=John Gosling|url=https://www.awn.com/mag/issue1.5/articles/goslingeuro1.5.html|titolo=Anime in Europe|sito=Animation World Network|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=19 aprile 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220419224702/https://www.awn.com/mag/issue1.5/articles/goslingeuro1.5.html|urlmorto=no}}</ref> o in quelli più eclatanti di ''[[Force Five]]'', ''[[Voltron]]'' e ''[[Robotech]]'', che sono serie di montaggio risultanti dalla fusione di un gran numero di anime distinti e scollegati tra loro. Nel corso degli anni novanta, sull'onda del successo di opere come ''[[Akira (film)|Akira]]'', ''[[Pokémon (serie animata)|Pokémon]]'', ''[[Sailor Moon]]'' e ''[[Dragon Ball Z]]'', il fenomeno anime in Nord America raggiunse la definitiva consacrazione.<ref name="Napier6"/><ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 475}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Sean Leonard|titolo=Progress against the law: Anime and fandom, with the key to the globalization of culture|rivista=International Journal of Cultural Studies|data=1º settembre 2005|volume=8|numero=3|pp=281-305|doi=10.1177/1367877905055679|lingua=en}}</ref> Al 2020 gli Stati Uniti costituiscono il secondo mercato di anime dietro quello nipponico.<ref name="AIR2020"/>
L'Europa si aprì a una maggiore diffusione di anime con le serie giunte negli anni settanta. In particolare in Francia, Italia e Spagna si sviluppò un forte interesse verso la produzione giapponese, per via dei prezzi abbordabili e dell'elevata offerta. Inoltre, poiché questi primi anime orientati alle esportazioni non presentavano espliciti legami alla loro origine nipponica o questi potevano essere facilmente espunti tramite l'adattamento, i cartoni giapponesi ben si prestavano a essere fruiti come forma di intrattenimento culturalmente neutrale.<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 4-13}}.</ref> Per questo alcuni dei primi anime in Europa furono coproduzioni, come ''[[Vicky il vichingo]]'', ''[[Heidi (serie animata 1974)|Heidi]]'' e ''[[L'ape Maia]]'' in Germania, ''[[Barbapapà]]'' e ''[[Ulysse 31]]'' in Francia, ''[[Calimero (serie animata 1974)|Calimero]]'' in Italia o ''[[D'Artacan]]'' in Spagna.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 94}}.</ref> Le serie che aprirono la strada alla popolarità dell'animazione giapponese furono ''[[UFO Robot Goldrake]]'' in Francia e in Italia e ''[[I Cavalieri dello zodiaco (serie animata)|I Cavalieri dello zodiaco]]'' in Spagna.<ref name="Gosling"/> Da allora questi Stati sono quelli che hanno importato il maggior numero e varietà di anime.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Marco Pellitteri|titolo=The Italian anime boom: The outstanding success of Japanese animation in Italy, 1978–1984|rivista=Journal of Italian Cinema & Media Studies|pp=363-381|volume=2|numero=3|anno=2014|doi=10.1386/jicms.2.3.363_1|lingua=en}}</ref> In questi stessi Paesi, tuttavia, gli anime hanno suscitato anche forti polemiche per via della loro dose di violenza e i loro contenuti maturi, e sono andati incontro a occasionali campagne di ostracismo, interruzioni e censure.<ref name="Gosling"/> Nei Paesi di lingua tedesca la diffusione degli anime è rimasta storicamente limitata e la programmazione televisiva degli anime è un fenomeno che si è radicato solo a partire dalla seconda metà degli anni novanta.<ref name="Gosling"/> Nel Regno Unito l'animazione nipponica non ha praticamente mai trovato spazio nei palinsesti televisivi, ma al contrario un fiorente mercato home video degli anime ha preso piede già dalla fine degli anni ottanta.<ref name="Gosling"/><ref name="Napier5">{{cita|Napier 2005|p. 5}}.</ref>
I maggiori importatori occidentali di anime, ovvero gli Stati Uniti, la Francia e l'Italia, sono anche responsabili della diffusione delle opere in Paesi confinanti e in altre parti del mondo, come la penisola iberica, la Germania, il Medio Oriente e l'America Latina.<ref>{{cita libro|autore=Giannalberto Bendazzi|titolo=Animation: A World History: Volume II: The Birth of a Style - The Three Markets|editore=CRC Press|anno=2015|p=363|isbn=978-1-3175-1991-1|lingua=en}}</ref> A partire dagli anni duemila la diffusione degli anime ha beneficiato dell'apertura di palinsesti e [[televisione satellitare|canali satellitari]] internazionali dedicati, come ad esempio [[Animax]], che è stato attivo nel Sud-est asiatico, India, America Latina, Nord America, Australia e diversi Paesi dell'Europa e dell'Africa.<ref>{{cita web|autore=Mikhail Koulikov|url=https://www.animenewsnetwork.com/news/2007-08-25/sony-brings-anime-channel-to-africa|titolo=Sony Brings Anime Channel to Africa|editore=Anime News Network|data=25 agosto 2007|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181214232256/https://www.animenewsnetwork.com/news/2007-08-25/sony-brings-anime-channel-to-africa|urlmorto=no}}</ref> Contemporaneamente diverse piattaforme online hanno iniziato a trasmettere le opere in ''simulcast'' mondiale e i servizi di streaming quali [[Netflix]], [[Crunchyroll]], [[Prime Video]] e [[Hulu]] hanno sviluppato un sempre maggior interesse per la coproduzione e l'acquisizione nel proprio catalogo di opere anime, aprendo le porte a una diffusione globale dell'animazione giapponese.<ref name="ClementseMcCarthy476"/><ref>{{cita web|autore=D. M. Moore|url=https://www.theverge.com/2019/12/23/21003549/anime-streaming-wars-netflix-amazon-att-sony-crunchyroll-funimation|titolo=Anime is one of the biggest fronts in the streaming wars|sito=[[The Verge (sito web)|The Verge]]|data=23 dicembre 2019|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=28 marzo 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220328045549/https://www.theverge.com/2019/12/23/21003549/anime-streaming-wars-netflix-amazon-att-sony-crunchyroll-funimation|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|autore=Chieko Tsuneoka|url=https://www.wsj.com/articles/the-world-is-watching-more-animeand-streaming-services-are-buying-11605365629|titolo=The World Is Watching More Anime—and Streaming Services Are Buying|sito=[[The Wall Street Journal]]|data=14 novembre 2020|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=22 aprile 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220422222339/https://www.wsj.com/articles/the-world-is-watching-more-animeand-streaming-services-are-buying-11605365629|urlmorto=no}}</ref>
== Accoglienza ==
=== Impatto culturale ===
Gli anime sono una parte integrante della [[cultura di massa]] giapponese. Infatti, a differenza di altri Paesi in cui l'animazione risente di un certo grado di pregiudizio, in Giappone questa viene accettata e fruita ad ampio spettro all'interno della società: il pubblico è composto da tutte le fasce d'età, e immagini o citazioni di anime sono onnipresenti nei vari aspetti della vita quotidiana nipponica, dalla pubblicità, all'intrattenimento, fino all'istruzione, al giornalismo o alla cultura.<ref name="Patten104"/><ref>{{cita|MacWilliams 2008|pp. 3-4, 13}}.</ref><ref>{{cita|Napier 2005|pp. 4-8}}.</ref> Pur con evidenti finalità commerciali, di divertimento e di evasione, gli anime sono stati riconosciuti anche per i loro meriti artistici ed espressivi e per la loro complessità tematica. Diversi critici li hanno definiti una forma di [[arte contemporanea]] e di massa, che colma cioè il divario tra la storica divisione in [[cultura alta]] e [[cultura popolare]], ponendosi come oggetto che può essere fruito da tutti e che si inserisce nel panorama di una proliferazione mediatica globale sempre più vasta, veloce e digitalizzata.<ref>{{cita|MacWilliams 2008|pp. 5-13}}.</ref> Ne sono una testimonianza le varie mostre dedicate agli anime in Giappone o le loro influenze nei settori dell'arte e della [[Moda (abbigliamento)|moda]].<ref>{{cita|Richmond 2009|pp. 246-247}}.</ref>
In Occidente e nel resto del mondo gli anime hanno inizialmente riscosso scarsa attenzione critica e di pubblico a causa di preconcetti storici nei confronti dell'animazione in generale, ritenuto un medium per bambini o per opere astratte.<ref name="Napier5" /> Inoltre, la presenza tra le prime opere importate di anime per adulti e ''[[hentai]]'' ha fatto diffondere all'estero un luogo comune che riduce l'animazione giapponese all'iper-violenza e alla pornografia.<ref>{{cita|Patten 2004|p. 64}}.</ref> Per questi motivi e a causa dell'iniziale limitata diffusione, gli anime nel mondo sono rimasti a lungo un prodotto di nicchia relegato a una particolare [[sottocultura]].<ref>{{cita|Napier 2005|pp. 4, 9}}.</ref> Con l'aumento delle esportazioni a partire dagli anni novanta l'animazione giapponese si sta però ritagliando uno spazio anche all'interno della cultura [[mainstream]] occidentale.<ref>{{cita|Napier 2005|p. 6}}.</ref><ref>{{cita|Patten 2004|p. 65}}.</ref> L'imprevista popolarità degli anime in Occidente è stata definita dall'accademica Antonia Levi come una «vittoria del [[multiculturalismo]]» e un fenomeno che ha arricchito il mondo dell'animazione e del fumetto in America e in Europa con nuove idee.<ref>{{cita|Levi 1996|pp. 137-139}}.</ref>
Insieme ad altri ambiti della cultura pop nipponica, a partire dalla fine del Novecento anche gli anime si sono consolidati nel Paese come un rilevante fenomeno produttivo e un'«importante risorsa culturale e turistica».<ref name="JETRO"/> A livello istituzionale sono ritenuti una forma cruciale di ''[[soft power]]'' per la promozione dell'immagine del Giappone nel mondo e per migliorare le relazioni con altri Stati nel contesto della strategia nota come [[Cool Japan]].<ref name="DFM76">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 76-85}}.</ref><ref>{{cita|Berndt e Kümmerling-Meibauer 2013|pp. 20-21, 23-25}}.</ref> Come ha sottolineato il critico Gilles Poitras nel 2000, «fuori dal Giappone, gli anime sono diventati il mezzo principale con il quale i non giapponesi entrano in contatto con la cultura nipponica».<ref>{{cita|Poitras 2000|p. 8}}.</ref> Una ricerca di mercato di [[Crunchyroll]] effettuata nel 2021 ha mostrato che il 94% dei [[Generazione Z|nati tra il 1996 e il 2010]] e il 73% della popolazione rimanente ha familiarità con gli anime.<ref>{{cita web|autore=Megan Peters|url=https://comicbook.com/anime/news/anime-manga-popularity-gen-z-adults/|titolo=Anime Poll Reveals How Popular It Has Become with Gen Z|data=11 luglio 2021|accesso=3 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=16 luglio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220716095932/https://comicbook.com/anime/news/anime-manga-popularity-gen-z-adults/|urlmorto=no}}</ref> Il crescente interesse per l'animazione e i videogiochi giapponesi ha provocato in Occidente un notevole incremento nello studio della [[lingua giapponese]] tra i giovani, anche a livello universitario.<ref name="MacWilliams65">{{cita|MacWilliams 2008|pp. 65-66}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Natsuki Fukunaga|titolo="Those Anime Students": Foreign Language Literacy Development through Japanese Popular Culture|rivista=Journal of Adolescent & Adult Literacy|volume=50|numero=3|editore=International Literacy Association|anno=2006|pp=206-222|url=https://www.jstor.org/stable/40013700|lingua=en|accesso=15 febbraio 2022|dataarchivio=3 febbraio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220203084336/https://www.jstor.org/stable/40013700|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|url=https://www.taipeitimes.com/News/feat/archives/2021/12/30/2003770413|titolo=Anime and K-pop fuel language-learning boom|sito=[[Taipei Times]]|data=30 dicembre 2021|accesso=3 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=7 febbraio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220207195813/https://www.taipeitimes.com/News/feat/archives/2021/12/30/2003770413|urlmorto=no}}</ref>
I principali motivi del successo internazionale degli anime sono riconducibili alla loro duplice natura: da un lato queste opere vengono indicate come scevre di riferimenti etnici precisi e per questo definite ''mukokuseki'', cioè prive di nazionalità, culturalmente inodori, risultando perciò universalmente godibili;<ref name="Napier9">{{cita|Napier 2005|pp. 9-10}}.</ref> d'altro canto in quasi tutti gli anime è possibile individuare un'intrinseca "giapponesità", che è quella che conferisce loro un fascino esotico agli occhi dei fruitori stranieri e motiva l'interesse ad apprendere di più su una cultura diversa attraverso la loro visione.<ref name="MacWilliams65"/><ref>{{cita|Pellitteri 2008|pp. 59, 67-70}}.</ref><ref name="Levi3f">{{cita|Levi 1996|pp. 3-4, 6-7}}.</ref> Per gli spettatori occidentali l'attrattività degli anime è legata in primo luogo alle marcate differenze — narrative, stilistiche e tematiche — rispetto all'animazione a cui sono abituati, tanto che in molti restano colpiti dalle loro storie lunghe e coinvolgenti, dal modo in cui vengono messi in risalto la fisicità e la sessualità, e dalla massiccia presenza di temi adulti o di [[formazione|crescita e maturazione]], che facilitano l'immedesimazione soprattutto da parte degli spettatori più giovani e della comunità dei fan.<ref name="DFM24"/><ref name="DFM76"/><ref name="Napier9"/> Anche per la platea femminile gli anime offrono un'abbondanza di opere in cui identificarsi, con interi generi rivolti principalmente a donne e ragazze o storie in cui sono presenti figure femminili forti e in ruoli di primo piano, che scardinano la concezione tradizionale dei ruoli e dei generi e che spesso vengono apprezzate anche dai maschi.<ref name="DFM149"/>
Come segnalato dalla critica [[Susan J. Napier]], un altro motivo della popolarità dell'animazione giapponese è il fatto che, con il suo eclettismo, trasformismo, rapidità e focus tematico sull'identità, si può leggere come una metafora estremamente attuale del ruolo dell'individuo e della società contemporanea in costante mutamento, in cui si valorizza sempre di più la velocità, l'imprevedibilità, il cambiamento e lo spettacolo.<ref>{{cita|Napier 2005|pp. 11-12}}.</ref>
L'influenza degli anime si riscontra in numerose opere e autori in tutto il mondo, che ne riprendono lo stile e i temi. Queste produzioni vengono chiamate animazioni "in stile anime" o "influenzate dagli anime" e sono in costante aumento sia in Occidente sia negli emergenti mercati in Cina, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia a causa dell'elevata richiesta del pubblico internazionale.<ref name="ClementseMcCarthy190"/><ref name="Sudo"/> Gli influssi si estendono anche a pellicole e serie [[live action]],<ref>{{cita web|autore=Arnab Rakshit|url=https://screenrant.com/anime-that-inspired-hollywood-movies/|titolo=10 Anime That Inspired The Making Of Movies In Hollywood|data=20 gennaio 2021|accesso=13 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=30 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220130002956/https://screenrant.com/anime-that-inspired-hollywood-movies/|urlmorto=no}}</ref> fino a veri e propri [[remake]] hollywoodiani di anime di successo;<ref>{{cita|Richmond 2009|pp. 236-237}}.</ref> tuttavia la maggior parte di questi adattamenti è stata accolta negativamente dal pubblico e dalla critica, a causa dei frequenti cambiamenti di sceneggiatura e cast rispetto al materiale originale e alle minori possibilità creative ed evocative del live action rispetto all'animazione.<ref>{{cita web|autore=Emmanuel Ocbazghi|url=https://www.businessinsider.com/anime-movies-hollywood-adaptations-bad-flops-film-studios-2019-1|titolo=Why Hollywood adaptations of anime movies keep flopping|sito=[[Business Insider]]|data=10 gennaio 2019|accesso=13 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=12 gennaio 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190112185538/https://www.businessinsider.com/anime-movies-hollywood-adaptations-bad-flops-film-studios-2019-1|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|autore=Mallika Mitra|url=https://www.cnbc.com/2019/08/10/why-hollywood-should-stay-away-from-live-action-remakes-of-anime.html|titolo=Why Hollywood should leave anime out of its live-action remake obsession|data=10 agosto 2019|accesso=13 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=30 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220130023632/https://www.cnbc.com/2019/08/10/why-hollywood-should-stay-away-from-live-action-remakes-of-anime.html|urlmorto=no}}</ref>
=== ''Fandom'' ===
Attorno agli anime esiste una nutrita [[fandom|comunità di fan]], che si sovrappone in larga parte a quella dei manga e di altri settori della cultura pop giapponese. Nata prima in Giappone intorno agli anni settanta come aggregazione di appassionati della già avviata comunità fantascientifica<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 89-93}}.</ref> e della prima generazione di spettatori che era cresciuta guardando anime in televisione, negli anni ottanta e novanta, con la maggiore diffusione internazionale del medium, prese poi piede anche in Occidente.<ref name="Clements157"/> Strumentali nello sviluppo della comunità furono l'introduzione sul mercato di [[supporto video|supporti video]], che slegarono la fruizione delle opere dall'evento cinematografico o televisivo, e l'avvento di Internet, che permise nuove forme di comunicazione e di diffusione delle informazioni come [[chat]], [[Forum (Internet)|forum]], [[social media]] e [[banca dati|banche dati]].<ref name="ClementseMcCarthyxx">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. xx}}.</ref><ref name="Levi3f"/>
[[File:Little Tokyo, Los Angeles -- Aug 14, 2010.jpg|thumb|upright=1.2|Il ''[[cosplay]]'' è tra le attività più praticate dalla comunità di fan degli anime.]]
Per questa sottocultura di fan di anime si è diffuso l'appellativo di ''[[otaku]]'', che è usato sia dagli stessi appassionati sia come connotazione dispregiativa per sottolineare un interesse ossessivo.<ref name="Clements157"/><ref>{{cita|Brenner 2007|p. 195}}.</ref> Gli appassionati rappresentano una componente molto rilevante del mercato, in quanto sono forti consumatori disposti a spendere regolarmente elevate somme di denaro nelle edizioni home video e nel collezionismo. Gli editori e i produttori hanno preso in considerazione il crescente fenomeno con pubblicazioni e opere indirizzate principalmente al ''fandom'', come ad esempio le riviste ''[[Animage]]'' e ''[[Newtype (rivista)|Newtype]]'' o l'OAV ''[[Otaku no video]]''.<ref name="ClementseMcCarthyxx"/><ref name="Clements191"/>
Poiché il medium stesso invita alla creatività, gli anime e gli spettatori sono legati da un certo grado di interazione. Nel ''fandom'' è diffusa ad esempio la pratica di riprendere situazioni e personaggi delle opere animate all'interno di fumetti amatoriali autoprodotti (''[[dōjinshi]]''), [[fanfiction]] o [[fan art]].<ref name="DFM76"/> Sovente queste produzioni trattano di storie d'amore che non compaiono o vengono solo suggerite nelle opere originali, e che spesso vengono reinterpretate in chiave omosessuale.<ref name="Drazen78"/> Alcuni fan sviluppano anche un particolare attaccamento, che sfocia nell'adorazione, per certi personaggi di anime; un fenomeno che è conosciuto come ''[[moe (slang)|moe]]''.<ref>{{cita libro|autore=Patrick W. Galbraith|titolo=The Moé Manifesto: An Insider's Look at the Worlds of Manga, Anime, and Gaming|url=https://archive.org/details/moemanifestoinsi0000galb|pp=[https://archive.org/details/moemanifestoinsi0000galb/page/4 4]-6|editore=Tuttle Publishing|anno=2014|isbn=978-4-8053-1282-7|lingua=en}}</ref> Frequenti tra i fan sono, inoltre, la creazione di [[anime music video]], ovvero montaggi video e musicali con spezzoni di filmati o immagini tratte dagli anime, o il ''[[cosplay]]'', cioè il travestirsi da personaggi immaginari.<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 201-205}}.</ref> Quest'ultima pratica in particolare trova molto spazio nelle [[anime convention]]: fiere e convegni dedicati ad anime, manga e altri media giapponesi in cui gli appassionati si ritrovano e vengono organizzati conferenze, approfondimenti, discussioni, concorsi e mercatini. Le più grandi raccolgono decine di migliaia di partecipanti e si trovano non solo in Giappone ma anche in Europa e Nord America.<ref name="DFM24"/><ref>{{cita|Poitras 2000|p. 73}}.</ref><ref>{{cita|Brenner 2007|p. 211}}.</ref><ref>{{cita|Richmond 2009|pp. 268-273}}.</ref>
== Note ==
<
== Bibliografia ==
=== In italiano ===
* {{cita libro|autore=[[Andrea Baricordi]]|titolo=Anime. Guida al cinema di animazione giapponese|città=Bologna|editore=Granata Press|anno=1991|cid=Baricordi 1991|isbn=88-7248-014-0}}
* {{cita libro|autore=Eleonora Benecchi|titolo=Anime. Cartoni con l'anima|città=Bologna|editore=Hybris|anno=2005|cid=Benecchi 2005|isbn=88-8372-261-2}}
* {{cita libro|autore=Davide Castellazzi|titolo=Animeland. Viaggio tra i cartoni made in Japan|città=Firenze|editore=Tarab|anno=1999|cid=Castellazzi 1999|isbn=88-86675-50-X}}
* {{cita libro|curatore=Andrea Fontana|curatore2=Davide Tarò|titolo=Anime. Storia dell'animazione giapponese 1984-2007|città=Piombino|editore=Il Foglio|anno=2007|cid=Fontana e Tarò 2007|isbn=978-88-7606-160-8}}
* {{cita libro|autore=Marcello Ghilardi|titolo=Cuore e acciaio. Estetica dell'animazione giapponese|città=Padova|editore=Esedra editore|anno=2003|cid=Ghilardi 2003|isbn=88-86413-65-3}}
* {{cita libro|autore=Arianna Mognato|titolo=Super robot anime. Eroi e robot da Mazinga Z a Evangelion|città=Milano|editore=Yamato Video|anno=1999|cid=Mognato 1999|isbn=no}}
* {{cita libro|autore=Saburo Murakami|titolo=Anime in TV. Storia dei cartoni animati giapponesi prodotti per la televisione|città=Milano|editore=Yamato Video|anno=1998|cid=Murakami 1998|isbn=no}}
* {{cita libro|autore=[[Marco Pellitteri]]|titolo=Il drago e la saetta: modelli, strategie e identità dell'immaginario giapponese|città=Latina|editore=Tunué|anno=2008|cid=Pellitteri 2008|isbn=978-88-89613-35-1}}
* {{cita libro|autore=Marco Pellitteri|titolo=Mazinga Nostalgia. Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation|città=Latina|editore=Tunué|anno=2018|cid=Pellitteri 2018|edizione=4|isbn=978-88-6790-272-9}}
* {{cita libro|curatore=Roberta Ponticiello|curatore2=Susanna Scrivo|titolo=Con gli occhi a mandorla. Sguardi sul Giappone dei cartoon e dei fumetti|città=Latina|editore=Tunué|anno=2005|cid=Ponticiello e Scrivo 2005|isbn=88-89613-08-4}}
* {{cita libro|autore=Francesco Prandoni|titolo=Anime al cinema. Storia del cinema di animazione giapponese 1917-1995|città=Milano|editore=Yamato Video|anno=1999|cid=Prandoni 1999|isbn=no}}
* {{cita libro|autore=[[Luca Raffaelli]]|titolo=Le anime disegnate. Il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre|città=Roma|editore=Minimum Fax|anno=2005|edizione=II|cid=Raffaelli 2005|isbn=88-7521-067-5}}
* {{cita libro|autore=Guido Tavassi|titolo=Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi|città=Latina|editore=Tunué|anno=2022|edizione=3|cid=Tavassi 2022|isbn=978-88-6790-475-4}}
=== In altre lingue ===
* {{cita libro|curatore=Jaqueline Berndt|curatore2=Bettina Kümmerling-Meibauer|titolo=Manga's Cultural Crossroads|url=https://archive.org/details/mangasculturalcr0000unse|editore=Routledge|anno=2013|lingua=en|cid=Berndt e Kümmerling-Meibauer 2013|isbn=978-0-415-50450-8}}
* {{cita libro|autore=Robin E. Brenner|titolo=Understanding Manga and Anime|url=https://archive.org/details/understandingman0000bren|editore=Libraries Unlimited|anno=2007|lingua=en|cid=Brenner 2007|isbn=978-1-59158-332-5}}
* {{cita libro|autore=Dani Cavallaro|titolo=Anime Intersections. Tradition and Innovation in Theme and Technique|url=https://archive.org/details/animeintersectio0000cava|città=Jefferson|editore=McFarland|anno=2007|cid=Cavallaro 2007|lingua=en|isbn=978-0-7864-3234-9}}
* {{cita libro|autore=Jonathan Clements|autore2=Helen McCarthy|titolo=The Anime Encyclopedia, Revised & Expanded Edition: A Guide to Japanese Animation Since 1917|editore=Stone Bridge Press|anno=2012|lingua=en|cid=Clements e McCarthy 2012|isbn=978-1-61172-515-5}}
* {{cita libro|autore=Jonathan Clements|titolo=Anime: A History|url=https://archive.org/details/animehistory0000clem|editore=Palgrave Macmillan|anno=2013|lingua=en|cid=Clements 2013|isbn=978-1-84457-390-5}}
* {{cita libro|curatore=Deutsches Filmmuseum|titolo=Ga-netchū! Das Manga Anime Syndrom|editore=Henschel Verlag|anno=2008|lingua=de|cid=Deutsches Filmmuseum 2008|isbn=978-3-89487-607-4}}
* {{cita libro|autore=Patrick Drazen|titolo=[[Anime Explosion! The What? Why? & Wow! Of Japanese Animation]]|editore=Stone Bridge Press|anno=2003|lingua=en|cid=Drazen 2003|isbn=1-880656-72-8}}
* {{cita libro|autore=[[Thomas Lamarre]]|titolo=The Anime Machine: A Media Theory of Animation|url=https://archive.org/details/animemachinemedi0000lama|città=Minneapolis|editore=University of Minnesota Press|anno=2009|lingua=en|cid=Lamarre 2009|isbn=978-0-8166-5155-9}}
* {{cita libro|autore=Antonia Levi|titolo=Samurai from Outer Space: Understanding Japanese Animation|url=https://archive.org/details/samuraifromouter00levi|città=Chicago|editore=Open Court|anno=1996|lingua=en|cid=Levi 1996|isbn=0-8126-9332-9}}
* {{cita pubblicazione|autore=Freddy Litten|titolo=Der Animationsmarkt in Japan/The Animation Market in Japan|url=http://litten.de/fulltext/animarkt.pdf|rivista=Japan Aktuell|vol=XVI|numero=4|anno=2008|pp=87-103|lingua=de|cid=Litten 2008}}
* {{cita libro|curatore=Mark W. MacWilliams|titolo=Japanese Visual Culture. Explorations in the World of Manga and Anime|url=https://archive.org/details/japanesevisualcu0000unse|città=New York|editore=M. E. Sharpe|anno=2008|lingua=en|cid=MacWilliams 2008|isbn=978-0-7656-1602-9}}
* {{cita libro|autore=Hal Marcovitz|titolo=Anime|url=https://archive.org/details/anime0000marc|editore=Lucent Books|anno=2008|cid=Marcovitz 2008|lingua=en|isbn=978-1-59018-995-5}}
* {{cita libro|autore=[[Susan J. Napier]]|titolo=Anime. From Akira to Howl's Moving Castle|url=https://archive.org/details/animefromakirato0000napi|città=New York|editore=Palgrave Macmillan|anno= 2005|cid=Napier 2005|lingua=en|isbn=1-4039-7052-1}}
* {{cita libro|autore=Fred Patten|titolo=Watching Anime, Reading Manga. 25 Years of Essays and Reviews|url=https://archive.org/details/watchinganimerea0000patt|città=Berkeley|editore=Stone Bridge Press|anno=2004|lingua=en|cid=Patten 2004|isbn=1-880656-92-2}}
* {{cita libro|curatore=Timothy Perper|curatore2=Martha Cornog|titolo=Mangatopia: Essays on Manga and Anime in the Modern World|url=https://archive.org/details/mangatopiaessays0000unse|editore=ABC-CLIO|anno=2011|lingua=en|cid=Perper e Cornog 2011|isbn=978-159158-908-2}}
* {{cita libro|autore=Gilles Poitras|titolo=Anime Essentials: Every Thing a Fan Needs to Know|url=https://archive.org/details/animeessentialse0000poit|editore=Stone Bridge Press|anno=2000|lingua=en|cid=Poitras 2000|isbn=1-880656-53-1}}
* {{cita libro|autore=Simon Richmond|titolo=The Rough Guide to Anime. Japan's finest from Ghibli to Gankutsuō|url=https://archive.org/details/roughguidetoanim0000rich|città=New York|editore=Rough Guides|anno=2009|lingua=en|isbn=978-1-85828-205-3|cid=Richmond 2009}}
== Voci correlate ==
{{div col}}
* [[Adattamento e censura degli anime]]
* [[Animazione]]
* [[Anime comic]]
* [[Anime in Italia]]
* [[Anime music video]]
* [[Character design]]
* [[Cosplay]]
* [[Fanservice]]
* [[Fansub]]
* [[Glossario di anime e manga]]
* [[Manga]]
* [[
* [[Otaku]]
* [[Storia dell'animazione]]
{{div col end}}
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
{{Cultura popolare giapponese}}
{{Controllo di autorità}}
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