Filosofia greca: differenze tra le versioni

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[[File:Parthenon.jpg|right|250px|thumb|Il [[Partenone]] ad [[Atene]]]]
La '''filosofia greca''' rappresenta, nell'ambito della [[storia della filosofia occidentale]], il primo momento dell'evoluzione del pensiero filosofico. Dal punto di vista cronologico, si identifica questa fase con il periodo che va dal [[VII secolo a.C.]] alla chiusura dell'[[Accademia di Atene]], avvenuta nel [[529]] d.C. secondo l'editto di [[Giustiniano]].
 
== I problemi della filosofia greca ==
 
Nell'ambito della filosofia greca sono poste in discussione ed esaminate, con vari esiti, tre diverse problematiche:
* l'[[ontologia]], ovvero la definizione del principio elementare cui si può ricondurre l'origine (''[[Archè]]'') e la conservazione di tutta la realtà;<ref>In particolare l'interesse [[cosmo|cosmologico]]logico è testimoniato dallo "stupore" (θαυμασμός) di fronte al [[cosmo]] ([[Aristotele]], ''Metafisica'' I 2, 982 b). "«Da questa ''meraviglia'' sarebbe nata la filosofia greca, tutta protesa a intendere il senso dell'Essere, a vagheggiare e idealizzarne le manifestazioni, ad accettarne con fedeltà il messaggio"» (cit. da G. Faggin, ''Storia della filosofia'', vol. 1, pag. 4, ed. Principato, 1983).</ref>
* la [[gnoseologia]], ovvero la definizione dei criteri di validità e dei limiti della [[conoscenza]], soprattuttoe indella relazionevia alper problemaapprodare dellaalla [[verità]];<ref>G. Reale, ''Storia della filosofia antica'', vol. I, pag. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987.</ref>
* l'[[etica]], ovvero l'esame critico del comportamento umano, volto a definire la migliore e più saggia condotta cui l'uomo deve o può attenersi.<ref name="G. Reale, op. cit., pag. 40">G. Reale, ''op. cit.'', pag. 40.</ref>
 
Naturalmente queste problematiche non sono le uniche di cui si è occupato il pensiero greco; alcuni pensatori infatti hanno rivolto la loro attenzione alla [[cosmologia (filosofia)|cosmologia]], alla [[politica]], all'[[epistemologia]], alla [[matematica]], all'[[estetica]], etc.; in ogni caso si può ragionevolmente ritenere che i punti centrali della riflessione greca siano i tre sopra indicati.
Va inoltre sottolineato che i concetti di ontologia, gnoseologia ed etica sono stati definiti in fasi successive della storia della filosofia, ovvero soprattutto nel periodo [[filosofia medioevale|medioevale]] e [[filosofia moderna|moderno]]; essisi sonotratta inquindi realtà meredi categorie critiche, sconosciutela cui denominazione è stata formulata posteriormente al pensiero greco nella sua originalità storica.
 
== Storia della filosofia greca ==
InDi questaseguito sezionevengono si intende richiamare brevementeesposte, in un'ottica storico-filosofica, le principali correnti ed evoluzioni della filosofia greca. Per un'elencazione più dettagliatacronologica dei vari esponenti di queste correnti di pensiero, si rimanda alla voce [[filosofia antica]].
 
=== Pensiero greco arcaico ===
{{vedi anche|Presocratici}}
TradizionalmenteNormalmente, si fa risalire l'origine dell'intera filosofia occidentale al pensiero greco arcaico, e in particolare a una serie di modificazioni di tipo storico, economico politico e sociale, che, come ha illustrato [[Jean-Pierre Vernant]] nella sua interpretazione delle origini del pensiero greco,<ref>Jean Pierre Vernant, ''Les origines de la pensée grecque'', 1962, trad. it. di Fausto Codino, ''Le origini del pensiero greco'', editori Riuniti, Roma 1976.</ref> portarono intorno al VII secolo a.C. ad una progressiva desacralizzazione dell'antica [[cosmogonia]] e [[teogonia (mitologia)|teogonia]] di [[Omero]] ed [[Esiodo]]. Al contempo però rimane difficile disgiungere il nuovo pensiero sapienziale da un tipo di [[religiosità]] [[esoterica]] più sotterranea che si esprime nelle forme dei [[riti misterici|misteri]], soprattutto [[misteri orfici|orfici]] ed [[misteri eleusini|eleusini]].<ref>Cfr.:[[André Motte]] e [[Ugo Bianchi|U. Bianchi]], A. Motte ein AA.VV., ''Trattato di antropologia del sacro'', a cura di [[Julien Ries]], vol. III, ''Le civiltà del Mediterraneo e il sacro'', pp. 234-280, Jaca Book, Milano 1992, ISBN 978-88-16-40298-0.</ref>
 
Da una parte, perciò, si pone l'esigenza di una riflessione più autonoma, per certi versi scientifica, sui principi che sottostanno ai fenomeni naturali. Quest'esigenza spinge i primi pensatori,<ref>La denominazione usata per i primi filosofi arcaici è quella di [[presocratici]], ma essi sono detti anche [[ilozoismo|ilozoisti]] (dal greco ''hýle'' = "materia" + ''zòon'' = "vivente"), in quanto erano accomunati da una concezione della natura intesa come un tutto animato e vivente (cfr. Karl Popper, John Eccles, ''L'io e il suo cervello. Strutture e funzioni cerebrali. Materia, coscienza e cultura'', trad. it., pag. 87, Roma, Armando, 2001).</ref> in particolare quelli della cosiddetta [[Scuola di Mileto]], a partire da [[Talete]], a porre la centralità della questione dell’dell{{'}}''[[archè]]'': qual è l'elemento primordiale da cui ogni altro discende? E quali sono le leggi che regolano i rapporti fra gli elementi primordiali? [[Talete]] identificherà tale principio primo nell'[[acqua (elemento)|acqua]], [[Anassimandro]] nell'illimitato ''[[ApeironÁpeiron]]'',<ref>L<nowiki>{{'</nowiki>}}''Apeiron'' era per Anassimandro un elemento che non era limitato e definito a differenza degli altri quattro (fuoco, terra, aria, acqua), e faceva in modo che nessuno di questi prendesse il sopravvento (così Aristotele, ''Meteorologia'', II, 359b, 6-11).</ref> [[Anassimene di Mileto|Anassimene]] nell'[[aria (elemento)|aria]], e altri pensatori, in seguito, proporranno ulteriori ipotesi in tal senso. Ciò che va sottolineato, in questi primi filosofi, non sono tanto le conclusioni a cui giunsero, ma lo sforzo di affrontare le questioni sull'origine e sul senso della realtà senza ricorrere a spiegazioni basate sul [[mito]] o sulla [[tradizione]]; per la prima volta l'osservazione diretta della natura e la capacità [[ragione|razionale]] dell'uomo sono considerate nella loro autonomia e superiorità.
Ciò che va sottolineato, in questi primi pensatori, non sono tanto le conclusioni a cui giunsero, ma lo sforzo di affrontare le questioni sull'origine e sul senso della realtà senza ricorrere a spiegazioni basate sul [[mito]] o sulla [[tradizione]]; per la prima volta l'osservazione diretta della natura e la capacità [[ragione|razionale]] dell'uomo sono considerate nella loro autonomia e superiorità.
 
[[File:Kapitolinischer Pythagoras adjusted.jpg|160px|rightupright=0.7|thumb|Pitagora]]
D'altro canto, nel pensiero greco arcaico, contemporaneamente alla meditazione sulla natura operata dai primi pensatori, si pone l'esigenza di ripensare il rapporto col [[divinità|divino]] e di affrontare le questioni proprie dell'[[etica]], riguardanti il modo in cui l'uomo conduce la sua esistenza e le relazioni con la ''[[polis]]'', la città-stato dove alla [[basileus|monarchia]] si è andato sostituendo un regime [[isonomia|ugualitario]] di leggi concepito come un riflesso dell'ordine naturale dell'universo.<ref name=kosmos>«C'è una profonda analogia di struttura fra lo spazio istituzionale in cui si esprime il ''kosmos'' umano e lo spazio fisico in cui i milesi proiettano il ''kosmos'' naturale. [...] Di queste corrispondenze tra la struttura del cosmo naturale e l'organizzazione del cosmo sociale, Platone si mostra ancora pienamente consapevole nel IV secolo» (Jean Pierre Vernant, in ''Le origini del pensiero greco'', VII, ''La nuova immagine del mondo'').</ref> Quest'esigenza, che trova una prima risposta nelle massime dei cosiddetti [[Sette Savi]] (in realtà una ventina di personaggi che solo occasionalmente ebbero relazioni fra di loro, e che lasciarono una serie di detti lapidari a tema specificamente etico), sfocerà più tardi nelle riflessioni della [[sofistica]] e della filosofia socratica e post-socratica, divenendo uno dei filoni principali della filosofia greca.
 
Nella prima fase l'aspetto [[ontologia|ontologico]] e [[cosmologia (filosofia)|cosmologico]] è quello privilegiato; la riflessione di [[Pitagora]], in questo senso, rappresenta un'importante evoluzione, in quanto primo tentativo di descrivere il reale secondo il criterio della [[Necessità]], ovvero mediante leggi [[matematica|matematiche]]. Si tratta di un approccio mentale che si propone di indagare i nessi dell'invisibile [[armonia]] ritenuta a fondamento dell'universo; un approccio riservato a pochi [[iniziazione|iniziati]] per il carattere [[sacro]] attribuito alla dottrina.<ref>Cfr.: Vincenzo Capparelli, ''La sapienza di Pitagora'', edizioni Mediterranee, Roma 2003 ISBN 88-272-0587-X</ref> Il [[Numero]] è infatti per Pitagora l'origine della [[sapienza]], e l'[[Uno (filosofia)|Unità]] alla quale egli allude non è semplicemente una cifra come tante altre, ma un'entità [[simbolo|simbolica]] e suprema, l'elemento primordiale da cui ogni altra realtà discende e può essere [[deduzione|dedotta]], secondo una rigida concatenazione matematico-geometrica, dove però l'elemento [[qualità (filosofia)|qualitativo]] e contemplativo prevale su quello [[quantità (filosofia)|quantitativo]].<ref>Cfr. [[Werner Jaeger]], ''Paideia'', I, pag. 305, La Nuova Italia, Firenze 1970.</ref> Alcuni aspetti della filosofia di Pitagora, in particolare l'impianto cosmologico misticheggiante, troveranno poi successivi sviluppi nel pensiero di [[Platone]].
 
[[File:Being Parmenides.png|190px|right|thumb|L'Essere secondo Parmenide: privo di imperfezioni e identico in ogni sua parte come una sfera]]
Al tentativo di indagare l'aspetto divino e sovrasensibile della natura si affianca l'impegno di altri filosofi nel liberare la ricerca ontologica sugli elementi primordiali dalle concezioni proprie della religiosità tradizionale. Di una critica nei confronti di quest'ultima, rivolta in particolare al suo [[antropomorfismo]], si fa portavoce [[Senofane]] di Colofone, il cui pensiero prelude al più importante sviluppo dell'ontologia greca, rappresentato dal pensiero della [[scuola eleatica]] e di [[Parmenide]]. Questi si pone in polemica con i primi filosofi, che postulavano una varietà di elementi primari come spiegazione del [[divenire]], e contro [[Eraclito]], il quale definiva la realtà come prodotto di un incessante mutamento, sottoposto irriducibilmente alla legge dei contrari, accettando la [[molteplicità]] e le [[contraddizione|contraddizioni]] come un dato di fatto e non come errori del pensiero.<ref>«Il principio di non-contraddizione, introdotto da Parmenide per rivelare l'essere stesso, la verità essenziale, fu successivamente impiegato come strumento del pensiero logicamente cogente per qualsiasi affermazione esatta. Sorsero così la logica e la dialettica» (K. Jaspers, ''I grandi filosofi'', pag. 737, tr. it., Longanesi, Milano 1973).</ref> I filosofi di Elea ritengono invece che l'[[Essere (filosofia)|Essere]] sia unico e che le impressioni dei [[organi di senso|sensi]] non ci possano condurre alla sua conoscenza; solo il [[pensiero]] capace di liberarsi dall'esperienza sensibile può volgersi alla verità dell'Essere, distinta dall'[[opinione]] in una radicale [[differenza ontologica]] rispetto alla realtà fenomenica.
 
Questa posizione parmenidea, che risente dell'influsso di Pitagora, avrà grandemolta rilevanza nei successivi sviluppi della filosofia. Già con [[Empedocle]], tuttavia, la tesi dell'unicità dell'Essere è rimessa in discussione; egli infatti propone piuttosto una tesi pluralista, identificando [[quattro elementi]] fondamentali come radici di tutto ciò che è, e due moventi fondamentali, l'[[Amore]] e l'[[odio (sentimento)|Odio]], come cause del divenire; [[Anassagora]], successivamente, radicalizzerà ancor più le tesi di Empedocle, sostenendo che un'[[Intelletto cosmicoNous|Intelligenza Universale]], definita ''Nous'' (''Nùs''), amministra il continuo divenire a partire da un numero infinito di elementi semplici, chiamati [[omeomerie]].
 
È solo con gli atomisti [[Leucippo (filosofo)|Leucippo]] e [[Democrito]], tuttavia, che la fisica pluralista giunge alle sue conseguenze più estreme e più conseguenti; con Democrito, l'Essere che Parmenide aveva teorizzato essere Uno e Semplice, si scompone nella molteplicità di un numero infinito di [[atomi]], che dell'Essere conservano soltanto l'indivisibilità, ma che sono elementi semplici di un cosmo concepito [[materialismo|materialisticamente]], da cui ogni finalismo è escluso.
 
In polemica con l'intero assetto dell'indirizzo ontologico della filosofia presocratica, sia pluralistico che monistico, i sofisti, ovvero gli esponenti della scuola [[sofistica]], volgono invece la loro riflessione ai temi più strettamente etici, in particolare rilevando l'impossibilità di individuare valori universali comuni a tutti gli uomini.
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=== L'età classica: Socrate, Platone, Aristotele ===
{{Vedi anche|Socrate|Platone|Aristotele}}
[[File:Gloeden, Wilhelm von, (1856-1931) - n. 0027, recto - Socrate alla fonte.jpg|250px|right|thumb|''[[Socrate]] alla fonte'' (foto di ricostruzione storica di [[Wilhelm von Gloeden]], 1902)]]
Con l'ateniese [[Socrate]] ([[469 a.C.|469]]-[[399 a.C.]]) la filosofia greca compì un enorme salto di qualità divenendo ricerca incentrata decisamente sull'[[uomo]] e sull'esigenza di una [[verità]] [[universale (metafisica)|universale]]. La ricerca di Socrate, che per certi versi si ricollega alla Sofistica, si muove tuttavia nella direzione di collegare il desiderio di [[conoscenza]] con il problema dell'[[etica]], nell'ottica di una fondazione di una morale oggettiva e universale. In polemica con i [[sofisti]], Socrate respingeva il loro [[relativismo]] ([[Protagora]]) e [[nichilismo]] ([[Gorgia]]), sia in ambito [[morale]] che [[gnoseologia|gnoseologico]]; il vero saggio è piuttosto colui che, partendo dalla necessaria ammissione della propria ignoranza, fa di se stesso l'oggetto del proprio problema, aprendosi al dialogo e al confronto. Saggio è colui che cerca, che non si accontenta delle risposte a sua disposizione, ma sa porsi delle domande e suscitarle negli altri. Il [[dubbio]] socratico non induceva, perciòperò, allo [[scetticismo filosofico|scetticismo]], mabensì mirava alla [[verità]] in modo assolutamente disinteressato:<ref>Socrate, il cui «insegnamento è fondato sulla ricerca della verità attraverso il dialogo», si contrapponeva pertanto all'eristica dei sofisti, che sostituivano invece «al criterio della verità quello dell'utilità pratica, e al rigore argomentativo la persuasione oratoria» (''Treccani'' enciclopedia, alla voce "Socrate").</ref> Socrate la cercava non al di fuori di sé, ma nell'interiorità del proprio essere, che egli chiamava δαίμων, ''dàimon'' (cioè "[[demone]]", ma significa anche temperamento, indole).<ref>«C'è dentro di me non so che spirito divino e demoniaco; quello appunto di cui anche Meleto, scherzandoci sopra, scrisse nell'atto di accusa. Ed è come una voce che io ho dentro sin da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per compiere, e non mi fa mai proposte» (Platone, ''Apologia di Socrate'', 31 d). Secondo Paolo De Bernardi, Socrate sembra indicare con il ''dàimon'' l'autentica natura dell'anima umana, la sua ritrovata coscienza di sé (''Socrate, il demone e il risveglio'', in «Sapienza», vol. 45, editrice Domenicana Italiana, Napoli 1992, pagg. 425-43).</ref> La filosofia era dunque per lui essenzialmente opera di [[maieutica]], ovvero l'arte, propria dell'ostetrica, di mettere gli uomini in condizione di partorire da se stessi, naturalmente, la verità dell'[[anima]].<ref>«Socrate diceva che il compito dell'uomo è la cura dell'anima: la psicoterapia, potremmo dire. Che poi oggi l'anima venga interpretata in un altro senso, questo è relativamente importante. Socrate per esempio non si pronunciava sull'immortalità dell'anima, perché non aveva ancora gli elementi per farlo, elementi che solo con Platone emergeranno. Ma, nonostante più di duemila anni, ancora oggi si pensa che l'essenza dell'uomo sia la ''psyche''. Molti, sbagliando, ritengono che il concetto di anima sia una creazione cristiana: è sbagliatissimo. Per certi aspetti il concetto di anima e di immortalità dell'anima è contrario alla dottrina cristiana, che parla invece di risurrezione dei corpi. Che poi i primi pensatori della Patristica abbiano utilizzato categorie filosofiche greche, e che quindi l'apparato concettuale del cristianesimo sia in parte ellenizzante, non deve far dimenticare che il concetto di ''psyche'' è una grandiosa creazione dei greci. L'Occidente viene da qui» (G. Reale, ''Storia della filosofia antica'', Vita e pensiero, Milano 1975).</ref>
 
[[File:Herma of Plato - 0042MC.jpg|150px|rightupright=0.7|thumb|Platone]]
EgliSocrate giunse così a connettere in modo inscindibile il bene con la conoscenza: non si può non seguire il bene, se lo si conosce. Mentre Socratetuttavia lasciava tuttavia indeterminato e avvolto nel mistero l'oggetto della sua indagine filosofica e del suo continuo cercare, il suo allievo [[Platone]] ([[427 a.C.|427]]-[[347 a.C.]]) si spinse verso un più alto grado di riflessione e definì ''[[idea]]'' il vero oggetto della conoscenza umana.<ref>Platone tuttavia si mantenne ben consapevole del grado di incertezza e fallibilità della conoscenza umana, infatti: «Di certo, affermare che le cose stiano davvero come io le ho esposte non si addice ad un uomo dotato di buon senso; ma affermare che questo, o qualcosa di simile a questo, debba capitare alle nostre anime e alle loro dimore, ebbene, tutto ciò mi sembra che si addica e che si meriti di arrischiarci a crederlo, perché bello è rischiare!» (Platone, ''Fedone'', 114 d).</ref> Questa idea (oggi diremmo «forma»)<ref>«Nel linguaggio moderno "Idea" ha assunto un senso che è estraneo a quello platonico. La traduzione esatta del termine sarebbe "forma"» (G. Reale, Il pensiero antico, pag. 120, Vita e Pensiero, Milano 2001 ISBN 88-343-0700-3).</ref> doveva risolvere non solo la questione di “cosa” sapere sollevata da Socrate, ma anche la dicotomia e le divergenze sorte tra [[Parmenide]] ed [[Eraclito]]. Essa aveva infatti i tratti della staticità e incorruttibilità dell'[[essere]] parmenideo da un lato, ma conciliava in sé anche il [[divenire]] di Eraclito: così ad esempio bianco e nero rimangono termini contrapposti e molteplici sul piano [[sensibilità (filosofia)|sensibile]]; tuttavia, è solo cogliendo questa differenza di termini che si può risalire al loro fondamento e comune denominatore, cioè l'Idea di Colore.
L'[[Idea]] è dunque l'origine (e meta finale) sia della [[conoscenza]] che della [[realtà]], essendo cioè il modello, l'esemplare, tramite cui le cose reali sono fatte, e tramite cui ci è possibile conoscerle. Il processo mentale con cui si risale dal molteplice sensibile all'unità intelligibile venne chiamato da Platone [[dialettica]], e consiste nella [[filosofia]] stessa, assimilata all'[[amore]], e interpretata socraticamente come riflessione sociale, svolta dal filosofo nel dialogo con altri personaggi; in realtà questo [[dialogo]] ha una funzione più apparente che reale, consentendo al filosofo di emendare la sua ricerca dagli errori dovuti alle apparenze, spinto dal desiderio "erotico" di sapere. L'Idea sta al culmine di questo processo e supera (trascende) le particolarità relative e transitorie degli oggetti sensibili, pur essendone il fondamento.
 
L'[[Idea]] è dunque l'origine (e meta finale) sia della [[conoscenza]] che della [[realtà]], essendo cioè il modello, l'esemplare, tramite cui le cose reali sono fatte, e tramite cui ci è possibile conoscerle. Il processo mentale con cui si risale dal molteplice sensibile all'unità intelligibile venne chiamato da Platone [[dialettica]], e consiste nella [[filosofia]] stessa, assimilata all'[[amore]], e interpretata socraticamente come riflessione sociale, svolta dal filosofo nel dialogo con altri personaggi; in realtà questo [[dialogo]] ha una funzione più apparente che reale, consentendo al filosofo di emendare la sua ricerca dagli errori dovuti alle apparenze, spinto dal desiderio "erotico" di sapere. L'Idea sta al culmine di questo processo e supera (trascende) le particolarità relative e transitorie degli oggetti sensibili, pur essendone il fondamento.
Platone tentò così di risolvere il problema, sorto con Parmenide, circa la natura dell'[[Essere]]. Parmenide aveva detto che solo l'Essere è, mentre il non-essere non è, ma al di là di questa tautologia non aveva specificato cosa fosse questo Essere. In tal modo diventava impossibile conoscerlo, capirlo, e in ultima analisi parlarne.
Ricorrendo al mondo delle Idee Platone pensò di poter oggettivare l'Essere, nel quale identificava appunto le Idee stesse, le quali sono strutturate gerarchicamente, da un minimo a un massimo di “essere”, fino all'idea suprema del ''[[Bene (etica)|Bene]]''.<ref>Osserva tuttavia Hans Krämer: «La pretesa validità della filosofia sistematica di Platone deve essere considerata operando una serie di distinzioni. Difficilmente vi era collegata la pretesa dogmatica di una validità definitiva e la pretesa di non aver bisogno di alcuna revisione.[…] Il progetto era mantenuto piuttosto elastico e flessibile, e fondamentalmente aperto ad ampliamenti, sia nel suo insieme sia nei particolari. Si può pertanto parlare di un'istanza […] rimasta in alcuni particolari addirittura a livello di abbozzo e quindi di un sistema aperto; non però, certamente, di un antisistema di frammenti di teorie senza precise connessioni» (''Platone e i fondamenti della metafisica'', pag. 177, trad. di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 2001 ISBN 88-343-0731-3).</ref> Proprio questa gerarchia permette la conoscenza, perché è il raffronto dialettico tra realtà diverse, tra ciò che sta in alto (essere) e ciò che sta in basso (non-essere) a rendere possibile il sapere.
Rispetto dunque a Parmenide che concepiva l'Essere e il non-essere come separati, contrapposti e incomunicabili, Platone ammise invece dei passaggi graduali dal non-essere all'Essere.
 
Platone tentò così di risolvere il problema, sorto con Parmenide, circa la natura dell'[[Essere]]. Parmenide aveva detto che solo l'Essere è, mentre il non-essere non è, ma al di là di questa tautologia non aveva specificato cosa fosse questo Essere. In tal modo diventava impossibile conoscerlo, capirlo, e in ultima analisi parlarne. Ricorrendo al mondo delle Idee Platone pensò di poter oggettivare l'Essere, nel quale identificava appunto le Idee stesse, le quali sono strutturate gerarchicamente, da un minimo a un massimo di “essere”, fino all'idea suprema del ''[[Benebene (eticafilosofia)|Bene]]''.<ref>Osserva tuttavia [[Hans Krämer]]: «La pretesa validità della filosofia sistematica di Platone deve essere considerata operando una serie di distinzioni. Difficilmente vi era collegata la pretesa dogmatica di una validità definitiva e la pretesa di non aver bisogno di alcuna revisione.[…] Il progetto era mantenuto piuttosto elastico e flessibile, e fondamentalmente aperto ad ampliamenti, sia nel suo insieme sia nei particolari. Si può pertanto parlare di un'istanza […] rimasta in alcuni particolari addirittura a livello di abbozzo e quindi di un sistema aperto; non però, certamente, di un antisistema di frammenti di teorie senza precise connessioni» (''Platone e i fondamenti della metafisica'', pag. 177, trad. di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 2001 ISBN 88-343-0731-3).</ref> Proprio questa gerarchia permette la conoscenza, perché è il raffronto dialettico tra realtà diverse, tra ciò che sta in alto (essere) e ciò che sta in basso (non-essere) a rendere possibile il sapere. Rispetto dunque a Parmenide che concepiva l'Essere e il non-essere come separati, contrapposti e incomunicabili, Platone ammise invece dei passaggi graduali dal non-essere all'Essere.
Si presentò a questo punto un dualismo tra il mondo delle idee (o [[iperuranio]]) e il mondo terreno: la nozione del mondo ideale, che in noi mortali è [[inconscio|inconscia]] e assopita, si risveglia infatti proprio attraverso l'[[esperienza]] [[sensibilità (filosofia)|sensibile]]. La conoscenza è cioè una [[Anamnesi (filosofia)|reminiscenza]]: noi conosciamo ciò che sapevamo già, ma avevamo dimenticato. Questo dualismo fu vissuto dallo stesso Platone ora ottimisticamente, ora più pessimisticamente, in quanto permea non solo la conoscenza ma anche la moralità e l'essenza dell'uomo lacerandolo interiormente, e venne illustrato attraverso efficaci e suggestivi miti (della [[mito della caverna|caverna]], della [[mito della biga|biga]], dell'''[[Eros (filosofia)|Eros]]'' ecc.), che propongono l'ascesa o il ritorno verso il bene e il vero. Anche alla [[politica]] Platone pose l'obiettivo della perfezione: lo [[Stato]] secondo [[ragione]], teorizzato nella ''[[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'', dev'essere organizzato sulla base di una divisione in classi sociali, corrispondenti agli elementi costitutivi dell'[[anima]] umana ([[razionalità|razionale]], [[intelletto|intellettiva]], [[concupiscenza|concupiscente]]); riconobbe inoltre la parità tra [[uomo]] e [[donna]].<ref>«Non c'è nessuna attività di coloro che amministrano la città che sia della donna in quanto donna, né dell'uomo in quanto uomo, ma le nature sono disseminate in entrambi gli esseri, e la donna partecipa secondo natura di tutte le attività, e alla pari l'uomo di tutte» (Platone, ''Repubblica'', V, 455d).</ref> Fervido artista e poetico nell'espressione, egli tese tuttavia a svalutare filosoficamente l'[[arte]], per il suo carattere di riproduzione imitativa della [[natura]], già a sua volta imitante l'[[idea]].
 
Si presentò a questo punto un dualismo tra il mondo delle idee (o [[iperuranio]]) e il mondo terreno: la nozione del mondo ideale, che in noi mortali è [[inconscio|inconscia]] e assopita, si risveglia infatti proprio attraverso l'[[esperienza]] [[sensibilità (filosofia)|sensibile]]. La conoscenza è cioè una [[Anamnesi (filosofia)|reminiscenza]]: noi conosciamo ciò che sapevamo già, ma avevamo dimenticato. Questo dualismo fu vissuto dallo stesso Platone ora ottimisticamente, ora più pessimisticamente, in quanto permea non solo la conoscenza ma anche la moralità e l'essenza dell'uomo lacerandolo interiormente, e venne illustrato attraverso efficaci e suggestivi miti (della [[mito della caverna|caverna]], della [[mito della biga|biga]], dell{{'}}''[[Eros (filosofia)|Eros]]'' ecc.), che propongono l'ascesa o il ritorno verso il bene e il vero. Anche alla [[politica]] Platone pose l'obiettivo della perfezione: lo [[Stato]] secondo [[ragione]], teorizzato nella ''[[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'', dev'essere organizzato sulla base di una divisione in classi sociali, corrispondenti agli elementi costitutivi dell'[[anima]] umana ([[razionalità|razionale]], [[intelletto|intellettiva]], [[concupiscenza|concupiscente]]); riconobbe inoltre la parità tra [[uomo]] e [[donna]].<ref>«Non c'è nessuna attività di coloro che amministrano la città che sia della donna in quanto donna, né dell'uomo in quanto uomo, ma le nature sono disseminate in entrambi gli esseri, e la donna partecipa secondo natura di tutte le attività, e alla pari l'uomo di tutte» (Platone, ''Repubblica'', V, 455d).</ref> Fervido artista e poetico nell'espressione, egli tese tuttavia a svalutare filosoficamente l'[[arte]], per il suo carattere di riproduzione imitativa della [[natura]], già a sua volta imitante l'[[idea]].
[[File:Aristoteles.jpg|180px|left|thumb|Aristotele]]
 
[[File:Aristoteles.jpg|180pxupright=0.8|left|thumb|Aristotele]]
La rigida separazione tra mondo ideale e reale, propria di Platone, piacque poco al suo discepolo [[Aristotele]] ([[384 a.C.|384]]-[[322 a.C.]]), che in opposizione alle teorie platoniche sostenne invece l'[[immanenza]] dell'[[universale (metafisica)|universale]] e considerò la [[realtà]] come sintesi di [[materia (fisica)|materia]] (elemento particolare) e [[forma (filosofia)|forma]] (elemento appunto universale), in un continuo [[divenire]] che si attua nel perenne passaggio degli organismi dalla potenza all'atto. Solo [[Dio]], ovvero il primo motore o causa prima, che determina il divenire di tutti gli altri corpi, è atto puro, ed è perciò immobile, ma attrae verso di sé gli elementi ancora in potenza.<ref>«Il primo motore dunque è un essere necessariamente esistente e in quanto la sua esistenza è necessaria si identifica col Bene, e sotto tale profilo è principio assoluto. [...] Se perciò Dio è sempre in uno stato di beatitudine, che noi conosciamo solo qualche volta, un tale stato è meraviglioso, e se la beatitudine di Dio è ancora maggiore essa deve essere oggetto di meraviglia maggiore. Ma Dio è appunto in tale stato!» (Aristotele, ''Metafisica'', XII, 7, 10-12).</ref> Secondo Aristotele ogni realtà ha in se stessa, e non in cielo, le ragioni (''[[entelechia]]'') per cui tende a essere fatta così e non in un altro modo. Egli introdusse in questo modo il concetto di [[sostanza (filosofia)|sostanza]], cioè di un sostrato che rimane sempre identico a se stesso e prescinde dalle sue particolarità esteriori.
 
Le differenze rispetto a [[Platone]] tuttavia, pur importanti, non portarono a una radicale contrapposizione,<ref>Cfr. Grote, ''Aristotele'', Londra, 1872; G. Reale, ''La metafisica aristotelica come prosecuzione delle istanze di fondo della metafisica platonica'', in «Pensamiento», n. 35 (1979), pagg. 133-143.</ref> perché anche Aristotele dava grande importanza al pensiero sistematico e alle forme universali, e concepiva l'[[essere]] in forma dinamica (come passaggio dalla potenza all'atto) anziché staticamente contrapposto al non-essere. Aristotele propose in definitiva una soluzione diversa al medesimo problema di come conciliare le divergenze tra [[Parmenide]] ed [[Eraclito]], tra l'[[essere]] e il [[divenire]].
L'[[etica]] era pure concepita da Aristotele al modo di [[Socrate]] e [[Platone]], cioè come ricerca della [[virtù]], di quelle attitudini che un uomo deve seguire perché possa vivere felice. Egli faceva coincidere il [[valore (etica)|valore]] con l'[[essere]]: quanto più una realtà realizza la propria ragion d'essere, tanto più essa vale. Agli uomini consigliava il "giusto mezzo": solo usando equilibrio e moderazione una persona può diventare felice e armonica. Allo stesso modo, le tre possibili forme [[politica|politiche]] dello [[Stato]] ([[monarchia]], [[aristocrazia]], e [[democrazia]]) devono guardarsi dall'estemismo delle loro rispettive degenerazioni: [[tirannide]], [[oligarchia]] e [[oclocrazia]].
 
L'[[etica]] era pure concepita da Aristotele al modo di [[Socrate]] e [[Platone]], cioè come ricerca della [[virtù]], di quelle attitudini che un uomo deve seguire perché possa vivere felice. Egli faceva coincidere il [[valore (etica)|valore]] con l'[[essere]]: quanto più una realtà realizza la propria ragion d'essere, tanto più essa vale. Agli uomini consigliava il "giusto mezzo": solo usando equilibrio e moderazione una persona può diventare felice e armonica. Allo stesso modo, le tre possibili forme [[politica|politiche]] dello [[Stato]] ([[monarchia]], [[aristocrazia]], e [[democrazia]]) devono guardarsi dall'estemismoestremismo delle loro rispettive degenerazioni: [[tirannide]], [[oligarchia]] e [[oclocrazia]].
Come già in Platone, inoltre, secondo Aristotele la [[conoscenza]] non deriva esclusivamente dall'[[esperienza]]. Essa implica la cooperazione di [[sensibilità (filosofia)|sensibilità]] ed [[intelletto]], e si attua in gradi, culminando con l'intervento di un [[trascendente]] intelletto attivo, che astrae la “[[forma (filosofia)|forma]]” intelligibile dalle qualità sensibili e provvisorie degli oggetti.
 
Distinta dall'intelletto è la [[Logica]] che è articolata attraverso un processo [[deduzione|deduttivo]], la cui forma tipica è il [[sillogismo]].
Come già in Platone, inoltre, secondo Aristotele la [[conoscenza]] non deriva esclusivamente dall'[[esperienza]]. Essa implica la cooperazione di [[sensibilità (filosofia)|sensibilità]] ed [[intelletto]], e si attua in gradi, culminando con l'intervento di un [[trascendente]] intelletto attivo, che astrae la «[[forma (filosofia)|forma]]» intelligibile dalle qualità sensibili e provvisorie degli oggetti.
Altri principi essenziali della sua [[logica formale|logica “formale”]] (detta anche logica del “pensare astratto”) sono il principio di [[identità (filosofia)|identità]], e quello di [[principio di non contraddizione|non-contraddizione]]. L'importanza di Aristotele per il pensiero [[Occidente|occidentale]] si deve, tra le altre cose, proprio alla sua logica, al fatto cioè che fu lui col suo metodo a fondare e ordinare le diverse forme di conoscenza, creando i presupposti e i paradigmi dei linguaggi specialistici che vengono usati ancora oggi in campo [[scienza|scientifico]](sia pure con notevoli mutamenti di significato).
 
Distinta dall'intelletto è la [[Logica]] che è articolata attraverso un processo [[deduzione|deduttivo]], la cui forma tipica è il [[sillogismo]]. Altri principi essenziali della sua [[logica formale|logica “formale”«formale»]] (detta anche logica del “pensare«pensare astratto”astratto») sono il principio di [[identità (filosofia)|identità]], e quello di [[principio di non contraddizione|non-contraddizione]]. L'importanza di Aristotele per il pensiero [[Occidenteciviltà occidentale|occidentale]] si deve, tra le altre cose, proprio alla sua [[logica aristotelica|logica]], al fatto cioè che fu lui col suo metodo a fondare e ordinare le diverse forme di conoscenza, creando i presupposti e i paradigmi dei linguaggi specialistici che vengono usati ancora oggi in campo [[scienza|scientifico]](sia pure con notevoli mutamenti di significato).
 
=== Il periodo ellenistico ===
{{Vedi anche|Filosofia ellenistica}}
Ispirandosi in vario modo ai filosofi precedenti, ma in particolare a [[Socrate]], nel [[ellenismo|periodo ellenistico]] si svilupparono diverse scuole di pensiero, le quali ebbero tutte in comune la centralità del tema etico, decisamente prevalente, in questi pensatori, rispetto alle tematiche gnoseologiche e ontologiche affrontate da [[Platone]] e [[Aristotele]]. Altro elemento caratteristico di questa fase della filosofia greca, è la costituzione, sul modello dell'[[Accademia di Atene]] platonica e del [[Liceo di Aristotele]], di vere e proprie scuole come centri di aggregazione, evoluzione e diffusione delle varie correnti di pensiero.
Le principali scuole post-socratiche o ellenistiche sono quindi:
* la [[cinismo|scuola cinica]]
* la [[scetticismo filosofico|scuola scettica]]
* la [[EpicuroEpicureismo|scuola epicurea]]
* la [[stoicismo|scuola stoica]]
 
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In un certo senso simile al modo di pensare dei cinici fu lo [[scetticismo filosofico|scetticismo]] di [[Pirrone]] e dei suoi seguaci. La scuola scettica, tuttavia, traeva le ragioni dell'individualismo etico che propugnava da una conclusione di carattere più strettamente metafisico: poiché nulla può essere conosciuto con certezza, e lo stesso bene è inconoscibile, l'unica virtù possibile consiste nell'astenersi da ogni passione, sia teoretica che pratica. L'[[atarassia]], quindi, ovvero l'imperturbabilità, è lo scopo cui deve conformarsi, secondo [[Pirrone]], la vita dell'uomo.
 
A queste considerazioni etiche che sostanzialmente eliminavano ogni possibilità di una morale universalmente valida e fondata su una considerazione oggettiva del bene, risposero indirettamente le posizioni di [[Epicuro]] e della sua scuola (definita "Il Giardino"), nonché le differenti espressioni dello [[stoicismo]]. Per quanto riguarda Epicuro, il cui pensiero si fonda su una concezione radicalmente [[materialismo|materialistica]] e [[atomismo|atomistica]] della natura, egli concepì la filosofia stessa come un farmaco, per la precisione un tetrafarmaco, in grado di liberare l'uomo dalle sue paure esistenziali, in modo da condurlo alla libera espressione di se stesso e alla felicità. Per Epicuro, pertanto, obiettivo della morale non è il perseguimento del bene, ma il raggiungimento della [[felicità]]; e tale felicità consiste nel [[piacere]], purché si comprenda, tuttavia, che solo alcuni piaceri (fra i quali il cibo, l'[[amicizia]], una [[sessualità]] moderata) sono davvero necessari e vanno perseguiti, mentre tutti gli altri creano in realtà turbamento e sofferenza.
Per quanto riguarda Epicuro, il cui pensiero si fonda su una concezione radicalmente [[materialismo|materialistica]] e [[atomismo|atomistica]] della natura, egli concepì la filosofia stessa come un farmaco, per la precisione un tetrafarmaco, in grado di liberare l'uomo dalle sue paure esistenziali, in modo da condurlo alla libera espressione di se stesso e alla felicità. Per Epicuro, pertanto, obiettivo della morale non è il perseguimento del bene, ma il raggiungimento della [[felicità]]; e tale felicità consiste nel [[piacere]], purché si comprenda, tuttavia, che solo alcuni piaceri (fra i quali il cibo, l'[[amicizia]], una [[sessualità]] moderata) sono davvero necessari e vanno perseguiti, mentre tutti gli altri creano in realtà turbamento e sofferenza.
 
Per quanto riguarda invece la [[stoicismo|scuola stoica]],<ref>Lo stoicismo prende il suo nome dalla [[Stoà Pecile|Stoà Pecìle]] o «portico dipinto» (in greco στοὰ ποικίλη, ''Stoà poikíle'') dove il suo fondatore, [[Zenone di Cizio]], impartiva le sue lezioni.</ref> che si articolò in numerosi esponenti ([[Zenone di Cizio]], [[Panezio]], [[Posidonio]], [[Crisippo di Soli|Crisippo]] etc.) e che trovò una grande diffusione anche nella [[Roma]] imperiale, divenendone quasi la filosofia ufficiale, essa si occupò sia di logica che di fisica e di etica, ma il tema più rilevante restò in ogni caso quello [[morale]]. Nell'ambito di una concezione dell'uomo come partecipe del ''[[logos]]'' che unisce tutte le cose, secondo gli stoici l'individuo, per vivere rettamente, deve "omologarsi" in senso letterale (ovvero "rendersi uguale al ''Logos''"), cioè comportarsi sempre secondo la [[ragione]] che è comune a tutti gli uomini. L'[[apatia (filosofia)|apatia]] propria agli stoici, quindi, non consiste nell'indifferenza nei confronti delle passioni, ma nella capacità di accettare anche il [[male]] e il [[dolore]] come necessari e [[teleologia|finalisticamente]] positivi. Un forte senso del dovere e del rigore morale fece in modo che a questo tipo di etica aderirono soprattutto le classi dirigenti della [[Impero Romanoromano|Roma imperiale]].
 
=== Neoplatonismo e fine della filosofia greca ===
{{vedi anche|Neoplatonismo}}
Nell'età dell'[[impero romano]] la cultura ellenistica si fonde con quella [[filosofia latina|latina]], e anzi contribuisce, soprattutto mediante i suoi apporti artistici e filosofici, a sviluppare anche nei cittadini romani il senso e l'importanza dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[otium]]'', ovvero di quella parte della vita quotidiana che i cittadini più ricchi possono e devono dedicare ai piaceri e alla riflessione, anziché all'impegno politico o lavorativo.
Non è quindi più possibile, in periodo imperiale, identificare una filosofia "greca" distinta dai suoi sviluppi in ambito latino; tuttavia, in realtà, non vi sono più autonome e originali ricerche filosofiche, ma rielaborazioni sempre più [[eclettismo|eclettiche]] delle correnti di pensiero precedenti, favorite da una dimensione sempre più [[cosmopolitismo|cosmopolita]] degli individui.
 
[[File:Plotin.jpg|120pxupright=0.5|left|thumb|Plotino]]
In un tale contesto, in cui si assiste al prevalere di correnti [[gnosticismo|gnostiche]], e ad alcune rielaborazioni dell'[[aristotelismo]], le principali novità sono rappresentate però dalla diffusione della [[religione cristiana]], la cui affermazione giunge a compimento con la legalizzazione del culto da parte dell'imperatore [[Costantino]] ([[313]]); e dalla risposta "filosofica" e pagana a questo culto, rappresentato dai vari esponenti del neoplatonismo, i più importanti dei quali sono [[Plotino]], [[Porfirio]], [[Giamblico]], [[Proclo]].
 
Il [[neoplatonismo]] si presenta come una cospicua reinterpretazione del pensiero di [[Platone]], in particolare nei suoi aspetti ontologici e cosmologici, per ricondurlo sulle orme di [[Parmenide]] a un principio più unitario rispetto alla ''[[Dualismo|Diade]]'' a cui erano approdati gli ultimi [[dialoghi platonici]].<ref>Cfr. [[Giovanni Reale]], ''Per una nuova interpretazione di Platone'', Vita e Pensiero, Milano 2003 ISBN 88-343-1036-5.</ref> Secondo la dottrina neoplatonica, l'intero universo trae origine da un principio primo che si può definire "[[Uno (filosofia)|Uno]]"; da esso, per mezzo dell'energia vitale e di vari livelli intermedi, detti [[ipostasi (filosofia e teologia)|ipostasi]], la creazione, che avviene per [[emanazione]] spirituale, giunge fino alle realtà sensibili, ovvero alla [[materia (filosofia)|materia]] formata, come una [[luce (filosofia)|luce]] che si diffonde allontanandosi via via dalla sorgente. L'uomo è quindi vittima di una "caduta" nella materialità, da cui può riscattarsi [[epistrophé|ripercorrendo al contrario]], mediante un rientro nella propria [[anima]], i vari gradi della creazione[[processione (teologia)|processione divina]], risalendo verso lal'unità suacon unitàla colnatura tuttovivente (definita "[[anima del mondo]]"), epoi alcol ''[[Nous]]'', o [[Intelletto|intelligenza]] divina, che è contemplazione[[pensiero]] contemplativo di sé, fino a viveresperimentare con lnell'[[estasi]] spirituale la riunificazione con l'Uno da cui tutto promana. È facile notare come questo pensiero abbia in sé notevoli elementi di [[misticismo]]; esso infatti avrà una grande influenza sui maggiori [[misticismo cristiano|mistici cristiani]] del [[medioevoMedioevo]], e durerà fin quando l'[[aristotelismo]] non subentrerà al neoplatonismo.
 
Già con [[Giustino (filosofo)|Giustino]],<ref>Disse che i filosofi greci ebbero contatti col mondo giudaico dell'Antico Testamento al quale erano debitori. Cfr. {{cita web|url=https://didattica.uniroma2.it/files/scarica/insegnamento/144061-Storia-Del-Pensiero-Teologico/10923-Giustino-Apologie|titolo=Apologie di Giustino martire|accesso=10 luglio 2024|dataarchivio=10 luglio 2024|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20240710142324/https://didattica.uniroma2.it/files/scarica/insegnamento/144061-Storia-Del-Pensiero-Teologico/10923-Giustino-Apologie|urlmorto=sì}}</ref> poi con [[Clemente Alessandrino]]<ref>Secondo i suoi ''[[Stromata]]'', esisterebbero due versioni dell'Antico Testamento: una è quella biblica, mentre l'altra è la filosofia greca che ha preceduto e introdotto quella cristiana che sarebbe la filosofia vera e propria e il compimento di quella greca</ref>, [[Tascio Cecilio Cipriano]]<ref>Parla anche di una filosofia secondo i greci e di una filosofia secondo [[Mosè]], per dire che la filosofia greca è L'Antico Testamento sono come due fiumi che confluiscono nell'unico comune affluente del Cristianesimo. Cfr. {{cita web|autore=Enrico dal Covolo|url=http://www.theologia.va/content/dam/cultura/image/Collegamenti/accademie/teologia/path/8.1.pdf|titolo=Logos e fides tra gli Aeropaghi del Terzo Millennio|formato=PDF|editore=[[Pontificia Accademia di Teologia]]|pagina=16|accesso=10 luglio 2024|dataarchivio=30 agosto 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210830143754/http://www.theologia.va/content/dam/cultura/image/Collegamenti/accademie/teologia/path/8.1.pdf|urlmorto=sì}}</ref> e [[Eusebio di Cesarea]],<ref>La ''Preparazione'' e ''Dimostrazione evangelica'' di sant'Eusebio sono un'altra opera che si propone di dimostrare l'anteriorità e il debito della cultura filosofica greca nei confronti del giudaismo e dell'Antico Testamento.</ref> il [[cristianesimo delle origini]] trasse ispirazione dal [[platonismo]]. Anche [[Origene]], [[Tertulliano]] e i [[Padri cappadoci]] fecero un uso sapiente del ragionamento filosofico e, sebbene avessero criticato i filosofi, adottarono il linguaggio filosofico dovunque ne ebbero possibilità.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Eirini|cognome=Artemi|data=2016-07-01|titolo=Embracing Greek philosophical thinking in the fathers of the 2nd - 5th centuries|rivista=Vox Patrum|ISSN=0860-9411|OCLC=10168592421|volume=65|lingua=en|accesso=2024-12-02|doi=10.31743/vp.3492|url=https://doaj.org/article/6ba3bf3b596149fd9dc347860a596f32}}</ref>
Con [[Agostino]] e gli altri [[padri della Chiesa]] la religione cristiana si diffonde a tutti i livelli del potere temporale, grazie al consenso sempre crescente che riscuote presso i pagani, che decidono di convertirsi alla «[[buona novella]]». Assimilando la cultura pagana ne vengono respinti al contempo gli elementi ritenuti incompatibili con la nuova dottrina. Tramonta così, con l'editto di [[Giustiniano]] del [[529]] - che decreta la definitiva chiusura dell'[[Accademia di Atene]] - la filosofia greca: essa durò, pertanto, circa un millennio.
 
Con [[Agostino d'Ippona|Agostino]] e gli altri [[padri della Chiesa]] la religione cristiana si diffonde a tutti i livelli del [[potere temporale]], grazie al consenso sempre crescente che riscuote presso i pagani, che decidono di convertirsi alla «[[vangelo|buona novella]]». Assimilando la culturaloro paganacultura ne vengono respinti al contempo gli elementi ritenuti incompatibili con la nuova dottrina. Tramonta così, con l'editto di [[Giustiniano]] del [[529]] - che decreta la definitiva chiusura dell'[[Accademia di Atene]] - la filosofia greca: essa durò, pertanto, circa un millennio.
 
== Considerazioni critiche ==
Sulle origini della filosofia greca molto si è discusso tra gli studiosi su possibili influssi derivanti dall'[[Vicino Oriente antico|Oriente]] [[asia]]tico. Alcuni aspetti del pensiero della [[scuola di Mileto]], di [[Pitagora]], di [[Eraclito]], e di [[Parmenide]], hanno fatto pensare, a seconda dei casi, ad un'ascendenza [[mosè|mosaica]], [[Antico Egitto|egizia]], [[Persia|iranica]], o anche [[india]]na.<ref>Cfr. le tesi esposte da [[Martin Litchfield West]], in ''Early Greek Philosophy and the Orient'', Oxford, Clarendon Press, 1971. Tra gli studiosi italiani che riconoscono un'origine orientale della filosofia greca vi è [[Enrico Berti]], curatore dell'introduzione alla traduzione italiana dell'opera di M. L. West, ''La filosofia greca arcaica e l'Oriente'', Bologna, Il Mulino, 1993.</ref> Altri invece, come [[Giovanni Reale]], negano tali influssi riconoscendo alla filosofia greca piena autonomia e originalità.<ref>G. Reale, ''Storia della filosofia antica'', vol. I, pag. 1, Milano, Vita e Pensiero, 1987.</ref> Così secondo [[Giuseppe Faggin]],<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/09/24/morto-faggin-studioso-di-platone.html|titolo=MORTO FAGGIN STUDIOSO DI PLATONE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2022-02-06}}</ref> «di fronte alle civiltà dell'[[Asia|Oriente]], il genio ellenico rappresenta la vocazione alla luce, alla razionalità, al [[Logos]]».<ref>''Storia della filosofia'', vol. I, pag. 3, ed. Principato, Milano, 1983.</ref>
Secondo [[Giuseppe Faggin]], «di fronte alle civiltà dell'[[Oriente]], il genio ellenico rappresenta la vocazione alla luce, alla razionalità, al [[Logos]]».<ref>''Storia della filosofia'', vol. 1, pag. 3, ed. Principato, 1983.</ref> Egli ha quindi elencato quelle caratteristiche, appartenute al patrimonio culturale greco, che a suo parere sono diventate una componente essenziale del pensiero occidentale: il ''cosmo'' (κόσμος) cioè la realtà ordinata e razionale; la ''legge'' (νόμος) che ne regola i fatti; la ''cadenza'' (ῥυθμός, ritmo) che scandisce le oscillazioni della vita; l'''accordo'' (αρμονία, armonia) che congiunge suoni, azioni, mondi; la ''proporzionalità'' (συμμετρία, simmetria) nella bellezza dei corpi umani e nelle costruzioni architettoniche; la ''parola'' (λόγος, logos) intesa come il senso e la ragione di fatti, eventi, azioni; la ''necessità'' (ανάγκη) che incombe, inesorabile, su tutto ciò che esiste. In un tale [[universo]] razionale ed organico, è ritenuto "bello e buono" (καλὸς καὶ αγαθός) colui che attua nelle azioni, nel corpo e nel pensiero la legge e il ritmo dell'[[universo]]. Viceversa la colpa peggiore è «la ὔβρις, cioè la tracotanza che si rifiuta di accettare l'ordinamento divino del mondo e gli oppone il proprio orgoglioso [[arbitrio]]».<ref>Giuseppe Faggin, ''op. cit.'', pag. 6.</ref>
 
Il ''Logos'' è per Reale il fondamento della ragione greca, la quale però si richiamava soprattutto all'[[intuizione]] come principio del filosofare, e privilegiava il metodo della confutazione (''elenchos'') per dimostrare le [[contraddizione|contraddizioni]] degli avversari.<ref>G. Reale, ''Storia della filosofia antica'', pag. 41, ''op. cit.''.</ref> Faggin ha elencato quelle caratteristiche appartenute al patrimonio culturale greco, che, come ribadito sostanzialmente dallo stesso Reale,<ref>«La forza educativa proveniente dal mondo greco ha caratterizzato l'Occidente a partire dai Romani; è poi più volte rinata con continue trasformazioni col sorgere di nuove culture, dapprima con il [[Cristianesimo]], poi con l'[[Umanesimo]] e il [[Rinascimento]]» (G. Reale, Introduzione a [[Werner Jaeger]], ''Paideia. La formazione dell'uomo greco'', [1944], Milano, Bompiani, 2003).</ref> sono diventate una componente essenziale del pensiero occidentale: il ''cosmo'' (κόσμος) cioè la realtà ordinata e razionale; la ''legge'' (νόμος) che ne regola i fatti; la ''cadenza'' (ῥυθμός, ritmo) che scandisce le oscillazioni della vita; l{{'}}''accordo'' (αρμονία, armonia) che congiunge suoni, azioni, mondi; la ''proporzionalità'' (συμμετρία, simmetria) nella [[bellezza]] dei corpi umani e nelle costruzioni [[architettura|architettoniche]]; la ''[[parola]]'' (λόγος, logos) intesa come il senso e la ragione di fatti, eventi, azioni; la ''[[necessità]]'' (ανάγκη) che incombe, inesorabile, su tutto ciò che esiste.
 
Una tale razionalità ed organicità si rifletteva nella concezione della ''[[polis]]'', le cui leggi erano ritenute un riflesso dell'ordine naturale dell'[[universo]],<ref name=kosmos /> una concezione messa in crisi soltanto dall'avvento della sofistica.<ref>Tomas Tyn, ''[http://www.arpato.org/testi/tesi/traduzionetesi72/Platone1-140_Favaro-Cavalcoli.pdf Die Problematik von Bewegung und Ruhe bei Plato]'', trad. it., pag. 8, Walberberg, 1972.</ref> Analogamente era considerato «''bello e buono''» (καλὸς καὶ αγαθός) colui che attuasse nelle azioni, nel corpo e nel pensiero la legge e il ritmo della natura. Viceversa la colpa peggiore era «la ὔβρις, cioè la tracotanza che si rifiuta di accettare l'ordinamento divino del mondo e gli oppone il proprio orgoglioso [[arbitrio]]».<ref>Giuseppe Faggin, ''Storia della filosofia'', vol. I, ed. Principato, Milano, 1983, pag. 6.</ref>
 
Un'altra caratteristica della filosofia greca èera la propensione alla speculazione teoretica, alla "vita contemplativa" (βίος θεωρητικός), ritenuta il fine più nobile dell'esistenza umana, a discapito delle attività tecnico-pratichetecniche e deimanuali mestieri(βίος manualiπραγματικός).<ref>Giuseppe Faggin, ''op. cit.'', pag. 5-6.</ref>. Testimonianze esplicite in tal senso vengonoverrebbero da Socrate,<ref>[[Senofonte]]Secondo scrive nelll{{' }}''Economico'' chedi [[Senofonte]], [[Socrate]] dissesi questosarebbe così espresso: "«Quelle arti che sono chiamate meccaniche portano un marchio sociale e sono giustamente tenute in spregio nelle nostre città perché danneggiano il corpo di coloro che le praticano; e questa degenerazione fisica produce anche un deterioramento dell'animo"».</ref> e Aristotele.,<ref>Cfr. ''Etica Nicomachea'', X, 7, 1177 b30-31.</ref> sebbene non si tratti mai di un filosofare puramente astratto, ma rivolto anche all'agire etico e politico.<ref name="G. Reale, op. cit., pag. 40"/>
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
* [[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia greca e romana'', 10 voll., Bompiani, 2004
* G. Reale, '' Il pensiero occidentale dalle origini a oggi: la filosofia antica e medioevale'', volume I (di 3), editore La Scuola, 1983 (1ª edizione), libro di testo per i licei classici, scientifici e istituti magistrali italiani.
* [[Guido Calogero]], ''Studi sull'eleatismo'', Roma 1932; (2ª edizione Firenze 1977)
* T. Gomperz, ''Pensatori greci'', La Nuova Italia, Firenze 1950
* E. Zeller, R. Mondolfo, ''La filosofia dei greci'', La Nuova Italia, 1969
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* C. Michelstaedter, ''Parmenide ed Eraclito. Empedocle'', a cura di A. Cariolato, ed. SE, 2003
* V. E. Alfieri, ''Gli atomisti'', Laterza, Bari 1936
* M.[[Massimo Bontempelli (storico)|Massimo Bontempelli]], F.Fabio Bentivoglio, ''Percorsi di verità della dialettica antica: Eraclito, Platone, Plotino'', Spes Edizioni, 1996
* Antonio Gargano, ''I sofisti, Socrate, Platone'', La Città del Sole, 1996
* Francesco Sarri, ''Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima'', Vita e Pensiero, Milano 1997 ISBN 88-343-0866-2
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* G. Salmeri, ''Il discorso e la visione. I limiti della ragione in Platone'', Studium, Roma 1999
* Paolo Impara, ''Platone filosofo dell'educazione'', Armando, 2002
* [[Olof Gigon|O. Gigon]], ''La teoria e i suoi problemi in Platone e Aristotele'', Napoli, 1987
* Paul Moraux, ''L' aristotelismo presso i greci'', a cura di V. Cicero, Vita e Pensiero, 2000
* G. Reale, ''Guida alla lettura della metafisica di Aristotele'', Laterza, Roma-Bari 2004
* [[Werner Jaeger]], ''Aristotele. Prime linee di una storia della sua evoluzione spirituale'', Sansoni, Firenze 2004
Riga 135 ⟶ 142:
* [[Margherita Isnardi Parente]], ''Introduzione allo stoicismo ellenistico'', Laterza 2004
* Riccardo Chiaradonna, ''Sostanza, movimento, analogia. Plotino critico di Aristotele'', Bibliopolis, 2002
* P. Merlan, ''Dal Platonismo al Neoplatonismo'', introduzione di G. Reale, traduzione di E. Peroli, ed. Vita e Pensiero 1994 ISBN 88-343-0805-0
* Nuccio D'Anna, ''Il neoplatonismo. Significato e dottrine di un movimento spirituale'', Il Cerchio, Rimini 1989
* [[Cleto Carbonara]], ''La filosofia di Plotino'', Ferraro, Napoli 1954
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* [[Scuola di Mileto]]
* [[Storia della filosofia occidentale]]
* [[Filosofia latina]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
{{interprogetto|commons=Category:Philosophers from Greece|b=Filosofia presocratica e socratica/La nascita greca della filosofia|q|b_oggetto=testi sulla nascita|b_preposizione=della|b_etichetta=filosofia greca}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* [http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaB/BERTI_%20LA%20FILOSOFIA%20GRECA%20ARCAIC.htm E. Berti, ''La filosofia greca arcaica e l'Oriente''].
* [{{cita web|url=http://www.noeinfilosofico.net/originiAntologia_file/physis_liteAntologiaB/BERTI_%20LA%20FILOSOFIA%20GRECA%20ARCAIC.pdfhtm|autore=Enrico Dario Zucchello, ''Cosmo e natura nellaBerti|titolo=La filosofia greca arcaica e l''].Oriente}}
* {{cita web|url=https://www.academia.edu/34451454/Cosmo_e_natura_nella_filosofia_greca_arcaica|titolo=Cosmo e natura nella filosofia greca arcaica|autore=Dario Zucchello}}
* [http{{cita web|url=https://lucideimaestrigiovannamigliorini.altervistawordpress.orgcom/orfeo.htm 2014/01/31/35/|autore=Giovanna Migliorini, ''|titolo=Il mito di Orfeo ed i misteri orfici''].}}
* [http://www.emsf.rai.it/articoli/articoli.asp?d=19 Mario Vegnetti, ''L'etica e la filosofia antica''].
* {{cita web|url=https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=1903|autore=[[Mario Vegetti]]|titolo=L'etica e la filosofia antica|accesso=9 marzo 2020}}
* {{cita web|url=http://www.gianfrancobertagni.it/Discipline/filosofiaantica.htm|titolo=I testi della filosofia antica}}
* {{cita web|url=http://www.iep.utm.edu/greekphi/|titolo=Ancient Greek Philosophy|autore=Jacob N. Graham|sito=Internet Encyclopedia of Philosophy|lingua=en}}
 
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