Prima guerra mondiale: differenze tra le versioni
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Ziv (discussione | contributi) m (GR) Duplicate: File:Shipbuilding during the First World War Q20067.jpg → File:The Shipbuilding Industry in Britain, 1914-1918 Q20067.jpg Exact or scaled-down duplicate: c::File:The Shipbuilding Industry in Britain, 1914-1918 Q20067.jpg |
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<noinclude>{{Protetta}}</noinclude>
{{nota disambigua|il film|La grande guerra|Grande guerra}}
|Tipo = Guerra
|Nome del conflitto = Prima guerra mondiale
|Immagine = Collage Infobox WWI.jpg
|Didascalia = Da in alto a sinistra in senso orario: insorti russi nelle strade di [[San Pietroburgo]]; la [[nave da battaglia]] {{nave|SMS|Szent István||2}} affonda; fanti britannici in trincea [[Battaglia della Somme|sulla Somme]]; mitraglieri austroungarici sulle montagne sud-tirolesi; truppe statunitensi nell'[[Argonne]] su carri armati [[Renault FT]]; bombardiere tedesco [[Gotha G.IV]] diretto su [[Londra]].
|Data = [[28 luglio]] [[1914]] – [[11 novembre]] [[1918]]<br /><small>({{Età e giorni|1914|7|28|1918|11|11}})</small>
|Luogo = [[Europa]], [[Africa]], [[Medio Oriente]], [[isole del Pacifico]], [[oceano Atlantico]] e [[oceano Indiano]]|
|Casus = [[Attentato di Sarajevo]]
|Esito = Vittoria delle [[Alleati della prima guerra mondiale|forze dell'Intesa e alleati]]
|Mutamenti_territoriali = * Dissoluzione degli imperi [[Impero tedesco|tedesco]], [[Dissoluzione dell'Impero austro-ungarico|austro-ungarico]], [[Dissoluzione dell'Impero ottomano|ottomano]] e [[Impero russo|russo]]
* Nascita di nuovi Stati in Europa in conseguenza dello smembramento di Austria-Ungheria e Russia
* Spartizione dell'Impero ottomano e delle colonie tedesche tra le potenze vincitrici
* Istituzione della [[Società delle Nazioni]]
|Schieramento1 = '''[[Alleati della prima guerra mondiale|Alleati]]''':<br />{{SRB 1882-1918}}<br />[[File:Flag of Russia (1914-1917).svg|20px|border]] [[Impero russo|Russia]]<small> (fino al 1917)</small><br />{{FRA 1870-1940}}<br />{{BEL}}<br />{{GBR Impero}}<br />{{MNE 1910-1918}} <small>(fino al 1916)</small><br />{{Bandiera|JPN 1868-1945|nome}}<br />{{ITA 1861-1946}} <small>(dal 1915)</small><br />{{Bandiera|PRT}} [[Prima Repubblica portoghese|Portogallo]] <small>(dal 1916)</small><br />{{ROU 1881-1947}} <small>(dal 1916)</small><br />{{USA 1912-1959}} <small>(dal 1917)</small><br />{{GRC 1822-1978}} <small>(dal 1917)</small><br />'''[[Alleati della prima guerra mondiale#Dichiarazioni di guerra|… e altri]]'''
|Schieramento2 = '''[[Imperi centrali]]''':<br />{{AUT-HUN}}<br />{{DEU 1871-1918}}<br />{{OTT}}<br />{{BGR 1908-1946}} <small>(dal 1915)</small><br />'''[[Imperi centrali#Alleati minori|… e altri]]'''
|Comandante1 = {{bandiera|FRA 1870-1940}} [[Joseph Joffre]]<br />{{bandiera|FRA 1870-1940}} [[Robert Georges Nivelle]]<br />{{bandiera|FRA 1870-1940}} [[Philippe Pétain]]<br />{{bandiera|FRA 1870-1940}} [[Ferdinand Foch]]<br />{{bandiera|GBR}} [[John French]]<br />{{bandiera|GBR}} [[Douglas Haig]]<br />[[File:Flag of Russia (1914-1917).svg|20px|border]] [[Nikolaj Nikolaevič Romanov (1856-1929)|Granduca Nicola]]<br />[[File:Flag of Russia (1914-1917).svg|20px|border]] [[Michail Vasil'evič Alekseev|Michail Alekseev]]<br />[[File:Flag of Russia (1914-1917).svg|20px|border]] [[Aleksej Alekseevič Brusilov|Aleksej Brusilov]]<br />[[File:Flag of Russia (1914-1917).svg|20px|border]] [[Lavr Georgievič Kornilov|Lavr Kornilov]]<br />{{bandiera|ITA 1861-1946}} [[Luigi Cadorna]]<br />{{bandiera|ITA 1861-1946}} [[Armando Diaz]]<br />{{Bandiera|USA 1912-1959}} [[John Pershing]]<br />[[File:State Flag of Serbia (1882-1918).svg|20px|border]] [[Radomir Putnik]]<br />{{Bandiera|BEL}} [[Alberto I del Belgio|Alberto I]]<br />'''[[Alleati della prima guerra mondiale#Leader e comandanti|… e altri]]'''
|Comandante2 = {{bandiera|DEU 1871-1918}} [[Helmuth Johann Ludwig von Moltke|Helmuth von Moltke]]<br />{{bandiera|DEU 1871-1918}} [[Erich von Falkenhayn]]<br />{{bandiera|DEU 1871-1918}} [[
|Effettivi1 =
|Effettivi2 =
|Perdite1 = '''Militari morti'''<br />{{formatnum:5525000}}<br />'''Militari feriti'''<br />{{formatnum:12990000}}<br />'''Militari dispersi'''<br />{{formatnum:4121000}}<br />'''Civili morti'''<br />{{formatnum:3155000}}<br />'''Perdite effettive'''<br />{{formatnum:12801000}}
|
|Note = Per informazioni dettagliate sulle perdite vedi '''[[Conteggio delle vittime della prima guerra mondiale|qui]]'''
}}
{{Campagnabox Prima guerra mondiale}}
La '''prima guerra mondiale''' fu un [[guerra mondiale|conflitto]] che coinvolse le principali potenze e molte di quelle minori tra il 28 luglio 1914 e l'11 novembre 1918. Inizialmente definita "guerra europea" dai contemporanei, con il coinvolgimento successivo delle colonie dell'[[Impero britannico]] e di altri Paesi extraeuropei, tra cui gli [[Stati Uniti d'America]] e l'[[Impero giapponese]], prese poi il nome di '''guerra mondiale''' o '''Grande guerra'''<ref>Solo con il verificarsi della [[seconda guerra mondiale]] la Grande guerra fu ribattezzata "prima guerra mondiale", espressione che quindi è in effetti un [[retronimo]].</ref>: fu infatti il più grande conflitto armato mai combattuto fino alla successiva [[seconda guerra mondiale]]<ref>{{Cita|Willmott|pp. 10, 11}}.</ref>.
Il conflitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'[[Impero austro-ungarico]] al [[Regno di Serbia]] in seguito all'[[Attentato di Sarajevo|assassinio dell'arciduca]] ed erede al trono [[Francesco Ferdinando d'Austria-Este|Francesco Ferdinando]] e sua moglie [[Sophie Chotek von Chotkowa|Sofia]], avvenuto il 28 giugno 1914 a [[Sarajevo]] per mano di [[Gavrilo Princip]], studente bosniaco facente parte della [[Crna ruka|Mano Nera]] (organizzazione terroristica serba). A causa del gioco di alleanze formatesi negli ultimi decenni del [[XIX secolo]], la guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali, e le rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte gli [[Imperi centrali]] ([[Impero tedesco]], [[Impero austro-ungarico]] e [[Impero ottomano]]), dall'altra gli [[Alleati della prima guerra mondiale|Alleati]], rappresentati principalmente da [[Terza Repubblica (Francia)|Francia]], [[Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda|Regno Unito]], [[Impero russo]] (fino al 1917), [[Impero giapponese]] e [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] (dal 1915). Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa), di cui oltre 9 milioni morirono; si registrarono anche milioni di vittime civili, non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra, ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie<ref name="Gilbert3">{{Cita|Gilbert|p. 3}}.</ref>.
Le prime operazioni militari del conflitto videro la [[piano Schlieffen|fulminea avanzata]] dell'esercito tedesco in [[Invasione tedesca del Belgio (1914)|Belgio]] e nel [[Fronte occidentale (1914-1918)|nord della Francia]], azione fermata però dagli anglo-francesi nel corso della [[prima battaglia della Marna]] nel settembre 1914; il contemporaneo attacco dei russi da est infranse le speranze tedesche in una guerra breve e vittoriosa, e il conflitto degenerò in una logorante [[guerra di trincea]], che si replicò su tutti i fronti e perdurò fino al termine delle ostilità. A mano a mano che procedeva, la guerra raggiunse una scala mondiale con la partecipazione di molte altre nazioni, come [[Giappone]], [[Regno di Bulgaria|Bulgaria]], [[Regno di Romania|Romania]], [[Prima Repubblica (Portogallo)|Portogallo]] e [[Regno di Grecia|Grecia]]; determinante per l'esito finale fu, nel 1917, l'ingresso in guerra degli [[Stati Uniti d'America]] a fianco degli Alleati.
La guerra si concluse definitivamente l'
{{TOClimit|3}}
== Origini della guerra ==
{{
Lo scoppio della
Per individuare le cause fondamentali del conflitto bisogna risalire innanzitutto al ruolo preponderante della [[Prussia]] nella creazione dell'[[Impero tedesco]], alle concezioni politiche di [[Otto von Bismarck]], alle tendenze filosofiche prevalenti in Germania e alla sua situazione economica; un insieme di fattori eterogenei che concorsero a trasformare il desiderio della Germania di assicurarsi sbocchi commerciali nel mondo. A essi andarono collegandosi i problemi etnici interni all'[[Impero austro-ungarico]] e alle ambizioni indipendentiste di alcuni popoli che ne facevano parte, il timore che la Russia generava oltre frontiera soprattutto nei tedeschi, la paura che tormentava la Francia [[guerra franco-prussiana|fin dal 1870]] di una nuova aggressione che aveva lasciato una [[revanscismo|forte animosità]] verso la Germania<ref>{{Cita|Horne|p. 9}}.</ref> e, infine, l'evoluzione diplomatica del [[Impero britannico|Regno Unito]] da un atteggiamento d'[[isolazionismo|isolamento]] a una politica di attiva presenza in Europa<ref>{{Cita|Hart|pp. 17-18}}.</ref>.
Sotto la guida politica del suo primo [[cancelliere del Reich|cancelliere]] Bismarck, la Germania si assicurò una forte presenza in Europa tramite l'[[Triplice alleanza (1882)|alleanza con l'Impero austro-ungarico e l'Italia]] e un'[[trattato di controassicurazione|intesa diplomatica]] con la Russia. L'ascesa al trono nel 1888 del ''[[kaiser]]'' [[Guglielmo II di Germania]] portò sul trono tedesco un giovane governante determinato a dirigere da sé la politica, nonostante i suoi dirompenti giudizi diplomatici. Dopo le elezioni del 1890, nelle quali i partiti del centro e della sinistra ottennero un notevole successo, a causa della disaffezione nei confronti del cancelliere, Guglielmo II fece in modo di ottenere le dimissioni di Bismarck<ref>{{Cita|Strachan|p. 8}}.</ref>; gran parte del lavoro dell'ex cancelliere venne disfatto negli anni seguenti, quando Guglielmo II mancò di rinnovare il [[trattato di controassicurazione]] con i russi, offrendo così alla Francia l'opportunità di concludere nel 1894 un'[[alleanza franco-russa]]<ref>{{Cita|Hart|p. 21}}.</ref>.
Altro passaggio fondamentale nel percorso verso la guerra mondiale fu la corsa al riarmo navale: il ''kaiser'' riteneva che solo un massiccio incremento della ''[[Kaiserliche Marine]]'' avrebbe reso la Germania una potenza mondiale e nel 1897 fu nominato alla guida della marina l'ammiraglio [[Alfred von Tirpitz]]; la Germania iniziò una politica di riarmo che risultò una vera e propria sfida aperta al secolare predominio navale britannico<ref>{{Cita|Hart|p. 25}}.</ref>, favorendo un [[Entente cordiale|accordo anglo-francese]] nel 1904 e uno [[accordo anglo-russo per l'Asia|tra Russia e Regno Unito]] nel 1907, che chiudeva [[Grande gioco|un secolo di rivalità]] fra le due potenze nello scacchiere asiatico. Il Regno Unito tentò inoltre di rafforzare la propria posizione in altre direzioni, alleandosi con l'[[Impero giapponese]] nel 1902; nonostante la proposta di [[Joseph Chamberlain]] di un trattato con Germania e Giappone per avvantaggiarsi congiuntamente nel Pacifico, la Germania continuò nella sua politica bellicosa aumentando l'attrito con le potenze europee<ref>{{Cita|Hart|p. 29}}.</ref>. Da quel momento in poi le grandi potenze europee furono di fatto, anche se non ufficialmente, divise in due gruppi rivali; negli anni seguenti la Germania, la cui politica aggressiva e poco diplomatica aveva dato il via a una coalizione avversaria, intensificò i rapporti con l'Austria-Ungheria e l'Italia<ref name="Hart35">{{Cita|Hart|p. 35}}.</ref>.
La nuova divisione in blocchi dell'Europa non era una riedizione del vecchio equilibrio di potenza, ma una semplice barriera tra potenze. I diversi paesi si affrettarono ad aumentare gli armamenti, che nel timore di una deflagrazione improvvisa vennero messi a completa disposizione dei militari<ref name="Hart35"/>. Il Regno Unito aveva dato il via libera alle [[Protettorato francese del Marocco#Storia|pretese della Francia sul Marocco]], in cambio del riconoscimento dei propri diritti sull'[[Egitto]], tuttavia questo accordo fra le due principali potenze coloniali violava la [[Convenzione di Madrid (1880)|convenzione di Madrid del 1880]], firmata anche dalla Germania. Ne derivò la "[[crisi di Tangeri]]" del 1905 dove il ''kaiser'' ribadì il ruolo fondamentale della Germania nella politica extra-europea<ref>Richard W. Mansbach, Kirsten L. Rafferty, ''Introduction to global politics'', p. 109</ref>.
Una [[Crisi bosniaca|prima crisi]] si aprì nella [[penisola balcanica]] nel 1908: a seguito degli sconvolgimenti creati dal movimento del "[[Giovani Turchi]]" nell'[[Impero ottomano]], la [[Bulgaria]] si sganciò dall'influenza turca e l'Austria si annetté le province di [[Bosnia]] ed [[Erzegovina]], che già amministrava dal 1879. La Russia accettò l'annessione, ottenendo il libero transito nei [[Dardanelli]], ma l'Italia considerò tale azione un affronto e la [[Serbia]] una minaccia. La perentoria richiesta rivolta dalla Germania alla Russia di riconoscere la legittimità dell'annessione sotto pena di un attacco austro-tedesco facilitò la mossa asburgica ma creò non pochi dissapori tra la Russia e le potenze germaniche<ref>{{Cita|Hart|pp. 35, 36}}.</ref>. Altro motivo di attrito fu la "[[crisi di Agadir]]",
La debolezza dell'Impero ottomano, palesata dall'[[Guerra italo-turca|occupazione italiana della Libia e del Dodecaneso]], incoraggiò Bulgaria, Serbia e [[Regno di Grecia|Grecia]] a rivendicare l'egemonia sulla [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]] come primo passo per estromettere gli ottomani dall'Europa. Con la [[prima guerra balcanica]] i turchi furono rapidamente sconfitti: la Serbia annesse l'[[Albania]] settentrionale ma l'Austria, che già ne temeva le ambizioni, mobilitò l'esercito e alla sua minaccia alla Serbia la Russia rispose con la stessa misura; stavolta la Germania si schierò con Regno Unito e Francia scongiurando pericolosi sviluppi. Quando la crisi cessò, la Serbia conservò buona parte dei guadagni territoriali, mentre la Bulgaria dovette cedere quasi tutte le conquiste effettuate; questo non piacque all'Austria che nell'estate del 1913 propose di attaccare immediatamente la Serbia. La Germania frenò i propositi austro-ungarici ma allo stesso tempo estese il proprio controllo sull'esercito turco, impedendo così il rafforzamento dell'influenza russa nei Dardanelli<ref>{{Cita|Hart|p. 39}}.</ref>. Negli ultimi anni in tutti i paesi europei si moltiplicarono gli incitamenti alla guerra, discorsi e articoli bellicosi, dicerie, incidenti di frontiera
=== La crisi di luglio ===
{{
[[File:DC-1914-27-d-Sarajevo-cropped.jpg|miniatura|L'attentato di Sarajevo in un'illustrazione di [[Achille Beltrame]]]]
Il 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l'arciduca erede al trono d'Austria-Ungheria [[Francesco Ferdinando d'Austria-Este|Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este]] e la moglie [[Sophie Chotek von Chotkowa]], recatisi a [[Sarajevo]] in visita ufficiale, furono uccisi da alcuni colpi di pistola sparati dal nazionalista diciannovenne serbo [[Gavrilo Princip]]: paradossalmente, l'arciduca era forse l'unico austriaco autorevole che fosse comprensivo verso i nazionalisti serbi, perché sognava un impero unito da un legame federativo<ref>{{Cita|Hart|p. 41}}.</ref>. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi diplomatica che infiammò le tensioni latenti e segnò l'inizio della guerra in Europa<ref>{{Cita|Gilbert|p. 31}}.</ref>.
Nei giorni che seguirono, la Germania, convinta di poter circoscrivere il conflitto, sollecitò l'Austria-Ungheria affinché aggredisse al più presto la Serbia. Solo il Regno Unito avanzò una proposta di conferenza internazionale che non ebbe seguito, mentre le altre nazioni europee si preparavano lentamente al conflitto.
Quasi un mese dopo l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria inviò un duro ultimatum alla Serbia, che accettò solo una parte delle richieste: il 28 luglio 1914 l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia, determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva [[mobilitazione]] delle potenze europee, cagionata dal sistema di alleanze tra i vari stati.
L'Italia, insieme al [[Prima Repubblica portoghese|Portogallo]], la Grecia, la Bulgaria, il [[Regno di Romania]] e l'Impero ottomano si pose in uno stato di neutralità, attendendo ulteriori sviluppi della situazione. Alla mezzanotte del 4 agosto erano cinque le potenze che ormai erano entrate in guerra (Austria-Ungheria, Impero Tedesco, Impero Russo, Regno Unito e Francia), ciascuna convinta di poter battere gli avversari in pochi mesi: era opinione diffusa che la guerra sarebbe finita a Natale, o tuttalpiù a Pasqua del 1915<ref>{{Cita|Gilbert|p. 52}}.</ref>.
== La guerra ==
[[File:Crowd cheers the Kaiser at the Berliner Stadtschloss, 1914.jpg|miniatura|La folla applaude la dichiarazione di guerra alla Russia annunciata dal ''Kaiser'', Berlino, 1º agosto 1914]]
{{Citazione|Tornerete nelle vostre case prima che siano cadute le foglie dagli alberi|[[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]] alle truppe tedesche in partenza per il fronte nella prima settimana di agosto del 1914<ref name="BT147">{{Cita|Tuchman|p. 147}}.</ref>}}
=== Le prime fasi della guerra (1914) ===
{{
[[File:
Il 1º agosto 1914, dopo l'inizio delle ostilità fra Austria-Ungheria e Serbia, il governo tedesco dichiarò guerra alla Russia, che aveva mobilitato l'esercito e, due giorni dopo, anche alla Francia. La strategia tedesca era condizionata dal dover sostenere una guerra su due fronti, ulteriormente aggravata dalle concezioni belliche prettamente aggressive dei francesi che, entro pochi giorni dalla mobilitazione, prevedevano un attacco lungo il comune confine usando tutto il potenziale bellico a disposizione. La duplice dichiarazione di guerra era quindi il necessario primo passo in vista dell'attuazione del [[piano Schlieffen]], che prevedeva la sconfitta della Francia con una "guerra lampo" di sole sei settimane prima di rivolgere l'attenzione a est contro i russi<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 44-45}}.</ref>.
Il piano, ideato dal generale [[Alfred von Schlieffen]] e completato nel 1905, prevedeva di attaccare la Francia da nord attraverso [[Belgio]] e [[Paesi Bassi]], così da evitare la lunga linea fortificata alla frontiera e consentire all'esercito tedesco di calare su [[Parigi]] con un'unica grande offensiva. Von Schlieffen continuò a lavorare al piano anche dopo essersi ritirato dall'esercito e lo sottopose a un'ultima revisione nel dicembre 1912, poco prima di morire. Il generale [[Helmuth Johann Ludwig von Moltke]], suo successore come capo di stato maggiore dell'esercito, decise di accorciare il fronte ed escluse i Paesi Bassi dalla manovra; confidando nella lenta mobilitazione della Russia<ref>{{Cita|Hart|p. 73}}.</ref>, Moltke previde di lasciare sul fronte est una forza di dieci divisioni, considerata più che sufficiente a trattenerla fino alla neutralizzazione della Francia, dopo la quale l'esercito tedesco avrebbe potuto rivolgere tutte le forze contro la Russia<ref name="Gilbert46">{{Cita|Gilbert|p. 46}}.</ref>.
==== L'invasione di Belgio e Francia ====
{{Vedi anche|Invasione tedesca del Belgio (1914)|Fronte occidentale (1914-1918)|Battaglia delle Frontiere|Prima battaglia della Marna}}
[[File:Bataille-frontieres-allemands-.jpg|miniatura|Truppe tedesche in marcia all'ovest nell'agosto 1914]]
Il 2 agosto la Germania invase il neutrale [[Lussemburgo]], e il 4 agosto, dopo che un formale ultimatum era stato respinto, i tedeschi invasero il Belgio, avanzando a gran velocità; l'azione fu il motivo della dichiarazione di guerra britannica alla Germania, anche se il Regno Unito non aveva truppe sul continente europeo e il suo corpo di spedizione (''[[British Expeditionary Force]]'' o BEF), al comando di Sir [[John French]], doveva ancora essere radunato, armato e inviato oltre [[la Manica]]<ref name="Gilbert46"/>.
Il 5 agosto le forze tedesche [[Battaglia di Liegi|andarono all'assalto]] del primo vero ostacolo sul loro cammino: il campo fortificato di [[Liegi]] con la sua guarnigione di {{formatnum:35000}} soldati. L'attacco durò più del previsto e solo il 7 agosto la fortezza centrale capitolò<ref>{{Cita|Gilbert|p. 55}}.</ref>. Dopo la caduta di Liegi la maggioranza dell'esercito belga si ritirò verso ovest mentre il 25, più a nord, i tedeschi bombardarono [[Anversa]] con uno [[Zeppelin]], durante le fasi preliminari dell'[[Assedio di Anversa (1914)|assedio della città]] che durò fino al 28 settembre e comportò enormi devastazioni<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 64, 65}}.</ref>. Sempre il 12 le avanguardie del corpo di spedizione britannico attraversarono la Manica scortate da navi da guerra: in dieci giorni furono sbarcati senza perdite {{formatnum:120000}} uomini, non avendo la ''[[Kaiserliche Marine]]'' mai ostacolato le operazioni<ref>{{Cita|Gilbert|p. 53}}.</ref>.
[[File:French soldiers ditch 1914.jpg|miniatura|sinistra|Fanteria francese si appresta a combattere i tedeschi in avanzata sulla Marna]]
Il 20 agosto le truppe tedesche entrarono a [[Bruxelles]]. All'estremità meridionale del fronte i francesi, penetrati in [[Alsazia]] il 14 agosto e vicini alla città di [[Mulhouse]], giunsero a sedici chilometri dal [[Reno]], ma furono bloccati dai tedeschi e non riuscirono ad andare oltre. Più a nord le truppe francesi, penetrate in [[Lorena (regione francese)|Lorena]], furono sconfitte a [[Battaglia di Lorena|Morhange]] e iniziarono a ritirarsi verso [[Nancy]]; le truppe tedesche le inseguirono, ma furono poi sanguinosamente arrestate dalle fortificazioni francesi nel corso della [[battaglia del Gran Couronné]]<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 71, 73}}.</ref>.
[[File:18pdrStLeger3August1916.jpg|miniatura|Cannone campale britannico da 84 mm ''Ordnance QF 18 lb'' in azione in Francia]]
Il 22 agosto l'esercito tedesco attaccò lungo tutto il fronte ed ebbe inizio la gigantesca [[battaglia delle Frontiere]]: la 5ª Armata francese fu [[battaglia di Charleroi|sconfitta a Charleroi]] e cominciò l'aspra [[battaglia di Mons]], battesimo del fuoco per il corpo di spedizione britannico, che resistette con inaspettata tenacia<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 78-79, 81}}.</ref>. I tedeschi riuscirono comunque a superare la resistenza di [[John French|French]] e il 23 iniziarono ad avanzare; quello stesso giorno sia i francesi da Charleroi sia i belgi da [[Namur]] cedettero alla pressione tedesca e [[Grande ritirata|iniziarono a ripiegare]]. Il 2 settembre il governo francese abbandonò Parigi e si rifugiò a [[Bordeaux]]<ref name="Gilbert90">{{Cita|Gilbert|p. 90}}.</ref>, ma gli anglo-francesi appresero da ricognizioni aeree che i tedeschi non stavano più puntando sulla capitale, avendo piegato più a sud-est verso la linea del [[Marna (fiume)|fiume Marna]] dietro cui si erano attestati gli Alleati<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 83, 89, 91}}.</ref>. Il giorno dopo, con i tedeschi a soli 40 chilometri da Parigi<ref name="Gilbert93">{{Cita|Gilbert|p. 93}}.</ref> e una situazione di grande panico nelle retrovie francesi - un milione di parigini aveva abbandonato la città<ref name="Gilbert90"/> - il generale [[Joseph Simon Gallieni]], governatore militare della capitale, organizzò, nel sistema di trincee e fortificazioni che l'attorniavano, una nuova armata appena costituita<ref name="Gilbert93"/>, mentre il comandante in capo, generale [[Joseph Joffre]], preparava la controffensiva.
Il 5 settembre i francesi, con l'aiuto del BEF, passarono al contrattacco e bloccarono l'avanzata tedesca a est di Parigi durante la [[prima battaglia della Marna]], passata alla storia nell'immaginario collettivo francese col nome di "miracolo della Marna"; i tedeschi dovettero abbandonare il piano Schlieffen, ma riuscirono ad arrestare la spinta controffensiva degli anglo-francesi nel corso della successiva [[prima battaglia dell'Aisne]] (13-28 settembre). Nei giorni successivi entrambi i contendenti diedero inizio a una serie di manovre nel tentativo di aggirarsi reciprocamente sul fianco settentrionale, rimasto scoperto, dando luogo alla cosiddetta "[[corsa al mare]]": ogni tentativo fallito finiva con l'allungare sempre di più la linea del fronte, finché, per la fine di ottobre, entrambi i contendenti raggiunsero le rive del mare nella regione delle [[Fiandre]]<ref>{{Cita|Willmott|p. 58}}.</ref>; in novembre un ultimo tentativo tedesco di rompere il fronte alleato portò alla sanguinosa [[prima battaglia di Ypres]], al termine della quale i due contendenti si attestarono sulle posizioni raggiunte. La battaglia segnò la fine della guerra di movimento a occidente, in favore di una logorante guerra di trincea lungo un fronte continuo di solide postazioni fortificate<ref>{{Cita|Gilbert|p. 97}}.</ref>.
==== Il fronte orientale ====
{{
[[File:Tannenberg01.JPG|
Gli scontri iniziali a oriente erano stati contrassegnati più da rapidi mutamenti di fortuna che da vantaggi decisivi per una delle due parti. Il comando austro-ungarico aveva impiegato parte delle sue forze nel vano tentativo di metter fuori combattimento la Serbia, e inoltre il suo piano per un'offensiva iniziale diretta a tagliare il saliente rappresentato dalla [[Polonia]] era stato paralizzato dal cattivo funzionamento della parte tedesca della tenaglia. Anzi era la Germania, che schierava la sola [[8. Armee (Deutsches Heer)|8ª Armata]] con il compito di difendere la [[Prussia Orientale]], a rischiare di essere sopraffatta dalle truppe di Nicola II, che mobilitò anzitempo la 1ª e la 2ª Armata [[Invasione russa della Prussia Orientale|contro la Prussia]], nel tentativo di allentare la pressione sulla Francia già ad agosto<ref>{{Cita|Hart|p. 105}}.</ref>.
Dopo una prima serie di sconfitte, il comandante tedesco [[Maximilian von Prittwitz]] venne sostituito dal generale in pensione [[Paul von Hindenburg]], che nominò suo capo di stato maggiore [[Erich Ludendorff]]; i due annientarono [[Battaglia di Tannenberg (1914)|a Tannenberg]] la 2ª Armata russa del generale [[Aleksandr Vasil'evič Samsonov]] (26-30 agosto) e respinsero la 1ª Armata del generale [[Paul von Rennenkampf]] nella [[prima battaglia dei laghi Masuri|battaglia dei laghi Masuri]] (9-14 settembre). I russi non si fecero però sorprendere dalle armate austro-ungariche sul fronte sud-occidentale; il [[Nikolaj Nikolaevič Romanov (1856-1929)|granduca Nicola]], comandante in capo dell'esercito russo, passò all'offensiva; gli austro-ungarici subirono una pesante sconfitta nel corso della [[battaglia di Galizia]] e dovettero essere soccorse dai tedeschi<ref>{{Cita|Hart|p. 108}}.</ref>.
Nuove forze provenienti da occidente permisero a Ludendorff, il 15 dicembre 1914, di respingere i russi fino alla linea dei fiumi [[Bzura]] e [[Ravka]] davanti a [[Varsavia]], ma la diminuzione delle provviste e delle munizioni indusse lo zar a ritirare ulteriormente le truppe sulle linee trincerate lungo i fiumi [[Nida]] e [[Dunajec]], lasciando ai tedeschi l'estremità della striscia polacca. Anche a est le ostilità si arenarono su lunghi e saldi sistemi trincerati; tuttavia l'inadeguatezza delle sue industrie non permetteva alla Russia di sostenere lo sforzo bellico allo stesso modo degli anglo-francesi<ref>{{Cita|Hart|p. 109}}.</ref>.
==== Le invasioni della Serbia ====
{{
[[File:Vojska Ada Ciganlija.jpg|
Benché fosse tecnicamente il luogo dove la guerra aveva preso avvio, il fronte serbo fu relegato ben presto a teatro secondario di un conflitto divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue forze concentrato in Galizia contro i russi, l'Austria-Ungheria diede avvio all'invasione del territorio serbo il 12 agosto 1914: guidate dal generale [[Radomir Putnik]] e supportate anche dalle forze del [[Regno del Montenegro]], le truppe serbe opposero un'ostinata resistenza, infliggendo agli austro-ungarici una sconfitta nella [[battaglia del Cer]] (16-19 agosto) e obbligandoli a ritirarsi oltre frontiera<ref>{{Cita|Willmott|p. 46}}.</ref>. Dopo una controffensiva serba al confine con la [[Bosnia]], sfociata nell'inconcludente [[battaglia della Drina]] (6 settembre-4 ottobre), gli austro-ungarici del generale [[Oskar Potiorek]] lanciarono una nuova invasione il 5 novembre, riuscendo a occupare la capitale [[Belgrado]]: Putnik fece arretrare lentamente le sue forze fino al fiume [[Kolubara]], dove inflisse [[battaglia di Kolubara|una disastrosa sconfitta]] alle truppe di Potiorek, obbligandole ancora una volta alla ritirata; il 15 dicembre 1914 i serbi ripresero Belgrado, riportando la linea del fronte ai confini prebellici<ref name=Willmott-68>{{Cita|Willmott|p. 68}}.</ref>.
Le offensive austro-ungariche erano costate all'Impero la perdita di {{formatnum:227000}} uomini tra morti, feriti e dispersi, oltre a un ampio bottino di armi e munizioni di vitale importanza per il mal equipaggiato esercito serbo; nonostante la vittoria la Serbia registrò {{formatnum:170000}} caduti durante la campagna, perdite enormi per il suo piccolo esercito, ulteriormente aggravate dallo scoppio di una violenta epidemia di [[febbre tifoide]] (che fece {{formatnum:150000}} vittime tra i civili) e dalla grave carenza di generi alimentari<ref name=Willmott-68 />.
==== Le colonie tedesche ====
{{Vedi anche|Teatro africano della prima guerra mondiale|Teatro dell'Asia e del Pacifico della prima guerra mondiale}}
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R19361, Deutsch-Ostafrika, Deutsches Feldgeschütz.jpg|miniatura|sinistra|Ascari indigeni e artiglieri tedeschi delle ''Schutztruppe'' in Africa orientale]]
Giunta piuttosto in ritardo alla corsa per la [[spartizione dell'Africa]], nel 1914 la Germania deteneva limitati possedimenti nel continente: isolati dalla madrepatria dal blocco navale alleato e circondati dai territori dei più ampi imperi coloniali [[Impero britannico|britannico]] e [[Impero coloniale francese|francese]], il loro destino era praticamente segnato fin dall'inizio delle ostilità<ref name=Rosselli-20-21>{{Cita|Rosselli|pp. 20-21}}.</ref>. La piccola colonia del [[Togoland]] (odierno [[Togo]]) fu rapidamente occupata dalle forze anglo-francesi già verso la fine dell'agosto 1914, mentre più impegnativa fu la lotta nel [[Camerun tedesco]]: la capitale [[Buéa]] fu occupata da truppe coloniali francesi e belghe il 27 settembre 1914, ma, favorite dal terreno impervio e dalle piogge tropicali, le ultime guarnigioni tedesche furono costrette a capitolare non prima del febbraio 1916. La guarnigione dell'[[Africa Tedesca del Sud-Ovest]] (odierna [[Namibia]]) sostenne un'invasione da parte delle truppe [[sudafrica]]ne e, benché appoggiata dall'[[Ribellione Maritz|insurrezione]] di alcuni ribelli [[boeri]] contro le autorità britanniche, fu infine costretta alla resa nel luglio 1915<ref name=Rosselli-20-21/>.
Molto più lunga fu la lotta nell'[[Africa Orientale tedesca]] (odierna [[Tanzania]]): al comando di un miscuglio di coloni tedeschi e truppe arruolate tra gli indigeni locali (''[[Schutztruppe]]''), il colonnello [[Paul Emil von Lettow-Vorbeck]] intraprese una serie di azioni di guerriglia e attacchi [[Tattiche mordi e fuggi|mordi e fuggi]] ai danni delle colonie confinanti (il [[Kenya]] britannico, il [[Congo belga]] e il [[Mozambico]] portoghese), infliggendo agli Alleati diverse sconfitte<ref name=Rosselli-20-21/>. Fu necessario mettere in campo una vasta forza (arrivata a contare, tra soldati e personale ausiliario, quasi {{formatnum:400000}} uomini) per avere ragione delle elusive truppe di Vorbeck e occupare la colonia: gli ultimi guerriglieri tedeschi, ancora capitanati dal loro comandante, si arresero solo il 26 novembre 1918, dopo essere stati informati dell'avvenuta capitolazione della Germania<ref name=Rosselli-20-21/>.
[[File:Wn21-19.jpg|miniatura|Obice da 240 mm [[Type 45 (obice)|Type 45]] giapponese durante l'assedio di Tsingtao]]
Da tempo alleato del Regno Unito, il 23 agosto 1914 il [[Giappone]] dichiarò guerra alla Germania, segnando il destino degli sparpagliati possedimenti tedeschi situati nel Pacifico: ai primi di ottobre una squadra navale giapponese salpò alla volta della [[Micronesia]], dove i tedeschi disponevano di una serie di piccole basi, occupando prima della fine del mese le [[isole Caroline]], le [[isole Marshall]] e le [[isole Marianne]] praticamente senza combattere; il 31 ottobre una forza di spedizione nipponica, rinforzata poi anche da un contingente britannico proveniente da [[Tientsin]], [[Assedio di Tsingtao|pose l'assedio]] al porto fortificato di [[Tsingtao]], possedimento tedesco in [[Cina]] dal 1898, obbligando la guarnigione a capitolare il 7 novembre 1914<ref>{{Cita web|lingua=en|autore=Colin Denis|url=http://www.gwpda.org/naval/tsingtao.htm|titolo=Japan in the Great War: Diplomacy & Internal Politics - Tsingtao Campaign|sito=gwpda.org|data=3 novembre 2000|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20030503151056/http://www.gwpda.org/naval/tsingtao.htm}}</ref>. Il resto delle colonie tedesche fu occupato dai ''[[dominion]]'' australi del Regno Unito: il 30 agosto 1914 una forza [[Nuova Zelanda|neozelandese]] conquistò senza spargimenti di sangue le [[Samoa tedesche|Samoa]], mentre la [[Nuova Guinea tedesca]] fu occupata dagli [[australia]]ni in settembre dopo una breve campagna contro la piccola guarnigione del possedimento; l'ultimo avamposto tedesco, [[Nauru]], cadde in mano australiana il 14 novembre 1914.
==== Il dominio dei mari ====
{{
[[File:British Grand Fleet.jpg|
All'inizio delle ostilità le due principali flotte da guerra, quella britannica e quella tedesca, si fronteggiarono nelle ristrette acque del [[mare del Nord]]; la Germania, consapevole dell'inferiorità numerica nei confronti della ''[[Grand Fleet]]'' britannica, mantenne un atteggiamento prudente, decidendo di evitare uno scontro diretto finché posamine e sommergibili non l'avessero indebolita e non avessero diminuito i commerci con le colonie<ref>{{Cita|Hart|pp. 110, 111}}.</ref>. La geografia della costa nord della Germania favoriva questo tipo di strategia: le rive frastagliate, gli estuari e la protezione assicurata dalle isole come [[Helgoland]] costituivano un formidabile scudo per i porti di [[Wilhelmshaven]], [[Bremerhaven]] e [[Cuxhaven]] e allo stesso tempo offriva un'eccellente base per rapide incursioni nel [[mare del Nord]]<ref>{{Cita|Hart|p. 111}}.</ref>. Durante il primo anno di guerra il Regno Unito si preoccupò quindi di pattugliare il mare del Nord e permettere il trasferimento della forza di spedizione attraverso La Manica; l'unica azione di rilievo fu un'[[Battaglia di Helgoland (1914)|incursione nella baia di Helgoland]], ove la squadra dell'ammiraglio [[David Beatty]] affondò parecchi incrociatori leggeri tedeschi confermando alla ''Kaiserliche Marine'' la necessità di continuare una tattica difensiva e di accelerare l'attività di sommergibili e posamine<ref>{{Cita|Hart|p. 114}}.</ref>.
[[File:First and second battleship squadrons and small cruiser of the - NARA - 533188-2 restored.jpg|miniatura|Il I. e il II. ''Geschwader'' (squadra da battaglia) della ''[[Hochseeflotte]]'' a Kiel, in primo piano la ''SMS Nassau'']]
La guerra nel [[mar Mediterraneo]] si aprì con un errore destinato ad avere forti conseguenze politiche per gli Alleati: nel bacino si trovavano due delle più veloci navi da guerra tedesche, l'[[incrociatore da battaglia]] {{nave|SMS|Goeben||2}} e l'[[incrociatore leggero]] {{nave|SMS|Breslau||2}}; ricevuto l'ordine da Berlino di puntare verso [[Costantinopoli]], [[Inseguimento della Goeben e della Breslau|furono inseguite]] dalla ''[[Royal Navy]]'', che però non riuscì a intercettarle. Il ministro della guerra turco [[Ismail Enver]] diede il suo assenso all'entrata nei [[Dardanelli]] alle due navi, ben sapendo che tale decisione rappresentava un atto ostile nei confronti del Regno Unito e che avrebbe sospinto la Turchia nell'orbita tedesca; per non pregiudicare la neutralità della Turchia, esse vennero comunque cedute con un finto atto di vendita. Non seguirono atti ostili e le unità furono ancorate al porto di Costantinopoli<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 59, 60}}.</ref>.
Negli oceani invece la caccia alle unità tedesche fu l'obiettivo principale per le flotte alleate. La Germania non ebbe il tempo per far uscire le proprie unità dalle basi del mare del Nord, così allo scoppio della guerra furono solo i pochi incrociatori dislocati all'estero a costituire una minaccia per i commerci degli Alleati; non era facile conciliare l'esigenza di concentrare le forze nel mare del Nord in vista di un attacco a sorpresa della Germania con la necessità di pattugliare e difendere le rotte marittime dell'India e dei Dominions<ref name="Hart115">{{Cita|Hart|p. 115}}.</ref>. Con la distruzione dell'{{nave|SMS|Emden|1908|2}} avvenuta il 9 novembre 1914, i britannici resero sicuro l'[[oceano Indiano]], ma questo successo fu neutralizzato dalla grave sconfitta subita nella [[battaglia di Coronel]] nell'oceano Pacifico, dove la divisione dell'ammiraglio [[Christopher Cradock|Cradock]] fu battuta dagli incrociatori corazzati dell'ammiraglio [[Maximilian von Spee]]<ref name="Hart115"/>. Questo scacco fu prontamente riscattato dall'ammiraglio [[Doveton Sturdee]], che alla guida degli incrociatori da battaglia {{nave|HMS|Inflexible|1907|2}} e {{nave|HMS|Invincible|1907|2}} appositamente distaccati dalla ''Grand Fleet'', l'8 dicembre 1914 [[Battaglia delle Falkland|inseguì la squadra di von Spee]] nei pressi delle [[Isole Falkland]] e ne affondò l'intera divisione (tranne l'incrociatore leggero {{nave|SMS|Dresden|1907|2}} che si autoaffonderà tre mesi dopo), distruggendo l'ultimo strumento della potenza navale tedesca negli oceani<ref name="Hart115"/>.
Da quel momento in poi gli Alleati poterono contare su sicure vie di comunicazione oceaniche per i loro traffici di rifornimenti e truppe; poiché le rotte oceaniche devono per forza avere un capolinea sulla terraferma, la logica risposta tedesca fu quella di incrementare lo sviluppo dell'arma sottomarina, che rese gradualmente più pericolose le traversate<ref name="Hart115"/>.
[[File:Photograph of the Engine Room of an Oil-Burning German Submarine - NARA - 533183.tif|miniatura|La sala macchine di un ''U-Boot'' tedesco]]
=== Il conflitto si allarga (1915) ===
I fronti dove si combatteva e quelli dove ci si aspettava di farlo erano ormai numerosi. Tutti i belligeranti iniziarono a impiegare ogni risorsa a disposizione
Intanto sul fronte del Caucaso
==== L'impero ottomano ====
{{
[[File:Ottoman Empire declaration of war during WWI.png|miniatura|sinistra|Dichiarazione di guerra degli ottomani]]
Nel 1914 l'Impero ottomano era in solidi rapporti con la Germania, che da tempo investiva capitali nello sviluppo economico dell'Impero e curava l'addestramento delle sue forze armate<ref name="Willmott-74">{{Cita|Willmott|p. 74}}.</ref>. L'influente ministro della guerra [[Ismail Enver]] era un filo-tedesco ma il governo ottomano era ancora diviso sulla scelta di unirsi agli Imperi centrali, nonostante la firma di un [[Alleanza turco-tedesca|trattato segreto]] di natura militare ed economica con la Germania, avvenuta il 1º agosto 1914; il sequestro, all'inizio della guerra, da parte dei britannici di due navi da battaglia ottomane in costruzione nei cantieri inglesi provocò forte indignazione a [[Istanbul]] e i tedeschi ne approfittarono cedendo agli ottomani i due incrociatori ''Goeben'' e ''Breslau'', sfuggiti alla caccia nel Mediterraneo<ref name="Willmott-74"/>. Il 29 ottobre 1914 le due navi, ora battenti bandiera turca, bombardarono i porti russi sul [[Mar Nero]] e posarono mine; gli Alleati replicarono con una dichiarazione di guerra: il 1º novembre navi britanniche attaccarono un posamine turco nel porto di [[Smirne]], il giorno seguente un incrociatore leggero bombardò il porto di [[Aqaba]] sul [[Mar Rosso]] e il 3 novembre vennero presi di mira i forti sui Dardanelli<ref>{{Cita|Gilbert|p. 136}}.</ref>.
L'entrata in guerra dell'Impero ottomano aprì nuovi scenari di conflitto in teatri molto distanti l'uno dall'altro: nel [[Caucaso]] la Russia si ritrovò a sostenere un difficile secondo fronte in un territorio impervio, mentre la presenza ottomana in [[Mesopotamia]] e [[Palestina]] minacciava due cardini dell'impero coloniale britannico, la raffineria petrolifera persiana di [[Abadan]] (vitale per i rifornimenti di carburante della ''Royal Navy'') e il [[canale di Suez]]. Fin dall'inizio però le attenzioni britanniche si rivolsero al forzamento dello stretto dei Dardanelli, al fine di portare la guerra direttamente nella capitale ottomana<ref>{{Cita|Gilbert|p. 137}}.</ref>.
==== Il fronte del Caucaso ====
{{Vedi anche|Campagna del Caucaso}}
[[File:Sarikam.jpg|miniatura|Truppe russe in trincea durante la battaglia di Sarıkamış]]
Le operazioni sul fronte del Caucaso iniziarono fin dai primi giorni di guerra, a dispetto del terreno impervio e del rigido clima invernale: dopo aver facilmente respinto un'[[Offensiva Bergmann|offensiva russa]] in direzione di [[Köprüköy]] tra il 2 e il 16 novembre 1914, le forze della [[Terza armata ottomana|3ª Armata ottomana]], guidate dal ministro della guerra Enver, lanciarono un massiccio attacco oltre il confine russo in direzione di [[Kars]]; la sconfitta patita nella seguente [[battaglia di Sarıkamış]] (22 dicembre 1914-17 gennaio 1915) si trasformò in una disfatta per gli ottomani, quando la 3ª Armata cercò di ritirarsi attraverso le montagne innevate, perdendo {{formatnum:90000}} uomini su un totale di {{formatnum:130000}}<ref name=Willmott-85>{{Cita|Willmott|p. 85}}.</ref>.
Alle prese con l'impegnativa situazione del fronte orientale, i russi non furono immediatamente in grado di sfruttare la vittoria e fino a marzo il fronte caucasico rimase stazionario, con solo poche schermaglie tra le due parti; alla ricerca di un capro espiatorio per la disfatta, gli ottomani accusarono la minoranza armena, che viveva nelle regioni di confine, di connivenza con i russi, sottoponendola a partire dal febbraio 1915 a deportazioni e massacri<ref name=Willmott-85 />. Gli attacchi ottomani provocarono ben presto un'aperta rivolta e il 19 aprile 1915 i ''[[Milizia armena|fedayyin]]'' armeni [[Resistenza di Van|s'impossessarono]] dell'importante città di [[Van (Turchia)|Van]], resistendo poi all'assedio posto dagli ottomani; approfittando dell'occasione i russi lanciarono una massiccia offensiva nel settore orientale del fronte, liberando Van dall'assedio il 17 maggio, ma venendo infine bloccati dagli ottomani nel corso della [[Battaglia di Manzicerta (1915)|battaglia di Malazgirt]] (10-26 luglio 1915). La controffensiva ottomana portò alla rioccupazione di Van (evacuata dal grosso della popolazione armena) e degli altri territori perduti entro agosto; la linea del fronte tornò alla situazione di partenza per la fine dell'anno, con entrambe le forze impegnate a riorganizzarsi<ref name=Caucasus>{{Cita web|lingua=en|url=http://www.turkeyswar.com/caucasus.html|titolo=Turkey in the First World War - Caucasus|sito=turkeyswar.com|data=6 maggio 2009|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140314234703/http://www.turkeyswar.com/caucasus.html}}</ref>.
==== Il forzamento dei Dardanelli ====
{{Vedi anche|Campagna di Gallipoli}}
[[File:Lone Pine trench 6 August 1915.jpg|miniatura|sinistra|upright|Soldati del ''7th Battalion'' australiano in trincea a [[Gallipoli (Turchia)|Gallipoli]].]]
A causa delle difficoltà sul fronte caucasico, la Russia si appellò al Regno Unito perché impegnasse a sua volta la Turchia, costringendola a richiamare a ovest parte delle sue truppe: i britannici, su suggerimento del generale [[Horatio Herbert Kitchener, I conte Kitchener|Horatio Kitchener]] e con il vigoroso appoggio del [[Board of Admiralty|primo lord dell'Ammiragliato]] [[Winston Churchill]], proposero di attaccare dal mare i forti turchi nei Dardanelli<ref>{{Cita|Gilbert|p. 155}}.</ref>. L'attacco iniziò nel febbraio 1915 e doveva dare il colpo di grazia all'Impero ottomano, la [[Marina ottomana|cui marina]] non poteva contrastare in alcun modo quella anglo-francese; l'opinione dominante era quella di una campagna breve e violenta che avrebbe portato all'occupazione di Costantinopoli: forzare lo stretto avrebbe riaperto i canali d'esportazione di grano per la Russia e forse avrebbe anche portato alla resa turca<ref>{{Cita|Willmott|p. 55}}.</ref>.
L'attacco navale fu invece un fallimento: i forti furono travolti dal volume di fuoco delle corazzate anglo-francesi, ma con l'assistenza tedesca gli ottomani avevano provveduto a sbarrare lo stretto con ampi campi di [[mina navale|mine]], che provocarono forti perdite agli attaccanti, obbligandoli a desistere. Gli Alleati decisero quindi di ricorrere a uno sbarco per conquistare la [[penisola di Gallipoli]] e aprire la strada ai dragamine, che avrebbero potuto così eliminare gli sbarramenti: il 25 aprile 1915, in quello che fu il maggiore assalto anfibio della guerra, truppe britanniche, francesi, australiane e neozelandesi presero terra sulla punta di Gallipoli, ma le forze ottomane del generale tedesco [[Otto Liman von Sanders]] furono rapide nell'assicurarsi le alture dominanti e bloccare così l'attacco. La prevista rapida campagna si trasformò in una guerra di posizione con elevatissime perdite umane, che fece emergere il generale dell'[[esercito ottomano]] [[Mustafa Kemal Atatürk|Mustafà Kemal]] come importante ''leader''. Consci del fallimento, gli Alleati si ritirarono poi da Gallipoli ai primi del gennaio 1916<ref>{{Cita|Willmott|pp. 78-79}}.</ref>.
{{Vedi anche|Teatro mediorientale della prima guerra mondiale}}
[[File:TrenchesInMesopotamiaWWI--nsillustratedwar01londuoft.png|upright|miniatura|Truppe britanniche in Mesopotamia nel 1916.]]
[[File:Turkish heliograph at Huj2.jpg|miniatura|Truppe ottomane nei pressi di un villaggio in Palestina (1917).]]
Il 6 novembre 1914 truppe anglo-indiane [[Sbarco di Fao|sbarcarono]] nella penisola di [[al-Faw]], dando avvio alla [[campagna della Mesopotamia]]; la spedizione era stata voluta per allontanare qualsiasi minaccia ottomana ai possedimenti britannici nella regione del [[Golfo Persico]] e ben presto ottenne diversi risultati: il 21 novembre le forze britanniche [[battaglia di Bassora (1914)|presero]] l'importante porto di [[Bassora]], spingendosi ai primi di dicembre fino ad [[al-Qurna]], dove [[Battaglia di Qurna|sconfissero]] nuovamente una forza ottomana<ref name=Willmott-86>{{Cita|Willmott|p. 86}}.</ref>. La costituzione di una solida testa di ponte a Bassora rendeva praticamente inutile continuare la campagna: la minaccia turca al Golfo Persico era sventata e la Mesopotamia era troppo lontana dalle regioni chiave dell'impero perché fosse vantaggiosa una sua completa occupazione; tuttavia la debole resistenza offerta dagli ottomani, ulteriormente confermata dal [[Battaglia di Shaiba|completo fallimento]] di una loro controffensiva in direzione di Bassora a metà aprile 1915, spinse l'alto comando britannico a continuare l'azione, convinto di poter ottenere altri facili successi<ref name=Willmott-87>{{Cita|Willmott|p. 87}}.</ref>.
[[File:The camel corps at Beersheba2.jpg|miniatura|sinistra|Truppe cammellate ottomane a [[Be'er Sheva]], nel sud della Palestina, nel 1915]]
Nel settembre 1915 un contingente anglo-indiano al comando del generale [[Charles Vere Ferrers Townshend]] risalì il [[Tigri]] fino a prendere l'importante città di [[al-Kut]]; benché le linee di rifornimento fossero molto estese, l'alto comando spinse Townshend a proseguire l'avanzata verso la vicina [[Baghdad]], un obiettivo molto più ambito, ma tra il 22 e il 25 novembre le unità britanniche subirono un arresto nella [[battaglia di Ctesifonte (1915)|battaglia di Ctesifonte]] per opera delle rafforzate truppe ottomane<ref name=Willmott-87 />. Townshend si ritirò dentro Kut, dove ben presto rimase tagliato fuori e [[Assedio di Kut|assediato]]; quattro distinti tentativi di soccorrere la guarnigione fallirono miseramente e dopo cinque mesi di assedio le forze anglo-indiane, ormai alla fame, capitolarono il 29 aprile 1916, lasciando {{formatnum:12000}} prigionieri in mano ai turchi<ref name=Willmott-87 />.
Un nuovo fronte fu aperto nel sud della Palestina: l'[[Egitto]] era ufficialmente un vassallo ottomano, sebbene fosse politicamente controllato dal Regno Unito fin dal 1880, e allo scoppio delle ostilità era stato rapidamente occupato da una forza di spedizione britannica, australiana e neozelandese; il canale di Suez rappresentava un punto vitale per gli Alleati e i tedeschi fecero pressione sugli ottomani perché ne progettassero l'occupazione<ref name=Willmott-86 />. L'[[offensiva di Suez]] iniziò il 28 gennaio 1915 ma dopo una settimana di scontri le forze ottomane furono respinte, anche per via della difficoltà nel mantenere i collegamenti logistici attraverso l'inospitale [[penisola del Sinai]]; le forze alleate si mantennero rigorosamente sulla difensiva fin verso la metà del 1916, quando le continue incursioni ottomane su piccola scala contro il canale convinsero il comandante britannico [[Archibald Murray]] a passare all'offensiva: avanzando metodicamente e costruendo, strada facendo, una ferrovia e un acquedotto, le forze britanniche si spinsero attraverso la costa settentrionale del Sinai e sconfissero gli ottomani nella [[battaglia di Romani]] (3-5 agosto 1916), ricacciandoli definitivamente oltre la frontiera con la Palestina<ref name=Willmott-86 />.
==== Alla ricerca di una via d'uscita ====
[[File:Robert Antoine Pinchon (left) during World War I.jpg|miniatura|sinistra|Mitraglieri francesi in posa con una [[Saint-Étienne mod. 1907]]]]
Falliti tutti i tentativi di aggiramento, sul fronte occidentale i due schieramenti iniziarono a fortificare le proprie posizioni scavando trincee, camminamenti, rifugi, erigendo casematte. Dal mare del Nord alle [[Alpi]], fra uno schieramento e l'altro, si estendeva la [[terra di nessuno]], una fascia di terreno martoriata dalle granate e continuamente contesa da entrambi gli schieramenti, che rappresenterà fino agli ultimi attacchi alleati del 1918 la prerogativa del conflitto<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 129, 130}}.</ref>.
Nel corso del 1915, mentre i tedeschi conducevano una quasi esclusiva strategia difensiva, gli anglo-francesi progettarono una serie di offensive per tentare di rompere il fronte e tornare alla guerra di movimento. Già il 20 dicembre 1914 i francesi lanciarono [[prima battaglia della Champagne|una grande offensiva]] nella regione della [[Champagne-Ardenne]], proseguita fino al 20 marzo 1915 con scarsissimi guadagni territoriali. Fu poi la volta dei britannici che in marzo [[Battaglia di Neuve-Chapelle|attaccarono a Neuve-Chapelle]], nell'[[Artois]]: fu aperta una piccola breccia nel fronte ma gli attaccanti furono lenti ad approfittarne e i tedeschi la chiusero rapidamente<ref>{{Cita|Willmott|p. 103}}.</ref>. Tra maggio e giugno gli anglo-francesi lanciarono un nuovo attacco [[Seconda battaglia dell'Artois|nell'Artois]], seguito da una [[Terza battaglia dell'Artois|terza offensiva]] tra settembre e novembre mentre contemporaneamente i francesi [[Seconda battaglia della Champagne|attaccavano nella Champagne]], prima che l'inverno rallentasse i combattimenti: ancora una volta fu guadagnato poco terreno al prezzo di pesanti perdite<ref>{{Cita|Willmott|pp. 104-109}}.</ref>.
[[File:German Barrage Fire at Night (Ypres).jpg|miniatura|Fuoco di sbarramento notturno tedesco durante la seconda battaglia di Ypres.]]
L'unica azione offensiva tedesca su vasta scala a occidente nel 1915 si ebbe il 22 aprile, quando prese avvio la [[seconda battaglia di Ypres]]: impiegando per la prima volta e su vasta scala gas venefici ([[cloro]]), i tedeschi tentarono di rompere il fronte alleato nelle Fiandre, ma schierarono troppe poche truppe per sfruttare lo sfondamento iniziale e l'attacco fu poi fermato<ref>{{Cita|Gudmundsson|pp. 181, 182, 195}}.</ref>. Iniziò così la "guerra dei gas", che nel corso del conflitto costò 78 198 uomini fra gli Alleati mettendone fuori combattimento per un periodo più o meno lungo almeno altri 908 645; le stesse forze alleate, nonostante avessero impiegato nel corso della guerra la stessa quantità di gas dei tedeschi, inflissero alla Germania circa {{formatnum:12000}} morti e {{formatnum:288000}} intossicati, a dimostrazione della maggiore efficacia delle tattiche d'impiego tedesche<ref>{{Cita|Gudmundsson|p. 66}}.</ref>.
Lo stallo sul fronte terrestre spinse entrambi i contendenti a cercare strategie innovative per uscire dall'impasse. Tra gennaio e febbraio la Germania intensificò la guerra sottomarina dichiarando legittimo attaccare tutte le navi, incluse quelle neutrali, adibite al trasporto di viveri o rifornimenti alle potenze dell'Intesa, sostenendo che si trattava di una "rappresaglia" contro il blocco esercitato dalla ''Royal Navy''<ref>{{Cita|Gilbert|p. 163}}.</ref>. Nel frattempo tutti gli eserciti si adoperavano per aumentare le proprie capacità aeronautiche e il 12 febbraio il ''Kaiser'' ordinò di condurre una guerra aerea contro il Regno Unito con l'uso dei dirigibili [[Zeppelin]]; nello stesso periodo iniziò una pratica che caratterizzò la guerra di trincea per tutto il conflitto, sia sul fronte occidentale sia, in seguito, su quello italiano: la [[Assedio scientifico#La guerra di mina|guerra di mine]]. Il 17 febbraio i britannici arruolarono alcuni minatori che iniziarono a studiare le modalità per eliminare da sottoterra le postazioni tedesche<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 166, 167}}.</ref>.
==== L'Italia entra in guerra ====
{{
[[File:Bosniaks in Italy 1915.jpg|miniatura|[[Carlo I d'Austria]] visita i soldati bosniaci dell{{'}}''Infanterie-Regiment Nr. 2'' inviati sul fronte italiano]]
Dopo l'attentato di Sarajevo Austria-Ungheria e Germania avevano deciso di tenere all'oscuro delle loro decisioni l'Italia, in considerazione del fatto che il trattato di alleanza avrebbe previsto, in caso di attacco dell'Austria-Ungheria alla Serbia, compensi territoriali per l'Italia<ref>{{Cita|Ferraioli|p. 814}}.</ref>. Il 24 luglio [[Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano|Antonino di San Giuliano]], ministro degli esteri italiano, aveva preso visione dei particolari dell'ultimatum e aveva protestato con l'ambasciatore tedesco a Roma, dichiarando che se fosse scoppiata la guerra austro-serba sarebbe derivata da un premeditato atto aggressivo di Vienna<ref>{{Cita|Ferraioli|pp. 815, 816}}.</ref>; la decisione ufficiale e definitiva della neutralità fu infine presa nel Consiglio dei ministri del 2 agosto 1914 e diramata la mattina del 3<ref>{{Cita|Albertini|Vol. III p. 305}}.</ref>.
[[File:Luigi Marzocchi (1888-1970) -- foto 1917-1918 - WWI - prima guerra mondiale (16 of 23).jpg|miniatura|sinistra|Trasporto di un ferito sul fronte alpino italiano con la [[teleferica]]]]
La neutralità ottenne inizialmente consenso unanime, sebbene il brusco arresto dell'offensiva tedesca sulla Marna facesse nascere i primi dubbi sulla invincibilità tedesca. Gruppi [[interventismo|interventisti]] minoritari andarono formandosi nell'autunno 1914 fino a raggiungere una consistenza non trascurabile dopo appena pochi mesi; gli interventisti paventavano la sminuita statura politica, incombente sull'Italia, se fosse rimasta spettatrice passiva: i vincitori non avrebbero dimenticato né perdonato, e se a prevalere fossero stati gli Imperi centrali si sarebbero vendicati della nazione vista come traditrice di un'alleanza trentennale<ref>{{Cita|Silvestri 2006|pp. 16, 17}}.</ref>. Alla fine del 1914 il ministro degli esteri [[Sidney Sonnino]] avviò contatti con entrambe le parti per ottenere i maggiori compensi possibili e il 26 aprile 1915 concluse le trattative segrete con l'Intesa mediante la firma del [[patto di Londra]], con il quale l'Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese, in cambio di concessioni territoriali<ref>{{Cita|Silvestri 2006|p. 18}}.</ref>. Il 3 maggio successivo fu rotta la Triplice alleanza, fu avviata la mobilitazione e il 24 maggio fu dichiarata guerra all'Austria-Ungheria, ma non alla Germania, con cui [[Antonio Salandra]] sperava, futilmente, di non guastare del tutto i rapporti<ref>{{Cita|Silvestri 2007|p. 5, 6}}.</ref>.
Il piano strategico dell'esercito italiano, sotto il comando del generale e capo di stato maggiore [[Luigi Cadorna]], prevedeva un atteggiamento difensivo nel settore occidentale, dove l'impervio [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]] costituiva un saliente incuneato nell'Italia settentrionale, e un'offensiva a est, dove gli italiani potevano contare a loro volta su un saliente che si proiettava verso il cuore dell'Austria-Ungheria<ref>{{Cita|Vianelli-Cenacchi|p. 13}}.</ref>. Dopo aver occupato il territorio di frontiera, il 23 giugno gli italiani lanciarono il loro [[Prima battaglia dell'Isonzo|primo assalto]] alle postazioni fortificate austro-ungariche, attestate lungo il corso del fiume [[Isonzo]]: l'azione andò avanti fino al 7 luglio, ma a dispetto della superiorità numerica gli italiani non conquistarono che poco terreno al prezzo di molti caduti. Lo schema si ripeté identico a metà luglio, e poi ancora in ottobre e novembre: ogni volta gli assalti frontali degli italiani cozzarono sanguinosamente contro le trincee austro-ungariche attestate sul bordo dell'altopiano del [[Carso]], che sbarrava agli attaccanti la via per [[Gorizia]] e [[Trieste]]<ref>{{Cita|Willmott|p. 88}}.</ref>.
==== L'invasione di Polonia e Serbia ====
{{Vedi anche|Offensiva di Gorlice-Tarnów|Campagna dei Balcani (1914-1918)}}
[[File:Russian Troops NGM-v31-p372.jpg|miniatura|Truppe russe in marcia sul fronte orientale]]
Se a ovest si attenne quasi esclusivamente alla difensiva, a est la Germania passò decisamente all'attacco. Dopo aver bloccato una nuova offensiva russa diretta in [[Slesia]] nella [[battaglia di Łódź (1914)|battaglia di Łódź]] (11 novembre-6 dicembre 1914), i tedeschi contrattaccarono i russi in Prussia orientale e inflissero loro una dura sconfitta nella [[seconda battaglia dei laghi Masuri]] (7-22 febbraio 1915); il fallimento dei paralleli contrattacchi austro-ungarici sul fronte della Galizia obbligò però i tedeschi a correre in aiuto degli alleati. Il 2 maggio gli austro-tedeschi attaccarono il fronte russo nella zona compresa tra le cittadine di [[Gorlice]] e [[Tarnów]], provocandone il crollo: la ritirata russa si trasformò in rotta e gli attaccanti penetrarono a fondo in Polonia, prendendo Varsavia il 5 agosto. Il granduca Nicola, che pure era riuscito a evitare una disfatta completa, venne sostituito come comandante in capo direttamente dallo zar Nicola II. Solo a metà settembre i russi riuscirono a ricostruire un fronte stabile cedendo l'intera Polonia e ampie zone dell'attuale [[Lituania]]: a parte le pesanti perdite umane e di materiale, i russi dovettero abbandonare alcune delle loro più importanti zone industriali, mettendo in crisi la produzione bellica<ref>{{Cita|Willmott|p. 117}}.</ref>.
[[File:Mobilizacia.jpg|miniatura|sinistra|Soldati bulgari in fase di mobilitazione]]
Il fronte serbo rimase pressoché immobile per gran parte del 1915, finché gli eventi non si svilupparono improvvisamente a favore degli Imperi centrali. Il 6 settembre 1915 lo zar [[Ferdinando I di Bulgaria]] portò il suo paese nel campo degli Imperi centrali sottoscrivendo un trattato di alleanza con la Germania: i bulgari avevano da tempo mire espansionistiche sui territori della Macedonia occupati da serbi e greci ed erano desiderosi di vendicare le sconfitte subite durante la [[seconda guerra balcanica]]<ref name=Willmott-120-121>{{Cita|Willmott|pp. 120-121}}.</ref>. Dopo gli insuccessi del 1914 le forze austro-ungariche sul fronte serbo erano passate sotto il comando del generale tedesco [[August von Mackensen]] e l'11ª Armata tedesca fu ritirata dal fronte orientale per appoggiare il nuovo tentativo di invasione; la situazione della Serbia era aggravata anche dal fatto che gli Alleati non riuscivano a fornirle adeguati aiuti: nel tentativo di stabilire un collegamento diretto, il 5 ottobre 1915 truppe anglo-francesi sbarcarono a [[Salonicco]] in [[Grecia]], paese formalmente neutrale ma lacerato dai dissidi tra la fazione pro-Germania del re [[Costantino I di Grecia|Costantino I]] e quella pro-Alleati del primo ministro [[Eleutherios Venizelos]]<ref name=Willmott-120-121 />.
Il 6 ottobre 1915 von Mackensen diede avvio all'invasione e le forze austro-tedesche attraversarono la [[Sava (fiume)|Sava]] penetrando nel nord della Serbia, mentre l'11 ottobre le truppe bulgare attaccarono da est: i serbi opposero una dura resistenza nelle regioni montuose dell'interno ma si ritrovarono in forte inferiorità numerica e vennero progressivamente respinti verso sud-ovest; il 22 ottobre i bulgari presero il nodo ferroviario di [[Kumanovo]], tagliando la via di ritirata serba verso sud e bloccando le truppe francesi che risalivano da Salonicco verso nord, poi sconfitte e obbligate alla ritirata nella successiva [[battaglia di Krivolak]] (17 ottobre-21 novembre)<ref name=Willmott-120-121 />. Le truppe serbe cercarono di arrestare l'avanzata degli Imperi centrali [[Offensiva del Kosovo (1915)|nella regione del Kosovo]] ma furono nuovamente battute e il 25 novembre il generale Putnik diede ordine alle sue truppe di ripiegare oltre il confine con l'[[Albania]], nella speranza di evacuare ciò che rimaneva dell'esercito serbo dai porti sul [[mare Adriatico]]: dopo aver perso migliaia di uomini a causa degli stenti e degli attacchi degli irregolari albanesi, i {{formatnum:150000}} superstiti dell'esercito serbo raggiunsero il mare e furono evacuati da navi alleate (con il contributo determinante della [[Regia Marina]]<ref>{{Cita web|url=http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/palazzomarina/Pagine/Ilsalvataggiodell%27esercitoserbo.aspx|titolo=Il salvataggio dell'Esercito Serbo (dicembre 1915 - febbraio 1916)|editore=Marina Militare|accesso=20 giugno 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140426235247/http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/palazzomarina/Pagine/Ilsalvataggiodell%27esercitoserbo.aspx|urlmorto=no}}</ref>) a [[Corfù]] da dove, dopo essere stati riorganizzati e riequipaggiati, furono poi destinati al nuovo fronte davanti Salonicco<ref name="Hart189">{{Cita|Hart|p. 189}}.</ref>.
=== Si combatte su tutti i fronti (1916) ===
[[File:HMS Queen Mary Jutland.jpg|miniatura|La {{nave|HMS|Queen Mary}}, colpita dagli incrociatori da battaglia tedeschi, esplode durante la battaglia dello Jutland]]
Da un punto di vista strategico, durante il 1915 le armate tedesche erano rimaste sulla difensiva in occidente: nonostante muovesse le proprie divisioni in attacchi con obiettivi limitati, in una più vasta concezione delle cose la Germania si accontentava di tenere il terreno conquistato in Francia e Belgio mentre concentrava le proprie attenzioni a oriente, dove inviò il grosso delle truppe. Questa strategia si sarebbe capovolta nel 1916 quando le potenze centrali avrebbero mantenuto la difensiva a est e cercato di far uscire la Francia dalla guerra<ref name="Gudmundsson149">{{Cita|Gudmundsson|p. 149}}.</ref>.
==== Da Verdun alla Somme ====
{{
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R05148, Westfront, deutscher Soldat.jpg|miniatura|sinistra|Un soldato tedesco sul fronte occidentale con indosso lo ''[[Stahlhelm]]'']]
L'esercito tedesco fu pronto per primo e scatenò l'assalto a Verdun il 21 febbraio 1916 con un bombardamento violento e preciso che martellò per nove ore le linee francesi, distruggendo trinceramenti e linee telefoniche, impedendo l'arrivo di qualsiasi rinforzo. Cessato l'intenso fuoco d'artiglieria, {{formatnum:140000}} soldati attaccarono le difese francesi<ref>{{Cita|Gilbert|p. 284}}.</ref>, occupando il numero più alto possibile di posizioni in vista del massiccio attacco del giorno successivo. In alcuni casi le pattuglie riuscirono perfino a fare prigionieri mentre i ricognitori aerei riferirono di vaste distruzioni nelle linee francesi<ref>{{Cita|Gundmundsson|p. 155}}.</ref>. L'attacco tedesco non sortì gli effetti sperati; tuttavia il 25 febbraio cadde uno dei simboli di Verdun, [[Fort Douaumont]], e il comandante supremo Joseph Joffre avallò l'immediato invio a Verdun della 2ª Armata del generale [[Philippe Pétain]], con il compito di difendere a oltranza le due rive della [[Mosa (fiume)|Mosa]]. Il generale von Falkenhayn, soddisfatto, poté seguire il suo piano di "dissanguamento graduale" dell'esercito francese<ref>{{Cita|Horne|p. 145}}.</ref>.
Malgrado l'iniziale impeto, l'attacco tedesco tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo
[[File:Senegalschützen.jpg|miniatura|Soldati senegalesi dell'esercito francese sul fronte di Verdun]]
Alle
Nelle prime due settimane di luglio la battaglia della Somme fu condotta con una serie di azioni su scala ridotta, preparatorie per
[[File:Tank preparing to advance at Flers-Courcelette 15-09-1916 IWM Q 5574.jpg|miniatura|sinistra|Un carro armato britannico [[Mark I (carro armato)|Mark I]] avanza verso Flers, 15 settembre 1916]]
Fra il 15 luglio e il 14 settembre la 4ª Armata britannica sulla Somme condusse circa novanta attacchi della forza da un battaglione in su, di cui solo quattro per tutti i nove chilometri del proprio fronte: perse {{formatnum:82000}} uomini per un'avanzata di meno di un chilometro<ref name="Gualtieri73"/>. Il 15 settembre, nel corso della [[battaglia di Flers-Courcelette]], l'esercito britannico impiegò per la prima volta il [[carro armato]], ma la nuova arma, concepita per risolvere lo stallo delle trincee, non raccolse grandi risultati poiché la sua dottrina d'impiego era ancora molto incerta<ref name="Gualtieri73"/>. Haig continuava intanto a sollecitare una pressione "senza soste" e grazie a una serie di altri piccoli successi, nella prima settimana di ottobre i tedeschi ripiegarono su linee difensive più arretrate, non senza aver opposto forte resistenza; questi limitati successi non furono però tali da alimentare speranze di uno sfondamento<ref name="Hart321">{{Cita|Hart|p. 321}}.</ref>. Il 18 novembre, con un ultimo attacco alle trincee verso [[Grandcourt (Somme)|Grandcourt]], che si risolse con un modesto successo, l'offensiva della Somme poteva considerarsi definitivamente sospesa<ref name="Hart321"/>.
Le due battaglie avevano permesso agli anglo-francesi di riconquistare circa 110 chilometri quadrati e cinquantuno villaggi; i tedeschi erano arretrati di circa 7/8 chilometri e avevano sofferto oltre {{formatnum:800000}} vittime. Da un punto di vista puramente tattico si trattò quindi di una sconfitta tedesca, ma il guadagno alleato fu molto esiguo a fronte di oltre {{formatnum:1200000}} perdite e all'enorme dispendio di risorse<ref>{{Cita|Gualtieri|p. 89}}.</ref>. Il mediocre risultato tattico e strategico causò la destituzione del generale Joffre, sostituito dal generale Robert Nivelle. Le stragi di Verdun e della Somme comunque non cambiarono le strategie inconcludenti dello stato maggiore francese, che avrebbe ripetuto i medesimi errori nel 1917 provocando ammutinamenti e ribellioni in parte dell'esercito<ref>{{Cita|Gualtieri|p. 100}}.</ref>.
Anche sul mare la contesa tra britannici e tedeschi era giunta a un punto di stallo. Il nuovo comandante della flotta tedesca ammiraglio [[Reinhard Scheer]] aveva deciso di adottare una tattica più offensiva, conducendo frequenti bombardamenti navali sulle coste orientali dell'Inghilterra nel tentativo di attirare in battaglia la ''Grand Fleet''. Tra il 31 maggio e il 1º giugno 1916 le due flotte si affrontarono nella [[battaglia dello Jutland]], il maggior scontro navale del conflitto: i tedeschi inflissero più perdite di quante ne subirono, ma in definitiva il blocco navale britannico della Germania non fu spezzato. Dopo lo scontro la flotta di superficie tedesca ritornò a un atteggiamento difensivo, spostando tutta l'attenzione sulla guerra sottomarina<ref>{{Cita|Willmott|p. 181}}.</ref>.
==== Combattimenti sull'Isonzo ====
{{Vedi anche|Battaglia degli Altipiani}}
[[File:Rovine di Asiago 1.jpeg|miniatura|[[Asiago]] distrutta dopo i combattimenti della ''[[Strafexpedition]]'']]
Sul fronte carsico, dopo che in marzo un [[Quinta battaglia dell'Isonzo|altro assalto italiano]] sull'Isonzo si era concluso con perdite elevate e scarse conquiste, furono gli austro-ungarici a passare all'offensiva nel Trentino: il 15 maggio 1916 ebbe inizio la ''[[Frühjahrsoffensive]]'' (in Italia conosciuta come ''Strafexpedition'', "spedizione punitiva"), durante la quale l'esercito italiano venne attaccato tra la [[valle dell'Adige]] e la [[Valsugana]]. Nei venti giorni successivi gli austro-ungarici conquistarono una posizione dopo l'altra, minacciando di tagliare fuori le truppe italiane sull'Isonzo; tuttavia, utilizzando le divisioni di riserva, l'esercito italiano riuscì a fermare gli austro-ungarici e riprendere alcune posizioni, rischiando però che un'ulteriore offensiva sull'Isonzo potesse far perdere ai suoi uomini le poche conquiste fino allora ottenute<ref>{{Cita web|autore=Alessandro Gualtieri|url=http://www.lagrandeguerra.net/ggstrafe.html|titolo=La Strafexpedition sugli Altopiani, la prima vittoria difensiva italiana|editore=lagrandeguerra.net|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=no|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140326032302/http://www.lagrandeguerra.net/ggstrafe.html}}</ref>.
[[File:1GM artiglieria.jpg|miniatura|sinistra|Artiglieri italiani in azione con il [[75/27 Mod. 1911]]]]
Non riuscendo a smuovere gli austro-ungarici dal Trentino, Cadorna decise di concentrarsi nuovamente sull'Isonzo: il 4 agosto le truppe italiane [[Sesta battaglia dell'Isonzo|mossero all'attacco]] dal [[Sabotino|Monte Sabotino]] al mare, raggiungendo e superando l'Isonzo, conquistando [[Gorizia]] e costringendo parte della 5ª Armata austro-ungarica a ripiegare di alcuni chilometri sul Carso; gli austro-ungarici, però, avevano ceduto terreno solo per posizionarsi su una nuova linea difensiva già pronta, contro la quale si infransero i nuovi assalti italiani<ref>{{Cita|Silvestri 2006|p. 21}}.</ref>.
Il comando italiano, già dopo l'ottava offensiva, voleva dare il via a [[Nona battaglia dell'Isonzo|un ennesimo assalto]] prima che tutto il fronte fosse bloccato dalla cattiva stagione in arrivo: l'azione ebbe inizio solo il 31 ottobre contro la linea passante per Colle Grande-Pecinca-bosco Malo, ma il 2 novembre Cadorna decise di sospendere l'attacco per mancanza di rifornimenti, anche se gli scontri ripresero comunque il 3: nel complesso si avanzò solo di qualche chilometro e le perdite sofferte ammontarono a {{formatnum:39000}} soldati per gli italiani e a {{formatnum:33000}} per gli austro-ungarici<ref name="9Isonzo">{{Cita web|url=http://www.luoghistorici.com/index.php?option=com_content&view=article&id=226|titolo=IXª battaglia dell'Isonzo, muore l'imperatore|editore=luoghistorici.com|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=sì}}</ref>.
==== L'offensiva Brusilov ====
{{
[[File:Russian Troops NGM-v31-p379.jpg|miniatura|upright|Soldati russi in trincea sul fronte est]]
Alla fine di luglio la città di [[Brody (Ucraina)|Brody]], alla frontiera galiziana, cadde in mano ai russi, che nelle due settimane precedenti avevano catturato altri
==== La campagna di Romania ====
{{
[[File:Romanianinf.jpg|miniatura|sinistra|Soldati rumeni in addestramento]]
L'opportunità di scendere in campo con gli Alleati, l'amicizia che legava [[Nicolae Filipescu]] e [[Take Ionescu]] alle potenze occidentali e il desiderio di liberare i connazionali della [[Transilvania]] dal controllo austro-ungarico, convinsero l'opinione pubblica rumena che l'entrata in guerra avrebbe portato notevoli vantaggi; l'avanzata di Brusilov incoraggiò la Romania il 27 agosto 1916 a compiere il passo decisivo. Il paese avrebbe avuto qualche probabilità di successo se fosse sceso in campo prima, quando la Serbia era ancora una forza attiva e la Russia non aveva ancora intaccato il proprio potenziale; i due anni in più di preparazione avevano raddoppiato il numero di soldati a scapito dell'addestramento, quando invece gli austro-tedeschi avevano ormai sviluppato tattiche e armi adatte alla guerra in corso. L'isolamento della Romania e l'incapacità dei suoi vertici militari avevano impedito la trasformazione di un esercito composto da fanteria in una forza moderna<ref>{{Cita|Hart|p. 339}}.</ref>.
L'avventata iniziativa romena si risolse in un'enorme sconfitta: la lentezza delle divisioni che attraversarono i Carpazi consentì a von Falkenhayn (da poco sostituito al comando supremo da Hindenburg e Ludendorff e ora comandante della 9ª Armata sul fronte rumeno) di ingrossare le file austro-ungariche con l'invio di divisioni tedesche e bulgare. Mentre Ludendorff arginava i romeni sui Carpazi, il generale [[August von Mackensen]] li attaccò da sud-ovest e il 23 novembre li aggirò superando il Danubio; nonostante la reazione romena, la forza congiunta di von Falkenhayn e von Mackensen si dimostrò insostenibile per un esercito antiquato e mal comandato: il 6 dicembre gli austro-tedeschi entrarono a [[Bucarest]] continuando l'inseguimento dei romeni ormai in rotta<ref>{{Cita|Hart|pp. 342-343}}.</ref>. La maggior parte della Romania, con i suoi fertili campi di grano e i giacimenti petroliferi, fu conquistata dagli Imperi centrali, che ridussero l'esercito romeno all'impotenza e inflissero una seria sconfitta politico-strategica agli Alleati<ref>{{Cita|Hart|p. 343}}.</ref>.
====
{{Vedi anche|Fronte macedone|Campagna di Albania}}
[[File:Royal Fusiliers in trench Macedonia 1917 IWM Q 32896.jpg|miniatura|upright|Una trincea britannica sul fronte macedone]]
Eliminata la Serbia, le forze austro-ungariche [[Campagna del Montenegro|invasero il Montenegro]] ai primi di gennaio 1916 e nonostante la sconfitta patita nella [[battaglia di Mojkovac]] (6-7 gennaio) l'obbligarono a capitolare prima della fine del mese<ref name=Winter-76>{{Cita|Winter|p. 76}}.</ref>. Lanciate all'inseguimento dell'armata serba in ritirata, le forze degli Imperi centrali penetrarono anche in Albania, in preda all'anarchia dopo che una rivolta popolare nel settembre 1914 aveva portato alla dissoluzione del governo centrale<ref>{{Cita libro|autore=Barbara Jelavich|titolo=History of the Balkans: Twentieth century, 2|editore=The Press Syndicate of the University of Cambridge|anno=1999|isbn=0-521-27459-1}} p. 103.</ref>: le truppe austro-bulgare avevano occupato il nord e il centro del paese già prima della fine di aprile 1916, ma un corpo di spedizione italiano fu in grado di prendere il controllo delle regioni meridionali, nel tentativo di mantenere il possesso dello strategico porto di [[Valona]]<ref>{{Cita libro|autore=[[Eugenio Bucciol]] |titolo=Albania: fronte dimenticato della Grande guerra|editore=Nuova Dimensione Edizioni |città=Portogruaro |anno=2001|isbn=88-85318-61-4}} p. 27.</ref>. Davanti a Salonicco la situazione si era ormai stabilizzata in una lunga guerra di posizione: dopo il fallimento della [[battaglia di Doiran (1916)|prima battaglia di Doiran]] (9-18 agosto 1916), l'armata alleata (comprendente truppe francesi, britanniche, serbe, italiane e russe) subì un'[[Battaglia dello Strimone|offensiva bulgaro-tedesca]] lungo il fiume [[Struma (fiume)|Strimone]] tra il 17 e il 27 agosto, riuscendo a contenerla; [[Offensiva di Monastir|passate al contrattacco]] a metà settembre, le forze alleate presero [[Bitola|Monastir]] nel sud della Serbia il 19 novembre seguente, senza però riuscire a spezzare il fronte bulgaro<ref name=Winter-76 />.
[[File:TurkishArtillery.jpg|miniatura|sinistra|Artiglieri dell'esercito ottomano caricano un obice [[10,5 cm FH 98/09]] di produzione [[Krupp]]]]
All'inizio del gennaio 1916 i russi lanciarono nel Caucaso occidentale l'[[offensiva di Erzurum]], cogliendo completamente di sorpresa la 3ª Armata ottomana che non si aspettava un attacco in pieno inverno: la vittoria russa nella [[battaglia di Köprüköy]] (10-19 gennaio 1916) obbligò gli ottomani ad abbandonare la strategica fortezza di [[Erzurum]] e a ritirarsi verso ovest dopo aver subito pesanti perdite<ref name=Caucasus />. Appoggiate anche da sbarchi lungo la costa del Mar Nero, le truppe russe dilagarono nell'[[Anatolia]] orientale, prendendo l'importante porto di [[Trebisonda]] il 15 aprile e spingendosi nell'interno fino alle città di [[Muş]] ed [[Erzincan]], dove ottennero [[battaglia di Erzincan|una nuova vittoria]] sugli ottomani tra il 2 e il 25 luglio 1916; lo sfondamento fu contenuto solo con l'arrivo al fronte della [[Seconda armata ottomana|2ª Armata ottomana]] del generale [[Mustafa Kemal Atatürk|Mustafa Kemal]], composta da truppe richiamate dal settore di Gallipoli, che il 25 agosto riuscì a infliggere ai russi una sconfitta nella [[battaglia di Bitlis]]<ref name=Caucasus />.
Il grosso dei combattimenti cessò alla fine di settembre 1916, con entrambe le parti bloccate da un inverno particolarmente duro; la situazione non subì grandi mutamenti nel corso del 1917, essendo i russi immobilizzati dai disordini in corso in patria e gli ottomani concentrati sul fronte del Medio Oriente contro i britannici<ref>{{Cita|Willmott|p. 241}}.</ref>. L'[[armistizio di Erzincan]] del 5 dicembre 1917 e il ritiro della Russia dal conflitto posero infine termine alle operazioni nel Caucaso.
=== Venti di cambiamento (1917) ===
==== La Russia esce dal conflitto ====
{{Vedi anche|Rivoluzione russa|Trattato di Brest-Litovsk}}
[[File:Guardias Rojos junto al palacio de invierno, otoño de 1917.jpg|miniatura|[[Guardie Rosse (Russia)|Guardie Rosse]] bolsceviche a Pietrogrado nel 1917]]
Le enormi perdite subite dalla Russia avevano minato alle fondamenta la resistenza morale e fisica del suo esercito, tanto che al fronte molti ufficiali non riuscivano più a mantenere la disciplina<ref>{{Cita|Hart|pp. 392, 393}}.</ref>. Su tutto il fronte i [[bolscevismo|bolscevichi]] incitavano gli uomini a rifiutarsi di combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e diffondere le idee rivoluzionarie; dal fronte le agitazioni si trasmisero alle città e alla capitale. Il 3 marzo 1917 a Pietrogrado scoppiò un violento sciopero nelle [[officine Kirov]], la principale fabbrica di armamenti e munizioni: l'8 marzo gli operai in sciopero erano circa {{formatnum:90000}}, il 10 marzo fu proclamata la legge marziale e il potere della [[Duma]] fu messo in discussione dal ''[[Soviet]]'' cittadino guidato dal [[Menscevismo|menscevico]] [[Nikolaj Semënovič Čcheidze|Chkheidze]]. I soldati inviati in città si unirono alla folla che protestava contro lo zar, al quale non restò altro che abdicare il 15 marzo 1917<ref>{{Cita|Gilbert|p. 382}}.</ref>.
Fu proclamata una "[[Repubblica russa]]" retta dal [[Governo provvisorio russo]] dominato dal socialista [[Aleksandr Fëdorovič Kerenskij]], il quale si affrettò a confermare la sua alleanza con gli anglo-francesi; in luglio, tuttavia, la nuova offensiva decisa dal governo repubblicano ([[offensiva Kerenskij]]) si risolse in una decisa sconfitta per lo stremato esercito russo. Sfruttando il malcontento popolare e delle truppe verso la guerra, tra il 7 e l'8 novembre 1917 le forze bolsceviche [[Rivoluzione d'ottobre|s'impossessarono]] dei centri di potere russi a Pietrogrado e Mosca: la repubblica fu abbattuta e al suo posto nacque una [[Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa]] retta da [[Lenin]], rientrato in Russia dalla Svizzera con il permesso dei tedeschi, che ne avevano esattamente stimato l'impatto politico sull'avversario<ref name="Hart393">{{Cita|Hart|p. 393}}.</ref>.
La prima mossa del nuovo governo bolscevico fu quella di intavolare trattative per far uscire la Russia dal conflitto. Il 1º dicembre una commissione bolscevica attraversò le linee tedesche a [[Daugavpils|Dvinsk]] e giunse alla fortezza di [[Brėst|Brest-Litovsk]], dove una delegazione degli Imperi centrali li attendeva per intavolare trattative di pace<ref>{{Cita|Gilbert|p. 467}}.</ref>: Lenin intendeva chiudere il fronte per rivolgersi ai movimenti controrivoluzionari, che già attaccavano i bolscevichi e gli Imperi centrali colsero l'occasione reclamando condizioni di resa durissime; dopo lunghi e complessi negoziati, il [[trattato di Brest-Litovsk]], firmato il 3 marzo 1918, sancì la fine della partecipazione russa al conflitto e dei combattimenti sul fronte orientale<ref>{{Cita|Gilbert|p. 483}}.</ref>.
==== Lo stallo in occidente ====
{{Vedi anche|Offensiva Nivelle|Battaglia di Passchendaele}}
[[File:FrenchTrenchWWI--nsillustratedwar03londuoft.jpeg|miniatura|upright|Soldati francesi in trincea]]
A dispetto delle pesanti perdite patite a Verdun e sulla Somme, alla fine del 1916 i comandi anglo-francesi erano convinti di aver acquisito una posizione di vantaggio sui tedeschi e di essere vicini alla vittoria<ref>{{Cita|Willmott|p. 204}}.</ref>. Il nuovo comandante in capo francese, il generale Robert Nivelle, propose una serie di nuove offensive congiunte da condursi in primavera: mettendo a frutto la sua esperienza a Verdun, Nivelle propose di lanciare in successione una serie di brevi ma intensi assalti preceduti da un pesante fuoco di sbarramento dell'artiglieria, arrivando a promettere uno sfondamento decisivo del fronte nemico entro 24 ore<ref name=Willmott-211>{{Cita|Willmott|p. 211}}.</ref>. Nel corso dei primi mesi dell'anno, tuttavia, sfruttando la pausa invernale, i tedeschi avevano iniziato un ripiegamento sulle nuove e più salde posizioni della [[linea Hindenburg]], accorciando il fronte da difendere ed estendendo in profondità i loro sistemi di trincee.
Il 9 aprile i britannici, sostenuti da ampi contingenti provenienti dai ''dominion'' (canadesi, australiani, neozelandesi, sudafricani), diedero avvio all'"offensiva Nivelle" [[battaglia di Arras (1917)|attaccando ad Arras]]: furono conquistate diverse importanti posizioni, come l'altura di [[Vimy]], ma il fronte tedesco non fu spezzato e l'azione si arenò per il 16 maggio seguente. Rallentati dal tempo pessimo, i francesi diedero inizio alla loro parallela offensiva il 16 aprile, [[Seconda battaglia dell'Aisne|attaccando sullo Chemin des Dames]]: l'azione fu un disastro, con poco terreno guadagnato a fronte di perdite pesantissime, e dovette infine essere interrotta il 9 maggio. La sconfitta, giunta solo a pochi mesi dalla terribile prova di Verdun, distrusse il morale dell'esercito francese: in vari reparti si verificarono casi di insubordinazione e proteste contro la guerra, sfociate anche in alcuni [[Ammutinamenti del 1917 in Francia|episodi di ammutinamento e diserzione]]; Nivelle fu destituito e rimpiazzato dal generale Pétain, che s'impegnò a fondo per ristabilire l'ordine nei reparti francesi<ref name=Willmott-211 />.
[[File:Stretcher bearers Passchendaele August 1917.jpg|miniatura|sinistra|Portaferiti britannici alle prese con il fango di Passchendaele]]
Con l'esercito francese paralizzato dagli ammutinamenti, tutto il peso dell'offensiva ricadde quindi sulle spalle delle forze britanniche, cui toccò l'onere di sostenere il grosso dei combattimenti in Francia e nelle Fiandre<ref>{{Cita|Gilbert|p. 407}}.</ref>. Le truppe britanniche vennero rinforzate dal corpo di spedizione portoghese ([[Corpo Expedicionário Português]]), che venne inviato nelle Fiandre e integrato nella 1ª Armata britannica. Il 21 maggio i britannici diedero inizio alla [[battaglia di Messines (1917)|battaglia di Messines]]: dopo aver fatto brillare una ventina di gallerie di mina, scavate sotto alle trincee tedesche nei mesi precedenti, le forze britanniche e dei ''dominion'' presero l'importante crinale di [[Mesen|Messines]], sul margine sud del saliente di Ypres. Il 31 luglio seguente Haig diede il via alla sua offensiva principale, attaccando da Ypres verso le posizioni tedesche nelle Fiandre: l'obiettivo strategico era quello d'impossessarsi delle basi dei sommergibili tedeschi installate lungo la costa belga, ma l'attacco naufragò per la forte resistenza e le forti piogge che trasformarono il campo di battaglia in un mare di fango; l'azione si concluse il 6 novembre con solo modesti guadagni territoriali<ref>{{Cita|Willmott|p. 218}}.</ref>.
Non pago di questo insuccesso, il 25 novembre Haig attaccò il fronte tedesco [[Battaglia di Cambrai|davanti a Cambrai]]: appoggiati da quasi 500 carri armati, i britannici penetrarono nelle trincee tedesche ma la carenza di riserve impedì di sfruttare il successo; pochi giorni dopo i tedeschi contrattaccarono sfruttando le nuove tattiche di infiltrazione, già sperimentate sul fronte orientale e italiano, e riconquistarono gran parte del terreno perduto<ref>{{Cita|Willmott|p. 223}}.</ref>. La battaglia si concluse il 6 dicembre, quando l'inverno impose nuovamente un arresto alle operazioni su vasta scala.
==== Da Baghdad a Gerusalemme ====
{{Vedi anche|Campagna del Sinai e della Palestina}}
[[File:Maude in Baghdad.jpg|miniatura|Le forze britanniche entrano a Baghdad l'11 marzo 1917]]
Il governo britannico desiderava un successo spettacolare per risollevare il morale alleato dopo la disastrosa "offensiva Nivelle" e il caos rivoluzionario in Russia. In Mesopotamia le operazioni si erano praticamente fermate dopo la resa di Kut: i britannici erano intenti a migliorare la propria situazione logistica e gli ottomani erano troppo deboli per scacciarli dalla regione. Il nuovo comandante britannico, generale [[Frederick Stanley Maude]], iniziò un'offensiva il 13 dicembre 1916, risalendo il corso del Tigri con il supporto di una flottiglia di [[cannoniera|cannoniere]] fluviali<ref name=Willmott-237>{{Cita|Willmott|p. 237}}.</ref>; il 23 febbraio 1917 i britannici sconfissero gli ottomani nella [[seconda battaglia di Kut]], obbligandoli alla ritirata: incoraggiato dal successo l'alto comando britannico autorizzò Maude a continuare l'avanzata e l'11 marzo [[Presa di Baghdad (1917)|fu presa Baghdad]], sgombrata dagli ottomani. L'azione britannica proseguì verso nord in direzione di [[Samarra]] ([[Offensiva di Samarrah|caduta]] il 23 aprile), concludendosi alla fine di settembre nei pressi di [[Ramadi]], dove gli ottomani subirono una [[battaglia di Ramadi (1917)|nuova sconfitta]]; il fronte entrò quindi in un lungo periodo di stasi, con entrambi i contendenti concentrati sulla campagna di Palestina<ref name=Willmott-237 />.
[[File:Machine gun corps Gaza line WWIb edit2.jpg|miniatura|sinistra|Mitraglieri ottomani schierati nella zona di [[Gaza]], impiegano delle [[MG 08]] fornite dalla Germania]]
La vittoria britannica nella [[battaglia di Rafa]] il 9 gennaio 1917 aveva definitivamente allontanato la minaccia ottomana dalla penisola del Sinai e i comandanti alleati iniziarono a progettare l'invasione della Palestina. Dopo una lunga preparazione logistica le forze del generale Archibald Murray iniziarono l'offensiva ai primi di marzo, subendo però una sconfitta nella [[prima battaglia di Gaza]] (26 marzo); un secondo tentativo di sfondare la linea difensiva ottomana davanti alla città, anche con il contributo di gas tossici e qualche carro armato, [[seconda battaglia di Gaza|fallì nuovamente]] il 19 aprile seguente con gravi perdite per i britannici<ref name=Willmott-238>{{Cita|Willmott|p. 238}}.</ref>. Nel giugno 1917 Murray fu rimpiazzato dal generale [[Edmund Allenby]], mentre sul fronte opposto Erich von Falkenhayn giunse nel teatro con un piccolo contingente di specialisti tedeschi per rinforzare lo schieramento ottomano. Dopo lunghi preparativi, l'offensiva britannica iniziò alla fine dell'ottobre 1917: la vittoria nella [[battaglia di Beersheba (1917)|battaglia di Beersheba]] (31 ottobre) consentì ai britannici di aggirare la linea difensiva ottomana, poi crollata dopo la sconfitta nella [[terza battaglia di Gaza]] (31 ottobre-7 novembre)<ref>{{Cita|Hart|p. 396}}.</ref>. Nonostante il clima invernale e i contrattacchi ottomani, Allenby proseguì l'avanzata e il 9 dicembre i reparti britannici [[Battaglia di Gerusalemme|occuparono Gerusalemme]], importante obiettivo simbolico, prima di arrestarsi per il peggiorare delle condizioni meteorologiche<ref>{{Cita|Hart|p. 397}}.</ref>.
[[File:Bundesarchiv DVM 10 Bild-23-61-20, Kiel, U-Boothafen.jpg|miniatura|Un gruppo di [[U-Boot]] tedeschi]]
==== L'intervento degli Stati Uniti d'America ====
Sebbene nel dicembre 1916 gli Imperi centrali fossero riusciti a impadronirsi di un importante canale di approvvigionamento con l'occupazione della Romania e l'acquisizione del controllo della regione danubiana, il nulla di fatto con cui si era conclusa la [[battaglia dello Jutland]] aveva lasciato ai britannici il dominio dei mari, permettendo loro di mantenere il blocco navale: esso era ormai diventato un problema ineludibile, ma d'altro canto i vertici militari nutrivano la speranza che, una volta annientato il blocco, avrebbero potuto risolvere la partita sul fronte occidentale nel giro di pochi mesi; i vertici tedeschi si risolsero quindi a estendere la guerra sottomarina, sebbene ciò aumentasse inevitabilmente il rischio di coinvolgere gli [[Stati Uniti d'America]], già vicini politicamente all'Intesa. Il 1º febbraio 1917 la Germania formalizzò la cosiddetta [[guerra sottomarina indiscriminata]]: da quel momento in avanti ogni nave diretta ai porti dell'Intesa sarebbe stata considerata un bersaglio legittimo; pochi giorni dopo gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche con la Germania<ref>{{Cita|Gilbert|p. 386}}.</ref>.
Nonostante gli incidenti susseguitisi incessantemente per due anni, a partire dall'affondamento del {{nave|RMS|Lusitania||6}}, il presidente [[Thomas Woodrow Wilson]] si era attenuto alla sua politica di neutralità. L'annuncio della campagna sottomarina indiscriminata mostrò che le speranze di pace di Wilson erano utopistiche e, quando a ciò seguì il deliberato affondamento di navi statunitensi e il tentativo tedesco di istigare il [[Messico]] ad attaccare gli Stati Uniti (il caso del "[[telegramma Zimmermann]]"<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 377, 379}}.</ref>), il presidente Wilson ruppe gli indugi<ref>{{Cita|Hart|p. 383}}.</ref>. Il 4 aprile 1917 presentò al [[Congresso degli Stati Uniti|Congresso]] la proposta di entrare in guerra: il 6 aprile gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania. Nessuno dubitava che l'impatto delle truppe statunitensi in Europa sarebbe stato potenzialmente enorme; gli Stati Uniti avrebbero addestrato circa un milione di soldati, che a poco a poco sarebbero saliti a tre milioni. Ma ci sarebbe voluto almeno un anno, o forse più, prima che le truppe fossero addestrate, trasportate via nave in Francia e rifornite adeguatamente<ref>{{Cita|Gilbert|p. 387}}.</ref>.
==== Caporetto ====
{{Vedi anche|Battaglia di Caporetto}}
[[File:Slesiani in fondovalle Isonzo.jpg|miniatura|Truppe tedesche in marcia nella valle dell'Isonzo durante la battaglia di Caporetto]]
Sul fronte dell'Isonzo gli italiani sferrarono due nuove offensive [[Decima battaglia dell'Isonzo|a metà maggio]] e poi ancora [[undicesima battaglia dell'Isonzo|ad agosto]], guadagnando qualche posizione sul bordo dell'[[Altopiano della Bainsizza]] seppur al prezzo di molti caduti; il fronte austro-ungarico fu però talmente logorato che la Germania intervenne ancora una volta. Hindenburg e Ludendorff si accordarono con il comandante in capo austro-ungarico [[Arthur Arz von Straussenburg]] per [[battaglia di Caporetto (pianificazione e preparazione)|organizzare un'offensiva combinata]]<ref>{{Cita web|autore=Tullio Vidulich|url=http://www.lagrandeguerra.net/ggcaporettoriflettere.html|titolo=Novant'anni fa la battaglia di Caporetto - ottobre 1917. Un'occasione per riflettere|editore=lagrandeguerra.net|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140206125852/http://www.lagrandeguerra.net/ggcaporettoriflettere.html}}</ref>. Alle 02:00 in punto del 24 ottobre 1917 le artiglierie austro-tedesche iniziarono a colpire le posizioni italiane dal [[monte Rombon]] all'alta Bainsizza, alternando lanci di gas a granate convenzionali, colpendo in particolare tra [[Plezzo]] e l'[[Isonzo]]<ref>{{Cita|Silvestri 2006|p. 178}}.</ref>.
Subito dopo la fanteria sfondò le linee italiane sia sulle montagne sia nella valle dell'Isonzo, dove una divisione tedesca raggiunse il pomeriggio del 24 ottobre la città di [[Caporetto]]; quindi gli austro-tedeschi avanzarono per 150 chilometri in direzione sud-ovest raggiungendo [[Udine]] in soli quattro giorni, mentre l'esercito italiano ripiegava disordinatamente con numerosi casi di disgregazione e collasso di reparti. Cadorna, venuto a sapere della caduta di [[Cornino]] il 2 novembre e di [[Codroipo]] il 4, ordinò all'intero esercito di ripiegare sul fiume [[Piave]], ove nel frattempo era stata rafforzata una linea difensiva grazie agli episodi di resistenza sul fiume [[Tagliamento]]. La disfatta di Caporetto, oltre al crollo del fronte italiano e alla caotica ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla [[Valsugana]], comportò la perdita in due settimane di {{formatnum:350000}} uomini fra morti, feriti, dispersi e prigionieri; altri {{formatnum:400000}} si sbandarono verso l'interno del paese<ref>{{Cita|Silvestri 2006|p. 3}}.</ref>. L'avanzata degli austro-tedeschi fu infine bloccata sulle rive del [[Piave]] a metà novembre, dopo una dura [[Prima battaglia del Piave|battaglia difensiva]].
[[File:Stosstruppen 1917.jpg|miniatura|sinistra|Un reparto di [[truppe d'assalto]] tedesche (''[[Stoßtrupp]]''); le rapide infiltrazioni effettuate da queste formazioni ebbero un ruolo importante nelle ultime offensive tedesche]]
Nonostante fosse sempre stata superiore in termini numerici alle potenze centrali, all'inizio del 1918 l'Intesa vide ribaltarsi la situazione, a causa delle perdite subite e del collasso della Russia: sarebbero dovuti passare parecchi mesi prima che le forze statunitensi facessero pendere nuovamente l'ago della bilancia in suo favore. Alla [[conferenza di Rapallo]] del novembre 1917 fu decisa la costituzione di un consiglio supremo di guerra dove i maggiori esponenti dei governi alleati sarebbero stati affiancati da rappresentanti militari<ref>{{Cita|Hart|p. 468}}.</ref>; di fatto questi ultimi non avevano però il potere esecutivo in quanto i capi di stato maggiore erano subordinati ai rispettivi governi, che nella conduzione della guerra anteponevano interessi economici. Nel frattempo la Germania iniziò a trasferire decine di divisioni dal fronte orientale a ovest: per la fine di gennaio 1918 ne aveva a disposizione 177 con altre trenta in arrivo, mentre il potenziale alleato, indebolito dalle enormi perdite nel pantano di [[Passchendaele]], scese a 172 divisioni, formate ognuna da nove battaglioni invece che dai soliti dodici<ref>{{Cita|Hart|p. 470}}.</ref>.
Il generale Ludendorff, cogliendo il momento favorevole e cercando di anticipare l'arrivo in forze delle truppe statunitensi, ripose le speranze di vittoria in una nuova, fulminea e imponente offensiva a occidente. Per poter utilizzare tutte le truppe disponibili era riuscito a estorcere una pace definitiva sia al governo bolscevico, sia alla Romania; inoltre per assicurare nel possibile una base economica alla sua offensiva, fece occupare gli immensi campi di grano dell'[[Ucraina]], incontrando solo una misera resistenza da parte di truppe cecoslovacche, costituite dai russi con ex-prigionieri provenienti dall'esercito austro-ungarico<ref>{{Cita|Hart|p. 472}}.</ref>.
{{Vedi anche|Offensiva di primavera|Battaglia del solstizio|Seconda battaglia della Marna}}
[[File:A7V Elfriede.jpg|miniatura|Un carro armato tedesco [[A7V]]]]
Il 21 marzo Ludendorff lanciò la programmata offensiva che, in caso di successo, avrebbe consentito alla Germania di vincere la guerra<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 484, 489, 491}}.</ref>: i tedeschi assalirono le posizioni britanniche sulla [[Somme (fiume)|Somme]], provocandone il crollo e avanzando rapidamente nelle retrovie. I risultati conseguiti dai tedeschi durante l'offensiva furono impressionanti rispetto all'esito di altre battaglie sul fronte occidentale: catturarono {{formatnum:90000}} prigionieri e {{M|1300}} cannoni, inflissero agli anglo-francesi {{formatnum:212000}} tra morti e feriti, annientarono l'intera 5ª Armata britannica; per contro dovettero registrare {{formatnum:239000}} perdite tra ufficiali e soldati, con alcune divisioni ridotte alla metà dei loro effettivi e molte compagnie con appena quaranta o cinquanta uomini<ref>{{Cita|Gudmundsson|pp. 284, 286}}.</ref>.
[[File:The Portuguese Expeditionary Corps on the Western Front, 1917-1918 Q6437.jpg|miniatura|sinistra|Truppe del [[Corpo Expedicionário Português]] ]]
Nel tentativo di replicare il successo iniziale, Ludendorff lanciò una serie di assalti in sequenza in altre zone del fronte: in aprile i tedeschi [[quarta battaglia di Ypres|sfondarono le linee britanniche]] vicino a Ypres, in maggio guadagnarono altro terreno [[terza battaglia dell'Aisne|attaccando i francesi tra Soissons e Reims]], in giugno [[battaglia di Montdidier-Noyon|assaltarono le posizioni francesi davanti Compiègne]], ma l'azione fallì e fu bloccata nel giro di pochi giorni. Contemporaneamente truppe anglo-statunitensi vennero in soccorso dei francesi [[battaglia di Bosco Belleau|contrattaccando sul fronte della Marna]]<ref>{{Cita|Willmott|pp. 255-259}}.</ref>. Il 15 luglio Ludendorff lanciò un'ultima disperata offensiva [[seconda battaglia della Marna|sulla Marna]], ma a inizio agosto lo slancio tedesco su tutto il fronte cessò: l'esercito imperiale, benché fosse a un soffio dalla vittoria, era però esausto e dissanguato dalle enormi perdite, perciò cessò di avanzare; nel frattempo quasi un milione di soldati statunitensi erano giunti in Francia a dar manforte agli Alleati<ref>{{Cita|Gudmundsson|p. 287}}.</ref>.
Anche sul fronte italiano la fine della guerra contro la Russia aveva permesso all'Austria-Ungheria di rischierare le sue truppe e di preparare un'offensiva risolutiva; l'esercito italiano, ora guidato dal capo di stato maggiore [[Armando Diaz]], era tuttavia bene attestato sulle rive del Piave e in fase di rapida riorganizzazione dopo la disfatta di Caporetto. L'offensiva austro-ungarica coinvolse sessantasei divisioni ed ebbe inizio il 15 giugno (battaglia del solstizio): il Piave fu superato in alcuni punti, ma la forte resistenza italiana e la piena del fiume bloccarono infine gli attaccanti, che il 22 giugno sospesero l'azione. Al termine dei combattimenti gli austro-ungarici avevano subito gravi perdite e logorato la loro già provata macchina bellica; fallita l'offensiva, che nei piani doveva annientare l'Italia e dare una svolta al conflitto, l'Austria-Ungheria si avviò a un'irrimediabile crisi militare e politica<ref>{{Cita|Silvestri 2006|p. 262}}.</ref>.
[[File:69thHassavant.jpg|miniatura|Truppe statunitensi in azione in Francia]]
==== Le controffensive alleate ====
{{Vedi anche|Offensiva dei cento giorni|Battaglia di Vittorio Veneto|Battaglia di Amiens (1918)}}
Esaurita la spinta offensiva degli austro-tedeschi, gli Alleati presero l'iniziativa. Sul fronte occidentale si erano infine dati un comando unificato nella persona del generale francese [[Ferdinand Foch]]: questi predispose i piani per una serie di attacchi con obiettivi limitati ma da attuarsi in rapida successione l'uno dopo l'altro, per sottoporre i tedeschi a una pressione costante, sfruttando la superiorità numerica locale delle truppe anglo-franco-statunitensi oltre che la notevolmente accresciuta disponibilità di carri armati e aerei<ref>{{Cita|Willmott|p. 262}}.</ref>. Già il 18 luglio truppe francesi e americane attaccarono il vulnerabile saliente tedesco sulle rive della Marna e per il 4 agosto ne avevano ricacciato i difensori indietro per quasi 50 chilometri. L'8 agosto iniziò una seconda offensiva [[Battaglia di Amiens (1918)|davanti ad Amiens]], condotta da truppe franco-britanniche appoggiate da 600 carri armati e 800 aerei: il successo alleato fu tale che Ludendorff definì l'8 agosto "il [[giorno più nero per l'esercito tedesco]]"<ref name=Willmott-263 />; il 15 agosto l'azione proseguì con un vigoroso [[seconda battaglia della Somme|contrattacco sulla Somme]] da parte di britannici e statunitensi.
Mentre a Parigi il neocostituito Consiglio Interalleato progettava piani per la continuazione della guerra almeno fino al 1919<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 545, 547}}.</ref>, su tutto il fronte occidentale gli Alleati continuavano ad avanzare: tra il 12 e il 19 settembre, nel corso della loro prima offensiva autonoma, le truppe statunitensi del generale [[John Pershing]] [[Battaglia di Saint-Mihiel|riconquistarono Saint-Mihiel]]<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 551-544}}.</ref> e circa un mese dopo, il 26 ottobre, truppe franco-statunitensi diedero il via all'[[offensiva della Mosa-Argonne]], proseguita a fasi alterne fino a novembre; le due operazioni insieme valsero la conquista di oltre 500 km² di territorio. Frattanto il 27 settembre gli anglo-francesi avevano intrapreso la [[battaglia di Cambrai-San Quintino]] nel settore settentrionale del fronte e il 28 britannici, francesi e belgi [[quinta battaglia di Ypres|attaccarono sul fronte di Ypres]]: le difese della "linea Hindenburg" furono sfondate, obbligando i tedeschi ad avviare l'evacuazione delle Fiandre e dei territori conquistati quattro mesi prima.
[[File:Passaggio del Piave.jpg|miniatura|Truppe italiane superano il Piave durante la battaglia di Vittorio Veneto]]
Sul fronte italiano l'Impero austro-ungarico era ormai a un passo dal baratro: assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico, era inoltre sempre meno in grado di tenere unito il vasto mosaico dei popoli su cui governava, non riuscendo a proporre, se non tardivamente, delle valide alternative che ne riconoscessero l'identità; la rivoluzione delle varie etnie stava rapidamente maturando. Mentre l'Austria-Ungheria si dibatteva in simili problemi, l'Italia anticipò l'offensiva prevista per il 1919<ref>{{Cita|Silvestri 2006|pp. 262, 263}}.</ref>. Il 23 ottobre cominciarono gli sbarramenti d'artiglieria e la costruzione di ponti di barche sul Piave, in condizioni climatiche pessime; nonostante la dura opposizione, gli italiani sfondarono la linea difensiva austro-ungarica e provocarono il collasso dell'esercito imperial-regio, che si ritirò in disordine verso le Alpi; mentre gli italiani avanzavano rapidamente in Veneto, Friuli e [[Cadore]], Vienna iniziò i preparativi per avanzare una richiesta di armistizio<ref name="Gilbert595"/>.
==== La Bulgaria fuori dal conflitto ====
{{Vedi anche|Bulgaria nella prima guerra mondiale}}
Nei Balcani il 1917 si era chiuso con un'ulteriore situazione di stallo: un'offensiva lanciata tra aprile e maggio dal generale [[Maurice Paul Emmanuel Sarrail]] a capo dell'armata alleata di Salonicco si era conclusa con due sconfitte nella [[battaglia di Doiran (1917)|seconda battaglia di Doiran]] e nella [[battaglia del Crna (1917)|battaglia del Crna]], obbligandolo a sospendere le operazioni lungo tutto il fronte; gli Alleati ottennero invece un successo sul piano diplomatico quando il 29 giugno 1917 la Grecia dichiarò guerra agli Imperi centrali, dopo che il filo-tedesco re Costantino I era stato costretto a abdicare<ref name=Willmott-270-271>{{Cita|Willmott|pp. 270-271}}.</ref>. Entrambe le parti avevano poco interesse a portare avanti grosse operazioni su questo teatro: l'attenzione degli Alleati era diretta principalmente al fronte occidentale e la Bulgaria era riluttante a continuare la guerra, avendo già occupato tutti i territori cui era interessata e dovendo sopportare una profonda crisi economica che aveva lasciato intere regioni praticamente alla fame<ref>{{Cita|Willmott|p. 278}}.</ref>.
[[File:Bulgarian soldiers with wire cutters WWI.jpg|miniatura|sinistra|Truppe bulgare in azione sul fronte macedone]]
A metà del 1918 il nuovo comandante delle forze alleate, generale [[Louis Franchet d'Espèrey]], preparò i piani per una risolutiva offensiva lungo tutto il fronte macedone, convinto che la Bulgaria fosse sul punto di cedere<ref name=Willmott-270-271 />. Dopo lunghi preparativi l'[[offensiva del Vardar]] scattò il 14 settembre 1918: i reparti greco-britannici attaccarono verso est ottenendo un successo nella [[battaglia di Doiran (1918)|terza battaglia di Doiran]] (18-19 settembre) e le truppe francesi, serbe e italiane sfondarono il fronte bulgaro da ovest dopo la decisiva vittoria nella [[battaglia di Dobro Pole]] (15 settembre)<ref name=Willmott-270-271 />. Nella ritirata l'esercito bulgaro si disfece, mentre il paese era scosso da tumulti e manifestazioni contro la guerra: il 29 settembre, occupata dai francesi [[Skopje]], la Bulgaria accettò l'[[armistizio di Salonicco]] avanzato dagli Alleati, uscendo ufficialmente dal conflitto il 30 settembre. Mentre le forze britanniche proseguivano la marcia verso est in [[Tracia]] alla volta di Istanbul, i franco-serbi mossero verso nord raggiungendo il Danubio il 19 ottobre e liberarono Belgrado dall'occupazione austroungarica il 1º novembre<ref name=Willmott-270-271 />.
==== La resa dell'Impero ottomano ====
{{Vedi anche|Rivolta araba|Armistizio di Mudros}}
[[File:IWM-Q-12329-armoured-car-Megiddo-1918.jpg|miniatura|Un'autoblindo britannica durante la battaglia di Megiddo]]
Nel teatro del Medio Oriente le forze dell'Impero ottomano stavano ormai cedendo su tutti i fronti. Nella [[Penisola arabica|penisola araba]] le litigiose tribù locali avevano infine trovato una certa guida unitaria sotto lo ''[[sharīf]]'' [[Al-Husayn ibn Ali (sceriffo della Mecca)|Al-Husayn ibn Ali]], insorgendo contro la dominazione ottomana; rifornite di armi e munizioni dagli Alleati e raggiunte da una missione di addestratori britannici capitanati dal colonnello [[Thomas Edward Lawrence]] (poi passato alla storia come "Lawrence d'Arabia"), le forze arabe iniziarono una massiccia campagna di guerriglia contro gli ottomani, prima interrompendo la [[ferrovia dell'Hegiaz]] e poi [[Battaglia di Aqaba|catturando]] l'importante porto di [[Aqaba]] sul [[Mar Rosso]]<ref name=Willmott-237 />. Gli irregolari arabi di Lawrence si spinsero poi verso nord per appoggiare gli sforzi finali dei britannici in Palestina.
La situazione sul fronte palestinese era rimasta sostanzialmente statica per gran parte del 1918, con l'attenzione degli Alleati concentrata sul fronte occidentale; l'offensiva finale poté iniziare solo il 19 settembre: mentre gli irregolari arabi mettevano in atto azioni diversive a est per attirare l'attenzione ottomana, le forze britanniche del generale Allenby attaccarono da ovest lungo la zona costiera, potendo contare su una netta superiorità numerica, una più efficace logistica e un assoluto dominio del cielo<ref name=Willmott-272>{{Cita|Willmott|p. 2728}}.</ref>. Le forze alleate ottennero una decisiva vittoria nella [[battaglia di Megiddo (1918)|battaglia di Megiddo]] (19 settembre-31 ottobre) con una perfetta azione combinata<ref name=Willmott-272 />: la fanteria sfondò il fronte e aprì un varco per la cavalleria che, appoggiata da unità di [[autoblindo]] e bombardieri, inseguì con decisione gli ottomani impedendo loro di attestarsi su nuove posizioni; la ritirata si trasformò in rotta e le forze alleate dilagarono verso nord, penetrarono in [[Siria]] e occuparono [[Damasco]] (2 ottobre) e [[Aleppo]] (25 ottobre).
In Mesopotamia, ormai un fronte secondario, le preponderanti forze britanniche iniziarono la loro offensiva sul finire di settembre, dilagando nella zona di [[Mosul]]-[[Kirkuk]] e ottenendo un'importante vittoria nella [[battaglia di Sharqat]] (23-30 ottobre)<ref name=Willmott-272 />. Ormai in ritirata su tutti i fronti e con l'esercito ridotto a un sesto della forza originaria, all'Impero ottomano non restò altro che trattare la propria resa: il 30 ottobre i rappresentanti ottomani siglarono l'armistizio di Mudros e il 13 novembre una forza d'occupazione alleata si stabilì a [[Costantinopoli]].
==== Il crollo dell'Austria-Ungheria ====
{{Vedi anche|Armistizio di Villa Giusti}}
[[File:Liberazione di Trieste.jpg|miniatura|sinistra|Le truppe italiane sbarcano a Trieste il 3 novembre 1918]]
Il 28 ottobre, a seguito del successo italiano nella [[battaglia di Vittorio Veneto]], l'Austria-Ungheria chiese agli Alleati di iniziare le trattative per l'armistizio e in serata dette ordine all'esercito di ritirarsi<ref name="Gilbert588">{{Cita|Gilbert|p. 588}}.</ref>. A [[Praga]] la richiesta di armistizio provocò una decisa reazione dei cechi; il Consiglio nazionale cecoslovacco si riunì a palazzo Gregor, dove si era costituito tre mesi prima, e assunse le funzioni di un vero e proprio governo: ordinò agli ufficiali austriaci nel [[Castello di Praga|castello di Hradčany]] di trasferire i poteri, assunse il controllo della città e proclamò l'indipendenza dello stato ceco senza autorizzazione da parte di Vienna. A sera le truppe austriache nel castello deposero le armi<ref name="Gilbert588"/>. Quello stesso giorno il Parlamento croato dichiarò che da quel momento Croazia e Dalmazia avrebbero fatto parte di uno [[Stato degli Sloveni, Croati e Serbi|"Stato nazionale sovrano di sloveni, croati e serbi"]]; analoghe dichiarazioni pronunciate a [[Lubiana]] e Sarajevo legarono le regioni occidentali dei Balcani all'emergente [[Jugoslavia]]<ref name="Gilbert590"/>.
Il 30 ottobre, mentre il governo austro-ungarico continuava a adoperarsi per giungere all'armistizio con gli Alleati<ref name="Gilbert590">{{Cita|Gilbert|p. 590}}.</ref>, a Vienna e a Budapest maturarono rapidamente delle rivoluzioni di stampo bolscevico che scoppiarono il 1º novembre; lo stesso giorno Sarajevo si dichiarò parte dello "Stato sovrano degli slavi meridionali"<ref>{{Cita|Gilbert|p. 593}}.</ref>. Il 3 novembre l'Austria firmò con l'Italia l'armistizio di Villa Giusti che entrò in vigore il 4, giorno in cui gli italiani entrarono a Trento e la [[Regia Marina]] sbarcò truppe a Trieste<ref name="Gilbert595">{{Cita|Gilbert|p. 595}}.</ref>. Il 5 novembre, causa il timore di un protrarsi del conflitto con la Germania, venne decisa l'avanzata del III Corpo d'armata italiano oltre il [[Brennero]] occupando [[Landeck]] e [[Innsbruck]]<ref>{{cita libro|url= http://www.agiati.it/UploadDocs/12255_Art_20_di_michele.pdf|formato= PDF|curatore= Fabrizio Rasera|autore= Andrea Di Michele|titolo= Trento e Trieste, Percorsi degli italiani d'Austria dal '48 all'annessione|capitolo= Trento, Bolzano e Innsbruck: L'occupazione militare italiana del Tirolo (1918-1920)|editore= Edizioni Osiride|id= Accademia roveretana degli Agiati|pp= 436-442|anno= 2014|urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20170822222302/http://www.agiati.it/UploadDocs/12255_Art_20_di_michele.pdf|accesso= 27 gennaio 2018}}</ref>.
==== Il fronte occidentale ====
{{Vedi anche|Armistizio di Compiègne|Conferenza di pace di Parigi (1919)}}
{{Citazione|La guerra è finita, certo in modo completamente diverso da quanto avevamo pensato|Affermazione fatta da Guglielmo II al suo seguito negli ultimi giorni della guerra<ref>{{Cita|Fischer|p. 813}}.</ref>}}
[[File:Armisticetrain.jpg|miniatura|I delegati alleati dopo la firma dell'armistizio di Compiègne]]
La Germania aveva visto il proprio potenziale umano gravemente compromesso da quattro anni di guerra, trovandosi d'altronde in gravi difficoltà dal punto di vista economico e sociale. Il 1º ottobre i britannici si apprestavano a superare la linea Hindenburg lungo il [[Canale di San Quintino|canale di St. Quentin]] e gli statunitensi a sfondare nelle [[Argonne]]; Ludendorff si recò direttamente dal ''Kaiser'' per chiedergli di avanzare subito una proposta di pace, dando la responsabilità della grave situazione a "idee spartachiste e socialiste che avvelenavano l'esercito tedesco"<ref>{{Cita|Gilbert|p. 569}}.</ref>. Le battaglie infuriavano ancora quando il 2 ottobre scoppiò la [[Repubblica di Weimar#Rivoluzione controllata: la fondazione della Repubblica (1918-1919)|prima rivoluzione tedesca]]; il 4 ottobre il principe [[Massimiliano di Baden|Maximilian di Baden]] telegrafò a Washington per richiedere l'armistizio<ref>{{Cita|Gilbert|p. 572}}.</ref>. La Germania, pur essendo nello scompiglio, non era precipitata nel disordine né aveva deciso di arrendersi: l'8 ottobre Wilson respinse la proposta e l'11 i tedeschi iniziarono a ritirarsi su tutto il fronte senza però rinunciare a combattere<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 575, 578}}.</ref>.
Ludendorff confidava di continuare la lotta nella speranza che un'efficace difesa della frontiera tedesca potesse alla lunga smorzare la determinazione degli Alleati. Ma la capitolazione dell'Austria-Ungheria il 3 novembre scoprì il fronte sud-orientale della Germania, dove la rivoluzione dilagava, alimentata anche dalla riluttanza del ''Kaiser'' a abdicare. La sola via d'uscita poteva essere raggiunta con un accordo con i rivoluzionari, così il 9 novembre il principe di Baden lasciò il posto a [[Friedrich Ebert]] facendo così cadere, come voleva il popolo e aveva specificato Wilson, i capi che avevano portato la Germania alla rovina<ref>{{Cita|Hart|pp. 491, 492}}.</ref>.
L'offensiva alleata inflisse una serie di sconfitte all'esangue esercito tedesco, le cui truppe iniziarono ad arrendersi in numero sempre crescente; quando gli Alleati ruppero il fronte, la monarchia imperiale si dissolse e i due comandanti supremi Hindenburg e Ludendorff, dopo aver tentato invano di convincere il ''Kaiser'' a combattere a oltranza, si fecero da parte<ref>{{Cita|Willmott|p. 286}}.</ref>. Di fronte alla rivoluzione interna e alla minaccia delle forze alleate ormai in vista del confine nazionale, i delegati tedeschi che si erano recati a [[Compiègne]] già il 7 novembre non ebbero altra scelta che quella di accettare le gravose condizioni imposte dagli Alleati. L'armistizio entrò in vigore alle ore 11:00 dell'11 novembre 1918, ponendo fine alla guerra<ref>{{Cita|Hart|pp. 494, 495}}.</ref>.
== Conseguenze ==
{{
Lo stato di belligeranza tra le varie nazioni rimase formalmente in vigore per diversi mesi dopo la firma degli armistizi. Il 18 gennaio 1919 si aprì la [[conferenza di pace di Parigi (1919)|conferenza di pace di Parigi]], incaricata di pervenire alla stipula dei definitivi trattati di pace: il 28 giugno 1919 venne firmato il [[trattato di Versailles]] tra la Germania e le potenze alleate, seguito il 10 settembre dal [[trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|trattato di Saint-Germain-en-Laye]] con l'Austria, il 27 novembre dal [[trattato di Neuilly]] con la Bulgaria, il 4 giugno 1920 dal [[trattato del Trianon]] con l'Ungheria e il 10 agosto 1920 dal [[trattato di Sèvres]] con l'Impero ottomano. Quest'ultimo rimase inattuato a causa dello scoppio della convulsa [[guerra d'indipendenza turca]], obbligando le potenze europee a sottoscrivere un nuovo accordo con la neo proclamata repubblica di [[Turchia]] il 24 luglio 1923 ([[trattato di Losanna (1923)|trattato di Losanna]]).
=== Perdite umane ===
{{Vedi anche|Conteggio delle vittime della prima guerra mondiale}}
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1971-057-05, Tanga, englische Landung, gefallene Inder.jpg|miniatura|Soldati anglo-indiani uccisi a [[Tanga (città)|Tanga]], nell'Africa orientale tedesca]]
La prima guerra mondiale è stato uno dei conflitti più sanguinosi dell'umanità. Nei quattro anni e tre mesi di ostilità persero la vita circa 2 milioni di soldati tedeschi insieme a {{formatnum:1110000}} austro-ungarici, {{formatnum:770000}} turchi e {{formatnum:87500}} bulgari; gli Alleati ebbero all'incirca 2 milioni di morti tra i soldati russi, {{formatnum:1400000}} francesi, {{formatnum:1115000}} dell'Impero britannico, {{formatnum:650000}} italiani, {{formatnum:370000}} serbi, {{formatnum:250000}} rumeni e {{formatnum:116000}} statunitensi. Considerando tutte le nazioni del mondo, si stima che durante il conflitto persero la vita poco meno di {{formatnum:9722000}} soldati con oltre 21 milioni di feriti, molti dei quali rimasero più o meno gravemente segnati o menomati a vita. Migliaia di soldati soffrirono di lesioni di tipo inedito, studiato per la prima volta proprio nel primo dopoguerra, consistente in una serie di traumi psicologici che potevano portare a un completo collasso nervoso o mentale: designata come "trauma da bombardamento" o "nevrosi di guerra", costituì la prima teorizzazione del [[disturbo da stress post-traumatico]]<ref>{{Cita|Willmott|p. 265}}.</ref>. L'enorme perdita di vite umane provocò un grave contraccolpo sociale: l'ottimismo della ''[[Belle Époque]]'' fu spazzato via e i traumatizzati superstiti del conflitto andarono a formare la cosiddetta "[[generazione perduta]]"<ref name=Winter-306>{{Cita|Willmott|p. 306}}.</ref>.
I civili non furono risparmiati: circa {{formatnum:950000}} morirono a causa delle operazioni militari e circa {{formatnum:5893000}} persone perirono per cause collaterali, in particolare carestie e carenze di generi alimentari (condizioni sofferte in particolare dagli Imperi centrali, sottoposti al blocco navale alleato), malattie ed epidemie (particolarmente grave fu quella della cosiddetta "[[influenza spagnola]]", che mieté milioni di vittime in tutto il mondo) e inoltre per le persecuzioni razziali scatenatesi durante il conflitto<ref>{{Cita|P.Hart|p. 520}}.</ref>.
==== Crimini di guerra ====
{{Vedi anche|Stupro del Belgio|Crimini di guerra tedeschi nella prima guerra mondiale|Occupazione russa della Galizia}}
[[File:L'exécution des notables de Blégny, 1914 (par Evariste Carpentier).jpg|miniatura|Quadro di [[Évariste Carpentier]] raffigurante la fucilazione di civili belgi da parte dei tedeschi a [[Blegny]]]]
Moltissimi civili perirono a causa di crimini di guerra, rappresaglie e persecuzioni razziali all'interno dei diversi paesi entrati in guerra; il [[diritto internazionale umanitario]] e la [[Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907#La seconda conferenza di pace (1907)|convenzione dell'Aia del 1907]] furono ripetutamente violati durante il conflitto e solo la relativa ridotta estensione delle regioni occupate pose un freno alle stragi<ref>{{Cita|Silvestri 2002|p. 414}}.</ref>. I dettami di [[Carl von Clausewitz]], che consigliava una certa pressione sulle popolazioni invase affinché si potesse ottenere la resa dell'avversario, vennero applicati dall'esercito tedesco quando irruppe nel Belgio e in Francia settentrionale nel 1914: l'uccisione di parecchie centinaia di civili si verificò in varie località belghe come [[Sambreville]], [[Seilles]], [[Dinant]] e [[Lovanio]], oltre che nei distretti francesi nord-orientali. I soldati tedeschi, colpiti da [[Franco tiratore|franchi tiratori]] civili (un'esperienza già vissuta nella [[guerra franco-prussiana]] del 1870) e suggestionati da non verificabili dicerie circa loro commilitoni accoltellati alle spalle o torturati mentre erano feriti e inermi, si ostinarono a combattere con ferocia ogni atto da loro giudicato "illegale"; durante l'avanzata in Belgio, durata un mese, fecero oltre {{formatnum:5000}} vittime tra i civili<ref>{{Cita|Silvestri 2002|p. 415}}.</ref>.
Alle città invase venne spiegato che il blocco navale alleato impediva alla Germania di fornire adeguate scorte alimentari e le popolazioni vennero salvate solo dalle derrate alimentari statunitensi distribuite dalla ''[[Committee for Relief in Belgium]]'', guidata dal futuro presidente [[Herbert Hoover]], che si prese cura anche dell'oltre mezzo milione di uomini rimasti disoccupati con lo spostamento delle fabbriche belghe in Germania, dove vennero inviati inoltre più di {{formatnum:60000}} lavoratori coatti e alcune decine di migliaia di loro colleghi volontari. Altri uomini, donne e ragazzi vennero obbligati ai lavori agricoli nelle vicinanze del luogo di coscrizione<ref>{{Cita|Silvestri 2002|pp. 416-417}}.</ref>. Per dividere ulteriormente la popolazione, i tedeschi fecero leva sugli antichi dissapori tra fiamminghi e valloni, arrivando a riconoscere il Governo provvisorio delle Fiandre del fiammingo [[August Borms]]<ref name="cita-Silvestri-2002-p417">{{Cita|Silvestri 2002|p. 417}}.</ref>. Crimini di guerra vennero compiuti anche dalla marina tedesca: rispetto alla [[seconda guerra mondiale]], nell'ambito della quale fu verificato [[Heinz-Wilhelm Eck|un solo caso]] di violazione delle leggi umanitarie da parte di un ''U-Boot'', nei mari dove venne combattuta la Grande guerra vi furono frequenti mitragliamenti di naufraghi e siluramenti di navi ospedale<ref name="cita-Silvestri-2002-p417"/>.
[[File:Austrian soldiers executing Serbs, 1917.jpg|miniatura|sinistra|Civili serbi fucilati dalle truppe d'occupazione austro-ungariche]]
Benché avessero meno occasioni per infierire sulle popolazioni, crimini di guerra furono compiuti anche dalle potenze dell'Intesa. Gli abitanti che popolavano le terre lungo l'Isonzo occupate dagli italiani nel 1915 manifestarono in più di un'occasione i loro sentimenti ostili all'Italia: a [[Dresenza]] venne compiuto un attentato, peraltro fallito, contro il generale [[Donato Etna]] e per rappresaglia gli italiani uccisero alcuni abitanti; a [[Villesse]], dopo un attacco della popolazione contro i bersaglieri, vennero fucilati più di 100 civili. Da queste terre furono deportati nell'Italia meridionale circa {{formatnum:70000}} abitanti e lo stesso fece l'Austria-Ungheria con i civili italofili, rumeni o serbi. La Russia obbligò le popolazioni tedesche del [[Volga]] a trasferirsi in [[Siberia]]<ref>{{Cita|Silvestri 2002|pp. 417-418}}.</ref>; circa {{formatnum:200000}} tedeschi che vivevano in [[Volinia]] e circa {{formatnum:600000}} ebrei furono deportati dalle autorità russe<ref>{{Cita web|url=http://lib.ndsu.nodak.edu/grhc/history_culture/history/people.html|titolo=A People on the Move: Germans in Russia and in the Former Soviet Union: 1763–1997|editore=North Dakota State University Libraries|accesso=12 novembre 2012|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130120172328/http://lib.ndsu.nodak.edu/grhc/history_culture/history/people.html}}</ref>. Nel 1916 fu inoltre emesso un ordine di espulsione per circa {{formatnum:650000}} [[tedeschi del Volga]] a est, ma la rivoluzione russa ne impedì l'attuazione<ref>{{Cita web|lingua=en|autore=(a cura di) Ingeborg W. Smith|url=http://archive.prairiepublic.org/features/GFR/timeline.htm|titolo=The Germans from Russia: Children of the Steppe/Children of the Prairie|editore=Prairie Public Broadcasting|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=sì}}</ref>. Molti ''[[pogrom]]'' accompagnarono i moti rivoluzionari russi e la conseguente [[guerra civile russa]]: tra {{formatnum:60000}} e {{formatnum:200000}} civili ebrei vennero uccisi in tutto l'Impero russo<ref>{{Cita web|lingua=en|url=https://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/judaica/ejud_0002_0016_0_15895.html|titolo=Pogroms|editore=Jewish Virtual Library|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=no|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140714173834/https://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/judaica/ejud_0002_0016_0_15895.html}}</ref>.
==== Genocidi etnici ====
{{Vedi anche|Genocidio armeno|Genocidio assiro|Genocidio dei greci del Ponto}}
[[File:Morgenthau336.jpg|miniatura|Civili armeni assassinati probabilmente nella primavera del 1915]]
Tra il 1914 e il 1920 l'Impero ottomano, retto dal governo dei [[Giovani Turchi]], intraprese lo sterminio di massa dei cristiani della [[Chiesa assira d'Oriente]], della [[Chiesa ortodossa siriaca]], della [[Chiesa cattolica sira]] e della [[Chiesa cattolica caldea]], operazione che passerà alla storia come "genocidio assiro": si valuta che i morti non siano stati meno di {{formatnum:275000}}. Nonostante i numeri enormi, tale genocidio rimase ai margini del dibattito storiografico<ref>{{Cita web|url=https://mortidimenticati.blogspot.com/2007/04/sayfo-il-genocidio-dei-cristiani-assiro.html|titolo=Sayfo: il genocidio dei cristiani assiro-caldeo-siriaco|editore=mortidimenticati.blogspot.com|data=18 aprile 2007|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140317200207/http://mortidimenticati.blogspot.com/2007/04/sayfo-il-genocidio-dei-cristiani-assiro.html}}</ref>.
Ben più noto è il cosiddetto "genocidio greco" svoltosi dal 1914 al 1924 ai danni dei [[greci del Ponto]]: poiché erano una delle poche minoranze cristiane in Medio Oriente, soffrirono ripetute persecuzioni e uccisioni da parte degli ottomani, una strage che fu definita, non senza polemiche, "genocidio" e che ancora oggi è motivo di controversie tra Turchia e Grecia; a quest'ultima, che riconobbe i massacri come crimini di guerra e che nel 1994 dichiarò il 19 maggio giornata commemorativa, si sono associati vari Stati americani. Le vittime cagionate da fucilazioni, maltrattamenti, malattie e fame sono state calcolate a circa {{formatnum:350000}} nel giro di sette anni<ref>{{Cita web|lingua=en|url=http://www.greekgenocide.org/index1.html|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108175226/http://www.greekgenocide.org/index1.html|titolo=Greek Genocide 1914-1923|editore=greekgenocide.org|urlmorto=sì}}</ref>.
Nel biennio 1915-1916 l'Impero ottomano decise di deportare le popolazioni armene del Caucaso, ritenute infide e comunque di sentimenti anti-turchi, in Mesopotamia e Siria: centinaia di migliaia morirono durante le marce per fame, malattia o sfinimento. Il genocidio ebbe una breve e violenta ripresa una volta cessate le ostilità, quando Mustafa Kemal sterminò altre decine di migliaia di armeni per rendere più compatto il ceppo razziale turco<ref>{{Cita|Silvestri 2002|p. 420}}.</ref>.
===
I costi materiali della guerra furono calcolati fin dai primi mesi a scopo polemico, ovvero dissuasivo all'indirizzo delle potenze ancora neutrali come Italia, Stati Uniti o Romania.
Nel suo ''Diario degli anni di guerra'' Romain Rolland pubblica le cifre seguenti, ricavate da un articolo del docente all'Università di Copenaghen L. V. Birek, pubblicato nel marzo-aprile 1915 sulla ''Revue politique internationale'' allorché s'era ormai capito che il conflitto non avrebbe avuto una scadenza prevedibile:
{{q|Per il Natale 1915 il debito pubblico delle nazioni in guerra ascenderà a 300 miliardi (nel 1914 era di 150 miliardi). Questi 150 miliardi in più, spesi in diciotto mesi, equivalgono: 1) al valore delle reti ferroviarie riunite dell'Europa, Asia, Africa e Australia (ci sono voluti 70 anni per costruirle); 2) oppure a 3 milioni di immobili di 5 piani, con diciotto appartamenti, ossia un alloggio decente per 125 milioni di uomini; 3) oppure a più del valore del bestiame e degli attrezzi agricoli dell'intera Europa; 4) oppure a un milione di chilometri quadrati strappati al deserto, trasformati in terre coltivabili e capaci di nutrire 30 milioni di uomini...
Il canale di Panama ha richiesto appena il denaro di un mese di guerra. Il ponte della Forth, la grande diga del Nilo a Assuan, il traforo del Gottardo, che sono costati ciascuno 70 milioni, rappresentano il denaro speso in un pomeriggio di guerra. Il canale di Kiel, il canale di Suez, il canale di Manchester, che hanno trasformato il commercio mondiale, sono costati 1500 milioni: una settimana di guerra. Quando la guerra sarà finita, il debito pubblico esigerà 15 miliardi di interessi e di ammortamenti annuali: quanto basta per assicurare in Europa ad ogni uomo una pensione di 400 franchi a partire dall'età di 50 anni.
Conclusione: i 150 miliardi di guerra, per Natale 1915, rappresentano la vita e l'alimentazione di un numero di uomini dieci volte maggiore di quanti ora ne muoiono in guerra.}}
Nelle sue ''Memorie'' Lloyd George si fa beffe della sommaria previsione di Keynes, contenuta in un documento fatto circolare nel settembre 1915, secondo cui la bancarotta inglese sarebbe sopravvenuta con certezza all'inizio della primavera 1916 se il Regno Unito non avesse rinunciato a provvedere ai suoi alleati. Keynes aveva prescritto tagli severi, e l'avvertenza "ai nostri alleati che, per il futuro, dovranno provvedere a sé stessi. È certo che il nostro attuale regime di spesa è possibile soltanto come un violento sforzo temporaneo, al quale dovrà seguire una forte reazione; che la limitazione delle nostre risorse è imminente; e che in caso d'una qualsiasi spesa noi dobbiamo considerare non già, come fatto finora, se essa sia utile, bensì anche se ce la possiamo permettere<ref>{{Cita libro|titolo=David Lloyd George, War Memoirs, Odhams, London 1936, I, p. 409}}</ref>.
=== Cambiamenti politici ===
{{Doppia immagine verticale|destra|Cartina Europa 1914.svg|Cartina Europa 1924.svg|280|Carta dell'Europa nel 1914 (sopra) e nel 1924 (sotto)}}
La Grande guerra distrusse equilibri politici consolidati da decenni e ridisegnò i confini nazionali di Europa e Medio Oriente: quattro grandi imperi (tedesco, austro-ungarico, russo e ottomano) erano scomparsi lasciando al loro posto nazioni prostrate dalla guerra; anche i vincitori erano gravati dalle perdite, dalle distruzioni, dalla spesso illusoria promessa di una vita migliore fatta ai soldati che tornavano dai campi di battaglia, dalla complessa gestione delle controversie territoriali tra i nuovi Stati sorti in Europa centro-orientale<ref>{{Cita|Gilbert|p. 609}}.</ref>.
L'Austria-Ungheria, ceduti territori a Italia, Polonia e Romania, si frazionò in una serie di nuovi Stati nazionali: la piccola [[Prima Repubblica austriaca]] era etnicamente coesa ma economicamente indebolita e lacerata dai dissidi sociali, come lo era il nuovo [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]] che dovette affrontare i contrasti tra i vari gruppi etnici; più stabile, soprattutto sotto il punto di vista economico, si rivelò la [[Cecoslovacchia]], gravata però dalla presenza di una forte minoranza tedesca nella regione di confine dei [[Sudeti]]<ref>{{Cita|Willmott|p. 296}}.</ref>. L'Ungheria fu decisamente ridimensionata e perse un gran numero di abitanti, fatti che generarono il risentimento dei magiari e una serie di guerre di confine con cechi e romeni, oltre a un tentativo d'instaurare un [[Repubblica sovietica ungherese|governo bolscevico a Budapest]], soffocato poi nel sangue.
[[File:Garford Putilov in Freikorps use.jpg|miniatura|sinistra|Freikorps tedeschi durante i disordini postbellici su di un'autoblindo Garford-Putilov]]
La Germania restituì i territori annessi durante la [[guerra franco-prussiana]] dell'[[Alsazia-Lorena]] alla Francia e cedette porzioni di territorio alla Polonia, tra le quali il cosiddetto "[[corridoio di Danzica]]", e qualche altra zona di confine. La monarchia imperiale era crollata ed era stata rimpiazzata dalla debole "[[repubblica di Weimar]]", alle prese non solo con una situazione economica disastrosa ma anche con fortissimi conflitti interni e sociali, i quali sfociarono in ribellioni ispirate alla rivoluzione bolscevica, rabbiose repressioni e tentativi di colpo di Stato condotti dai ''[[Freikorps]]'', formazioni organizzate dai movimenti reazionari e conservatori con i soldati smobilitati dal fronte. Anche per via dell'intransigenza dei francesi, il trattato di Versailles impose dure condizioni alla Germania, costretta a dover pagare un ingentissimo risarcimento per i danni di guerra e ad accettare una "[[clausola di colpevolezza per la guerra]]" che la riconosceva come unica responsabile; queste misure finirono per alimentare il risentimento dei tedeschi e fornire argomenti di propaganda ai partiti nazionalisti ed estremisti<ref>{{Cita|Willmott|p. 299}}.</ref>. Solo nel 1924, con il governo di coalizione del cancelliere [[Gustav Stresemann]] e la firma di un piano di aiuti economici e riorganizzazione del risarcimento dovuto ([[piano Dawes]]), la Germania poté ritrovare una certa stabilità.
La dissoluzione dell'Impero russo e della monarchia degli zar lasciò il posto a una serie di guerre: mentre i bolscevichi della neo proclamata [[Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa]] affrontavano in una feroce [[guerra civile russa|guerra civile]] le forze controrivoluzionarie dell'[[Armata Bianca]], sostenute da truppe inviate dagli Alleati occidentali, le varie comunità del multietnico impero insorsero in armi nel tentativo di costituire proprie patrie nazionali, scontrandosi anche le une con le altre per definire i nuovi confini; in particolare fu la nuova repubblica di Polonia, tornata indipendente dopo oltre un secolo di occupazione straniera, ad affrontare i bolscevichi in [[guerra sovietico-polacca|una sanguinosa guerra]] per definire i propri confini orientali, conclusasi poi nel 1921. La sconfitta dei "bianchi" e la proclamazione dell'[[Unione Sovietica]] il 30 dicembre 1922 diedero stabilità alla caotica situazione orientale: i russi ristabilirono il loro dominio su Ucraina, Bielorussia e regioni caucasiche, ma dovettero accettare l'indipendenza di Finlandia, Polonia e [[Paesi baltici]]<ref>{{Cita|Willmott|pp. 302-303}}.</ref>.
[[File:UN Building A Southern Lawn.jpg|miniatura|sinistra|La sede della Società delle Nazioni a Ginevra]]
L'Impero ottomano fu spartito tra gli Alleati vittoriosi: Siria e Libano andarono alla Francia mentre il Regno Unito acquisì la Palestina, la [[Transgiordania]] e la Mesopotamia, dove fu costituito il nuovo Stato dell'[[Iraq]]; la mossa scontentò i nazionalisti arabi, insorti contro i turchi dietro le promesse d'indipendenza fatte dagli Alleati, gettando i germi di nuove rivolte<ref>{{Cita|Willmott|p. 304}}.</ref>. Ridottasi alla sola [[Anatolia]], la Turchia visse un periodo di tumulti e conflitti: sotto la guida di [[Mustafa Kemal]] le forze turche intrapresero una serie di guerre contro [[guerra greco-turca (1919-1922)|greci]] e [[Guerra turco-armena|armeni]], riuscendo a dare al paese i confini odierni; nell'ottobre 1923 il sultanato fu abolito e la Turchia divenne una repubblica guidata dallo stesso Kemal<ref>{{Cita|Willmott|p. 305}}.</ref>. La spartizione dell'impero coloniale tedesco, diviso tra Francia, Regno Unito e Giappone, generò lo scontento dell'Italia, aggravato dalla negazione di molte delle promesse fattele nel patto di Londra del 1915 e dando un potente strumento ai nazionalisti italiani che poterono parlare di una "[[vittoria mutilata]]"<ref>{{Cita|Gilbert|p. 620}}.</ref>.
Negli anni del dopoguerra si presentò anche la prima crisi del colonialismo europeo: alcuni Stati, da lungo tempo sotto il giogo delle grandi potenze, cominciarono a rivendicare la propria indipendenza e causarono non pochi problemi all'Europa, specialmente riguardo al commercio di materie prime. Il presidente statunitense Wilson assunse il ruolo di mediatore e inaugurò una missione di civilizzazione volta a migliorare le nazioni più arretrate in modo da concedere loro l'indipendenza, non prima di averle affidate alla guida di potenze quali la Francia o il Regno Unito. Questi movimenti nazionalistici riguardarono in particolar modo paesi dell'Oriente, del Medio Oriente (come la [[Cina]], l'[[India]], l'Iraq e il Libano) e anche africani (quali l'[[Egitto]] o la [[Cirenaica]])<ref>{{Cita|Di Nolfo|pp. 74-79}}.</ref>. Gli Alleati, e soprattutto il presidente Wilson, si proposero di organizzare un nuovo sistema globale, fondato sulla risoluzione delle controversie per vie pacifiche e sull'[[autodeterminazione dei popoli]]. In un discorso che tenne davanti al [[Senato degli Stati Uniti]] l'8 gennaio 1918, Wilson riassunse i suoi propositi in [[quattordici punti]] sui quali spiccava il pensiero che dovesse esserci una "pace senza vincitori", poiché a suo parere una pace imposta avrebbe contenuto il germe di una nuova guerra<ref>{{Cita|Di Nolfo|p. 7}}.</ref>. Wilson fu tra gli strenui sostenitori della formazione di una "[[Società delle Nazioni]]", organismo internazionale mondiale che scongiurasse altri conflitti: la Società fu formalmente istituita il 28 giugno 1919 ma il Senato statunitense votò contro l'ingresso degli Stati Uniti nell'organismo, sostenendo invece una forte politica isolazionista del paese.
=== Effetti economici e sociali ===
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R1215-506, Berlin, Reichsbank, Geldauflieferungsstelle.jpg|miniatura|L'[[iperinflazione]] in Germania: pacchi di banconote tedesche ormai senza valore]]
La guerra ebbe importanti effetti anche sul piano socioeconomico di tutti i paesi. Gli assetti economici mondiali subirono un cambio radicale, con l'Europa che iniziò a cedere molte posizioni ai paesi extraeuropei: una tendenza iniziata anche prima del 1914, ma che fu catalizzata dalla guerra. Gli enormi costi economici del conflitto obbligarono le nazioni europee a liquidare i loro investimenti all'estero e chiedere prestiti ad altre nazioni, circostanza dalla quale gli Stati Uniti trassero enormi vantaggi: nel 1917 Washington fornì prestiti al Regno Unito per un totale di 4 miliardi di dollari e nel complesso gli investimenti all'estero degli Stati Uniti passarono dai 3,5 miliardi di dollari nel 1914 a 7 miliardi nel 1919; alla fine della guerra il centro finanziario mondiale si era spostato da Londra a New York<ref name=Winter-232>{{Cita|Winter|p. 232}}.</ref>. Il Giappone, che godette di analoghi benefici, assunse il controllo di diverse rotte commerciali nella zona del Pacifico e vide una espansione e diversificazione della propria base industriale, condizioni che gli permisero di diventare per la prima volta nella sua storia un paese creditore invece che debitore. Stati come Brasile e Argentina sfruttarono il periodo bellico per rompere il vecchio schema che li vedeva come esportatori di materie prime in cambio dei prodotti finiti europei, iniziando a sviluppare proprie basi industriali che andarono a soppiantare parte dello spazio occupato dalle esportazioni delle nazioni europee<ref name=Winter-232 />.
La ripresa economica degli Stati europei fu lenta, a causa di vari fattori nazionali (la Germania fu ostacolata dall'alto debito di guerra da pagare e dall'[[iperinflazione]] galoppante, la Francia dalla perdita dei capitali investiti nella Russia zarista) e internazionali, legati alle restrizioni al libero commercio e all'imposizione di alte barriere doganali negli Stati Uniti e altrove<ref name=Winter-234>{{Cita|Winter|p. 234}}.</ref>. Una vera ripresa economica si ebbe a partire dal 1924 ma le nazioni europee mancarono di spirito collaborativo e preferirono reggersi unicamente sulle proprie forze e possibilità, scelta individualista che facilitò l'esplosione della crisi economica seguente alla [[Grande depressione|caduta della borsa di Wall Street]] del 1929<ref>{{Cita|Di Nolfo|pp. 80-85}}.</ref>: poiché il centro di gravità dell'economia mondiale si era stabilmente spostato negli Stati Uniti, quando questi andarono in crisi trascinarono con sé il resto del mondo<ref name=Winter-234 />.
[[File:The Shipbuilding Industry in Britain, 1914-1918 Q20067.jpg|miniatura|sinistra|Un'operaia britannica al lavoro durante il periodo della Grande guerra]]
La vita sociale aveva subito enormi strappi: 66 milioni di uomini erano stati inviati al fronte e i superstiti, al ritorno, trovarono condizioni disastrose<ref>{{Cita|Di Nolfo|p. 46}}.</ref>, crisi economiche, penuria di viveri e, soprattutto nelle nazioni sconfitte, forti conflitti sociali sfocianti spesso in scontri sanguinosi. Il cameratismo nato tra i soldati al fronte fu spesso piegato a fini politici interni: oltre ai ''Freikorps'' tedeschi, ne furono un esempio i ''[[Black and Tans]]'' britannici (corpo armato costituito con i reduci smobilitati a fine conflitto e impiegato per le azioni più brutali durante la [[guerra d'indipendenza irlandese]]) o gli [[Arditi]] italiani (uomini scelti e addestrati per le azioni più rischiose, molti dei quali confluirono a guerra finita nelle formazioni dello [[squadrismo]] [[Fascismo|fascista]])<ref>{{Cita|Winter|p. 225}}.</ref>.
Da un punto di vista sociale, tuttavia, la guerra non produsse solo effetti negativi: trasformazioni già iniziate ma che tardavano ad affermarsi subirono un'improvvisa accelerazione, allentando la stretta del sistema di classe<ref name=Winter-306 />. Importanti furono gli sviluppi in materia di emancipazione femminile e in molti dei paesi belligeranti le donne videro il proprio ruolo sociale ampliarsi rispetto a quello tradizionale di "madri di famiglia"<ref name=Willmott-130>{{Cita|Willmott|p. 130}}.</ref>; il richiamo al fronte di milioni di uomini rese indispensabile l'apporto della manodopera femminile in agricoltura ma anche e soprattutto nell'industria: in Austria-Ungheria, se nel 1913 solo il 17,5% degli operai dell'industria era donna, nel 1916 questa percentuale era salita al 42,5%, mentre nella Germania del 1918 la quota della manodopera femminile nelle industrie di tutti i tipi raggiunse il 55%, con orari e condizioni di lavoro pari a quelli degli uomini<ref>{{Cita|Willmott|p. 128}}.</ref>. La creazione di un gran numero di enti e uffici per gestire le nuove funzioni burocratiche ed economiche affidate allo Stato in tempo di guerra (solo in Francia la burocrazia statale crebbe del 25%) ebbe come conseguenza un elevato afflusso di manodopera femminile nella pubblica amministrazione e nei servizi statali<ref name=Willmott-130 />. Donne furono impiegate anche più direttamente nel conflitto: oltre che per i tradizionali ruoli di infermiere e assistenti sanitarie, furono reclutate in vari corpi incaricati di svolgere i servizi logistici nelle retrovie del fronte (come il ''[[Signal Corps Female Telephone Operators Unit]]'', che gestiva le comunicazioni telefoniche del corpo di spedizione statunitense). A parte casi isolati anche in altri eserciti solo la Russia reclutò, nell'ultima fase del conflitto, [[Battaglioni femminili della morte|unità da combattimento interamente femminili]], che tuttavia ebbero un ridotto impiego al fronte<ref name=Willmott-130 />.
=== L'influenza culturale ===
[[File:The Menin Road.jpg|miniatura|upright=1.5|''The Menin Road'', quadro di [[Paul Nash]]]]
La Grande guerra ebbe una profonda influenza sul mondo della letteratura e delle arti figurative. Il conflitto ispirò una copiosa produzione letteraria, sia di poesia sia di narrativa: un gran numero di poesie e raccolte di poesie composte dagli stessi militari al fronte furono pubblicate già durante la guerra (tra le altre, quelle dei britannici [[Wilfred Owen]] e [[Isaac Rosenberg]] e dell'italiano [[Giuseppe Ungaretti]]), spesso critiche nei confronti della propaganda e concentrate sulle sofferenze dei soldati in trincea. Una delle prime opere di narrativa sul conflitto fu invece il romanzo ''[[Il fuoco (Barbusse)|Il fuoco]]'' del francese [[Henri Barbusse]], edito nel 1916 che, sfidando la censura, sferrò una critica durissima al militarismo e alla guerra riuscendo ad aggiudicarsi il [[Premio Goncourt]]<ref name="cita-Winter-p56">{{Cita|Winter|p. 56}}.</ref>. Il dopoguerra vide un'ampia pubblicazione di romanzi, memoriali e diari scritti da combattenti ed ex combattenti: molte delle opere più famose uscirono nel periodo compreso tra la metà degli anni 1920 e la fine degli anni 1930, quando furono pubblicati ''[[I sette pilastri della saggezza]]'' di [[Thomas Edward Lawrence]], ''[[Addio a tutto questo]]'' di [[Robert Graves]], ''[[Niente di nuovo sul fronte occidentale]]'' di [[Erich Maria Remarque]], ''[[Addio alle armi]]'' di [[Ernest Hemingway]] e ''[[Un anno sull'Altipiano]]'' di [[Emilio Lussu]]<ref>{{Cita|Winter|p. 240}}.</ref>.
Le esigenze della propaganda stimolarono la produzione artistica: tutti i principali eserciti belligeranti non solo inviarono al fronte fotografi ufficiali e unità cinematografiche militari per riprendere (pur sotto i rigidi vincoli della censura) i combattimenti, ma patrocinarono anche le opere di "pittori di guerra" inviati a documentare le attività belliche e disegnatori impegnati nella realizzazione di manifesti e illustrazioni propagandistiche (celebri, in tal senso, le opere del francese [[Jean-Jacques Waltz]], meglio noto come "Hansi")<ref>{{Cita|Winter|p. 251}}.</ref>. La guerra ispirò opere convenzionali ma anche forti sperimentazioni e movimenti d'avanguardia contrari alla tradizione<ref>{{Cita|Winter|p. 246}}.</ref>; sebbene non mancassero artisti e movimenti artistici favorevoli alla guerra (celebre il caso del [[futurismo]] italiano), molti degli artisti più noti maturarono atteggiamenti di forte opposizione dopo le loro esperienze dirette al fronte, mettendo in mostra tutta la barbarie e l'assurdità del conflitto: fu questo il caso, per esempio, dei pittori britannici [[Paul Nash]] e [[Wyndham Lewis]] o dei tedeschi [[Otto Dix]] e [[George Grosz]] o degli italiani [[Anselmo Bucci]] e [[Galileo Chini]]<ref>{{Cita|Winter|p. 253}}.</ref>.
La guerra ispirò una notevole produzione cinematografica, che proprio quando scoppiò il conflitto stava affermandosi come principale divertimento di massa. I film realizzati durante il periodo avevano intenti propagandistici, trasmettendo l'idea di una guerra come confronto tra "Bene" e "Male" e veicolando messaggi patriottici anche nel caso di opere di evasione (come nelle pellicole ''[[Maciste alpino]]'' o ''[[Charlot soldato]]'')<ref name=Willmott-263>{{Cita|Willmott|p. 263}}.</ref>; molte delle pellicole realizzate nel primo dopoguerra tesero a mitizzare il conflitto e a smorzarne l'orrore, calandolo nel contesto di storie romantiche, avventurose o focalizzate sul tema del cameratismo tra i soldati al fronte. Con poche eccezioni (come ''[[All'ovest niente di nuovo]]'', trasposizione del romanzo di Remarque uscita nel 1930, e ''[[La grande illusione (film)|La grande illusione]]'' del 1937), i film di denuncia della guerra e della sua insensatezza comparvero solo nel secondo dopoguerra: tra questi ''[[Orizzonti di gloria]]'' di [[Stanley Kubrick]], ''[[Oh, che bella guerra!]]'' di [[Richard Attenborough]]<ref>{{Cita|Winter|p. 261}}.</ref> e ''[[Per il re e per la patria]]'' di [[Joseph Losey]]<ref>{{Cita|Todman|pp. 153-221}}.</ref>.
=== La pace e la memoria ===
{{Vedi anche|Memoriali della prima guerra mondiale}}
[[File:Pagny le Chateau monument morts 002b.jpg|miniatura|Un tipico memoriale della prima guerra mondiale, qui a [[Pagny-le-Château]] in Francia]]
Al termine del conflitto in tutta Europa, su ogni campo di battaglia e in ogni città e paese in lutto, sorsero monumenti commemorativi di varia estensione come a [[Memoriale di Vimy|Vimy]], a [[Memoriale di Thiepval|Thiepval]], a [[Ossario di Douaumont|Douaumont]] oppure a [[Sacrario militare di Redipuglia|Redipuglia]]<ref>{{Cita|Gilbert|p. 632}}.</ref>. Parallelamente si alternarono in tutti i campi di battaglia cerimonie e commemorazioni: nell'autunno 1920 il capo della Commissione imperiale per le tombe di guerra britanniche scelse cinque spoglie tra i caduti senza nome sul fronte occidentale, uno solo dei quali venne selezionato dal tenente colonnello Henry Williams per essere inumato a Londra e dare a centinaia di migliaia di persone un luogo dove ricordare e pregare i propri cari dispersi in battaglia. La salma fu scortata per tutto il nord della Francia, poi il feretro salpò per la Gran Bretagna a bordo del cacciatorpediniere ''Verdun'' e l'11 novembre 1920 ebbe luogo a Londra la solenne cerimonia funebre del "[[Milite Ignoto]]"<ref>{{Cita|Gilbert|p. 636}}.</ref>.
Una dopo l'altra le tombe del Milite Ignoto vennero inaugurate in tutti i paesi partecipanti al conflitto appena concluso. I tedeschi ne eressero una a [[Memoriale di Tannenberg|Tannenberg]] nel 1927 e una al [[Neue Wache]] di Berlino nel 1931; a Parigi venne posizionata la tomba del Milite Ignoto alla base dell'[[Arco di Trionfo (Parigi)|Arco di Trionfo]]<ref>{{Cita|Gilbert|p. 637}}.</ref>; in Italia venne affidata a [[Maria Bergamas]], la madre del volontario irredento Antonio Bergamas, disperso in combattimento, la scelta di una salma tra undici bare di soldati non identificati caduti in vari fronti di battaglia. La bara prescelta fu deposta in un carro ferroviario che sfilò in tutta Italia fino a Roma, dove il 4 novembre 1921 fu prima deposta nella [[Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri]], poi traslata negli anni trenta al [[Vittoriano]]<ref>{{Cita news |autore=Edgardo Bartoli |url=http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/17/Milite_Ignoto_che_riunifico_Italia_co_0_031117007.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140310184648/http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/17/Milite_Ignoto_che_riunifico_Italia_co_0_031117007.shtml|titolo=Il Milite Ignoto che riunificò l'Italia nel 1921|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|p=2|data=17 novembre 2003|accesso=30 marzo 2014|urlmorto=sì}}.</ref>.
Su tutti i campi di battaglia nacquero cimiteri di guerra gestiti dalle commissioni di guerra dei diversi paesi, che diventarono meta di pellegrinaggio per chi era alla ricerca di un proprio caro o per commemorare un commilitone. Non passò anno senza che si celebrasse qualche cerimonia o si inaugurasse un monumento. Le cerimonie conobbero una stasi durante il secondo conflitto mondiale, quando molti dei campi di battaglia vennero occupati dai tedeschi, ma dopo la fine del conflitto ripresero regolarmente<ref>{{Cita|Gilbert|p. 643}}.</ref>.
== L'avanzamento tecnologico ==
{{Vedi anche|Evoluzione tecnologica nella prima guerra mondiale}}
[[File:Messenger pigeon released from British tank 1918 IWM Q 9247.jpg|miniatura|Paradossale immagine in cui si accosta la innovativa tecnologia del carro armato all'uso del piccione per comunicare con le retrovie, [[Albert (Francia)|Albert]], agosto 1918]]
Gli anni della prima guerra mondiale videro la più rapida accelerazione del progresso tecnologico militare della storia. Se si eccettua l'invenzione della [[bomba atomica]], durante la [[seconda guerra mondiale]] le innovazioni tecnologiche si succedettero con ritmo molto più lento e gli armamenti, le tattiche, l'organizzazione delle forze armate coinvolte non subirono sostanziali cambiamenti. Durante la Grande guerra accadde invece che le compagnie di fanteria francesi, tedesche e britanniche nel 1918 fossero completamente diverse da quelle del 1914 per la struttura [[Organica militare|organica]], tattiche e armamenti<ref>{{Cita|Corum|p. 64}}.</ref>.
All'inizio della guerra nessun esercito intuiva ancora che la [[mitragliatrice leggera]] sarebbe diventata la principale arma della fanteria e che gli aeroplani, utilizzati esclusivamente per l'osservazione aerea, sarebbero diventati mezzi veloci e ben armati in grado di fornire [[Supporto aereo ravvicinato|appoggio tattico]]. Nel 1918 i soldati indossavano [[Elmetto|elmetti]] d'acciaio, erano dotati di [[maschera antigas|maschere antigas]], si proteggevano usando sbarramenti di [[filo spinato]], combattevano muniti di una vasta gamma di armi (molte di recente introduzione come le [[Bomba a mano|bombe a mano]] o i [[lanciafiamme]]) e potevano contare sul supporto di [[Carro armato|carri armati]] e di [[aeronautica militare|forze aeree]]<ref name="Corum65">{{Cita|Corum|p. 65}}.</ref>. L'esuberante sviluppo tecnologico fece debordare il conflitto dai confini del campo di battaglia vero e proprio, coinvolgendo le città nelle retrovie e facendo dei civili un bersaglio delle operazioni belliche: questo sia a causa dell'incremento della gittata dell'artiglieria (il ''[[Parisgeschütz]]'' tedesco era capace di colpire la capitale francese da 120 chilometri di distanza<ref>{{Cita|Winter|p. 148}}.</ref>), sia delle prime tecniche di [[bombardamento strategico]] eseguito inizialmente tramite dirigibili e poi con i primi rudimentali esemplari di [[Bombardiere strategico|bombardieri strategici]] (come il [[Gotha G.IV]] tedesco, l'[[Handley Page Type O]] britannico, i [[Caproni]] italiani<ref>{{Cita|Winter|p. 202}}.</ref>).
Fra i vari oggetti di uso quotidiano, l'odierno [[orologio da polso]] si diffuse proprio nella Grande guerra (per ovvi motivi pratici: l'orologio da tasca era decisamente scomodo, e sopravviveva brevemente nelle condizioni operative), passando attraverso la forma transitoria denominata [[orologio da trincea]].
== L'esperienza dei soldati ==
=== Guerra e ammutinamento ===
[[File:1917 - Execution à Verdun lors des mutineries.jpg|miniatura|sinistra|L'esecuzione di un disertore francese a Verdun]]
In tutti gli eserciti belligeranti la giustizia militare riuscì generalmente a tenere sotto controllo gli episodi d'insubordinazione, diserzione e ammutinamento tra le truppe, ricorrendo spesso a giudizi severi e scarsamente rispettosi dei diritti degli imputati. Particolarmente caustica fu la giustizia militare italiana, che durante la guerra condusse {{formatnum:350000}} processi per {{formatnum:150000}} condanne, di cui più di {{formatnum:4000}} alla pena capitale<ref name="cita-Winter-p167">{{Cita|Winter|p. 167}}.</ref>: il numero dei fucilati italiani (in seguito a un processo, per quanto poco garantista) si attestò a 729, cui vanno aggiunti oltre 300 casi di esecuzioni sommarie sul campo secondo il metodo della [[decimazione]] (una pratica seguita nel solo Regio Esercito). A titolo di paragone, l'esercito britannico (con un numero di mobilitati più o meno pari a quello italiano) fucilò 350 soldati durante la guerra e quello francese (con un numero doppio di effettivi) 600, con solo rarissimi casi di esecuzione sommaria<ref>{{Cita|Thompson|p. 290.}}</ref>.
Nel 1917, dopo quasi tre anni di scontri sanguinosi con risultati modesti, iniziò a serpeggiare nelle file di molti eserciti un forte malcontento che assunse diverse forme, dai casi di semplice indisciplina fino all'insubordinazione, per arrivare a vere e proprie sommosse e ammutinamenti in particolare dopo la diffusione delle prime notizie sulla rivoluzione in Russia, dove i soldati si schierarono in massa con i dimostranti bolscevichi<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 398-400}}.</ref>.
Nel maggio 1917 vari reparti francesi reduci dalla fallimentare offensiva Nivelle iniziarono una vasta serie di ammutinamenti e sommosse, tornando nelle retrovie e rifiutandosi di obbedire agli ordini; il fenomeno [[Ammutinamenti del 1917 in Francia|si estese]] poi a circa metà dell'esercito francese, coinvolgendo circa 50 divisioni<ref>{{Cita|Gilbert|pp. 406, 407}}.</ref>. Il 1º giugno a [[Missy-aux-Bois]] un reggimento di fanteria francese s'impadronì della città e nominò un "governo pacifista"; per una settimana regnò il caos in tutto il settore del fronte mentre gli ammutinati si rifiutavano di tornare a combattere. Le autorità militari agirono tempestivamente e sotto il pugno di ferro di Pétain cominciarono gli arresti di massa e s'insediarono le [[Corte marziale|corti marziali]], che giudicarono colpevoli di ammutinamento {{M|23395}} soldati, dei quali più di 400 furono condannati a morte (sentenza poi ridotta a 50 fucilati e lavori forzati nelle colonie penali per gli altri). Contemporaneamente Pétain, per ricondurre sotto controllo le truppe, concesse ai soldati periodi di riposo più lunghi, congedi più frequenti e rancio migliore: dopo sei settimane gli ammutinamenti erano cessati<ref>{{Cita|Gilbert|p. 406}}.</ref>.
Tutti i principali eserciti belligeranti (con l'eccezione di quello statunitense) vissero episodi di ammutinamento e indisciplina collettiva più o meno estesi nel periodo tra il 1917 e il 1918. Nel luglio 1917 una brigata italiana acquartierata vicino a [[Palmanova]] si ammutinò e anche se l'episodio si esaurì nel giro di pochi giorni, le autorità reagirono severamente con 32 uomini fucilati di cui 12 tratti a sorte secondo il sistema della decimazione<ref name="cita-Winter-p167"/>; il morale pessimo fu poi una delle cause dello sgretolamento di molti reparti durante la ritirata di Caporetto a novembre. L'esercito britannico ebbe un unico caso d'indisciplina collettiva, quando nel settembre 1917 truppe acquartierate nel campo di riposo di [[Étaples]] si scontrarono con la polizia militare a causa delle dure condizioni cui erano sottoposte; la cosa fu effimera e non lasciò particolari conseguenze<ref>{{Cita|Winter|p. 171}}.</ref>. L'esercito austro-ungarico fu afflitto da continui episodi di diserzione e nelle ultime fasi del conflitto i reparti si divisero su base etnica rifiutandosi di eseguire gli ordini. L'esercito tedesco si dimostrò molto più resistente, ma dopo il fallimento delle ultime offensive a occidente nell'agosto 1918 sperimentò anch'esso episodi di disobbedienza e di resa in massa. A novembre fu l'intera flotta tedesca di superficie ad ammutinarsi: bloccati in porto dall'inattività, con poco cibo e disciplina ferrea, i marinai [[Rivoluzione di novembre|insorsero]] contro la decisione dei loro ufficiali di sacrificarli in un ultimo attacco suicida contro la ''Royal Navy'', dando un contributo importante al crollo del regime monarchico<ref>{{Cita|Winter|pp. 169-170}}.</ref>.
=== Prigionia ===
[[File:German prisoners in a French prison camp. French Pictorial Service., 1917 - 1919 - NARA - 533724.tif|miniatura|Prigionieri tedeschi in Francia]]
La prima guerra mondiale conobbe anche i primi fenomeni di detenzione di massa con milioni di detenuti o deportati, poi reclusi per mesi o anni. Secondo alcune stime ufficiali i [[Prigioniero di guerra|prigionieri di guerra]] catturati da entrambi gli schieramenti furono complessivamente circa otto milioni e mezzo: quattro milioni catturati dalle potenze dell'Intesa e circa quattro milioni e mezzo catturati dagli Imperi centrali. I soli prigionieri russi detenuti nei campi austro-ungarici furono tra i due milioni e i due milioni e mezzo e solo un moderno sistema ferroviario poteva gestire un tale afflusso di uomini, che causò comunque enormi problemi logistici e organizzativi che non si erano mai presentati in misura analoga<ref>{{cita|Gibelli|p. 124}}.</ref>. Spesso l'arrivo dei prigionieri avveniva a ondate, ciascuna composta da varie migliaia di uomini, e le strutture di detenzione dovevano essere approntate in fretta con agglomerati di baracche recintate, in alcuni casi a opera degli stessi prigionieri. A [[Rastatt]], nel [[Baden-Württemberg]], esisteva un campo denominato ''Russenlager'' perché era stato costruito dai soldati russi catturati nelle prime fasi della guerra: in Germania dopo un solo mese di guerra i prigionieri erano già {{formatnum:200000}}, salirono a {{formatnum:600000}} nel gennaio 1915 e a {{formatnum:1750000}} alla fine del 1916. L'Impero tedesco occupò i prigionieri "occidentali" nell'industria di guerra, elargendo piccole paghe e un trattamento discreto; russi e rumeni continuarono invece a soffrire la fame nei campi di prigionia e forse non più della metà di essi sopravvisse alla guerra<ref name=silvestri419>{{Cita|Silvestri 2002|p. 419}}.</ref>. All'inizio del 1916 la Russia aveva catturato {{formatnum:100000}} tedeschi e {{formatnum:900000}} austro-ungarici: non furono sottoposti a particolari vessazioni, ma il freddo e le privazioni varie ne avevano già uccisi {{formatnum:70000}} alla fine dell'anno<ref name=silvestri419/>.
Le enormi e impreviste difficoltà incontrate nell'organizzare, registrare, ricoverare e nutrire le masse di detenuti comportò una diffusa privazione materiale a danno dei prigionieri<ref>{{cita|Gibelli|p. 125}}.</ref>. Questi vissero generalmente in condizioni pietose: tutti i prigionieri subirono la fame, le epidemie, soffrirono condizioni igieniche precarie e occasionali episodi di crudeltà ma non sistematici atti di atrocità, una situazione che distinse nettamente la prima dalla [[seconda guerra mondiale]]<ref>{{Cita|Winter|p. 144}}.</ref>. Ad aggravare la situazione in Germania e Austria si aggiunsero le dure misure di razionamento, provocate dal blocco navale dell'Intesa: la popolazione civile fu la prima vittima, quindi anche i campi di prigionia dovettero presto ridurre gli approvvigionamenti. Così gli internati patirono, oltre ai rigori della disciplina, anche la fame e il freddo e molti morirono di malattie, in particolare [[tubercolosi]] e [[inedia]]; neppure l'assistenza delle famiglie assicurava la sopravvivenza dei prigionieri<ref>{{cita|Gibelli|p. 126}}.</ref>. Di ciò si resero conto le potenze dell'Intesa, che conclusero accordi con gli Imperi centrali - interessati ad alleggerire il peso delle esigenze alimentari interne - per mettere in atto un sistema governativo di aiuto ai prigionieri. Il governo italiano invece, convinto di non poter contare sulla fedeltà dei combattenti e ossessionato dalle diserzioni, proibì qualunque pratica di aiuti organizzati ai prigionieri per scoraggiare le diserzioni<ref>{{cita|Gibelli|p. 130}}.</ref>. Inoltre nell'agosto 1915 i comandi austro-ungarici ebbero l'ordine di trattare i prigionieri italiani, appartenenti a una nazione "traditrice", più duramente dei prigionieri russi o serbi, considerati avversari "leali". Questi fattori ebbero risultati disastrosi; dei {{formatnum:600000}} italiani caduti in mano austro-ungarica almeno 100-{{formatnum:120000}} morirono, il 65% circa dei quali per tubercolosi, [[cachessia]] o inedia<ref>{{Cita|Silvestri 2002|pp. 418-419}}.</ref>.
=== Corrispondenza dal fronte ===
[[File:British officer writing home - WWI - Western Front.jpg|miniatura|Un ufficiale britannico scrive a casa]]
La prima guerra mondiale portò a una enorme mobilitazione di uomini, come mai si era vista nella storia, e la massiccia partecipazione di uomini lasciò dietro di sé una gigantesca quantità di testimonianze e prove documentali, che ne delineò gli aspetti peculiari e allo stesso modo generò le fonti necessarie a ripercorrere gli aspetti e i comportamenti che queste masse di uomini comuni ebbero nei confronti della guerra. I soldati che presero parte al conflitto e i loro congiunti lasciarono cospicue tracce scritte dell'esperienza bellica. Miliardi di lettere, inviate e ricevute, oltre a un numero imprecisato di diari e memorie autobiografiche incardinate attorno alla Grande Guerra, rappresentano un importante giacimento di storie di vita e memorie da cui attingere per ricostruire gli aspetti culturali e della mentalità legati al processo di accettazione, rifiuto e difesa indotti dalla guerra, ai traumi causati dalle precarie condizioni di vita e dalle atrocità compiute e viste dai combattenti<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, pp. 645-646}}.</ref>.
La guerra suscitò, nelle truppe ai fronti e nei civili a casa, un assai forte desiderio di scrittura che raggiunse tutti i combattenti e i relativi destinatarî (famigliari, parenti, amici), di ogni paese belligerante e su ogni fronte, qualsiasi fosse il loro livello culturale. Nel dopoguerra è stato calcolato che in Germania la corrispondenza recapitata durante il conflitto ammontasse a circa trenta miliardi di missive (circa dieci milioni di invii giornalieri verso le zone di guerra tra lettere, cartoline e pacchi postali e sette milioni di spedizioni dal fronte) e in Francia a dieci miliardi; nel Regno Unito si è calcolato che i soldati dispiegati al fronte inviassero circa venti milioni e mezzo di missive a settimana, mentre sul fronte italiano si stima un recapito di quasi quattro miliardi di lettere e cartoline postali, delle quali circa due miliardi e centotrentasette milioni erano le missive inviate dal fronte verso l'interno, un miliardo e cinquecentonove milioni le missive che fecero il viaggio contrario e circa duecentosessantatré milioni quelle scambiate tra i militari<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, pp. 646-647}}.</ref>. Occorre però notare come il tasso di analfabetismo registrato in Italia nel 1911 (37,6% in media, contro il 5% in Francia) fosse ben più elevato di quello attestato nelle maggiori potenze europee; questo fa apparire i dati italiani ancor più sorprendenti, dato che ciò significa che oltre due milioni di soldati degli oltre cinque milioni mobilitati non possedevano le competenze alfabetiche al momento della partenza per la guerra. Al contrario, per esempio, dei soldati francesi, che usavano la lingua scritta nazionale appresa a scuola, i soldati italiani usarono spesso un linguaggio improvvisato legato alla trascrizione del dialetto locale, con il quale potevano capirsi solo tra compaesani e con i parenti, a casa<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, pp. 647-648}}.</ref>.
[[File:AIF War Diaries 1918.jpg|miniatura|sinistra|La pila mensile di diari di guerra compilati dalle divisioni australiane sul fronte occidentale, prima e dopo l'istituzione del [[Australian War Records Section]] nel maggio 1917; organo militare che ne garantiva la conservazione]]
Scrivere lettere rappresentò per molti un faticoso esordio nella comunicazione scritta, spinto dal bisogno di relazionarsi con un interlocutore assente attraverso un contatto comunicativo non istantaneo e regolato da codici grafici in gran parte sconosciuti. Molte missive popolari infatti riproducono sulla carta uno scambio colloquiale, ma ciò non significa che alla rozzezza sintattica e morfologica dei testi corrisponda una banalità dei contenuti. Al contrario, le scritture epistolari della gente comune sono testi complessi che necessitano di un'accurata opera di decodificazione e sono capaci di restituire una memoria dell'evento altrimenti inattingibile<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, p. 648}}.</ref>. Scrivere significava essere ancora vivi; contemporaneamente l'arrivo della corrispondenza, vissuto con impazienza, rappresentava la rassicurante conferma di non essere soli e dimenticati. Numerose, da parte dei tanti contadini al fronte, le richieste di informazioni riguardanti l'andamento delle faccende agricole e casalinghe, seguite con molto scrupolo seppur con gli insuperabili limiti della distanza da casa. La maggior parte delle missive proveniva dalla trincea, e ne descriveva la quotidianità, la sofferenza e la noia, molto ricorrente nei periodi di stasi operativa, che si andava a scontrare fortemente durante i brevi e intensi periodi di battaglia, durante i quali i soldati cercavano di descrivere l'esperienza bellica, che nella maggior parte dei casi risultava indescrivibile. Ciò non fece rinunciare i soldati a raccontarla, o almeno provare a farlo, ma descrivere un'esperienza così traumatica, nuova e lacerante fu per molti soldati una vera e propria impresa<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, pp. 649-650}}.</ref>. Comprimere in una missiva una tale mole di sollecitazioni sensoriali non fu affatto semplice, soprattutto in mancanza di adeguate competenze linguistiche, e anche per questo molti soldati usarono inconsciamente o meno dei modelli definiti di scrittura, con formule di esordio riguardanti la salute, comode per gli scriventi e rassicuranti per i destinatari, e affidando la chiusura delle lettere con ridondanti espressioni di congedo, molto probabilmente apprese durante i percorsi scolastici e di svago nelle retrovie dei vari fronti. Tuttavia questo "rituale" non impedì di personalizzare i testi grazie all'uso volontario di espressioni dialettali, ricorrendo all'ironia, alla rassegnazione e a tutta una serie di atteggiamenti sfumati, pesantemente condizionati da timori di censura e da ancor più inibitorie limitazioni di autocensura<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, pp. 650-651}}.</ref>.
[[File:Military postal card WWI 1918.jpg|miniatura|destra|Cartolina postale militare in franchigia, con timbro di visto censura, utilizzata dai militari per scrivere alle famiglie]]
In tutti i paesi coinvolti nel conflitto le scritture dei soldati cominciarono a essere raccolte durante la guerra come tentativo di monumentalizzazione bellica. Le prime iniziative di raccolta furono indirizzate ai testi dei soldati caduti, evidentemente più adatti a una messa in posa edificante indotta dalla morte eroica. In Italia già dall'agosto 1915, il [[Ministero dell'istruzione|Ministero della pubblica istruzione]] emanò disposizioni al fine di raccogliere ogni tipo di cimelio riferibile alla guerra, compresi diari e corrispondenze, che però non ebbero il successo sperato. Sulla falsariga italiana operò in Germania Richard Frank, che negli anni raccolse presso la Bibliotheck für Zeitgeschichte di [[Stoccarda]] oltre {{formatnum:30000}} immagini e {{formatnum:25000}} missive, e Philipp Wittkop che nel dopoguerra pubblicò un'antologia composta da oltre {{formatnum:20000}} lettere grazie all'appoggio del governo<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, pp. 655-656}}.</ref>. Risulta però che solo una minima parte delle decine di miliardi di lettere e cartoline scritte dai soldati dei vari paesi durante la prima guerra mondiale è riemersa dall'oblio. La stragrande maggioranza dei testi è andato perduto per sempre a causa del naturale processo di dispersione nel trascorrere del tempo. Le missive e i diari scritti tra il 1914 e il 1918 riemersi rappresentano una irrisoria parte dei testi prodotti, tuttavia gli epistolari, i diari e le memorie continuano a riaffiorare soprattutto grazie alla buona volontà di ricercatori e storici negli archivi istituzionali e nella fittissima rete di archivi familiari, che ha permesso soprattutto dagli anni settanta del novecento la pubblicazione di opere di grande importanza storiografica, come quelle di Paul Fussell e di Erich J. Leed, che ebbero il merito di introdurre nella storiografia nuove categorie interpretative basate sulla psicologia individuale dell'esperienza bellica<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, pp. 657-658}}.</ref>.
Ogni diario, lettera ed epistolario è un importante frammento di un racconto soggettivo che, debitamente contestualizzato, si trasforma in uno strumento utile a ricomporre nei dettagli il grande e complesso mosaico dell'esperienza bellica collettiva: un coro formato da singole voci, talvolta anche contrastanti, ma utili a comprendere le complesse dinamiche selettive della memoria e i processi di rimozione mentale di un fenomeno così destabilizzante come il primo conflitto mondiale per ogni soldato<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. II, p. 659}}.</ref>.
== Supporto e opposizione alla guerra ==
=== Coscrizione e volontari ===
[[File:Bundesarchiv Bild 183-25684-0004, I. Weltkrieg, Mobilmachung.jpg|miniatura|sinistra|Soldati tedeschi accompagnati da civili festanti durante la mobilitazione del 1914.]]
L'inizio della guerra nel 1914 fu salutato da uno scoppio di entusiasmo popolare e dal compatto sostegno di tutte le forze politiche: se l'appoggio dei partiti nazionalisti era scontato, anche i principali movimenti socialisti europei, a dispetto dei principi antibellicisti dettati dalla [[Seconda Internazionale]], si allinearono all'ondata di patriottismo montante e sostennero i rispettivi governi nella scelta della guerra; il [[Partito Socialdemocratico di Germania]], all'epoca il più forte partito socialista d'Europa e ferreo oppositore della monarchia guglielmina, votò quasi compatto il 4 agosto 1914 per l'attribuzione al governo dei crediti di guerra<ref name=Winter-176>{{Cita|Winter|pp. 176-177}}.</ref>. L'adesione popolare, benché non universale, fu ovunque massiccia: nel 1914 in Francia, al contrario di previsioni d'anteguerra che parlavano di un 10% di renitenti tra i richiamati alle armi, gli assenti risultarono appena l'1% dei coscritti<ref>{{Cita|Winter|p. 126}}.</ref>; i più entusiasti si ritrovarono nelle classi medio-alte ma le masse cittadine e rurali dimostrarono di accettare la guerra senza drammatizzazioni, consentendo ai governi di proclamare la mobilitazione generale senza timore di opposizioni popolari<ref name=Winter-176 />. Il numero dei mobilitati durante i quattro anni del conflitto raggiunse cifre imponenti, surclassando ogni precedente conflitto europeo: la Germania mise in campo più di 13 milioni di soldati, la Russia 12 milioni, Francia e Impero britannico più di 8 milioni e mezzo, l'Austria-Ungheria quasi 8 milioni e l'Italia quasi 6 milioni<ref>{{Cita|Willmott|p. 307}}.</ref>.
[[File:Eerste Wereldoorlog, Algerijnse dragonders - Algerian Dragoons.jpg|miniatura|Cavalleria algerina sulle spiagge del Belgio nel 1915]]
Tutti i principali Stati europei basavano i loro sistemi militari sulla [[Servizio militare|coscrizione militare obbligatoria]] della popolazione maschile, generalmente partendo dalle classi di ventenni ma estendendola poi, con l'aumentare delle perdite, anche alle classi più giovani (l'Italia per esempio mobilitò nel 1917 i diciottenni, i cosiddetti "[[ragazzi del '99]]"). L'eccezione più rilevante era costituita dall'Impero britannico, che invece si affidava a un esercito interamente di volontari; esaurito l'entusiasmo iniziale e aumentate le perdite, anche i britannici dovettero ricorrere alla coscrizione obbligatoria: nel Regno Unito la leva [[Military Service Act 1916|fu introdotta]] nel gennaio del 1916 per gli scapoli e nel giugno seguente per il resto della popolazione maschile, mentre il Canada la introdusse nel 1917. Due tentativi di introdurre la coscrizione in Australia furono entrambi respinti da ''[[referendum]]'' popolari, anche se i tassi di reclutamento volontario rimasero alti per tutta la durata del conflitto<ref>{{Cita|Winter|p. 127}}.</ref>.
Le potenze entrate in guerra reclutarono anche le popolazioni indigene delle colonie per sostenere il proprio sforzo bellico. Mentre la Germania, subito privata del contatto con le sue colonie, usò le popolazioni locali esclusivamente contro i britannici in Africa, le potenze dell'Intesa non ebbero limiti nell'arruolare e trasportare al fronte gli uomini dei loro vasti imperi coloniali<ref>{{Cita|Silvestri 2002|p. 402}}.</ref>. Durante il conflitto la Francia mobilitò {{formatnum:818000}} coloniali, {{formatnum:449000}} dei quali combatterono nel territorio metropolitano<ref name=silvestri403/>. Più consistente fu invece la risposta delle colonie britanniche all'appello della madrepatria: Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica misero a disposizione soldati che vennero poi destinati al fronte occidentale o al Medio Oriente, mentre le truppe di colore, per ragioni climatiche, furono impiegate prevalentemente al di fuori dell'Europa. Nel complesso circa il 50% dei soldati britannici ({{formatnum:2747000}}) appartenevano alle colonie<ref name=silvestri403>{{Cita|Silvestri 2002|p. 403}}.</ref>.
=== Pacifismo ===
[[File:After the war a medal and maybe a job2.jpg|miniatura|Vignetta antibellicista di [[John French Sloan]], 1914]]
L'opposizione alla guerra crebbe con l'intensificarsi del conflitto. Il 1º maggio 1916 il deputato socialista [[Karl Liebknecht]] organizzò una piccola manifestazione contro la guerra nel centro di Berlino; arrestato e condannato a due anni e mezzo di prigione, il giorno del processo {{formatnum:50000}} operai delle fabbriche berlinesi fermarono il lavoro per protestare, uno dei primi scioperi politici della guerra<ref>{{Cita|Winter|p. 55}}.</ref>. Nel corso del 1917 scoppiarono varie proteste popolari contro la guerra, principalmente scatenate dalla penuria di generi alimentari e dai bassi salari: in aprile {{formatnum:300000}} operai berlinesi scesero in sciopero, mentre un raddoppio dei prezzi dei generi alimentari di base portò a scioperi e manifestazioni di piazza a Parigi e in altre città della Francia nel maggio seguente. In agosto scioperi e cortei contro la carenza di pane sfociarono in scontri con i soldati a Torino e Milano, con decine di morti e centinaia di arresti; nel gennaio 1918 la carenza di generi alimentari provocò proteste e sommosse in tutte le principali città dell'Austria-Ungheria<ref>{{Cita|Winter|p. 205}}.</ref>. Solo in Russia tuttavia gli scioperi e le sommosse di piazza portarono alla caduta del governo e all'uscita del paese dalla guerra: nei paesi occidentali, accordi sindacali e piccole concessioni salariali bastarono generalmente a far rientrare le proteste, sebbene la situazione fosse molto tesa al termine della guerra<ref>{{Cita|Winter|p. 209}}.</ref>.
La repressione del dissenso fu severa in tutti i paesi belligeranti: il filosofo britannico [[Bertrand Russell]] fu condannato a sei mesi di prigione per le sue pubbliche posizioni contro la guerra<ref name="cita-Winter-p56"/> e negli Stati Uniti il sindacalista [[Eugene Victor Debs]] ricevette una condanna a 10 anni di detenzione per i suoi discorsi contro la leva obbligatoria.
Dopo l'iniziale appoggio alla guerra, i movimenti socialisti europei tornarono su posizioni pacifiste e contrarie al conflitto, tentando anche di costituire un fronte comune e internazionalista a partire dalla [[conferenza di Zimmerwald]] del settembre 1915; su un fronte politico opposto, [[Papa Benedetto XV]] si fece promotore di diverse proposte di pace tra le nazioni belligeranti, come nella sua prima enciclica ''[[Ad Beatissimi Apostolorum]]'' del novembre 1914 e nella Nota del 1º agosto 1917 (famosa per la definizione del conflitto come «inutile strage»), rimaste interamente lettera morta a causa dell'ostilità dei governi a un accordo che portasse a una semplice restaurazione della situazione anteguerra<ref>{{Cita|Winter|p. 60}}.</ref>.
Il Regno Unito rimase il solo paese dove fosse legalmente possibile fare [[obiezione di coscienza]] alla coscrizione militare e circa {{formatnum:16500}} cittadini britannici chiesero l'esenzione dalla leva: la maggior parte di loro, tuttavia, scelse di prestare comunque servizio in ruoli non combattenti, lavorando nelle fabbriche o come assistenti di sanità. Le leggi britanniche sull'obiezione erano molto avanzate per l'epoca, ma gli obiettori "totali" (che rifiutavano cioè anche i servizi alternativi) erano trattati da criminali, incarcerati e oggetto di pesante disprezzo sociale. Il durissimo regime carcerario cui fu sottoposto il pacifista e obiettore [[Stephen Hobhouse]] generò proteste che arrivarono fino in parlamento, portando a una scarcerazione di massa degli obiettori totali nel dicembre 1917<ref>{{Cita|Willmott|p. 127}}.</ref>.
=== La propaganda e la censura ===
[[File:Helft uns siegen.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|Manifesto propagandistico tedesco: "Aiutateci a vincere - Sottoscrivete il prestito di guerra"]]
Uno degli aspetti rilevanti della prima guerra mondiale fu il sistematico impiego della propaganda e della censura da parte di tutte le autorità civili, militari e perfino religiose di ogni nazione belligerante, per giustificare di fronte all'[[opinione pubblica]] e rendere accettabili ai combattenti scelte di ordine politico, economico, sociale e militare eticamente discutibili<ref>{{Cita|Winter|pp. 178, 180-181}}.</ref>. [[Propaganda]] e [[censura]] furono istituzionalizzate quasi ovunque, creando uffici dedicati al controllo delle informazioni circolanti e alla creazione di nuove secondo gli schemi prefissati dai governi e dagli stati maggiori<ref>{{Cita|Winter|p. 194}}.</ref>.
In ambito nazionale, l'uso politico dell'informazione nacque dalla necessità di mobilitare l'opinione pubblica allo scopo di vincere la guerra: far sì che la popolazione sopporti una guerra sempre più lunga manipolando l'informazione al limite di un "lavaggio del cervello", e mobilitare con la propaganda l'opinione pubblica estera per ottenere cooperazione, partecipazione o addirittura influenzare o demoralizzare il nemico diffondendo notizie manipolate all'uopo<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, p. 503}}.</ref>. L'orchestrazione dell'informazione fu parte integrante della conduzione della guerra in tutti i paesi che parteciparono al conflitto, a prescindere dal sistema di governo in vigore in essi. Tutti i belligeranti, convinti di partecipare a una guerra "breve", si attivarono rapidamente per creare un'informazione di guerra utilizzando una semplice combinazione di censura e propaganda concepite per lavorare all'interno di un tessuto sociale pronto a recepirle, ma il passaggio a una guerra più lunga richiese un controllo sempre più rigido dell'informazione. Ciò condusse gli Stati a passare da una politica pragmatica di censura, a un "sistema d'informazione" con lo scopo di stabilire un controllo del flusso di notizie e produrre informazioni strategiche legate tanto al campo di battaglia quanto alle retrovie<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, p. 504}}.</ref>.
[[File:Maurice George DelPratt correspondence - 25 May 1915 - 281154v001r000.jpg|miniatura|upright=0.8|Esempio di cartolina postale pre-compilata. Uno dei molti tentativi di controllo e vigilanza delle informazioni tra il fronte e la popolazione]]
A tale scopo le notizie vennero sottoposte a una rigida censura alla fonte, con l'obiettivo di costruire l'informazione di guerra grazie a giornalisti in uniforme e in seguito a [[Giornalismo di guerra|corrispondenti di guerra]], gli unici civili autorizzati a visitare il fronte. La stampa nazionale dei vari paesi fu irregimentata attraverso il controllo, operato degli organi del potere, sulle agenzie di stampa: l'inglese [[Reuters]], l'italiana [[Agenzia Stefani|Stefani]], le francesi [[Agence Havas|Havas]] e [[Agence de presse Fournier|Fournier]], quest'ultima collegata all'americana [[United Press International|United Press]], la tedesca [[Wolffs Telegraphisches Bureau|Wolff]] ogni giorno depositavano [[Velina (giornalismo)|veline]] pressi gli uffici della censura, e questi le controllavano, le modificavano se necessario e davano l'autorizzazione alla pubblicazione. E con le loro succursali estere, queste agenzie centralizzavano e commercializzavano un'informazione unificata patriottica anche ai paesi alleati<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, p. 505}}.</ref>. Inquadrare l'opinione pubblica necessitava inoltre della soppressione delle libertà, della "requisizione" delle menti di ogni età, di consenso patriottico e di interiorizzare collettivamente i valori di obbedienza e sacrificio necessari per influenzare ogni ramo della società civile e indurla a sostenere lo sforzo bellico. Così nel 1914, in un clima di consenso sociale che toccava tutti i paesi coinvolti nel conflitto, gli organi di controllo e di censura, alimentati da leggi straordinarie che conferivano ai governi pieni poteri, aumentarono notevolmente il loro numero e il loro potere<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, pp. 505-506}}.</ref>. Per tutto il 1914 e il 1915, giornali e giornalisti seguirono fedelmente le direttive dei rispettivi governi, accettando di buon grado ogni tipo di censura per far sfoggio di patriottismo, nascondendo le enormi perdite, le sconfitte e le atrocità, e allo stesso tempo compiendo un capillare lavoro di mobilitazione patriottica e morale con il doppio tentativo di sopravvalutare le potenzialità del proprio paese e fiaccare il morale del nemico<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, pp. 507-508}}.</ref>.
[[File:'Destroy this mad brute' WWI propaganda poster (US version).jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|La Germania rappresentata come uno scimmione in un manifesto per l'arruolamento negli Stati Uniti]]
Col protrarsi della guerra aumentò tuttavia la diffidenza delle popolazioni nei confronti dell'informazione ufficiale e delle forme di controllo, e nel 1916 si ebbe un primo cambiamento di posizione dei vari governi. In Germania, quando Hindenburg e Ludendorff assunsero il comando del gran quartier generale, i poteri di quest'ultimo, via via rafforzatisi nel corso della guerra, conferirono loro il controllo assoluto del paese, e la propaganda venne grandemente rafforzata. La Francia introdusse severi controlli sulla posta in entrata e in uscita, con lo scopo di controllare il morale delle truppe ed evitare la diffusione di idee pericolose al fronte, mentre diversa fu la posizione del Regno Unito, la quale non essendo attaccata direttamente in patria, mantenne una politica abbastanza permissiva<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, p. 509}}.</ref>. Diverso fu il caso dell'Italia, che dovette mobilitare un'opinione pubblica largamente refrattaria a una guerra che era stata decisa dall'alto e che, almeno fino a Caporetto, non poté essere presentata come difensiva<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, p. 511}}.</ref>. Nel complesso la censura italiana fu piuttosto severa, tanto più in quanto in Italia mancò sempre un consenso davvero largo alla guerra, sia da un punto di vista politico sia dal punto di vista sociale, e i governi fecero larghissimo uso di misure repressive per contenere il malcontento. Fino al 1917 l'intervento dello stato nella propaganda non fu decisivo, ma con la catastrofe di Caporetto l'azione propagandistica s'intensificò in tutti i settori, e in questo ambito venne istituito un organismo che prese il nome di [[Servizio P]], con compiti anche di assistenza e vigilanza, che per la prima volta poté fare leva sull'enfasi di una guerra difensiva contro l'invasore che doveva portare necessariamente a una vittoria da raggiungere con l'unità nazionale<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, pp. 513-514}}.</ref>.
[[File:Vil Prussien, crèves ! Tu n'auras pas sali de tes bottes notre beau Paris.jpg|miniatura|upright=0.8|"Vile prussiano, crepa! Non insozzerai con i tuoi scarponi la nostra bella Parigi!"]]
Dalla metà del 1917 l'organizzazione del consenso e l'accettazione della guerra si affidarono assai più alla repressione del dissenso che alle iniziative di propaganda esplicita. Le potenze in guerra dovevano ora affrontare il problema sempre meno latente della stanchezza dei propri popoli e del malcontento verso la guerra, così propaganda e censura vennero ancor più rafforzate, ma i razionamenti e la penuria di generi alimentari non poterono essere nascosti, e provocarono inevitabili tumulti e manifestazioni che rivelarono inoltre la disorganizzazione della censura, che poté essere aggirata dai giornali che pubblicavano le notizie in modo graduale e in giorni successivi<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, pp. 516-517}}.</ref>. In definitiva la propaganda finì per "inciampare" sulle resistenze della società, l'azione dei governi poté limitare e vietare certi contenuti, ma non poté creare ''ex novo'' contenuti che mobilitassero l'opinione pubblica. Furono gli individui a generare i temi della propaganda, in un processo orizzontale d'invenzione di oggetti e produzione d'immagini che non furono altro che l'espressione dell'adesione delle società in guerra. Questi comportamenti, uniti all'esperienza del combattimento al fronte e alla mobilitazione delle retrovie, configurò una "cultura di guerra" che venne usata dalla propaganda per rappresentare l'immagine del nemico, che nacque dalle idee che il popolo e i soldati percepivano. Così mentre i francesi rappresentavano i tedeschi come animali; agli occhi dei tedeschi la Francia-Marianna, frivola e decadente, mischiava la propria identità con i popoli dell'impero coloniale francese. Questa propaganda spontanea non annullò i tentativi della propaganda ufficiale - che si affinò con il tempo - di influenzare l'opinione pubblica, ma anzi rafforzò la capacità intrinseca della società di accettare la guerra<ref>{{cita|Rouzeau-Becker|vol. I, pp. 517-518}}.</ref>.
=== Il ruolo degli intellettuali e della stampa ===
Dal 10 agosto 1914, con l'invocazione rivolta da [[Louis Gillet]] alla Francia perché "diradasse una volta per sempre le nebbie di germanesimo che l'avevano avvolta e che insozzavano il mondo con una patina di volgarità"<ref name=silvestri421>{{Cita|Silvestri 2002|p. 421}}.</ref>, l'universo intellettuale francese (eccettuato il solo scrittore [[Romain Rolland]]) fu pressoché unanime nell'incitare alla guerra contro la Germania e a combattere per la civiltà e la vittoria finale contro quella che fu definita una razza inferiore ([[Edmond Perrier]], al tempo direttore del [[Museo nazionale di storia naturale di Francia]], affermò che "il cranio del principe di Bismarck richiama quelli degli uomini fossili di [[La Chapelle-aux-Saints]]"<ref name=silvestri421/>); divenne imperativo arruolarsi, come invitarono a fare i [[Vincitori del premio Nobel per la letteratura|Nobel per la letteratura]] [[Maurice Maeterlinck]] e [[Anatole France]]. Gli scienziati e le scoperte tedesche vennero screditate dal fisico [[Pierre Duhem]], dallo zoologo [[Louis-Félix Henneguy]] e dal matematico [[Émile Picard]]<ref name=silvestri426>{{Cita|Silvestri 2002|p. 426}}.</ref>. [[Henri Bergson]] affermò che la guerra alla Germania equivaleva a combattere la barbarie; lo studioso di Napoleone [[Frédéric Masson]] propose addirittura di abolire la musica di [[Richard Wagner]] per evitare la contaminazione della cultura francese, mentre ''[[Action française]]'' auspicò la rimozione del tedesco dalle lingue studiate nelle scuole. Più di tutte spiccò la figura di [[Maurice Barrès]], acceso nazionalista, che arringò il popolo francese scrivendo che Guglielmo II praticava il culto di [[Odino]] e depositando al Parlamento un progetto di legge che istituiva una festa nazionale dedicata a [[Giovanna d'Arco]]. Vi fu anche chi asserì che la lettera "K" dovesse essere cancellata dai dizionari perché troppo tedesca e [[Ludwig van Beethoven]] non fu più suonato<ref>{{Cita|Silvestri 2002|pp. 421-422 e 425}}.</ref>.
Anche i tedeschi, almeno fino al 1915, usarono toni simili: [[Wilhelm Wundt]] sostenne che la guerra della Germania contro la Russia era una guerra di civiltà. Nell'ottobre 1914 novantatré tra umanisti, scienziati e intellettuali tedeschi difesero l'operato dell'esercito pubblicando un appello rivolto "alle nazioni civili"<ref>{{Cita|Silvestri 2002|pp. 422-423}}.</ref>. Un mese dopo [[Thomas Mann]] scrisse un articolo in cui identificava il militarismo tedesco nella ''Kultur'', ossia l'organizzazione spirituale del mondo, sostenendo che la pace era un elemento che corrompeva la civiltà, a meno che non fosse stata raggiunta dopo la vittoria della Germania in Europa. [[Ernst Haeckel]] invocò sia la sconfitta della Russia sia del Regno Unito ed [[Ernst Lissauer]] fu premiato per aver composto una "Canzone di odio contro l'Inghilterra" (''Hassgesang gegen England''). Ancora, il [[Vincitori del premio Nobel per la chimica|Nobel per la chimica]] [[Wilhelm Ostwald]] si disse convinto che la Germania avesse tutte le qualità per meritarsi il predominio in Europa<ref>{{Cita|Silvestri 2002|pp. 423-424}}.</ref>.
Dal 1915 i chierici tedeschi, visti i lutti di guerra e influenzati dal gran numero di intellettuali ebrei presenti tra le loro file, si accostarono a una maggiore pacatezza, mentre in Francia il nazionalismo intellettuale continuò per tutta la durata della guerra<ref>{{Cita|Silvestri 2002|p. 425}}.</ref>. I diversi atteggiamenti sono verificabili anche guardando alla stampa dei due paesi: in Germania i giornali pubblicarono i comunicati dell'agenzia [[Agence France-Presse|Havas]] nonché i bollettini di guerra francesi, che venivano pubblicati anche ne ''La Gazette des Ardennes'', unico giornale autorizzato di lingua francese nella zona occupata dai tedeschi. Il clima era in generale più rispettoso: le opere di [[Molière]] non vennero mai vietate e il ''[[Frankfurter Zeitung]]'' rese gli onori al compositore francese [[Claude Debussy]], morto nel marzo 1918, dedicandogli due colonne di giornale. La stampa francese era invece colma di roboanti quanto esagerati racconti di prima linea, pubblicava solo i comunicati tedeschi favorevoli alla Francia e, soprattutto, era limitata da una forte censura che calò d'intensità solo con la nomina di [[Georges Clemenceau]] alla presidenza del consiglio (novembre 1917)<ref>{{Cita|Silvestri 2002|pp. 425-426}}.</ref>. Più libera era invece la stampa britannica, che tuttavia non ebbe il permesso di uscire fuori dalla nazione<ref name=silvestri426/>.
== Note ==
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== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore=[[Luigi Albertini]]|titolo=Le origini della guerra del 1914 (3 volumi - vol. I: Le relazioni europee dal Congresso di Berlino all'attentato di Sarajevo; vol. II: La crisi del luglio 1914. Dall'attentato di Sarajevo alla mobilitazione generale dell'Austria-Ungheria; vol. III: L'epilogo della crisi del luglio 1914. Le dichiarazioni di guerra e di neutralità)|editore=Fratelli Bocca|città=Milano|anno=1942-1943|isbn=no|cid=Albertini}}
* {{Cita libro|autore=Stéphane Audoin-Rouzeau|coautore=Jean-Jacques Becker|curatore=Antonio Gibelli|titolo=La prima guerra mondiale (2 volumi)|editore=Einaudi|città=Milano|anno=2014|annooriginale=2004||isbn=978-88-06-22054-9|cid=Rouzeau-Becker}}
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* {{cita libro|autore=
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* {{Cita libro|autore=Mario Vianelli |coautori=Giovanni Cenacchi|titolo=Teatri di guerra sulle Dolomiti, 1915-1917: guida ai campi di battaglia |editore=Mondadori|città=Milano|anno=2006|isbn= 88-04-55565-3|cid=Vianelli-Cenacchi}}
* {{Cita libro |autore=H. P. Willmott|titolo=La prima guerra mondiale |editore=Mondadori|città=Milano|anno=2006 |isbn=978-88-370-2781-0 |cid=Willmott}}
* {{Cita libro|autore=J. M. Winter|titolo=Il mondo in guerra - Prima guerra mondiale|città=Milano|editore=Selezione dal Reader's Digest |anno=1996 |isbn=88-442-0462-2 |cid=Winter}}
== Voci correlate ==
* [[Cronologia della prima guerra mondiale]]
* [[
* [[
* [[Film sulla prima guerra mondiale]]
* [[Periodo interbellico]]
* [[Seconda guerra mondiale]]
* [[Shell shock]]
== Altri progetti ==
{{
== Collegamenti esterni ==
* {{collegamenti esterni}}
* [http://www.lagrandeguerra.net lagrandeguerra.it]
* [http://www.cimeetrincee.it Associazione Storica Cimeetrincee.it]
* {{en}}[http://www.firstworldwar.com firtsworldwar.com]
* {{en}} [http://www.britishpathe.com/workspaces/rgallagher/Selected-footage-of-World-War-I britishpathe.com - ampia raccolta di filmati della prima guerra mondiale]
* [http://www.14-18.it/ www.14-18.it] - portale dell'[[Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche|ICCU]] che raccoglie i dati del progetto nazionale '''14-'18: documenti e immagini della Grande Guerra'' (nato nel 2005), aggregando i contenuti digitali di 70 istituzioni pubbliche e private coinvolte nel progetto.
{{Guerre balcaniche}}
{{prima guerra mondiale}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Grande Guerra|politica}}
[[Categoria:Prima guerra mondiale| ]]
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