Insorgenze antifrancesi in Italia: differenze tra le versioni
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{{conflitto
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|Nome del conflitto=Insorgenze antifrancesi in Italia
|Parte_di= delle [[guerre rivoluzionarie francesi]]<
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|Data= [[1796]]-[[1814]]
|Luogo=Italia
|Casus= Oggetto di dibattito
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}}
Le '''insorgenze antifrancesi''' furono rivolte popolari scoppiate in Italia negli anni tra il 1796 e il 1814, ovvero l'arco di tempo del predominio francese sulla penisola italiana.
Le insorgenze antigiacobine e antinapoleoniche furono spontanee ed isolate le une dalle altre: gruppi di oppositori al nuovo regime si sollevarono in diversi luoghi, senza collegamento tra loro, senza un capo che le dirigesse, senza un piano tattico militare, senza armamento adeguato. La maggiore azione bellica vittoriosa si ottenne grazie all'[[Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo|Esercito della Santa Fede]] nel [[Regno di Napoli]], dove il ristabilimento dell'antico regime fu più duraturo<ref>{{cita libro| nome= Vittorio Parlato| cognome= | titolo= Il federalismo come riscoperta di coscienza storica degli italiani| anno= | editore= Università di Urbino| città= Urbino| ed= | ISBN=|url=}}</ref>.
== Contesto storico ==
{{vedi anche|Campagna d'Italia (1796-1797)}}
[[File:Italy_1796_it.svg|thumb|L'Italia nel 1796.]]
Il periodo 1796-1799, conosciuto in Italia come "triennio giacobino", vide la penisola invasa e conquistata dall'[[Armata d'Italia (Francia)|Armata d'Italia]] del generale [[Napoleone Bonaparte]].<br/>
Il 10 aprile 1796 le truppe francesi occuparono i territori sotto il dominio [[austria]]co (il [[Ducato di Milano]] e quello di [[Ducato di Mantova|Mantova]]); poi i territori del [[Ducato di Modena e Reggio]] e infine le province settentrionali dello [[Stato Pontificio]] ([[Legazione di Ferrara (1598-1796)|Ferrara]], [[Legazione apostolica di Bologna|Bologna]] e [[Legazione di Romagna|Romagna]]). L'anno seguente cessarono di esistere le millenarie [[Repubblica di Venezia]] (12 maggio 1797) e la [[Repubblica di Genova]] (14 giugno 1797). Roma fu occupata il 10 febbraio 1798; il [[potere temporale]] del Papa fu dichiarato decaduto e fu instaurata la Repubblica.
In tutta Italia rimasero formalmente indipendenti soltanto il [[Regno di Sardegna]], il [[Principato di Benevento (età napoleonica)|Principato di Benevento]] ed il [[Regno di Sicilia (1735-1816)|Regno di Sicilia]]. Napoleone sconvolse l'assetto politico della penisola: le vecchie monarchie furono per la maggior parte deposte e sostituite dalle cosiddette [[Repubbliche sorelle]], entità modellate sulle istituzioni della [[Rivoluzione francese|Francia rivoluzionaria]]; alcuni territori furono annessi direttamente alla Francia.
Sin dal 1789 in Italia si era sviluppata, non solo per effetto della propaganda francese, una corrente di pensiero che guardava con simpatia alla Rivoluzione, che permise al [[giacobinismo]] di trovare nella penisola terreno più fertile che in ogni altro paese europeo. Tra il 1791 e il 1793, si verificarono varie rivolte e manifestazioni filo-rivoluzionarie, come ad esempio a [[Dronero]] nel Piemonte, a [[Orsogna]] in Abruzzo e a [[Rionero in Vulture|Rionero]] in Basilicata. I principali centri di organizzazione erano le logge massoniche di Torino e Napoli, legate a quella di Marsiglia, che formarono società dedite ad attività sovversiva. Perseguitati dalla polizia, molti giacobini ripararono in Francia riunendosi intorno a [[Filippo Buonarroti]]<ref>{{cita|Furet e Richet 1965|p. 432}}.</ref>. Malgrado ciò, sul movimento giacobino italiano i giudizi dei francesi oscillavano tra lo scetticismo e la diffidenza. Nel luglio 1796 [[Charles-François Delacroix]] chiese al riguardo un parere agli agenti diplomatici in Italia, ottenendo dal console Pascal-Thomas Fourcade la risposta: «Gli italiani in generale appartengono alla specie umana solo per la forma che la distingue e per i vizi che la disonorano». Inoltre, il Direttorio guardava con sospetto i nuclei di giacobini italiani legati a [[François-Noël Babeuf|Babeouf]] e ai [[Regime del Terrore|neoterroristi]] e molti credevano, come [[Lazare Carnot|Carnot]], che una repubblica italiana unificata avrebbe potuto rappresentare una rivale per la Francia<ref>{{cita|Furet e Richet 1965|p. 417}}.</ref>. Sulla spinta degli eventi e sull'entusiasmo nato dal sopraggiungere dell'[[Armata d'Italia (Francia)|Armata d'Italia]], il giacobinismo italiano aumentò notevolmente le proprie dimensioni e si diffuse in tutta la penisola. I suoi esponenti parteciparono attivamente alla vita politica ed amministrativa delle nuove repubbliche, che furono perciò anche dette "Repubbliche giacobine".
In seguito al principio stabilito dalla Convenzione francese il 15 dicembre [[1792]], i popoli "liberati" dalle truppe rivoluzionarie dovevano contribuire al mantenimento delle stesse, aumentando le imposte e tasse; si trattava di un'applicazione dell'antica consuetudine romana ''bellum seipsum alet'' ("la guerra nutre sé stessa") risalente a [[Catone il Censore]]<ref>Vedi p. 41 in V. Ilari, P. Crociani e C. Paoletti, ''Storia Militare del Regno Italico'', USSME, Roma, 2004. Catone pronunciò la celebre frase durante un suo intervento al Senato romano sul mantenimento delle legioni in Spagna dopo la conclusione della [[seconda guerra punica]].</ref>, ciò provocò il malcontento degli italiani, che si trovarono obbligati a pagare il costo della permanenza dell'esercito francese sulla penisola. Inoltre i nuovi governi intaccarono i beni della [[manomorta ecclesiastica]] e molte proprietà ecclesiastiche vennero incamerate nel patrimonio dei demani pubblici<ref>Vedi pag. 172 in Carla Nardi, ''Napoleone e Roma: dalla consulta romana al ritorno di Pio VII (1811-1814)'', Gangemi, 2005</ref>.<br/>
Le insorgenze scoppiarono un po' ovunque durante la marcia di conquista degli eserciti francesi dal nord al sud della penisola.
== Gli anni dal 1796 al 1798 ==
=== Lombardia ===
{{vedi anche|Rivolta di Pavia (1796)}}
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 250px
|titolo =
|contenuto = La Lombardia del 1796 ([[Ducato di Milano]]) aveva confini più ristretti rispetto a quelli dell'attuale regione italiana. Non ne facevano parte: le province di Bergamo e Brescia e la città di Crema (appartenenti alla [[Repubblica di Venezia]]); la Valtellina (dominata dai [[Repubblica delle Tre Leghe|Grigioni]] protestanti); la Lomellina e l'Oltrepò pavese (parti del [[Regno di Sardegna]]).
}}
==== 1796 ====
Napoleone Bonaparte fece il suo ingresso a Milano il 15 maggio 1796.
{{formatnum:80000}} razioni di cibo (quando invece i militari sul territorio erano {{formatnum:10000}})<ref>{{cita|Sanguinetti|p. 55|Sanguinetti, 1996}}.</ref>.
Iniziò poi il saccheggio delle risorse economiche e finanziarie. Fu pretesa una fortissima contribuzione di guerra, pari a 25 milioni di lire milanesi<ref>L'imposta era pari a sei annate del carico preteso dall'Austria.</ref><ref name="ReferenceA">{{cita|Sanguinetti|p. 58|Sanguinetti, 1996}}.</ref>. Procedettero all'espropriazione: delle casse dello Stato; dei fondi comunali; degli istituti di beneficenza e religiosi<ref>{{cita|Sanguinetti|p. 56|Sanguinetti, 1996}}.</ref>; per finire, requisirono i pegni depositati nel Monte di Pietà. L'azzeramento delle sostanze causò la rovina dell'istituto, che dovette rimanere chiuso fino al 1804<ref>{{cita|Sanguinetti|p. 57|Sanguinetti, 1996}}.</ref>. Il saccheggio dei tesori italiani comportò anche l'asportazione di tesori dell'arte: i francesi compilarono la lista delle opere di valore da requisire. Dalla [[Pinacoteca Ambrosiana]] vennero sottratti: il cartone della ''[[Scuola di Atene]]'' di [[Raffaello Sanzio|Raffaello]], un disegno di [[Leonardo da Vinci]], quadri di [[Bernardino Luini]], di [[Rubens]] del [[Giorgione]] e di [[Mattia Preti]], nonché tre preziosissimi [[manoscritto|manoscritti]]. Dalla [[Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Milano)|chiesa di Santa Maria delle Grazie]] vennero prelevati l<nowiki>'</nowiki>''[[Incoronazione di spine (Tiziano Parigi)|Incoronazione di spine]]'' di [[Tiziano]] e il ''San Paolo'' di [[Gaudenzio Ferrari]]<ref name="ReferenceA"/>.
Se a [[Milano]] la collera dei cittadini fu fatta rientrare in tempi brevi, l'insurrezione si propagò velocemente negli altri centri e nelle campagne: il 23 maggio 1796 si [[Rivolta di Pavia (1796)|sollevarono Pavia]] (che fu l'epicentro della rivolta), [[Como]], [[Varese]] e i paesi limitrofi. Tutte le province della Lombardia, ad eccezione di Cremona, si sollevarono in rivolta contro gli occupanti francesi<ref>{{cita|Sanguinetti|p. 111|Sanguinetti, 1996}}.</ref>. Il 24 e 25 maggio l'agitazione proseguì nelle campagne [[pavia|pavesi]] e si propagò verso il [[lodi]]giano.
A [[Binasco]] i contadini occuparono il paese e cacciarono la guarnigione francese<ref>{{cita|Sanguinetti|p. 122|Sanguinetti, 1996}}.</ref>. Binasco fu anche il paese più colpito dalla repressione. Il 24 e 25 maggio, il generale Jean Lannes, al comando di uno squadrone di [[dragone|dragoni]] a cavallo (circa 160 uomini) e 3 compagnie di granatieri (circa 420 fanti), mise a ferro e fuoco le cascine del contado, fece razzia totale degli animali e dei viveri (compreso il foraggio per cavalli e muli), diede alle fiamme un terzo del paese, saccheggiò i valori delle chiese, consentì alla truppa lo stupro delle donne e l'assassinio di cerca cento persone, in prevalenza uomini, che si erano opposti con poche armi all'invasione francese, che ebbe solo la morte di un dragone<ref>{{cita|Sanguinetti|pp. 129-132|Sanguinetti, 1996}}.</ref>.<br />
Dopo la caduta del principale baluardo degli insorgenti, i francesi occuparono la [[Rivolta di Pavia (1796)|vicina Pavia]]. Le mura furono prese a cannonate; la città fu saccheggiata il 25 e 26 maggio<ref>{{cita|Sanguinetti|p. 144 e segg.|Sanguinetti, 1996}}</ref>.
==== 1797 ====
In marzo fu proclamata la Repubblica a Bergamo e a Brescia. I rivoluzionari, dopo aver dichiarato decaduta la dominazione veneziana (che a Bergamo durava dal lontano 1428), iniziarono una “guerra” contro le vestigia del passato, con la distruzione di simboli, statue e colonne<ref>{{cita web|url=http://www.archiviobergamasco.it/wp-content/uploads/2014/01/Rivista-17.pdf|titolo=Dalla Repubblica di San Marco alla Repubblica Cisalpina: idee e immagini della rivoluzione|accesso=11 giugno 2020}}</ref>. Numerosi villaggi insorsero. Nel Bresciano si distinsero i paesi di [[Lonato del Garda|Lonato]], [[Castenedolo]] a sud della città di Brescia e, a nord, tutta la [[Val Trompia]]. I 34 comuni della [[Riviera di Salò]] si ribellarono apertamente contro i governi rivoluzionari. Le truppe giacobine bresciane e bergamasche <!--che attaccarono il Golfo--> furono respinte e arrestate. Si rese necessario l'intervento dei francesi. Il 20 maggio la città di Salò fu costretta ad arrendersi. Successivamente i francesi dichiararono sciolta la Riviera.
In giugno si registrarono rivolte in Brianza ([[Seregno]], [[Busto Arsizio]])<ref>Paolo Martinucci, [http://www.identitanazionale.it/inso_1002.php Premesse storiche e culturali dell'insorgenza nel bergamasco e nel bresciano]</ref>.
===
Alla fine del [[XVIII secolo]] la [[Valtellina]] era sotto il dominio dei [[Cantone dei Grigioni|Grigioni]] [[riforma protestante|protestanti]], sotto i quali era aumentato il potere della famiglia Salis<ref>{{Cita web |url=http://www.valtellina.it/info/18310/5_dodicennio_francese_e_dominazione_grigione.html |titolo=l dodicennio francese e la dominazione grigione |accesso=31 luglio 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130613075328/http://www.valtellina.it/info/18310/5_dodicennio_francese_e_dominazione_grigione.html |urlmorto=sì }}</ref>. Sin [[1794]] serpeggiavano moti di protesta a sostegno di rivendicazioni comunitarie contro le famiglie patrizie al grido di "Viva la libertà e vivano i francesi"<ref>Vedi pag. 552, G.B. Crollalanza (1867)</ref>. Con l'ingresso di Napoleone in Italia venne costituito un circolo giacobino repubblicano a [[Sondrio]], in collegamento con quello bresciano. Il circolo si diffuse al punto che i Grigioni inviarono nella valle {{formatnum:9000}} uomini armati. I valtellinesi li respinsero senza ricorrere alle armi; successivamente il Consiglio di Valle decise di inviare a Napoleone una richiesta di protezione e d'intervento per sistemare la contesa coi Grigioni. Inizialmente Napoleone suggerì che la valle si riscattasse con un compenso dato ai Grigioni e quindi ne entrasse a far parte a pieno titolo come {{chiarire|"quarta lega"}}, tuttavia la contrarietà di alcune componenti dei Grigioni fece fallire il progetto.<br />
Il 4 luglio [[1797]] i giacobini locali tentarono il colpo di mano innalzando l'[[albero della libertà]] a [[Chiavenna]] ed organizzando un governo provvisorio. La reazione degli abitanti fu immediata: con moti di piazza destituirono le autorità grigionesi e le sostituirono con rappresentanti locali, anche col sostegno del clero locale<ref>Vedi pag. 553-573, G.B. Crollalanza (1867)</ref>. Venne abbattuta la statua del governatore Pietro Salis, furono cancellati gli stemmi delle famiglie patrizie e del dominio protestante<ref>{{Cita web |url=http://www.valtellina.it/info/18311/6_repubblica_cisalpina.html |titolo=Repubblica Cisalpina |accesso=31 luglio 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130613092321/http://www.valtellina.it/info/18311/6_repubblica_cisalpina.html |urlmorto=sì }}</ref>. Infine, il 10 ottobre 1797 la Valtellina venne sottratta ai Grigioni ed annessa alla [[Repubblica Cisalpina]] con un decreto napoleonico. Opposizione all'annessione si ebbe in [[val San Giacomo]] ed a [[Piuro|Villa di Chiavenna]], entrambe collocate sul confine grigionese e aventi con questi forti vincoli commerciali.<br />
Nel [[1798]] la Valtellina fu coinvolta in un ampio moto controrivoluzionario. Nella valle scoppiarono disordini e tumulti a [[Teglio]] e a [[Grosio]]. A [[Valdisotto|Cepina]] gli insorti arrestarono e fucilarono il nobile bresciano Galeano Lechi, esponente giacobino. L'anno seguente si sollevò la bassa Valle e, per la seconda volta, Teglio; a [[Delebio]] fu fucilato dai controrivoluzionari il sacerdote filo-giacobino don Andrea Parravicini<ref>{{cita libro | Massimo | Viglione | Rivolte dimenticate: le insorgenze degli italiani dalle origini al 1815 | 1999 | Città Nuova | Roma}}</ref><ref name="sanguinetti" />.
Tra il 1797 e il 1798 scoppiarono rivolte nel [[Mantova]]no. Un'estesa insorgenza scoppiò anche nel [[Canton Ticino]], parte della [[Repubblica Elvetica]], che aveva sostituito la Confederazione svizzera<ref>{{cita libro | Sandro | Guzzi | Logiche della rivolta rurale. Insurrezioni contro la Repubblica Elvetica nel Ticino meridionale (1798-1803) | 1994 | Cisalpino | Bologna}}</ref>.
=== Veneto ===
[[File:15, Via Mazzanti, Verona, lapide.jpg|thumb|upright=0.8|Il luogo in cui ebbero inizio le Pasque Veronesi e la lapide che ricorda l'episodio.]]
[[File:Ingresso a parigi opere rubate napoleone.jpg|thumb|upright=1.4|Ingresso a Parigi della carovana con le opere d'arte razziate da Napoleone, al centro i quattro [[cavalli di San Marco]].]]
{{vedi anche|Pasque Veronesi}}
Il
Gli scontri tra francesi e austriaci proseguirono nei primi mesi del [[1797]]. I cittadini locali, allarmati per l'atteggiamento remissivo della Repubblica, che aveva acconsentito al transito delle truppe francesi sul proprio territorio, imbracciarono le armi e si organizzarono in forze popolari. Tra tutte le sommosse che si registrarono, quella di Verona passò alla storia per le sue dimensioni e per le nefaste conseguenze che produsse sulla sorte della Repubblica stessa.
I tumulti scoppiarono a Verona il
L'esercito francese rispose puntando i cannoni, dai forti posizionati sulle alture circostanti, direttamente sulla città. Il 19 il popolo si preparò a una difesa ad oltranza
Intanto i francesi avevano chiamato i rinforzi. Il 21 la città era circondata da
La mattina del
Le tre fortezze che dominano Verona bombardarono la città per otto giorni di seguito<ref>Francesco Leoni, ''Storia della controrivoluzione in Italia (1789-1859)'', Napoli, 1975, p. 54.</ref>; gli scontri causarono un alto numero di vittime: si contarono almeno
La reazione francese non si fece attendere anche sul piano culturale. {{Senza fonte|A seguito delle Pasque Veronesi la Francia intensifico le [[Furti napoleonici|spoliazioni di opere d'arte nella Repubblica di Venezia]].}}
===Ducato di Modena===
{{Vedi anche|Rivolta antifrancese in Garfagnana 1796-1797}}
Tra la fine del 1796 e l'inizio del 1797 vi furono diverse sommosse nel territorio del [[Ducato di Modena e Reggio|ducato di Modena]] che, a partire dall'ottobre 1796, con il proclama di Bonaparte che destituiva il fuggitivo duca [[Ercole III d'Este|Ercole IIIº]], era diventato una Repubblica, andando poi nello stesso mese a far parte della [[Repubblica Cispadana|Cispadana]]. Dapprima si [[Repubblica Cispadana#Rivolte di Concordia e Carrara|rivoltarono Concordia e Carrara]], contro le quali intervenne una spedizione ordinata da Bonaparte e comandata dal generale nizzardo Jean Baptiste Rusca. Ma la sommossa più lunga e con più gravi conseguenze avvenne tra la fine di novembre 1796 e l'inizio del gennaio 1797 in parte della [[Insurrezione antifrancese in Garfagnana|Garfagnana]], area storicamente legata alla dinastia Estense; anche in questo caso essa fu repressa duramente con l'intervento di truppe francesi, cui vennero affiancate contingenti italiani della [[Legione Cispadana]], e si ebbero condanne a morte, fucilazioni, ostaggi deportati ed abitazioni distrutte.
=== Stato Pontificio ===
==== Legazioni di Ferrara e Ravenna ====
I francesi entrarono a [[Ferrara]] il 23 giugno 1796. Le autorità francesi, che avevano promesso nei loro proclami di rispettare la religione, ben presto cominciarono a spogliare le chiese dei loro tesori. Tale comportamento, di cui i francesi si fecero vanto di fronte alla popolazione, ne provocò la reazione sdegnata. A Lugo i giacobini asportarono il busto del patrono cittadino [[Ellero di Galeata|Sant'Ellero]] (per i lughesi, Sant'Ilaro), scatenando la sollevazione popolare. I lughesi cacciarono i francesi e resistettero, armati di soli fucili, per cinque giorni all'esercito transalpino.
Austria e Russia formarono la [[seconda coalizione]] antinapoleonica. Parigi, allarmata, richiamò tutti i suoi effettivi di stanza in Italia e richiamò le truppe presenti nelle legazioni pontificie. Non appena si allentò la presenza militare, si intensificarono i tentativi di ristabilire il vecchio governo. A [[Ravenna]], il 12 luglio 1796, rientrò il [[legato pontificio]] [[Antonio Dugnani]] accolto trionfalmente dalla folla.
==== Legazione di Bologna ====
Anche a [[Bologna]] e nel contado la protesta si scatenò contro il divieto (mai esistito prima) alle tradizionali manifestazioni religiose. Tanto nel 1797 quanto nel 1798, a [[Minerbio]], [[Porretta Terme|Porretta]] e in altri luoghi la popolazione sfidò il divieto percorrendo in processione le strade cittadine nel giorno del ''[[Corpus Domini]]''. Alcuni giacobini approfittarono del nuovo clima politico per atterrare od asportare vari simboli religiosi: furono incarcerati e successivamente liberati. Ma quando venne colpito l'[[albero della libertà]] le conseguenze furono affatto diverse. Il 28 luglio 1798 don Pietro Maria Zanarini abbatté due alberi della libertà piantati sul sagrato della sua chiesa: fu punito con la [[pena di morte]].
==== Roma e Lazio ====
Roma fu presa dall'esercito francese il 10 febbraio [[1798]], prendendo a pretesto l'assassinio in città del generale [[Mathurin-Léonard Duphot]]. Il 15 febbraio fu dichiarato decaduto il [[potere temporale]] di [[papa Pio VI]] e fu proclamata la [[Repubblica Romana (1798-1799)|Repubblica Romana]], sul modello francese.
Le insorgenze si accesero nei quartieri più popolari: [[Trastevere]] e [[Monte Sacro (Roma)|Monte Sacro]]. La Rivolta dei Trasteverini passò alla storia come [[Vespro Romano]]. Fu breve quanto sanguinosa: scoppiò la sera di domenica 25 febbraio e terminò il 1º marzo. Gli insorti catturati furono fucilati in [[Piazza del Popolo (Roma)|piazza del Popolo]]. Negli stessi giorni la rivolta divampò anche nei [[Castelli Romani]]: [[Albano Laziale]], [[Castel Gandolfo]] e [[Velletri]]. In luglio insorsero [[Veroli]] ed [[Alatri]], nel frusinate. Anche tutto il Basso Lazio si sollevò contro gli occupanti.
Il 20 marzo [[1798]] fu promulgata la Costituzione della nuova Repubblica Romana. Il nuovo regime fu accolto freddamente dalla popolazione che, dopo aver subito i saccheggi che avevano accompagnato la presa della città, dovette accollarsi le pesanti contribuzioni imposte dagli occupanti francesi. Le rivolte nel Basso Lazio continuarono, tanto che il 31 luglio il comandante francese fu indotto a proclamare lo stato d'assedio su tutta la zona. Ma l'insorgenza non si fermò: in agosto divampò a [[Terracina]], capeggiata da Giuseppe Maria Tommetta. Il 9, dopo una lotta accanita, la città venne conquistata e saccheggiata dai francesi. Dopo la presa di [[Ferentino]] il generale Girardon inviò una lettera al comando militare chiedendo urgentemente rinforzi. La missiva si concluse con un'espressione che divenne celebre: ''C'est absolumment la Vandée!''<ref>{{cita|Topi|p. 90|Topi}}.</ref>. Nella zona continuò ad operare in funzione anti-francese la banda di Michele Arcangelo Pezza, più conosciuto con il nome di [[Fra Diavolo]].
== L'insorgenza generale del 1799 ==
Tra le potenze europee si formò una nuova [[Seconda coalizione|coalizione austro-russa]] contro la Francia. Parigi richiamò molte delle sue truppe di stanza in Italia. Non appena si allentò la presenza militare francese, le insorgenze ripresero in tutto il Paese nel tentativo di ristabilire il vecchio governo. Ancora una volta furono protagoniste le classi popolari.
=== Piemonte ===
{{vedi anche|Massa cristiana}}
Il 9 dicembre [[1798]] re [[Carlo Emanuele IV di Savoia]], pressato dai francesi, rinunciò alla sovranità sul Piemonte<ref>{{Cita libro|autore = Giorgio Enrico Cavallo|titolo = La tirannia della libertà: il Piemonte dai Savoia a Napoleone|anno = 2016|editore = Chiaramonte Editore|città = Collegno|pp = 111-117|ISBN = 978-88-95721-54-5}}</ref>. La regione venne trasformata in una repubblica, sotto il nome di [[Repubblica Subalpina]]; il malcontento popolare esplose subito dopo. Già in prossimità del Natale si sollevarono le campagne tra [[Alessandria]], [[Asti]] ed [[Acqui Terme|Acqui]]<ref>{{Cita libro|autore = Giorgio Enrico Cavallo|titolo = La tirannia della libertà: il Piemonte dai Savoia a Napoleone|anno = 2016|editore = Chiaramonte Editore|città = Collegno|p = 134|ISBN = 978-88-95721-54-5}}</ref>; successivamente, la rivolta si fece generalizzata. A fine febbraio insorse il borgo di [[Strevi]]: i francesi lo assaltarono e gli appiccarono fuoco<ref>{{Cita libro|autore = Giorgio Enrico Cavallo|titolo = La tirannia della libertà: il Piemonte dai Savoia a Napoleone|anno = 2016|editore = Chiaramonte Editore|città = Collegno|pp = 146-147|ISBN = 978-88-95721-54-5}}</ref>. Ad Asti (che il 9 maggio era stata liberata dai controrivoluzionari) il generale Falvigny rastrellò 95 persone, scelte a caso tra la popolazione <ref>{{cita|Viglione|p. 58|Viglione, 1998}}.</ref>; il generale volle dare una lezione memorabile agli astigiani: condannò a morte 86 abitanti e li fece portare in piazza d'armi. Qui diede l'ordine di scaricare il fuoco. I moribondi furono finiti sia con le sciabole sia con gli zoccoli dei cavalli<ref>{{Cita libro|autore = Giorgio Enrico Cavallo|titolo = La tirannia della libertà: il Piemonte dai Savoia a Napoleone|anno = 2016|editore = Chiaramonte Editore|città = Collegno|pp = 152-154|ISBN = 978-88-95721-54-5}}</ref>. Borgo Salsasio di [[Carmagnola]] venne dato alle fiamme dalle truppe dopo un'aspra battaglia con i contadini: si contarono centinaia di morti<ref>{{Cita libro|autore = Giorgio Enrico Cavallo|titolo = La tirannia della libertà: il Piemonte dai Savoia a Napoleone|anno = 2016|editore = Chiaramonte Editore|città = Collegno|pp = 155-160|ISBN = 978-88-95721-54-5}}</ref>. I soldati francesi incendiarono anche il borgo di [[Piscina (Italia)|Piscina]]. Situazione analoga a [[Mondovì]]; qui gli abitanti si sollevarono al grido: ''Rimandiamoli nudi come vennero in Italia''<ref>{{cita|Viglione|p. 56|Viglione, 1998}}.</ref>.La città venne assaltata dai francesi e gli abitanti vennero trucidati<ref>{{Cita libro|autore = Giorgio Enrico Cavallo|titolo = La tirannia della libertà: il Piemonte dai Savoia a Napoleone|anno = 2016|editore = Chiaramonte Editore|città = Collegno|pp = 160-165|ISBN = 978-88-95721-54-5}}</ref>.
Mentre in Piemonte infuriava la guerra civile, dalla Lombardia giungevano le truppe austro-russe insieme alla “[[massa cristiana]]”, guidata da [[Branda de Lucioni]] (chiamato popolarmente “Brandaluccione”). Partito dalla Lombardia, Lucioni entrò in Piemonte all'inizio del maggio [[1799]]; quindi prese [[Vercelli]] e [[Santhià]]. Il 13 cinse d'assedio [[Torino]], favorendo così l'[[campagna italiana di Suvorov#La ritirata di Moreau e l'avanzata fino a Torino|avanzata delle truppe austro-russe]] guidate dal generale [[Aleksandr Vasil'evič Suvorov|Aleksandr Suvorov]].
=== Lucca ===
{{Vedi anche|Insurrezione antifrancese di Viareggio}}
La [[Repubblica di Lucca]], di fatto neutrale, fu invasa dalle truppe del generale [[Jean Mathieu Philibert Sérurier]] nel febbraio del 1799. Subito si dette vita ad una repubblica giacobina di stampo francese. I moti si ebbero nella successiva primavera e furono limitati alle campagne. In particolare le truppe francesi vennero assalite dai contadini in località Vinchiana (San Lorenzo di Brancoli) in [[Media Valle del Serchio|val di Serchio]]. A [[Viareggio]] e nei paesi limitrofi ebbe invece luogo un'[[Insurrezione antifrancese di Viareggio|insurrezione popolare]].
=== Toscana ===
{{vedi anche|Viva Maria}}
[[File:Viva Maria.jpg|thumb
Durante la [[Campagna d'Italia
=== Repubblica Cisalpina ===
;Bologna
Migliaia di contadini armati si affiancarono ai soldati austriaci nei combattimenti contro i francesi<ref>{{cita|Massimo R. De Leonardis|p. 64|AA.VV., 1992}}.</ref>. A Bologna le sollevazioni iniziarono dopo il 31 gennaio, giorno in cui il governo giacobino impose una nuova tassa su tutti i cittadini maggiori di 16 anni<ref>La città era stata presa dai francesi il 18 giugno 1796. I francesi avevano instaurato un regime che tiranneggiò la popolazione: Napoleone pretese una contribuzione di guerra di quattro milioni di lire tornesi. I bolognesi dovettero assistere anche alla spoliazione di molti capolavori dell'arte, mentre i contadini furono obbligati a consegnare ai francesi bestiame e granaglie.</ref>
;Romagna
Il 1799 fu l'anno della grande Insorgenza che portò alla liberazione della [[Romagna]] dalle truppe napoleoniche. Fu determinante l'aiuto di Austria e Russia, che nel 1798 si erano coalizzate contro la Francia rivoluzionaria.<br/>
Il 17 maggio 1799 il Conte Matteo Manzoni, proclamato Comandante in campo di tutte le forze controrivoluzionarie di Lugo, forte dell'avanzata delle truppe austro-russe comandate dal generale [[Aleksandr Vasil'evič Suvorov|Suvorov]], al grido di ''Viva Francesco II! Viva Pio VI!'' abbatté i simboli repubblicani e ricollocò le insegne pontificie e le immagini della Santa Vergine. Il 7 aprile 1799 avvenne la prima insorgenza di [[Rimini]]. Quel giorno si svolse la processione della Madonna dell'Acqua, per chiedere la cessazione delle piogge che stavano danneggiando gravemente le colture. La proibizione di uscire dal sagrato delle chiese era tassativa. I fedeli sfidarono il divieto al grido di: ''Fuori la processione! Viva Maria!''.
Il 27 maggio insorsero tutti i paesi delle vallate tra il [[Cesena]]te e il [[Montefeltro]]. Il 30 maggio 1799 gli insorti di [[Forlì]], [[Lugo (Italia)|Lugo]] e [[Ravenna]] coalizzati insieme liberarono [[Faenza]], costringendo le truppe del generale [[Pierre-Augustin Hulin]] alla fuga. Nello stesso giorno divampò la Grande Insorgenza riminese. Rimini era presidiata dalle truppe del generale Fabert, in allerta per l'imminente sbarco di un vascello austriaco. La rivolta fu guidata da un pescatore, Giuseppe Federici<ref>Nel 1999 è stata affissa in sua memoria una lapide tra le mura del Borgo San Giuliano, l'area in cui abitava la maggior parte dei pescatori riminesi.</ref>. Marinai e pescatori costrinsero le truppe francesi ad asserragliarsi dentro la città. Gli austriaci attraccarono indisturbati e marciarono insieme ai riminesi; i francesi, vista la mala parata, abbandonarono Rimini. Il giorno seguente fu grande festa: contadini, marinai e pescatori si reimpossessarono della città. Fabert ritentò l'attacco, ma fu respinto e costretto alla fuga sull'Appennino. Fu preso e catturato dagli insorti a [[San Leo (Italia)|San Leo]].
=== Repubblica Romana ===
[[File:Ultimi consoli repubblica romana.jpg|thumb|Dopo la conquista napoletana i due ultimi consoli della repubblica Romana catturati furono portati in corteo nella città come delinquenti.]]
Le sollevazioni ripresero sulla scia dei successi della coalizione austro-russa. Il 15 giugno 1799 [[Viterbo]] cacciò i giacobini, che dovettero ripiegare su Roma. Gli insorti si unirono agli [[Orvieto|orvietani]] e sconfissero i francesi a [[Bassano Romano]]. L'insorgenza si diffuse in tutto l'Alto Lazio. Successivamente si unirono anche gli aretini (vedi ''supra''). Il 4 agosto gli insorti si prepararono a conquistare Roma, difesa dai repubblicani. Cominciarono le trattative per la resa. Il 19 settembre 1799 i francesi abbandonarono Roma, che entro fine del mese fu occupata dall'esercito del [[Regno di Napoli]] e quindi restituita al Papa.
=== Repubblica Napoletana ===
[[File:S elmo s antonio miracolo.jpg|thumb|Stampa popolare del tempo raffigurante il miracolo della cannonata ad opera di [[Antonio di Padova|San Antonio]], che, secondo la credenza polare, aveva protetto il cardinale Ruffo e l'armata sanfedista e permesso un ''tiro miracoloso'' che abbatté il pennone della bandiera repubblicana issata su [[Castel Sant'Elmo]] durante la battaglia finale per l'ingresso in città.]]
L'invasione francese del [[Regno di Napoli]] ebbe inizio il 1º dicembre [[1798]]. Le insorgenze popolari esplosero principalmente lungo la via seguita dall'esercito napoleonico nella sua avanzata. In [[Terra di Lavoro]] si sollevarono numerose città: [[Sessa Aurunca]] (che, quando la rivolta fu sedata, fu distrutta), [[Teano]], [[Fondi]], [[Castelforte]] e [[Itri]]. Rivolte scoppiarono anche negli [[Abruzzi]]<ref>John Davis, in {{cita|AA.VV.|p. 349|AA.VV., 1999}}</ref>. Quando l'esercito francese arrivò vittorioso nei pressi di [[Capua]] si concluse l'[[armistizio di Sparanise]] (13 gennaio 1799). L'esercito regolare borbonico smise di combattere. Nei giorni seguenti si tennero alcuni infruttuosi negoziati. Diverse città campane insorsero contro l'esercito francese, tra cui [[Pomigliano d'Arco]]. La città fu conquistata dai francesi (il paese fu incendiato e molti abitanti furono passati per le armi); successivamente venne proclamata la repubblica.
A Napoli fu combattuta una battaglia tra le truppe francesi e i ''patrioti'' napoletani da una parte ed i “[[Lazzari]]”<ref>Questo termine venne usato per la prima volta nel [[1647]] per indicare i popolani sollevatisi contro il Viceré al seguito di [[Masaniello]].</ref> dall'altra. Nei tre giorni di combattimento morirono tra gli {{formatnum:8000}} e i {{formatnum:10000}} lazzari<ref>{{cita libro|cognome=AA.VV.|titolo=Le insorgenze antifrancesi in Italia nel triennio giacobino (1796-1799) | anno=1992 | editore=Apes | città=Roma|ISBN=88-7233-003-3|cid=AA.VV., 1992}}.</ref>. Dopo la fine della battaglia, il generale francese [[Jean Étienne Championnet]] fece pressioni sull'arcivescovo di Napoli al fine di fargli dichiarare che il sangue di San Gennaro si era sciolto al momento della vittoria delle truppe francesi<ref>S. Vitale, ''Napoli tra rivoluzione e reazione'' in {{cita|AA.VV.|p. 278|AA.VV., 1992}}</ref>. La seconda [[Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]] fu marcata da un deciso [[anticlericalismo]] su cui si innestarono correnti [[regalismo|regaliste]] e [[giurisdizionalismo|giurisdizionaliste]] che accentuarono lo scontro ideologico.
La controffensiva antifrancese provenne da sud. Ai primi di giugno entrò nel [[Principato Ultra]] l'esercito del cardinale [[Fabrizio Ruffo]], vicario generale del re in esilio [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV]]. Il Ruffo aveva costituito un'armata di volontari, da lui stesso reclutati, che formavano l'«[[Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo]]». L'armata, muovendo dalla [[Calabria]], aveva liberato tutti i paesi di quella regione, della [[Basilicata]] e della [[Puglia]]. Sul suo cammino giustiziò molti dei sostenitori della repubblica. Tra questi, a [[Potenza (Italia)|Potenza]] fu ucciso il vescovo [[Giovanni Andrea Serrao]], che avendo benedetto nel 1793 l'[[albero della libertà]] si era pubblicamente schierato con i giacobini<ref>[http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=442:giovanni-andrea-serrao-il-martirio-per-la-liberta&catid=37:biografie&Itemid=28 Maria Rosaria Bianchi, ''Giovanni Andrea Serrao, il martirio per la libertà'', Il nuovo Monitore napoletano, 22 gennaio 2012]</ref>.
Tra maggio e giugno il grosso dell'esercito francese prese la via del nord; a difesa di Napoli rimasero solo tre corpi. L'esercito di Ruffo si attendò a [[Nola]]. Ad esso si erano aggiunti contingenti inglesi, russi ed austriaci sbarcati dall'ammiraglio [[Horatio Nelson|Orazio Nelson]] sulle coste della Calabria. Anche un contingente turco faceva parte della spedizione, in quanto l'Impero Ottomano aveva aderito alla [[Seconda coalizione]]. Infine, una squadra navale anglo-borbonica, al comando dell'ammiraglio Nelson, bloccava le coste. Da Nola, Ruffo si mosse a [[Somma Vesuviana]] e poi a [[Portici]], conquistandole entrambe. Nella battaglia del 13 giugno l'Esercito della Santa Fede espugnò Napoli. La capitolazione fu firmata da: Ruffo e Micheroux per la parte regia, Foote per l'Inghilterra, Baillie per la Russia ed Acmet per i turchi. Gli ultimi soldati francesi furono imbarcati su una nave per Tolone.
I ''patrioti'' napoletani, sia moderati che giacobini, si erano rinchiusi nella fortezza di Napoli per opporre l'ultima resistenza. Venuti a patti con il cardinale Ruffo, che aveva promesso loro salva la vita, si arresero. Invece pochi giorni dopo numerosi repubblicani furono giustiziati. Nei mesi successivi, una giunta nominata da Ferdinando IV, ritornato a Napoli, processò i repubblicani catturati [[Repubblicani napoletani giustiziati nel 1799-1800|mandandone a morte]] i principali esponenti. Su circa {{TA|8 000}} prigionieri, 124 furono giustiziati, 6 graziati, 222 condannati all'[[ergastolo]], 322 a pene minori, 288 alla deportazione e 67 all'[[esilio]]. Nell'ambito della distruzione dei simboli repubblicani, furono disperse anche le spoglie di [[Masaniello]] sepolte nella [[Basilica del Carmine]], essendo egli stato il capopopolo del 1647, celebrato dai rivoluzionari come un precursore della Repubblica.
== Le insorgenze del periodo napoleonico ==
=== Dal 1800 al 1808 ===
==== Quadro storico ====
Nella primavera del [[1800]] Napoleone iniziò la sua [[Campagna d'Italia (1800)|seconda campagna d'Italia]]. In giugno riportò la vittoria decisiva a [[Battaglia di Marengo|Marengo]], riconquistando il controllo militare sulla penisola, che mantenne fino al [[1814]]. Nuovi focolai di rivolta si accesero in molte regioni italiane, sfociando nel [[1809]] in una nuova insorgenza di carattere nazionale. Nel 1814, con la definitiva caduta del potere napoleonico, cessarono i moti popolari.
==== Le insorgenze ====
* Piemonte e Valle d'Aosta: i moti scoppiarono allorché le truppe francesi lasciarono i loro presìdi per andare a combattere contro l'Austria. Ricominciarono gli assalti ai repubblicani; milizie formate da contadini presero il controllo di intere zone. Alcuni nomi: la "Lunga" nel [[Dipartimento del Tanaro]], la "Diciotto" nella media [[Val Trompia]], la "Becurio" nel territorio tra [[Giaveno]] e [[Torino]], le bande "Data" e "Truppa" nel [[Canavese]], la "Cacciatori Violino" nelle province di [[Mondovì]] e [[Cuneo]]. Nel [[1801]] si verificarono moti in [[Valle d'Aosta]]: l'insorgenza scoppiò quando giunse la notizia delle sconfitte francesi sul [[Mincio]]. I moti cominciarono a [[Châtillon (Italia)|Châtillon]] e si diffusero fino ad [[Aosta]], dove il comandante francese Merek fu costretto alla resa. La rivolta dilagò in Piemonte. A metà gennaio gli insorti assalirono [[Ivrea]], ma furono respinti lasciando sul campo 300 fra morti e feriti. Nel marzo insorse l'Astigiano, mentre altre rivolte scoppiarono nelle valli liguri del [[Bisagno]] e del [[Val Polcevera|Polcevera]].
* Liguria: l'avvenimento più importante fu l'[[assedio di Genova (1800)|assedio di Genova]] (aprile-giugno 1800). La principale formazione antifrancese fu organizzata dall'aristocratico Luigi Domenico Assereto, che si mise a capo di {{formatnum:10000}} insorgenti. La rivolta terminò con la fucilazione di molti tra gli insorti.
* Ex ducati di Parma e Modena: con la riconquista napoleonica del Nord Italia, negli anni 1801-1802 ripresero le insorgenze, dapprima nel Modenese ([[Modena]], [[Sassuolo]], [[San Felice sul Panaro|San Felice]]) e poi nel Reggiano. Negli anni successivi si diffusero nel territorio bande di irregolari che misero più volte in difficoltà i presidi militari francesi. Nel gennaio [[1806]] scoppiò una grande rivolta nella zona tra [[Castellarano]] e Sassuolo. Nell'ex ducato di Parma e nell'[[Oltrepò Pavese]]<ref>Ercole Bongiorni, ''Contadini contro Napoleone. L'insorgenza del Piacentino e i suoi riflessi in Oltrepò Pavese e Valle Versa (1805-1806)''.</ref>, le prime insorgenze scoppiarono nel 1805-1806. Causa scatenante fu la [[leva di massa]] ordinata dai francesi, che imposero alla popolazione di fornire non meno di {{formatnum:6000}} uomini. La prima città ad insorgere fu, nel dicembre 1805, [[Castel San Giovanni]]. Ad essa seguirono tutti i principali centri (da [[Salsomaggiore Terme|Salsomaggiore]] a [[Pellegrino Parmense|Pellegrino]], da [[Pontremoli]] a [[Bobbio]], da [[Castell'Arquato]] a [[Borgo Val di Taro]]). Gli insorti furono migliaia. Capi dell'insorgenza furono, nel Parmense, Giuseppe Brussardi, detto il "Generale Mozzetta" e, nel Piacentino, Agostino Daturi (non De Torri come si credeva)<ref>Giorgio Fiori, «[[Libertà (quotidiano)|Libertà]]», 25 aprile 1994, p. 3.</ref>, detto "Foppiano". A fine gennaio 1806 i francesi riportarono vittorie militari sugli insorgenti. Dopo che ebbero appiccato il fuoco a un intero villaggio, Mezzano Scotti di [[Bobbio]], la rivolta terminò. Seguirono processi e condanne a morte.
* Veneto: nell'ottobre [[1805]], mentre gli eserciti francese ed austriaco erano in guerra, si sollevò il paese di [[Crespino]], seguito ben presto da tutto il [[Polesine]]. La rivolta cessò spontaneamente allorché le forze austriache furono richiamate al fronte. Nondimeno, la condanna della Francia vittoriosa fu spietata: all'inizio del [[1806]] gli abitanti di Crespino furono privati della cittadinanza e dichiarati "colonia" di gente senza patria. Solamente un anno dopo (11 gennaio [[1807]]), Napoleone con un suo decreto revocò il provvedimento.
* Toscana: il 15 ottobre [[1800]] i francesi occuparono [[Firenze]], [[Prato (Italia)|Prato]] e [[Pistoia]]. Il [[Granduca di Toscana|Granduca]], in esilio a [[Vienna]], istituì un governo provvisorio; gli abitanti di [[Arezzo]] ne ottennero il comando. Fu formato un corpo di {{formatnum:7000}} uomini, alla guida di Giovan Battista Albergotti, capomassa dei [[Viva Maria]]. I francesi, ottenuti rinforzi dalla [[fortezza di Ancona]], bombardarono Arezzo, che capitolò il 19 ottobre. Il Monte di Pietà, le chiese e i conventi furono tutti saccheggiati. I francesi imposero una forte contribuzione, fecero saltare in aria la fortezza e rasero al suolo due porte monumentali della città. Dopo la caduta di Arezzo la rivolta non cessò, ma si diffuse in tutta la regione nella forma del brigantaggio. Nel [[1801]] si scatenò una nuova rivolta, in [[Valdarno]] e in [[Val di Chiana]]. A [[Portoferraio]] gli abitanti resistettero 31 mesi ai francesi, arrendendosi solamente su esplicita richiesta del Granduca.
* Bolognese, Ferrarese e Romagna: la prima insorgenza scoppiò nel settembre [[1800]] e fu repressa dal generale Pino. Nel [[1805]] si registrò un nuovo moto popolare.
* Marche ed Umbria: la fortezza di [[Civitella del Tronto]] resistette per mesi fino al 21 maggio [[1806]]. Dopo la caduta, i cittadini e gli abitanti del contado, accusati di collaborazionismo, furono massacrati.
==== L'insurrezione calabrese ====
{{vedi anche|Insurrezione calabrese}}
Napoleone conquistò il Regno di Napoli nel 1806. Fin dal mese di marzo si verificarono i primi attacchi alle truppe francesi, in Calabria e Basilicata. Per tutta risposta, gli occupanti iniziarono una caccia all'uomo e saccheggiarono sei villaggi, tra cui [[Soveria Mannelli]]. Altre rivolte si verificarono in aprile. In giugno due capimassa, Sciarpa e [[Panedigrano]], tentarono, a sette anni di distanza dall'impresa del 1799, di fomentare la rivolta in Calabria. Furono raggiunti da [[Fra Diavolo]]<ref>Fra Diavolo aveva posto il proprio quartier generale a [[Sora (Italia)|Sora]], nella [[Terra di Lavoro]], ma effettuava incursioni anche a Sud.</ref> che, con 600 uomini, sbarcò ad [[Amantea]] e si impadronì della città. I reali, dal loro esilio a Palermo, decisero di appoggiare la rivolta inviando un esercito di
=== L'insorgenza generale del 1809 ===
Nell'aprile [[1809]] l'Austria, coalizzatasi con l'[[Regno Unito|Inghilterra]] ([[Quinta coalizione]]), riprese la guerra contro Napoleone. L'arciduca [[Giovanni d'Asburgo-Lorena|Giovanni d'Asburgo]], al comando di due corpi d'armata, tentò l'invasione del nord Italia. Fu affrontato dall'armata franco-italiana di [[Eugenio di Beauharnais]].
Durante lo svolgersi della guerra, diverse aree della penisola furono attraversate da moti popolari, com'era già avvenuto dieci anni prima. Lo scontro militare fu vinto dall'armata del Beauharnais.
* Lombardia: insorsero i dipartimenti alpini e quelli del [[Lago di Como|Lario]], poi i territori di [[Brescia]], [[Como]] e [[Sondrio]]. Nel Mantovano insorsero [[Ostiglia]], [[Sermide]], [[Castelvetro di Modena|Castelvetro]] e [[Pavullo]]. Tornarono a insorgere le zone a ridosso delle terre imperiali, come la [[Valtellina]] (dove combatté Corrado Juvalta, agente e ufficiale imperiale di [[Teglio]]) e la [[Val Camonica]]<ref name="sanguinetti">{{cita pubblicazione | cognome=Sanguinetti | nome=Oscar | titolo=Le insorgenze popolari contro-rivoluzionarie in Lombardia nel periodo napoleonico | rivista=Quaderni padani | volume=VI | numero=29 | data=maggio-giugno [[2000]] | pp=43-49 | url=http://www.laliberacompagnia.org/_files/qp/pdf/qp_29.pdf | accesso=26 settembre 2013 | dataarchivio=27 settembre 2013 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130927052002/http://www.laliberacompagnia.org/_files/qp/pdf/qp_29.pdf | urlmorto=sì }}</ref>.
* Ex Ducato di Modena: scoppiarono sommosse nel [[Dipartimento del Panaro]], a [[Spilamberto]], [[Vignola]], [[Sassuolo]], [[Bobbio]], [[Castelfranco Emilia]], [[Samoggia]], [[Maranello]], [[Finale Emilia]], [[Formigine]] e [[Pavullo]].
* Veneto: i primi moti si ebbero a [[Lonigo]], [[Zevio]], [[Isola della Scala]], [[Legnago]], [[Vicenza]], [[Badia Polesine]], [[Rovigo]] ed in [[Istria]]. Successivamente la rivolta dilagò: insorse tutto il [[Trentino]] e la vicina [[Asiago]] (8 luglio 1809, oggi considerato l'anniversario dell'«insorgenza veneta»)<ref>{{cita news|autore=Alessandro Tich|url=http://notizie.bassanonet.it/attualita/4289.html|titolo=L'insorgenza veneta del 1809, questa sconosciuta|pubblicazione=Bassanonet.it|data=17 ottobre 2009|accesso=9 luglio 2015|urlmorto=sì|urlarchivio=http://archive.wikiwix.com/cache/20150709163727/http://notizie.bassanonet.it/attualita/4289.html|dataarchivio=9 luglio 2015}}</ref>, poi [[Feltre]], [[Belluno]], [[Bassano del Grappa|Bassano]], [[Schio]], i Dipartimenti dell'Adige, Piave, Bacchiglione, Adriatico, Tagliamento. Nel Veronese, la rivolta divampò nel capoluogo e in diversi altri comuni; lo stesso nel Padovano e nel Polesine. Né l'Istria né la [[Dalmazia]] rimasero quiete: in estate insorsero tutti i centri principali: il 21 luglio [[Sebenico]], il 2 agosto [[Spalato]], poi [[Lesina (Croazia)|Lesina]], [[Zara]] e [[Rovigno]].
* Ferrarese, Bolognese e Romagna: il malcontento esistente "per le soverchie tasse, per la leva, per le leggi che nell'intento di riformare, tutto avevano rovesciato dell'antico governo", esplose a seguito di un decreto emesso il 10 aprile 1809, che complicava notevolmente il modo di esigere le tasse sulla [[farina]] macinata, al punto che i mugnai lungo il Po smisero di macinare, provocando carenza di farina innescando quindi i primi moti<ref>{{cita|Antolini|p. 5,8-9|Antolini, 1922}}.</ref>. Nel Dipartimento del Basso Po insorsero i centri principali ([[Bondeno]], [[Comacchio]], [[Copparo]], [[Argenta]], [[Portomaggiore]]); la rivolta si concluse ai primi di novembre dopo la notizia del [[Trattato di Schönbrunn|trattato di pace]] firmato tra Napoleone e l'Austria. Nel Dipartimento del Reno moti popolari scoppiarono a [[Cento (Italia)|Cento]], [[Minerbio]], [[Budrio]], [[Galliera]], [[Castel San Pietro Terme|Castel San Pietro]], [[Molinella]], [[Imola]], [[Bazzano (Valsamoggia)|Bazzano]], [[Porretta Terme|Porretta]], [[Loiano]], [[Pianoro (Italia)|Pianoro]], [[San Giovanni in Persiceto]], [[Castiglione dei Pepoli]] e [[Vergato]].
* Marche: insorsero [[Loreto]], [[Cingoli]], [[Macerata]], [[Osimo]], [[Fabriano]], [[Fermo (Italia)|Fermo]] e [[Ascoli Piceno|Ascoli]]. {{Senza fonte|La lotta armata antinapoleonica continuò anche negli anni seguenti.}}
Nel [[1814]] dopo la fallita [[Campagna di Russia]] di Napoleone, si verificarono nuove insorgenze nell'Alto Lazio.
==== L'insorgenza tirolese ====
[[File:Hofer festeggiamenti.jpg|thumb|Dipinto popolare del tempo raffigurante al centro Andreas Hofer a cavallo festeggiato dalla popolazione armata con attrezzi del lavoro agricolo, a sinistra in basso un popolano recupera suppellettili religiose dorate da un soldato francese ucciso, a destra un monaco brandisce un crocefisso e una sciabola, sullo sfondo una chiesa e una colonna con statua di santo.]]
{{vedi anche|Insorgenza tirolese}}
Nel [[1806]], in seguito alla sconfitta dell'[[Austria]] nella guerra della [[Terza coalizione]], il Tirolo fu annesso al [[Regno di Baviera]]. Tre anni dopo il ministro del re, [[Maximilian von Montgelas]], adottò dei provvedimenti anticristiani: soppressione delle cerimonie di culto, soppressione delle processioni, nonché dei matrimoni e dei funerali religiosi. Proibì addirittura il suono delle campane. Sorse una Chiesa clandestina: le cerimonie si tenevano nei fienili; il sacerdote si vestiva da contadino per non essere riconosciuto<ref>Mariano Sisto, ''Così fu la "Guerra Santa" di Andreas Hofer'', in «Cultura Identità», aprile 2020, pag. 19.</ref>. La rivolta cominciò il 9 aprile. [[Andreas Hofer]] fu il protagonista dell'insurrezione tirolese. All'inizio fu seguito da 400 uomini, che nel corso dell'insorgenza salirono a {{formatnum:18000}}. Hofer ottenne le prime vittorie ad [[Innsbruck]] e in altre città del Tirolo del Nord. Gli scontri più aspri si svolsero ai piedi del [[Battaglie del Monte Isel|monte Isel]]. La prima battaglia si tenne a fine maggio; la seconda a metà agosto. Entrambe videro la vittoria degli insorgenti. Nella seconda, Hofer sconfisse il Maresciallo di Francia, generale [[François Joseph Lefebvre]], che fu costretto alla fuga. Incoraggiati da tali successi, si sollevarono anche [[Trento]] (21 agosto) e [[Rovereto]] (il 29), unendosi agli insorti. Verso la fine di settembre iniziò la controffensiva italo-franco-bavarese e il 14 ottobre con la [[Pace di Schönbrunn]] l'imperatore d'Austria rinunciò al Tirolo, che rimase così indifeso.
La regione fu attaccata da nord, da est e da sud da Napoleone che, deciso a sopprimere l'insurrezione, inviò due eserciti, cinque battaglioni e due squadroni. Di fronte a tale sproporzione di forze, Hofer valutò la possibilità di arrendersi per evitare inutili spargimenti di sangue. Ma i francesi rigettarono la richiesta di armistizio. Sotto l'attacco del generale [[Jean-Baptiste Drouet d'Erlon|Drouet]], caddero dapprima Trento e [[Lavis]]. In entrambe le città ci furono massacri di civili. Hofer allora contrattaccò e riportò una vittoria in [[Val Passiria]] (14 novembre). Le sovrabbondanti forze italo-franco-bavaresi ebbero la meglio. Ai primi di dicembre la situazione fu normalizzata. I francesi si vendicarono sulla popolazione: furono commesse stragi a [[Matrei am Brenner|Matrei]], [[Sillian]], in [[Val Pusteria]] ed a [[Novacella (Varna)|Novacella]] (ove furono bruciate tutte le case). Hofer, che dai primi di dicembre si nascondeva protetto dalla popolazione, fu catturato il 18 gennaio 1810 per una delazione. Fu giustiziato il 20 febbraio a [[Mantova]].
Dopo la cessazione delle rivolte, i responsabili furono portati alla sbarra. Le commissioni militari speciali lavorarono fino al [[1811]]. Le condanne a morte furono decine, gli anni di carcere comminati centinaia.
== I caduti ==
Non esistono calcoli complessivi sui caduti dell'intero periodo delle insorgenze. Si possono invece elencare gli scontri che hanno provocato il più alto numero di morti
* Nella difesa di [[Napoli]] (1799) morirono
* A [[San Severo]] il 25 febbraio 1799 caddero
* Ad [[Andria]] il 23 marzo caddero {{formatnum:4000}} insorgenti, dei quali 550 furono passati a fil di spada<ref>{{cita|Lemmi|p. 286|Lemmi, 1906}}.</ref>;
* Ad [[Amantea]] caddero
*
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* {{cita libro|cognome=
* {{cita libro|cognome=
* {{cita libro|autore=[[Patrizio Antolini]] |titolo=Il brigantaggio nel dipartimento del basso PO - 1809| anno=1922| editore= Stab. Tip. G. Bresciani | città=Ferrara|cid=Antolini, 1922}}
* {{cita libro|cognome=Rodolico|nome=Niccolò|titolo=Il popolo agli inizi del Risorgimento nell'Italia meridionale (1798-1801)| anno= 1926| editore= Le Monnier| città=Firenze|cid=Rodolico, 1926}}
* {{cita libro|cognome=Lumbroso|nome=Giacomo|titolo=I moti popolari contro i francesi alla fine del secolo XVIII (1796-1800)| anno= 1932| editore= Le Monnier| città=Firenze|cid=Lumbroso, 1932}}
* J. Godechot, ''La controrivoluzione. Dottrina e azione (1789-1804)'', Mursia, Milano 1988 (ed. or. Paris 1961)
* {{cita libro|François|Furet|wkautore=François Furet|coautori=[[Denis Richet]]|La Rivoluzione francese|edizione=edizione speciale per il Corriere della Sera, "Storia Universale", vol. 15|annooriginale=1965|2004|cid=Furet e Richet 1965}}
* P. Villani, «Dal 1748 al 1815» in ''La storiografia italiana negli ultimi vent'anni'', Milano 1973
* V. E. Giuntella, «La Rivoluzione francese e l'Impero napoleonico», in AA. VV., ''Bibliografia dell'età del Risorgimento'', Olschki Firenze 1974
* {{cita libro|cognome=Leoni|nome=Francesco|titolo=Storia della Controrivoluzione in Italia (1789-1859)| anno= 1975| editore= Guida| città=Napoli|cid=Leoni, 1975}}
* {{cita libro|cognome=Capra|nome=Carlo|titolo=L'età rivoluzionaria e napoleonica in Italia (1796-1815)| anno= 1978| editore= Loescher| città=Torino|cid=Capra, 1978}}
* {{cita libro|cognome=De Felice|nome=Renzo|titolo=Il triennio giacobino in Italia (1796-1799) | anno=1990 | editore=Bonacci | città=Roma|ISBN=88-7573-212-4|cid=De Felice}}
* {{cita libro|cognome=AA.VV.|titolo=Le insorgenze antifrancesi in Italia nel triennio giacobino (1796-1799) | anno=1992 | editore=Apes | città=Roma|ISBN=88-7233-003-3|cid=AA.VV., 1992}}
* {{cita libro|cognome=Viglione|nome=Massimo|titolo=La "Vandea italiana" | anno=1995| editore= Effedieffe| città=Roma|cid=Viglione, 1995}}
* {{cita libro|cognome=
* {{cita libro|cognome=
* {{cita libro|
* {{cita libro|Francesco Mario|Agnoli|Le Pasque veronesi: quando Verona insorse contro Napoleone|1998|Il Cerchio|Rimini||cid=Agnoli, 1998}}
* {{cita libro|cognome=Agnoli|nome=Francesco Mario|titolo=1799: La Grande Insorgenza| anno=1999| editore= Controcorrente| città=Napoli|cid=Agnoli, 1999}}
* {{cita libro|cognome=
* {{cita libro|cognome=Viglione|nome=Massimo|titolo=Rivolte dimenticate: le insorgenze degli italiani dalle origini al 1815 | anno=1999| editore= Città Nuova| città=Roma|cid=Viglione, 1999b}}
* {{cita libro|cognome=AA.VV.|titolo=Folle controrivoluzionarie. Le insorgenze popolari nell'Italia giacobina e napoleonica | anno=1999 | editore=Carocci | città=Roma|ISBN=88-430-1403-X|cid=AA.VV., 1999}}
* {{cita libro|cognome=Agnoli|nome=Francesco Mario|titolo=Le insorgenze antigiacobine in Italia. 1796-1815 | anno=2003| editore= Il Cerchio| città=Rimini|cid=Agnoli, 2003}}
* {{cita libro|cognome=Topi|nome=Luca|titolo="C'est absolumment la Vandée". L'insorgenza del Dipartimento del Circeo (1798-1799)| anno=2003| editore= FrancoAngeli| città=Milano|
* Giorgio Enrico Cavallo, ''La tirannia della libertà: il Piemonte dai Savoia a Napoleone'', Collegno, Chiaramonte, 2016.
== Voci correlate ==
* [[Campagna d'Italia (1796-1797)]]
* [[Massa cristiana]]
* [[Sanfedismo]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=http://www.identitanazionale.it/|titolo=Storia e identità. Annali italiani online|accesso=17 marzo 2020}}
* {{cita web|url=http://www.centrostudifederici.org/insorgenze-cattoliche/|titolo=Documenti sulle insorgenze antigiacobine in Romagna|accesso=11 giugno 2020}}
{{Portale|
[[Categoria:Insorgenze antifrancesi in Italia| ]]
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