Colonialismo italiano: differenze tra le versioni
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{{C|Pagina in generale di bassa qualità, contenente: imprecisioni storiche; eventi riportati più volte e senza un razionale nesso cronologico (in particolare per il periodo interbellico e per la II GM); dilungazione su notizie del tutto inutili; fonti difficilmente verificabili; toni celebrativi in alcune sezioni; utilizzo in molte parti di una forma di scrittura elementare, non adatta ad un'enciclopedia; mera esposizione molto generica di date ed eventi; focus su acquisizioni coloniali e obiettivi territoriali e, per contro, completa assenza di sezioni dedicate ad aspetti come l'economia, l'amministrazione ecc. Andrebbe revisionata profondamente|storia|settembre 2022}}
{{Stato storico
|nomeCorrente = Colonie italiane
|nomeCompleto =
|nomeUfficiale =
|linkBandiera = Flag of Italy (1861-1946).svg
|paginaBandiera = Bandiera del Regno d'Italia
|linkStemma = Coat of arms of the Kingdom of Italy (1890).svg
|paginaStemma = Stemma del Regno d'Italia
|linkLocalizzazione = Italy's colonial empire.png
|didascaliaLocalizzazione = Carta acronica del Regno d'Italia e dei suoi possedimenti nel periodo 10 giugno 1940 - 8 settembre 1943
|linkMappa = Italian Empire maximum extent 1942-43.png
|didascalia = Mappa acronica dei territori occupati dall'Italia durante la Seconda Guerra Mondiale
|inno = * ''[[Marcia reale]]'' <small>(1882-1943 e 1944-1946)</small>
*''[[La canzone del Piave]]'' <small>(1943-1944)</small>
*''[[Il Canto degli Italiani]]'' <small>(1950-1960)</small>
|lingua ufficiale = [[Lingua italiana|Italiano]]
|lingua = [[Lingua italiana|Italiano]], [[Lingua araba|Arabo]], [[Lingua somala|Somalo]], [[Lingua amarica|Amarico]], [[Lingua berbera|Berbero]], [[Lingua croata|Croato]], [[Lingua greca|Greco]], [[Lingua albanese|Albanese]], [[Lingua cinese|Cinese]] e altre lingue
|capitale principale = [[Roma]]
|dipendente da = {{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] <small>(1882-1946)</small><br />{{Bandiera|ITA}} [[Repubblica Italiana]] <small>(1950-1960)</small>
|forma di stato = [[Colonia (diritto internazionale)|Colonie]], [[Protettorato|protettorati]] e [[Amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite|amministrazione fiduciaria]] dipendenti dallo Stato italiano
|governo = [[Monarchia costituzionale]] <small>(1882-1946)</small><ref>''[[De facto]]'' [[dittatura]] [[Totalitarismo|totalitaria]] [[Storia del fascismo italiano|fascista]] dal 1925 al 1943.</ref><br />[[Repubblica parlamentare]] <small>(1950-1960)</small>
|inizio = 10 marzo 1882
|primo capo di stato = [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
|evento iniziale = [[Contratto di acquisto della Baia di Assab|Acquisto di Assab]]
|fine = 1º luglio [[1960]]
|ultimo capo di stato = [[Giovanni Gronchi]]
|evento finale = Indipendenza della [[Somalia]]
|area geografica = [[Africa orientale]] ([[Eritrea]], [[Somalia]], [[Etiopia]]), [[Nordafrica|Africa settentrionale]] ([[Libia]]), isole del [[Mar Egeo]] ([[Dodecaneso]]), [[Cina]] ([[Tientsin]])
|territorio originale = [[Italia]]
|superficie massima = ~{{M|4000000|ul=kmq}}
|periodo massima espansione = 1940
|popolazione = ~12 000 000
|periodo popolazione = 1940
|voce suddivisione amministrativa = Cfr. [[Divisione amministrativa delle colonie italiane|l'articolo dedicato]]
|moneta = [[Lira Italiana]] in Italia, Libia e in Somalia dal 1926
[[Rupia somala]] in Somalia dal 1909 al 1925
[[Lira somala]] in Somalia dal 1926 al 1941
[[Tallero d'Eritrea]] in Eritrea
[[Lira dell'Africa Orientale Italiana|Lira AOI]] dal 1938 al 1941
|stato precedente = {{Bandiera|OTT}} [[Impero ottomano]]
* [[File:Maritime flag of Regency of Tripoli (18th century).svg|20px|border]] [[Tripolitania ottomana|Vilayet di Tripolitania]]
* {{Bandiera|OTT}} [[Vilayet dell'Arcipelago]]
{{Bandiera|ETH 1897-1974}} [[Impero d'Etiopia]]<br>[[File:Flag of China (1889–1912).svg|20px|border]] [[Dinastia Qing|Impero cinese]]
|stato successivo = {{bandiera|FRA 1946-1958}} {{Bandiera|GBR}} [[Amministrazione alleata della Libia]]<br />{{Bandiera|GBR}} [[Amministrazione militare britannica della Somalia]]<br />{{Bandiera|ETH 1897-1974}} [[Impero d'Etiopia]]<br />{{Bandiera|GRC 1822-1978}} [[Regno di Grecia]]<br />{{Bandiera|CHN 1928-1949}} [[Repubblica di Cina (1912-1949)|Repubblica di Cina]]<br />{{Bandiera|ALB 1943-1944}} [[Occupazione tedesca del Regno d'Albania]]
|stato attuale = {{CHN}}<br />{{GRC}}<br />{{LBA}}<br />{{ETH}}<br />{{ERI}}<br />{{SOM}}<br>{{ALB}}
}}
Il '''colonialismo italiano''' fu un periodo compreso tra il [[1882]] e il [[1960]], durante il quale l'[[Italia]] intraprese una serie di spedizioni con lo scopo di avviare, e successivamente espandere, un proprio dominio coloniale, soprattutto in territorio [[africa]]no.
Il trentennio tra il 1885 e il 1913 coincise con l'età dell'imperialismo<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/imperialismo_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/|titolo=Imperialismo|accesso=1º maggio 2024}}</ref>, dove le potenze europee trasformarono i loro vasti imperi informali, mantenuti con l'influenza militare ed economica sui territori d'oltremare, in imperi formali, con la conquista militare dei territori e il loro dominio diretto<ref>{{cita|Labanca|pp. 15-18}}.</ref>. In meno di trent'anni le nazioni europee si spartirono il mondo, e con l'avvento del [[XX secolo|Novecento]] la fase più consistente di questa espansione era ormai compiuta cosicché nel quindicennio successivo i maggiori imperi coloniali furono soprattutto impegnati ad assestare e consolidare il controllo sui territori reciprocamente riconosciuti nel ventennio precedente. Fu il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] a fare eccezione a questo ritmo generale<ref>{{cita|Labanca|pp. 59-61}}.</ref>. Arrivata senza alcun possedimento nell'età dell'imperialismo, l'[[Storia dello stato sociale in Italia: l'età liberale (1861-1921)|Italia liberale]] diede formalmente inizio alla propria esperienza coloniale con l'espansione in [[Colonia eritrea|Eritrea]] (tra il 1882 e il 1890), usata come trampolino di lancio per il [[Guerra di Abissinia|fallimentare tentativo di conquista dell'Etiopia]], concluso con il [[Battaglia di Adua|disastro di Adua]] nel 1896.
Nel 1901, sulla scia dell'intervento delle nazioni europee in [[Cina]] a seguito alla [[ribellione dei Boxer]], l'Italia ottenne una piccola [[Concessione italiana di Tientsin|concessione a Tientsin]]. Tra il 1889 e il primo decennio del Novecento vennero poste le basi per la penetrazione economica e amministrativa in [[Somalia]], i cui confini vennero definiti nel 1908 con una legge che riuniva tutti i possedimenti italiani nella zona nella [[Somalia italiana]].
Lo sforzo maggiore dell'Italia liberale per ottenere un proprio impero in Africa si ebbe con la [[Guerra italo-turca|guerra di Libia]]. L'[[Impero ottomano]] all'epoca controllava le regioni nordafricane di [[Cirenaica]] e [[Tripolitania]], e il [[Governo Giolitti IV|governo Giolitti]] intraprese una guerra che di fatto fu combattuta prima contro la resistenza anti-coloniale turco-libica e poi solo libica. Con il [[Trattato di Losanna (1912)|trattato di Losanna]], firmato nell'ottobre 1912, [[Istanbul|Costantinopoli]] si impegnò a ritirare i propri ufficiali e la Libia poté essere annessa all'Italia, anche se il controllo effettivo dell'interno di questa colonia sarebbe stato ancora a lungo un obiettivo piuttosto che una realtà<ref>{{cita|Labanca|pp. 108-116}}.</ref>. Alla vigilia della [[prima guerra mondiale]] l'Italia possedeva un oltremare quantitativamente piccolo, che sul totale generale delle superfici coloniali occupate da europei pesava poco meno del 4%, con una popolazione forse dello 0,3%<ref>{{cita|Labanca|p. 23}}.</ref>.
Durante la Grande Guerra le vicende coloniali giocarono un peso limitato per l'Italia, sia perché non poté partecipare ad alcuna operazione militare contro i [[Impero coloniale tedesco|possedimenti tedeschi in Africa]], sia perché il comando supremo dell'esercito rifiutò sempre l'ipotesi di destinare truppe suppletive nelle colonie<ref>{{cita|Labanca|p. 125}}.</ref>. Dopo la fine della guerra, durante la [[Conferenza di pace di Parigi (1919)|conferenza di pace di Parigi]], i governi di Londra e Parigi si spartirono i mandati della [[società delle nazioni]] fra di loro, mentre l'Italia ebbe delle compensazioni coloniali consistenti in rettifiche territoriali in favore di Libia, Eritrea e Somalia. Anche da ciò, oltre che dalla questione dei confini orientali, derivò il mito della "[[vittoria mutilata]]"<ref>{{cita|Labanca|pp. 126-227}}.</ref>.
Tra le due guerre mondiali le altre potenze mirarono a valorizzare e sfruttare propri possedimenti d'oltremare; in Italia invece si ebbe un periodo di crisi politica, e il governo fascista che prese il potere ebbe fin da subito l'obiettivo di espandere ulteriormente i possedimenti coloniali e a "pacificare" col pugno di ferro i territori già formalmente annessi<ref>{{cita|Deplano-Pes|p. 76}}.</ref>. Durante la prima guerra mondiale le forze italiane in Libia vennero respinte e accerchiate dalla guerriglia locale in poche località lungo la costa, ma tra il 1922 e il 1934 venne intrapresa una lunga e dura campagna militare in cui le forze italiane repressero i ribelli e i civili libici durante la cosiddetta "[[riconquista della Libia]]". Nel 1934 Cirenaica e Tripolitania furono unificate nel governatorato generale della [[Libia italiana]]<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/libia/|titolo=Libia|accesso=28 aprile 2024}}</ref>. La politica di potenza del regime fascista concentrò quindi i propri sforzi verso l'[[Etiopia]], e nel 1935 venne intrapresa un'imponente campagna coloniale contro il governo di [[Addis Abeba]]. La [[guerra d'Etiopia]] si risolse a favore delle forze italiane, e l'Etiopia venne unita ad Eritrea e Somalia per dare vita all'[[Africa Orientale Italiana]] (AOI). In tale occasione il re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] assunse il titolo imperiale d'Etiopia e fu proclamata ufficialmente la nascita dell'Impero.
Dopo l'[[entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale]] nel 1940, l'Italia si vide da una parte impegnata a mantenere il controllo sui possedimenti africani e dall'altra tentò di annettere territori nei [[penisola balcanica|Balcani]]: infatti insieme alla Germania si spartirono la Grecia e la [[Jugoslavia Federale Democratica|Iugoslavia]], ottenendo parte della [[Dalmazia]], la [[Slovenia]], il [[Montenegro]] e metà [[Grecia]] con [[Creta (Grecia)|Creta]] (fra il 1941 e il 1942). Nel 1941 la rapida [[Campagna dell'Africa Orientale Italiana|disfatta delle forze italiane in Africa orientale]] a opera delle forze britanniche consentì a [[Hailé Selassié]] di tornare sul trono di [[Addis Abeba]], e nel 1943 la [[Campagna di Tunisia|disfatta delle forze dell'Asse in Nordafrica]] decretò la fine della presenza italiana in Africa.
Con la [[caduta del fascismo]] del 25 luglio 1943 e il successivo [[armistizio di Cassibile]] con le forze Alleate, l'Italia terminò anche l'[[Possedimenti temporanei dell'Italia|occupazione temporanea]] dei territori nei Balcani e nella [[Occupazione italiana della Francia meridionale|Francia meridionale]]. Nel dopoguerra, con la firma del [[trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di pace del 1947]], venne stabilita la perdita di tutte le colonie ad eccezione della Somalia, posta sotto [[Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia|amministrazione fiduciaria italiana]] per conto dell'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]] nel 1950. Nel 1960 la Somalia ottenne l'indipendenza, sancendo così la fine dell'ottantennio coloniale italiano.
== Storia ==
=== La posizione degli Stati preunitari ===
{{Vedi anche|Spedizione Thornton}}
Il movimento coloniale internazionale in cui l'Italia prese a partecipare era di dimensioni colossali e aveva radici lontane, almeno a partire dal [[XV secolo|Quattrocento]]. Rispetto alla durata plurisecolare e all'estensione su più continenti degli imperi coloniali delle altre potenze europee - dalla Spagna al Portogallo, dalla Gran Bretagna alla Francia - in Italia il sogno e la realtà di un impero d'oltremare caratterizzò un periodo assai breve della storia dell'espansionismo coloniale europeo. Se si esclude la Germania, i cui possedimenti cessarono di esistere dopo la prima guerra mondiale, l'Italia fu la potenza europea che si affacciò per ultima nell'esperienza coloniale e che mantenne i suoi possedimenti per un lasso di tempo più breve<ref>{{cita|Labanca|p. 8}}.</ref>.
Nel periodo delle [[Esplorazioni geografiche#Le grandi scoperte|grandi esplorazioni geografiche]] (a partire dal [[XV secolo]]) alcuni Paesi europei cominciarono ad estendere i propri domini oltreoceano e a creare dei veri e propri [[Impero coloniale|imperi coloniali]] ([[Colonizzazione europea delle Americhe|in particolare nelle Americhe]]), ad opera soprattutto di [[Impero spagnolo|Spagna]], [[Impero portoghese|Portogallo]], [[Impero coloniale francese|Francia]], [[Impero olandese|Paesi Bassi]], [[Impero britannico|Inghilterra]] e anche [[Impero coloniale danese|Danimarca]], [[Colonie svedesi|Svezia]] e [[Colonizzazione curlandese delle Americhe|Curlandia]].
Gli Stati italiani non parteciparono a tali espansioni. L'unico tentativo di creare una colonia oltreoceano fu compiuto da [[Ferdinando I de' Medici|Ferdinando I]] [[Granducato di Toscana|granduca di Toscana]], che nel 1608 organizzò una [[Spedizione Thornton|spedizione nel nord del Brasile]] sotto il comando del capitano inglese [[Robert Thornton]]. Tuttavia Thornton, al suo ritorno dal viaggio preparatorio nel 1609 (era stato sul [[Rio delle Amazzoni]]), trovò Ferdinando I deceduto e il suo successore, [[Cosimo II de' Medici|Cosimo II]], abbandonò il progetto.
Il 29 maggio 1537, dallo [[Stato Pontificio]], [[papa Paolo III]] pubblicò la bolla ''[[Veritas Ipsa]]'' (conosciuta anche come ''Sublimis Deus'') nella quale condannava duramente la riduzione in schiavitù degli amerindi (indifferentemente se questi ultimi fossero o meno cattolici) da parte dei colonizzatori, minacciando i trasgressori di [[scomunica]].
=== I primi obiettivi in Africa e lo "schiaffo di Tunisi" ===
{{Vedi anche|Schiaffo di Tunisi}}
Dopo la proclamazione del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], il neonato Stato mostrò interesse sia per l'[[Asia sud-orientale]] che per l'[[Africa]].
Un primo tentativo (da parte però di privati cittadini) di creare un insediamento italiano in Africa fu la [[colonia italo-africana di Sciotel]], fondata da [[Giovanni Giacinto Stella]] nel [[1865]] in prossimità di [[Cheren]], nell'attuale [[Eritrea]], con una ventina di coloni italiani. L'esperimento non ottenne l'appoggio del governo, e dopo molte difficoltà, fu totalmente abbandonato alla morte di Stella nel [[1869]].
Da parte del governo italiano si mostrò interesse per la [[Tunisia]], dove si era stabilita da qualche anno una comunità di [[italo-tunisini]]. Nel 1869 infatti, nell'ambito dei negoziati con [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]] e l'Austria per creare un'alleanza italo-franco-austriaca in funzione antiprussiana, il governo Menabrea riuscì a ottenere l'assenso da parte dei due Paesi di consentire l'occupazione italiana di [[Biserta]]<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/franco-prussiana-guerra-o-franco-germanica-guerra_%28Enciclopedia-Italiana%29/ FRANCO-PRUSSIANA, GUERRA, o franco-germanica, guerra] su Treccani, enciclopedia</ref>; il progetto non ebbe però modo di realizzarsi per l'interruzione dei negoziati di alleanza e la [[Guerra franco-prussiana|successiva caduta]] di [[Napoleone III]]. Tuttavia, il desiderio di stabilire una presenza italiana in Tunisia continuò nel corso del decennio seguente, fino a quando l'improvvisa imposizione del [[protettorato francese in Tunisia]] nel maggio 1881 mise fine a ogni progetto in tal senso, provocando un'indispettita reazione del [[Governo Depretis IV|governo Depretis]] e una svolta nella politica estera italiana. Fu proprio per l'azione improvvisa della Francia (ricordato in Italia come lo "[[schiaffo di Tunisi]]") che il governo italiano intraprese i contatti diplomatici con la [[Germania]] e l'[[Impero austro-ungarico|Austria-Ungheria]] che portarono alla firma del trattato della [[Triplice alleanza (1882)|Triplice Alleanza]] nel 1882, determinando così l'interruzione del processo di unificazione nazionale con la [[Venezia Tridentina]] e la [[Venezia Giulia]], ancora in mano all'Impero austro-ungarico.
Frizioni con la Francia si ebbero, nel medesimo periodo, anche in [[Algeria]], dove a [[Annaba|Bona]] era attiva una [[Pescatori di corallo italiani in Algeria|comunità italiana di pescatori di corallo]].
=== I progetti in Asia ===
Nei primi due decenni dopo l'Unità, l'Italia guardava con un certo interesse ai pochi territori asiatici ancora liberi da altre potenze coloniali, in particolare nelle [[Indie orientali]].
Nel 1864-1865 vi fu un tentativo di acquistare le isole [[Nicobare]] dalla [[Danimarca]]. Il Ministro dell'Agricoltura e del Commercio [[Luigi Torelli]] avviò un negoziato che sembrò inizialmente andare in porto, ma che terminò bruscamente con la caduta del [[Governo La Marmora II|secondo governo La Marmora]]. I negoziati per l'acquisto furono abbandonati e mai più ripresi (nel 1868 la Danimarca vendette l'arcipelago alla Gran Bretagna).<ref>Ministero della Guerra, Ufficio Storico, Storia Militare della Colonia Eritrea, Vol. I, Roma 1935, pp. 15-16</ref>
Allo stesso periodo risale anche il progetto dell'avventuriero [[Celso Cesare Moreno]] di stabilire una presenza italiana nell'isola di [[Sumatra]]. Moreno aveva vissuto a lungo nel [[sultanato di Aceh]], dove era entrato in confidenza con il sultano Ibrahim, il quale gli aveva dato in sposa una delle sue figlie; tornato in Italia nel 1864 si era attivato subito per convincere l'opinione pubblica della necessità per il giovane Regno di espandere la propria sfera d'influenza in Asia sud-orientale, avendo anche un colloquio con il re. Il disinteresse del governo provocò la fine dei sogni di Moreno, il quale aveva progettato la creazione di una colonia sull'isola di Pulau Weh e l'istituzione di un protettorato italiano sul sultanato di Aceh per difenderlo dall'[[Guerra di Aceh|espansione olandese]].<ref>{{Cita pubblicazione |autore = Massimo Novelli |url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/08/13/dalle-langhe-ai-mari-del-sud.to_017dalle.html |titolo = Dalle Langhe ai mari del Sud |giornale = [[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]] |data = 13 agosto 2016 |accesso = 13 settembre 2016}}</ref>
Alla fine del 1869 l'esploratore Giovanni Emilio Cerruti fu inviato nella Nuova Guinea, dove ottenne il sostegno di alcuni capi locali per la creazione di una presenza italiana nella regione; tuttavia, considerazioni geopolitiche e la prudenza diplomatica verso Regno Unito e Paesi Bassi portarono all’abbandono del progetto<ref>Franchini, Vittorio. ''Storia economica coloniale: lezioni di storia economica'' p.526</ref>. Cerruti infatti era tornato nel 1870 a [[Firenze]] con bozze di trattati firmati dai sultani delle isole di [[Isole Aru|Aru]], [[Isole Kai|Kai]] e Balscicu nella Nuova Guinea che ufficializzavano la sovranità italiana (il Cerruti aveva finanche preso possesso di alcuni settori della costa settentrionale ed occidentale nella Nuova Guinea in nome dell'Italia)<ref>{{Cita web |url=http://books.google.it/books?id=UvYsAAAAYAAJ&pg=PA275&lpg=PA275&dq=esploratore+Cerruti+in+nuova+guinea&source=bl&ots=21INjT8L9x&sig=2c97yv2CIzDwjA5wrW2BCtOkRsg&hl=it&ei=5wTfTeDcEoXXiAL1qojtCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CBkQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false |titolo=L'esploratore Cerruti in Nuova Guinea |accesso=27 maggio 2011 |dataarchivio=17 ottobre 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20111017165104/http://books.google.it/books?id=UvYsAAAAYAAJ&pg=PA275&lpg=PA275&dq=esploratore+Cerruti+in+nuova+guinea&source=bl&ots=21INjT8L9x&sig=2c97yv2CIzDwjA5wrW2BCtOkRsg&hl=it&ei=5wTfTeDcEoXXiAL1qojtCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CBkQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false |urlmorto=no }}</ref>. Nel 1883 il governo italiano chiese a quello britannico per via diplomatica se avesse accettato che la Nuova Guinea potesse diventare una colonia italiana: al rifiuto britannico l'Italia abbandonò ogni tentativo di colonizzazione nel [[Oceano Pacifico|Pacifico]] asiatico.<ref>{{cita web|url=http://books.google.com/books?id=vKVFAauDdHkC&pg=PA42&lpg=PA42&dq=emilio+cerruti+in+new+guinea+1870&source=bl&ots=a6DlZoluQY&sig=z_gMRBnafb83XpnAUqBHnninY5M&hl=en&ei=tg3fTcyQNYTGsAOdsY2TBw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=7&ved=0CDAQ6AEwBg#v=onepage&q=emilio%20cerruti%20in%20new%20guinea%201870&f=false|titolo=Ultimo tentativo italiano in Nuova Guinea nel 1883|accesso=27 maggio 2011|dataarchivio=5 giugno 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130605022904/http://books.google.com/books?id=vKVFAauDdHkC&pg=PA42&lpg=PA42&dq=emilio+cerruti+in+new+guinea+1870&source=bl&ots=a6DlZoluQY&sig=z_gMRBnafb83XpnAUqBHnninY5M&hl=en&ei=tg3fTcyQNYTGsAOdsY2TBw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=7&ved=0CDAQ6AEwBg#v=onepage&q=emilio%20cerruti%20in%20new%20guinea%201870&f=false|urlmorto=no}}</ref> {{Senza fonte|In conclusione vi sono diverse opinioni sulla considerazioni di esse come colonie italiane, la maggioranza delle opinioni le riconoscono come occupazioni temporanee}}.
Nel 1880 il barone [[Gustav von Overbeck|Von Overbeck]], console dell'[[Impero austro-ungarico]] ad [[Hong Kong]], visto il rifiuto del proprio governo di sostegno alla sua concessione nel [[Borneo]] settentrionale (l'attuale stato di [[Sabah]] della [[Malaysia]]), chiese al governo italiano se fosse interessato ad acquisire la concessione e creare la prima colonia italiana nell'Asia insulare, ma il progetto naufragò per il rifiuto di Roma di intervenire, lasciando così mano libera alla [[Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda|Gran Bretagna]] che acquistò la concessione nel 1881. La motivazione iniziale di Von Oberbeck riguardava la possibilità di creare una colonia penale del governo italiano nel territorio di [[Sabah]]:
{{Citazione|... analoghi passi e proprio in quei mari (della Malesia) - oltre che in Argentina - avrebbe fatto, pochi anni dopo, il governo italiano, desideroso di confinare lontano dalla madrepatria i detenuti più pericolosi, specialmente dopo la repressione del [[Brigantaggio postunitario italiano|brigantaggio meridionale]] (1860-64); tentativi che, peraltro, non ebbero esito positivo.<ref>{{cita web|url=http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=34775|titolo=Riferimento al tentativo di creare colonie penali italiane nel Borneo|accesso=3 gennaio 2011|dataarchivio=12 settembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170912112257/https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=34775|urlmorto=no}}</ref>}}
=== I primi insediamenti sul Mar Rosso ===
{{Vedi anche|Contratto di acquisto della Baia di Assab|Colonia eritrea|Guerra d'Eritrea|Somalia italiana}}
[[File:AT1304 map.png|upright=0.7|miniatura|Il territorio della [[Assab|baia di Assab]], acquisito nel 1882]]
I primi tentativi riusciti di ottenere possedimenti coloniali risalgono ai governi della [[Sinistra storica|Sinistra]] di [[Agostino Depretis]] e di [[Francesco Crispi]], anche se alcuni governi precedenti avevano appoggiato, sebbene non in maniera esplicita, alcune iniziative private, come l'acquisizione della [[baia di Assab]] da parte della Compagnia di Navigazione [[Raffaele Rubattino|Rubattino]] ([[1869]]). Oltre a questo, nel corso degli [[anni 1880]] vi furono almeno tre tentativi ufficiali del governo italiano per l'acquisizione di un porto nel [[mar Rosso]], il quale potesse fungere da base verso un futuro impero coloniale in [[Asia]] o in [[Africa]].
Oltre all'acquisto di [[Assab]] dalle mani della compagnia Rubattino (nel [[1882]]), lo Stato italiano cercò di acquistare ed occupare il porto di Zeila, a quel tempo controllato dagli egiziani, ma senza esito. Quando gli egiziani dovettero ritirarsi dal [[corno d'Africa]] nel corso del [[1884]], i diplomatici italiani stipularono un accordo con la [[Gran Bretagna]] per l'occupazione del porto di [[Massaua]] (avvenuta nel 1885) che, insieme ad Assab, formò i cosiddetti possedimenti italiani nel mar Rosso (dal [[1890]], dopo l'acquisizione anche di Asmara, raggruppati nella [[Colonia eritrea]]).
[[File:Possessions italiennes en Afrique-1896.jpg|miniatura|Possedimenti italiani nel 1896 nel [[Corno d'Africa]], includendo il rigettato protettorato abissino e l'area sudanese di [[Cassala]]]]
Per i governi crispini, la città di Massaua diventò il punto di partenza per un progetto che doveva sfociare nel controllo dell'intero Corno d'Africa. Agli inizi degli anni ottanta questa zona era abitata da popolazioni etiopiche, dancale, somale e [[oromo]] autonome o sottoposte formalmente a diversi dominatori: gli egiziani (lungo le coste del mar Rosso), sultani ([[Harar]], [[Sultanato di Obbia|Obbia]] e [[Sultanato di Zanzibar|Zanzibar]] i più importanti), emiri o capi tribali. Diverso il caso dell'[[Etiopia]], allora retta dal Negus Neghesti ("Re dei Re") [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni IV]], ma con la presenza di un secondo Negus (re) nei territori del sud: [[Menelik II d'Etiopia|Menelik]].
Attraverso gli studiosi e i commercianti italiani che frequentavano la zona già dagli [[Anni 1860|anni sessanta]], l'Italia cercò di dividere i due Negus al fine di penetrare, dapprima politicamente e in seguito militarmente, all'interno dell'[[altopiano etiopico]]. Tra i progetti vi furono l'occupazione della città di Harar, l'acquisto di Zeila dai britannici e l'affitto del porto di [[Chisimaio]] posto alla foce del [[Giuba (fiume)|Giuba]] in [[Somalia]]. Tutti e tre i progetti non si conclusero positivamente, in particolare la presa della città di Harar da parte delle forze etiopiche di Menelik impedì l'esecuzione di un'operazione simile da parte delle forze italiane. Durante la [[guerra d'Eritrea]], la disfatta nella [[battaglia di Dogali]] del 1887, segnó una brusca interruzione dell'espansione italiana ai danni dell'[[Impero d'Etiopia]].
=== La guerra d'Abissinia ===
{{Vedi anche|Guerra di Abissinia}}
A seguito della sconfitta e della morte dell'imperatore [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni]] in una guerra contro i [[Derviscio|dervisci]] sudanesi, l'esercito italiano di stanza a [[Massaua]] occupò (1889) una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di [[Asmara]], sulla base di precedenti ambigui accordi fatti con Menelik il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere Negus Neghesti. A seguito del [[trattato di Uccialli]] (2 maggio 1889), Menelik accettò la presenza degli italiani sull'altopiano e di utilizzare l'Italia come canale di relazione con Paesi esteri. Quest'ultimo riconoscimento venne trascritto come obbligatorio nella versione italiana del trattato, comunicata alle altre potenze europee, ma come semplice opzione nella versione in [[lingua amarica]]. Per le leggi internazionali dell'epoca, riconoscere l'obbligo a servirsi di un certo Paese significava l'accettazione esplicita di un protettorato.
=== La campagna contro i dervisci ===
{{Vedi anche|Guerra mahdista}}
La sconfitte subite dai [[Guerra Mahdista|mahdisti]] ad [[Battaglie di Agordat|Agordat]] da parte delle truppe italiane ed ascare spinse il generale [[Oreste Baratieri]] ad ordinare un'incursione oltre il confine con il [[Sudan]]. Il 16 luglio [[1894]] Baratieri condusse personalmente una colonna di 2.600 tra ascari ed italiani verso la città sudanese di [[Cassala]] [[Battaglia di Cassala|conquistandola dopo un breve combattimento]]; a Cassala venne lasciato un presidio al comando del maggiore Domenico Turitto, mentre Baratieri con il grosso delle truppe rientrò in Eritrea. Nelle intenzioni degli italiani Cassala doveva fungere da avamposto per una campagna contro lo stato mahdista da tenersi in collaborazione con i [[Impero britannico|britannici]], ma questi ultimi rifiutarono l'aiuto italiano, temendo che esso celasse mire espansionistiche in Sudan.
La guarnigione italiana di Cassala venne ritirata nel
===Acquisizioni in Somalia===
Nel frattempo aveva avuto luogo anche l'espansione dell'influenza italiana sulle rive africane dell'Oceano Indiano, in territori popolati da tribù somale.
Nel [[1889]] l'Italia ottenne, tramite un accordo da parte del console italiano ad [[Aden]] con i rispettivi sultani, il protettorato sul [[Sultanato di Obbia]] e su quello della [[Sultanato dei Migiurtini|Migiurtinia]].
Nel [[1892]] il [[sultano di Zanzibar]] concesse in affitto i porti del [[Benadir]] (fra cui [[Mogadiscio]] e [[Brava (Somalia)|Brava]]) alla società commerciale Filonardi. Il [[Benadir]], sebbene gestito da una società privata, fu sfruttato dal Regno d'Italia come base di partenza per delle spedizioni esplorative verso le foci del Giuba e dell'[[Omo]] e per l'assunzione di un protettorato sulla città di [[Lugh (Somalia)|Lugh]]. Nel [[1905]] il governo italiano assunse direttamente l'amministrazione del Benadir a seguito delle accuse rivolte alla Società Filonardi di aver tollerato o addirittura collaborato alla perpetuazione della [[Tratta araba degli schiavi|tratta degli schiavi]]<ref>Cassanelli, Lee V. ''The End of slavery in Africa'', Meiers, Suzanne and Roberts, Richard L., eds, University of Wisconsin Press, p. 310</ref>.
Nel [[1908]] anche il [[Sultanato di Geledi]], ormai in declino sotto il regno del sovrano Osman Ahmed, venne proclamato protettorato italiano. Il 5 aprile dello stesso anno il [[Parlamento del Regno d'Italia|Parlamento]] approvò una legge che riuniva i possedimenti nell'area in un'unica entità amministrativa chiamata "[[Somalia Italiana]]"<ref name=Hess-102>Hess, Robert L. ''Italian Colonialism'', p 102</ref>.
Il controllo italiano sull'area verrà portato a compimento negli [[anni 1920|anni venti]], con la deposizione dei sultani di Obbia e Migiurtinia e l'annessione diretta dei due protettorati alla colonia.<ref name=Gtsahos>{{Cita libro|cognome=Ismail|nome=Ismail Ali|titolo=Governance: The Scourge and Hope of Somalia|data=2010|editore=Trafford Publishing|isbn=1-4269-8374-3|p=xxiii|url=https://www.google.com/books?id=V4urpVdlScAC}}</ref>
=== La Rivolta dei Boxer e la concessione di Tientsin ===
{{vedi anche|corpo di spedizione italiano in Cina}}
In Cina, l'Italia aveva inizialmente dei quartieri nella [[Concessione internazionale di Shanghai|Concessione Internazionale di Shangai]], a [[Pechino]], e [[Hankow]]. Nel 1899 vi era stato un ulteriore tentativo, mediante ultimatum, del governo italiano di ottenere dalla Cina (dopo che nell'anno precedente questa aveva già ceduto località e basi costiere alla Germania, alla Russia, alla Francia e alla Gran Bretagna) la cessione della [[contea di Sanmen|baia di Sanmen]] e il riconoscimento della provincia di [[Zhejiang]] come area di influenza economica italiana. Il tentativo (anche a causa dell'improvviso venir meno dell'iniziale sostegno britannico) si risolse in un disastro diplomatico, il primo successo cinese su una [[grande potenza|grande potenza europea]], e provocò la caduta del primo governo Pelloux.<ref>{{cita libro |url= https://books.google.it/books?id=Ts9aAwAAQBAJ&pg=PA149&lpg=PA149&dq=baia+di+sanmen+1899&source=bl&ots=SEsJARPqKc&sig=ACfU3U2gClXWTRH4YDfRlt5hfOV5G5sT5A&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwi-7KOkq67pAhXDzqQKHdD0AdUQ6AEwEXoECAUQAQ |titolo= Colonia italiana in cina |autore= Sandro Bassetti |editore= Lampi di stampa |anno= 2014 |ISBN= 978-88-488-1656-4 |p= 149 |accesso=12 maggio 2020 |dataarchivio=13 giugno 2020 |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20200613180151/https://books.google.it/books?id=Ts9aAwAAQBAJ&pg=PA149&lpg=PA149&dq=baia+di+sanmen+1899&source=bl&ots=SEsJARPqKc&sig=ACfU3U2gClXWTRH4YDfRlt5hfOV5G5sT5A&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwi-7KOkq67pAhXDzqQKHdD0AdUQ6AEwEXoECAUQAQ |urlmorto= no }}</ref>
Durante la [[rivolta dei Boxer]] in Cina (1899-1901), l'Italia intervenne nel Paese asiatico con un [[corpo di spedizione italiano in Cina|corpo di spedizione]], al fianco delle [[Alleanza delle otto nazioni|altre grandi potenze]]. Alla fine del conflitto, il governo cinese riconobbe all'Italia una piccola [[Concessione italiana di Tientsin|zona nella città di Tientsin]].
=== La conquista della Libia e del Dodecaneso ===
{{vedi anche|guerra italo-turca|Africa Settentrionale Italiana|crimini di guerra italiani}}
[[File:Generale Giovanni Ameglio.jpg|miniatura|upright=0.7|[[Giovanni Ameglio|Giovanni Battista Ameglio]], [[Governatori della Cirenaica italiana|governatore della Cirenaica]] dal 1913 al 1918]]
Tra il 1911 e il 1912 il [[Governo Giolitti IV|governo Giolitti]], dopo una serie di accordi con la [[Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda|Gran Bretagna]] e la [[Terza Repubblica francese|Francia]], che ribadivano le rispettive sfere d'influenza nell'[[Africa settentrionale]], dichiarò guerra all'[[Impero ottomano]] e avviò l'invasione del [[Tripolitania ottomana|''vilayet'' di Tripolitania]]. Nel corso del conflitto, per costringere la Turchia alla resa, gli italiani spostarono le operazioni militari nel mar Egeo e occuparono Rodi e le altre isole del Dodecaneso. La Turchia dovette cedere con la [[Trattato di Losanna (1912)|pace di Losanna del 1912]] e all'Italia vennero riconosciute la [[Tripolitania]] e la [[Cirenaica]].
Il 23 ottobre 1911, nel corso della [[battaglia di Sciara Sciatt]] per la conquista di [[Tripoli]], due compagnie di [[bersaglieri]] italiani, composte da circa 290 uomini, furono accerchiate e, dopo la resa, annientate nei pressi del cimitero di Rebab dai [[Esercito ottomano|militari ottomani]] e irregolari libici. Quando i bersaglieri riconquistarono l'area del cimitero scoprirono che quasi tutti i prigionieri erano stati trucidati. Secondo la relazione ufficiale italiana "molti erano stati accecati, decapitati, crocifissi, sviscerati, bruciati vivi o tagliati a pezzi"<ref>{{Cita|Vandervort|p. 289}}.</ref>. Analogo resoconto fu fatto dal giornalista italo-argentino [[Enzo D'Armesano]] che era inviato sul posto per il quotidiano argentino [[La Prensa (Argentina)|La Prensa]]<ref>{{Cita|Vandervort|p. 290: "Erano crocifissi, impalati, squartati, decapitati, accecati, evirati, sconciamente tatuati e con le membra squarciate, tagliuzzate, strappate!"}}.</ref>. Nella repressione che seguì, furono uccisi almeno un migliaio di libici e si dispose la deportazione in Italia dei “rivoltosi” arrestati. L'operazione riguardò circa quattromila libici, che furono trasferiti nelle colonie penitenziarie delle [[Isole Tremiti]], di [[Ustica]], [[Gaeta]], [[Ponza]], [[Caserta]] e [[Isola di Favignana|Favignana]].<ref name="DelBoca">{{Cita|Del Boca|pp. 113-117}}.</ref> Gli scarsi dati rimasti rilevano che, per le pessime condizioni igieniche e lo scarso cibo, alla data del 10 giugno 1912, alle Tremiti, erano già deceduti 437 reclusi, cioè il 31% del totale. A Ustica, nel solo 1911, ne morirono 69; a Gaeta e Ponza, nei primi sette mesi del 1912, altri 75. Nel corso del 1912, furono rimpatriati 917 libici, ma le deportazioni continuarono, con punte notevoli intorno al 1915.<ref name="DelBoca" /> I due territori, il cui possesso verrà consolidato nel corso degli [[Anni 1920|anni venti]] e [[anni 1930|trenta]], verranno unificati nel 1934 nella colonia della [[Libia italiana]].<ref>{{Cita web|url=http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1934299_P1|titolo=Gazzetta ufficiale|data=del 21 dicembre 1934|editore=Governo italiano|accesso=6 gennaio 2017}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.regioesercito.it/campagne/libia/camplibia4.htm|titolo=Conquista della Libia interna|accesso=28 novembre 2012|dataarchivio=7 aprile 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150407075538/http://www.regioesercito.it/campagne/libia/camplibia4.htm|urlmorto=no}}</ref>
Il Dodecaneso avrebbe dovuto essere restituito ai turchi alla fine della guerra, ma rimase sotto amministrazione provvisoria da parte dell'Italia per via di inadempienze turche alle clausole del trattato di pace. Dopo la prima guerra mondiale, con la firma dei trattati [[Trattato di Sèvres|di Sèvres]] del 1920 e infine [[Trattato di Losanna (1923)|di Losanna]] del 1923, la Turchia rinunciò a ogni rivendicazione e riconobbe ufficialmente la sovranità italiana sull'arcipelago.
Nel corso della guerra, l'[[Impero ottomano]] si trovò notevolmente svantaggiato, poiché poté rifornire il suo piccolo contingente in Libia solo attraverso il Mediterraneo. La flotta turca non fu in grado di competere con la Regia Marina e gli ottomani non riuscirono ad inviare rinforzi alla provincia nordafricane. Pur se minore, questo evento bellico fu un importante precursore della prima guerra mondiale, perché contribuì al risveglio del nazionalismo nei Balcani. Osservando la facilità con cui gli italiani avevano sconfitto i disorganizzati turchi ottomani, i membri della Lega Balcanica attaccarono l'Impero prima del termine del conflitto con l'Italia.
La guerra registrò numerosi progressi tecnologici nell'arte militare tra cui, in particolare, l'impiego dell'aeroplano (furono schierati in totale 9 apparecchi) sia come mezzo offensivo che come strumento di ricognizione. Il 23 ottobre 1911 il pilota capitano Carlo Maria Piazza sorvolò le linee turche in missione di ricognizione, e il 1º novembre dello stesso anno l'aviatore Giulio Gavotti lanciò a mano la prima bomba aerea (si disse grande come un'arancia) sulle truppe turche di stanza in Libia. Altrettanto significativo fu l'impiego della radio con l'allestimento del primo servizio regolare di radiotelegrafia campale militare su larga scala, organizzato dall'arma del genio sotto la guida del comandante della compagnia R.T. Luigi Sacco e con la collaborazione dello stesso Guglielmo Marconi. Infine, il conflitto libico registrò il primo utilizzo nella storia di automobili in una guerra: le truppe italiane furono dotate di autovetture Fiat e motociclette SIAMT.
Nel novembre 1912 il [[Governo Giolitti IV|quarto governo Giolitti]] istituì il [[ministero delle colonie]].
=== La ''Grande Guerra'', il periodo interbellico e la politica del fascismo ===
{{Vedi anche|Milizia coloniale}}
Nel dicembre 1914, quando era già scoppiata la guerra in Europa ma l'Italia si manteneva [[Neutralità italiana (1914-1915)|ancora neutrale]], un corpo di spedizione fu inviato ad occupare la città di [[Valona]], per garantire l'ordine in un punto nevralgico dello [[Principato d'Albania (1914-1925)|Stato albanese]] (nato da pochi mesi e con una situazione incerta). Gli articoli 6-7 del Patto di Londra del 1915 ricobbero le rivendicazioni italiane sull'Albania, che sarebbe dovuta divenire un protettorato (Valona, invece, sarebbe stata inglobata direttamente al Regno d'Italia). Negli anni seguenti la zona d'occupazione in Albania fu ampliata e nel 1917 fu instaurato il [[Protettorato italiano dell'Albania|protettorato previsto dal Patto di Londra]]. Tuttavia, dopo la guerra, la difficile congiuntura internazionale e i disordini sia in Albania che in Italia consigliarono al governo italiano di ritirarsi dal Paese, riconoscendone l'indipendenza (luglio-agosto 1920)<ref name=sforza>Carlo Sforza, ''L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la vidi'', Mondadori, Roma, 1945, pagg. 91-92</ref>. Solo l'isolotto di [[Saseno]], davanti Valona, fu mantenuto.
Il Patto di Londra aveva anche stabilito (articolo 9) che, in caso di divisione totale o parziale della Turchia asiatica, una "''equa parte nella regione mediterranea vicina alla [[provincia di Adalia]]''" sarebbe stata riconosciuta all'Italia. Per la zona che "''eventualmente''" sarebbe stata attribuita all'Italia, il Patto di Londra specificava che sarebbe stata "''delimitata, al momento opportuno, tenendo conto degli interessi esistenti della Francia e della Gran Bretagna''". Il 9 marzo 1919 l'Italia cercò di far rispettare tale clausola, inviando un [[Corpo di spedizione italiano in Anatolia|corpo di spedizione]] che procedette all'[[Occupazione italiana di Adalia|occupazione dell'Anatolia sud-occidentale]], con Adalia e alcune località vicine (Makri Budrun, Kuch-Adassi, Alanya, [[Konya]], Ismidt e [[Eskişehir]]). Tale occupazione finì dopo soli tre anni con un nulla di fatto una volta che [[Kemal Atatürk]] riconobbe la sovranità italiana nel Dodecaneso. Nell'autunno 1922 le truppe italiane lasciarono l'Anatolia.
L'articolo 13 del [[Patto di Londra]] aveva (molto vagamente) lasciato intendere che, in caso di allargamento dei possedimenti coloniali britannici e francesi in Africa a spese della Germania, l'Italia avrebbe potuto richiedere compensi territoriali<ref name=":0">{{Cita libro|autore = Georges Sorel|titolo = "Da Proudhon a Lenin" e "L'Europa sotto la tormenta"|anno = 1974|editore = Edizioni di Storia e Letteratura|città = Roma|p = 169 e p. 868|ISBN = 978-88-8498-746-4}}</ref>.
Alla [[Conferenza di pace di Parigi (1919)|conferenza di pace]] successiva alla prima guerra mondiale, perciò, l'Italia cercò di far rispettare tale clausola relativa all'Africa, avanzando varie richieste.
Una delle richieste durante la conferenza fu di ricevere la [[Gibuti|Somalia francese]] e [[Somalia britannica|quella britannica]] in cambio della rinuncia italiana alla ripartizione delle ex [[colonie]] tedesche tra le forze dell'[[Intesa]] (questo fu l'ultimo tentativo dello Stato liberale di perseguire la politica di penetrazione nel [[Corno d'Africa]]).
Un'altra ipotesi per allargare il piccolo impero coloniale si poneva come obiettivo il controllo di un territorio che andasse dal [[Mar Mediterraneo]] al [[golfo di Guinea]]<ref>Andrea Gabellini, ''IL FASCISMO E I MANDATI NEGLI ANNI VENTI: Il caso siriano tra nazionalismo arabo ed espansione economica e culturale (1923-1930)'', Il Politico, Vol. 61, No. 2 (177) (Aprile-Giugno 1996), pp. 273-314.</ref>. Il governo italiano cercò così di stabilire degli insediamenti nel Ciad e di ottenere una delle ex colonie tedesche nell'Africa occidentale. Tale progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu strategicamente chiaro durante le trattative per il [[Trattato di Versailles]] e causò frizioni diplomatiche con la [[Francia]]. Per realizzare tale progetto, avendo già formale possesso della [[Tripolitania]] e della [[Cirenaica]], il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del [[Camerun]] o quella del [[Togoland]]<ref>{{Cita web |url=http://www.bv.ipzs.it/bv-pdf/0061/MOD-VP-06-1-26_963_1.pdf |titolo=Ministero Affari Esteri: ''Documenti Diplomatici italiani'' p.746 |accesso=22 maggio 2011 |dataarchivio=22 luglio 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722035701/http://www.bv.ipzs.it/bv-pdf/0061/MOD-VP-06-1-26_963_1.pdf |urlmorto=no }}</ref> e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra, il passaggio del [[Ciad]] dalla Francia all'Italia. Il progetto fallì quando il Camerun e il Togo vennero spartiti tra Francia e Gran Bretagna.
Una richiesta alternativa del programma delle rivendicazioni italiane riguardava la [[colonia (territorio)|colonia]] portoghese dell'Angola (anche per il [[Congo belga]] fu fatta richiesta analoga)<ref>Ministero Affari Esteri: ''Documenti Diplomatici italiani'' p.739</ref><ref>{{Cita web |url=http://www.ilcornodafrica.it/rds-01emigrazione.pdf |titolo=Ambizioni italiane sull'Angola (p.10-11) |accesso=13 settembre 2009 |dataarchivio=25 maggio 2013 |urlarchivio=https://www.webcitation.org/6Grrg7elj?url=http://www.ilcornodafrica.it/rds-01emigrazione.pdf |urlmorto=no }}</ref>. Infatti il governo italiano riteneva che il [[Portogallo]] controllasse un impero sproporzionato rispetto alle sue piccole dimensioni e scarsa popolazione, al contrario dell'Italia che si trovava in una situazione opposta. Furono avanzate due proposte:
* il riconoscimento all'Italia da parte del Portogallo di concessioni agricole in Angola per emigranti italiani;
* nel caso che il Portogallo fosse stato privato di alcune sue colonie, la Gran Bretagna e la Francia avrebbero riconosciuto all'Italia il diritto sull'Angola.
Contemporaneamente il governo italiano promosse la costituzione da parte delle 11 banche italiane più importanti di una "Società Coloniale per l'Africa Occidentale" per la gestione delle concessioni agricole in Angola. Comunque questo progetto trovò una ferma opposizione da parte delle autorità portoghesi.<ref>Ministero Affari Esteri: ''Documenti Diplomatici italiani'' p.759,847,854</ref> Alla proposta italiana (poi definita "assurda") risposero con fermezza [[Regno Unito]] e [[Francia]] in difesa portoghese ribadendo che le colonie portoghesi erano frutto di una conquista secolare da parte dei lusitani e che non c'era alcuna ragione concreta a che il Portogallo, che pure aveva (anche se molto limitatamente) partecipato alla prima guerra mondiale, cedesse territori all'Italia, dato che anch'esso figurava tra i vincitori del conflitto. L'Italia, a giudizio franco-britannico, aveva ottenuto già abbastanza con l'annessione della [[Venezia Tridentina]] e della [[Venezia Giulia]], nonché con la successiva rettifica territoriale sempre a vantaggio italiano nell'[[Oltregiuba]] vedi sotto).
In conclusione, tutti i tentativi italiani durante la conferenza di pace per garantirsi un ingrandimento dell'impero coloniale in Africa fallirono. Unici magri guadagni furono:
* la ridefinizione, nel corso degli [[anni venti]] e [[anni trenta|trenta]], dei confini libici, con l'annessione dell'oasi di [[Giarabub]], del [[Triangolo di Sarra]] e della [[Striscia di Aozou]] (quest'ultima ottenuta mediante il [[trattato Mussolini-Laval]] del 1935, peraltro mai ratificato ufficialmente<ref>G. Bruce Strang, (Sep. 2001). "Imperial Dreams: The Mussolini-Laval Accords of January 1935". In ''The Historical Journal, 44''(3).</ref>);
*la cessione da parte britannica dell'[[Oltregiuba]] nel 1924 (tra l'altro, per compensare la perdita dell'Oltregiuba, ai britannici fu concesso 1/5 del Camerun ex tedesco, che sarebbe poi stato unito alla colonia della Nigeria).
Nel 1919 il Re d'Italia [[Vittorio Emanuele III]], invocando uno dei diritti italiani stabiliti in favore delle potenze vincitrici del [[primo conflitto mondiale]], all'articolo 9 del [[Patto di Londra]], chiese ed ottenne l'assenso di un'altra potenza vincitrice, l'[[Impero britannico]], attraverso i buoni uffici di [[Lloyd George]], per l'invio in [[Georgia]], terra in fermento indipendentista sia verso l'[[Impero russo]] sia verso la [[Turchia]], di un contingente italiano di ben 85.000 uomini agli ordini del generale [[Giuseppe Pennella]].<ref>{{cita web|url=http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/disfacimentoitaliani.htm|titolo=Gli italiani nel Caucaso|accesso=10 maggio 2011|dataarchivio=14 maggio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110514132846/http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/disfacimentoitaliani.htm|urlmorto=no}}</ref> Pennella avrebbe dovuto difendere l'indipendenza della Georgia e sostenere la neonata ''[[Repubblica Federale Democratica Transcaucasica|Federazione delle Repubbliche Transcaucasiche]]'' (Georgia, [[Armenia]] e [[Azerbaigian]]) per controbattere una possibile ingerenza dell'imperialismo russo. In altri termini, si può dire che la proposta di Lloyd George ricalcava gli esordi dell'espansione coloniale italiana nel [[Mar Rosso]], nel [[anni 1880|penultimo decennio]] dell'[[Ottocento]], che erano stati, in fondo, un episodio collaterale delle difficoltà britanniche nel Sudan all'epoca del ritiro delle guarnigioni egiziane dall'Eritrea e, poi, della grande insurrezione mahdista.<ref>Ministero Affari Esteri: ''Documenti Diplomatici italiani'' (Introduzione, p.3,232,754,755,800)</ref>
Del resto il [[governo Orlando]], poco prima di cadere, decise con un apposito decreto, la spedizione italiana in Georgia e ne stabilì perfino i termini e le date. Ma il successivo [[Governo Nitti I|governo Nitti]] decise di soprassedere per non compromettere le nuove relazioni tra l'Italia e la neocostituita [[Unione Sovietica]].
[[File:Italy aims Europe 1936.png|miniatura|upright=1.4|Ambizioni dell'Italia fascista in Europa nel 1936<ref name=B&J467>Bideleux and Jeffries, p. 467</ref> Legenda:{{Legenda|#073A09|Italia metropolitana e territori dipendenti}}{{Legenda|#0F7612|Stati clienti}}{{Legenda|#083A39|Territori rivendicati da annettere}}{{Legenda|#107776|Territori da trasformare in Stati clienti}}L'Albania, che era uno stato cliente, era considerata un territorio da annettere.]]
Con la presa del potere del [[fascismo]], la Colonia eritrea, sotto l'amministrazione del Governatore [[Jacopo Gasparini]], cercò di ottenere nel 1926 un protettorato sullo [[Yemen]] e creare una base per un impero coloniale sulla penisola araba.<ref>Ministero Affari Esteri: ''Documenti Diplomatici italiani'' p.733,778</ref> [[Benito Mussolini|Mussolini]] non volle però inimicarsi la [[Regno Unito|Gran Bretagna]] e fermò il progetto. Infatti tergiversò e si lasciò sfuggire il possibile controllo di un'interessante area petrolifera. Del resto in quegli anni Mussolini era in continuo contatto epistolare con [[Winston Churchill]] (allora suo amico), che lo convinse a non appoggiare il governatore Gasparini.<ref>Nicola D'Aroma. ''Vite parallele: Churchill e Mussolini''. Roma, 1962 p.47</ref>
Con lo scoppio della [[crisi di Corfù]] nel settembre [[1923]], il neo-primo ministro [[Mussolini]] fece occupare per circa un mese l'isola. Il [[governo Mussolini]] cercò inizialmente di presentarsi in maniera propositiva nei confronti dell'[[Etiopia]] cercando di attuare un trattato di amicizia con l'amministrazione del reggente [[Hailé Selassié]]. Tale accordo si concretizzò nel [[trattato italo-etiope del 1928]].
Il regime fascista non si limitò a rivendicare il territorio, per secoli veneziano, della [[Dalmazia]], già obiettivo dei padri del Risorgimento nel contesto del processo di unificazione nazionale, ma coltivò disegni imperiali per [[Albania]], gran parte della [[Jugoslavia]] e [[Grecia]], fondati sui precedenti dell'antica dominazione romana di queste regioni.<ref name="Robert Bideleux 1998. Pp. 467">Robert Bideleux, Ian Jeffries. ''A history of eastern Europe: crisis and change''. London, England, UK; New York, New York, USA: Routledge, 1998. Pp. 467.</ref> Il regime cercò inoltre di stabilire un rapporto di protezione patrono-cliente con l'[[Austria]], l'[[Ungheria]], la [[Romania]] e la [[Bulgaria]] trascurando il fatto che i rapporti fra Ungheria e Romania erano tesi e che la Romania era sotto protezione francese dapprima e poi, a partire dal 1941, controllata dalla [[Germania nazista]] per le sue materie prime.<ref name="Robert Bideleux 1998. Pp. 467"/>
Mussolini richiese anche, come risarcimento del suo intervento nella [[guerra civile spagnola]], l'isola di [[Minorca]] nelle [[Baleari]] allo scopo di farvi una base aeronavale italiana, ma la ferrea opposizione di [[Francisco Franco]] annullò ogni pretesa italiana. Secondo storici come Camillo Berneri, Mussolini ambiva non solo le Baleari, ma anche il [[Marocco spagnolo]] (specialmente l'area di [[Ceuta]], che confinava con la [[zona internazionale di Tangeri]], nel quale l'Italia era co-garante dal 1928).<ref>{{cita web|url=https://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:CRlYtCP0B_gJ:www.iperteca.it/download.php%3Fid%3D1636+ceuta+italiana+(richiesta+di+mussolini)&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESiUxlOMWvWnAI9eUDe011a2h5lwLoVmLwIcD1nhDM5te0bGQJoF1Rk0AzR0xoFKKi9QWuZAtyUohCd-GH4VQjzVkmUUP5gN384Gq5IWlOUBzB3Q8fXE0nQjZdBwUkR2QK0VJuKd&sig=AHIEtbRVEf9-avQEp4_v7M1AfQrC7KIGww|titolo=Le ambizioni mussoliniane in Spagna|accesso=28 maggio 2021|dataarchivio=28 maggio 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160528082342/http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache%3ACRlYtCP0B_gJ%3Awww.iperteca.it%2Fdownload.php%3Fid%3D1636+ceuta+italiana+%28richiesta+di+mussolini%29&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESiUxlOMWvWnAI9eUDe011a2h5lwLoVmLwIcD1nhDM5te0bGQJoF1Rk0AzR0xoFKKi9QWuZAtyUohCd-GH4VQjzVkmUUP5gN384Gq5IWlOUBzB3Q8fXE0nQjZdBwUkR2QK0VJuKd&sig=AHIEtbRVEf9-avQEp4_v7M1AfQrC7KIGww|urlmorto=no}}</ref>
=== La conquista dell'Etiopia e la nascita dell'"Impero" ===
{{vedi anche|Africa Orientale Italiana|Guerra d'Etiopia}}
[[File:Colonie italiane.jpg|miniatura|L'impero coloniale italiano dal 1936 al 1939]]
[[File:Flag of the Governor-general of AOI and Viceroy of Ethiopia (1938–1941).svg|miniatura|Insegna del viceré dell'Africa Orientale Italiana]]
A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli [[Anni 1920|anni venti]], [[Benito Mussolini|Mussolini]] manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto ''libero'' da ingerenze straniere era l'[[Abissinia]], nonostante fosse membro della [[Società delle Nazioni]]. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il 5 maggio [[1936]].
Quattro giorni dopo, il 9 maggio, con la dichiarazione della sovranità del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] sull'[[Etiopia]] e l'incoronazione di [[Vittorio Emanuele III]] come [[Imperatore d'Etiopia]] (con il titolo di ''Qesar'', anziché quello di "Negus Neghesti")<ref>(r.d.l. n. 754, 9 maggio 1936 - {{cita web|url=http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1936;754|titolo= Normattiva, r.d.l. 9 maggio 1936, n 754|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150518110641/http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1936;754 |dataarchivio=18 maggio 2015 }}</ref>, l'[[impero coloniale]] trovò la sua ufficializzazione.
A seguito dell'uccisione di civili e militari italiani in Libia ed Etiopia negli anni venti e trenta<ref>Antonicelli, Franco. ''Trent'anni di storia italiana 1915 - 1945'' p. 67</ref>, durante il dominio coloniale italiano in Africa furono usate armi vietate, quali [[Armi chimiche#Gas asfissianti .28o soffocanti.29|gas asfissianti]] e [[iprite]].<ref>Angelo Del Boca. ''Italiani, brava gente?'', Editore Neri Pozza, 2005.</ref><ref>Angelo Del Boca. ''A un passo dalla forca. Atrocità e infamie dell'occupazione italiana della Libia nelle memorie del patriota Mohamed Fekini'', Baldini Castoldi Dalai, 2007</ref> La successiva pacificazione attuata dal [[fascismo]] nelle colonie africane, talora brutale, fu totale in Libia, Eritrea e Somalia (mentre in Abissinia, dopo meno di cinque anni, nel 1940 oltre il 75% del territorio era completamente controllato dagli Italiani) e risultò in un notevole sviluppo economico dell'area<ref>Chapin Metz, Hellen. Libya: A Country Study. Washington: GPO for the Library of Congress, 1987</ref>, accompagnato da una consistente emigrazione di coloni italiani.<ref>{{cita web|url=http://www.ilcornodafrica.it/rds-01emigrazione.pdf|titolo=Emigrazione italiana nelle colonie africane|accesso=13 settembre 2009|dataarchivio=25 maggio 2013|urlarchivio=https://www.webcitation.org/6Grrg7elj?url=http://www.ilcornodafrica.it/rds-01emigrazione.pdf|urlmorto=no}}</ref>
Con la conquista di gran parte dell'Etiopia, si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del [[Corno d'Africa]]. [[Somalia]], [[Eritrea]] ed [[Abissinia]] vennero riunite nel vicereame dell'[[Africa Orientale Italiana]] (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel [[1941]].
[[File:Addis Abeba (illustrazione di Filiberto Sbardella, in "La Rivista Illustrata del popolo d'Italia, maggio 1936).jpg|miniatura|Addis Abeba (illustrazione di Filiberto Sbardella, in "La Rivista illustrata del Popolo d'Italia, maggio 1936)]]
[[File:ProgettoImperoItaliano.jpg|miniatura|Il progetto mussoliniano di un ingrandito Impero italiano – dopo l'eventuale vittoria dell'Asse – includeva l'Egitto, il Sudan, Gibuti e il Kenya orientale: questo impero ingrandito (limiti in verde) doveva essere la continuazione in Africa della ''Grande Italia'']]
=== La seconda guerra mondiale ===
Durante la [[seconda guerra mondiale]] Corfù fu rioccupata dall'[[Regio esercito|Esercito Italiano]] nell'aprile [[1941]]. Tale occupazione durò fino al settembre [[1943]]: durante questo periodo, sempre insieme alle [[Isole Ionie]], venne amministrata come entità separata rispetto alla Grecia con l'intento di prepararne l'annessione al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]].
Nel corso della seconda guerra mondiale, Mussolini e altri suoi gerarchi progettarono un ingrandimento dell'Impero italiano, qualora si fosse fatta una conferenza di pace dopo la vittoria dell'Asse.<ref>Maravigna, General Pietro. ''Come abbiamo perduto la guerra in Africa. Le nostre prime colonie in Africa. Il conflitto mondiale e le operazioni in Africa Orientale e in Libia. Testimonianze e ricordi''. p. 127</ref> Il progetto, basato sul congiungimento delle due sezioni dell'Impero italiano nel 1939 (la Libia e l'Africa Orientale Italiana) tramite la conquista dell'[[Regno d'Egitto|Egitto]] e del [[Sudan]]<ref>Rovighi, Alberto. ''Le Operazioni in Africa Orientale'' pag. 83</ref> - cui si sarebbero poi aggiunti la Somalia inglese (occupata temporaneamente nell'estate del 1940), [[Gibuti]] e la parte orientale del [[Kenya]] britannico<ref>Antonicelli, Franco (1961). ''Trent'anni di storia italiana 1915 - 1945'' pag. 107</ref> - prevedeva una notevole colonizzazione di italiani (oltre un milione da trasferire principalmente in Etiopia ed Eritrea e circa mezzo milione in Libia)<ref>'Systematic "demographic colonization" was encouraged by Mussolini's government. A project initiated by Libya's governor, Italo Balbo, brought the first 20,000 settlers--the ventimilli--to Libya in a single convoy in October 1938....Plans envisioned an Italian colony of 500,000 settlers by the 1960s' (Una sistematica "colonizzazione demografica" fu incoraggiata dal governo di Mussolini. Un progetto iniziato dal governatore della Libia, Italo Balbo, portò i primi 20.000 coloni, detti Ventimilli, in Libia nell'ottobre 1938.....Progetti visionavano una colonia italiana di 500.000 coloni negli anni sessanta) da Chapin Metz, Hellen. Libya: A Country Study. Washington: GPO for the Library of Congress, 1987</ref> e il controllo del [[canale di Suez]].<ref>Maravigna, General Pietro. ''Come abbiamo perduto la guerra in Africa. Le nostre prime colonie in Africa. Il conflitto mondiale e le operazioni in Africa Orientale e in Libia. Testimonianze e ricordi.''pag. 183</ref>
[[File:Grande Italia.jpg|miniatura|sinistra|Mappa della Grande Italia secondo il progetto del 1940: {{Legenda|#CB0000|Territori da includere nell'Italia metropolitana}}{{Legenda|#CA9001|Aree da includere nell'Impero coloniale italiano}}]]
Dopo l'occupazione, tra il [[1939]] e il [[1941]], di alcune zone della [[Dalmazia]], del [[Regno del Montenegro (1941-1944)|Montenegro]], dell'[[Occupazione italiana dell'Albania (1939-1943)|Albania]], del [[Kosovo]] e della [[Somaliland|Somalia britannica]], da parte delle truppe italiane, l'obiettivo di Mussolini fu quello di estendere la presenza italiana anche a [[Malta]], [[Tunisia]], [[Gibuti|Somalia francese]] e [[Corsica]].
Dopo la [[Campagna di Francia|caduta della Francia]], l'illusione di una vittoria sulla [[Regno Unito|Gran Bretagna]] spinse Mussolini e il Ministro degli Esteri [[Galeazzo Ciano|Ciano]] ad iniziare una serie di colloqui con gli ambiti civili di [[Algeria francese|Algeria]], [[Regno d'Egitto|Egitto]] e [[Sudan]]. I colloqui vennero ben presto ostacolati dall'alleato tedesco e terminarono con la controffensiva britannica in Cirenaica.
Ai primi di novembre 1942, a seguito degli [[Operazione Torch|sbarchi alleati in Marocco e Algeria]], l'Italia con l'[[operazione Anton]] [[occupazione italiana della Corsica|occupò la Corsica]] e una fascia di territorio francese larga all'incirca {{M|200|u=km}} a ovest del confine.<ref>Davide Rodogno, ''Fascism's European Empire'', Cambridge University Press, 2006, ISBN 0-521-84515-7.</ref> Con quest'operazione (e le successive occupazioni della Tunisia<ref>Maravigna, General Pietro (1949). ''Come abbiamo perduto la guerra in Africa. Le nostre prime colonie in Africa. Il conflitto mondiale e le operazioni in Africa Orientale e in Libia. Testimonianze e ricordi'', p. 214.</ref> e del [[Principato di Monaco]]) il territorio occupato dall'Italia nel Mediterraneo raggiunse la sua massima estensione, ma si trattò di un successo effimero, in quanto negli stessi giorni la [[seconda battaglia di El Alamein]] e il successivo crollo del fronte libico portarono alla perdita dell'Africa settentrionale e poi all'invasione alleata dello stesso territorio metropolitano italiano.
Sul finire del [[1941]] [[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] e [[Germania nazista|Germania]] intavolarono una trattativa per occupare militarmente e politicamente la [[Svizzera]], progetto poi mai andato in opera. Prevedeva la spartizione in due parti: alla [[Germania nazista|Germania]] la parte settentrionale di [[lingua tedesca]] e [[Lingua francese|francese]], all'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] il [[Canton Ticino]], il [[Vallese]] e i [[Grigioni]] oltre a [[Canton Ginevra|Ginevra]] aggregata alla Savoia italiana.<ref>Fonte: Televisione della Svizzera italiana.</ref>
=== Invasione italiana dell'Egitto ===
{{vedi anche|Invasione italiana dell'Egitto}}
L{{'}}'''invasione italiana dell'Egitto''' fu un'offensiva [[Regno d'Italia|italiana]] contro le forze del [[Commonwealth]], durante le prime fasi della [[campagna del Nordafrica]] della [[seconda guerra mondiale]] che comportò all'annessione temporanea del nord dell'Egitto all'[[impero italiano]]. L'operazione aveva lo scopo di impossessarsi del [[canale di Suez]], partendo dalla [[Libia italiana|colonia libica]] e attraversando l'[[Egitto]] settentrionale. Dopo diversi problemi, l'obiettivo divenne semplicemente avanzare in territorio egiziano e attaccare le forze britanniche nella regione.
La [[10ª Armata (Regio Esercito)|10ª Armata italiana]] avanzò per più di {{M|100|u=km}} in Egitto ma si scontrò solo con il 7º Gruppo di Supporto britannico, in particolare con la [[7th Armoured Division|7ª Divisione Corazzata]] britannica. Il 16 settembre [[1940]], la 10ª Armata si fermò in posizioni difensive presso il porto di [[Sidi Barrani]], in attesa dell'arrivo del [[genio militare]] per estendere la [[Via Balbia]] con la [[Via della Vittoria]] per ottenere più rifornimenti e continuare l'avanzata verso est.
=== La caduta del fascismo e la fine ===
{{Vedi anche|Campagna dell'Africa Orientale Italiana}}
L'Impero tramontò definitivamente nel corso del [[1943]], dopo l'espulsione del regio esercito ad opera delle forze britanniche e del ''[[Commonwealth]]'', prima dall'Africa orientale([[Campagna dell'Africa Orientale Italiana]]), nel novembre del [[1941]], e successivamente dal Nordafrica ([[Campagna del Nord Africa]]), nella primavera del 1943.
Le truppe italiane in [[Occupazione italiana dell'Albania (1939-1943)|Albania]], nel [[Dodecaneso italiano|Dodecaneso]] e nelle altre isole greche, non senza episodi cruenti come la [[Strage di Cefalonia]], vennero ritirate a partire dal settembre [[1943]] dopo la [[caduta di Mussolini]] e la successiva resa dell'Italia, che pose fine all'aspirazione di fare dell'Italia una "potenza mondiale".<ref>Ion Smeaton Munro, ''Trough Fascism to World Power: A History of the Revolution in Italy'' (1971), pag. 96.</ref> Dopo la fine dalla [[seconda guerra mondiale]] l'Italia venne privata di tutti i propri possedimenti con il [[Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di Parigi del 1947]].
Come conseguenza furono inoltre attuate piccole rettifiche sulla frontiera con la [[Francia]] e a cedere alla Jugoslavia [[Fiume (Croazia)|Fiume]], il territorio di [[Zara]], le isole di [[Lagosta (isola)|Lagosta]] e [[Pelagosa]], l'alta valle dell'[[Isonzo]] e gran parte dell'[[Istria]] e del [[Carso]] triestino e goriziano. Il trattato determinò la perdita di tutte le colonie fasciste, mentre per quelle prefasciste le decisioni spettarono all'[[ONU]], che scelse di attribuire il [[Dodecaneso]] alla [[Grecia]], affidare la [[Libia]] ad un'amministrazione anglo-francese e cedere l'[[Eritrea]] alla [[Gran Bretagna]].<ref>Saul Kelly, ''Cold War in the Desert: Britain, the United States and the Italian Colonies, 1945–52'', 978-1-349-41443-7, 978-0-333-98532-8, 978-0-333-79482-1 Palgrave Macmillan UK 2000.</ref> L'[[ONU]] concesse solo di esercitare un [[Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia|protettorato sulla Somalia]], che terminò il 1º luglio [[1960]] con la nascita della [[Repubblica Somala]]<ref>[[Giuseppe Mammarella]], ''Storia d'Europa dal 1945 a oggi'', ed. Laterza, Roma-Bari, 2006, pag. 8.</ref>, formata dall'unione del protettorato con lo [[Stato del Somaliland]].
== Le colonie ==
{{vedi anche|possedimenti temporanei dell'Italia}}
[[File:Italian empire 1940.PNG|upright=1.4|miniatura|L'Impero italiano nel 1940]]
=== Eritrea (1882-1941) ===
{{Vedi anche|colonia eritrea|governatorato dell'Eritrea}}
Primo nucleo della futura colonia Eritrea fu l'area commerciale stabilita dalla società [[Rubattino]] nel [[1869]] presso la baia di [[Assab]]. Abbandonata per una decina d'anni, fu poi acquistata dallo Stato italiano nel [[1882]], venendo a costituire il più antico fra i possedimenti coloniali italiani in Africa e nel resto del mondo. Nel [[1885]] anche il porto di [[Massaua]] cadde sotto il dominio italiano.
Con il [[trattato di Uccialli]] i possedimenti italiani vennero estesi nell'entroterra fino alle sponde del fiume [[Mareb]]. Di conseguenza il 1º gennaio [[1890]] fu istituzionalizzato il possesso di quei territori con la creazione di una colonia retta da un governatore (il primo ad occupare tale carica fu il generale [[Baldassarre Orero]]), e avente capoluogo la città di [[Asmara]] (climaticamente più confortevole per gli italiani rispetto a Massaua).
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La massima espansione dei suoi confini fu raggiunta agli inizi del [[1896]], quando il Governatore della colonia, [[Oreste Baratieri]] dovette tramutare in realtà il progetto di occupazione dell'entroterra etiopico. Nel [[1894]] aveva fatto occupare la città sudanese di [[Cassala]], allora possedimento [[derviscio]], mentre nel [[1895]] durante la [[campagna d'Africa Orientale]], occupò ampie zone del Tigrè, comprendenti la città di [[Axum]]. A seguito della sconfitta nella battaglia di [[Adua]], i confini della colonia ritornarono ad essere quelli stabiliti dal Trattato e tali rimasero fino alla Guerra d'Etiopia.
Primo governatore non militare fu [[Ferdinando Martini]] a quel tempo convinto sostenitore della necessità per lo
Uno degli ufficiali più attivi presso il Commissariato di Adua in Eritrea fu il friulano [[Giovanni Ellero]].
Durante il [[fascismo]], la colonia fu oggetto di un ambizioso progetto di modernizzazione, voluto dal Governatore [[Jacopo Gasparini]], che cercò di tramutarla in un importante centro per la commercializzazione dei prodotti e materie prime. [[Asmara]], la capitale
La colonia [[Eritrea]] venne inglobata nell'[[Africa Orientale Italiana]] nel [[1936]], diventando uno dei sei governi in cui era diviso il vicereame, i confini della colonia vennero riportati a quelli del [[1895]] con l'annessione del territorio del Tigrè.
Nella primavera del [[1941]] la colonia venne occupata, insieme al resto dell'[[Africa Orientale Italiana]], dalle truppe britanniche.
=== Somalia italiana (1890
{{Vedi anche|Somalia
Negli anni venti e trenta si ebbe l'insediamento di numerosi [[Italo-somali|coloni italiani]] a [[Mogadiscio]] e nelle aree agricole come [[Villabruzzi]], con notevole sviluppo della colonia.
Dopo l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale (10 giugno 1940), nell'agosto [[1940]] [[Conquista italiana della Somalia Britannica|le truppe italiane occuparono la Somalia britannica]] ([[Somaliland]])
Dopo l'invasione da parte delle truppe alleate nella [[seconda guerra mondiale]] la [[Somalia
=== Libia (1911
{{Vedi anche|Libia italiana}}
[[File:
{{legenda|#009531|1912 - Dall'[[Impero ottomano]] - In seguito al [[Trattato di Losanna (1912)|trattato di Losanna]]}}
{{legenda|#95be96|1919 - Dall'[[Storia dell'Algeria#La colonizzazione francese|Algeria Francese]] e dall'[[Africa Occidentale Francese]] - In seguito al [[trattato di Versailles]]}}
{{legenda|#ffffff|1923 - ''[[De jure]]'' dall'[[Impero ottomano]] - In seguito al [[Trattato di Losanna (1923)|trattato di Losanna]] - 1931 - ''[[De facto]]'' dai [[Senussi]] - In seguito alla [[conquista italiana di Cufra]]}}
{{legenda|#96ed97|1926 - Dall'[[Egitto]] - In compensazione alla partecipazione nella prima guerra mondiale}}
{{legenda|#ff0000|1934 - Dal [[Sudan Anglo-Egiziano]] - In compensazione alla partecipazione nella prima guerra mondiale}}
{{legenda|#940000|1935 - Dall'[[Africa equatoriale francese]] - Secondo l'[[accordo franco-italiano]] in compensazione alla partecipazione nella prima guerra mondiale - non ratificato}}]]
[[File:Italoturca1.jpg|miniatura|sinistra|Truppe italiane sparano contro i turchi a Tripoli (1911)]]
Dopo una breve [[Guerra Italo-Turca|guerra]] contro l'[[Impero ottomano]] nel [[1911]], l'Italia acquisì il controllo della [[Tripolitania]] e della [[Cirenaica]], ottenendo il riconoscimento internazionale a seguito degli accordi del [[Trattato di Losanna (1912)|trattato di Losanna]]. Le mire italiane sulla Libia vennero appoggiate dalla [[Francia]], che vedeva di buon occhio l'occupazione di quel territorio in funzione anti-britannica. Con il [[fascismo]], alla Libia venne attribuito l'appellativo di ''quarta sponda'' negli [[Anni 1930|anni trenta]], dopo che negli anni venti vi fu la [[Pacificazione della Libia|pacificazione della colonia]] ad opera di [[Rodolfo Graziani]].
Nel [[1934]], Tripolitania e Cirenaica vennero riunite per formare la colonia di ''Libia'', nome utilizzato 1.500 anni prima da [[Diocleziano]] per indicare quei territori. Il governatore [[Italo Balbo]] avviò un piano di colonizzazione che portò decine di migliaia di [[Italo-libici|
L'Italia perse il controllo sulla Libia quando le forze italo-tedesche si [[Campagna di Tunisia|ritirarono in Tunisia]] nel [[1943]]. Dopo la fine della guerra, la Libia venne provvisoriamente amministrata dalla [[Gran Bretagna]] e dalla [[Francia]] nel [[Fezzan]] fino al conseguimento definitivo dell'indipendenza nel [[1951]].
==== Operazioni militari per la «riconquista» (1923-32) ====
{{
Gli accordi stipulati fra il governo italiano e il capo dei senussiti [[Idris di Libia|al sáied Moḥámmed Idrís]], durante la prima guerra mondiale e ratificati fra il 1915, il 1917 e il 1921, vennero giudicati contrari allo spirito dell'istituzione senussita dalla maggior parte dei notabili ''ikhwān'' locali e in generale fonte di forti contrasti interni. Ciò portò all'esilio in [[Egitto]] dell'[[emiro]] nel gennaio 1923, che iniziò da lì una tardiva resistenza anti-italiana<ref name=":3">{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/senussi_%28Enciclopedia-Italiana%29/|titolo=SENUSSI in "Enciclopedia Italiana"|lingua=it|accesso=19 novembre 2019}}</ref>. Il 6 marzo 1923, il [[Governatori della Cirenaica italiana|governatore della Cirenaica]], [[Luigi Bongiovanni]] proclamò lo [[Stato d'assedio]], iniziando poi le operazioni per la [[riconquista della Libia|«riconquista» della Libia]]<ref>{{Cita libro|autore=Vincenzo Lioy|titolo=L'Italia in Africa. L'opera dell'Aeronautica. Eritrea-Libia (1888-1932) Vol.3|anno=1964|editore=Istituto Poligrafico dello Stato|città=Roma|pp=72-76}}</ref>, che portarono alla dichiarazione della decadenza degli accordi preesistenti il 10 maggio 1923.<ref name=":3" />
[[Cufra]], considerata da Graziani "centro di raccolta di tutto il fuoriuscitismo libico", fu bombardata il 26 agosto e i ribelli inseguiti verso il confine con l'Egitto. Lo stesso Graziani parla di 100 ribelli uccisi, 14 ribelli passati per le armi e 250 fermati tra cui donne e bambini. Dopo una nuova insurrezione, il 20 gennaio [[1931]] la città venne rioccupata dagli italiani; ne seguirono tre giorni di violenze che provocarono la morte di circa 180-200 libici ed innumerevoli altre vittime tra i sopravvissuti:<ref name="Otto60">{{Cita libro|autore=Gustavo Ottolenghi|titolo=Gli Italiani e il colonialismo. I campi di detenzione italiani in Africa|editore=SugarCo|città=Milano|anno=1997|pagine=60 in poi}}</ref> 17 capi senussiti giustiziati, 35 indigeni [[Castrazione|evirati]] e lasciati morire [[Emorragia|dissanguati]], 50 donne stuprate, 50 fucilazioni, 40 esecuzioni con accette, baionette, sciabole. Le atrocità non risparmiarono neanche i bambini e le donne incinte.<ref name="Otto60"/><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Volpato|titolo=La violenza contro le donne nelle colonie italiane|rivista=DEP: deportati, esuli, profughi|editore=Rivista telematica Università di Venezia|url=https://www.unive.it/media/allegato/dep/n10-2009/Ricerche/Volpato.pdf|accesso=19 novembre 2019|dataarchivio=15 maggio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200515151508/https://www.unive.it/media/allegato/dep/n10-2009/Ricerche/Volpato.pdf|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Jerary M. T.|titolo=I danni causati alla Libia dal colonialismo fascista (Documentazione dal punto di vista libico)|opera=Le guerre coloniali del fascismo|altri=a
cura di A. Del Boca|editore=Laterza|città=Roma-Bari|anno=1991|pagine=387-399}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Rochat G.|titolo=Guerre italiane in Libia e in Etiopia. Studi militari (1921-1939)|editore=Pagus|città=Paese|anno=1991}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Romito P.|titolo=Un silenzio assordante. La violenza occultata su donne e minori|editore=Angeli|città=Milano|anno=2005}}</ref>
Grande fu l'impressione nel [[mondo islamico]]. La ''Nation Arabe'' scrisse:
{{Citazione|Noi chiediamo ai signori italiani… i quali ora si gloriano di aver catturato cento donne e bambini appartenenti alle poche centinaia di abitanti male armati di Cufra che hanno resistito alla colonna occupante: "Che cosa c'entra tutto ciò con la civiltà?"}}
Il giornale di [[Gerusalemme]] ''Al Jamia el Arabia'' pubblicò il 28 aprile [[1931]], un manifesto in cui si ricordano:
{{Citazione|...alcune di quelle atrocità che fanno rabbrividire: da quando gli italiani hanno assalito quel paese disgraziato, non hanno cessato di usare ogni sorta di castigo ... senza avere pietà dei bambini, né dei vecchi...<ref>{{Cita pubblicazione|rivista=Al Jamia el Arabia|data=28 aprile 1931}}</ref>}}
===
{{Vedi anche|
L'[[Etiopia]] fu conquistata dalle truppe italiane, comandate dal [[maresciallo d'Italia|maresciallo]] [[Pietro Badoglio]] dopo la [[Guerra d'Etiopia|guerra del 1935-1936]]. La vittoria fu annunciata da Benito Mussolini il 9 maggio [[1936]], il [[Re d'Italia (1861-1946)|Re d'Italia]] [[Vittorio Emanuele III]] assunse il titolo di Imperatore d'Etiopia; Mussolini quello di Fondatore dell'Impero, e a Badoglio fu concesso il titolo di Duca di [[Addis Abeba]]. Il 21 maggio 1936 il maresciallo Badoglio ritornò in Italia e cedette il comando supremo al maresciallo [[Rodolfo Graziani]].
Con l'annessione dell'Etiopia, i possedimenti italiani in Africa Orientale (Etiopia, [[Somalia]] ed [[Eritrea]]) furono unificati sotto il nome di [[Africa Orientale Italiana]] A.O.I., e posti sotto il governo di un Viceré che inizialmente fu il maresciallo Graziani sostituito nel dicembre 1937 da [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Amedeo Duca d'Aosta]].
L'Etiopia, insieme all'Eritrea, fu molto interessata dalla [[Italo-etiopici|emigrazione italiana]] e dalla costruzione di nuove strade, grandi infrastrutture (ponti, ecc.) e anche dalla sistemazione delle città, specie della capitale Addis Abeba secondo un piano regolatore prestabilito (nuovi quartieri, una nuova ferrovia). La breve presenza italiana, di soli 5 anni, e le difficoltà di pacificazione della zona, non permise la sistemazione totale della città, che sarebbe dovuta essere il fiore all'occhiello del colonialismo italiano; la resistenza etiopica degli ''[[arbegnuoc]]'' ("patrioti") fu infatti attiva e pericolosa durante tutti gli anni del dominio italiano. Inoltre, quale membro della [[Lega delle Nazioni]], l'Italia ricevette la condanna internazionale per l'occupazione dell'Etiopia, che ne era uno Stato membro.
Nei primi mesi del [[1941]] le truppe britanniche, con l'appoggio degli ''arbegnuoc'', sconfissero gli italiani e occuparono l'Etiopia, anche se alcuni focolai di resistenza italiana si mantennero attivi a Gondar fino all'autunno del [[1941]]. Inoltre si ebbe anche una [[Guerriglia italiana in Africa Orientale|guerriglia italiana]] durata fino al 1943. I britannici reinsediarono il deposto [[Negus]], [[Hailé Selassié]], esattamente cinque anni dopo la sua cacciata.
=== Il protettorato sull'Albania (1918-1920) ===
{{Vedi anche|Protettorato italiano dell'Albania|Albania|Kosovo}}
Il [[protettorato italiano dell'Albania]] si instaurò in quel paese negli anni 1918-1920. Nacque nell'ambito delle operazioni sul [[Campagna dei Balcani (prima guerra mondiale)|fronte balcanico]] nella prima guerra mondiale, dopo la conclusione della [[campagna di Albania]].
L'intervento italiano si concretizzò, a partire dal [[1914]], in una spedizione militare, poi denominata "[[corpo di spedizione italiano in Albania]]", promossa dal governo italiano allo scopo di contrastare le forze austro-ungariche e di controllare quel territorio.<ref>{{Cita web |url=http://books.google.it/books?id=9-pCjXgjL7UC&pg=PA27&lpg=PA27&dq=italiani+in+albania+nel+1918&source=bl&ots=iAF25vu6Z1&sig=EeZZ8eWoIybB_CzK6pyQhj20QGg&hl=it&ei=p2Z1TZ31KJGovQOCksHkBQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=10&ved=0CF0Q6AEwCQ#v=onepage&q=italiani%20in%20albania%20nel%201918&f=false |titolo=Italiani in Albania nella Grande Guerra |accesso=19 marzo 2020 |dataarchivio=7 aprile 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150407105159/http://books.google.it/books?id=9-pCjXgjL7UC&pg=PA27&lpg=PA27&dq=italiani+in+albania+nel+1918&source=bl&ots=iAF25vu6Z1&sig=EeZZ8eWoIybB_CzK6pyQhj20QGg&hl=it&ei=p2Z1TZ31KJGovQOCksHkBQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=10&ved=0CF0Q6AEwCQ#v=onepage&q=italiani%20in%20albania%20nel%201918&f=false |urlmorto=no }}</ref>
=== Il Dodecaneso (1912
{{Vedi anche|
Tra l'aprile e l'agosto del [[1912]], durante la fase conclusiva della guerra in Libia contro l'[[
Durante la guerra e l'[[occupazione italiana di Adalia]] l'isola di [[Rodi]] fu sede di un'importante base navale per le forze [[Royal Navy|marine britanniche]] e [[Marine Nationale|francesi]].
Dopo la vittoria nella
Negli [[
Nel settembre [[1943]] dopo l'[[
===
L'isola di [[Saseno]] fu occupata il 30 ottobre [[1914]] dal [[Regno d'Italia]], fino a quando, dopo la prima guerra mondiale, il 18 settembre [[1920]], grazie a un accordo italo-albanese (accordo di [[Tirana]] del 2 agosto [[1920]], in cambio delle pretese italiane su [[Valona]]) e a un accordo con la [[Grecia]], entrò a far parte dell'[[Italia]] che la voleva per la sua posizione strategica, facendone una base navale fino al 1944.
Fece prima parte della [[provincia di Zara]] (dal 1920 al [[1941]]), poi nel 1941 entrò a far parte della [[provincia di Cattaro]] ([[Dalmazia]]). Occupata dai tedeschi nel settembre del [[1943]] e dai partigiani albanesi nel maggio del [[1944]], l'isola venne restituita all'Albania per effetto del [[Trattati di Parigi (1947)|Trattato di Parigi]] del 10 febbraio [[1947]].
Oggi sull'isola esiste un deposito e una caserma della [[Guardia costiera]] aperta nel 1997 per reprimere i traffici illeciti tra l'[[Italia]] e l'[[Albania]] e restano le installazioni (incluso un faro e varie fortificazioni) costruite durante la precedente occupazione italiana.
=== L'Anatolia (1919-1922) ===
{{vedi anche|occupazione italiana di Adalia}}
[[File:Treaty of Sèvres 1920-it.svg|miniatura|Il [[trattato di Sèvres]] (firmato nel 1920, ma mai ratificato) prevedeva che l'[[Anatolia]] fosse divisa in varie sfere di influenza. In verde chiaro la zona d'influenza teoricamente assegnata al Regno d'Italia; delimitata da linea continua verde, l'effettiva [[occupazione italiana di Adalia]] (1919-1922).]]
Per quasi quattro anni dopo la fine della ''Grande Guerra'', l'Italia cercò di creare una colonia in [[Anatolia]] dove occupò militarmente la fascia costiera tra Smirne ed Adalia.
Infatti a partire dal 1912, dopo l'occupazione del [[Dodecaneso]], l'Italia fece degli studi per una penetrazione sulla costa anatolica più prossima all'arcipelago. La città di [[Adalia]] rappresentava il centro di tale interesse, non escludendo anche la pianura del fiume Meandro e la città portuale di [[Smirne]], considerata la porta commerciale dell'intera [[Turchia]] asiatica. Tuttavia la concessione del governo turco ad un gruppo finanziario italiano per intraprendere alcuni lavori portuali e la costruzione della ferrovia Adalia-Burdur (1913) incontrò l'opposizione di Francia e Germania, interessate all'influenza economica in Anatolia.
L'entrata in guerra al fianco dell'[[Intesa]] rappresentò per il governo di Roma un'occasione propizia per imporre le sue mire sull'[[Anatolia]], ricevendo solo un vago riconoscimento dei suoi interessi sulla regione nell'accordo di San Giovanni di Moriana (1917); tuttavia reciproci sospetti e incomprensioni tra gli italiani e gli scomodi alleati anglo-francesi portarono a un nulla di fatto, che si aggravò nel 1919 con la conferenza di Versailles. Infatti, conclusasi la guerra, la Grecia, che aveva gli stessi interessi italiani sulla zona dell'Egeo, oltre a pretendere la cessione del Dodecaneso da Roma, era favorita dalle simpatie di Londra e Parigi per ereditare dall'Impero ottomano tutte quelle zone della costa anatolica abitate oltre che dai turchi da una popolazione greca.
L'Italia, non potendo ottenere nulla in sede diplomatica, agì di conseguenza, inviando nel marzo del 1919 una spedizione militare di circa 12.000 uomini con base Rodi e destinata ad occupare i principali centri e porti tra Adalia e Smirne. Quest'ultima città tuttavia nel frattempo fu concessa dal tavolo della pace ad [[Atene]] durante l'abbandono per protesta da parte della delegazione italiana, e quindi non fu mai occupata dalle truppe italiane.
Il comando italiano, su indicazioni del governo, mantenne per circa tre anni i suoi presidi, sperando che la situazione internazionale si sbloccasse in favore di Roma, arretrando però gradualmente le posizioni in relazione agli sviluppi diplomatici e all'inaspettata avanzata di [[Mustafa Kemal]].
Le pesanti sconfitte inflitte dai kemalisti agli ellenici e la comprensione dell'escalation di violenza e di poca redditività politico-economica di tutta l'operazione, portò l'Italia a decidere il completo abbandono di un grande sogno nel [[Mediterraneo orientale]].
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{{Vedi anche|
[[File:Africa1898.png|miniatura|Mappa francese dell'Africa (circa [[1911]])]]
Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette a una ristrutturazione delle colonie del [[Corno d'Africa]]. [[Somalia]], [[Eritrea]] e Abissinia vennero riunite nel vicereame dell'[[Africa Orientale Italiana]] (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel [[1941]].
L'Etiopia fu la colonia italiana, insieme con l'Eritrea, più interessata dalla costruzione di nuove strade, grandi infrastrutture (ponti, ecc.) e anche dalla sistemazione delle città, specie della capitale Addis Abeba secondo un piano regolatore prestabilito (nuovi quartieri, una nuova ferrovia). La breve presenza italiana, di soli 5 anni, e le difficoltà di pacificazione della zona, non permise la sistemazione totale della città, che avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello del colonialismo italiano. Tuttavia, quale membro della [[Società delle Nazioni]], l'Italia ricevette la condanna internazionale per l'occupazione dell'Etiopia, che era uno Stato membro.
Nei primi mesi del [[1941]] le truppe inglesi sconfissero gli italiani e occuparono l'Etiopia, anche se alcuni focolai di resistenza italiana si mantennero attivi a Gondar fino all'autunno del [[1941]]. Inoltre si ebbe anche una [[Guerriglia italiana in Africa Orientale|guerriglia italiana]] durata fino al 1943. Gli inglesi reinsediarono il deposto [[Negus]], [[Hailé Selassié]], esattamente cinque anni dopo la sua cacciata.
=== Albania (1939-1943) ===
{{Vedi anche|Protettorato Italiano del Regno d'Albania (1939-1943)}}
L'[[Albania]] era sotto la [[sfera di influenza]] italiana dagli anni venti, e l'isola di [[Saseno]] davanti a [[Valona]] era parte integrante del Regno d'Italia dai tempi della Pace di Parigi ([[1919]]). Dopo alterne vicende, l'Albania venne occupata militarmente da truppe italiane nel [[1939]]. Alla base di questa decisione, vi fu il tentativo di [[Benito Mussolini|Mussolini]] di controbilanciare l'alleanza con la sempre più potente [[Germania nazista]] di [[Adolf Hitler|Hitler]], dopo l'[[Anschluss|occupazione dell'Austria]] e della [[Cecoslovacchia]]. L'invasione dell'Albania, iniziatasi il 7 aprile [[1939]] fu completata in cinque giorni. Il re [[Zog I di Albania|Zog]] si rifugiò a [[Londra]].
Vittorio Emanuele III ottenne la corona albanese, e venne insediato un governo fascista guidato da [[Shefqet Vërlaci]]. Le forze dell'esercito albanese vennero incorporate in quello italiano.
Nel [[1941]] vennero uniti all'[[Albania]] il [[Kosovo]], alcune piccole aree del [[Montenegro]] e una parte della [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]] (territori già [[Regno di Jugoslavia|iugoslavi]]).
La resistenza contro l'occupazione italiana incominciò nell'estate [[1942]] e si fece più violenta e organizzata nel [[1943]]: nell'estate del [[1943]] le montagne interne erano difatti sotto il controllo diretto della resistenza albanese guidata da [[Enver Hoxha]]. Nel settembre [[1943]] dopo la [[caduta del fascismo]], il controllo sull'Albania venne assunto dalla [[Germania nazista]].
=== Tientsin, Cina (1901-1947) ===
{{Vedi anche|corpo di spedizione italiano in Cina|possedimenti italiani in Cina|concessione italiana di Tientsin}}
[[File:Italian Concession of Tientsin. Piazza Regina Elena and WWI monument..jpg|miniatura|sinistra|Il monumento commemorativo della prima guerra mondiale a piazza Regina Elena, nella [[concessione italiana di Tientsin]]]]
Nel [[1901]], come a molte altre potenze straniere, fu garantito all'Italia una [[Concessione internazionale|concessione]] commerciale nell'area della città di Tientsin (l'odierna [[Tianjin]]) in [[Cina]]. La concessione italiana, di 46 [[ettari]], fu una delle minori concessioni concesse dall'impero cinese alle potenze europee. Dopo la fine della prima guerra mondiale la concessione austriaca nella stessa città fu inglobata in quella italiana portandola quindi a {{M|1,04|u=km²}}. I termini di tale concessione vennero ridiscussi, e infine la stessa concessione venne di fatto sospesa, a seguito di un accordo tra la [[Repubblica Sociale Italiana]] e il governo filo-giapponese della [[Repubblica di Nanchino]] (che inglobò la concessione) nel [[1944]]. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, la guarnigione italiana a Tientsin combatté contro i giapponesi, ma dovette poi arrendersi e pagare con la prigionia in [[Corea]]. La concessione di Tientsin, così come i quartieri commerciali italiani a [[Concessione internazionale di Shangai|Shanghai]], [[Hankow]] e Pechino e tutti i [[Possedimenti italiani in Cina]], furono nuovamente annessi dalla Cina con il trattato di pace del [[1947]].<ref>{{cita web|url=http://www.discovertianjin.org/map/e1938map.htm|titolo=Mappa|accesso=20 febbraio 2010|dataarchivio=30 settembre 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110930195733/http://www.discovertianjin.org/map/e1938map.htm|urlmorto=no}}</ref>
== Sinossi territoriale generale ==
Nel 1939, alla vigilia della [[seconda guerra mondiale]], i territori controllati dall'Italia erano così suddivisi:
{|
!
|-
|1 || [[Italia]] metropolitana || style="text-align:right;" |{{formatnum:310190}}<ref>{{cita web|url=http://www.cinquantamila.it/storyTellerThread.php?threadId=censimento1936|titolo=Censimento del 1936|accesso=8 dicembre 2017|dataarchivio=9 dicembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171209044240/http://www.cinquantamila.it/storyTellerThread.php?threadId=censimento1936|urlmorto=no}}</ref> ||
|-
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|4 ||[[Occupazione italiana dell'Albania (1939-1943)|Albania]]|| style="text-align:right;" |{{formatnum:28750}} ||
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|}
L'Impero raggiunse la sua massima estensione nell'estate del [[1940]], quando oltre alla [[Somalia britannica|Somalia settentrionale]] furono sottratti all'[[Impero britannico]] territori [[sudan]]esi ([[Cassala]]), [[kenya]]ni ([[Moyale]]) ed [[Egitto|egiziani]] (con la prima [[invasione italiana dell'Egitto]] si giunse fino a [[Sidi Barrani]]). La simultanea occupazione di territori [[Francia|francesi]] ([[Mentone]]), [[Illiria|illirici]] e [[Grecia|greci]] fece sì che l'Impero superasse, all'inizio del 1941, i {{M|4100000|u=km2}} occupati.
==Crimini del colonialismo==
{{Vedi anche|Crimini di guerra italiani|Campi per l'internamento civile in Italia|Deportazioni di massa del Gebel|Strage di Addis Abeba}}
Contando guerre, rastrellamenti, esecuzioni, deportazioni e internamento nei [[Campi per l'internamento civile in Italia|campi di concentramento]] sono attribuibili al colonialismo italiano oltre 1.000.000 di morti<ref>Prem Poddar, {{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=peOqBgAAQBAJ&pg=PA301&lpg=PA301&dq=1+million+death+for+italian+colonialism&source=bl&ots=mlG9K7ImeP&sig=ACfU3U19XA3sTzh2nt1VWTbzLl470IKNRg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwijxJ-AhZ7qAhUGUcAKHV-YBooQ6AEwAnoECAcQAQ#v=onepage&q=1%20million%20death%20for%20italian%20colonialism&f=false|titolo= Historical Companion to Postcolonial Literatures - Continental Europe and its Empires|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200627145627/https://books.google.it/books?id=peOqBgAAQBAJ&pg=PA301&lpg=PA301&dq=1+million+death+for+italian+colonialism&source=bl&ots=mlG9K7ImeP&sig=ACfU3U19XA3sTzh2nt1VWTbzLl470IKNRg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwijxJ-AhZ7qAhUGUcAKHV-YBooQ6AEwAnoECAcQAQ#v=onepage&q=1%20million%20death%20for%20italian%20colonialism&f=false |dataarchivio=27 giugno 2020|editore=Edinburgh University Press|anno= 2008}}</ref>. Su un ammontare di poco più di 12 milioni di persone, significa che oltre l'8,5% dell'intera popolazione delle colonie morì per mano italiana.
Va segnalato l'elevato tasso di mortalità nei campi di concentramento coloniali italiani, che arrivò a toccare anche il 58% degli internati<ref>{{Cita libro|autore=Ian Campbell|titolo=Il massacro di Addis Abeba|url=https://books.google.it/books?id=E9VdDwAAQBAJ&pg=PT282&lpg=PT282&dq=campo+concentramento+nocra+morti&source=bl&ots=B14Q_O5Y1Q&sig=ACfU3U3f3VcNdaKJlB2tl3mlMogdBJzZIA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwia46CG84vqAhXgxMQBHV1QCAcQ6AEwA3oECAkQAQ#v=onepage&q=campo%20concentramento%20nocra%20morti&f=false|dataoriginale=2018|editore=Rizzoli|accesso=25 giugno 2020|dataarchivio=22 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200622114028/https://books.google.it/books?id=E9VdDwAAQBAJ&pg=PT282&lpg=PT282&dq=campo+concentramento+nocra+morti&source=bl&ots=B14Q_O5Y1Q&sig=ACfU3U3f3VcNdaKJlB2tl3mlMogdBJzZIA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwia46CG84vqAhXgxMQBHV1QCAcQ6AEwA3oECAkQAQ#v=onepage&q=campo%20concentramento%20nocra%20morti&f=false|urlmorto=no}}</ref>.
== Tracce del colonialismo italiano ==
Nello spazio pubblico italiano rimangono tuttora vive le tracce del colonialismo, raramente contestualizzate e depositate in tutta la penisola in migliaia di [[odonomastica|nomi stradali]] quali, per esempio, via Bengasi, via Tripoli, via Amba Alagi o via Libia. Particolarmente significativo è il [[Monumento ai caduti di Dogali]] a [[Roma]], eretto nel 1887 per ricordare l'[[battaglia di Dogali|omonima battaglia]]<ref>{{cita web|lingua=EN|url=https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/1369801X.2023.2292165 |curatore=Luca Peretti |titolo=Built to last? Material legacies of Italian colonialism. Interviews with Ruth Ben-Ghiat, Alessandra Ferrini, Viviana Gravano, Hannes Obermair, Resistenze in Cirenaica, Igiaba Scego, and Colletivo Tezeta |collana=«Interventions. International Journal of Postcolonial Studies» |editore=Taylor & Francis |città=Londra |data=6 febbraio 2024 |accesso=11 febbraio 2024 |DOI= 10.1080/1369801X.2023.2292165 |issn = 1369-801X }}</ref>.
==Nella letteratura==
Il periodo coloniale italiano si contraddistinte per la produzione di romanzi, ad opera dei seguenti autori: [[Guelfo Civinini]], [[Arnaldo Cipolla]], [[Guido Milanesi]], [[Mario Dei Gaslini]], [[Vittorio Tedesco Zammarano]], [[Mario Appelius]], [[Nonno Ebe]], [[Orio Vergani]] e [[Leda Rafanelli]].<ref>{{Cita web|url=https://ilmanifesto.it/nella-storia-dimenticata-del-romanzo-coloniale-italiano|titolo=Nella storia dimenticata del romanzo coloniale italiano|sito=il manifesto|data=16 luglio 2024|lingua=it|accesso=18 luglio 2024}}</ref>
Gli autori erano anche giornalisti, esploratori, coloni, scrittori-soldato. Vi erano almeno settanta le case editrici, soprattutto del Nord (Milano, Torino, Genova), ma sparse in tutta Italia e anche nelle colonie.
== Le canzoni del colonialismo italiano ==
{{vedi categoria|Canzoni del colonialismo italiano}}
[[File:Mappa impero coloniale italiano piazza delle erbe.JPG|miniatura|Mappa dell'impero in [[Piazza delle Erbe (Padova)|Piazza delle Erbe]] ([[Padova]])]]
Le guerre coloniali avevano bisogno dell'appoggio della popolazione. A tale scopo vennero lanciate diverse canzoni propagandistiche, che nel testo quasi sempre trasformavano la guerra di conquista in guerra di liberazione.
* ''[[A Tripoli|Tripoli bel suol d'amore]]''
* ''[[Africanella]]''
* ''[[Carovane del Tigrai]]''
* ''[[Sul lago Tana]]''
* ''[[Ti saluto!]]''
* ''[[Faccetta nera]]''
* ''[[Adua (brano musicale)|Adua]]''
* ''[[Canzone d'Africa]]''
* ''[[Ritorna il legionario]]''
* ''[[In Africa si va]]''
* ''[[L'Abissino vincerai]]''
* ''[[C'era una volta il negus]]''
* ''[[Povero Selassiè]]''
* ''[[Africanina]]''
* ''[[Africa nostra]]''
* ''[[Amba Alagi (brano musicale)|Amba Alagi]]''
* ''[[Avanti Italia]]''
* ''[[Cantate dei legionari]]''
* ''[[Canto dei volontari]]''
* ''Etiopia''
* ''[[
* ''[[O morettina]]''
* ''[[La sagra di Giarabub]]''
== Note ==
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== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore=[[Angelo Del Boca]]|titolo=Italiani in Africa Orientale - 1. Dall'Unità alla Marcia su Roma|anno=2001|editore=Mondadori|città=Milano|isbn=978-88-04-46946-9|cid=Del Boca 1}}
* {{cita libro|autore=Angelo Del Boca|titolo=Italiani in Africa Orientale - 2. La conquista dell'impero|anno=2001|editore=Mondadori|città=Milano|isbn=978-88-04-46947-6|cid=Del Boca 2}}
* {{cita libro|autore=Angelo Del Boca|titolo=Italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'impero|anno=2001|editore=Mondadori|città=Milano|isbn=978-88-04-42283-9|cid=Del Boca 3}}
* {{cita libro|autore=Angelo Del Boca|titolo=Italiani in Africa Orientale - 4. Nostalgia delle colonie|anno=2001|editore=Mondadori|città=Milano|isbn=978-88-04-42282-2|cid=Del Boca 4}}
* {{cita libro|autore=Angelo Del Boca|titolo=Gli italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore 1860-1922|anno=2015|editore=Mondadori|città=Milano|isbn=978-88-42-42660-8|cid=Del Boca L1}}
* {{cita libro|autore=Angelo Del Boca|titolo=Gli italiani in Libia. Dal fascismo a Gheddafi|anno=2015|editore=Mondadori|città=Milano|isbn=978-88-42-43235-7|cid=Del Boca L2}}
* {{cita libro|autore=Angelo Del Boca|titolo=L'Africa nella coscienza degli italiani|anno=1992|editore=Laterza|città=Roma-Bari|isbn=978-88-42-04024-8|cid=Del Boca 1992}}
* {{cita libro|autore=Angelo Del Boca|titolo=Italiani, brava gente?|editore=Neri Pozza|anno=2014|città=Vicenza|isbn=978-88-6559-178-9|cid=Del Boca 2014}}
* {{cita libro|autore=Valeria Deplano|autore2=Alessandro Pes|titolo=Storia del colonialismo italiano. Politica, cultura e memoria dall'età liberale ad oggi|editore=Carocci|città=Roma|anno=2024|ISBN=978-88-290-2381-3|cid=Deplano-Pes}}
* {{cita libro|autore=[[Nicola Labanca]]|titolo=In marcia verso Adua|editore=Einaudi|città=Torino|anno=1993|isbn=88-06-12912-0}}
* {{cita libro|autore=Nicola Labanca|titolo=Oltremare. Storia dell'espansione coloniale italiana|editore=Il Mulino|città=Bologna|anno=2015|isbn=978-88-15-12038-0|cid=Labanca}}
* {{cita libro|autore=Giuseppe Maione|titolo=L'imperialismo straccione. Classi sociali e finanza di guerra dall'impresa etiopica al conflitto mondiale 1935-1943)|editore=Il Mulino|città=Bologna|anno=1979|isbn=no|cid=Maione}}
* {{cita news|autore=Nicoletta Poidimani|url=http://www.nicolettapoidimani.it/docs/faccettanera.pdf|titolo=Faccetta nera. I crimini sessuali del colonialismo fascista nel Corno d'Africa - Crimini di guerra. Il mito del bravo italiano tra repressione del ribellismo e guerra ai civili nei territori occupati|editore=Guerini e associati|anno=2006|isbn=88-8335-768-X|cid=Poidimani|accesso=16 novembre 2017|dataarchivio=22 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722043513/http://www.nicolettapoidimani.it/docs/faccettanera.pdf|urlmorto=sì}}
* {{cita libro|autore=[[Giorgio Rochat]]|titolo=Le guerre italiane in Libia e in Etiopia dal 1896 al 1939|editore=Gaspari Editore|città=Udine|anno=2009|isbn=88-7541-159-X|cid=Rochat 2009}}
* {{cita libro|autore=Eric Salerno|titolo=Genocidio in Libia. Le atrocità nascoste dell'avventura coloniale italiana (1911-1931)|editore=manifestolibri|città=Roma|anno=2005|isbn=978-88-72-85389-4|cid=Salerno}}
== Voci correlate ==
{{Div col|2}}
* [[Africa Orientale Italiana]]
* [[Africa Settentrionale Italiana]]
* [[Armoriale delle colonie italiane]]
* [[Cronologia del colonialismo italiano]]
* [[Divisione amministrativa delle colonie italiane]]
* [[Governatori delle colonie italiane]]
* [[Letteratura coloniale italiana]]
* [[Libia italiana]]
* [[Museo africano]]
* [[Possedimenti temporanei dell'Italia]]
* [[Regno d'Italia (1861-1946)]]
* [[Regi corpi truppe coloniali]]
* [[Somalia italiana]]
* [[Spedizione Thornton]]
* [[Storia delle ferrovie coloniali italiane]]
* [[Territorio Militare del Sud]]
{{Div col end}}
== Altri progetti ==
{{Interprogetto
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|autore=[[Angelo Del Boca]]|url=https://www.reteparri.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1998_211-213_12.pdf|titolo=Il colonialismo italiano
tra miti, rimozioni, negazioni e inadempienze|accesso=}}
* {{cita web|autore=Miriam Angela Risi|url=https://www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/l-eredita-del-colonialismo-italiano-nel-corno-d-africa.html|titolo=L'eredità del colonialismo italiano|editore=|accesso=}}
{{imperi coloniali}}
{{colonialismo italiano}}
{{Portale|fascismo|guerra|politica|storia d'Italia}}
[[Categoria:Colonialismo italiano| ]]
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