Storia dell'Alto Adige: differenze tra le versioni

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[[File:Alto_Adige_-_Mappa.svg|thumb|L'Alto Adige nei suoi confini fissati nel [[1948]]]]
La '''storia dell<nowiki>'</nowiki>Alto Adige''' si riferisce alle vicende del territorio della [[province d'Italia|provincia]] [[provincia autonoma di Bolzano|di Bolzano]], in [[Italia]].
[[File:Musikkapelle-StGeorgen.jpg|thumb|Una ''[[Musikkapelle]]'' in costumi tradizionali tirolesi]]
La '''storia dell{{'}}Alto Adige /''' [[Sudtirolo]] comprende le vicende storiche inerenti al territorio della [[provincia autonoma di Bolzano]], in [[Italia]]. Il territorio provinciale, in antichità abitato da popolazioni di origine [[reti]]ca, fu conquistato nel 15 a.C. dai [[Civiltà romana|romani]], che lo organizzarono come [[Rezia (provincia romana)|provincia di Rezia]]. Dopo il crollo dell'[[Impero romano d'Occidente]] nel 476, la zona passò ai [[Regni romano-germanici]], ai [[longobardi]] e infine ai [[franchi]], entrando a far parte del [[Sacro Romano Impero]]. Di conseguenza il territorio subì un lungo processo di [[germanizzazione]], soprattutto ad opera dei [[bavari]]. Nell'[[XI secolo]], il suo territorio fu spartito dalla [[dinastia salica]] fra il [[principato vescovile di Trento]], quello di [[Principato vescovile di Bressanone|Bressanone]] e quello di [[Principato vescovile di Coira|Coira]]. Il loro potere fu poi gradualmente eroso dalla [[contea del Tirolo]], nata con i conti Albertini a partire dal [[XII secolo]] e poi passata dal 1363 alla [[Casa d'Asburgo]], seguendone le sorti.
 
L'odierno [[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]], in antichità già [[Reti|retico]], fu conquistato dai [[Civiltà romana|romani]] nel 15 a.C., che latinizzarono completamente la regione. Dopo il crollo dell'[[Impero romano d'Occidente]] nel 476, la zona passò al [[Regno d'Italia]] di [[Odoacre]], agli [[ostrogoti]], ai [[bizantini]], ai [[longobardi]] e infine ai [[franchi]], entrando a far parte del [[Sacro Romano Impero]]. Nel XI secolo, il suo territorio fu spartito fra i [[principe vescovo|principi vescovi]] di [[Trento]], [[Bressanone]] e [[Diocesi di Coira|Coira]]. Il loro potere fu gradualmente eroso dalla [[contea del Tirolo]], nata sotto i conti Albertini a partire dagli inizi del [[XIII secolo]]. Dal 1363 la contea passò alla casata degli [[Asburgo]], seguendone le sorti. Tra il 1810 e il 1814 la parte meridionale e quella orientale della provincia appartennero al [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia napoleonico]] come parte del [[Dipartimento dell'Alto Adige]] e del [[Dipartimento della Piave]], la parte settentrionale fece invece parte del [[Regno di Baviera]]. Nel 1814 l'Altoil Adigeterritorio, in quanto parte del [[Tirolo meridionale]], passò assieme al Trentino[[Provincia passòautonoma di Trento|Trentino]] all'[[imperoImpero austriaco]], e neldal 1867 all'[[AustriaImpero austro-Ungheriaungarico]]. AllaNel fine1920, a seguito della sconfitta dell'Austria-Ungheria nella [[prima guerra mondiale]], in seguito alla sconfitta austro-ungarica, il territorio venne annesso al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]].
 
LaDopo la [[seconda guerra mondiale]], in base all'[[accordo De Gasperi-Gruber]] del 1946 siglato fra l'Italia e l'[[Austria]], il territorio rimase sotto la giurisdizione dello Stato italiano, che riconobbe nella sua [[Costituzione della Repubblica Italiana|costituzione repubblicana]] del 1948 riconobbe i diritti specifici di tutela della minoranza germanofona dell'Alto Adige, concedendo, allo scopo, lo ''[[status]]'' di [[regione italiana a statuto speciale|regione autonoma]] al [[Regione Trentino-Alto Adige|Trentino-Alto Adige]] (unacon delleparticolari cinquenorme regionidi autonometutela delle minoranze linguistiche non-italiane) presenti sul territorio. Nel 1972 cil'accordo, fudopo l'ulterioreinternazionalizzazione riconoscimentodella delloquestione statussudtirolese didinnanzi l'[[RegioniOrganizzazione d'Italiadelle Nazioni Unite|ONU]] e dopo le proteste sudtirolesi e dell'[[Austria]] per la mancata applicazione dei diritti autonomistici da parte italiana, venne aggiornato ed ampliato con l'istituzione della [[provincia autonoma di Bolzano]]., con ampie competenze e ambiti di autogoverno.
 
SulNel territorio altoatesino, che fu segnato da una forte politica di [[italianizzazione (fascismo)|italianizzazione]] durante il [[fascismo]] e da episodi di terrorismo secessionista da parte del ''[[Befreiungsausschuss Südtirol|terrorismo]]'' (BAS) nel secondo dopoguerra, coesistono oggi in modo pacifico, seppur non esente da tensioni, popolazioni di [[lingua tedesca]], [[lingua italiana|italiana]] e [[lingua ladina|ladina]].
 
== Preistoria ==
[[File:Mappa provincia autonoma di Bolzano (Alto Adige).png|thumb|L'Alto Adige nei suoi confini odierni]]
I rinvenimenti [[archeologia|archeologici]] dimostrano la presenza dell'uomo nelle valli dell'odierno Alto Adige dopo la fine dell'ultima [[glaciazione]], intorno al 12&nbsp;000 a.C. Reperti provenienti dall'[[Alpe di Siusi]] sono databili al [[paleolitico]] inferiore.<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Reimo Lunz|titolo=Steinzeit-Funde von der Seiser Alm|collana=Archäologisch-historische Forschungen in Tirol|numero=3|città=Calliano|editore=Manfrini|anno=1982}}</ref> Accampamenti di cacciatori [[mesolitico|mesolitici]] risalenti all'VIII millennio a.C. sono stati scoperti nei fondi valle presso [[Bolzano]], [[Bressanone]], [[Valle Aurina]]<ref>{{cita pubblicazione|lingua=de|autore=Markus Mahlknecht|titolo=Mesolithische Funde aus dem Ursprungtal (Rein)|rivista=[[Der Schlern]]|numero=81|anno=2007|pp=17-19}}</ref> e [[Salorno]].<ref>{{cita pubblicazione|lingua=de|autore1=Marta Bazzanella|autore2=Ursula Wierer|titolo=Die mesolithische Fundstelle am Galgenbühel in Salurn, Südtirol: eine Sauveterrienstation im Etschtal|rivista=Der Schlern|numero=75|anno=2001|pp=116-128}}</ref>
[[File:Musikkapelle-StGeorgen.jpg|thumb|right|220px|Una ''Musikkapelle'' in costumi storici tirolesi]]
La celebre [[mummia del Similaun]], nota anche come ''Ötzi'', avrebbe un'età di circa 5&nbsp;300 anni. Questo la pone nell'età del rame, momento di transizione tra il [[neolitico]] e l'età del bronzo. Sepolcri in pietra del 2000 a.C. sono stati localizzati ad [[Appiano sulla Strada del Vino|Appiano]]. Il [[clima]] era ancora più mite di oggi, come dimostrano i reperti localizzati in grotte della [[Val Pusteria]].
 
Per l'[[età del bronzo]] (1800-1300 a.C.) sono attestati insediamenti sia nelle valli principali che in quelle secondarie, localizzati su terrazzi alluvionali e su siti d'altura. Intorno al 1500 a.C., l'uomo si spinse più in alto, lasciando le vallate di mezza montagna, per estrarre il rame in [[Valle Aurina]] e [[Valle Isarco|d'Isarco]]. Durante l'età del bronzo e del [[età del ferro|ferro]] nella regione sono attestate culture locali autoctone che occupavano approssimativamente l'area del [[Tirolo|Tirolo storico]].
==Preistoria==
 
Appartiene alla tarda età del bronzo e alla prima età del ferro la [[cultura di Luco-Meluno]], che prende il nome da due importanti siti archeologici presso Bressanone.<ref>Cfr. a proposito Walter Leitner, ''Eppan - St. Pauls, eine Siedlung der späten Bronzezeit: ein Beitrag zur inneralpinen Laugen/Melaun-Kultur'', 2 voll., Innsbruck, Università di Innsbruck, 1987.</ref> Essa ebbe origine nel XIV secolo a.C. nella [[valle dell'Adige]] tra [[Trento]] e Bolzano, da dove si diffuse fino ad occupare all'incirca l'area del Trentino a nord di [[Rovereto]], dell'Alto Adige, del [[Distretto di Lienz|Tirolo Orientale]] e della Bassa [[Engadina]].<ref>{{cita|Gleirscher 1992}}.</ref> La cultura di Luco-Meluno è caratterizzata da un particolare stile di ceramica riccamente decorata, mentre la produzione metallurgica è influenzata dalle culture circostanti. Gli appartenenti a questa cultura cremavano i loro morti e raccoglievano i resti in urne che poi venivano sepolte in modo simile alla [[cultura dei campi di urne]], attestatasi in questo stesso periodo nelle valli del [[Tirolo Settentrionale]]. I santuari nei quali venivano adorate le divinità si trovavano su colline sovrastanti le vallate e vicino a corsi d'acqua e laghi, spesso anche in aree remote. I ricchi corredi funebri rinvenuti dagli archeologi dimostrano che la cultura di Luco-Meluno raggiunse il suo apice tra il XIII e l'XI secolo a.C., soprattutto grazie all'estrazione del [[rame]], materiale necessario per la produzione del [[bronzo]].
I rinvenimenti [[archeologia|archeologici]] dimostrano la presenza dell'uomo nelle valli dell'odierno Alto Adige dopo la fine dell'ultima [[glaciazione]], intorno al 12&nbsp;000 a.C. Reperti provenienti dall'[[Alpe di Siusi]] sono databili al [[paleolitico]] inferiore.<ref>Reimo Lunz, ''Steinzeit-Funde von der Seiser Alm'' (Archäologisch-historische Forschungen in Tirol, 3), Calliano, Manfrini, 1982.</ref> Accampamenti di cacciatori [[mesolitico|mesolitici]] risalenti all'VIII millennio a.C. sono stati scoperti nei fondi valle presso [[Bolzano]], [[Bressanone]], [[Valle Aurina]]<ref>Cfr. Markus Mahlknecht, ''Mesolithische Funde aus dem Ursprungtal (Rein)'', in «[[Der Schlern]]», 81 (2007), pp. 17-19.</ref> e [[Salorno]]<ref>Marta Bazzanella, Ursula Wierer, ''Die mesolithische Fundstelle am Galgenbühel in Salurn, Südtirol: eine Sauveterrienstation im Etschtal'', in «[[Der Schlern]]», 75 (2001), pp. 116-128.</ref>.
La celebre [[mummia del Similaun]], nota anche come ''Ötzi'', avrebbe un'età di circa 5&nbsp;300 anni. Questo la pone nell'età del rame, momento di transizione tra il [[neolitico]] e l'età del bronzo. Sepolcri in pietra del 2000 a.C. sono stati localizzati ad [[Appiano sulla strada del vino|Appiano]]. Il [[clima]] era ancora più mite di oggi, come dimostrano i reperti localizzati in grotte della [[Val Pusteria]].
 
Intorno al 500 a.C. si sviluppò la [[cultura di Fritzens-Sanzeno]], conosciuta anche come la cultura dei [[Reti]], che prese il posto della cultura di Luco-Meluno a sud dello spartiacque alpino e della cultura dei campi d'urne a nord dello stesso.<ref name="Gleirscher 1991">{{cita|Gleirscher 1991}}.</ref> Il nome di "Reti" per queste popolazioni viene tramandato dagli scrittori [[Storia romana|romani]]; la sua origine è incerta ([[Gaio Plinio Secondo|Plinio]] lo attribuiva a un loro antico capo, ''Raetus''<ref>''[[Naturalis historia|Nat. Hist.]]'' III.133: ''Raetos Tuscorum prolem arbitrantur a Gallis pulsos duce Raeto'' ("Si ritiene che i Reti siano una stirpe etrusca scacciata dai Galli [e postasi] sotto il comando di Reto").</ref>), mentre sia [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]]<ref>Gaio Plinio Secondo, ''Naturalis Historia'', III, 133.</ref> sia lo storico romano [[Tito Livio]]<ref>Tito Livio, ''[[Ab Urbe condita libri|Storie]]'', V, 33, 11</ref> affermano che i [[Reti]] sarebbero della stessa etnia degli [[Etruschi]]. Per altri il nome sembra connesso con la principale divinità di questi popoli, la dea [[Rezia|Raetia]].<ref name="Gleirscher 1991"/> Come nella precedente cultura di Luco-Meluno, è la ceramica riccamente decorata che contraddistingue Fritzens-Sanzeno, mentre la lavorazione degli oggetti di metallo è influenzata dalle civiltà degli [[Etruschi]] e dei [[Celti]]. Tipici della [[cultura di Fritzens-Sanzeno]] sono i luoghi di culto, peraltro già frequentati dalla cultura di Luco-Meluno, certi tipi di [[fibula (spilla)|fibula]], particolari armature in bronzo e un alfabeto di derivazione [[Etruschi|etrusca]].
Per l'[[età del bronzo]] (1800-1300 a.C.) sono attestati insediamenti sia nelle valli principali che in quelle secondarie, localizzati su terrazzi alluvionali e su siti d'altura. Intorno al 1500 a.C., l'uomo si spinse più in alto, lasciando le vallate di mezzamontagna, per estrarre il rame in [[Valle Aurina]] e d'[[Isarco]]. Durante l'età del bronzo e del [[età del ferro|ferro]] nella regione sono attestate culture locali autoctone che occupavano approssimativamente l'area del [[Tirolo|Tirolo storico]].
 
== Epoca romana ==
Appartiene alla tarda età del bronzo e alla prima età del ferro la [[cultura di Luco-Meluno]], che prende il nome da due importanti siti archeologici presso Bressanone.<ref>Cfr. a proposito Walter Leitner, ''Eppan - St. Pauls, eine Siedlung der späten Bronzezeit: ein Beitrag zur inneralpinen Laugen/Melaun-Kultur'', 2 voll., Innsbruck, Università di Innsbruck, 1987.</ref> Essa ebbe origine nel XIV secolo a.C. nella [[valle dell'Adige]] tra [[Trento]] e Bolzano, da dove si diffuse fino ad occupare all'incirca l'area del Trentino a nord di [[Rovereto]], dell'Alto Adige, del [[Tirolo Orientale]] e della Bassa [[Engadina]].<ref>Gleirscher 1992.</ref> La cultura di Luco-Meluno è caratterizzata dal un particolare stile di ceramica riccamente decorata, mentre la produzione metallurgica è influenzata dalle culture circostanti. Gli appartenenti a questa cultura cremavano i loro morti e raccoglievano i resti in urne che poi venivano sepolte in modo simile alla [[cultura dei campi di urne]], attestatasi in questo stesso periodo nelle valli del [[Tirolo Settentrionale]]. I santuari nei quali venivano adorate le divinità si trovavano su colline sovrastanti le vallate e vicino a corsi d'acqua e laghi, spesso anche in aree remote. I ricchi corredi funebri rinvenuti dagli archeologi dimostrano che la cultura di Luco-Meluno raggiunse il suo apice tra il XIII e l'XI secolo a.C., soprattutto grazie all'estrazione del [[rame]], materiale necessario per la produzione del [[bronzo]].
[[File:Drusus the elder bust.jpg|thumb|upright=0.7|[[Druso maggiore|Druso Maggiore]]]]
[[File:Droysens Hist Handatlas S17 Germanien.jpg|thumb|left|Le provincie della Rezia e del Norico]]
La [[conquista di Rezia ed arco alpino sotto Augusto]] avvenuta tra il [[16 a.C.|16]] e il [[7 a.C.]] portò la [[civiltà romana]] con [[Druso maggiore|Druso]] e [[Tiberio]] ad occupare il territorio [[alpi]]no, spingendosi fino alle rive del [[Danubio]]. La parte settentrionale dell'odierno Alto Adige venne divisa fra le due [[Provincia romana|province]] [[Rezia]] (''Raetia prima'' e ''Raetia secunda'') e [[Norico]] (''Noricum''), mentre quella meridionale che includeva la Val d'Adige fino all'altezza di Merano venne inclusa nella [[Regio X Venetia et Histria]]. L'insediamento di maggiori dimensioni finora noto è Sebatum/[[San Lorenzo di Sebato]], un importante snodo stradale.<ref>{{cita web|lingua=de, it|url=http://www.mansio-sebatum.it/|titolo=Museo Mansio Sebatum|accesso=29 marzo 2023}}</ref>
 
Il [[periodo romano]] lasciò profonde tracce nella regione che fu fortemente [[lingue romanze|latinizzata]]. Le popolazioni autoctone, quali [[Isarci]], [[Breuni]], [[Venosti]], svilupparono una parlata neolatina nella quale si fuse il sostrato retico-[[celti]]co, il cosiddetto [[lingue retoromanze|retoromanzo]].<ref>{{cita libro|lingua=de|curatore1=Günter Holtus|curatore2=Michael Metzeltin|curatore3=Christian Schmitt|titolo=Lexikon der Romanistischen Linguistik|volume=vol. III: ''Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete von der Renaissance bis zur Gegenwart. Rumänisch, Dalmatisch / Istroromanisch, Friaulisch, Ladinisch, Bündnerromanisch''|editore=Niemeyer|città=Tübingen|anno=1989}}</ref> Fanno parte di questo [[gruppo linguistico]] le odierne varianti del [[lingua ladina|ladino]], oltre al [[lingua romancia|romancio]] e al [[lingua friulana|friulano]].
Intorno al 500 a.C. si sviluppò la [[cultura di Fritzens-Sanzeno]], conosciuta anche come la cultura dei [[Reti]], che prese il posto della cultura di Luco-Meluno a sud dello spartiacque alpino e della cultura dei campi d'urne a nord dello stesso.<ref name="Gleirscher 1991">Gleirscher 1991.</ref> Il nome di "Reti" per queste popolazioni viene tramandato dagli scrittori [[Storia romana|romani]]; la sua origine è incerta ([[Gaio Plinio Secondo|Plinio]] lo attribuiva a un loro antico capo, ''Raetus''<ref>''[[Naturalis historia|Nat. Hist.]]'' III.133: ''Raetos Tuscorum prolem arbitrantur a Gallis pulsos duce Raeto'' ("Si ritiene che i Reti siano una stirpe etrusca scacciata dai Galli [e postasi] sotto il comando di Reto").</ref>), mentre sia [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]]<ref>Gaio Plinio Secondo,''Naturalis Historia'', III, 133</ref> sia lo storico romano [[Tito Livio]]<ref>Tito Livio,''Storie'', V, 33, 11</ref> affermano che i [[Reti]] sarebbero della stessa etnia degli [[Etruschi]]. Per altri il nome sembra connesso con la principale divinità di questi popoli, la dea [[Rezia|Raetia]].<ref name="Gleirscher 1991"/> Come nella precedente cultura di Luco-Meluno, è la ceramica riccamente decorata che contraddistingue Fritzens-Sanzeno, mentre la lavorazione degli oggetti di metallo è influenzata dalle civiltà degli [[Etruschi]] e dei [[Celti]]. Tipici della [[cultura di Fritzens-Sanzeno]] sono i luoghi di culto, peraltro già frequentati dalla cultura di Luco-Meluno, certi tipi di [[fibula (spilla)|fibula]], particolari armature in bronzo e un alfabeto di derivazione [[Etruschi|etrusca]].
 
Secondo la controversa [[teoria della continuità]] le popolazioni alpine avrebbero parlato un idioma romanzo già prima della conquista romana e il ladino sarebbe una lingua italide modificata da influssi slavi attribuibili a cercatori di rame provenienti dall'area balcanica durante l'età del bronzo.<ref>Alinei 2000, p. 747-750</ref> Questa teoria si scontra però col fatto che la presenza di [[Slavi]] nei Balcani è accertata solo a partire dai tempi delle invasioni di [[Attila]], intorno al 440 d.C.<ref>{{cita|Lockwood|p. 56}}.</ref><ref>{{cita libro|lingua=en|autore-capitolo= Walter Pohl|capitolo=Conceptions of Ethnicity in Early Medieval Studies|titolo=Debating the Middle Ages: Issues and Readings|curatore1=Lester K. Little|curatore2=Barbara H. Rosenwein|città=London|editore=Blackwell|anno=1998|pp=13-24}}</ref>
==Epoca romana==
{{vedi anche|Conquista di Rezia ed arco alpino sotto Augusto}}
[[File:Drusus the elder bust.jpg|thumb|200px|right|[[Druso Maggiore]]]]
[[File:Droysens Hist Handatlas S17 Germanien.jpg|thumb|250px|left|Le provincie della Rezia e del Noricum]]
[[File:Shepherd Map of Ancient Italy, Northern Part.jpg|thumb|250px|right|L'[[Italia_romana#L.27Italia_augustea_.2830_a._C._-_14_d._C..29|Italia augustea]], con la Regio X "Venetia et Histria"]]
Nel [[16 a.C.]] e [[15 a.C.]], i [[Civiltà romana|Romani]] sotto [[Druso maggiore|Druso]] e [[Tiberio Claudio Nerone|Tiberio]] occuparono il territorio [[alpi]]no, spingendosi fino alle rive del [[Danubio]]. La parte settentrionale dell'odierno Alto Adige venne divisa fra le due [[Provincia romana|province]] [[Rezia]] (''Raetia prima'' e ''Raetia secunda'') e [[Norico]] (''Noricum''), mentre quella meridionale che includeva la Val d'Adige fino all'altezza di Merano venne inclusa nella [[Regio X Venetia et Histria]]. L'insediamento di maggiori dimensioni finora noto è Sebatum/[[San Lorenzo di Sebato]], un importante snodo stradale.<ref>[http://www.mansio-sebatum.it/ Museo Mansio Sebatum]</ref>
 
Dopo l'anno 400 d.C., nella tarda romanità, si diffuse il [[cristianesimo]], influenzando in misura crescente la vita pubblica e privata. La sede vescovile di [[Monastero di Sabiona|Sabiona]], presso l'odierna [[Chiusa (Italia)|Chiusa]], ebbe un ruolo importante nella cristianizzazione del territorio.<ref>{{cita libro|lingua=de|autore-capitolo=Josef Riedmann|capitolo=Das Bistum Säben. Von Aquileia nach Salzburg|titolo=Brüche und Brücken. Kulturtransfer im Alpenraum von der Steinzeit bis zur Gegenwart|curatore=Johann Holzner ''et al.''|città=Wien-Bozen|editore=Folio|anno=2005|pp=223-235}}</ref>
Il [[Impero romano|periodo romano]] si protrasse per cinque secoli e lasciò profonde tracce nella regione che fu fortemente [[lingue neolatine|latinizzata]]. Le popolazioni autoctone, quali [[Isarci]], [[Breuni]], [[Venosti]], svilupparono una parlata neolatina nella quale si fuse il sostrato retico-[[celtico]], il cosiddetto [[retoromanzo]].<ref>Günter Holtus, Michael Metzeltin, Christian Schmitt (a cura di), ''Lexikon der Romanistischen Linguistik'', vol. III: ''Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete von der Renaissance bis zur Gegenwart. Rumänisch, Dalmatisch / Istroromanisch, Friaulisch, Ladinisch, Bündnerromanisch'', Niemeyer, Tübingen, 1989.</ref> Fanno parte di questo [[gruppo linguistico]] le odierne varianti del [[ladino]], oltre al [[romancio]] e al [[lingua friulana|friulano]].
 
== Alto Medioevo ==
Secondo la controversa [[teoria della continuità|teoria etnolinguistica della continuità]], invece, le popolazioni alpine parlavano un idioma romanzo già prima della conquista romana. Secondo questa teoria, il ladino sarebbe una lingua italide modificata da influssi slavi attribuibili a cercatori di rame provenienti dall'area balcanica durante l'età del bronzo<ref>Alinei 2000, p. 747-750</ref>. Questa teoria si scontra però col fatto che la presenza di [[Slavi]] nei Balcani è accertata solo a partire dai tempi delle invasioni di [[Attila]], intorno al 440 d.C.<ref>W.B. Lockwood, ''A Panorama of Indo-European Languages'', p. 56.</ref><ref>Cfr. Walter Pohl, ''Conceptions of Ethnicity in Early Medieval Studies'', in ''Debating the Middle Ages: Issues and Readings'', a cura di Lester K. Little e Barbara H. Rosenwein, London, Blackwell, 1998, pp. 13-24.</ref>
[[File:Karte Herzogtum Bayern im 10. Jahrhundert.png|thumb|left|Massima espansione territoriale del ducato di Baviera (952-976)]]
[[File:Oswald von Wolkenstein 2.jpg|thumb|upright=0.7|Oswald von Wolkenstein, 1377-1445]]
[[File:DO-Ballei Bozen.png|thumb|upright=0.7|Il Baliato medievale dell'[[Ordine teutonico|Ordine Teutonico]]]]
Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 d.C., la regione fu invasa da popolazioni barbare germaniche. Questo comportò l'inclusione nel Regno di Odoacre e successivamente nel Regno degli Ostrogoti (493-553). Dopo la caduta del regno ostrogoto, nel 558-559 fu la volta dei [[Longobardi]], che annetterono al loro [[Regno longobardo|regno]] la regione. Bolzano e parte delle valli d'Adige e d'Isarco (da Maia-Merano a Sabiona) entrarono a far parte del [[Ducato di Baviera]]. I [[Bavari|Baiuvari]] e i [[Franchi]] a più riprese penetrarono in Val Venosta e Val Pusteria, i primi favoriti dagli alleati Longobardi, che continuarono a controllare il Ducato di Trento.
 
All'inizio dell'[[VII secolo]] anche la conca meranese era stata occupata dai Baiuvari e nel [[679]], come attesta [[Paolo Diacono]], un ''comes'' baiuvaro reggeva Bolzano,<ref>[[Historia Langobardorum]] V, 36: "''comes Baiuvariorum, quem illi gravionem dicunt, qui regebat Bauzanum et reliqua castella''"</ref> facendone il lembo più meridionale del [[Storia della Baviera#Il Ducato di Baviera|Ducato di Baviera]]. Contestualmente, da questo periodo fino al XII secolo è attestato l'uso della [[Lex Baiuvariorum]].<ref>[[Hannes Obermair]], ''Das Recht der tirolisch-trientinischen „Regio“ zwischen Spätantike und Frühmittelalter'', in «Concilium Medii Aevi», 9, 2006, pp. 141–158, qui pp. 149ss. [http://cma.gbv.de/dr,cma,009,2006,a,07.pdf (PDF)]</ref>
Dopo l'anno 400 d.C., nella tarda romanità, si diffuse il [[cristianesimo]], influenzando in misura crescente la vita pubblica e privata. La sede vescovile di [[Sabiona]], presso l'odierna [[Chiusa (Italia)|Chiusa]], ebbe un ruolo importante nella cristianizzazione del territorio.<ref>Josef Riedmann, ''Das Bistum Säben. Von Aquileia nach Salzburg'', in ''Brüche und Brücken. Kulturtransfer im Alpenraum von der Steinzeit bis zur Gegenwart'', a cura di Johann Holzner et. al., Vienna-Bolzano, Folio, 2005, pp. 223-235.</ref>
 
Nel 774 d.C. [[Carlo Magno]] sconfisse i Longobardi a [[Pavia]] e conquistò il regno longobardo d'Italia. Pochi anni più tardi, nel 788, riuscì a sconfiggere anche i Baiuvari, capeggiati dal duca [[Tassilone III di Baviera|Tassilone III]] (il fondatore del [[Collegiata di San Candido|convento di San Candido]] nel 769). Il territorio della provincia passò dunque sotto l'[[Impero carolingio|Impero Carolingio]]. Fu decisivo in questo contesto l'inglobamento della [[Sede titolare di Sabiona|diocesi di Sabiona]], dal [[798]] in poi, nella [[Provincia ecclesiastica|metropolia]] di [[Arcidiocesi di Salisburgo|Salisburgo]], abbandonando così l'orientamento precedente verso [[Patriarcato di Aquileia|Aquileia]].<ref>{{cita pubblicazione|lingua=de|autore=Josef Riedmann|titolo=Säben-Brixen als bairisches Bistum|rivista=Jahresberichte der Stiftung Aventinum|numero=5|anno=1990|pp=5 ss.}}</ref> Ciò favorì ulteriormente la colonizzazione delle valli della Rienza, dell'Isarco e dell'Adige da parte di popolazioni nordalpine. L'area sudtirolese seguì pertanto le vicende dell'impero carolingio, dalla [[Trattato di Prüm (855)|ripartizione di Prüm]] nell'855 alla fondazione del [[Sacro Romano Impero]] nel 962 (dal 1512 Sacro Romano Impero della Nazione Germanica).
==Alto Medioevo==
[[File:Oswald von Wolkenstein 2.jpg|thumb|150px|Oswald von Wolkenstein, 1377&nbsp;– 1445]]
[[File:DO-Ballei Bozen.png|thumb|right|150px|Il Baliato medievale dell'[[Ordine Teutonico]]]]
Con la [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]] nel 476 d.C., la regione fu inclusa nel Regno di [[Odoacre]] e successivamente nel [[Regno degli Ostrogoti]] (493-553). Dopo la caduta del regno ostrogoto, nel 558-559 fu la volta dei [[Longobardi]], che annessero al loro [[Regno longobardo|regno]] la regione. Bolzano e parte delle valli d'Adige e d'Isarco (da Maia-Merano a Sabiona) entrarono a far parte del [[ducato di Trento]]. I [[Baiuvari]] e i [[Franchi]] a più riprese penetrarono in Val Venosta e Val Pusteria, questi ultimi favoriti dagli alleati Longobardi, che continuarono a controllare il Ducato di Trento.
 
== Germanizzazione ==
All'inizio dell'[[VII secolo]] anche la conca meranese era stata occupata dai Baiuvari e nel [[679]], come attesta [[Paolo Diacono]] un ''comes'' baiuvaro reggeva Bolzano.<ref>[[Historia Langobardorum]] V, 36: "''comes Baiuvariorum, quem illi gravionem dicunt, qui regebat Bauzanum et reliqua castella''".</ref>
[[File:Austrian Circle-2005-10-14-en.png|thumb|Mappa delle Province Imperiali all'inizio del XVI secolo. La [[Provincia Austriaca]] con le zone tirolesi e trentine è in arancio.]]
Nel 774 d.C. [[Carlo Magno]] sconfisse i Longobardi a [[Pavia]] e conquistò il regno longobardo d'Italia. Pochi anni più tardi, nel 788, ebbe ragione anche dei Baiuvari. Il territorio passò dunque sotto l'[[Impero Carolingio]]. Fu decisivo in questo contesto l'inglobamento della chiesa vescovile di [[diocesi di Sabiona|Sabiona]], dal [[798]] in poi, nella metropoli vescovile di [[Salisburgo]], abbandonando così l'orientamento precedente verso [[Aquileia]].<ref>Cfr. Josef Riedmann, ''Säben-Brixen als bairisches Bistum'', in «Jahresberichte der Stiftung Aventinum», 5, 1990, pp. 5ss.</ref>
[[File:Berlin mgf 474.jpg|thumb|Il manoscritto dei [[Nibelunghi]] del 1300 ca., scoperto nell'Ottocento in [[Val Venosta]] e conservato oggi alla ''[[Staatsbibliothek]]'' di [[Berlino]], mgf 474|alt=|204x204px]]
Nell'alto Medioevo cominciò il processo di [[germanizzazione]] dei territori alpini centrali, non densamente popolati, a spese dell'originaria popolazione [[Lingue retoromanze|retoromanza]], da parte di popolazioni barbariche, quali [[Longobardi]], [[Franchi]] e soprattutto [[Bavari|Baiuvari]].<ref>{{cita libro|lingua=de|autore-capitolo=Volker Bierbrauer|capitolo=Langobarden, Bajuwaren und Romanen im mittleren Alpengebiet im 6. und 7. Jahrhundert - Siedlungsarchäologische Studien zu zwei Überschichtungsprozessen in einer Grenzregion und zu den Folgen für die Alpenromania|titolo=Grenzen und Grenzregionen|curatore=Wolfgang Haubrich|città=Saarbrücken|anno=1994|pp=147-178}}</ref> Il territorio dell'odierno Alto Adige alla [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]] era infatti incluso nella regione di parlata retoromanza, che si estendeva dagli attuali [[Cantone dei Grigioni|Grigioni]] al [[Friuli]].<ref>{{cita|Belardi 2003|pp. 9-10}}.</ref> Nei secoli seguenti le popolazioni alpine, frammentate e prive di strutture politiche e sociali comuni, rimasero soggette a forti pressioni demografiche, culturali e linguistiche da parte delle popolazioni circumalpine.<ref>{{cita|Billigmeier 1983|pp. 35-36}}.</ref>
 
Sin dal [[VII secolo]] le lingue germaniche penetrarono nella regione, a partire dalla [[val Pusteria]] e dalla zona a nord di [[Merano]] verso le altre vallate. Nei secoli XII-XIII la penetrazione divenne generale, come testimoniano i documenti storici<ref>{{cita libro|lingua=de|titolo=[[Tiroler Urkundenbuch]]. Die Urkunden zur Geschichte des deutschen Etschlandes, des Inn-, Eisack- und Pustertals|curatore1=Franz Huter|curatore2=Martin Bitschnau|curatore3=[[Hannes Obermair]]|volume=5 voll.|città=Innsbruck|editore=Universitätsverlag Wagner|anno=1929-2012}}</ref> e la micro[[toponomastica]] ad oggi esistente.<ref>{{cita libro|lingua=de|autore1=Karl Finsterwalder|autore2=Hermann M. Ölberg|autore3=Nikolaus Grass|titolo=Tiroler Ortsnamenkunde. Gesammelte Aufsätze und Arbeiten|volume=3 voll.|città=Innsbruck|editore=Universitätsverlag Wagner|anno=1990|ISBN=3-7030-0222-0}}</ref> Strati neoromanzi erano presenti in [[val Venosta]] ancora nel [[XVI secolo]], e lo sono tutt'oggi nelle valli ladine ([[Val Gardena]], [[Marebbe]] e [[Val Badia]]).<ref>{{cita|Riedmann 1990|pp. 250 ss.}}</ref>
==I principati vescovili (Trento e Bressanone)==
[[File:Principato vescovile trento.png|thumb|250px|right|Il Principato Vescovile di Trento alla sua fondazione]]
L'imperatore del Sacro Romano Impero [[Corrado II]], nel 1027 concesse ai [[principato vescovile di Trento|vescovi di Trento]] e [[principato vescovile di Bressanone|Bressanone]] il [[potere temporale]] sulle rispettive [[diocesi]], secondo una consuetudine tipica dell'impero (vedi [[principe vescovo]]), che aveva lo scopo di limitare il potere delle famiglie nobiliari. Il territorio dell'odierno Alto Adige fu di conseguenza assegnato ai principi-vescovi.
 
La germanizzazione dell'attuale Alto Adige, come di tutta la regione storica del [[Tirolo]], fu dunque un processo lento, continuo e intenso<ref>A proposito Riedmann 1990, pp. 250ss.</ref> e vide sia il progressivo arretramento delle popolazioni di cultura retoromanza (gli antenati degli attuali [[lingua ladina|ladini]]) sia la conquista di nuovi spazi in precedenza disabitati come le valli laterali. Anche le epidemie cicliche, come la [[peste]] trecentesca e seicentesca, portarono a ingenti sostituzioni di popolazioni.<ref>Cfr. la sintesi offerta da {{cita libro|autore=Michaela Fahlenbock|titolo=Der Schwarze Tod in Tirol: Seuchenzüge - Krankheitsbilder - Auswirkungen|città=Innsbruck-Wien-Bozen|editore=Studienverlag|anno=2009|ISBN=978-3-7065-4535-8}}</ref> La nobiltà e il clero germanico furono i principali attori della germanizzazione capillare, possedendo ingenti latifondi nelle zone di Bolzano e Merano (a produzione prevalentemente vinicola).<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Andreas Otto Weber|titolo=Studien zum Weinbau der altbayerischen Klöster im Mittelalter. Altbayern - österreichischer Donauraum - Südtirol|collana=Vierteljahrschrift für Sozial- und Wirtschaftsgeschichte|numero=141|città=Stuttgart|editore=Steiner|anno=1999}}</ref> Tra i maggiori proprietari terrieri figuravano i vescovi di [[Augusta (Germania)|Augusta]] e [[Frisinga]], i conventi di [[Schäftlarn]], [[Convento di Herrenchiemsee|Herrenchiemsee]] e [[Weingarten]] nonché le casate degli [[Ariboni]] e degli [[Andechs]].<ref>{{cita pubblicazione|lingua=de|autore=Adolf Sandberger|titolo=Das Hochstift Augsburg an der Brennerstraße|rivista=Zeitschrift für bayerische Landesgeschichte|volume=36|anno=1973|pp=586-599}}</ref> L'immigrazione germanica seguì due direttrici: i contadini [[germani]]ci si stabilirono nelle vallate più settentrionali e remote, portando la lingua tedesca negli ambienti rurali delle valli; i commercianti tedeschi dalle zone [[austria]]che e della [[Germania]] meridionale, soprattutto della [[Baviera]] e della [[Svevia]], si stabilirono invece nei centri urbani come [[Bolzano]], [[Merano]], [[Vipiteno]] e [[Brunico]].<ref>{{de}} Franz Huter, ''Beiträge zur Bevölkerungsgeschichte Bozens im 16.–18. Jahrhundert'', Bolzano, Athesia, 1948 (con ampie statistiche sulla prevalenza dell'immigrazione germanica rispetto a quella italiana, durante tutto l'[[ancien Régime|antico regime]]).</ref>
Al vescovo di Trento Udalrico II l'imperatore donò il comitato di Trento, che corrispondeva all'antico ducato longobardo, il comitato di Venosta, e il comitato di Bolzano. Nei comitati di Trento e Bolzano il vescovo di Trento esercitava sia la giurisdizione ecclesiastica che quella temporale, mentre nel comitato di [[Val Venosta|Venosta]] la giurisdizione ecclesiastica rimase al [[diocesi di Coira|vescovo di Coira]].
 
Lo sviluppo della lingua tedesca non escluse continui contatti e presenze di persone e gruppi di lingue italiche, anche grazie alle pratiche economiche e alla diffusione del [[notaio|sistema notarile]], recepito soprattutto dal Trentino.<ref>{{cita libro|autore-capitolo=Hannes Obermair|curatore=Andrea Giorgi ''et al.''|capitolo=Il notariato nello sviluppo della città e del suburbio di Bolzano nei secoli XII–XVI|titolo=Il notariato nell'arco alpino. Produzione e conservazione delle carte notarili tra medioevo e età moderna|serie=Studi storici sul notariato italiano|numero=XVI|editore=Giuffrè|città=Milano|anno=2014|ISBN=978-88-14203794|pp=293-322}}</ref> Commercianti italiani provenienti dal [[Principato vescovile di Trento|Principato Vescovile di Trento]] e dalla [[Repubblica di Venezia]] nonché banchieri esuli da [[Firenze]], tra cui i ''Botsch'', si trasferirono a Bolzano e generalmente si germanizzarono nel corso di una sola generazione.<ref>{{cita pubblicazione|lingua=de|autore=Josef Riedmann|titolo=Die ältesten Aufzeichnungen in italienischer Sprache in Südtirol|rivista=Der Schlern|numero=52|anno=1978|pp=15-27}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|lingua=de|autore=Gustav Pfeifer|titolo="Neuer" Adel im Bozen des 14. Jahrhunderts: Botsch von Florenz und Niklaus Vintler|rivista=Pro Civitate Austriae|volume=Ser. NF, vol. 6|anno=2001|pp=3-23}}</ref> Contatti commerciali mantennero sempre vivi i rapporti con [[Venezia]], verso la quale furono esportati pregiati legni utilizzati per la fabbricazione navale<ref>Robert C. Davis, ''Costruttori di navi a Venezia'', Vicenza, 1997.</ref><ref>Ennio Concina, ''L'Arsenale della Repubblica di Venezia'', Venezia, 1984.</ref>, come con le due metropoli commerciali della Germania meridionale, [[Norimberga]] e Augusta.<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Franz Bastian|titolo=Oberdeutsche Kaufleute in den älteren Tiroler Raitbüchern 1288-1370: Rechnungen und Rechnungsauszüge samt Einleitung und Kaufmannsregister|città=München|anno=1931}}</ref>
Anche il vescovo di [[Bressanone]] venne investito di poteri politici. A lui spettava il dominio sulla valle inferiore dell'Inn, il [[Wipptal]] e la [[valle dell'Isarco]], inclusa la val di Fassa e Livinallongo. Nel 1091 l'imperatore [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] aggiunse al dominio di Bressanone il comitato di Pusteria.<ref>Bellabarba 1994, p. 21.</ref> Queste donazioni si pongono all'interno di un progetto di egemonia sulla chiesa perseguito dalla dinastia degli [[Ottoni (famiglia)|Ottoni]]. I vescovi venivano scelti nell'ambito delle famiglie fedeli all'imperatore, e garantivano all'imperatore sostegno morale e politico, senza che ami potessero sorgere problemi dinastici. Le chiese vescovili così divennero uno strumento efficace per contrastare l'ascesa delle grandi casate dei duchi di [[Baviera]], [[Svevia]] e [[Lorena]], e per mantenere il controllo sulle importanti vie di comunicazione verso sud che passavano per la rotta del [[Brennero]].<ref>Bellabarba 1994, pp. 24-25.</ref>
 
A testimoniare l'inserimento dell'odierno Alto Adige nell'area culturale tedesca medioevale, è a Merano che nacque [[Aribo di Frisinga]], autore di un vocabolario tedesco-latino, che è la più antica testimonianza scritta in [[lingua tedesca]].
Circa 80 furono le spedizioni in Italia compiute dai re germanici tra il X e il XIII secolo che per attraversare i valici alpini fecero concessioni e donazioni ai vescovi di Trento e [[Sabiona]]. Antica documentazione è l<nowiki>'</nowiki>''Immunitas'' al vescovo di Sabiona Lanfrido (845-848) da parte dell'imperatore Ludovico il Germanico.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 18}}</ref> La consacrazione dell'imperatore del [[Sacro Romano Impero|Sacro romano impero di nazionalità tedesca]] prevedeva infatti un viaggio a Roma per l'incoronazione da parte del papa, in seguito all'elezione da parte dei [[principi elettori]]. L'ultimo imperatore incoronato a Roma dal papa fu [[Federico III d'Asburgo]] (1452).
Mentre è solo un'ipotesi, viceversa, che il poeta [[Walther von der Vogelweide]] (1170 circa&nbsp;– 1230 circa) sia nato nell'attuale Alto Adige, il luogo natale di [[Oswald von Wolkenstein]] (1377–1445) è ancora oggi dibattuto tra castel Schöneck, in territorio di [[Falzes]], e la Trostburg a [[Ponte Gardena]]. Entrambi questi poeti sono considerati tra i maggiori scrittori tedeschi medievali. Dal tardo Quattrocento vi è una vasta produzione di ''Osterspiele'' e ''Passionsspiele'' in lingua tedesca nei maggiori centri cittadini, come Bolzano e Vipiteno, i cui testi formano il nucleo del corpus di rappresentatzioni sacrali mitteleuropei attorno al 1500.<ref>Vedi al riguardo Bernd Neumann, Hannes Obermair, ''Tiroler Spiele'', in Wilhelm Kühlmann et al. (a cura di), ''Killy Literaturlexikon'', vol. 11, Berlin-New York, Walter De Gruyter, 2011, pp. 546–548.</ref>
I principi-vescovi mantennero il potere, via via più formale che effettivo, fino alla [[secolarizzazione]] napoleonica del 1803.
 
== Principati vescovili di Trento e Bressanone ==
Dal [[XIII secolo]] fino alla [[secolarizzazione]] il territorio dell'Alto Adige fece anche parte del [[An der Etsch|baliato all'Adige e nei Monti]], una ripartizione dell'[[Ordine Teutonico]], con sede principale a [[Chiesa dell'Ordine Teutonico|Bolzano]].
[[File:HRR 1648 Brixen.png|thumb|Il Principato vescovile di Bressanone nel 1648, all'interno del [[Sacro romano impero]]]]
[[File:Principato vescovile trento.png|thumb|Il Principato vescovile di Trento alla sua fondazione]]
Antica documentazione è l{{'}}''Immunitas'' al vescovo di Sabiona Lanfrido (848) da parte di [[Ludovico II il Germanico]].<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''|p. 18}}.</ref><ref>{{cita libro |lingua= de | autore1= Martin Bitschnau|autore2=[[Hannes Obermair]] | titolo= Tiroler Urkundenbuch, II. Abteilung: Die Urkunden zur Geschichte des Inn-, Eisack- und Pustertals. Band 1: Bis zum Jahr 1140| editore = Universitätsverlag Wagner | città= Innsbruck | anno= 2009 |pp=67-68|numero= 93| ISBN= 978-3-7030-0469-8 }}</ref> Nel 1027 l'imperatore del [[Sacro Romano Impero]], [[Corrado II il Salico]], concesse ai [[principato vescovile di Trento|vescovi di Trento]] e [[principato vescovile di Bressanone|Bressanone]] il [[potere temporale]] sulle rispettive [[diocesi]], secondo una consuetudine tipica dell'impero. La creazione di un [[principe vescovo]] limitava di fatto il potere delle famiglie nobiliari.
 
Al vescovo di Trento [[Udalrico II]] l'imperatore donò la [[Marca di Trento]], che corrispondeva all'antico ducato longobardo, aggiungendovi il territorio di Venosta, e di Bolzano. A Trento e Bolzano il vescovo esercitò sia la giurisdizione ecclesiastica sia quella temporale, mentre in [[Val Venosta]] la giurisdizione ecclesiastica rimase alla [[diocesi di Coira]].
==Germanizzazione==
[[File:Austrian Circle-2005-10-14-en.png|thumb|300px|Mappa delle Province Imperiali all'inizio del XVI secolo La [[Provincia Austriaca]] con le zone tirolesi e trentine è in arancio]]
[[File:Rätoromanisches Sprachgebiet im Frühmittelalter.PNG|thumb|left|200px|Il Romancio durante l'alto Medioevo:<br />
{{Legend|#FF8000|area persa a favore di tedesco e italiano, 700–1100}}<br />
{{Legend|#FFFF80|area a parlata romancia, ''c''. 1100}}]]
Nell'alto Medioevo cominciò il processo di [[germanizzazione]] dei territori alpini centrali, non densamente popolati, a spese dell'originaria popolazione [[Lingue retoromanze|retoromanza]] da parte di [[Longobardi]], [[Franchi]] e soprattutto [[Baiuvari]].<ref>Volker Bierbrauer, ''Langobarden, Bajuwaren und Romanen im mittleren Alpengebiet im 6. und 7. Jahrhundert - Siedlungsarchäologische Studien zu zwei Überschichtungsprozessen in einer Grenzregion und zu den Folgen für die Alpenromania'', in ''Grenzen und Grenzregionen'', a cura di Wolfgang Haubrich, Saarbrücken, 1994, pp. 147-178.</ref> Il territorio dell'odierno Alto Adige alla caduta dell'[[Impero romano]] era infatti incluso nella regione di parlata retoromanza, che si estendeva dagli attuali [[Grigioni]] al [[Friuli]].<ref>Belardi 2003, pp. 9-10.</ref> Nei secoli seguenti le popolazioni alpine, frammentate e prive di strutture politiche e sociali comuni, rimasero soggette a forti pressioni demografiche, culturali e linguistiche da parte delle popolazioni circumalpine.<ref>Billigmeier 1983, pp. 35-36.</ref>
 
Anche il vescovo di [[Bressanone]] venne investito di poteri temporali, ottenendo il potere politico sulla valle inferiore dell'[[Inn]], il [[Wipptal]] e la [[valle Isarco]], inclusa la [[Val di Fassa]] e [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]]. Nel 1091 l'imperatore [[Enrico IV di Franconia]] aggiunse al dominio di Bressanone il comitato della [[val Pusteria]].<ref>{{cita|Bellabarba 1994|p. 21}}.</ref> Queste concessioni di potere intendevano sottoporre la Chiesa all'egemonia dalla dinastia dei [[Dinastia salica|Salii]]. I vescovi venivano scelti solo se appartenenti a famiglie fedeli all'impero garantendo così sostegno all'imperatore quando si rendeva necessario. Il potere vescovile divenne uno strumento efficace per contrastare l'ascesa delle grandi casate legate al [[Ducato di Baviera]], [[Ducato di Svevia]] e al [[Ducato di Sassonia]] e per controllare le importanti vie di comunicazione dirette a sud che utilizzavano il [[passo del Brennero]].<ref>{{cita|Bellabarba 1994|pp. 24-25}}.</ref>
Sin dal [[VII secolo]] le lingue germaniche penetrarono nella regione, a partire dalla [[val Pusteria]] e dalla zona a nord di [[Merano]] verso le altre vallate. Nei secoli XII-XIII la penetrazione divenne generale, come testimoniano i documenti storici<ref>''Tiroler Urkundenbuch. Die Urkunden zur Geschichte des deutschen Etschlandes, des Inn-, Eisack- und Pustertals'', a cura di Franz Huter, Martin Bitschnau e Hannes Obermair, 5 voll., Innsbruck, Universitätsverlag Wagner, 1929-2012.</ref> e la micro[[toponomastica]] ad oggi esistente.<ref>Karl Finsterwalder, Hermann M. Ölberg, Nikolaus Grass, ''Tiroler Ortsnamenkunde. Gesammelte Aufsätze und Arbeiten'', 3 voll., Innsbruck, Universitätsverlag Wagner, 1990. ISBN 3-7030-0222-0</ref> Strati neoromanzi erano presenti in [[val Venosta]] ancora nel [[XVI secolo]], e lo sono tutt'oggi nelle valli ladine ([[Val Gardena]], [[Marebbe]] e [[Val Badia]]).<ref>Riedmann 1990, pp. 250ss.</ref>
 
Circa 80 furono le spedizioni in Italia compiute dai re germanici tra il X e il XIII secolo che per attraversare i valichi alpini fecero concessioni e donazioni ai vescovi di Trento e [[Monastero di Sabiona|Sabiona]]. La consacrazione dell'[[Imperatore del Sacro Romano Impero]] prevedeva infatti un viaggio a Roma per l'incoronazione da parte del papa, in seguito all'elezione da parte dei [[Principe del Sacro Romano Impero|principi tedeschi]]. L'ultimo imperatore incoronato a Roma dal papa fu [[Carlo V d'Asburgo]] nel 1530. Il potere dei principi-vescovi, via via più formale che effettivo, venne mantenuto fino alla sua abrogazione nel 1803 con la [[Reichsdeputationshauptschluss]], conseguente alle campagne napoleoniche.
La germanizzazione dell'attuale Alto Adige, come di tutta la regione storica del [[Tirolo]], fu dunque un processo lento, continuo e intenso<ref>A proposito Riedmann 1990, pp. 250ss.</ref> e vide sia il progressivo arretramento delle popolazioni di cultura retoromanza (gli antenati degli attuali [[ladini]]) sia la conquista di nuovi spazi in precedenza disabitati come le valli laterali. Anche le epidemie cicliche, come la [[peste]] trecentesca e seicentesca, portarono a ingenti sostituzioni di popolazioni.<ref>Cfr. la sintesi offerta da Michaela Fahlenbock, ''Der Schwarze Tod in Tirol: Seuchenzüge - Krankheitsbilder - Auswirkungen'', Innsbruck-Vienna-Bolzano, Studienverlag, 2009. ISBN 978-3-7065-4535-8</ref> La nobiltà e il clero d'Oltralpe furono i principali attori della germanizzazione capillare, possedendo ingenti latifondi nelle zone di Bolzano e Merano (a produzione prevalentemente vinicola).<ref>Cfr. Andreas Otto Weber, ''Studien zum Weinbau der altbayerischen Klöster im Mittelalter. Altbayern - österreichischer Donauraum - Südtirol'' (Vierteljahrschrift für Sozial- und Wirtschaftsgeschichte, Beiheft 141), Stoccarda, Steiner, 1999.</ref> Tra i maggiori proprietari terrieri figuravano i vescovi di [[Augusta (Germania)|Augusta]] e [[Frisinga]], i conventi di [[Schäftlarn]], [[Convento di Herrenchiemsee|Herrenchiemsee]] e [[Weingarten]] nonché le casate degli [[Ariboni]] e degli [[Andechs]].<ref>Adolf Sandberger, ''Das Hochstift Augsburg an der Brennerstraße'', in «Zeitschrift für bayerische Landesgeschichte», 36 (1973), pp. 586-599.</ref> L'immigrazione germanica seguì due direttrici: i contadini [[germani]]ci si stabilirono nelle vallate più settentrionali e remote, portando la lingua tedesca negli ambienti rurali delle valli; i commercianti tedeschi dalle zone [[austria]]che e della [[Germania]] meridionale, soprattutto della [[Baviera]] e della [[Svevia]], si stabilirono invece nei centri urbani come [[Bolzano]], [[Merano]], [[Vipiteno]] e [[Brunico]].<ref>Franz Huter, ''Beiträge zur Bevölkerungsgeschichte Bozens im 16.–18. Jahrhundert'', Bolzano, Athesia, 1948 (con ampie statistiche sulla prevalenza dell'immigrazione germanica rispetto a quella italiana, durante tutto l'[[antico regime]]).</ref>
 
Dal [[XIII secolo]] fino alla [[secolarizzazione]] il territorio dell'Alto Adige fece anche parte del [[Baliato dell'Ordine Teutonico all'Adige e nei Monti]], una ripartizione dell'[[Ordine teutonico|ordine]], che faceva riferimento al suo luogo di culto fondamentale rappresentato dalla [[chiesa dell'Ordine Teutonico]] a [[Bolzano]].
Lo sviluppo della lingua tedesca non escluse continui contatti e presenze di persone e gruppi di lingue italiche. Commercianti italiani provenienti dal [[Principato Vescovile di Trento]] e dalla [[Repubblica di Venezia]] nonché banchieri esuli da [[Firenze]], tra cui i ''Botsch'', si trasferirono a Bolzano e generalmente si germanizzarono nel corso di una sola generazione.<ref>Josef Riedmann, ''Die ältesten Aufzeichnungen in italienischer Sprache in Südtirol'', in «[[Der Schlern]]», 52, 1978, pp. 15-27.</ref><ref>Cfr. Gustav Pfeifer, ''"Neuer" Adel im Bozen des 14. Jahrhunderts: Botsch von Florenz und Niklaus Vintler'', in «Pro Civitate Austriae», Ser. NF, vol. 6, 2001, pp. 3-23.</ref> Contatti commerciali mantennero sempre vivi i rapporti con [[Venezia]], verso la quale furono esportati pregiati legni utilizzati per la fabbricazione navale.<ref>Robert C. Davis, ''Costruttori di navi a Venezia'', Vicenza 1997.</ref><ref>Ennio Concina, ''L'Arsenale della Repubblica di Venezia'', Venezia, 1984.</ref>, come con le due metropoli commerciali della Germania meridionale, [[Norimberga]] e Augusta.<ref>Franz Bastian, ''Oberdeutsche Kaufleute in den älteren Tiroler Raitbüchern 1288-1370: Rechnungen und Rechnungsauszüge samt Einleitung und Kaufmannsregister'', Monaco di Baviera, 1931.</ref>
 
== Ascesa dei conti di Tirolo e conflitto coi principati vescovili ==
A Merano nacque [[Arbeo di Frisinga]], autore di un vocabolario tedesco latino, che è la più antica testimonianza scritta in lingua tedesca.
[[File:Tirol Schloss 01.jpg|thumb|[[Castel Tirolo]]]]
È solo un'ipotesi, viceversa, che il poeta [[Walther von der Vogelweide]] (1170 circa&nbsp;– 1230 circa) sia nato in Alto Adige, mentre appare probabile che [[Oswald von Wolkenstein]] (1377-1445) sia nato in Val Pusteria. Entrambi questi poeti sono considerati tra i padri del tedesco letterario.
[[File:Meyers Konversations-Lexikon Bd. 15 1890 (128662329).jpg|thumb|Mappa del [[Tirolo]] storico]]
Nel corso del [[XII secolo]] iniziò l'ascesa delle casate nobiliari, a scapito del potere dei due principati vescovili, attraverso l'istituzione dell'[[Balivo|advocatia]]<ref name=palazzomagnifica>{{cita web|url=http://www.palazzomagnifica.eu/it/schede-approfondimento/occupazione-mainardo.html|titolo=Approfondimenti - L'occupazione tirolese di Mainardo|sito=palazzomagnifica.eu|accesso=26 ottobre 2020}}</ref> che permetteva un controllo territoriale, superando così progressivamente quello esercitato sino a qual momento dalla Chiesa. Questo permise l'ascesa dei [[conti del Tirolo]], nobile casata che prese il nome dal [[Castel Tirolo|castello]] presso [[Merano]]. I Tirolo sono noti circa dal 1140 come ''advocati'' (''Vögte'') dei vescovi di Trento, Bressanone e Coira. Grazie anche all'estinzione o eliminazione di casati avversari come i conti di Appiano, i conti di Morit-Greifenstein, i conti di [[Andechs]] e i signori di Vanga essi divennero la più potente autorità dell'alta val d'Adige. Il conte [[Alberto III di Tirolo]] nella prima metà del [[XIII secolo]] controllava un territorio che spaziava dalla valle dell'[[Engadina]] fino a Bolzano, ed includeva la val d'Isarco nei pressi di Bressanone e la valle dell'[[Inn]]. Si venne così a creare un dominio che univa territori a nord ed a sud dello spartiacque alpino.<ref>{{cita|Riedmann 1994|p. 53}}.</ref>
 
La figlia di Alberto, Adelaide, sposò il conte [[Mainardo I di Tirolo-Gorizia]] ([[1194]]-[[1258]]), che con la morte di Alberto III ereditò la contea del Tirolo. Dopo la morte di Mainardo I le due contee furono di nuovo divise fra i figli. A [[Mainardo II di Tirolo-Gorizia|Mainardo II]]<ref name=palazzomagnifica/> ([[1238]]-[[1295]]) spettò la contea di Tirolo e il titolo di conte di Tirolo-Gorizia mentre ad [[Alberto I di Gorizia-Tirolo|Alberto I]] andò la contea di Gorizia con il titolo di Conte di Gorizia-Tirolo.
==La perdita di potere dei principi vescovi e la nascita della Contea del Tirolo==
== Mainardo II di Tirolo-Gorizia: nascita della contea del Tirolo ==
[[File:Tirol Schloss 01.jpg|right|thumb|300px|[[Castel Tirolo]]]]
Attorno al [[1259]], con l'ascesa di [[Mainardo II di Tirolo-Gorizia]], vero fondatore della potenza tirolese, i conti di Tirolo divennero, di fatto, conti ''del'' Tirolo.<ref>{{cita libro|curatore=Josef Riedmann et al.|titolo=Il sogno di un principe: Mainardo II - la nascita del Tirolo. Mostra storica del Tirolo 1995, Castel Tirolo, Stift Stams (Catalogo)|città=Tirolo|editore=Museo Provinciale di Castel Tirolo|anno=1995|cid=Riedmann ''et al.'' 1995}}</ref> È durante il suo regno infatti che per la prima volta si impiega la denominazione “Tirolo” nel senso geografico di "regione comprendente parte del bacino dell'[[Inn]] e dell'[[Adige]]", e per questo è considerato il fondatore del Tirolo. Usando a seconda dei casi l'astuzia o la forza, egli seppe approfittare della strutturale debolezza del potere imperiale.<ref name=palazzomagnifica/><ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''}}.</ref>
[[File:Meyers b15 s0720a.jpg|right|thumb|300px|Mappa del [[Tirolo]] storico]]
Nel corso del [[XII secolo]] iniziò l'ascesa delle casate nobiliari, a scapito del potere dei due principi vescovi, attraverso l'istituzione della ''advocatia''. Con questo termine viene descritta una protezione concessa dai conti alle chiese, che con il passare del tempo divenne dominio effettivo sul territorio. Fu grazie a questo processo che iniziò l'ascesa dei [[conti di Tirolo]], una casata che prese il nome dall'[[Castel Tirolo|omonimo castello]] presso Merano. I Tirolo sono noti circa dal [[1140]] come ''advocati'' dei vescovi di Trento, Bressanone e Coira. Grazie anche all'estinzione o eliminazione di casati avversari come i conti di Appiano, i conti di Morit-Greifenstein, i conti di [[Andechs]] e i signori di Vanga essi diventano la più potente autorità dell'alta val d'Adige. Il conte [[Alberto III di Tirolo|Alberto III]] nella prima metà del [[XIII secolo]] controllava un territorio che spaziava dalla valle dell'[[Engadina]] fino a Bolzano, ed includeva la val d'Isarco nei pressi di Bressanone e la valle dell'[[Inn]]. Si venne così a creare un dominio che univa territori a nord ed a sud dello spartiacque alpino.<ref>Riedmann 1994, p. 53.</ref>
 
[[Mainardo II di Tirolo-Gorizia|Mainardo II]] diede ai propri domini i confini che poi, con minimi ampliamenti, restarono immutati dal tempo dell'[[Massimiliano I d'Asburgo|imperatore Massimiliano I]]<ref>{{cita|Riedmann 1994|p. 54}}; {{Cita|Riedmann ''et al.'' 1995}}.</ref> fino all'annessione dei principati vescovili nel 1815. Mainardo II continuò gli sforzi dei suoi predecessori, limitando i diritti e i poteri dei vescovi, e per far ciò non rinunciò all'azioni di forza. Nel [[1276]] conquistò Bolzano, distruggendone castello e palazzo vescovile, e ordinò l'abbattimento delle mura, con i cui resti venne colmato il fossato che circondava la città. Questi sviluppi trovano paralleli nelle regioni vicine: anche i vescovi di [[Verona]], [[Vicenza]], [[Feltre]] e [[Padova]] dovettero cedere diritti e poteri ai comuni ed ai nuovi signori. Forse furono anche questi esempi ad ispirare la radicale politica di Mainardo contro il potere temporale dei vescovi. Ma le sue azioni contro i vescovi di Trento e Bressanone non furono l'unico motivo per il suo successo. I suoi sforzi nell'amministrazione e nell'economia contribuirono in modo fondamentale al consolidamento interno ed esterno della contea. Mainardo ampliò le miniere di sale presso [[Hall in Tirol|Hall]], nell'odierno Tirolo austriaco, e la [[zecca (moneta)|zecca]] di Merano, assicurandosi lauti guadagni. Vennero stipulati contratti con Verona e [[Venezia]] sulla scorta di commercianti che attraversavano il Tirolo, incoraggiando il commercio e il traffico, ed aumentando di molto la rendita dei dazi imposti sulle strade del Tirolo.
La figlia di Alberto, Adelaide, sposò il conte [[Mainardo I di Tirolo-Gorizia|Mainardo I di Gorizia]] ([[1194]]-[[1258]]), che con la morte di Alberto III ereditò la contea del Tirolo. Dopo la morte di Mainardo I le due contee furono di nuovo divise fra i figli. A [[Mainardo II di Tirolo-Gorizia|Mainardo II]] ([[1238]]-[[1295]]) spettò la contea di Tirolo e il titolo di conte di Tirolo-Gorizia, ad [[Alberto I di Gorizia-Tirolo|Alberto]] andò la contea di Gorizia con il titolo di Conte di Gorizia-Tirolo.
Il riconoscimento da parte dell'impero di questo dominio territoriale fu raggiunto nella prima metà del [[XIV secolo]].<ref>{{cita|Riedmann 1994|pp. 54-55}}.</ref>
 
Alla morte dell'ultimo discendente maschio dei Tirolo, il potere passò nel [[1335]] alla nipote del conte Mainardo II, [[Margherita di Tirolo-Gorizia]], nota come Margherita Boccalarga o Boccagrande (''Maultasch'').<ref>Cfr. al riguardo {{cita libro|lingua=de|curatore=Julia Hörmann-Thurn und Taxis|titolo=Margarete „Maultasch“ − zur Lebenswelt einer Landesfürstin und anderer Tiroler Frauen des Mittelalters|editore=Wagner|città=Innsbruck|anno=2007|ISBN=978-3-7030-0438-4}}</ref>
== Espansione della Contea del Tirolo ==
Fu Mainardo II a dare alla regione del Tirolo i confini che poi, con minimi ampliamenti, restarono immutati dal tempo dell'[[Massimiliano I d'Asburgo|imperatore Massimiliano I]] fino al 1918.<ref>Riedmann 1994, p. 54; Catalogo ''Il sogno di un principe: Mainardo II - la nascita del Tirolo''. Castel Tirolo, Stift Stams, 1995.</ref> Mainardo II continuò gli sforzi dei suoi predecessori, limitando i diritti e i poteri dei vescovi, e per far ciò non rinunciò all'azioni di forza. Nel [[1276]] conquistò Bolzano, distruggendone castello e palazzo vescovile, e ordinò l'abbattimento delle mura, con i cui resti venne colmato il fossato che circondava la città. Questi sviluppi trovano paralleli nelle regioni vicine: anche i vescovi di [[Verona]], [[Vicenza]], [[Feltre]] e [[Padova]] dovettero cedere diritti e poteri ai comuni ed ai nuovi signori. Forse furono anche questi esempi ad ispirare la radicale politica di Mainardo contro il potere temporale dei vescovi. Ma le sue azioni contro i vescovi di Trento e Bressanone non furono l'unico motivo per il suo successo. I suoi sforzi nell'amministrazione e nell'economia contribuirono in modo fondamentale al consolidamento interno ed esterno della contea. Mainardo ampliò le miniere di sale presso [[Hall in Tirol|Hall]], nell'odierno Tirolo austriaco, e la [[zecca (moneta)|zecca]] di Merano, assicurandosi lauti guadagni. Vennero stipulati contratti con Verona e [[Venezia]] sulla scorta di commercianti che attraversavano il Tirolo, incoraggiando il commercio e il traffico, ed aumentando di molto la rendita dei dazi imposti sulle strade del Tirolo.
Il riconoscimento da parte dell'impero di questo dominio territoriale fu raggiunto nella prima metà del [[XIV secolo]].<ref>Riedmann 1994, pp. 54-55.</ref>
 
Il 28 gennaio 1342 vennero istituiti nel [[Sacro Romano Impero]] i ''[[Landstände]]'' ad opera di [[Ludovico V di Baviera]] che promulgò la "Carta delle Libertà" ("''Großer Freiheitsbrief''"), talvolta chiamata "costituzione tirolese". Si istituiva di conseguenza una [[Dieta (storia)|dieta]] dove erano rappresentati i 4 stati (''Stände)'': l'alto clero, i nobili, i cittadini, e il contado. I primi due stati ebbero una posizione privilegiata e la dieta esercitò una funzione di controllo sul principe della regione e sul suo governo, con [[potere legislativo]], possibilità di approvazione di tasse e detenzione di [[potere politico]].<ref>{{Cita web|url=https://www.tirol.gv.at/it/parlamento/legislazione-regionale/|titolo=Storia dell'evoluzione della legislazione regionale|autore=Amt der Tiroler Landesregierung|sito=Land Tirol|lingua=de|accesso=25 novembre 2017}}</ref>
Alla morte dell'ultimo discendente maschio dei Tirolo, il potere passò nel [[1335]] alla nipote del conte Mainardo II, [[Margherita di Tirolo-Gorizia]], nota come Margherita Boccalarga o Boccagrande (''Maultasch'').<ref>Cfr. al riguardo Julia Hörmann-Thurn und Taxis (a cura di), ''Margarete „Maultasch“ − zur Lebenswelt einer Landesfürstin und anderer Tiroler Frauen des Mittelalters'', Wagner, Innsbruck, 2007. ISBN 978-3-7030-0438-4</ref>
 
== Primo periodo asburgico (1363-1805) ==
Nel [[1342]] fu concesso uno statuto che prevedeva forme di partecipazione rappresentativa al potere, ampliava le libertà individuali, riconosceva il diritto di proprietà, anche ai contadini, e creava un'amministrazione autonoma di tipo pubblico.
[[File:HRR 1648 Tirol.png|miniatura|La [[Contea del Tirolo]] (in rosso) all'interno del [[Sacro romano impero]], nel 1648]]
Nel [[1363]] Margherita fu costretta in seguito a pressioni politiche a cedere la contea del Tirolo al [[sovrani d'Austria|duca d'Austria]], [[Rodolfo IV d'Asburgo]]: la città di [[Merano]] rimase formalmente capitale tirolese fino al 1848, ma di fatto sin dal [[1420]] il duca [[Federico IV d'Asburgo|Federico IV]] "dalle tasche vuote" trasferì la propria corte a [[Innsbruck]].
 
Il [[Tirolo]] rimase poi possedimento degli [[Casa d'Asburgo|Asburgo]] quasi ininterrottamente fino al [[1918]]. Intorno al 1500 vennero annessi al Tirolo i tribunali di [[Rattenberg (Austria)|Rattenberg]], di [[Kitzbühel]] e di [[Kufstein]], la [[Val Pusteria]], la conca di [[Lienz]], [[Valle d'Ampezzo|Ampezzo]], [[Primiero]].
==Il primo periodo asburgico (1363-1805)==
Con la morte di [[Sigismondo Francesco d'Asburgo-Tirolo|Sigismondo d'Asburgo]] nel [[1665]], salì al trono l'imperatore [[Leopoldo I d'Asburgo|Leopoldo I]], che pose il Tirolo (incluso quindi l'Alto Adige), fino ad allora ampiamente autonomo, sotto l'amministrazione diretta di [[Vienna]].
Nel [[1363]] Margherita fu costretta in seguito a pressioni politiche a cedere la contea del Tirolo al [[duca d'Austria]] Rodolfo IV d'[[Asburgo]]: Merano rimase formalmente capitale tirolese fino al [[1848]], ma di fatto sin dal [[1420]] il duca [[Federico IV d'Asburgo|Federico IV]] "dalle tasche vuote", trasferì la propria corte a [[Innsbruck]].
 
La [[riforma protestante]] e la [[guerra dei contadini tedeschi]] sconvolsero il Tirolo. [[Michael Gaismair]] ([[1490]]-[[1532]]) propose nei suoi "articoli meranesi" la costituzione di una repubblica contadina. Il progetto ebbe un esito fallimentare, vi furono violente sommosse e la popolazione insorse contro i nobili ed il clero, incendiando chiese e castelli, subendo poi la repressione del governo asburgico.<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Walter Klaassen|titolo=Michael Gaismair: Revolutionary and Reformer|url=https://archive.org/details/michaelgaismairr0000klaa|città=Leiden|anno=1978}}</ref>
Il Tirolo rimase poi possedimento degli Asburgo quasi ininterrottamente fino al [[1918]]. Intorno al 1500 vennero annessi al Tirolo i tribunali di [[Rattenberg (Austria)|Rattenberg]], di [[Kitzbühel]] e di [[Kufstein]], la [[Val Pusteria]], la conca di [[Lienz]], [[Ampezzo (territorio)|Ampezzo]], [[Primiero]].
Nel [[1665]] il Tirolo (e quindi anche il territorio dell'attuale Alto Adige, che ne era la sua parte centrale), fino ad allora ampiamente autonomo, passò sotto l'amministrazione diretta di [[Vienna]].
 
Il [[XVIII secolo]] fu segnato da numerosi conflitti: durante la [[guerra di successione spagnola]], nel 1703 gli ''[[Tiroler Schützen|Schützen]]'' (milizia territoriale) furono utilizzati per la prima volta, opponendosi a francesi e bavaresi<ref>{{cita libro|lingua=de|autore1=Martin P. Schennach|autore2=Richard Schober|titolo=1703. Der „bayerische Rummel“in Tirol|città=Innsbruck|editore=Wagner|anno=2005|ISBN=3-7030-0395-2}}</ref> a Pontlatzer Brücke nei pressi di [[Landeck]].
La [[Riforma protestante]] e le [[Guerra dei contadini|rivolte contadine]] sconvolsero il Tirolo. [[Michael Gaismair]] ([[1490]]-[[1532]]) propose nei suoi "articoli meranesi" la costituzione di una repubblica contadina. Il progetto ebbe un esito fallimentare, vi furono violente sommosse e la popolazione insorse contro i nobili ed il clero, incendiando chiese e castelli, subendo poi la repressione del governo asburgico.<ref>Walter Klaassen, ''Michael Gaismair: Revolutionary and Reformer'', Leiden, 1978.</ref>
 
=== Guerre rivoluzionarie francesi ===
Il [[XVIII secolo]] fu segnato da numerosi conflitti: nella guerra di successione spagnola del [[1703]] gli [[Schützen]] si opposero vittoriosamente all'esercito bavarese. La regione fu anche teatro di scontri nel corso della prima guerra di coalizione contro la [[Francia]] ([[1792]]-[[1797]]).
{{Vedi anche|Spedizione del Tirolo (1797)}}
Con la [[Campagna d'Italia (1796-1797)|Campagna d'Italia]] del 1797, nelle fasi finali della guerra della [[prima coalizione]], [[Napoleone Bonaparte]] assunse il controllo dell'Italia settentrionale, sconfiggendo [[Casa d'Asburgo|Asburgo]] ed alleati. Deciso a portare a termine la guerra, il giovane Napoleone decise di attaccare il cuore dell'impero invadendo l'[[arciducato d'Austria|Austria]]. Per farlo divise il suo esercito in due gruppi: il principale, al suo comando, avrebbe raggiunto l'Austria attraverso il Friuli e il passo di Tarvisio. Un gruppo minore, al comando del generale [[Barthélemy Catherine Joubert]] ebbe il compito di [[Spedizione del Tirolo (1797)|attraversare il Tirolo]], per poi ricongiungersi col grosso delle forze nella valle della [[Drava]]. Ai primi di marzo la divisione di Joubert mosse all'attacco, invano contrastata dalle forze imperiali e dalla ''[[Landsturm]]'' tirolese. Sconfitti ripetutamente gli imperiali, Joubert si ricongiunse con il grosse delle forze napoleoniche a Leoben il 17 aprile dove venne calorosamente accolto da Napoleone, nonostante il suo sforzo fosse stato inutile, visto che gli Asburgo avevano già chiesto la pace.
 
La retorica nazionalista ottocentesca presentò gli avvenimenti del 1797 come una vittoria asburgica, con i francesi sconfitti dai bersaglieri tirolesi nello [[scontro di Spinga]], che sarebbero quindi fuggiti verso la Stiria liberando il Tirolo dall'invasione francese.
==Epoca napoleonica==
{{vedi anche|Andreas Hofer|Dipartimento dell'Alto Adige|Regno d'Italia (1805-1814)}}
[[File:Dep-fr-it.jpg|thumb|right|200px|L'Italia durante l'egemonia napoleonica. Nella carta compare la denominazione ''Haut-Adige'']]
Nel [[1805]], dopo la disfatta dell'Austria per opera di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], il [[Trattato di Presburgo]] assegnò la Contea del Tirolo alla [[Baviera]], alleata della Francia. La secolarizzazione napoleonica pose anche fine ai Principati vescovili di [[Trento]] e [[Bressanone]].
[[File:Andreas hofer mit hut.jpg|thumb|110px|Il locandiere eroe tirolese, [[Andreas Hofer]] ]]
 
== Periodo franco-bavarese (1805-1814) ==
In seguito alla dichiarazione di guerra dell'Austria alla Francia, i tirolesi (ivi inclusi i trentini di lingua italiana) si sollevarono contro il dominio dei bavaresi, alleati dei francesi. [[Andreas Hofer]], un locandiere di [[San Leonardo in Passiria]], organizzò assieme a [[Peter Mayr]] e al bellicoso padre [[Joachim Haspinger]] un'azione di opposizione popolare che sfociò in una rivolta concretizzatasi nelle quattro [[battaglie del Monte Isel]]. Nonostante alcuni successi militari ed una strenua resistenza, la sollevazione, anche per il mancato appoggio dell'Austria, non ebbe esito positivo, concludendosi con la battaglia a difesa di [[Innsbruck]], in cui i tirolesi difesero da soverchianti forze francesi la città sino allo stremo nella convinzione di un soccorso delle truppe autriache che mai arrivò. Il capo della resistenza tirolese fu ivi catturato e poi processato e fucilato a [[Mantova]] dai francesi. La figura di Hofer fu successivamente mitizzata, assurgendo al ruole di [[eroe nazionale]] tirolese; fra le altre cose, l'[[Das Andreas-Hofer-Lied|inno del Tirolo]] (''Das Andreas-Hofer-Lied'') ricorda le sue vicende.
[[File:Dep-fr-it.jpg|thumb|L'Italia durante l'egemonia napoleonica. Nella carta compare la denominazione ''Haut-Adige''.]]
Nel [[1805]] la [[Primo Impero francese|Francia napoleonica]] sconfisse le forze della [[terza coalizione]]; il [[Sacro Romano Impero|Sacro Romano Impero Germanico]] fu costretto a firmare il [[Pace di Presburgo|Trattato di Presburgo]].
 
Come conseguenza della sconfitta, 16 stati lasciarono il Sacro Romano Impero Germanico andando a costituire la [[Confederazione del Reno]]. Il 6 agosto, obbedendo ad un ultimatum di Napoleone, [[Francesco II d'Asburgo-Lorena|Francesco II]] rinunciò al titolo d'imperatore e sciolse il Sacro Romano Impero. Dall'anno successivo, 23 altri stati tedeschi si unirono alla Confederazione: soltanto l'[[Austria]], l'[[Holstein]] e la [[Pomerania]] ne rimasero fuori. La Contea del Tirolo e i principati vescovili (Trento e Bressanone) furono annessi al neocostituito [[Regno di Baviera]], membro della Confederazione.
Nel [[1809]] i confini cambiarono nuovamente. Con la [[pace di Schönbrunn]] del 14 ottobre 1809 il Tirolo venne assegnato alla Baviera. Tuttavia, già con il [[Trattato di Parigi (1810)|Trattato di Parigi]] del 28 febbraio 1810, avvenne la sua tripartizione<ref>''Tirols Landesgeschichte'', di Rudolf Harb, Sebastian Hölzl e Peter Stöger, pag. 203, ISBN 3-85423-006-0</ref>: alla Baviera toccò il Tirolo settentrionale fino a [[Merano]] e quello centrale fino a [[Chiusa (Italia)|Chiusa]]; la [[Val Pusteria]], da [[San Candido]] alle [[Province Illiriche]], passò all'Austria; la città di [[Bolzano]], l'[[Oltradige-Bassa Atesina]], una parte rilevante del [[Salto-Sciliar]] e una piccola parte del [[Burgraviato]] (in particolare l'[[Alta Val di Non|Alta Val di Non tedesca]])<ref>Provincia autonoma di Trento, trentinocultura, [http://www.trentinocultura.net/doc/catalogo/cat_fondi_arch/divulgazione/IV-napoleonico.pdf IL TIROLO NEL PERIODO NAPOLEONICO]</ref><ref>Erich Egg, Meinrad Pizzinini, Beiträge zur Geschichte Tirols: Festgabe des Landes Tirol zum 11. Österr. Historikertag in Innsbruck vom 5. bis 8. Okt. 1971, Land Tirol, Kulturabt. im Amt d. Tiroler Landesregierung, 1971, pag. 148: ''Lana, Sarnthein und Waidbruck waren schon bayerisch, dagegen Buchenstein, Ampezzo und Toblach beim Königreich Italien.'' = Lana, Sarentino e Ponte Gardena erano già bavaresi, invece Livinallongo, Ampezzo e Dobbiaco presso il Regno d'Italia.</ref> furono incorporati nel [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]] di Napoleone: il termine "Alto Adige" (''Haut-Adige'') nasce in questo periodo, per designare il nuovo dipartimento italiano<!-- in precedenza, nel 1979, l'"Alto Adige" era un distretto della Repubblica Cisalpina a Sud di Verona --> che comprendeva la parte meridionale dell'odierna provincia di Bolzano e gran parte di quella di [[Trentino|Trento]].<ref>[http://books.google.it/books?id=OScAAn0Wu5QC&pg=PA35&dq=dipartimento+dell%27Alto+adige&hl=de&ei=y1KITpjcBc7QsgblvbjgAQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CDEQ6AEwAg#v=onepage&q=dipartimento%20dell%27Alto%20adige&f=false Bice Rizzi, l'ispettorato alla stampa e libreria del Dipartimento dell'Alto Adige], in ''Miscellanea in onore di Roberto Cessi''.</ref> [[Ettore Tolomei]] lo avrebbe ripreso per creare il toponimo italiano della provincia di Bolzano, spostandone così il significato geopolitico verso il settentrione. Le valli dolomitiche intorno a [[Dobbiaco]] divennero anch'esse parte del Regno d'Italia e furono riunite nel [[Dipartimento della Piave]].<ref>[http://www.consiglio.provincia.tn.it/consiglio/autonomia_trentina/bat_d_6.htm Consiglio della Provincia autonoma di Trento]: Cartina del Trentino-Alto Adige in epoca napoleonica.</ref>
 
Le riforme [[Illuminismo|illuministiche]] adottate dalla Baviera suscitarono malcontento nel territorio, unitamente alla persistente crisi economica (dovuto al [[blocco continentale]]). Malcontento suscitarono inoltre le misure di limitazione del potere del clero e delle forme di religiosità popolare nonché la soppressione di svariate feste religiose. Forte opposizione suscitarono in particolare l'[[Servizio militare#Et.C3.A0 moderna e contemporanea|introduzione della leva]] obbligatoria e l'[[Storia della vaccinazione|obbligo di vaccinazione]] contro il vaiolo. Si trattava di riforme che all'epoca furono adottate in tutta l'Europa napoleonica e che sarebbero state adottate dagli stessi Asburgo nel corso dell'800, ma che in un territorio conservatore e profondamente religioso, com'era il Tirolo dell'epoca, non furono accettate. A ciò si aggiunse la propaganda degli agenti asburgici.
Nei mesi di settembre e ottobre 1813 le truppe del neo-proclamato [[Impero Austriaco]], presero infine possesso di tutto il Tirolo cisalpino<ref>''...im Spätsommer 1813 wurde der Süden Tirols während eines kurzen Feldzuges im September und Oktober von österreichischen Truppen und Schützeneinheiten befreit'' (tradotto: ''nella tarda estate del 1813 il Tirolo meridionale fu liberato dalle truppe austriache e da unità di "Schützen" durante una breve spedizione in settembre ed ottobre.'') dal libro ''Bayern, Tirol: Die Geschichte einer freud-leidvollen Nachbarschaft'' di Michael Forcher, pag. 173, ISBN 3-210-24643-2</ref> e successivamente con il Trattato di Parigi del 3 giugno 1814<ref>[http://books.google.com/books?id=WwMwAAAAYAAJ&lpg=PR35&ots=DdkBwWDdBe&dq=Tyrol&pg=PR35#v=onepage&q&f=false trattato di Parigi] 3 giugno 1814, pag. XXXV</ref> la regione passò formalmente alla [[monarchia asburgica]].
 
Nel 1809, in seguito alla [[Quinta coalizione|dichiarazione di guerra dell'Austria alla Francia]], i tirolesi (assieme ad alcune valli del Trentino) si [[Insorgenza tirolese|sollevarono contro i bavaresi]]. [[Andreas Hofer]], un locandiere di [[San Leonardo in Passiria]], assunse, assieme a [[Peter Mayr]] e al fanatico padre [[Joachim Haspinger]], il comando delle operazioni, che si concretizzarono nelle quattro [[battaglie del Monte Isel]]. Le sorti della guerra furono decise altrove, essendo quello del Tirolo un fronte assolutamente secondario. Sconfitto pesantemente a [[Battaglia di Wagram|Wagram]], l'impero fu costretto a [[Pace di Presburgo|chiedere la pace]]. Gli insorti non presero atto della sconfitta e proseguirono l'insurrezione, continuando a sperare in un aiuto dell'imperatore, che ovviamente non poteva più esserci. Definitivamente sconfitto, Hofer fu catturato e quindi fucilato a [[Mantova]]. La sua figura fu successivamente rielaborata e mitizzata, assurgendo al ruolo di [[eroe nazionale]] tirolese; fra le altre cose, l'[[Das Andreas-Hofer-Lied|inno del Tirolo]] (''Andreas-Hofer-Lied'') ricorda le sue vicende.
== Età dei nazionalismi (1815-1918) ==
[[File:Südtirol nella storia IT.png|miniatura|Suddivisione amministrativa del Tirolo meridionale in epoca asburgica (dal 1861). In verde chiaro il ''Mittletirol'', in verde scuro i ''Welsche Bezirke'' (distretti italiani)]]
Dopo l'[[epoca napoleonica]], il nuovo concetto di [[nazione]] si impose come ragione fondante degli stati, che precedentemente erano esclusivamente espressione delle monarchie al potere. Il nazionalismo si impose di conseguenza come l'ideologia dominante in Europa. Numerose regioni mistilingue furono di conseguenza sottoposte a processi di [[assimilazione forzata]], sia linguistica che culturale. La presenza di minoranze etniche, che si distinguevano principalmente per la loro lingua, era infatti vista come una minaccia all'integrità territoriale dei singoli stati. Questo accadde anche nel Tirolo, storicamente abitato da popolazioni di lingua germanica e latina (italiane e ladine). Le [[Impero austriaco|autorità asburgiche]] si trovarono a dover affrontare la nascita e la crescita dei sentimenti nazionali, nelle multiformi regioni del suo vasto territorio. Gli Asburgo reagirono da un lato con una politica di concessioni verso specifiche nazionalità, in particolare ungheresi e slave, dall'altro varando politiche di repressione e assimilazione forzata. Ne fecero le spese le popolazioni latine del Tirolo cisalpino, che furono in diversa misura colpite da politiche di germanizzazione.
 
Con la [[trattato di Schönbrunn|pace di Schönbrunn]] del 14 ottobre 1809 fu confermata la sovranità bavarese sul Tirolo. Tuttavia, già con il [[Trattato di Parigi (febbraio 1810)|Trattato di Parigi]] del 28 febbraio 1810, avvenne la sua tripartizione<ref>{{cita libro|lingua=de|autore1=Rudolf Harb|autore2=Sebastian Hölzl|autore3=Peter Stöger|titolo=Tirols Landesgeschichte|p=203|ISBN=3-85423-006-0}}</ref>: alla Baviera toccò il Tirolo settentrionale fino a [[Merano]] e quello centrale fino a [[Chiusa (Italia)|Chiusa]]; la [[Val Pusteria]], da [[San Candido]] alle [[Province illiriche]], passò all'Austria; la città di [[Bolzano]], l'[[Oltradige-Bassa Atesina]], una parte rilevante del [[Salto-Sciliar]] e una piccola parte del [[Burgraviato]] (in particolare l'[[Alta Val di Non]] tedesca)<ref>{{cita web|editore=Provincia autonoma di Trento|sito=trentinocultura|url=http://www.trentinocultura.net/doc/catalogo/cat_fondi_arch/divulgazione/IV-napoleonico.pdf|titolo=IL TIROLO NEL PERIODO NAPOLEONICO|formato=PDF|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131101183448/http://www.trentinocultura.net/doc/catalogo/cat_fondi_arch/divulgazione/IV-napoleonico.pdf|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{cita conferenza|lingua=de|autore1=Erich Egg|autore2=Meinrad Pizzinini|conferenza=Beiträge zur Geschichte Tirols: Festgabe des Landes Tirol zum 11. Österr. Historikertag in Innsbruck vom 5. bis 8. Okt. 1971, Land Tirol|editore=Kulturabt. im Amt d. Tiroler Landesregierung|anno=1971|p=148|citazione=Lana, Sarnthein und Waidbruck waren schon bayerisch, dagegen Buchenstein, Ampezzo und Toblach beim Königreich Italien. [Lana, Sarentino e Ponte Gardena erano già bavaresi, invece Livinallongo, Ampezzo e Dobbiaco presso il Regno d'Italia]}}</ref> furono incorporati nel [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]] di Napoleone: il termine "Alto Adige" (''Haut-Adige'') nacque in questo periodo per designare il [[Dipartimento dell'Alto Adige|nuovo dipartimento italiano]]<!-- in precedenza, nel 1799, l'"Alto Adige" era un distretto della Repubblica Cisalpina a Sud di Verona --> che comprendeva la parte meridionale dell'odierna provincia di Bolzano e gran parte di quella di [[Provincia autonoma di Trento|Trento]].<ref>{{cita libro|url=http://books.google.it/books?id=OScAAn0Wu5QC&pg=PA35&dq=dipartimento+dell%27Alto+adige&hl=de&ei=y1KITpjcBc7QsgblvbjgAQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CDEQ6AEwAg#v=onepage&q=dipartimento%20dell%27Alto%20adige&f=false|autore-capitolo=Bice Rizzi|capitolo=L'ispettorato alla stampa e libreria del Dipartimento dell'Alto Adige|titolo=Miscellanea in onore di Roberto Cessi|volume=vol. III|città=Roma|editore=Edizioni di Storia e Letteratura}}</ref> [[Ettore Tolomei]] lo avrebbe ripreso per creare il toponimo italiano della provincia di Bolzano, spostandone così il significato geopolitico verso il settentrione. Le valli dolomitiche intorno a [[Dobbiaco]] divennero anch'esse parte del Regno d'Italia e furono riunite nel [[Dipartimento della Piave]].<ref>{{cita web|url=http://www.consiglio.provincia.tn.it/consiglio/autonomia_trentina/bat_d_6.htm|sito=Consiglio della Provincia autonoma di Trento|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130315063805/http://www.consiglio.provincia.tn.it/consiglio/autonomia_trentina/bat_d_6.htm |titolo=Cartina del Trentino-Alto Adige in epoca napoleonica|urlmorto=sì}}</ref>
Nel mentre anche in Italia si diffondeva l'ideale di indipendenza e di unità nazionale (vedi [[Risorgimento]]), ma l'Impero Austriaco, che era la potenza egemone in Italia, fu un potente avversario dell'unificazione. L'Impero represse vigorosamente i sentimenti patriottici italiani, specie durante i [[moti del 1848]] e negli anni successivi, attendando direttamente all’identità nazionale italiana e proponendosi obiettivi di snazionalizzazione e di vera e propria sostituzione etnica<ref>http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1339%3Al-agonia-della-dalmazia-italiana-sotto-francesco-giuseppe&catid=85%3Astoria-del-risorgimento&Itemid=28 L'agonia della Dalmazia italiana sotto Francesco Giuseppe]</ref>.
L'impero asburgico, nonostante gli sforzi profusi, non riuscì a impedire la nascita del [[Regno d'Italia]], che fu proclamato nel [[1861]].
 
Nei mesi di settembre e ottobre 1813 le truppe del neo-proclamato [[Impero austriaco]] presero infine possesso di tutto il Tirolo cisalpino<ref>{{cita libro|lingua=de|citazione=...im Spätsommer 1813 wurde der Süden Tirols während eines kurzen Feldzuges im September und Oktober von österreichischen Truppen und Schützeneinheiten befreit [nella tarda estate del 1813 il Tirolo meridionale fu liberato dalle truppe austriache e da unità di "Schützen" durante una breve spedizione in settembre ed ottobre]|titolo=Bayern, Tirol: Die Geschichte einer freud-leidvollen Nachbarschaft|autore=Michael Forcher|p=173|ISBN=3-210-24643-2|anno=1981|città=Wien-Freiburg im Breisgau-Basel|editore=Herder}}</ref> e successivamente, con il Trattato di Parigi del 3 giugno 1814<ref>{{cita testo|url=http://books.google.com/books?id=WwMwAAAAYAAJ&lpg=PR35&ots=DdkBwWDdBe&dq=Tyrol&pg=PR35#v=onepage&q&f=false|titolo=Trattato di Parigi}} 3 giugno 1814, p. XXXV.</ref>, la regione passò formalmente alla [[monarchia asburgica]].
Nel neonato stato italiano il processo di unificazione non fu considerato completo, poiché molti territori abitati da comunità italiane restavano sotto controllo austriaco. Nacque di conseguenza l'[[irredentismo]], che fu un movimento d'opinione molto importante nella vita politica italiana dell'epoca. Gran parte della pubblica opinione italiana rimase perplessa, quando, nel 1882 il Regno d'Italia stipulò un'alleanza difensiva con l'Austria Ungheria e la Germania (vedi [[Triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]]).
 
I confini del Tirolo si spostarono a sud, includendo il Trentino, per via dell'eliminazione del principato vescovile.
=== Le politiche di germanizzazione forzata (1861-1918) ===
In seguito alla sconfitta austriaca nella [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda]] e nella [[Terza guerra di indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]] e alla conseguente perdita del [[Regno Lombardo-Veneto]], l'imperatore [[Francesco Giuseppe]] rafforzò la sua politica anti-italiana, ordinando al consiglio dei ministri austriaco del 12 novembre 1866 di "''opporsi in modo risolutivo all'influsso dell'elemento italiano ancora presente in alcuni Kronländer, e di mirare alla germanizzazione o slavizzazione - a seconda delle circostanze - delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo, mediante un adeguato affidamento di incarichi a magistrati, politici ed insegnanti, nonché attraverso l'influenza della stampa in Tirolo meridionale, [[Regno di Dalmazia|Dalmazia]] e [[Litorale Adriatico]]"''.<ref>[http://books.google.it/books?id=KNxpAAAAMAAJ&q=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&dq=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&hl=it&ei=nBGJTNGXGMiOjAf7oLDnCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCsQ6AEwAA L. Monzali, ''Italiani di Dalmazia (...)'', cit. p. 69]</ref>
 
== Secondo Periodo Asburgico ed Età dei nazionalismi (1815-1918) ==
Tale politica si concretizzò nel Tirolo Cisalpino (e in Venezia Giulia), in misure ed iniziative che colpirono principalmente la scuola: furono favoriti gli istituti in lingua tedesca/slava e non furono più aperte, oppure furono chiuse, le scuole in lingua italiana<ref>[http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1339%3Al-agonia-della-dalmazia-italiana-sotto-francesco-giuseppe&catid=85%3Astoria-del-risorgimento&Itemid=28 L'agonia della Dalmazia italiana sotto Francesco Giuseppe]</ref>.
[[File:Südtirol nella storia IT.png|miniatura|Suddivisione amministrativa del Tirolo meridionale in epoca asburgica (dal 1861). In verde chiaro il ''Mitteltirol'', in verde scuro i ''Welsche Bezirke'' (distretti italiani).]]
Dopo l'[[età napoleonica|epoca napoleonica]] il nuovo concetto di [[nazione]] si impose come ragione fondante degli stati, che precedentemente (nell'''[[ancien régime]]'') erano esclusivamente espressione delle monarchie al potere. Il nazionalismo si impose di conseguenza come l'ideologia dominante in Europa. Numerose regioni mistilingue furono di conseguenza sottoposte a processi di [[assimilazione forzata]], sia linguistica che culturale. La presenza di minoranze etniche, che si distinguevano principalmente per la loro lingua, era infatti vista come una minaccia all'integrità territoriale dei singoli stati. Questo accadde anche nel Tirolo, storicamente abitato da popolazioni di lingua germanica e romanza (italiane e ladine). Le [[Impero austriaco|autorità asburgiche]] si trovarono a dover affrontare la nascita e la crescita dei sentimenti nazionali nelle multiformi regioni del loro vasto territorio. Gli Asburgo reagirono da un lato con una politica di concessioni verso specifiche nazionalità, in particolare ungheresi e slave, dall'altro varando politiche di repressione e assimilazione forzata. Ne fecero le spese le popolazioni latine del Tirolo cisalpino, che furono in diversa misura colpite da politiche di germanizzazione.
 
Nel mentre anche in Italia si diffondeva l'ideale di indipendenza e di unità nazionale (vedi [[Risorgimento]]), ma l'Impero austriaco, che era la potenza egemone in Italia, fu un potente avversario dell'unificazione. L'Impero represse le manifestazioni dei patrioti italiani, specie durante i [[primavera dei popoli|moti del 1848]], anche se furono limitate nel territorio della contea<ref>{{Cita libro|autore=Marco Bellabarba|titolo=L'impero Asburgico|editore=Il Mulino|città=Bologna|p=113|anno=2014|isbn=978-8815250643}}</ref> e in seguito, negli anni successivi. L'impero asburgico, nonostante gli sforzi profusi, non riuscì a impedire la nascita del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], che fu proclamato nel [[1861]].
Il forte sentimento [[pangermanesimo|pangermanista]] presente in Tirolo, trovò espressione nel ''[[Volksbund]]'', organizzazione fondata nel 1905 che contava tra i suoi esponenti anche il borgomastro di Bolzano, [[Julius Perathoner]], e l'estremista [[Wilhelm Rohmeder]]. Quest'ultimo sostenne che i trentini non erano di "razza" italiana, bensì tedesca, e ne propose la germanizzazione, estesa a personaggi storici, come Dante tradotto in Durant Aliger.<ref>Federico Scarano, Tra Mussolini e Hitler. Le opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista, Franco Angeli editore, ISBN 978-8820409180, pag. 28 s.</ref>
[[File:Waltherdenkmal Bozen.jpg|thumb|left|200|La statua del poeta [[Walther von der Vogelweide]], nell'omonima piazza, fa parte dei monumenti voluti dal [[borgomastro]] di Bolzano [[Julius Perathoner]], per esaltare il carattere tedesco della città]]
Perathoner volle anche esaltare il carattere tedesco della città mediante la costruzione di monumenti celebrativi, quale la statua dedicata a [[Walther von der Vogelweide]] (che, solo ipoteticamente, è nato nelle vicinanze di Bolzano), la fontana di Re Laurino e il monumento in onore dei ''[[Kaiserjäger]]''.
 
Nel neonato stato italiano il processo di unificazione non fu considerato completo, poiché molti territori abitati da comunità italiane restavano sotto controllo austriaco. Nacque di conseguenza l'[[irredentismo]], che fu un movimento d'opinione molto importante nella vita politica italiana dell'epoca. Gran parte della pubblica opinione italiana rimase perplessa quando, nel 1882, il Regno d'Italia stipulò un'alleanza difensiva con l'Austria-Ungheria e la [[Impero tedesco|Germania]] (vedi [[Triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]]).
Esemplificativo del clima dell'epoca fu il [[Fatti di Innsbruck|pogrom antiitaliano]] scatenato a Innsbruck da studenti pangermanisti del 1904, per protesta contro l'apertura di una facoltà in lingua italiana presso la [[Università di Innsbruck|locale università]], che fu distrutta e successivamente chiusa.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 57}}</ref>
 
===La Politiche di germanizzazione deiin Trentino-Alto Adige (1861-1918) ladini===
La reintegrazione dell'Alto Adige nei possedimenti austriaci influì sulla divisione etnica. La borghesia di lingua tedesca delle città, la quale aveva accolto i fermenti di libertà portati dai francesi, si trovò in aperto contrasto con i ceti contadini che queste idee avevano combattuto. Nel corso dell'800 le autorità austriache attuarono repressioni a danno della componente italiana, della quale una parte decise di abbandonare il paese (l'elemento italiano di [[Bolzano]] diminuì di quasi la metà tra il 1860 e il 1913).<ref>{{cita libro|Mario|Toscano|wkautore=Mario Toscano|Storia diplomatica della questione dell'Alto Adige|1968|Laterza|Bari|cid=Toscano 1968}}</ref> In numerose località avvenne un calo repentino dell'elemento italiano. Per esempio, a [[Postal]] passò dal 38,2% del 1890 al 23,2% del 1910, a [[Gargazzone]] dal 49% del 1880 al 16,3% del 1900, a [[Bolzano]] dal 15% del 1890 al 6,43% del 1910, a [[Vadena]] dall'86,27% del 1880 al 58,46% del 1910, mentre a [[Vilpiano]] passarono dal 25% del 1880 al 4,3% del 1900.<ref>{{Cita libro|nome=Oskar|cognome=Peterlini|titolo=Autonomia e tutela delle minoranze nel Trentino-Alto Adige: cenni di storia e cultura, diritto e politica|url=https://books.google.it/books?id=PHzM88AB1x0C&pg=PA59&dq=dialetto+trentino+bassa+atesina&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwj18cuk0frtAhUkuaQKHeQ5AI8Q6AEwAHoECAYQAg#v=onepage&q=dialetto%20trentino%20bassa%20atesina&f=false|accesso=10 aprile 2021|data=2000|editore=Consiglio della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige|wkautore=Oskar Peterlini|ISBN=978-88-900077-9-8}}</ref><ref>{{cita|Volpe 2002|p. 139}}.</ref>
[[File:Bozen Laurin.jpg|thumb|220|La cosiddetta [[Re_Laurino#La_fontana_di_re_Laurino|Fontana di Re Laurino]] (1907). La statua raffigura il re ostrogoto [[Teodorico il Grande|Teodorico]] (Dietrich von Bern) mentre soggioga [[re Laurino]]. Fin dalla sua inaugurazione, nella statua fu visto un intento celebrativo dell'inizio della [[Germanizzazione]] dell'Alto Adige e della sottomissione delle popolazioni ladine, con polemiche che sono perdurate fino al giorno d'oggi<ref>Mozione al Presidente del Consiglio della Provincia di Bolzano: [http://www.landtag-bz.org/de/285.asp?aktuelles_action=4&aktuelles_article_id=355195 La fontana di Re Laurino costituisce l’unico Monumento al sopruso e alla prevaricazione etnica. Perché il potere provinciale la ha voluta davanti al suo Palazzo?]</ref>]]
Anche i ladini, che dall'Austria furono sempre considerati di etnia italiana,<ref>Nelle valli ladine la lingua ufficiale - nell'amministrazione, nell'istruzione e nella toponomastica - era quella italiana</ref> furono colpiti dalle politiche di germanizzazione forzata, che talvolta furono anche brutali.<ref>Hans Karl Peterlini, Capire l'altro. Piccoli racconti per fare memoria sociale, pag. 149</ref><ref>[http://www.linguistica.unifi.it/upload/sub/articoli/AAA_lingue_e_dialetti.pdf Lingue e dialetti] di Carlo Battisti</ref>
 
Venne chiusa la maggior parte delle scuole italiane<ref>{{cita libro|autore=Paolo Valente|titolo=Frammenti dell'anima multiculturale di una piccola città europea|volume=vol. 2|p=30|città=Terni|isbn=9788885114746}}</ref><ref>{{Cita|Volpe 2002|p. 156}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Sergio Bertelli|titolo=Tirolesi, italiani, trentini: tre approcci a un solo territorio|rivista=Nuova storia contemporanea|volume=12|numero=6|anno=2008|pp=125 ss}}</ref><ref>''Rivista d'Italia'', vol. 18, 1915, p. 645.</ref>, tanto che agli inizi del [[Novecento]] rimanevano aperte esclusivamente le scuole italiane di Vadena e Piccolungo, gestite dalla [[Lega Nazionale (associazione)|Lega Nazionale]].<ref>{{cita libro|autore-capitolo=Giulio Canali|capitolo=La scuola italiana nella Basse Bolzanine e in Gardena nell'Ottocento|titolo=L'Alto Adige nel Passato e nel presente|pp=166-169}}</ref>
Nel loro caso le politiche di assimilazione erano cominciate fin del Settecento (fatto minimizzato, se non taciuto dalla storiografia tirolese di lingua tedesca<ref>{{cita web|http://www.vejin.com/venosta.html|Germanizzazione forzata - Dal sito Vejin.com|18-01-2013}}</ref>). Come risultato di questa politica l'alta [[Val Venosta]], un tempo di lingua ladina, è oggi una terra di lingua tedesca, mentre oltre il confine svizzero (in [[val Monastero]]) la popolazione ancora parla dialetti retoromanzi. Anche a [[Stelvio]] all'inizio del XIX secolo si parlava ancora ladino, mentre a [[Tubre]] si assistette alla sua scomparsa già nel 1750. La lingua ladina era stata proibita, il personale di lingua ladina allontanato dagli uffici pubblici, vennero vietati pure i matrimoni misti. Il promotore principale della politica contro la popolazione ladina ("selvaggio romancio") fu un abate tirolese di lingua tedesca, Mathias Lang. Già ai tempi dell'imperatrice [[Maria Teresa d'Asburgo|Maria Teresa]] molti cognomi ladini erano stati germanizzati sistematicamente.
 
Il forte sentimento [[pangermanismo|pangermanista]] presente in Tirolo trovò espressione nel ''[[Volksbund]]'', organizzazione fondata nel 1905 che contava tra i suoi esponenti anche il borgomastro di Bolzano, [[Julius Perathoner]] e l'estremista [[Wilhelm Rohmeder]]. Quest'ultimo sostenne che i trentini non erano di "razza" italiana, bensì tedesca, e ne propose la germanizzazione, estesa a personaggi storici, come Dante tradotto in Durant Aliger.<ref>{{cita libro|autore=Federico Scarano|titolo=Tra Mussolini e Hitler. Le Opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista|editore=Franco Angeli editore|ISBN=978-88-204-0918-0|anno=2012|pp=28 ss.}}</ref>[[File:Waltherdenkmal Bozen.jpg|thumb|left|La statua del poeta [[Walther von der Vogelweide]], nell'omonima piazza, eretto nel 1889 per esaltare il carattere tedesco della città]]
Nel XIX secolo fu la volta della [[Val Badia]] e della [[Val Gardena]], dove vi furono massicci tentativi di germanizzare i ladini, che non furono però coronati da successo.
La borghesia di Bolzano invece volle esaltare il carattere tedesco della città mediante la costruzione di monumenti celebrativi, quale la statua dedicata a [[Walther von der Vogelweide]] (che, solo ipoteticamente, era nato nelle vicinanze di Bolzano), la fontana di re Laurino e il monumento in onore dei ''[[Kaiserjäger]]''.
 
Contemporaneamente alcune associazioni come la [[Lega Nazionale (associazione)|Lega Nazionale]] e la Società Unione (fondata dal trentino [[Augusto Avancini]]) si adoperarono per difendere l'elemento italiano in Alto Adige.<ref>{{cita libro|titolo=L'Alto Adige nella storia|autore=Mario Ferrandi|p=312|editore=Manfrini|anno=1972}}</ref>
[[File:Innsbruck_austria_-_i_fatti_di_innsbruck_sulle_pagine_della_domenica_del_corriere_._-_1904_-_imagelarge.jpg|miniatura|Rappresentazione dei "[[Fatti di Innsbruck]]"]]
Esemplificativi del clima dell'epoca furono gli [[Fatti di Innsbruck|scontri]] scatenati a Innsbruck da studenti pangermanisti nel 1904, per protesta contro l'apertura di una facoltà in lingua italiana presso la [[Università di Innsbruck|locale università]], che fu distrutta e successivamente chiusa<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 57}}.</ref>, che vide coinvolti gli allora studenti [[Cesare Battisti]] e [[Alcide De Gasperi]].<ref>{{cita libro|titolo=Università e nazionalismi Innsbruck 1904 e l'assalto alla Facoltà di giurisprudenza italiana|curatore1=Günther Pallaver|curatore2=Michael Gehler|collana=Quaderni di archivio trentino|numero=25|editore=Fondazione Museo Storico del Trentino|città=Trento|anno=2010}}</ref>
 
=== La questione ladina ===
[[File:Bozen Laurin.jpg|thumb|La [[Re Laurino#La fontana di re Laurino|Fontana di re Laurino]] (1907). La statua raffigura la leggenda del re ostrogoto [[Teodorico il Grande|Teodorico]] (Dietrich von Bern) mentre soggioga [[re Laurino]].]]
Anche i ladini, che dall'Austria furono spesso considerati di etnia italiana,<ref>Nelle valli ladine la lingua ufficiale - nell'amministrazione, nell'istruzione e nella toponomastica - era quella italiana</ref> furono colpiti dalle politiche di germanizzazione, che talvolta furono anche brutali.<ref>{{cita libro|autore=Hans Karl Peterlini|titolo=Capire l'altro. Piccoli racconti per fare memoria sociale|opera=Educazione per tutta la vita|volume=vol. 3|p=149|anno=2012|editore=Franco Angeli editore|isbn=8856844958}}</ref><ref>Carlo Battisti, {{collegamento interrotto|1=[http://www.linguistica.unifi.it/upload/sub/articoli/AAA_lingue_e_dialetti.pdf Lingue e dialetti] |data=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>
 
L'alta [[Val Venosta]], un tempo parzialmente di lingua ladina, è oggi una terra di lingua tedesca, mentre oltre il confine svizzero (in [[val Monastero]]) la popolazione ancora parla dialetti retoromanzi. Anche a [[Stelvio]] all'inizio del XIX secolo si parlava ancora ladino, mentre a [[Tubre]] si assistette alla sua scomparsa già nel 1750. La lingua ladina era stata proibita, il personale di lingua ladina allontanato dagli uffici pubblici, vennero vietati pure i matrimoni misti.<ref>{{Cita libro|autore=Emilio Corea|titolo=Storia di una minoranza in patria: Alto Adige, un racconto critico|anno=2021|isbn=8857581187|editore=Mimesis|url=https://books.google.it/books?id=8G0vEAAAQBAJ&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PT38&dq=statua+dedicata+a+Walther+von+der+Vogelweide+germanizzazione&hl=it&source=newbks_fb&redir_esc=y#v=onepage&q=statua%20dedicata%20a%20Walther%20von%20der%20Vogelweide%20germanizzazione&f=false}}</ref> Il promotore principale della politica contro la popolazione ladina ("selvaggio romancio") fu un abate tirolese di lingua tedesca, Mathias Lang. Già ai tempi dell'imperatrice [[Maria Teresa d'Austria|Maria Teresa]] molti cognomi ladini erano stati germanizzati.
 
Fino al 1856 in Val Gardena l'insegnamento scolastico avveniva in italiano: il tedesco divenne facoltativo nel 1857 e obbligatorio nel 1872. In Val Badia invece la lingua tedesca divenne obbligatoria nel 1876, mentre a [[Marebbe]] l'italiano venne abolito nel 1875, per poi essere parzialmente reintrodotto nel 1894.<ref>"L'italianità dell'Alto Adige", Edizioni d'Arte</ref> La presenza della lingua italiana negli istituti scolastici venne progressivamente diminuita, fino a scomparire in alcuni casi.<ref>''Archivio per l'Alto Adige 1926''.</ref> Agli inizi del XX secolo rimasero poche scuole bilingue nelle valli ladine.<ref>''Archivio per l'Alto Adige 1911'.'</ref>
 
Un sostenitore della germanizzazione dei ladini fu il [[borgomastro]] di Bolzano [[Julius Perathoner]], che propose di scorporare la [[Val di Fassa]], [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]] e l'[[Cortina d'Ampezzo|Ampezzano]] dai distretti italiani, unendoli a quelli [[lingua tedesca|germanofoni]], come già avvenuto per la [[Val Gardena]] e la [[Val Badia]], già in avanzata fase di germanizzazione. Tuttavia questa idea non ebbe seguito.
;La "scoperta" del ladino
[[File:Dialetti parlati in Italia.png|thumb|Mappa delle lingue e dei dialetti italianid'Italia.|200px|left]]
AllaFin deldal XIX secolo, grazie agli studi del linguista italiano [[Graziadio Isaia Ascoli|Graziadio Ascoli]], i diversi dialetti ladini furono identificati come un gruppo linguistico a sé stante, distinto (da un punto di vista [[Famiglia linguistica|filogenetico]]) sia dai [[Italiano regionale|dialetti italiani]], che da quelli [[Gallolingue gallo-italicoitaliche|gallo-italici]], e facente parte della famiglia [[Lingue retoromanze|retoromanza]].
 
Di conseguenza vi furono anche i primi tentativi a sostegno dell'esistenza di un'etnia ladina.<ref>[{{cita web|url=http://www.gfbv.it/ladin/dossier/ladin/ladinia-it.html |autore=Mateo Taibon, |editore=Associazione per i popoli minacciati, |titolo=Ladinia {{!}} Informazioni sulla realtà ladina]|accesso=30 marzo 2023}}</ref>. Non vi furono tuttavia tentativi di creare una [[Lingua_ladinaLingua ladina#Standardizzazione|lingua ladina standardizzata]], che è tuttora distinta nei suoi diversi dialetti. Già nel 1833 il badioto Micurà de Rü (anche noto come Nikolaus Bacher), iniziò un tentativo di scrittura della grammatica ladina, seguito dal lavoro del curato di Ortisei Ujep Antone Vian, che nel 1864 che stampò un libro sulla grammatica gardenese. Di la in poi si ebbero anche i libretti ad uso liturgico, giornali e calendari.<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| pagp. 58}}.</ref>
 
Le peculiarità sintattiche del ladino rispetto alla lingua italiana (peraltro niente affatto insolite, nell'ambito dei [[Italiano regionale|dialetti italiani]]) furono anni dopo utilizzate a supporto dell'esistenza di un'etnia ladina, fatto che nel secondo dopoguerra ebbe importanti risvolti politici, in quanto l'apertura della [[Südtiroler Volkspartei]] nei confronti dei ladini andò a diminuire la consistenza numerica degli italiani.<ref>“''{{cita libro|citazione=Dal punto di vista politico sono chiari i termini del contendere: considerare i Ladiniladini come un gruppo differenziato di origine reto-romana equivaleva a diminuire la consistenza numerica della minoranza italiana nel Tirolo e nel Friuli orientale; considerarli assimilabili tout court agli Italianiitaliani per origine e parlata equivaleva ad aumentare l'incidenza quantitativa della minoranza italiana. Nei censimenti austriaci essi venivano registrati sotto la voce ‘italiani'italiani e ladini' senza ulteriori distinzioni.''; U.|autore=Umberto Corsini, |titolo=Gli italiani nella monarchia asburgica dal 1848 al 1918, in -Problemi di un territorio di confine,|editore=Comune di Trento|p. =19; C. Battisti, Premesse storiche e geografiche, in C. Battisti, Vacante, Cajoli, Alto Adige. Realtà e problemi (con numerose cartine e tabelle), Bologna, Cappelli 1961. Ma su questa minoranza si v. anche R. Cajoli, Origini storiche del problema altoatesino, in L'AA in un quadro europeo. Atti del convegno di studio. Sondrio 9-10 ottobre 1965, Sondrio, Evoluzione europea 1966, pp. 25-39.}}</ref>
 
== Prima guerra mondiale ==
{{vedi anche|interventismo}}
[[File:Bozen LS Kaserne.jpg|thumb|La caserma dei ''[[Landesschützen]]'' a Bolzano, appartenente al corpo delle truppe di montagna]]
Nel [[1914]], all'inizio della [[prima guerra mondiale]], l'Austria-Ungheria e l'Italia aderivano entrambe alla [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]], che era di natura difensiva. Questo trattato prevedeva quindi l'obbligo di difesa reciproca in caso di attacco, ma non la discesa in guerra a fianco di chi la guerra l'aveva dichiarata, come era avvenuto per l'[[Impero austro-ungarico]], in questo caso l'aggressore. Inoltre il governo di Vienna non aveva consultato quello di Roma prima della dichiarazione di guerra contro il [[Regno di Serbia]], violando i [[trattati della Triplice alleanza]].<ref>{{Cita libro|nome=Mark|cognome=Thompson|titolo=La guerra bianca. Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919|url=https://books.google.it/books?id=ZkOo0SUuGusC&pg=PA35&lpg=PA35&dq=austria+ungheria+violazione+trattato+triplice+alleanza&source=bl&ots=FZIOHaBLVr&sig=9lvxfVbrOEfjsIXevT2hTJHfaY0&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjQh53_rdLXAhXC2qQKHfMjA-84ChDoAQg-MAQ#v=onepage&q=austria%20ungheria%20violazione%20trattato%20triplice%20alleanza&f=false|accesso=22 novembre 2017|data=14 luglio 2010|editore=Il Saggiatore|città=Milano|ISBN=9788865760086}}</ref>
Nel [[1914]], all'inizio della guerra mondiale, l'Austria-Ungheria e l'Italia aderivano entrambe alla [[Triplice Alleanza (1882)|Triplice alleanza]], che era di natura difensiva e non contemplava l'intervento italiano al fianco degli austro-tedeschi (che erano le potenze aggredenti). Inoltre il governo di Vienna aveva omesso di consultatore quello di Roma in vista dell'aggressione alla Serbia. L'Italia pertanto, mantenne la sua neutralità, {{cn|anche considerando la propria scarsa preparazione militare}} e presumendo che gli austrotedeschi, in caso di vittoria, non avrebbero offerto importanti contropartite territoriali (previste dall'alleanza in caso di espansione austriaca nei Balcani). Difatti, alla vigilia dell'entrata in guerra, l'Austria formalizzò un'offerta che riguardava solo una parte del [[Trentino]] e del [[Friuli]], con l'esclusione di [[Gorizia]] e [[Trieste]]).
 
In Italia erano inoltre forti i sentimenti [[irredentismo|irredentisti]] nei confronti dei territori irredenti in [[Trentino]], [[Venezia Giulia]] e [[Dalmazia]].
L'Italia quindi nelle prime fasi del conflitto e rispettando gli accordi rimase neutrale, considerando inoltre che l'Impero, in caso di vittoria, non avrebbe offerto contropartite territoriali (previste dall'alleanza in caso di espansione austriaca nei Balcani). Durante la [[Crisi bosniaca#La crisi bosniaca nei rapporti fra Austria e Italia|crisi bosniaca nei rapporti fra Austria e Italia]] nel 1908 del resto questo era già avvenuto. Alla vigilia dell'entrata in guerra l'Austria formalizzò all'Italia un'offerta che riguardava solo una parte del [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]] e del [[Friuli]], con l'esclusione di [[Gorizia]] e [[Trieste]]).
Si sviluppò un [[irredentismo|forte movimento d'opinione]] volto a far entrare l'Italia in guerra, a fianco dell'[[triplice intesa|intesa]]
In Italia erano inoltre forti i sentimenti [[irredentismo|irredentisti]] nei confronti dei territori in Trentino, [[Venezia Giulia]] e [[Dalmazia]].
A questo si aggiungevano diffusi sentimenti di simpatia per la [[Triplice intesa]] ed un patto segreto con la [[Francia]], che di fatto invalidava gli accordi con gli [[Imperi centrali]].
Si sviluppò un forte [[interventismo|movimento d'opinione per l'ingresso in guerra]] dell'Italia a fianco della [[Triplice intesa]].
A questo si aggiungevano diffusi sentimenti di simpatia per la Triplice intesa ed un patto segreto con la [[Francia]], che di fatto invalidava gli accordi con gli [[Imperi centrali]].
 
In base ai termini del [[patto di Londra|trattato segreto di Londra]], stipulato nell'aprile 1915, l'Italia dichiarò guerra agli Imperi Centrali, in cambio, tra le altre, di concessioni nei territori allora austro-ungarici del [[Tirolo]] (dal Trentino fino al Brennero), della [[Venezia Giulia]], di alcune isole del [[Quarnaro]] e della parte nord della [[Dalmazia]], ove vivevano consistenti popolazioni e comunità italiane.
A nord il futuro confine fu segnato sullo spartiacque alpino, permettendo all'Italia di ottenere la sua [[frontiera naturale]], ma largamente oltrepassando i confini etnici.<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Hans Karl Peterlini|titolo=100 Jahre Südtirol. Geschichte eines jungen Landes|editore=Haymon|città=Innsbruck|anno=2012|pp=15 ss|ISBN=978-3-7099-7031-7}}</ref>
 
=== Entrata in guerra dell'Italia ===
[[File:MG-Nest.jpg|miniatura|Truppe dell'[[Imperiale e regio esercito]] sul fronte [[alpi]]no.]]
[[File:ArtiglieriaStelvio.jpg|miniatura|Alpini presso il [[passo dello Stelvio]]]]
La guerra contro l'Impero austro-ungarico fu dichiarata il 23 maggio 1915 ma fu solo il [[24 maggio]] che i primi fanti del [[Regio Esercito]] varcarono il confine e quella data storica venne poi citata ne ''[[La canzone del Piave]]''.
 
Malgrado la vicinanza al fronte il territorio dell'[[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]] fu solo sfiorato dagli eventi bellici, nella zona dello [[Stelvio]] e delle [[Tre Cime di Lavaredo]]. Il vicino [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]] fu coinvolto in modo assai più rilevante.
 
Il 26 ottobre 1916 una disposizione imperiale assimilò le valli ladine alle altre zone del Tirolo di lingua tedesca e stabilì l'espresso divieto dell'uso dell’italiano,<ref>{{Cita testo|autore=Silvia Colla|url=http://tesi.cab.unipd.it/56376/1/SILVIA_COLLA_2017.pdf|titolo=Il sistema dell'insegnamento linguistico paritetico nelle scuole ladine dell'Alto Adige. Tesi di laurea|p=18|anno=a.a. 2017-18|editore=Università degli Studi di Padova}}</ref> accadde poi l'opposto nel 1921 (con l'ascesa del fascismo) quando la scuola ladina venne italianizzata totalmente.
In base ai termini del [[patto di Londra|trattato segreto di Londra]], stipulato nell'aprile 1915, l'Italia accettò di dichiarare guerra agli Imperi Centrali, in cambio (tra altre cose) di concessioni nei territori allora austro-ungarici del [[Tirolo]] (dal Trentino fino al Brennero), della [[Venezia Giulia]], di alcune isole del [[Quarnaro]] e della parte nord della [[Dalmazia]], ove vivevano consistenti popolazioni e comunità italiane.
A nord il futuro confine fu segnato sullo spartiacque alpino, permettendo all'Italia di ottenere i suoi confini geografici, ma oltrepassando quelli etnici.<ref>Cfr. Hans Karl Peterlini, ''100 Jahre Südtxirol. Geschichte eines jungen Landes'', Haymon, Innsbruck, 2012, pp. 15ss. ISBN 978-3709970317</ref>
 
Nell'ottobre 1917, con l'aiuto tedesco, gli austro-ungarici sconfissero l'esercito italiano nella [[battaglia di Caporetto]]. La vittoria si tramutò in una rotta per gli italiani che, caoticamente, si ritirarono fino al [[Piave]], dove posero una [[Prima battaglia del Piave|nuova linea di difesa]] che riuscì a fermare l'avanzata.
===Entrata in guerra dell'Italia===
{{vedi anche|Guerra Bianca}}
[[File:ArtiglieriaStelvio.jpg|thumb|Alpini pronti a difendere il [[passo dello Stelvio]] ]]
La guerra contro l'Impero austro-ungarico fu dichiarata il 23 maggio 1915. Malgrado la vicinanza al fronte, l'Alto Adige fu solo sfiorato dagli eventi bellici (nella zona dello [[Stelvio]] e di [[Lavaredo]]), che coinvolsero appieno il vicino Trentino.
 
Nell'aprile del 1918 la ''[[Volksbund]]'', riunitasi a [[Vipiteno]], rivendicò nei confronti dell'Italia dei "confini naturali" che comprendevano ''"antichi territori tedeschi come i [[Feltrino (territorio)|Tredici comuni]] (Feltre), i [[Altopiano dei Sette Comuni|Sette Comuni]] (Asiago), [[Sappada|Bladen]] (Sappada), [[Sauris|Zahre]] (Sauris), [[Tolmezzo|Schönfeld]] (Tolmezzo), [[Timau|Tischelwang]] (Timau). Inoltre una rettifica dei confini con cessione all'Austria della valle superiore dell'[[Adda]] e dell'[[Oglio]], fino alla sponda meridionale del [[lago di Garda]] e al margine meridionale delle [[Alpi]] veneto-friulane"'', oltre a rivendicare ''"unità e indivisibilità del Tirolo da [[Kufstein]] fino alla Chiusa di [[Verona]], decisissimo rifiuto di ogni autonomia della parte meridionale del territorio, cioè al cosiddetto 'Tirolo italiano'"''. Inoltre imponeva ''"l'insediamento d'un vescovo tedesco e preparazione dei futuri sacerdoti trentini in modo che siano buoni tirolesi amici dei tedeschi"''.<ref name=claus>{{cita libro | nome=Claus | cognome= Gatterer| titolo= Italiani maledetti, maledetti austriaci| anno= 2009| editore= Praxis3| città= Bolzano}}</ref> Un punto della mozione della "Dieta popolare tedesca" conteneva il nuovo programma educativo: ''"Completa trasformazione del sistema scolastico nel Tirolo italiano con l'introduzione dell'insegnamento obbligatorio della lingua tedesca ed educazione a sentimenti patriottici tirolesi e filo-tedeschi fra la gioventù e fra i docenti"''<ref>Il testo completo della mozione - votata l'11 maggio 1918 all'unanimità e pubblicata il giorno successivo sul ''Bozner Nachtrichten'' - è in {{cita|Toscano 1968|pp. 17-18}}.</ref>. Quest'assemblea rispecchiava l'euforia della momentanea vittoria austriaca di Caporetto.<ref name=claus/>
Nell'ottobre 1917, con l'aiuto tedesco, gli austroungrici sconfissero l'esercito italiano italiano nella [[battaglia di Caporetto]]. La vittoria si tramutò in una rotta per gli italiani che, caoticamente, si ritirarono fino al [[Piave]], dove posero una [[offensiva del Piave|nuova linea di difesa]] che riuscì a fermare l'avanzata.
 
Nel giugno 1918, grazie alle [[Trattato di Brest-Litovsk|risorse liberate dalla resa dei russi]], gli austro-ungarici sferrarono una [[Battaglia del solstizio|grande offensiva]] contro la linea del Piave, contando di sfondare e concludere la guerra. La pronta reazione italiana, tuttavia, tramutò l'attacco in una disfatta, che esaurì le potenzialità militari dell'impero, rendendo inevitabile la sua sconfitta.
Nell'aprile del 1918 la "Dieta Popolare Tedesca" riunitasi a [[Vipiteno]], rivendicò nei confronti dell'Italia dei "confini naturali" che comprendevano ''"antichi territori tedeschi come i [[Feltrino (territorio)|Tredici comuni]] (Feltre), i [[Sette Comuni]] (Asiago), [[Sappada|Bladen]] (Sappada), [[Sauris|Zahre]] (Sauris), [[Tolmezzo|Schönfeld]] (Tolmezzo), [[Timau|Tischelwang]] (Timau). Inoltre una rettifica dei confini con cessione all'Austria della valle superiore dell'[[Adda]] e dell'[[Oglio]], fino alla sponda meridionale del [[lago di Garda]] e al margine meridionale delle [[Alpi]] Veneto-friulane"'', oltre a rivendicare ''"unità e indivisibilità del Tirolo da [[Kufstein]] fino alla Chiusa di [[Verona]], decisissimo rifiuto di ogni autonomia della parte meridionale del territorio, cioè al cosiddetto 'Tirolo Italiano'"''. Inoltre imponeva ''"l'insediamento d'un vescovo tedesco e preparazione dei futuri sacerdoti trentini in modo che siano buoni tirolesi amici dei tedeschi"''<ref name=claus>{{cita libro | nome=Claus | cognome= Gatterer| titolo= Italiani maledetti, maledetti austriaci| anno= 2009| editore= Praxis3| città= Bolzano}}</ref>. Un punto della mozione della "Dieta Popolare tedesca" conteneva il nuovo programma educativo: ''"Completa trasformazione del sistema scolastico nel Tirolo italiano con l'introduzione dell'insegnamento obbligatorio della lingua tedesca ed educazione a sentimenti patriottici tirolesi e filo-tedeschi fra la gioventù e fra i docenti"''<ref>Il testo completo della mozione - votata l'11 maggio 1918 all'unanimità e pubblicata il giorno successivo sul ''Bozner Nachtrichten'' - è in [[Mario Toscano]], ''Storia diplomatica della questione dell'Alto Adige'', Laterza, Bari 1968, pp. 17-18.</ref>. Quest'assemblea rispecchiava l'euforia della momentanea vittoria tedesca di Caporetto<ref name=claus/>.
 
{{Vedi anche|Battaglia di Vittorio Veneto|Armistizio di Villa Giusti}}
Nel giugno 1918, grazie alle [[Trattato di Brest-Litovsk|risorse liberate dalla resa dei russi]], gli austroungarici sferrarono una [[Battaglia del solstizio|grande offensiva]] contro la linea del Piave, contando di sfondare e concludere la guerra. La pronta reazione italiana, tuttavia, tramutò l'attacco in una disfatta, che esaurì le potenzialità militari dell'impero, rendendo inevitabile la sua sconfitta.
 
Il 24 ottobre 1918, l'Italia, dopo molte esitazioni, lanciò un'offensiva contro l'esercito austro-ungarico, che di conseguenza crollò (vedi [[battaglia di Vittorio Veneto]]). L'Impero austro-ungarico, ormai allo sfascio, chiese l'[[armistizio di Villa Giusti|armistizio]], che fu stipulato il 3 novembre e divenne operativo alle ore 15.00 del 4 novembre. Nei giorni successivi l'esercito italiano completò l'occupazione di tutto il Tirolo, inclusa [[Innsbruck]], secondo i termini dell'armistizio.
Le ultime ore della battaglia e della guerra sul fronte italiano furono molto confuse: alle 01:20 del 3 novembre il colonnello [[Karl Schneller]] ricevette la comunicazione dal Comando Supremo di [[Baden (Austria)|Baden]] riguardo l'accettazione dell'armistizio con l'ordine di recarsi a [[Villa Giusti]]; contemporaneamente il quartier generale austro-ungarico diramò di propria iniziativa alle armate alle ore 01:30 e di nuovo alle 03:30 l'ordine di cessare immediatamente i combattimenti e deporre le armi<ref name=":0">{{cita libro|autore=Pier Paolo Cervone|titolo=Vittorio Veneto, l'ultima battaglia|città=Milano|editore=Mursia|anno=1993|ISBN=978-88-425-1775-7}}</ref>. Alle ore 15:00 si tenne a Villa Giusti la riunione finale: la delegazione austro-ungarica guidata dal [[Viktor Weber von Webenau|generale Weber]] comunicò di accettare l'armistizio; fu solo in tale frangente che riferì anche che l'esercito aveva ricevuto ordine nella notte di arrestare i combattimenti e deporre le armi, ma Badoglio rifiutò di accogliere queste disposizioni del nemico: come stabilito in precedenza, le operazioni sarebbero terminate solo alle ore 15:00 del 4 novembre, 24 ore dopo la conclusione dell'armistizio. Di fronte alle proteste dei delegati austro-ungarici, il generale italiano mostrò grande nervosismo e minacciò di rompere le trattative; infine alle 18:20 del 3 novembre fu firmato il documento di armistizio che confermava che i combattimenti sarebbero ufficialmente cessati alle ore 15:00 del 4 novembre<ref name=":0" />. Le truppe austro ungariche sul campo avevano nel frattempo accolto con sollievo l'ordine di cessate il fuoco e quindi ritennero erroneamente che fosse finita la guerra fin dal 3 novembre; si crearono inevitabilmente equivoci e recriminazioni con gli italiani che (all'oscuro di tutto) continuavano le operazioni.<ref name=":0" /> Ciò provocò successivamente l'accusa, del tutto infondata, che gli italiani avevano continuato a combattere (catturando migliaia di prigionieri) contro un esercito che "aveva già cessato di combattere".<ref name=":0" />
 
L'11 novembre si verificarono scontri, con svariati caduti, al Brennero, contro truppe tedesche (bavaresi) che erano state mandate a contrastare l'avanzata italiana (l'Impero tedesco si arrese lo stesso giorno). Nei giorni successivi l'esercito italiano completò l'occupazione di tutto il Tirolo, inclusa [[Innsbruck]], secondo i termini dell'armistizio. Nell'occasione le valli dell'Adige e dell'Isarco furono attraversate dalle truppe imperiali in fuga che, ormai allo sbando, si abbandonarono a saccheggi e violenze<ref>La cosa venne rilevata anche dalla Relazione Ufficiale austriaca: ''"(...) nella valle dell'Adige la confusione è indescrivibile. Il 2 novembre tutti i depositi e magazzini nella zona di Lavis risultano saccheggiati e nessuno sa come rifornire le truppe che ripiegano da Trento. Colonne di autocarri e teleferiche sono state abbandonate (...). I treni viaggiano soltanto da Trento verso nord e in tutte le stazioni, perfino a Innsbruck, si verificano episodi di violenza (...)"''. {{cita libro|autore=[[Gianni Pieropan]]|titolo=1914-1918. Storia della grande guerra|città = Milano|editore=Mursia|anno=1988|p=834}}</ref>.
Nell'occasione le valli dell'Adige e dell'Isarco furono attraversate dalle truppe imperiali in fuga che, ormai allo sbando, si abbandonarono a saccheggi e violenze.
 
== Annessione all'Italia ==
{{vedi anche|Conferenza di pace di Parigi (1919)}}
[[ImageFile:GermanAustriaMap.png|thumb|TerritoriCarta dei territori germanofoni delladell'ex [[Cisleitania]],Impero rivendicati dalla [[Repubblica dell'Austria tedesca]], confrontati con il confine effettivamente ottenuto (N.B.:l'Alto Adige è il solo in cui, a tutt'oggi, sopravviva una minoranza tedesca)]]
Al termine della guerra, l'autoproclamata [[Repubblica dell'Austria tedesca]], sorta delledalle ceneri del dissolto Impero austro-ungarico, tentò invano di reclamare la sovranità su svariati territori tedescofonigermanofoni, incluso il futuro (Alto Adige: incluso),essendo matuttavia dariconosciuta quale erede di un paese sconfitto, non poté far valere le proprie preteseistanze.
 
Alla [[conferenza di pace di Parigi (1919)|conferenza di pace di Parigi]], l'Italia, sedevasedendo fra le potenze vincitrici e, chiese l'applicazione del [[Patto di Londra]], (1915)|Pattoonde realizzare l'obiettivo, apertamente dichiarato da [[Vittorio Emanuele III di LondraSavoia|Vittorio Emanuele III]] il 24 maggio 1915, «di piantare il tricolore d'Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra»<ref>Dal proclama del Re in occasione della dichiarazione di guerra.</ref>.
Com'è noto, l'Italia non ebbe piena soddisfazione alle sue richieste, in quanto le venne negata la [[Dalmazia]] (vedi [[Vittoria mutilata]]).
Le richieste per il confine sullo spartiacque alpino vennero invece accolte, sia nella Venezia Tridentina<ref>Cfr. il testo del [http://www.prassi.cnr.it/prassi/attiInternazionali.html?id=508 Trattato di pace con l'Austria, Saint-Germain, 10 settembre 1919]: "''... le Trentin, le Tyrol cisalpin avec sa frontière géographique et naturelle (la frontière du Brenner) ...''" (Trattati e Convenzioni, v. XXIII, p. 285)</ref>, che nella [[Venezia Giulia]].
 
L'istanza ebbe però solo parziale soddisfazione, in quanto al regno italiano venne negata la [[Dalmazia]] (donde nacque poi il mito della [[vittoria mutilata]]); la richiesta di fissare la frontiera nord-orientale in esatta corrispondenza dello spartiacque alpino sia nella Venezia Tridentina<ref>Cfr. il testo del [http://www.prassi.cnr.it/prassi/attiInternazionali.html?id=508 Trattato di pace con l'Austria, Saint-Germain, 10 settembre 1919] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140823022426/http://www.prassi.cnr.it/prassi/attiInternazionali.html?id=508 |data=23 agosto 2014 }}: "''... le Trentin, le Tyrol cisalpin avec sa frontière géographique et naturelle (la frontière du Brenner) ...''" (Trattati e Convenzioni, v. XXIII, p. 285).</ref> che nella [[Venezia Giulia]] venne invece accolta. Così facendo erano finite sotto giurisdizione italiana consistenti comunità tirolesi di lingua e cultura germanica<ref>{{Cita|Gehler 2009|pp. 24 ss.}}</ref>.
Le decisioni prese alla conferenza furono fatte ratificare alla neo-costituita [[Prima repubblica austriaca|repubblica austriaca]] col [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|trattato di pace di Saint-Germain-en-Laye]], firmato il 10 settembre [[1919]]. Il trattato non prevedeva [[plebiscito]] in nessuno dei territori già rivendicati dagli austrotedeschi (alla pari dei trattati ratificati con Germania, Ungheria e Turchia), con l'[[Plebiscito in Carinzia del 1920|eccezione della Carinzia]].
 
Le delibere della conferenza furono fatte ratificare alla neo-costituita [[Prima repubblica austriaca|repubblica austriaca]] col [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|trattato di pace di Saint-Germain-en-Laye]], firmato il 10 settembre [[1919]]: esso (alla pari dei trattati sottoposti a Germania, Ungheria e Turchia) non prevedeva che si celebrasse alcun [[plebiscito]] in nessuno dei territori già rivendicati dagli austro-tedeschi, fatta eccezione [[plebiscito della Carinzia|per la Carinzia]], dove la situazione etnico geografica era estremamente complicata e quindi, su sollecito del presidente Wilson, fu indetto un referendum.
L'annessione fu formalizzata il 10 ottobre del [[1920]].
Il confine dell'Italia veniva pertanto portato sullo [[spartiacque]] delle [[Alpi]] (superandolo nella conca di [[San Candido]] e a [[Tarvisio]]), ed includendo consistenti minoranze germanofone<ref>Cfr. Michael Gehler, ''Tirol im 20. Jahrhundert. Vom Ende der Monarchie bis zur Europaregion'', Innsbruck, Tyrolia, 2008, pp. 24ss. ISBN 978-3-7022-2881-1</ref> e slavofone.
Con essa si realizzava uno dei principali obiettivi di guerra italiani, apertamente dichiarato da [[Vittorio Emanuele III d'Italia|Vittorio Emanuele III]] il 24 maggio 1915.<ref>"A voi la gloria di piantare il tricolore d'Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra.". Dal proclama del Re, in occasione della dichiarazione di guerra.</ref>
===Perché fu annesso l'Alto Adige===
[[Image:Austria Hungary ethnic.svg|thumb|Mappa delle "lingue d'uso" dell'Austria-Ungheria, basata sul censimento del 1910 (N.B.: le valli oggi considerate ladine, sono incluse nelle zone a parlata italiana); tutte le popolazioni tedesche, al di fuori dell'Austria e dell'Alto Adige, sono oggi scomparse]]
Le ragioni dell'annessione dell'Alto Adige, molto spesso ferme allo [[stereotipo]] dell'"''ingiustizia inflitta nel 1919''"<ref>Si veda, al protostorico, il [http://www.svp.eu/de/italiano/ sito della SVP]</ref>, nascono in uno specifico contesto storico, in cui le rivendicazioni territoriali degli stati non avvenivano su base puramente etnica.
Il conflitto era scoppiato come conseguenza della cultura [[imperialismo|imperialistica]] di stampo ottocentesco, che non teneva nel dovuto conto le aspirazioni nazionali dei singoli popoli (e da questo punto di vista, l'esempio eclatante era proprio l'Austria), ed era basata prevalentemente sui rapporti di forza fra gli stati.
 
Il 10 ottobre [[1920]] l'Italia formalizzò le acquisizioni territoriali, ritrovandosi con un confine settentrionale del tutto nuovo: anche verso est esso arrivava infatti a coincidere con lo [[spartiacque]] delle [[Alpi]], anche superandolo in alcuni punti (nella conca di [[San Candido]] e a [[Tarvisio]]).
Per questo gli Stati Uniti avevano cercato di far imporre un criterio etnico per ridisegnare la mappa d'Europa, mediante i famosi "[[Quattordici Punti]]"<ref>Sterling J. Kernek, ''Woodrow Wilson and National Self-Determination along Italy's Frontier: A Study of the Manipulation of Principles in the Pursuit of Political Interests'', in "Proceedings of the American Philosophical Society", vol. 126, Nr. 4 (Aug. 1982), pp. 243-300.</ref><ref>Cfr. Rolf Steininger, ''Südtirol. Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart''. StudienVerlag, Innsbruck – Vienna – Bolzano 2003, ISBN 3-7065-1348-X, pp. 9–11.<br />"A readjustment of the frontiers of Italy should be effected along clearly recognizable lines of nationality."</ref>, nella velleitaria speranza di evitare futuri conflitti.
Tuttavia, in sede di pace, tali punti furono [[Conferenza_di_pace_di_Parigi_%281919%29#Il_contesto_storico|ampiamente disattesi]] a sfavore delle nazioni sconfitte. Furono di conseguenza milioni le persone di lingua/etnia tedesca, [[ungherese]], [[turca]] e [[slava]], che si trovarono incluse in uno Stato che non era quello della propria nazione, creando le premesse per la successiva distruzione di gran parte di esse.
In questo contesto l'annessione del germanofono Alto Adige fu tutt'altro che un caso eccezionale, soprattutto se comparato alla sorte delle ben più numerose minoranze tedesche dei [[Tedeschi dei Sudeti|Sudeti]] o dell'[[Alsazia-Lorena]] (per non parlare delle minoranze ungheresi o turche).
 
[[File:Austria Hungary ethnic it.svg|thumb|Mappa delle "lingue d'uso" dell'Austria-Ungheria, basata sul censimento del 1910 (le valli oggi considerate ladine sono incluse nelle zone a parlata italiana)<ref>La mappa non riporta correttamente la distribuzione di alcune enclave linguistiche italiane lungo la costa dalmata</ref>]]
Resta un fatto che, in base al censimento austriaco del [[1910]], effettuato "''secondo la lingua d'uso''", il 90% della popolazione dell'Alto Adige risultasse germanofono, a fronte di un 7% circa di parlata [[lingua italiana|italiana]] (in quest'ultimo gruppo, peraltro, poco più della metà era in effetti di parlata ladina). Non pochi d'altronde avevano subito nel corso dell'[[XIX secolo|Ottocento]] un processo di assimilazione, come dimostra tuttora la presenza di molte famiglie germanofone con cognomi marcatamente italiani (e ladini).
L'annessione dell'Alto Adige è sicuramente connaturata al contesto storico dei primi decenni del [[XX secolo]]: all'epoca le rivendicazioni territoriali degli stati non avvenivano su base puramente etnica e lo stesso conflitto mondiale era scoppiato come conseguenza della cultura [[imperialismo|imperialistica]] di stampo ottocentesco, che non aveva tenuto conto delle aspirazioni nazionali dei popoli, basandosi invece in via prevalente sui [[Hard power|rapporti di forza]] fra gli stati.
 
All'atto della pace gli [[Stati Uniti d'America]] tentarono di correggere tale prassi, imponendo di ridisegnare la mappa d'Europa su criteri anzitutto di omogeneità etnica, nella velleitaria speranza di evitare futuri conflitti. In un discorso dell'8 gennaio 1918 il presidente [[Woodrow Wilson]] enunciò allo scopo una "carta d'intenti" articolata in [[quattordici punti]]<ref>{{cita pubblicazione|lingua=en|autore=Sterling J. Kernek|titolo=Woodrow Wilson and National Self-Determination along Italy's Frontier: A Study of the Manipulation of Principles in the Pursuit of Political Interests|rivista=Proceedings of the American Philosophical Society|volume=126|numero=4|data=agosto 1982|pp=243-300}}</ref><ref>{{cita|Steininger 2003|pp. 9-11}}.<br />
Prima dell'entrata in guerra dell'Italia e anche durante la stessa, alcuni esponenti politici italiani - fra di essi [[Antonio Stefenelli]], [[Leonida Bissolati]], [[Filippo Turati]], [[Gaetano Salvemini]] ed [[Ernesta Battisti]] - si erano espressi a favore del confine in prossimità della chiusa di [[Salorno]], che all'epoca rappresentava il confine linguistico con l'area linguistica germanica, e perciò vennero definiti "salornisti". Le perplessità vertevano anche sulle condizioni della regione, fortemente cattolica, arretrata socialmente ed economicamente, e con un'economia esclusivamente agricola, che veniva vista pertanto come una sorta di [[Vandea]]<ref>"Filippo Turati: “Ricordiamoci che l'Alto Adige più ancora del Trentino, è paese clericale, una specie di Vandea austro-germanica”, [[Filippo Turati]], 1921"</ref>. Anche il politico ed [[Irredentismo italiano|irredentista]] trentino [[Cesare Battisti]] aveva nutrito "talune perplessità" sullo spostamento del confine al Brennero in ragione del principio di nazionalità, ma lo considerava militarmente "formidabile".<ref>Antonio Scottà, ''La Conferenza di pace di Parigi fra ieri e domani (1919-1920)'', visto su [http://books.google.it/books?id=ZIZQNT1k7QMC&pg=PA147&lpg=PA147&dq=battisti+salorno+confine&source=bl&ots=GBF_46e5_w&sig=TzJE-Kgg-QTLaGOXq38kgCpmiFw&hl=it&ei=Sr8-TbL_MoidOoKexOsF&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CBIQ6AEwAA#v=onepage&q=battisti%20salorno%20confine&f=false Google libri] il 25 gennaio 2011</ref> Le posizioni dei "salornisti" rimasero comunque sia minoritarie.
"A readjustment of the frontiers of Italy should be effected along clearly recognizable lines of nationality."</ref>. In sede di conferenza tali punti furono però [[Conferenza di pace di Parigi (1919)#Il contesto storico|ampiamente disattesi]] in favore di un trattamento punitivo delle nazioni sconfitte. Milioni di persone di lingua ed etnia tedesca, [[magiari|ungherese]], [[Turchi (gruppo etnico)|turca]] e [[slavi|slava]] si trovarono così incluse in uno stato non identificato con la propria nazione, circostanza che creò le premesse per la successiva distruzione di gran parte di esse.
 
In questo contesto l'annessione all'Italia di parte del Tirolo fu tutt'altro che un caso eccezionale, giacché analoga sorte toccò alle ben più numerose minoranze tedesche dei [[Tedeschi dei Sudeti|Sudeti]] o dell'[[Alsazia-Lorena]], nonché a varie altre comunità minoritarie di etnia ungherese o turca.
Tutto ciò premesso, l'annessione fu dovuta sostanzialmente a ragioni militari: la frontiera sul Brennero era infatti facilmente difendibile. Dalla caduta dell'Impero romano, continue erano state infatti le ingerenze e le invasioni dall'area tedesca verso l'Italia. L'Austria, in particolare, era stata la potenza egemone in Italia, e ne aveva duramente combattuto l'indipendenza e l'unificazione, tanto che gli austriaci erano diventati il "nemico" per eccellenza. Non sorprende quindi il desiderio italiano di avere frontiere sicure a protezione di ulteriori possibili invasioni.
Un ipotetico Alto Adige austriaco, profondamente incuneato in territorio italiano, avrebbe continuato a costituire una spina nel fianco alla sicurezza del Regno, riproponendo difficoltà simili a quelle incontrate nella Grande Guerra.<ref>Si ripete che questo criterio non fu affatto un ''unicum'' nel primo dopoguerra. Il [[Tedeschi dei Sudeti|territorio dei Sudeti]], a massiccia maggioranza tedesca (comprendente circa quattro milioni di germanofoni), fu ad esempio dato alla neonata [[Cecoslovacchia]]. Fra le motivazioni dell'annessione c'era la necessità di garantire frontiere facilmente difendibili al nuovo stato, in funzione antitedesca.</ref>
Lo stesso presidente U.S.A.[[Woodrow Wilson]], appoggiò questa richiesta.<ref>"…''le pretese italiane in Trentino dovrebbero essere soddisfatte, ma la parte settentrionale della regione, abitata dai tedeschi, dovrebbe essere completamente autonoma''" (Papers Relating to the Foreign Relations of the United State, 1918: "Supplements I", Documents State Department, Washington 1933, vol. 1, pag. 410).</ref> Di quest'ultimo vengono usualmente citato solo i ''[[quattordici punti]]'', laddove avrebbero supportato le rivendicazioni austriache (punto 9: ''La rettifica delle frontiere italiane dovrà essere fatta secondo le linee di demarcazione chiaramente riconoscibili tra le nazionalità.'')
 
Il territorio del futuro Alto Adige, in base al censimento austriaco del [[1910]] (effettuato "secondo la lingua d'uso"), risultava popolato per il 90% da popolazione germanofona, a fronte di un 7% di [[lingua italiana]] (gruppo nel quale veniva ricompresa anche la comunità ladina, che arrivava al 3-4% del totale), mentre secondo il censimento del 1890 l'elemento italiano costituiva l'8,4% della popolazione altoatesina<ref>{{Cita|Battisti 1963|p. 7}}.</ref>. Secondo [[Carlo Battisti]], la comunità italofona sarebbe stata decimata nel corso dell'[[XIX secolo|Ottocento]] dalla pressione assimilatrice della maggioranza etnica<ref>{{cita|Battisti 1963}}.</ref>: nel censimento si notava infatti come molte famiglie dai cognomi marcatamente italiani o ladini avessero indicato il tedesco come propria lingua madre. Un esempio tipico è quello di [[Laion]] dove secondo i censimenti la popolazione era totalmente di lingua tedesca<ref>{{Cita web|url=https://digital.tessmann.it/tessmannDigital/Medium/Seite/22905/32|titolo=Digitalisierter Bestand der Landesbibliothek Dr. Friedrich Teßmann|sito=digital.tessmann.it|accesso=24 maggio 2020}}</ref>, quando in realtà era (ed è tuttora) presente una minoranza ladina (circa il 6% della popolazione).<ref>{{Cita web|url=https://astat.provinz.bz.it/de/default.asp|titolo=Landesinstitut für Statistik {{!}} Autonome Provinz Bozen - Südtirol|autore=Südtiroler Informatik AG {{!}} Informatica Alto Adige SPA|sito=Landesinstitut für Statistik|lingua=de|accesso=24 maggio 2020}}</ref>
===Le istanze locali===
La storiografia tirolese cita spesso due tentativi effettuati per difendere l'unità tirolese.
A maggio del 1919, la [[Dieta (storia)|dieta]] tirolese (senza i rappresentanti trentini) si riunì ad Innsbruck, {{chiarire|proponendo|A chi?}} {{cn|la creazione di uno stato indipendente da [[Kufstein]] a Salorno.}}
Come ulteriore tentativo, a metà del 1919, alcune personalità rappresentative di tutti i principali partiti della dieta di [[Innsbruck]], offrirono l'intero Tirolo al [[Vittorio Emanuele III d'Italia|re d'Italia]], pur di non smembrare la regione, richiedendo in cambio la stessa autonomia garantita dall'Austria, ma l'offerta venne declinata<ref>Mario Toscano, ''op. cit.'', pp. 41-49.</ref>.
 
Secondo il censimento del 1921, prima dell'italianizzazione, la popolazione di lingua italiana era il 18,3% della popolazione<ref>{{Cita libro|editore=Touring Club Italiano|titolo=Trentino Alto Adige|url=https://books.google.it/books?id=rwFJu_3NtXAC&pg=PA60&lpg=PA60&dq=censimento+alto+adige+1961&source=bl&ots=SkeGj8Zmar&sig=ACfU3U2bM2MhJrZfLhAGjJC583o1DP8iUw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiFqoCSgM3pAhXGDewKHff5BuQQ6AEwEXoECAsQAQ#v=onepage&q=censimento%20alto%20adige%201961&f=false|accesso=24 maggio 2020|data=1976|opera=Guida d'Italia|ISBN=978-88-365-0008-6}}</ref>.
{{Cn|Vi furono, anche da parte di alcune associazioni ladine, talune manifestazioni di fedeltà all'Austria.|Il sito fornito è POV e non cita le fonti}}<ref>[http://www.vejin.com/history.html#primaguerra Vejin.com - La storia dei ladini] ''I ladini chiedono unitamente di rimanere con l'Austria'' e ''siamo un popolo proprio e libero, il più antico dei popoli del Tirolo''</ref>
 
L'intento di portare il confine nazionale al [[passo del Brennero]] non godeva però, in patria, di consensi unanimi: prima e dopo l'entrata in guerra dell'Italia alcuni esponenti politici di primo piano, quali [[Antonio Stefenelli]], [[Leonida Bissolati]], [[Filippo Turati]], [[Gaetano Salvemini]] ed [[Ernesta Bittanti Battisti|Ernesta Battisti]], avevano sostenuto l'opportunità di fissare la frontiera settentrionale della Venezia Tridentina presso la [[Chiusa di Salorno]], riconosciuta quale punto di confine tra le aree linguistiche germanica e italiana. I "salornisti" (come vennero definiti) erano inoltre perplessi sull'opportunità di annettere una regione fortemente cattolica, arretrata socialmente e con un'economia quasi unicamente agricola, che ai loro occhi appariva del tutto simile alla [[Vandea]]<ref>«Ricordiamoci che l'Alto Adige più ancora del Trentino, è paese clericale, una specie di Vandea austro-germanica». [[Filippo Turati]], 1921.</ref>. Lo stesso [[Irredentismo italiano|irredentista]] trentino [[Cesare Battisti]] nutriva riserve sullo spostamento del confine al Brennero, che avrebbe cozzato col principio di nazionalità, ma ne riconosceva la "formidabile" strategicità militare.<ref>{{cita conferenza|curatore=Antonio Scottà|autore=Ester Capuozzo|titolo=Il problema delle annessioni|conferenza=La Conferenza di pace di Parigi fra ieri e domani (1919-1920): atti del Convegno Internazionale di studi, Portogruaro-Bibione, 31 maggio-4 giugno 2000|url=http://books.google.it/books?id=ZIZQNT1k7QMC&pg=PA147&lpg=PA147&dq=battisti+salorno+confine&source=bl&ots=GBF_46e5_w&sig=TzJE-Kgg-QTLaGOXq38kgCpmiFw&hl=it&ei=Sr8-TbL_MoidOoKexOsF&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CBIQ6AEwAA#v=onepage&q=battisti%20salorno%20confine&f=false|editore=Rubbettino|città=Soveria Mannelli|via=Google libri|p=147|accesso=1º aprile 2023}}</ref> Le posizioni sopra descritte rimasero comunque minoritarie.
Tale episodi furono in ogni caso insignificanti nel contesto delle trattative di pace. È infatti noto che le condizioni di pace furono stabilite in proprio dalle potenze vincitrici e che le potenze sconfitte dovettero limitarsi a prenderne atto.
[[File:Catena_alpina_principale_-_i_due_criteri_riuniti.jpg|miniatura|Lo [[Catena principale alpina|spartiacque alpino]]]]
L'annessione fu attuata in base al principio (all'epoca assai in auge) della ''[[frontiera naturale]]'', per il quale i confini statali dovevano coincidere il più possibile con ben identificabili frontiere geografiche, anche a costo di far venir meno l'omogeneità etnica. Come già accennato, nel caso dell'Italia questo principio appariva sensato anche e soprattutto dal punto di vista militare: una frontiera coincidente con lo spartiacque alpino sarebbe infatti stata più facilmente difendibile e controllabile.<ref>{{Cita pubblicazione|autore1=Rosario Milano|autore2=Luciano Monzali|anno=2013|titolo=Dalla ricerca dell’equilibrio al sogno dell’egemonia. Appunti sulla politica estera italiana nello spazio mediterraneo fra le due guerre mondiali|editore=Besa Editrice|accesso=16 maggio 2020|url=https://www.academia.edu/10248092/Dalla_ricerca_dell_equilibrio_al_sogno_dell_egemonia._Appunti_sulla_politica_estera_italiana_nello_spazio_mediterraneo_fra_le_due_guerre_mondiali|via=''academia.edu''}}</ref> Adducendo a motivo le continue ingerenze e invasioni dall'area tedesca verso l'Italia verificatesi nei secoli dopo la caduta dell'Impero romano (prassi di cui l'Austria, divenuta potenza egemone e avversaria per eccellenza dell'unità nazionale, era l'ultima continuatrice), gli italiani avevano buon gioco nell'invocare l'erezione di frontiere più sicure che proteggessero il nascente regno unificato dalle invasioni straniere. Per contro, se lasciato all'Austria, il territorio tra il Brennero e Salorno avrebbe costituito un "cuneo" serrato tra Lombardia e Venezia Giulia, difficile da pattugliare e potenzialmente utilizzabile come testa di ponte per lanciare azioni offensive da nord a danno del regno italiano.<ref>Non fu una motivazione isolata: il [[Tedeschi dei Sudeti|territorio dei Sudeti]], a massiccia maggioranza tedesca (circa quattro milioni di individui), fu ceduto alla neonata [[Cecoslovacchia]] anche per garantirle una frontiera facilmente difendibile in funzione antitedesca.</ref>
 
Lo stesso presidente americano [[Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]], che pure nei suoi quattordici punti aveva posto la questione etnica come primo discrimine per la tracciatura dei confini statali, appoggiando conseguentemente le richieste italiane sul Trentino, finì per puntualizzare però, per quanto riguarda tutto il Tirolo meridionale (l'odierna regione Trentino-Alto Adige), la necessità di prevedere una forma di larga autonomia per il territorio germanofono<ref>{{cita libro|titolo=Papers Relating to the Foreign Relations of the United States, 1918, Supplements I|lingua=en|editore=Documents State Department|città=Washington|anno=1933|volume=vol. 1|p=410}}</ref>.
==Primo dopoguerra==
[[File:Julius Perathoner.jpg|thumb|Bronzetto in memoria di [[Julius Perathoner]] all'ingresso del municipio di [[Bolzano]] – Emil Gurschner (1886-1938)]]
Dopo l'occupazione militare, l'Alto Adige fu incluso nel commissariato generale civile della [[Venezia Tridentina]], in attesa che il trattato di pace ne sancisse l'annessione.
 
La storiografia cita spesso l'effettuazione di due tentativi ai fini di tutelare l'unità politico-amministrativa della regione storica del [[Tirolo]].
Il re [[Vittorio Emanuele III]], nel discorso alla corona del 1º dicembre [[1919]], dichiarò l'intento di voler rispettare in pieno le autonomie e le tradizioni locali, con il supporto delle istituzioni politiche e militari. Le scuole, le istituzioni e le associazioni tedesche furono mantenute e furono inoltre avviate trattative per creare strutture amministrative autonome, in grado di garantire un'integrazione efficace delle istituzioni locali nel nuovo sistema statale. In un primo momento i governi [[liberale|liberali]] perseguirono dunque una politica abbastanza tollerante verso le minoranze tedesche, sostituendo al governatore militare [[Guglielmo Pecori Giraldi]] il ''Commissario Generale Civile per la Venezia Tridentina'' [[Luigi Credaro]],<ref>Regio Decreto 24 luglio 1919, n°1251. Disposizioni preliminari tramite decreto legislativo 4 luglio 1919, n°1081.</ref> il quale preservò l'ordinamento amministrativo decentrato della regione.
 
Ancora nel maggio 1919, mentre erano ancora in corso le trattative di pace a Parigi, la [[Dieta (storia)|Dieta]] tirolese (priva dei rappresentanti del [[Trentino]]) si riunì ad [[Innsbruck]], proponendo velleitariamente la creazione di uno stato indipendente esteso da [[Kufstein]] a [[Salorno]].
Alle [[Elezioni politiche italiane del 1921|elezioni parlamentari del 1921]] votarono per la prima volta gli elettori dei "territori redenti": in Alto Adige (compreso nella Venezia Tridentina) i germanofoni presentarono la ''[[Tiroler Volkspartei]]'' ("Partito popolare tirolese"), la ''[[Deutschfreiheitliche Partei]]'' ("Partito libertario tedesco") e la ''[[Sozialdemokratische Partei]]'' ("Partito socialdemocratico"). I primi due partiti si presentarono uniti sotto il nome di ''[[Deutscher Verband]]'' ("Alleanza tedesca"), ottenendo circa il 90% dei voti e conquistando quattro seggi alla Camera dei deputati ([[Eduard Reut-Nicolussi]], [[Karl Tinzl]], [[Friedrich von Toggenburg]] e [[Wilhelm von Walther]]). I socialdemocratici ebbero il restante 10% dei consensi e non riuscirono a inviare alcun deputato a Roma. I quattro rappresentanti continuarono le trattative sull'autonomia in parlamento, che terminarono dopo la presa di potere del [[fascismo]] (28 ottobre [[1922]]).
 
La proposta dovette rimanere lettera morta, sicché a metà dello stesso anno alcuni esponenti dei principali partiti della dieta di [[Innsbruck]] chiesero al [[Vittorio Emanuele III di Savoia|re d'Italia]] di annettersi tutto il Tirolo, onde tutelarne l'integrità e i benefici di autonomia fiscale e amministrativa; l'offerta venne però declinata.<ref>{{cita|Toscano 1968|pp. 41-49}}.</ref>
In Alto Adige, come nei nuovi territori acquisiti, le [[camicie nere]] iniziarono a effettuare alcune spedizioni punitive, come a Bolzano il 24 aprile 1921 dove al corteo di inaugurazione della fiera morì il maestro Franz Innerhofer di [[Marlengo]]; una seconda volta avvenne il 2 ottobre 1922, la [[marcia su Bolzano]] tre settimane prima della [[marcia su Roma]], che portò alla destituzione del governatore della [[Venezia Tridentina]] Luigi Credano e del borgomastro di Bolzano [[Julius Perathoner]].<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 82}}</ref>
Il 21 gennaio 1923 il commissariato della Venezia Tridentina, pur mantenendo il controllo militare e di polizia, passò il controllo amministrativo alla neocostituita [[provincia di Trento]],<ref>Regio decreto-legge 21 gennaio 1923, n. 93</ref> con capoluogo a Trento, che all'epoca incorporava anche l'Alto Adige. Sempre nel 1923, nell'ambito di una generale riorganizzazione amministrativa che investì tutta Italia, i comuni ladinofoni di [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]], [[Colle Santa Lucia|Colle]] e [[Cortina d'Ampezzo|Cortina]] passarono alla [[provincia di Belluno]]. A tale distacco, di carattere prettamente pratico, i movimenti pantirolesi tentarono di dare un significato politico, in quanto avrebbe spezzato il territorio della cosiddetta [[Ladinia]] fra tre provincie (Trento, Bolzano e Belluno). In realtà, sin dalla riforma dei distretti giudiziari operata nel 1868 in seno all'Impero austro-ungarico, l'unità ladina era stata divisa, rendendo il tedesco la lingua ufficiale della Val Gardena e della Val Badia e l'italiano la lingua ufficiale di Livinallongo, Ampezzo e Fassa.<ref>Eduard Widmoser, Südtirol A-Z: Kr-N, Südtirol-Verlag, 1988 pag. 74: ''1868 wurden in der österreichisch-ungarischen Monarchie neue Gerichtsbezirke geschaffen. ... Die Amtssprache war also in Gröden und im Gadertal deutsch, in Buchenstein, Ampezzo und Fassa italienisch.'' = Nel 1868 nella monarchia austro-ungarica vennero creati nuovi distretti giudiziari. ... La lingua ufficiale in Val Gardena e Val Badia divenne allora il tedesco, a Livinallongo, Ampezzo e Fassa l'italiano.</ref>
 
Dal canto loro alcune associazioni di area ladina manifestarono la propria fedeltà all'Austria.<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Christoph Perathoner|titolo=Die Dolomitenladiner 1848–1918: ethnisches Bewusstsein und politische Partizipation|città=Bozen-Wien|editore=Folio|anno=1998|ISBN=978-3-85256-080-9}}</ref>
In un primo tempo l'Alto Adige rimase dunque incluso nella [[provincia di Trento]] al fine di diluire l'influenza dell'elemento etnico tedesco. Tale esigenza venne tuttavia meno quando il regime fascista abolì la democrazia locale e al contrario emerse la necessità di un controllo più particolareggiato del territorio: fu così che il 16 dicembre [[1926]] [[Umberto Ricci]] entrò in carica come primo Prefetto di Bolzano, mentre la Provincia di Bolzano fu istituita con Regio decreto 2 gennaio [[1927]], n° 1, sul territorio degli ex circondari [[Circondario di Bolzano|di Bolzano]], [[Circondario di Bressanone|di Bressanone]] e [[Circondario di Merano|di Merano]].<ref>[[s:R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1 - Riordinamento delle circoscrizioni provinciali|Regio Decreto Legge 2 gennaio 1927, n. 1]]</ref> La provincia della Venezia Tridentina venne quindi divisa nelle due province di Trento e Bolzano.<ref>regio decreto-legge 2 Gennaio 1927, n. 1, Art. 1</ref> Il confine della provincia di Bolzano fu tracciato nei pressi di [[Laives (Italia)|Laives]], località appena a sud di Bolzano, e non più presso la chiusa di [[Salorno]], che rappresentava il vecchio confine fra Trento e Bolzano. Questo allo scopo di favorire l'[[Italianizzazione (fascismo)|italianizzazione]] dei territori mistilingue (in cui cioè la presenza di popolazione italofona era già considerevole prima dell'annessione).<ref>Bonoldi-Obermair 2006, pp. 37ss.</ref>
 
Tali episodi furono in ogni caso insignificanti nel contesto delle trattative di pace, i cui esiti furono stabiliti unilateralmente dalle potenze vincitrici: i paesi sconfitti dovettero limitarsi a prenderne atto.
==Fascismo==
[[File:Siegesdenkmal Bozen Ostseite.JPG|thumb|right|Il [[monumento alla Vittoria]] di [[Bolzano]]]]
[[File:Plaque Fascist Assault on Bozen 1922 2012.jpg|thumb|Targa apposta nel Municipio dalla Giunta comunale di Bolzano nel 2012, a ricordo dell'[[Marcia su Bolzano|assalto fascista]] del 1922]]
{{Citazione|Si può dire a ragione che nessuna minoranza di lingua tedesca in Europa sia stata così maltrattata come quella altoatesina nel periodo post 1918||It can be justly said that no German-speaking minority in Europe has bean so badly treated during the post-1918 period as the South Tyrolese<ref>Foreign Office and Ministry of Economic Warfare (a cura di), ''Germany Basic Handbook, Part III: Nazi Occupied Europe'', Londra, FCO, 1944, p. 91, cap. 6: ''The Austro-German Minority in South Tyrol''.</ref>||lingua=en}}
Nel biennio 1919-20 (il cosiddetto "[[biennio rosso]]") scoppiarono in tutta Italia [[Biennio rosso in Europa|ed in Europa]], una serie di violente rivolte sociali ed operaie, cui si contrappose la [[Squadre d'azione|violenza del nascente fascismo]].
 
Il 9 maggio 1920, poco prima dell'annessione formale all'Italia, fu invece organizzata a [[Merano]] dal [[Deutscher Verband]] una grande manifestazione per l’autonomia del territorio germanofono, evento seguito da circa 15.000 partecipanti che scandirono il «Los von Trient!» («Via da Trento»), rifiutando l'istituzione di una provincia unica per la Venezia Tridentina (la [[provincia di Trento]]) e chiedendo un'ampia autonomia per la parte germanofona. Le richieste non furono prese in considerazione dal governo italiano.<ref>{{cita libro|autore=[[Hannes Obermair]] |data= 2020 |capitolo= Il 1920 e Franz Kafka: l’inizio di una nuova era per Merano |titolo= Kafka a Merano. Cultura e politica intorno al 1920 |curatore1= Patrick Rina|curatore2=Veronika Rieder |editore= Edition Raetia |città= Bolzano |isbn= 978-3-85256-618-4 |pp=79-87}}</ref>
In contemporanea in svariati territori europei soggetti ad opposte rivendicazioni scoppiarono violenze, rivolte e conflitti a carattere nazionalista ed interetnico.
 
== Primo dopoguerra ==
Anche l'Alto Adige fu pertanto investito da violenze con una forte connotazione politica e nazionalistica, perpetrate dagli [[squadrismo|squadristi]] fascisti, che miravano a ribadirne il possesso italiano e a reprimerne le istanze autonomiste.
[[File:Julius Perathoner.jpg|thumb|Bronzetto in memoria di [[Julius Perathoner]] già all'ingresso del municipio di [[Bolzano]] – Emil Gurschner (1886-1938)]]
[[File:Kaiserin-Elisabeth-Schule Bozen.JPG|thumb|left|La ex ''Kaiserin Elisabeth Schule'', oggi Scuola Elementare "Dante Alighieri". Il rifiuto del sindaco Julius Perathoner di concedere l'edificio per consentire l'apertura di una scuola elementare italiana, costituì il pretesto per la [[Marcia su Bolzano]].]]
{{Citazione|Quei tedeschi dell'Alto Adige, che l'Italia dovrebbe annettersi per dare agli italiani del Trentino il gusto di pestarli dopo esserne stati pestati, sono i tedeschi di Andreas Hofer. Nessuna persona seria può illudersi di assimilarli facilmente.|[[Gaetano Salvemini]], ''Il problema dell'Alto Adige'', 1915<ref>Cit. in Gaetano Salvemini, ''Come siamo andati in Libia'', Feltrinelli, Milano, 1963, p. 444.</ref>}}
A guerra conclusa il territorio tra Brennero e Salorno fu quindi occupato dalle forze armate italiane e incluso nel commissariato generale civile della [[Trentino-Alto Adige|Venezia Tridentina]], in attesa che il trattato di pace ne sancisse l'annessione al regno d'Italia.
 
Fu in questo frangente che, per designare il territorio in oggetto, venne introdotto il toponimo ''Alto Adige'', cui fece riscontro (in ambito tedesco) la diffusione dell'appellativo ''Süd Tirol'' (che precedentemente era stato utilizzato per designare il Trentino). La toponomastica venne tradotta e adattata alla lingua statale attenendosi alle prescrizioni del ''[[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige]]'' di [[Ettore Tolomei]].
Il 24 aprile [[1921]], i fascisti avevano avuto notizia che, nel corso della [[Fiera di Bolzano]], si sarebbe tenuta una manifestazione pangermanista.<ref>Roberto Festorazzi ''Starace, il mastino della rivoluzione fascista'', Milano, [[Mursia]], 2002, p. 35, (Dovendosi tenere a Innsbruck un referendum per l'unione con la Baviera - N.d.R.), "I fascisti appresero che i cittadini di lingua tedesca volevano approfittare della "Bozner Messe" per tenere in segreto un'analoga consultazione sulla scelta di staccarsi dall'Italia.</ref> [[Achille Starace]] (divenuto poi celebre come segretario del [[P.N.F.]]), [[Achille_Starace#Il_dopoguerra_-_gli_scontri_in_Alto_Adige|leader del fascismo locale]], organizzò un'[[squadrismo|azione squadrista]] posta ai suoi diretti ordini. Negli scontri che seguirono fu assalito con armi da fuoco e bombe a mano un corteo folkloristico.<ref>Cfr. Stefan Lechner, ''Die Eroberung der Fremdstämmigen: Provinzfaschismus in Südtirol 1921-1926'', Bolzano, Athesia, 2003, pp. 67ss.</ref> Quarantacinque persone furono ferite, in parte gravemente. Franz Innerhofer, un maestro di [[Marlengo]], rimase ucciso da colpi di pistola mentre tentava di ripararsi sotto un portone assieme ad uno scolaro. Quel giorno venne ricordato come la "[[Domenica di sangue (1921)|Domenica di sangue]]" (''Blutsonntag'').
 
Il re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]], nel discorso alla corona del 1º dicembre [[1919]], dichiarò l'intento di voler rispettare in pieno le autonomie e le tradizioni locali, con il supporto delle istituzioni politiche e militari. Le scuole, le istituzioni e le associazioni tedesche esistenti furono mantenute in esercizio; furono inoltre avviate trattative per creare strutture amministrative autonome, in grado di garantire un'integrazione efficace delle preesistenti istituzioni locali nel nuovo sistema statale. In un primo momento i governi [[liberalismo|liberali]] perseguirono dunque una politica abbastanza tollerante verso le minoranze tedesche: il ''Commissario Generale Civile per la Venezia Tridentina'' [[Luigi Credaro]], subentrato al governatore militare [[Guglielmo Pecori Giraldi]]<ref>Regio Decreto 24 luglio 1919, nº 1251. Disposizioni preliminari tramite decreto legislativo 4 luglio 1919, nº 1081.</ref>, preservò l'ordinamento amministrativo decentrato della regione.
Il 4 ottobre [[1922]] Starace organizzò la cosiddetta [[Marcia su Bolzano]], utilizzando a pretesto la mancata concessione di un edificio per la scuola elementare italiana. Fu quindi occupato il Municipio e vennero chieste le dimissioni del sindaco (nazionalista) [[Julius Perathoner]] e del consiglio comunale.
Anche il Commissario Generale Civile [[Luigi Credaro]] subì l'assalto di una squadra fascista (il 5 ottobre), a seguito del quale si dimise. Credaro era "reo" di una politica particolarmente conciliante verso la minoranza tedesca e rispettosa dell'ordinamento amministrativo decentrato della regione.
 
== Biennio rosso e avvento del fascismo ==
Il governo non intervenne e, cedendo alla richieste, nominò al governo della città il (peraltro moderato) commissario straordinario [[Augusto Guerriero]]. Il [[Governo Facta II|governo italiano]] mostrò ancora una volta la propria debolezza di fronte alla ormai dilagante violenza fascista: nemmeno un mese dopo con la [[marcia su Roma]], Mussolini prendeva il potere.
[[File:Bolzano, monumento alla vittoria (13995) 01.jpg|thumb|Il [[monumento alla Vittoria (Bolzano)|monumento alla Vittoria]] di Bolzano, risemantizzato nel 2014]]
[[File:Gedenktafel Marsch auf Bozen 1922 Rathaus Bozen 2012.jpg|thumb|Targa apposta nel Municipio dalla Giunta comunale di Bolzano nel 2012, a ricordo dell'[[Marcia su Bolzano|assalto fascista]] del 1922]]
Nell'immediato dopoguerra e negli anni successivi in svariati territori europei soggetti ad opposte rivendicazioni scoppiarono violenze, rivolte e conflitti a carattere nazionalista ed etnico, talora sfociati in guerre per definire il possesso di singoli territori. Non di rado, laddove risiedeva una popolazione multietnica, l'etnia dominante varò politiche di assimilazione atte ad omogeneizzare culturalmente i territori di competenza.
 
A queste violenze si sommarono [[Biennio rosso in Europa|rivolte di carattere sociale]] ispirate dalla [[Rivoluzione russa|Rivoluzione Russa]]. Neppure l'Italia fu risparmiata dal ''[[Biennio rosso in Italia|Biennio rosso]]'', ove alle rivolte sociali ed operaie fece riscontro la violenza dei nascenti [[Fasci italiani di combattimento]], i cui [[squadrismo|squadristi]] ben presto presero anche a rivolgersi all'Alto Adige, contrapponendosi alle istanze autonomistiche e rivendicando con veemenza l'italianità del nuovo territorio.
===Gli anni del regime e la politica di italianizzazione===
[[File:Kaiserin-Elisabeth-Schule Bozen.JPG|thumb|left|L'ex ''Kaiserin Elisabeth Schule'', poi scuola elementare "Dante Alighieri". Il rifiuto del sindaco Julius Perathoner di concedere l'edificio per aprirvi una scuola elementare italiana costituì il pretesto per la [[Marcia su Bolzano]].]]
Le [[Elezioni politiche italiane del 1921|elezioni parlamentari del 1921]] furono le prime nelle quali furono chiamati al voto anche i cittadini delle "terre redente". In Alto Adige (il cui territorio era stato ricompreso nella Venezia Tridentina) vennero presentate tre liste: la ''[[Tiroler Volkspartei]]'' ("Partito popolare tirolese"), la ''[[Deutschfreiheitliche Partei]]'' ("Partito libertario tedesco") e la ''Sozialdemokratische Partei'' ("Partito socialdemocratico"). I primi due partiti si presentarono federati nella [[coalizione politica|coalizione]] ''[[Deutscher Verband]]'' ("Alleanza tedesca") e ottennero circa il 90% dei voti, esprimendo quattro rappresentanti alla [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera dei deputati]] ([[Eduard Reut-Nicolussi]], [[Karl Tinzl]], [[Friedrich von Toggenburg]] e [[Wilhelm von Walther]]). I socialdemocratici, presentatisi in apparentamento col [[Partito Socialista Italiano]], racimolarono il restante 10% dei voti validi, insufficienti per inviare deputati a Roma.
 
I quattro rappresentanti eletti portarono in parlamento le istanze autonomistiche del loro territorio, ma nel mentre il clima si era fatto incandescente: il 24 aprile [[1921]] alcune squadre fasciste vennero informate che, in concomitanza con la celebrazione in quel di [[Innsbruck]] di un referendum sull'opportunità di unire il Tirolo alla Baviera, alcuni cittadini di lingua tedesca avrebbero approfittato della [[Fiera di Bolzano]] per tenere clandestinamente un'analoga consultazione per la secessione dell'Alto Adige dall'Italia<ref name=Starace>Roberto Festorazzi, ''Starace, il mastino della rivoluzione fascista'', Milano, [[Ugo Mursia Editore|Mursia]], 2002, p. 35.</ref>. Il futuro segretario del [[Partito Nazionale Fascista|P.N.F.]] [[Achille Starace]], all'epoca [[Achille Starace#Il dopoguerra - gli scontri in Alto Adige|capo del Fascio di Trento]], colse l'occasione per inviare a Bolzano una [[squadrismo|squadra]], incaricandola di reprimere eventuali manifestazioni di stampo anti-italiano. Giunti in città, gli squadristi s'imbatterono in un corteo folcloristico e lo assalirono con armi da fuoco e bombe a mano<ref>{{de}} Stefan Lechner, ''Die Eroberung der Fremdstämmigen: Provinzfaschismus in Südtirol 1921-1926'', Bolzano, Athesia, 2003, pp. 67ss.</ref>: lo scontro lasciò sul campo quarantacinque feriti (alcuni gravemente) e un morto (il maestro di [[Marlengo]] Franz Innerhofer, ucciso a colpi di pistola mentre tentava di ripararsi dietro a un portone assieme a uno scolaro). Il fatto verrà quindi ricordato con l'appellativo di [[Domenica di sangue (1921)|Domenica di sangue]] (''Blutsonntag'').
 
Starace nel mentre aveva avuto modo in più occasioni di scontrarsi col borgomastro di Bolzano [[Julius Perathoner]], convinto nazionalista e pangermanista, il quale rifiutava pervicacemente di esporre il [[tricolore]] italiano sugli edifici pubblici e faceva stampare clandestinamente [[cartamoneta]] con il valore espresso in Corone, in modo da richiamare la [[Corona austro-ungarica]] e contrastare l'entrata in circolazione della [[lira italiana]]<ref name=Starace />. Il 4 ottobre [[1922]] il gerarca decise di farla finita e, cogliendo a pretesto la mancata concessione da parte del municipio di un edificio per l'apertura di una scuola elementare italiana, organizzò la [[marcia su Bolzano]]. Nel giro di 24 ore le squadre fasciste occuparono gli edifici pubblici, esautorando [[de facto]] il borgomastro Perathoner e il consiglio comunale. L'indomani anche il Commissario Generale Civile della [[Venezia Tridentina]] [[Luigi Credaro]], "reo" di una politica troppo conciliante verso la minoranza tedesca e favorevole alle istanze per un ordinamento amministrativo decentrato della regione, si dimise sotto la pressione dei paramilitari<ref>{{Cita testo|autore=Maurizio Ferrandi |curatore1=[[Ulrike Kindl]]|curatore2= [[Hannes Obermair]] |titolo=Traduzione e tradimento. Tolomei e Credaro, storia di un libro |opera= Die Zeit dazwischen: Südtirol 1918–1922. Vom Ende des Ersten Weltkrieges bis zum faschistischen Regime / Il tempo sospeso: L’Alto Adige tra la fine della Grande Guerra e l’ascesa del fascismo (1918-1922) |editore=Edizioni alphabeta Verlag |città=Merano |anno=2020 |ISBN=978-88-7223-365-8 |pagine=pp. 285–302}}</ref>.
 
Da [[Roma]] il [[Governo Facta II|governo italiano]], ormai imbelle di fronte alla dilagante violenza fascista (che nemmeno un mese dopo, con la [[marcia su Roma]], porterà Mussolini a prendere il potere), non fece nulla per contrastare le squadre di Starace. Alla guida di Bolzano venne nominato il funzionario moderato [[Augusto Guerriero]], che per i suoi due anni di mandato riuscì a mantenere complessivamente pacifica la situazione in città.
 
== Anni del regime e politica di italianizzazione ==
{{vedi anche|Italianizzazione (fascismo)|Italianizzazione dell'Alto Adige|Programma di Tolomei}}
[[File:Kaitakombenschule 1927.jpg|thumb|Una ''Katakombenschule'' di lingua tedesca negli anni Venti]]
[[File:Parata Camice Nere in Corso Libertà a Bolzano.jpg|thumb|Parata delle Camicie Nere in Corso Libertà a Bolzano]]
[[File:Parata Camice Nere in Corso Libertà a Bolzano.jpg|thumb|Parata delle Camicie Nere in [[Corso della Libertà (Bolzano)|Corso Libertà]] a Bolzano]]{{Citazione|Nell'Alto Trentino [ǃ] noi facciamo con gli allogeni la politica dell'italianità. (...) I tedeschi dell'Alto Adige non rappresentano una minoranza nazionale, rappresentano una reliquia etnica.|Benito Mussolini, 7 febbraio 1926<ref>{{cita|Gatterer 2007|pp. 573}}</ref>}}
Con l'avvento del governo fascista fu varata in tutta Italia una politica nazionalista di compressione delle minoranze dialettali e linguistiche, che comportò l'italianizzazione di nomi e toponimi e la chiusura di tutte la scuole non italiane.
Giunto incontrastato al potere, il fascismo promosse in tutta Italia una politica nazionalista atta a reprimere e assimilare le minoranze dialettali e linguistiche. Per quanto concerne l'Alto Adige, facendo proprie le teorie del nazionalista trentino [[Ettore Tolomei]] (per il quale tale regione era stata forzatamente germanizzata dalla sua "originaria" condizione italiana, alla quale urgeva dunque [[italianizzazione (fascismo)|ricondurla]]), l'italianizzazione di nomi e toponimi venne resa sistematica: un [[regio decreto-legge|decreto]] del 1923 ratificò come obbligatorio l'uso dei soli nomi locali italiani (sempre secondo i dettami del già citato ''[[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige|Prontuario]]'') proibendo l'uso di quelli tedeschi, con particolare riguardo per le espressioni ''Tirol'' e ''Südtirol'' e le loro derivazioni.
I fascisti fecero proprie le teorie del nazionalista trentino [[Ettore Tolomei]], che sosteneva che l'Alto Adige fosse un territorio forzatamente germanizzato da riportare alla sua condizione "originaria".
Anche l'Alto Adige pertanto, fu sottoposto a una politica di graduale e progressiva [[italianizzazione (fascismo)|italianizzazione]]. Il primo passo fu la [[riforma Gentile]] del 24 ottobre 1923, che prevedeva la graduale soppressione delle scuole in lingua non italiana nei nuovi territori occupati. Fu quindi chiusa gran parte della stampa germanofona. Toponimi e insegne furono italianizzati.
Mediante un [[regio decreto|decreto]] del 1923, fu imposto l'uso dei soli [[toponimo|toponimi]], sulla base del ''[[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige]]'' di [[Ettore Tolomei]]. Fu vietato l'uso delle parole ''Tirol'' o ''Südtirol''.
Vennero chiuse le sezioni del ''[[Deutscher und Österreichischer Alpenverein]]'' (Club Alpino austro-tedesco) e circa 20 [[Rifugio alpino|rifugi montani]] furono espropriati senza risarcimento.<ref name=SG>Karl Wieninger, "Südtiroler Gestalten", Bolzano, Athesia 1977.</ref>
Nel 1926 un regio decreto impose il ritorno alla forma italiana dei "cognomi d'origine italiana o latina" che fossero stati "tradotti o trasformati con grafia straniera". Ettore Tolomia voleva invece che tale legge venisse ampliata a tutti i cognomi.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 83}}</ref>
 
Nell'ambito dell'istruzione la [[riforma Gentile]], promulgata il 24 ottobre 1923, intimò la graduale soppressione delle scuole in lingua non italiana. L'insegnamento del tedesco poté proseguire solo grazie a iniziative clandestine (quali le ''[[Katakombenschule]]n'', fondate dal prelato [[Michael Gamper]]) o stratagemmi (per intercessione di [[papa Pio XI]], dal [[1928]] le scuole parrocchiali ebbero licenza di insegnare la religione cattolica nell'idioma territoriale)<ref name=SG/>.
La popolazione tedescofona reagì istituendo le clandestine ''[[Katakombenschule]]n'' (scuole delle catacombe), fondate dal prelato [[Michael Gamper]]. La casa editrice ''Tyrolia'' da lui diretta dovette cambiare nome: si scelse il troppo tedescofono nome ''Verlagsanstalt Vogelweider'', sostituito dopo pochi mesi col nome [[Athesia]] (il nome latino della valle dell'Adige), che conserva tuttora.
Inoltre, nell'autunno del [[1928]] furono create scuole parrocchiali tedesche ove s'insegnava la religione nella madrelingua (su disposizione di [[papa Pio XI]], contattato da Gamper).<ref name=SG/> Grazie ai privilegi garantiti dal concordato, fu inoltre possibile stampare dei periodici ecclesiastici in lingua tedesca.
 
La stampa germanofona venne fortemente depotenziata, le varie testate giornalistiche vietate, tranne il [[Dolomiten]]; a causa delle restrizioni sull'uso dei toponimi tirolesi la ''Tyrolia'', maggior casa editrice del territorio, dovette cambiare nome dapprima in ''Verlagsanstalt Vogelweider'', quindi dopo pochi mesi in [[Athesia]] (dal nome latino della [[valle dell'Adige]]).
Nel [[1927]] venne istituita la nuova [[Provincia autonoma di Bolzano|provincia di Bolzano]], ottenuta dallo scorporo degli ex circondari [[Circondario di Bolzano|di Bolzano]], [[Circondario di Bressanone|di Bressanone]] e [[Circondario di Merano|di Merano]] della [[provincia di Trento]]<ref>[[s:R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1 - Riordinamento delle circoscrizioni provinciali|Regio Decreto Legge 2 gennaio 1927, n. 1, art. 1]]</ref>.
 
Vennero quindi sciolte le sezioni locali del ''[[Deutscher und Österreichischer Alpenverein]]'' (club alpino austro-tedesco) e circa 20 [[Rifugio alpino|rifugi montani]] furono espropriati e avocati allo Stato senza indennizzare i precedenti proprietari.<ref name=SG>{{cita libro|lingua=de|autore=Karl Wieninger|titolo=Südtiroler Gestalten|editore=Athesia|anno=1977}}</ref>
===Le assimilazioni ed espulsioni forzate delle minoranze nel periodo interbellico===
La politica italiana in Alto Adige durante il fascismo, non fu un unicum. Anche verso le minoranze slavofone (slovene e croate) della [[Venezia Giulia]] vennero adottate politiche simili. Verso le altre minoranze etnico-linguistiche, già facenti parte del Regno, vennero confermate le usuali politiche di non riconoscimento delle peculiarità linguistiche. Inoltre, in tutto il paese, furono numerosi i toponimi e i nomi che vennero italianizzati (in Sardegna, Piemonte, Valle d'Aosta, Sicilia, ecc,).
 
Il 21 gennaio 1923 il commissariato della Venezia Tridentina, pur mantenendo il controllo militare e di polizia, passò la giurisdizione amministrativa sull'Alto Adige alla neocostituita [[provincia autonoma di Trento|provincia]] con capoluogo a [[Trento]]<ref>Regio decreto-legge 21 gennaio 1923, n. 93.</ref>. Tale scelta andava a ricomprendere l'elemento etnico tedesco in un territorio a netta maggioranza italiana, onde accentuarne la natura minoritaria e facilitare vieppiù la pressione assimilatrice su di esso.
In tutta Europa (e non solo), nel [[periodo interbellico]], furono molte le minoranze etnico/linguistiche che si vennero a trovare all'interno di stati nazionali aventi un retroterra linguistico-culturale differente dal loro. Questo non era dovuto solo all'incompleta applicazione delle filosofie [[Thomas Woodrow Wilson|wilson]]iane, ma al semplice fatto che i confini fra le diverse etnie e lingue non erano netti. Era vero semmai il contrario: regioni in cui diverse lingue ed etnie si mescolavano e convivevano erano frequentissime, soprattutto nell'Europa dell'est. Il definitivo trionfo degli stati nazionali, scaturito dalla conferenza di Parigi, sortì l'effetto contrario a quello desiderato da Wilson: le politiche di assimilazione forzata delle minoranze presero impulso e vigore. I casi più noti ed eclatanti furono le persecuzioni degli [[Genocidio armeno|armeni]] e degli [[Genocidio assiro|assiri]], perpetrate dagli [[Impero Ottomano|Ottomani]], così come il gigantesco [[Scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia|scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia]]. Analogamente, si assistette all'assimilazione delle minoranze tedesche ed ungheresi operate dal Regno di Jugoslavia, e quelle delle minoranze ucraine operate dai polacchi. La stessa Austria, madrepatria degli altoatesini tedescofoni, non riconobbe i diritti degli sloveni della [[Carinzia]].
 
Nello stesso anno, nell'ambito di una generale riorganizzazione delle amministrazioni locali che investì tutta Italia, i comuni ladinofoni di [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]], [[Colle Santa Lucia|Colle]] e [[Cortina d'Ampezzo|Cortina]] vennero riassegnati alla [[provincia di Belluno]]. Tale distacco, pur se motivato da ragioni di carattere prettamente pratico, apparve agli occhi dei movimenti pantirolesi come un'ulteriore scelta politica volta rompere l'unità territoriale della cosiddetta [[Ladinia]], le cui comunità, una volta "spalmate" su province diverse, avrebbero avuto ancor meno forza per resistere alla pressione assimilatrice. L'unità ladina era tuttavia già stata infranta attorno al [[1868]] dalla riforma dei distretti giudiziari operata in seno all'Impero austro-ungarico, la quale aveva imposto il tedesco come lingua ufficiale in Val Gardena e Val Badia e l'italiano nelle zone di Livinallongo, Ampezzo e Fassa<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Eduard Widmoser|titolo=Südtirol A-Z|volume=vol. ''Kr-N''|editore=Südtirol-Verlag|anno=1988|p=74|citazione=1868 wurden in der österreichisch-ungarischen Monarchie neue Gerichtsbezirke geschaffen. [...] Die Amtssprache war also in Gröden und im Gadertal deutsch, in Buchenstein, Ampezzo und Fassa italienisch.» «[Nel 1868 nella monarchia austro-ungarica vennero creati nuovi distretti giudiziari. [...] La lingua ufficiale in Val Gardena e Val Badia divenne allora il tedesco, a Livinallongo, Ampezzo e Fassa l'italiano.]}}</ref>
Oltre 200.000 tedeschi furono espulsi dall'[[Alsazia-Lorena]] in seguito alla riannessione alla Francia, anche se la metà di essi poté tornare.<ref>Federico Scarano, Tra Mussolini e Hitler. Le opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista, Franco Angeli editore, ISBN 978-8820409180, pag. 34</ref>
 
La pressione giurisdizionale del fascismo aumentò nel [[1925]], allorché le [[leggi fascistissime]] sancirono anche formalmente l'avvio della [[dittatura]]: partiti e sindacati non fascisti vennero sciolti d'ufficio, la stampa periodica fu sottoposta a [[censura]] e tutte le pubblicazioni in lingua tedesca vennero bandite (sostituite dal solo [[giornale quotidiano|quotidiano]] ''[[Alpenzeitung]]'', semplice traduzione del giornale italiano ''La Provincia di Bolzano''<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 85}}.</ref>. Anche in questo caso la Chiesa fu parzialmente risparmiata: ai sensi dei [[Patti Lateranensi]] i periodici parrocchiali, ancorché germanofoni, poterono continuare a circolare<ref>{{cita web|titolo=Presentazione del volume "Stampa cattolica in Alto Adige tra fascismo e nazismo" (9 dicembre)|url=http://www.provinz.bz.it/news/it/news.asp?news_action=4&news_article_id=444243|data=6 dicembre 2013|accesso=1º aprile 2023}}</ref>.
===I monumenti, i grandi lavori, l'immigrazione===
L'Alto Adige non sfuggì ai grandi lavori tipici del ventennio, che qui assunsero, com'è comprensibile, anche una valenza italianizzatrice. Già nel 1923, le attuali provincie di Bolzano e Trento, vennero unite in un'unica "grande provincia" di Trento e solamente nel 1926 fu istituita quella di Bolzano con lo scopo di accelerare l'italianizzazione come di fatto avvenne ad esempio con il progetto della grande zona industriale di Bolzano che partì nel 1934; gradi gruppi industriali accettarono di aprire a Bolzano un loro stabilimento: acciaierie Falck, Lancia, Magnesio, Feltrinelli, Iveco, ...).<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 84}}</ref>
L'opera di maggior impatto fu probabilmente la costruzione della zona industriale di Bolzano, che comportò l'immigrazione (specie dal nord Italia) di decine migliaia di lavoratori, rendendola in pochi anni una città a maggioranza italiana.
 
L'influenza di Tolomei si fece sentire nuovamente nel 1926, allorché un regio decreto impose il "ritorno alla forma italiana" dei "cognomi d'origine italiana o ladina" che fossero stati "tradotti o trasformati con grafia straniera". Nonostante le pressioni del senatore irredentista (che richiese la totale italianizzazione dei cognomi familiari non riconducibili ai fonemi della lingua italiana) tale obiettivo venne raggiunto solo parzialmente<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''|p. 83}}.</ref>.
A [[Bolzano]] fu di conseguenza messo in atto un grande programma urbanistico, per la costruzione di nuovi quartieri residenziali, che aveva anche lo scopo di trasformare «da nordico in mediterraneo» ([[Galeazzo Ciano]], novembre 1938) l'aspetto estetico e urbanistico della città.<ref>Citazione da Paolo Nicoloso, ''Mussolini architetto. Propaganda e paesaggio urbano nell'Italia fascista'', Torino, Einaudi, 2011, p. 249.</ref>
[[File:Provincia_di_Bolzano-Stemma_(1927-1943).png|thumb|Stemma della provincia di Bolzano durante il regime fascista: al disegno evocante le [[Dolomiti]] sono sovrapposti la [[Stella d'Italia]] e il [[Capo di Savoia]].]]
L'immigrazione venne indirizzata anche verso gli altri centri maggiori di fondovalle, come [[Merano]] o [[Bressanone]], risparmiando per contro i centri montani minori, che ancor oggi mantengono un'impronta decisamente tedesca.
Frattanto ci si rese conto che, ai fini di un maggior controllo su un territorio tanto delicato, era opportuno dedicarvi una ripartizione amministrativa autonoma. Fu così che il Regio decreto nr. 1 del 2 gennaio [[1927]] scisse i circondari [[Circondario di Bolzano|di Bolzano]], [[Circondario di Bressanone|di Bressanone]] e [[Circondario di Merano|di Merano]] dalla [[provincia autonoma di Trento|provincia di Trento]] e costituì gli stessi in [[Provincia autonoma di Bolzano|provincia]], il cui capoluogo divenne proprio [[Bolzano]], che dal 16 dicembre [[1926]] era diventata sede prefettizia sotto la gerenza di [[Umberto Ricci]]<ref>[[s:R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1 - Riordinamento delle circoscrizioni provinciali|Regio Decreto Legge 2 gennaio 1927, n. 1, art. 1]].</ref>. Il confine tra le due aree della Venezia Tridentina fu tracciato nei pressi di [[Laives (Italia)|Laives]], poco più a sud di Bolzano: i comuni della [[Bassa Atesina]] fino alla [[chiusa di Salorno]], la cui popolazione aveva caratteristiche marcatamente mistilingui (l'elemento italofono vi era infatti già considerevole prima dell'annessione all'Italia), furono lasciati a Trento onde favorirne l'omogeneizzazione culturale italiana<ref>{{cita|Bonoldi e Obermair 2006|pp. 37 ss}}.</ref>.
 
Nel 1934 l'[[Austria]] fu vittima di un tentativo di colpo di Stato di stampo nazista, nel corso del quale perse la vita il cancelliere [[Engelbert Dollfuss]]. Presentendo la minaccia di un'invasione da parte del [[Terzo Reich]], Mussolini decise di proporsi quale protettore della piccola repubblica: quattro divisioni dell'esercito italiano vennero pertanto schierate alla frontiera.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| p. 90}}.</ref> Parallelamente il confine italo-austriaco fu coinvolto nel progetto del [[Vallo alpino in Alto Adige|Vallo Alpino Littorio]], il sistema di fortificazioni che, estendendosi da [[Ventimiglia]] a [[Fiume (Croazia)|Fiume]], avrebbe coperto tutta la frontiera settentrionale d'Italia. In Alto Adige vennero così impiantate diverse opere difensive.
Vennero rimossi e/o sostituiti monumenti celebrativi della "germanicità" dell'"era Perathoner", quali per esempio la statua di [[Walther von der Vogelweide]] a Bolzano (nel 1935), o il controverso monumento a [[Re_Laurino#La_fontana_di_re_Laurino|Teodorico che soggioga Re Laurino]].
Furono per contro eretti monumenti celebrativi del regime fascista e della vittoria italiana, come ad esempio il [[Monumento alla Vittoria]], costruito sui ruderi dell'incompiuto monumento ai ''[[Kaiserjäger]]''. Tale monumento fu oggetto di furibonde polemiche (tuttora in corso) a partire dal secondo dopoguerra. Altro esempio controverso è la ex Casa del Fascio di Bolzano, sul cui facciata si può tuttora vedere il bassorilievo di Mussolini a cavallo. Altre edificazioni del periodo furono il tribunale, la Casa del Fascio, la Casa della Gioventù Italiana del Littorio femminile.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 84}}</ref>
 
=== Monumenti, grandi lavori e immigrazione ===
Con le "leggi fascistissime" del 1925 il regine impose il controllo su tutto: la stampa fu messa sotto censura, cosi come i partiti ed i sindacati. In ALto Adige furono banditi i quotidiani di lingua tedesca, nonostante il regime promosse il quotidiano in lingua tedesca ''Alpenzeitung'', ovvero la trduzione in tedesco del quotidiano in lingua italiana "La Provincia di Bolzano" ("l'Italia vigila con l'arma al piede", intitolarono i giornali).<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 85}}</ref>
Nel programma italianizzatore rientrò anche il vasto piano di opere pubbliche e monumentali promosso dal regime sul territorio altoatesino.
 
[[Bolzano]], come molte altre città elevate al rango di capoluogo di provincia nel corso del ventennio fascista, fu oggetto di una grande ristrutturazione urbanistica atta a sostituire l'immagine di cittadina mitteleuropea con quella di grande centro urbano dalle architetture monumentali e razionali, rendendo (come disse [[Galeazzo Ciano]] nel novembre 1938) "mediterraneo" ciò che prima era "nordico"<ref>Citazione da Paolo Nicoloso, ''Mussolini architetto. Propaganda e paesaggio urbano nell'Italia fascista'', Torino, Einaudi, 2011, p. 249.</ref>. Molti quartieri vennero parzialmente demoliti e ricostruiti, altri vennero eretti ex novo e dotati di molti edifici residenziali ad alta frequentazione, onde accogliere gli immigrati da altre parti d'Italia, che (sotto impulso diretto del regime) affluivano sempre più copiosi nelle conche di Bolzano, [[Merano]] e [[Bressanone]].
Nel corso degli anni trenta diversi [[Sacrari militari della prima guerra mondiale in Italia|sacrari militari]] per soldati italiani (ed austroungarici) furono costruiti nelle provincie che erano state coinvolte dalla guerra, tre dei quali in Alto Adige (a [[Sacrario militare di San Candido|San Candido]], [[Sacrario di Colle Isarco|Colle Isarco]] e al [[Sacrario militare di Passo Resia|Passo Resia]]). Anche questi furono e sono oggetto di polemiche (e di attentati), alla pari del [[Monumento all'Alpino]] di Brunico, ecc. ecc.
 
Nel 1934 venne avviata la costruzione di una nuova zona industriale nel capoluogo, ove vari grandi gruppi industriali italiani di disparati settori (acciaierie Falck, Lancia, Magnesio, Feltrinelli, Iveco...) aprirono un loro sito produttivo<ref name="ReferenceB">{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 84}}.</ref>: ciò accelerò ulteriormente l'afflusso di immigrati, tanto che in pochi anni la popolazione di Bolzano divenne a soverchiante maggioranza italiana.
[[File:Opera 10.2bComelico.jpg|thumb|L'[[bunker|opera di difesa]] dello [[sbarramento Passo Monte Croce Comelico]], appartenente al [[Vallo Alpino in Alto Adige]] ]]
Nel 1934 fallì il tentativo del colpo di stato nazista culminato con l'assassinio del cancelliere austriaco [[Engelbert Dollfuss]]. In tale occasione Mussolini decise di porsi come protettore della piccola repubblica minacciata dal Reich e schierò quattro divisioni alla frontiera austriaca.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 90}}</ref>
Per meglio proteggere il nuovo confine italiano, negli anni trenta furono erette in Alto Adige le [[fortificazione|fortificazioni]] del [[Vallo Alpino in Alto Adige|Vallo Alpino Littorio]], che doveva estendersi da [[Ventimiglia]] a [[Fiume]], coprendo tutto l'arco alpino.
 
Particolare attenzione fu posta nell'edificazione di monumenti: quelli considerati celebrativi della "germanicità" (in particolare le opere realizzate sotto l'amministrazione Perathoner, quali la statua di [[Walther von der Vogelweide]] o la [[Re Laurino#La fontana di re Laurino|fontana di re Laurino]]) vennero rimossi e sostituiti da altri inneggianti alla gloria dell'Italia fascista. A Bolzano sorsero così il [[Monumento alla Vittoria (Bolzano)|Monumento alla Vittoria]] (costruito sui ruderi dell'incompiuto monumento ai ''[[Kaiserjäger]]'', precedentemente abbattuto nel 1926), la [[Casa del Fascio (Bolzano)|Casa del Fascio]] (ornata sulla facciata da un ampio bassorilievo in cui spicca la figura di Mussolini a cavallo), il tribunale e la Casa della Gioventù Italiana del Littorio femminile (poi sede dell'[[Eurac]]).<ref name="ReferenceB"/>
===Le opzioni di cittadinanza===
 
Nel corso degli anni Trenta vennero inoltre eretti alcuni [[Sacrari militari della prima guerra mondiale in Italia|sacrari militari]] a [[Sacrario militare di San Candido|San Candido]], [[sacrario militare di Colle Isarco|Colle Isarco]] e [[Sacrario militare di Passo Resia|Passo Resia]], ove vennero inumate salme di soldati di provenienza raccogliticcia (in larga parte italiana, ma anche austro-ungarica). Anche in questo caso lo scopo dei monumenti era la "sacralizzazione italiana" dei confini acquisiti al termine del primo conflitto mondiale. In tal senso degne di nota furono anche l'erezione a [[Brunico]] del [[monumento all'Alpino]] e quella del [[Ponte Gardena#Monumento equestre|monumento al genio del Fascismo]] a [[Ponte Gardena]].
 
Varie vestigia monumentali d'epoca fascista sono sopravvissute alla caduta del regime, ponendo successivamente diverse problematiche in merito alla loro gestione e cura, divenuta oggetto di polemiche e atti vandalici ma anche, in epoca più recente, l'occasione per un loro efficace riutilizzo, tramite un'azione di depotenziamento e risemantizzazione, quale luoghi di memoria critica<ref>{{cita libro|autore-capitolo=Hannes Obermair|capitolo=Monuments and the City—an almost inextricable entanglement|titolo=Multiple Identitaten in einer „glokalen Welt“ – Identità multiple in un "mondo glocale" – Multiple identities in a "glocal world"|curatore=Matthias Fink ''et al.''|editore=Eurac Research|città=Bolzano|anno=2017|ISBN=978-88-98857-35-7|pp=88-99}}</ref>.
 
L'italianizzazione intesa come ricostruzione edilizia e fenomeno migratorio fu invece assai minore nelle vallate interne e nei centri montani minori, che riuscirono a mantenere un'impronta decisamente tedesca sia culturalmente che architettonicamente.
[[File:Opera 10.2bComelico.jpg|thumb|L'[[bunker|opera di difesa]] dello [[sbarramento passo monte Croce Comelico|sbarramento Passo Monte Croce Comelico]], appartenente al [[Vallo alpino in Alto Adige|Vallo Alpino in Alto Adige]] ]]
 
=== Opzioni di cittadinanza ===
[[File:Bundesarchiv Bild 137-055690, Innsbruck, Umsiedler aus Südtirol.jpg|thumb|''Optanten'' in arrivo alla stazione di Innsbruck (1940)]]
{{vedi anche|Opzioni in Alto Adige}}
{{Citazione|È mia incrollabile volontà ed è anche mio testamento politico al Popolo tedesco, ch’esso consideri intangibile per sempre la frontiera delle Alpi, eretta fra noi dalla natura.|Adolf Hitler, 19 marzo 1938}}
[[File:Bundesarchiv Bild 137-055690, Innsbruck, Umsiedler aus Südtirol.jpg|thumb|''Optanten'' in arrivo alla stazione di Innsbruck (1940)]]
 
L'avvicinamento fra [[Adolf Hitler|Hitler]] e [[Benito Mussolini|Mussolini]] e l'[[Anschluss|annessione dell'Austria]] al [[Germania Nazista|Terzo Reich]] facevano sperare agli altoatesini di lingua tedesca che presto avrebbero seguito il destino [[austria]]co. Speranze presto deluse: il 23 giugno [[1939]] un accordo fra il governo tedesco e quello italiano (per il quale era presente a [[Berlino]] il Prefetto di Bolzano Giuseppe Mastromattei), interessati per motivi diversi ad allontanare il maggior numero possibile di tedescofoni dalla zona, portò alle cosiddette [[Opzione Alto Adige|Opzioni]] (l'accordo venne formalizzato il 21 ottobre [[1939]]). Gli abitanti di madrelingua tedesca venivano definiti ''Volksdeutsche'' ("tedeschi di razza") dai tedeschi, invece "allogeni" dagli italiani;<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 93}}</ref> alla popolazione di lingua germanica veniva imposto di scegliere se rimanere entro i confini italiani accettando l'italianizzazione, o trasferirsi in lontani territori del Reich mantenendo però la propria lingua e cultura. Gli accordi prevedevano il rimpatrio immediato di circa 10.000 cittadini germanici (''Reichsdeutsche'') residenti in Alto Adige, e in seguito tutta la popolazione di madrelingua tedesca e ladina delle province di Bolzano, Trento, Belluno e Udine.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 93}}</ref>In Alto Adige, la stragrande maggioranza (per l'esattezza 166.488 ovvero l'85 - 90 % della popolazione di lingua tedesca) optò per il [[Terzo Reich]], a fronte sia delle incertezze del governo italiano (le autorità italiane si dibattevano fra il desiderio di un trionfo dei ''[[Dableiber]]'', che a loro parere avrebbe dimostrato il successo dell'italianizzazione, e quello di un allontanamento in massa dei germanofoni, che avrebbe consentito una colonizzazione italiana più rapida anche nelle valli) sia della martellante [[propaganda]] del filonazista ''[[Völkischer Kampfring Südtirols]]'' (VKS, letteralmente ''Circolo combattente popolare del Tirolo meridionale'') che fece circolare la voce che coloro che non avessero optato per la Germania sarebbero stati trasferiti in Sicilia (la ben nota "leggenda siciliana").<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 93}}</ref> La società altoatesina fu spaccata fra ''[[Dableiber]]'' (letteralmente "coloro che restano", coloro che decisero di non "tradire" la loro terra, rimanendo) e ''Optanten'' (che decisero di optare per l'emigrazione verso i territori del Reich), con i primi additati come traditori, discriminati e più tardi perseguitati (al tempo dell'invasione tedesca).
La tensione tra [[Adolf Hitler|Hitler]] e [[Benito Mussolini|Mussolini]] ebbe però vita breve: il loro avvicinamento verso il [[1938]] lasciò infatti mano libera al [[Germania nazista|Terzo Reich]] per [[Anschluss|annettersi l'Austria]]. Molti sudtirolesi di lingua tedesca, che già guardavano con vivo interesse alla linea pangermanista del nazismo e spinti dalle misure repressive del regime fascista, cominciarono apertamente a sperare che il Führer proseguisse nella propria campagna anche oltre le Alpi, onde annettere alla Germania anche il territorio della provincia di Bolzano.
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1985-083-11, Anschluss Österreich, Innsbruck.jpg|sinistra|miniatura|13 marzo 1938: la trionfale accoglienza tributata ad Hitler dalla popolazione di [[Innsbruck]] in occasione dell'[[Anschluss]]]]
 
Le speranze furono presto disattese: il 23 giugno [[1939]] a [[Berlino]] il governo tedesco e quello italiano siglarono un accordo (alla presenza anche del prefetto di Bolzano [[Giuseppe Mastromattei]]) per dare una soluzione alla "questione altoatesina" (''Südtirolfrage''). Da un lato infatti l'Italia era indisponibile a privarsi di una parte del proprio territorio, per giunta tanto strategica dal punto di vista commerciale e difensivo, dall'altra il regime nazista non poteva permettersi di venir meno alla volontà di riunire i popoli germanofoni sotto un'unica bandiera<ref>Fondamentale a proposito {{cita libro|lingua=de|autore=Karl Stuhlpfarrer|titolo=Umsiedlung Südtirol 1939-1940|volume=2 voll.|città=Wien|editore=Löcker|anno=1985|ISBN=3-85409-073-0}} Nuova edizione critica, ibid., 2024.</ref>.
 
Il compromesso tra le parti, formalizzato il successivo 21 ottobre, si tradusse nella pratica delle ''[[Opzioni in Alto Adige|Opzioni]]'': riconosciuta l'intangibilità del confine italo-austriaco esistente, alle genti ''[[Volksdeutsche]]'' ("di etnia tedesca")<ref name="ReferenceC">{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 93}}.</ref> della provincia fu proposto di [[Opzione (diritto diplomatico)|optare]] per la cittadinanza tedesca, con susseguente obbligo di trasferirsi nel territorio della [[Germania nazista]]. Chi avesse rifiutato, decidendo di rimanere nella terra natia, avrebbe dovuto implicitamente accettarne l'italianizzazione, ché l'accordo non prevedeva alcuna forma di tutela linguistico-culturale in carico al regime fascista. Nel giro di un anno la possibilità di optare venne estesa anche agli abitanti delle enclavi tedescofone del Trentino, del Veneto e del Friuli<ref name="ReferenceC"/>, poi anche alle popolazioni di madrelingua ladina ad esclusione dalla [[val di Fassa]]<ref>{{cita libro|url=https://issuu.com/museo.storico.trentino/docs/opzioni_guerra_e_resistenza_nelle_valli_ladine__il|titolo=Opzioni: guerra e resistenza nelle valli ladine|editore=Museo Storico in Trento - Union Ladina Fodom|anno=2000|autore=Luciana Palla|città=Trento|accesso=1º aprile 2023|via=''issuu.com''}}</ref>. Gli accordi prevedevano infine il rimpatrio immediato di circa 10.000 soggetti residenti in Alto Adige già provvisti di passaporto tedesco (''[[Reichsdeutsche]]''), fissando infine il lasso di tempo concesso per scegliere da che parte stare.
 
Il patto ebbe un effetto lacerante sulla società altoatesina, che si spaccò tra coloro che scelsero di passare sotto il Reich (i cosiddetti ''Optanten'') e coloro che rimasero "fedeli" alla loro terra a costo di rinunciarne alla cultura (''[[Dableiber]]''): questi ultimi furono additati dai partenti e da varie parti della comunità tedescofona come traditori, dovendo successivamente far fronte a discriminazioni e persecuzioni.
[[File:Merano, manifestazione del locale Partito Nazista.jpg|miniatura|Merano (1939): manifestazione nazista]]
Il governo di Roma ebbe un atteggiamento incerto nei confronti delle ''Opzioni'': da un lato una prevalenza di ''[[Dableiber]]'' avrebbe dimostrato che la politica di italianizzazione era stata metabolizzata dalla popolazione; dall'altro l'allontanamento in massa dei germanofoni avrebbe vieppiù lasciato campo libero all'afflusso di emigrati da altre regioni d'Italia, finanche nelle valli e nei centri montani, dando al territorio la sperata connotazione di una qualsiasi regione italiana.
 
Chiaramente a favore dell'emigrazione nel Reich fu invece la martellante [[propaganda]] del ''[[Völkischer Kampfring Südtirols]]'' ("Circolo combattente popolare del Tirolo meridionale"), longeva organizzazione paramilitare che invocava il passaggio dell'intero Tirolo sotto la giurisdizione nazista: gli attivisti non esitarono a compiere atti violenti e persecutori contro la popolazione civile, onde convincerla a optare<ref>{{cita libro|autore-capitolo=Michael Wedekind|lingua=de|capitolo=Die nationalsozialistische Volksgruppenorganisation in Südtirol (1933–1945)|editore=Museo Storico in Trento|titolo=Die Region Trentino-Südtirol im 20. Jahrhundert|volume=vol. I: ''Politik und Institutionen''|città=Trento|anno=2007|pp=401-434}}</ref>. A loro si debbe anche la diffusione della cosiddetta "leggenda siciliana", una falsa notizia, inizialmente alimentata da parte fascista e poi amplificata dalla propaganda nazista, secondo la quale coloro che non avessero optato per la Germania sarebbero stati forzatamente deportati in [[Sicilia]]<ref name="ReferenceC"/>.
 
Dal punto di vista numerico la stragrande maggioranza degli altoatesini germanofoni (166.488 individui, pari all'85-90% della popolazione) optò per il [[Germania nazista|Terzo Reich]]. Alla dichiarazione d'intenti non coincise però una loro univoca messa in atto: ''de facto'' gli emigranti furono circa 75.000 (soprattutto semplici lavoratori e contadini, che vendettero le loro proprietà all'[[Ente Nazionale per le Tre Venezie]] o ai ''Dableiber'') e molti ''Optanten'' erano ancora domiciliati nel territorio altoatesino allorché esso fu invaso dai tedeschi nel [[1943]]. Inoltre circa un terzo degli emigrati (25.000 persone) fece rientro nella regione a guerra finita<ref>{{cita libro|lingua=de|autore=Helmut Alexander ''et al.''|titolo=Heimatlos: die Umsiedlung der Südtiroler|città=Wien|editore=Deuticke|anno=1993}}</ref>. Per quanto riguarda i ladini, le Opzioni ebbero una significativa incidenza nella [[val Gardena]], restando più circoscritta in val Badia<ref>{{cita web|url=http://www.provincia.bz.it/intendenza-ladina/temi/news-iniziative.asp?aktuelles_action=4&aktuelles_article_id=403548|titolo=Sviluppo storico della scuola ladina di Roland Verra|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140725091456/http://www.provincia.bz.it/intendenza-ladina/temi/news-iniziative.asp?aktuelles_action=4&aktuelles_article_id=403548|dataarchivio=25 luglio 2014|urlmorto=sì}}.</ref>.
 
Non furono pochi gli ''Optanten'' che durante la permanenza in [[Germania]] finirono per abbracciare appieno l'ideologia [[nazionalsocialismo|nazista]], prestando inoltre servizio attivo nella [[Wehrmacht]]: alcuni di loro, una volta rientrati in Alto Adige, ebbero un ruolo attivo sia nelle azioni terroristiche del [[Befreiungsausschuss Südtirol]], sia nella politica dei partiti "istituzionali" postbellici (finanche i più moderati, come la stessa [[Südtiroler Volkspartei]]).
''De facto'' gli emigranti furono 75.000, soprattutto semplici lavoratori e contadini, che vendettero le loro case all'Ente per le tre Venezie o ai ''Dableiber'', fino a che nel [[1943]] l'Alto Adige non venne occupato dalle truppe germaniche.
Solo un terzo degli emigrati (25.000 persone) ritornò in Italia dopo la guerra.<ref>Helmut Alexander et al., ''Heimatlos: die Umsiedlung der Südtiroler'', Vienna, Deuticke, 1993.</ref> Alcuni di loro, che spesso in [[Germania]] avevano abbracciato l'ideologia [[nazista]] ed avevano prestato servizio nella [[Wehrmacht]], alcuni di questi confluiranno poi nei [[Befreiungsausschuss Südtirol|gruppi terroristici indipendentisti]] e nella [[Südtiroler Volkspartei|SVP]].
 
==L'armistizio Armistizio e l'occupazione tedesca ==
{{vedi anche|Armistizio di Cassibile|Operazione Alarico}}
[[File:Franz Hofer.jpg|thumb|180pxupright=0.8|Il ''Gauleiter'' [[Franz Hofer (Gauleiter)|Franz Hofer]]]]
[[File:Truppe germaniche accolte dai sudtirolesi a Bolzano (9 settembre 1943).jpg|thumb|left|Truppe germaniche accolte dai sudtirolesi festanti a Bolzano (9 settembre 1943)]]
Dopo la destituzione e l'arresto di [[Benito Mussolini|Mussolini]] a seguito degli eventi del [[Ordine del giorno Grandi|25 luglio 1943]], Hitler ordinò l'inizio delle operazioni militari volte ad occupare i passi alpini italiani e liberare il duce. I piani di azione erano già stati elaborati dal comando tedesco nel maggiomese eddi eranomaggio pronti a scattare cone la parola d'ordine:denominati ''Alarich und Konstantin'' (in italiano [[operazione Alarico]]).
 
Il 27 luglio iniziòle latruppe discesatedesche dalacquartierate Brenneroa delle truppe tedesche[[Innsbruck]], comandateai comandi dal generale Valentin Feuerstein, acquartieratovennero aimbarcate [[Innsbruck]], utilizzandosu venti autobus postali datimessi ina dotazionedisposizione da [[Franz Hofer (Gauleiter)|Franz Hofer]], ''[[Gauleiter]]'' del Tirolo e [[Vorarlberg]], e portati oltre il passo del Brennero; altrialtre soldatidivisioni eranoarmate prontidislocate nei paraggi vennero inoltre istruite a dartenersi loropronte per intervenire a manfortesupporto.
L'arrivo contemporaneo in Alto Adige di truppe [[alpini|alpine]] italiane incrementò la tensione tra i comandi militari italiani e quelli tedeschi e Franz Hofer dal canto suo chiese ufficialmente la riunificazione del Tirolo.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 88}}</ref>
 
Contestualmente affluirono in Alto Adige anche alcune divisioni di truppe [[alpini|alpine]] italiane: ciò incrementò la tensione tra i comandi militari italiani e quelli tedeschi. Franz Hofer colse l'occasione per chiedere ufficialmente che Berlino attuasse la riunificazione del Tirolo storico<ref>{{cita|Gruber 2003|p. 88}}.</ref>: in virtù di ciò alle ore 20:10 del 30 luglio, la [[26. Panzer-Division]] tedesca attraversò il confine.
Il 30 luglio alle 20.10 la 26ª divisione corazzata tedesca attraversò il confine e in pochi giorni, senza che le fosse opposta una grande resistenza.
 
Gli invasori provvidero anzitutto ad occupare le caserme militari in località Terme di Brennero (''Brennerbad''), onde disarmare le truppe italiane di stanza nella zona.<ref>{{cita|Gruber 2003|p. 92}}.</ref> Alle ore 22 i tedeschi si addentrarono nell'Alta Valle d'Isarco e attaccarono [[Vipiteno]] e [[Colle Isarco]]; alle 23:30 le truppe italiane dislocate nei due comuni abbandonarono le armi. Le cittadine di [[Bressanone]] e [[Chiusa (Italia)|Chiusa]] vennero occupate, mentre ponti, ferrovie e centrali elettriche furono poste sotto presidio; lo stesso accadde in Val Pusteria e Val Venosta. Alle 2 del mattino del 9 settembre le truppe naziste arrivarono a Bolzano e iniziarono l'occupazione della città. Il generale di divisione Fantoni, informato dal giornalista Vischi che i tedeschi erano alle porte, decise di attendere l'alba per vedere il da farsi; l'aeroporto di Bolzano, dotato di 24 aerei e di due sole mitragliatrici, chiese invano il supporto di un reparto di alpini per aiutare gli avieri. Nonostante una reazione da parte dei carabinieri (nella quale morirono un ufficiale e un artigliere), i tedeschi riuscirono subito ad entrare in città: sei carri armati arrivarono alla caserma Mignone e le truppe si posizionarono ben presto attorno a diversi punti sensibili come il comando del Corpo d'Armata e le antenne dell'[[Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche|EIAR]] presso [[Lago di Monticolo|Monticolo]].<ref name =bolzano_scomparsa/> Alle 3 del mattino i tedeschi spararono con artiglieria e tre carri, ma il comando resistette: restarono sul campo 4 tedeschi e 3 carabinieri. Nel frattempo diversi sudtirolesi si ritrovarono presso l'hotel Grifone (''Greif'') dove vennero loro distribuite delle armi assieme a dei bracciali con la scritta SOD, acronimo di ''[[Südtiroler Ordnungsdienst]]'' ("Servizio d'ordine del Sudtirolo"). L'avanzata tedesca nella città continuò; carri armati giunsero anche alla caserma Cadorna, dove vi fu qualche morto e numerosi feriti. Altri tentarono di risalire le pendici del Guncina, ma vennero respinti da alcuni massi fatti rotolare appositamente dai contadini. Il generale Gloria, che attendeva ordini da Roma, decise assieme ai suoi ufficiali di esporre bandiera bianca e di abbandonare le armi, anche perché verso le 3 un [[Panzer VI Tiger I|panzer Tiger]] sparò un colpo alla facciata del comando generale, aprendovi una voragine. I combattimenti in città furono comunque scarsi: qualche breve resistenza vi fu solamente presso il campo d'aviazione, ma ben presto tutte le truppe italiane furono concentrate presso il greto del Talvera e dopo alcuni giorni vennero spostate in altri luoghi.<ref>{{cita|Gruber 2003|p. 94}}.</ref> Bolzano fu ben presto sottomessa: il 9 settembre morirono 26 militari italiani e 9 tedeschi; se si calcolano i deceduti anche dei giorni seguenti in seguito alle ferite riportate le cifre sono aggiornate a 35 italiani e 12 tedeschi.<ref name="bolzano_scomparsa" />
Dopo [[Armistizio di Cassibile|l'8 settembre 1943]] l'esercito italiano, lasciato senza ordini, si sfasciò. L'Alto Adige fu occupato dal Terzo Reich nell'ambito dell'[[operazione Alarico]]. Parte della popolazione accolse le truppe tedesche come forze di liberazione.<ref>[http://altoadige.gelocal.it/politica/2010/04/23/news/bolzano-il-vicesindaco-svp-diserta-il-25-aprile-la-nostra-festa-e-l-8-settembre-1956081 Bolzano, il vicesindaco SVP diserta il 25 aprile: "La nostra festa è l'8 settembre", Alto Adige, 23 aprile 2010]</ref> Altre però temevano la vendetta dei nazisti dato che si erano dichiarati ''Dableiber''.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 95}}</ref>
 
Dopo [[Armistizio di Cassibile|l'8 settembre 1943]] l'esercito italiano, lasciato senza ordini, si sfasciò e il Terzo Reich ebbe mano libera nell'assumere il controllo dell'intero territorio altoatesino, ove una fetta significativa della popolazione accolse in festa le truppe tedesche come forze di liberazione<ref>{{cita news|url=http://altoadige.gelocal.it/politica/2010/04/23/news/bolzano-il-vicesindaco-svp-diserta-il-25-aprile-la-nostra-festa-e-l-8-settembre-1956081|titolo=Bolzano, il vicesindaco SVP diserta il 25 aprile: "La nostra festa è l'8 settembre"|pubblicazione=[[Alto Adige (quotidiano)|Alto Adige]]|data=23 aprile 2010|urlmorto=sì}}</ref>. Molti altri però (soprattutto coloro che alle [[Opzioni in Alto Adige|Opzioni]] si erano dichiarati ''Dableiber'') temettero l'inizio di una nuova stagione di violenza contro i civili<ref>{{cita|Gruber 2003|p. 95}}.</ref>.
Uno dei primi obiettivi degli invasori fu l'occupazione delle caserme in località Terme di Brennero (''Brennerbad'') per poter disarmare le truppe italiane.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 92}}</ref> Alle 22 i tedeschi scesendendo lungo l'Alta Valle d'Isarco iniziarono ad attaccare Colle Isarco. Alle 23.30 le truppe italiane di Vipiteno e Colle Isarco abbandonarono le armi; in seguito vennero occupate le cittadine di [[Bressanone]] e [[Chiusa (Italia)|Chiusa]], ponti, ferrovie e centrali elettriche furono presidiate dalle truppe tedesche fronteggianti quelle italiane. Stessa sorte subirono la Val Pusteria e la Val Venosta. Alle 2 del mattino del 9 settembre le truppe arrivano a Bolzano ed iniziò l'occupazione della città. Il generale di divisione Fantoni venne informato dal giornalista Vischi che i tedeschi erano alle porte, decise di aspettare i tedeschi all'alba; l'aeroporto di Bolzano, dotato di 24 aerei, chiese il supporto di un reparto di alpini per aiutare gli avieri armati di due sole mitragliatrici, ma nessun aiuto arrivo'. Con un unico tentativo di penetrare nel palazzo del corpo d'armata, i tedeschi riuscirono a guadagnare l'ingresso nonostante una reazione da parte dei carabinieri. Sei carri armati arrivarono alla caserma Mignone: in tale occasione un ufficiale e un artigliere italiani morirono. Le truppe si posizionare ben presto attorno a diversi punti sensibile come il comando del Corpo d'Armata e alle antenne dell'[[EIAR]] presso [[Laghi di Monticolo|Monticolo]].<ref name =bolzano_scomparsa/> Alle 3 del mattino i tedeschi sparano con artiglieria e tre carri, ma il comando resiste: restano sul campo 4 tedeschi e 3 carabinieri. Nel frattempo diversi sudtirolesi si ritrovano presso l'hotel Grifone dove vennero loro distribuite delle armi assieme a dei bracciali con la scritta SOD, ''Suedtiroler Ordnung-Dienst''. L'avanzata tedesca nella città continua; carri armati giungono anche alla caserma Cadorna, dove vi fu qualche morto e numerosi feriti. Altri tentarono la fuga risalendo le pendici del Guncina, ma vennero fatti ritornare indietro da sassi fatti rotolare appositamente dai contadini.
 
La mobilitazione imposta dal Terzo Reich avvenne sia in ambito militare che civile. Trentini, sudtirolesi e tirolesi non ancora mobilitati vennero arruolati in vari corpi armati locali: in Trentino nel Corpo di sicurezza trentino e in Alto Adige nel già citato ''Südtiroler Ordnungsdienst''. Nel 1944 ragazzi e anziani ritenuti precedentemente non mobilitabili vennero richiamati nel ''Volkssturm'' ("milizia popolare" anche detto corpo degli ''Standschützen''). L'andamento negativo della guerra spinse i nazisti a mobilitare uomini e donne anche nell'industria e nell'agricoltura.
Mentre il generale Gloria che attendeva ordini da Roma, decise assieme ai suoi ufficiali di esporre bandiera bianca e di abbandonare le armi anche perché verso le 3 un panzer [[Tiger]] sparò un colpo alla facciata del comando generale. Pochi furono i combattimenti in città; qualche breve resistenza vi fu solamente presso i campo d'aviazione, ma ben presto tutte le truppe italiane furono radunate presso il greto del Talvera e dopo alcuni giorni vennero spostate in altri luoghi.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 94}}</ref> Bolzano, senza alcun mezzo corazzato, fu ben presto sottomessa: il 9 settembre morirono 26 militari italianie 9 tedeschi, se si calcolano i deceduti anche dei giorni seguenti, in seguito alle ferite riportate le cifre sono aggiornate a 35 italiani e 12 tedeschi.<ref name =bolzano_scomparsa/>
 
===L' ''Operationszone Alpenvorland'' ===
{{Citazione|La autorità naziste operarono uno sforzo sistematico per de-italianizzare gli abitanti e sopprimere ogni segno della cultura italiana||Nazi authorities [...] made a systematic effort to de-Italianize the inhabitants and to suppress every vestige of Italian culture.<ref>[[CIA]], [[CIA|The Office of Strategic Services: Research and Analysis Branch]], GERMAN MILITARY GOVERNMENT OVER EUROPE: ITALY, [http://library2.lawschool.cornell.edu/donovan/pdf/Batch_14/Vol_CVI_12.pdf]</ref>||lingua=en}}
{{vedi anche|Zona d'operazioni delle Prealpi}}
[[File:Italian social republic map ITA.png|thumb|left|200px|L{{' }}''Alpenvorland'' e la ''[[Zona d'operazioni del Litorale adriatico|Adriatisches Küstenland]]'', facevano nominalmente parte della [[Repubblica Sociale Italiana|R.S.I.]], ma erano sotto amministrazione tedesca, in vista della successiva annessione al ''[[Germania nazista|Grossdeutsches Reich]]''.]]
[[File:Denkmal für die von Meran deportierten Juden.jpg|thumb|Targa a ricordo dei deportati ebrei di Merano (15 settembre 1943), presso l'ex sede dell'[[Opera nazionale balilla|Opera Nazionale Balilla]], arrestati con l'aiuto deidella collaborazionisti''Sicherheits- dellaund Ordnungsdienst'' o anche ''SüdtirolSüdtiroler Ordnungsdienst'' (S.O.D.). La S.O.D. giunse a contare 17.000 effettivi.]]
Con l'occupazione tedesca, la provincia di Bolzano, insieme a quelle di Trento e Belluno, fu incorporata nella [[Zona d'Operazione delle Prealpi]], nominalmente parte della [[Repubblica Sociale Italiana]], ma ''de facto'' amministrata dal [[Terzo Reich]], e posta sotto il comando del ''Gauleiter'' del Tirolo [[Franz Hofer]]. Durante i "[[Repubblica Sociale Italiana|600 giorni]]", il gruppo linguistico italiano subì gravi contraccolpi: gran parte delle autorità amministrative italiane, sinora fedeli al regime, furono sostituite da elementi tedeschi, fedeli al Reich; il giornale fascista ''La Provincia di Bolzano'' venne soppresso e sostituito con quello nazista ''Bozner Tagblatt''; l'unica emittente radiofonica italiana venne sostituita con un'emittente tedesca. Alla provincia di Bolzano furono riaggregati i comuni della [[Bassa Atesina]] e quelli ladini di [[Cortina d'Ampezzo]], [[Livinallongo]] e [[Colle Santa Lucia]]. A capo dell'amministrazione locale vennero collocati soprattutto elementi dell'AdO e fu nominato prefetto Peter Hofer.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 96}}</ref>
 
Con l'occupazione tedesca, la provincia di Bolzano, insieme a quelle di Trento e Belluno, fu incorporata nella [[Zona d'operazioni delle Prealpi|Zona d'Operazione delle Prealpi]], nominalmente parte della [[Repubblica Sociale Italiana]], ma ''de facto'' amministrata dal [[Germania nazista|Terzo Reich]], e posta sotto il comando del ''Gauleiter'' del Tirolo [[Franz Hofer (Gauleiter)|Franz Hofer]]. Durante i "[[Repubblica Sociale Italiana|600 giorni]]", il gruppo linguistico italiano subì gravi contraccolpi: gran parte delle autorità amministrative italiane, sinora fedeli al regime, furono sostituite da elementi tedeschi, fedeli al Reich; il giornale italofono ''La Provincia di Bolzano'', nato sotto l'egida del fascismo, venne soppresso e sostituito con il ''Bozner Tagblatt'', in lingua tedesca e controllato dalle autorità occupanti; la stazione [[EIAR]] della città smise di trasmettere in italiano e venne allacciata alle emittenti del Reich. Alla provincia di Bolzano furono riaggregati i comuni della [[Bassa Atesina]] e quelli ladini dell'[[Ampezzano]], [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]] e [[Colle Santa Lucia]]. A capo dell'amministrazione locale vennero collocati soprattutto elementi legati all'[[Opzioni in Alto Adige|associazione altoatesina per le Opzioni in Alto Adige]] (''Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland''), ivi compreso il prefetto Peter Hofer, poi deceduto durante un bombardamento e sostituito dal commissario [[Karl Tinzl]].<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 96}}.</ref>
I militari di lingua tedesca confluirono nella ''[[Wehrmacht]]'', nelle [[Schutzstaffel|SS]] e nella ''[[Gestapo]]''. Nel 1943, dopo il reclutamento di circa 2000 soldati per i quali il servizio militare era d'obbligo (classi 1900-1912), in maggioranza optanti, la ''Wehrmacht'' ebbe difficoltà nel 1944 a trovare volontari per costituire il reggimento e dovette procedere all'arruolamento prevalentemente di ''Dableiber''. Le alte qualifiche furono ricoperte esclusivamente da persone del Reich tedesco.
 
I militari di lingua tedesca confluirono nella ''[[Wehrmacht]]'', nelle [[SS]] e nella ''[[Gestapo]]''. Nel 1943, dopo il reclutamento di circa 2000 soldati per i quali il servizio militare era d'obbligo (classi 1900-1912), in maggioranza optanti, la ''Wehrmacht'' ebbe difficoltà nel 1944 a trovare ulteriori reclute e pertanto dovette procedere all'arruolamento prevalentemente di ''Dableiber'', che vennero tuttavia assegnati agli incarichi più umili, tra il disprezzo degli alti comandi, in cui sedevano esclusivamente persone legate al Reich tedesco.
;Il collaborazionismo con le autorità naziste
Il ''[[SS-Polizei-RegimentPolizeiregiment "Bozen"|SS Polizei-Regiment "Bozen"]]''<ref>[http://digilander.libero.it/historiamilitaria3/bozen.htm] IL POLIZEIREGIMENT "BOZEN"</ref> collaborò alle persecuzioni contro gli [[ebrei]] (fu decimata la comunità di Merano) e alla caccia ai soldati italiani sbandati dopo l'8 settembre.
I militari tedeschi vittime dell'[[Attentato di via Rasella]] a Roma, che scatenò la rappresaglia delle [[Eccidio delle Fosse Ardeatine|Fosse Ardeatine]], appartenevano all'11ª compagnia del 3º battaglione del reggimento ''[[Attentato di via Rasella|SS-Polizeiregiment Bozen]]''. Il medesimo reggimento ''Bozen'', formato quasi esclusivamente da altoatesini di lingua tedesca, si macchiò di gravi crimini contro la popolazione civile italiana, tra cui la [[Valle del Biois|strage della Valle del Biois]], in cui vennero massacrate circa 44 persone.<ref>Gasperi, ''La strage della valle del Biois'', in: Nationalsozialistische Besatzungs- und Annexionspolitik in Norditalien 1943, Michael {{cita|Wedekind, 2003, pag|p. 330}}.</ref>.
Numerose furono le persecuzioni contro i ''Dableiber''<ref>[http://www.bolzano-scomparsa.it/i_dableiber.html I dableiber] (Bolzano scomparsa)</ref>, tacciati di tradimento: molti di loro (soprattutto gli esponentiattivisti politici) furono picchiati, arrestati e deportati.
Le violenze si protrassero anche oltre la fine della guerra: l'11 novembre 1946 venivafu assassinato a randellate l'ex sindaco di [[Caldaro sulla Strada del Vino|Caldaro]], Attilio Petri, secondo alcuni poiché avrebbe esposto il tricolore italiano il giorno del 4 novembre, anniversario della vittoria italiana nella prima guerra mondiale, e tolto invece il vessillo sudtirolese bianco-rosso.<ref>{{cita libro|autore1=Giovanni Fasanella|autore2=Monica Zornetta|titolo=Terrore a nordest|collana=BUR Futuropassato|editore=Rizzoli|città=Milano|anno=2013|p=70|isbn=9788817025072}}</ref>
 
A Bolzano sorse un [[Campo di transito di Bolzano|campo "di transito"]] (''Polizeiliches Durchgangslager'') attraverso il quale passarono migliaia di vittime destinate ai campi di sterminio Oltrebrennero. Anche 23 italiani furono catturati e internati nel campo di Bolzano, per poi essere trucidati nell'[[eccidio della caserma Mignone]] il 12 settembre [[1944]]. Altri 9 italiani vennero massacrati nella [[strage di Lasa]].
 
In base al "[[Aktion T4|programma di eutanasia - T4]]", voluto da Hitler, molti infermi psichici e disabili vennero deportati presso la clinica psichiatrica di [[Innsbruck]] e di qui a [[Hall in Tirol|Hall]] e al [[Castello di Hartheim]] a [[Linz]]. Dei 569 malati che furono deportati, 239 morirono di fame e privazioni o furono eliminati.<ref>A proposito {{cita libro|lingua=de|autore=[[Leopold Steurer]], ''|titolo=Ein vergessenes Kapitel Südtiroler Geschichte - die Umsiedlung und Vernichtung der Südtiroler Geisteskranken im Rahmen des nationalsozialistischen Euthanasieprogrammes'', Bolzano, |città=Bozen|editore=Sturzflüge, |anno=1982.}}</ref>
;Resistenza
Non mancarono tuttavia casi positivi: come ricordato dal [[presidente della repubblica|presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]], durante la sua detenzione al [[carcere di Regina Coeli]] a [[Roma]] nel corso dell'[[Resistenza romana|occupazione tedesca della capitale]], le guardie naziste di origine altoatesinasudtirolese si distinsero per una maggiore indulgenza verso i detenuti ed ebbero un ruolo molto importante nel facilitare l'evasione di Pertini stesso e di alcuni suoi compagni dalla prigione il 25 gennaio [[1944]].<ref>{{cita libro|autore=[[Gianni Bisiach]], ''|titolo=Pertini Racconta: gli anni 1915-1945'', |città=Milano, [[Arnoldo |editore=Mondadori Editore]], |anno=1983. |ISBN =978-88-04-21260-7}}</ref>.
 
La [[Resistenza italiana|resistenza]] contro i tedeschi era rappresentata dalla sezione provinciale del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CNL]] (guidato fino alla sua esecuzione mediante strangolamento da [[Manlio Longon]]).<ref name=autogenerato4>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| pagp. 100}}.</ref>
Anche i ''Dableiber'', perseguitati come traditori dai nazisti, si organizzarono nella ''Andreas-Hofer-Bund''. Si ricordano i nomi di [[Hans Egarter]], [[Franz Thaler]] e [[Friedl Volgger]], quest'questi ultimi internati nel [[campo di concentramento di Dachau]]. Volgger riuscì a sopravvivere e nel dopoguerra divenne senatore della [[Südtiroler Volkspartei]]. [[Josef Mayr-Nusser]], capo della gioventù cattolica diocesana, non volle prestare giuramento alle SS per incompatibilità con la propria fede religiosa: morì durante il viaggio verso il [[Campo di concentramento di Dachau]]. Anche [[Erich Ammon]], esponente di spicco dei ''Dableiber'' e poi tra i fondatori della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), fece parte della resistenza.<ref>{{cita|Tirolo Altoname=autogenerato4 Adige Trentino| pag. 100}}</ref>
 
Il primo bombardamento alleato della città di Bolzano avvenne il 2 settembre 1943 (contemporaneamente a Trento, duramente colpita dalle bombe alleate che provocarono la [[strage della Portela]], con poco meno di 200 vittime).<ref name =bolzano_scomparsa>{{Cita web |url=http://www.bolzano-scomparsa.it/ |titolo=Bolzano scomparsa |accesso=23 ottobre 2014 |dataarchivio=23 novembre 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141123211238/http://www.bolzano-scomparsa.it/ |urlmorto=sì }}</ref>
 
Il 25 aprile del [[1945]] l'Alto Adige venne liberato dagli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]. La seconda guerra mondiale finiva con 8.000 altoatesini dispersi o morti in guerra.
 
== Secondo dopoguerra ==
{{Citazione|[[Cesare Battisti]] ha lottato per l'indipendenza della sua Patria, per quegli stessi obiettivi di libertà ai quali aspirano oggi i tedeschi del Sudtirolo.|[[Ernesta Bittanti Battisti]]<ref>Ernesta Bittanti Battisti, ''Cesare Battisti e il Sudtirolo'', in «[[Il Ponte (rivista)|Il Ponte]]», 2 febbraio 1956, pagg. 130.</ref>}}.
[[File:Accordo De Gasperi - Gruber.jpg|thumb|right|300px|La firma dell'[[accordo De Gasperi-Gruber]]]]
{{Citazione|Si deve riconoscere che oggidì non vi è in Europa una minoranza di lingua tedesca che abbia una posizione così favorevole come l'hanno gli altoatesini.|Karl Gruber, Ministro degli Esteri austriaco<ref>Gianni {{cita|Bianco, La guerra dei tralicci, Manfrini, Rovereto 1963, |p. 21}}.</ref>}}
Nella primavera del 1945 il territorio austriaco venne occupato dalle [[Alleati della seconda guerra mondiale|potenze alleate]] e la [[Austria|Repubblica Austriaca]] fu ricostituita nei confini del 1938.
Nell'immediato dopoguerra ([[1945]]-[[1946]]) la [[Seconda repubblica austriaca|ricostituita Austria]] sperò di poter ottenere il territorio dell'Alto Adige, atteggiandosi a "prima vittima del nazismo".
Tuttavia l'Austria era un paese sconfitto e [[Occupazione alleata dell'Austria|sotto occupazione alleata]]. Non solo aveva dato i natali ad [[Adolf Hitler]], ma aveva più tardi supportato il nazismo e partecipato allo [[Olocausto|sterminio degli ebrei]]. Un buon numero di altoatesini di lingua tedesca aveva a sua volta simpatizzato per il [[nazismo]]. Il tutto rendeva la richiesta di annessione intempestiva e difficile da sostenere.
L'Italia, oltretutto, aveva già subito forti amputazioni territoriali in [[Venezia Giulia]], che avevano provocato l'[[Esodo istriano|esodo]] di centinaia di migliaia di persone.
 
L'Austria era a tutti gli effetti un paese vinto (larga parte della popolazione aveva apertamente sostenuto il nazismo e non pochi austriaci avevano partecipato alle operazioni di [[Olocausto|sterminio degli ebrei]]). Inoltre un buon numero di altoatesini di lingua tedesca vantava a sua volta pesanti compromissioni nazionalsocialiste. Il suo governo tuttavia negò la pur evidente complicità degli austriaci con il nazismo e i suoi crimini, riuscendo ad adottare ufficialmente la "[[teoria dell'Austria prima vittima]] del nazismo", che asseriva che l'[[Anschluss]] del 1938 era stata un'aggressione militare.<ref name=":1">{{cita libro|autore=Karl Stuhlpfarrer|capitolo=L'Austria, prima vittima della Germania di Hitler. La storia di un mito e il suo significato|curatore=[[Gustavo Corni]]|url=https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/15516/1/Muri-06-Stuhlpfarrer.pdf|accesso=14 agosto 2024|titolo=I muri della storia. Storici e storiografia dalle dittature alle democrazie 1945-1990|collana=Quaderni del Dipartimento di Storia. Università di Trieste|numero=2|città=Trieste|editore=LINT|anno=1996|pp=79-89|isbn=978-88-86179-72-0}}</ref><ref name=":2">{{Cita web|autore=Paolo Campostrini|url=https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/il-caso-hofer-in-un-austria-senza-memoria-1.367754|titolo=«Il caso Hofer in un'Austria senza memoria»|sito=Alto Adige|lingua=it|accesso=2 aprile 2023|data=4 dicembre 2016}}</ref><ref name=":3">{{Cita web|url=https://pochestorie.corriere.it/2016/05/31/laustria-e-i-conti-mancati-con-il-passato-nero/|titolo=L'Austria e i conti (mancati) con il passato|sito=pochestorie.corriere.it|accesso=2 aprile 2023|autore1=Silvia Morosi|autore2=Paolo Rastelli|data=31 maggio 2016|}}</ref> Ciò evitò all'Austria di fare i conti col suo ingombrante passato ed impedì il processo di [[denazificazione]] che ebbe luogo in Germania.<ref name=":1" /><ref name=":2" /><ref name=":3" />
Infine, l'[[Unione Sovietica]] si oppose fermamente all'accorpamento dei territori tedescofoni, temendo possibili rigurgiti pangermanisti. Alla [[Conferenza di Potsdam]] pertanto, fu confermata la sovranità italiana su tutto l'Alto Adige anche in previsione della futura [[Guerra Fredda]].<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 103}}</ref>
La raccolta di 155.000 firme, su iniziativa della neonata [[Südtiroler Volkspartei]], non influì su tale decisione.
{{Doppia immagine|left|German1910.png|210|Verbreitungsgebiet der deutschen Sprache.PNG|210|<small>Area storica di diffusione della lingua tedesca (1910)</small>|<small>Area di diffusione della lingua tedesca nel 1950: le espulsioni di massa del dopoguerra risparmiarono l'Alto Adige</small>}}
 
Pur sottoposto ad occupazione militare alleata, all'Austria fu riservato un trattamento molto più morbido rispetto alla Germania e al suo governo fu concesso di tenere una propria politica estera: la finzione della "prima vittima" consentì fra le altre cose di evitare di pagare il conto per la guerra perduta, giungendo addirittura a richiedere indennizzi e riparazioni, fra cui varie rivendicazioni territoriali<ref name=":1" />. La sovranità sull'Alto Adige divenne per Vienna un obiettivo di importanza primaria, che poteva contare su un discreto sostegno popolare da parte della popolazione tedescofona. In questo periodo la neonata [[Südtiroler Volkspartei]] aveva fra l'altro lanciato una raccolta firme atta a perorare tale soluzione, che aveva raccolto in poche settimane circa 155.000 sottoscrittori.
Conseguenza della politica dell'URSS fu l'[[Esodo dei tedeschi dall'Europa orientale|espulsione verso la Germania di circa 15 milioni di germanofoni]], avvenuto con modalità tragiche e nella quale trovarono la morte tre milioni di civili.
Situato fuori dalla zona di occupazione sovietica, l'Alto Adige fu preservato da questo destino, che comportò, fra le altre cose, l'eradicazione di tutte le minoranze tedesche ex-asburgiche rimaste fuori dall'Austria, e di tutte quelle propriamente tedesche.
Fra le poche minoranze tedesche superstiti, gli altoatesini furono gli unici a non subire alcun processo di degermanizzazione (l'[[Alsazia-Lorena]], per contro, fu però sottoposta ad un'intensa [[francesizzazione]]), vedendo, al contrario, riconosciuti il loro status.
 
Ma le richieste in tal senso si rivelarono presto intempestive e difficili da sostenere l'Austria era comunque un paese sconfitto e a ciò si aggiunse il fatto che i vincitori, dopo aver già sottoposto l'Italia e forti amputazioni territoriali (con la perdita definitiva delle [[colonialismo italiano|colonie]] e soprattutto della [[Venezia Giulia]] orientale, donde era scaturito l'[[esodo giuliano dalmata|esodo]] di centinaia di migliaia di persone), non intendevano infierire ulteriormente sulla nazione sconfitta. In ciò giocò un ruolo anche la posizione antitedesca dell'[[Unione Sovietica]], che aveva [[espulsione dei tedeschi dall'Europa orientale|espulso verso la Germania circa 15 milioni di cittadini est-europei germanofoni]] (causando peraltro la morte tre milioni di civili). L’appoggio dell'URSS divenne esplicito dopo la dura sconfitta del partito comunista austriaco nelle [[Elezioni legislative austria del 25 novembre 1945|elezioni del 1945]]: Mosca dichiarò a quel punto che era inconcepibile che il mondo tedesco potesse acquisire un nuovo territorio dopo aver provocato e perso una terrificante guerra.<ref>{{Cita web|url=http://www.limesonline.com/cartaceo/di-chi-e-lalto-adige-una-disputa-fra-storici-italiani-austriaci-e-tedeschi|titolo=Di chi è l'Alto Adige? Una disputa fra storici italiani e tedeschi|autore=Federico Scarano|pubblicazione=[[Limes (rivista)|Limes]]|numero=5|data=20 dicembre 2002|accesso=2 aprile 2023}}</ref>[[File:Col dei Bovi Cupola.jpg|thumb|left|Una [[cupola]] difensiva del [[Caposaldo Col dei Bovi]]]]
===Il riconoscimento della minoranza tedesca e la nascita della regione autonoma===
La [[Conferenza di Potsdam]] (luglio-agosto 1945) pertanto confermò la sovranità italiana su tutto l'Alto Adige, individuandolo altresì come zona militarmente strategica alla luce delle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica, destinate di lì a poco a sfociare nella [[Guerra fredda]]<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 103}}.</ref>. A conferma di ciò, nel giro di pochi anni la linea fortificata del [[Vallo alpino in Alto Adige|Vallo Alpino in Alto Adige]], temporaneamente abbandonata nei mesi della liberazione, venne rafforzata e ristrutturata<ref>{{cita libro|autore1=Alessandro Bernasconi|autore2=Giovanni Muran |titolo= Le fortificazioni del Vallo Alpino Littorio in Alto Adige|anno=1999 |mese= maggio |editore=Temi |città= Trento|cid=Bernasconi e Muran 1999 |isbn=88-85114-18-0}}</ref>.
{{Citazione|La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche|[[Costituzione della Repubblica Italiana]], art. 7}}
A compensazione della mancata riannessione dell'Alto Adige, l'Austria ottenne infatti che lo status della sua minoranza fosse regolato mediante un trattato bilaterale.
 
La decisione alleata ebbe risvolti principalmente positivi per l'integrità della popolazione tedesca, che non fu oggetto di quelle politiche di eradicazione de-germanizzatrice che in altre parti d'Europa (ad esempio in [[Alsazia-Lorena]], sottoposta a una pervasiva francesizzazione) si stavano rivelando particolarmente pressanti.
Il primo ministro italiano [[Alcide De Gasperi]] e [[Karl Gruber]], ministro degli esteri austriaco, raggiunsero un accordo, ratificato il 5 settembre 1946, e pubblicato sulla [[Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana|Gazzetta Ufficiale]] il 24 dicembre del [[1947]]. Tra le varie cose, fu prevista la possibilità del rientro degli optanti.
[[File:VillnößStMagd60er.jpg|thumb|right|300px|[[Funes (Italia)|Funes]] nel dopoguerra, un tipico esempio di comune rurale prima della modernizzazione dagli anni settanta in poi]]
 
{{Doppia immagine|left|German1910.png|210|Verbreitungsgebiet der deutschen Sprache 2010.png|210|<small>Area storica di diffusione della lingua tedesca (1910)</small>|<small>Area di diffusione della lingua tedesca nel 2010: sono evidenti gli effetti delle espulsioni di massa del secondo dopoguerre e delle politiche assimilatorie.</small>}}
L'[[Accordo De Gasperi-Gruber]] riconosceva i diritti degli abitanti di lingua tedesca delle province di Trento e di Bolzano (l'art. 1 recitava: ''"Gli abitanti di lingua tedesca della Provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento godranno di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca"'').
Oltre a questo vi fu la concessione, unica in Europa verso una popolazione collaborazionista (si pensi solo alla sorte dei [[Sudeti]]), di riacquistare la cittadinanza italiana senza subire alcuna ritorsione (i cosiddetti "rioptanti").
Da parte sua l'Austria e rinunciava formalmente e in modo definitivo a qualsiasi rivendicazione sull'Alto Adige.
 
=== Riconoscimento della minoranza tedesca e nascita della regione autonoma ===
Il primo gennaio del 1948, entrò in vigore la [[Costituzione della Repubblica Italiana|nuova costituzione italiana]], che, al suo art. 6, prevedeva la tutela delle minoranze e, all'art. 116, lo [[statuto speciale]] per la regione [[Trentino-Alto Adige]].
{{Citazione|La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche|[[Costituzione della Repubblica Italiana]], art. 6}}
Come parziale compensazione per la mancata riannessione dell'Alto Adige l'Austria ottenne che lo status della popolazione tedesca sotto giurisdizione italiana fosse regolato mediante un trattato bilaterale, che ne sancisse lo status di minoranza e i relativi termini di tutela.
[[File:VillnößStMagd60er.jpg|thumb|upright=1.4|[[Funes (Italia)|Funes]] nel dopoguerra, un tipico esempio di comune rurale prima della modernizzazione dagli anni settanta in poi]]
Il primo ministro italiano [[Alcide De Gasperi]] e il ministro degli esteri austriaco [[Karl Gruber]] raggiunsero quindi un accordo, che fu ratificato il 5 settembre 1946 e pubblicato sulla [[Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana|Gazzetta Ufficiale]] il 24 dicembre del [[1947]]. L'[[accordo De Gasperi-Gruber]] (come venne poi chiamato) riconosceva i diritti specifici degli abitanti di lingua tedesca delle province di Bolzano e di Trento (l'art. 1 recitava: ''"Gli abitanti di lingua tedesca della Provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento'' [ovvero della [[Bassa Atesina]], allora ancora aggregata al Trentino] ''godranno di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca"'') e concedeva loro di riacquistare la cittadinanza italiana e agli optanti realmente partiti di fare ritorno nelle terre natie, in entrambi i casi se non compromessi politicamente con il nazismo. Da parte sua l'Austria rinunciava formalmente a qualsiasi rivendicazione terrotoriale sull'Alto Adige.
 
Il primo gennaio del 1948 entrò quindi in vigore la [[Costituzione della Repubblica Italiana|nuova costituzione italiana]], che al suo articolo 6 prevedeva la tutela delle minoranze linguistiche e all'articolo 116 la concessione del primo [[regione italiana a statuto speciale|statuto speciale]] di autonomia per la [[Trentino-Alto Adige|Trentino-Alto Adige/Tiroler Etschland]], cui venivano devoluti ampi poteri legislativi, amministrativi e finanziari, sancendo altresì il bilinguismo italiano/tedesco, la possibilità di istituire scuole in lingua tedesca e di adottare una [[toponomastica]] bilingue.
Venne dunque creata la regione autonoma del Trentino-Alto Adige, dove però gli italofoni erano comunque in maggioranza. In questo veniva anche data soddisfazione alle istanze autonomiste trentine, supportate in prima persona da trentino De Gasperi.
Il primo statuto speciale del 1948 concedeva ampi poteri legislativi, amministrativi e finanziari all'intera [[Trentino-Alto Adige|Regione Trentino-Alto Adige/Tiroler Etschland]], sanciva il bilinguismo italiano/tedesco, istituiva scuole in lingua tedesca e reintroduceva la [[toponomastica]] bilingue.
 
L'unità amministrativa che si veniva così a creare manteneva comunque una popolazione a netta prevalenza italofona, dando soddisfazione alle istanze autonomiste trentine, supportate in prima persona dallo stesso De Gasperi, frustrando invece le istanze sudtirolesi.
Nel [[1948]] furono annessi alla provincia di Bolzano i comuni a maggioranza o forte presenza tedesca, a suo tempo accorpati alla provincia di Trento: [[Anterivo]], [[Bronzolo]], [[Cortaccia sulla strada del vino|Cortaccia]], [[Egna]], [[Lauregno]], [[Magrè sulla strada del vino|Magrè]] (dal quale fu successivamente scorporato il comune di [[Cortina sulla strada del vino]]), [[Montagna (Italia)|Montagna]], [[Ora (Italia)|Ora]], [[Proves]], [[Salorno]], [[Senale-San Felice]], [[Trodena nel parco naturale|Trodena]]. In questo modo si raggruppavano i comuni "tedeschi" nella provincia di Bolzano<ref>Gemeinde Kurtinig (a cura di), ''Kurtinig – Ein Dorf an der Sprachgrenze in Vergangenheit und Gegenwart'', Bolzano, Athesia Verlag 1998.</ref>. Rimasero escluse solo alcune isole linguistiche sul territorio trentino, troppo isolate dall'Alto Adige.
 
La regione mantenne l'articolazione nelle province di Trento e Bolzano; a quest'ultima già nel [[1948]] vennero annessi i comuni a maggioranza tedesca della provincia di Trento situati sul confine tra le due province ([[Anterivo]], [[Lauregno]], [[Proves]], [[San Felice (Senale-San Felice)|San Felice Val di Non]], [[Senale]] e [[Trodena nel parco naturale|Trodena]]) e ri-annessi i comuni a maggioranza (o forte presenza) tedesca che a suo tempo erano passati sotto Trento ([[Bronzolo]], [[Cortaccia sulla Strada del Vino|Cortaccia]], [[Egna]], [[Magrè sulla Strada del Vino|Magrè]] - dal quale fu successivamente scorporato il comune di [[Cortina sulla Strada del Vino|Cortina sulla strada del vino]] -, [[Montagna (Italia)|Montagna]], [[Ora (Italia)|Ora]] e [[Salorno]])<ref>{{cita libro|curatore=Gemeinde Kurtinig|lingua=de|titolo=Kurtinig – Ein Dorf an der Sprachgrenze in Vergangenheit und Gegenwart|città=Bozen|editore=Athesia Verlag|anno=1998}}</ref>. Lo stesso non si poté fare per alcune isole linguistiche tedesche sul territorio trentino, troppo isolate dall'Alto Adige.
Questa serie di provvedimenti, anche se ispirata dalle grandi potenze, poté realizzarsi grazie alla notevole disponibilità da parte del governo italiano, specie se si considera il fatto che in Alto Adige le simpatie verso il nazismo nell'immediato dopoguerra non erano affatto scomparse.<ref>[http://www.corriere.it/editoriali/09_maggio_08/editoriale_alto_adige_ernesto_galli_della_loggia_fb5d76a4-3b8e-11de-a872-00144f02aabc.shtml Antiitaliani con strane alleanze: I separati dell’Alto Adige, Corriere della Sera, 8 maggio 2009]</ref><ref>Gerald Steinacher, ''Nazisti in fuga. Come criminali di guerra potevano fuggire via l'Italia'', 2008 [http://www.steinacher.it/index.php?id=74&L=5]</ref>
 
Questa serie di provvedimenti, anche se ispirata dalle grandi potenze, poté realizzarsi grazie alla notevole disponibilità da parte del governo italiano, che peraltro soprassedette al permanere in Alto Adige di larghe simpatie verso il nazismo, nonché il fascismo da parte italiana<ref>{{cita news|url=http://www.corriere.it/editoriali/09_maggio_08/editoriale_alto_adige_ernesto_galli_della_loggia_fb5d76a4-3b8e-11de-a872-00144f02aabc.shtml|titolo=Antiitaliani con strane alleanze: I separati dell'Alto Adige|autore=[[Ernesto Galli della Loggia]]|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=8 maggio 2009|accesso=2 aprile 2023}}</ref><ref>{{cita|Steinacher 2008}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.steinacher.it/index.php?id=74&L=5|lingua=de|titolo=Pressereaktionen|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110508164942/http://www.steinacher.it/index.php?id=74|urlmorto=sì}}</ref>.
Dal 1946 al 1967 l'[[Ufficio per le Zone di Confine]] istituito presso la Presidenza del Consiglio si occupò di tutti gli affari relativi alle complesse questioni delle aree di confine, come anche della questione altoatesina, adoperandosi anche economicamente per il "sostegno all'italianità".<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2011/03/05/news/quando-roma-finanziava-chiese-e-oratori-3609131 Mario Rizza: Quando Roma finanziava chiese e oratori]</ref> L'edilizia popolare fu uno dei campi in cui vi furono maggiori tensioni in Alto Adige.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 105}}</ref>
 
Dal 1946 al 1967 l'[[Ufficio per le Zone di Confine]] istituito presso la Presidenza del Consiglio si occupò di tutti gli affari relativi alle complesse questioni delle aree di confine, come anche della questione altoatesina, adoperandosi anche economicamente per il "sostegno all'italianità".<ref>{{cita news|url=http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2011/03/05/news/quando-roma-finanziava-chiese-e-oratori-3609131|autore=Marco Rizza|titolo=Quando Roma finanziava chiese e oratori|data=5 marzo 2011|pubblicazione=Alto Adige|urlmorto=sì}}</ref> L'edilizia popolare e il pubblico impiego, in pratica entrambi allora riservati al gruppo di lingua italiano, furono uno dei campi in cui vi furono maggiori tensioni in Alto Adige.<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''|p. 105}}.</ref>
===La ''ratline'' altoatesina===
[[Ratline|Le vie di fuga]] (in inglese ''ratline'') seguite nel [[1946]] da centinaia di criminali di guerra nazisti, fra cui [[Adolf Eichmann]], [[Josef Mengele]], [[Erich Priebke]], passavano per il Brennero e portavano in Italia, e da qui, spesso passando per il porto di Genova, in Argentina.
 
=== ''Ratline'' altoatesina ===
{{chiarire|L'Alto Adige nei primi anni del dopoguerra ''de facto'' "terra di nessuno". La cittadinanza degli altoatesini era incerta, e l'80% della popolazione che a suo tempo aveva optato per la Germania veniva considerata tedesca senza cittadinanza.|e con questo?}}
{{vedi anche|Ratline|ODESSA (organizzazione)}}
L'Alto Adige nei primi anni del dopoguerra era ''de facto'' "terra di nessuno": la cittadinanza della popolazione era incerta, specialmente quella fascia di persone che a suo tempo avevano optato per la Germania (considerati "tedeschi senza cittadinanza"). In aggiunta il ritiro delle truppe alleate dall'Italia settentrionale, nel dicembre 1945, l'aveva reso unico territorio di lingua tedesca non occupato militarmente.
 
Tale incertezza amministrativa aveva fatto sì che la provincia non venisse sottoposta ad alcuna opera di [[denazificazione]] o [[Commissione di epurazione|defascistizzazione]]: le élite locali, pur se compromesse coi regimi totalitari, non vennero "purgate" e poterono continuare ad esercitare le loro funzioni<ref>Cfr. per es. {{cita libro|lingua=de|autore-capitolo=Veronika Mittermair|capitolo=Bruchlose Karrieren? Zum Werdegang der Südtiroler Politikerschicht bis zur "Stunde Null"|curatore=Hans Heiss ''et al.''|titolo=Südtirol- Stunde Null? Kriegsende 1945-1946|opera=Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs - Pubblicazioni dell'Archivio Provinciale di Bolzano|volume=vol. 10|editore=Studienverlag|città=Innsbruck-Wien-München|anno=2000|pp=169-202}}</ref>. Nemmeno il governo dell'Italia libera si spese granché in tal senso, temendo di sovraesporre agli occhi dell'opinione pubblica i non rari episodi di [[armadio della Vergogna|collaborazione fra fascisti e nazisti]].
Nel dicembre 1945, gli alleati si ritirarono dall'Italia settentrionale, facendo dell'Alto Adige l'unico territorio di lingua tedesca non occupato militarmente, e rendendolo una tappa obbligata sulla via di fuga di molti nazisti. In Alto Adige essi ricevettero aiuto e rifugio soprattutto da ecclesiastici di vario grado e livello. Fu spesso grazie all'aiuto delle gerarchie vaticane che essi poi poterono continuare il loro viaggio verso i porti italiani da dove si imbarcarono verso lidi sicuri. Le amministrazioni comunali contribuirono a ciò rilasciando documenti falsi ai suddetti fuggiaschi<ref>Steinacher 2008, pp. 47-49</ref>.
 
Molti ricercati del fu Terzo Reich decisero pertanto di ripararvi in via temporanea, prima di fuggire verso località più lontane: a loro venne dato aiuto e rifugio soprattutto da ecclesiastici di vario grado e livello (sovente le gerarchie vaticane diedero loro modo di continuare il loro viaggio verso ulteriori vie d'espatrio) e da varie amministrazioni comunali (che non esitarono a rilasciare loro documenti falsi<ref>{{cita|Steinacher 2008|pp. 47-49}}.</ref>).
Gli storici concordano nell'affermare che in Alto Adige non vi fu nel dopoguerra, concause il risistemarsi dei grandi blocchi nella [[Guerra fredda]] e gli atteggiamenti riluttanti sia delle élite locali, in parte compromesse coi regimi totalitari, sia del Governo italiano, il quale non voleva mettere in luce la [[Armadio della vergogna|collaborazione fra fascisti e nazisti]], né una sostanziale [[Commissione di epurazione|defascistizzazione]] né una profonda [[denazificazione]].<ref>Cfr. per es. Veronika Mittermair, ''Bruchlose Karrieren? Zum Werdegang der Südtiroler Politikerschicht bis zur 'Stunde Null''', in: Hans Heiss et al. (a cura di), ''Südtirol- Stunde Null? Kriegsende 1945-1946'' (Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs / Pubblicazioni dell'Archivio Provinciale di Bolzano, vol. 10), Studienverlag, Innsbruck-Vienna-Monaco, 2000, pp. 169-202.</ref>
 
Questa ''[[ratline]]'' (termine inglese per "via di fuga") fu così sfruttata nel solo anno [[1946]] da centinaia di criminali di guerra nazisti (tra i quali [[Adolf Eichmann]], [[Josef Mengele]], [[Klaus Barbie]] e [[Erich Priebke]]), che entrarono in Italia dal Brennero, ottennero ospitalità in Alto Adige e (una volta muniti di credenziali fasulle) poterono raggiungere il porto di Genova e imbarcarsi per destinazioni transoceaniche.
==Anni cinquanta e sessanta: il terrorismo==
 
{{Vedi anche|Gruppo Stieler|Befreiungsausschuss Südtirol}}
== Anni cinquanta e sessanta: rivendicazioni autonomiste e terrorismo ==
[[File:Feuer Nacht giugno 1961.jpg|thumb|Uno dei 37 tralicci che furono fatti saltare nel giugno 1961]]
NelOttemperando rispetto dellall'[[accordo De Gasperi-Gruber]], lo statuto deld'autonomia della regione Trentino-Alto Adige aveva ripristinato l'insegnamento delscolastico tedescoin lingua tedesca e ristabilito la toponomastica bilingue. Fino alla metà degli anni cinquanta la [[Democrazia Cristiana]] e la [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP)originaria, ilche partitovenne diparificata riferimentoa della popolazione di lingua tedesca, guidato originariamente dai ''[[Dableiber]]'' oppositori del nazismo, collaborarono dunque nella gestione dell'entequella regionaleitaliana.
 
Fino alla metà degli anni cinquanta la [[Democrazia Cristiana]] e la [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), partito di riferimento della popolazione di lingua tedesca guidato originariamente dagli ex ''[[Dableiber]]'' (oppositori del nazismo) collaborarono costruttivamente alla gestione dell'ente regionale. Lo sviluppo economico fu rapido: già nel 1952 il reddito medio annuo per abitante in provincia di Bolzano era di 211.012 lire, pari al 130,4% della media nazionale.<ref>Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, Consiglio Regionale, Seduta 176 - 19.7.1960 - p. 9 [http://www.regione.taa.it/archivi/dbase/consiglio_regionale/verbali/upload/03%20-%20III%5ELegislatura%201956-1960/03-III%5Elegislatura-Seduta%20n.176-19.07.1960.pdf Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, Consiglio Regionale, Seduta 176 - 19.7.1960] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131227024304/http://www.regione.taa.it/archivi/dbase/consiglio_regionale/verbali/upload/03%20-%20III%5ELegislatura%201956-1960/03-III%5Elegislatura-Seduta%20n.176-19.07.1960.pdf |date=27 dicembre 2013 }} p. 9].</ref>
La convivenza pacifica venne tuttavia messa a prova dal ritorno massiccio di optanti, caldeggiato dall'Austria e avallato dai vincitori della guerra.<ref>Il Ponte, Rivista di politica economica e cultura fondata da [[Piero Calamandrei]], 1960, p. 1384.</ref> A ciò si contrapponeva la politica del governo nazionale italiano che proseguiva nell'intento di creare una maggioranza italiana in Alto Adige (tramite la cosiddetta "politica del 51%").<ref>Rolf Steininger, ''Südtirol - Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart'', Innsbruck, StudienVerlag, 2003, p. 76. ISBN 3-7065-1348-X: "Wie neue italienische Dokumente belegen, betrieb Rom für Südtirol die "51%"-Politik, d.h. Unterwanderung." Traduzione: ''Come affermano nuovi documenti italiani, Roma praticava la "politica del 51%" in Alto Adige, cioè l'infiltrazione.''</ref><ref>[http://www.rolfsteininger.at/bilder/ladige.pdf Sudtirolo, prima vittima della guerra fredda], L'Adige, 5 settembre 2006, Intervista con Rolf Steininger.</ref><ref>Rolf Steininger, ''Südtirol - Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart'', Innsbruck, StudienVerlag, 2003, p. 76. ISBN 3-7065-1348-X: "Um so mehr wurde die Wohnbaupolitik der italienischen Regierung kritisiert. Genauso [...] wollte Italien durch den massiven Bau von Volkswohnungen und die anhaltende Zuwanderung die Entnationalisierungspolitik des Faschismus fortsetzen." Traduzione: ''Tanto più veniva criticata la politica edificatoria del governo italiano. Proprio così [...] l'Italia voleva proseguire la politica della snazionalizzazione del fascismo tramite la massiccia costruzione di case popolari e l'immigrazione persistente.</ref>
 
Anche le giurisdizioni religiose, tanto importanti in un territorio fortemente cattolico, vennero ridefinite: nel 1964 i confini diocesani trentini e altoatesini vennero portati a corrispondere con quelli delle province italiane. Primo artefice della scelta fu il vescovo di Bressanone (e amministratore pro tempore della cattedra di Trento) [[Joseph Gargitter]], che a seguito di ciò divenne il primo ordinario della nuova [[diocesi di Bolzano-Bressanone]], con sede residenziale nel capoluogo altoatesino<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 109}}.</ref>.
La situazione peggiorò a partire dal 1955, anno di ricostituzione della Repubblica Austriaca, che fino a quel momento era uno Stato sotto occupazione e privo di sovranità. Liberatasi del controllo alleato in seguito al [[Trattato di Stato austriaco|trattato di stato]], l'Austria decise di mettere in dubbio la sovranità italiana sull'Alto Adige e di farsi portavoce delle istanze rivendicazioniste sudtirolesi ingerendosi direttamente nelle vicende della provincia con la creazione di un apposito "sottosegretariato agli Esteri per gli affari sudtirolesi" (tuttora esistente). Questo venne affidato a Franz Gschnitzer, membro della [[Bergisel-Bund|Lega del Monte Isel]] (''Bergisel-Bund''), un'associazione di irredentisti austriaci.
 
Ben presto tuttavia vari politici di lingua tedesca iniziarono a loro volta ad accusare il governo di Roma di portare avanti una "politica del 51%", atta a inverare la sostituzione etnica dell'Alto Adige<ref>{{cita|Steininger 2003|p. 76|citazione=Wie neue italienische Dokumente belegen, betrieb Rom für Südtirol die "51%"-Politik, d.h. Unterwanderung». «[Come affermano nuovi documenti italiani, Roma praticava la "politica del 51%" in Alto Adige, cioè l'infiltrazione]}}.</ref><ref>{{cita news|url=http://www.rolfsteininger.at/bilder/ladige.pdf|titolo=Sudtirolo, prima vittima della guerra fredda|autore=Renzo Moser intervista Rolf Steininger|pubblicazione=[[L'Adige]]|data=5 settembre 2006|formato=PDF|via=''Rolfsteininger.at''}}</ref><ref>{{cita|Steininger 2003|p. 76|citazione=Um so mehr wurde die Wohnbaupolitik der italienischen Regierung kritisiert. Genauso [...] wollte Italien durch den massiven Bau von Volkswohnungen und die anhaltende Zuwanderung die Entnationalisierungspolitik des Faschismus fortsetzen.» «[Tanto più veniva criticata la politica edificatoria del governo italiano. Proprio così [...] l'Italia voleva proseguire la politica della snazionalizzazione del fascismo tramite la massiccia costruzione di case popolari e l'immigrazione persistente.]}}</ref> mediante lo stimolo dell'emigrazione di manodopera dal resto d'Italia. Particolarmente influente fu la voce del prete [[Michael Gamper]], paladino della resistenza all'italianizzazione, il quale pubblicò un articolo sul quotidiano ''[[Dolomiten]]'' (organo di riferimento della stampa tedesca, rifondato il 19 maggio [[1945]]) nel quale accusava le autorità italiane di non aver mai cessato di opprimere la popolazione sudtirolese, da lui definita come avviata a una [[marce della morte|marcia della morte]] (''Todesmarsch'')<ref>{{cita|Gruber 2003| p. 110}}.</ref>. A sostegno della propria tesi, il canonico denunciò che tra il 1947 e il 1953 circa 50.000 cittadini di altre regioni italiane s'erano stabiliti in provincia di Bolzano, andando a erodere la maggioranza tedescofona.
[[File:Col dei Bovi Cupola.jpg|thumb|Una [[cupola]] difensiva del [[Caposaldo Col dei Bovi]]]]
Durante gli anni della [[guerra fredda]] la linea fortificata del [[Vallo Alpino in Alto Adige]], dopo essere stata temporaneamente abbandonata, riprese il suo livello strategico, dovendosi questa volta l'Italia difendere da possibili minacce dall'est, soprattutto dall'[[URSS]]. Le varie opere furono quindi riprese in mano ed aggiornate per poter resistere a questa nuova minaccia.<ref>{{cita libro|cognome=Bernasconi |nome=Alessandro |coautori=Giovanni Muran |titolo= Le fortificazioni del Vallo Alpino Littorio in Alto Adige|annooriginale=1999 |meseoriginale= maggio |editore=editore Temi |città= Trento|pagine= 328 pagine|cid=Bernasconi 1999 |isbn=88-85114-18-0}}</ref>
 
Il governo italiano negò tali accuse pubblicando uno studio dell'Istituto Centrale di Statistica, che quantificava l'aumento della popolazione italofona nel periodo contestato in circa 8000 unità, ascrivibili soprattutto all'invio di funzionari pubblici incaricati di riattivare gli uffici statali e militari nel territorio altoatesino.<ref>{{cita pubblicazione |url=http://www.emscuola.org/labdocstoria/storiae/Rivista/Rivista01/download/art05.pdf|formato=PDF|autore=Carlo Romeo|titolo=Castel Firmiano 1957 e dintorni|rivista=Storiae|data=21 gennaio 2003|pp=15-23|accesso=7 novembre 2011 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131016083703/http://www.emscuola.org/labdocstoria/storiae/Rivista/Rivista01/download/art05.pdf|via=''Emscuola.org''|dataarchivio=16 ottobre 2013}}, p. 18</ref>
Il [[Concilio Vaticano II]] (1962-1965) avviò un grande cambiamento anche nelle forme di intervento politiche e sociali. Proprio nel 1964 vennero ridefiniti i confini tra l'[[arcidiocesi di Trento]] e la [[diocesi di Bolzano-Bressanone]], in modo tale che i confini corrispondessero a quelli provinciali. Artefice di questo passaggio fu l'allora vescovo di Bressanone [[Joseph Gargitter]], precedentemente amministratore apostolico di Trento.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 109}}</ref>
 
La situazione peggiorò ulteriormente a partire dal 1955, allorché il [[Trattato di Stato austriaco|trattato di stato]] liberò definitivamente l'Austria dall'occupazione alleata, ricostituendone la sovranità sotto forma di repubblica. A stretto giro il nuovo governo viennese impugnò l'accordo De Gasperi-Gruber, mettendo apertamente in dubbio la sovranità italiana sull'Alto Adige: venne così creato un "sottosegretariato agli Esteri per gli affari sudtirolesi", finalizzato a ingerirsi direttamente nelle vicende della provincia di Bolzano, allo scopo precipuo di fomentare le spinte secessioniste. Non a caso il dicastero fu affidato a Franz Gschnitzer, membro della federazione irredentista [[Bergisel-Bund|Lega del Monte Isel]] (''Bergisel-Bund'').
===L'affermarsi dell'estremismo etnico===
{{Citazione|Un legame troppo stretto con gli italiani ha effetti mortali per il nostro popolo|[[Silvius Magnago]], [[Südtiroler Volkspartei|SVP]]<ref>Fabio Giacomoni, Renzo Tommasi: Dall'ASAR al Los von Trient: la regione si chiama Odorizzi: gli anni dell'egemonia democristiana : 1948-1960, Temi Ed., 2002, pag. 319</ref>}}
Anche grazie agli appoggi stranieri, all'interno della SVP iniziò la scalata al vertice di elementi radicali,<ref>''... vittoria della corrente degli estremisti nell'ambito del congresso. [...] Karl Tinzl, ex-prefetto di Bolzano nel periodo dell'occupazione nazista, e tre giovani esponenti dell'ala più avanzata del partito: il dott. Benedikter, già condannato per diserzione dall'esercito italiano, il dott. Volgger, recentemente scarcerato per mancanza di indizi sufficienti dopo un periodo di detenzione sotto l'accusa di essere stato l'ispiratore degli attentati dinamitardi compiuti in Alto Adige, e il dott. Hans Dietl. I tre giovani esponenti saliti agli onori della vice-presidenza hanno sostituito nell'incarico due moderati, l'ex-consigliere regionale Erich Amonn, che fu il primo presidente del partito, e il presidente onorario dell'Unione contadini sudtirolesi, Innerhofer-Tanner. Praticamente la corrente degli oltranzisti ha ora assunto il completo controllo del partito'': La Stampa, 28.05.1957, numero 126, pag. 8: Elette le nuove cariche della Südtiroler Volkspartei</ref> per lo più ''[[Opzioni in Alto Adige|Optanten]]'' rinaturalizzati italiani, con [[Nazismo|trascorsi nazisti]],<ref>[[Alois Pupp]], già iscritto al [[NSDAP]], presidente della provincia di Bolzano; Josef v. Aufschnaiter, già membro delle [[SS]], consigliere comunale a Bolzano dal 1961; Norbert Mumelter, Bolzano, del [[Völkischer Kampfring Südtirol]]: cfr. Anton Holzer, ''Die Südtiroler Volkspartei''. Kulturverlag, Thaur/Tirol 1991, ISBN 3-85395-157-0</ref> che si spesero per una politica intransigente nei confronti della popolazione e delle istituzioni italiane in provincia di Bolzano. In tutti i comuni aventi consiglio comunale a maggioranza SVP (tutto l'Alto Adige tranne allora Bolzano, Bronzolo, Egna, Fortezza, Merano, Laives, Salorno e Vadena) venne sospeso il rilascio di nuove residenze per italiani, fu fatta propaganda contro i matrimoni misti, venne attuata la separazione etnica nelle scuole e negli edifici tra le persone dei gruppi linguistici italiano e tedesco, fu ostacolata la costruzione di alloggi popolari, poiché ciò avrebbe favorito l'immigrazione italiana e venne chiesto addirittura lo smantellamento della zona industriale di Bolzano.<ref>Gianni Bianco, ''La guerra dei tralicci'', Manfrini, Rovereto 1963, p. 42-43</ref> A ciò si univa il rifiuto categorico della presenza maggioritaria di italiani nelle pubbliche amministrazioni della provincia e del centralismo regionale, che culminò nello scontro istituzionale con il presidente della giunta regionale, [[Tullio Odorizzi]]. Quest'ultimo si pose a difesa del primo statuto di autonomia deliberato dall'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|assemblea costituente repubblicana]] e la [[Corte costituzionale della Repubblica Italiana|Corte Costituzionale]] confermò i suoi rilievi, bocciando i tentativi della SVP di depotenziare le istituzioni regionali.
 
Fu proprio l'Austria, con il nullaosta delle potenze alleate, a facilitare il rientro sistematico degli altoatesini che avevano optato per il Reich: costoro andarono in gran parte a rafforzare la massa critica che contestava lo ''status quo'', asserendo che le misure prese erano ben lungi dall'essere sufficienti per la tutela della comunità germanofona nel territorio italiano<ref>''[[Il Ponte (rivista)|Il Ponte]]'', Rivista di politica economica e cultura fondata da [[Piero Calamandrei]], 1960, p. 1384.</ref>.
L'operato della giunta Odorizzi e della classe dirigente regionale di allora venne tuttavia messo in discussione nel marzo 1957 anche dal [[questore (ordinamento italiano)|questore]] di Bolzano, Renato Mazzoni, che in una lettera al [[ministri dell'Interno (Italia)|ministro dell'interno]] [[Fernando Tambroni]] criticò apertamente le politiche fino ad allora tenute dalle istituzioni italiane verso la minoranza germanofona, accusandole di miopia e furberia, e chiese maggior comprensione verso le istanze sudtirolesi.<ref>[http://www.carloromeo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=140&Itemid=54 Sito dello storico Carlo Romeo: "La lettera del questore Mazzoni del 1957"] Sito visitato il 6 gennaio 2013</ref> Non fu però ascoltato bensì allontanato dal suo incarico già nel dicembre del 1957. La posizione ufficiale del governo italiano, espressa dal ministro Tambroni un anno prima, era "che non esiste né un problema né tanto meno una questione del Sudtirolo".<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 121}}</ref>
 
===Il ''LosContrapposizione vonetnica Trient''===
{{Citazione|Un legame troppo stretto con gli italiani ha effetti mortali per il nostro popolo|[[Silvius Magnago]], [[Südtiroler Volkspartei|SVP]]<ref>{{cita libro|autore1=Fabio Giacomoni|autore2=Renzo Tommasi|titolo=Dall'ASAR al Los von Trient: la regione si chiama Odorizzi: gli anni dell'egemonia democristiana: 1948-1960|editore=Temi|città=Trento|anno=2002|p=319}}</ref>}}
Ne scaturì la lotta contro l'autonomia regionale, dove trentini e altoatesini di lingua italiana erano in maggioranza rispetto alla popolazione di lingua tedesca, a favore di un'autonomia provinciale, dove gli abitanti di lingua tedesca avrebbero potuto contare su una propria maggioranza, ancor più a scapito della minoranza italiana. Anche il clero locale si inserì nella controversia: il prete [[Michael Gamper]] accusò le autorità italiane di oppressione nei confronti della popolazione sudtirolese, paragonandone la loro condizione a una ''Todesmarsch'' (le [[marce della morte]]).<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 110}}</ref>
 
Sul finire degli anni cinquanta le ali più radicali della SVP ottennero l'egemonia sul partito, grazie anche all'intransigenza della controparte italiana: nel [[1957]] entrarono a far parte del direttivo [[Karl Tinzl]] (già prefetto di Bolzano sotto l'occupazione nazista), [[Alfons Benedikter]] (che nel 1940 aveva disertato dall'esercito italiano per passare alla [[Wehrmacht]]), [[Friedl Volgger]] e Hans Dietl<ref>{{cita news|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=28 maggio 1957|numero=126|p=8|titolo=Elette le nuove cariche della Südtiroler Volkspartei}}</ref>. In generale le liste degli iscritti si popolarono di ex ''[[Opzioni in Alto Adige|Optanten]]'' rinaturalizzati italiani, alcuni con [[nazionalsocialismo|trascorsi nazisti]]: tra i nomi destinati a carriere di prestigio spiccavano quelli di [[Alois Pupp]] (già iscritto al [[Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi|NSDAP]]), Josef v. Aufschnaiter (già membro delle [[SS]]) e Norbert Mumelter (ex leader del [[Völkischer Kampfring Südtirols]])<ref>{{cita libro|autore=Anton Holzer|titolo=Die Südtiroler Volkspartei|editore=Kulturverlag|città=Thaur/Tirol|anno=1991|ISBN=3-85395-157-0}}</ref>.
Nel frattempo, a capo della SVP si era imposto [[Silvius Magnago]], già [[Opzioni in Alto Adige|optante per la Germania]], presidente del consiglio proviniciale, eletto ''Obmann'' del partito nella primavera del 1957. Magnago organizzò una grande protesta contro lo stanziamento di due miliardi e mezzo di lire<ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2007/04/13/AT9PO_AT901.html Los von Trient, per non dimenticare]</ref> per la costruzione di nuovi alloggi popolari, annunciato dal ministro dei lavori pubblici [[Giuseppe Togni]] (il cosiddetto "telegramma Togni"), protesta contro l'immigrazione italiana nella provincia.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 113}}</ref> La manifestazione era prevista per il 17 novembre in piazza Walther a Bolzano, ma il commissario del governo Sandrelli la proibì giustificando che essa poteva portare ad un turbamento dell'ordine pubblico. Magnago propose allora [[Castel Firmiano]], dove già il 5 maggio 1946 20.000 persone avevano protestato per l'autodeterminazione dell'Alto Adige.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 116}}</ref> Sandrelli avrebbe voluto vietare anche quella manifestazione, ma si fece convincere da Magnago, che gli promise: "da tedesco le do la mia parola che non c'è nulla da temere".<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 116}}</ref>
 
Il partito prese così a promuovere una politica intransigente nei confronti della popolazione e delle istituzioni italiane in provincia di Bolzano: in tutti i municipi ove il consiglio comunale era a maggioranza SVP (facevano eccezione solo Bolzano, Bronzolo, Egna, Fortezza, Merano, Laives, Salorno e Vadena) venne sospeso il rilascio di nuove residenze a cittadini italofoni, venne attuata la separazione etnica nelle scuole e negli edifici, fu ostacolata la costruzione di alloggi popolari (visti come "calamite" per l'immigrazione italiana) e venne chiesto addirittura lo smantellamento della zona industriale di Bolzano<ref>{{cita|Bianco 1963|pp. 42-43}}.</ref>. Vennero inoltre scoraggiati i matrimoni interetnici.
La mattina domenicale del 17 novembre una folla di 35.000 persone di tutti i ceti sociali si radunò dunque a Castel Firmiano. La dimostrazione venne organizzata all'insegna del motto ''Los von Trient'' ("via da Trento"), che sostituiva il precedente ''Los von Rom'' ("via da Roma"), e il ''Los von Innsbruck'' del secolo prima formulato dai trentini: ciò suggellava la rinuncia di una parte dei popolari altoatesini alla secessione dall'Italia a favore di una maggiore autonomia. Magnago si appellò anche al governo austriaco, chiedendone un impegno maggiore.
 
La SVP prese quindi a contestare la presenza maggioritaria di italiani nelle divisioni della pubblica amministrazione provinciale, nonché il centralismo delle istituzioni di Trento: il presidente della giunta regionale [[Tullio Odorizzi]] rispose difendendo il primo statuto di autonomia deliberato dall'[[Assemblea Costituente (Italia)|assemblea costituente repubblicana]] e rimettendo il caso alla [[Corte costituzionale (Italia)|Corte costituzionale]], che gli diede ragione bocciando i tentativi della SVP di depotenziare le istituzioni regionali.
Durante l'adunata furono distribuiti volantini incendiari: "Vogliamo restare tedeschi, non schiavi di un popolo, che col tradimento e con l'imbroglio ha occupato la nostra terra e vi attua da quarant'anni un lavoro sistematico di depredamento e di colonizzazione peggiore dei metodi coloniali usati nell'Africa centrale."<ref>[[La Civiltà Cattolica]], 1958, pagina 100</ref>
 
L'operato della giunta Odorizzi e della classe dirigente regionale di allora venne tuttavia messo in discussione nel marzo 1957 anche dal [[questore (ordinamento italiano)|questore]] di Bolzano Renato Mazzoni, che in una lettera al [[ministri dell'interno della Repubblica Italiana|ministro dell'interno]] [[Fernando Tambroni]] criticò apertamente le politiche fino ad allora tenute dalle istituzioni italiane verso la minoranza germanofona (tacciate di miopia e furberia), chiedendo maggior comprensione verso le istanze sudtirolesi<ref>{{cita web|url=http://www.carloromeo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=97:la-lettera-del-questore-mazzoni-del-1957&Itemid=106|sito=Carlo Romeo.it|titolo=La lettera del questore Mazzoni del 1957|data=18 novembre 2011|accesso=2 aprile 2023}}</ref>. La presa di posizione tuttavia gli costò l'allontanamento dall'incarico nel dicembre successivo; già un anno prima il governo italiano aveva infatti preso posizione per bocca dello stesso Tambroni, che aveva negato categoricamente l'esistenza di un "problema" o di "una questione del Sudtirolo".<ref>{{cita|Gruber 2003|p. 121}}.</ref>
===La stagione degli attentati===
Gli sviluppi di questa politica contro il governo italiano non furono solo pacifici. I primi attentati esplosivi si verificarono nel 1956 e 1957 ad opera del [[gruppo Stieler]], dal nome del capobanda, tipografo presso il quotidiano ''[[Dolomiten]]''. Dal settembre 1956 si susseguirono attentati contro tralicci elettrici e ferroviari, cantieri edili e monumenti. Tutto ciò rendeva difficile i negoziati italo-austriaci. L'escalation del disordine fece risuonare a livello internazionale tale da renderla eguale a quella dell'Algeria e di Cipro negli stessi anni.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 106}}</ref>
 
=== ''Los von Trient'' ===
Contemporaneamente vennero celebrati anche i processi contro i cosiddetti ragazzi di Fundres (''Pfunderer Burschen''), accusati di aver ucciso un membro della Guardia di Finanza, condannati a diversi anni di carcere.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 113}}</ref>
Nel paesaggio politico altoatesino si era intanto consolidata la figura di [[Silvius Magnago]], dal [[1948]] presidente del consiglio provinciale di Bolzano, che nella primavera del [[1957]] ottenne la nomina a capo (''Obmann'') della [[Südtiroler Volkspartei]].
 
Egli non tardò a imporre la propria influenza nel corso degli eventi: nello stesso anno il ministro dei lavori pubblici [[Giuseppe Togni]] aveva infatti annunciato lo stanziamento di due miliardi e mezzo di lire<ref>{{Cita news |url=http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2007/04/13/AT9PO_AT901.html |titolo=Los von Trient, per non dimenticare|accesso=3 dicembre 2013|pubblicazione=Alto Adige|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131203070427/http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2007/04/13/AT9PO_AT901.html|urlmorto=sì}}</ref> per la costruzione di nuovi alloggi popolari in territorio altoatesino. Venuto a conoscenza di tale iniziativa, Magnago la definì pretestuosa e finalizzata a rinforzare il flusso migratorio di cittadini di lingua italiana nella provincia di Bolzano<ref name=autogenerato6>{{cita|Gruber 2003| p. 113}}.</ref>: a stretto giro la SVP convocò una manifestazione di protesta per il 17 novembre in piazza Walther a Bolzano, vedendosela però proibire dal commissario del governo Sandrelli, ufficialmente per motivi di tutela dell'ordine pubblico. Magnago però non demorse e propose al commissario di spostare l'evento a [[Castel Firmiano]], dove già il 5 maggio 1946 20.000 persone avevano protestato per l'autodeterminazione dell'Alto Adige<ref name=autogenerato5>{{cita|Gruber 2003| p. 116}}.</ref>; Sandrelli rimase perplesso, ma si fece infine convincere dall{{'}}''Obmann'', che gli promise l'assoluta pacificità dell'occasione:
Il fatto di maggior rilevanza negli [[anni 1950|anni cinquanta]] fu la nascita di un movimento terrorista clandestino, mirante alla riunificazione del Tirolo sotto la giurisdizione dell'Austria, il ''[[Befreiungsausschuss Südtirol]] - BAS'' (letteralmente [[Comitato per la liberazione del Sudtirolo]]). Negli [[anni 1960|anni sessanta]] si verificarono numerosi attentati dinamitardi, inizialmente contro cose (tralicci, caserme, ma anche luoghi di ritrovo come bar e oratori); ma i terroristi non esitarono a usare la violenza contro le forze dell'ordine, ricorrendo addirittura a mine antiuomo e causando diverse vittime. L'azione più nota fu quella della "[[Notte dei fuochi]]" organizzata dal BAS il 12 giugno 1961, quando in occasione della festa del Sacro Cuore vennero accesi dei fuochi sulle montagne e furono collocate cariche esplosive presso una sessantina di tralicci sull'intero territorio della provincia; solo una quarantina esplosero, ma bastarono comunque a gettare il panico tra la popolazione italiana e a uccidere Giovanni Postal, dilaniato da una bomba che stava cercando di rimuovere.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 107}}</ref> L'azione più cruenta del BAS fu la [[strage di Cima Vallona]], il 25 giugno del 1967: a seguito dell'esplosione di un traliccio a Cima Vallona (nel Bellunese), fu dilaniato da una mina uno degli alpini che sorvegliavano l'area. A bonificare la zone e ad indagare sull'attentato fu inviata dall'aeroporto di Bolzano la [[Compagnia Speciale Antiterrorismo]]. Una seconda mina dilaniò la pattuglia arrivata in loco, causando la morte di altri tre militari.
 
{{Citazione|da tedesco le do la mia parola che non c'è nulla da temere<ref name=autogenerato5 />}}
Le forze di polizia ed in particolare i [[Carabinieri]] risposero duramente. Ci furono denunce secondo le quali due persone sarebbero morte in seguito a [[tortura|torture]] subite in carcere. La Corte d'Assise di Milano a proposito delle presunte sevizie rilevò che "dalle perizie necroscopiche eseguite da collegi di periti fosse risultato che entrambi i detenuti erano morti per cause naturali".<ref>Sentenza della Corte d'Assise di Milano n. 64 del 16 luglio 1964, pag. 96.</ref> I membri del BAS che parteciparono alla "notte" furono processati nel 1964, il che contribuì a diffondere la questione sudtirolese nell'opinione pubblica nazionale.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 107}}</ref>
 
A rimarcare la peculiarità della manifestazione, gli organizzatori coniarono per essa un nuovo slogan, ''Los von Trient'' ("via da [[Trento]]"), che riprendeva il vecchio motto separatista ''Los von Rom'' ("via da [[Roma]]") mutandone però la prospettiva: l'obiettivo non doveva infatti essere più la secessione dall'Italia, ma il superamento dell'autonomia regionale in favore di una devoluzione di competenze a livello provinciale, indicata quale unica via praticabile per il conseguimento di una vera tutela della minoranza linguistica tedesca, la quale nella regione a guida trentina si sentiva "schiacciata" dalla presenza maggioritaria della popolazione italiana ed estromessa dalle possibilità effettive di autogoverno locale.
Ipotesi secondo cui i servizi segreti dei paesi interessati avrebbero manovrato gli attentati in Alto Adige per alzare il livello di tensione non furono confermate in sede giudiziaria, ma furono accolte in una relazione di maggioranza della [[Commissione Stragi]] del [[Parlamento della Repubblica Italiana]] nel 1992.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 108}}</ref> Le azioni dei terroristi altoatesini provocarono anche la reazione dei movimenti di estrema destra italiani. Una bomba collocata ad [[Ebensee]], in [[Alta Austria]], provocò la morte di un gendarme austriaco.<ref>Gianni Flamini, ''Brennero connection. Alle radici del terrorismo italiano'', Editori Riuniti, 2003, pag. 89</ref>
 
Fin dalle prime ore del mattino del giorno fissato una grande folla (stimata in un totale di oltre 35.000 persone) ascese ordinatamente al castello, le cui vie d'accesso erano presidiate in forze dagli agenti della polizia. I timori delle autorità italiane non erano effettivamente peregrini dato che, a dispetto della protestata pacificità dell'occasione, tra alcuni dei manifestanti circolava un volantino recante il testo:
Nel contempo si cercava una soluzione politica: il trattato del [[1946]] fu la base della [[Risoluzione ONU 1497|risoluzione 1497]] delle [[Nazioni Unite]] del [[1960]], sollecitata dal cancelliere austriaco [[Bruno Kreisky]], che invitava "urgentemente" i due paesi a riprendere "i negoziati con l'obiettivo di trovare una soluzione di tutte le controversie concernenti l'attuazione dell'accordo di Parigi del 5 settembre [[1946]]".
 
{{Citazione|Vogliamo restare tedeschi, non schiavi di un popolo, che col tradimento e con l'imbroglio ha occupato la nostra terra e vi attua da quarant'anni un lavoro sistematico di depredamento e di colonizzazione peggiore dei metodi coloniali usati nell'Africa centrale."<ref>''[[La Civiltà Cattolica]]'', 1958, p. 100.</ref>}}
==Dalla nascita della provincia autonoma (1972) ad oggi==
[[File:Silvius_Magnago_Castel_Firmiano-Sigmundskron_1957.png|thumb|Magnago parla alla folla raccoltasi a Castel Firmiano il 17 novembre 1957.]]
A indirizzare gli animi intervenne comunque il lungo e incisivo discorso di Magnago, che dal palchetto ligneo eretto a tribuna parlò per diversi minuti: attaccò i piani edilizi italiani e l'immigrazione (rei a suo dire di aver soffocato «all'interno della [...] patria» i sudtirolesi, costringendoli «a sopravvivere in grotte e baracche») e invitò i politici austriaci a «non [...] farsi abbindolare dallo charme dei politici italiani» (cioè a proseguire nella pressione diplomatica per tutelare la minoranza linguistica). Al contempo però, in accordo con lo slogan ufficiale della manifestazione, riconobbe l'impossibilità di ridefinire il confine di stato dell'Italia (complice l'inasprirsi della [[guerra fredda]], nel cui scenario il governo di Roma era divenuto un importante alleato degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], oltre a giocare un ruolo strategico a livello continentale in quanto cofondatore della [[Comunità Europea]]) ed esortò gli astanti ad «alzare la voce [...] per farsi capire da chi non [...] vuole ascoltare», abbandonando al contempo le ostilità anti-italiane al termine della manifestazione<ref>{{cita web|formato=PDF|url=http://www.provinz.bz.it/sigmundskron1957/downloads/1957_AufbruchAutonomie_I.pdf|accesso=2 aprile 2023|titolo=Verso l’autonomia}}</ref>:
 
{{Citazione|Io, in qualità di responsabile [...] ho dato la mia parola che dopo la manifestazione tutto sarà finito [...] che non ci sarà una marcia e non ci sarà nessun’altra manifestazione particolare [...] Io ho dato la mia parola di tedesco [...] perché per noi, la parola di un tedesco ha ancora valore}}
 
L'appello ebbe esito: la manifestazione risultò pacifica sia nello svolgimento che negli esiti diretti.
 
=== Stagione degli attentati ===
{{Vedi anche|Gruppo Stieler|Befreiungsausschuss Südtirol}}
Gli sviluppi di questa politica rivendicativa non furono però pacifici ''in toto''; ben presto anzi per l'Alto Adige iniziò la stagione degli attentati.
 
I primi attacchi esplosivi vennero attuati tra il 1956 e il 1957 dal [[gruppo Stieler]] (dal nome del capobanda, un tipografo del quotidiano ''[[Dolomiten]]'') e l'inasprimento fu rapido: gli atti violenti divennero sempre più frequenti, complicando i negoziati tra Italia e Austria<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 106}}.</ref>.
 
Punto di riferimento dell'attività terroristica divenne presto il ''[[Befreiungsausschuss Südtirol]]'' (abbreviato ''BAS'', letteralmente "Comitato per la liberazione del Sudtirolo"), un'organizzazione di lotta armata clandestina mirante alla riunificazione del Tirolo sotto la giurisdizione dell'Austria.
 
Negli [[anni 1960|anni sessanta]] si verificarono numerosi attentati dinamitardi, inizialmente contro oggetti ed edifici (tralicci, caserme, ma anche luoghi di ritrovo come bar e oratori) e poi anche contro bersagli umani, in special modo soldati e agenti delle forze dell'ordine. L'azione più nota fu quella della "[[Notte dei fuochi]]", organizzata dal BAS il 12 giugno 1961 in occasione della festa del [[Sacro Cuore]]: con un coordinamento a livello provinciale vennero accesi dei grandi falò sulle montagne e furono collocate cariche esplosive presso una sessantina di tralicci sparsi per l'intero territorio altoatesino; solo una quarantina esplosero, ma bastarono comunque a gettare il panico tra la popolazione e a causare una vittima, il [[Casa cantoniera|cantoniere]] dell'[[ANAS]] Giovanni Postal, che accortosi di una delle bombe tentò vanamente di disinnescarla.<ref name=autogenerato2>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 107}}.</ref>
 
L'azione più cruenta del BAS - anche se recentemente sono stati espressi seri dubbi sulla sua responsabilità<ref>{{cita libro|autore=Hubert Speckner|titolo=La strage del Passo di Cima Vallona: il "fatto" del 25 giugno 1967 archiviato negli atti degli organi di sicurezza austriaci|città=Vienna|editore=Gra & Wis|anno=2015|ISBN=978-3-902455-22-2}}</ref> - fu però la [[strage di Cima Vallona]], nel [[bellunese]]: il 25 giugno 1967 una [[mina antiuomo]] esplose uccidendo uno degli alpini che sorvegliavano l'area; poco dopo gli uomini della [[Compagnia speciale antiterrorismo]], arrivati sul posto per indagare, vennero investiti da una seconda deflagrazione, che causò la morte di altri tre militari.
 
Le forze di polizia ed in particolare i [[Carabiniere|Carabinieri]] risposero duramente: molti attivisti delle varie sigle rivoltose furono arrestati e mandati a processo. Il procedimento contro i membri del BAS che parteciparono alla "notte", avvenuto nel 1964, ebbe ampia eco mediatica e contribuì a diffondere la questione sudtirolese presso l'opinione pubblica nazionale e internazionale.<ref name=autogenerato2 />
 
Ci furono denunce secondo le quali due persone sarebbero morte in seguito a [[tortura|torture]] subite in carcere. La Corte d'Assise di Milano a proposito delle presunte sevizie rilevò che "dalle perizie necroscopiche eseguite da collegi di periti fosse risultato che entrambi i detenuti erano morti per cause naturali".<ref>Sentenza della Corte d'Assise di Milano n. 64 del 16 luglio 1964, p. 96.</ref>
 
Ipotesi secondo cui i servizi segreti dei paesi interessati avrebbero manovrato gli attentati in Alto Adige per alzare il livello di tensione non furono confermate in sede giudiziaria, ma furono accolte in una relazione di maggioranza della [[Commissione stragi]] del [[Parlamento della Repubblica Italiana]] nel 1992.<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''| p. 108}}.</ref> Le azioni dei terroristi altoatesini provocarono anche la reazione dei movimenti di estrema destra italiani. Una bomba collocata ad [[Ebensee]], in [[Alta Austria]], provocò la morte di un gendarme austriaco.<ref>{{cita libro|autore=Gianni Flamini|titolo=Brennero connection. Alle radici del terrorismo italiano|editore=Editori Riuniti|città=Roma|anno=2003|p=89}}</ref>
 
Nel contempo si cercava una soluzione politica: il trattato del [[1946]] fu la base della [[risoluzione 1497 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite]] del [[1960]], sollecitata dal cancelliere austriaco [[Bruno Kreisky]], che invitava "urgentemente" i due paesi a riprendere "i negoziati con l'obiettivo di trovare una soluzione di tutte le controversie concernenti l'attuazione dell'accordo di Parigi del 5 settembre [[1946]]".
 
Contemporaneamente vennero celebrati anche i processi contro i cosiddetti ragazzi di Fundres (''Pfunderer Burschen''), accusati di aver ucciso un membro della Guardia di Finanza, condannati a diversi anni di carcere.<ref name=autogenerato6 />
 
== Dalla nascita della provincia autonoma (1972) al terzo millennio ==
{{Vedi anche|Pacchetto per l'Alto Adige}}
[[File:Umfahrung scristina.jpg|thumb|right|250px|Esempio di insegnecartello stradalistradale bi- e trilinguitrilingue nel comune di [[Santa Cristina Valgardena]]]]
Dopo dodici anni di discussione nei consessi nazionali e internazionali, nel [[1972]] l'Alto Adige ottenne dallo Stato italiano un'ampia autonomia separata dal Trentino. Con l'entrata in vigore del secondo statuto speciale del Trentino-Alto Adige (in tedesco ''Trentino-Südtirol'') le maggiori competenze e risorse sono state infatti tolte alla regione per trasferite alle singole [[Provincia autonoma di Trento|Provinceprovince autonome di Trento]] e [[Provincia autonoma di Bolzano|di Bolzano]].
 
Nel 1976 fu emanata la norma sulla ripartizione proporzionale degli impieghi pubblici in base alla consistenza numerica dei gruppi linguistici tedeschi, italiani e ladini. Tali dati vengono decennalmente aggiornati dal 1981 grazie alla dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico (dal 2011 la dichiarazione, inizialmente nominativa, è divenuta anonima). Questo sistema cosiddetto "proporzionale" incarna un principio "statico" e etnocentrico dell'autonomia, in contrasto con il requisito di bi- o trilinguismo obbligatorio dal 1976 per l'accesso al pubblico impiego.<ref>{{cita|''Tirolo Alto Adige Trentino''|p. 111}}.</ref>
Ciononostante, gli attentati terroristici ripresero con forza nella seconda metà degli [[anni 1970|anni settanta]], per finire solamente alla fine degli anni [[anni 1980|anni ottanta]]. Accanto a gruppi estremistici di lingua tedesca, in particolare ''[[Ein Tirol]]'', ancora favorevoli al distacco dall'Italia, comparvero anche organizzazioni italiane, come l'[[Associazione Protezione Italiani]] e il [[Movimento Italiano Alto Adige]], contrarie ai provvedimenti contenuti nel [[Pacchetto per l'Alto Adige|secondo statuto di autonomia]]. Pur senza provocare vittime umane, la nuova ondata di attentati fu legata ad un nuovo peggioramento dei rapporti etnici. Il sindaco di Bolzano, [[Giancarlo Bolognini]], descrisse il fenomeno così: ''Non mi sento di dare risposte, l'uso della violenza è ormai un fatto così diffuso che non è semplice attribuire paternità. Un fatto appare comunque certo: il riapparire del terrorismo è riconducibile alle tensioni esistenti tra i due gruppi di lingua tedesca e italiana.''<ref>Nuova improvvisa ondata di attentati in Alto Adige Bolzano: l'80 non porterà la pace tra i gruppi etnici Aumenta la tensione tra le comunità italiana e tedesca, La Stampa, domenica 30 dicembre 1979, pag. 6</ref>
 
Ciononostante gli attentati terroristici ripresero con forza nella seconda metà degli [[anni 1970|anni settanta]], terminando solamente alla fine degli [[anni 1980|anni ottanta]]. Accanto a gruppi estremistici di lingua tedesca, in particolare ''[[Ein Tirol]]'', ancora favorevoli al distacco dall'Italia, comparvero anche organizzazioni estremistiche italiane, come l'[[Associazione protezione italiani|Associazione Protezione Italiani]] (Api) e il [[Movimento italiano Adige]] (MiA), contrarie ai provvedimenti contenuti nel [[Pacchetto per l'Alto Adige|secondo statuto di autonomia]]. Pur senza provocare vittime umane, la nuova ondata di attentati fu legata ad un nuovo peggioramento dei rapporti etnici. Il sindaco di Bolzano [[Giancarlo Bolognini]], descrisse il fenomeno così:
Bilancio complessivo del terrorismo in Alto Adige: trentadue anni di [[guerriglia]], dal 20 settembre del [[1956]] al 30 ottobre del [[1988]]. 361 attentati con esplosivi, raffiche di mitra, mine. 21 morti, di cui 15 membri delle forze dell'ordine, due cittadini comuni e quattro terroristi, dilaniati dagli ordigni che stavano predisponendo. 57 feriti: 24 fra le forze dell'ordine, 33 privati cittadini.
 
{{Citazione|Non mi sento di dare risposte, l'uso della violenza è ormai un fatto così diffuso che non è semplice attribuire paternità. Un fatto appare comunque certo: il riapparire del terrorismo è riconducibile alle tensioni esistenti tra i due gruppi di lingua tedesca e italiana.<ref>{{cita news|titolo=Nuova improvvisa ondata di attentati in Alto Adige. Bolzano: l'80 non porterà la pace tra i gruppi etnici. Aumenta la tensione tra le comunità italiana e tedesca|pubblicazione=La Stampa|data=domenica 30 dicembre 1979|p=6}}</ref>|}}
Nel 1976 fu emanata la norma sulla ripartizione proporzionale degli impieghi pubblici in base alla consistenza numerica dei gruppi linguistici tedeschi, italiani e ladini. Tali dati vengono decennalmente aggiornati dal 1981 grazie alla dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico (dal 2011 la dichiarazione, inizialmente nominativa, è divenuta anonima). Questo sistema cosiddetto "proporzionale" incarna un principio "statico" e etnocentrico dell'autonomia, in contrasto con il requisito di bi- o trilinguismo obbligatorio dal 1976 per l'accesso al pubblico impiego.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 111}}</ref>
 
Il bilancio complessivo dei trentadue anni di terrorismo in Alto Adige (dal 20 settembre [[1956]] al 30 ottobre [[1988]]) fu di 361 attentati tra atti dinamitardi e sparatorie, che causarono 21 morti (dei quali 15 membri delle forze dell'ordine, due cittadini comuni e quattro guerriglieri) e 57 feriti (24 fra le forze dell'ordine, 33 fra i privati cittadini).
La distensione del periodo degli attentati cominciò solo sul finire degli [[anni 1980|anni ottanta]]. Nel [[1992]], approvate le norme di attuazione dello statuto del Trentino-Alto Adige, confluite nel cosiddetto [[Pacchetto per l'Alto Adige]] (l'insieme delle misure a favore della popolazione di lingua tedesca), l'Austria rilasciò all'Italia la c.d. "quietanza liberatoria" (''Streitbeilegungserklärung'') che chiudeva il contenzioso tra i due stati pendente innanzi l'[[ONU]].<ref>Cfr. Siglinde Clementi; Jens Woelk (a cura di), ''1992: Ende eines Streits. Zehn Jahre Streitbeilegung im Südtirolkonflikt zwischen Italien und Österreich'', Nomos, 2003. ISBN 978-3-8329-0071-7</ref> In cambio l'Italia ritirò il proprio veto contro l'entrata dell'Austria nell'[[Unione Europea]], avvenuta tre anni dopo.
 
La distensione cominciò solo sul finire degli [[anni 1980|anni ottanta]]. Nel [[1992]], essendo state approvate le norme di attuazione dello statuto del Trentino-Alto Adige (confluite nel cosiddetto [[Pacchetto per l'Alto Adige]], il ''corpus'' delle misure a favore della popolazione di lingua tedesca e ladina), l'Austria rilasciò all'Italia la cosiddetta "quietanza liberatoria" (''Streitbeilegungserklärung'') che chiudeva il contenzioso tra i due stati pendente innanzi l'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]].<ref>{{cita libro|lingua=de|curatore1=Siglinde Clementi|curatore2=Jens Woelk|titolo=1992: Ende eines Streits. Zehn Jahre Streitbeilegung im Südtirolkonflikt zwischen Italien und Österreich|editore=Nomos|anno=2003|ISBN=978-3-8329-0071-7}}</ref> In cambio l'Italia ritirò il proprio veto contro l'entrata dell'Austria nell'[[Unione europea]], avvenuta tre anni dopo.
Grazie al livello di benessere acquisito, l'Alto Adige è oggi un esempio di pacifica convivenza fra gruppi etnici, tanto da essere talora additato a modello per la soluzione di conflitti etnici, così nel caso del [[Tibet]]<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cultura/2008/01/12/news/il-dalai-lama-abbraccia-durnwalder-in-india-1413716] "Abbiamo molto in comune: viviamo tra le montagne, la nostra economia si basa sulle piccole imprese, abbiamo una forte tradizione", [http://convention.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4915&objetype=IT] "Dalai Lama ha ringraziato Dellai e Durnwalder: speriamo nell'autonomia" e [http://tis.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4897&objetype=IT] "Durni appoggia il Dalai Lama: «Siamo un modello di autonomia»"</ref> o della minoranza serba in [[Kosovo]]<ref>[http://www.regioni.it/it/show-il_presidente_durnwalder_in_kosovo_spiega_il_modello_autonomistico/news.php?id=189426] "Il presidente Durnwalder in Kosovo spiega il modello autonomistico"</ref>. Il governo kosovaro ha però escluso l'applicazione del modello altoatesino in quanto porterebbe alla creazione di una specie di repubblica serbo-bosniaca all'interno di uno Stato a maggioranza albanese, con conseguente rischio di fomentare le rivalità etniche.<ref>[http://www.stol.it/index.php/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Politik/Thaci-schliesst-Suedtirol-als-Modell-fuer-Serben-im-Nordkosovo-aus Thaci schließt Südtirol als Modell für Serben im Nordkosovo aus, stol.it, 13 agosto 2009]</ref>
 
L'Alto Adige è divenuto un esempio di pacifica convivenza fra gruppi etnici, tanto da essere talora additato a modello esportabile per la soluzione di altri conflitti etnici, come nel caso del [[Tibet]]<ref>{{cita web|citazione=Abbiamo molto in comune: viviamo tra le montagne, la nostra economia si basa sulle piccole imprese, abbiamo una forte tradizione|url=http://convention.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4915&objetype=IT|accesso=11 gennaio 2012|urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131204004227/http://convention.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4915&objetype=IT |dataarchivio=4 dicembre 2013|titolo=Dalai Lama ha ringraziato Dellai e Durnwalder: speriamo nell'autonomia}}<br/>{{cita web |url=http://tis.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4897&objetype=IT |accesso=11 gennaio 2012 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131204002534/http://tis.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4897&objetype=IT|dataarchivio=4 dicembre 2013|titolo=Durni appoggia il Dalai Lama: «Siamo un modello di autonomia»}}</ref> o della minoranza serba in [[Kosovo]]<ref>{{cita web|url=http://www.regioni.it/it/show-il_presidente_durnwalder_in_kosovo_spiega_il_modello_autonomistico/news.php?id=189426|titolo=Il presidente Durnwalder in Kosovo spiega il modello autonomistico|urlmorto=sì}}</ref>. Il governo kosovaro ha però escluso l'applicazione del modello altoatesino in quanto porterebbe alla creazione di una specie di repubblica serbo-bosniaca all'interno di uno Stato a maggioranza albanese, con conseguente rischio di fomentare le rivalità etniche.<ref>{{cita web|lingua=de|url=http://www.stol.it/index.php/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Politik/Thaci-schliesst-Suedtirol-als-Modell-fuer-Serben-im-Nordkosovo-aus|titolo=Thaci schließt Südtirol als Modell für Serben im Nordkosovo aus|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100915134939/http://www.stol.it/index.php/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Politik/Thaci-schliesst-Suedtirol-als-Modell-fuer-Serben-im-Nordkosovo-aus |dataarchivio=15 settembre 2010|sito=stol.it|data=13 agosto 2009|urlmorto=sì}}</ref>
Tuttavia anche in Alto Adige le tensioni non sono state definitivamente sopite e si sono di nuovo accentuate negli ultimi anni, creando una situazione di disagio in particolare per la popolazione italofona.
 
Tuttavia anche in Alto Adige le tensioni non sono state definitivamente sopite e si sono di nuovo accentuate con l'avvento del [[Terzo millennio]].<ref name=autogenerato1>{{cita news|url=http://www.corriere.it/politica/09_maggio_07/bolzano_campagna_anti_italiana_svp_solo_candidati_tedeschi_741d8fe2-3ac8-11de-b512-00144f02aabc.shtml|titolo=Bolzano, riparte la campagna anti-italiani|pubblicazione=Corriere della Sera|data=7 maggio 2009|citazione=Il presidente della Provincia Luis Durnwalder ammette: Sono preoccupato. È in corso un gioco al massacro. La contrapposizione tra le due etnie è sempre più radicale|accesso=3 aprile 2023}}</ref>
===Sviluppo economico===
La provincia di Bolzano ha conosciuto un importante sviluppo economico dagli anni settanta in poi. Ancora nel 1972 la società tedesca dell'Alto Adige si presentava economicamente arretrata. L'industria e il pubblico impiego erano in mano italiana. I tedescofoni pertanto erano dediti prevalentemente ad attività agricole ed artigianali. Le cose cambiarono con l'introduzione del [[Pacchetto per l'Alto Adige]], che riservò il pubblico impiego ai germanofoni, con l'arrivo del turismo di massa dalla Germania e con la crisi dell'industria.
 
=== Sviluppo economico ===
Le imprese altoatesine si sono da allora fortemente rinnovate, puntano sulla [[Green economy]] e fanno da cerniera con il mondo germanico ed europeo.<ref>[http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-12-05/margine-protetto-cerniera-leuropa-151219.shtml?uuid=AbNoVO9G ''Rapporto Alto Adige'' 5 dic. 2012 del Sole24ore: Da margine protetto a cerniera con l'Europa]</ref> Nel 2010 l'Alto Adige si è attestato al secondo posto nella classifica delle province italiane, con un PIL pro capite di € 35.249,88 (superato dalla sola provincia di Milano<ref>Unioncamere, TAV. 13.1 – PRODOTTO INTERNO LORDO PRO-CAPITE A PREZZI CORRENTI: GRADUATORIA PROVINCIALE, 2010 (euro) http://www.go.camcom.gov.it/allegati/pdf/statistica/valore-aggiunto.pdf</ref>). Anche la condizione occupazionale in provincia è eccellente, con un tasso di disoccupazione che si attesta al 2,7%: si può parlare tecnicamente di piena occupazione.<ref>[http://www.provinz.bz.it/astat/it/554.asp?News_action=4&News_article_id=363175 Astat: occupati e disoccupati - 2006-2010]</ref> Il notevole benessere è anche riconducibile alla oculata gestione delle risorse da parte dell'amministrazione provinciale: nel maggio del 2006 il Presidente [[Luis Durnwalder]] ha ricevuto lo "''European Taxpayers' Award''" per l'efficienza dell'amministrazione pubblica in Alto Adige.<ref>[http://www.provincia.bz.it/lpa/news/news_i.asp?art=140475&HLM=1 dal sito della Provincia, in tedesco]</ref>
Rispetto alla media delle province italiane, l'Alto Adige eccelleva economicamente già negli anni '50. Nel 1958 il reddito medio della provincia di Bolzano ammontava a 305.065 lire (del 24,8% superiore a quello medio nazionale, facendo dell'Alto Adige la dodicesima provincia più ricca d'Italia), mentre l'indice della disoccupazione era dell'1,25%.<ref>{{cita libro|autore=[[Gaetano Martino]]|titolo=Verso l'Avvenire|anno=1963|editore=F. Le Monnier|città=Firenze|p=296}}</ref> La realtà economica era fortemente settorializzata per etnie: il gruppo linguistico italiano controllava l'industria e il pubblico impiego, l'agricoltura, l'artigianato e il turismo erano nelle mani del gruppo linguistico tedesco.<ref>{{cita pubblicazione| titolo = Intervento al VI Convegno amici e collaboratori del Mulino. Una politica per l'Alto Adige| città = Bologna | editore = il Mulino | anno = 1962}}</ref><ref>{{cita web | url = http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=21023 | titolo = Tirolesi, italiani, trentini: tre diversi approcci ad un unico territorio | accesso = 14 dicembre 2013 | urlarchivio = https://archive.is/20121209081345/http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=21023 }}</ref>
 
Le cose cambiarono con l'introduzione del [[Pacchetto per l'Alto Adige]], che, con l'introduzione della [[proporzionale etnica]], aprì le porte del pubblico impiego anche ai germanofoni; inoltre, lo sviluppo del turismo di massa e la crisi dell'industria pesante agevolarono le attività economiche tradizionalmente in mano ai germanofoni e ridussero quelle in cui erano impiegati gli italofoni. Le imprese altoatesine furono fortemente rinnovate, puntano sulla [[Economia verde|Green economy]] e fanno da cerniera con il mondo germanico ed europeo.<ref>{{cita testo|url=http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-12-05/margine-protetto-cerniera-leuropa-151219.shtml?uuid=AbNoVO9G|titolo=Rapporto Alto Adige: Da margine protetto a cerniera con l'Europa|data=5 dicembre 2012|editore=[[Il Sole 24 Ore]]}}</ref>
===L'intervento pubblico nell'economia===
L'Alto Adige dispone del 90% delle imposte pagate in provincia, corrispondenti a 9.000 euro di risorse all'anno per ognuno dei suoi oltre 500.000 abitanti (contro i 2.000 della [[Lombardia]], superati però dai 12.000 della [[Valle d'Aosta]]). Complessivamente il bilancio dell'Alto Adige si aggira sui 5 miliardi di euro all'anno. L'economia dell'Alto Adige<ref>Il presente paragrafo, nella sua versione originale, è basato su: [[Gian Antonio Stella]], "Schèi - Viaggio nel Nord - Est dei miracoli", 1996, Ed. Baldini e Castoldi, pag. 156</ref> si contraddistingue dunque per l'elevato ruolo giocato dalla provincia e dai relativi incentivi erogati.
 
Nel 2010 l'Alto Adige si è attestato al secondo posto nella classifica delle province italiane, con un PIL pro capite di 35.249,88 euro (superato dalla provincia di Milano<ref>{{cita web|autore=Unioncamere|titolo=TAV. 13.1 – PRODOTTO INTERNO LORDO PRO-CAPITE A PREZZI CORRENTI: GRADUATORIA PROVINCIALE, 2010 (euro)|url=http://www.go.camcom.gov.it/allegati/pdf/statistica/valore-aggiunto.pdf|formato=PDF|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121107062930/http://www.go.camcom.gov.it/allegati/pdf/statistica/valore-aggiunto.pdf |dataarchivio=7 novembre 2012|urlmorto=sì}}</ref>). Anche la condizione occupazionale in provincia fino alla [[Crisi del debito sovrano europeo|crisi dell'Eurozona]] era eccellente e con un tasso di disoccupazione che si attesta al 2,7% si poteva parlare tecnicamente di piena occupazione.<ref>{{cita testo|url=http://www.provinz.bz.it/astat/it/554.asp?News_action=4&News_article_id=363175|titolo=Astat: occupati e disoccupati - 2006-2010}}</ref> Nel frattempo la disoccupazione è salita al 4,1%.<ref>{{cita news|pubblicazione=[[Il Gazzettino]]|data=29 ottobre 2013|url=http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/PRIMOPIANO/trentino_alto_adige_e_veneto_hanno_il_pi_ugrave_basso_numero_di_disoccupati/notizie/346889.shtml|titolo=Trentino-Alto Adige e Veneto hanno il più basso numero di disoccupati|accesso=26 dicembre 2013|dataarchivio=26 dicembre 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131226163537/http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/PRIMOPIANO/trentino_alto_adige_e_veneto_hanno_il_pi_ugrave_basso_numero_di_disoccupati/notizie/346889.shtml|urlmorto=sì}}</ref> Il notevole benessere è anche riconducibile all'oculata gestione delle risorse da parte dell'amministrazione provinciale: nel maggio del 2006 il presidente [[Luis Durnwalder]] ha ricevuto lo "''European Taxpayers' Award''" per l'efficienza dell'amministrazione pubblica in Alto Adige.<ref>{{cita testo|url=http://www.provincia.bz.it/lpa/news/news_i.asp?art=140475&HLM=1|titolo=Dal sito della Provincia|lingua=de|urlmorto=sì}}</ref>
Il ruolo svolto dal pubblico impiego è rilevante e spesso gli impiegati, a parità di ruolo e funzioni, godono di benefici economici superiori a quelli del resto d'Italia. L'industria è tuttora basata sulle imprese piccole, fortemente condizionate dai contributi pubblici. Lo sviluppo della grande industria (in mano italiana) viene tuttora ostacolato, memori anche del fatto che, nel ventennio fascista, fu la testa d'ariete che permise l'italianizzazione della provincia.
 
=== Intervento pubblico nell'economia ===
Si riscontra inoltre che le ingenti risorse finanziarie vengano erogate secondo criteri etnici.
L'Alto Adige dispone del 90% delle imposte pagate in provincia, corrispondenti a 9.000 euro di risorse all'anno per ognuno dei suoi abitanti, superati dai 12.000 della [[Valle d'Aosta]], contro i 2.000 della [[Lombardia]].<ref>{{cita news|url=http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/politica/inchiesta-citta/potere-aosta/potere-aosta.html|titolo=La ricca Aosta, piccola Cuba del Granturismo|pubblicazione=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=12 marzo 2007|autore=[[Curzio Maltese]]|accesso=3 aprile 2023}}</ref> La Lombardia però gestisce meno competenze e ha meno risorse proprie, con funzioni e servizi a carico dello Stato centrale che l'Alto Adige invece autogestisce ed autofinanzia, tra le quali il sistema dell'istruzione dalla scuola materna all'università, il settore sanitario e quello sociale, la gestione dell'intera rete delle strade statali e provinciali. Complessivamente il bilancio dell'Alto Adige si aggira sui 5 miliardi di euro all'anno.<ref>{{cita web|autore=Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige |titolo=Servizio comunicazione, Sistema di finanziamento|url=http://www.provinz.bz.it/729212/it/autonomia/finanziamento.asp|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150928070655/http://www.provinz.bz.it/729212/it/autonomia/finanziamento.asp|dataarchivio=28 settembre 2015}}</ref> L'economia dell'Alto Adige<ref>Il presente paragrafo, nella sua versione originale, è basato su {{cita libro|autore=[[Gian Antonio Stella]]|titolo=Schèi - Viaggio nel Nord-Est dei miracoli|anno=1996|editore=Baldini e Castoldi|città=Milano|p=156}}</ref> si contraddistingue dunque per l'elevato ruolo giocato dalla provincia e dai relativi incentivi erogati.
Il settore agricolo<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/12/13/dai-monti-al-fondovalle-domina-la-vita.html Dai monti al fondovalle domina la vita contadina], Archivio de "[[la Repubblica]]</ref>, quasi integralmente in mano tedesca, beneficia del 47,4% degli interi aiuti pubblici altoatesini: considerando gli altri comparti gestiti dalla comunità tedesca (commercio e turismo su tutti), si ha che oltre l'80% delle risorse pubbliche vadano al gruppo tedesco, che rappresenta attualmente il 68% della popolazione.<ref>[http://www.golpeinaltoadige.com/golpeinaltoadigeopportunita%27.htm#Autonomia Golpe in Alto Adige], di Mario Minniti</ref>
 
Il ruolo svolto dal pubblico impiego è rilevante e spesso gli impiegati, a parità di ruolo e funzioni, godono di benefici economici superiori a quelli del resto d'Italia. L'industria è tuttora basata sulle imprese piccole, fortemente condizionate dai contributi pubblici. Lo sviluppo della grande industria (in mano italiana) venne in passato ostacolato dalla politica locale, memore anche del fatto che, nel ventennio fascista, fu la testa d'ariete che permise l'italianizzazione della provincia.
===La politica di separazione etnica===
[[File:Bolzano 1988.jpg|right|thumb|250px|Bolzano 1988: "Marcia della fratellanza degli italiani", in segno di protesta contro la discriminazione etnica]]
Lo statuto di autonomia sancisce la parità delle due lingue italiano e tedesco, l'obbligo del [[bilinguismo]] per tutti i dipendenti pubblici e la cosiddetta [[proporzionale etnica]]: le assunzioni pubbliche sono distribuite in proporzione alla consistenza dei tre gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino, rilevata in occasione del [[censimento]] nazionale. La normativa deroga all'articolo 3 della [[Costituzione italiana]], che proclama l'uguaglianza "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua", giustificandosi in base all'art. 6: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche" nonché in base alle varie leggi costituzionali promulgate in materia.
A parte rare eccezioni ([[Libera Università di Bolzano]], la scuola ladina e alcune scuole private) tutte le scuole sono separate per gruppi linguistici, anche se con la provincializzazione del sistema scolastico la compenetrazione dei diversi comparti, per esempio tramite scambi interscolastici e la creazione di testi unici in entrambe le lingue, tende ad aumentare. Anche altri aspetti della vita sociale sono regolati dal principio della separazione: accanto al [[Club Alpino Italiano]] esiste l'[[Alpenverein Südtirol]] e anche la [[Caritas Italiana|Caritas]] intrattiene sezioni separate per gruppo etnico. In questo contesto c'è chi parla esplicitamente di [[apartheid]] (termine [[afrikaans]] che significa letteralmente separazione).<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2005/giugno/01/Italiani_tedeschi_Alto_Adige_separati_co_9_050601041.shtml Italiani e tedeschi in Alto Adige: separati o insieme?, Sergio Romano ne il Corriere della Sera, 1º giugno 2005]</ref><ref>L'autorevole settimanale tedesco "Der Spiegel" definì l'Alto Adige una roccaforte dell'apartheid [http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-13532081.html Die Deutschen haben doch wirklich alles, 31 ottobre 1988]</ref>
;La schedatura etnica
{{vedi anche|Proporzionale etnica}}
A partire dal censimento del 1981 è stato introdotto l'obbligo di dichiarare l'appartenenza ad uno dei tre gruppi etnici riconosciuti<ref>[http://www.alexanderlanger.org/it/144/291 Schedatura etnica? no, grazie...] di [[Alexander Langer]],1.10.1991</ref><ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/06/06/in-alto-adige-704-obiettori-etnici.html In Alto Adige 704 obiettori etnici], la Rebubblica, 6 giugno 1984</ref><ref>[http://www.nonluoghi.info/old/eugen.html "Io, candidato sindaco contro le gabbie etniche a Bolzano"] di Eugen Balasso</ref>. Tale obbligo non tiene conto di quei cittadini (magari figli di coppie miste), che non sentono di appartenere in esclusiva all'uno o all'altro gruppo. Né tiene conto di alcuna altra eccezione (come immigrati naturalizzati, cittadini italiani di etnia slovena, ecc.).
 
Il settore agricolo, da sempre beneficia di aiuti pubblici per poter mantenere i masi di alta montagna, considerati di vitale importanza per il preservamento ecologico del territorio<ref>{{cita news|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/12/13/dai-monti-al-fondovalle-domina-la-vita.html|autore=Roberto Tomasi|titolo=Dai monti al fondovalle domina la vita contadina|pubblicazione=La Repubblica|data=12 dicembre 1986|accesso=3 aprile 2023}}</ref>.
Tale sistema fu aspramente combattuto dal politico tedescofono [[Alexander Langer]], che invitò all'"obiezione etnica".
 
=== Politica di separazione etnica ===
L'eventuale mancata dichiarazione preclude l'accesso ad importanti diritti, come i posti di lavoro pubblici, l'elettorato passivo (come accadde a Langer), ecc. Non vi sono state aperture da parte dei politici tedescofoni sul problema.
[[File:Bolzano 1988.jpg|thumb|Bolzano 1988: "Marcia della fratellanza degli italiani", protesta della destra italiana contro la presunta discriminazione etnica]]
Se un cittadino dell'Alto Adige si rifiuta di dichiararsi etnicamente non può:
Lo statuto di autonomia sancisce la parità delle due lingue italiano e tedesco, l'obbligo del [[bilinguismo]] per tutti i dipendenti pubblici e la cosiddetta [[proporzionale etnica]]: le assunzioni pubbliche sono distribuite in proporzione alla consistenza dei tre gruppi linguistici (italiano, tedesco e ladino) rilevata in occasione del [[censimento]] nazionale. La normativa deroga all'articolo 3 della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione italiana]], che proclama l'uguaglianza "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua", giustificandosi in base all'art. 6: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche" nonché in base alle varie leggi costituzionali promulgate in materia.
#candidarsi per diventare consigliere comunale, sindaco o assessore
#partecipare a nessun tipo di concorso pubblico
#iscriversi in alcun tipo di graduatoria per accedere a posti di lavoro a tempo determinato
#fare domanda per entrare in graduatoria per ottenere un alloggio dell'edilizia agevolata
#ottenere alcun tipo di contributo pubblico
#iscrivere i figli all'asilo nido
#fare domanda di assistenza economico-sociale
Rilevante è il fenomeno di cittadini italofoni che si dichiarano "tedeschi" per opportunità, onde migliorare le proprie possibilità di lavoro e di accesso ai pubblici servizi (come le case popolari, attualmente contingentate per gruppo etnico).<ref>[http://quialtoadige.oneminutesite.it/index.html Quialtoadige] vedere "Quarant'anni di apartheid in Alto Adige"</ref>
 
A parte rare eccezioni ([[Libera Università di Bolzano]], la scuola ladina e alcune scuole private) tutte le scuole sono separate per gruppi linguistici, anche se con la provincializzazione del sistema scolastico la compenetrazione dei diversi comparti, per esempio tramite scambi interscolastici e la creazione di testi unici in entrambe le lingue, tende ad aumentare. Anche altri aspetti della vita sociale sono regolati dal principio della separazione: accanto al [[Club Alpino Italiano]] esiste l'[[Alpenverein Südtirol]] e anche la [[Caritas Italiana|Caritas]] intrattiene sezioni separate per gruppo etnico.<ref>{{cita news|autore=[[Sergio Romano]]|url=https://archivio.corriere.it/Archivio/interface/view_preview.shtml#!/MTovZXMvaXQvcmNzZGF0aW1ldGhvZGUxL0AxODg4OTk%3D|titolo=Italiani e tedeschi in Alto Adige: separati o insieme?|pubblicazione=Corriere della Sera|data=1º giugno 2005|accesso=3 aprile 2023}}</ref>
Una particolarità di questo sistema è anche il cosiddetto ''patentino di bilinguismo'' rilasciato a chi ne fa richiesta solamente dopo aver superato un esame che attesti la capacità di leggere, scrivere e conversare in entrabe le lingue. Tale documento ufficiale risulta fondamentale per poter accedere ai concorsi pubblici.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 136}}</ref>
 
L'Alto Adige sarebbe anzi una roccaforte della [[segregazione etnica|separazione etnica]]. Basti pensare che ancora negli anni ottanta del Novecento il presidente della provincia di Bolzano, Silvius Magnago, si opponeva ai matrimoni tra persone di lingua italiana e tedesca, dichiarando che i matrimoni misti fossero una "piaga".<ref>{{cita news|lingua=de|citazione="Mischehen", warnt er, "sind eine Plage."|pubblicazione=[[Der Spiegel]]|data=30 ottobre 1988|numero=44/1988|url=http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-13532081.html|titolo=Die Deutschen haben doch wirklich alles|titolotradotto=I tedeschi hanno proprio tutto|accesso=3 aprile 2023}}</ref> Sul piano culturale, la segregazione venne invece riassunta nella formula ''Mischkultur ist Mistkultur'' ("la mescolanza di culture è una porcheria". ''Mist'', alla lettera, significa "[[letame]]").<ref>{{cita pubblicazione|lingua=de|titolo=Kommunikationsverlust im Informationszeitalter|autore=Rudolf De Cillia|rivista=Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften|anno=2001|p=149}}</ref>
===Il declino del gruppo etnico italiano===
Dall'entrata in vigore del [[Pacchetto per l'Alto Adige]] si osserva un declino del gruppo linguistico italiano (che è risultato sempre meno consistente nel corso dei censimenti generali del 1981, 1991, 2001 e 2011), i cui esponenti restano spesso lontani dalle posizioni di maggior rilievo politico, sociale ed economico.<ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2009/10/07/AZ4PO_AZ402.html?ref=search «Presidenze: più spazio agli italiani», Alto Adige, 7 ottobre 2009]</ref> Ciò si deve anche al fatto che il potere politico è saldamente nelle mani della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), che si considera partito rappresentante gli interessi dei cittadini tedeschi e ladini (questi ultimi con la sezione denominata ''SVP Ladina''), ma non degli italiani, ai quali è preclusa la possibilità di iscrivervisi.<ref>[http://www.corriere.it/politica/09_maggio_07/bolzano_campagna_anti_italiana_svp_solo_candidati_tedeschi_741d8fe2-3ac8-11de-b512-00144f02aabc.shtml Bolzano, riparte la campagna anti-italiani], Corriere della Sera, 7 maggio 2009</ref> Rilevanti sono anche le difficoltà di comunicazione: mentre gli italofoni apprendono e adoperano il tedesco standard, la popolazione germanofona si esprime di regola in [[dialetto sudtirolese]], idioma molto diverso rispetto al tedesco standard (''Hochdeutsch'', che viene poco usato in quanto percepito come "lingua colta" e distante dalla cultura endemica e della vita di tutti i giorni) e in larga misura sconosciuto ai non appartenenti al gruppo tedesco. L'immigrazione in provincia di cittadini italiani di altre regioni viene ostacolata da una normativa rigida, che consente di votare per le elezioni provinciali e di godere dei sussidi pubblici, indispensabili in un territorio dove il costo della vita è ben al di sopra della media nazionale, soltanto dopo 4 anni di residenza. Ma anche fra gli italofoni già residenti è forte il disagio, legato alla percezione di maggiori privilegi e di un trattamento di favore riservato alla comunità tedescofona.<ref>[http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=179157 Vive in Alto Adige, ha minori in affido], Il Giornale, 20 maggio 2007</ref><ref>[http://www.ilgiornale.it/news/maria-straniera-nel-suo-paese-insultata-perch-italiana.html Maria, straniera nel suo Paese insultata perché è italiana], Il Giornale, 23 giugno 2007</ref> Si assiste dunque al fenomeno per cui, in occasione del censimento o di simili rilevazioni demografiche, molti italiani, se coniugati o conviventi con un/a cittadino/a di madrelingua tedesca, trovano più vantaggioso dichiarare i propri figli come di etnia tedesca, in quanto ciò dovrebbe consentire loro di aver maggiori possibilità occupazionali.
 
Indagini recenti descrivono l'Alto Adige come realtà che comprende due mondi, italiano e tedesco, che viaggiano su binari paralleli, in una situazione caratterizzata dalla mancanza di contatto e confronto e dunque da una scarsa conoscenza dell'altro mondo. La responsabilità delle cosiddette "mura invisibili" viene ricondotta principalmente alla divisione dei due gruppi a livello scolastico e istituzionale.<ref name=autogenerato3>{{cita pubblicazione|autore1=D. Forer|autore2=M. P. Paladino|autore3=C. Vettori|autore4=A. Abel|url=http://www.altoadigecultura.org/pdf/r01_05.html|titolo="Il bilinguismo in Alto Adige; percezioni, osservazioni e opinioni su una questione quanto mai aperta|rivista=Il Cristallo|volume=50|anno=2008|pp=49-62|via=''Alto Adige Cultura''}}</ref>
L'ingresso dell'Austria nell'[[Unione europea]] e la sua adesione al [[Accordi di Schengen|trattato di Schengen]] hanno permesso la riunificazione di fatto delle popolazioni tirolesi (c'è ormai la stessa moneta, si passa liberamente il confine senza più controlli né barriera doganale, si stanno creando attività comuni di sviluppo). In seguito all'apertura delle frontiere si è anche verificato il trasferimento di un consistente numero di militari dell'esercito e della Guardia di Finanza (che avevano la residenza in Alto Adige) dal confine altoatesino verso altre regioni d'Italia. Il gruppo linguistico italiano si ritrova così ad essere minoranza in Alto Adige. Attualmente l'etnia italiana prevale solamente nei comuni di [[Bolzano]] (73%), [[Laives (Italia)|Laives]] (71%), [[Bronzolo]] (62%), [[Salorno]] (62%) e [[Vadena]] (61%). Una consistente minoranza italiana si registra nei comuni di [[Merano]] (49%), [[Fortezza]] (38%), [[Egna]] (37%), [[Cortina sulla strada del vino]] (31%), [[Ora (Italia)|Ora]] (30%). Di fatto negli ultimi trent'anni la consistenza del gruppo linguistico italiano è calata da 137.759 a 118.120 residenti, mentre il gruppo tedescofono è aumentato di 50.000 unità. Il timore di una ''Todesmarsch'' o [[Marcia della morte]] - intesa negli anni cinquanta come scomparsa progressiva del gruppo linguistico tedesco - è stato ripreso dal sociologo [[Sabino Acquaviva]] a proposito dell'etnia italiana<ref>[[Comunità (rivista)|Comunità]], Numero 184, Anno 1982, pag. 169</ref> e fatto proprio in particolare dalla destra italiana, specificatamente [[Alleanza nazionale]].<ref>[http://www.provinz.bz.it/kulturabteilung/download/Universitaet_Passau_Dauerhafte_aktuelle_Problemkomplexe.pdf Thomas Strobel, Università di Passavia, ''Dauerhafte und aktuelle Problemkomplexe in Südtirol/Alto Adige'', pag. 22]</ref>
 
Il dibattito intorno alla separazione etnica, soprattutto a livello scolastico, continua dunque negli anni Duemila, con risvolti che raggiungono anche la scena nazionale. Il piano di erigere un muro per separare fisicamente bambini di lingua italiana e tedesca in una scuola materna di Bressanone nel 2007 è stato abbandonato, anche se l'insegnamento permane diviso.<ref>{{cita news|url=http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2007/07/31/AX1AZ_AX101.html|titolo=Asilo, niente muro tra italiani e tedeschi|pubblicazione=Alto Adige|data=31 luglio 2007}}</ref> A Bolzano, per frenare l'afflusso di bambini di lingua italiana negli asili di lingua tedesca, i fautori della separazione etnica della [[Südtiroler Volkspartei]] hanno prospettato test obbligatori per tutti e schedature etniche in base agli elenchi dei cognomi.<ref>{{cita news|url=http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/scuola_e_universita/servizi/bolzano-asili-tedesco/bolzano-asili-tedesco/bolzano-asili-tedesco.html|autore=Jenner Merletti|titolo=La battaglia del tedesco negli asili di Bolzano {{!}} Querelle sulle materne "non italiane", per le quali la Svp chiede il test d'ammissione. "È l'unico luogo dove possiamo salvaguardare uno dei pilastri della nostra identità"|pubblicazione=la Repubblica|data=3 giugno 2008|accesso=3 aprile 2023}}</ref>
Per quanto riguarda la rappresentanza politica, i voti italiani si dividono fra innumerevoli partiti. A causa della dispersione del voto, alle ultime elezioni comunali il gruppo italiano è riuscito a far eleggere appena 162 consiglieri su 2.030, ovvero meno dell'8%, nonostante sia oltre il 25% della popolazione<ref>[http://altoadigenews.blog-service.de/?p=6 Editoriale: sorpresa nel Proporzistan Di Norbert Dall’O – direttore del settimanale in lingua tedesca FF (20 maggio 2010)]</ref>.
 
Divergenti sono le analisi della questione etnica altoatesina: mentre alcuni osservatori non descrivono né un clima di ostilità, né di accusa reciproca tra i gruppi linguistici,<ref name=autogenerato3 /> altri ravvisano al contrario una contrapposizione che si sarebbe anzi radicalizzata.<ref name=autogenerato1 />
===Il disagio della minoranza italiana===
A partire dagli anni settanta del XX secolo, la situazione dell'Alto Adige è stata affrontata sociologicamente, economicamente, giornalisticamente e storicamente a partire da una diversa angolazione: nel 1978 la sociologa Flavia Pristinger - che già aveva analizzato nove anni prima nella sua tesi di laurea la particolare forma di dominio politico esercitato dalla SVP<ref>Flavia Pristinger, ''Cambiamento sociale e partito dominante: il caso della Südtiroler Volkspartei'', Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Padova, 1969</ref> - pubblicò "La minoranza dominante"<ref>Flavia Pristinger, ''La minoranza dominante nel Sudtirolo. Divisione etnica del lavoro e processi di modernizzazione dall'annessione agli anni settanta'', Paron, Bologna 1978</ref>, che individuò all'interno del dualismo italiani/tedeschi nell'Alto Adige una particolare forma di discriminazione sociale ed economica da parte dei secondi nei confronti dei primi. Due anni dopo, il sociologo italiano [[Sabino Acquaviva]] e il tedesco Gottfried Eisermann, pubblicarono il saggio [[Alto Adige. Spartizione subito?]]<ref>Editrice Paron, Bologna 1980</ref>, che arrivò a teorizzare una suddivisione del territorio fra Austria e Italia pur di porre fine ad una situazione di apartheid a danno degli italiani, sostanzialmente asserviti alla maggioranza tedesca. Sulla stessa falsariga fu anche il testo di taglio giornalistico di [[Sebastiano Vassalli]] "Sangue e suolo"<ref>Einaudi, Torino 1985</ref>, che diede voce ancora una volta al diffuso sentimento di perenne minorità della componente italiana dell'Alto Adige. Tre anni prima era apparso il primo testo in lingua tedesca sul tema: "Apartheid in Mitteleuropa? Sprache und Sprachpolitik in Südtirol"<ref>J & W, Wien 1982</ref>, opera di Peter Bettelheim e Rudi Benedikter<ref>Figlio di uno dei maggiori politici della storia della SVP: quell'[[Alfons Benedikter]] che negli ultimi lustri della sua vita virò via via verso posizioni più oltranziste, abbandonando polemicamente il partito dopo averlo accusato di acquiescenza verso il governo italiano.</ref>, che fin dal titolo pose la questione dei rapporti delle componenti etniche altoatesine in termini dialoganti con i precedenti studi di lingua italiana. Alla fine degli anni novanta un libro-intervista del politico locale Romano Viola ([[PDS]])<ref>Hartmann Gallmetzer, ''Il disagio di un autonomista. Intervista a Romano Viola'', Athesia, Bolzano: Athesia 1999</ref> cercò di modificare l'angolo di visuale, esortando gli italiani a superare il perenne sentimento di frustrazione e di minorità. L'inchiesta giornalistica di Lucio Giudicenadrea "Spaesati. Italiani in Südtirol"<ref>Raetia, Bolzano 2006</ref> a sette anni di distanza rilevò peraltro ancora la stessa problematica interna al gruppo minoritario provinciale italiano: a questo testo Giudiceandrea fece seguire (in collaborazione con Aldo Mazza) "Stare insieme è un'arte. Vivere in Alto Adige/Südtirol"<ref>Edizioni Alphabeta, Merano 2012</ref>, che cercò di mettere in luce più le luci che le ombre del processo di convivenza delle etnie in provincia di Bolzano. Le osservazioni rispetto al "laboratorio sudtirolese" nella pubblicistica restano peraltro diversificate, giungendo anche a conclusioni del tutto opposte, purtuttavia campeggia sempre il tema del "disagio degli italiani" (declinato anche in tedesco: "Das Unbehagen der Italienerinnen"), oggetto financo di un numero monografico della rivista locale di politica e sociologia "Politika"<ref>''Politika'', Edition Raetia, Bolzano 2013</ref>, all'interno del quale si può leggere che "Il primo statuto d'autonomia (1948), nella sostanza, era stato elaborato in maniera autonoma dallo Stato escludendo i cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige. Questo comportò il disagio di coloro che erano stati esclusi. Il secondo statuto d'autonomia (1972) è stato sostanzialmente elaborato ed approvato da parte dei cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige escludendo gli italiani dell'Alto Adige. Questo ha avuto come conseguenza il disagio degli esclusi"<ref>''Ivi'', prefazione di Günther Pallaver - Presidente della Società di Scienza Politica dell'Alto Adige.</ref>.
 
;Il patentino di bilinguismo e la proporzionale etnica
===La controversia toponomastica===
{{vedi anche|ToponomasticaProporzionale dell%27Alto Adigeetnica}}
Con il secondo statuto di autonomia venne introdotto l'obbligo di bilinguismo nella pubblica amministrazione, il cosiddetto "patentino di bilinguismo" rilasciato a chi ne fa richiesta solamente dopo aver superato un esame che attesti la capacità di leggere, scrivere e conversare in italiano e tedesco (nelle aree ladine si aggiunge in ladino e pertanto si parla di "patentino di trilinguismo"). Tale documento ufficiale risulta fondamentale per poter accedere ai concorsi pubblici.<ref>{{cita|Gruber 2003| p. 136}}.</ref>
[[File:BahnhofMarling.jpg|right|thumb|250px|La stazione ferroviaria di [[Marlengo]] prima e dopo la ristrutturazione: a seguito dei lavori è stato asportato il cartello bilingue e [[Marlengo#Infrastruttura_e_trasporti|ripristinato l'originale cartello monolingue]], lo stesso è accaduto in varie stazioni della [[Ferrovia della Val Venosta]] - la motivazione è stata quella di riportare l'edificio il più possibile vicino alle "condizioni originarie dell'anno di costruzione" (1908)]]
 
L'applicazione intransigente dell'obbligo di bilinguismo negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore del pacchetto per l'Alto Adige portò a gravi disservizi, anche in ambito sanitario, determinando situazioni di grave pericolo per la vita degli stessi cittadini,<ref>{{cita news|titolo=II bilinguismo in Alto Adige ha creato gravissimi problemi. L'obbligo del «patentino» per tutti i dipendenti degli enti pubblici solleva vivaci polemiche e causa una parziale paralisi dei servizi|pubblicazione=La Stampa|data=17 aprile 1979|numero=84|p=10}}</ref> come nel caso dell'ospedale di Bolzano, dove per anni rimase scoperto un posto in anestesia e rianimazione. Solo in seguito all'intervento della magistratura, che diffidò il presidente della provincia, Silvius Magnago, a sopperire alle carenze di organico, potendosi configurare i reati di omicidio e lesioni colposi, venne assunto, con un contratto speciale, un anestesista italiano.<ref>Le indagini del magistrato Vincenzo Anania vengono riportate anche in {{cita news|pubblicazione=Der Spiegel|data=24 settembre 1979|numero=39/1979|titolo=Teutonische Härte|titolotradotto=Durezza teutonica}}</ref>
Fin dagli anni novanta si assiste, a vari livelli, al tentativo di eliminare la toponomastica italiana dal territorio dell'Alto Adige, in palese violazione a quanto stabilito dallo [[Pacchetto per l'Alto Adige|Statuto di autonomia]].<ref>Il DPR 31.08.1972, n. 670 al Capo III - Funzioni delle Province - art. 8 punto 2) recita testualmente: „toponomastica, fermo restando l'obbligo della bilinguità nel territorio della Provincia di Bolzano“. L'accordo Degasperi - Gruber al punto 1 prevede che "in conformità dei provvedimenti legislativi già emanati o emanandi, ai cittadini di lingua tedesca sarà specialmente concesso... b) l'uso, su una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue".</ref>
 
A partire dal censimento del 1981 è stato inoltre introdotto l'obbligo di dichiarare l'appartenenza ad uno dei tre gruppi etnici riconosciuti al fine di determinare la ripartizione degli impieghi nella pubblica amministrazione (la cosiddetta [[proporzionale etnica]]). Tale obbligo non tiene conto di quei cittadini, ad esempio figli di coppie miste, che non sentono di appartenere in esclusiva all'uno o all'altro gruppo. Né tiene conto di alcun'altra eccezione (come immigrati naturalizzati).
Molto nota è la questione della cartellonistica di montagna, costantemente all'attenzione della stampa, sia locale che nazionale. Diverse sezioni dell'[[Alpenverein Südtirol]], l'associazione alpinistica di lingua tedesca, hanno infatti sostituito i cartelli bilingui, eliminando la traduzione in italiano e lasciando le indicazioni nella sola lingua tedesca; spesso neanche i nomi generici di "malga", "cima", "rifugio" sono tradotti.<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/01/18/news/toponomastica-bilingue-illegali-tre-cartelli-su-quattro-1831817 Toponomastica bilingue, illegali tre cartelli su quattro, Alto Adige, 18 gennaio 2010]</ref><ref>[http://www.libero-news.it/news/457773/Alto-Adige-da-abolire-36mila-cartelli-scritti-solo-in-lingua-tedesca.html Articolo su Libero.it]</ref>
In piena contraddizione alla pretesa volontà di voler ripristinare i "toponimi originari", l'epurazione dell'AVS ha coinvolto anche la toponomastica ladina<ref>[http://www.gfbv.it/2c-stampa/2009/090827it.html AVS: la strada sbagliata. La questione della toponomastica va risolta con l'apporto di tutti e tre i gruppi etnici e non con l'egemonia di un gruppo sull'altro, 27.8.2009<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2009/08/30/AZEAZ_AZE01.html Alpenverein, un progetto di germanizzazione] di Mateo Taibon, [[l'Alto Adige]], 30 agosto 2009</ref>.
 
Tale sistema fu aspramente combattuto dal politico tedescofono [[Alexander Langer]], che invitò all'"obiezione etnica". L'eventuale mancata dichiarazione preclude l'accesso ad importanti diritti, come l'accesso ai concorsi pubblici e l'elettorato passivo (come accadde a Langer).<ref>{{cita news|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/06/06/in-alto-adige-704-obiettori-etnici.html|titolo=In Alto Adige 704 obiettori etnici|pubblicazione=la Repubblica|data=6 giugno 1984|accesso=3 aprile 2023}}</ref>
A giustificazione viene osservato che nelle vallate ladine, specialmente in Val Badia, anche il [[Club Alpino Italiano|CAI]], ha a sua volta installato cartelli che recano i soli nomi italiani, omettendo sia i nomi ladini che quelli tedeschi,<ref>[http://www.noeles.info/index.php?option=com_content&view=article&id=93:l-cai-ne-la-tol-nia-avisa&catid=1:politica&Itemid=59 "L CAI ne la tol nia avisa"] dal sito ladino Noeles.info, dove si fa notare che il CAI in Val Badia ha installato 1300 cartelli omettendo quasi dappertutto i nomi ladini e indicando solo quelli italiani</ref> ma il problema della segnaletica monolingue italiana è più limitato, avendo l'AVS assai più soci del CAI e potendo dunque installare proporzionalmente molti più cartelli.<ref>Numero soci AVS nel 2009: 54.429 [http://www.alpenverein.it/de/alpenverein/eckdaten-des-avs-150.html sito ufficiale AVS] e CAI nel 2010: 6.459 [http://www.caialtoadige.it/joomla/ sito ufficiale CAI]</ref>
La Provincia di Bolzano ha sempre evitato di prendere posizione, talvolta (per bocca di alcuni suoi esponenti) si è apertamente rifiutata di porvi rimedio.
 
=== Disagio del gruppo etnico italiano ===
Financo l'uso del toponimo "''Alto Adige''" (denominazione ufficiale in italiano) è stato bandito dall'amministrazione di alcuni comuni a maggioranza tedescofona.<ref>[http://www.corriere.it/politica/09_maggio_07/bolzano_campagna_anti_italiana_svp_solo_candidati_tedeschi_741d8fe2-3ac8-11de-b512-00144f02aabc.shtml Bolzano, riparte la campagna anti-italiani] Corriere della Sera, 7 maggio 2009: "E an­che nelle valli, in paesi come [[Montagna (Italia)|Montagna]] e [[Termeno]], i voti del [[Südtiroler Volkspartei]], il parti­to di maggioranza, vengono usati per cancellare la denominazione Alto Adige da docu­menti, timbri e cartelli comuna­­li, accontentando la [[Eva Klotz|Klotz]] e le al­tre formazioni di estrema de­stra."</ref><ref>[http://www.vb33.it/politica/auch-tramin-verbannt-alto-adige.html Anche Termeno mette al bando l'Alto Adige, Video Bolzano 33, 5 maggio 2009]</ref>
Dall'entrata in vigore del [[Pacchetto per l'Alto Adige]] si osserva una riduzione demografica del gruppo linguistico italiano sempre meno consistente nel corso dei censimenti generali del 1981, 1991, 2001 e 2011, i cui esponenti restano spesso lontani dalle posizioni di maggior rilievo politico, sociale ed economico.<ref>{{cita news|url=http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2009/10/07/AZ4PO_AZ402.html?ref=search|titolo=«Presidenze: più spazio agli italiani»|pubblicazione=Alto Adige|data=7 ottobre 2009|urlmorto=sì|accesso=20 marzo 2011|dataarchivio=2 giugno 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150602192208/http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2009/10/07/AZ4PO_AZ402.html?ref=search}}</ref> Ciò si deve anche al fatto che il potere politico è in maggioranza nelle mani della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), partito storicamente rappresentante degli interessi dei cittadini tedeschi e ladini (questi ultimi con la sezione denominata ''SVP Ladina'').
 
L'ingresso dell'Austria nell'[[Unione europea]] e la sua adesione al [[Accordi di Schengen|trattato di Schengen]] hanno permesso la riunificazione di fatto delle popolazioni tirolesi (c'è ormai la stessa moneta, si passa liberamente il confine senza più controlli né barriera doganale, si stanno creando attività comuni di sviluppo). In seguito all'apertura delle frontiere si è anche verificato il trasferimento di un consistente numero di militari dell'esercito e della Guardia di Finanza (che avevano la residenza in Alto Adige) dal confine altoatesino verso altre regioni d'Italia. Il gruppo linguistico italiano si ritrova così ad essere minoranza in Alto Adige. Attualmente l'etnia italiana prevale solamente nei comuni di [[Bolzano]] (73%), [[Laives (Italia)|Laives]] (71%), [[Bronzolo]] (62%), [[Salorno]] (62%) e [[Vadena]] (61%). Una consistente minoranza italiana si registra nei comuni di [[Merano]] (49%), [[Fortezza]] (38%), [[Egna]] (37%), [[Cortina sulla Strada del Vino|Cortina sulla strada del vino]] (31%), [[Ora (Italia)|Ora]] (30%). Di fatto negli ultimi trent'anni la consistenza del gruppo linguistico italiano è calata da 137.759 a 118.120 residenti, mentre il gruppo tedescofono è aumentato di 50.000 unità. Il timore di una ''Todesmarsch'' o [[Marcia della morte]] - intesa negli anni cinquanta come scomparsa progressiva del gruppo linguistico tedesco - è stato ripreso dal sociologo [[Sabino Acquaviva]] a proposito dell'etnia italiana<ref>''[[Comunità (rivista)|Comunità]]'', n. 184, Anno 1982, p. 169.</ref> e fatto proprio in particolare dalla destra italiana, specificatamente [[Alleanza Nazionale]].<ref>{{Cita testo|lingua=de|formato=PDF|url=http://www.provinz.bz.it/kulturabteilung/download/Universitaet_Passau_Dauerhafte_aktuelle_Problemkomplexe.pdf|autore=Thomas Strobel|editore=Università di Passavia|titolo=Dauerhafte und aktuelle Problemkomplexe in Südtirol/Alto Adige|p=22|urlmorto=sì|via=''provinz.bz.it''|accesso=13 marzo 2011|dataarchivio=14 giugno 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150614151256/http://www.provinz.bz.it/kulturabteilung/download/Universitaet_Passau_Dauerhafte_aktuelle_Problemkomplexe.pdf}}</ref>
Nel campo dell'[[odonomastica]], le strade e le piazze hanno più volte cambiato nome. In particolare, nel secondo dopoguerra sono state rimosse quasi tutte le denominazioni reputate inneggianti all'italianizzazione, riproponendo i nomi più antichi o creandone di nuovi, tutti rigorosamente in tedesco. In base all'obbligo di bilinguismo, sono state nominate commissioni (spesso composte da cittadini di lingua esclusivamente tedesca) per tradurre tali nomi in italiano. Tale incarico è stato espletato sovente in maniera grossolana, con risultati finanche grotteschi: "Dolomitenstrasse" tradotta in "via Dolomiten" anziché in "via Dolomiti", "Kreuzweg" tradotto in "via Kreuzweg" che starebbe a significare letteralmente "via ''via del Crocifisso''" anziché la sola dizione "via del Crocifisso", oppure "Messnerweg" (via del sagrestano) resa in "via Messner", anche quando non si tratta di un nome proprio.<ref name="ReferenceA">Quando la traduzione non si fa, oppure è lacunosa, Alto Adige, 26 agosto 2009</ref>
 
Per quanto riguarda la rappresentanza politica, i voti italiani si dividono fra innumerevoli partiti. A causa della dispersione del voto e della tendenza di tali partiti a candidare anche soggetti di lingua differente, alle elezioni comunali del 2010 il gruppo italiano riuscì a far eleggere appena 162 consiglieri su 2.030, ovvero meno dell'8%, nonostante fosse oltre il 25% della popolazione.<ref>{{cita web|url=http://altoadigenews.blog-service.de/?p=6|titolo=Editoriale: sorpresa nel Proporzistan|autore=Norbert Dall'O (direttore del settimanale in lingua tedesca FF)|data=20 maggio 2010|urlmorto=sì|accesso=13 marzo 2011|dataarchivio=29 ottobre 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131029213110/http://altoadigenews.blog-service.de/?p=6}}</ref>
Già nel 1998 il commissario del governo Carla Scoz richiamava l'attenzione sulla "tedeschizzazione" di toponomastica e odonomastica,<ref name="ReferenceA"/> mentre riguardo alla cartellonistica di montagna il procuratore della Repubblica di Bolzano Guido Rispoli ha ravvisato "una sorta di pulizia etnica della micro toponomastica italiana".<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/07/28/news/cartelli-solo-in-tedesco-chiesta-l-archiviazione-1.5469211 Cartelli solo in tedesco Chiesta l'archiviazione, Rispoli: c'è stata una sorta di “pulizia etnica” della micro toponomastica italiana Ma la Procura non può provare l'abuso d'ufficio degli otto funzionari indagati], Alto Adige, 28 luglio 2012</ref>
 
A partire dagli anni settanta del XX secolo, la situazione dell'Alto Adige è stata affrontata sociologicamente, economicamente, giornalisticamente e storicamente a partire da una diversa angolazione: nel 1978 la sociologa Flavia Pristinger - che già aveva analizzato nove anni prima nella sua tesi di laurea la particolare forma di dominio politico esercitato dalla SVP<ref>Flavia Pristinger, ''Cambiamento sociale e partito dominante: il caso della Südtiroler Volkspartei'', Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Padova, 1969.</ref> - pubblicò "La minoranza dominante",<ref>{{Cita libro|autore=Flavia Pristinger|titolo=La minoranza dominante nel Sudtirolo. Divisione etnica del lavoro e processi di modernizzazione dall'annessione agli anni settanta|città=Bologna|editore=Paron|anno=1978}}</ref> che individuò all'interno del dualismo italiani/tedeschi nell'Alto Adige una particolare forma di discriminazione sociale ed economica da parte dei secondi nei confronti dei primi. Due anni dopo, il sociologo italiano [[Sabino Acquaviva]] e il tedesco Gottfried Eisermann, pubblicarono il saggio ''[[Alto Adige. Spartizione subito?]]'',<ref>Bologna, Editrice Paron, 1980.</ref> che arrivò a teorizzare una suddivisione del territorio fra Austria e Italia pur di porre fine a una situazione di apartheid a danno degli italiani, sostanzialmente asserviti alla maggioranza tedesca. Sulla stessa falsariga fu anche il testo di taglio giornalistico di [[Sebastiano Vassalli]] "Sangue e suolo",<ref>Torino, Einaudi, 1985.</ref> che diede voce ancora una volta al diffuso sentimento di perenne minorità della componente italiana dell'Alto Adige. Tre anni prima era apparso il primo testo in lingua tedesca sul tema: ''Apartheid in Mitteleuropa? Sprache und Sprachpolitik in Südtirol'',<ref>J & W, Wien, 1982.</ref> opera di Peter Bettelheim e Rudi Benedikter,<ref>Figlio di uno dei maggiori politici della storia della SVP, quell'[[Alfons Benedikter]] che negli ultimi lustri della sua vita virò via via verso posizioni più oltranziste, abbandonando polemicamente il partito dopo averlo accusato di acquiescenza verso il governo italiano.</ref> che fin dal titolo pose la questione dei rapporti delle componenti etniche altoatesine in termini dialoganti con i precedenti studi di lingua italiana. Alla fine degli anni novanta un libro-intervista del politico locale Romano Viola ([[Partito del Socialismo Democratico|PDS]])<ref>{{cita libro|autore=Hartmann Gallmetzer|titolo=Il disagio di un autonomista. Intervista a Romano Viola|città=Bolzano|editore=Athesia|anno=1999}}</ref> cercò di modificare l'angolo di visuale, esortando gli italiani a superare il perenne sentimento di frustrazione e di minorità. L'inchiesta giornalistica di Lucio Giudiceandrea ''Spaesati. Italiani in Südtirol''<ref>Bolzano, Raetia, 2006.</ref> a sette anni di distanza rilevò peraltro ancora la stessa problematica interna al gruppo minoritario provinciale italiano: a questo testo Giudiceandrea fece seguire (in collaborazione con Aldo Mazza) ''Stare insieme è un'arte. Vivere in Alto Adige/Südtirol'',<ref>Merano, Edizioni Alphabeta, 2012.</ref> che cercò di mettere in luce più le luci che le ombre del processo di convivenza delle etnie in provincia di Bolzano. Le osservazioni rispetto al "laboratorio sudtirolese" nella pubblicistica restano peraltro diversificate, giungendo anche a conclusioni del tutto opposte, purtuttavia campeggia sempre il tema del "disagio degli italiani" (declinato anche in tedesco: "Das Unbehagen der ItalienerInnen"), oggetto financo di un numero monografico della rivista locale di politica e sociologia ''Politika'',<ref>''Politika'', Bolzano, Edition Raetia, 2013.</ref> all'interno del quale si può leggere che "Il primo statuto d'autonomia (1948), nella sostanza, era stato elaborato in maniera autonoma dallo Stato escludendo i cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige. Questo comportò il disagio di coloro che erano stati esclusi. Il secondo statuto d'autonomia (1972) è stato sostanzialmente elaborato ed approvato da parte dei cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige escludendo gli italiani dell'Alto Adige. Questo ha avuto come conseguenza il disagio degli esclusi".<ref>''Ivi'', prefazione di Günther Pallaver - Presidente della Società di Scienza Politica dell'Alto Adige.</ref> Dopo quasi cinquant'anni dal secondo statuto, la situazione degli italiani dell'Alto Adige appare critica anche al saggista e politico locale del [[Partito Democratico (Italia)|Partito Democratico]] Emilio Correa, che nel suo ''Storia di una minoranza in patria. Alto Adige, un racconto critico''<ref>{{cita libro | nome=Emilio | cognome=Correa | titolo=Storia di una minoranza in patria. Alto Adige, un racconto critico | anno=2021 | editore=Mimesis | città=Sesto San Giovanni | ISBN =9788857576411 }}</ref> registra lo smarrimento della componente etnica italiana, priva di una visione e della capacità di darsi un'identità e di conseguenza preda di un marcato spaesamento.
A seguito di un accordo dell'agosto 2013, ratificato dal [[Dipartimento per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport|Ministro per gli Affari Regionali e delle Autonomie]] [[Graziano Delrio]] e dal governatore Durnwalder, 135 toponimi italiani saranno eliminati dalla cartellonistica di montagna<ref>[http://viaggi.repubblica.it/articolo/la-montagna-parler-tedesco/228044?ref=HREC2-5 La montagna parlerà tedesco] di Pierluigi Depentori, [[La Repubblica]], 26 agosto 2013</ref>.
 
=== Controversia toponomastica ===
===Il passato fascista e nazista===
{{vedi anche|Toponomastica dell%27Alto Adige}}
La questione dei monumenti eretti durante il Ventennio, presentate da parte delle classe politica tedesca come "simbolo dell'oppressione fascista", non manca di causare polemiche.
 
Fin dagli [[anni 1990]] il destino della toponomastica italiana sul territorio dell'Alto Adige è oggetto di discussioni e veti incrociati in merito all'opportunità di riordinare i nomi locali, procedendo a dismettere alcuni appellativi ritenuti eccessivamente spuri e/o non invalsi nell'uso, con particolare riguardo per quanto "creato" dal ''[[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige]]''.
Sopra ogni altra, quella che riguarda il [[Monumento alla Vittoria]] di Bolzano, che è da tempo sotto tiro da parte di alcuni politici germanofoni.
 
Se da un lato chi propone tale via sostiene la necessità di recuperare il patrimonio onomastico proprio del territorio altoatesino, eliminando eventuali superfetazioni, dall'altro si è creato un fronte d'opposizione che ravvisa in ciò un semplice tentativo di rimozione generalizzata dei nomi locali italofoni, evocando pertanto una violazione di quanto stabilito dallo [[Pacchetto per l'Alto Adige|Statuto di autonomia]] provinciale.<ref>Cfr. DPR 31.08.1972, n. 670 al Capo III - Funzioni delle Province - art. 8 punto 2.</ref>
Dopo che la piazza dove si erge il monumento era stata ribattezzata dalla Giunta comunale di Bolzano di centrosinistra in "Piazza della Pace", i partiti di centrodestra italiani promossero un referendum, svoltosi il 6 ottobre [[2002]], in cui prevalse nettamente (62% contro 38%) la decisione di ripristinare il nome "Piazza della Vittoria". La comunità italiana ha così reagito a quello che era apparso come un tentativo di annacquare l'identità italiana della città, venendo accusata di nostalgie fasciste.<ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2010/09/19/AZCPO_AZC04.html?ref=search Italiani fascisti, lo stereotipo, Alto Adige, 19 settembre 2010]</ref>
Dopo anni di abbandono a causa delle difficoltà politiche nel mettere mano al monumento, con interventi parziali disposti dal Ministero dei Beni Culturali nel 1990 e nel 2009, nel gennaio 2012 venne approvata la creazione di un Museo del Monumento alla Vittoria che metta in luce l'epoca delle dittature fascista e nazista.<ref>[http://www.comune.bolzano.it/stampa_context.jsp?ID_LINK=426&area=295&id_context=19232&COL0008=36&COL0008=48 Intesa Stato, Provincia, Comune per il museo destinato a documentare storia del Monumento e vicende cittadine dal 1918 al 1945]</ref>
 
A tal proposito è stata ripetutamente posta all'attenzione della stampa, sia locale che nazionale, la questione della cartellonistica di montagna: diverse sezioni dell'[[Alpenverein Südtirol]], l'associazione alpinistica di lingua tedesca, tendono infatti a installare lungo i sentieri cartelli monolingue, con indicazioni nella sola lingua tedesca e privi della traduzione in italiano (finanche per i nomi generici quali "malga", "cima" o "rifugio")<ref>{{cita news|url=http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/01/18/news/toponomastica-bilingue-illegali-tre-cartelli-su-quattro-1831817|titolo=Toponomastica bilingue, illegali tre cartelli su quattro|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722033833/http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/01/18/news/toponomastica-bilingue-illegali-tre-cartelli-su-quattro-1831817|pubblicazione=Alto Adige|data=18 gennaio 2010}}</ref>. In molti casi tale prassi monolinguistica ha "nascosto" anche la toponomastica ladina, suscitando proteste anche dalla relativa comunità linguistica.<ref>{{cita web|url=http://www.gfbv.it/2c-stampa/2009/090827it.html|titolo=AVS: la strada sbagliata. La questione della toponomastica va risolta con l'apporto di tutti e tre i gruppi etnici e non con l'egemonia di un gruppo sull'altro|data=27 agosto 2009}}</ref><ref>{{cita testo|url=http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2009/08/30/AZEAZ_AZE01.html|titolo=Alpenverein, un progetto di germanizzazione|autore=Mateo Taibon|pubblicazione=Alto Adige|data=30 agosto 2009}}</ref>
Si riscontrano, da parte di alcuni ambienti germanofoni, prese di posizione su tematiche, peraltro di importanza marginale, che risultano offensive, se non prevaricatorie, nei confronti della comunità italofona, se non addirittura verso lo Stato italiano. Ne sono esempio il mancato rispetto della toponomastica italiana, o l'esaltazione del terrorismo degli anni settanta.
 
Nelle vallate ladine, specialmente in [[Val Badia]], anche il [[Club Alpino Italiano|CAI]] ha per conto proprio installato sui sentieri alcuni cartelli che recano i soli nomi italiani, omettendo sia i nomi ladini che quelli tedeschi.<ref>{{cita web|lingua=lld|url=http://www.noeles.info/index.php?option=com_content&view=article&id=93:l-cai-ne-la-tol-nia-avisa&catid=1:politica&Itemid=59|titolo="L CAI ne la tol nia avisa"|sito=Noeles.info}}</ref>
Pure nella comunità di lingua tedesca vi è la tendenza a nascondere<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/12/12/news/steurer-sul-nazismo-c-e-l-oblio-2955676 Steurer: sul nazismo c'è l'oblio, Alto Adige, 12 dicembre 2010]</ref> o a minimizzare le evidenti simpatie naziste di molti altoatesini germanofoni negli [[anni 1930|anni trenta]] e [[anni 1940|quaranta]] (come già accennato, molti criminali di guerra nazisti riuscirono a fuggire dall'Europa grazie a documenti falsi rilasciati dai comuni altoatesini), ma anche al giorno d'oggi, come hanno dimostrato le indagini della magistratura.<ref>[http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/12_Dicembre/28/bolzano.html «L'Italia ci occupa, la nostra guida è Hitler», Corriere della Sera, 28 dicembre 2005]</ref>
 
L'uso del toponimo Alto Adige (seppur invalso come denominazione territoriale ufficiale in italiano) in alcuni casi è stato bandito dalla cartellonistica e dagli atti ufficiali.<ref name=autogenerato1 /><ref>{{cita web|url=http://www.vb33.it/politica/auch-tramin-verbannt-alto-adige.html|lingua=de|titolo=Auch Tramin verbannt Alto Adige|titolotradotto=Anche Termeno mette al bando l'Alto Adige|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722065028/http://www.vb33.it/politica/auch-tramin-verbannt-alto-adige.html|sito=Video Bolzano 33|data=5 maggio 2009|urlmorto=sì}}</ref>
===L'esaltazione del terrorismo===
[[File:Flugplatzstrasse Sluderno cartello con errore.jpg|thumb|Esempio di cattiva traduzione odonomastica nel comune di [[Sluderno]]: il nome italiano reca ''avviazione'' in luogo di ''aviazione''.]]
[[File:Sepp Kerschbaumer Strasse 2.JPG|thumb|250px|La titolazione di una via di [[Appiano sulla Strada del Vino]] al terrorista Sepp Kerschbaumer. Si noti inoltre l'assenza del nome "via" in italiano.]]
Per quanto concerne l'[[odonomastica]], le strade e le piazze dei comuni altoatesini hanno più volte cambiato nome. In particolare nel [[secondo dopoguerra]] si è provveduto a rimuovere dai centri a maggioranza tedesca o ladina quasi tutte le intitolazioni che fossero reputate inneggianti a forme di sciovinismo italianizzante: in loro sostituzione sono stati recuperati nomi antichi o ne sono stati creati di nuovi, tutti nella lingua localmente maggioritaria. Essendo però in vigore l'obbligo di bilinguismo, tali nomi sono stati comunque tradotti; si riscontrano anche casi di errori e refusi ortografici nella scrittura dei nomi, in entrambe le lingue.<ref name="ReferenceA">''Quando la traduzione non si fa, oppure è lacunosa'', Alto Adige, 26 agosto 2009</ref> Nel 1998 l'allora [[prefetto]] di Bolzano Carla Scoz richiamò pubblicamente l'attenzione sulla "germanizzazione" di toponomastica e odonomastica,<ref name="ReferenceA"/> mentre riguardo alla cartellonistica di montagna monolingue il procuratore della Repubblica di Bolzano Guido Rispoli affermò di ravvisare i tratti di una pratica di [[pulizia etnica]].<ref>{{cita news|url=https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/cartelli-solo-in-tedesco-chiesta-l-archiviazione-1.570864|autore=Susanna Petroni|titolo=Cartelli solo in tedesco. Chiesta l'archiviazione. Rispoli: c'è stata una sorta di “pulizia etnica” della micro toponomastica italiana. Ma la Procura non può provare l'abuso d'ufficio degli otto funzionari indagati|pubblicazione=Alto Adige|data=28 luglio 2012|accesso=3 aprile 2023}}</ref>
Per quanto riguarda poi la valutazione dei trascorsi terroristici, la popolazione di lingua tedesca non nasconde la propria approvazione per quelli che vengono comunemente definiti "combattenti per la libertà" (''Freiheitskämpfer'').
 
A seguito di un accordo ratificato nell'agosto 2013 dagli allora [[Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie|Ministro per gli Affari Regionali e delle Autonomie]] [[Graziano Delrio]] e governatore provinciale Luis Durnwalder (sotto il quale nel 2012 era stata votata una legge ad hoc), circa 135 toponimi italiani avrebbero dovuto essere formalmente eliminati dall'uso comune, sotto la direzione di un'apposita commissione incaricata di vagliare i nomi e selezionare quelli da cassare<ref>{{cita web|url=http://viaggi.repubblica.it/articolo/la-montagna-parler-tedesco/228044?ref=HREC2-5|titolo=La montagna parlerà tedesco|autore=Pierluigi Depentori|pubblicazione=la Repubblica|data=26 agosto 2013}}</ref>. Il proposito non ha però avuto seguito a causa delle proteste della comunità italiana e dell'opposizione politica provinciale, sfociati in un ricorso alla [[Corte costituzionale]]: la cosiddetta "Legge Durnwalder" è stata quindi abrogata dal Consiglio provinciale il 12 aprile 2019<ref>{{cita web|url=https://www.rainews.it/tgr/bolzano/articoli/2019/04/blz-toponomastica-legge-Durnwalder-consiglio-provinciale-corte-costituzionale-9cf53f5d-a21e-484f-b0c7-3ed610b7217d.html|titolo=Cancellata la legge Durnwalder sui toponimi|sito=[[TG Regione]] Bolzano|editore=[[Rai]]|data=12 aprile 2019|accesso=3 aprile 2023}}</ref>.
In questo senso gli ''[[Schützen]]'' hanno lanciato nel [[2004]] una campagna di affissioni per "ringraziare" i terroristi, che a loro dire sono i veri fautori dei benefici dell'autonomia provinciale. Il manifesto utilizzato mostra sullo sfondo un traliccio divelto dalla dinamite, un ritratto del terrorista [[Sepp Kerschbaumer]], cofondatore del [[Befreiungsausschuss Südtirol|BAS]], e in sovrimpressione le parole: ''Südtirol sagt Danke für deutsche Schule, starke Wirtschaft, Wohlstand und vieles mehr!'' ("Il Sudtirolo ringrazia per la scuola tedesca, la forte economia, il benessere e molto altro!")<ref>[http://www.etika.com/deutsch5/5st0-Dateien/image002.jpg Südtirol sagt Danke]</ref> Ad Appiano sulla Strada del Vino una via è stata dedicata a Kerschbaumer. La [[Rai Sender Bozen|sede RAI di Bolzano]] ha prodotto un documentario intitolato "''Die Frauen der Helden''" ("''Le mogli degli eroi''", riferito ai terroristi degli anni sessanta).<ref>Die Frauen der Helden, Rai, 45 min, Kamera Günther Neumair (2001)</ref>
 
=== Passato fascista e nazista ===
===L'indipendentismo altoatesino===
[[File:Fassade finanzamt bozen 2018.jpg|thumb|La scritta luminosa con una citazione di [[Hannah Arendt]] in tre lingue (ladino-tedesco-italiano), apposta sopra il bassorilievo presente sull'ex Casa del Fascio di Bolzano, di notte]]
La questione dei monumenti eretti durante il Ventennio, non manca di causare polemiche, soprattutto per quanto riguarda il [[Monumento alla Vittoria (Bolzano)|Monumento alla Vittoria]] di Bolzano e l'ex [[Casa del Fascio (Bolzano)|Casa del Fascio]] con un fregio apologetico del fascismo<ref>{{cita pubblicazione|autore=Hannes Obermair|titolo=Da Hans a Hannah - il "duce" di Bolzano e la sfida di Arendt|rivista=Il Cristallo. Rassegna di varia umanità|volume=LX|numero=1|issn=0011-1449|isbn=978-88-7223-312-2|editore=Edizioni alphabeta Verlag|città=Merano|anno=2018|pp=27-32}}</ref>.
 
Dopo che la piazza dove si erge il monumento alla Vittoria era stata ribattezzata nel 2001 dalla Giunta comunale di Bolzano di centrosinistra in "Piazza della Pace-Friedensplatz", i partiti di centrodestra italiani promossero un referendum, svoltosi il 6 ottobre [[2002]], in cui prevalse nettamente (62% contro 38%) la decisione di ripristinare il nome "Piazza della Vittoria". La destra italiana ha così reagito a quello che era loro apparso come un tentativo di annacquare l'identità italiana della città, venendo accusata di nostalgie fasciste.<ref>{{cita news|url=http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2010/09/19/AZCPO_AZC04.html?ref=search|titolo=Italiani fascisti, lo stereotipo|pubblicazione=Alto Adige|data=19 settembre 2010|urlmorto=sì|accesso=13 marzo 2011|dataarchivio=14 giugno 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150614213954/http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2010/09/19/AZCPO_AZC04.html?ref=search}}</ref>
Dopo anni di abbandono, con interventi parziali disposti dal Ministero dei Beni Culturali nel 1990 e nel 2009, nel gennaio 2012 venne approvata la creazione di un'esposizione permanente nel monumento alla Vittoria che storicizzi e depotenzi il monumento e metta in luce l'epoca delle dittature fascista e nazista.<ref>{{cita web|url=http://www.comune.bolzano.it/stampa_context.jsp?ID_LINK=426&area=295&id_context=19232&COL0008=36&COL0008=48|titolo=Monumento alla Vittoria: siglato accordo su percorso espositivo. Intesa Stato, Provincia, Comune per il museo destinato a documentare storia del Monumento e vicende cittadine dal 1918 al 1945|data=3 gennaio 2012|accesso=3 aprile 2023|dataarchivio=21 maggio 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230521140757/http://www.comune.bolzano.it/stampa_context.jsp?ID_LINK=426&area=295&id_context=19232&COL0008=36&COL0008=48|urlmorto=sì}}</ref>
 
Si riscontrano, da parte di alcuni ambienti italofoni, atteggiamenti che minimizzano oppure addirittura negano l'oppressione fascista delle minoranze tedesche e ladine durante il [[Ventennio]]<ref>{{cita|Gatterer 2007|pp. 997}}.</ref>. Pure nella comunità di lingua tedesca vi è la tendenza a nascondere o a minimizzare le evidenti simpatie naziste di molti altoatesini germanofoni negli [[anni 1930|anni trenta]] e [[anni 1940|quaranta]]<ref>{{cita news|url=http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/12/12/news/steurer-sul-nazismo-c-e-l-oblio-2955676|titolo=Steurer: sul nazismo c'è l'oblio|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120106185039/http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/12/12/news/steurer-sul-nazismo-c-e-l-oblio-2955676|pubblicazione=Alto Adige|data=12 dicembre 2010}}</ref>.
 
=== Esaltazione del terrorismo ===
Una parte della popolazione autoctona (in maggioranza di lingua tedesca) mostra simpatia o approvazione nei confronti delle azioni terroristiche del secondo dopoguerra, definendone gli artefici "combattenti per la libertà" (''Freiheitskämpfer'')<ref>{{cita news|autore=Jimmy Milanese|url=https://www.altoadige.it/cronaca/bassa-atesina/san-paolo-appello-degli-sch%C3%BCtzen-per-oberleiter-forer-e-steger-1.2495421|titolo=San Paolo: appello degli Schützen per Oberleiter, Forer e Steger|accesso=3 aprile 2023|data=9 dicembre 2023}}</ref>, ed è in questo senso che gli ''[[Schützen (associazioni)|Schützen]]'' hanno lanciato nel [[2004]] una campagna di affissioni per "ringraziare" i terroristi, che a loro dire sono i veri fautori dei benefici dell'autonomia provinciale. Il manifesto utilizzato mostra sullo sfondo un traliccio divelto dalla dinamite, un ritratto del terrorista [[Sepp Kerschbaumer]], cofondatore del [[Befreiungsausschuss Südtirol|BAS]], e in sovrimpressione le parole: ''Südtirol sagt Danke für: Deutsche Schule! Starke Wirtschaft! Wohlstand und vieles mehr!'' ("Il Sudtirolo ringrazia per la scuola tedesca, la forte economia, il benessere e molto altro!")<ref>{{Cita web|lingua=de|url=http://www.etika.com/deutsch5/5st0-Dateien/image002.jpg|formato=JPG|titolo=Südtirol sagt Danke|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131012054540/http://www.etika.com/deutsch5/5st0-Dateien/image002.jpg}}</ref> Ad Appiano sulla Strada del Vino una via è stata dedicata a Kerschbaumer. La [[rai Südtirol|sede RAI di Bolzano]] ha prodotto un documentario intitolato ''Die Frauen der Helden'' ("''Le donne degli eroi''", riferito ai terroristi degli anni sessanta).<ref>{{de}} ''Die Frauen der Helden'', Rai, 45 min, cineoperatore Günther Neumair, 2001.</ref>
 
=== Indipendentismo sudtirolese ===
[[File:Suedtirol ist nicht Italien - Brennero.JPG|thumb|La frontiera italo-austriaca del [[Brennero]], segnalata dal cippo di confine e da un cartello, posto ai limiti del territorio austriaco, recante la scritta ''Süd-Tirol ist nicht Italien'', ovvero: "Il "Sud-Tirolo" non è Italia"]]
 
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Altri partiti apertamente favorevoli alla celebrazione di un referendum per l'autodeterminazione per il ricongiungimento con l'Austria o la creazione di uno "Stato Libero del Sudtirolo" sono la ''[[Bürger Union für Südtirol]]'' e il partito dei ''[[Die Freiheitlichen]]'' (questi ultimi su posizioni meno radicali). Tali partiti hanno raccolto insieme oltre il 27% dei voti alle elezioni provinciali del 2013, con un aumento di 6 punti percentuali rispetto al 2008.
 
Anche l'ex presidente della Provincia autonoma, [[Luis Durnwalder]], si è detto convinto che se oggi gli altoatesini fossero chiamati al referendum, si pronuncerebbero in maggioranza per il ritorno all'Austria.<ref>[{{Cita web |url=http://www.silvanobassetti.it/?p=152 |titolo=Citazione da STOL - Südtirol Online ] |accesso=27 settembre 2006 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070929045520/http://www.silvanobassetti.it/?p=152 |urlmorto=sì|via=Blog di Silvano Bassetti }}</ref> Nello statuto SVP si può leggere tuttora che "come conseguenza della prima guerra mondiale l'Alto Adige, per secoli parte dell'Austria, fu separato dalledalla madrepatria e tale ingiustizia storica viene tuttora sentita come tale dalla popolazione".<ref>[{{Cita testo|lingua=de|url=http://www.svpartei.org/de/politik/programm/ |titolo=Programma della SVP|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061128104924/http://www.svpartei.org/de/politik/programm/ in tedesco]}}</ref>
 
===I rapportiRapporti con l'Austria ===
L'attuazione del [[Pacchetto per l'Alto Adige]] permise all'Italia ed all'Austria di accordarsi sul rilascio da parte di quest'ultima di una "quietanza liberatoria" che riconosceva l'adempimento da parte dello Stato italiano degli obblighi di tutela delle comunità tirolese e ladina. Ciò avrebbe dovuto risolvere definitivamente la vertenza altoatesina, ma il testo della "quietanza liberatoria", sottoscritta dai ministri degli Esteri [[Gianni De Michelis]] ed [[Alois Mock]], non è chiaro in proposito. Da parte italiana si ritiene che il documento De Michelis-Mock abbia chiuso la lunga querelle diplomatica intercorsa fra i due paesi sull'Alto Adige, con la rinuncia austriaca a eventuali rivendicazioni. L'Austria non ha invero mai desistito a svolgere una funzione di controllo sulle modalità con cui si esercita la sovranità italiana nella provincia di Bolzano.
De Michelis-Mock abbia chiuso la lunga querelle diplomatica intercorsa fra i due paesi sull'Alto Adige, con la rinuncia austriaca a eventuali rivendicazioni. L'Austria non ha invero mai desistito a svolgere una funzione di controllo sulle modalità con cui si esercita la sovranità italiana nella provincia di Bolzano.
 
Sul piano internazionale la questione altoatesina è tornata così sotto i riflettori nel gennaio [[2006]], quando il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] [[Carlo Azeglio Ciampi]] cancellò la visita ufficiale a [[Vienna]] a seguito di iniziative volte a inserire in una prospettata riforma della Costituzione austriaca, norme che dichiarassero esplicitamente "la funzione di tutela dell'Alto Adige da parte dello Stato austriaco e il diritto all'autodeterminazione". Tali modifiche infatti, comportavano un'ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano.
 
In questa occasione 113 sindaci altoatesini su 116 firmarono una petizione in favore delle proposte di modifica della costituzione austriaca.<ref>[{{cita web|titolo=Alto Adige, 113 comuni all'Austria: ci tuteli|url=http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/01_Gennaio/24/altoadige.shtml|pubblicazione=Corriere Articolodella dalSera|data=25 Corrieregennaio della2006|accesso=3 Sera]aprile 2023}}</ref>. L'azione dei sindaci fu molto criticata sia dall'allora Governo Berlusconi<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2006/gennaio/25/sindaci_dell_Alto_Adige_Austria_co_9_060125041.shtml I sindaci dell' Alto Adige: l' Austria ci tuteli<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>, sia dall'Unione di centrosinistra{{citazioneSenza necessariafonte}}. Dall'altro lato il parlamento [[austria]]co ha nel settembre 2006 votato un ordine del giorno per inserire definitivamente nella nuova Costituzione la funzione di tutela della popolazione altoatesina di lingua tedesca.
 
===I festeggiamenti per il 150º dell'unità italiana===
In occasione delle celebrazioni per il 150º anniversario dell'Unità d'Italia si verificarono tensioni tra la Provincia e il Governo italiano, a causa delle dichiarazioni del governatore dell'Alto Adige, [[Luis Durnwalder]]. Come in altre occasioni, il Durnwalder ha utilizzato modi e frasi<ref>"''Il gruppo linguistico tedesco non ha nulla da festeggiare. Nel 1919 non ci è stato chiesto se volevamo fare parte dello Stato italiano e per questo non parteciperò ai festeggiamenti.''"''I sudtirolesi hanno sofferto molto tra gli anni venti e gli anni cinquanta, non vedo veramente giustificazioni per festeggiare questa ricorrenza. Nel 1861 l'Alto Adige non faceva parte dell'Italia e nel 1919 non è stato chiesto alla popolazione se voleva passare dall'Austria all'Italia», ecc.</ref> per nulla diplomatici: il 7 febbraio 2011, in particolare, ha dichiarato l'intenzione della provincia di non partecipare a nessun festeggiamento per l'anniversario ritenendo che l'unione della regione all'Italia sia avvenuta nel 1919 contro la volontà della popolazione locale e lasciando liberi gli assessori provinciali di lingua italiana di festeggiare la ricorrenza, ma non in rappresentanza della provincia autonoma. Da queste dichiarazioni è scaturita una dura polemica con il presidente della Repubblica [[Giorgio Napolitano]].<ref>[http://www.corriere.it/unita-italia-150/11_febbraio_11/napolitano-durnwalder-scontro_c11e670a-35e2-11e0-8fcc-00144f486ba6.shtml Unità d'Italia, scontro aperto tra Napolitano e Durnwalder Il presidente: devi partecipare alle celebrazioni, tu rappresenti tutti. La replica: nulla da festeggiare, Corriere della Sera, 11 febbraio 2011]</ref>
 
=== Il 150º dell'unità italiana ===
Le tensioni sono rientrate in occasione dei festeggiamenti per il 40º anniversario del secondo Statuto d'autonomia, nel settembre [[2012]] a [[Merano]], ove sia il presidente italiano, Giorgio Napolitano, sia quello austriaco, [[Heinz Fischer]], vennero insigniti del Grand'Ordine di merito della Provincia autonoma di Bolzano, dichiarando entrambi la congiunta volontà di voler pienamente rispettare le prerogative autonomistiche dell'Alto Adige.<ref>{{de}} [http://www.stol.it/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Lokal/Meran-Grosser-Verdienstorden-fuer-Napolitano-und-Fischer-Fotos-Video I festeggiamenti di Merano e la consegna del Verdienstorden]</ref><ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/09/05/news/la-visita-del-presidente-napolitano-a-merano-segui-la-diretta-1.5645295 "L'autonomia non sarà svuotata"]</ref>
In occasione delle celebrazioni per il [[150º anniversario dell'Unità d'Italia]], nel 2011, si verificarono tensioni tra la [[provincia autonoma di Bolzano]] e il [[governo della Repubblica Italiana]], a causa delle dichiarazioni del presidente della provincia [[Luis Durnwalder]], che comunicò l'intenzione di non partecipare ai festeggiamenti, ritenendo che l'unione dell'area all'Italia nel 1919 fosse avvenuta contro la volontà della popolazione locale. Durnwalder lasciò agli assessori provinciali di lingua italiana la libertà di festeggiare la ricorrenza, a titolo personale e non in rappresentanza della provincia autonoma.<ref>«Il gruppo linguistico tedesco non ha nulla da festeggiare. Nel 1919 non ci è stato chiesto se volevamo fare parte dello Stato italiano e per questo non parteciperò ai festeggiamenti. I sudtirolesi hanno sofferto molto tra gli anni venti e gli anni cinquanta, non vedo veramente giustificazioni per festeggiare questa ricorrenza. Nel 1861 l'Alto Adige non faceva parte dell'Italia e nel 1919 non è stato chiesto alla popolazione se voleva passare dall'Austria all'Italia», e altre simili.</ref> Da queste dichiarazioni scaturì una dura polemica con il [[Presidente della Repubblica Italiana]] [[Giorgio Napolitano]].<ref>{{cita web|url=http://www.corriere.it/unita-italia-150/11_febbraio_11/napolitano-durnwalder-scontro_c11e670a-35e2-11e0-8fcc-00144f486ba6.shtml|titolo=Unità d'Italia, scontro aperto tra Napolitano e Durnwalder. Il presidente: devi partecipare alle celebrazioni, tu rappresenti tutti. La replica: nulla da festeggiare|pubblicazione=Corriere della Sera|data=11 febbraio 2011|accesso=3 aprile 2023}}</ref>
 
Le tensioni rientrarono l'anno successivo in occasione dei festeggiamenti per il 40º anniversario del secondo Statuto d'autonomia che si tennero nel settembre 2012 a [[Merano]]. [[Giorgio Napolitano]] ed il suo omologo austriaco [[Heinz Fischer]] vennero insigniti del Grand'Ordine di merito della provincia autonoma di Bolzano ed entrambi dichiararono la comune volontà di rispettare pienamente le prerogative autonomistiche dell'Alto Adige.<ref>{{Cita web|lingua=de|url=http://www.stol.it/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Lokal/Meran-Grosser-Verdienstorden-fuer-Napolitano-und-Fischer-Fotos-Video|titolo=Meran: Großer Verdienstorden für Napolitano und Fischer - Fotos & Video|titolotradotto=Merano: il Grand'Ordine di merito per Napolitano e Fischer - Foto & Video|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120907233934/http://www.stol.it/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Lokal/Meran-Grosser-Verdienstorden-fuer-Napolitano-und-Fischer-Fotos-Video }}</ref><ref>{{Cita news |url=http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/09/05/news/la-visita-del-presidente-napolitano-a-merano-segui-la-diretta-1.5645295 |titolo=la visita del presidente Napolitano a Merano: "L'autonomia non sarà svuotata"|data=5 settembre 2012|accesso=16 gennaio 2013|pubblicazione=Alto Adige|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120913061422/http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/09/05/news/la-visita-del-presidente-napolitano-a-merano-segui-la-diretta-1.5645295|urlmorto=sì }}</ref>
===Sviluppi recenti===
Gli attacchi contro l'autonomia speciale dell'Alto Adige da parte di autorevoli ministri del governo Berlusconi<ref>[http://www.corriere.it/politica/09_marzo_15/brunetta_federalismo_bastardo_547c90e8-1179-11de-a75c-00144f02aabc.shtml Brunetta: «Il federalismo? C'è già. Ma è bastardo, sprecone, piagnone», Corriere della Sera, 15 marzo 2009]</ref> hanno contribuito a deteriorare i rapporti fra la Provincia e lo Stato centrale. Peraltro le autorità italiane si sono impegnate a smorzare le polemiche sollevate dalla stampa nazionale nei confronti di [[Gerhard Plankensteiner]], slittinista vincitore della medaglia di bronzo per l'Italia ai [[XX Giochi olimpici invernali]] di Torino: alla domanda del perché non avesse cantato l'[[inno di Mameli]], l'atleta di madrelingua tedesca aveva risposto: "Non conosco questa canzone"<ref>Solo per citarne alcuni, si veda ad esempio: {{cita web|http://archiviostorico.corriere.it/2006/febbraio/16/Inno_Mameli_Non_conosco_Gaffe_co_9_060216003.shtml|"«Inno di Mameli? Non lo conosco». Gaffe dopo il bronzo", ''Corriere della Sera'' 16-2-2006|21-2-2010}},
{{cita web|http://archiviostorico.corriere.it/2006/febbraio/16/BRONZO_STONATO_Slittino_doppio_azzurro_co_9_060216129.shtml|"BRONZO STONATO Slittino, il doppio azzurro va sul podio «L' inno? Non conosco quella canzone»", ''Corriere della Sera'' 16-2-2006|21-2-2010}}, {{cita web|http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/02/16/non-so-la-canzone-di-mameli.html|"Non so la canzone di Mameli l'equivoco di Plankensteiner", ''La Repubblica'' 16-2-2006|21-2-2010}},
{{cita web|url=
http://www.ilgiornale.it/pag_pdf.php?ID=18885|titolo=
«Non conosco l'Inno ma il bronzo è per l'Italia», ''Il Giornale'' 16-2-2006, p. 39|accesso=
21-2-2010}}
{{cita web|url=
http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=6807587|titolo=
"Curve di bronzo Plankensteiner-Haselrieder grande seconda manche L'Inno di Mameli «Non conosco le parole» Una frase fraintesa fa scoppiare un caso", ''La Stampa'' 16-2-2006, p. 22|accesso=
21-2-2010}}
{{cita web|url=
http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=6810056|titolo=
"IL CASO GERHARD E MAMELI Ora l'inno è un caso politico", ''La Stampa'' 17-2-2006, p. 25|accesso=
21-2-2010}}
</ref>. Plankensteiner aveva poi chiarito la natura della gaffe (il titolo Inno di Mameli gli era sconosciuto, ma non l'inno in sé) e venne insignito del titolo di [[Ordine al merito della Repubblica Italiana|Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana]].
 
== Note ==
{{<references|2}}/>
 
== Bibliografia ==
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* {{cita libro|lingua=de}} |cognome=Alcock, |nome=Anthony E. (|anno=1982), ''|titolo=Geschichte der Südtirolfrage - Südtirol seit dem Paket 1970-1980'' (|collana=Ethnos, |numero=24), Vienna: |città=Wien|editore=Braumüller. |ISBN =3-7003-0328-9}}
*{{Cita libro|titolo=L'Alto Adige nel passato e nel presente|autore=[[Carlo Battisti]]|anno=1963|editore=Istituto di Studi per l'Alto Adige|cid=Battisti 1963}}
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*{{cita libro|autore=Gianni Bianco|titolo=La guerra dei tralicci|editore=Manfrini|città=Rovereto|anno=1963|cid=Bianco 1963}}
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*{{cita libro|lingua=fr|cognome=Boisselier|nome=Delphine|anno=1997|titolo=La construction communautaire et la protection des minorites linguistiques en Europe: Le cas du Haut Adige - Tyrol du Sud|città=Amiens|editore=Université}}
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* {{cita libro | lingua=de|cognome= GruberGleirscher| nome= LilliPaul| wkautoreanno= Lilli Gruber 1991| titolo=Die Eredità. Una storia della mia famiglia tra l'Impero e il fascismo Räter| editore= Rizzoli | città= Coira| annoeditore=2012 |pagine = 354Rätisches Museum|ISBNcid=ISBNGleirscher 97888170453771991}}
*{{cita libro|lingua=de|autore-capitolo=Paul Gleirscher|anno=1992|capitolo=Die Laugen-Melaun-Gruppe|curatore=Ingrid R. Metzger|titolo=Die Räter – I Reti|città=Bolzano|editore=Athesia|pp=117-134|ISBN=88-7014-646-4|cid=Gleirscher 1992}}
* Alfons Gruber, ''L'otto settembre dell'anno 1943'', in AA.VV., L'Alto Adige nel corso dell'anno (2004)
*{{cita libro|lingua=de, it|cognome=Grote|nome=Georg|anno=2011|titolo=Südtirolismen: Erinnerungskulturen - Gegenwartsreflexionen - Zukunftsvisionen|città=Innsbruck-Wien-Bozen|editore=Studienverlag|ISBN=978-3-7030-0490-2}}
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* {{de}} Riedmann, Josef (1990), ''Geschichte des Landes Tirol, vol. 1: Das Mittelalter'', Bolzano-Innsbruck: Athesia-Tyrolia. ISBN 88-7014-390-2
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* Riedmann, Josef (1994), ''I Conti del Tirolo. Loro rapporti col Ducato e Arciducato d'Austria. L'autonomia della Contea, delle città, dei comuni rurali. La Dieta e la rappresentanza centrale'', in: Delle Donne, Giorgio (a cura di), ''Incontri sulla storia dell'Alto Adige'', Bolzano: Provincia Autonoma di Bolzano.
*{{cita libro| cognome=Gruber| nome=Lilli| wkautore=Lilli Gruber| titolo=Eredità. Una storia della mia famiglia tra l'Impero e il fascismo| editore=Rizzoli| città=Milano | anno=2012|ISBN=978-88-17-04537-7}}
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*{{cita libro|lingua=en|cognome=Lockwood|nome=W. B.|anno=1972|titolo=A Panorama of Indo-European Languages|url=https://archive.org/details/panoramaofindoeu0000lock|editore=Hutchinson University Library|ISBN=0-09-111020-3|cid=Lockwood 1972}}
* Romeo, Carlo et al. (2011), ''Passaggi e prospettive. Lineamenti di storia locale'', vol. 2: ''Il Tirolo nell'età moderna'', Bolzano: Athesia. ISBN 978-88-8266-7429
*{{cita libro|cognome=Martini|nome=Magda|titolo= Una provincia tutta da inventare. L'annessione dell'Alto Adige all'Italia (1918-1922)|anno=2022|città=Roma|editore= Carocci|isbn=978-88-29017133}}
* {{de}} Schreiber, Horst (2007), ''Nationalsozialismus und Faschismus in Tirol und Südtirol - Opfer, Täter, Gegner'' (Studien zu Geschichte und Politik, 8), Innsbruck-Vienna-Bolzano: Studienverlag. ISBN 978-3-7065-4423-8
*{{cita libro|cognome=Obermair|nome=Hannes|wkautore=Hannes Obermair|titolo= "Grossdeutschland ruft!" Südtiroler NS-Optionspropaganda und völkische Sozialisation – "La Grande Germania chiamaǃ" La propaganda nazionalsocialista sulle Opzioni in Alto Adige e la socializzazione 'völkisch'|anno=2020|città=Castel Tirolo|editore= Museo storico-culturale della Provincia di Bolzano|isbn=978-88-95523-35-4}} 2ª ediz. ampliata, 2021, {{ISBN|978-88-95523-36-1}}.
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*{{cita libro|lingua=de|cognome=Riedmann|nome=Josef|anno=1990|titolo=Geschichte des Landes Tirol|volume=vol. 1: ''Das Mittelalter''|città=Bolzano-Innsbruck|editore=Athesia-Tyrolia|ISBN=88-7014-390-2|cid=Riedmann 1990}}
**1 ''Abschied vom Vaterland (1900-1919)''. - 1999. - 328 p.&nbsp;ISBN 88-7283-130-X
*{{cita libro|autore-capitolo=Josef Riedmann|nome=Josef|anno=1994|capitolo=I Conti del Tirolo. Loro rapporti col Ducato e Arciducato d'Austria. L'autonomia della Contea, delle città, dei comuni rurali. La Dieta e la rappresentanza centrale|curatore=Giorgio Delle Donne|titolo=Incontri sulla storia dell'Alto Adige|città=Bolzano|editore=Provincia Autonoma di Bolzano|cid=Riedmann 1994}}
**2 ''Faschistenbeil und Hakenkreuz (1920-1939)''. - 2000. - 320 p.&nbsp;ISBN 978-88-7283-148-9
*{{cita libro|autore=[[Carlo Romeo]]|anno=2005|titolo=Storia territorio società. Per le Scuole superiori|città=Bolzano|editore=Folio|ISBN=88-86857-62-4}}
**3 ''Totaler Krieg und schwerer Neubeginn (1940-1959)''. - 2001. - 331 p.&nbsp;ISBN 88-7283-152-0
*{{cita libro|autore=Carlo Romeo ''et al.''|anno=2010|titolo=Passaggi e prospettive. Lineamenti di storia locale|volume=vol. 1: ''L'area tirolese dalla preistoria al tardo Medioevo''|città=Bolzano|editore=Athesia|ISBN=978-88-8266-741-2}}
**4 ''Autonomie und Aufbruch (1960-1979)''. - 2002. - 336 p.&nbsp;ISBN 88-7283-183-0
*{{cita libro|autore=Carlo Romeo ''et al.''|anno=2011|titolo=Passaggi e prospettive. Lineamenti di storia locale|volume=vol. 2: ''Il Tirolo nell'età moderna|città=Bolzano|editore=Athesia|ISBN=978-88-8266-742-9}}
**5 ''Zwischen Europa und Provinz (1980-2000)''. - 2003. - 336 p.&nbsp;ISBN 88-7283-204-7
*{{cita libro|lingua=de|cognome=Schreiber|nome=Horst|anno=2007|titolo=Nationalsozialismus und Faschismus in Tirol und Südtirol - Opfer, Täter, Gegner|collana=Studien zu Geschichte und Politik|volume=8|città=Innsbruck-Wien-Bozen|editore=Studienverlag|ISBN=978-3-7065-4423-8}}
**(6) ''Alto Adige/Südtirol: XX secolo. Cent'anni e più in parole e immagini'' / a cura di [[Carlo Romeo]]. - 2004. - 400 p.&nbsp;ISBN 978-88-7283-197-7
*{{cita libro|lingua=de|cognome=Solderer|nome=Gottfried (a cura di|titolo=Das 20. Jahrhundert in Südtirol|volume=6 voll.|città=Bolzano|editore=Raetia 1999-2004}}
* {{de}} [[Gerald Steinacher|Steinacher, Gerald]] (2008), ''Nazis auf der Flucht. Wie Kriegsverbrecher über Italien nach Übersee entkamen'', Innsbruck-Vienna-Bolzano: Studienverlag. ISBN 3706540266
** 1 ''Abschied vom Vaterland (1900-1919)''. - 1999. - 328 p.&nbsp;ISBN 88-7283-130-X
* Steininger, Rolf (1999), ''Alto Adige-Sudtirolo 1918-1999'', Innsbruck-Vienna-Bolzano: Studienverlag. ISBN 3-7065-1350-1
** 2 ''Faschistenbeil und Hakenkreuz (1920-1939)''. - 2000. - 320 p.&nbsp;ISBN 978-88-7283-148-9
* {{de}} Steininger, Rolf (2000), ''Südtirol zwischen Diplomatie und Terror 1947-1969'', 3 voll (Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs/Pubblicazioni dell'Archivio della Provinicia di Bolzano, 6-8), Bolzano: Athesia. ISBN 9788870149975
** 3 ''Totaler Krieg und schwerer Neubeginn (1940-1959)''. - 2001. - 331 p.&nbsp;ISBN 88-7283-152-0
* Steininger, Rolf (2009), ''La questione dell'Alto Adige: una storia per immagini'', Innsbruck-Vienna-Bolzano: Studienverlag. ISBN 978-3-7065-4669-0
** 4 ''Autonomie und Aufbruch (1960-1979)''. - 2002. - 336 p.&nbsp;ISBN 88-7283-183-0
* Euregio, ''Tirolo Alto Adige Trentino - Uno sguardo storico'', Trento 2013, ISBN 9788890786020
** 5 ''Zwischen Europa und Provinz (1980-2000)''. - 2003. - 336 p.&nbsp;ISBN 88-7283-204-7
** (6) ''Alto Adige/Südtirol: XX secolo. Cent'anni e più in parole e immagini'', a cura di Carlo Romeo. - 2004. - 400 p.&nbsp;ISBN 978-88-7283-197-7
*{{cita libro|lingua=de|autore=[[Gerald Steinacher]]|anno=2008|titolo=Nazis auf der Flucht. Wie Kriegsverbrecher über Italien nach Übersee entkamen|città=Innsbruck-Wien-Bozen|editore=Studienverlag|ISBN=3-7065-4026-6|cid=Steinacher 2008}}
*{{cita libro|cognome=Steininger|nome=Rolf|anno=1999|titolo=Alto Adige-Sudtirolo 1918-1999|città=Innsbruck-Vienna-Bolzano|editore=Studienverlag|ISBN=3-7065-1350-1}}
*{{cita libro|lingua=de|cognome=Steininger|nome=Rolf|anno=2000|titolo=Südtirol zwischen Diplomatie und Terror 1947-1969|volume=3 voll.|collana=Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs/Pubblicazioni dell'Archivio della Provinicia di Bolzano|numero=6-8|città=Bolzano|editore=Athesia|ISBN=978-88-7014-997-5}}
*{{cita libro|lingua=de|autore=Rolf Steininger|titolo=Südtirol. Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart|città=Innsbruck-Wien-Bozen|editore=StudienVerlag|anno=2003|ISBN=3-7065-1348-X|cid=Steininger 2003}}
*{{cita libro|cognome=Steininger|nome=Rolf|anno=2009|titolo=La questione dell'Alto Adige: una storia per immagini|città=Innsbruck-Vienna-Bolzano|editore=StudienVerlag|ISBN=978-3-7065-4669-0}}
*{{cita libro|autore=[[Sebastiano Vassalli]]|anno=2015|titolo=Il confine. I cento anni del Sudtirolo in Italia|città=Milano|editore=Rizzoli|ISBN=978-88-17083645}}
*{{cita libro|lingua=de|cognome=Wedekind|nome=Michael|anno=2003|titolo=Nationalsozialistische Besatzungs- und Annexionspolitik in Norditalien 1943 bis 1945 – die Operationszonen "Alpenvorland" und "Adriatisches Küstenland"|collana=Militärgeschichtliche Studien|numero=38|città=München|editore=Oldenbourg|ISBN=3-486-56650-4|cid=Wedekind 2003}}
 
== Voci correlate ==
''Storia antica:''
* [[Rezia]]
* [[Norico]]
''Storia medievale:''
* [[Baliato dell'Ordine Teutonico all'Adige e nei Monti]]
*[[An der Etsch|An der Etsch und im Gebirge]]
* [[Principato vescovile di Bressanone]]
* [[Principato vescovile di Trento]]
* [[Storia del Tirolo]]
''Storia moderna e contemporanea:''
* [[Andreas Hofer]]
* [[Dipartimento dell'Alto Adige]]
''Primo dopoguerra:''
* [[Dableiber]]
* [[Domenica di sangue (1921)]]
* [[Italianizzazione dell'Alto Adige]]
* [[Opzioni in Alto Adige]]
* [[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige]]
* [[Toponomastica in lingua italiana dell'Alto Adige]]
''Secondo dopoguerra:''
* [[Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino]]
* [[Pacchetto per l'Alto Adige]]
* [[Presidenti della Provincia autonoma di Bolzano]]
* [[Proporzionale etnica]]
* [[Provincia autonoma di Bolzano]]
* [[Regione Trentino-Alto Adige]]
''Terrorismo:''
* [[Befreiungsausschuss Südtirol]]
* [[Ein Tirol]]
* [[Gruppo Stieler]]
* [[Notte dei fuochi]]
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=https://e-learning.eurac.edu/en/history-of-south-tyrol/#/|titolo=The History of South Tyrol|lingua=en|accesso=3 marzo 2025}}
* {{en}} [http://www.european-journalists.eu/The%20South%20Tyrol%20Autonomy.pdf Anthony Alcock, The South Tyrol Autonomy, County Londonderry/Bozen-Bolzano, May 2001]
* {{cita web|url=http://www.european-journalists.eu/The%20South%20Tyrol%20Autonomy.pdf|autore=Anthony Alcock|titolo=The South Tyrol Autonomy|città=County Londonderry/Bozen-Bolzano|data=maggio 2001|lingua=en|accesso=7 marzo 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110609195112/http://www.european-journalists.eu/The%20South%20Tyrol%20Autonomy.pdf#|urlmorto=sì}}
* [http://www.provincia.bz.it/astat/it/service/845.asp Rete Civica: Alto Adige in cifre]
* {{cita web|url=http://www.provincia.bz.it/astat/it/service/845.asp|titolo=Rete Civica: Alto Adige in cifre|lingua=ita, de}}
* {{en}} [http://www.bbc.co.uk/news/magazine-20633126 BBC: Bethany Bell, South Tyrol's identity crisis: Italian, German, Austrian...?]
* {{cita web|url=https://www.bbc.co.uk/news/magazine-20633126|sito=BBC|autore=Bethany Bell|titolo=South Tyrol's identity crisis: Italian, German, Austrian...?|lingua=en}}
* [http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=21023 Sergio Bertelli, Tirolesi, italiani, trentini: tre diversi approcci ad un unico territorio]
* {{de}}cita [web|url=http://zis.uibk.ac.at/stirol_doku/stirol.html |autore=Rolf Steininger, |titolo=Die Südtirolfrage]|lingua=de|accesso=7 novembre 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100920044318/http://zis.uibk.ac.at/stirol_doku/stirol.html#|urlmorto=sì}}
* {{de}}cita [web|url=http://zis.uibk.ac.at/stirol_doku/ |titolo=Università di Innsbruck: ZIS - Centro di documentazione per la storia sudtirolese]|lingua=de|accesso=7 novembre 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101109100303/http://zis.uibk.ac.at/stirol_doku/|urlmorto=sì}}
* {{cita web|url=http://www.provincia.bz.it/giornata-autonomia/|titolo=Giornata dell'Autonomia|lingua=ita, de, lld}}
*{{cita web|url=https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/Tolomei.html|sito=Istituto Treccani Magazine|titolo=Tolomei, l'"onomasticida" mancato. La politica linguistica fascista nel Südtirol/Alto Adige|autore=[[Marco Brando]]|data=27 maggio 2021}}
 
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