Francesco Crispi: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|la nave cacciatorpediniere|Francesco Crispi (cacciatorpediniere)}}
{{Quote|Voi solo mi incoraggiate ad andare in Sicilia, mentre tutti gli altri me ne dissuadono|Garibaldi a Crispi il 2 maggio 1860. In {{Cita|Duggan|p. 216}}.}}
 
{{Carica pubblica
|nome = Francesco Crispi
|immagine = Francesco Crispi 1893.jpg
|carica = [[Elenco dei presidentiPresidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|Presidente del Consiglio dei ministri]],<br />[[Ministri degli affari esteri del Regno d'Italia|ministroMinistro degli Esteri]]<br e />[[Elenco dei ministriMinistri dell'Internointerno del Regno d'Italia|ministroMinistro dell'Internointerno del Regno d'Italia]]
|monarca = [[Umberto I di = Savoia|Umberto I]]
|mandatoinizio = 29 luglio [[1887]]
|mandatofine = 6 febbraio [[1891]]
|predecessore = [[Agostino Depretis]], se<br>''sé stesso al ministero dell'Interno.interno''
|successore = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio di Rudinì]], <br>[[Giovanni Nicotera]] al ministero dell'Interno.interno
|monarca2 = Umberto I
|carica2 = Presidente del Consiglio dei ministri e ministro dell'Interno del Regno d'Italia
|mandatoinizio2 = 15 dicembre 1893
|monarca2 = [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
|mandatofine2 = 10 marzo 1896
|mandatoinizio2 = 15 dicembre [[1893]]
|predecessore2 = [[Giovanni Giolitti]]
|mandatofine2 = 10 marzo [[1896]]
|successore2 = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio di Rudinì]]
|predecessore2 = [[Giovanni Giolitti]]
|carica3 = Ministro dell'interno del Regno d'Italia
|successore2 = [[Antonio di Rudinì]]
|monarca3 = [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]]<br>Umberto I
|carica3 = Ministro dell’Interno del Regno d'Italia
|primoministro3 = Agostino Depretis
|monarca3 = [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]], Umberto I
|mandatoinizio3 = 26 dicembre 1877
|primoministro3 = Agostino Depretis
|mandatofine3 = 8 marzo 1878
|mandatoinizio3 = 26 dicembre [[1877]]
|predecessore3 = Giovanni Nicotera
|mandatofine3 = 8 marzo [[1878]]
|successore3 = Agostino Depretis
|predecessore3 = Giovanni Nicotera
|monarca4 = Umberto I
|successore3 = Agostino Depretis
|primoministro4 = Agostino Depretis
|monarca4 = Umberto I
|mandatoinizio4 = 4 aprile 1887
|primoministro4 = Agostino Depretis
|mandatoinizio4 mandatofine4 = 429 aprileluglio 1887
|predecessore4 = Agostino Depretis
|mandatofine4 = 29 luglio 1887
|successore4 = Francesco Crispi
|predecessore4 = Agostino Depretis
|carica5 = [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera dei deputati]]
|successore4 = Se stesso
|monarca5 = Vittorio Emanuele II
|carica5 = [[Presidenti della Camera dei deputati|Presidente della Camera dei deputati]]
|mandatoinizio5 = 26 novembre 1876
|monarca5 = Vittorio Emanuele II
|mandatofine5 = 26 dicembre 1877
|mandatoinizio5 = 26 novembre [[1876]]
|predecessore5 = [[Giuseppe Biancheri]]
|mandatofine5 = 26 dicembre 1877
|successore5 = [[Benedetto Cairoli]]
|predecessore5 = [[Giuseppe Biancheri]]
|carica6 = [[Deputato del Regno d'Italia]]
|successore5 = [[Benedetto Cairoli]]
|legislatura6 = {{NumLegRegno|D|VIII|IX|X|XII|XII|XIII|XIV|XV|XVI|XVII|XVIII|XIX|XX|XXI}}
|partito = [[Sinistra storica]]
|collegio6 = VIII-X: [[Collegio elettorale di Castelvetrano|Castelvetrano]] <br> XI-XIII: [[Collegio elettorale di Tricarico (Regno d'Italia)|Tricarico]] <br> XIV-XVII: [[Collegio elettorale di Palermo (Regno d'Italia)|Palermo I]] <br> XVIII-XXI: [[Collegio elettorale di Palermo II (Regno d'Italia)|Palermo II]]
|}}
|mandatoinizio6 = 18 febbraio [[1861]]
|mandatofine6 = 11 agosto [[1901]]
|sito6 = {{Deputati Regno}}
}}
{{militare
|Nome = Francesco Crispi
|Immagine = Crispi giovane.jpg
|Didascalia = Crispi a metà Ottocento
|Data_di_nascita = 4 ottobre 1818
|Nato_a = [[Ribera]], [[Regno delle Due Sicilie]]
|Data_di_morte = {{Calcola età3|1901|8|11|1818|10|4}}
|Morto_a = [[Napoli]], [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]
|Luogo_di_sepoltura = [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|Chiesa di San Domenico]], [[Palermo]]
|Etnia = [[Arbëreshë|Italo-Albanese]]
|Nazione_servita = {{SAR 1851-1861}}
|Forza_armata = {{Bandiera|ITA}} [[I Mille]]
|Arma = [[Fanteria]]
|Comandanti = [[Giuseppe Garibaldi]]
|Campagne =
|Guerre = [[Rivoluzione siciliana del 1848]]<br />[[Spedizione dei Mille]]
|Battaglie = [[Battaglia di Calatafimi]]<br />[[Insurrezione di Palermo (1860)]]
|Azioni = Soccorso ai feriti nella Battaglia di Calatafimi
|Altre_cariche = Presidente del Consiglio dei ministri<br />Ministro dell'interno<br />Ministro degli Esteri<br />Presidente della Camera dei deputati
|Note =
|Ref =
|Anni_di_servizio = 1860
}}
{{Bio
|Nome = Francesco
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|GiornoMeseMorte = 11 agosto
|AnnoMorte = 1901
|Attività = patriota
|Attività2 = politico
|Epoca = 1800
|Attività = politico
|Attività2 = militare
|Nazionalità = italiano
}}
|PostNazionalità =
|Immagine =
}}
 
Di origine [[Albanesi|albanese]], fu battezzato nella [[Chiesa greco-ortodossa|fede greco-ortodossa]]. Figura di spicco del [[Risorgimento]], fu uno degli organizzatori della [[Rivoluzione siciliana del 1848]] e fu l'ideatore e il massimo sostenitore della [[spedizione dei Mille]], alla quale partecipò. Inizialmente [[mazziniano]], si convertì agli ideali [[Monarchismo|monarchici]] nel 1864. [[Anticlericale]] e ostile allo [[Stato Pontificio]], dopo l'unità d'Italia fu quattro volte [[Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|presidente del Consiglio]]: dal 1887 al 1891 e dal 1893 al 1896. Nel primo periodo fu anche ministro degli Esteri e ministro dell'interno, nel secondo anche ministro dell'interno. Fu il primo meridionale a diventare presidente del Consiglio del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]].
 
In politica estera coltivò l'amicizia con la [[Impero tedesco|Germania]], che apparteneva con l'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] e l'[[Impero austro-ungarico|Austria]] alla [[Triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]]. Avversò quasi sempre la [[Terza Repubblica (Francia)|Francia]], contro la quale rinforzò l'[[Regio Esercito|esercito]] e la [[Regia Marina|marina]].
Inizialmente [[Giuseppe Mazzini|mazziniano]], si convertì agli ideali monarchici nel [[1864]]. Anticlericale e ostile al Vaticano, dopo l’unità d’Italia fu quattro volte presidente del Consiglio: dal [[1887]] al [[1891]] e dal [[1893]] al [[1896]]. Nel primo periodo fu anche ministro degli Esteri e ministro dell’Interno, nel secondo anche ministro dell’Interno. Fu il primo meridionale a diventare presidente del Consiglio.
 
I suoi governi si distinsero per importanti riforme sociali (come il [[Codice penale italiano del 1889|codice Zanardelli]] che abolì la [[Pena di morte in Italia|pena di morte]] e introdusse la [[libertà di sciopero]]) ma anche per la lotta agli [[anarchia|anarchici]] e ai [[socialismo|socialisti]], i cui moti dei [[Fasci siciliani]] furono repressi con la [[legge marziale]]. In campo economico il suo [[Governo Crispi IV|quarto governo]] migliorò le condizioni del Paese. Crispi sostenne tuttavia una dispendiosa [[colonialismo italiano|politica coloniale]] in [[Africa]] che, dopo alcuni successi, portò alla [[Battaglia di Adua|disfatta di Adua]] del 1896. L'evento portò alla fine della carriera politica di Crispi. Il suo avversario politico principale fu [[Giovanni Giolitti]] che lo sostituì alla guida del Paese.
In politica estera coltivò l’amicizia con la [[Impero tedesco|Germania]], alla quale l’[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] era legata dalla [[Triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]], e avversò quasi sempre la [[Terza Repubblica francese|Francia]], contro la quale rinforzò l’esercito e la marina.
 
== Biografia ==
I suoi governi si distinsero per importanti riforme sociali ([[Codice penale italiano del 1889|codice Zanardelli]], Sanità, pubblica amministrazione) ma anche per la guerra agli anarchici e ai socialisti, i cui moti dei [[Fasci siciliani]] furono repressi con la legge marziale. In campo economico il suo quarto governo migliorò le condizioni del Paese.
=== Le origini e la gioventù (fino al 1847) ===
 
La famiglia di Francesco Crispi proveniva da [[Palazzo Adriano]], presso [[Palermo]], comunità appartenente alla minoranza albanese (''[[Arbëreshë di Sicilia|arbëreshe]]'') di Sicilia. La cittadina era stata fondata sul finire del [[XV secolo]] da esuli [[albanesi]] in fuga dai [[Impero ottomano|turco-ottomani]] e il nonno paterno di Crispi, anch'egli Francesco (1763-1837), era un [[presbitero|sacerdote]] cattolico di rito orientale del clero italo-albanese<ref>Ai preti di rito bizantino (''papàs-priftërat'') della [[Chiesa cattolica italo-albanese]] (vedi [[Eparchia di Piana degli Albanesi]]), per antica tradizione canonica, è permesso l'uxorato.</ref><ref>{{Cita|Duggan|pp. 4-6}}.</ref>.
Sostenne tuttavia una dispendiosa [[Colonialismo italiano|politica coloniale]] che, dopo alcuni successi in Africa orientale, portò alla [[Battaglia di Adua|disfatta di Adua]] del 1896 e alla fine della sua carriera politica.
 
Il figlio maggiore di costui, Tommaso (1793-1857), si stabilì a Ribera, sposando una ricca vedova, Giuseppa Genova (deceduta nel 1853). Tommaso si affermò come amministratore di un importante proprietario terriero della zona, il duca di Ferrandina. Dal matrimonio di Tommaso e Giuseppa il 4 ottobre 1818 nacque a Ribera il primo maschio della coppia, Francesco Crispi, secondo di nove figli, che fu battezzato secondo il [[rito bizantino]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 7-8}}.</ref><ref>Data e località di nascita del Crispi sono oggi accertate con sicurezza, ma per qualche tempo sono state oggetto di discussione fra gli storici. La nascita nel 1819 è riportata ad esempio dal sito dell'[http://www.associazionechiesestoriche.it/domenico.htm Associazione Chiese Storiche] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150923175452/http://www.associazionechiesestoriche.it/domenico.htm |data=23 settembre 2015 }}. La controversia è segnalata sul sito [http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm Ciliberto Ribera] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211034728/http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm |data=11 febbraio 2009 }}, che fornisce anche numerosi particolari sugli anni infantili dello statista siciliano trascorsi appunto a Ribera.</ref>.
Il suo avversario politico principale fu [[Giovanni Giolitti]] che lo sostituì alla guida del Paese.
 
Il giovane Francesco, in età compresa tra i 5 e i 6 anni, fu mandato presso una famiglia di [[Villafranca Sicula|Villafranca]] affinché ricevesse un'istruzione. Nel 1829, undicenne, entrò alunno nell'importante Seminario italo-albanese di Palermo, dove gli fu impartita una formazione prevalentemente classica e dove acquisì la passione per la storia. Rettore dell'istituto era Mons. [[Giuseppe Crispi]], cugino di Tommaso<ref>[http://palazzoadriano.oldsite.it/Associazioni/ParadisoArbereshe/Articoli/Francesco_Crispi_Unità_Italia.pdf Francesco Crispi e l'Unità d'Italia - Comune di Palazzo Adriano]</ref>. Mons. Crispi era [[vescovo]] ordinante di "rito greco" (ovvero bizantino) degli albanesi di Sicilia, [[filologia|filologo]], [[ellenista (studioso)|grecista]] di fama e [[Albanologia|albanologo]], autore di diversi studi sugli albanesi e la loro origine [[Pelasgi|pelagica]]-[[illiri]]ca<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/12/13/crispi-una-vita-spericolata-fuggendo-dalla-sua.html ''Crispi, una vita spericolata fuggendo dalla sua Ribiera'']</ref>. Il piccolo Francesco rimase in seminario fino al 1834 o al 1835, periodo in cui, il padre, divenuto [[Sindaci di Ribera|sindaco di Ribera]]<ref>Tommaso fu sindaco dal 1834 al 1836 e dal 1848 al 1849. Cfr. {{cita libro | cognome=Lentini| nome=Raimondo| titolo=Sindaci, Podestà e Commissari di Ribera - Breve biografia cronologica dal 1808 ad oggi| editore=Comune| città= Ribera| anno=2002|cid= Lentini, 2002}}</ref>, incontrava grosse difficoltà politiche, di salute e finanziarie<ref>{{Cita|Duggan|pp. 8, 10-11, 14-15}}.</ref>.
== Le origini e la gioventù (fino al 1847) ==
[[File:Ribera Casa natale di Francesco Crispi.jpg|float|thumb|left|[[Ribera]] negli anni 60 del 900. Nella prima casa a destra nacque Francesco Crispi.]]
 
Nello stesso periodo Francesco frequentò il poeta e medico [[Vincenzo Navarro]], la cui amicizia segnò la sua iniziazione al [[romanticismo]]. Nel 1835 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'[[Università degli Studi di Palermo]] e due anni dopo si innamorò di Rosina D'Angelo, la figlia di un orefice. Nonostante il divieto paterno, Crispi sposò Rosina nello stesso 1837, quando la giovane ventenne era già incinta. In maggio la moglie partorì e Crispi riuscì a ricucire i rapporti con la propria famiglia. La nascitura fu battezzata Giuseppa, come la nonna paterna. Fu un matrimonio breve. Rosina morì infatti il 29 luglio 1839, il giorno dopo aver dato alla luce il secondo figlio, Tommaso. Il bambino visse poche ore e nel dicembre dello stesso anno morì anche Giuseppa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 17-19, 21-23}}.</ref><ref>Chiara Maria Pulvirenti, ''Francesco Crispi'', sul sito della [https://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR_PORTALE/PIR_150ANNI/PIR_150ANNISITO/PIR_Schede/PIR_Unmosaicodiattori/PIR_Biografie/PIR_Crispi Regione Siciliana] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722053046/https://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR_PORTALE/PIR_150ANNI/PIR_150ANNISITO/PIR_Schede/PIR_Unmosaicodiattori/PIR_Biografie/PIR_Crispi |data=22 luglio 2011 }}.</ref>.
La famiglia di Francesco Crispi era originaria della cittadina di [[Palazzo Adriano]], una piccola comunità agricola presso [[Palermo]]. Il paese era stato fondato alla fine del XV secolo da albanesi in fuga dai turchi e il nonno paterno di Crispi, anch’egli Francesco (1763-1837), era un prete del clero greco-ortodosso<ref>Ai preti greco-ortodossi era concesso il matrimonio.</ref><ref>{{Cita|Duggan|pp. 4-6}}</ref>.
 
==== Cospiratore antiborbonico ====
Il figlio maggiore di costui, Tommaso (1793-1857), si stabilì a [[Ribera]] sposando una ricca vedova, Giuseppa Genova (deceduta nel 1853). Tommaso si affermò come amministratore di un importante proprietario terriero della zona, il duca di Ferrandina. Dal matrimonio di Tommaso e Giuseppa il 4 ottobre [[1818]] nacque a Ribera il primo maschio della coppia, Francesco Crispi, secondo di nove figli, che fu battezzato nella fede greco-ortodossa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 7-8}}</ref><ref>Data e località di nascita del Crispi sono oggi accertate con sicurezza, ma per qualche tempo sono state oggetto di discussione fra gli storici. La nascita nel 1819 è riportata ad esempio dal sito dell'[http://www.associazionechiesestoriche.it/domenico.htm Associazione Chiese Storiche]. La controversia è segnalata sul sito [http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm Ciliberto Ribera], che fornisce anche numerosi particolari sugli anni infantili dello statista siciliano trascorsi appunto a [[Ribera]].</ref>.
Fra il 1838 e il 1839, prima della tragedia familiare che lo avrebbe colpito, Crispi fondò un proprio giornale, ''L'Oreteo''.<ref>Come precisato sul 1º numero del giornale, il suo nome si rifaceva al piccolo fiume palermitano [[Oreto]]. Una breve analisi della rivista si trova nella relazione di Simonetta La Barbera, "Linee e temi della stampa periodica palermitana dell'Ottocento", al convegno torinese del 2002 ''Percorsi di critica'', Milano, Vita e Pensiero, 2007, pp. 99-100. ISBN 978-88-343-1432-6. Consultabile anche su [http://books.google.it/books?id=WHyYVHCyj0sC&printsec=frontcover&dq=Percorsi+di+critica:+un+archivio+per+le+riviste+d'arte+in+Italia&hl=it&ei=jGp3TYT6IYG38QPtxpCgDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CDIQ6AEwAA#v=onepage&q=oreteo&f=false Google libri].</ref> Questa esperienza lo mise in contatto con una serie di personaggi politici fra cui il liberale napoletano [[Carlo Poerio]]. Già nel 1842 Crispi scriveva della necessità di istruire i poveri, del danno procurato dalla eccessiva ricchezza della Chiesa e della necessità che tutti i cittadini, donne incluse, fossero uguali davanti alla legge<ref>{{Cita|Duggan|pp. 26-27, 32}}.</ref>.
 
Dopo aver superato l'esame finale con un “buono”, Francesco Crispi il 24 settembre 1843 ottenne la laurea in giurisprudenza e decise di tentare l'avvocatura a [[Napoli]] (città considerata più liberale di Palermo), dove risiedette dal 1845 al 1848<ref>{{Cita|Duggan|pp. 36, 40, 44}}.</ref>.
Il piccolo Francesco, all’età di sei anni, forse cinque, fu mandato presso una famiglia di [[Villafranca Sicula|Villafranca]] affinché ricevesse un’istruzione. Nel [[1829]], undicenne, entrò nel Seminario greco-albanese di Palermo, dove gli fu impartita una formazione prevalentemente classica e dove acquisì la passione per la storia. Rettore dell’istituto era Giuseppe Crispi (1781-1859) cugino di Tommaso e quindi zio di Francesco. Il ragazzo rimase in seminario fino al [[1834]] o al [[1835]], anno in cui, il padre, divenuto [[Sindaci di Ribera|sindaco di Ribera]]<ref>Tommaso fu sindaco dal 1834 al 1836 e dal 1848 al 1849. Cfr. {{cita libro | cognome=Lentini| nome=Raimondo| titolo=Sindaci, Podestà e Commissari di Ribera - Breve biografia cronologica dal 1808 ad oggi| editore=Comune| città= Ribera| anno=2002|cid= Lentini, 2002}}</ref>, incontrava grosse difficoltà politiche, di salute e finanziarie<ref>{{Cita|Duggan|pp. 8, 10-11, 14-15}}</ref>.
Nello stesso periodo Francesco frequentò il poeta e medico [[Vincenzo Navarro]] la cui amicizia segnò la sua iniziazione al [[romanticismo]]. Nel 1835 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Palermo e due anni dopo si innamorò di Rosina D’Angelo, la figlia di un orefice. Nonostante il divieto paterno, Crispi sposò Rosina nello stesso [[1837]], quando la giovane ventenne era già incinta. In maggio la moglie partorì e Crispi riuscì a ricucire i rapporti con la propria famiglia. La nascitura fu battezzata Giuseppa, come la nonna paterna. Fu un matrimonio breve. Rosina morì infatti il 29 luglio [[1839]], il giorno dopo aver dato alla luce il secondo figlio, Tommaso. Il bambino visse poche ore e nel dicembre dello stesso anno morì anche Giuseppa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 17-19, 21-23}}</ref><ref>Chiara Maria Pulvirenti, ''Francesco Crispi'', sul sito della [https://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR_PORTALE/PIR_150ANNI/PIR_150ANNISITO/PIR_Schede/PIR_Unmosaicodiattori/PIR_Biografie/PIR_Crispi Regione Siciliana].</ref>.
 
Nel 1846 l'elezione di [[papa Pio IX]] e i suoi primi provvedimenti liberali scatenarono un'ondata di euforiche attese. L'anno dopo il liberale siciliano [[Giovanni Raffaele]], ricercato dalle autorità borboniche, prima di riparare a [[Marsiglia]], affidò a Crispi il compito di fungere da collegamento tra i capi liberali di Palermo e quelli di Napoli<ref>{{Cita|Duggan|pp. 51, 54}}.</ref>.
=== Cospiratore antiborbonico ===
[[File:Italia 1843.svg|thumb|left|L'Italia al tempo in cui Francesco Crispi era giovane. In arancio il Regno delle Due Sicilie, dove nacque.]]
 
I tempi erano ormai maturi per una rivoluzione e il 20 dicembre 1847 Crispi fu inviato a Palermo con [[Salvatore Castiglia]] per prepararla. Nei dieci giorni successivi incontrò il [[Gabriele Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza|principe Torremuzza]] (1812-1884), il [[Ferdinando Monroy, principe di Pandolfina|principe Pandolfina]], [[Rosolino Pilo]] e altri. Quando lasciò la Sicilia, il 31 dicembre, era stato raggiunto l'accordo: l'insurrezione sarebbe scoppiata il 12 gennaio, giorno del compleanno di re [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 55, 57}}.</ref>.
Fra il [[1838]] e il 1839, prima della tragedia familiare che lo avrebbe colpito, Crispi fondò un proprio giornale, ''L’Oreteo''.<ref>Come precisato sul 1º numero del giornale, il suo nome si rifaceva al piccolo fiume palermitano [[Oreto]]. Una breve analisi della rivista si trova nella relazione di Simonetta La Barbera, "Linee e temi della stampa periodica palermitana dell'Ottocento", al convegno torinese del 2002 ''Percorsi di critica'', Milano, Vita e Pensiero, 2007, pp. 99-100. ISBN 978-88-343-1432-6. Consultabile anche su [http://books.google.it/books?id=WHyYVHCyj0sC&printsec=frontcover&dq=Percorsi+di+critica:+un+archivio+per+le+riviste+d'arte+in+Italia&hl=it&ei=jGp3TYT6IYG38QPtxpCgDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CDIQ6AEwAA#v=onepage&q=oreteo&f=false Google libri].</ref> Questa esperienza lo mise in contatto con una serie di personaggi politici fra cui il liberale napoletano [[Carlo Poerio]]. Già nel [[1842]] Crispi scriveva della necessità di istruire i poveri, del danno procurato dalla eccessiva ricchezza della Chiesa e della necessità che tutti i cittadini, donne incluse, fossero uguali davanti alla legge<ref>{{Cita|Duggan|pp. 26-27, 32}}</ref>.
 
=== La rivoluzione siciliana (1848-1849) ===
Dopo aver superato l’esame finale con un “buono”, Francesco Crispi il 24 settembre [[1843]] ottenne la laurea in giurisprudenza e decise di tentare l’avvocatura a [[Napoli]] (città considerata più liberale di Palermo) dove risedette dal [[1845]] al [[1848]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 36, 40, 44}}</ref>.
{{vedi anche|Rivoluzione siciliana del 1848}}
[[File:Ribera Casa natale di Francesco Crispi.jpg|miniatura|sinistra|upright=1|Ribera negli anni 60 del Novecento. Nella prima casa a destra nacque Francesco Crispi.]]
 
La sommossa antiborbonica scoppiò a Palermo il 12 gennaio 1848. Crispi partì da Napoli per la Sicilia il giorno dopo e il 14 era a Palermo. Il Comitato generale (un governo provvisorio), diretto dal liberale [[Ruggero Settimo]], fu articolato in quattro comitati, a Crispi fu assegnato quello della Difesa, con una speciale responsabilità per l'allestimento delle barricate<ref>{{Cita|Duggan|pp. 60-61}}.</ref>.
Nel [[1846]] l’elezione di [[papa Pio IX]] e i suoi primi provvedimenti liberali scatenarono un’ondata di euforiche attese. L’anno dopo il liberale siciliano [[Giovanni Raffaele]], ricercato dalle autorità borboniche, prima di riparare a [[Marsiglia]], affidò a Crispi il compito di fare da collegamento tra i capi liberali di Palermo e quelli di Napoli<ref>{{Cita|Duggan|pp. 51, 54}}</ref>.
 
Con i primi successi militari, il 20 gennaio i comitati si riorganizzarono e quello di Crispi divenne il comitato (in pratica un ministero) di Guerra e Marina. In questi primissimi giorni della rivoluzione Crispi fondò ''L'Apostolato''.<ref>Niccolò Domenico Evola, "Crispi giornalista nel '48", in Eugenio di Carlo e Gaetano Falzone (a cura di), ''Atti del Congresso di studi storici sul '48 siciliano'', Palermo, Priulla, 1950.</ref> Su questo suo secondo foglio enunciò le sue idee politiche. Si espresse per una soluzione federale della questione italiana sulle orme delle idee di [[Vincenzo Gioberti]], e sulla necessità per la Sicilia di ottenere l'appoggio delle potenze straniere. Scrisse che occorreva dare una base legale alla rivoluzione e che allo scopo poteva essere ripristinata la [[costituzione siciliana del 1812]], gradita alla [[Regno Unito|Gran Bretagna]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 62-65}}.</ref>.
I tempi erano ormai maturi per una rivoluzione e il 20 dicembre [[1847]] Crispi fu inviato a Palermo con [[Salvatore Castiglia]] per prepararla. Nei dieci giorni successivi incontrò il [[Gabriele Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza|principe Torremuzza]] (1812-1884), il [[Ferdinando Monroy, principe di Pandolfina|principe Pandolfina]], [[Rosolino Pilo]] e altri. Quando lasciò la Sicilia, il 31 dicembre, era stato raggiunto l’accordo: l’insurrezione sarebbe scoppiata il 12 gennaio, il giorno del compleanno di re [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 55, 57}}</ref>.
 
Le sommosse intanto si andavano propagando in tutta [[Europa]]: a febbraio a [[Parigi]], a marzo e aprile nel [[Lombardo-Veneto]] (a [[Milano]] e [[Venezia]]), a [[Berlino]] e in altre città, mentre i borbonici abbandonavano quasi tutta la Sicilia agli insorti.
== La rivoluzione siciliana (1848-1849) ==
{{vedi anche|Rivoluzione siciliana del 1848}}
[[File:Rivolta di Palermo 1848.jpg|thumb|float|Francesco Crispi fu uno degli organizzatori della sommossa di Palermo del 1848 e una delle personalità del governo provvisorio antiborbonico che si costituì.]]
 
==== Deputato per la guerra a oltranza ====
La sommossa antiborbonica scoppiò a Palermo il 12 gennaio 1848. Crispi partì da Napoli per la Sicilia il giorno dopo e il 14 era a Palermo. Il Comitato generale (un governo provvisorio), diretto dal liberale [[Ruggero Settimo]], fu articolato in quattro comitati, a Crispi fu assegnato quello della Difesa, con una speciale responsabilità per l’allestimento delle barricate<ref>{{Cita|Duggan|pp. 60-61}}</ref>.
[[File:Italia 1843.svg|miniatura|sinistra|L'Italia al tempo in cui Francesco Crispi era giovane. In arancio il Regno delle Due Sicilie, dove nacque.]]
 
Il 25 marzo 1848 nella [[chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico a Palermo]] fu inaugurato il parlamento autonomo della Sicilia. Crispi fu nominato deputato di Ribera<ref>{{Cita|Duggan|p. 67}}.</ref>.
Con i primi successi militari, il 20 gennaio i comitati si riorganizzarono e quello di Crispi divenne il comitato (in pratica un ministero) di Guerra e Marina. In questi primissimi giorni della rivoluzione Crispi fondò ''L’Apostolato''.<ref>Niccolò Domenico Evola, "Crispi giornalista nel '48", in Eugenio di Carlo e Gaetano Falzone (a cura di), ''Atti del Congresso di studi storici sul '48 siciliano'', Palermo, Priulla, 1950.</ref> Su questo suo secondo foglio enunciò le sue idee politiche. Si espresse per una soluzione federale della questione italiana sulle orme delle idee di Pio IX e di [[Vincenzo Gioberti]], e sulla necessità per la Sicilia di ottenere l’appoggio delle potenze straniere. Scrisse che occorreva dare una base legale alla rivoluzione e che allo scopo poteva essere ripristinata la [[costituzione siciliana del 1812]], gradita alla [[Regno Unito|Gran Bretagna]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 62-65}}</ref>.
 
La sua posizione per una Sicilia unita ad un'Italia federale gli procurò attriti con altri componenti dei comitati rivoluzionari, che chiedevano una Sicilia completamente indipendente. Nello stesso tempo Crispi accusò il governo siciliano di negligenza e di voler sabotare i suoi sforzi di galvanizzare la resistenza militare di fronte all'avanzata delle truppe borboniche. Nell'estate del 1848 era infatti sbarcato in Sicilia un corpo di spedizione comandato dal generale [[Carlo Filangieri, principe di Satriano|Carlo Filangieri]] con lo scopo di riconquistare l'isola<ref>{{Cita|Duggan|pp. 73, 75, 77}}.</ref>.
Le sommosse intanto si andavano propagando in tutta Europa: a febbraio a Parigi, a marzo e aprile nel Lombardo-Veneto (a Milano e Venezia), a Berlino e in altre città, mentre i borbonici abbandonavano quasi tutta la Sicilia agli insorti.
 
Concluso un primo armistizio, Crispi e i suoi colleghi ([[Giuseppe La Farina]], [[Giuseppe La Masa]] e [[Salvatore Castiglia]]) aumentarono i loro sforzi per la difesa, sicuri che le ostilità sarebbero riprese. Tra l'ottobre 1848 e il febbraio 1849 furono arruolati e condotti a Palermo circa 14.000 uomini. I moderati, però, nel timore che i democratici (coloro che come Crispi auspicavano il suffragio universale) potessero usare questo esercito per instaurare una repubblica contro il Comitato generale, non aiutarono i preparativi militari. Il 29 marzo ripresero le ostilità e con loro i successi dei borbonici. Il 14 aprile, l'ammiraglio francese Charles Baudin (1784-1854) offrì, a nome del governo francese, una mediazione per la pace. La Camera siciliana la accettò e Crispi rassegnò le dimissioni da deputato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 78-80}}.</ref>.
=== Deputato per la guerra a oltranza ===
[[File:Crispi giovane.jpg|float|thumb|left|upright=0.7|Crispi a metà ottocento.]]
 
Sei giorni dopo fu convocata una riunione di personalità governative e parlamentari ed emerse una maggioranza favorevole alla pace e all'idea di affidare a Baudin la garanzia delle libertà siciliane. Fra coloro che si dichiararono invece per la guerra figurò Crispi, che, amareggiato, il 27 aprile 1849 lasciò la Sicilia su una nave diretta a Marsiglia. Il 9 maggio re Ferdinando promulgò l'amnistia per tutti coloro che avevano partecipato alla rivolta, tranne che per 43 personaggi che si riteneva l'avessero organizzata. Fra questi ultimi che non beneficiarono dell'amnistia mancava, sorprendentemente, Crispi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 80-82}}.</ref>. Il 15 Carlo Filangieri entrava a Palermo ponendo fine allo Stato siciliano.
Il 25 marzo 1848 nella [[chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico a Palermo]] fu inaugurato il parlamento autonomo della Sicilia. Crispi fu nominato deputato di Ribera<ref>{{Cita|Duggan|p. 67}}</ref>.
 
=== L'esilio in Europa (1849-1858) ===
La sua posizione federalista gli procurò attriti con altri componenti dei comitati rivoluzionari che costituivano l’ala separatista e chiedevano una Sicilia completamente indipendente. Nello stesso tempo Crispi accusò il governo siciliano di negligenza e di voler sabotare i suoi sforzi di galvanizzare la resistenza militare di fronte all’avanzata delle truppe borboniche. Nell’estate del 1848 era infatti sbarcato in Sicilia un corpo di spedizione comandato da [[Carlo Filangieri]] per riconquistare l’isola<ref>{{Cita|Duggan|pp. 73, 75, 77}}</ref>.
A Marsiglia Crispi conobbe la donna che sarebbe diventata la sua seconda moglie: [[Rosalia Montmasson|Rose Montmasson]], nata cinque anni dopo di lui nell'[[Alta Savoia]] (che a quel tempo apparteneva al Regno di Sardegna) in una famiglia di agricoltori<ref>{{Cita|Duggan|pp. 85-86}}.</ref>.
 
==== A Torino e a Malta ====
Concluso un primo armistizio, Crispi e i suoi colleghi ([[Giuseppe La Farina]], [[Giuseppe La Masa]] e Salvatore Castiglia) aumentarono i loro sforzi per la difesa, sicuri che le ostilità sarebbero riprese. Tra l’ottobre 1848 e il febbraio [[1849]] furono arruolati e condotti a Palermo circa 14.000 uomini. I moderati, però, nel timore che i democratici (coloro che come Crispi auspicavano il suffragio universale) potessero usare questo esercito per instaurare una repubblica, non aiutarono i preparativi militari. Il 29 marzo ripresero le ostilità e con loro i successi dei borbonici. Il 14 aprile, l’ammiraglio francese Charles Baudin (1784-1854) offrì, a nome del governo francese, una mediazione per la pace. La Camera la accettò e Crispi rassegnò le dimissioni da deputato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 78-80}}</ref>.
[[File:Rivolta di Palermo 1848.jpg|miniatura|left|upright=1.2|Francesco Crispi fu uno degli organizzatori della sommossa di Palermo del 1848 e una delle personalità del governo provvisorio antiborbonico che si costituì.]]
[[File:Crimea Cernaia DeStefani.JPG|miniatura|upright=1.2|I piemontesi alla battaglia della Cernaia durante la [[guerra di Crimea]]. Per il loro autoritarismo Crispi definì "barbari" sia i russi che i turchi.]]
 
Nel settembre del 1849 Crispi si trasferì da Marsiglia a [[Torino]], la capitale del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], l'unico stato italiano che avesse mantenuto la sua costituzione. Scoperto per un suo errore ad avere ancora contatti con i liberali siciliani, l'8 luglio 1850 fu bandito formalmente dal Regno delle Due Sicilie<ref>{{Cita|Duggan|pp. 87, 98-100}}.</ref>.
Sei giorni dopo fu convocata una riunione di personalità governative e parlamentari ed emerse una maggioranza favorevole alla pace e all’idea di affidare a Baudin la garanzia delle libertà siciliane. Fra coloro che si dichiararono per la guerra figurò Crispi, che, amareggiato, il 27 aprile 1849 lasciò la Sicilia su una nave diretta a Marsiglia. Il 9 maggio re Ferdinando promulgò l’amnistia per tutti coloro che avevano partecipato alla rivolta, tranne che per 43 personaggi che si riteneva l’avessero organizzata. Fra coloro mancava, sorprendentemente, Crispi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 80-82}}</ref>. Il 15 Carlo Filangieri entrava a Palermo ponendo fine allo Stato siciliano.
 
In autunno Crispi ebbe uno scambio epistolare con [[Giuseppe Mazzini]], del quale condivideva l'ideale repubblicano<ref>A Torino Crispi attraversò gravi momenti di difficoltà economica. Durante uno di questi, nel 1852, fu assistito per sei settimane da [[Giovanni Bosco|don Bosco]]. Cfr. {{Cita|Duggan|p. 114}}</ref>. Criticò i Savoia per i danni arrecati alle libertà comunali con il testo ''Il comune in Piemonte'' e, in occasione della fallita insurrezione mazziniana del febbraio 1853, il 6 marzo, fu arrestato dalla polizia torinese, interrogato e incarcerato. Il 14, assieme ad altri detenuti destinati all'espatrio, fu trasferito nel carcere [[Genova|genovese]] di San Lorenzo, fu fatto salire su una nave e il 26 fu sbarcato a [[Malta]], allora [[Colonia di Malta|colonia britannica]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 102-103, 116-119}}.</ref>.
== L’esilio in Europa (1849-1858) ==
[[File:Crimea Cernaia DeStefani.JPG|thumb|float|I piemontesi alla battaglia della Cernaia durante la [[guerra di Crimea]]. Per il loro autoritarismo Crispi definì "barbari" sia i russi che i turchi.]]
 
Nell'isola Crispi ebbe contatti con l'agguerrito cospiratore [[Nicola Fabrizi]] con il quale strinse una solida amicizia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 124-128}}.</ref> e, per tamponare la difficile situazione economica, il 15 febbraio 1854 accettò di dirigere un giornale, ''La Staffetta''. La pubblicazione adottò una linea mazziniana e assunse una posizione di neutralità riguardo alla [[guerra di Crimea]] dichiarando che non si sarebbe schierato né con i russi, né con i turchi, entrambi oppressori e “barbari”. Nel foglio Crispi criticò l'alleanza fra Gran Bretagna e [[Secondo Impero francese|Francia]] dubitando del liberalismo inglese alleato dell'autoritario [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]. A novembre il giornale inneggiò ad un'Italia «una, libera, indipendente» e a dicembre pubblicò la circolare di Mazzini che chiamava gli italiani alle armi. Di conseguenza, il 18 dello stesso mese, le autorità inglesi gli ordinarono entro quindici giorni di lasciare Malta<ref>{{Cita|Duggan|pp. 132-135}}.</ref>.
A Marsiglia Crispi conobbe la donna che sarebbe diventata la sua seconda moglie: [[Rosalia Montmasson|Rose Montmasson]], nata cinque anni dopo di lui nell’[[Alta Savoia]] (che a quel tempo apparteneva al Regno di Sardegna) in una famiglia di agricoltori<ref>{{Cita|Duggan|pp. 85-86}}</ref>.
 
Nell'ultimo periodo che gli rimaneva di permanenza sull'isola, Crispi sposò il 27 dicembre 1854 [[Rosalia Montmasson|Rose Montmasson]]. Il 30 lasciò Malta per l'Inghilterra, dove intanto si era trasferito Mazzini<ref>{{Cita|Duggan|pp. 137-138}}.</ref>.
=== A Torino e a Malta ===
Nel settembre del 1849 Crispi si trasferì da Marsiglia a [[Torino]], la capitale del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], l’unico stato italiano che avesse mantenuto la sua costituzione. Scoperto per un suo errore ad avere ancora contatti con i liberali siciliani, l’8 luglio [[1850]] fu bandito formalmente dal Regno delle Due Sicilie<ref>{{Cita|Duggan|pp. 87, 98-100}}</ref>.
 
==== A Londra con Mazzini ====
In autunno Crispi ebbe uno scambio epistolare con [[Giuseppe Mazzini]], del quale condivideva l’ideale repubblicano<ref>A Torino Crispi attraversò gravi momenti di difficoltà economica. Durante uno di questi, nel 1852, fu assistito per sei settimane da [[Giovanni Bosco|don Bosco]]. Cfr. {{Cita|Duggan|p. 114}}</ref>. Criticò i Savoia per i danni arrecati alle libertà comunali con il testo ''Il comune in Piemonte'' e, in occasione della fallita insurrezione mazziniana del febbraio 1853, il 6 marzo, fu arrestato dalla polizia torinese, interrogato e incarcerato. Il 14, assieme ad altri detenuti destinati all’espatrio, fu trasferito nel carcere genovese di San Lorenzo, fu fatto salire su di una nave e il 26 fu sbarcato a [[Malta]], allora colonia britannica<ref>{{Cita|Duggan|pp. 102-103, 116-119}}</ref>.
[[File:Lama, Domenico (1823-1890) - Giuseppe Mazzini.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.8|[[Giuseppe Mazzini]], di cui Crispi fu seguace e con cui ebbe contatti a Londra.]]
Nell’isola Crispi ebbe contatti con l’agguerrito cospiratore [[Nicola Fabrizi]] con il quale strinse una solida amicizia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 124-128}}</ref> e, per tamponare la difficile situazione economica, il 15 febbraio [[1854]] accettò di dirigere un giornale, ''La Staffetta''. La pubblicazione adottò una linea mazziniana e assunse una posizione di neutralità riguardo alla [[guerra di Crimea]] dichiarando che non si sarebbe schierato né con i russi, né con i turchi, entrambi oppressori e “barbari”. Nel foglio Crispi criticò l’alleanza fra Gran Bretagna e [[Secondo Impero francese|Francia]] dubitando del liberalismo inglese alleato dell’autoritario [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]. A novembre il giornale inneggiò ad un’Italia «una, libera, indipendente» e a dicembre pubblicò la circolare di Mazzini che chiamava gli italiani alle armi. Di conseguenza, il 18 dello stesso mese, le autorità inglesi gli ordinarono entro quindici giorni di lasciare Malta<ref>{{Cita|Duggan|pp. 132-135}}</ref>.
 
Crispi arrivò nel Regno Unito il 12 gennaio 1855. Giunto a [[Londra]], Mazzini lo invitò a fargli visita e si prodigò per aiutarlo procurandogli piccole somme di danaro e presentandolo ai suoi conoscenti<ref>Fra questi Crispi conobbe il deputato radicale italofilo James Stansfeld (1820-1898) che divenne il più importante dei suoi amici inglesi.</ref><ref>{{Cita|Duggan|pp. 138-140, 143}}.</ref>.
Nell’ultimo periodo che gli rimaneva di permanenza sull’isola, Crispi sposò il 27 dicembre 1854 [[Rosalia Montmasson|Rose Montmasson]]. Il 30 lasciò Malta per l’Inghilterra, dove intanto si era trasferito Mazzini<ref>{{Cita|Duggan|pp. 137-138}}</ref>.
 
Consigliato da Mazzini sugli autori da leggere, [[Thomas Carlyle]] e [[John Stuart Mill]] soprattutto, Crispi si immerse nella cultura del Regno Unito, ma continuò ad occuparsi di politica. Fin quando, scoraggiato per aver progettato senza esito una sommossa in Italia meridionale, decise di abbandonare Londra (di cui detestava il clima) per [[Parigi]], dove almeno non avrebbe avuto problemi con la lingua<ref>{{Cita|Duggan|pp. 143-145, 149-151}}.</ref>.
=== A Londra con Mazzini ===
[[File:Lama, Domenico (1823-1890) - Giuseppe Mazzini.jpg|left|float|thumb|upright=0.7|[[Giuseppe Mazzini]], di cui Crispi fu seguace e con cui ebbe contatti a Londra.]]
 
==== L'attentato Orsini a Parigi ====
Crispi arrivò in Inghilterra il 12 gennaio [[1855]]. Giunto a [[Londra]], Mazzini lo invitò a fargli visita e si prodigò per aiutarlo procurandogli piccole somme di danaro e presentandolo ai suoi conoscenti<ref>Fra questi Crispi conobbe il deputato radicale italofilo James Stansfeld (1820-1898) che divenne il più importante dei suoi amici inglesi.</ref><ref>{{Cita|Duggan|pp. 138-140, 143}}</ref>.
[[File:Vittori - L'attentat d'Orsini devant la façade de l'Opéra le 14 janvier 1858.jpg|miniatura|upright=1.3|L'attentato all'imperatore francese [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]. Nonostante le dichiarazioni di un testimone, il coinvolgimento di Crispi non fu mai provato.]]
 
Crispi giunse a Parigi il 10 gennaio 1856, dove trovò lavoro come [[giornalista]] e dove continuò ad avere legami con Mazzini e con la sua propaganda. Il 22 agosto lo informarono che il padre era morto e che tre anni prima era morta anche la madre. La seconda notizia gli era stata nascosta dal padre che non voleva accrescere i dispiaceri del figlio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 151-152, 160}}.</ref>.
Consigliato da Mazzini sugli autori da leggere, [[Thomas Carlyle]] e [[John Stuart Mill]] soprattutto, Crispi si immerse nella cultura britannica, ma continuò ad occuparsi di politica. Fin quando, scoraggiato per aver progettato senza esito una sommossa in Italia meridionale, decise di abbandonare Londra (di cui detestava il clima) per [[Parigi]], dove almeno non avrebbe avuto problemi con la lingua<ref>{{Cita|Duggan|pp. 143-145, 149-151}}</ref>.
 
Nel 1857 si avventurò in iniziative commerciali che non ebbero successo e l'anno dopo fu, secondo un testimone, coinvolto nell'attentato che [[Felice Orsini]] compì il 14 gennaio con altri quattro cospiratori contro Napoleone III. L'attentato fallì, poiché le tre bombe lanciate contro la carrozza dell'imperatore esplosero senza colpire il monarca (uccisero un certo numero di soldati e passanti). Dei cinque cospiratori, uno solo rimase non identificato. Nel 1908 (sette anni dopo la morte di Crispi) uno di loro, [[Carlo Di Rudio]], affermò di avere visto mezz'ora prima dell'attentato un uomo avvicinarsi e scambiare delle parole d'intesa con Orsini, e di aver riconosciuto in lui Francesco Crispi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 165-167}}.</ref>.
=== L’attentato Orsini a Parigi ===
[[File:Attempted Assassination of Emperor Napoleon III Romano.jpg|thumb|float|L'attentato all'imperatore francese [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]. Nonostante le dichiarazioni di un testimone, il coinvolgimento di Crispi non fu mai provato.]]
 
La testimonianza combaciava con quanto dichiarato da Felice Orsini che al processo affermò che la terza bomba era stata lanciata da un quinto cospiratore a cui l'aveva consegnata poco prima dell'azione e di cui non voleva fare il nome. Ma l'esistenza di un quinto cospiratore è tutt'altro che certa: lo stesso Di Rudio, al processo, contrariamente a quanto dichiarato cinquant'anni dopo, negò il particolare dell'incontro<ref>{{Cita|Duggan|p. 168}}.</ref>.
Crispi giunse a Parigi il 10 gennaio [[1856]], dove trovò lavoro come giornalista e dove continuò ad avere legami con Mazzini e con la sua propaganda. Il 22 agosto lo informarono che il padre era morto e che tre anni prima era morta anche la madre. La seconda notizia gli era stata nascosta dal padre che non voleva accrescere i dispiaceri del figlio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 151-152, 160}}</ref>.
 
Soprattutto, se Crispi fosse stato coinvolto nella congiura di Orsini, avrebbe tentato di lasciare la Francia, cosa che non fece, almeno di sua iniziativa. Nella reazione delle autorità francesi all'attentato all'Imperatore, gli investigatori raccolsero su Crispi informazioni, fra l'altro, su suoi contatti con [[Paolo Tibaldi]] (1824-1901) che nel 1857 era stato arrestato proprio con l'accusa di complottare per assassinare Napoleone III. Così, il 7 agosto 1858, gli venne notificato un decreto di espulsione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 169-170}}.</ref>.
Nel [[1857]] si avventurò in iniziative commerciali che non ebbero successo e l’anno dopo fu, secondo un testimone, coinvolto nell’attentato che [[Felice Orsini]] compì il 14 gennaio con altri quattro cospiratori contro Napoleone III. L’attentato fallì, poiché le tre bombe lanciate contro la carrozza dell’imperatore esplosero senza colpire il monarca (uccisero un certo numero di soldati e passanti). Dei cinque cospiratori, uno solo rimase non identificato. Nel 1908 (sette anni dopo la morte di Crispi) uno di loro, [[Carlo Di Rudio]], affermò di avere visto mezz’ora prima dell’attentato un uomo avvicinarsi e scambiare delle parole d'intesa con Orsini, e di aver riconosciuto in lui Francesco Crispi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 165-167}}</ref>.
 
=== Da Londra a Quarto (1858-1860) ===
La testimonianza combaciava con quanto dichiarato da Felice Orsini che al processo affermò che la terza bomba era stata lanciata da un quinto cospiratore a cui l’aveva consegnata poco prima dell’azione e di cui non voleva fare il nome. Ma l’esistenza di un quinto cospiratore è tutt’altro che certa: lo stesso Di Rudio, al processo, contrariamente a quanto dichiarato cinquant’anni dopo, negò il particolare dell’incontro<ref>{{Cita|Duggan|p. 168}}</ref>.
[[File:Francesco Crispi stampa.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.8|Francesco Crispi fu il massimo promotore della spedizione dei Mille e convinse Garibaldi a prepararla e attuarla.]]
 
Tornato a Londra, Crispi riprese i contatti con Mazzini, benché nel 1859 un avvenimento comincerà ad allontanarlo definitivamente dalle idee repubblicane: Il Piemonte dei Savoia e la Francia di Napoleone III erano riusciti a battere l'[[Impero austriaco|Austria]] nella [[seconda guerra d'indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]]. Crispi vide la possibilità di un ritorno del clima rivoluzionario e il 26 luglio sbarcò a [[Messina]] in incognito.<ref>{{Cita|Duggan|pp. 171, 174, 176-177}}.</ref>.
Soprattutto, se Crispi fosse stato coinvolto nella congiura di Orsini, avrebbe tentato di lasciare la Francia, cosa che non fece, almeno di sua iniziativa. Nella reazione delle autorità francesi all’attentato all’Imperatore, gli investigatori raccolsero su Crispi informazioni, fra l’altro, su suoi contatti con [[Paolo Tibaldi]] (1824-1901) che nel 1857 era stato arrestato proprio con l’accusa di complottare per assassinare Napoleone III. Così, il 7 agosto 1858, gli venne notificato un decreto di espulsione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 169-170}}</ref>.
== Da Londra a Quarto (1858-1860) ==
[[File:Francesco Crispi stampa.jpg|float|left|thumb|upright=0.7|Francesco Crispi fu il massimo promotore della spedizione dei Mille e convinse Garibaldi a prepararla e attuarla.]]
 
In Sicilia prese contatto con i mazziniani dell'isola che ritenevano venuto il momento di un'insurrezione. Crispi cercò di organizzarli e insegnò loro a fabbricare ordigni esplosivi. Per la sommossa fu scelta la data del 4 ottobre. Ma l'insurrezione fu prima rimandata e poi rinviata a tempo indeterminato. In Crispi nacque allora la convinzione che in futuro non si sarebbe più dovuto contare sui comitati, influenzabili dai moderati, ma (come scrisse a Mazzini) collegarsi direttamente al popolo. Inoltre, qualunque insurrezione in Sicilia avrebbe dovuto avere l'appoggio esterno di una spedizione militare<ref>{{Cita|Duggan|pp. 178-187}}.</ref>.
Tornato a Londra, Crispi riprese i contatti con Mazzini, benché nel [[1859]] un avvenimento comincerà ad allontanarlo definitivamente dalle idee repubblicane: Il Piemonte dei Savoia e la Francia di Napoleone III erano riusciti a battere l’[[Impero austriaco|Austria]] nella [[seconda guerra di indipendenza]]. Crispi vide la possibilità di un ritorno del clima rivoluzionario e il 26 luglio sbarcò, in incognito, a [[Messina]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 171, 174, 176-177}}</ref>.
 
==== I contatti con Garibaldi ====
In Sicilia prese contatto con i mazziniani dell’isola che ritenevano venuto il momento di un’insurrezione. Crispi cercò di organizzarli e insegnò loro a fabbricare ordigni esplosivi. Per la sommossa fu scelta la data del 4 ottobre. Ma l’insurrezione fu prima rimandata e poi rinviata a tempo indeterminato. In Crispi nacque allora la convinzione che in futuro non si sarebbe più dovuto contare sui comitati, influenzabili dai moderati, ma (come scrisse a Mazzini) collegarsi direttamente al popolo. Inoltre, qualunque insurrezione in Sicilia avrebbe dovuto avere l’appoggio esterno di una spedizione militare<ref>{{Cita|Duggan|pp. 178-187}}</ref>.
[[File:Filippo Palizzi - Garibaldi.jpg|miniatura|upright=0.8|[[Giuseppe Garibaldi]] si avvicinò alle idee di Mazzini e Crispi dopo la cessione di Nizza alla Francia.]]
 
Nel dicembre del 1859 Crispi prospettò una spedizione militare in appoggio ad un'insurrezione in Sicilia ad alcuni politici. Gli uomini incontrati: [[Luigi Carlo Farini]], [[Urbano Rattazzi]] e [[Giuseppe La Farina]] sollevarono varie difficoltà. Per nulla scoraggiati, il 22 febbraio e il 24 marzo 1860 Crispi e [[Rosolino Pilo]] inviarono due lettere con la stessa richiesta a [[Giuseppe Garibaldi]] che rispose interessato, ma senza impegnarsi. Le cose cambiarono però dopo il ritorno al potere di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] e la cessione di [[Nizza]] e [[Savoia (regione storica)|Savoia]] alla Francia, in cambio delle quali il Piemonte ottenne l'autorizzazione di Parigi ad annettersi formalmente l'Emilia-Romagna e la Toscana. Dopo questo scambio, che vide la cessione della città natale di Garibaldi, la rottura fra questi e Cavour fu netta e il riavvicinamento del generale a Mazzini e agli uomini come Crispi subì un'accelerazione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 189-191, 199-200, 202}}.</ref>.
=== I contatti con Garibaldi ===
[[File:Filippo Palizzi - Garibaldi.jpg|float|thumb|upright=0.7|[[Giuseppe Garibaldi]] si avvicinò alle idee di Mazzini e Crispi dopo la cessione di Nizza alla Francia.]]
 
In questa atmosfera, agli inizi di aprile, si ebbero alcuni importanti episodi rivoluzionari a Palermo. Era il momento di intervenire dall'esterno. Fattosi indietro Mazzini, il compito di convincere Garibaldi ricadde su Crispi. Costui, insieme a [[Nino Bixio]], il 7 aprile 1860 si recò allo scopo a Torino. Garibaldi si compiacque per le notizie provenienti dalla Sicilia e promise, nel caso i rapporti sulla sommossa fossero stati confermati, di tornare a Genova per preparare la spedizione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 204-206}}.</ref>.
Nel dicembre del 1859 Crispi prospettò una spedizione militare in appoggio ad una insurrezione in Sicilia ad alcuni politici. Gli uomini incontrati: [[Luigi Carlo Farini]], [[Urbano Rattazzi]] e [[Giuseppe La Farina]] sollevarono varie difficoltà. Per nulla scoraggiati, il 22 febbraio e il 24 marzo [[1860]] Crispi e [[Rosolino Pilo]] inviarono due lettere con la stessa richiesta a [[Giuseppe Garibaldi]] che rispose interessato, ma senza impegnarsi. Le cose cambiarono però dopo il ritorno al potere di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] e la cessione di [[Nizza]] e [[Savoia (regione storica)|Savoia]] alla Francia, in cambio delle quali il Piemonte ottenne l’autorizzazione di Parigi ad annettersi formalmente l’Emilia Romagna e la Toscana. Dopo questo scambio, che vide la cessione della città natale di Garibaldi, la rottura fra questi e Cavour fu netta e il riavvicinamento del generale a Mazzini e agli uomini come Crispi subì un’accelerazione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 189-191, 199-200, 202}}</ref>.
 
==== Il telegramma di Fabrizi ====
In questa atmosfera, agli inizi di aprile, si ebbero alcuni importanti episodi rivoluzionari a Palermo. Era il momento di intervenire dall’esterno. Fattosi indietro Mazzini, il compito di convincere Garibaldi ricadde su Crispi. Costui, insieme a [[Nino Bixio]], il 7 aprile 1860 si recarono allo scopo a Torino. Garibaldi si compiacque per le notizie provenienti dalla Sicilia e promise, nel caso i rapporti sulla sommossa fossero stati confermati, di tornare a Genova per preparare la spedizione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 204-206}}</ref>.
Le notizie da Palermo, però, non erano positive. Il 28 aprile 1860 dopo un telegramma di Fabrizi, decifrato da Crispi a Genova, nel quale si avvisava dell'insuccesso della rivolta, Garibaldi decise di rinunciare alla spedizione. Due giorni dopo, tuttavia, accortisi di un importante errore di decifrazione, Crispi e Bixio tornarono dal generale, al quale fu presentata la versione corretta del telegramma: «L'insurrezione vinta nella città di Palermo, si sostiene nelle province, notizie raccolte da profughi giunti a Malta su navi inglesi». Al telegramma Crispi accompagnò altre prove che la sommossa era ancora vitale, fra cui le notizie della stampa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 210-214}}.</ref>.
 
Convinto Garibaldi, lo stesso 30 aprile con [[Agostino Bertani]] fu presa la decisione formale della spedizione; mentre il chiarimento di Fabrizi da Malta che confermava la seconda versione del telegramma arrivò a Genova qualche giorno dopo<ref>{{Cita|Duggan|pp. 213-214}}.</ref>.
=== Il telegramma di Fabrizi ===
Le notizie da Palermo, però, non erano positive. Il 28 aprile dopo un telegramma di Fabrizi, decifrato da Crispi a Genova, nel quale si avvisava dell’insuccesso della rivolta, Garibaldi decise di rinunciare alla spedizione. Due giorni dopo, tuttavia, accortisi di un importante errore di decifrazione, Crispi e Bixio tornarono dal generale, al quale fu presentata la versione corretta del telegramma: «L’insurrezione vinta nella città di Palermo, si sostiene nelle province, notizie raccolte da profughi giunti a Malta su navi inglesi». Al telegramma Crispi accompagnò altre prove che la sommossa era ancora vitale, fra cui le notizie della stampa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 210-214}}</ref>.
 
=== La spedizione dei Mille (1860) ===
Convinto Garibaldi, lo stesso 30 aprile con [[Agostino Bertani]] fu presa la decisione formale della spedizione; mentre il chiarimento di Fabrizi da Malta che confermava la seconda versione del telegramma arrivò a Genova qualche giorno dopo<ref>{{Cita|Duggan|pp. 213-214}}</ref>.
 
== La spedizione dei Mille (1860) ==
{{vedi anche|Spedizione dei Mille}}
[[File:Piemonte nave dei Mille.jpg|thumb|float|left|Il ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'', la più piccola delle due navi della spedizione, sulla quale si imbarcò Crispi.]]
[[File:Battle of Calatafimi.jpg|thumb|float|Crispi partecipò da civile alla [[battaglia di Calatafimi]] esponendosi al fuoco nemico per soccorrere i feriti.]]
[[File:Conquête de la Sicile 1860.jpg|thumb|float|La conquista della Sicilia da parte dei garibaldini. In celeste il percorso dei Mille effettuato anche da Crispi.]]
 
{{citazione|Voi solo mi incoraggiate ad andare in Sicilia, mentre tutti gli altri me ne dissuadono.|[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] a Crispi il 2 maggio 1860. In {{Cita|Duggan|p. 216}}.}}
Il fatto centrale della politica piemontese di quel periodo fu la scissione creatasi sulla questione italiana tra il conte di Cavour e i moderati da un lato, e Garibaldi e re [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]] dall’altro<ref>{{Cita|Duggan|p. 192}}</ref>. I moderati, infatti, temevano il potenziale rivoluzionario di Garibaldi e dei mazziniani e avevano paura di compromettere le relazioni con le potenze straniere, prima di tutte la Francia.
 
[[File:Piemonte nave dei Mille.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.2|Il ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'', la più piccola delle due navi della spedizione, sulla quale si imbarcò Crispi.]]
Intanto, [[Rosalia Montmasson|Rose]], la moglie di Crispi, aveva deciso di partecipare all’impresa, risultando l’unica donna a imbarcarsi con [[i Mille]]. La spedizione partì da [[Quarto dei Mille|Quarto]] il 6 maggio 1860. Crispi si imbarcò sulla più piccola delle due navi, il ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'', insieme con Garibaldi. L’11 maggio le imbarcazioni erano in vista di [[Marsala]] dove lo sbarco cominciò dopo le 12. Secondo alcuni testimoni, Crispi fu il primo a scendere a terra. Entrò in città con una squadra di 50 uomini e si assicurò il controllo dei punti strategici<ref>{{Cita|Duggan|pp. 216-219}}</ref>.
[[File:Battle of Calatafimi.jpg|miniatura|upright=1.2|Crispi partecipò da civile alla [[battaglia di Calatafimi]] esponendosi al fuoco nemico per soccorrere i feriti.]]
[[File:Conquête de la Sicile 1860.jpg|miniatura|upright=1.2|La conquista della Sicilia da parte dei garibaldini. In celeste il percorso dei Mille effettuato anche da Crispi.]]
 
Il fatto centrale della politica piemontese di quel periodo fu la scissione creatasi sulla questione italiana tra il conte di Cavour e i moderati da un lato, e Garibaldi e re [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]] dall'altro<ref>{{Cita|Duggan|p. 192}}.</ref>. I moderati, infatti, temevano il potenziale rivoluzionario di Garibaldi e dei mazziniani e avevano paura di compromettere le relazioni con le potenze straniere, prima di tutte la Francia.
Da Marsala i Mille mossero verso est. A [[Salemi]] Crispi cominciò a formare il governo provvisorio. Presentò a Garibaldi un decreto che formalizzava la nomina del generale a “[[Dittatore#Epoca antica|dittatore]]” e lo lesse dal balcone del municipio. Nei giorni successivi, i Mille (che intanto erano diventati circa 2.000) proseguirono la loro avanzata verso nord-est e la mattina del 15 maggio affrontarono i borbonici che bloccavano la strada per Palermo a [[Calatafimi]]. Durante la [[battaglia di Calatafimi|battaglia]] Crispi e la moglie soccorsero i numerosi feriti esponendosi al fuoco nemico<ref>{{Cita|Duggan|pp. 220-222}}</ref>.
 
Intanto, [[Rosalia Montmasson|Rose]], la moglie di Crispi, aveva deciso di partecipare all'impresa, risultando l'unica donna a imbarcarsi con [[i Mille]]. La spedizione partì da [[Quarto dei Mille|Quarto]] il 6 maggio 1860. Crispi si imbarcò sulla più piccola delle due navi, il ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'', insieme con Garibaldi. L'11 maggio le imbarcazioni erano in vista di [[Marsala]] dove lo sbarco cominciò dopo le 12. Secondo alcuni testimoni, Crispi fu il primo a scendere a terra. Entrò in città con una squadra di 50 uomini e si assicurò il controllo dei punti strategici<ref>{{Cita|Duggan|pp. 216-219}}.</ref>.
=== Segretario di Stato in Sicilia ===
[[File:Francesco Crispi in 1860.jpg|left|thumb|float|180px|Crispi al tempo in cui fu nominato da Garibaldi segretario di Stato in Sicilia.]]
 
Da Marsala i Mille mossero verso est. A [[Salemi]] Crispi cominciò a formare il governo provvisorio. Presentò a Garibaldi un decreto che formalizzava la nomina del generale a “[[Dittatore#Epoca antica|dittatore]]” e lo lesse dal balcone del municipio. Nei giorni successivi, i Mille (che intanto erano diventati circa 2.000) proseguirono la loro avanzata verso nord-est e la mattina del 15 maggio affrontarono i borbonici che bloccavano la strada per Palermo a [[Calatafimi Segesta|Calatafimi]]. Durante la [[battaglia di Calatafimi|battaglia]] Crispi e la moglie soccorsero i numerosi feriti esponendosi al fuoco nemico<ref>{{Cita|Duggan|pp. 220-222}}.</ref>.
La vittoria dei Mille a Calatafimi dette all’impresa una notevole spinta. Garibaldi pensò che era venuto il momento di organizzare un’amministrazione efficiente e il 17 maggio 1860, ad [[Alcamo]], creò la carica di segretario di Stato, il cui compito era di proporre al dittatore le disposizioni necessarie contrassegnandone i decreti. Il primo a ottenere il mandato fu Crispi, il cui obiettivo fu quello di paralizzare le strutture borboniche locali e convincere i proprietari terrieri che l’alternativa a Garibaldi era il caos. Un decreto dello stesso giorno abolì l’imposta sul macinato e rese illegale la tassazione borbonica. Il giorno dopo un altro decreto istituì per tutti i reati la corte marziale secondo lo statuto militare penale e le leggi che erano state in vigore durante la rivoluzione siciliana del 1848-1849<ref>{{Cita|Duggan|pp. 222-224}}</ref>.
 
==== Segretario di Stato in Sicilia ====
L’obiettivo di Garibaldi era ora Palermo: ripiegò su [[Piana degli Albanesi|Piana dei Greci]] (a sud della città) dove arrivò il 24 maggio e rimase incerto sulla mossa successiva. Crispi lo esortò a proseguire verso est, su [[Misilmeri]], unirsi alle squadre di [[Giuseppe La Masa]] e puntare su Palermo da sud-est. Il consiglio fu seguito e la notte del 26 maggio i garibaldini avanzarono sulla città. Il generale divise le squadre in tre gruppi, uno dei quali fu assegnato a Crispi che fece il suo ingresso nella periferia di Palermo con la pistola in pugno assieme ai suoi uomini<ref>{{Cita|Duggan|pp. 227-228}}</ref>.
[[File:Francesco Crispi in 1860.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.8|Crispi al tempo in cui fu nominato da Garibaldi segretario di Stato in Sicilia.]]
 
La vittoria dei Mille a Calatafimi dette all'impresa una notevole spinta. Garibaldi pensò che era venuto il momento di organizzare un'amministrazione efficiente: il 14 maggio si proclamò [[Dittatura di Garibaldi|dittatore]] a [[Salemi]] e il 17 maggio 1860, ad [[Alcamo]], creò la carica di Primo segretario di Stato, il cui compito era di proporre al dittatore le disposizioni necessarie contrassegnandone i decreti. Il primo a ottenere il mandato fu Crispi, il cui obiettivo fu quello di paralizzare le strutture borboniche locali e convincere i proprietari terrieri che l'alternativa a Garibaldi era il caos<ref>{{Cita|Duggan|p. 223}}.</ref>. Un decreto dello stesso giorno abolì l'imposta sul macinato e rese illegale la tassazione borbonica. Il giorno dopo un altro decreto istituì per tutti i reati la corte marziale secondo lo statuto militare penale e le leggi che erano state in vigore durante la rivoluzione siciliana del 1848-1849<ref>{{Cita|Duggan|pp. 222-224}}.</ref>.
Nel pomeriggio del 27 gran parte della città era [[Insurrezione di Palermo|insorta]] e Crispi poté dedicarsi a creare un governo provvisorio insediando un Comitato generale articolato in varie sezioni. Fu annunciato che il furto, l’omicidio e il saccheggio sarebbero stati puniti con la morte e si provvide alla nomina di nuovi capi della polizia e all’arresto dei vecchi funzionari borbonici, in alcuni casi anche per salvarli dal linciaggio<ref>{{Cita|Duggan|p. 228}}</ref>.
 
L'obiettivo di Garibaldi era ora Palermo: ripiegò su Piana dei Greci (oggi [[Piana degli Albanesi]], a sud della città) dove arrivò il 24 maggio e rimase incerto sulla mossa successiva. Crispi lo esortò a proseguire verso est, su [[Misilmeri]], unirsi alle squadre di [[Giuseppe La Masa]] e puntare su Palermo da sud-est. Il consiglio fu seguito e la notte del 26 maggio i garibaldini avanzarono sulla città. Il generale divise le squadre in tre gruppi, uno dei quali fu assegnato a Crispi che fece il suo ingresso nella periferia di Palermo con la pistola in pugno assieme ai suoi uomini<ref>{{Cita|Duggan|pp. 227-228}}.</ref>.
Il comandante delle truppe borboniche, il generale [[Ferdinando Lanza]], dopo un primo armistizio di 24 ore, chiese una proroga e Garibaldi il 31 maggio mandò a discuterne le condizioni Crispi che, in cambio di un’ulteriore tregua di tre giorni, ottenne tra l’altro la consegna del Banco regio. Il 6 giugno venne firmata la capitolazione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 228-229}}</ref>.
 
Nel pomeriggio del 27 gran parte della città era [[Insurrezione di Palermo (1860)|insorta]] e Crispi poté dedicarsi a creare un governo provvisorio insediando un Comitato generale articolato in varie sezioni. Fu annunciato che il furto, l'omicidio e il saccheggio sarebbero stati puniti con la morte e si provvide alla nomina di nuovi capi della polizia e all'arresto dei vecchi funzionari borbonici, in alcuni casi anche per salvarli dal linciaggio<ref>{{Cita|Duggan|p. 228}}.</ref>.
=== Contro Cavour ===
[[File:Camillo Benso Cavour di Ciseri.jpg|thumb|float|160px|[[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] al contrario di Crispi auspicava l'immediata annessione della Sicilia al Regno di Sardegna.]]
 
Il comandante delle truppe borboniche, il generale [[Ferdinando Lanza]], dopo un primo armistizio di 24 ore, chiese una proroga e Garibaldi il 31 maggio mandò a discuterne le condizioni Crispi che, in cambio di un'ulteriore tregua di tre giorni, ottenne tra l'altro la consegna del Banco regio. Il 6 giugno venne firmata la capitolazione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 228-229}}.</ref>.
Obiettivo di Crispi era ora l’unità della nazione attraverso il propagarsi dell’insurrezione. Il presidente del Consiglio piemontese Cavour, invece, voleva l’annessione della Sicilia al Regno di Sardegna e impedire che la rivoluzione si propagasse fino a Roma. Ciò perché lo [[Stato Pontificio]] era protetto dalla Francia, che era una potenza amica del Piemonte. Così, per controllare e rallentare l’azione di Garibaldi, Cavour spedì in Sicilia [[Giuseppe La Farina]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 229-231}}</ref>.
 
==== Contro Cavour ====
[[File:Camillo Benso Cavour di Ciseri.jpg|miniatura|upright=0.8|[[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] al contrario di Crispi auspicava l'immediata annessione della Sicilia al Regno di Sardegna.]]
 
Obiettivo di Crispi era ora l'unità della nazione attraverso il propagarsi dell'insurrezione. Il presidente del Consiglio piemontese Cavour, invece, voleva l'annessione della Sicilia al Regno di Sardegna e impedire che la rivoluzione si propagasse fino a Roma. Ciò perché lo [[Stato Pontificio]] era protetto dalla Francia, che era una potenza amica del Piemonte. Così, per controllare e rallentare l'azione di Garibaldi, Cavour spedì in Sicilia [[Giuseppe La Farina]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 229-231}}.</ref>.
Non appena arrivato a Palermo, La Farina si impegnò a denigrare Crispi, già in difficoltà per aver esposto le sue idee anticlericali. D’altroD'altro canto l’aristocrazial'aristocrazia siciliana sperava che, annessa subito al Piemonte, l’isolal'isola avrebbe potuto godere di un’autonomiaun'autonomia di fatto. Il contrario di quello che auspicava Crispi che vedeva la Sicilia integrata solo in una nazione italiana. In grave difficoltà, quando il 23 giugno 1860 venne organizzata a Palermo un’importanteun'importante manifestazione contro di lui, Crispi diede le dimissioni, confermandole nonostante il parere contrario di Garibaldi. Quest’ultimoQuest'ultimo a sua volta ordinò l’espulsionel'espulsione di La Farina dalla Sicilia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 232-235}}.</ref>.
 
Per consolidare le posizioni dei democratici, Crispi fondò allora un giornale, ''Il Precursore'', che uscì agli inizi di luglio a Palermo. Il messaggio ai siciliani era chiaro, essi dovevano contribuire a liberare il resto degli italiani<ref>{{Cita|Duggan|pp. 237-238}}.</ref>: {{Quotecitazione|Voi gridando annessione non volete l’Italial'Italia una, volete la libertà di Sicilia e il giogo di Napoli, Roma, Venezia […] Le Alpi e il mare di Sicilia conosono i nostri confini e questi vogliamo: il carciofo lo mangi Cavour<ref>Il riferimento è alla “politica del carciofo”, ovvero, l’ottenerel'ottenere i risultati un po’po' per volta.</ref>|Crispi sul ''Precursore'', luglio 1860, in {{Cita|Duggan|p. 238}}}}
 
Il 7 settembre Garibaldi entrava a Napoli.
 
==== A Napoli contro il plebiscito ====
[[File:Napoli Castel Nuovo museo civico - ingresso di Garibaldi a Napoli - Wenzel bis.jpg|floatminiatura|thumbsinistra|leftupright=1.3|L’ingressoL'ingresso di Garibaldi a Napoli. Il [[Palazzo Doria d'Angri|palazzo]] di fronte è quello dove si svolse il 13 ottobre 1860 la riunione decisiva che portò al plebiscito avversato da Crispi.]]
 
A Napoli il governo provvisorio di Garibaldi era in gran parte nelle mani dei fedeli di Cavour. Crispi, che arrivò in città a metà settembre, insistette con il generale e ottenne di concentrare il potere nelle sue mani. Tuttavia, la spinta rivoluzionaria che aveva animato la spedizione andava affievolendosi, specie dopo la [[battaglia del Volturno]]. Per rafforzare la sua posizione presso Vittorio Emanuele II, Garibaldi nominò il 3 ottobre 1860 prodittatore di Napoli [[Giorgio Pallavicino Trivulzio|Giorgio Pallavicino]], un sostenitore di [[casa Savoia]]. Costui definì subito Crispi incompatibile con la carica di Segretario di Stato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 246-249}}.</ref>.
 
Intanto Cavour aveva dichiarato che nell’Italianell'Italia meridionale non avrebbe accettato altro che l’annessionel'annessione incondizionata al Regno di Sardegna mediante plebiscito. Crispi, che aveva ancora la speranza di far proseguire la rivoluzione per riscattare Roma e Venezia, si oppose, proponendo di far eleggere al popolo un’assembleaun'assemblea parlamentare. A lui si affiancò (per motivi molto diversi) il federalista [[Carlo Cattaneo (patriota)|Carlo Cattaneo]]. Preso fra due fuochi, Garibaldi dichiarò che la decisione sarebbe spettata ai due prodittatori di Sicilia e di Napoli, [[Antonio Mordini]] e Pallavicino. Entrambi optarono per il plebiscito e Crispi, dopo la riunione decisiva del 13 ottobre di [[Palazzo Doria d'Angri|palazzo d’Angrid'Angri]], si dimise dal governo di Garibaldi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 249-252, 256}}.</ref>.
== La scelta monarchica (1861-1865) ==
=== Deputato del parlamento italiano ===
[[File:Crispi deputato del Regno d'Italia.jpg|thumb|float|180px|Crispi deputato del Regno d’Italia, nel 1861.]]
 
Il 13 novembre 1860 Crispi diventò Maestro nella loggia [[Massoneria|massonica]] palermitana del [[Grande Oriente d'Italia]] “I Rigeneratori del 12 gennaio 1848 al 1860 Garibaldini”<ref>{{Cita|Duggan|pp. 323, 325}}.</ref><ref>Raggiunse poi velocemente il 33º grado del [[Rito scozzese antico ed accettato]]. Vedi [[Aldo Alessandro Mola]], ''Storia della Massoneria in Italia dal 1717 al 2018'', Bompiani-Giunti, Milano-Firenze, 2018, p. 133.</ref>. Due anni dopo Crispi condusse la cerimonia di iniziazione di Garibaldi<ref>Nel mese di marzo 1862 il Grande Oriente di Rito scozzese di Palermo offrì le cariche di Gran Maestro e Sovrano Gran Commendatore a Garibaldi (nel dicembre 1861 durante la prima assemblea costituente del Grande Oriente italiano di Torino aveva già ricevuto il titolo onorifico di "Primo massone d'Italia"), che accettò e ricevette successivamente tutti i gradi del [[Rito scozzese antico ed accettato]] dal 4º al 33º, a condurre la cerimonia fu Francesco Crispi, accompagnato da altri cinque fratelli [http://www.freemasons-freemasonry.com/garibaldi.html Garibaldi massone, di E. E. Stolper] su ''Pietre-Stones'', Review of Freemasonry.</ref>.
Il 27 gennaio [[1861]], prima ancora della nascita formale del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d’Italia]], avvenuta il 17 marzo, si svolsero le [[Elezioni politiche italiane del 1861|elezioni politiche]] allargate ai rappresentanti dei territori appena annessi. Crispi si candidò a Palermo, dove gli fu preferito il moderato [[Vincenzo Fardella di Torrearsa]]. A sua insaputa, però, un ricco proprietario della provincia di Trapani, Vincenzo Favara, lo aveva candidato anche nel collegio di [[Castelvetrano]], dove fu eletto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 261-262}}</ref>.
 
=== La scelta monarchica (1861-1865) ===
Il nuovo parlamento tenne la sua prima seduta a [[palazzo Carignano]], a Torino, il 18 febbraio 1861. Crispi occupò il seggio numero 58, posto all’estrema sinistra, nell’area dove si raggrupparono i circa cento deputati democratici dell’opposizione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 265-266}}</ref>.
==== Deputato del parlamento italiano ====
[[File:Crispi deputato del Regno d'Italia.jpg|miniatura|upright=0.8|Crispi deputato del Regno d'Italia, nel 1861.]]
 
Il 27 gennaio 1861, prima ancora della nascita formale del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], avvenuta il 17 marzo, si svolsero le [[Elezioni politiche italiane del 1861|elezioni politiche]] allargate ai rappresentanti dei territori appena annessi. Crispi si candidò a Palermo, dove gli fu preferito il moderato [[Vincenzo Fardella di Torrearsa]]. A sua insaputa, però, un ricco proprietario della provincia di Trapani, [[Vincenzo Favara]], lo aveva candidato anche nel collegio di [[Castelvetrano]], dove fu eletto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 261-262}}.</ref>.
=== La rottura con Mazzini ===
[[File:Aspromonte .jpg|thumb|float|left|Garibaldi ferito dai soldati italiani sull'Aspromonte. L'episodio allontanò definitivamente Crispi dalle idee rivoluzionarie.]]
 
Il nuovo parlamento tenne la sua prima seduta a [[palazzo Carignano]], a Torino, il 18 febbraio 1861. Crispi occupò il seggio numero 58, posto all'estrema sinistra, nell'area dove si raggrupparono i circa cento deputati democratici dell'opposizione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 265-266}}.</ref>.
Il conflitto fra costituzionalismo e rivoluzione, che aveva avuto una tregua con la formazione dello Stato italiano, si riaccese quando, nel [[1862]], salì al potere come presidente del Consiglio [[Urbano Rattazzi]], intenzionato a sottrarre Roma allo Stato Pontificio. Costui formò un [[Governo Rattazzi I|governo]] di centro-sinistra al quale Crispi si rifiutò di partecipare per non rompere i rapporti con i suoi amici democratici<ref>{{Cita|Duggan|p. 291}}</ref>.
 
==== La rottura con Mazzini ====
Garibaldi era intanto sbarcato in Sicilia da dove sarebbe partita una spedizione verso Roma. A Torino Crispi cercò di contenere la protesta dei moderati, ma annunciò anche il suo sostegno all’impresa. Sbarcata in Calabria, la spedizione fu stroncata nella [[giornata dell'Aspromonte]] da Rattazzi, che ebbe timore di una reazione della Francia, ancora alleata dello Stato Pontificio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 294-297}}</ref>.
[[File:Garibaldi blessé à la bataille de l'Aspromonte, Gerolamo Induno.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Garibaldi ferito dai soldati italiani sull'Aspromonte. L'episodio allontanò definitivamente Crispi dalle idee rivoluzionarie.]]
 
Il conflitto fra costituzionalismo e rivoluzione, che aveva avuto una tregua con la formazione dello Stato italiano, si riaccese quando, nel 1862, salì al potere come presidente del Consiglio [[Urbano Rattazzi]], intenzionato a sottrarre Roma allo Stato Pontificio. Costui formò un [[Governo Rattazzi I|governo]] di centro-sinistra al quale Crispi si rifiutò di partecipare per non rompere i rapporti con i suoi amici democratici<ref>{{Cita|Duggan|p. 291}}.</ref>.
Per Crispi questo episodio fu traumatico e lo portò a considerare più seriamente la strada del costituzionalismo, accrescendo la distanza che lo separava da Giuseppe Mazzini. Tale divergenza si accentuò nonostante la [[convenzione di settembre]], un accordo del [[1864]] tra Italia e Francia, stipulato dal governo di [[Marco Minghetti]]. Tale accordo prevedeva l’allontanamento delle truppe francesi dallo Stato Pontificio. In cambio l’Italia rinunciava a Roma e si impegnava a trasferire la capitale da Torino a città da definirsi (sarà scelta Firenze).
 
Garibaldi era intanto sbarcato in Sicilia da dove sarebbe partita una spedizione verso Roma. A Torino Crispi cercò di contenere la protesta dei moderati, ma annunciò anche il suo sostegno all'impresa. Sbarcata in Calabria, la spedizione fu stroncata nella [[giornata dell'Aspromonte]] da Rattazzi, che ebbe timore di una reazione della Francia, ancora alleata dello Stato Pontificio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 294-297}}.</ref>.
Crispi espresse il suo dissenso per la rinuncia italiana a Roma. L’episodio aprì la questione della monarchia e il 18 novembre Crispi affermò che, malgrado la Convenzione, non avrebbe appoggiato l’idea repubblicana. Quello stesso giorno alla Camera dei deputati pronunciò la frase che sarebbe rimasta la sua più famosa e che fra i presenti suscitò sensazione e applausi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 310-312}}</ref>: {{Quote|La monarchia ci unisce e la repubblica ci dividerebbe|Crispi, Camera dei deputati, 18 novembre 1864. In {{Cita|Duggan|p. 312}}}}
La conseguenza fu un duro attacco di Mazzini che il 3 gennaio [[1865]] dalle pagine de ''L’Unità italiana'' accusò Crispi di tradimento e opportunismo<ref>{{Cita|Duggan|p. 313}}</ref>.
 
Per Crispi questo episodio fu traumatico e lo portò a considerare più seriamente la strada del costituzionalismo, accrescendo la distanza che lo separava da Giuseppe Mazzini. Tale divergenza si accentuò nonostante la [[convenzione di settembre]], un accordo del 1864 tra Italia e Francia, stipulato dal governo di [[Marco Minghetti]]. Tale accordo prevedeva l'allontanamento delle truppe francesi dallo Stato Pontificio. In cambio l'Italia rinunciava a Roma e si impegnava a trasferire la capitale da Torino a città da definirsi (sarà scelta Firenze).
== La conquista di Roma (1865-1870) ==
[[File:Crispi 1870-1875.jpg|thumb|float|left|160px|Crispi fu coinvolto nella fallita spedizione di Garibaldi per la conquista di Roma del 1867.]]
[[File:Italia 1861-it.svg|thumb|float|180px|L'Italia prima della terza guerra di indipendenza e della presa di Roma.]]
 
Crispi espresse il suo dissenso per la rinuncia italiana a Roma. L'episodio aprì la questione della monarchia e il 18 novembre Crispi affermò che, malgrado la Convenzione, non avrebbe appoggiato l'idea repubblicana. Quello stesso giorno alla Camera dei deputati pronunciò la frase che sarebbe rimasta la sua più famosa e che fra i presenti suscitò sensazione e applausi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 310-312}}.</ref>: {{citazione|La monarchia ci unisce e la repubblica ci dividerebbe|Crispi, Camera dei deputati, 18 novembre 1864. In {{Cita|Duggan|p. 312}}}}
Nel 1864, grazie alla sua professione di avvocato, Crispi stava diventando un uomo ricco. Alla politica e all’attività forense, accompagnò l’appartenenza alla massoneria (così come altri personaggi del tempo, quali Depretis e Carducci). Il 13 novembre 1860 era infatti diventato Maestro della loggia palermitana del Grande Oriente chiamata “I Rigeneratori del 12 gennaio 1848 al 1860 Garibaldini”<ref>{{Cita|Duggan|pp. 323, 325}}</ref>.
 
La conseguenza fu un duro attacco di Mazzini che il 3 gennaio 1865 dalle pagine de ''[[L'unità italiana]]'' accusò Crispi di tradimento e opportunismo<ref>{{Cita|Duggan|p. 313}}.</ref>.
Alle [[Elezioni politiche italiane del 1865|elezioni politiche svoltesi al termine dell’ottobre 1865]] si candidò in quattro collegi e uscì vincente in due: [[Città di Castello]] e [[Castelvetrano]]. Il parlamento appena eletto, accantonata almeno momentaneamente la questione romana, dovette subito affrontare quella veneta, mentre l’[[alleanza italo-prussiana]] firmata l’anno dopo, precipitava gli eventi verso una guerra contro l’Austria. Crispi si dimostrò subito interventista<ref>{{Cita|Duggan|pp. 332-333}}</ref>.
 
=== La conquista di Roma (1865-1870) ===
Terminata la [[terza guerra di indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]] con la cessione del Veneto all’Italia, Crispi accrebbe molto la sua stima per la [[Regno di Prussia|Prussia]] e rafforzò la sua ostilità per Napoleone III colpevole, secondo lui, di aver incoraggiato l’intesa italo-prussiana allo scopo di intervenire contro i due alleati alle prime vittorie dell’Austria<ref>{{Cita|Duggan|pp. 335-336}}</ref>.
[[File:Crispi 1870-1875.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|Crispi fu coinvolto nella fallita spedizione di Garibaldi per la conquista di Roma del 1867.]]
[[File:Italia 1861-it.svg|miniatura|upright=0.8|L'Italia prima della terza guerra di indipendenza e della presa di Roma.]]
 
Nel 1864, grazie alla sua professione di avvocato<ref>Nel 1867 Crispi avvocato sostenne e perse un processo che allora divenne celebre, forse proprio per la sconfitta di Crispi. Un cassiere della sede di [[Forlì]] della [[Banca Nazionale nel Regno d'Italia]] era accusato della scomparsa di alcune somme di denaro, avvenuta l'anno precedente, cioè l'anno della terza guerra di indipendenza, ed era difeso da Leonida Busi, mentre Crispi rappresentava la Banca. Il caso coinvolse anche dei militari in partenza per il fronte, altro motivo di risonanza presso l'opinione pubblica. Il cassiere, che doveva fungere da capro espiatorio di manovre altrui, fu assolto. Ne seguì perfino la pubblicazione di svariati componimenti poetici a memoria della vicenda. Vedi: Agostino Merlini, ''Relazione storica del processo penale contro Felice Cicognani, ex cassiere della Banca nazionale succursale di Forlì, imputato di appropriazione indebita. Con documenti'', Tipografia Soc. Democratica, Forlì 1867.</ref>, Crispi stava diventando un uomo ricco.
Sul fronte interno, intanto, nel febbraio [[1867]] Ricasoli perse la fiducia alla Camera, vennero indette [[Elezioni politiche italiane del 1867|nuove elezioni]] e Crispi fu eletto in due collegi: a [[Maglie]] e [[Castelvetrano]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 341-342}}</ref>. Forte di questo ulteriore successo, Crispi in primavera fondò ''La Riforma'', che divenne il foglio della Sinistra patriottica e il cui primo numero uscì il 4 giugno<ref>{{Cita|Duggan|pp. 345-348}}</ref>.
 
Alle [[Elezioni politiche in Italia del 1865|elezioni politiche svoltesi al termine dell'ottobre 1865]] si candidò in quattro collegi e uscì vincente in due: [[Città di Castello]] e [[Castelvetrano]]. Il parlamento appena eletto, accantonata almeno momentaneamente la questione romana, dovette subito affrontare quella veneta, mentre l'[[alleanza italo-prussiana]] firmata l'anno dopo, precipitava gli eventi verso una guerra contro l'Austria. Crispi si dimostrò subito interventista<ref>{{Cita|Duggan|pp. 332-333}}.</ref>.
=== Da Mentana a Porta Pia ===
In quel periodo Garibaldi manifestò ancora l'intenzione di conquistare Roma. Memore dell’Aspromonte, Crispi cercò di dissuaderlo, ma il generale veniva segretamente incoraggiato dal capo del governo Rattazzi e da Vittorio Emanuele II. Entrambi auspicavano infatti un’insurrezione di Roma che desse adito a Garibaldi di intervenire. Quando però fu chiaro che la sommossa non sarebbe scoppiata, il 24 settembre 1867, nel timore di un intervento francese a difesa dello Stato Pontificio, Garibaldi fu arrestato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 350-352}}</ref>.
 
Terminata la [[terza guerra d'indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]] con la cessione del Veneto all'Italia, Crispi accrebbe molto la sua stima per la [[Regno di Prussia|Prussia]] e rafforzò la sua ostilità per Napoleone III colpevole, secondo lui, di aver incoraggiato l'intesa italo-prussiana allo scopo di intervenire contro i due alleati alle prime vittorie dell'Austria<ref>{{Cita|Duggan|pp. 335-336}}.</ref>.
[[File:Adolphe Yvon - Portrait of Napoleon III - Walters 3795.jpg|thumb|float|160px|Crispi era profondamente ostile a [[Napoleone III di Francia]], difensore dello Stato Pontificio.]]
[[File:BrecciaPortaPia.jpg|thumb|float|left|Porta Pia, a Roma, e la breccia (a destra) aperta dai cannoni italiani nel 1870. Per Crispi la [[presa di Roma]] fu un semplice atto di liberazione.]]
 
Sul fronte interno, intanto, nel febbraio 1867 Ricasoli perse la fiducia alla Camera, vennero indette [[Elezioni politiche in Italia del 1867|nuove elezioni]] e Crispi fu eletto in due collegi: a [[Maglie]] e [[Castelvetrano]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 341-342}}.</ref>. Forte di questo ulteriore successo, Crispi in primavera fondò ''La Riforma'', che divenne il foglio della Sinistra patriottica e il cui primo numero uscì il 4 giugno<ref>{{Cita|Duggan|pp. 345-348}}.</ref>.
Crispi ottenne di non far imprigionare Garibaldi, ma di tenerlo in una sorta di esilio a [[Caprera]]. Nello stesso tempo, attraverso ''La Riforma'', esortò i suoi lettori a non indietreggiare di fronte alla prospettiva di una guerra con la Francia. Segretamente alleato con Rattazzi, Crispi fece fuggire Garibaldi per incoraggiare un intervento militare del Re a sostegno dei liberali romani. Un proclama di Crispi e notizie della stampa parlavano ormai di rivoluzione a Roma (che in realtà non era scoppiata)<ref>{{Cita|Duggan|pp. 353-355}}</ref>.
 
==== Da Mentana a Porta Pia ====
Vittorio Emanuele II esitò e Napoleone III ordinò l’imbarco di un corpo di spedizione per [[Civitavecchia]] contro i garibaldini. A questo punto il Re incaricò il generale [[Luigi Federico Menabrea|Luigi Menabrea]] di formare un nuovo governo e condannò la spedizione di Garibaldi che il 3 novembre incontrò Crispi intenzionato ora a fermarlo. Il colloquio non portò a nulla e il giorno dopo il generale si scontrò con i francesi nella [[battaglia di Mentana]] venendo sconfitto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 356-357}}</ref>.
In quel periodo Garibaldi manifestò ancora l'intenzione di conquistare Roma. Memore dell'Aspromonte, Crispi cercò di dissuaderlo, ma il generale veniva segretamente incoraggiato dal capo del governo Rattazzi e da Vittorio Emanuele II. Entrambi auspicavano infatti un'insurrezione di Roma che desse adito a Garibaldi di intervenire. Quando però fu chiaro che la sommossa non sarebbe scoppiata, il 24 settembre 1867, nel timore di un intervento francese a difesa dello Stato Pontificio, Garibaldi fu arrestato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 350-352}}.</ref>.
 
[[File:Adolphe Yvon - Portrait of Napoleon III - Walters 3795.jpg|miniatura|upright=0.8|Crispi era profondamente ostile a [[Napoleone III di Francia]], difensore dello Stato Pontificio.]]
L'occasione definitiva di conquistare Roma si presentò tuttavia nel [[1870]], quando, scoppiata la [[guerra franco-prussiana]], Napoleone III fu sconfitto e catturato a [[Battaglia di Sedan|Sedan]]. Tutto cambiò: le uniche perplessità rimanevano sulla veste politica da dare alla presa della città. Per Crispi si trattava di un atto di liberazione: non solo l’Italia non aveva bisogno di rivendicare Roma, perché le apparteneva di diritto, ma anche l’approvazione degli stessi romani era superflua, poiché, piacesse o meno, essi erano cittadini italiani<ref>{{Cita|Duggan|pp. 381-386}}</ref>.
[[File:BrecciaPortaPia.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Porta Pia, a Roma, e la breccia (a destra) aperta dai cannoni italiani nel 1870. Per Crispi la [[presa di Roma]] fu un semplice atto di liberazione.]]
 
Crispi ottenne di non far imprigionare Garibaldi, ma di tenerlo in una sorta di esilio a [[Caprera]]. Nello stesso tempo, attraverso ''La Riforma'', esortò i suoi lettori a non indietreggiare di fronte alla prospettiva di una guerra con la Francia. Segretamente alleato con Rattazzi, Crispi fece fuggire Garibaldi per incoraggiare un intervento militare del Re a sostegno dei liberali romani. Un proclama di Crispi e notizie della stampa parlavano ormai di rivoluzione a Roma (che in realtà non era scoppiata)<ref>{{Cita|Duggan|pp. 353-355}}.</ref>.
Il 20 settembre, dopo un breve combattimento, Roma fu conquistata dalle truppe italiane che entrarono in città dalla [[Presa di Roma|breccia di Porta Pia]]. Qualche giorno dopo, Il 2 ottobre, si svolse il plebiscito che sancì l’annessione di ciò che rimaneva dello Stato Pontificio al Regno d’Italia.
 
Vittorio Emanuele II esitò e Napoleone III ordinò l'imbarco di un corpo di spedizione per [[Civitavecchia]] contro i garibaldini. A questo punto il Re incaricò il generale [[Luigi Federico Menabrea|Luigi Menabrea]] di formare un nuovo governo e condannò la spedizione di Garibaldi che il 3 novembre incontrò Crispi intenzionato ora a fermarlo. Il colloquio non portò a nulla e il giorno dopo il generale si scontrò con i francesi nella [[battaglia di Mentana]] venendo sconfitto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 356-357}}.</ref>.
== Difficoltà economiche e familiari (1870-1875) ==
Due mesi dopo la presa di Roma si svolsero le [[Elezioni politiche italiane del 1870|elezioni politiche]]. Crispi si candidò nuovamente e fu eletto sia a Castelvetrano che a [[Tricarico]], optando per questo secondo seggio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 395-396}}</ref>.
 
L'occasione definitiva di conquistare Roma si presentò tuttavia nel 1870, quando, scoppiata la [[guerra franco-prussiana]], Napoleone III fu sconfitto e catturato a [[Battaglia di Sedan|Sedan]]. Tutto cambiò: le uniche perplessità rimanevano sulla veste politica da dare alla presa della città. Per Crispi si trattava di un atto di liberazione: non solo l'Italia non aveva bisogno di rivendicare Roma, perché le apparteneva di diritto, ma anche l'approvazione degli stessi romani era superflua, poiché, piacesse o meno, essi erano cittadini italiani<ref>{{Cita|Duggan|pp. 381-386}}.</ref>.
Nell’autunno del [[1871]] il parlamento si trasferì a Roma. Crispi iniziò ad attraversare un periodo difficile: il matrimonio con Rose Montmasson era in crisi, economicamente le cose andavano male per i debiti contratti a causa de ''La Riforma'' e di un cattivo acquisto immobiliare a Firenze. I suoi discorsi alla Camera divennero più rari e avevano come oggetto la pochezza delle riforme e la mancanza di progetti politici<ref>{{Cita|Duggan|pp. 405, 407}}</ref>.
 
Il 20 settembre, dopo un breve combattimento, Roma fu conquistata dalle truppe italiane che entrarono in città dalla [[breccia di Porta Pia]]. Qualche giorno dopo, Il 2 ottobre, si svolse il [[Plebiscito di Roma del 1870|plebiscito]] che sancì l'annessione di ciò che rimaneva dello Stato Pontificio al Regno d'Italia.
Nell’agosto del 1871 si era inoltre innamorato di una vedova trentenne, Filomena (Lina) Barbagallo<ref>Nata a Lecce nel 1842, figlia di Sebastiano Barbagallo, magistrato borbonico siciliano allontanato dalla sua carica nel 1860 da Crispi e Garibaldi. Lina ventenne conobbe Crispi già nel 1863 per patrocinare la causa del padre che aveva chiesto un risarcimento economico.</ref>, ma fra il 1871 e il 1872 aveva anche avuto una relazione con Luisa Del Testa, dalla quale ebbe un figlio, Luigi. Nell’ottobre del 1873 ebbe una figlia anche da Lina, la piccola Giuseppa Ida Marianna, con la quale si dimostrò un padre molto affettuoso<ref>{{Cita|Duggan|pp. 408, 414-416}}</ref>.
 
=== Difficoltà economiche e familiari (1870-1875) ===
I rapporti con Rose erano intanto divenuti tesissimi e Crispi, che aveva già denunciato come non valido il loro matrimonio a Malta, riuscì alla fine del [[1875]] a trovare un accordo. In cambio di un assegno annuale Rose riconobbe di non essere mai stata legalmente sposata e andò via<ref>{{Cita|Duggan|p. 419}}</ref>.
Due mesi dopo la presa di Roma si svolsero le [[Elezioni politiche in Italia del 1870|elezioni politiche]]. Crispi si candidò nuovamente e fu eletto sia a Castelvetrano che a [[Tricarico]], optando per questo secondo seggio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 395-396}}.</ref>.
== I primi incarichi (1876-1878) ==
[[File:Europa 1890.jpg|thumb|float|left|L'Europa al tempo del viaggio di Crispi quale presidente della Camera.]]
[[File:General Otto von Bismarck.jpg|thumb|float|160px|Nel 1877 [[Otto von Bismarck|Bismarck]] accolse la proposta di Crispi di un'intesa italo-tedesca contro la Francia, ma poi il governo italiano vi rinunciò.]]
 
Nell'autunno del 1871 il parlamento si trasferì a Roma. Crispi iniziò ad attraversare un periodo difficile: il matrimonio con Rose Montmasson era in crisi, economicamente le cose andavano male per i debiti contratti a causa de ''La Riforma'' e di un cattivo acquisto immobiliare a Firenze. I suoi discorsi alla Camera divennero più rari e avevano come oggetto la pochezza delle riforme e la mancanza di progetti politici<ref>{{Cita|Duggan|pp. 405, 407}}.</ref>.
Dopo la schiacciante vittoria elettorale della Sinistra alle elezioni del [[1876]], il 21 novembre Crispi fu eletto presidente della Camera e, allo scoppio del [[Guerra russo-turca (1877-1878)|conflitto russo-turco]], fu incaricato di sondare a Berlino la possibilità di una guerra in comune di Italia e Germania contro l’Austria (per acquisire territori subalpini) o contro la [[Terza Repubblica francese|Francia]]. Poiché la missione doveva rimanere segreta si pensò, per confondere le acque, di estendere il viaggio anche ad altre capitali<ref>{{Cita|Duggan|pp. 434-435}}</ref>.
 
Nell'agosto del 1871 si era inoltre innamorato di una vedova trentenne, Filomena (Lina) Barbagallo<ref>Nata a Lecce nel 1842, figlia di Sebastiano Barbagallo, magistrato borbonico siciliano allontanato dalla sua carica nel 1860 da Crispi e Garibaldi. Lina ventenne conobbe Crispi già nel 1863 per patrocinare la causa del padre che aveva chiesto un risarcimento economico.</ref>, ma fra il 1871 e il 1872 aveva anche avuto una relazione con Luisa Del Testa, dalla quale ebbe un figlio, Luigi. Nell'ottobre del 1873 ebbe una figlia anche da Lina, la piccola Giuseppa Ida Marianna, con la quale si dimostrò un padre molto affettuoso<ref>{{Cita|Duggan|pp. 408, 414-416}}.</ref>.
=== Il viaggio in Europa ===
Con l’assenso sia di Vittorio Emanuele II che del presidente del Consiglio [[Agostino Depretis]], Crispi lasciò Roma il 24 agosto [[1877]]. La prima tappa fu Parigi, poi si diresse a Berlino e il 17 settembre raggiunse il Cancelliere tedesco [[Otto von Bismarck]] presso la stazione termale di [[Bad Gastein|Gastein]], in Austria. I due discussero della proposta italiana e Bismarck si dichiarò subito contrario a qualsiasi accordo contro l’Austria, mentre si dimostrò favorevole ad un’intesa contro la Francia e acconsentì a parlarne con l’imperatore [[Guglielmo I di Germania|Guglielmo I]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 435-439}}</ref>.
 
I rapporti con Rose erano intanto divenuti tesissimi e Crispi, che aveva già denunciato come non valido il loro matrimonio a Malta, riuscì alla fine del 1875 a trovare un accordo. In cambio di un assegno annuale Rose riconobbe di non essere mai stata legalmente sposata e andò via<ref>{{Cita|Duggan|p. 419}}.</ref>.
Tornato a Berlino, il 24 Crispi vide di nuovo il Cancelliere che gli confermò il suo interesse per un’alleanza sia offensiva, che sarebbe scattata nel caso la Francia avesse mobilitato l’esercito, sia difensiva. La tappa seguente fu la Gran Bretagna, tornò poi a Parigi, l’11 ottobre partì per Vienna e il 25 era di ritorno a Torino<ref>{{Cita|Duggan|pp. 440-444}}</ref>.
 
=== I primi incarichi (1876-1878) ===
Il risultato più importante del suo viaggio fu l’offerta di Bismarck di un’alleanza antifrancese, che il governo italiano alla fine ignorò. Ciò spinse il Cancelliere tedesco a indirizzare le mire della Francia dall’Alsazia e la Lorena<ref>Territori perduti dalla Francia a seguito della guerra franco-prussiana e acquisiti dalla Germania.</ref> verso il Mediterraneo e la Tunisia, territorio al quale anche l’Italia era interessata<ref>{{Cita|Duggan|pp. 445-446}}</ref>.
[[File:Europa 1890.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|L'Europa al tempo del viaggio di Crispi quale presidente della Camera.]]
[[File:General Otto von Bismarck.jpg|miniatura|upright=0.8|Nel 1877 [[Otto von Bismarck|Bismarck]] accolse la proposta di Crispi di un'intesa italo-tedesca contro la Francia, ma poi il governo italiano vi rinunciò.]]
 
Dopo la schiacciante vittoria elettorale della [[Sinistra storica|Sinistra]] alle elezioni del 1876, il 21 novembre Crispi fu eletto [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera]] e, allo scoppio del [[Guerra russo-turca (1877-1878)|conflitto russo-turco]], fu incaricato di sondare a Berlino la possibilità di una guerra in comune di Italia e Germania contro l'Austria (per acquisire territori subalpini) o contro la [[Terza Repubblica (Francia)|Francia]]. Poiché la missione doveva rimanere segreta si pensò, per confondere le acque, di estendere il viaggio anche ad altre capitali<ref>{{Cita|Duggan|pp. 434-435}}.</ref>.
=== Ministro dell’Interno per qualche mese ===
Caduto il primo governo Depretis nel dicembre del 1877 anche per scorrettezze del ministro dell’Interno [[Giovanni Nicotera]], Vittorio Emanuele II riaffidò l’incarico a Depretis. Quest’ultimo volle sostituire Nicotera con Crispi, che accettò nella speranza di ricucire i rapporti fra le diverse anime della Sinistra<ref>{{Cita|Duggan|pp. 447-448}}</ref>.
 
==== Il viaggio in Europa ====
[[File:Tomb of Victor Emmanuel Rome Italy.jpg|thumb|float|left|La tomba di Vittorio Emanuele II, che Crispi volle al Pantheon.]]
Con l'assenso sia di Vittorio Emanuele II che del presidente del Consiglio [[Agostino Depretis]], Crispi lasciò Roma il 24 agosto 1877. La prima tappa fu Parigi, poi si diresse a Berlino e il 17 settembre raggiunse il [[Cancelliere del Reich|Cancelliere tedesco]] [[Otto von Bismarck]] presso la stazione termale di [[Bad Gastein|Gastein]], in Austria. I due discussero della proposta italiana e Bismarck si dichiarò subito contrario a qualsiasi accordo contro l'Austria, mentre si dimostrò favorevole ad un'intesa contro la Francia e acconsentì a parlarne con l'imperatore [[Guglielmo I di Germania|Guglielmo I]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 435-439}}.</ref>.
[[File:Fratelli Vianelli (Giuseppe e Luigi, flor. 1860-1890 ca) - VE - Umberto I di Savoia 1.jpg|thumb|float|160px|Crispi ottenne che il nuovo re d'Italia avesse il nome di [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e non, in continuità con i sovrani di Sardegna, di Umberto IV.]]
 
Tornato a Berlino, il 24 Crispi vide di nuovo il Cancelliere che gli confermò il suo interesse per un'alleanza sia offensiva, che sarebbe scattata nel caso la Francia avesse mobilitato l'esercito, sia difensiva. La tappa seguente fu la Gran Bretagna, tornò poi a Parigi, l'11 ottobre partì per Vienna e il 25 era di ritorno a Torino<ref>{{Cita|Duggan|pp. 440-444}}.</ref>.
Il nuovo governo si insediò il 26 dicembre e Crispi dovette occuparsi dell’ordine pubblico in merito alla morte e ai funerali di Vittorio Emanuele II e di Pio IX. Chiese e ottenne che il Re fosse sepolto a Roma invece che a Torino (come d’abitudine per i sovrani di Casa Savoia) e insistette per accogliere la sua tomba al [[Pantheon (Roma)|Pantheon]], preferendo questo a qualsiasi altro monumento del cattolicesimo romano. Il funerale fu organizzato in modo tale che a Roma si riversarono circa 200.000 persone e l’ordine fu perfetto. Crispi si adoperò inoltre affinché al nuovo sovrano venisse assegnato il nome di [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e non di Umberto IV, come volevano gli ambienti piemontesi per sottolineare la continuità con i monarchi del Regno di Sardegna<ref>{{Cita|Duggan|pp. 448-452}}</ref>.
 
Il risultato più importante del suo viaggio fu l'offerta di Bismarck di un'alleanza antifrancese, che il governo italiano alla fine ignorò. Ciò spinse il Cancelliere tedesco a indirizzare le mire della Francia dall'Alsazia e la Lorena<ref>Territori perduti dalla Francia a seguito della guerra franco-prussiana e acquisiti dalla Germania.</ref> verso il Mediterraneo e la Tunisia, territorio al quale anche l'Italia era interessata<ref>{{Cita|Duggan|pp. 445-446}}.</ref>.
Deceduto il 7 febbraio [[1878]] anche Pio IX, Crispi assicurò il regolare svolgimento del conclave, vietando qualsiasi manifestazione dell’estrema Sinistra. Inoltre, su richiesta del Vaticano, inviò la polizia in piazza San Pietro per impedire disordini durante l’esposizione del corpo di Pio IX e durante i suoi funerali<ref>{{Cita|Duggan|p. 457}}</ref>.
 
==== Ministro dell'interno per qualche mese ====
=== L’accusa di bigamia ===
Caduto il primo governo Depretis nel dicembre del 1877 anche per scorrettezze del ministro dell'interno [[Giovanni Nicotera]], Vittorio Emanuele II riaffidò l'incarico a Depretis. Quest'ultimo volle sostituire Nicotera con Crispi, che accettò nella speranza di ricucire i rapporti fra le diverse anime della Sinistra<ref>{{Cita|Duggan|pp. 447-448}}.</ref>.
Tali successi non impedirono agli avversari politici di Crispi, fra cui Nicotera, di screditarlo. L’occasione si presentò quando Crispi, il 26 gennaio 1878, sposò a Napoli Lina Barbagallo. Dai suoi avversari fu rintracciato a Malta il suo certificato di matrimonio con Rose Montmasson e il 27 febbraio il giornale di [[Rocco de Zerbi]], ''Il Piccolo'', pubblicò un articolo che accusava il ministro dell’Interno di bigamia. Lo scandalo scoppiò e Crispi tentò di resistervi, ma quando le pressioni, anche dalla corte, divennero schiaccianti, il 6 marzo fu costretto a dimettersi. Due giorni dopo anche l’intero governo capitolò<ref>{{Cita|Duggan|pp. 458-460}}</ref>.
 
[[File:Tomb of Victor Emmanuel Rome Italy.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|La tomba di Vittorio Emanuele II, che Crispi volle al Pantheon.]]
Crispi affidò la faccenda al procuratore regio di Napoli, il quale concluse che l’accusa di bigamia era priva di fondamento: il sacerdote che aveva officiato a Malta non era autorizzato a celebrare matrimoni, l’atto presente nei registri parrocchiali non era stato regolarmente firmato, e Crispi non aveva registrato il matrimonio entro tre mesi dal suo arrivo in Sicilia nel 1860 come prevedeva il codice civile borbonico. La sostanza della colpa non era però giuridica e Crispi rimase responsabile di aver condotto una vita familiare irregolare. A corte tutti gli furono ostili e la sua carriera politica sembrò finita<ref>{{Cita|Duggan|pp. 460-461}}</ref>.
[[File:Fratelli Vianelli (Giuseppe e Luigi, flor. 1860-1890 ca) - VE - Umberto I di Savoia 1.jpg|miniatura|upright=0.8|Crispi ottenne che il nuovo re d'Italia avesse il nome di [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e non, in continuità con i sovrani di Sardegna, di Umberto IV.]]
 
Il nuovo governo si insediò il 26 dicembre e Crispi dovette occuparsi dell'ordine pubblico in merito alla morte e ai funerali di Vittorio Emanuele II e di Pio IX. Chiese e ottenne che il Re fosse sepolto a Roma invece che a Torino (come d'abitudine per i sovrani di Casa Savoia) e insistette per accogliere la sua tomba al [[Pantheon (Roma)|Pantheon]], preferendo questo a qualsiasi altro monumento del cattolicesimo romano. Il funerale fu organizzato in modo tale che a Roma si riversarono circa 200.000 persone e l'ordine fu perfetto. Crispi si adoperò inoltre affinché al nuovo sovrano venisse assegnato il nome di [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e non di Umberto IV, come volevano gli ambienti piemontesi per sottolineare la continuità con i monarchi del Regno di Sardegna<ref>{{Cita|Duggan|pp. 448-452}}.</ref>.
== Gli anni dell’isolamento (1878-1887) ==
[[File:Francesco Crispi anni 80.jpg|thumb|float|left|160px|Dopo l'accusa di bigamia del 1878 Crispi attraversò un periodo di isolamento politico.]]
[[File:Francesco Hayez 023.jpg|thumb|float|I [[Vespri siciliani]]. Nel 1882 Crispi organizzò una grande manifestazione in occasione del 600° anniversario della rivolta antifrancese.]]
 
Deceduto il 7 febbraio 1878 anche Pio IX, Crispi assicurò il regolare svolgimento del conclave, vietando qualsiasi manifestazione dell'estrema Sinistra. Inoltre, su richiesta del Vaticano, inviò la polizia in piazza San Pietro per impedire disordini durante l'esposizione del corpo di Pio IX e durante i suoi funerali<ref>{{Cita|Duggan|p. 457}}.</ref>.
Dopo lo scandalo la posizione politica di Crispi si indebolì. Nel 1879, di fronte alla volontà del parlamento di discriminare il Mezzogiorno in materia di tassa sul macinato, Crispi decise di prenderne fisicamente le distanze e si ritirò a Napoli<ref>{{Cita|Duggan|p. 473}}</ref>. Ma nel novembre del 1880 era di nuovo a Roma ad accusare il [[Governo Cairoli III|il terzo governo Cairoli]] di debolezza di fronte alla penetrazione della Francia in Tunisia, territorio autonomo dell’Impero ottomano, al quale anche l’Italia aspirava. Non fu ascoltato e nell’aprile del [[1881]] l’esercito francese invase la Tunisia. L’episodio convinse ancora di più Crispi che la Francia fosse irrimediabilmente ostile all’Italia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 484-485}}</ref>.
 
==== L'accusa di bigamia ====
Dimessosi [[Benedetto Cairoli]] e tornato al potere Depretis, nel giugno 1881 arrivò alla Camera il disegno per la modifica della legge elettorale. Crispi era per il suffragio universale maschile e il suo suggerimento che tutti i maschi adulti la cui alfabetizzazione fosse stata attestata da un notaio potevano votare, fu accettato. Uno sbarramento di censo rimase, ma grazie al punto sostenuto da Crispi quasi mezzo milione di italiani (oltre il 20% del corpo elettorale) acquisì il diritto di voto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 496-499}}</ref>.
Tali successi non impedirono agli avversari politici di Crispi, fra cui Nicotera, di screditarlo. L'occasione si presentò quando Crispi, il 26 gennaio 1878, sposò a Napoli Lina Barbagallo. Dai suoi avversari fu rintracciato a Malta il suo certificato di matrimonio con [[Rose Montmasson]] e il 27 febbraio il giornale di [[Rocco de Zerbi]], ''Il Piccolo'', pubblicò un articolo che accusava il ministro dell'interno di [[bigamia]]. Lo scandalo scoppiò e Crispi tentò di resistervi, ma quando le pressioni, anche dalla corte, divennero schiaccianti, il 6 marzo fu costretto a dimettersi. Due giorni dopo anche l'intero governo capitolò<ref>{{Cita|Duggan|pp. 458-460}}.</ref>.
 
Crispi affidò la faccenda al procuratore regio di Napoli, il quale concluse che l'accusa di bigamia era priva di fondamento: il sacerdote che aveva officiato a Malta non era autorizzato a celebrare matrimoni, l'atto presente nei registri parrocchiali non era stato regolarmente firmato, e Crispi non aveva registrato il matrimonio entro tre mesi dal suo arrivo in Sicilia nel 1860 come prevedeva il codice civile borbonico. La sostanza della colpa non era però giuridica e Crispi rimase responsabile di aver condotto una vita familiare irregolare. A corte tutti gli furono ostili e la sua carriera politica sembrò finita<ref>{{Cita|Duggan|pp. 460-461}}.</ref>.
Conseguenza del suffragio allargato fu la sensazione che l’Italia stesse entrando in un periodo di instabilità. Questo fattore e quello dell’isolamento in campo internazionale la portarono a concludere nel maggio [[1882]] la [[triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]] con Germania e Austria. Crispi non partecipò alla negoziazione dell’intesa, ma contribuì a prepararne il terreno grazie a ''La Riforma'' e ad una manifestazione che organizzò a Palermo in occasione del seicentesimo anniversario dei [[Vespri siciliani]], la rivolta antifrancese del 1282. In questa occasione, nel discorso del 31 marzo disse<ref>{{Cita|Duggan|pp. 502-503}}</ref>: {{Quote|Si temperano gli animi ad opere grandi e generose col ricordo delle virtù degli avi. Un popolo che dimentica i fasti del patriottismo è un popolo in decadenza. Il passato segna i doveri dell’avvenire.|Crispi, discorso del 31 marzo 1882. In {{Cita|Duggan|p. 503}}}}
 
=== Gli anni dell'isolamento (1878-1887) ===
La stampa francese non ebbe dubbi sul significato della celebrazione di Crispi e la condannò aspramente<ref>{{Cita|Duggan|p. 504}}</ref>.
[[File:Francesco Crispi anni 80.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|Dopo l'accusa di bigamia del 1878 Crispi attraversò un periodo di isolamento politico.]]
[[File:Francesco Hayez 023.jpg|miniatura|upright=1.3|I [[Vespri siciliani]]. Nel 1882 Crispi organizzò una grande manifestazione in occasione del 600º anniversario della rivolta antifrancese.]]
 
Dopo lo scandalo la posizione politica di Crispi si indebolì. Nel 1879, di fronte alla volontà del parlamento di discriminare il Mezzogiorno in materia di tassa sul macinato, Crispi decise di prenderne fisicamente le distanze e si ritirò a Napoli<ref>{{Cita|Duggan|p. 473}}.</ref>. Ma nel novembre del 1880 era di nuovo a Roma ad accusare il [[Governo Cairoli III|terzo governo Cairoli]] di debolezza di fronte alla penetrazione della Francia in Tunisia, territorio autonomo dell'[[Impero ottomano]], al quale anche l'Italia aspirava. Non fu ascoltato e nell'aprile 1881 [[Schiaffo di Tunisi|l'esercito francese invase la Tunisia]]. L'episodio convinse ancora di più Crispi che la Francia fosse irrimediabilmente ostile all'Italia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 484-485}}.</ref>.
=== La crisi egiziana e il viaggio a Londra ===
[[File:Earl Granville (1815-1891), Lord Warden of the Cinque Ports - Henry Jamyn Brooks - 1891.jpg|thumb|float|180px|Il ministro britannico [[George Leveson-Gower, II conte di Granville|Granville]] e Crispi si adoperarono per un contributo italiano alla spedizione in Egitto, ma Depretis declinò l'invito.]]
 
Dimessosi [[Benedetto Cairoli]] e tornato al potere Depretis, nel giugno 1881 arrivò alla Camera il disegno per la modifica della legge elettorale. Crispi era per il suffragio universale maschile e il suo suggerimento che tutti i maschi adulti la cui alfabetizzazione fosse stata attestata da un notaio potevano votare, fu accettato. Uno sbarramento di censo rimase, ma grazie al punto sostenuto da Crispi quasi mezzo milione di italiani (oltre il 20% del corpo elettorale) acquisì il [[Diritto di voto (Italia)|diritto di voto]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 496-499}}.</ref>.
Occupata la Tunisia dai francesi, nel 1882 Crispi pose l’attenzione su di un altro paese dell’Africa: Egitto. Qui gli inglesi e i francesi vedevano in pericolo i loro interessi a causa delle proteste popolari.
 
Conseguenza del suffragio allargato fu la sensazione che l'Italia stesse entrando in un periodo di instabilità. Questo fattore e quello dell'isolamento in campo internazionale la portarono a concludere nel maggio 1882 la [[triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]] con Germania e Austria. Crispi non partecipò alla negoziazione dell'intesa, ma contribuì a prepararne il terreno grazie a ''La Riforma'' e ad una manifestazione che organizzò a Palermo in occasione del seicentesimo anniversario dei [[Vespri siciliani]], la rivolta antifrancese del 1282. In questa occasione, nel discorso del 31 marzo disse<ref>{{Cita|Duggan|pp. 502-503}}.</ref>: {{citazione|Si temperano gli animi ad opere grandi e generose col ricordo delle virtù degli avi. Un popolo che dimentica i fasti del patriottismo è un popolo in decadenza. Il passato segna i doveri dell'avvenire.|Crispi, discorso del 31 marzo 1882. In {{Cita|Duggan|p. 503}}}}
Crispi decise di partire per un viaggio a Londra con l’intenzione di dare all’Italia un ruolo nella imminente spedizione militare e conseguire qualche risultato politico. Il ministro degli Esteri [[Pasquale Stanislao Mancini]] del [[Governo Depretis IV|governo Depretis]] non sollevò obiezioni e consegnò una lettera di presentazione a Crispi che lo accreditava come “insigne rappresentante della nazione”<ref>{{Cita|Duggan|pp. 505-506}}</ref>.
 
La stampa francese non ebbe dubbi sul significato della celebrazione di Crispi e la condannò aspramente<ref>{{Cita|Duggan|p. 504}}.</ref>.
Crispi partì il 10 luglio e, dopo una tappa a Berlino nella quale si assicurò che l’alleata Germania non avesse nulla in contrario alla sua iniziativa, si imbarcò per l’Inghilterra. Prima che raggiungesse Londra, l’ambasciata inglese a Berlino comunicò al suo governo che l’Italia voleva partecipare ad un corpo di spedizione in Egitto. Il Primo ministro britannico [[William Ewart Gladstone|Gladstone]], che ambiva ad un’azione europea, ne fu entusiasta e diede istruzioni al suo ministro degli Esteri [[George Leveson-Gower, II conte di Granville|Granville]]. Quando però costui si informò presso il governo italiano, la risposta di Mancini fu negativa e Crispi lo venne a sapere solo a Londra. Profondamente deluso dalla decisione del governo, Crispi a settembre denunciò «la politica internazionale borghese ed imbelle» di Mancini e Depretis<ref>{{Cita|Duggan|pp. 506-507, 509}}</ref>.
 
==== La Pentarchiacrisi egiziana e il viaggio a Londra ====
[[File:Earl Granville (1815-1891), Lord Warden of the Cinque Ports - Henry Jamyn Brooks - 1891.jpg|miniatura|upright=0.8|Il ministro britannico [[George Leveson-Gower, II conte di Granville|Granville]] e Crispi si adoperarono per un contributo italiano alla spedizione in Egitto, ma Depretis declinò l'invito.]]
[[File:Patria Esercito Re p120.jpg|thumb|float|left|160px|[[Benedetto Cairoli]] fu uno dei fondatori, con Crispi, della Pentarchia.]]
 
Occupata la Tunisia dai francesi, nel 1882 Crispi pose l'attenzione su di un altro paese dell'Africa: l'Egitto<ref>{{Cita libro|autore=Francesco Crispi|curatore=Tommaso Palamenghi-Crispi|titolo=La pria guerra d'Africa|anno=1914|editore=Treves|città=Milano|pp=2-3}}</ref>. Qui gli inglesi e i francesi vedevano in pericolo i loro interessi a causa delle proteste popolari.
 
Crispi decise di partire per un viaggio a Londra con l'intenzione di dare all'Italia un ruolo nella imminente spedizione militare e conseguire qualche risultato politico. Il ministro degli Esteri [[Pasquale Stanislao Mancini]] del [[Governo Depretis IV|governo Depretis]] non sollevò obiezioni e consegnò una lettera di presentazione a Crispi che lo accreditava come “insigne rappresentante della nazione”<ref>{{Cita|Duggan|pp. 505-506}}.</ref>.
 
Crispi partì il 10 luglio e, dopo una tappa a Berlino nella quale si assicurò che l'alleata Germania non avesse nulla in contrario alla sua iniziativa, si imbarcò per l'Inghilterra. Prima che raggiungesse Londra, l'ambasciata inglese a Berlino comunicò al suo governo che l'Italia voleva partecipare ad un corpo di spedizione in Egitto. Il Primo ministro britannico [[William Ewart Gladstone|Gladstone]], che ambiva ad un'azione europea, ne fu entusiasta e diede istruzioni al suo ministro degli Esteri [[George Leveson-Gower, II conte di Granville|Granville]]. Quando però costui si informò presso il governo italiano, la risposta di Mancini fu negativa e Crispi lo venne a sapere solo a Londra. Profondamente deluso dalla decisione del governo, Crispi a settembre denunciò «la politica internazionale borghese ed imbelle» di Mancini e Depretis<ref>{{Cita|Duggan|pp. 506-507, 509}}.</ref>.
 
==== La Pentarchia ====
[[File:Patria Esercito Re p120.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|[[Benedetto Cairoli]] fu uno dei fondatori, con Crispi, della Pentarchia.]]
In politica interna, intanto, l’introduzionel'introduzione della riforma elettorale aveva fatto temere che gli estremisti potessero avere buon gioco sui nuovi elettori. Il capo della Sinistra Depretis e quello della Destra [[Marco Minghetti]] cominciarono così una politica di collaborazione. Era la politica del [[trasformismo (politica)|trasformismo]], avversata da Crispi che aveva sempre invocato il bipartitismo sul modello inglese. Oltre a lui, a Sinistra si rifiutarono di seguire Depretis, Cairoli, Nicotera, [[Giuseppe Zanardelli]] e [[Alfredo Baccarini]]. Nell’estateNell'estate del [[1883]] questi cinque personaggi avviarono un movimento politico che fu chiamato la “Pentarchia”“[[Pentarchia (politica)|Pentarchia]]”<ref>{{Cita|Duggan|pp. 540-543}}.</ref>.
 
Il nuovo partito era, però, abbastanza fragile: Crispi, Nicotera e Zanardelli erano uomini litigiosi e con una forte personalità. Anche le divergenze politiche creavano problemi, soprattutto in tema di affari esteri, di protezionismo e di riforma fiscale<ref>{{Cita|Duggan|pp. 543-545}}.</ref>. Proprio la politica estera era infatti una tra le principali preoccupazioni di Crispi, che nel maggio [[1885]] criticò l’iniziatival'iniziativa del governo di inviare un contingente militare a [[Massaua]], un porto sulla costa eritrea di cui mise in discussione l’importanzal'importanza strategica<ref>{{Cita|Duggan|pp. 550-551}}.</ref>.
 
I temi principali della campagna elettorale del [[1886]] di Crispi furono la questione sociale e quella morale. [[Elezioni politiche italianein Italia del 1886|Il voto del 23 e 30 maggio]] vide la Camera divisa più o meno a metà. La maggioranza contava su circa 285 deputati e l’opposizionel'opposizione su 225, fra cui 145 deputati della Pentarchia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 557-559}}.</ref>.
 
La maggioranza era più debole di prima e dopo l’l'[[battaglia di Dogali|episodio di Dogali]], durante il quale in Eritrea una colonna di soldati italiani fu sterminata dagli etiopi, l’8l'8 febbraio [[1887]] il presidente del Consiglio Depretis si dimise. Costui, anziano e malato, dopo il nuovo incarico di Umberto I offrì a Crispi il ministero dell’Internodell'interno. Crispi accettò alla condizione di accogliere Zanardelli nel governo e un non moderato al ministero della Pubblica istruzione. Fu esaudito su entrambi i punti: Zanardelli ebbe l’incaricol'incarico di ministro della Giustizia e [[Michele Coppino]] fu chiamato alla Pubblica istruzione. Dopo nove anni Crispi era di nuovo al potere e tutto faceva pensare che sarebbe divenuto il successore di Depretis<ref>{{Cita|Duggan|pp. 559, 562-566}}.</ref>.
 
=== Il primo e il secondo governo Crispi (1887-1891) ===
{{vedi anche|Governo Crispi I|Governo Crispi II}}
[[File:Bismarck e Crispi 1887.jpg|thumbminiatura|floatupright=1|180px|L’incontroL'incontro di Friedrichsruh del 1887 fra Bismarck (a sinistra) e Crispi (a destra) avvicinò ulteriormente Germania e Italia.]]
 
Alla morte di Depretis, avvenuta il 29 luglio 1887 re Umberto I chiese a Crispi di prendere l’interiml'interim del ministero degli Esteri. Crispi accettò e il 7 agosto fu nominato presidente del Consiglio, divenendo il primo capo del governo di origine meridionale. Il Re lo preferì per il suo appoggio alla triplice alleanza e per la sua convinzione di allestire un esercito forte, benché la sua mancanza di moderazione fosse un motivo d’allarmed'allarme<ref>{{Cita|Duggan|pp. 593-595}}.</ref>.
 
==== La visita a Bismarck del 1887 ====
Nel nuovo esecutivo, Crispi riuscì a tenere per se anche il ministero dell’Internodell'interno e quello degli Esteri. Forte di questa concentrazione di poteri, il 30 settembre 1887 incontrò Bismarck a Friedrichsruh (presso Aumühle, dove il Cancelliere aveva delle proprietà). I due discussero degli equilibri internazionali e Crispi auspicò la sopravvivenza dell’dell'[[Impero ottomano]] o, in alternativa, la creazione di regioni autonome dai suoi possedimenti in Europa. Propose inoltre per la triplice alleanza una convenzione militare da attivarsi in caso di guerra, sulla quale Bismarck si dichiarò d’accordod'accordo. Quanto all’Africaall'Africa, si disse contrario alla [[Guerra d'Eritrea|guerra con l’Etiopial'Etiopia]] e accolse il consiglio di Bismarck di rivolgersi alla Gran Bretagna quale mediatrice<ref>{{Cita|Duggan|pp. 601-605}}.</ref>.
 
Il viaggio ebbe un valore politico notevole: la stampa francese si lanciò in congetture sul significato della visita e il tono dei commenti fu ostile. Anche la [[Impero russo|Russia]] reagì con grande irritazione. In Italia, invece, Umberto I si rivelò entusiasta per la prospettiva di un piano militare con la Germania<ref>{{Cita|Duggan|pp. 606-607}}.</ref>.
 
==== La riforma dell’amministrazionedell'amministrazione dello Stato ====
Il più importante disegno di legge del periodo fu il “Riordinamento dell’amministrazionedell'amministrazione centrale dello Stato”, con cui Crispi desiderava rafforzare la figura del capo del governo. Già il 4 settembre 1887 aveva costituito la Segreteria della presidenza del Consiglio, i cui compiti erano quelli di rivedere i decreti legge prima che arrivassero in parlamento e di tenere costantemente informato il presidente sullo stato della nazione<ref>{{Cita|Duggan|p. 612}}.</ref>.
 
[[File:Crispi e ministri al Quirinale nel capodanno 1888.jpg|thumbminiatura|floatsinistra|left|280pxupright=1.3|Crispi e i suoi ministri al Quirinale nel capodannoCapodanno del 1888. Alla sinistra di Crispi il ministro delle Finanzefinanze [[Agostino Magliani]]; subito dietro, il ministro della Guerra [[Ettore Bertolè Viale]].]]
[[File:CaricatureRenouvellement ofde thela TripleTriplice alliance(36682988014).jpg|thumb|float|180pxminiatura|La stampa francese ironizza sulla Triplice alleanza e sulla debolezza dell'Italia che non a caso ha il volto di Crispi.]]
Il disegno di legge mirava a separare i ruoli dell'esecutivo da quelli del parlamento, cercando di svincolare il primo dai giochi politici del secondo. Il primo punto del disegno dava all'esecutivo il diritto di decidere sul numero e le funzioni dei ministeri. La prospettiva era inoltre quella di mantenere il Re (che lo [[Statuto Albertino]] metteva a capo dell'esecutivo) libero di decidere sull'organizzazione dei vari dicasteri. Il secondo punto prevedeva l'istituzione dei sottosegretari, che avrebbero dovuto aiutare i ministri e, nello stesso tempo, fare loro da portavoce in parlamento. Nonostante gli oppositori, la legge fu approvata il 9 dicembre 1887 alla Camera e due mesi dopo al Senato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 612-613}}.</ref>.
 
==== Gli accordi militari con Germania e Austria ====
Il nuovo disegno di legge mirava invece a separare i ruoli dell’esecutivo da quelli del parlamento, cercando di svincolare il primo dai giochi politici del secondo. Il primo punto del disegno dava all’esecutivo il diritto di decidere sul numero e le funzioni dei ministeri. La prospettiva era inoltre quella di mantenere il Re (così come prevedeva lo [[Statuto Albertino|Statuto]]) libero di decidere sull’organizzazione dei vari dicasteri. Il secondo punto prevedeva l’istituzione dei sottosegretari, che avrebbero dovuto aiutare i ministri e, nello stesso tempo, fare loro da portavoce in parlamento. Nonostante gli oppositori, la legge fu approvata il 9 dicembre 1887 alla Camera e due mesi dopo al Senato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 612-613}}</ref>.
Dopo l'incontro di Friedrichsruh tra Crispi e Bismarck, quest'ultimo aveva suggerito al governo britannico di intercedere presso l'Etiopia affinché re [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni IV]] potesse arrivare alla pace con l'Italia. In questo modo l'esercito italiano sarebbe potuto rimanere in Europa. Il Primo ministro inglese [[Robert Gascoyne-Cecil, III marchese di Salisbury|Salisbury]] accettò e Crispi nella primavera del 1888 poté annunciare che la sua politica in Africa mirava alla pace<ref>{{Cita|Duggan|p. 615}}.</ref>.
 
Il 12 dicembre 1887, inoltre, l'Italia, la Gran Bretagna e l'Austria firmavano su suggerimento di Bismarck la cosiddetta seconda intesa mediterranea, con la quale Crispi e il ministro degli Esteri austriaco [[Gustav Kálnoky]], si impegnarono a mantenere lo status quo in Europa orientale<ref>{{Cita|Duggan|pp. 615-616}}.</ref>.
=== Gli accordi militari con Germania e Austria ===
Dopo l’incontro di Friedrichsruh tra Crispi e Bismarck, quest’ultimo aveva suggerito al governo britannico di intercedere presso l’Etiopia affinché re [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni IV]] potesse arrivare alla pace con l’Italia. In questo modo l’esercito italiano sarebbe potuto rimanere in Europa. Il Primo ministro inglese [[Robert Gascoyne-Cecil, III marchese di Salisbury|Salisbury]] accettò e Crispi nella primavera del [[1888]] poté annunciare che la sua politica in Africa mirava alla pace<ref>{{Cita|Duggan|p. 615}}</ref>.
 
Sul versante dell'Europa occidentale, invece, le attese di guerra erano forti sia in Italia che in Germania e crescevano quotidianamente anche a causa delle liti con la Francia orchestrate da Crispi. A Berlino Bismarck era quasi isolato nel compito di mantenere la pace e i termini della convenzione militare italo-tedesca, firmata il 28 gennaio 1888, furono condizionati dal desiderio di rendere una guerra contro la Francia attraente per la Germania. L'Italia si impegnò, infatti, probabilmente su suggerimento di Crispi, a inviare in caso di conflitto 200.000 uomini in appoggio al fianco sinistro dell'esercito tedesco sul [[Reno]]<ref>{{Cita|Duggan|p. 621}}.</ref>.
Il 12 dicembre 1887, inoltre, l’Italia, la Gran Bretagna e l’Austria firmavano su suggerimento di Bismarck la cosiddetta seconda intesa mediterranea, con la quale Crispi e il ministro degli Esteri austriaco [[Gustav Kálnoky]], si impegnarono a mantenere lo status quo in Europa orientale<ref>{{Cita|Duggan|pp. 615-616}}</ref>.
 
La Francia cominciò a prepararsi al peggio e si registrò un'accresciuta attività nella base navale di [[Tolone]]. Crispi, che conosceva i limiti della flotta italiana rispetto a quella francese, cercò di ottenere l'appoggio politico dell'Austria. Per cui, quando nel febbraio 1888 Kálnoky invitò Crispi a unirsi all'Austria e alla Germania nel garantire l'indipendenza della [[Regno di Romania|Romania]], il presidente del Consiglio italiano accettò<ref>{{Cita|Duggan|pp. 630, 634-635}}.</ref>.
Sul versante dell’Europa occidentale, invece, le attese di guerra erano forti sia in Italia che in Germania e crescevano quotidianamente anche a causa delle liti con la Francia orchestrate da Crispi. A Berlino Bismarck era quasi isolato nel compito di mantenere la pace e i termini della convenzione militare italo-tedesca, firmata il 28 gennaio 1888, furono condizionati dal desiderio di rendere una guerra contro la Francia attraente per la Germania. L’Italia si impegnò, infatti, probabilmente su suggerimento di Crispi, a inviare in caso di conflitto 200.000 uomini in appoggio al fianco sinistro dell’esercito tedesco sul [[Reno]]<ref>{{Cita|Duggan|p. 621}}</ref>.
 
La guerra con la Francia nel 1888 non scoppiò e la conseguenza fu che Crispi nei mesi successivi ebbe come obiettivo l'aumento della spesa militare: un esercito e una marina più forti avrebbero resa più attraente una guerra preventiva<ref>{{Cita|Duggan|p. 637}}.</ref>.
La Francia cominciò a prepararsi al peggio e si registro un’accresciuta attività nella base navale di [[Tolone]]. Crispi, che conosceva i limiti della flotta italiana rispetto a quella francese, cercò di ottenere l’appoggio politico dell’Austria. Per cui, quando nel febbraio 1888 Kálnoky invitò Crispi a unirsi all’Austria e alla Germania nel garantire l’indipendenza della [[Regno di Romania|Romania]], il presidente del Consiglio italiano accettò<ref>{{Cita|Duggan|pp. 630, 634-635}}</ref>.
 
==== Il codice Zanardelli e la riforma dei comuni ====
La guerra con la Francia nel 1888 non scoppiò e la conseguenza fu che Crispi nei mesi successivi ebbe come obiettivo l’aumento della spesa militare: un esercito e una marina più forti avrebbero resa più attraente una guerra preventiva<ref>{{Cita|Duggan|p. 637}}</ref>.
[[File:Giuseppe Zanardelli iii.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|La riforma del codice penale varato dal governo Crispi portava il nome del suo autore, [[Giuseppe Zanardelli]].]]
[[File:Statue de Giordano Bruno (Rome) (5974704116).jpg|miniatura|upright=0.8|La statua di [[Giordano Bruno]] a Roma, voluta da Crispi e rivolta in segno di ammonimento verso il Vaticano.<ref>Monumento di [[Ettore Ferrari]].</ref>]]
 
Calata la tensione con la Francia, il presidente del Consiglio si concentrò sulla politica interna. Egli temeva che Roma fosse ancora tentata dal potere temporale dei papi, per cui, quando il sindaco della capitale [[Leopoldo Torlonia]] si recò nel 1887 in visita al vicario pontificio per il giubileo di Leone XIII e si genuflesse, Crispi fece in modo di destituirlo. Così come la inaugurazione del 1889 della statua dell'eretico [[Giordano Bruno]] espresse l'intenzione di Crispi di imprimere su Roma il suggello della modernità<ref>{{Cita|Duggan|pp. 655-658}}.</ref>.
=== Il codice Zanardelli e la riforma dei comuni ===
[[File:Giuseppe Zanardelli iii.jpg|thumb|float|left|160px|La riforma del codice penale varato dal governo Crispi portava il nome del suo autore, [[Giuseppe Zanardelli]].]]
[[File:Statue de Giordano Bruno (Rome) (5974704116).jpg|thumb|float|160px|La statua di [[Giordano Bruno]] a Roma, voluta da Crispi e rivolta in segno di ammonimento verso il Vaticano.]]
Calata la tensione con la Francia, il presidente del Consiglio si concentrò sulla politica interna. Egli temeva che Roma fosse ancora tentata dal potere temporale dei papi, per cui, quando il sindaco della capitale [[Leopoldo Torlonia]] si recò nel 1887 in visita al vicario pontificio per il giubileo di Leone XIII e si genuflesse, Crispi fece in modo di destituirlo. Così come la inaugurazione del 1889 della statua dell’eretico [[Giordano Bruno]] espresse l’intenzione di Crispi di imprimere su Roma il suggello della modernità<ref>{{Cita|Duggan|pp. 655-658}}</ref>.
 
Nello stesso anno entrava anche in vigore il [[Codice penale italiano del 1889|nuovo codice penale]] che abolì la pena di morte e sancì formalmente il diritto di sciopero. Il grosso del lavoro era stato fatto prima che Crispi arrivasse alla presidenza del Consiglio, e poiché era stato Zanardelli a compierlo, la riforma portò il suo nome<ref>{{Cita|Duggan|p. 659}}.</ref>.
 
Un’ulterioreUn'ulteriore riforma liberale fu [[Regio decreto 10 febbraio 1889, n. 5921|quella del governo locale]], la cui legge Crispi portò all’approvazioneall'approvazione della Camera nel luglio 1888 in appena tre settimane. La nuova norma raddoppiò quasi l’elettoratol'elettorato locale poiché prevedeva un requisito di censo molto più basso rispetto alle elezioni politiche. IMa la parte più discussa della legge riguardava i sindaci, in passato nominati dal governo, che venivano ora eletti dai comuni con più di 10.000 abitanti e da tutti i capoluoghi di provincia, di circondario e di mandamento. Ma l’allargamentoL'allargamento del suffragio, tuttavia, procedette con un rafforzamento dei poteri tutelari dello Stato e a capo delle giunte provinciali amministrative, l’organol'organo di sorveglianza del governo, fu posto il prefetto. La riforma fu approvata dal Senato nel dicembre 1888 ed entrò in vigore nel febbraio [[1889]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 660-662}}.</ref>.
 
==== Il militarismo e il nuovo governo === =
Continuavano nel frattempo le amichevoli relazioni con la Germania. La visita nel 1888 del nuovo imperatore tedesco [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]] a Roma fu la prima di un monarca straniero nella nuova capitale che ebbe la sua legittimazione come tale da parte di una grande potenza cristiana.
 
Dopo il successo dell’eventodell'evento, Crispi si concentrò sul potenziamento dell’esercitodell'esercito e in dicembre presentò in parlamento un disegno di legge che prevedeva di portare le spese militari a un terzo delle uscite dello Stato. Crispi si appellò alla eccezionalità della situazione europea e al fatto che tutte le nazioni si stavano armando. La legge fu approvata, ma le tensioni nel Paese crescevano<ref>{{Cita|Duggan|pp. 667-669}}.</ref>.
 
Il ministro delle Finanzefinanze e del Tesoro [[Agostino Magliani]] risultava impopolare e fu sostituito per il Tesoro da [[Costantino Perazzi]] che nel febbraio 1889 annunciò un aumento delle imposte. Rappresentanti della Destra e dell’estremadell'estrema Sinistra si unirono per contrastare i nuovi provvedimenti e il presidente del Consiglio, il 28 dello stesso mese, decise di dimettersi. Per il governo successivo, Umberto I rinnovò la fiducia a Crispi che, conservando Esteri e Internointerno, formò un esecutivo più a Sinistra del primo e anche la base parlamentare fu più solida della precedente<ref>{{Cita|Duggan|pp. 669-670}}.</ref>.
Terminata la crisi, nel maggio 1889 re Umberto ricambiò la visita di Guglielmo II e si recò a Berlino con Crispi che colse l’occasione per incontrare Bismarck e il suo entourage. Con alcune personalità, fra cui il capo di stato maggiore [[Alfred von Waldersee]], il presidente del Consiglio confessò che sebbene non fosse ancora arrivato il momento per una guerra contro la Francia, aveva intenzione di riacquistare Nizza e, sul fronte austriaco, era interessato al [[Trentino-Alto Adige|Sud Tirolo]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 673-674}}</ref>.
 
Terminata la crisi, nel maggio 1889 re Umberto ricambiò la visita di Guglielmo II e si recò a Berlino con Crispi che colse l'occasione per incontrare Bismarck e il suo entourage. Con alcune personalità, fra cui il capo di stato maggiore [[Alfred von Waldersee]], il presidente del Consiglio confessò che sebbene non fosse ancora arrivato il momento per una guerra contro la Francia, aveva intenzione di riacquistare Nizza e, sul fronte austriaco, era interessato al [[Trentino-Alto Adige|Sud Tirolo]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 673-674}}.</ref>.
=== La politica coloniale e il trattato di Uccialli ===
 
{{vedi anche|Guerra d'Eritrea}}
==== La politica coloniale e il trattato di Uccialli ====
[[File:Parco aerostatico italiano in Eritrea 1888.jpg|thumb|left|float|Eritrea 1888: il parco aerostatico della spedizione italiana.]]
{{vedi anche|Guerra d'Eritrea|Trattato di Uccialli}}
[[File:Eritrea-CIA WFB Map.png|thumb|float|Dopo la marcia dell'esercito italiano da Massaua ad Asmara voluta da Crispi, nacque nel 1890 la prima colonia italiana: l'[[Colonia eritrea|Eritrea]].]]
[[File:Parco aerostatico italiano in Eritrea 1888.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.2|Eritrea 1888: il parco aerostatico della spedizione italiana.]]
[[File:Eritrea-CIA WFB Map.png|miniatura|upright=1|Dopo la marcia dell'esercito italiano da Massaua ad Asmara voluta da Crispi, nacque nel 1890 la prima colonia italiana: l'[[Colonia eritrea|Eritrea]].]]
Stabilizzatasi la situazione in Europa, Crispi puntò la sua attenzione sull’Africasull'Africa orientale, dove il re dello [[Scioa]], [[Menelik II]], era divenuto rivale del suo imperatore, il [[negus]] [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni IV]]. Quest’ultimoQuest'ultimo conduceva dal 1885 una strisciante [[Guerra d'Eritrea|guerra]] contro l’Italial'Italia, che nel 1887 era stata sconfitta a [[Battaglia di Dogali|Dogali]]. Nulla di più naturale, quindi, che Roma appoggiasse Menelik nella sua lotta per scalzare il Negus.
 
Alla fine del 1888 sembrò che la guerra tra i due rivali stesse per scoppiare e Crispi chiese al ministro della Guerra [[Ettore Bertolè Viale]] di approfittarne, passare all'offensiva e occupare [[Asmara]]. Il ministro prese tempo, ed esitò anche dopo la morte in [[Battaglia di Gallabat|battaglia]] di Giovanni IV per mano dei [[Muhammad Ahmad|mahdisti]], nel marzo del 1889<ref>{{Cita|Duggan|p. 687}}.</ref>.
 
Crispi riuscì però a imporsi su Bertolè e le forze italiane cominciarono l'avanzata verso Asmara. Il 2 maggio, Menelik, divenuto a sua volta imperatore, concluse il [[trattato di Uccialli]] con l'Italia in cui riconosceva i diritti di quest'ultima sulla città e su buona parte dell'altopiano eritreo. Accettava inoltre, secondo quanto sembrava affermare l'articolo 17, un protettorato italiano sull'Etiopia, ottenendo in cambio la continuazione dell'aiuto italiano per la sottomissione del suo impero<ref>{{Cita|Duggan|pp. 687-688}}.</ref>.
Alla fine del 1888 sembrò che la guerra tra i due rivali stesse per scoppiare e Crispi chiese al ministro della Guerra [[Ettore Bertolè Viale]] di approfittarne, passare all’offensiva e occupare [[Asmara]]. Il ministro prese tempo, ed esitò anche dopo la morte in [[Battaglia di Gallabat|battaglia]] di Giovanni IV per mano dei [[Muhammad Ahmad|mahdisti]], nel marzo del 1889<ref>{{Cita|Duggan|p. 687}}</ref>.
 
Il presidente del Consiglio non ritenne necessario sottoporre il trattato al parlamento poiché l'Italia era ancora in guerra e il Re era costituzionalmente libero di agire. Tuttavia alcuni deputati dell'estrema Sinistra e della Destra contestarono e in giugno fu presentata una mozione che imponeva l'autorizzazione del parlamento a qualsiasi ulteriore spesa destinata all'Africa. Crispi minacciò le dimissioni e la mozione fu sconfitta. D'altronde, l'entusiasmo per l'espansione in Africa si diffuse rapidamente nel Paese e avversari del colonialismo come il ministro [[Giovanni Giolitti]] e il poeta [[Giosuè Carducci]] cambiarono atteggiamento. Asmara fu finalmente occupata nell'agosto 1889<ref>{{Cita|Duggan|pp. 688-689, 700}}.</ref> e la prima colonia italiana, l'[[Colonia eritrea|Eritrea]], nacque ufficialmente nel 1890.
Crispi riuscì ad imporsi su Bertolè e le forze italiane cominciarono l’avanzata verso Asmara. Il 2 maggio, Menelik, divenuto imperatore, firmò un trattato con l’Italia in cui riconosceva i diritti di quest’ultima sulla città e su buona parte dell’altopiano eritreo. Accettava inoltre, secondo quanto sembrava affermare l’articolo 17, un protettorato italiano sull’Etiopia. Otteneva in cambio la continuazione dell’aiuto italiano per la sottomissione del suo impero. Era il [[trattato di Uccialli]]<ref>{{Cita|Duggan|p. 687-688}}</ref>.
 
Contestualmente, Crispi si adoperò per istituire dei protettorati italiani in Somalia, dando istruzioni in merito a [[Vincenzo Filonardi]], plenipotenziario del governo. Alla fine del 1888, il [[sultano]] Yusuf Ali Kenadid stipulò un trattato con gli italiani, rendendo il suo [[Sultanato di Obbia]] un [[protettorato]] italiano. Il suo rivale Osman firmò un accordo simile per il suo [[Sultanato della Migiurtinia]] l'anno successivo. I territori di Migiurtina e Obbia furono la base territoriale della [[Somalia italiana]]<ref>[https://books.google.it/books?id=XO_sDwAAQBAJ&pg=PA26&dq=On+8+February+1889,+Filonardi,+signed+at+Hobyo+a+protectorate+treaty+with+the+Sultan+of+Hobyo84.+The+treaty+was+quite+simple+and+provided+that+the+Italian+flag+was+to+be+flown+in+Hobyo+and+that+the+Sultan+could+not+conclude+treaties+...&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&source=gb_mobile_search&sa=X&ved=2ahUKEwj5honT8OT6AhUMNOwKHZqKC3QQ6AF6BAgGEAM#v=onepage&q=On%208%20February%201889%2C%20Filonardi%2C%20signed%20at%20Hobyo%20a%20protectorate%20treaty%20with%20the%20Sultan%20of%20Hobyo84.%20The%20treaty%20was%20quite%20simple%20and%20provided%20that%20the%20Italian%20flag%20was%20to%20be%20flown%20in%20Hobyo%20and%20that%20the%20Sultan%20could%20not%20conclude%20treaties%20...&f=false Legal and Political Aspects of Italian Colonialism in Somalia, pagine 25 e ss., CARPANELLI ELENA, SCOVAZZI TULLIO, 2020, Giappichelli.]</ref>.
Il presidente del Consiglio non ritenne necessario sottoporre il trattato al parlamento poiché l’Italia era ancora in guerra e il Re era costituzionalmente libero di agire. Alcuni deputati dell’estrema Sinistra e della Destra contestarono e in giugno fu presentata una mozione che imponeva l’autorizzazione del parlamento a qualsiasi ulteriore spesa destinata all’Africa. Crispi minacciò le dimissioni e la mozione fu sconfitta. D’altronde, l’entusiasmo per l’espansione in Africa si diffuse rapidamente nel Paese e avversari del colonialismo come il ministro [[Giovanni Giolitti]] e il poeta [[Giosué Carducci]] cambiarono atteggiamento. Asmara fu finalmente occupata nell’agosto 1889<ref>{{Cita|Duggan|pp. 688-689, 700}}</ref> e la prima colonia italiana, l’[[Colonia eritrea|Eritrea]], nacque ufficialmente nel 1890.
 
==== Le riforme della Sanità e della Giustizia ====
[[File:Francesco Crispi (ritratto).jpg|thumbupright=0.8|floatminiatura|160px|leftsinistra|Francesco Crispi fece approvare una legge che stabiliva il principio che lo Stato è responsabile della salute dei cittadini.]]
Oltre al codice Zanardelli e la riforma dei comuni, Crispi si occupò in quel periodo della riforma della [[Servizio sanitario|Sanità pubblica]] e di quella che mirava a proteggere i cittadini dagli abusi amministrativi dello Stato.
 
L’epidemiaL'epidemia di colera del 1884-1885 aveva mietuto in Italia quasi 18.000 vittime. Crispi appena salì al potere istituì al ministero dell’Internodell'interno la Direzione di sanità pubblica, coinvolgendo per la prima volta i medici nel processo decisionale. Una specifica legge del 1888, inoltre, trasformò il Consiglio superiore di sanità in un organo di medici specialisti anziché di amministratori, e creò la figura del medico provinciale. La norma stabilì il principio che lo Stato era responsabile della salute dei suoi cittadini. Alle prostitute delle case di tolleranza vennero assicurati controlli medici regolari, e cure adeguate a coloro che avevano contratto malattie veneree<ref>{{Cita|Duggan|pp. 691-692}}.</ref>.
 
La legge per la protezione dei cittadini contro gli abusi amministrativi fu approvata invece nel marzo del 1889 e stabiliva la creazione di una nuova sezione del Consiglio di Stato che ebbe l’incaricol'incarico di occuparsi delle vertenze poste dai cittadini vittime della burocrazia e che avevano ora accesso ad un’istanzaun'istanza giudiziaria indipendente<ref>{{Cita|Duggan|p. 692}}.</ref>.
 
==== L’attentatoL'attentato di Napoli, e le congregazioni e la crisi di governo ====
La serie di soddisfazioni politiche fu interrotta, il 13 settembre 1889, da un avvenimento che gettò Crispi nello sconforto. Il presidente del Consiglio quel giorno era a Napoli per la pausa estiva ed era fuori per la consueta passeggiata in carrozza insieme alla figlia. Mentre percorrevano [[Via Francesco Caracciolo|via Caracciolo]], lo studente Emilio Caporali lanciò con violenza due pietre verso Crispi che fu colpito da una di esse alla mandibola. La ferita era importante ma non grave e ci fu bisogno di cinque punti. L’attentatoreL'attentatore, un [[repubblicano]], fu arrestato e gli fu diagnosticatodiagnosticata una patologia mentale. Da quel giorno Crispi cambiò d’umored'umore, divenne cupo e paventò l’ipotesil'ipotesi di dimettersi, ma un’accorataun'accorata lettera di [[Urbano Rattazzi (politico 1845-1911)|Urbano Rattazzi iuniore]] lo dissuase<ref>{{Cita|Duggan|pp. 693-694}}.</ref>.
 
[[File:Menelik II von Abessinien.jpg|thumbminiatura|float|160pxupright=0.8|Fra le cause della caduta del secondo governo Crispi ci fu la rinuncia dell’imperatoredell'imperatore d’Etiopiad'Etiopia [[Menelik II]] al protettorato dell'Italia.]]
 
Qualche mese dopo infatti il presidente del Consiglio era già all’operaall'opera per varare un’altraun'altra riforma. Essa stabiliva che in uno Stato moderno la responsabilità dell’assistenzadell'assistenza ai bisognosi spettava all’autoritàall'autorità pubblica. I comuni dovevano quindi istituire la “congregazione di carità”, un organo il cui compito era di occuparsi dei poveri locali e della maggior parte delle opere pie. Le nomine spettavano al consiglio comunale: erano ammesse le donne, ma non i parroci. Per controllare tali congregazioni, Crispi dispose che le decisioni più importanti e la loro contabilità dovevano essere approvate dalla giunta provinciale, a capo della quale vi era il prefetto. La legge, discussa fra il 1889 e il [[1890]], fu approvata, mentre nel dicembre del 1889 [[papa Leone XIII]] la condannava come antireligiosa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 703-704}}.</ref>.
==== Le elezioni del 1890 e la crisi di governo ====
{{Vedi anche|Elezioni politiche in Italia del 1890}}
Il risultato fu che le elezioni del 23 novembre 1890 furono uno straordinario trionfo per Crispi. Su 508 deputati, 405 si schierarono con il governo. Ma già a ottobre si erano rivelate le prime avvisaglie di una crisi politica. Menelik aveva infatti contestato il testo in italiano del trattato di Uccialli, affermando che la versione in [[Lingua amarica|amarico]] non obbligava l'Etiopia a servirsi dell'Italia per la sua politica estera. L'Etiopia, quindi, non si considerava un protettorato dell'Italia. Menelik informò la stampa straniera e lo scandalo scoppiò. Il ministro delle finanze Giolitti fu il primo ad abbandonare il governo<ref>{{Cita|Duggan|pp. 724-727}}.</ref>.
 
Nel gennaio 1891 la situazione peggiorò per la decisione di Crispi di mettere ordine nel settore finanziario minacciando i redditi di un gran numero di deputati e di loro amici. Il presidente del Consiglio presentò poi un disegno di legge che mirava a ridurre il numero di prefetture per motivi di spesa pubblica, ma che danneggiava quei parlamentari che se ne servivano in campagna elettorale. L'evento decisivo fu tuttavia il documento pubblicato dal neoministro delle finanze [[Bernardino Grimaldi]], che rivelava che il disavanzo previsto era maggiore di quanto ci si aspettava. Il 31 gennaio, durante una seduta tumultuosa, la Camera si divise e il secondo esecutivo Crispi fu sconfitto con 186 voti contro 123<ref>{{Cita|Duggan|pp. 727-730}}.</ref>.
Il risultato fu che elezioni del 23 novembre 1890 furono uno straordinario trionfo per Crispi. Su 508 deputati, 405 si schierarono con il governo. Ma già a ottobre si erano rivelate le prime avvisaglie di una crisi politica. Menelik aveva infatti contestato il testo in italiano del trattato di Uccialli, affermando che la versione in aramaico non obbligava l’Etiopia a servirsi dell’Italia per la sua politica estera. L’Etiopia, quindi, non si considerava un protettorato dell’Italia. Menelik informò la stampa straniera e lo scandalo scoppiò. Il ministro delle Finanze Giolitti fu il primo ad abbandonare il governo<ref>{{Cita|Duggan|pp. 724-727}}</ref>.
 
=== I governi Rudinì e Giolitti (1891-1893) ===
Nel gennaio 1891 la situazione peggiorò per la decisione di Crispi di mettere ordine nel settore finanziario minacciando i redditi di un gran numero di deputati e di loro amici. Il presidente del Consiglio presentò poi un disegno di legge che mirava a ridurre il numero di prefetture per motivi di spesa pubblica, ma che danneggiava quei parlamentari che se ne servivano in campagna elettorale. L’evento decisivo fu tuttavia il documento pubblicato dal neoministro delle Finanze [[Bernardino Grimaldi]], che rivelava che il disavanzo previsto era maggiore di quanto ci si aspettava. Il 31 gennaio, durante una seduta tumultuosa, la Camera si divise e il secondo esecutivo Crispi fu sconfitto con 186 voti contro 123<ref>{{Cita|Duggan|pp. 727-730}}</ref>.
Alla caduta di Crispi, Umberto I diede l'incarico di formare il nuovo [[Governo di Rudinì I|governo]] al marchese [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Rudinì]]. L'esecutivo visse stentatamente fino ai primi giorni del maggio 1892, fin quando Giolitti non lo mise in minoranza e ricevette a sua volta l'incarico dal Re. Il [[Governo Giolitti I|primo governo Giolitti]] contava tuttavia su di un esile maggioranza e nel dicembre 1892 fu coinvolto nello [[scandalo della Banca Romana]] su guadagni illeciti.
 
Anche Umberto I fu compromesso e la posizione di Crispi ne uscì notevolmente rafforzata: poteva rovesciare il governo in qualsiasi momento o mettere in pericolo la reputazione del Re se avesse parlato. Giolitti e Rattazzi jr. si difesero cercando di raccogliere materiale compromettente contro Crispi, ma l'inchiesta giudiziaria sulla Banca Romana lasciò quest'ultimo sostanzialmente indenne<ref>{{Cita|Duggan|pp. 747-752}}.</ref>.
== I governi Rudinì e Giolitti (1891-1893) ==
Alla caduta di Crispi, Umberto I diede l’incarico di formare il nuovo [[Governo di Rudinì I|governo]] al marchese [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Rudinì]]. L’esecutivo visse stentatamente fino ai primi giorni del maggio [[1892]], fin quando cioè Giolitti non lo mise in minoranza e ricevette a sua volta l’incarico dal Re. Il [[Governo Giolitti I|primo governo Giolitti]] contava tuttavia su di un esile maggioranza e nel dicembre 1892 fu coinvolto nello [[scandalo della Banca Romana]] su guadagni illeciti.
 
Nell'ottobre 1893, con l'acuirsi della crisi finanziaria e la sommossa dei [[fasci siciliani|fasci siciliani dei lavoratori]], le voci che chiedevano un ritorno di Crispi si fecero insistenti. Il mese dopo fu consegnato in parlamento il rapporto conclusivo sulla Banca Romana: Giolitti ne uscì malissimo e il 24 annunciò alla Camera le sue dimissioni<ref>{{Cita|Duggan|pp. 759-760}}.</ref>.
Anche Umberto I fu compromesso e la posizione di Crispi ne uscì notevolmente rafforzata: poteva rovesciare il governo in qualsiasi momento o mettere in pericolo la reputazione del Re se avesse parlato. Giolitti e Rattazzi si difesero cercando di raccogliere materiale compromettente contro Crispi, ma l’inchiesta giudiziaria sulla Banca Romana lasciò quest’ultimo sostanzialmente indenne<ref>{{Cita|Duggan|pp. 747-752}}</ref>.
Nell’ottobre [[1893]], con l’acuirsi della crisi finanziaria e la sommossa dei [[fasci siciliani|fasci siciliani dei lavoratori]], le voci che chiedevano un ritorno di Crispi si fecero insistenti. Il mese dopo fu consegnato in parlamento il rapporto conclusivo sulla Banca Romana: Giolitti ne uscì malissimo e il 24 annunciò alla Camera le sue dimissioni<ref>{{Cita|Duggan|pp. 759-760}}</ref>.
 
=== Il terzo e il quarto governo Crispi (1893-1896) == =
{{vedi anche|Governo Crispi III|Governo Crispi IV}}
[[File:Francesco Crispi caricature 1895.jpg|thumbminiatura|floatsinistra|leftupright=1.3|1895: Crispi come il "Globo furbovolponico politico aerostatico a prova di bomba e pistola" di nome "Ciccio" che si libra in aria bruciando il plico con le accuse contro di lui. In alto cade l'Anarchia, e il Socialismo è in difficoltà. La Maggioranza acclama, il Paese, il Giornalismo e il Senato osservano, l'Opposizione fischia e il Clero tenta invano di forare il "globo".]]
 
Il 25 novembre 1893 il Re convocò Crispi e, dopo varie trattative, il 15 dicembre il governo era pronto. Il suo punto di forza erano i ministeri economici, con [[Sidney Sonnino]] alle Finanzefinanze e al Tesoro, [[Giuseppe Saracco]] ai Lavori pubblici e [[Paolo Boselli]] all’Agricolturaall'Agricoltura. Agli Esteri andò [[Alberto Blanc]] e Crispi tenne per se il ministero dell’Internodell'interno.
 
==== I fasciFasci siciliani e il partito socialista dei lavoratori ====
{{vedi anche|Fasci siciliani|Partito dei Lavoratori Italiani}}
Con la nascita del [[Partito Socialistadei Italiano|PartitoLavoratori socialistaItaliani]] nel 1892<ref>Nel 1893 "Partito Socialista dei Lavoratori Italiani".</ref> la combattività operaia cominciò ad aumentare con effetti particolarmente gravisignificativi in Sicilia dove il movimento prese il nome di [[Fasci siciliani]].
Il primo compito di Crispi come presidente del Consiglio fu di affrontare questa situazione. Sulla improbabile voce per cui il movimento in Sicilia era stato fomentato da francesi d’accordod'accordo con il Vaticano, Crispi ottenne il 2 gennaio [[1894]] la proclamazione dello [[Stato d'assedio]] nell’isolanell'isola. A capo delle truppe fu nominato con pieni poteri il generale [[Roberto Morra di Lavriano e della Montà|Roberto Morra]]. Pur di dubbia costituzionalità, l’azionel'azione di Crispi ricevette un notevole sostegno e quando il parlamento discusse l’argomentol'argomento, il governo ottenne una maggioranza schiacciante<ref>{{Cita|Duggan|pp. 769-773}}.</ref>.
 
Vennero spediti in Sicilia 40.000 soldati, furono istituiti [[CorteTribunale marzialemilitare|tribunali militari]], vietate le riunioni pubbliche, confiscate le armi, introdotta la censura sulla stampa e proibito l’ingressol'ingresso all’isolaall'isola ai sospetti. A febbraio il consenso parlamentare cominciò a calare e Crispi si difese appellandosi alla difesa dell’unitàdell'unità nazionale, dato che i rivoltosi avevano secondo lui intenzioni separatiste. Recuperò il consenso e pochi giorni dopo ottenne ancora una larga fiducia alla Camera<ref>{{Cita|Duggan|pp. 774-777}}.</ref>. Il movimento dei Fasci siciliani fu sciolto lo stesso 1894 e i capi arrestati<ref>Anche in [[Moti di Lunigiana|Lunigiana]] venne proclamato lo stato d'assedio per stroncare una sollevazione scoppiata a sostegno dei Fasci siciliani.</ref>. Nell'ottobre dello stesso anno fu sciolto anche il partito socialista dei lavoratori.<ref>Nel 1895 rifondato clandestinalmente come "Partito Socialista Italiano".</ref>
 
==== La crisi finanziaria, il nuovo governo e l’attentatol'attentato di Roma ====
[[File:Crispi Attentato di Roma Il Secolo illustrato 1894.JPG|thumbminiatura|float|180pxupright=1|L'attentato a Crispi del 16 giugno 1894 a Roma.]]
 
Contemporaneamente agli eventi dei fasci siciliani, nel febbraio 1894, il ministro delle Finanzefinanze Sonnino di fronte ad un disavanzo di 155 milioni di Lire stabilì che i tagli alla spesa pubblica non potevano fruttare più di 27 milioni di Lire, anche perché Crispi non aveva intenzione di fare economie sulle forze armate. Comunicò quindi che bisognava aumentare le tasse. I nuovi tributi andavano a colpire sia i benestanti, con un’impostaun'imposta sul reddito e una sui terreni, sia i meno abbienti, con un aumento della tassa sul sale, sia la borghesia, con l’aumentol'aumento dell’impostadell'imposta sugli interessi dei Buoni del Tesoro<ref>{{Cita|Duggan|pp. 778-779}}.</ref>.
 
Le proposte di Sonnino incontrarono una dura opposizione parlamentare: i proprietari terrieri fecero blocco e il 4 giugno la Camera si spaccò in due. Il ministro delle Finanzefinanze decise di dimettersi e il giorno dopo Crispi annunciò le dimissioni dell’interodell'intero governo<ref>{{Cita|Duggan|pp. 779-783}}.</ref>.
 
Il Re, non avendo alternative, ridiede l’incaricol'incarico a Crispi, che il 14 giugno presentò il nuovo esecutivo con Boselli al posto di Sonnino. Il presidente del Consiglio annunciò pure che avrebbe rinunciato all’impostaall'imposta sui terreni. La sua posizione migliorò, anche se fu un episodio che mise in pericolo la sua vita a dargli la forza politica per proseguire speditamente.
 
Il 16 giugno 1894 infatti, a Roma, tornando alla Camera dopo pranzo, Crispi fu vittima di un attentato da parte del giovane anarchico [[Paolo Lega]]. L’attentatoreL'attentatore sparò da brevissima distanza, ma la pallottola mancò il bersaglio. Tutto il parlamento espresse solidarietà al presidente del Consiglio che vide la sua posizione notevolmente rafforzata. Ciò favorì l’approvazionel'approvazione della legge sulla tassa del 20% sugli interessi dei Buoni del Tesoro, il provvedimento principale della legge Sonnino. La norma allontanò l’Italial'Italia dalla crisi e preparò la strada alla ripresa economica<ref>{{Cita|Duggan|pp. 786-788}}.</ref>.
 
Svanito lo spettro dei problemi finanziari, Crispi si dedicò a promuovere norme contro la sovversione. A tale riguardo il 10 e l’11 luglio 1894 furonovennero approvatipresentate duetre disegniproposte di legge. Ildefinite primo[[Leggi allargavaantianarchiche|antianarchiche]] ilche “domicilioaggravavano coatto”le anorme colorocontro chegli avesseroattentati dimostratocon diesplosivi, avereampliavano agitol'uso contro glidel ordinamenti[[Domicilio socialicoatto]] e vietavavietavano le associazioni chesovversive: avesseroLe talenorme scopo;entrarono in vigore il secondo19 luglio<ref>{{cita|Boldetti|pp. 496-500}}, {{cita|Diemoz}}, {{cita|Masini|pp. 55-56}}.</ref>. Un'altra legge, approvata l'11 luglio, prevedeva che la capacità di leggere e scrivere, indispensabile per votare, fosse dimostrata davanti ad un pretore e a un insegnante. Quest’ultimaQuest'ultima norma, temuta dall’estremadall'estrema Sinistra, diede notevoli risultati, vennero infatti cancellate dalle liste elettorali 800.000 persone<ref>{{Cita|Duggan|pp. 789-792}}.</ref>.
 
==== Le manovre di Giolitti e la commissione Cavallotti ====
Al termine del 1894 Giovanni Giolitti tentò di screditare Crispi presentando in parlamento alcuni documenti che avrebbero dovuto rovinarlo. Si trattava in realtà di vecchie carte che attestavano prestiti contratti da Crispi e dalla moglie con la Banca Romana, più alcune lettere di raccomandazione scritte da Crispi. Documenti sui quali già non si era ravvisato alcun illecito. Su suggerimento del deputato [[Felice Cavallotti]] fu istituita comunque una commissione (di cui fece parte lo stesso Cavallotti) il cui rapporto fu pubblicato il 15 dicembre. Alla Camera ci furono disordini e Crispi, a difesa delle istituzioni, sottopose al Re un decreto legge per sciogliere il parlamento. Umberto I firmò e Giolitti fu costretto a riparare a Berlino, perché, decaduta la sua immunità parlamentare, correva il rischio di essere arrestato per 14 capi d’imputazioned'imputazione che gli erano stati contestati il 13, fra cui querele intentate da Crispi. Il 13 gennaio [[1895]] il parlamento fu sciolto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 806, 809-812}}.</ref>.
 
==== L'occupazione del Tigrè e la fine della guerra di Eritrea ====
{{vedi anche|Guerra d'Eritrea#Occupazione del Tigrè}}
[[File:Occupazione italiana di Adigrat 1895.JPG|thumbminiatura|floatsinistra|left|180pxupright=1|L'occupazione italiana di Adigrat nel Tigrè etiope fu l'ultimo dei successi coloniali di Francesco Crispi.]]
[[File:Crispi ritratto intero.jpg|thumbminiatura|floatupright=1|Crispi negli ultimi anni della sua attività politica.]]
 
In Africa, intanto, a fronte del consolidamento del potere di Menelik II in Etiopia, per scongiurare l’avanzatal'avanzata dei dervisci verso l’Eritreal'Eritrea, il 17 luglio 1894 fu conquistata [[Cassala]] (oggi in [[Sudan]]) con una brillanteriuscita [[Battaglia di Cassala|operazione militare]] del generale [[Oreste Baratieri]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 795-796}}.</ref>.
 
Durante la sospensione del parlamento altre vittorie militari mitigarono le proteste dell’opposizionedell'opposizione. Baratieri, in inferiorità numerica, sconfisse gli etiopi ad Halai (19 dicembre 1894), [[Battaglia di Coatit|Coatit]] (13-14 gennaio 1895) e [[Senafè]] (15 gennaio), trovandosi a controllare quasi completamente la [[regione dei Tigrè]]. La corte era entusiasta e Crispi, trovandosi in posizione più forte che mai abbandonò l’etichettal'etichetta, chiedendo udienza al Re quando gli faceva comodo, astenendosi dall’inchinarsidall'inchinarsi e parlando con lui ad alta voce<ref>{{Cita|Duggan|pp. 820-821}}.</ref>.
 
A marzo Baratieri occupava anche [[Adigrat]] muovendo poi su [[Adua]]. A questo punto Crispi gli inviò un telegramma chiedendogli di fermarsi. Il presidente del Consiglio era infatti sul punto di annunciare le elezioni e non poteva esporsi finanziariamente al di là dei 9 milioni di Lire già stanziati per la campagna militare<ref>{{Cita|Duggan|p. 822}}.</ref>.
 
I risultati delle [[Elezioni politiche italiane del 1895|elezioni del 26 maggio 1895]] furono favorevoli a Crispi, contro cui furono indirizzati altri attacchi e accuse di Cavallotti di immoralità e bigamia. La Camera si dovette pronunciare sulla questione e finì per votare la fiducia a larga maggioranza<ref>{{Cita|Duggan|pp. 824, 826-827}}.</ref>. Rafforzata la sua posizione, a settembre, il presidente del Consiglio diede il via alle grandi celebrazioni del 25°º anniversario della presa di Roma, il cui avvenimento più eclatante fu l’inaugurazionel'inaugurazione, il 20, della [[Monumento a Giuseppe Garibaldi (Roma)|statua di Garibaldi sul [[Gianicolo]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 834-835}}.</ref>.
 
==== La guerra di AbissinaAbissinia e la disfatta di Adua ====
{{vedi anche|Guerra di Abissinia}}
[[File:Crispi Caricature by Henri Meyer Makallé 1896.JPG|thumbminiatura|floatsinistra|left|180pxupright=0.8|Vignetta francese con Crispi colpito da una ''baguette'' di pane integrale (i francesi aiutavano gli etiopi) che porta il nome dell'insuccesso di Macallè.]]
[[File:Adoua 1.jpg|thumbminiatura|float|320pxupright=1.3|Nella [[battaglia di Adua]] le forze italiane che contavano 17.700 uomini si scontrarono con quelle etiopi che ammontavano a 100.000 unità. La sconfitta italiana fu in larga parte attribuita a Crispi che aveva fatto enormi pressioni sul comandante Baratieri affinché ottenesse una vittoria a tutti i costi.]]
 
A metà 1895 Crispi si rese invece conto di essere in difficoltà sulla questione coloniale: la Francia riforniva di armi Menelik, e la Germania e la Gran Bretagna non avevano alcuna intenzione di aiutare l'Italia. Il ritiro di Bismarck dalla vita politica aveva già da diversi anni indebolito la posizione internazionale di Crispi, e in autunno era divenuto chiaro che gli etiopi stessero preparando un’offensivaun'offensiva su larga scala<ref>{{Cita|Duggan|pp. 838, 842}}.</ref>.
 
A dicembre un avamposto italiano sull'[[Amba Alagi]] fu [[Battaglia dell'Amba Alagi|attaccato]] da un’avanguardiaun'avanguardia di Menelik e annientato. Crispi decise di sostituire Baratieri con [[Antonio Baldissera]] che però non se la sentì di prendere il comando<ref>{{Cita|Duggan|pp. 842-844}}.</ref>.
 
Il presidente del Consiglio approntò allora un piano per richiamare alle armi altri 25.000 uomini e alle proteste del ministro delle Finanzefinanze Sonnino, dichiarò di voler tenere l’esercitol'esercito sulla difensiva. Presentò un disegno di legge che stanziava altri 20 milioni per l’Africal'Africa e lo fece approvare alla Camera. Ma il 7 gennaio [[1896]], un altro avamposto italiano, a [[Macallè]], fu raggiunto e [[assedio di Macallè|circondato]] dall’esercitodall'esercito etiope che il 22 ottenne la resa e concesse il ritiro degli italiani<ref>{{Cita|Duggan|pp. 845-847}}.</ref>.
 
Menelik propose di aprire delle trattative di pace, ma Crispi voleva a tutti i costi una vittoria. Sonnino si oppose al proseguimento dell’offensivadell'offensiva per motivi economici e dopo il tempestoso consiglio dei ministri dell’8dell'8 febbraio si decise di autorizzare Baratieri a negoziare con gli etiopi. Intanto in Eritrea continuavano ad arrivare rinforzi. Nonostante ciò Baratieri il 20 annunciò che forse sarebbe stato costretto a ritirarsi. A questo punto Crispi d’accordod'accordo con i suoi ministri decise di sostituirlo con Baldissera e di inviare in Eritrea altri 10.000 uomini. Propose poi di aprire un secondo fronte per stornare l’attenzionel'attenzione di Menelik dal Tigrè, ma Sonnino si oppose<ref>{{Cita|Duggan|pp. 847-851}}.</ref>.
 
Baldissera partì per l’Africal'Africa e il 25 febbraio Crispi, che aveva fatto nelle settimane precedenti enormi pressioni su Baratieri affinché ottenesse una vittoria, gli inviò un telegramma nel quale scrisse: «[…] Siam pronti a qualunque sacrifizio per salvare l’onorel'onore dell’esercitodell'esercito e il prestigio della monarchia […]». Baratieri il 28 febbraio convocò un consiglio di guerra che decise di attaccare le forze di Menelik presso Adua. La [[Battaglia di Adua|battaglia]] che seguì il 1°º marzo 1896 si concluse con una grave sconfitta italiana<ref>{{Cita|Duggan|pp. 849, 851-852}}.</ref>.
 
Quando la notizia arrivò in Italia si verificarono disordini, soprattutto in Lombardia. Il pomeriggio del 4 marzo Crispi comunicò ai ministri la sua convinzione che il governo dovesse dimettersi. L’esecutivoL'esecutivo si dichiarò d’accordod'accordo. Il giorno dopo Crispi dichiarò alla Camera che il governo aveva dato le dimissioni e il Re le aveva accettate<ref>{{Cita|Duggan|pp. 852-854}}.</ref>.
 
=== Gli ultimi tempi (1896-1901) ===
[[File:Crispi 1898.jpg|thumbminiatura|float|180pxupright=1|Crispi dopo aver lasciato la politica attiva, nel 1898.]]
[[File:Tomba di Francesco Crispi.jpg|miniatura|Monumento funerario a Crispi presso la [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico]] (Palermo)]]
Nei mesi che seguirono la caduta del governo, Crispi fu investito da una quantità di polemiche. Fu accusato di aver condotto una politica coloniale “personale”, di non aver valutato correttamente i preparativi e l’offensival'offensiva di Menelik, di aver ignorato le sue offerte di pace, e di aver spinto Baratieri a lanciare un attacco suicida<ref>{{Cita|Duggan|p. 857}}.</ref>.
 
Dal canto suo Crispi appariva tranquillo ritenendo che il principale responsabile della sconfitta di Adua fosse stato proprio Baratieri. Gli ultimi tempi non furono però sereni. A fianco ad un risentimento nei confronti di Umberto I che esitava a vendicare la sconfitta, sorsero dei problemi economici dovuti alle spese per "La Riforma", alla gestione di due case e alla dote di sua figlia Giuseppina. Per cui, nonostante il suo orgoglio, dovette accettare un assegno annuale del Re<ref>{{Cita|Duggan|pp. 859-862}}.</ref>.
 
Nel [[1897]] inoltre fu coinvolto nel processo intentato contro il direttore della filiale di Bologna del Banco di Napoli, Luigi Favilla, che fu incriminato per peculato. Crispi aveva ottenuto dall’imputatodall'imputato ingenti prestiti e fu accusato di complicità per avergli, come presidente del Consiglio, assicurato la sua protezione nel caso in cui fosse stata scoperta la natura irregolare di alcune operazioni. Ottenne che le accuse fossero giudicate da una commissione della Camera e nel marzo [[1898]] fu scagionato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 863-864}}.</ref>.
 
Era ormai un uomo molto anziano. La sua salute peggiorò nel 1899 quando la vista subì un notevole calo<ref>{{Cita|Duggan|pp. 864-867}}.</ref>. L'ultima apparizione pubblica di Crispi fu a Roma il 9 agosto 1900, al corteo funebre di Umberto I, assassinato il 29 luglio a [[Monza]]<ref>[http://cdnc.ucr.edu/cgi-bin/cdnc?a=d&d=SFC19000810.2.6 Articolo dell'epoca sul San Francisco Call, Volume 87, Number 71, 10 August 1900]: «On the left of the casket were the Minister of Foreign Affairs, the Marquis Visconte Venosti; the president of the Chamber of Deputies, Signor Villa, and former Premier Crispi».</ref>.
Era ormai un uomo molto anziano. La sua salute peggiorò nel [[1899]] quando la vista subì un notevole calo. La notte dell’8 luglio [[1901]] ebbe un attacco di cuore e alla fine del mese le sue condizioni peggiorarono. Il 4 agosto i medici disposero che non ricevesse più visite e il 9 entrò in uno stato comatoso. Morì a Napoli alle 19,45 dell’11 agosto 1901. Aveva quasi 83 anni. I funerali ebbero luogo il 15 agosto a Palermo e la salma fu seppellita nel cimitero dei [[Cimitero dei Cappuccini (Palermo)|Cappuccini]]. Il 12 gennaio 1905 il corpo fu trasferito nella [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico]] dove riposa ancora oggi in una cripta sulla destra dell’altare<ref>{{Cita|Duggan|pp. 868, 870-871, 874-875}}</ref>.
La notte dell'8 luglio 1901 ebbe un attacco di cuore e alla fine del mese le sue condizioni peggiorarono. Il 4 agosto i medici disposero che non ricevesse più visite e il 9 entrò in uno stato comatoso. Morì a Napoli alle 19:45 dell'11 agosto, all'età di quasi 83 anni. I funerali ebbero luogo il 15 agosto a Palermo e la salma fu seppellita nel [[Cimitero dei Cappuccini (Palermo)|cimitero dei Cappuccini]]. Il corpo venne [[mummificazione|mummificato]] da [[Alfredo Salafia]] perché si conservasse meglio<ref>[http://www.eurac.edu/it/newsevents/newprintreleases/newsdetails.html?entryid=30201 recensione a ''Il maestro del sonno eterno''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140719004151/http://www.eurac.edu/it/newsevents/newprintreleases/newsdetails.html?entryid=30201 |data=19 luglio 2014 }}</ref>. Il 12 gennaio 1905 venne trasferito nella [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico]] dove riposa ancora oggi in una cripta sulla destra dell'altare<ref>{{Cita|Duggan|pp. 868, 870-871, 874-875}}.</ref>. Il monumento funerario è dello scultore Giovanni Nicolini<ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-nicolini_(Dizionario-Biografico)/ Nicolini, Giovanni], su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana</ref>.
 
{{citazione|Prima di chiudere gli occhi alla vita, vorrei avere il supremo conforto di sapere la Patria, adorata e difesa da tutti i suoi figli.|Ultime parole di Francesco Crispi, secondo varie testimonianze<ref>[http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm ''Casa natale di Crispi''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211034728/http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm |data=11 febbraio 2009 }}, citato anche in: Nicolò Inglese, ''Crispi''</ref>}}
 
== Le origini albanesi ==
{{citazione|Albanese di sangue e di cuore|Crispi a [[Girolamo De Rada]], in occasione del congresso albanese tenuto in [[Corigliano Calabro]] il 3 ottobre 1895<ref name=crispialb>{{cita web|url=http://www.unibesa.it/images/GiuseppeSchiroCennisullaorigineefondazionedellecoloniealbanesidiSicilia.pdf|titolo=Cenni sulla origine e fondazione delle colonie albanesi di Sicilia, p. 46-47|autore=[[Giuseppe Schirò (1865-1927)|Giuseppe Schirò]]|accesso=5 febbraio 2016}}</ref>.}}
 
Francesco Crispi andava fiero della sua origine [[Arbëreshë|albanese]] e amava l'[[Albania ottomana|Albania]]. Il cognome Crispi in [[Sicilia]] e [[Calabria]] è difatti un tipico cognome ''[[Arbëreshë|arbëresh]]'', in origine ''Kryeshpi'' (Capocasa), poi italianizzato<ref>[http://www.oresteparise.it/cognomi/cognomicz.htm Raffaele Patitucci D'Alifera Patitari, ''Casati albanesi in Calabria e Sicilia, estratto da "Rivista Storica Calabrese" N.S. X-XI (1989-1990) NN 1-4, APPENDICE VII, Cognomi Albanesi o italianizzati dei paesi albanesi del catanzarese e della Sicilia. Appartenenti specialmente all'emigrazione dei fratelli Reres (1448)'']</ref>. Per l'Albania, Crispi aveva preso posizione nella sua causa d'[[Indipendenza dell'Albania|indipendenza]] dall'[[Impero ottomano]]. Oltre alle varie lettere a [[Girolamo De Rada]], uno dei maggiori poeti [[albanesi]] del tempo, nel 1887, da [[ministro]] degli affari interni del Regno d'Italia, mandò un obolo a favore del ''Ricovero degli Agricoltori invalidi'' di [[Piana degli Albanesi]] in Sicilia, al quale Comitato promotore [[Telegrafo|telegrafò]]: "[...] a questa colonia legano vincoli di sangue, tradizioni illustri, una storia tanto antica quanto gloriosa di patriottismo non mai smentito e di sventure nobilmente sofferte".
 
Nel ''[[Giornale di Sicilia]]'' del 1º gennaio 1898 si accenna ad una visita che Francesco Crispi volle fare al ''Seminario Italo-Albanese'' di [[Palermo]], dove egli aveva ricevuto la sua prima [[educazione]]. Nell'articolo si legge che Crispi: {{citazione|Con nobili parole espresse la speranza che, al più presto, l'Albania scuota il giogo musulmano e raccomandò agli alunni, in modo speciale, lo studio della lingua e della letteratura albanese; facendo voti che finalmente il Governo voglia istituirne la cattedra nel Regio Istituto Orientale di Napoli<ref name=crispialb/>.}}
 
== Giudizio storico ==
[[File:F Crispi Palermo.jpg|miniatura|Targa commemorativa a Palermo del 1899]]
Complessa e controversa, la figura di Crispi fu celebrata durante il [[fascismo]] per l'ammirazione che ne aveva [[Benito Mussolini]]<ref>Si veda, ad esempio, il discorso di Mussolini del 20 settembre 1920 tenuto a Trieste: [http://www.mussolinibenito.net/discorso-di-trieste/ link]</ref>.
In quel periodo a Enna fu affissa la targa che recita: <div style="text-align:center; font-size: smaller">A FRANCESCO CRISPI<br>
TRA I FORTI FIGLI DI SICILIA<br>
FORTISSIMO E FIERISSIMO<br>
CHE<br>
AL RISCATTO E ALLA UNITA' DELLA PATRIA ITALIANA<br>
DIEDE GLI ANNI MIGLIORI DELLA VITA<br>
E NE RESSE POI IN TEMPI SCIAGURATI<br>
CON ANIMO E INTELLETTO ACERRIMI DI PRECURSORE<br>
I DESTINI<br>
MENTRE LA NUOVA ITALIA DEL SUO SOGNO MAGNANIMO<br>
SEMPRE PIÙ SI AFFERMA AUSPICE IL LITTORIO<br>
UNA SUBLIME REALTÀ<br>
IL MUNICIPIO DI CASTROGIOVANNI<br>
OTTOBRE 1927 ANNO V
<br></div>
Successivamente la sua figura andò decadendo per il [[giudizio storico]] negativo dei liberali repubblicani e anche di [[Antonio Gramsci]]<ref>Antonio Gramsci, [http://www.polyarchy.org/basta/documenti/gramsci.crispi.html ''Un ritratto politico di Francesco Crispi''] (1929-1935), in ''Quaderni del carcere'', sezione ''Il Risorgimento''</ref> che accusò Crispi di [[stato autoritario|autoritarismo]], [[bellicismo]] e [[imperialismo]], nonché di essere il vero precursore del [[storia dell'Italia fascista|regime fascista]]<ref name=history>[http://www.highbeam.com/doc/1G1-82803451.html Nation-building in 19th-century Italy: the case of Francesco Crispi] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140610231125/http://www.highbeam.com/doc/1G1-82803451.html |data=10 giugno 2014 }}, Christopher Duggan, History Today, 1 febbraio 2002</ref><ref name=gilmour>[http://www.accessmylibrary.com/article-1G1-87708350/randolph-churchill-italy-francesco.html The Randolph Churchill of Italy], by David Gilmour, The Spectator, 1 giugno 2002 (Review of Francesco Crispi, 1818-1901: From Nation to Nationalism, by Christopher Duggan)</ref>, pur essendo deceduto più di vent'anni prima l'ascesa di Mussolini.
 
Solo recentemente alcuni studi hanno rivalutato i meriti di Crispi, posizionando la sua figura di [[statista]], tra luci e ombre, a pieno titolo fra i protagonisti del [[Risorgimento]] e dell'Italia post-unitaria<ref>[http://www.frammentipensierisparsi.net/article-francesco-crispi-uno-studio-biografico-coraggioso-che-va-in-controtendenza-rispetto-all-esaltazione-120723769.html Francesco Crispi. Uno studio biografico coraggioso che va in controtendenza rispetto all'esaltazione retorica e all'ostracismo ideologico], recensione a: Giorgio Scichilone, ''Francesco Crispi'', edito da Flaccovio Editore, 2012 (Palermo), nella collana "Siciliani".</ref><ref>''Crispi: rivoluzionario o reazionario?'', documenti di Rai Storia, per la trasmissione ''Il Tempo e la Storia'' di [[Massimo Bernardini]], con ospite lo storico [[Giovanni Sabbatucci]]</ref>. Lo storico Giorgio Scichilone, Professore Associato presso Università degli studi di Palermo, ha definito Crispi come uno di quegli uomini "rari e maravigliosi" (espressione tratta da [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]]) che non sempre un'epoca è in grado di esprimere: «Non gli sarebbero mancate infatti le virtù necessarie: passione patriottica e prospettiva politica, unite a una non comune ambizione, ostinazione e cinismo. Perciò tralasciando la retorica, alla fine questo di Crispi si può dire: il suo apporto all'edificazione dello Stato italiano fu decisivo, e ciò è quanto gli deve essere riconosciuto al netto dell'esaltazione o degli ostracismi contemporanei e storiografici»<ref>{{cita libro|nome=Giorgio|cognome= Scichilone|titolo=Francesco Crispi|editore=Flaccovio Editore|città= Palermo|data=2012|collana="Siciliani"| pp=6-7}}</ref>.
 
Un esempio concreto del suo operato fu la legge Crispi-Pagliani del 1888 (22 dicembre 1888, n. 5849), che trasformò la sanità pubblica italiana, riducendo significativamente la mortalità e allineando il sistema sanitario agli standard delle grandi potenze europee. Come evidenziato dallo storico economico Francesco M. Fiore Melacrinis<ref>{{Cita pubblicazione|cognome=Melacrinis|data=2024|titolo=Quando la conoscenza guida l’azione politica: la Legge Crispi-Pagliani del 1888|rivista=Studi politici|pp=25|accesso=2025-03-08|doi=10.7413/STPOL042|url=https://doi.org/10.7413/STPOL042}}</ref>, questa riforma, basata sulle recenti scoperte della teoria dei germi di Pasteur e Koch, segnò una discontinuità con il passato, introducendo un sistema di sorveglianza capillare, l’istituzione della Direzione della Sanità Pubblica e l’impiego di ingegneri sanitari per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie del paese.{{cn}} La riforma rafforzò il controllo sulle epidemie attraverso una rete più strutturata di ufficiali sanitari e medici provinciali, che garantirono un monitoraggio più efficace della salute pubblica. Questo nuovo assetto, pur mantenendo una componente centralizzatrice, migliorò la capacità dello Stato di intervenire in materia di sanità, come dimostra la riduzione della mortalità registrata negli anni successivi.
 
== Onorificenze ==
Riga 485 ⟶ 543:
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
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{{Onorificenze
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|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
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{{Onorificenze
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{{Onorificenze
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{{Onorificenze
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|nome_onorificenza=Medaglia commemorativa dei 1000 di Marsala
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}}
{{Onorificenze
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|nome_onorificenza=Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza
|collegamento_onorificenza= Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza
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}}
=== Straniere ===
{{Onorificenze
|immagine=Order of the Black Eagle - Ribbon bar.svg
|immagine=Ord.Aquilanera.png
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Nera di(Impero Prussiatedesco)
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{{Onorificenze
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}}
{{Onorificenze
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|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di Santo Stefano d'Ungheria (Austria)
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{{Onorificenze
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{{Onorificenze
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|nome_onorificenza = Grand'Ufficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia)
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== [[Stemma]] ==
{| class="wikitable" width="100%"
! width="110" | Image
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|align=center | {{Stemma con ornamenti comuni
|Barone Annunziata
|stemma =Coa fam ITA crispi.jpg
|coef =0.4
}}
| '''Francesco Crispi'''<br />Barone, Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
 
''D'argento, al castagno al naturale terrazzato di verde. Dietro allo scudo sono presenti le insegne della Santissima Annunziata.''
Riga 578 ⟶ 614:
 
== Note ==
{{references|3Note strette}}
 
== Bibliografia ==
*Daniela Adorni, ''Francesco Crispi: un progetto di governo'', Firenze, Olschki, 1999.
* [[Enzo Ciconte]] e Nicola Ciconte, ''Il ministro e le sue mogli. Francesco Crispi tra magistrati, domande della stampa, impunità'', Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010. ISBN 978-88-498-2592-3.
*Daniela Adorni, ''L'Italia crispina. Riforme e repressione. 1887-1896'', Milano, Sansoni, 2002.
* {{Cita libro|autore=[[Christopher Duggan]]|titolo= Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi|città= Roma-Bari|editore=Laterza|anno=2000|id= ISBN 88-420-6219-7|cid= Duggan}}
*[[Enzo Ciconte]] e Nicola Ciconte, ''Il ministro e le sue mogli. Francesco Crispi tra magistrati, domande della stampa, impunità'', Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010. ISBN 978-88-498-2592-3.
* [[Christopher Duggan]], "La politica coloniale di Crispi", in Pier Luigi Ballini e Paolo Pecorari (a cura di), ''Alla ricerca delle colonie (1876-1896)'', Atti del convegno tenuto a Venezia nel 2002, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2007, pp.&nbsp;43–67. ISBN 978-88-88143-86-6.
*{{Cita libro|autore=[[Christopher Duggan]]|titolo= Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi|città= Roma-Bari|editore=Laterza|anno=2000|isbn=88-420-6219-7|cid= Duggan}}
* Nicolò Inglese, ''Crispi'', Milano, Corbaccio, 1936 (nuova ed. Dall'Oglio, 1961).
*[[Christopher Duggan]], "La politica coloniale di Crispi", in Pier Luigi Ballini e Paolo Pecorari (a cura di), ''Alla ricerca delle colonie (1876-1896)'', Atti del convegno tenuto a Venezia nel 2002, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2007, pp.&nbsp;43–67. ISBN 978-88-88143-86-6.
* Giorgio Scichilone, ''Francesco Crispi'', Palermo, Flaccovio, 2012. ISBN 978-88-780-4349-7.
*Nicolò [[Mario Viana]]Inglese, ''Crispi, l'eroe tragico'', Milano, ImperiaCorbaccio, Editrice1936 (nuova ed. Dall'Oglio, 19231961).
*Giorgio Scichilone, ''Francesco Crispi'', Palermo, Flaccovio, 2012. ISBN 978-88-7804-349-7.
*[[Mario Viana]], ''Crispi, l'eroe tragico'', Milano, Imperia Editrice, 1923.
*{{DBI|nome = CRISPI, Francesco|nomeurl =|autore = [[Fausto Fonzi]]|volume = 30|anno = 1984|accesso=6 ottobre 2017}}
*{{cita pubblicazione |nome=Erika |cognome=Diemoz |titolo=L'estate di terrore del 1894. L'attentato contro Crispi e le leggi anti-anarchiche |rivista=Contemporanea |editore= |città= |numero= |anno=2010 |mese=ottobre |pp=633-648|id= |cid =Diemoz|pmid= |url= |lingua=it |accesso= |abstract= }}
*{{cita pubblicazione |nome=Ambra |cognome=Boldetti |titolo=La repressione in Italia: il caso del 1894 |rivista=Rivista di storia contemporanea|editore= |città= |numero= 4|anno=1977 |mese=ottobre |pp=|id= |cid =Boldetti|pmid= |url= |lingua=it |accesso= |abstract= }}
*{{cita libro|autore= Pier Carlo Masini||wkautore = Pier Carlo Masini|titolo=Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati |città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1981|cid=Masini}}
 
==Voci correlate==
*[[Rosalia Montmasson]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Francesco Crispi|q|s=Autore:Francesco Crispi}}
 
== Collegamenti esterni ==
*{{Collegamenti esterni}}
* [http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-crispi_%28Dizionario-Biografico%29/ Biografia] su Treccani.it
* [http://www.gutenberg.org/author/crispi+francesco Le sue opere in italiano] sul [[Progetto Gutenberg]]
 
{{Box successione
|tipologia = incarico parlamentare
|carica = [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera dei deputati]]
|periodo = 26 novembre 1876 - 26 dicembre 1877
|immagine =
|periodo = 26 novembre [[1876]] - 26 dicembre [[1877]]
|precedente = [[Giuseppe Biancheri]]
|successivo = [[Benedetto Cairoli]]
}}
{{Presidenti della Camera dei deputati}}
{{Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia
 
|periodo = luglio 1887 - febbraio 1891
{{Presidente del Consiglio Regno d'Italia
|precedente = [[Agostino Depretis]]
|periodo = luglio [[1887]] - febbraio [[1891]]
|successivo = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
|precedente = [[Agostino Depretis]]
|periodo2 = dicembre 1893 - marzo 1896
|successivo = [[Antonio Starrabba|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
|precedente2 = [[Giovanni Giolitti]]
|periodo2 = dicembre [[1893]] - marzo [[1896]]
|successivo2 = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
|precedente2 = [[Giovanni Giolitti]]
|successivo2 = [[Antonio Starrabba|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
}}
{{Box successione
|carica=[[Elenco dei Ministri degli Esteriaffari esteri del Regno d'Italia|Ministro degli Esteri]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]
|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
|periodo = 29 luglio [[1887]] - 6 febbraio [[1891]]
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|successivo = [[Antonio StarrabbaStarabba, marchese di Rudinì|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
}}
 
{{Box successione
|carica=[[Elenco dei Ministri delle Finanzefinanze del Regno d'Italia|Ministro delle Finanzefinanze]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]
|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
|precedente = [[Bernardino Grimaldi]]
|periodo = 29 dicembre [[1888]] - 9 marzo [[1889]]
|successivo = [[Federico Seismit-Doda]]
}}
{{Box successione|carica=[[Ministri dell'interno del Regno d'Italia|Ministro degli Interni]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
 
|precedente = [[Giovanni Nicotera]]
{{Box successione|carica=[[Elenco dei Ministri dell'Interno del Regno d'Italia|Ministro degli Interni]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
|periodo = 26 dicembre 1877 - 7 marzo 1878
|precedente = [[Giovanni Nicotera]]
|successivo = [[Agostino Depretis]]
|periodo = 26 dicembre [[1877]] - 7 marzo [[1878]]
|successivoprecedente2 = [[Agostino Depretis]]
|periodo2 = 4 aprile 1887 - 6 febbraio 1891
|precedente2 = [[Agostino Depretis]]
|successivo2 = [[Giovanni Nicotera]]
|periodo2 = 4 aprile [[1887]] - 6 febbraio [[1891]]
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}}
{{I Mille}}
{{Colonialismo italiano}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|storia d'Italia|guerra|politica|Risorgimento}}
 
[[Categoria:DecoratiCavalieri con ldell'Ordine supremo della Santissima Annunziata]]
[[Categoria:Presidenti del Consiglio dei Ministriministri del Regno d'Italia]]
[[Categoria:Componenti della spedizione dei Mille]]
[[Categoria:Persone legate a Palazzo Adriano]]
[[Categoria:Massoni]]
[[Categoria:Ministri degli Esteriaffari esteri del Regno d'Italia]]
[[Categoria:Ministri dell'Internointerno del Regno d'Italia]]
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[[Categoria:Personalità della Rivoluzione siciliana del Risorgimento1848]]
[[Categoria:PersonalitàPresidenti deldella colonialismoCamera italianodei deputati (Italia)]]
[[Categoria:Decorati con l'Ordine dei Santi Maurizio e LazzaroArbëreshë]]
[[Categoria:PresidentiGoverno dellaDepretis Camera dei deputatiII]]
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[[Categoria:Governo Crispi I]]
[[Categoria:Governo Crispi II]]
[[Categoria:Governo Crispi III]]
[[Categoria:Governo Crispi IV]]
[[Categoria:Sepolti nella chiesa di San Domenico (Palermo)]]
[[Categoria:Persone legate al colonialismo italiano]]
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[[Categoria:Cavalieri di gran croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro]]
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[[Categoria:Ufficiali dell'Ordine militare di Savoia]]
[[Categoria:Decorati di Medaglia commemorativa dei Mille di Marsala]]
[[Categoria:Decorati di Medaglia commemorativa delle campagne delle guerre d'indipendenza]]
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[[Categoria:Cavalieri di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore]]
[[Categoria:Cavalieri di Gran Croce dell'Ordine di Santo Stefano d'Ungheria]]
[[Categoria:Grandi ufficiali della Legion d'onore]]