Pacecco De Rosa: differenze tra le versioni
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{{Bio
|Nome =
|Cognome = De Rosa
|Pseudonimo = Pacecco De Rosa
|Sesso = M
|LuogoNascita = Napoli
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = 1607
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 1656
|Attività = pittore▼
|Epoca = 1600
▲|Attività = pittore
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità =
}}<ref name=P16>{{Cita|V. Pacelli|p. 16}}.</ref>
Influenzato inizialmente dalla pittura naturalista del patrigno [[Filippo Vitale]], seguì col tempo la maniera del [[Domenichino]] e di [[Massimo Stanzione]], distinguendosi dagli altri pittori napoletani del tempo per il purismo classicizzante delle sue opere.
== Biografia ==
=== La formazione naturalista presso la bottega di Filippo Vitale ===
Figlio del pittore manierista Tommaso (di cui si conosce a Napoli una sola sua opera certa, il ''Martirio di sant'Erasmo'' nella [[basilica dello Spirito Santo]]) e di Caterina De Mauro, fratello di cinque anni più piccolo della pittrice [[Annella di Massimo|Diana]] (una delle rare pittrici donna del tempo), Pacecco fu imparentato con diversi pittori napoletani coevi: la madre, rimasta vedova, si risposò nel 1612 con il pittore [[Filippo Vitale]],<ref>Tommaso morì nel 1610.</ref> la sorella Annella sposò invece [[Agostino Beltrano]], mentre l'altra sorella, Grazia, andò in nozze con lo spagnolo [[Juan Do]].<ref name="P16" />
[[File:Giuditta e Oloferne - Vitale.jpg|sinistra|miniatura|upright|''Giuditta e Oloferne'', collezione privata. Inizialmente assegnata a Pacecco in collaborazione con [[Filippo Vitale]], oggi è attribuita esclusivamente al secondo.]]
''«Molto deve la nobile arte della pittura a Pacecco de Rosa»''; con questo giudizio Bernardo De Dominici, biografo dei pittori napoletani seicenteschi, cominciava il suo capitolo sull'artista. Ritenuto dai critici ispirato dall'artista coevo [[Massimo Stanzione]], se non addirittura, secondo alcuni, suo allievo,<ref name="det">{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/de-rosa-giovan-francesco-detto-pacecco_(Dizionario-Biografico)/|titolo=DE ROSA, Giovan Francesco, detto Pacecco|sito=[[Dizionario biografico]]}}</ref> così come la sorella Annella, il De Rosa subisce invece in età giovanile l'influenza del patrigno, [[Filippo Vitale]], presso cui certamente ne frequentò la sua fiorente bottega (dov'erano anche [[Aniello Falcone]] e [[Francesco Guarini]]) assieme alla sorella. Il Vitale era al tempo un pittore naturalista già affermato in città, da cui sia Pacecco che Diana evidentemente ne trassero spunti stilistici. I pagamenti registrati e scambiati tra Vitale e Pacecco sono la prova di quanto i due abbiano collaborato nelle redazioni iniziali del loro rapporto, cioè quelle in cui il primo deteneva la guida mentre il secondo era collaboratore: questo rapporto di maestro-collaboratore reciproco andrà poi invertendosi col passare degli anni man mano che si consoliderà l'affermazione artistica del Pacecco nel panorama napoletano.
A causa della scarsità di informazioni certe riferite al pittore risulta difficile ricostruire la sua vita con una certa puntualità, in particolar modo il suo catalogo. Più nello specifico, tutti i dipinti giovanili dell'artista sono di difficile datazione e attribuzione sia a causa della mancanza di fonti biografiche certe di quel periodo sia per la difficoltà a distinguere il pittore dal patrigno. Le opere del Pacecco sono state spesso oggetto di discussione circa la loro concreta attribuzione anche con altri due pittori coevi, [[Andrea Vaccaro]] (che però ha strutturato una pittura più distinguibile dal De Rosa nel corso della sua carriera, grazie all'avvicinamento dello stile [[Antoon van Dyck|vandyckiano]]) e [[Francesco Guarini]].
Il soprannome Pacecco non si sa a cosa sia dovuto, probabilmente la parola "Cecco" è la diminuzione di Francesco, mentre il monosillabo "Pa" è la riduzione di "padre", dovuta verosimilmente alla sensibilità religiosa dell'artista o alle capacità manageriali dello stesso.<ref name="P19" />
{{doppia immagine|destra|Pietà con san Giovanni Evangelista, la Madonna, Giuseppe d'Arimatea e santa Maria Maddalena - Vitale.jpg|200|Pacecco de Rosa Deposición Museo de San Martino Napoles.jpg|200|''Pietà'', a sinistra la versione di [[Filippo Vitale]] nella [[chiesa di Santa Maria Regina Coeli]], a destra quella di Pacecco De Rosa al [[Museo di San Martino]] a [[Napoli]]|}}
Seppur il pittore figura tra gli [[Massimo Stanzione|stanzioneschi]] che seguirono la corrente classicista, anziché naturalista, le prime opere del Pacecco, tutte influenzate dal patrigno, dimostrano di aver subito l'influenza del [[Caravaggio]].<ref name="P19" /> Sono riconducibili a questa fase le varie redazioni del ''San Gennaro'' e del ''San Biagio guaritore'', il ''Martirio di san Lorenzo'' di [[Lizzanello]], la ''Strage degli innocenti'', la ''Rebecca al pozzo'' e il ''San Giovanni Battista'' di [[Bagnoli Irpino]], la ''Deposizione'' del [[Museo di San Martino]], quest'ultima palesemente in sintonia con la versione di [[Filippo Vitale]] nella [[chiesa di Santa Maria Regina Coeli]] oltre che per la composizione in sé anche per i preziosi panni che coprono le figure ritratte.<ref name=P19>{{Cita|V. Pacelli|p. 19}}.</ref>
=== La svolta classicista ===
==== L'avvicinamento a Massimo Stanzione ====
Secondo [[Bernardo De Dominici]] il Pacecco dopo gli anni nella bottega del patrigno svolse l'apprendistato presso quella di [[Massimo Stanzione]], grazie al quale si avvicinò al colorismo e al classicismo carraccesco cui il maestro guardava già dagli anni '30 e che gli meritarono l'appellativo di ''«Guido'' [Reni] ''partenopeo»''.<ref name="P33">{{Cita|V. Pacelli|p. 33}}.</ref> Più o meno veritiera che sia l'informazione del biografo, resta fermo l'apporto stilistico che Stanzione ha lasciato all'arte di Pacecco De Rosa.<ref name="P33" />
Già dal 1636 il Pacecco mostra col ''San Nicola di Bari ed il garzone Basilio'' (sacrestia della [[certosa di San Martino]]) un'apertura al [[Classicismo (arte)|classicismo]] di [[Massimo Stanzione|Stanzione]], dove si notano anche tendenze importate dal [[Domenichino]], attivo in città dal 1631 presso il cantiere della [[Reale cappella del Tesoro di san Gennaro|cappella di San Gennaro]]. Si tratta della prima opera documentata del pittore dove, nonostante il cambio di stile evidente, si conservano tuttavia da [[Filippo Vitale]] alcuni passaggi specifici (comunque non stilistici), come il brano della figura del piccolo Basilio nella scena che riprende quella dell{{'}}''Angelo custode'' della [[chiesa della Pietà dei Turchini]] realizzata dal Vitale.
Allo stesso periodo risalgono alti due documenti di pagamento certi che consentono di delineare un profilo più puntuale sul pittore: uno è riferito alla ''Madonna della Purità'' per la [[Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli (Napoli)|chiesa di Santa Maria di Costantinopoli]], soggetto del cinquecentesco [[Luis de Morales]] che entrò in voga dopo l'affissione nella [[Cappella della Purità|cappella]] da cui il nome del soggetto in [[Basilica di San Paolo Maggiore|San Paolo Maggiore]] e che il Pacecco rifece in più occasioni, mentre un altro è riferibile a un dipinto oggi non identificato.<ref name=P35>{{Cita|V. Pacelli|p. 35}}.</ref>
Dalle fonti certe si evince una sorta di rapporto di mediazione dello Stanzione verso il Pacecco, al quale girò il compito di realizzare alcune copie di figure e teste di [[Guido Reni]] per conto del principe di [[Conca della Campania|Conca]] [[Giulio Cesare II di Capua]].<ref name="P33" />
==== La maturità (''post'' 1640) ====
Dagli anni '40 del Seicento Pacecco De Rosa dimostra di fare uso sapiente del colorito nelle sue tele, dove predilige i colori primari dell'azzurro (dato dal [[Lapislazzuli|lapislazzulo]] e dall'[[azzurrite]]), del [[giallo di Napoli]] e del bianco argenteo negli incarnati delle figure ritratte conditi dal rosso delle labbra e delle gote, nello stile della terza maniera di [[Guido Reni]], che troverà l'apice realizzativo con il gruppo di opere [[d'Avalos]].<ref name=P78-79>{{Cita|V. Pacelli|pp. 78-79}}.</ref> La pittura di Pacecco assume con la maturità un preziosismo cromatico che non termina con l'uso del colore, ma arriva anche nei pregi delle vesti delle figure dipinte (mediante merletti e ricami con fili d'oro) e in elementi di abbellimento particolarmente aristocratici, quali gioielli, braccialetti, perle, diademi e collane che vengono indossati dalle figure femminili o che vengono collocati nella scena con lo scopo di arricchire di purezza l'insieme raffigurato.<ref name=P81>{{Cita|V. Pacelli|p. 81}}.</ref>
[[File:Pacecco de rosa, strage degli innocenti, 1640 ca. 01.JPG|thumb|''Strage degli innocenti'', [[Philadelphia Museum of Art|Museum of Art]] ([[Filadelfia|Philadelphia]])]]
Opere della maturità di grande rilievo artistico è il ''Massacro degli innocenti'', ora al Museo di [[Filadelfia]], interessante sotto il profilo stilistico perché testimonia la comprensione del colorismo classicista dello Stanzione e del [[Domenichino]] a discapito del naturalismo manifestato invece in un'altra redazione del medesimo soggetto compiuto quand'era alla bottega del Vitale. L'opera palesa altresì un rimando esplicito all'opera forse più importante su questo tema, ossia alla versione che [[Guido Reni]] compì sul finire del primo decennio del Seicento, da cui Pacecco rielabora la drammaticità gestuale della composizione seppur realizzando la tela a taglio orizzontale (mentre quella del bolognese è verticale).<ref name=P42-43>{{Cita|V. Pacelli|pp. 42-43}}.</ref>
Con l{{'}}''Annunciazione'' in [[Chiesa di San Gregorio Armeno|San Gregorio Armeno]], compiuta nel 1644, il pittore consacra la maturità artistica e il definitivo passaggio stilistico verso il purismo accademico e classicista del [[Domenichino]], divenendo uno dei più apprezzati pittori locali di questa corrente, sia per la committenza pubblica religiosa che per quella laica privata; in tale senso il [[Bernardo De Dominici|De Dominici]] scrisse: ''«In case particolari poi ve ne sono infinite, ma i palagi del Duca di Maddaloni, del principe di Tarsia, del principe di Sonnino e di tutti i titolati son pieni di sue opere»''.<ref name=":0">{{Cita web|url=https://www.guidecampania.com/derosa/cap9.htm|titolo=cap.9 Pacecco de Rosa|sito=www.guidecampania.com|accesso=2023-05-18}}</ref>
{{doppia immagine|sinistra|Museo nazionale di Capodimonte. (5026).jpg|175|P de Rosa Baño de Diana Capodimonte.jpg|225|Il ''Giudizio di Paride'' (a sinistra) e il ''Bagno di Diana'' (a destra), entrambe già in [[collezione d'Avalos]] e oggi al [[Museo di Capodimonte|Capodimonte]] di [[Napoli]]|}}
In quest'ultimo senso ricadono intorno al 1645 circa le svariate commesse che il pittore riceve da [[Andrea d'Avalos]] per la [[Collezione d'Avalos|collezione di famiglia]], il quale volle una serie di opere a tema mitologico con connotazioni erotiche e su cui il Pacecco diede forse la miglior prova di sé. Appartengono a questo ciclo il ''Bagno di Diana'', il ''Giudizio di Paride'', la ''Venere e Marte'', la ''Venere con satiro e amorini'' e la ''Didone abbandonata'', tutti oggi al [[Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte|Museo di Capodimonte]].
Una sorta di ''firma'' personale dell'autore entro le proprie composizioni è rappresentata dal suo cane, raffigurato in molti dipinti ai margini della scena (''Incontro di Rachele e Giacobbe'', ''Rebecca ed Elezier al pozzo'', ''Giudizio di Paride''). Secondo il De Dominici De Rosa utilizzò nelle figure femminili del ''Bagno di Diana,'' della ''Rebecca al pozzo'' (entrambe le versioni), del ''Ritrovamento di Mosè'', della ''Susanna e i vecchioni'', e anche in quello dell{{'}}''Allegoria della Flora'', i ritratti delle tre nipoti, figlie di Grazia e [[Juan Do]] (Anna, Speranza e Caterina).<ref name="P30-31">{{Cita|V. Pacelli|pp. 30-31}}.</ref> Tuttavia questo dato non è del tutto fondato, in quanto le tre ragazze, nate tra il 1637 e il 1652, sarebbero state troppo giovani rispetto alle figure dipinte; pertanto è verosimile che il biografo abbia confuso le nipoti con le sorelle del pittore ([[Annella di Massimo|Diana]], Lucrezia e Maria Grazia), le quali secondo le testimonianze dell'epoca erano note per essere ragazze di bell'aspetto.<ref name="P30-31" />
Dai documenti certi rinvenuti il De Rosa risulta si sia avvalso alcune volte di svariati pittori per dipingere specifiche parti entro i suoi quadri, come [[Luca Forte (pittore)|Luca Forte]], che realizzò i fiori nell'''Allegoria della Flora'', nonché [[Pietro Fiammingo]] per altri inserti di natura morta e [[Didier Barra]] per la vista a volo d'uccello della città di [[Napoli]] nella parte inferiore del ''Sant'Antonio da Padova'' in [[Basilica di San Lorenzo Maggiore|San Lorenzo Maggiore]].<ref name=P71>{{Cita|V. Pacelli|p. 71}}.</ref>
Nella tarda maturità il pittore si diede ad alcune grandi pale d'altare di notevole spessore qualitativo, come il ''San Tommaso riceve il cingolo della castità'' per la [[Chiesa di Santa Maria della Sanità (Napoli)|chiesa di Santa Maria della Sanità]] a [[Napoli]], l{{'}}''Immacolata Concezione con san Francesco d'Assisi e sant'Antonio da Padova'' di [[Vibo Valentia]], la ''Madonna col Bambino, san Domenico, san Gaetano e l'Angelo custode'' di [[Sant'Agata di Puglia]] ed infine la ''Madonna e San Carlo Borromeo'' per la [[Chiesa di San Domenico Maggiore (Napoli)|chiesa di San Domenico Maggiore]] a Napoli, in cui ritorna anche in fase avanzata della carriera l'antica collaborazione con il [[Filippo Vitale|Vitale]] e in cui si assiste a una variazione del classico tema iconografico in quanto san Domenico è presente nel dipinto quasi in secondo piano e defilato rispetto a san Carlo.<ref name=P66>{{Cita|V. Pacelli|p. 66}}.</ref>
▲* ''San Tommaso d'Aquino che riceve il cingolo della castità'', [[Basilica di Santa Maria della Sanità]], [[Napoli]]
=== La morte ===
Dove e quando sia morto l'artista non si sa; come accadde per altri pittori napoletani morti nello stesso anno, le cause sono da ricercare nell'epidemia della [[peste del 1656]]. Non esiste un ritratto ufficiale del pittore; parte della critica moderna ritiene che questi si può individuare nella figura giovanile che compare a sinistra del ''Martirio di san Biagio'' di [[Lecce]] (ad ogni modo, secondo il De Dominici, anche lui così come le tre sorelle era di bell'aspetto).<ref name=":0" />
== Opere ==
{{Vedi anche|Opere di Pacecco De Rosa}}
[[File:Santo Stefano Pacecco.jpg|miniatura|''Santo Stefano'']]
==Note==
<references/>
== Bibliografia ==
*{{DBI|nome = DE ROSA, Giovan Francesco, detto Pacecco|nomeurl = |autore = Riccardo Lattuada|volume = 39|anno = 1991|accesso = 26 agosto 2017}}
*{{Cita libro|cid=V. Pacelli|titolo=Giovan Francesco de Rosa detto Pacecco de Rosa|autore=Vincenzo Pacelli|edizione=Paparo|anno=2008|città=Roma|pagine=273-366|ISBN=8887111766}}
*{{Cita libro|titolo=Pacecco De Rosa - Opera completa|autore=Achille della Ragione|edizione=Napoli Arte|anno=2005|città=Napoli|ISBN=9786001584442}}
== Voci correlate ==
* [[Pittura napoletana del Seicento]]
* [[Annella di Massimo]]
* [[Filippo Vitale]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* [http://www.guidecampania.com/derosa/ Guida all'opera omnia]
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|pittura}}
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