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[[File:Cinecitta studios rome italy entrance.jpg|thumbminiatura|uprightdestra|Stabilimentiverticale|L'ingresso agli stabilimenti di [[Cinecittà]] a [[Roma]]]]
Il '''cinema italiano''' è attivo sin dall'epoca dei [[Auguste e Louis Lumière|fratelli Lumière]].<ref name="Lumiere">{{cita libro | autore1=Michelle Aubert | wkautore1=Michelle Aubert | autore2=Jean-Claude Seguin | wkautore2=Jean-Claude Seguin | editore= BIFI/Bibliothèque du Film | anno=1996 | titolo=La production cinématographique des Frères Lumière | lingua=FR | ISBN=978-2-9509048-1-2}}</ref> I primi filmati risalgono al [[1896]] e sono stati realizzati nelle principali città della penisola.<ref name="ArchLum">{{Cita web|url=https://catalogue-lumiere.com/pays/italie/|titolo=L’œuvre cinématographique des frères Lumière - Pays: Italie|editore=catalogue-lumiere.com|lingua=FR|accesso=20 marzo 2018|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180320195614/https://catalogue-lumiere.com/pays/italie/|dataarchivio=20 marzo 2018}}</ref><ref name="Bologna">{{Cita web|url=https://festival.ilcinemaritrovato.it/proiezione/italy-1896-in-honor-of-aldo-bernardini/|titolo=Il Cinema Ritrovato - Italia 1896 - Grand Tour Italiano|editore=festival.ilcinemaritrovato.it|accesso=20 marzo 2018|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180321124127/https://festival.ilcinemaritrovato.it/proiezione/italy-1896-in-honor-of-aldo-bernardini/|dataarchivio=21 marzo 2018}}</ref> Questi brevi esperimenti suscitarono fin da subito la curiosità del ceto popolare, spingendo gli operatori a produrre nuove pellicole e gettando così le basi per una vera industria cinematografica.<ref name="ArchLum"/><ref name="Bologna"/> Nei primi anni del novecento si sviluppa il cinema muto che avrà il merito di portare alla ribalta numerosi divi italiani e che troverà una battuta d'arresto alla fine della [[Prima guerra mondiale]].<ref name="AZcinema">{{cita libro | autore=Gino Moliterno | wkautore=Gino Moliterno | editore= Scarecrow Press | anno=2009 | p=[https://archive.org/details/atozofitaliancin0000moli/page/243 243] | titolo=The A to Z of Italian Cinema | url=https://archive.org/details/atozofitaliancin0000moli | lingua=EN | ISBN=978-0-8108-7059-8}}</ref>
Il '''cinema italiano''' inizia la propria attività pochi mesi dopo la prima proiezione pubblica, avvenuta nel sottosuolo di un caffè sul boulevard des Capucines, a [[Parigi]], il 28 dicembre [[1895]]; data da cui si fa tradizionalmente iniziare la storia del cinema.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3601}}</ref>
Negli anni trenta, con l'avvento del [[Cinema sonoro|sonoro]] e la nascita di [[Cinecittà]], il cinema italiano entra in una nuova fase produttiva, sotto il controllo politico e finanziario del ” [[regime fascista]]<ref name="Regime">{{cita libro | autore=Gian Piero Brunetta | wkautore=Gian Piero Brunetta | editore=Laterza | anno=2009 | titolo=Il cinema italiano di regime | ISBN=978-88-420-8944-5}}</ref>. Una nuova stagione inizia alla fine della [[seconda guerra mondiale]] con la nascita del [[cinema neorealista]] che raggiunge per tutto il [[dopoguerra]] un vasto consenso di pubblico e critica<ref name="Neorealismo">{{cita libro | autore=David Bruni | wkautore=David Bruni | editore=Lindau | anno=2013 | titolo=Roberto Rossellini: Roma città aperta | ISBN=978-88-6708-221-6}}</ref>. Dalla metà degli anni cinquanta fino alla fine degli anni settanta, grazie al [[cinema d'autore]], alla [[commedia all'italiana]], ed a molti altri generi, il cinema italiano raggiunge una posizione di grande prestigio sia nazionale che estera<ref name="PostNeorealismo">{{cita libro | autore1=Silvia Bizio | wkautore1=Silvia Bizio | autore2=Claudia Laffranchi | wkautore2=Claudia Laffranchi | editore=Gremese Editore | anno=2002 | titolo=Gli italiani di Hollywood: il cinema italiano agli Academy Awards | ISBN=978-88-8440-177-9}}</ref><ref name="PostNeorealismo2">{{cita libro | autore=Alessandro Chiello | wkautore=Alessandro Chiello | editore=Alessandro Chiello | anno=2014 | titolo=C'eravamo tanto amati. I capolavori e i protagonisti del cinema italiano | ISBN=978-605-03-2773-1}}</ref>. A partire dagli anni ottanta, a causa di molteplici fattori, la produzione italiana attraversa una profonda crisi che non ha impedito la realizzazione di pellicole di qualità, premiate e apprezzate in tutto il mondo<ref name="crisicinema">{{cita libro | autore=Alessandro Grande | wkautore=Alessandro Grande | editore=Lulu.com | anno=2013 | titolo=La produzione del cinema italiano oggi | ISBN=978-1-4092-5750-9}}</ref><ref name="vitabella">{{cita libro | autore=Monica Repetto | wkautore=Monica Repetto | editore=Il castoro | anno=2000 | titolo=La vita è bella?: il cinema italiano alla fine degli anni Novanta e il suo pubblico | ISBN=978-88-8033-163-6}}</ref><ref name="terzomillenio">{{cita libro | autore=Franco Montini | wkautore=Franco Montini | editore=Il castoro | anno=2002 | titolo=Il cinema italiano del terzo millennio: i protagonisti della rinascita | ISBN=978-88-7180-428-6}}</ref>.
Il primo proiettore cinematografico viene portato in Italia dagli operatori [[Auguste e Louis Lumière]] nel corso del [[1896]] a [[Napoli]]. A marzo il cinematografo giunge a [[Roma]] e a [[Milano]]. Ad aprile a [[Salerno]] e [[Bari]]. Durante l'estate arriva dapprima a [[Livorno]] e in seguito a [[Bergamo]], [[Ravenna]] e [[Bologna]]. Nell'ottobre dello stesso anno ad [[Ancona]]<ref>Angelini, F. Pucci, ''Materiali per una storia del cinema delle origini''. 1981: «... allo stato attuale delle ricerche, la prima proiezione nelle Marche viene ospitata al Caffè Centrale di Ancona: ottobre 1896».</ref> e [[Perugia]]; a dicembre a [[Torino]], [[Pescara]] e [[Reggio Calabria]].
[[File:Umberto I - film 1896.png|miniatura|destra|verticale|Un fotogramma del più antico documentario italiano tuttora visibile che ritrae re [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]]]
A [[Pisa]], nel 1905, apre al pubblico il [[Palazzo Agostini (Pisa)|cinema Lumière]], considerato il più antico cinema italiano fino alla sua chiusura, avvenuta il 13 febbraio [[2011]] e conseguente riapertura nel febbraio del 2013.<ref>{{cita web|url=http://iltirreno.gelocal.it/pisa/cronaca/2013/02/03/news/teatro-cinema-e-cibo-e-tornato-il-lumiere-1.6469458|titolo=Teatro, cinema e cibo È tornato il Lumiere |accesso=14 aprile 2015}}</ref> La sala cinematografica è situata nel retro di Palazzo Agostini. Tuttavia, alcune sperimentali proiezioni hanno avuto inizio nel secolo precedente, esattamente nel 1899, nella sala dei biliardi dell'attiguo Caffè dell'Ussero.<ref>[http://www.zonelibere.net/news/1578-chiude-il-cinema-lumiere-a-pisa-dopo-100-anni-di-attivita.html Chiude il Cinema Lumiere a Pisa dopo 100 anni di attività].</ref>
Tra i primi fotogrammi impressi su pellicola e prodotti in Italia sono [[documentario|documentari]] della durata di pochi minuti dedicati a regnanti, imperatori, papi e a scorci di alcune città. Il primo operatore di rilevanza storica è [[Vittorio Calcina]], autore di cortometraggi sia in forma documentaria che a soggetto. Tra le sue "vedute" più celebri va ricordata la ripresa della visita a [[Monza]] di re [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e della regina [[Margherita di Savoia]], girata su commissione per conto dei fratelli Lumière<ref>[[Wladimiro Settimelli]], ''Dall'agiografia al messaggio fotografico per la storia'', «Palatino», Roma, a. XI, 1967.</ref>.
== Gli inizi (1896-1909) ==
[[File:Finto storpio (Italo Pacchioni, 1896).webm|upright=1.4|miniatura|sinistra|[[Italo Pacchioni]], ''Il finto storpio al Castello Sforzesco'' (1896)]]
===I primi film===
In poco tempo altri pionieri si fanno strada. A mettersi in luce è il regista e inventore [[Filoteo Alberini]], che già a partire dal 1895 perfeziona un apparecchio di ripresa non dissimile da quello dei Lumière<ref>[http://www.aicine.com/pubblicazioni/i_cineoperatori_vol1_2000.pdf Fernaldo Di Giammatteo (1999), "Un raggio di sole si accende lo schermo", in ''I Cineoperatori. La storia della cinematografia italiana dal 1895 al 1940 raccontata dagli autori della fotografia (volume 1°)''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130929035334/http://www.aicine.com/pubblicazioni/i_cineoperatori_vol1_2000.pdf |data=29 settembre 2013 }}</ref>. Sono attivi anche [[Italo Pacchioni]], [[Arturo Ambrosio]], [[Giovanni Vitrotti]], [[Roberto Omegna]] e [[Raffaello Lucarelli]].
[[File:Papst leo xiii a.jpg|miniatura|sinistra|upright|Un fotogramma del più antico documentario italiano tuttora visibile che ritrae [[papa Leone XIII]]]]
Per convenzione si fa risalire la nascita del cinema italiano alla prima proiezione pubblica del ''Cinématographe'', avvenuta il 13 marzo 1896 presso lo studio Le Lieure di Roma<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", in ''Storia del cinema mondiale'', Einaudi, Torino, 2002, vol. III, pp. 33-34.</ref>. Nel giro di pochi giorni lo spettacolo arriverà in tutte le principali città del paese.
Il successo di questi "quadri in movimento" è immediato. Il cinematografo affascina per la sua capacità di mostrare con inedita precisione realtà geografiche lontane e, viceversa, di immortalare momenti quotidiani senza storia. Vengono ripresi eventi sportivi, avvenimenti locali, intensi traffici stradali, l'arrivo di un treno, visite di personaggi famosi, ma anche disastri e calamità naturali.
I primi film prodotti in Italia sono [[documentario|documentari]] della durata di pochi secondi dedicati a regnanti, imperatori, papi e a ___location di varie cittadine. Il primo operatore di rilevanza storica è [[Vittorio Calcina]], autore di cortometraggi sia in forma documentaria che a soggetto. Tra le sue "vedute" più celebri va ricordata la ripresa della visita a [[Monza]] di re [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e della regina [[Margherita di Savoia]], girata su commissione per conto dei fratelli Lumière<ref>[[Wladimiro Settimelli]], ''Dall'agiografia al messaggio fotografico per la storia'', «Palatino», Roma, a. XI, 1967.</ref>. Il più antico documentario italiano tuttora visibile è ''[[Sua Santità papa Leone XIII]]'', una breve inquadratura di [[papa Leone XIII]] nei Giardini Vaticani.
Per dare una sommaria idea del tipo di riprese effettuate, alcuni quadri del tempo riportano i seguenti titoli: ''Arrivo del treno alla Stazione di Milano'' (1896), ''La battaglia di neve'' (1896), ''la gabbia dei matti'' (1896), ''Ballo in famiglia'' (1896), ''Il finto storpio al Castello Sforzesco'' (1896) e ''La Fiera di Porta Genova'' (1898), tutti girati da [[Italo Pacchioni]], anch'egli inventore di una macchina da presa con effetto stereoscopico conservata presso la [[Cineteca Italiana]] di [[Milano]]<ref>{{cita web|url=https://sempreinpenombra.com/2009/09/25/italo-pacchioni-alle-giornate-del-cinema-muto-2009/|titolo=Italo Pacchioni alle Giornate del Cinema Muto 2009|accesso=21 gennaio 2016}}</ref>.
In poco tempo altri pionieri si fanno strada. A mettersi in luce è il regista e inventore [[Filoteo Alberini]], che già a partire dal 1895 perfeziona un apparecchio di ripresa non dissimile da quello dei Lumière<ref>[http://www.aicine.com/pubblicazioni/i_cineoperatori_vol1_2000.pdf Fernaldo Di Giammatteo (1999), ''Un raggio di sole si accende lo schermo'', in ''I Cineoperatori. La storia della cinematografia italiana dal 1895 al 1940 raccontata dagli autori della fotografia (volume 1°)'']</ref>. A seguire si mettono in evidenza [[Italo Pacchioni]], [[Roberto Omegna]], [[Giuseppe Filippi]] e [[Giovanni Vitrotti]].
Se la risposta delle classi popolari è entusiasta, la novità tecnologica sarà trattata con riserva dalla stampa e da una parte del mondo intellettuale. Nonostante le iniziali diffidenze, nell'arco di soli due anni il cinema scala le gerarchie della società incuriosendo le classi più abbienti. Il 28 gennaio 1897 i principi [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele]] e [[Elena del Montenegro|Elena di Montenegro]] assistono a una proiezione organizzata da Vittorio Calcina, in una sala di [[Palazzo Pitti]] a [[Firenze]]<ref>[[Gian Piero Brunetta]], ''Guida alla storia del cinema italiano. 1905-2003'', Torino, Einaudi, 2003, p. 425.</ref>. Decisi a sperimentare il nuovo mezzo, si lasceranno riprendere in ''S.A.R. il Principe di Napoli e la Principessa Elena visitano il [[Battistero di San Giovanni (Firenze)|battistero di S. Giovanni a Firenze]]'' e il giorno del loro matrimonio in ''Dimostrazione popolare alle LL. AA. i Principi sposi (al [[Pantheon (Roma)|Pantheon - Roma]])''<ref>Elisabetta Bruscolini, ''Roma nel cinema tra realtà e finzione'', Roma, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema, [2003?], p.18</ref><ref>[http://www.torinocittadelcinema.it/schedafilm.php?film_id=14&stile=large Riprese degli operatori Lumière a Torino - Enciclopedia del cinema in Piemonte]</ref>.
Il successo di questi "quadri in movimento" è immediato. Pur confuso tra le tante meraviglie para-scientifiche dei padiglioni delle fiere, il cinematografo affascina per la sua capacità di mostrare con precisione inedita realtà lontane e, viceversa, di immortalare momenti quotidiani senza storia. Se la risposta delle classi popolari è entusiasta, la novità tecnologica sarà trattata con riserva dalla stampa e da una parte del mondo intellettuale.
{{clear}}
== Cinema ambulanti e nascita dell'industria cinematografica ==
Nel frattempo, il cinema scala le gerarchie della società incuriosendo i ceti nobiliari. Il 28 gennaio 1897 i principi [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele]] e [[Elena del Montenegro|Elena di Montenegro]] assistono a una proiezione organizzata da Vittorio Calcina, in una sala di [[Palazzo Pitti]] a [[Firenze]]<ref>Gian Piero Brunetta, ''Guida alla storia del cinema italiano. 1905-2003'', Torino, Einaudi, 2003, p. 425.</ref>. Decisi a sperimentare il nuovo mezzo presteranno i propri volti per alcune riprese nel documentario ''S.A.R. il Principe di Napoli e la Principessa Elena visitano il [[Battistero di San Giovanni (Firenze)|battistero di S. Giovanni a Firenze]]'', seguito dalla documentazione visiva del loro matrimonio in ''Dimostrazione popolare alle LL. AA. i Principi sposi (al [[Pantheon (Roma)|Pantheon - Roma]])''<ref>Elisabetta Bruscolini, ''Roma nel cinema tra realtà e finzione'', Roma, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema, [2003?], p.18</ref><ref>[http://www.torinocittadelcinema.it/schedafilm.php?film_id=14&stile=large Riprese degli operatori Lumière a Torino - Enciclopedia del cinema in Piemonte]</ref>.
===Nascita dell'industria cinematografica===
{{vedi anche|Nascita dell'industria cinematografica italiana}}
[[File:Image edited.jpg|thumbnailminiatura|destra|uprightverticale|Uno dei tanti loghi della [[Cines]]]]
Nei primi anni del Novecento sorse a Napoli, nel quartiere [[Vomero]], la prima casa cinematografica italiana, ossia la ''[[Titanus]]'' (originariamente ''Monopolio Lombardo'')<ref>[https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2014/02/16/news/titanus-77236093/ Repubblica.it]</ref>. Fondata da [[Gustavo Lombardo]] nel [[1904]], è la più grande e probabilmente celebre casa cinematografica del paese<ref>{{Cita web |url=http://www.titanus.it/titanus-storia.php |titolo=Titanus |accesso=24 agosto 2018 |dataarchivio=27 febbraio 2021 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210227180729/https://www.titanus.it/titanus-storia.php |urlmorto=sì }}</ref>.
Tra il [[1903]] e il [[1909]] il [[cinema]], sino ad allora considerato alla stregua di un fenomeno da baraccone, assume i caratteri di una vera e propria industria. Centinaia di case di produzione nascono e si moltiplicano in tutta la penisola: tra le più note si ricordano la [[Cines]], [[Milano Films]], [[Itala Film]], [[Caesar Film]], [[Ambrosio Film|Società Anonima Ambrosio]], [[Partenope Film]], [[Pasquali Film]], [[Roma Film]], e innumerevoli sigle minori destinate a durare il tempo di un film.<ref>{{cita web|url=http://sempreinpenombra.com/2012/09/28/le-case-di-produzione-in-italia-1905-1912/|titolo=Le case di produzione in Italia 1905-1912 |accesso=26 maggio 2015}}</ref> Contemporaneamente si organizza su tutto il territorio nazionale una rete capillare di sale cinematografiche, costruite in prevalenza in centri e zone urbane. Questa trasformazione porterà alla produzione di [[film]] a soggetto, che per gran parte del periodo [[cinema muto|muto]] affiancheranno la forma del documentario fino a sostituirlo completamente all'inizio della [[prima guerra mondiale]].
Il primo cortometraggio si deve a [[Roberto Troncone]] che girò nel 1900 ''Il ritorno delle carrozze da Montevergine''; filmò con grande successo popolare l'[[Eruzione del Vesuvio del 1906|eruzione del Vesuvio]] e proiettò nel [[1907]] nella Sala Elgè di via Poerio ''[[Il delitto delle Fontanelle]]'', considerato il primo film prodotto a Napoli<ref>[http://www.napolinelcinema.it/#!/Le%20origini%20del%20Cinema%20a%20Napoli Prima di Cinecitta' Le Origini del Cinema a Napoli] napolinelcinema.it</ref>.
La scoperta delle potenzialità spettacolari del mezzo cinematografico favorisce lo sviluppo di un cinema di grandi ambizioni, capace di inglobare tutte le suggestioni culturali del paese. La formazione scolastica è fonte inesauribile di idee e spunti facilmente assimilabili da un pubblico generalista. Decine di personaggi incontrati sui libri di testo fanno il loro esordio sul grande schermo: il [[Conte di Montecristo]], [[Giordano Bruno]], [[Francesca da Polenta|Francesca da Rimini]], [[Lorenzino de' Medici]], [[Rigoletto]], il [[conte Ugolino]], [[Elettra (Agamennone)|Elettra]], [[Giulio Cesare]], [[Romeo e Giulietta]], [[Socrate]], [[Galileo]], [[Francesco d'Assisi]] e altri ancora. Dal punto di vista iconografico i riferimenti principali sono i grandi artisti rinascimentali e neoclassici, non da meno i simbolisti e le illustrazioni popolari. Il primo film a soggetto, ''[[La presa di Roma]]'', viene realizzato da Filoteo Alberini nel [[1905]], in controtendenza ai generi allora di maggior successo quali i drammi passionali e storici.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/tag/filoteo-alberini/|titolo=Filoteo Alberini - Treccani |accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Nei primi anni del XX secolo si sviluppa in tutta Italia il fenomeno dei cinema ambulanti che provvedono all'alfabetizzazione del mezzo visivo. Tale innovativa forma di spettacolo esaurisce, in breve tempo, una quantità di attrazioni ottiche (lanterne magiche, cineografi, stereoscopi, panorami, diorami...) che avevano alimentato l'immaginazione europea e favorito la circolazione di un comune mercato delle immagini<ref name = "lu">{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/sala-cinematografica_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=Italo Pacchioni alle Giornate del Cinema Muto 2009|accesso=11 febbraio 2017}}</ref>.
== Periodo aureo (1910-1919) ==
Nei primi anni dieci l'industria cinematografica conosce un rapido sviluppo. Nel [[1912]], l'anno della massima espansione, vengono prodotti a Torino 569 film, a Roma 420 e a Milano 120<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", in ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2000, p. 38.</ref>. Nei tre anni che precedono la [[Prima guerra mondiale]], mentre la produzione si consolida, vengono esportati in tutto il mondo film mitologici, comici e drammatici. Con la fine del decennio Roma si impone definitivamente come principale centro produttivo e tale resterà, nonostante le periodiche crisi dell'industria, fino ai giorni nostri.
Prima il chinetoscopio di Edison (1º giugno 1895), e a seguire il kinetrografo e il kinematografo, a Palermo avverranno le prime rappresentazioni sullo schermo dell'Isola. Nel 1905 sorge a [[Palermo]] la [[Lucarelli Film]], la prima casa di produzione siciliana fondata da [[Raffaello Lucarelli]] e consorziata con la francese [[Pathé]], che durante la sua attività produsse sedici film a soggetto sino alla metà degli anni Venti del [[Novecento]].<ref>{{Cita libro|autore=Antonio La Torre Giordano|titolo=Luci sulla città. Palermo nel cinema dalle origini al 2000|collana=Cinefocus|anno=2021|editore=Edizioni Lussografica|ISBN=8882435180}}</ref> Contestualmente, la prima sala cinematografica siciliana è l'Edison Saal, ufficialmente fondata dallo stesso Lucarelli nell'ottobre del 1905. Nel capoluogo siciliano furono fondate al contempo la Azzurri Film da [[Paolo Azzurri]], e la [[Lumen Film]], Casa italo-elvetica, da [[Albert Roth-de-Markus]], alle quali si aggiunsero la [[Gloria-Sicula]] e la [[Dore Film]].
===I kolossal storici===
[[File:Cabiria poster.jpg|thumb|sinistra|upright|Locandina di ''[[Cabiria]]'' ([[1914]]) di [[Giovanni Pastrone]]]]
Nel momento di massivo sviluppo produttivo, il genere storico perde il suo carattere pedagogico e illustrativo a favore di quello più spettacolare. I kolossal presentati nei primi anni del novecento mostrano tutte le ambizioni dell'[[Età giolittiana|Italia giolittiana]] che celebra sul grande schermo avvenimenti dell'antichità, con ambizioni proprie di una potenza internazionale. Prima ancora dell'avvento del fascismo, questi film rievocano i trionfi degli antichi imperi romani, di cui si rivendica la discendenza culturale<ref>Maria Wyke, ''Projecting the Past. Ancient Rome, Cinema and History'', Psychology Press, Londra, 1997.</ref>. La [[Guerra italo-turca|conquista della Libia]] segna l'avvicinamento definitivo tra il sostrato nazionalista di questi film e la politica imperialista.
Tra il 1903 e il 1909 il cinema ambulante prende consistenza assumendo i caratteri di un'autentica industria. Centinaia di case di produzione sorgono in tutto il paese: [[Cines]], [[Milano Film]], [[Itala Film]], [[Caesar Film]], [[Società Anonima Ambrosio]], [[Partenope Film]], [[Pasquali Film]], [[Lucarelli Film]], [[Lombardo Film]] (divenuta in seguito [[Titanus]]) e innumerevoli altre sigle, destinate a durare il tempo della lavorazione di un film. Contemporaneamente si organizza nei centri urbani una rete sempre più capillare di sale cinematografiche (il [[Palazzo Agostini (Pisa)|Cinema Lumière di Pisa]] inizia le proiezioni già nel 1899, il Cinema Sivori di Genova addirittura dal 1896<ref>{{Cita web|url=https://www.comingsoon.it/cinema/news/il-cinema-piu-antico-d-italia-il-sivori-di-genova-veniva-inaugurato-120/n56920/|titolo=Il cinema più antico d'Italia: il Sivori di Genova veniva inaugurato 120 anni fa dai fratelli Lumière|sito=Tgcom24 |accesso=9 aprile 2017}}</ref>). Questa trasformazione porterà alla produzione dei [[film]] a soggetto, che per gran parte del [[Cinema muto|periodo muto]] affiancheranno il [[documentario]] fino a sostituirlo quasi completamente all'inizio della [[prima guerra mondiale]].
L'archetipo del filone è il ''[[Nerone (film 1909)|Nerone]]'' ([[1909]]) di [[Luigi Maggi]] e [[Arrigo Frusta]]. La pellicola si ispira all'opera di [[Pietro Cossa]] che si rifà iconograficamente alle acqueforti di [[Bartolomeo Pinelli]], al [[neoclassicismo]] e allo spettacolo ''Nero, or the Destruction of Rome'' rappresentato dal [[circo Barnum]].<ref>Mario Verdone, ''Spettacolo romano'', Golem, Roma, 1970, pp. 141-147.</ref> Seguono ''[[Marin Faliero, doge di Venezia]]'' ([[1909]]) di [[Giuseppe De Liguoro]], ''Otello'' (1909) di [[Yambo]] e ''[[L'Odissea (film 1911)|Odissea]]'' ([[1911]]) di Bertolini, Padovan e De Liguoro. ''[[L'Inferno (film 1911 Milano Films)|L'Inferno]]'' ([[1911]]), prima ancora che un adattamento della [[Inferno (Divina Commedia)|cantica dantesca]], è una traduzione cinematografica delle incisioni di [[Gustave Doré]] che sperimenta l'integrazione tra effetti ottici e azione scenica, mentre ''[[Gli ultimi giorni di Pompei (film 1913)|Gli ultimi giorni di Pompei]]'' ([[1913]]) di [[Mario Caserini]] ricorre a innovativi effetti speciali.
La scoperta delle potenzialità spettacolari del mezzo cinematografico favorisce lo sviluppo di un cinema di grandi ambizioni, capace di inglobare tutte le suggestioni culturali e storiche del paese. La formazione scolastica è fonte inesauribile di idee e spunti facilmente assimilabili non solo da un pubblico colto ma anche da quello popolare. Decine di personaggi incontrati sui libri di testo e di storia fanno il loro ingresso sul grande schermo: [[il conte di Montecristo]], [[Giordano Bruno]], [[Libro di Giuditta#La storia|Giuditta e Oloferne]], [[Francesca da Rimini]], [[Lorenzino de' Medici]], [[Rigoletto]], [[San Francesco d'Assisi]], il [[Ugolino della Gherardesca|Conte Ugolino]] e innumerevoli altri ancora. Dal punto di vista iconografico i riferimenti principali sono i grandi artisti rinascimentali e neoclassici, nonché i simbolisti e le illustrazioni popolari<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2002, p. 40.</ref>.
Il primo regista a sfruttare in modo coerente questo enorme apparato spettacolare è [[Enrico Guazzoni]], già pittore e scenografo di fama. Nel suo ''[[Quo vadis? (film 1912)|Quo vadis?]]'' ([[1912]]) i personaggi e lo spazio scenico creano rapporti finora inediti, esaltando la dialettica tra individuo e massa che sarà al centro dei futuri film storici. La storia rimane sullo sfondo, mentre in primo piano si agitano drammi personali derivati dal melodramma<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 43.</ref>. Il successo internazionale del film segna la maturazione del genere e permette a Guazzoni di realizzare film sempre più spettacolari come ''[[Cajus Julius Caesar]]'' (1913) e ''[[Marcantonio e Cleopatra]]'' ([[1913]]). Dopo Guazzoni si inseriscono [[Emilio Ghione]], [[Febo Mari]], [[Carmine Gallone]], [[Giulio Antamoro]] e tanti altri che contribuiscono all'espansione del genere.
Nel 1905 la [[Cines]] inaugura il genere del [[film storico]], che negli anni dieci darà larga fortuna a molti cineasti italiani. Questa contingenza porterà alla nascita di uno dei primi film a soggetto recante il titolo ''[[La presa di Roma]]'' (1905), della durata di dieci minuti e realizzato da [[Filoteo Alberini]]. L'operatore impiega per la prima volta attori di provenienza teatrale, sfruttando l'argomento storico in chiave divulgativa e pedagogica. Il film, assimilando la lezione manzoniana di rendere verosimile la finzione storica, ricostruisce la presa di Roma del 20 settembre 1870, con annesse le notorie vicende della [[Breccia di Porta Pia]].
[[Giovanni Pastrone]] è il regista più interessato alla ricerca di soluzioni scenografiche inedite. Già in ''[[La caduta di Troia]]'' ([[1911]]) sperimenta originali costruzioni prospettiche, ma è con il celebre ''[[Cabiria]]'' ([[1914]]) che la sua filmografia e l'intero genere raggiungono l'apice. Concepito come un autentico film-evento (anche grazie alla collaborazione di [[Gabriele D'Annunzio]]), il film colpisce il pubblico per le sue innovazioni tecniche (tra cui l'uso dei carrelli e del [[primo piano]]). La complessità della trama, l'uso espressivo del trucco e l'opulenza scenografica contribuiscono alla sua fama di "oggetto d'arte" capace di superare i limiti del mezzo cinematografico<ref>Gianni Rondolino, Paolo Bertetto, ''Cabiria e il suo tempo'', Torino, 1998.</ref>.
Nel 1906 a Napoli i quotidiani cittadini, di fronte al successo del cinema, testimoniato dalle ventisette sale cinematografiche, parlano di "epidemia"<ref>Barbagallo, op. cit., pagina 142</ref>: l'inaugurazione del Cinema Internazionale provocò disordini sedati dalla polizia e si pensò di allargare Piazza Carità per risolvere i problemi della circolazione provocati dalla presenza di tale sala<ref>Barbagallo, op. cit., pagina 143</ref>. Nel 1908 sei delle sette riviste cinematografiche pubblicate in Italia erano partenopee<ref>Barbagallo, op. cit., pagina 144</ref> e la rivista «Lux» di Gustavo Lombardo era diffusa anche all'estero<ref>[https://books.google.it/books?id=we2JCgAAQBAJ&pg=PA278&dq=%22cinema+a+Napoli%22&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiHnq6Y8YnYAhVIVRQKHUVGAsMQ6AEIXzAK#v=onepage&q=%22cinema%20a%20Napoli%22&f=false Vittoria Ferrandino e Maria Rosaria Napolitano, op.cit., pag. 271] books.google.it</ref>.
Dopo il grande successo di ''Cabiria'', con il mutare dei gusti del pubblico e le prime avvisaglie della crisi industriale, il genere comincia a mostrare segni di stanchezza. Il progetto di Pastrone di adattare la ''Sacre scritture'' con migliaia di comparse resta irrealizzato. Il ''[[Christus (film 1916)|Christus]]'' ([[1916]]) di Antamoro e ''[[La Gerusalemme liberata (film 1918)|La Gerusalemme liberata]]'' ([[1918]]) di Guazzoni restano notevoli per la complessità iconografica ma non offrono novità sostanziali. Nonostante sporadici tentativi di riallacciarsi al ''grandeur'' del passato, il filone dei kolossal storici si esaurisce all'inizio degli anni venti.
[[File:Assunta Spina 1915 Francesca Bertini 01.png|thumb|[[Francesca Bertini]] in ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' ([[1915]]), da lei codiretto con [[Gustavo Serena]]]]
=== Le dive ===
Nel 1907, con ''[[La dea del mare]]'' di [[Salvatore di Giacomo]]<ref name=centouno>Agnese Palumbo, 101 donne che hanno fatto grande Napoli, Newton Compton Editori</ref>, debutta al cinema [[Francesca Bertini]]<ref>[https://www.imdb.com/name/nm0078116/ Francesca Bertini] imdb.com</ref>, definita da [[Melania G. Mazzucco]] «Regina incontrastata del cinema muto italiano»<ref name=3c>[http://www.treccani.it/enciclopedia/francesca-bertini_(Enciclopedia-del-Cinema)/ BERTINI, Francesca] treccani.it</ref>: toscana di nascita ma di padre napoletano<ref name=centouno/> si trasferisce nel capoluogo partenopeo da piccola<ref name=3c/> imparandone la lingua<ref name=centouno/>: viene considerata la prima diva del cinema e all'epoca la sua fama era tale che la corrispondenza le arrivava specificando solo la città dove abitava<ref>Sergio Lori il romanzo del cinema italiano, citato in "Forse non tutti sanno che a Napoli..." di Maurizio Ponticello, Newton Compton Editori</ref>; fu anche sceneggiatrice<ref name=3c/> con lo pseudonimo di Frank Bert.
[[File:FBertiniAssunta S1915.jpg|destra|thumb|[[Francesca Bertini]] sul set del film ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' ([[1915]])]]
Tra il [[1913]] e il [[1920]] si assiste all'ascesa, allo sviluppo e al declino del fenomeno del divismo cinematografico, nato con l'uscita di ''[[Ma l'amor mio non muore (film 1913)|Ma l'amor mio non muore]]'' ([[1913]]) di [[Mario Caserini]]. Il film ha un successo di pubblico enorme e codifica la recitazione e l'estetica del divismo femminile. La recitazione di [[Lyda Borelli]] esercita una grandissima influenza per tutto il decennio e contribuisce a rinnovare l'immaginario romantico con influenze melodrammatiche, decadenti e simboliste.<ref>{{cita web|url=https://books.google.it/books?id=PKuFonu_l-YC&pg=PA14&lpg=PA14&dq=ma+l%27amor+mio+non+muore+nascita+del+divismo&source=bl&ots=jRJZQfO6_0&sig=qzyjkMbihoEQANxFXQYp9V21dew&hl=it&sa=X&ei=rdxkVZDZG8f-ygO5poHYBw&ved=0CE4Q6AEwCA#v=onepage&q=ma%20l'amor%20mio%20non%20muore%20nascita%20del%20divismo&f=false|titolo=Storia del cinema italiano - Lino Aulenti|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
== Il periodo aureo ==
Nel giro di pochi anni si affermano [[Francesca Bertini]], [[Pina Menichelli]], [[Leda Gys]], [[Eleonora Duse]] e [[Italia Almirante Manzini]]. Film come ''[[Fior di male]]'' ([[1914]]) di Carmine Gallone, ''[[Il fuoco]]'' ([[1915]]) di Pastrone, ''[[Rapsodia satanica]]'' ([[1917]]) di [[Nino Oxilia]] e ''[[Cenere (film)|Cenere]]'' ([[1917]]) di [[Febo Mari]] arrivano a modificare il costume nazionale, imponendo canoni di bellezza, modelli di comportamento e oggetti del desiderio. Questi modelli, fortemente stilizzati secondo le tendenze culturali e artistiche dell'epoca, non hanno legami con la realtà ma sintetizzano la recitazione melodrammatica, il gesto pittorico e la posa teatrale<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 47-52.</ref>.
Nei primi anni dieci l'industria cinematografica italiana conosce un rapido sviluppo.
Intorno al 1913 venne fondata ufficialmente la [[Polifilms]] di [[Giuseppe Di Luggo]]<ref>[https://books.google.it/books?id=YlpzCgAAQBAJ&pg=PA273&lpg=PA273&dq=polifilm+di+luggo&source=bl&ots=p_M2tIWW3Z&sig=NkeJQhMLECoqDh5JQWFd3W_CjSI&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwims9Ty4_LUAhWC7RQKHcB0DAYQ6AEINjAD#v=onepage&q=polifilm%20di%20luggo&f=false Vittoria Ferrandino e Maria Rosaria Napolitano, op.cit., pag. 273] books.google.it</ref>. A differenza delle altre, definite {{citazione|per la maggior parte di piccole dimensioni, impostate e gestite con criteri familiari|<ref name=IGDA>Il cinema Grande storia illustrata, Istituto geografico De Agostini - Novara, volume nove, pag. 46</ref>}}essa costituì un «salto di qualità»<ref name=IGDA/>. Essendo in difficoltà economiche, la casa produttrice, con sede in via Cimarosa<ref name=vm>[http://www.vomeromagazine.net/la-storia-della-prima-cinecitta-italiana-al-vomero/ LA STORIA DELLA PRIMA CINECITTÀ ITALIANA AL VOMERO] vomeromagazine.net</ref>, cedette nel 1919 i suoi impianti e teatri di posa a [[Gustavo Lombardo]]<ref name=vm/>: questi, oltre al lavoro nell'editoria del settore, alla distribuzione all'estero di pellicole e alla fondazione della [[Titanus]], portò in Italia i primi film di [[Charlie Chaplin]] nel 1915 ed [[Intolerance]] di [[D.W. Griffith]] nel 1916<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/gustavo-lombardo_(Dizionario-Biografico)/ LOMBARDO, Gustavo] treccani.it</ref>. [[Gian Piero Brunetta]] lo definisce un'eccezione laddove {{citazione|mancano nella storia economica del cinema italiano delle origini delle figure di ''tycoons'' paragonabili a quelle hollywoodiane dei Mayer, Fox, Goldwyn, o dei fratelli Warner|<ref name=GPB />}}
[[Francesca Bertini]] è, dopo Lyda Borelli, la seconda grande diva del cinema italiano. Dotata di una maggiore versatilità rispetto alle dive contemporanee, passa dalla commedia al dramma passionale ricoprendo vari ruoli sociali e comunicando con efficacia un'ampia gamma di sentimenti. In ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' ([[1915]]) di [[Gustavo Serena]] si allontana dalle influenze liberty per avvicinarsi a una recitazione più naturalistica che ne favorisce la forza espressiva<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 51.</ref>.
Intorno al 1909 nasce la [[Film Dora]], successivamente diventata Dora Film, con [[Elvira Notari]] al lavoro come regista, sceneggiatrice e produttrice, del cui lavoro la Library of Congress conserva alcune copie di ''A Piedigrotta''<ref>[http://briganti.info/elvira-notari-quando-il-cinema-era-donna/ Elvira Notari. Quando il cinema era Donna] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20210302172430/http://briganti.info/elvira-notari-quando-il-cinema-era-donna/ |data=2 marzo 2021 }} briganti.info</ref><ref>[https://books.google.it/books?id=Z8ovCwPqylgC&pg=PA402&lpg=PA402&dq=Library+of+Congress+A+Piedigrotta&source=bl&ots=b9ixUvOFf8&sig=KLHCHheT4AFynNyV33i29gArm3I&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiSiYbsj5rSAhVH1BoKHcHvCkIQ6AEIGjAA#v=onepage&q=Library%20of%20Congress%20A%20Piedigrotta&f=false Giuliana Bruno, Streetwalking on a Ruined Map: Cultural Theory and the City Films of Elvira Notari, Princeton University Press, pagina 402]</ref>, aprendo nel 1925 a New York la Dora Film of America, per il pubblico costituito dagli emigranti<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/elvira-notari_(Enciclopedia-del-Cinema)/ NOTARI, Elvira] treccani.it</ref> che li potranno vedere con i titoli di ''Mary the Crazy Woman'', ''Blood and Duty'', ''The Orphan of Naples'' e ''From Piave to Trieste''<ref name=GPB/>. Brunetta definisce i suoi film {{citazione|vicende ispirate a canzoni di successo, o tratte da sceneggiate, storie di scugnizzi e «piccerille» che si perdono|<ref name=GPB>Brunetta, op.cit., volume uno, pag. 32</ref>}}Casa di produzione a conduzione familiare, dopo aver iniziato a colorare le pellicole passa a produrre, con Elvira Notari alla conduzione, film tratti da drammi di [[Federico Stella]] e [[Crescenzo Di Maio]], puntando, secondo il ricordo del figlio [[Eduardo Notari|Eduardo]], a fare «'o cinema de' napulitane»<ref>Il cinema Grande storia illustrata, Istituto geografico De Agostini - Novara, volume nove, pag. 198</ref>
Nonostante la diversità delle interpreti e dei film, il modello femminile che emerge dal cinema di questo periodo è sostanzialmente riconducibile al modello melodrammatico, anche se contaminato dal decadentismo dannunziano e dalle teorie di [[Cesare Lombroso|Lombroso]]. Il celebre medico e antropologo, a proposito di tali figure femminili, sentenzierà: «ora innocenti e pure, ora deliranti e in preda al "déreglement de tous les sens", ora madri dolcissime a cui viene negata la maternità, ora donne capaci di amare oltre la stessa morte»<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 52.</ref>. Soltanto negli anni venti, con la crisi produttiva e il tramonto delle dive, sarà possibile l'emergere di una figura femminile più realistica, priva di un'aura divina e più accessibile allo spettatore.
Nel 1912, l'anno della massima espansione, vengono prodotti a Torino 569 film, a Roma 420 ed a Milano 120<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 38.</ref>. Nei tre anni che precedono la [[prima guerra mondiale]], mentre la produzione si consolida, vengono esportati in tutto il mondo film mitologici, comici e drammatici. Nel frattempo, in ambito attoriale, nasce il fenomeno del divismo che per alcuni anni conoscerà un successo inarrestabile. Con la fine del decennio Roma si impone definitivamente come principale centro produttivo; tale resterà, nonostante le crisi che periodicamente scuoteranno l'industria, fino ai nostri giorni.
=== I kolossal storici ===
[[File:Cabiria poster.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Locandina di ''[[Cabiria]]'' (1914) di [[Giovanni Pastrone]]]]
Nel momento di massimo accrescimento produttivo, il genere storico perde il suo carattere pedagogico e illustrativo a favore di quello più spettacolare. I kolossal presentati nei primi anni del novecento mostrano tutte le ambizioni dell'[[Età giolittiana|Italia giolittiana]] che celebra sul grande schermo avvenimenti dell'antichità, con aspirazioni proprie di una potenza internazionale. Prima ancora dell'avvento del fascismo, questi film rievocano i trionfi degli antichi imperi romani, di cui si rivendica con orgoglio la discendenza culturale<ref>Maria Wyke, ''Projecting the Past. Ancient Rome, Cinema and History'', Psychology Press, Londra, 1997.</ref>. La [[Guerra italo-turca|conquista della Libia]] segna l'avvicinamento definitivo tra il sostrato nazionalista di questi film e la politica imperialista.
Gli archetipi del filone sono ''[[Gli ultimi giorni di Pompei (film 1908)|Gli ultimi giorni di Pompei]]'' (1908), di [[Arturo Ambrosio]] e [[Luigi Maggi]] e ''[[Nerone (film 1909)|Nerone]]'' (1909), dello stesso Maggi e [[Arrigo Frusta]]. Quest'ultima pellicola si ispira all'opera di [[Pietro Cossa]] che si rifà iconograficamente alle acqueforti di [[Bartolomeo Pinelli]], al [[neoclassicismo]] e allo spettacolo ''Nero, or the Destruction of Rome'' rappresentato dal [[circo Barnum]].<ref>Mario Verdone, ''Spettacolo romano'', Golem, Roma, 1970, pp. 141-147.</ref> Seguono ''[[Marin Faliero, doge di Venezia]]'' (1909), di [[Giuseppe De Liguoro]], ''Otello'' (1909), di [[Yambo]] e ''[[L'Odissea (film 1911)|Odissea]]'' (1911), di Bertolini, Padovan e De Liguoro. Il loro ''[[L'Inferno (film 1911 Milano Films)|L'Inferno]]'' (1911), prima ancora che un adattamento della [[Inferno (Divina Commedia)|cantica dantesca]], è una traduzione cinematografica delle incisioni di [[Gustave Doré]] che sperimenta l'integrazione tra effetti ottici e azione scenica, mentre ''[[Gli ultimi giorni di Pompei (film 1913)|Gli ultimi giorni di Pompei]]'' (1913), di [[Eleuterio Rodolfi|Eleuterio Rodolfi, r]]<nowiki/>icorre a innovativi effetti speciali.
Il primo regista a sfruttare pienamente questo enorme apparato spettacolare è [[Enrico Guazzoni]], già pittore e scenografo di fama. Nel suo ''[[Quo vadis? (film 1913)|Quo vadis?]]'' (1913) i personaggi e lo spazio scenico creano rapporti finora inediti, esaltando la dialettica tra individuo e massa che sarà al centro dei futuri film storici. La storia rimane sullo sfondo, mentre in primo piano si agitano drammi personali derivanti dal melodramma<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 43.</ref>. Il successo internazionale del film segna la maturazione del genere e permette a Guazzoni di realizzare film sempre più spettacolari come ''[[Cajus Julius Caesar]]'' (1913) e ''[[Marcantonio e Cleopatra]]'' (1913). Dopo Guazzoni vengono [[Emilio Ghione]], [[Febo Mari]], [[Carmine Gallone]], [[Giulio Antamoro]] e tanti altri che contribuiscono all'espansione del genere.
[[Giovanni Pastrone]] è il regista più interessato alla ricerca di soluzioni scenografiche inedite. Già in ''[[La caduta di Troia (film 1911)|La caduta di Troia]]'' (1911) sperimenta originali costruzioni prospettiche, ma è con il titanico ''[[Cabiria]]'' (1914) che la sua filmografia e l'intero genere raggiungono l'apice. Concepito come un autentico film-evento (anche grazie alla collaborazione di [[Gabriele D'Annunzio]]), la pellicola colpisce il pubblico per la sua ambizione, supportata da finanziamenti e costi produttivi senza precedenti. Le innovazioni tecniche (tra cui l'uso dei carrelli e del primo piano), la complessità della trama, l'uso espressivo del trucco, dell'illuminazione e l'opulenza scenografica contribuiscono alla sua fama di "oggetto d'arte" capace di superare i limiti del mezzo cinematografico<ref>Gianni Rondolino, Paolo Bertetto, ''Cabiria e il suo tempo'', Torino, 1998.</ref>. Negli anni a venire, pellicole come ''[[Intolerance]]'' (1916) di [[David W. Griffith]] o ''[[Metropolis (film 1927)|Metropolis]]'' (1927) di [[Fritz Lang]] saranno debitrici del film di Pastrone.
Dopo il grande successo di ''Cabiria'', con il mutare dei gusti del pubblico e le prime avvisaglie della crisi industriale, il genere comincia a mostrare segni di stanchezza. Il progetto di Pastrone di adattare la ''Bibbia'' con migliaia di comparse resta irrealizzato. Il ''[[Christus (film 1916)|Christus]]'' (1916) di Antamoro e ''[[La Gerusalemme liberata (film 1918)|La Gerusalemme liberata]]'' (1918) di Guazzoni restano notevoli per la complessità iconografica ma non offrono novità sostanziali. Nonostante sporadici tentativi di riallacciarsi al ''grandeur'' del passato, il filone dei kolossal storici si interrompe all'inizio degli anni venti.
=== Il protogiallo ===
Sebbene vi fosse un malcelato pregiudizio morale rispetto alle tematiche giallo-poliziesche, nel primo e secondo decennio del Novecento nasce una prolifica produzione cinematografica volta a contenuti investigativi e del mistero, supportata da una letteratura italiana e straniera ben assortita che ne favorisce la trasposizione in pellicola. Ciò che più tardi avrebbe assunto la sintesi del [[Giallo all'italiana|giallo italiano]], nei fatti, viene prodotto e distribuito già dopo i primi vagiti della settima arte in Italia. Le case di produzione più prolifiche negli anni '10 saranno la [[Cines]], la [[Ambrosio Film|S.A. Ambrosio]], la [[Itala Film]], la [[Aquila Films]], la [[Milano Films]] e molte altre, mentre titoli come ''[[Il delitto del magistrato]]'' (1907), ''[[Il cadavere misterioso]]'' (1908), ''[[Il piccolo Sherlock Holmes]]'' (1909), [[L'abisso (film 1910)|''L'abisso'']] (1910) e ''[[Alibi atroce]]'' (1910), solo per citarne alcuni, fanno breccia nell'immaginario dei primi fruitori del cinematografo che ne reclamano, ottenendola, una maggiore offerta. Il consenso popolare è notevole al punto d'incoraggiare la manifattura cinematografica ad investire ulteriori risorse produttive, giacché tali pellicole sono distribuite anche sul mercato francese ed anglosassone. Così registi tra i più prolifici in quest'ambito come [[Oreste Mentasti]], [[Luigi Maggi]], [[Arrigo Frusta]] e [[Ubaldo Maria Del Colle]], insieme a molti altri meno noti, dirigono parecchie decine di film dove elementi narrativi classici del [[protogiallo]]<ref>{{Cita libro|autore=Antonio La Torre Giordano|titolo=Cinema protogiallo italiano. da Torino alla Sicilia, la nascita di un genere (1905-1963)|collana=Cinefocus|annooriginale=2022|editore=Edizioni Lussografica|ISBN=8882435458}}</ref> muto (mistero, reato, indagine investigativa e colpo di scena finale) costituiscono gli aspetti strutturali della rappresentazione cinematografica.
[[Elvira Notari]], prima regista in assoluto in Italia e una delle prime della storia del cinema mondiale, dirige ''[[Carmela, la sartina di Montesanto]]'' (1916), mentre a Palermo, la [[Lucarelli Film]] produrrà ''[[La cassaforte n. 8]]'' (1914) e ''Ipnotismo'' (1914), la [[Azzurri Film]] ''La regina della notte'' (1915) e la [[Lumen Film]] ''[[Il romanzo fantastico del Dr. Mercanton o il giustiziere invisibile]]'' (1915) e ''[[Profumo mortale]]'' (1915), tutte pellicole ascrivibili al ''protogiallo'' che si moltiplicheranno nei decenni successivi, divenendo propedeutiche alla successiva nascita del [[giallo all'italiana]].
=== Il divismo ===
Tra il 1913 e il 1920 si assiste all'ascesa, allo sviluppo e al declino del fenomeno del divismo cinematografico, nato con l'uscita di ''[[Ma l'amor mio non muore]]'' (1913), di [[Mario Caserini]]. Il film ha un successo di pubblico enorme e codifica l'impostazione e l'estetica del divismo femminile. La recitazione di [[Lyda Borelli]] esercita una grandissima influenza per tutto il decennio e contribuisce a rinnovare l'immaginario romantico con influenze melodrammatiche, decadenti e simboliste.
[[Francesca Bertini]] è, dopo Lyda Borelli, la seconda grande diva del cinema italiano. Dotata di una maggiore versatilità rispetto alle dive contemporanee, passa dalla commedia al dramma passionale ricoprendo vari ruoli sociali e comunicando con efficacia un'ampia gamma di sentimenti. In ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' (1915), di [[Gustavo Serena]] si allontana dalle influenze liberty per avvicinarsi a una recitazione più naturalistica che ne favorisce la forza espressiva<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 51.</ref>.
Nel giro di pochi anni si affermano: [[Pina Menichelli]], [[Rina De Liguoro]], [[Leda Gys]], [[Hesperia (attrice)|Hesperia]], [[Vittoria Lepanto]], [[Mary Cleo Tarlarini]] ed [[Italia Almirante Manzini]]. Film come ''[[Fior di male]]'' (1914), di [[Carmine Gallone]], ''[[Il fuoco (film)|Il fuoco]]'' (1915), di [[Giovanni Pastrone]], ''[[Rapsodia satanica]]'' (1917), di [[Nino Oxilia]] e ''[[Cenere (film)|Cenere]]'' (1917), di [[Febo Mari]], arrivano a modificare il costume nazionale, imponendo canoni di bellezza, modelli di comportamento e oggetti del desiderio. Questi modelli, fortemente stilizzati secondo le tendenze culturali e artistiche dell'epoca, si allontanano dal naturalismo a favore della recitazione melodrammatica, del gesto pittorico e della posa teatrale; il tutto favorito dall'impiego incessante del [[primo piano]] che amplifica ulteriormente il bagaglio espressivo dell'attrice.
<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 47-52.</ref>.
Nonostante la diversità delle interpreti e dei film, il modello femminile che emerge dal cinema di questo periodo è sostanzialmente riconducibile al modello melodrammatico, anche se contaminato dal decadentismo dannunziano e dalle teorie di Lombroso: «ora innocenti e pure, ora deliranti e in preda al "déreglement de tous les sens", ora madri dolcissime a cui viene negata la maternità, ora donne capaci di amare oltre la stessa morte»<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 52.</ref>. Soltanto negli anni venti, con la crisi produttiva e il tramonto delle dive, sarà possibile l'emergere di una figura femminile più realistica, priva dell'aura divina e più accessibile allo spettatore.
Nel medesimo lasso di tempo, il fenomeno del divismo si sviluppa anche sul fronte maschile, in virtù dell'affermazione di svariati attori teatrali, che, in molti dei casi, fungevano contemporaneamente anche da registi delle pellicole che li vedevano protagonisti: [[Amleto Novelli]], [[Ermete Novelli]], [[Alberto Capozzi]], [[Luigi Maggi]], [[Emilio Ghione]], [[Ermete Zacconi]], [[Febo Mari]], [[Ubaldo Maria Del Colle]], [[Carlo Campogalliani]] e [[Mario Bonnard]]. Si ricorda, infine, la figura di [[Bartolomeo Pagano]], un ex [[camallo]] del porto di Genova, salito alla ribalta per le numerose interpretazioni in vari kolossal del momento, tra cui il già citato ''[[Cabiria]]'' (1914).
=== Le comiche ===
Nonostante un discreto successo nel primo decennio del secolo, le comiche mute non sono mai diventate un genere di rilievo. Il tratto rilevante di questa produzione, che conta centinaia di film (quasi tutti cortometraggi), è la capacità di assimilare varie forme di spettacolo popolare, dal teatro di piazza al ''vaudeville''. Costruiti attorno a esili trame con spunti umoristici e catastrofici, questi brevi film fungono da semplice accompagnamento a pellicole più ambiziose.
Il comico di maggior successo in Italia è André Deed, più noto come [[Cretinetti]], protagonista di innumerevoli corti per la [[Itala Film]]. Il suo successo apre la strada a [[Marcel Fabre]] (Robinet), [[Ernesto Vaser]] (Fricot) e tanti altri. L'unico attore di una certa sostanza è però [[Ferdinand Guillaume]], che diverrà famoso con il nome d'arte di Polidor<ref>{{cita pubblicazione | cognome=AAVV |titolo=I comici del muto italiano |rivista=Griffithiana |numero=24-25 |anno=1985}}</ref>.
L'interesse storico di questi film sta nella loro capacità di rivelare le aspirazioni e le paure di una società piccolo-borghese divisa tra il desiderio di affermazione e le incertezze del presente. È significativo che i protagonisti delle comiche italiane non si pongano mai in aperto contrasto con la società né incarnino desideri di rivalsa sociale (come accade per esempio con [[Charlie Chaplin]]), ma cerchino piuttosto di integrarsi in un mondo fortemente desiderato<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 46.</ref>.
=== Il cinema futurista ===
[[File:Thais bragaglia 1918 03.jpg|thumb|sinistra|Un fotogramma di ''[[Thaïs (film 1917 Italia)|Thaïs]]'' ([[1917]]) di [[Anton Giulio Bragaglia]]]]
{{vedi anche|Cinema futurista}}
[[File:Thais Bragaglia 1917 03.jpg|miniatura|sinistra|Un fotogramma di ''[[Thaïs (film 1917 Italia)|Thaïs]]'' (1917) di [[Anton Giulio Bragaglia]]]]
Nella prima decade del novecento, l'[[Futurismo|avanguardia futurista]] subisce la fascinazione del mezzo cinematografico. Con il suo interesse per la rapidità e la violenza espressiva, il futurismo trova nel cinema un'arte giovane, meno compromessa con la retorica passatista, e soprattutto aperta ai futuri sviluppi tecnologici. Nel ''Manifesto della cinematografia futurista'' ([[1916]]) [[Filippo Tommaso Marinetti]], [[Bruno Corra]], [[Emilio Settimelli]], [[Arnaldo Ginna]] e [[Giacomo Balla]] descrivono il cinema come l'arte capace di sintetizzare tutte le tendenze sperimentali dell'epoca. Così facendo, rivendicano l'uso di "drammi di oggetti", "sinfonie di linee e colori" e "giochi delle proporzioni" per superare i limiti del naturalismo ottocentesco. Il cinema che auspicano è "antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero".<ref name = "ft">{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/futurismo_%28Enciclopedia_del_Cinema%29/|titolo=Il cinema futurista - Treccani |accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Anche se in modo marginale, l'avanguardia futurista ha effetti sul cinema del periodo e soprattutto ne è influenzata. Con il suo interesse per la rapidità e la violenza espressiva, il futurismo trova nel cinema un'arte giovane, meno compromessa con la retorica passatista e soprattutto aperta ai futuri sviluppi tecnologici. Nel Manifesto della cinematografia futurista (1916) [[Filippo Tommaso Marinetti]], [[Bruno Corra]], [[Emilio Settimelli]], [[Arnaldo Ginna]] e [[Giacomo Balla]] descrivono il cinema come l'arte capace di sintetizzare tutte le tendenze sperimentali dell'epoca. Così facendo, rivendicano l'uso di "drammi di oggetti", "sinfonie di linee e colori" e "giochi delle proporzioni" per superare i limiti del naturalismo ottocentesco. Il cinema che auspicano è "antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero"<ref name = "ft">{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/futurismo_%28Enciclopedia_del_Cinema%29/|titolo=Il cinema futurista - Treccani |accesso=26 maggio 2015}}</ref>.
Al di là della dichiarazione d'intenti, il futurismo non riuscirà a far proprio il nuovo mezzo di espressione, né sarà in grado di lasciare un segno duraturo nella sua evoluzione. AL'influenza opera piuttosto in senso contrario: sarà il cinema a influenzarecondizionare la produzione artistica del movimento, graziecon alil montaggio dei materiali più disparati, aii primi piani e i dettagli, alil taglio eccentrico delle immagini, alll'uso di didascalie, stacchi e dissolvenze<ref>Giovanni Lista, "Futurisme et cinéma", in ''Peinture, cinéma, peinture'', Nathan, Parigi, 1989, p. 59.</ref>.
I film riconducibili al movimento sono pochissimi. Oltre aia filmquelli astratti dipinti su pellicola da Bruno Corra e Arnaldo Ginna, andati perduti, le opere più significative sono soltanto due. La prima, ''[[Thaïs (filmVita 1917 Italia)|Thaïsfuturista]]'' ([[1917]]1916), di [[AntonArnaldo GiulioGinna, Bragaglia]]è una sorta di verifica pratica delle tesi esposte nel ''Manifesto'': ironico e intenzionalmente provocatorio, il film ricorre a numerosi effetti speciali (parti colorate a mano, viraggi, inquadrature eccentriche, montaggio anti-naturalistico) per stimolare le reazioni emotive dello spettatore. La seconda, ''[[VitaThaïs futurista(film 1917 Italia)|Thaïs]]'' (19161917), di [[ArnaldoAnton GinnaGiulio Bragaglia]]. La prima, nasce sulla base del trattato estetico ''Fotodinamismo futurista'' (1911), redatto dello stesso autore. IlLa filmpellicola, costruitocostruita attorno a una vicenda melodrammatica e decadente, rivela in realtà molteplici influenze artistiche diverse dal futurismo marinettiano.; Basti pensare allele scenografie [[Secessione viennese|secessioniste]], alll'arredamento [[ArtStile Nouveauliberty|liberty]], aie i momenti astratti e [[surrealismoSurrealismo|surreali]] che contribuiscono a creare un forte sincretismo formale. La seconda è una sorta di verifica pratica delle tesi esposte nel ''Manifesto''. Ironico e intenzionalmente provocatorio, il film ricorre a numerosi effetti speciali (parti colorate a mano, viraggi, inquadrature eccentriche, montaggio anti-naturalistico) per stimolare le reazioni emotive dello spettatore. Nello stesso periodo Bragaglia realizza altrialtre filmopere come ''[[Perfido incanto]]'', ''Il mio cadavere'' e il cortometraggio ''Dramma nell'Olimpo'', tutte tuttiandate completamente perdutiperdute.<ref name = "ft"/>
== La grande crisi e l'avvento del sonoro (1920-1930) ==
[[File:RobertoDria RobertiPaola 19181930.jpg|miniatura|destra|upright=0.7|IlLocandina registadel film ''[[RobertoLa Roberticanzone dell'amore]]'' (1930) di [[Gennaro Righelli]], primo film sonoro italiano ad essere distribuito nelle sale]]
Con la fine della [[Primaprima guerra mondiale|Grande guerra]] il cinema italiano attraversa un periodo di crisi dovuto a molti fattori: disorganizzazione produttiva, aumento dei costi, arretratezza tecnologica, perdita dei mercati esteri e incapacità di far fronte alla concorrenza internazionale, in particolare quella hollywoodiana<ref>Gian Piero Brunetta, ''Storia del cinema italiano'', vol. I, Laterza, Roma, 1993, p. 245.</ref>. Tra le cause principali va segnalata la mancanza di un ricambio generazionale, con una produzione ancora dominata da produttoriautori e autoriproduttori di formazione letteraria e teatrale, incapaci di far fronte alle sfide della modernità. La prima metà degli anni venti segna un netto riflusso produttivo: dai 350 film prodotti nel 1921 si passa ai sessanta60 del 1924<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 57.</ref>.
ResistonoLetteratura e teatro sono ancora ile drammifonti passionalinarrative privilegiate. Resistono i [[feuilleton]], perlopiù ripresi da testi classici o popolari e diretti da specialisti come [[Roberto Roberti]]; assieme a questi ottengono consensied i [[kolossal]] religiosi di [[Giulio Antamoro]] e i film d'ambienti e atmosfere proprie del [[feuilleton]]. Letteratura e teatro sono ancora le fonti narrative privilegiate. Sulla scorta dell'ultima generazione di dive, si diffonde un cinema sentimentale al femminile, incentrato su figure ai margini della società che, invece di lottare per emanciparsi (come accade nel contemporaneo cinema hollywoodiano), attraversano un autentico calvario spirituale allo scopo di preservare la propria virtù. La protesta e la ribellione da parte delle protagoniste femminili sono fuori discussione. È un cinema fortemente conservatore, legato a regole sociali sconvolte dalla guerra e in via di dissoluzione in tutta Europa. Un caso esemplare è quello di ''[[La storia di una donna]]'' ([[1920]]), di [[Eugenio Perego]], che usa una costruzione narrativa originale per proporre, con toni melodrammatici, una morale ottocentesca<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", in ''Storia del cinema mondiale'', volcit. III, Torino, Einaudi, 2000, p. 56.</ref>. Un filone particolare è quello di ambientazione napoletanaverista, grazie all'opera della prima regista donna del cinema italiano, [[Elvira Notari]], che dirige numerosi film influenzati dal teatro popolare e tratti da famose sceneggiate, canzoni napoletane, romanzi d'appendice oppure ispirati a fatti di cronaca.<ref>Gwendolyn Audrey Foster, ''Women Film Directors: An International Bio-Critical Dictionary'', Greenwood Publishing Group, Santa Barbara, 1995 pp. 282-284.</ref> Altra pellicola di ambientazione verista è ''[[Sperduti nel buio (film 1914)|Sperduti nel buio]]'' (1914), del regista siciliano [[Nino Martoglio]], considerata da certa critica come un primo esempio di cinema neorealista.<ref>Callisto Cosulich, articolo ''Primo contatto con la realtà'' in ''Eco del cinema e dello spettacolo'', n.77 del 31 luglio 1954.</ref>
In realtà la produzione italiana di questo periodo è marginale e il mercato è dominato dai film hollywoodiani. L'unico produttore capace di adeguarsi alla situazione è [[Stefano Pittaluga]], destinato a esercitare un controllo quasi assoluto sui film italiani fino agli anni trenta. Tra i registi in grado di misurarsi con le produzioni europee troviamo [[Lucio D'Ambra]], [[Carmine Gallone]] e soprattutto [[Augusto Genina]]. Realizzatore versatile e attento ai gusti del pubblico, Genina si dedica con facilità alla commedia brillante, ai melodrammi e ai film d'avventura, ottenendo spesso grandi successi al botteghino. IlDalla suoseconda ''Cyranometà dedegli Bergerac''anni ([[1923]])trenta èpresterà illa maggioresua incassoregia dela periodo,specifici mentrefilm ''Missbellici, Europa'' ([[1930]]) sfrutta con efficacia la moda del divismovoluti e contaminaorganizzati ildalla melodramma con scorci realisti. Per tutti gli anni trenta sarà uno dei registi di punta del cinemapropaganda fascista<ref>[[Sergio Grmek Germani]], Vittorio Martinelli, ''Il cinema di Augusto Genina'', Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 1989.</ref>.
Si dovrà aspettare la fine del decennio per trovare pellicole di maggior respiro. In questo periodo un gruppo di intellettuali vicini al quindicinale ''[[cinematografo (rivista)|cinematografo]]'' e guidati da [[Alessandro Blasetti]] lancia un programma semplice quanto ambizioso. Consapevoli dell'arretratezza culturale italiana, decidono di rompere ogni legame con la tradizione precedente attraverso una riscoperta del mondo contadino, fino ad allora praticamente assente nel cinema italiano. ''[[Sole (film 1929)|Sole]]'' (1929) di Alessandro Blasetti mostra l'evidente influenza delle avanguardie sovietiche e tedesche nel tentativo di rinnovare la cinematografia italiana in accordo con gli interessi del regime fascista. ''[[Rotaie (film)|Rotaie]]'' (1930) di [[Mario Camerini]] fonde il genere tradizionale della commedia con il [[kammerspiel]] e il film realista, rivelando l'abilità del regista nel tratteggiare i caratteri della media borghesia<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 59-60.</ref>.
[[File:Alessandro Blasetti.jpg|miniatura|sinistra|upright|[[Alessandro Blasetti]]]]
Pur non essendo paragonabili ai risultati più alti del cinema internazionale del periodo, i lavori di Alessandro Blasetti e Mario Camerini testimoniano un avvenuto passaggio generazionale tra i registi e gli intellettuali italiani, e soprattutto un'emancipazione dai modelli letterari e un avvicinamento ai gusti del pubblico.
Si dovrà attendere la fine del decennio per trovare pellicole di maggior respiro. In questo periodo un gruppo di intellettuali vicini alla rivista ''[[Rivista del cinematografo|Cinematografo]]'' e guidati da [[Alessandro Blasetti]] lancia un programma semplice quanto ambizioso. Consapevoli dell'arretratezza culturale italiana, decidono di rompere ogni legame con la tradizione precedente attraverso una riscoperta del mondo contadino, fino ad allora praticamente assente nel cinema italiano. ''[[Sole (film 1929)|Sole]]'' (1929) di Alessandro Blasetti mostra l'evidente influenza delle avanguardie sovietiche e tedesche nel tentativo di rinnovare la cinematografia italiana, in accordo con gli interessi del regime fascista.<ref>{{cita web|url=http://spigolature.net/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=706:il-paesaggio-rurale-nel-cinema-italiano-1930-1980&catid=285:assaggi-di-cinema&Itemid=74|titolo=Il paesaggio rurale nel cinema italiano |accesso=26 maggio 2015}}</ref> ''[[Rotaie (film)|Rotaie]]'' ([[1930]]) di [[Mario Camerini]] fonde il genere tradizionale della commedia con il [[kammerspiel]] e il film realista, rivelando l'abilità del regista nel tratteggiare i caratteri della media borghesia<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 59-60.</ref>. Il film è l'unica opera del periodo a far esplicito cenno alla "grande depressione", meglio conosciuta come ''[[crisi del 29]]''.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2891}}</ref> Pur non essendo paragonabili ai risultati più alti del cinema internazionale del periodo, i lavori di Alessandro Blasetti e Mario Camerini testimoniano un avvenuto passaggio generazionale tra i registi e gli intellettuali italiani, e soprattutto un'emancipazione dai modelli letterari e un avvicinamento ai gusti del pubblico. Una volta riorganizzata l'industria, i frutti di questa rinascita saranno presto messi al servizio del regime fascista.
Nella prima metà degli anni trenta, il mercato cinematografico mondiale attraversa un vero e proprio sconvolgimento provocato dall'avvento del sonoro. Lo scetticismo iniziale nei confronti del nuovo mezzo coinvolge produttori e cineasti di molti paesi, restii fin da subito a cimentarsi con la relativa ideazione. Tale invenzione stravolge le regole della grammatica cinematografica e viene vista come una minaccia per la distribuzione internazionale, potenzialmente soggetta (tramite il [[doppiaggio]]) a qualsiasi tipo di manipolazione. Il sonoro arriva in Italia nel 1930, tre anni dopo l'uscita de ''[[Il cantante di jazz (film 1927)|Il cantante di jazz]]'' (1927), e porta immediatamente a un dibattito sulla validità del cinema parlato e i suoi rapporti con il teatro.
Tra le altre cose, Blasetti ha avuto il merito di essere stato il primo artista in Italia ad aver sperimentato il sonoro nella pellicola ''[[Resurrectio]]'', del [[1930]]<ref name=Gori20>Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti''. Firenze, La nuova Italia, 1984. p. 20</ref> e il colore nel film ''Caccia alla volpe nella campagna romana'', del [[1938]].<ref>Gianfranco Gori, op. cit., p. 62</ref> Inoltre, ha di fatto forzato i limiti di quanto fosse lecito mostrare sul grande schermo, proponendo le prime nudità del cinema italiano (''La corona di ferro'' e ''[[La cena delle beffe (film)|La cena delle beffe]]'' del 1941). Nel 1982 ha ricevuto l'ambito [[Leone d'oro alla carriera]].
NelAlcuni frattemporegisti vieneaffrontano distribuitocon nelleentusiasmo salela ilnuova sfida. Il primo film sonoro italiano: è ''[[La canzone dell'amore]]'' ([[1930]]), di [[Gennaro Righelli]], che harisulta essere un grande successo di pubblico.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/gennaro-righelli_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=GennaroAnche RighelliAlessandro -Blasetti Treccanisperimenta |accesso=26l'uso maggiodi 2015}}</ref>una Conpista ilottica passaggioper alil sonorosuono lanella maggiorpellicola parte''[[Resurrectio]]'' degli(1930), attorigirata delprima cinemadella muto''Canzone sidell'amore'' ritrovama squalificata.distribuita L'epocaalcuni dellemesi divepiù etardi<ref deiname=Gori20>Gianfranco forzutiGori, sopravvissuta''Alessandro aBlasetti'', stentoLa agliNuova anniItalia, ventiFirenze, è1984, definitivamentep. conclusa20.</ref>. NonostanteSimile alcunial interpretifilm passerannodi allaRighelli regiaè o alla''[[Gli produzioneuomini, lche mascalzoni...]]''arrivo del(1932), sonorodi favorirà[[Mario Camerini]], che ha il ricambiomerito generazionaledi efar ladebuttare conseguentesugli schermi modernizzazione[[Vittorio delleDe struttureSica]].
Con il passaggio al cinema parlato la maggior parte degli attori italiani del cinema muto, ancora legata alla stilizzazione teatrale, si ritrova squalificata. L'epoca delle dive, dei dandy e dei forzuti, sopravvissuti a stento agli anni venti, è definitivamente conclusa. Anche se alcuni interpreti passeranno alla regia o alla produzione, l'arrivo del sonoro favorisce il ricambio generazionale e la conseguente modernizzazione delle strutture.
==Il cinema fascista (1922-1945)==
== L'industria cinematografica nel periodo fascista (1922-1945) ==
{{vedi anche|Cinecittà}}
[[File:luce2Centrosperimentale.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|thumb|destra|L'IstitutoIl Luce[[Centro nellasperimentale nuovadi sedecinematografia]] deldi 1937[[Roma]]]]
Consapevole dell'importanza del cinema nella gestione del consenso sociale, il regime [[fascismo|fascista]] si preoccupa fin da subito di rilanciare una cinematografia in declino. Nel 1924 viene fondata l'[[Istituto Luce|Unione Cinematografica Educativa Luce]], una società di produzione e distribuzione a controllo statale, mentre a livello internazionale è creato l'[[Istituto internazionale per la cinematografia educativa|L'Istituto per la cinematografia educativa]] collegato alla [[Società delle Nazioni]]. Nello stesso periodo viene istitutitoistituito il [[Ministero della Culturacultura Popolarepopolare]] che, attraverso considerevoli contributi a fondo perduto (regolati dalla legge 918 del 1931), finanzia direttamente l'industria dello spettacolo.<ref>Istituto nameNazionale =Luce, "lc">{{citaEnciclopedia web|url=http://www.recencinema.it/parliamo-di/cinema-e-cultura/3452-il-potere-del-cinema-di-propaganda-fascista|titolo=Il potereCinema di propaganda fascista|accesso=26 maggio 2015}}(2003)</ref> Tra i maggiori beneficiari c'è la casa di produzione Cines-Pittaluga, che nel 1925 costruisce nuovi teatri di posa alle porte di Roma. Nonostante l'aumento degli investimenti derivato da questa politica dirigista, l'arretratezza tecnologiatecnologica e culturale condanna alla marginalità l'ultimo periodo del cinema muto. Nel primo anno di vita della Cines saranno prodotti in Italia soltanto 12 film, contro i 350 importati dall'estero<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", in ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2000, vol. III, p. 342.</ref>.
Entro la fine del decennio, il regime diventerà l'unico finanziatore possibile dell'industria cinematografica. Da questo momento in poi, fino allo scoppio della guerra, produzione e mercato saranno stabilmente pilotati dalle autorità governative. Nel 1934 è istituita la Direzione generale per la Cinematografia guidata da [[Luigi Freddi]], che di fatto controllerà la produzione di film italiani e esteri (con appositi tagli e censure) fino alla caduta del regime. Lo stesso anno viene creata la Corporazione dello spettacolo, dove trovano posto tutti i principali produttori e distributori del paese sovvenzionati dallo Stato. In questo periodo, oltre alla Cines, nascono altre società di produzione, tra cui la [[Lux Film]], specializzata in adattamenti letterari e film religiosi, e la Novella Film di [[Angelo Rizzoli (1889-1970)|Angelo Rizzoli]]. Tra i produttori più attivi vanno ricordati [[Gustavo Lombardo]] (presidente della [[Titanus]]), [[Giovacchino Forzano]] e i [[Scalera Film|fratelli Scalera]].
Nel 1935 viene istituito il [[Centro Sperimentale di Cinematografia]], destinato a imporsi come il principale luogo di formazione professionale del cinema italiano. Nello stesso anno gli stabilimenti della Cines vengono distrutti da un incendio. Sulle ceneri del vecchio sito industriale sorge nel 1937 [[Cinecittà]], uno dei complessi produttivi più grandi d'Europa, inaugurato in aperta sfida agli studios di Hollywood.<ref>{{Cita web |url=https://sites.google.com/site/ilcinemasonoro/home/029__ |titolo=Il cinema sonoro, "Documenti" |accesso=9 novembre 2015 |dataarchivio=28 luglio 2020 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200728143733/https://sites.google.com/site/ilcinemasonoro/home/029__ |urlmorto=sì }}</ref> Nel 1940 gli stabilimenti vengono statalizzati e ben presto diventano il cuore pulsante dell'industria cinematografica, portando metà della produzione a girare nei suoi teatri di posa. Da quel momento [[Roma]] diventa la capitale indiscussa del cinema italiano, con Cinecittà e il Centro Sperimentale destinati a esercitare per circa mezzo secolo un dominio incontrastato nella formazione delle competenze e nella produzione.
[[File:Cinepisorno.jpg|miniatura|upright=1.3|Stabilimenti cinematografici [[Pisorno]] a [[Tirrenia]] fondati da [[Giovacchino Forzano]] nel [[1938]]]]
Fino alla fine del 1938 il regime fascista non impedirà l'importazione di film stranieri (basti pensare che il 73% degli incassi di quell'anno vanno a film hollywoodiani), ma con il rafforzamento finanziario e il sempre maggiore ruolo dello Stato nella produzione vengono adottate misure protezionistiche, volte a limitare le importazioni. Mettendo a punto una politica dittatoriale votata al monopolio dei mezzi di informazione, la legge Alfieri del 6 giugno 1938 blocca la circolazione di film stranieri, dando impulso alla produzione nazionale. Nel 1939 si realizzano 50 film, che diventeranno 119 nel 1942; contemporaneamente la quota di mercato nazionale dei film italiani passa dal 13% al 50%<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 348.</ref>. Nemmeno la guerra è capace di arrestare questo stato di euforia produttiva, che durerà fino all'autunno del 1943.
Fino al momento della sua caduta, il regime imporrà un cinema strutturato in generi codificati: commedia farsesca e sentimentale, melodramma, feuilleton in costume, gialli polizieschi (tutti d'ambientazione straniera per ragioni censorie), film musicali (tratti dalle più famose opere liriche), lungometraggi d'avventura, film a tema bellico e pellicole epico-storiche. Il cinema del periodo fascista non sarà il veicolo privilegiato della propaganda (un compito svolto molto più persuasivamente dai Cinegiornali Luce), ma contribuirà a formare l'immagine dell'Italia che il fascismo vuole imporre: una società pacificata, priva di conflitti interni, con una grande storia alle spalle, efficiente, emancipata, progredita e capace di slanci produttivi ma al contempo non toccata dai mali della modernità.
Entro la fine del decennio, il regime diventa il principale finanziatore dell'industria cinematografica. Da questo momento fino allo scoppio della guerra, la crescita della produzione si manterrà costante. Nel 1934 è istituita la Direzione generale per la Cinematografia, guidata da [[Luigi Freddi]], che di fatto controllerà la produzione fino alla caduta del regime. Lo stesso anno viene creata la Corporazione dello spettacolo, dove trovano posto tutti i principali produttori e distributori del paese. In questo periodo, oltre alla Cines, nascono altre società di produzione, tra cui la [[Lux Film]], specializzata in adattamenti letterari e film religiosi, e la Novella Film di [[Angelo Rizzoli (1889-1970)|Angelo Rizzoli]]. Tra i produttori più attivi vanno ricordati [[Gustavo Lombardo]] (presidente della [[Titanus]]), [[Giovacchino Forzano]] e i [[Scalera Film|fratelli Scalera]]. Tutti i produttori e i distributori ricevono fondi dallo Stato, che si dota anche di una propria catena di sale, l'Enic.
Nel 1935 viene istituito il [[Centro sperimentale di cinematografia]], destinato a imporsi come il principale luogo di formazione professionale del cinema italiano. Nello stesso anno gli stabilimenti della Cines vengono distrutti da un incendio. Sulle ceneri del vecchio complesso industriale sorge nel 1937 [[Cinecittà]], uno dei complessi produttivi più grandi d'Europa, inaugurato in aperta sfida agli studios di Hollywood. Nel 1940 gli stabilimenti sono statalizzati e ben presto diventano il cuore produttivo dell'industria cinematografica: metà della produzione di quell'anno è girata nei suoi teatri di posa. Da quel momento Roma diventa la capitale indiscussa del cinema italiano, con Cinecittà e il Centro Sperimentale destinati a esercitare per circa mezzo secolo un dominio incontrastato nella formazione delle competenze e nella produzione.
A questo intento celebrativo contribuisce una nuova generazione di attori. [[Vittorio De Sica]] incarna una virilità comune e per questo capace di catturare le attenzioni del pubblico; al suo fianco recitano [[Dria Paola]], [[Memo Benassi]], [[Isa Pola]], [[Filippo Scelzo]], [[Carlo Ninchi]], [[Germana Paolieri]], [[Giuditta Rissone]], [[Elio Steiner]], [[Leda Gloria]], [[Nino Besozzi]], [[Lya Franca]], [[Mino Doro]] ed [[Isa Miranda]]. Tutti questi attori rappresentano un tentativo riuscito di riportare in auge un divismo di statura internazionale. Durante gli anni trenta e quaranta, allo stesso modo, interpreti come [[Gino Cervi]], [[Amedeo Nazzari]], [[Fosco Giachetti]], [[Massimo Girotti]], [[Leonardo Cortese]], [[Raf Vallone]] ed [[Ennio Cerlesi]] continueranno a incarnare la virilità italiana, divisa tra orgoglio nazionale e avvicinamenti progressivi alla realtà; così come [[Antonio Centa]], [[Osvaldo Valenti]], [[Erminio Spalla]], [[Rossano Brazzi]], [[Adriano Rimoldi]], [[Massimo Serato]], [[Roldano Lupi]], [[Andrea Checchi]], [[Enzo Fiermonte]], [[Renato Cialente]], [[Otello Toso]], [[Guido Celano]], [[Claudio Gora]], [[Armando Francioli]] e [[Roberto Villa]]. Dal lato femminile [[Alida Valli]], [[Assia Noris]], [[Clara Calamai]], [[Doris Duranti]], [[Elsa Merlini]], [[Evi Maltagliati]], [[Maria Denis]], [[María Mercader]] e [[Dina Sassoli]], portano sul grande schermo una bellezza più comune, distante dal fascino stilizzato delle dive del muto. Sulla stessa lunghezza d'onda faranno il loro debutto [[Valentina Cortese]], [[Luisa Ferida]], [[Elisa Cegani]], [[Caterina Boratto]], [[Carla Del Poggio]], [[Paola Barbara]], [[Lilia Silvi]], [[Mariella Lotti]], [[Vivi Gioi]], [[Marina Berti]], [[Luisella Beghi]], [[Beatrice Mancini]] ed [[Elsa De Giorgi]]. Nello stesso periodo fa il suo esordio una giovane [[Anna Magnani]], che a partire dal dopoguerra diventerà una delle interpreti più significative di tutto il cinema italiano.
Fino alla fine del 1938 il regime fascista non si oppone all'importazione di film stranieri (basti pensare che il 73% degli incassi di quell'anno vanno a film hollywoodiani), ma con il rafforzamento produttivo e il sempre maggiore ruolo dello Stato nella produzione vengono adottate misure protezionistiche volte a limitare le importazioni. La legge Alfieri del 6 giugno 1938 blocca la circolazione di film stranieri, dando impulso alla produzione nazionale. Nel 1939 si realizzano 50 film, che diventeranno 119 nel 1942; contemporaneamente la quota di mercato nazionale dei film italiani passa dal 13% al 50%<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 348.</ref>. Nemmeno la guerra è capace di arrestare questo stato di euforia produttiva, che durerà fino al 1943.
Un discorso a parte meritano alcuni attori provenienti dal varietà e capaci di portare al cinema fortunate maschere comiche: è il caso di [[Ettore Petrolini]], [[Ruggero Ruggeri]], [[Totò]], [[Gilberto Govi]], i fratelli [[Eduardo De Filippo|Eduardo]], [[Titina De Filippo|Titina]] e [[Peppino De Filippo]], [[Aldo Fabrizi]], [[Carlo Dapporto]], [[Nino Taranto]], [[Renato Rascel]] ed [[Erminio Macario]]<ref name = "gp" >Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', cit., pp. 203-2015.</ref>.
Fino al momento del suo crollo, il regime imporrà senza opposizioni un cinema strutturato in generi codificati. Il cinema del fascismo non sarà il veicolo privilegiato della propaganda (un compito svolto molto più persuasivamente dai Cinegiornali Luce), ma contribuirà a formare l'idea di società che il fascismo vuole imporre: una società pacificata, priva di conflitti interni, capace di slanci produttivi ma non toccata dai mali della modernità.<ref name = "lc"/> A questo intento celebrativo contribuisce anche una nuova generazione di attori: [[Massimo Girotti]], [[Amedeo Nazzari]], [[Gino Cervi]], [[Rossano Brazzi]] e [[Raf Vallone]] incarneranno la virilità e l'orgoglio della nazione, mentre [[Isa Miranda]], [[Clara Calamai]], [[Alida Valli]], [[Valentina Cortese]] e [[Doris Duranti]] saranno compagne premurose e fedeli.
=== Film di propaganda ===
{{vedi anche| Cinema di propaganda fascista}}
[[File:Scipione l'africano - Carmine Gallone - 1937.png|miniatura|sinistra|Un'immagine del film ''[[Scipione l'Africano (film 1937)|Scipione l'Africano]]'' (1937), diretto da [[Carmine Gallone]] nel [[1937]]]]
LeNel rappresentazioni[[cinema cinematografichedi propaganda fascista]], all'inizio, le rappresentazioni dello squadrismo e delle prime azioni fasciste sono pressoché rare. Tra le più rilevanti si segnala ''[[Vecchia guardia (film)|Vecchia guardia]]'' ([[1934]]), di Alessandro Blasetti, che rievoca la supposta spontaneità vitalistica dello squadrismo con toni retoricipopulisti, ema populistinon viene apprezzato dalla critica ufficiale<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 194.</ref>. ''[[Camicia nera (film)|Camicia nera]]'' ([[1933]]), di [[Giovacchino Forzano]], realizzato per il decennale della [[marcia su Roma]], celebra ile successipolitiche del regime (la bonifica delle paludi pontine e la costruzione della città di Littoria, oggi [[LittoriaLatina]]) alternando sequenze narrative a brani documentari.<ref name = "lc"/>
Con il consolidamento politico, ill'autorità regimegovernativa impone all'industria cinematografica di rafforzare l'identificazione del fascismoregime con la storia e la cultura del paese. Da qui nasce la necessitàl'intento di rileggere la storia italiana in chiaveuna fascistaprospettiva autoritaria, riducendo teleologicamente ogni avvenimento passato a un prodromo della "rivoluzione fascista". Questa operazione si pone, in diretta continuità con l'opera storiografica di [[Gioacchino Volpe]]. Dopo i primi tentativi in questa direzione, volti soprattutto a sottolineare lail presuntapresunto continuitàlegame tra [[Risorgimento]] e fascismo[[Fascismo]] (''[[Villafranca (film)|Villafranca]]'' di Forzano, [[1933]]; ''[[1860 (film)|1860]]'' di Blasetti, [[1933]]), la tendenza raggiunge l'apiceil culmine poco prima della guerra. ''[[Cavalleria (film)|Cavalleria]]'' (1936), di [[Goffredo Alessandrini]], rievoca la nobiltà dei combattenti sabaudi presentandone le gesta come anticipazioni dello squadrismo. ''[[Condottieri (film 1937)|Condottieri]]'', (1937), di [[Luis Trenker]], racconta la storia di [[Giovanni dalle Bande Nere]] stabilendo esplicitamente un parallelo con [[Benito Mussolini]], mentre ''[[Scipione l'Africano (film 1937)|Scipione l'Africano]]'' ([[1937]]), di [[Carmine Gallone]] (uno dei maggioripiù grandi sforzi produttivifinanziari dell'epoca), celebra l'impero romano e indirettamente quello fascista.<ref name =Brunetta352>Gian Piero Brunetta, "lcCinema italiano dal sonoro a Salò", cit., pp. 352-355.</ref>.
L'[[Guerra d'Etiopia|invasione dell'Etiopia]] dà ai registi italiani la possibilità di estendere gli orizzonti delle ambientazioni, rafforzando, oltremodo, l'autorità del regime sul cinema di propaganda<ref>Gian Piero Brunetta, Jean A. Gili, ''L'ora d'Africa del cinema italiano, 1911-1989'', Materiali di Lavoro, Rovereto, 2000.</ref>. ''[[Il grande appello]]'' (1936), di [[Mario Camerini]], celebraesalta l'imperialismo descrivendo la "nuova terra" come un'opportunità di lavoro e redenzione e, contrapponendo l'eroismo dei giovani soldati alla pavidità borghese. La polemica antipacifista che accompagna le imprese coloniali è evidente anche in ''[[Lo squadrone bianco]]'' (1936), di [[Augusto Genina]], che unisce la retorica propagandistica a notevoli sequenze di battaglia girate nel deserto della [[Tripolitania]]. La maggior parte dei film a celebrazione dell'impero sono in prevalenza documentari, volti a presentaremascherare la guerra come una lotta della civiltà contro la barbarie. La [[Guerra civile spagnola|guerra di Spagna]] è descritta nei documentari ''Los novios de la muerte'' (1936), di [[Romolo Marcellini]] (1936) e ''Arriba España, España una, grande, libre!'' (1939), di [[Giorgio Ferroni]] (1939) e fa da sfondo a un'altra dozzina di film, tra i quali il più spettacolare è ''[[L'assedio dell'Alcazar]]'' ([[1940]]), di AugustoGenina Genina.<ref name = "lc"Brunetta352/>.
[[File:Vecchia guardia 1934.JPG|thumb| Una scena del film ''[[Vecchia guardia]]'' ([[1934]]) di [[Alessandro Blasetti]]]]
Con l'entrata in guerra, il regime fascista rafforza ulteriormente il controllo sulla produzione e richiede un impegno più deciso nella propaganda. Oltre agli ormai canonici documentari, cortometraggi e cinegiornali, aumentano anche i film a soggetto in elogio delle imprese belliche italiane. Tra i più rappresentativi troviamo ''[[Bengasi (film)|Bengasi]]'' (1940) di Genina, ''[[Gente dell'aria]]'' ([[1942]]) di [[Esodo Pratelli]], ''[[I tre aquilotti]]'' (1942) di [[Mario Mattoli]] su sceneggiatura di [[Vittorio Mussolini]] e ''[[Quelli della montagna]]'' ([[1943]]) di Cino Betrone con la supervisione di Blasetti. Una citazione a parte merita ''[[Uomini sul fondo]]'' ([[1941]]) di [[Francesco De Robertis]], un film notevole grazie al suo approccio quasi documentaristico.<ref name = "lc"/>
Possono essere annoverati come film di propaganda (seppur indiretta) anche pellicole come ''[[Pietro Micca (film)|Pietro Micca]]'' (1938) di [[Aldo Vergano]], ''[[Ettore Fieramosca (film 1938)|Ettore Fieramosca]]'', realizzato nello stesso anno da [[Alessandro Blasetti]], e ''[[Fanfulla da Lodi (film)|Fanfulla da Lodi]]'' (1940) di [[Giulio Antamoro]], in cui, prendendo a pretesto la narrazione epica di vicende storiche, si opera una palese apologia della dedizione alla patria (in certi casi spinta fino al sacrificio personale) nel medesimo solco dei film coloniali d'ambientazione contemporanea.
Il film di maggiore successo del periodo è il dittico ''[[Noi vivi]]''-''Addio, Kira!'' ([[1942]]) di [[Goffredo Alessandrini]], riconducibile al genere del dramma anticomunista. Questo cupo melodramma, ambientato in un'improbabile [[Unione Sovietica]], è ispirato a un [[Noi vivi (romanzo)|romanzo]] di [[Ayn Rand]] che teorizza la filosofia dell'individualismo più radicale. Proprio a causa di questa generica critica all'autoritarismo, il dittico ha potuto essere interpretato come una blanda accusa al morente regime fascista<ref name=autogenerato1>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 355.</ref>.
Tra i registi che danno il loro contributo alla propaganda bellica c'è anche [[Roberto Rossellini]], autore di una trilogia composta da ''[[La nave bianca]]'' (1941), ''[[Un pilota ritorna]]'' (1942) e ''[[L'uomo dalla croce]]'' (1943). Anticipando per certi versi le sue opere della maturità, il regista adotta uno stile dimesso e immediato, che non contrasta l'efficacia della propaganda ma neppure esalta la retorica bellica dominante<ref name=autogenerato1 />: è lo stesso approccio anti-spettacolare a cui resterà fedele per tutta la vita.
[[File:Vecchia guardia 1934.JPG|miniatura| Una scena del film ''[[Vecchia guardia (film)|Vecchia guardia]]'' (1934) di [[Alessandro Blasetti]]]]
Con la partecipazione dell'Italia alla [[seconda guerra mondiale]], il regime fascista rafforza ulteriormente il controllo sulla produzione e richiede un impegno più deciso nella propaganda. Oltre agli ormai canonici documentari, cortometraggi e cinegiornali, aumentano anche i film a soggetto in elogio delle imprese belliche italiane. Tra i più rappresentativi troviamo ''[[Bengasi (film)|Bengasi]]'' (1942), di Genina, ''[[Gente dell'aria]]'' (1943), di [[Esodo Pratelli]], ''[[I 3 aquilotti]]'' (1942), di [[Mario Mattoli]] (su sceneggiatura di [[Vittorio Mussolini]]), ''[[Il treno crociato]]'' (1943) di [[Carlo Campogalliani]], ''[[Harlem (film)|Harlem]]'' (1943) di [[Carmine Gallone]] e ''[[Quelli della montagna]]'' (1943), di [[Aldo Vergano]] con la supervisione di Blasetti. Una citazione a parte merita ''[[Uomini sul fondo]]'' (1941) di [[Francesco De Robertis]], un film notevole grazie al suo approccio quasi documentaristico<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 354.</ref>.
Il film di maggiore successo del periodo è il dittico ''[[Noi vivi]]''-''[[Addio Kira!]]'' (1942), di [[Goffredo Alessandrini]], realizzato come film unico, ma poi distribuito in due parti a causa dell'eccessiva lunghezza. Riconducibile al genere del dramma anticomunista, questo cupo melodramma (ambientato in [[Unione Sovietica]]) è ispirato all'[[Noi vivi (romanzo)|omonimo romanzo]] della scrittrice [[Ayn Rand]] che esalta l'individualismo filosofico più radicale. Proprio a causa di questa generica critica all'autoritarismo, il dittico ha potuto essere interpretato come una blanda accusa al regime fascista<ref name=Brunetta355>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 355.</ref>.
Tra i registi che danno il loro contributo alla propaganda bellica c'è anche [[Roberto Rossellini]], autore di una trilogia composta da ''[[La nave bianca]]'' (1941), ''[[Un pilota ritorna]]'' (1942) e ''[[L'uomo dalla croce]]'' (1943). Anticipando per certi versi le sue opere della maturità, il regista adotta uno stile dimesso e immediato, che non contrasta l'efficacia della propaganda ma neppure esalta la retorica bellica dominante: è lo stesso approccio anti-spettacolare a cui resterà fedele per tutta la vita<ref name=Brunetta355/>.
=== Il cinema dei telefoni bianchi ===
{{vedi anche|Cinema dei telefoni bianchi}}
[[File:casadelpeccatoAssia Noris - Grandi magazzini (1939).jpgpng|thumbminiatura|sinistra|upright 1.2|[[Assia Noris]] in ''[[LaI casagrandi del peccato (film 1938)|La casa del peccatomagazzini]]'' ([[1938]]) di [[MaxMario NeufeldCamerini]] (1939)]]
La stagione cinematografica dei [[Cinema dei telefoni bianchi|telefoni bianchi]] interessa un periodo di tempo relativamente breve, dalla seconda metà degli anni trenta alla caduta del fascismo. Il nomeriferimento del filone proviene dalla presenza diai telefoni di colore bianco nelle(all'epoca sequenzeun segno di alcunibenessere filmsociale deled periodo,economico) cheindica all'epocafin rappresentavanoda unsubito contrassegnoi caratteri di benesserequesto sociale.cinema Ilche portano al rifiuto di qualunque problematica civile, ponendo al centro della verosimiglianzascena eesili dicommedie riferimentisentimentali allache contemporaneitàconoscono sonoun ieffimero trattisuccesso. distintiviSe dida questeun esililato commedie,l'ambientazione chepiccolo-borghese conosconorivela unle effimerosperanze successoe neglii annisogni incollettivi cuidella società italiana, dall'altro il fallimentocarattere delleameno promessee deldisimpegnato fascismodelle sistorie faè semprein piùnetto evidente.<refcontrasto namecon =la "tl"politica >{{citadominante e web|url=http://www.giltmagazine.it/cinezoom/attori-melodia-il- cinema-dei-telefoni-bianchi/|titolo=Attori edi melodia:propaganda èad ilessa legato<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema deiitaliano'', telefoniLaterza, bianchi|accesso=26Bari, maggio1991, 2015}}p. 248.</ref>.
Una denominazione alternativa del genere è "cinema déco"<ref name=brunetta356>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 356.</ref>, per sottolineare i frequenti riferimenti allaalle modatendenze e al costume dell'epoca. TaliLe commedierelative produzioni, infatti, traboccano di macchinecase di gridolusso, abitazionimacchine di ampiogrido, lussovestiti eed vestitiarredamenti alla moda, degno contorno delle innocue e spensierate vicende comico-sentimentali didei [[Amedeo Nazzari]], [[Vittorio De Sica]], [[Alida Valli]] ed [[Assia Noris]]protagonisti.<ref name = "tl" /> Il [[cosmopolitismo]] superficiale del genere è spiegabile inanche funzioneper dile necessità meramente produttive.: Infatti,molti le varie pellicole, nofilm sono altro che adattamenti di commedie mitteleuropee di inizio secolo, alloche scopotentano di mascherare la frivolezza del contenuto con la brillantezza dello stile. L'ambientazione straniera di molte storie (spesso in un'Europa centrale mitizzata e indifferente alle tragedie del continente<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 250.</ref>), contribuisce a relegare questo cinema nel puro disimpegno, lontano dalleda preoccupazioni belliche e sociali. Inoltre, il "cinema déco" si rivelerà ben presto il banco di prova di numerosi sceneggiatori destinati a imporsi nei decenni successivi (tra i quali [[Cesare Zavattini]] e [[Sergio Amidei]]), e soprattutto di numerosi scenografi come [[Guido Fiorini]], [[Gino Carlo Sensani]] e [[Antonio Valente]], i quali, in virtù delle riuscite invenzioni grafiche, porteranno tali produzioni a divenire una specie di "summa" dell'estetica piccolo-borghese del tempo<ref name =brunetta356/><ref>Gian "tl"Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', p. 251-257.</ref>.
Tra gli autori, [[Mario Camerini]] è il regista più rappresentativo del genere. Dopo aver praticato i filoni più diversi, negli anni trenta si sposta felicemente nel territorio della commedia sentimentale con ''[[Gli uomini, che mascalzoni...]]'' (1932), ''[[Il signor Max]]'' (1937) e ''[[I grandi magazzini]]'' (1939), nei quali mette a punto una leggerezza di tocco capace di valorizzare i divi dell'epoca. In altri film si confronta con la commedia di impronta hollywoodiana sul modello di [[Frank Capra]] (''[[Batticuore (film 1939)|Batticuore]]'', 1939) e con quella surreale alla [[René Clair]] (''[[Darò un milione]]'', 1936). Camerini è interessato alla figura dell'italiano tipico e popolare, tanto da anticipare alcuni elementi della futura commedia all'italiana<ref>Alberto Farassino, ''Mario Camerini'', Editions du Festival International du Film de Locarno, Locarno, 1992.</ref>. Il suo interprete maggiore, [[Vittorio De Sica]], ne continuerà la lezione in ''[[Maddalena... zero in condotta]]'' (1940) e ''[[Teresa Venerdì]]'' (1941), valorizzando soprattutto la direzione degli attori e la cura per le ambientazioni.
Tra i maggiori successi di pubblico del genere troviamo: ''[[La casa del peccato (film 1938)|La casa del peccato]]'' (1938) e ''[[Mille lire al mese (film)|Mille lire al mese]]'' (1939) di [[Max Neufeld]], ''[[Ore 9: lezione di chimica]]'' (1941) di [[Mario Mattoli]] e ''[[Apparizione (film)|Apparizione]]'' (1944) di [[Jean de Limur]].
Tra gli altri registi troviamo [[Mario Mattoli]] (''[[Ore 9: lezione di chimica]]'', 1941), [[Jean de Limur]] (''[[Apparizione (film)|Apparizione]]'', 1944) e [[Max Neufeld]] (''[[La casa del peccato (film 1938)|La casa del peccato]]'', 1938; ''[[Mille lire al mese (film)|Mille lire al mese]]'', 1939). Di segno parzialmente diverso sono le commedie realiste di [[Mario Bonnard]] (''[[Avanti c'è posto...]]'', 1942; ''[[Campo de' fiori (film)|Campo de' fiori]]'', 1943), che si discostano dall'impronta ''déco''.
=== Il calligrafismo ===
{{vedi anche|Calligrafismo (cinema)}}
[[File:Tragica notte fotoscena.jpg|destra|thumbminiatura|Una foto di scena di ''[[Tragica notte (film)|Tragica notte]]'' (1942) di [[Mario Soldati]]]]
Il [[Calligrafismo (cinema)|calligrafismo]] è una tendenza cinematografica relativa ad alcuni film realizzati in Italia nella prima metà degli [[anni 1940|anni quaranta]]. Talie produzionidotati hanno in comunedi una complessità espressiva e molteplici riferimenti figurativi e letterari che li isolanoisola dal contesto cinematografico dominantegenerale. L'esponente più noto di questa tendenza è [[Mario Soldati]], scrittore e regista di lungo corso destinato ada imporsi nel cinema con pellicole di ascendenza letteraria e solido impianto formale. LaI suasuoi caratteristicafilm regiamettono dalal solidocentro impiantodella formalestoria èpersonaggi rinvenibiledotati indi moltiuna lungometraggiforza tradrammatica ie qualipsicologica siestranea menzionano:sia al cinema dei telefoni bianchi sia ai film propagandistici, e rinvenibili in opere come ''[[Dora Nelson]]'' ([[1939]]), ''[[Piccolo mondo antico (film 1941)|Piccolo mondo antico]]'' ([[1941]]), ''[[MalombraTragica notte (film 1942)|MalombraTragica notte]]'' ([[1942]]), ''[[Tragica notteMalombra (film 1942)|Tragica notteMalombra]]'' ([[1942]]) e ''[[Quartieri alti]]'' ([[1943]]). I suoi film mettono al centro della storia personaggi femminili dotati di una forza drammatica e psicologica estranea al cinema dei telefoni bianchi. [[Luigi Chiarini]], già attivo come critico, approfondisce la tendenza nei successivisuoi ''[[La bella addormentata (film 1942)|La bella addormentata]]'' ([[1942]]) e, ''[[Via delle Cinque Lune]]'' (1942) e ''[[1942La locandiera (film 1944)|La locandiera]]'' (1944). I conflitti interiori dei personaggi e la ricchezza scenografica sono ricorrenti, in egual misura,anche nei primi film di [[Alberto Lattuada]] (''[[Giacomo l'idealista (film)|Giacomo l'idealista]]'', [[1942]]1943) e [[Renato Castellani]] (''[[Un colpo di pistola]]'', [[1942]]), dominati da un senso di disfacimento morale e culturale che sembra anticipare la fine della guerra.
Altro importante esempio di film calligrafico è la versione cinematografica de ''[[I promessi sposi (film 1941)|I promessi sposi]]'' (1941), di [[Mario Camerini]] (molto fedele nella messa in scena al capolavoro del Manzoni), che grazie agli introiti percepiti diviene il lungometraggio più seguito a cavallo tra gli anni 1941 e 1942.<ref>VI° volume della ''Storia del cinema italiano'', op. cit. in bibliografia, pag. 670 e seg.</ref>
La caratteristica dominante in questo corpus di pellicole è la volontà di competere con l'industria europea, affermando l'autonomia espressiva del mezzo cinematografico e la possibilità di confrontarlo con le arti più disparate, mediante stili il più possibile eterogenei.<ref>Roberto Campari, ''Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano'', Marsilio, Venezia, 1994. ISBN 88-317-5898-5</ref>. Il risultato è un cinema formalmente complesso, capace di rievocare numerose tendenze culturali e di armonizzarle in una forma espressiva "artigianale", svilita nel periodo del cinema dei [[telefoni bianchi]]. I riferimenti letterari principali derivano dalla narrativa ottocentesca, in prevalenza italiana (da [[Antonio Fogazzaro]] a [[Emilio De Marchi (scrittore)|Emilio De Marchi]]), finanche russa e francese. Ai film collaborano letterati come [[Corrado Alvaro]], [[Ennio Flaiano]], [[Emilio Cecchi]], [[Francesco Pasinetti]], [[Vitaliano Brancati]], [[Mario Bonfantini]] e [[Umberto Barbaro]]. Sul versante visivo, il calligrafismo si rifà ai [[macchiaioli]] toscani, ai [[preraffaeliti]] e ai [[simbolisti]]<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., pp. 357-359.</ref>.
La caratteristica saliente in questo corpus eterogeneo di film risiede nella volontà di competere con le produzioni europee affermando l'autonomia del cinema nei confronti delle altre arti. Nello stesso tempo, si evoca la possibilità di confrontarlo con esse mediante uno stile che possa fondere e contaminare i diversi linguaggi espressivi<ref>Roberto Campari, ''Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano'', Marsilio, Venezia, 1994. ISBN 88-317-5898-5</ref>. Il risultato è un cinema formalmente complesso, capace di rievocare numerose tendenze culturali e di armonizzarle in una forma artistica compiuta. Si rivaluta così il carattere "artigianale" del cinema, più volte svilito dalle coeve produzioni dei telefoni bianchi e del filone apologetico. I riferimenti letterari principali sono quelli della narrativa ottocentesca, in prevalenza italiana (da [[Antonio Fogazzaro]] a [[Emilio De Marchi (scrittore)|Emilio De Marchi]]), russa e francese. Ai film collaborano letterati come [[Corrado Alvaro]], [[Ennio Flaiano]], [[Emilio Cecchi]], [[Vitaliano Brancati]], [[Mario Bonfantini]], [[Umberto Barbaro]] e documentaristi come [[Francesco Pasinetti]]. Sul versante visivo, il calligrafismo si rifà ai [[macchiaioli]] toscani, ai [[preraffaeliti]] e ai [[simbolisti]]<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., pp. 357-359.</ref>.
Le opere di questa breve tendenza non hanno vocazione realista, tanto meno rincorrono un impegno sociale. L'interesse principale resta la cura formale e la ricchezza di riferimenti culturali racchiusi in un cinema capace di valorizzare la professionalità di ogni componente produttiva. La critica del tempo bolla questa tendenza come velleitaria e superficiale (coniando appositamente l'espressione "calligrafismo"); in seguito, a partire dagli [[anni 1960|anni sessanta]], tale giudizio riduttivo è stato corretto<ref>Andrea Martini, ''La bella forma. Poggioli, i calligrafici e dintorni'', Marsilio, Venezia, 1992. ISBN 88-317-5774-1</ref>.
Le pellicole di questo breve periodo non hanno vocazione realista o di impegno sociale. L'interesse principale resta la cura formale e la ricchezza di riferimenti culturali racchiusi in un cinema capace di valorizzare la professionalità di ogni componente produttiva. Il calligrafismo non porta a innovazioni nel sistema produttivo, ma ne eleva la qualità e rivela le ambizioni di una nuova generazione di autori interessati a superare i limiti ristretti della cultura fascista<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', cit., p. 258.</ref>. La critica del tempo bolla questi film come velleitari e superficiali (coniando appositamente l'espressione "calligrafismo"); in seguito, a partire dagli anni sessanta, questo giudizio riduttivo è stato corretto<ref>Andrea Martini, ''La bella forma. Poggioli, i calligrafici e dintorni'', Marsilio, Venezia, 1992. ISBN 88-317-5774-1</ref>.
=== Il cinema della Repubblica di Salò ===
=== Il cinema della Repubblica Sociale Italiana (1944-1945) ===
{{vedi anche| Cinevillaggio}}
[[File:Osvaldo Valenti prigioniero 1945.jpg|thumbminiatura|sinistra|[[Osvaldo Valenti]] con la divisa della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|Xª MAS]]]]
Per la brevità della sua storia, e la fragilità delle strutture produttive e la debolezza dei film, il cinema della [[Repubblica Sociale Italiana|Repubblica di Salò]] è un campo scarsamente considerato dalla storiografia. Questa "non storia"<ref>L'efficace definizione è di Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 363.</ref> inizia all'indomani dell'[[armistizio di Cassibile|armistizio dell'8 settembre]], quando [[Luigi Freddi]] stabilisce il nuovo centro della cinematografia fascista a [[Venezia]] allo scopo di riprendere la produzione. [[Ferdinando Mezzasoma]], nominato Ministro della Culturacultura Popolarepopolare, tenta di creare una piccola [[Cinevillaggio|Cinecittà veneziana]] con i registi, gli sceneggiatori, le maestranze e gli attori che hanno risposto all'appello di trasferirsi al nord. Ma il cinema della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] è da subito condannato a lottare contro la scarsità di mezzi concessi dalle autorità, ormai prive di interesse per quella che Mussolini stesso aveva definito ''l'arma più forte''. Giorgio Venturini, Direttore generale dello spettacolo (peraltro privo di qualunque esperienza in campo cinematografico), descrive con realismo la situazione in cui si trova a operare: « {{Citazione|Quel che vedete non è certo Cinecittà: chiamiamolo pure un [[cinevillaggioCinevillaggio]]; ma il piano urbanistico ne è stato così ben tracciato da consentire domani ogni più ampio sviluppo».<ref>{{cita pubblicazione | nome=Giorgio | cognome=Venturini |titolo=Discorso e cronaca della cerimonia d'inaugurazione |rivista=Film |volume=VII |numero=6 |anno=1944}}.</ref>}}
All'inizio del [[1944]] vengono inviate a Venezia da [[Praga]] le apparecchiature cinematografiche requisite dai tedeschi a [[Cinecittà]], in tal modoe la produzione può iniziare. Il tentativo di stabilire un solido gruppo di attori è alquantoperò fallimentare: [[Osvaldo Valenti]] e, [[Luisa Ferida]], [[Roberto Villa]], [[Doris Duranti]], [[Massimo Serato]], [[Clara Calamai]], [[Elio Steiner]], [[Germana Paolieri]], [[Memo Benassi]], [[Elsa De Giorgi]], [[Mino Doro]] e [[Luisella Beghi]] sono i soli nomi di prestigio ad aver giurato fedeltà al nuovo regime e ad aderire al cinevillaggio[[Cinevillaggio]]. (cheMolti costeràartisti addi entrambipunta, pur se formalmente aderenti alla fine[[Repubblica delSociale conflitto,Italiana|R.S.I.]] lapreferiscono fucilazioneriparare daall'estero, partealtri deisi partigianirendono perchéirreperibili accusatiin attesa di collaborazionismotempi conmigliori. iI nazi-fascisti)restanti interpreti della cinematografia repubblichina risultano dunque figure di secondo piano, mentreche inon restantibastano attoria suscitare l'interesse del pubblico (tra cuiquesti si ricordano [[AnnaLuigi Tosi (attore)|Luigi CapodaglioTosi]], [[MinoAndreina DoroCarli]], [[ElenaRomolo ZareschiCosta]], [[MaurizioNada D'AncoraFiorelli]]), sono[[Alfredo inveceVarelli]], dei[[Loredana nomi(attrice)|Loredana]], di[[Nino secondoCrisman]], piano[[Silvia Manto]], che[[Giulio nonStival]], bastano[[Milena aPenovich]], suscitare[[Maurizio lD'interesseAncora]] deled pubblico[[Elena Zareschi]]). Tra i pochi registi che aderiscono al cinema repubblichino troviamo invece [[Marcello Albani]], [[Piero Ballerini]], [[Francesco De Robertis]], [[FernandoCarlo CerchioCampogalliani]], [[GiorgioFernando FerroniCerchio]], [[Ferruccio Cerio]], [[PieroGiorgio CostaFerroni]], [[Mario Baffico]], [[Max Neufeld]] e [[Max Calandri]]; tra gli sceneggiatori [[Corrado Pavolini]] ed [[Alessandro De Stefani]].
Le risorse del Ministero vengono usate principalmente per riportare in vita il Cinegiornale Luce. I 55 servizi realizzati dalla metà del [[1943]] alla fine della guerra si occupano di cronache mondane, eventi sportivi, curiosità dall'estero. La guerra resta spesso sullo sfondo, e in un solo numero si cita l'esistenzaparla dei [[partigiani]]<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 362.</ref>. I lungometraggi a soggetto, una quarantina in totale (diversi dei quali distribuiti solo alla fine della guerra, evitanoaltri conandati curaperduti ed altri ancora che videro interrompersi la propagandalavorazione con la fine del conflitto, senza essere più ripresa) sono improntati all'evasione dalla realtà circostante (commedie, film storici e feuilleton sentimentali), mentre ben pochi rientrano nell'ormai morente filone propagandistico. TraFra i titoli più significativisopravvissuti si ricorda ''[[La vita semplice]]'' (uscito nel [[1946]]), di [[Francesco De Robertis]], un'amena storiamelodramma sentimentale ambientataambientato nella Venezia popolare.
La fineconclusione della guerra èe la caduta della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] segnano anche la fine del Cinevillaggio, di questofatto fragilemai cinevillaggiorealmente decollato. SubitoAl cessare delle dopoostilità i dissidi saranno ricomposti in nome della ricostruzione nazionale e, nella vanavelleitaria speranza (rimasta disattesa) di mantenere anche in tempo di pace una parte della produzione cinematografica nazionale a Venezia<ref>Ernesto G. Laura, ''L'immagine bugiarda. Mass-media e spettacolo nella Repubblica di Salò (1943-1945)'', ANCCI, Roma, 1986, p. 333.</ref>.
== Il cinema del dopoguerra (1945-1955) ==
[[File:Desica+rossellini+fellini 1946.jpg|miniatura|verticale|In questa immagine del 1946 dal set di ''[[Paisà]]'' sono presenti tre registi rappresentativi del cinema italiano del secondo dopoguerra: da sin. [[Vittorio De Sica]], sua moglie, l'attrice [[María Mercader]], [[Roberto Rossellini]], l'attrice [[Maria Michi]] e [[Federico Fellini]], a quel tempo sceneggiatore]]
Negli ultimi anni della guerra l'Italia conosce distruzioni immani. Uno dei sistemi produttivi più avanzati d'Europa si è dissolto e la produzione è praticamente ferma. In questo scenario desolante si manifesta una volontà di rinascita, che nel 1944 porta alla fondazione dell'[[ANICA]], erede diretta della FNFIS di epoca fascista, che raccoglie gli interessi di produttori, distributori ed esercenti. Un articolo del ''Mondo Nuovo'', rotocalco statunitense in lingua italiana, sintetizza così questa fragile volontà di resurrezione: «Produrre film in Italia è come costruire una casa cominciando dal tetto. [...] Eppure nei teatri di posa italiani si continua a girare film. Meraviglia come soltanto ora, che non si hanno più i mezzi di una volta, la cinematografia italiana corrisponda a quello che è l'animo del paese».<ref>"Manca tutto ma si lavora lo stesso", ''Mondo Nuovo'', I, n. 1, 19 marzo 1945, p. 24</ref>
Negli ultimi anni del conflitto l'Italia conosce tragedie e distruzioni immani. Uno dei sistemi produttivi più avanzati d'Europa si è dissolto e la produzione è praticamente ferma. In questo scenario desolante si manifesta una volontà di rinascita, che nel 1944 porta alla fondazione dell'[[Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali|ANICA]], erede diretta della FNFIS di epoca fascista, che raccoglie gli interessi di produttori, distributori ed esercenti. Un articolo del ''Mondo Nuovo'', rotocalco statunitense in lingua italiana, sintetizza così questa volontà di resurrezione:
{{Citazione|Produrre film in Italia è come costruire una casa cominciando dal tetto. [...] Eppure nei teatri di posa italiani si continua a girare film. Meraviglia come soltanto ora, che non si hanno più i mezzi di una volta, la cinematografia italiana corrisponda a quello che è l'animo del paese<ref>"Manca tutto ma si lavora lo stesso", ''Mondo Nuovo'', I, n. 1, 19 marzo 1945, p. 24</ref>.}}
All'indomani del 25 aprile, il [[Comitato di Liberazione Nazionale]] forma un [[governo di coalizione]] su base [[chiesa cattolica|cattolica]], [[liberale]], [[socialista]] e [[comunista]], con l'intento di ristabilire le libertà democratiche, venute meno nel ventennio fascista. Con l'avvento della [[Repubblica]], nel giro di pochi anni, la produzione si stabilizza: nel 1945 vengono prodotti 28 film, che salgono a 62 l'anno successivo e a 104 all'inizio degli anni cinquanta. Alla fine del decennio si arriverà a 167<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2000, p. 586.</ref>. La crescita è facilitata anche da una politica di assistenza da parte del governo intesa a garantire la stabilità dell'assetto industriale, in opposizione all'azione degli studios hollywoodiani, della [[Psychological Warfare Branch|PWB]] e della diplomazia statunitense, che puntano invece a impedire la ripresa produttiva<ref>Ennio Di Nolfo, "La diplomazia del cinema americano", in David W. Ellwood, Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Hollywood in Europa'', La Casa Husher, Firenze, 1991, pp. 29-40.</ref><ref>Gian Piero Brunetta, "la lunga marcia del cinema americano in Italia tra il fascismo e la guerra fredda", in David W. Ellwood, Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Hollywood in Europa'', La Casa Husher, Firenze, 1991, pp. 75-87.</ref><ref>Ennio Di Nolfo, "Documenti del cinema americano in Italia nell'immediato dopoguerra", in Saveria Chemotti (a cura di), ''Gli intellettuali in trincea'', CLEUP, Padova, 1977, pp. 133-144.</ref>. Nel corso del decennio la cinematografia italiana si imporrà sui film statunitensi, che alla fine della guerra si erano abbattuti in massa sul mercato nazionale.<ref>Lorenzo Quaglietti, ''Storia economico-politica del cinema italiano. 1945-1980'', Editori Riuniti, Roma, 1980.</ref>
=== Il neorealismo ===
Nel giro di pochi anni la produzione si stabilizza: nel [[1945]] vengono prodotti 28 film, che salgono a 62 l'anno successivo e a 104 nel 1950. Alla fine degli anni Cinquanta si arriverà a 167<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", ''Storia del cinema mondiale'', Einaudi, Torino, 2000, vol. III, p. 586.</ref>. La ripresa produttiva è facilitata anche da una politica di assistenza da parte del governo intesa a garantire la stabilità dell'assetto industriale, in opposizione all'azione degli studios hollywoodiani, della [[Psychological Warfare Branch|PWB]] e della diplomazia statunitense, che puntano invece a impedire la ripresa produttiva<ref>Ennio Di Nolfo, "La diplomazia del cinema americano", in David W. Ellwood, Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Hollywood in Europa'', La Casa Husher, Firenze, 1991, pp. 29-40.</ref>. Nel corso del decennio la produzione nazionale si imporrà sui film statunitensi, che si sono abbattuti in massa sul mercato alla fine della guerra<ref>Lorenzo Quaglietti, ''Storia economico-politica del cinema italiano. 1945-1980'', Editori Riuniti, Roma, 1980.</ref>.
===Il neorealismo (1945-1953)===
{{vedi anche|Neorealismo (cinema)}}
In questo campo di contraddizioni si sviluppa il [[neorealismo (cinema)|neorealismo]], una stagione artistica e culturale che riguarda tutte le forme d'arte, ma che trova nel cinema i suoi risultati più compiuti. Il neorealismo nasce dal libero incontro di alcune individualità all'interno di un clima storico comune, rappresentato dal trauma della guerra e la relativa lotta di liberazione.<ref>Vincenzo De Caprio, Stefano Giovanardi, ''Il Neorealismo in Storia della letteratura italiana'', Einaudi, Milano, 1993, p. 1197.</ref> Per tali motivi il cinema neorealista non può essere considerato né una corrente né un movimento, dato che i registi di spicco ([[Roberto Rossellini]], [[Vittorio De Sica]], [[Luchino Visconti]] e [[Giuseppe De Santis]]) manterranno sempre una personalità autonoma e originale. I tratti comuni del nuovo realismo, inseparabili dal contesto storico, sono identificabili piuttosto nel senso etico di fratellanza nato dall'[[antifascismo]], nella centralità di personaggi comuni e nell'intreccio tra vicende private e storia pubblica, tutti elementi che spingono all'uso preferenziale (ma non esclusivo) di attori non professionisti e di ambientazioni reali. Si evolve in tal modo un cinema di stampo realista che assurge a simbolo di riscatto del popolo italiano, di quella società povera ma vitale che il cinema d'epoca fascista aveva completamente rimosso.
[[File:Vittorio De Sica.jpg|miniatura|destra|upright|[[Vittorio De Sica]]]]
In questo campo di contraddizioni si sviluppa il [[neorealismo]], una corrente artistica e culturale che riguarda tutte le forme d'arte, in particolar modo il cinema. Il neorealismo nasce dal libero incontro di alcune individualità artistiche all'interno di un clima storico comune, rappresentato dal trauma della guerra e la relativa lotta di liberazione. Per tali motivi il cinema neorealista non può essere considerato né una corrente né un movimento, dato che i registi di spicco ([[Roberto Rossellini]], [[Vittorio De Sica]], [[Luchino Visconti]] e [[Giuseppe De Santis]]) manterranno sempre una personalità autonoma e originale. I tratti comuni del neorealismo, inseparabili dal contesto storico, sono identificabili piuttosto nel senso etico di solidarietà nato dall'[[antifascismo]], nella centralità di personaggi comuni e nell'intreccio tra vicende private e storia pubblica. Questi elementi spingono all'uso preferenziale (ma non esclusivo) di attori non professionisti e al rifiuto di qualsiasi [[teatro di posa]], prediligendo ambientazioni di carattere naturale. Tali registi si propongono di osservare la realtà senza pregiudizi, rinunciando agli interventi falsificanti e alla narrazione classica. Il cinema diventa così un simbolo della volontà di riscatto dell'Italia, di quella società povera ma vitale che il cinema dell'epoca fascista aveva rimosso.
[[File:Roma città aperta.png|thumbminiatura|leftdestra|[[Aldo Fabrizi]] e [[Vito Annicchiarico]] in una scena di ''[[Roma città aperta]]'' ([[1945]]) di [[Roberto Rossellini]]]]
Il primo film pienamente ascrivibile al genere è ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (1943), di [[Luchino Visconti]]<ref>Dice Luchino Visconti in un'intervista al settimanale "L'Europeo": ''Con Ossessione, venti anni fa, si parlò per la prima volta di Neorealismo'' (L'Europeo, anno XVIII - nº 34 - 28 agosto 1962)</ref>. Il momento di svolta avviene tuttavia con ''[[Roma città aperta]]'' ([[1945]]), di [[Roberto Rossellini]], rievocazione della lotta antifascista a Roma negli ultimi mesi della guerra civile in cui le diverse anime della [[resistenza romana]] (comunista, cattolicaliberale e liberalecattolica) collaborano nel rispetto reciproco. Ciò che colpisce a livello scenografico è il pieno utilizzo di luoghi all'aperto dove, oltre agli attori, a essere protagonista è l'architettura stessa della [[città eterna]]. Quello che più interessa al regista nella ricostruzione scenica sono "le strade, le chiese, i tetti, le case popolari, tutti quegli spazi vitali che l'uomo è costantemente chiamato a difendere."<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita'', cit., p. 595.</ref>. Il film ottiene grande successo internazionale (anche in virtù delle prove di [[PalmaAldo d'oroFabrizi]] ale [[FestivalAnna di CannesMagnani]]) ottiene grande successo internazionale e consacra Rossellini a portavoce del neorealismo. La visione ecumenica ritorna nel film successivo, ''[[Paisà]]'' ([[1946]]), affresco bellico sull'avanzata degli alleati dalla Sicilia alla valle del Po, che rispetto al precedente sacrifica la psicologia individuale alla necessità dell'itinerario storico e geografico. PerGirato certicon versi speculare a ''Paisà'' è ''[[Germania anno zero]]'' (Gran Premio al [[festivalmezzi di Locarno]]fortuna nela 1947),ridosso giratodei tra le macerie di una Berlino distrutta dai bombardamenti. In questo film, che chiude idealmente la parabola neorealista di Rossellinifatti, il trauma bellico è inserito nella visione cattolica della lotta dell'uomo contro le avversità della storia, che nel tragico finale sembra sancire la morte della solidarietà. ''[[Francesco, giullare di Dio]]'' ([[1950]]) abbandona l'ambientazione contemporanea per rinnovare la ricerca tematica del regista, rappresentando la religione popolare come risposta al senso del vivere. Nei film successivisuddivide ''[[Stromboligli (Terraavvenimenti dinarrati Dio)|Stromboli]]'',in [[1949]]sei edepisodi ''[[Europa '51]]''differenti, [[1952]]a (segnatitratti dalla collaborazionefilmati con [[Ingrid Bergman]]), Rosselini si interroga sul rapporto tra individuocriteri e società,finalità sullapropri solitudinedel dell'esistenza e sul silenzio di Dio, rappresentando i dati visibili come correlativi di una ricerca interioredocumentario. Questi film, accolti con freddezza dalla critica, avranno non poca influenza sul cinema europeo dei decenni successivi.
Per certi versi speculare a ''[[Paisà]]'' è ''[[Germania anno zero]]'' (1948), dove l'autore muove la macchina da presa tra le macerie di una [[Berlino]] distrutta dai bombardamenti. Qui il trauma bellico è inserito nella visione cattolica della lotta dell'uomo contro le avversità della storia, che nel tragico finale sembra sancire la morte della solidarietà. ''[[Francesco giullare di Dio]]'' (1950) rinnova la ricerca tematica del regista rappresentando la religione popolare come risposta al senso del vivere. Nei seguenti ''[[Stromboli (Terra di Dio)]]'' (1950), ''[[Europa '51]]'' (1952) e ''[[Viaggio in Italia (film)|Viaggio in Italia]]'' (1954), segnati dalla collaborazione con [[Ingrid Bergman]], il regista si interroga sul rapporto tra individuo e società, sulla solitudine dell'esistenza e sul silenzio di Dio, rappresentando i dati visibili come correlativi di una ricerca interiore. Questi film, accolti inizialmente con freddezza dalla critica, avranno grande influenza nello sviluppo del cinema europeo dei decenni successivi<ref>Mario Morcellini, Paolo De Nardis, ''Società e industria culturale in Italia'', Meltemi, 1998, p. 102.</ref>.
[[File:LadriDiBicicletteStaiola1948.jpg|thumb|destra|Il piccolo [[Enzo Staiola]] in una scena di ''[[Ladri di biciclette]]'' ([[1949]]) di [[Vittorio De Sica]]]]
Sul versante opposto, la parabola di [[Vittorio De Sica]] è inseparabile da quella del suo collaboratore [[Cesare Zavattini]], che viene a rappresentare, in qualità di sceneggiatore, la coscienza teorica dell'intero neorealismo. Insieme realizzano nel 1944 ''[[I bambini ci guardano]]'', che mostra una preponderante attenzione alla realtà contemporanea, rilevando un acuto spirito sociologico e realista.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 358}}</ref> L'approccio umanistico e sentimentale di De Sica si fa ancor più evidente nel successivo ''[[Sciuscià (film)|Sciuscià]]'' ([[1946]]). Nella prima parte la macchina da presa si muove al passo con i personaggi, secondo la poetica zavattiniana del "pedinamento", mentre in seguito si concentra minuziosamente sull'innocenza dei due piccoli attori, puntando sul coinvolgimento emotivo dello spettatore.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2966}}</ref> Con il terzo capitolo ''[[Ladri di biciclette]]'' ([[1948]]) il dramma individuale, inserito in una più ampia problematica sociale, si carica di un ''pathos'' abilmente gestito dal regista, capace di impiegare al massimo grado le interpretazioni di attori non professionisti. Ne viene fuori una profonda analisi della dura realtà del [[dopoguerra]], rivelando sullo schermo un mondo di miseria e di problemi mai risolti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1804}}</ref> Entrambe le pellicole saranno premiate con uno speciale Oscar onorario al [[Oscar al miglior film straniero|Miglior film straniero]].
[[File:LadriDiBicicletteStaiola1948.jpg|miniatura|sinistra|[[Enzo Staiola]] in una sequenza di ''[[Ladri di biciclette]]'' (1948) di [[Vittorio De Sica]]]]
Il successivo ''[[Miracolo a Milano]]'' ([[1951]]) entra nel territorio della favola sotto forma di apologo sociale, portando allo scoperto una tendenza latente nella poetica di Zavattini. La pellicola è una dichiarata rivendicazione del potere dell'immaginazione sui fatti che la realtà impone e viene accolta dalla critica con scetticismo e riserva. Tuttavia il film riceve nel 1951 la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. L'attitudine a descrivere la vita quotidiana in tutte le sue forme minute e ripetitive raggiunge il suo punto più alto nell'opera ''[[Umberto D.]]'' ([[1953]]). La storia di un individuo qualunque alle prese con il dramma di vivere procede per accumulazione di dettagli che la regia porta fino al culmine della forza espressiva. Il film viene così a offrirci una delle migliori realizzazioni della "poetica del quotidiano" di [[Cesare Zavattini]] (qui unico autore della sceneggiatura). Da ricordare l'interpretazione dell'anziano attore non professionista [[Carlo Battisti]], all'epoca, professore di [[glottologia]] all'[[università di Firenze]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3541}}</ref> Dopo questo ''exploit'' la coppia si limiterà a forme narrative più consolidate, e lo stesso neorealismo sembrerà aver esaurito le sue potenzialità.
Sul versante opposto, la parabola di [[Vittorio De Sica]] è inseparabile da quella del suo sceneggiatore [[Cesare Zavattini]], che in più di un'occasione ha rappresentato la coscienza teorica del neorealismo. Insieme realizzano nel 1943 ''[[I bambini ci guardano]]'', che mostra una forte attenzione alla realtà contemporanea; attenzione ripresa e ampliata nei successivi ''[[La porta del cielo]]'' (1944) - girato a Roma nei mesi a cavallo della Liberazione - e ''[[Sciuscià (film)|Sciuscià]]'' (1946), che conoscerà in breve tempo una grande affermazione internazionale. A differenza di Rossellini, De Sica carica il film di intensità emotiva e cerca il coinvolgimento dello spettatore raccontando la difficile sopravvivenza di due ragazzini inevitabilmente sconfitti dalla società. Con ''[[Ladri di biciclette]]'' (1948) il dramma individuale, inserito in una più ampia problematica sociale, si carica di un pathos abilmente gestito dal regista, capace di impiegare al massimo grado le interpretazioni di attori non professionisti.<ref name = Zavattini>Dario Tomasi, " Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, verso la svolta ", in "Storia del cinema italiano. 1949-1953", 2003</ref>
''[[Miracolo a Milano]]'' (1951) entra nel territorio della favola sotto forma di apologo fantastico e incentra le proprie tematiche sul bisogno della solidarietà (portando allo scoperto una tendenza latente nella poetica di Zavattini). Tale rivendicazione del potere dell'immaginazione verrà accolta con grande scetticismo da parte della critica e non troverà più seguito.<ref name = Zavattini/> Infine, l'idea zavattiniana di mettere in scena una puntigliosa descrizione della vita quotidiana raggiunge il suo climax più alto con la pellicola ''[[Umberto D.]]'' (1952). La storia di un individuo qualunque alle prese con il dramma di vivere procede per accumulazione di dettagli che la regia porta fino al culmine della forza espressiva. Foriero di un acceso dibattito politico (è nota la stroncatura dell'allora sottosegretario [[Giulio Andreotti]]), il film è una sobria meditazione sulle asperità della vecchiaia, in seguito applaudito come uno dei punti d'arrivo di tutto il cinema neorealista.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3541}}.</ref>
[[immagine:Girotti e Bosè.jpg|thumb|sinistra|[[Massimo Girotti]] e [[Clara Calamai]] in ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' ([[1943]]) di [[Luchino Visconti]], film precursore della corrente neorealista]]
[[File:Girotti e Bosè.jpg|miniatura|destra|[[Clara Calamai]] e [[Massimo Girotti]] in ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (1943) di [[Luchino Visconti]]]]
L'opera di [[Luchino Visconti]] è fin da subito la più eterogenea, riconducibile solo in parte ai moduli del neorealismo. Il suo cinema apre la strada alla riscoperta della realtà con ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' ([[1943]]), autentico film-spartiacque che mostra una precisa ascendenza letteraria, coadiuvata dall'interesse per il melodramma e l'ambientazione rurale. ''Ossessione'' è il primo film chiaramente ascrivibile al Neorealismo. In un'intervista del 1962 al settimanale ''[[L'Europeo]]'' lo stesso Visconti afferma: «Con ''Ossessione'', venti anni fa, si parlò per la prima volta di Neorealismo».<ref>(L'Europeo, anno XVIII - n° 34 - 28 agosto 1962)</ref> Piegando i motivi del noir americano ai moduli del cinema realista (in particolare francese), questo tragico dramma psicologico risulta del tutto anomalo nel contesto del cinema fascista divenendo un punto di riferimento obbligato per tutto il decennio successivo.<ref>Guido Aristarco, ''Il neorealismo cinematografico'', in ''L'Europeo'', XXXIV, 4 giugno 1976, n. 20.</ref>
Tra i registi di questo periodo, [[Luchino Visconti]] è il più complesso, solo in parte riconducibile ai moduli del neorealismo. Il suo esordio apre la strada alla riscoperta della realtà con ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (1943), autentico film-spartiacque che mostra già l'ascendenza letteraria del suo cinema, l'interesse per il melodramma e l'ambientazione rurale. Piegando i motivi del noir americano ai moduli del realismo (in particolar modo francese), questo tragico dramma psicologico risulta del tutto anomalo nel contesto del cinema fascista e sarà un punto di riferimento obbligato per molti cineasti successivi<ref>Guido Aristarco, "Il neorealismo cinematografico", ''L'Europeo'', XXXIV, 4 giugno 1976, n. 20.</ref>. Dopo la partecipazione al film collettivo ''[[Giorni di gloria (film 1945)|Giorni di gloria]]'' (1945) e un'importante attività teatrale, Visconti raggiunge uno degli apici della sua filmografia con ''[[La terra trema]]'' (1948). Interpretato da attori non professionisti e parlato in dialetto, il film è la summa di tutte le influenze artistiche e culturali del regista. Figura unica di intellettuale aristocratico e comunista, Il cineasta milanese guarda alla storia di una comunità di pescatori attraverso la lettura esplicitamente marxista della lotta di classe. Da un punto di vista estetico, il complesso apparato figurativo rende funzionale al dramma ogni elemento della messa in scena, con sequenze costruite secondo precisi rapporti plastici, cromatici, sonori e musicali<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., p. 600.</ref>. L'opera è un insuccesso di pubblico e Visconti ripiega su progetti meno ambiziosi. Il successivo ''[[Bellissima]]'' (1951) torna alla contemporaneità con una descrizione minuziosa del mondo del cinema e del fascino esercitato sui popolani, ma non rinuncia alla costruzione narrativa romanzesca né alla complessità figurativa.
[[File:Riso Amaro.jpg|miniatura|sinistra|[[Silvana Mangano]] in ''[[Riso amaro]]'' (1949) di [[Giuseppe De Santis]]]]
Dopo la partecipazione al film collettivo ''[[Giorni di gloria (film)|Giorni di gloria]]'' ([[1945]]) e un'importante attività teatrale, Visconti raggiunge uno degli apici del suo cinema con ''[[La terra trema]]'' ([[1949]]). Interpretato da attori non professionisti e parlato in dialetto, il film è la summa di tutte le influenze artistiche del regista che fondono l'impegno ideologico di stampo comunista a uno stile registico decadente ed estetizzante. Nel fare ciò, Visconti guarda alla storia di una comunità di pescatori (liberamente tratta dai ''[[I Malavoglia|Malavoglia]]'' di [[Giovanni Verga]]) attraverso la lettura esplicitamente marxista della lotta di classe. Il pessimismo verghiano viene così a trasformarsi in un dominio economico imposto dalla borghesia e i proletari acquisiscono la consapevolezza del loro sfruttamento. Il complesso apparato figurativo rende funzionale al dramma ogni elemento della messa in scena, con sequenze costruite secondo precisi rapporti plastici, cromatici, sonori e musicali<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., p. 600.</ref>. Il film risulta essere un insuccesso di pubblico e Visconti ripiega su progetti meno ambiziosi. Il successivo ''[[Bellissima]]'' ([[1951]]) torna alla contemporaneità con una descrizione dettagliata del mondo del cinema e del fascino esercitato sui popolani, senza rinunciare alla costruzione romanzesca né alla complessità figurativa.
Interessato a estendere i confini del neorealismo è senz'altro [[Giuseppe De Santis]]. Dopo un lungo apprendistato critico per la rivista ''Cinema'', esordisce nel 1946 con ''[[Caccia tragica]]'', che mostra già la sua preferenza per il racconto corale, la complessità della messa in scena e la tendenza epicizzante. Nell'arco di una dozzina di film, De Santis cercherà di adattare i moduli neorealisti al cinema popolare contemporaneo, nonché il realismo socialista sovietico allo spettacolo hollywoodiano. L'ambizione è meglio espressa in ''[[Riso amaro]]'' (1949), grande successo internazionale, che coniuga aspirazione sociale e cultura popolare. In ''[[Non c'è pace tra gli ulivi]]'' (1950) vengono riassunti tutti i temi a lui più cari: la centralità del personaggio femminile, l'ambientazione agricola e la precisa descrizione sociale<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., pp. 601-602.</ref>. ''[[Roma ore 11]]'' (1952) abbandona l'ambientazione rurale per descrivere il processo di inurbamento e le contraddizioni della ripresa economica. I pochi film successivi tra cui: ''[[Un marito per Anna Zaccheo]]'' (1953), ''[[Giorni d'amore]]'' (1954), ''[[Uomini e lupi (film 1956)|Uomini e lupi]]'' (1956) e ''[[La strada lunga un anno]]'' (1958), saranno accolti con freddezza dalla critica, quasi a significare l'esaurimento creativo del neorealismo e la difficoltà di rappresentare una società più complessa<ref>Alberto Farassino, ''Giuseppe De Santis'', Moizzi, Milano, 1978.</ref>.
Fino alla metà degli anni cinquanta molti film riprenderanno, in forme più o meno consapevoli, temi e ambientazioni del neorealismo. Nell'immediato [[dopoguerra]], [[Aldo Vergano]] dirige su commissione dell'[[Anpi]] ''[[Il sole sorge ancora]]'' (1946), che amalgama felicemente dimensione epica e impostazione storica. In ''[[Roma città libera (La notte porta consiglio)]]'' (1948) [[Marcello Pagliero]] contamina il realismo con diverse tendenze di matrice comica, laddove [[Augusto Genina]] dirige con verosimiglianza il film ''[[Cielo sulla palude]]'' (1949). Dal canto suo, [[Mario Bonnard]] ne ''[[La città dolente]]'' (1949) racconta l'esodo istriano avvalendosi di sequenze documentarie. [[Alberto Lattuada]], influenzato dal noir americano, coniuga realismo e necessità spettacolare con ''[[Il bandito]]'' (1946) e ''[[Senza pietà (film 1948)|Senza pietà]]'' (1948); seguono l'ambizioso e personale ''[[Il mulino del Po (film)|Il mulino del Po]]'' (1949) e ''[[Il cappotto]]'' (1952), entrambi di origine letteraria.
[[File:Riso Amaro.jpg|thumb|destra|[[Silvana Mangano]] in ''[[Riso amaro]]'' ([[1949]]) di [[Giuseppe De Santis]]]]
Interessato ad estendere i confini del neorealismo è altresì il regista [[Giuseppe De Santis]]. Dopo un lungo apprendistato critico per la rivista ''Cinema'', De Santis esordisce nel [[1946]] con ''[[Caccia tragica]]'', che mostra la sua preferenza per il racconto corale, la complessità della messa in scena e la tendenza epicizzante. Nell'arco di una dozzina di film, De Santis cercherà di adattare i moduli neorealisti al cinema popolare contemporaneo, senza disdegnare incursioni vicine al [[realismo socialista]] e al tipico spettacolo hollywoodiano. L'ambizione è meglio espressa in ''[[Riso amaro]]'' (1949), grande successo internazionale, che coniuga ambizione sociale e cultura popolare. In tale film il regista, appena trentaduenne, firma un appassionante e complesso melodramma civile, dove la pianura del vercellese diventa teatro di lotte politiche e duelli personali dal sapore romanzesco.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2893}}</ref>
[[File:Bergman with Rossellini.jpg|miniatura|sinistra|upright|Sopra [[Roberto Rossellini]] con l'allora moglie [[Ingrid Bergman]]]]
In ''[[Non c'è pace tra gli ulivi]]'' (1950) vengono riassunti tutti i temi a lui più cari: la centralità del personaggio femminile, l'ambientazione agricola e la precisa descrizione sociale<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., pp. 601-602.</ref>. ''[[Roma ore 11]]'' (1952) abbandona l'ambientazione rurale per descrivere il processo di inurbamento e le contraddizioni della ripresa economica. I pochi film successivi tra cui: ''[[Un marito per Anna Zaccheo]]'' ( 1953), ''[[Giorni d'amore]]'' (1954), ''[[Uomini e lupi (film 1956)|Uomini e lupi]]'' (1956) e ''[[La strada lunga un anno]]'' (1958), saranno accolti con freddezza dalla critica, quasi a significare l'esaurimento creativo del neorealismo e la difficoltà di rappresentare una società più complessa<ref>Alberto Farassino, ''Giuseppe De Santis'', Moizzi, Milano, 1978.</ref>. Decenni più tardi, nel 1995, il regista romano sarà insignito a Venezia del [[Leone d'oro alla carriera]].
[[File:FerroviereGermi1956WP.jpg|miniatura|destra|[[Pietro Germi]] e [[Saro Urzì]] ne ''[[Il ferroviere (film 1956)|Il ferroviere]]'' (1956) diretto dallo stesso Germi]]
A metà del decennio la tendenza neorealista può dirsi esaurita. Tra le cause vanno citate la crescita produttiva (con la contemporanea affermazione di generi più codificati), il raffreddamento ideologico imposto dal governo, l'evoluzione dei registi maggiori e la difficoltà di rappresentare una società in continuo cambiamento. A segnare la chiusura di questa esperienza provvede l'esaurimento della vena realista di Vittorio De Sica (con l'insuccesso produttivo e critico di ''[[Stazione Termini (film)|Stazione Termini]]'') e la conseguente conversione alla commedia. Parimenti suscita clamore il film ''[[Senso (film)|Senso]]'' (1954) di Luchino Visconti, che supera il realismo contemporaneo nella direzione dell'affresco risorgimentale (riletto attraverso [[Antonio Gramsci|Gramsci]]) e dell'interesse per la complessità psicologica<ref>Guido Aristarco, "Senso", ''Cinema Nuovo'', IV, n. 52, 10 febbraio 1955.</ref>. Ma è soprattutto [[Roberto Rossellini]] con la pellicola ''[[Viaggio in Italia (film)|Viaggio in Italia]]'' (1953), a creare le premesse per un definitivo superamento della stagione neorealista. In tale pellicola Rossellini (in maniera coeva al nuovo cinema di Antonioni) stacca la macchina da presa dai fatti e impone agli attori una recitazione straniata, arrivando a cogliere il senso profondo dell'alienazione contemporanea prodotta dalla nuova società industriale. Il film viene stroncato quasi ovunque, tranne in Francia: la rivista i ''[[Cahiers du cinema]]'', infatti, include il film tra i migliori dieci di ogni epoca.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3679}}</ref>
Il giovane [[Pietro Germi]] guarda ai moduli del cinema statunitense con ''[[Il testimone (film 1946)|Il testimone]]'' (1946) e ''[[Gioventù perduta (film 1948)|Gioventù perduta]]'' (1948); con le opere ''[[In nome della legge]]'' (1949), ''[[Il cammino della speranza]]'' (1950) e ''[[Il ferroviere (film 1956)|Il ferroviere]]'' (1956) conferma la solidità della sua regia<ref>Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Baldini e Castoldi, Milano, 1997.</ref> Anche [[Mario Soldati]] mette la vocazione letteraria al servizio del realismo con ''[[Le miserie del signor Travet]]'' (1946), così come [[Francesco De Robertis]] nel potente e visivo ''[[Fantasmi del mare]]'' (1948). Nel frattempo, [[Citto Maselli]] esordisce nel film ''[[Gli sbandati]]'' (1955), mentre [[Luigi Zampa]] realizza le sue pellicole più note con la collaborazione di [[Vitaliano Brancati]], nella relativa trilogia ''[[Anni difficili]]'' (1948), ''[[Anni facili]]'' (1953) e ''[[L'arte di arrangiarsi]]'' (1954).
A metà del decennio la tendenza neorealista può dirsi esaurita. Tra le cause vanno citate la crescita produttiva (con la contemporanea affermazione di generi più codificati), il raffreddamento ideologico imposto dal governo in cambio del sostegno all'industria, l'evolversi dei registi maggiori e la difficoltà di rappresentare una società in continuo cambiamento. A segnare la chiusura di questa esperienza provvedono i film di Roberto Rossellini dei primi anni cinquanta, l'esaurimento della vena realista di Vittorio De Sica (con l'insuccesso produttivo e critico di ''[[Stazione Termini (film)|Stazione Termini]]'', 1953) e soprattutto il dibattito suscitato da ''[[Senso (film)|Senso]]'' (1954) di Luchino Visconti, che supera il realismo contemporaneo nella direzione dell'affresco storico risorgimentale (riletto attraverso [[Antonio Gramsci|Gramsci]]) e dell'interesse per la complessità psicologica<ref>Per una sintesi del dibattito, si vedano gli articoli raccolti in ''Antologia di Cinema nuovo, 1952-1958. Dalla critica cinematografica alla dialettica culturale'', Guaraldi, Rimini, 1975.</ref>.
===Il Neorealismo rosa===
[[File:Domenica d'agosto 2.jpg|thumb|destra|uprigth=1.3|Anna Medici e [[Marcello Mastroianni]] nel film ''[[Domenica d'agosto]]'' ([[1950]]) di [[Luciano Emmer]]]]
Fino alla metà degli anni cinquanta moltissimi film riprenderanno, in forme più o meno consapevoli, temi e ambientazioni del neorealismo. [[Alberto Lattuada]] coniuga realismo e necessità spettacolare con ''[[Il bandito]]'' (1946) (influenzato dal genere noir), con l'ambizioso affresco ''[[Il mulino del Po (film)|Il mulino del Po]]'' (1949) e con il tragicomico ''[[Il cappotto (film)|Il cappotto]]'' ([[1952]]), entrambi di origine letteraria. Anche [[Mario Soldati]] mette la vocazione narrativa al servizio del realismo con ''[[Le miserie del signor Travet]]'' (1946), tratto dall'opera letteraria di [[Vittorio Bersezio]]. Tra i registi di commedie attivi nei decenni precedenti si segnalano [[Mario Camerini]] (''[[Due lettere anonime]]'', 1946 e ''[[Ulisse (film 1954)|Ulisse]]'', 1954) e [[Luigi Zampa]], che realizza i suoi film più celebri con la collaborazione di [[Vitaliano Brancati]] (''[[Anni difficili]]'', 1948 e ''[[L'arte di arrangiarsi]]'', 1954). Il trentenne [[Pietro Germi]] guarda ai moduli del cinema statunitense con i film ''[[Il testimone (film 1945)|Il testimone]]'' (1945) e ''[[Gioventù perduta]]'' (1947). Inseguito, aggiorna il Neorealismo in chiave melodrammatica nei successivi: ''[[In nome della legge]]'' (1949) e ''[[Il cammino della speranza]]'' (Orso d'argento al [[festival di Berlino]] nel 1950).<ref>Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Baldini e Castoldi, Milano, 1997.</ref> Uno dei primi registi a riportare in auge la commedia senza tralasciare i dettami principali del cinema neorealista è l'artista ligure [[Renato Castellani]].
=== Il neorealismo rosa e le altre commedie ===
Quest'ultimo, dopo aver iniziato come sceneggiatore di registi quali [[Alessandro Blasetti]] e [[Mario Soldati]], dirige il suo primo film nel 1941 dal titolo ''[[Un colpo di pistola]]'', a cui collabora alla sceneggiatura [[Alberto Moravia]]. Alla fine degli anni quaranta si mette in evidenza con le pellicole ''[[Sotto il sole di Roma]]'' ([[1948]]) ed ''[[È primavera]]'' ([[1949]]), entrambe girate in esterni e con attori non professionisti . Con il film ''[[Due soldi di speranza]]'' ([[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]] nel 1952), dà vita ad un nuovo genere cinematografico, definito ''neorealismo rosa'', sovente malvisto dalla critica, ma ugualmente destinato ad un vasto successo di pubblico. Il consenso viene bissato due anni più tardi con la conquista del [[Leone d'oro]] al [[Festival di Venezia]] per il film ''[[Giulietta e Romeo (film 1954)|Giulietta e Romeo]]''. Lo stile di Castellani, diretto ad amalgamare una certa attenzione sociale sullo sfondo di trame proprie della commedia, sopravviverà fino alla fine del decennio, influenzando registi come [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]] nei rispettivi film ''[[Pane, amore e fantasia]]'' e ''[[Poveri ma belli]]''.<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all’italiana'', Roma, Gremese, 1995, pp. 23-24; ''Il Morandini 2011, Dizionario dei film'' di Laura, Luisa e Morando Morandini, Bologna, Zanichelli, 2010.</ref> Altro regista ascrivibile al genere è l'artista [[Luciano Emmer]]. Tra le sue opere migliori si ricordano ''[[Domenica d'agosto]]'' (1950), ''[[Le ragazze di piazza di Spagna]]'' (1952); ''[[Terza liceo]]'' (1953) e ''[[La ragazza in vetrina]]'' (1961).
{{Vedi anche|Film italiani proposti per l'Oscar al miglior film straniero}}
[[File:Domenica d'agosto 2.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Marcello Mastroianni]] e Anna Medici in ''[[Domenica d'agosto]]'' (1950), di [[Luciano Emmer]]]]
Una certa attenzione sociale, ormai ridotta a puro sfondo per commedie, sopravviverà fino alla fine degli anni cinquanta in un filone bollato dalla critica come "neorealismo rosa", le cui pellicole, edulcorate e blandamente ottimiste, condurranno il pubblico fuori dalle macerie del [[Dopoguerra]]. Uno dei primi cineasti a seguire questa direzione è il ligure [[Renato Castellani]], che contribuisce a portare in auge la commedia realista con ''[[Sotto il sole di Roma]]'' (1948) ed ''[[È primavera...]]'' (1949), entrambe girate in esterni e con attori non professionisti, e soprattutto con il successo di pubblico e critica di ''[[Due soldi di speranza]]'' (1952).
Nella seguente pellicola ([[Palma d'oro|Grand Prix du Festival]] a Cannes), l'occhio del regista diviene testimone di un sud rurale e bucolico, assorbito dalle più elementari preoccupazioni pratiche e sentimentali. Il suo stile, abile nel coniugare commedia popolare e motivi realisti, arriverà a influenzare registi come [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]] nelle produzioni di grido ''[[Pane, amore e fantasia]]'' (1953) e ''[[Poveri ma belli]]'' (1956); opere, ambedue, in perfetta sintonia con l'evoluzione del costume italico.<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 23-24.</ref> Il grande afflusso al botteghino avuto dalle due pellicole rimarrà pressoché invariato nei [[sequel]] ''[[Pane, amore e gelosia]]'' (1954), ''[[Pane, amore e...]]'' (1955) e ''[[Belle ma povere]]'' (1957), egualmente diretti da [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]].
== Il cinema d'autore degli anni cinquanta, sessanta e settanta ==
Allo stesso modo, storie di vita quotidiana raccontate con garbata ironia (senza perdere di vista il tessuto sociale) si ritrovano nell'opera del milanese [[Luciano Emmer]], i cui film ''[[Domenica d'agosto]]'' (1950), ''[[Le ragazze di Piazza di Spagna]]'' (1952) e ''[[Terza liceo]]'' (1953), costituiscono gli esempi più noti.
[[File:MichelangeloAntonioniFoto-2.jpg|miniatura|sinistra|Nella foto il regista [[Michelangelo Antonioni]]]]
A partire dalla metà degli [[anni 1950|anni cinquanta]] il cinema italiano si svincola dal [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] affrontando tematiche prettamente esistenziali, filmate con stili e punti di vista differenti, spesso più introspettivi che descrittivi. Il cinema italiano vive così una nuova fioritura di cineasti che contribuiscono in maniera fondamentale allo sviluppo della settima arte. L'artista ferrarese [[Michelangelo Antonioni]] è il primo a imporsi, divenendo in breve tempo un autore di riferimento del cinema moderno.<ref>"Ha lasciato un'impronta su centinaia di registi contemporanei", [[Francis Ford Coppola]], in A. Tassone, op. cit., 2002</ref><ref>"Antonioni è il grande artista del nostro tempo", [[Stanley Kubrick]], in A. Tassone, op. cit., 2002</ref> Tale carica di novità è ravvisabile fin dal principio. Infatti, la prima opera del regista, ''[[Cronaca di un amore]]'' (uscita nel 1950), segna un'indelebile frattura con il mondo del [[neorealismo]] e la conseguente nascita di una nuova stagione cinematografica<ref name="Garz">Le Garzantine - ''L'Universale Cinema'', 2006, p. 37</ref>
[[File:L'eclisse (1962) - 1Lollo53.jpg|miniatura|destra|upright|[[MonicaGina VittiLollobrigida]] ein ''[[AlainPane, Delon]]amore nele film ''[[L'eclissefantasia]]'' (1953), di [[MichelangeloLuigi AntonioniComencini]]]]
Altre commedie di indubbia caratura (e non ricollegabili al realismo rosa) sono: ''[[L'onorevole Angelina]]'' (1947), di [[Luigi Zampa]], ''[[Come persi la guerra]]'' (1947), di [[Carlo Borghesio]] - animata da un surreale [[Erminio Macario]] - e ''[[Il vedovo allegro]]'' (1949), di [[Mario Mattoli]], dove [[Carlo Dapporto]] rivisita con affetto il mondo del ''[[tabarin (locale)|tabarin]]''. Da annotare è la popolare pellicola ''[[Guardie e ladri (film)|Guardie e ladri]]'' (1951), diretta a quattro mani da [[Steno]] e [[Mario Monicelli|Monicelli]] che si avvale delle caratterizzazioni a tutto tondo di [[Totò]] ed [[Aldo Fabrizi]].
Dopo aver girato pellicole come ''[[La signora senza camelie]]'' (1953), ''[[Le amiche]]'' (1955) e ''[[Il grido (film)|Il grido]]'' ([[Pardo d'oro]] al [[festival di Locarno]] nel 1957), negli anni tra il [[1960]] e il [[1962]], dirige la celebre "trilogia dell'incomunicabilità", composta dai film ''[[L'avventura]]'' (premio della giuria a Cannes), ''[[La notte (film 1961)|La notte]]'' ([[Orso d'oro]] al [[festival di Berlino]]) e ''[[L'eclisse]]'' (ancora premio della giuria a Cannes). In tali pellicole (che vedono come protagonista una giovane [[Monica Vitti]]) Antonioni affronta in maniera diretta i moderni temi dell'incomunicabilità, dell'[[alienazione]] e del [[Esistenzialismo|disagio esistenziale]], dove i rapporti interpersonali sono volutamente descritti in maniera oscura e sfuggevole. <ref name= Tassone >"Antonioni è stato il primo a trattare della difficoltà di comunicare. Forse è il vero erede di [[Cesare Pavese|Pavese]]. Nei suoi film l'uomo non agisce, non è attivo, è complessato di fronte all'attivismo sentimentale, sensuale, creativo delle donne", [[Claude Sautet]], in A. Tassone, op. cit., 2002</ref> Il regista riesce così a rinnovare la drammaturgia filmica e a creare un forte smarrimento tra pubblico e critica, i quali accolgono queste opere in maniera spesso contrastante.<ref name= Tassone/>
Con i successivi ''[[Il deserto rosso]]'' ([[Leone d'oro al miglior film]] al [[Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica|Festival]] di [[Venezia]]) e ''[[Blow-Up]]''<ref>Brigitte Tast, Hans-Jürgen Tast: ''light room - dark room. Antonionis "Blow-Up" und der Traumjob Fotograf'', Kulleraugen Vis.Komm. Nr. 44, Schellerten 2014, ISBN 978-3-88842-044-3</ref> ([[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]), si consacra definitivamente all'attenzione internazionale aggiudicandosi i due [[Festival cinematografico|Festival cinematografici]] più importanti. Durante gli anni settanta ottengono visibilità oltre i confini nazionali ''[[Zabriskie Point]]'' (1970) e ''[[Professione: reporter]]'' (1974), quest'ultimo interpretato dall'attore americano [[Jack Nicholson]]. La pellicola (resa famosa dal virtuosistico [[piano sequenza]] finale di sette minuti), si avvale di molteplici scenografie che spaziano dai deserti africani alla Barcellona surreale di [[Gaudì]], fotografati in maniera vitrea e assolata.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 991}}</ref> Assieme a [[Federico Fellini]] è stato l'unico regista italiano a vincere sia il [[Leone d'oro alla carriera]] che l'[[Oscar alla carriera]], rispettivamente nel 1983 e 1995.
Di altrettanto valore sono: ''[[Prima comunione]]'' (1950), di [[Alessandro Blasetti]], ''[[Anselmo ha fretta]]'' (1950), di [[Gianni Franciolini]], ''[[La famiglia Passaguai]]'' (1951), di [[Aldo Fabrizi]], ''[[Il sole negli occhi]]'' (1953), di [[Antonio Pietrangeli]] e ''[[Un eroe dei nostri tempi]]'' (1955), del regista [[Mario Monicelli]]. Altri felici bozzetti dell'Italia preboom sono: ''[[Signori, in carrozza!]]'' (1951), di [[Luigi Zampa]], ''[[Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo]]'' (1956), di [[Mauro Bolognini]] e ''[[La nonna Sabella]]'' (1957), di [[Dino Risi]], tutti impreziositi dall'ilare teatralità di [[Peppino De Filippo]].
[[File:Federico Fellini negli anni settanta.jpg|thumb|sinistra|upright|[[Federico Fellini]]]]
Altra figura centrale per lo sviluppo della settima arte è il regista riminese [[Federico Fellini]]. Dopo aver esordito come scrittore umoristico nella celebre rivista ''[[Marc'Aurelio]]'' ed aver dato il proprio contributo come sceneggiatore in importanti film neorealisti, esordisce al cinema con [[Alberto Lattuada]] nel film ''[[Luci del varietà]]''. Con capolavori come ''[[Le notti di Cabiria]]'' ([[1956]]) e ''[[La dolce vita]]'' ([[1960]]), oltre ai precedenti ''[[I vitelloni]]'' e ''[[La strada]]'', si impone come uno dei massimi punti di riferimento del cinema italiano. Il suo stile surreale e inconfondibile viene esaltato dal fortunato sodalizio con il compositore [[Nino Rota]], le cui [[colonna sonora|colonne sonore]] entreranno nell'immaginario collettivo.
A metà degli anni cinquanta [[Vittorio De Sica]] abbandona i soggetti drammatici per realizzare il vitale e anti-folcloristico ''[[L'oro di Napoli (film)|L'oro di Napoli]]'' (1954) a cui segue la pochade di costume ''[[La spiaggia (film 1954)|La spiaggia]]'' (1954), diretta da [[Alberto Lattuada]]. Sempre nel 1954 [[Camillo Mastrocinque]] realizza in [[technicolor]] ''[[Café Chantant (film)|Café Chantant]]'', prezioso documento storico sul mondo del [[varietà (spettacolo)|varietà]], la cui eredità sarà raccolta non di rado dalla successiva [[commedia all'italiana]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 537}}.</ref>
[[File:Dolce vita.gif|miniatura|destra|upright| La celebre sequenza del bagno nella fontana di Trevi, nel film ''[[La dolce vita]]'', di [[Federico Fellini]]]]
Sullo stesso registro si inseriscono alcune prove del commediografo [[Eduardo De Filippo]] come ''[[Napoli milionaria (film)|Napoli milionaria]]'' (1950), ''[[Filumena Marturano (film 1951)|Filumena Marturano]]'' (1951) e ''[[Napoletani a Milano]]'' (1953), dove intenti realisti e connotazioni tragicomiche si interscambiano continuamente.
Alcune scene dei suoi film più noti assurgeranno a simboli di un'intera epoca, come la famosa sequenza di [[Anita Ekberg]] che, ne ''[[La dolce vita]]'', entra nella [[Fontana di Trevi]] divenendo, da allora, un'icona del cinema internazionale. Alla sua uscita l'opera scatena polemiche che vedono scendere in campo la rivista cattolica dell' ''[[Osservatore Romano]]'', la quale denigra il film come amorale e impuro.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 990}}</ref> L'opera è, infatti, un programmatico affresco di una Roma frivola e decadente, assolutamente priva di qualsiasi certezza morale. Ne consegue un composito viaggio nel sonno della ragione dove i disvalori della società borghese emergono in maniera autentica e viscerale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 991}}</ref> Nel corso degli [[anni 1960|anni sessanta]] il cineasta romagnolo inizia una fase di sperimentazione col monumentale, onirico e visionario ''[[8½]]'' ([[1963]]), che aprirà una nuova fase della sua lunga e luminosa carriera. Il film è un'autobiografia immaginaria dello stesso regista che, con apparente svagatezza, tocca temi centrali come l'arte, la persistenza della memoria e la morte, valendo al cineasta un Oscar come miglior film straniero.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2413}}</ref> Opere successive come ''[[Amarcord]]'' (Oscar al miglior film straniero), ''[[Il Casanova di Federico Fellini]]'', ''[[La città delle donne]]'', ''[[E la nave va]]'', ''[[Intervista (film)|Intervista]]'' (premio speciale a Cannes), ''[[Ginger e Fred]]'' e ''[[La voce della luna]]'', consacrano Fellini come uno dei più grandi artisti della macchina da presa del [[XX secolo]].Già insignito di quattro premi [[Oscar al miglior film straniero]], gli è stato conferito nel [[1993]] l'[[Oscar alla carriera]]. Vincitore due volte del [[Festival di Mosca]] ([[1963]] e [[1987]]), ha inoltre ricevuto nel 1960 la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]] e nel 1985 il [[Leone d'oro alla carriera]].
[[File:IlDon gattopardoCamillo ballo011952.jpg|miniatura|sinistra|upright|La[[Fernandel]] sequenzae del[[Gino balloCervi]] nel film ''[[IlDon GattopardoCamillo (film 1952)|IlDon GattopardoCamillo]]'' (1952), di [[LuchinoJulien ViscontiDuvivier]]]]
Degli stessi anni è la produzione italo-francese ''[[Don Camillo (film 1952)|Don Camillo]]'' (1952), di [[Julien Duvivier]], rifacimento del romanzo ''Mondo piccolo (Don Camillo)'' di [[Giovanni Guareschi]], che stempera con leggerezza le due facce politiche dell'Italia di allora, per giungere a un messaggio di piena ricomposizione nazionale. La pellicola guadagna, fin da subito, un grande consenso, favorita dalla peculiare vis comica di [[Fernandel]] e [[Gino Cervi]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1000}}.</ref>
Il cineasta [[Luchino Visconti]] continuerà a regalare al cinema italiano altre prestigiose creazioni. Nel 1960 esce nelle sale cinematografiche ''[[Rocco e i suoi fratelli]]'' (Gran premio della giuria al [[Festival di Venezia]]), con [[Alain Delon]] e [[Renato Salvatori]]. L'opera, ispirata ai racconti contenuti in ''Il ponte della Ghisolfa'', di [[Giovanni Testori]], mette a confronto una storia di miseria meridionale con la civiltà industriale del Nord, raccontando l'afflusso migratorio delle popolazioni del Sud con lucida introspezione psicologica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2867}}</ref> Nel 1963 giunge sugli schermi ''[[Il Gattopardo (film)|Il Gattopardo]]'' (Palma d'oro al [[Festival di Cannes]]), con [[Alain Delon]], [[Claudia Cardinale]] e [[Burt Lancaster]]. La pellicola è una fedele e sfarzosa illustrazione del passaggio della Sicilia dei [[Borboni]] a quella dei [[Sabaudi]], non tradendo - da intellettuale di sinistra - lo spirito scettico e amaro dell'omonimo romanzo. Celebre la sequenza conclusiva del ballo tra Burt Lancaster e Claudia Cardinale, per cui [[Nino Rota]] ha arrangiato un valzer inedito di [[Giuseppe Verdi]]<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1383}}</ref>. La sua vasta produzione continua con le opere ''[[La caduta degli dei]]'', ''[[Morte a Venezia (film)|Morte a Venezia]]'', (premio speciale a Cannes) ''[[Ludwig (film)|Ludwig]]'' e ''[[Gruppo di famiglia in un interno]]''. Con la pellicola ''[[Vaghe stelle dell'Orsa]]'', riceve nel 1965 Il [[Leone d'oro]] come miglior film al [[Festival di Venezia]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3611}}</ref>
Ancora da ricordare è la farsa agrodolce ''[[Policarpo, ufficiale di scrittura]]'' (1959), diretta da [[Mario Soldati]] e sorretta dalla comicità lunare e misurata di [[Renato Rascel]]. La realizzazione è ispirata ai disegni di inizio novecento dell'umorista [[Gandolin]] e ottiene al dodicesimo [[Festival di Cannes]] il premio per la miglior commedia.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2574}}.</ref>
Inoltre, inserita nel ventaglio della serie a episodi, si espande, alla fine del decennio, la moda dei film balneari, girati allo scopo di pubblicizzare alcune delle più importanti mete turistiche italiane. Tra i risultati migliori del genere - che vanta un ingente partecipazione di volti noti del cinema e del teatro - si evidenziano: ''[[Vacanze a Ischia]]'' (1957), di [[Mario Camerini]], ''[[Avventura a Capri]]'' (1958), di Giuseppe Lipartiti e ''[[Tipi da spiaggia]]'' (1959), di [[Mario Mattoli]]. Nel 1957, inoltre, l'Italia vinse il primo Oscar al miglior film straniero con ''[[La strada]]'' diretto da [[Federico Fellini]].
[[File:Luchino Visconti 5.jpg|miniatura|destra|upright|[[Luchino Visconti]]]]
[[Roberto Rossellini]] dopo la conquista nel 1959 del [[Leone d'oro]] a Venezia per il film ''[[Il generale Della Rovere]]'', aprirà una nuova fase della sua carriera con la sperimentazione di nuove pellicole per il cinema e la televisione, dal puro scopo umanistico e didattico. [[Vittorio De Sica]] tornerà al successo internazionale con svariate commedie: in special modo con ''[[L'oro di Napoli (film)|L'oro di Napoli]]'' (1955) e ''[[Ieri, oggi, domani]]'' (1963), quest'ultima con [[Marcello Mastroianni]] e [[Sophia Loren]] e porterà il regista a ricevere un nuovo [[Oscar]] nella sezione miglior film straniero. La sequenza più famosa del film resta il negligé con cui la Loren si mostra nell'ultimo episodio, lasciando il segno nell'intero immaginario collettivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1068}}</ref> Con il drammatico ed elegante ''[[Il giardino dei Finzi-Contini (film)|Il giardino dei Finzi-Contini]]'', l'artista si aggiudicherà nel 1971 l'[[Orso d'oro]] al [[Festival di Berlino]] e l'anno dopo l'Oscar per il [[Oscar al miglior film straniero|Miglior film straniero]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1407}}</ref>
Come allievo di Visconti si mette in luce il regista fiorentino [[Franco Zeffirelli]]. Tra le sue opere più note vi sono le trasposizioni [[William Shakespeare|shakespeariane]] de ''[[La bisbetica domata (film 1967)|La bisbetica domata]]'' ([[1967]]) e ''[[Romeo e Giulietta (film 1968)|Romeo e Giulietta]]'' ([[1967]]), con cui ottiene la nomination all'oscar come miglior regista; traguardo raggiunto nuovamente con ''[[La traviata (film 1983)|La traviata]]'', uscito nelle sale cinematografiche nel 1982.
La somma di tali contesti cinematografici aprirà la strada a una nuova schiera di attrici, che in breve incarnerà un rinnovato divismo femminile. Fra le tante si ricordano: [[Silvana Mangano]], [[Gina Lollobrigida]], [[Silvana Pampanini]], [[Giovanna Ralli]], [[Marisa Allasio]], [[Milly Vitale]], [[Anna Maria Pierangeli]], [[Lucia Bosè]], [[Eleonora Rossi Drago]], [[Gianna Maria Canale]], [[Elsa Martinelli]], [[Marisa Pavan]], [[Rossana Podestà]] ed [[Anna Maria Ferrero]]. A seguire: [[Claudia Cardinale]], [[Virna Lisi]], [[Lisa Gastoni]], [[Rosanna Schiaffino]], [[Lea Massari]], [[Antonella Lualdi]], [[Ilaria Occhini]], [[Sylva Koscina]], [[Sandra Milo]] e naturalmente [[Sophia Loren]]. Nello stesso tempo, fuori dal circuito divistico, troveranno inizio le carriere di interpreti di qualità come [[Luisa Della Noce]], [[Carla Gravina]], [[Adriana Asti]], [[Franca Valeri]], [[Lea Padovani]] e [[Giulietta Masina]]. Gli anni cinquanta saranno, infine, il terreno fertile su cui germoglierà una fucina notevole di interpreti quali [[Enrico Maria Salerno]], [[Romolo Valli]], [[Gabriele Ferzetti]], [[Gastone Moschin]], [[Adolfo Celi]], [[Walter Chiari]], [[Renato Salvatori]], [[Franco Fabrizi]], [[Aldo Giuffrè]], [[Carlo Giuffré]], [[Franco Interlenghi]], [[Maurizio Arena]], [[Ettore Manni]], [[Antonio Cifariello]]. Per la loro versatilità e gli incontri felici con importanti registi, [[Alberto Sordi]], [[Vittorio Gassman]], [[Ugo Tognazzi]], [[Nino Manfredi]], [[Marcello Mastroianni]] e [[Monica Vitti]] si impongono come protagonisti della commedia all'italiana. [[Gian Maria Volonté]] sarà invece l'attore di punta del cinema politico e di impegno civile.
Da sottolineare la peculiare carriera del cineasta [[Vittorio De Seta]] che negli anni cinquanta realizza vari [[documentari]] ambientati prevalentemente in terra siciliana e sarda. Tali opere descrivono con potente espressività gli usi e costumi del proletariato meridionale e, allo stesso tempo, mettono a nudo le dure condizioni di vita dei pescatori siciliani, dei minatori di zolfo [[Caltanissetta|nisseni]] e dei pastori della [[Barbagia]]. Nel 1955, il regista riceve la [[Palma d'oro]] a Cannes per il miglior documentario grazie al film ''Isola di fuoco''. <ref name=Cannes>Scheda su [http://www.festival-cannes.fr/fr/archives/artist/id/18334.html ''Isola di Fuoco'', miglior documentario - corto metraggio] del [[Festival di Cannes]] 1955. Consultato il 15 luglio 2010</ref> In un tempo coevo si afferma il regista romano [[Carlo Lizzani]]. Dopo aver contribuito all'affermazione del [[Neorealismo]], soprattutto in veste di critico e sceneggiatore, si è imposto come autore di un cinema politicamente impegnato, affrontando momenti scottanti della storia italiana, dal fascismo alla cronaca più recente. Dopo aver realizzato alcuni documentari (''Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato'', 1950), nel 1951 dirige il suo primo lungometraggio, ''[[Achtung, banditi!]]'', storia di un episodio di guerra partigiana; cui fa seguito: ''[[L'amore che si paga]]'' (episodio di ''[[L'amore in città]]'', 1953); ''[[Cronache di poveri amanti]]'' (1954), affresco della Firenze degli anni Venti tratto dal romanzo di [[Vasco Pratolini]] e ''[[Il gobbo]]'' (1960), vivido ritratto di un bandito della periferia romana. Tra i suoi film successivi: ''[[Il processo di Verona]]'' (1963), ''[[La vita agra (film)|La vita agra]]'' (1964) e ''[[Banditi a Milano]]'', del 1968. Nel 2007 riceve il [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] alla carriera.
== Il cinema d'autore (1950-1980) ==
Sempre negli [[Anni 1950|anni cinquanta]], tornato alla [[Cines]], [[Alessandro Blasetti]] mette in campo la sua innata voglia di sperimentare, inaugurando con il dittico ''[[Altri tempi (film 1952)|Altri tempi (Zibaldone n. 1)]]'' (1952) e ''[[Tempi nostri|Tempi nostri (Zibaldone n. 2)]]'' (1954) il filone dei film a episodi, che verrà sfruttato in modo capillare dal tutto il cinema italiano in avanti, sia autoriale che farsesco.
=== Gli anni cinquanta ===
[[File:L'eclisse (1962) - 1.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Monica Vitti]] e [[Alain Delon]] nel film ''[[L'eclisse]]'' (1962), di [[Michelangelo Antonioni]]]]
A partire dalla metà degli anni cinquanta il cinema italiano si svincola dal [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] affrontando argomenti prettamente esistenziali, filmati con stili e punti di vista differenti, spesso più introspettivi che descrittivi. Si assiste così a una nuova fioritura di cineasti che contribuisce in maniera fondamentale allo sviluppo della settima arte.
[[Michelangelo Antonioni]] è il primo ad imporsi, divenendo un autore di riferimento per tutto il cinema contemporaneo.<ref name="Aldo Tassone" >Aldo Tassone, ''I film di Michelangelo Antonioni: un poeta della visione'', Gremese editore, 2002</ref> Tale carica di novità è ravvisabile fin dal principio. Infatti, la prima opera del regista, ''[[Cronaca di un amore]]'' (1950), segna un'indelebile frattura con il mondo del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] e la conseguente nascita di una moderna cinematografia.<ref name="Aldo Tassone" /> Antonioni indaga con sguardo critico il mondo della borghesia italiana, rimasto fuori dall'obiettivo cinematografico del dopoguerra. Così facendo, vedono la luce opere di ricerca psicologica come ''[[I vinti (film 1953)|I vinti]]'' (1952), ''[[La signora senza camelie]]'' (1953) e ''[[Le amiche (film)|Le amiche]]'' (1955), libero adattamento del racconto ''[[Tra donne sole]]'' di [[Cesare Pavese]]. Nel 1957 mette in scena l'inconsueto dramma proletario ''[[Il grido (film 1957)|Il grido]]'', con cui ottiene il plauso della critica.
[[File:P p pasolini.jpg|sinistra|thumb|upright|[[Pier Paolo Pasolini]]]]
Altro protagonista del cinema d'autore è sicuramente [[Pier Paolo Pasolini]]. Cineasta, attore, poeta e scrittore infaticabile, nella varietà delle sue opere si è spesso opposto ai costumi e alla [[morale]] del tempo, risultando a posteriori uno dei maggiori intellettuali del [[XX secolo]]. Figura iconoclasta del cinema e della letteratura italiana ha sempre intrapreso con fortuna molteplici campi del sapere, proponendo valori alternativi e contrari al [[conformismo]] borghese. Attento osservatore della trasformazione della società italiana dal [[secondo dopoguerra]] sino alla metà degli [[anni 1970|anni settanta]], ha spesso suscitato forti polemiche per la radicalità e vivacità del suo pensiero. Vivacità che ha saputo mettere in evidenza anche in campo cinematografico lasciando una serie ininterrotta di capolavori a partire dal suo film d'esordio ''[[Accattone]]'', del 1961, che vede alla sceneggiatura la presenza del collega e regista [[Sergio Citti]].
Negli anni tra il 1960 e il 1962, dirige la "trilogia dell'incomunicabilità", composta dai film ''[[L'avventura]]'', ''[[La notte (film 1961)|La notte]]'' e ''[[L'eclisse]]''. In tali pellicole (che vedono come protagonista una giovane [[Monica Vitti]]) Antonioni affronta in maniera diretta i moderni temi dell'incomunicabilità, dell'[[alienazione]] e del [[Esistenzialismo|disagio esistenziale]], dove i rapporti interpersonali sono volutamente descritti in modo oscuro e sfuggente. Il regista riesce così a rinnovare la drammaturgia filmica e a creare un forte smarrimento tra pubblico e critica, i quali accolgono queste opere con criteri e atteggiamenti contrastanti.<ref name="Aldo Tassone" /> A metà degli anni sessanta si consacra all'attenzione internazionale con ''[[Il deserto rosso]]'' (1964) e ''[[Blow-Up]]'' (1966), vincitore l'anno successivo della [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Il film è una profonda riflessione sul rapporto arte-vita e sull'impossibilità del cinema di rappresentare la realtà, simbolicamente riassunta nell'ultima sequenza, dove alcuni saltimbanchi mimano ripetutamente una partita di tennis.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 460}}.</ref> Negli anni a venire ottengono visibilità oltre i confini nazionali ''[[Zabriskie Point (film)|Zabriskie Point]]'' (1970) e ''[[Professione: reporter]]'' (1974).
[[File:Mamma Roma.png|miniatura|destra|upright|[[Anna Magnani]] nel film ''[[Mamma Roma]]'', diretto da [[Pier Paolo Pasolini]]]]
Tra i vari lungometraggi meritano di essere ricordati: ''[[Mamma Roma]]'', ([962), ''[[Il Vangelo secondo Matteo]]'' (Gran premio della giura a Venezia nel 1964), ''[[Uccellacci e uccellini]]'' (1966), ''[[Edipo re (film)|Edipo re]]'' (1967), ''[[Teorema (film)|Teorema]]'' (1968), ''[[Medea (film 1969)|Medea]]'' (1969) e le trasposizioni cinematografiche della "trilogia della vita" : ''[[Il Decameron]]'' (1971), ''[[I racconti di Canterbury (film)|I racconti di Canterbury]]'' (1972) e ''[[Il fiore delle Mille e una notte]]'' (Gran premio della giuria a Cannes nel 1974). Da ultimo si evidenzia l'agghiacciante ''[[Salò o le 120 giornate di Sodoma]]'' (1975), (che avrebbe dovuto far parte della ''trilogia della morte'', assieme a ''Porno-Teo-Kolossal'', ed un terzo film che non saranno mai realizzati a causa dell'assassinio del regista). Tali pellicole hanno proposto chiavi di lettura differenti, scatenando sovente lunghe polemiche, talvolta con strascichi giudiziari ed episodi di [[censura]]. Nel 1972 riceve l'[[Orso d'oro]] a Berlino per il già citato film ''[[I racconti di Canterbury (film)|I racconti di Canterbury]]''.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2741}}</ref>
[[File:Federico Fellini negli anni settanta.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Federico Fellini]]]]
Un altro regista di rilievo è [[Valerio Zurlini]]: i suoi film, da ''[[Estate violenta]]'' a ''[[La ragazza con la valigia]]'', da ''[[Cronaca familiare (film)|Cronaca familiare]]'' ([[Leone d'oro]] al [[festival di Venezia]]) a ''[[Il deserto dei Tartari (film)|Il deserto dei Tartari]]'', alternano suggestive rievocazioni letterarie ad analisi psicologiche raffinate e complesse, con risultati spesso notevoli.
[[Federico Fellini]] è l'autore che più di ogni altro ha racchiuso ogni aspetto del reale e del surreale in una dimensione poetica e favolistica. Nel 1950 esordisce al cinema con [[Alberto Lattuada]] nel film ''[[Luci del varietà]]'', affettuoso e sincero tributo al declinante mondo della [[teatro di rivista|rivista]]. Con ''[[I vitelloni]]'' (1953), ''[[La strada]]'' (1954) e ''[[Le notti di Cabiria]]'' (1957) si impone come uno dei massimi punti di riferimento del cinema italiano e internazionale. Il suo stile altamente immaginifico viene esaltato dal felice sodalizio con gli sceneggiatori [[Ennio Flaiano]] e [[Tullio Pinelli]] e, in particolar modo, con il compositore [[Nino Rota]]. Alcune scene dei suoi film più noti assurgeranno a simboli di un'intera epoca, come la famosa sequenza di [[Anita Ekberg]] che, ne ''[[La dolce vita]]'' (1960), entra nella [[Fontana di Trevi]] divenendo, da allora, un'icona del grande cinema. L'opera (tacciata di impurità dall{{'}}''[[Osservatore Romano]]''<ref name="Merenghetti 990"/>) è un programmatico affresco di una Roma frivola e decadente, assolutamente priva di qualsiasi certezza morale. Ne consegue un composito viaggio nel sonno della ragione dove i disvalori della società borghese emergono in maniera autentica e viscerale.<ref name="Merenghetti 990">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 990}}.</ref>
Molto raffinato sul piano formale è il cinema di [[Mauro Bolognini]] che, pur soffrendo talora di eccessi di decadentismo e affettazione, presenta una ricchezza scenografica di ampia derivazione viscontiana. A tal proposito si ricordano i lungometraggi ''[[La giornata balorda]]'', ''[[Metello (film)|Metello]]'' e il ''[[Il bell'Antonio (film)|Il bell'Antonio]]'', con cui si aggiudica La vela d'oro al [[Festival di Locarno]] nel 1960. Nello stesso periodo si mette in evidenza l'attore e regista [[Gian Luigi Polidoro]] che con la pellicola ''[[Il diavolo (film)|Il diavolo]]'' (1963), si aggiudica l'[[Orso d'Oro]] al [[Festival di Berlino]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 946}}</ref>
Nel corso degli anni sessanta l'artista romagnolo inizia un periodo di sperimentazione col monumentale, onirico e visionario ''[[8½]]'' ([[1963]]). Il film è un'autobiografia immaginaria dello stesso regista che, con apparente svagatezza, tocca temi centrali come l'arte, la persistenza della memoria e la morte.<ref name = "ff" >{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2413}}.</ref> Dopo un omaggio alla capitale nel film ''[[Roma (film 1972)|Roma]]'' (1972), il seguente ''[[Amarcord]]'' (1973) descrive con nostalgia e complicità i propri luoghi d'infanzia e la spontanea vitalità dell'età adolescenziale.
== Altri autori del cinema italiano ==
[[File:Ermanno Olmi alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1965.JPG|miniatura|sinistra|upright|Ermanno Olmi alla [[Mostra del cinema di Venezia]] del 1965]]
Pur individuando nei decenni cinquanta, sessanta e settanta il periodo aureo del cinema d'essai, numerosi altri registi hanno conquistato la nomea di autori anche nei decenni successivi, in special modo dalla metà degli anni settanta fino ad arrivare ai giorni nostri. Questa nutrita schiera di cineasti, coltivando stili e tematiche differenti, è riuscita, anch'essa, a raccogliere consenso e prestigio internazionale.
[[File:Luchino Visconti 5.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Luchino Visconti]]]]
[[Ermanno Olmi]] esordisce con il film ''[[Il tempo si è fermato (film 1958)|Il tempo si è fermato]]'' (1958), emozionante parabola sui rapporti tra uomo e natura che fa subito emergere le sue peculiari doti artistiche. La notorietà arriverà tre anni dopo con ''[[Il posto]]'' (1961), un ritratto dolce-amaro della Milano del boom economico. Dopo alcuni lavori interlocutori gli anni settanta consacrano Olmi a livello internazionale con ''[[L'albero degli zoccoli]]'' (1978) elegiaco affresco di un mondo contadino ormai scomparso, premiato a Cannes con la [[Palma d'oro]].
Terminata l'esperienza neorealista, [[Luchino Visconti]] continuerà a regalare al cinema italiano altre prestigiose creazioni. Nel 1960 esce nelle sale ''[[Rocco e i suoi fratelli]]'', che mette a confronto una storia di miseria meridionale con la civiltà industriale del Nord, raccontando l'afflusso migratorio delle popolazioni del Sud con lucida introspezione psicologica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2867}}.</ref> Nel 1963 giunge sugli schermi ''[[Il Gattopardo (film)|Il Gattopardo]]'', fedele illustrazione del passaggio della Sicilia dei [[Borbone|Borboni]] a quella dei [[Sabaudi]], non tradendo lo spirito scettico e amaro dell'omonimo romanzo. La sua vasta produzione continua con le opere ''[[La caduta degli dei]]'' (1969), ''[[Morte a Venezia (film)|Morte a Venezia]]'' (1971), ''[[Ludwig (film)|Ludwig]]'' (1973), ''[[Gruppo di famiglia in un interno]]'' (1974) e ''[[L'innocente (film 1976)|L'innocente]]'' (1976).
Dopo una lunga malattia Olmi ritorna alla ribalta negli anni ottanta col surreale ''[[Lunga vita alla signora!]]'' (1987) e l'intenso ''[[La leggenda del santo bevitore (film)|La leggenda del santo bevitore]]'' (1988) premiato col [[Leone d'oro]] al festival di Venezia.
Nel 2001 l'anziano regista realizza quello che molti considerano il suo miglior lavoro: ''[[Il mestiere delle armi]]'', dedicato al mito di [[Giovanni dalle Bande Nere]]. Il film, ottiene a sorpresa un grande successo di pubblico e conquisterà nel 2002 ben nove [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]].
Un rinnovato interesse critico accompagna l'uscita dei successivi lungometraggi ''[[Cantando dietro i paraventi]]'' (2003), ''[[Centochiodi]]'' (2007) e ''[[Il villaggio di cartone]]'' (2011). Nel 2008 gli viene assegnato a Venezia il prestigioso [[Leone d'oro alla carriera]].
Anche [[Roberto Rossellini]] abbandona la stagione neorealista per realizzare il dramma psicologico ''[[Viaggio in Italia (film)|Viaggio in Italia]]'' (1953), che anticipa i temi sull'incomunicabilità della coppia delineati dal cinema di Antonioni. Stroncato quasi ovunque, verrà unicamente elogiato dalla critica francese, divenendo un punto di riferimento per i futuri registi della ''[[Nouvelle vague]]''.<ref>[[André Bazin]], ''Difesa di Rossellini'', in "Cinema nuovo", n. 65, 25 agosto 1955, pp. 147-149.</ref> A seguito di vari film come ''[[Dov'è la libertà...?]]'' (1954), ''[[India (film)|India]]'' (1959) e ''[[Il generale Della Rovere]]'' (1959) aprirà una nuova fase della sua carriera con la sperimentazione di pellicole enciclopediche per il cinema e la televisione, dal puro scopo umanistico e didattico.
[[Marco Ferreri]] si è imposto all'attenzione a partire dagli anni cinquanta con un cinema grottesco e provocatorio dai tratti parzialmente "[[Luis Buñuel|bunueliani]]". I titoli più importanti della prima fase della sua carriera sono ''[[El pisito]]'' (1958), ''[[La carrozzella]]'' (1960) (girati entrambi in [[Spagna]]) e ''[[La donna scimmia]]'', interpretato da [[Ugo Tognazzi]] e [[Annie Girardot]] (1964).
Raggiunge la piena maturità artistica con ''[[Dillinger è morto]]'' (1969), stralunato e attualissimo capolavoro sull'alienazione della vita moderna. Dopo il percorso [[Franz Kafka|kafkiano]] e surreale de ''[[L'udienza]]'' (1971) ottiene la massima popolarità internazionale con il sorprendente e discusso ''[[La grande abbuffata]]'' (1973). Scritto dal regista assieme a [[Rafael Azcona]], il film è un'allegoria della società del benessere condannata all'autodistruzione e un limpido saggio sui vari intrecci tra ''eros'' e ''thanatos'', filmati con raggelante e cruda ironia.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1486}}</ref> Nel 1978 conquista il Gran premio della giuria a Cannes per la pellicola ''[[Ciao maschio]]'', che vede come attore principale [[Gerard Depardieu]]. Dopo l'[[Orso d'argento]] conquistato per il film ''[[Chiedo asilo]]'' (1979), il regista meneghino torna alla ribalta nel 1991 con la direzione del film ''[[La casa del sorriso]]'' che si aggiudicherà l'[[Orso d'oro]] al [[Festival di Berlino]]. Tra i suoi ultimi lavori si ricordano ''[[Diario di un vizio]]'' (1993) e ''[[Nitrato d'argento]]'', uscito nelle sale cinematografiche nel 1996.
All'inizio degli anni sessanta [[Vittorio De Sica]] porterà al successo planetario l'interprete [[Sophia Loren]] nel drammatico ''[[La ciociara (film)|La ciociara]]'' (1960) e in egual misura nella commedia a episodi ''[[Ieri, oggi, domani (film 1963)|Ieri, oggi, domani]]'' (1963), dove l'attrice recita al fianco di [[Marcello Mastroianni]]. La pellicola varrà al regista un nuovo [[Premio Oscar|Oscar]] nella sezione miglior film straniero. La sequenza più famosa del film resta il [[negligé]] con cui la Loren si mostra nell'ultimo episodio, lasciando il segno nell'intero immaginario collettivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1068}}.</ref> Con il drammatico ed elegante ''[[Il giardino dei Finzi-Contini (film)|Il giardino dei Finzi-Contini]]'' (1970), l'artista si aggiudicherà nuovamente l'Oscar per il [[Oscar al miglior film straniero|Miglior film straniero]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1407}}.</ref>
[[File:Marco Ferreri.jpg|miniatura|destra|Il regista [[Marco Ferreri]]]]
[[File:La ciociara, screenshot.gif|miniatura|sinistra|verticale|[[Sophia Loren]] nel film ''[[La ciociara (film)|La ciociara]]'' (1960), di [[Vittorio De Sica]].]]
Sempre negli anni sessanta si impone all'attenzione di pubblico e critica l'opera del giovane [[Marco Bellocchio]] che tramite pellicole apertamente in contrasto con la società e i valori borghesi anticipa il fermento generazionale del [[sessantotto]]. La sua pellicola d'esordio ''[[I pugni in tasca]]'', a causa dei suoi contenuti altamente drammatici scuote l'opinione pubblica aprendo la strada ad una prolifica serie di film tra i quali si ricordano: ''[[La Cina è vicina]]'' (Gran premio della giuria a Venezia) del 1967, ''[[Nel nome del padre (film 1972)|Nel nome del padre]]'' del 1972 e ''[[Sbatti il mostro in prima pagina]]'', del 1973. A partire dagli anni ottanta instaura un sodalizio artistico con lo psichiatra Massimo Fagioli (autore di molte sceneggiature) fino al ritorno in auge negli anni duemila con numerose pellicole che ne hanno consolidato il prestigio autoriale. Tra queste si menzionano: ''[[L'ora di religione]]'' (2002), ''[[Buongiorno, notte]]'' (2003), ''[[Il regista di matrimoni]]'' (2006), ''[[Vincere]]'' (2009) e da ultimo ''[[Bella addormentata]]'', liberamente ispirato agli ultimi giorni di vita della giovane [[Eluana Englaro]]. Nel 2010 riceve a Venezia il [[Leone d'oro alla carriera]], seguito nel 2015 dal [[Pardo d'onore]] al [[Festival di Locarno]].
Da sottolineare la peculiare carriera del palermitano [[Vittorio De Seta]] che negli anni cinquanta realizza vari [[documentari]] ambientati prevalentemente in terra siciliana e sarda. Queste opere descrivono con potente espressività gli usi e costumi del proletariato meridionale e, allo stesso tempo, mettono a nudo le dure condizioni di vita dei pescatori siciliani, dei minatori di zolfo [[Caltanissetta|nisseni]] e dei pastori della [[Barbagia]]. Nel 1955, il regista si aggiudica la [[Palma d'oro]] a Cannes per il miglior documentario grazie al film ''Isola di fuoco''.<ref name=Cannes>Scheda su [http://www.festival-cannes.fr/fr/archives/artist/id/18334.html ''Isola di Fuoco'', miglior documentario - corto metraggio] del [[Festival di Cannes]] 1955. Consultato il 15 luglio 2010</ref> Anni più tardi, dirige il film a soggetto ''[[Banditi a Orgosolo]]'' (1961). L'opera, stilisticamente asciutta, è un resoconto a sfondo realista della vita e delle abitudini di un vero pastore sardo. Negli anni settanta gira l'appassionante ''[[Diario di un maestro]]'' (1972); uno sceneggiato televisivo in quattro puntate (ridotto a 135 minuti per l'uscita nelle sale) che indaga il mondo dell'istruzione elementare con metodo antiautoritario e riformista.
In un tempo coevo si afferma il regista [[Carlo Lizzani]]. Contribuisce all'affermazione del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] nelle vesti di critico e sceneggiatore, imponendosi in seguito come autore di un cinema politicamente impegnato, teso ad affrontare momenti scottanti della storia italiana, dal fascismo alla cronaca più recente.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-lizzani/|titolo=Carlo Lizzani - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Nel 1951 dirige il suo primo lungometraggio, ''[[Achtung, banditi!]]'' - storia di un episodio di guerra partigiana - cui fa seguito ''[[L'amore che si paga]]'' (episodio di ''[[L'amore in città]]'', 1953). La sua filmografia continua con ''[[Cronache di poveri amanti (film)|Cronache di poveri amanti]]'' (1954) - resoconto della Firenze degli anni Venti tratto dal romanzo di [[Vasco Pratolini]] - ''[[Il gobbo]]'' (1960) - vivido ritratto di un bandito della periferia romana - ''[[Il processo di Verona]]'' (1963) e ''[[La vita agra (film)|La vita agra]]'' (1964).
Dopo aver diretto il realistico ''[[Quattro passi fra le nuvole]]'' (1942) ed essersi diviso tra commedie e film storici, [[Alessandro Blasetti]] mette in campo la sua innata voglia di sperimentare inaugurando, con il dittico ''[[Altri tempi (film 1952)|Altri tempi (Zibaldone n. 1)]]'' (1952) e ''[[Tempi nostri|Tempi nostri (Zibaldone n. 2)]]'' (1954), la realtà dei film a episodi, che verrà sfruttata in modo capillare da tutto il cinema a venire.
È il decennio in cui volge a conclusione il cinema ''protogiallo'' italiano, sorto con le produzioni giallo-poliziesche nel periodo del muto e accresciuto nei successivi cinquant'anni. Vengono prodotti ''[[Contro la legge]]'' (1950), ''[[Atto di accusa|Atto d'accusa]]'' (1950), ''[[L'ultima sentenza]]'' (1951), ''[[Vacanze col gangster]]'' (1952), ''[[Terrore sulla città]]'' (1956), e molti altri. Il ''protogiallo'' segna la fase antesignana del [[giallo all'italiana]] precedendolo di mezzo secolo, fino agli ultimi titoli significativi come ''[[Il rossetto]]'' (1960) di [[Damiano Damiani]] e ''[[L'assassino (film)|L'assassino]]'' (1961) di [[Elio Petri]], prima che nel [[1963]], [[Mario Bava]], dia vita al [[Genere cinematografico|genere]] con [[La ragazza che sapeva troppo (film 1963)|''La ragazza che sapeva troppo'']].
=== La generazione degli anni sessanta ===
[[File:P p pasolini.jpg|destra|miniatura|verticale|[[Pier Paolo Pasolini]]]]
Altro protagonista del cinema d'autore è [[Pier Paolo Pasolini]]. Attento osservatore della trasformazione della società italiana dal [[secondo dopoguerra]] sino alla metà degli anni settanta, ha suscitato forti polemiche per la radicalità e vivacità del suo pensiero, vivacità che ha saputo mettere in evidenza anche in campo cinematografico e da subito riscontrabile nel suo film d'esordio ''[[Accattone]]'' (1961). Le medesime ambientazioni le si ritrova in ''[[Mamma Roma]]'' (1962), dove il regista nobilita i suoi personaggi suburbani con richiami alla pittura rinascimentale del [[Mantegna]].<ref name="Merenghetti 1968">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1968}}.</ref> Nel ''[[Il Vangelo secondo Matteo|Vangelo secondo Matteo]]'' (1964), l'artista racconta la vita del [[Cristo]] rinunciando agli orpelli dell'iconografia tradizionale, avvalendosi di una forma registica che alterna camera a mano a immagini proprie della pittura quattrocentesca.<ref name="Merenghetti 1968" /> In ''[[Uccellacci e uccellini]]'' (1966) il suo cinema vira sull'apologo fantastico descrivendo le varie trasformazioni del proletariato.
Tra le sue varie pellicole troviamo ''[[Edipo re (film)|Edipo re]]'' (1967), ''[[Teorema (film)|Teorema]]'' (1968), ''[[Porcile (film)|Porcile]]'' (1969), ''[[Medea (film 1969)|Medea]]'' (1969) e le trasposizioni cinematografiche della [[trilogia della vita]]: ''[[Il Decameron]]'' (1971), ''[[I racconti di Canterbury (film)|I racconti di Canterbury]]'' (1972) e ''[[Il fiore delle Mille e una notte]]'' (1974). In ''[[Salò o le 120 giornate di Sodoma]]'' (1975), dietro la cornice storica del [[fascismo]], l'autore sonda i meandri più remoti dell'essere umano. Tali pellicole hanno proposto chiavi di lettura differenti scatenando sovente lunghi dibattiti, talvolta con strascichi giudiziari ed episodi di [[censura]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2741}}.</ref>
Un altro regista di rilievo è [[Valerio Zurlini]]: i suoi film, da ''[[Estate violenta]]'' (1959) a ''[[La ragazza con la valigia]]'' (1961), da ''[[Cronaca familiare (film)|Cronaca familiare]]'' (1962) a ''[[Il deserto dei Tartari (film)|Il deserto dei Tartari]]'' (1976), alternano suggestive rievocazioni letterarie ad analisi psicologiche raffinate e complesse, con risultati visivi alquanto notevoli.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/valerio-zurlini/|titolo=Valerio Zurlini - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Molto raffinato sul piano formale è anche il cinema di [[Mauro Bolognini]] che, pur soffrendo talora di eccessi di decadentismo e affettazione, possiede una ricchezza scenografica e letteraria di chiara derivazione viscontiana, senza dimenticare la dialettica dei conflitti sociali.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/mauro-bolognini_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=Mauro Bolognini - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Tra i film più significativi: ''[[Giovani mariti]]'' (1958), ''[[La giornata balorda]]'' (1960), ''[[Il bell'Antonio (film)|Il bell'Antonio]]'' (1960), ''[[La viaccia]]'' (1961), ''[[Agostino (film)|Agostino]]'' (1962) e ''[[Metello (film)|Metello]]'' (1970).
[[File:Ermanno Olmi alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1965.JPG|miniatura|sinistra|verticale|[[Ermanno Olmi]]]]
[[Ermanno Olmi]] esordisce con il film ''[[Il tempo si è fermato (film 1959)|Il tempo si è fermato]]'' (1959), emozionante parabola sui rapporti tra uomo e natura che fa subito emergere le sue peculiari doti artistiche. La notorietà arriverà tre anni dopo con ''[[Il posto]]'' (1961), un ritratto dolce-amaro della Milano del boom economico. Nel 1963 gira l'esistenziale ''[[I fidanzati]]'' e dopo alcuni lavori interlocutori il cupo e dolente ''[[La circostanza]]'' (1974). Gli anni settanta consacrano Olmi a livello internazionale con l'uscita nelle sale de ''[[L'albero degli zoccoli]]'' (1978), commosso e partecipe omaggio a un mondo contadino in via d'estinzione, premiato, nello stesso anno, con la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Dopo una lunga malattia, Olmi ritorna alle cronache col surreale ''[[Lunga vita alla signora!]]'' (1987) e l'intenso ''[[La leggenda del santo bevitore (film)|La leggenda del santo bevitore]]'' (1988). Nel 2001 il regista realizza quello che molti critici considerano il suo miglior lavoro: ''[[Il mestiere delle armi]]'', dedicato al mito di [[Giovanni dalle Bande Nere]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2058}}.</ref>
[[Marco Ferreri]] si cimenta nella regia verso la fine degli anni cinquanta presentando un cinema grottesco e provocatorio, con tratti e accenti parzialmente [[Luis Buñuel|bunueliani]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 728}}.</ref> Il suo umorismo nero e sferzante è già rintracciabile nelle opere ''[[El pisito]]'' (1958) e ''[[La carrozzella]]'' (1960), filmate e ambientate in terra spagnola. Anni dopo dirige l'attore [[Ugo Tognazzi]] nei film ''[[Una storia moderna: l'ape regina]]'' (1963) e ''[[La donna scimmia]]'' (1964), dove ha modo di farsi conoscere dalla critica italiana. Nel 1969 raggiunge la piena maturità artistica con ''[[Dillinger è morto]]'', stralunato e attualissimo apologo sull'alienazione della vita moderna. Dopo il percorso [[Franz Kafka|kafkiano]] e surreale de ''[[L'udienza]]'' (1971) ottiene la massima popolarità internazionale con il sorprendente e discusso ''[[La grande abbuffata]]'' (1973). Scritto dal regista assieme a [[Rafael Azcona]], il film è un'allegoria della società del benessere condannata all'autodistruzione e, al tempo stesso, un limpido saggio sui vari intrecci tra ''eros'' e ''thanatos'', filmati con raggelante ironia.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1486}}.</ref>. Successivamente, rilegge il rapporto tra i sessi nel nichilista ''[[L'ultima donna]]'' (1976) e nel visionario ''[[Ciao maschio]]'' (1978). Si distinguono negli anni a venire ''[[Storie di ordinaria follia (film)|Storie di ordinaria follia]]'' (1981) e ''[[Storia di Piera (film)|Storia di Piera]]'' (1983), costruito sulla vita romanzata dell'attrice [[Piera Degli Esposti]].
Sempre negli anni sessanta si impone all'attenzione di pubblico e critica l'opera del giovane [[Marco Bellocchio]], che tramite pellicole apertamente in contrasto con la società e i valori borghesi anticipa il fermento generazionale del [[sessantotto]]. La sua pellicola d'esordio ''[[I pugni in tasca]]'' (1965), a causa dei suoi contenuti altamente drammatici, scuote l'opinione pubblica aprendo la strada a una prolifica serie di film tra i quali si ricordano: ''[[La Cina è vicina]]'' (1967), ''[[Nel nome del padre (film 1972)|Nel nome del padre]]'' (1972), ''[[Sbatti il mostro in prima pagina]]'' (1973), ''[[Marcia trionfale]]'' (1976) e il documentario ''Matti da slegare - Nessuno o tutti'' (1975) - diretto con [[Silvano Agosti]] - uno dei primi esempi di cinema militante a difesa del metodo psichiatrico di [[Franco Basaglia]], teso al reinserimento sociale del malato.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2033}}.</ref>
[[File:Bernardo Bertolucci.jpg|sinistradestra|thumbminiatura|uprightverticale|Nella foto [[Bernardo Bertolucci]]]]
[[Bernardo Bertolucci]] si avvicina al cinema grazie a [[Pier Paolo Pasolini]] di cui sarà assistente sul set di ''[[Accattone]]''.
Ben presto si stacca dal mondo pasoliniano per inseguire una personale idea di cinema, basata sullo studio antropologico dell'individuo e del suo relazionarsi ai mutamenti sociali che la storia impone.<ref>{{Cita web|url=http://www.ilneorealismo.com/it/bernardo-bertolucci.php|titolo=Bernardo Bertolucci - Neorealismo|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Esordisce giovanissimo nel lungometraggio ''[[La commare secca]]'' (1962), e desta attenzione con ''[[Prima della rivoluzione]]'' (1964). Nei primi anni settanta realizza in rapida successione tre capisaldi del suo cinema: ''[[Il conformista (film)|Il conformista]]'' (1970), tratto dal romanzo di [[Alberto Moravia|Moravia]], il metafisico ''[[La strategia del ragno]]'' (1970) e il film scandalo ''[[Ultimo tango a Parigi]]'' (1972), con [[Marlon Brando]] e [[Maria Schneider (attrice)|Maria Schneider]]. Quest'ultimo, a causa dei suoi contenuti altamente erotici viene condannato al rogo dalla [[Corte suprema di cassazione|Cassazione]] nel gennaio del 1976, per poi essere riabilitato dalla stessa nel febbraio del 1987.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3537}}.</ref> Consolida la fama internazionale con il [[kolossal]] ''[[Novecento (film)|Novecento]]'' (1976), potente affresco sulle lotte di classe contadine dagli albori del novecento fino alla [[seconda guerra mondiale]]. Dopo aver diretto un efficace [[Ugo Tognazzi]] nel film ''[[La tragedia di un uomo ridicolo]]'' (1981), nel 1987 gira il ciclopico e suggestivo ''[[L'ultimo imperatore]]'', che si aggiudicherà ben nove [[Premi Oscar]], tra cui quelli per miglior film e regia.
Ben presto si stacca dal mondo pasoliniano per inseguire una personale idea di cinema, basata sullo studio antropologico dell'individuo e del suo relazionarsi ai mutamenti sociali che la storia impone.
Esordisce giovanissimo nel lungometraggio ''[[La commare secca]]'' (1962), e desta attenzione con ''[[Prima della rivoluzione]]'' (1964). Nei primi anni settanta realizza in rapida successione tre capisaldi del suo cinema: ''[[Il conformista]]'' (1970) tratto dal romanzo di [[Alberto Moravia|Moravia]], il metafisico ''[[La strategia del ragno]]'' (1970) e il film scandalo ''[[Ultimo tango a Parigi]]'' (1972), con [[Marlon Brando]] e [[Maria Schneider]]. Il film viene subito sequestrato, assolto, nuovamente sequestrato e condannato alla distruzione per oscenità dalla Cassazione il 29 gennaio 1976 (con perdita dei [[diritti civili]] per cinque anni dello stesso regista). Il 9 febbraio 1987 la pellicola viene riabilitata con sentenza "di non oscenità" in quanto "mutato il comune senso del pudore.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3537}}</ref>
[[File:Padre padrone.png|miniatura|sinistra|Una scena di ''[[Padre padrone (film)|Padre Padrone]]'' (1977), di [[Paolo e Vittorio Taviani]]]]
Consolida la fama internazionale con il [[kolossal]] ''[[Novecento (film)|Novecento]]'' (1976), della durata di oltre cinque ore e che vede come primi attori [[Robert De Niro]] e [[Gerard Depardieu]].
I fratelli [[Paolo e Vittorio Taviani]], appassionati fin da giovanissimi al cinema, conoscono un primo discreto successo con ''[[Un uomo da bruciare (film)|Un uomo da bruciare]]'' (1962) e ''[[I sovversivi]]'' (1967), che vede come primo interprete il cantautore [[Lucio Dalla]], a cui seguono ''[[Sotto il segno dello scorpione]]'' (1969) e il film sulla restaurazione ''[[Allonsanfàn]]'' (1974). Il seguente ''[[Padre padrone (film)|Padre padrone]]'' (1977), tratto dal romanzo di [[Gavino Ledda]], racconta la lotta di un pastore sardo contro le regole feroci del proprio universo patriarcale. Il film riscuote critiche favorevoli aggiudicandosi nello stesso anno la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Ne ''[[Il prato (film)|Il prato]]'' (1979) si recuperano echi neorealisti, mentre ''[[La notte di San Lorenzo (film)|La notte di San Lorenzo]]'' (1982) racconta, con uno stile vicino al [[realismo magico]], la deliberata fuga di un gruppo di abitanti della Toscana, nella notte in cui tedeschi e fascisti compiono una sanguinosa rappresaglia nel Duomo della città.
Il 1987 segna un'ulteriore svolta: dirige infatti in il ciclopico affresco ''[[L'ultimo imperatore]]'', che si aggiudicherà ben nove [[Premi Oscar]], tra cui quelli per miglior film e regia.
Negli anni successivi Bertolucci prosegue sulla strada del kolossal per il mercato internazionale con ''[[Il tè nel deserto]]'' (1990) e il ''[[Piccolo Buddha]]'' (1993), ambientato in [[Nepal]] e negli [[Stati Uniti]].
La seconda metà degli anni novanta e i primi anni del nuovo millennio vedono Bertolucci impegnato nuovamente in chiave più intimista con ''[[Io ballo da sola]]'' (1996) e ''[[The Dreamers - I sognatori]]'' (2003). Costretto su una sedia a rotelle per problemi di salute, dopo quasi dieci anni torna dietro la macchina da presa per dirigere il delicato ''[[Io e te (film)|Io e te]]'', uscito nelle sale nell'autunno del 2012. Dopo il [[Pardo d'onore]] a Locarno (1989), a consacrare la sua lunga carriera giungono nel 2007 e nel 2010 i rispettivi [[Leone d'oro alla carriera]] e Palma d'onore al [[Festival di Cannes]].
Come allievo di Visconti si mette in luce il regista fiorentino [[Franco Zeffirelli]], autore, per molti decenni, di una feconda produzione teatrale. Tra le sue opere cinematografiche più note vi sono le trasposizioni shakespeariane de ''[[La bisbetica domata (film 1967)|La bisbetica domata]]'' (1967) e ''[[Romeo e Giulietta (film 1968)|Romeo e Giulietta]]'' (1968). Nello stesso tempo si afferma [[Liliana Cavani]], che conosce notorietà con le opere ''[[Francesco d'Assisi (film 1966)|Francesco d'Assisi]]'' (1966) e ''[[Il portiere di notte]]'' (1974).
[[File:Padre padrone.png|miniatura|destra|Una scena di ''[[Padre padrone (film)|Padre Padrone]]'', di [[Paolo e Vittorio Taviani]]]]
I fratelli [[Paolo e Vittorio Taviani]], appassionati fin da giovanissimi al cinema, conosco un primo discreto successo con il film ''[[I sovversivi]]'' (1967), che vede come primo attore il cantautore [[Lucio Dalla]], a cui seguono ''[[Sotto il segno dello scorpione]]'' (1969) e il film sulla restaurazione ''[[Allonsanfan]]'', con [[Marcello Mastroianni]] e [[Laura Betti]]. Il seguente ''[[Padre padrone (film)|Padre padrone]]'' (1977) , tratto dal romanzo di [[Gavino Ledda]], racconta la lotta di un pastore sardo contro le regole feroci del proprio universo patriarcale. Il film riscuote critiche favorevoli aggiudicandosi nello stesso anno la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Ne ''[[Il prato]]'' ([[1979]]) si riscontrano echi neorealisti, mentre ''[[La notte di San Lorenzo]]'' ([[1982]]) racconta, con uno stile vicino al [[realismo magico]], la deliberata fuga di un gruppo di abitanti della Toscana, nella notte in cui tedeschi e fascisti compiono una sanguinosa rappresaglia nel Duomo della città. Lo scenario della battaglia nel grande campo di grano (avvenuta tra i fascisti di Salò e i partigiani), rappresenta il momento culminante di un film che riscuote grandi consensi e che vince il gran [[Grand Prix Speciale della Giuria|premio speciale della giuria]] al [[Festival di Cannes]]. Nel 2012 si aggiudicano l'[[Orso d'oro]] al [[Festival di Berlino]] e il [[David di Donatello per il miglior film]] e per il miglior regista con il film ''[[Cesare deve morire]]'', realmente recitato dai detenuti del carcere di [[Rebibbia]]. Nel 1986 ricevono il [[Leone d'oro alla carriera]].
Tra i vari film del periodo, un significativo esempio di [[cinema sperimentale]] è rappresentato dal film di [[Alberto Grifi]] ''[[Anna (film 1975)|Anna]]'', diretto assieme all'attore [[Massimo Sarchielli]] e presentato nei maggiori festival europei nel 1975. Il lungometraggio è un'inedita esperienza di cinema-diretto, che riprende, in undici ore di girato (ridotte poi a quattro), l'aberrante quotidianità di una giovane tossicodipendente incinta e senza dimora. I due autori, privi di soggetto e sceneggiatura, abbandonano la telecamera a una sorta di [[flusso di coscienza]] in tempo reale, facendo irrompere sullo schermo ''una tranche de vie'' libera da compromessi narrativi e mediazioni estetiche.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 220}}.</ref>
[[File:Gianni Amelio 01.jpg|miniatura|sinistra|upright|Il regista [[Gianni Amelio]]]]
[[Gianni Amelio]] dopo molte regie televisive per la [[Rai]], esordisce al cinema con ''[[Colpire al cuore]]'' (1982), un film sul terrorismo che non passa inosservato. Dopo l'interessante ''[[I ragazzi di via Panisperna]]'' sul leggendario gruppo di fisici guidato da [[Enrico Fermi]], raggiunge la notorietà internazionale con l'acclamato e premiato ''[[Porte aperte (film)|Porte aperte]]'', tratto da un romanzo di [[Leonardo Sciascia]].
Nei film che seguono, Amelio sviluppa tematiche legate alla realtà sociale con dolorosa partecipazione e sensibilità artistica.
Con ''[[Il ladro di bambini]]'', suo maggior successo commerciale, vince nel 1992 il Premio speciale della giuria al [[Festival di Cannes]] e l'[[European Film Award]] come miglior film, oltre a due Nastri d'Argento e cinque David di Donatello. ''[[Lamerica]]'' si aggiudica nel 1994 il premio Osella d'oro alla Mostra del cinema di Venezia, oltre al [[Premio Pasinetti]] come miglior film. Quattro anni dopo, ''[[Così ridevano]]'', probabilmente il suo lavoro di più difficile comprensione per il grande pubblico, vince il [[Leone d'oro]], sempre alla Mostra del cinema di Venezia.
Dopo ''[[Le chiavi di casa]]'' (2004) sul problematico rapporto tra un padre e il figlio disabile, Amelio cerca una storia di più ampio respiro con ''[[La stella che non c'è]]'' ambientato tra l'Italia e la Cina con [[Sergio Castellitto]] nel ruolo di protagonista. Negli ultimi anni è tornato alla regia con regolare continuità come dimostrano i lungometraggi ''[[Il primo uomo (film)|Il primo uomo]]'' (2011), ''[[L'intrepido (film)|L'intrepido]]'' (2013), con [[Antonio Albanese]], e il documentario ''[[Felice chi è diverso]]'', uscito nel marzo del 2014.
== La grande stagione della commedia (1958-1980) ==
[[File:Nanni Moretti Cannes 2011.jpg|miniatura|destra|upright|Sopra [[Nanni Moretti]] al [[Festival di Cannes]]]]
{{vedi anche|Commedia all'italiana}}
[[Nanni Moretti]] esordisce al cinema con mezzi amatoriali nel film ''[[Io sono un autarchico]]'' (1976), riscuotendo subito l'attenzione della critica che individua nel giovane regista un'originale vena sarcastica. Le prime riflessioni del suo cinema sono tutte incentrate sulle problematiche giovanili, non disdegnando una più generale critica al costume del suo tempo.
[[File:Mario Monicelli camera.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Mario Monicelli]] alla [[macchina da presa]]]]
Il successivo ''[[Ecce bombo]]'', uscito nel 1978, consolida la fama del regista, ottenendo al botteghino un grande e inaspettato successo.
[[File:I soliti ignoti scena.jpg|destra|miniatura|verticale|Una scena di ''[[I soliti ignoti]]'' (1958)]]
Dopo l'interlocutorio ''[[Sogni d'oro (film)|Sogni d'oro]]'' (1981), realizza verso la metà degli anni ottanta una serie di pellicole che ne sanciscono la definitiva maturità. La prima di queste è ''[[Bianca (film)|Bianca]]'' (1984), intrigante e personale giallo esistenziale a cui segue ''[[La messa è finita]]'' (1985) con un inedito Moretti nelle vesti di un sacerdote, da molti considerata una delle sue opere più lucide e riflessive.
Verso la fine degli anni cinquanta si sviluppa il genere della [[commedia all'italiana]]; una definizione che fa riferimento al titolo di due film: ''[[Matrimonio all'italiana]]'' e ''[[Divorzio all'italiana]]'', quest'ultimo con [[Marcello Mastroianni]] e [[Stefania Sandrelli]]. Il termine, più che indicare un vero genere, riguarda una particolare stagione cinematografica, segnata da un nuovo modo di intendere gli elementi costitutivi della commedia. Tali elementi si pongono in contrasto con la commedia leggera e disimpegnata del ''Neorealismo rosa'', assai in voga per tutti gli anni cinquanta.<ref name = "eg" >Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 43.</ref>
Ricevuto nel 1986 l'[[Orso d'argento]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino]], Moretti si dedicherà nel lustro successivo a un cinema più "politico" con il documentario ''[[La cosa (film 1990)|La cosa]]'', incentrato sullo scioglimento del PCI, e il criptico film a soggetto ''[[Palombella rossa]]'' nel quale i contenuti politici costituiscono parte integrante della storia.
Tenendo a mente la lezione del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]], la nuova commedia all'italiana pone le proprie attenzioni sulla realtà prodotta dal boom economico, affrontando questioni drammatiche con toni umoristici e graffianti. Pertanto, accanto alle situazioni comiche e agli intrecci tipici della farsa tradizionale, vediamo emergere una pungente satira di costume, che evidenzia con tagliente ironia le contraddizioni della società industriale. Inoltre, non del tutto infrequenti risultano le commedie nelle quali l'ambientazione scenica è traslata in diversi contesti storici, spesso con finalità critiche nei confronti dell'attualità sociale.<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 49.</ref>
Il 1993 sancisce il definitivo riconoscimento internazionale di Moretti con l'uscita del film a episodi ''[[Caro diario]]'', che si aggiudica il premio per la miglior regia al [[Festival di Cannes]].
Dopo un altro diario personale (''[[Aprile (film)|Aprile]]'', del 1998), Moretti conquista la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]] con ''[[La stanza del figlio]]'' (2001), in cui vengono descritti gli effetti che la morte accidentale di un figlio provoca in una famiglia medio borghese.
Nel 2006 gira il lungometraggio ''[[Il caimano]]'', ispirato alla figura di [[Silvio Berlusconi]] che vede come primo attore [[Silvio Orlando]]. Il film, presentato nel pieno della campagna elettorale per le elezioni politiche dello stesso anno, ha suscitato numerose polemiche presentando scenari apocalittici che sarebbero seguiti a un rifiuto del leader politico di abbandonare il mondo delle istituzioni. Nel [[2011]] esce ''[[Habemus Papam (film)|Habemus Papam]]'', con Moretti nelle vesti di uno psicanalista alle prese con un nuovo inaspettato paziente: un neo eletto pontefice in crisi spirituale, interpretato dall'attore francese [[Michel Piccoli]]. Quattro anni più tardi è di nuovo sulle scene con l'uscita del suo dodicesimo lungometraggio dal titolo ''[[Mia madre (film)|Mia madre]]'', con protagonista l'attrice [[Margherita Buy]].
A partire dalla fine degli anni sessanta e per tutti gli anni settanta, l'Italia vive numerose fasi che muteranno in maniera radicale la mentalità e il costume degli italiani. La congiuntura economica, le agitazioni studentesche e la ricerca di nuove emancipazioni nel mondo del lavoro e della famiglia, diverranno il luogo ideale entro il quale proiettare i personaggi della commedia, pronti a far rivivere sulla scena i mutamenti della società civile.<ref name = "eg" />
Tra gli altri autori del cinema italiano si ricordano [[Citto Maselli]] (Gran premio della giuria a Venezia per il film ''[[Storia d'amore]]'' (1986)), [[Corrado Farina]], Mario Garriba, [[Lino Del Fra]] e [[Fabio Carpi]], tutti vincitori del [[Pardo d'oro]] a Locarno per i rispettivi film: ''[[Hanno cambiato faccia]]'' (1971), ''[[In punto di morte]]'' (1971), ''[[Antonio Gramsci - I giorni del carcere]]'' (1977) e ''[[Quartetto Basileus]]'', del 1982. Infine, un significativo esempio di [[cinema sperimentale]] italiano è da ritrovarsi nell'opera di [[Alberto Grifi]], in particolar modo nel film ''[[Anna (film 1975)|Anna]]'', diretto assieme all'attore [[Massimo Sarchielli]] e presentato nei maggiori festival europei nel 1975. Il lungometraggio è un inedita esperienza di cinema-diretto, che riprende, in undici ore di girato (ridotte poi a quattro), l'aberrante quotidianità di una giovane tossicodipendente incinta e senza dimora. I due autori, privi di soggetto e sceneggiatura, abbandonano la telecamera a una sorta di [[flusso di coscienza]] in tempo reale, facendo irrompere sullo schermo ''una tranche de vie'' libera da compromessi narrativi e mediazioni estetiche.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 220}}</ref> Tra i vari progetti cinematografici di Grifi si ricordano ''[[Lariano]]'' (1961), ''Verifica incerta'' (1964) e ''[[A proposito degli effetti speciali]]'', presentato alla LVIII [[Biennale di Venezia]] nell'inverno del 2001.
[[File:Claudia Cardinale 1957.jpg|miniatura|[[Claudia Cardinale]]]]
== Le attrici italiane ==
[[File:Anna magnani1965.jpg|thumb|sinistra|[[Anna Magnani]]]]
Alla fine degli anni quaranta e per tutti gli [[anni 1950|anni cinquanta]], le attrici italiane vivono un fortunato periodo di gloria. Oltre ad [[Anna Magnani]], [[Valentina Cortese]] ed [[Alida Valli]] (le uniche che continuano a lavorare con continuità anche dopo la fine del regime fascista), si fanno notare le nuove dive "maggiorate" (così chiamate per via delle loro forme prorompenti). Tra queste si ricordano: [[Gina Lollobrigida]], [[Silvana Mangano]], [[Silvana Pampanini]], [[Lucia Bosè]], [[Virna Lisi]] e soprattutto [[Sophia Loren]] che conoscono successo e allori sia in Italia che all'estero, arrivando addirittura a oscurare le dive hollywoodiane a loro contemporanee.
[[Alida Valli]] esordisce giovanissima sul [[Cinema|grande schermo]], assumendo ruoli da [[protagonista]] in molti film dell'epoca, diventando ben presto l'attrice simbolo del cosiddetto [[cinema dei telefoni bianchi]]. La sua versatilità la mette in evidenza in ruoli più [[Film drammatico|drammatici]], soprattutto nel film ''[[Piccolo mondo antico (film 1941)|Piccolo mondo antico]]'' di [[Mario Soldati]] (1941) che al [[Festival di Venezia]] le vale un premio speciale per la miglior interprete femminile. Negli anni quaranta lavora con alcuni dei più grandi registi del panorama internazionale come [[Alfred Hitchcock]] e [[Orson Welles]]. Nel 1951 presta una delle sue migliori interpretazioni nel capolavoro ''[[Senso (film)|Senso]]'', per la regia di Luchino Visconti. Nel 1997 le viene attribuito il [[Leone d'oro alla carriera]].
A tale stagione cinematografica si ricollegano i nomi dei principali attori italiani del tempo: da [[Alberto Sordi]] a [[Vittorio Gassman]], da [[Marcello Mastroianni]] a [[Ugo Tognazzi]] e [[Nino Manfredi]], da [[Monica Vitti]] a [[Claudia Cardinale]], senza dimenticare [[Sophia Loren]], [[Silvana Mangano]], [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]]. Altri interpreti riferibili a tale stagione sono: [[Tiberio Murgia]], [[Leopoldo Trieste]], [[Renato Salvatori]], [[Franco Fabrizi]], [[Vittorio Caprioli]], [[Gigi Proietti]], [[Michele Placido]], [[Gastone Moschin]] e occasionalmente attrici come [[Lea Massari]], [[Ornella Muti]] e [[Ottavia Piccolo]]. Hanno preso parte ad alcune commedie anche attori prevalentemente drammatici come [[Enrico Maria Salerno]], [[Romolo Valli]], [[Gabriele Ferzetti]], [[Paolo Stoppa]], [[Gian Maria Volonté]] e [[Jean-Louis Trintignant]]
[[File:Sophia Loren - 1955.JPG|thumb|upright=0.8|[[Sophia Loren]] negli [[anni 1950|anni cinquanta]]]]
[[Anna Magnani]] viene considerata dalla critica cinematografica come una delle maggiori interpreti femminili mai apparse sullo schermo.<ref>{{Cita news|autore=[[Giancarlo Governi]]|url=http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=49422&typeb=0&Anna-Magnani-l-attrice-simbolo-della-ricostruzione-e-del-riscatto|titolo=Anna Magnani, l'attrice simbolo della ricostruzione e del riscatto|editore=www.globalist.it|data=25 settembre 2013|accesso=27 settembre 2013}}</ref><ref>{{Cita news|autore=Simona Aiuti|url=http://www.unmondoditaliani.com/anna-magnani-la-piu-grande-attrice-della-storia-del-cinema-italiano-nei-suoi-film-passione-e-neorealismo.htm|titolo=Anna Magnani. La più grande attrice della storia del cinema italiano, nei suoi film passione e neorealismo|editore=www.unmondoditaliani.com|data=17 ottobre 2010|accesso=27 settembre 2013}}</ref><ref>{{Cita news|autore=|url=http://www.fondazioneitalianelmondo.com/Fondazione%20Italia%20671.htm|titolo=Anna Magnani una delle più grandi attrici del cinema italiano, commemorata con una esposizione che racconta in 287 foto la sua vita|editore=www.fondazioneitalianelmondo.com|data=|accesso=27 settembre 2013}}</ref><ref>{{Cita news|autore=Pippo Augliera|url=http://www.musicalnews.com/articolo.php?codice=26208&sz=6|titolo=Ritratto di Marina Magnani: la tempesta e la quiete. Gli omaggi in occasione del 40º anniversario dalla scomparsa|editore=www.musicalnews.com|data=|accesso=27 settembre 2013}}</ref> Attrice simbolo del cinema italiano, è altresì conosciuta per essere stata, insieme ad [[Aldo Fabrizi]] e [[Alberto Sordi]], una delle figure preminenti della cinematografia romana del [[XX secolo]].<ref>{{Cita web|url=http://www.mymovies.it/biografia/?a=662|titolo=Aldo Fabrizi|editore=[[MYmovies]]|accesso=29 ottobre 2014}}</ref>
Tra i suoi riconoscimenti internazionali sono senz'altro da ricordare l'Oscar assegnato come migliore attrice protagonista per il film ''[[La rosa tatuata (film)|La rosa tatuata]]'' e l'[[Orso d'argento]] al [[Festival di Berlino]] per il film ''[[Selvaggio è il vento]]'' (1958). Indimenticabili le sue interpretazioni sotto la guida di registi come [[Roberto Rossellini]], [[Luchino Visconti]] e [[Pier Paolo Pasolini]].
[[File:Il sorpasso.jpg|miniatura|verticale|sinistra|[[Vittorio Gassman]] e [[Jean-Louis Trintignant]] ne ''[[Il sorpasso]]'' (1962), di [[Dino Risi]]]]
[[File:Gina Lollobrigida - La romana.jpg|thumb|sinistra| [[Gina Lollobrigida]]]]
Generalmente si ritiene sia stato il regista [[Mario Monicelli]], capostipite e fra i massimi esponenti (con [[Dino Risi]], [[Luigi Comencini]], [[Pietro Germi]] e [[Ettore Scola]]) della commedia italica, a inaugurare questa nuova fase con il lungometraggio ''[[I soliti ignoti]]'' (1958), scritto assieme a [[Suso Cecchi D'Amico]] e alla coppia di sceneggiatori [[Agenore Incrocci]] e [[Furio Scarpelli]]. L'opera coniuga spunti grotteschi a sequenze proprie del dramma sottoproletario, filmando con minuzia di dettagli una [[Roma]] periferica e degradata, ancora estranea ai processi economici del ''boom''.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3139}}.</ref> Il film si rivela un successo (anche oltre confine) tanto da venir candidato all'Oscar come miglior film straniero.<ref name = "eg" />
Allo stesso modo, [[Sophia Loren]] viene considerata come una delle attrici più celebri dell'intera storia della settima arte. Da [[Vittorio De Sica]] sarà diretta, nel 1960, nel film ''[[La ciociara (film)|La ciociara]]'', che gli vale l'[[Oscar alla migliore attrice]] (il primo a essere assegnato per un'interpretazione che non fosse in lingua inglese). Nella sua lunga e acclamata carriera ha ricevuto un [[Golden Globe]], un [[Leone d'oro alla carriera]], una [[Palma d'oro]] a Cannes, un [[BAFTA]], dieci [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e tre [[Nastri d'argento]]. Nel [[1999]], l'''[[American Film Institute]]'' l'ha inserita al ventunesimo posto tra le [[AFI's 100 Years... 100 Stars|più grandi star della storia del cinema]]. Fra le venticinque interpreti presenti in classifica, la Loren è risultata l'unica attrice ancora in vita.<ref>{{cita web|lingua=en|url=http://www.afi.com/100years/stars.aspx|titolo=AFI's 50 Greatest American Screen Legends|editore=[[American Film Institute]]|accesso=16 novembre 2014}}</ref> Nel medesimo periodo approda sulle scene [[Gina Lollobrigida]], destinata a divenire, fin da subito, una delle attrici italiane più conosciute e apprezzate nel mondo. Rimasta celebre per l'interpretazione dell'ingenua popolana nel film ''[[Pane, amore e fantasia]]'' (1953), diventa protagonista di produzioni hollywoodiane come ''[[Il tesoro dell'Africa]]'' di [[John Huston]] con [[Humphrey Bogart]] e [[Jennifer Jones]] e ''[[Il maestro di Don Giovanni]]'' con [[Errol Flynn]], recitando assieme a molti divi internazionali come [[Anthony Quinn]], [[Frank Sinatra]], [[Yul Brynner]] e [[Sean Connery]]. Tra le altre cose, è stata la prima attrice femminile a vincere il [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] con il film ''[[La donna più bella del mondo]]'', uscito nelle sale nel 1956.
[[File:Risi Garroni.jpg|miniatura|destra|[[Dino Risi]] e il direttore della fotografia [[Romolo Garroni]]]]
[[File:VirnaLisi2.png|thumb|upright|[[Virna Lisi]]]]
Nel 1959 esce nelle sale ''[[La grande guerra]]'', con [[Alberto Sordi]] e [[Vittorio Gassman]]. Il lungometraggio, prendendo spunto da un racconto di [[Maupassant]], contamina la tragedia storica con i moduli della commedia dissacrando un tema - gli inutili massacri della [[prima guerra mondiale]] - fino allora tabù per tutto il cinema nazionale.<ref name="Merenghetti 1494">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1494}}.</ref> Dopo ''[[I compagni]]'' (1963), nel 1966 il cineasta dirige ''[[L'armata Brancaleone]]''. La pellicola è un miscuglio di fantasia e avventure farsesche che si dispiegano lungo un [[Medioevo]] sbrigliato e carnevalesco, in chiara polemica con l'opposta visione dell'età mezzana proposta dal cinema hollywoodiano.<ref name="Merenghetti 1494" /> Tempo dopo, in piena contestazione, porta sugli schermi ''[[La ragazza con la pistola]]'' (1968), intuendo le qualità comiche dell'attrice [[Monica Vitti]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2749}}.</ref> Tra i suoi film successivi si riportano: ''[[Vogliamo i colonnelli]]'' (1973), ''[[Romanzo popolare]]'' (1974), ''[[Amici miei]]'' (1975) ed ''[[Un borghese piccolo piccolo (film)|Un borghese piccolo piccolo]]'' (1977); opera quest'ultima che risente esplicitamente del clima repressivo degli [[anni di piombo]] e consegna all'attore Alberto Sordi uno dei suoi personaggi più neri e sofferti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 477}}.</ref>
[[Silvana Mangano]] conosce un notevole successo alla fine degli anni quaranta per l'interpretazione del film [[Neorealismo (cinema)|film neorealista]] ''[[Riso amaro]]'', diretto da [[Giuseppe De Santis]]. La pellicola la impone come una delle prime [[sex symbol]] nazionali del dopoguerra. Tra gli anni sessanta e settanta diviene una delle protagoniste principali della [[commedia all'italiana]], vestendo con spiccata intensità ruoli più regali in alcuni film di [[Luchino Visconti]] e [[Pier Paolo Pasolini]].
[[File:Luigi Comencini.jpg|miniatura|sinistra|[[Luigi Comencini]]]]
Gli anni sessanta sono il periodo del ''[[Miracolo economico italiano|boom economico]]'' e di riflesso il cinema risente dei cambiamenti che modificano la società italiana. Uno dei primi artisti a documentare tali cambiamenti è il cineasta milanese [[Dino Risi]]. Nel suo lungometraggio più conosciuto - ''[[Il sorpasso]]'' (1962) - il regista mescola, con acuta sensibilità, comicità e serietà del soggetto, virando, in maniera inconsueta, in un finale drammatico e raggelante. L'istrionismo di Vittorio Gassman e la colonna sonora, con brani di [[Edoardo Vianello]] e [[Domenico Modugno]], fotografano perfettamente il quadro dell'epoca, facendo raggiungere al genere della commedia una piena maturità autoriale. Sempre per la regia di Dino Risi vanno menzionati il ''cult movie'' ''[[I mostri]]'' (1963) e ''[[Una vita difficile]]'' (1961), che porta sulle scene un intenso Alberto Sordi. Il film è un imponente documento artistico sull'Italia del [[dopoguerra]] e sulla nascente [[democrazia]], in un perfetto equilibrio tra la farsa e il dramma, tra ambizioni sociologiche e disillusione politica.<ref name="Merenghetti 3709">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3709}}.</ref> Altre opere da segnalare sono: ''[[Il vedovo]]'' (1959), ''[[Il mattatore]]'' (1960), ''[[Il giovedì]]'' (1964), ''[[L'ombrellone]]'' (1965), ''[[Straziami ma di baci saziami]]'' (1968), ''[[In nome del popolo italiano]]'' (1971) e la pellicola ''[[Profumo di donna]]'' (1974), pienamente sorretta dalla verve attoriale di Vittorio Gassman.
A partire dagli anni cinquanta si afferma l'attrice marchigiana [[Virna Lisi]] che inizialmente lavorerà in molte commedie del periodo per autori come [[Steno]], [[Mario Mattoli]] e [[Francesco Maselli]]. Dalla metà del decennio comincia a comparire in [[film d'autore|pellicole d'autore]], tra le quali si ricorda ''[[Signore & signori]]'' (1966) di [[Pietro Germi]], che si aggiudica la [[Palma d'oro]] a Cannes come miglior film. Tra gli altri premi ha ricevuto una [[Palma d'oro]] come migliore attrice (vinta nel [[1994]] per il film ''[[La regina Margot]]''), quattro [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e ben sei [[Nastri d'argento]].
[[File:Ettore Scola (1983).jpg|miniatura|destra|verticale|[[Ettore Scola]]]]
[[File:Delfini-Cardinale.png|sinistra|thumb|Sopra l'attrice [[Claudia Cardinale]]]]
Va messo in evidenza come spesso gli elementi costitutivi della commedia siano stati intrecciati ad arte con generi differenti, dando vita a pellicole decisamente inclassificabili. Nell'inaugurare tale tecnica, Il cineasta [[Luigi Comencini]] è stato senza dubbio uno degli autori di maggior rilievo. Dopo aver raggiunto la popolarità negli anni cinquanta con alcune commedie rosa (tra tutte la conosciuta ''[[Pane, amore e fantasia]]'', 1953), nel 1960 regala al cinema italiano l'opera bellica ''[[Tutti a casa]]''. Il lungometraggio, costantemente in bilico tra humour e dramma, ricostruisce i giorni seguenti l'[[armistizio di Cassibile]], contribuendo a spezzare il muro di silenzio calato sulla [[Resistenza italiana|Resistenza]], argomento fino allora ignorato da gran parte del cinema nazionale.<ref name="Merenghetti 3709" /> Tra le sue opere migliori si ricordano: ''[[A cavallo della tigre (film 1961)|A cavallo della tigre]]'' (1961), ''[[La ragazza di Bube (film)|La ragazza di Bube]]'' (1963), ''[[Lo scopone scientifico]]'' (1972), lo sceneggiato ''[[Le avventure di Pinocchio (miniserie televisiva)|Le avventure di Pinocchio]]'' (1972), ''[[Il gatto (film)|Il gatto]]'' (1978) e ''[[L'ingorgo]]'' (1979), in cui si fondono generi e stili differenti.
Nei primi [[anni 1960|anni sessanta]] fa la sua comparsa [[Claudia Cardinale]], scoperta e lanciata alla fine degli anni cinquanta da [[Mario Monicelli]] che la scrittura per una piccola parte nel film del 1958 ''[[I soliti ignoti]]''. La sua «bellezza in pari tempo solare e notturna, delicata e incisiva, enigmatica e inquietante»<ref>Gian Piero Brunetta, ''Storia del cinema italiano. Volume quarto: Dal miracolo economico agli anni novanta 1960-1993'', pag.160</ref> è stata utilizzata e valorizzata dai maggiori autori dell'epoca. Si ricordano in particolare le sue interpretazioni per [[Luchino Visconti|Visconti]] (''[[Il Gattopardo (film)|Il Gattopardo]]'', ''[[Vaghe stelle dell'Orsa]]''), [[Federico Fellini|Fellini]] (''[[8½]]''), [[Mauro Bolognini|Bolognini]] (''[[Il bell'Antonio (film)|Il bell'Antonio]]'', ''[[La viaccia]]'', ''[[Senilità (film)|Senilità]]''), [[Valerio Zurlini|Zurlini]] (''[[La ragazza con la valigia]]''), [[Luigi Comencini|Comencini]] (''[[La ragazza di Bube (film)|La ragazza di Bube]]''), [[Sergio Leone]] (''[[C'era una volta il West]]''), [[Luigi Zampa]] (''[[Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata]]''), [[Luigi Magni]] (''[[Nell'anno del Signore]]'') e [[Damiano Damiani]] (''[[Il giorno della civetta (film)|Il giorno della civetta]]''). Tra i suoi numerosi riconoscimenti si ricordano Il [[Leone d'oro alla carriera]] (1993), l'[[Orso d'Oro alla carriera]] (2002) e Il pardo d'onore al [[Festival di Locarno]], ricevuto nell'agosto del 2011.
[[File:C'eravamo tanto amati, film.jpg|miniatura|sinistra|verticale| [[Vittorio Gassman]], [[Nino Manfredi]] e [[Stefano Satta Flores]] nel film ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'' (1974), per la regia di [[Ettore Scola]]]]
Altra figura di primo piano per lo sviluppo e l'imposizione della [[commedia all'italiana]] è il regista [[Pietro Germi]]. Dopo essersi cimentato in opere a evidente contenuto civile, in qualche modo riconducibili entro i canoni del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]], nell'ultima fase della sua carriera ha diretto pellicole inseribili entro il raggio della commedia,<ref>Un filone cinematografico che prese il nome dal film di Germi ''Divorzio all'italiana'' (In Gianfranco Cercone, ''Enciclopedia del cinema'', ed. Treccani, 2004)</ref>
dove accanto agli abituali toni umoristici sopravvivono componenti di critica sui costumi della media borghesia.<ref>I suoi primi film sono «caratterizzati dall'intransigenza morale, l'idealismo civile, l'intervento sociale che saldavano il cinema con l'orientamento politico e l'etica dominante più di quanto riuscisse a fare in media il neorealismo puro.» (In Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Dalai editore, 1997, p.55)</ref> Il già citato ''[[Divorzio all'italiana]]'' apre a Germi le porte del successo che si concretizzerà con ''[[Sedotta e abbandonata]]'' (1964) e con il limpido e caustico ''[[Signore & signori]]'' (1965). Il film (satira sull'ipocrisia borghese di una cittadina dell'alto [[Veneto]]), vince la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]] ex aequo con ''[[Un uomo, una donna]]'' (1966), di [[Claude Lelouch]].
L'ultimo protagonista della grande stagione della commedia è il regista romano [[Ettore Scola]]. Per tutti gli anni cinquanta veste i panni dello sceneggiatore, per poi esordire alla regia nel 1964 con il film ''[[Se permettete parliamo di donne]]''. Nel 1974 dà alla luce il suo film più noto, ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'', che ripercorre trent'anni di storia italiana attraverso le vicende di tre amici: l'avvocato Gianni Perego ([[Vittorio Gassman]]), il portantino Antonio ([[Nino Manfredi]]) e l'intellettuale Nicola ([[Stefano Satta Flores]]. Altre importanti pellicole sono: ''[[Brutti, sporchi e cattivi]]'' (1976) - trainata da [[Nino Manfredi]] - e ''[[Una giornata particolare]]'' (1977), dove [[Sophia Loren]] e [[Marcello Mastroianni]] si producono in una delle loro interpretazioni più alte e struggenti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1423}}.</ref>
[[File:Deserto rosso (1964).jpg|thumb|destra| Nella foto l'attrice [[Monica Vitti]]]]
In egual misura si impone come nuova figura femminile l'attrice romana [[Monica Vitti]]. Musa per antonomasia del cinema esistenziale di Antonioni, ha ricoperto più volte ruoli comici e farseschi, spesso in coppia con i vari protagonisti della commedia all'italiana. L'opera che avvia la sua stagione di brillante interprete di commedie è la pellicola ''[[La ragazza con la pistola]]'', uscita nelle sale nel 1968 per la regia di [[Mario Monicelli]]. Tra i molti riconoscimenti ha ricevuto ben nove [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e un premio [[BAFTA]]. Nel 1995 riceve al [[Festival di Venezia]] il [[Leone d'oro alla carriera]]. L'ultima figura di rilievo venuta alla luce negli anni sessanta è l'attrice [[Stefania Sandrelli]]. Entra nel mondo del cinema a soli quindici anni nel film di [[Mario Sequi]] ''Gioventù di notte'' (1961), e si afferma accanto a [[Ugo Tognazzi]] nel film ''[[Il federale]]'' (1961), diretto da [[Luciano Salce]]. Sarà [[Pietro Germi]] a donarle la definitiva notorietà con due capolavori della commedia quali ''[[Divorzio all'italiana]]'' (1961), con [[Marcello Mastroianni]], e ''[[Sedotta e abbandonata]]'' (1964), per poi tornarla a dirigere nel 1972 nel film ''[[Alfredo Alfredo]]'', dove l'attrice recita al fianco dell'interprete americano [[Dustin Hoffman]]. Nel 1965 è la protagonista del film di [[Antonio Pietrangeli]] ''[[Io la conoscevo bene]]''. In seguito lavora con alcuni dei massimi registi italiani come [[Bernardo Bertolucci]], [[Luigi Comencini]], [[Mario Monicelli]] ed [[Ettore Scola]]. Nel 2005 le viene assegnato il [[Leone d'oro alla carriera]].
[[File:LaAlberto poliziottaSordi Il vigile.JPGjpg|miniatura|sinistradestra|verticale| [[MariangelaAlberto MelatoSordi]] nelin filmuna scena de ''[[LaIl poliziottavigile]]'' (1960) di [[StenoLuigi Zampa]], (1974)manifesto dell'[[Italia]] degli anni sessanta]]
Nel 1980 il regista tira le somme della [[commedia all'italiana]] nel [[pamphlet]] generazionale de ''[[La terrazza]]'', che descrive con grande efficacia l'amaro bilancio esistenziale di un gruppo di intellettuali di sinistra. La pellicola, secondo gran parte della critica, è una delle ultime opere ancora ascrivibile alla tradizione "alta" della commedia.<ref>Enrico Giacovelli: "''La commedia all'italiana - La storia, i luoghi, gli autori, gli attori, i film''", pagg. 11-12. Gremese Editore, Roma 1990</ref>
Negli [[anni 1970|anni settanta]] si fanno conoscere [[Mariangela Melato]] (raffinata interprete di commedie e pièce teatrali) e la giovanissima [[Ornella Muti]]. La Melato, dopo l'esordio cinematografico in ''[[Thomas e gli indemoniati]]'' ([[1970]]) di [[Pupi Avati]], diviene per tutti gli anni settanta una delle figure femminili più richieste dal cinema italiano, continuando in parallelo una costante attività teatrale. In oltre quarant'anni di carriera ha ricevuto otto [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e cinque [[nastri d'argento]]. Non bisogna tralasciare le numerose performance di molte caratteriste e attrici teatrali che hanno partecipato a moltissime commedie ottenendo fama e popolarità ragguardevoli. Tra le tante si ricordano: [[Tina Pica]], [[Franca Valeri]], [[Ave Ninchi]], [[Marisa Merlini]], [[Bice Valori]] e [[Piera Degli Esposti]]. Altra figura da ricordare è l'attrice emiliana [[Laura Betti]]. Interprete dotata di ampia personalità e di una voce caratterizzata da un timbro roco, è nota al pubblico per il sodalizio umano e artistico con il poeta, scrittore e regista [[Pier Paolo Pasolini]]. Tra gli anni sessanta e settanta viene diretta da alcuni dei massimi registi italiani vincendo nel 1968 la [[Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile|Coppa Volpi]] per il film ''[[Teorema (film)|Teorema]]'', uscito nello stesso anno.
Un posto a parte occupa [[Antonio Pietrangeli]], che in quasi tutti i suoi film si è occupato di psicologia femminile, delineando con spiccata sensibilità ritratti di donne infelici e tormentate: da ''[[Adua e le compagne]]'' (1960) a ''[[La visita (film 1963)|La visita]]'' (1963), da ''[[La parmigiana]]'' (1963) a ''[[Io la conoscevo bene]]'' (1965), considerato il suo capolavoro.
[[File:Cabiria.png|thumb|destra|[[Giulietta Masina]] nel film ''[[Le notti di Cabiria]]'']]
Altre opere significative sono i sempre attuali ''[[Il vigile]]'' (1960) e ''[[Il medico della mutua]]'' (1968), di [[Luigi Zampa]], ''[[Crimen (film)|Crimen]]'' (1961), di [[Mario Camerini]], ''[[Leoni al sole]]'' (1961), di [[Vittorio Caprioli]], ''[[Il diavolo (film 1963)|Il diavolo]]'' (1963), di [[Gian Luigi Polidoro]], nonché alcune commedie di [[Vittorio De Sica]], come ''[[Il boom]]'' (1963), ''[[Ieri, oggi, domani (film 1963)|Ieri, oggi, domani]]'' (1963) e ''[[Matrimonio all'italiana]]'' (1964).
Inoltre, si sottolinea l'indiscussa importanza avuta nell'ambito del cinema italiano dell'attrice [[Giulietta Masina]], collaboratrice e compagna di vita del regista [[Federico Fellini]]. Sin dai primi anni quaranta partecipa a numerosi spettacoli di prosa, danza e musica nell'ambito del teatro universitario di Roma. Esordisce sul grande schermo nel [[1948]] in un [[film]] diretto da [[Alberto Lattuada]], ''[[Senza pietà (film 1948)|Senza pietà]]'', per poi essere diretta da molti registi di fama come [[Renato Castellani]], [[Carlo Lizzani]] e [[Giuseppe Amato]]. Insieme al marito [[Federico Fellini]] raggiunge notorietà internazionale nel film ''[[La strada]]'' ([[1954]]), dove interpreta accanto ad [[Anthony Quinn]] il commovente ruolo della girovaga e saltimbanco Gelsomina. Dopo il successivo ''[[Il bidone]]'' ([[1955]]), con [[Broderick Crawford]], nel [[1957]] giunge all'apice della fama nel ruolo di protagonista del film ''[[Le notti di Cabiria]]'', ancora diretto da Fellini. Il lungometraggio (Oscar come miglior film straniero nel 1957) regalerà all'attrice emiliana la [[Palma d'oro]] come migliore interprete femminile al [[Festival di Cannes]], nonché una [[Concha de Plata alla migliore attrice]] al [[Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián]]. Fellini la dirigerà ancora nel suo primo film a colori, ''[[Giulietta degli spiriti]]'' (1965) e, vent'anni più tardi, nel malinconico ''[[Ginger e Fred]]'' (1985), assieme all'altro attore feticcio del cineasta riminese [[Marcello Mastroianni]].
[[File:Festival Cinema Roma 2010 005.JPG|sinistra|thumb|upright|[[Margherita Buy]]]]
Tra gli anni novanta e duemila si afferma una nuova schiera di attrici che in breve tempo ha conquistato stima e seguito come [[Laura Morante]], [[Valeria Golino]], [[Francesca Neri]], [[Anna Bonaiuto]], [[Valeria Bruni Tedeschi]] e [[Monica Bellucci]]. Quest'ultima, ha conosciuto una notevole fama oltre i confini nazionali, lavorando in molte produzioni francesi e hollywoodiane. Nel medesimo lasso di tempo riceve notorietà l'attrice [[Margherita Buy]]. Maturata una lunga esperienza teatrale, debutta al cinema nel [[1986]] con ''[[La seconda notte]]'' di [[Nino Bizzarri]] e subito vince il [[Globo d'oro alla miglior attrice rivelazione]], assegnatole dalla Stampa Estera. Dall'inizio degli anni novanta lavora con alcuni dei migliori registi italiani come [[Mario Monicelli]], [[Nanni Moretti]], [[Paolo Virzì]] e [[Gabriele Salvatores]]. Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi premi, tra cui sei [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], sei [[Nastri d'Argento]], un [[Premio Pasinetti]] a [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Venezia]], una [[Concha de Plata alla migliore attrice|Concha de Plata]] a [[Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián|San Sebastián]] e un Premio alla migliore attrice a [[Moscow International Film Festival|Mosca]].
[[File:Magnifico-Tognazzi.png|miniatura|sinistra|[[Ugo Tognazzi]] nel film ''[[Il magnifico cornuto]]'' (1964), di [[Antonio Pietrangeli]]]]
==Gli attori italiani==
Tra gli anni sessanta e settanta conosce notorietà il cinema di [[Luciano Salce]], autore di molteplici commedie dal sicuro incasso al botteghino. Oltre al ciclo comico dei film basati sulle avventure del ragionier [[Ugo Fantozzi|Fantozzi]], si ricordano ''[[Il federale]]'' (1961), ''[[La voglia matta]]'' (1962), ''[[Le ore dell'amore]]'' (1963) e ''[[L'anatra all'arancia]]'' (1975), tutti arricchiti dall'estro recitativo di [[Ugo Tognazzi]]. Da non dimenticare il film di [[Franco Brusati]], ''[[Pane e cioccolata]]'' (1973), che rivisita con mordace intelligenza le varie problematiche dell'immigrazione italiana, in questo aiutato dall'incisiva interpretazione di [[Nino Manfredi]]. Lo stesso Brusati dirige ''[[Dimenticare Venezia]]'' (1979).
[[File:Aldo Fabrizi.jpg|miniatura|destra|upright|[[Aldo Fabrizi]]]]
In ambito maschile diventano celebri sul grande schermo, a partire dagli anni trenta, il futuro regista [[Vittorio De Sica]], [[Amedeo Nazzari]] e [[Gino Cervi]]. Quest'ultimo, cresciuto in una famiglia di forti inclinazioni culturali, conosce i primi consensi sui vari palcoscenici teatrali, dimostrandosi un valido interprete di numerose piecé di [[Carlo Goldoni]] e [[William Shakespeare]]. A farne uno dei nomi più importanti sul grande schermo è [[Alessandro Blasetti]] che lo rende protagonista di una fortunata serie di film, tra i quali ''[[Ettore Fieramosca (film 1938)|Ettore Fieramosca]]'' (1938), ''[[Un'avventura di Salvator Rosa]]'' (1939) e ''[[La corona di ferro]]'' (1941). Negli [[anni 1950|anni cinquanta]] conosce un grande successo con l'interpretazione del celebre personaggio di [[Peppone]] nel film ''[[Don Camillo]]'' (1952), tratto dai racconti letterari di [[Giovanni Guareschi]].
Sempre in questo ambito, si menziona il lavoro svolto dalla regista italo-svizzera [[Lina Wertmüller]], che assieme alla rodata coppia di attori [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]] ha dato vita, nella prima metà degli anni settanta, a pellicole di successo tra le quali si evidenziano: ''[[Mimì metallurgico ferito nell'onore]]'' (1972), ''[[Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..."]]'' (1973) e ''[[Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto]]'' (1974). Due anni più tardi, con ''[[Pasqualino Settebellezze]]'' (1976) ottiene quattro nomination agli [[Premio Oscar|Oscar]], risultando la prima donna in assoluto a ricevere una candidatura come miglior regista.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2015/09/21/news/wertmuller-123217477/|titolo=Lina Wertmuller: "Agli Oscar credo poco, preferisco pensare al nuovo film"|sito=La repubblica.it|accesso=21 febbraio 2017}}</ref>
Negli anni quaranta emerge la figura popolare e istrionica di [[Aldo Fabrizi]]. Attore estremamente versatile ed espressivo, nel corso della sua lunga carriera ha avuto modo di misurarsi in ruoli comici e drammatici, ottenendo costantemente un largo e duraturo successo. Valga su tutto il seguito teatrale avuto negli anni sessanta con la commedia musicale ''[[Rugantino (commedia musicale)|Rugantino]]'', approdata finanche a [[Broadway]] e registrando sempre il tutto esaurito. Al cinema fa il suo esordio nel film diretto da [[Mario Bonnard]] ''[[Avanti c'è posto]]'' (1942), a cui seguono ''[[Campo de' fiori (film)|Campo de' fiori]]'' e ''[[L'ultima carrozzella]]'' (1943), quest'ultimo diretto da [[Mario Mattoli]]. Viene ricordato, soprattutto, per l'intenso ruolo del parroco Don Pietro nel capolavoro neorealista ''[[Roma città aperta]]''. Riceve due nastri d'argento come miglior interprete nelle pellicole ''[[Prima comunione (film)|Prima comunione]]'' (1950) e ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'' (1974), rispettivamente di [[Alessandro Blasetti]] e [[Ettore Scola]]. Non di secondaria importanza, sono stati i lungometraggi interpretati assieme al comico [[Totò]] che ne hanno accresciuto ulteriormente la fama e il consenso. Tra le molte pellicole si ricordano: ''[[Guardie e ladri]]'' (1951), ''[[Accadde al penitenziario]]'' (1955) e ''[[I tartassati]]'', del 1959.
Di rilievo è il prodotto artistico di [[Sergio Citti]], che sulla falsariga di certo cinema pasoliniano dirige commedie bizzarre e surreali, raggiungendo risultati convincenti in più di una pellicola tra le quali si menzionano: ''[[Ostia (film)|Ostia]]'' (1970), ''[[Casotto (film)|Casotto]]'' (1977) e ''[[Il minestrone]]'' (1981).
[[File:Il boom.jpg|sinistra|thumb|L'attore [[Alberto Sordi]]]]
Vi è infine da ricordare che, nell'arco di oltre un ventennio, sono stati numerosissimi i registi che hanno partecipato e contribuito allo sviluppo della commedia. Tra questi meritano di essere citati [[Nanny Loy]] - per il film ''[[Le quattro giornate di Napoli]]'' (1962) - [[Steno]] - nella riuscita ''[[pochade]]'' ''[[Febbre da cavallo]]'' (1976) - [[Sergio Corbucci]], [[Salvatore Samperi]], [[Gianni Puccini]] e [[Marcello Fondato]]. Si riportano ancora: [[Pasquale Festa Campanile]], [[Luigi Filippo D'Amico]], [[Tonino Cervi]], [[Flavio Mogherini]], [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]] e [[Luigi Magni]], che nella sua esigua ma significativa produzione ha delineato commedie ambientate nella [[Roma]] [[papa]]lina in epoca [[Risorgimento|risorgimentale]] che hanno visto spesso come attore protagonista [[Nino Manfredi]].<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 71.</ref>
A partire dagli anni cinquanta ottengono fama oltre i confini nazionali [[Alberto Sordi]], [[Vittorio Gassman]] e [[Marcello Mastroianni]].
L'attore romano [[Alberto Sordi]], in oltre cinquant'anni di attività, ha messo a servizio della settima arte un numero cospicuo di interpretazioni, tutte volte a incarnare vizi e virtù del popolo italiano, spesso in commedie autoriali di grande levatura. Inizia la propria attività nel mondo della radio, divenendo per molti anni la voce italiana del celebre comico inglese [[Oliver Hardy]]. Durante gli anni cinquanta vive una felice collaborazione artistica con [[Federico Fellini]] nei rispettivi film ''[[Lo sceicco bianco]]'' e ''[[I Vitelloni]]'', dando contemporaneamente prova di grande versatilità comica nel popolare film di [[Steno]] ''[[Un americano a Roma]]''. A partire dal film ''[[La grande guerra]]'', di [[Mario Monicelli]], diverrà uno dei protagonisti indiscussi della [[Commedia all'italiana]], iniziando parallelamente l'attività di regista a partire dal 1966 con il film ''[[Fumo di Londra (film)|Fumo di Londra]]''. Oltre ad aver conseguito ben dieci [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], in campo internazionale è stato insignito, nel 1972, dell'[[Orso d'Argento per il miglior attore]] al [[Festival di Berlino]], nonché, nel 1995, del [[Leone d'oro alla carriera]].
[[File:Riso Amaro 1949 vittorio gassman.JPG|destra|thumb|Un giovane [[Vittorio Gassman]]]]
L'attore ligure [[Vittorio Gassman]] vivrà assieme a Sordi il grande periodo aureo della commedia sfruttando in molte interpretazioni la propria verve istrionica maturata sui palcoscenici teatrali. Attore di formazione drammatica scoprirà la propria vena di interprete a tutto tondo grazie a [[Mario Monicelli]], che scritturerà l'artista nel film ''[[I soliti ignoti]]'', evidenziandone le doti comiche e farsesche. Con il regista [[Dino Risi]] ha dato vita a una duratura collaborazione artistica che ha portato alla produzione di moltissime commedie, tra le quali si ricordano ''[[Il sorpasso]]'', ''[[I mostri]]'' e ''[[Profumo di donna]]'', con il quale si aggiudica la [[Palma d'oro]] per la miglior interpretazione maschile nel 1975. Anch'egli vincitore di dieci [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], ha ricevuto nel 1996 il prestigioso [[Leone d'oro alla carriera]].
== Il cinema comico ==
[[Marcello Mastroianni]] diviene, a cavallo degli anni sessanta e settanta, l'attore italiano più conosciuto e acclamato all'estero; merito dell'indiscussa fama acquisita con i capolavori di Fellini ''[[La dolce vita]]'' e ''[[8½]]''. Attore polivalente e versatile ha spaziato in molti generi cinematografici, lavorando con i massimi registi italiani del tempo. Ha, inoltre, collaborato con molti registi internazionali come [[Roman Polanski]], [[Manoel de Oliveira]], [[Theo Angelopoulos]], [[Louis Malle]] e [[Robert Altman]]. Assieme a [[Sophia Loren]] ha costituito una delle coppie cinematografiche più conosciute e apprezzate, soprattutto grazie ai vari lungometraggi diretti da [[Vittorio De Sica]]. Tra i suoi maggiori riconoscimenti cinematografici vanta sette [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], due [[Premi BAFTA]] (1963 e 1964) e ben due Palme d'oro per la migliore interpretazione maschile al [[Festival di Cannes]] (1970 e 1987). Inoltre, è stato il primo attore italiano a conseguire nel 1990 il [[Leone d'oro alla carriera]].
[[File:Bellantonio-1960Antonio De Curtis -Mastroianni Totò.pngjpg|225px|thumbminiatura|sinistra|Sopra verticale|[[Marcello MastroianniTotò]], al secolo Antonio De Curtis]]
Il luogo ideale dove il genere comico trova ampia affermazione è senz'altro il [[teatro]] dove, tra gli anni trenta e quaranta, si sviluppano numerose scuole di avanspettacolo che vedono tra le proprie file attori comici di prim'ordine come [[Carlo Dapporto]], [[Gilberto Govi]], [[Ettore Petrolini]], [[Erminio Macario]], [[Nino Taranto]], [[Renato Rascel]], [[Walter Chiari]], [[Carlo Campanini]] e Antonio De Curtis, in arte [[Totò]].<ref name = "gp" /> Proprio a quest'ultimo si deve il merito di aver spostato e integrato tale prodotto artistico dal palcoscenico alla celluloide. Ideatore di un'autentica maschera nel solco della tradizione della [[commedia dell'arte]], Totò ha spaziato dal teatro (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla televisione (con 9 telefilm e vari passaggi pubblicitari). I suoi film riscuotono ancora oggi molto successo, e talune sue battute sono diventate perifrasi entrate nel linguaggio comune.<ref name="Maltin" >{{cita|Maltin, 2007|p. 2051}}.</ref>
Altra figura chiave tra gli attori italiani del tempo è senz'altro [[Ugo Tognazzi]]. Attivo nel mondo dell'industria cinematografica fin dagli anni cinquanta è divenuto popolare grazie alle sue innati doti comiche nel programma televisivo ''[[Un due tre]]''. Dall'inizio degli anni sessanta è protagonista di numerose commedie che lo impongono come uno dei massimi interpreti del cinema italiano. Il cineasta che più di tutti mette in evidenza le sue capacità attoriali è [[Marco Ferreri]], che scritturerà l'artista come protagonista di film grotteschi e sferzanti come ''[[Una storia moderna: l'ape regina]]'', del 1963 e ''[[La donna scimmia]]'', del 1964. La collaborazione tra i due artisti avrà luogo anche nel decennio successivo: basti pensare ai film ''[[L'udienza]]'', ''[[Non toccare la donna bianca]]'' e in particolar modo ''[[La grande abbuffata]]''. Nel 1981 vince il premio per la miglior interpretazione maschile al [[Festival di Cannes]] per il film ''[[La tragedia di un uomo ridicolo]]'', diretto dal regista emiliano [[Bernardo Bertolucci]].
Tra i suoi innumerevoli lungometraggi si evidenziano: ''[[Fifa e arena]]'' (1948), ''[[I pompieri di Viggiù]]'' (1949), ''[[Totò cerca casa]]'' (1949), ''[[L'imperatore di Capri]]'' (1949), ''[[Totò le Mokò]]'' (1949), ''[[Un turco napoletano]]'' (1953), ''[[Miseria e nobiltà (film 1954)|Miseria e nobiltà]]'' (1954), ''[[Signori si nasce]]'' (1960) e ''[[Totò a colori]]'' (1952), primo film italiano in Ferrania-color, dove il comico sfoggia prestazioni mimiche tra le più alte. Non sono da trascurare i fruttiferi sodalizi con [[Aldo Fabrizi]] e con il grande attore di teatro [[Peppino De Filippo]], con il quale ha ideato numerose pellicole di sicura presa sul pubblico. A tal proposito si menzionano: ''[[La banda degli onesti]]'' (1956), ''[[Arrangiatevi!]]'' (1959), ''[[Totò, Peppino e... la dolce vita]]'' (1961) e la celebre ''[[Totò, Peppino e la... malafemmina]]'' (1956), per la regia di [[Camillo Mastrocinque]].
[[File:Magnifico-Tognazzi.png|miniatura|destra|Sopra l'attore [[Ugo Tognazzi]]]]
Ultimo protagonista del cinema italiano degli anni sessanta e settanta è stato l'attore ciociaro [[Nino Manfredi]] che ha sempre saputo svariare tra cinema, teatro e televisione, risultando un interprete poliedrico e incisivo. Nel corso della sua lunga carriera ha alternato ruoli comici e drammatici con notevole efficacia, ottenendo svariati riconoscimenti come il Premio per la migliore opera prima al [[Festival di Cannes]] per il film da lui stesso interpretato e diretto ''[[Per grazia ricevuta (film)|Per grazia ricevuta]]''. In ambito nazionale ha ricevuto svariati nastri d'argento e ben nove [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]]. L'attore che più di tutti ha unito le proprie capacità attoriali ad un esplicito impegno civile è sicuramente [[Gian Maria Volontè]]. Occasionale interprete di commedie è ricordato per la presenza magnetica e la recitazione matura, non priva di accenti aggressivi e istrionici. Ha raggiunto la fama internazionale ricoprendo il ruolo del "cattivo" negli [[spaghetti western]] di [[Sergio Leone]], per poi divenire dalla fine degli anni sessanta un attore-simbolo del cinema sociale e politico, in particolar modo sotto la regia di [[Francesco Rosi]] ed [[Elio Petri]]. Ha collaborato con molti registi di calibro internazionale come [[Jean-Pierre Melville]] e [[Jean Luc Godard]]. Tra i suoi molteplici premi vale la pena ricordare la Palma d'oro a Cannes come miglior attore nel 1983, l'[[Orso d'Argento per il miglior attore]] nel 1987, il [[Pardo d'onore]] al [[Festival di Locarno]] e il [[Leone d'oro alla carriera]], rispettivamente nel 1990 e nel 1991.
[[File:Fantozzi 1.jpg|destra|miniatura|[[Paolo Villaggio]] nelle vesti del ragionier [[Ugo Fantozzi]]]]
[[File:Manfredi, Audacecolpodeisolitiignoti.jpg|thumb|upright|sinistra|[[Nino Manfredi]]]]
Tra le altre spalle dell'artista si segnalano [[Carlo Croccolo]], [[Mario Castellani]] e attrici di notevole valore come [[Tina Pica]], [[Franca Valeri]], [[Ave Ninchi]], [[Isa Barzizza]], [[Pupella Maggio]] e [[Marisa Merlini]]. Oltre ad aver rappresentato per più di un ventennio l'attore comico per antonomasia, Totò si è cimentato in altre pellicole rientranti più esplicitamente nel filone della [[commedia all'italiana]], finanche nel [[cinema d'autore]] (in particolar modo negli anni sessanta).<ref name="Ultimo incontro" >{{Cita web|url=http://www.antoniodecurtis.org/lultimo_incontro.htm|titolo=Totò biografia - L'ultimo incontro|editore=antoniodecurtis.org|accesso=10 ottobre 2013}}</ref>
A contorno, tra gli anni cinquanta, sessanta e settanta si impongono tutta una serie di attori che hanno contribuito con efficacia a numerose pellicole sia autoriali che disimpegnate. Tra i molti si possono citare [[Romolo Valli]], [[Tiberio Murgia]], [[Leopoldo Trieste]], [[Gabriele Ferzetti]], [[Renato Salvatori]], [[Paolo Stoppa]], [[Franco Fabrizi]], [[Vittorio Caprioli]] ed [[Enrico Maria Salerno]]. In tempi più recenti si menzionano [[Michele Placido]], [[Sergio Rubini]], [[Silvio Orlando]], [[Sergio Castellitto]], [[Alessandro Haber]] e [[Fabrizio Bentivoglio]]. Sul grande schermo hanno poi prestato la propria mimica attori provenienti dal teatro e la televisione come [[Walter Chiari]] e [[Gigi Proietti]], ottenendo consensi e richiamo. Da non tacitare, poi, i vari caratteristi che a partire dagli anni cinquanta e sessanta hanno partecipato a moltissime commedie sbozzando un ingente quantità di figure incisive. Tra i tanti si ricordano: [[Mario Carotenuto]], [[Folco Lulli]], [[Carlo Pisacane]], [[Carlo Campanini]], [[Riccardo Garrone]] e [[Carlo Croccolo]]. Da non trascurare, naturalmente, le tante incursioni cinematografiche del celebre commediografo [[Eduardo De Filippo]], che fin dagli anni trenta ha partecipato a numerose commedie dirette da specialisti come [[Mario Mattoli]] e [[Vittorio De Sica]]. Tra i film da lui stesso diretti e interpretati si riportano: ''[[Napoletani a Milano]]'' e le trasposizioni delle opere teatrali ''[[Napoli milionaria (film)|Napoli milionaria]]'' (1950) e ''[[Filumena Marturano (film)|Filumena Marturano]]'' (1951).
Analogo discorso avviene nei successivi anni settanta con l'emergere di una nuova personalità comica facente capo all'autore, attore e scrittore [[Paolo Villaggio]]. Dopo aver debuttato nel programma televisivo ''[[Quelli della domenica]]'' presentando personaggi dalla mimica grottesca ed inedita, fa esordire sul grande schermo la celebre maschera di [[Ugo Fantozzi|Fantozzi]], creata dallo stesso artista alla fine degli anni sessanta e pubblicata con notevole richiamo nell'omonimo libro, uscito per la ''[[Rizzoli]]'' nel 1971. Il capostipite ''[[Fantozzi (film)|Fantozzi]]'' (1975), diretto da [[Luciano Salce]] e campione di incassi nella stagione 1974 - 1975, ha dato vita a una saga di ampio e duraturo successo, che si è protratta con altre nove pellicole fino alla fine degli anni novanta.
[[File:Giancarlo Giannini 1989.jpg|thumb|destra| upright|[[Giancarlo Giannini]]]]
Nei primi anni settanta si afferma l'estro di [[Giancarlo Giannini]] che conoscerà fama internazionale con il film ''[[Pasqualino Settebellezze]]'', per la regia di [[Lina Wertmuller]]. L'opera conoscerà un ampio successo negli [[Stati Uniti]], tanto da concorrere all'[[Premio Oscar|Oscar]] quale miglior film straniero, miglior regista, miglior sceneggiatura originale e miglior attore, senza però vincere nessuna statuetta. Attore poliedrico ha spaziato dalla commedia al cinema di impegno sociale collaborando con molti cineasti di fama nazionale e internazionale. Tra i suoi riconoscimenti conta sei [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e il premio come miglior attore al [[Festival di Cannes]] nel 1973, per il lungometraggio ''[[Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..."]]''. Si ricorda, inoltre, la sua efficace attività di doppiatore soprattutto per interpreti statunitensi di fama mondiale come [[Al Pacino]] e [[Jack Nicholson]].
Accanto all'artista hanno poi recitato svariati attori divenuti fin da subito molto popolari tra i quali si ricordano: [[Milena Vukotic]], [[Anna Mazzamauro]], [[Liù Bosisio]], [[Plinio Fernando]] e soprattutto [[Gigi Reder]], il quale ha composto con Villaggio un fortunato sodalizio riscontrabile in oltre quattordici pellicole. Allo stesso modo di [[Totò]] anche Villaggio ha effettuato incursioni nella commedia, così come nel cinema d'autore continuando in parallelo la principale attività di attore comico e scrittore satirico. Se si esclude l'[[Premio Oscar|Oscar]] a [[Roberto Benigni]] (il quale è sia interprete che regista), entrambi gli artisti sono gli unici attori comici in Italia ad aver vantato riconoscimenti di grande prestigio internazionale. Totò ha infatti ricevuto due menzioni speciali al [[Festival di Cannes]], per le prove nei film ''[[Guardie e ladri (film)|Guardie e ladri]]'' (1951) e ''[[Uccellacci e uccellini]]'' (1966)<ref name="Ultimo incontro" />; a Villaggio sono andati rispettivamente il [[Leone d'oro alla carriera]] (1992) e il [[Pardo d'onore]] al [[Festival di Locarno]] (2000).<ref>{{Cita web|url=https://www.comingsoon.it/personaggi/paolo-villaggio/107882/biografia/|titolo=Paolo Villaggio - Biografia Coming soon|accesso=10 novembre 2015}}</ref>
[[File:Toni Servillo (2008).jpg|miniatura|sinistra|upright|L'attore [[Toni Servillo]]]]
[[File:Un americano a Roma - maccheroni.jpg|miniatura|verticale|[[Alberto Sordi]] nel film ''[[Un americano a Roma]]'' (1954), per la regia di [[Steno]]]]
A partire dagli [[anni 1980|anni ottanta]] e per tutti gli [[anni 1990|anni novanta]] il nostro cinema non è stato più capace di lanciare nuovi attori che si siano distinti anche fuori dall'Italia per via della crisi dell'industria cinematografica che non consentiva più una facile distribuzione dei film nostrani all'estero. L'unica eccezione si è avuta per l'attore e regista [[Roberto Benigni]] (vincitore nel [[1999]] del [[Oscar al miglior attore|premio Oscar come miglior attore]], per il film ''[[La vita è bella (film 1997)|La vita è bella]]'') e [[Massimo Troisi]] (candidato all'Oscar postumo nel 1996 per il film ''[[Il postino]]''); quest'ultimo si è distinto, fin dai primi sketch televisivi, come l'esponente di punta di una nuova comicità napoletana (portata alla ribalta dal gruppo teatrale ''[[La Smorfia (cabaret)|La Smorfia]]'').
[[File:Ciccio e Franco Fine.jpg|sinistra|miniatura|verticale|Il duo comico composto da [[Franco Franchi]] e [[Ciccio Ingrassia]]]]
Allo stesso modo l'attore toscano si è rivelato, fin da subito, come uno dei comici più dissacranti e originali di tutto il cinema italiano. Esordisce in televisione verso la fine degli anni settanta, divenendo a partire dagli anni ottanta autore e interprete di commedie di grande successo. Oltre a essere l'unico attore italiano maschile a vantare un premio Oscar come migliore attore, ha altresì conseguito sei [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e il [[Grand Prix Speciale della Giuria]] a Cannes, sempre per il film ''[[La vita è bella (film 1997)|La vita è bella]]''.
Va anche evidenziato il grande consenso popolare avuto negli anni cinquanta da [[Alberto Sordi]], che prima di intraprendere la strada di attore a tutto tondo ha mostrato indiscusse doti comiche nei rispettivi film ''[[Un giorno in pretura (film)|Un giorno in pretura]]'' (1953) e ''[[Un americano a Roma]]'' (1954), entrambi diretti da [[Steno]]. Non è da tralasciare la popolarità del duo comico composto da [[Franco Franchi]] e [[Ciccio Ingrassia]], che per tutti gli anni sessanta ha inanellato una serie di lungometraggi a stampo parodistico (i più diretti da [[Giorgio Simonelli]]), proponendo situazioni e gag derivanti dall'avanspettacolo e dal teatro di strada. Si segnalano, ancora, le numerose partecipazioni della coppia a molti film autoriali, mettendo la propria arte al servizio di registi quali [[Pier Paolo Pasolini]], [[Vittorio De Sica]] e i [[Fratelli Taviani]]. Lo stesso Ingrassia lavorerà singolarmente per cineasti come [[Elio Petri]] e [[Federico Fellini]].<ref>Franco Cicero. ''Addio a Ciccio Ingrassia, dieci anni dopo Franco Franchi''. «Gazzetta del Sud», 29 aprile 2003, 13.</ref>.
Una ritrovata linfa nel contesto di tale forma artistica viene alla luce all'inizio degli anni ottanta con la comparsa di una nuova generazione di attori e registi che avrebbe, seppur con tematiche sociali differenti, continuato il percorso già tracciato dalla commedia all'italiana. Attori comici quali [[Roberto Benigni]], [[Carlo Verdone]], [[Massimo Troisi]], [[Francesco Nuti]] e [[Maurizio Nichetti]] hanno proposto in maniera coeva un nuovo modo di fare comicità, passando con disinvoltura dallo [[sketch]] televisivo al cinema, presentando pellicole quasi sempre dirette e interpretate da se medesimi.<ref name = "nc" >Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 122.</ref>
Solo recentemente con la ripresa dell'industria cinematografica italiana nuovi attori si stanno facendo notare anche a livello internazionale: un esempio su tutti è l'interprete napoletano [[Toni Servillo]], vero alter ego cinematografico dell'amico e regista [[Paolo Sorrentino]]. La coppia ha conosciuto molta fama anche all'estero soprattutto in pellicole come ''[[Il divo (film)|Il divo]]'' e ''[[La grande bellezza]]''. Figura di spicco del cinema italiano contemporaneo, Servillo, esordisce al cinema negli anni novanta in vari lungometraggi di [[Mario Martone]]. Costantemente diviso tra l'attività teatrale e il cinema, oltre alle collaborazioni con Sorrentino, ha lavorato con alcuni dei nomi più importanti del cinema contemporaneo come [[Matteo Garrone]], [[Marco Bellocchio]], [[Daniele Ciprì]] e [[Theo Angelopoulos]]. Tra i vari premi ha ricevuto quattro [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], quattro [[Nastri d'argento]] e due [[European Film Awards]], tutti per la miglior interpretazione maschile. Da non dimenticare l'attore romano [[Elio Germano]], vincitore della [[Palma d'oro]] a [[Cannes]] nel [[2010]] come migliore attore protagonista per il film ''[[La nostra vita (film)|La nostra vita]]'' di [[Daniele Luchetti]].
== LaIl grandecinema stagionesociale dellae commediapolitico ==
[[File:Francesco Rosi - foto di Augusto De Luca.jpg|miniatura|destra|verticale|Nell'immagine il regista [[Francesco Rosi]]]]
{{vedi anche|Commedia all'italiana}}
Il cinema d'autore degli anni sessanta continua il proprio percorso analizzando temi e problematiche distinte. Dalle vene surreali ed esistenziali di Fellini e Antonioni si emancipa una nuova visione autoriale che vede nel cinema un mezzo ideale per denunciare corruzioni e malaffare<ref>Per una prosecuzione del genere negli anni Duemila, v. https://www.radioradicale.it/scheda/507445/cinema-cinema-la-tenerezza-di-gianni-amelio, secondo cui "La tenerezza" di Amelio "rimanda all'Italia intera affetta da corruzione inveterata da frustrazioni senza scampo da livori razzisti: rimanda a quel senso di morte, di paralisi, di mancanza di prospettive ideali, che i film italiani da anni incessantemente registrano".</ref>, sia del sistema politico che del mondo industriale. Nasce così la struttura del film inchiesta che partendo dall'analisi neorealista dei fatti, aggiunge a essi un conciso giudizio critico, con il manifesto intento di scuotere le coscienze dell'opinione pubblica. Tale tipologia tocca volutamente questioni scottanti, spesso prendendo di mira il potere costituito, con l'intento di ricostruire una verità storica il più delle volte celata o negata.<ref name = "cp" >{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/politico_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=Il Cinema Politico - Treccani |accesso=10 novembre 2015}}</ref>
[[File:I soliti ignoti scena.jpg|destra|thumb|upright|Sopra il film di [[Mario Monicelli]], dal titolo ''[[I soliti ignoti]]'']]
Nella seconda metà degli [[anni 1950|anni cinquanta]] si sviluppa il genere della [[commedia all'italiana]]; una definizione che fa riferimento al titolo di un film di [[Pietro Germi]]: ''[[Divorzio all'italiana]]'' ([[1961]]) con [[Marcello Mastroianni]] e [[Stefania Sandrelli]]. Il termine, più che indicare un vero genere, riguarda una particolare stagione cinematografica, segnata da un nuovo modo di intendere gli elementi costitutivi della commedia. Tali elementi si pongono in netto contrasto con la commedia leggera e disimpegnata del ''neorealismo rosa'', assai in voga per tutti gli [[anni 1950|anni cinquanta]]. Tenendo a mente la lezione del [[neorealismo]], la nuova commedia all'italiana pone la proprie attenzioni sulla realtà prodotta dal boom economico. Di conseguenza, accanto alle situazioni comiche e agli intrecci tipici della farsa tradizionale, vediamo emergere una pungente satira di costume, che evidenzia con tagliente ironia le contraddizioni della società industriale. A partire dalla fine degli anni sessanta e per tutti gli anni settanta, l'Italia vive numerose fasi che muteranno in maniera radicale la mentalità e il costume degli italiani. La crisi economica, le agitazioni studentesche e la ricerca di nuove emancipazioni nel mondo del lavoro e della famiglia, diverranno il luogo ideale entro il quale proiettare i personaggi della commedia, pronti a far rivivere sulla scena i mutamenti della società civile.
[[File:Mario Monicelli camera.jpg|thumb|sinistra|upright|Monicelli alla [[macchina da presa]]]]
A tale stagione cinematografica si ricollegano i nomi dei principali attori italiani del tempo: da [[Alberto Sordi]] a [[Ugo Tognazzi]], da [[Monica Vitti]] a [[Claudia Cardinale]], da [[Vittorio Gassman]] a [[Nino Manfredi]], senza dimenticare [[Sophia Loren]], [[Silvana Mangano]], [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]], oltre ai già citati Mastroianni e Sandrelli.
Generalmente si ritiene sia stato il regista [[Mario Monicelli]], capostipite e fra i massimi esponenti (con [[Ettore Scola]], [[Pietro Germi]], [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]]) della commedia italica, a inaugurare questa nuova fase con il lungometraggio ''[[I soliti ignoti]]'', uscito nelle sale cinematografiche nel [[1958]]. Originario di Roma (e non di [[Viareggio]] come molte biografie riportano) Monicelli entra nel mondo del cinema a soli vent'anni, dirigendo assieme al collega [[Alberto Mondadori]] la sua prima pellicola dal titolo ''[[I ragazzi della via Paal (film 1935)|I ragazzi della via Paal]]'' (1935). Negli anni cinquanta, assieme a [[Steno]], dirige il comico [[Antonio De Curtis]] in molti lungometraggi, tra i quali si ricordano ''[[Guardie e ladri]]'' e ''[[Totò e Carolina]]''. Oltre al successo del già citato ''[[I soliti ignoti]]'' (nominato all'oscar come miglior film straniero), il regista darà vita a una serie di pellicole di fondamentale valore non solo per la commedia ma per l'intero cinema italiano.
Vero precursore di questo modo di intendere il mestiere del regista è l'artista napoletano [[Francesco Rosi]].<ref>{{cita web|url=http://www.davinotti.com/index.php?option=com_content&task=view&id=145|titolo=Il Cinema Politico - Il Davinotti|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Nel 1962 inaugura il progetto dei film-inchiesta ripercorrendo, attraverso una serie di lunghi [[analessi|flashback]], la vita del malavitoso [[sicilia]]no ''[[Salvatore Giuliano (film)|Salvatore Giuliano]]''. L'anno successivo dirige [[Rod Steiger]] ne ''[[Le mani sulla città]]'' (1963), nel quale denuncia con coraggio le collusioni esistenti tra i diversi organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio a [[Napoli]]. La pellicola viene premiata con il [[Leone d'Oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]].
[[File:Risi Garroni.jpg|thumb|[[Dino Risi]] e il direttore della fotografia [[Romolo Garroni]]]]
[[File:Il caso Mattei Rosi.png|miniatura|sinistra|verticale|[[Gian Maria Volonté]] in ''[[Il caso Mattei]]'' (1972) di [[Francesco Rosi]]]]
Nel 1959 esce nelle sale ''[[La grande guerra]]'' ([[Leone d'oro]] al [[Festival di Venezia]]), con [[Alberto Sordi]] e [[Vittorio Gassman]]. Il lungometraggio, prendendo spunto da un racconto di [[Maupassant]], contamina la tragedia storica con i moduli della commedia dissacrando un tema - gli inutili massacri della [[prima guerra mondiale]] - fino allora tabù per tutto il cinema nazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1494}}</ref> Dopo ''[[I compagni]]'' (malinconico resoconto della nascita del movimento operaio), nel 1966 il cineasta dirige il grottesco e folcloristico ''[[L'armata Brancaleone]]''. La pellicola (con protagonista [[Vittorio Gassman]]) è un autentico capolavoro di fantasia e avventure farsesche che si dispiegano lungo un [[Medioevo]] sbrigliato e carnevalesco, in chiara polemica con l'opposta visione dell'età mezzana proposta dal cinema hollywoodiano.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1494}}</ref> Tra i suoi film successivi si riportano: ''[[Romanzo popolare]]'' (con [[Ugo Tognazzi]] e [[Ornella Muti]]), ''[[Amici miei]]'' (campione d'incassi nella stagione 1975/76) e ''[[Un borghese piccolo piccolo (film)|Un borghese piccolo piccolo]]'' (1977); opera quest'ultima che risente esplicitamente del clima repressivo degli [[anni di piombo]] e consegna all'attore Alberto Sordi uno dei suoi personaggi più neri e sofferti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 477}}</ref>
Questi film sono generalmente considerati i capostipiti del [[cinema]] a carattere politico, che vedrà spesso la recitazione duttile e mimetica di [[Gian Maria Volonté]]. Uno dei punti di arrivo del cammino artistico di Francesco Rosi è ''[[Il caso Mattei]]'' (1972), un rigoroso documento in cui il regista cerca di far luce sulla misteriosa scomparsa di [[Enrico Mattei]], manager del più importante gruppo statale italiano: l'[[Eni]].
Vincitore di tre Orsi d'argento al miglior regista, è stato candidato per sei volte al [[Premio Oscar]]. Nel [[1991]] ha ricevuto il [[Leone d'oro alla carriera]].
La pellicola vince la [[Palma d'oro]] al [[festival di Cannes]] e diviene (assieme al serrato ''[[Cadaveri eccellenti (film)|Cadaveri eccellenti]]'', 1976) un vero modello per analoghi film di denuncia prodotti sia in Italia che all'estero.
[[File:LuigiElio ComenciniPetri.jpg|miniatura|sinistradestra|verticale|[[LuigiElio ComenciniPetri]]]]
I [[Sessantotto|movimenti studenteschi, operai ed extra-parlamentari]] della fine degli anni sessanta e quelli del decennio seguente influenzeranno molte arti, in particolar modo il cinema, che ricalca sulle orme di Rosi un percorso socialmente e politicamente impegnato.<ref name = "cp" /> In questo contesto nuovi registi continuano e potenziano l'opera del cineasta napoletano; tra questi il più attivo è l'autore romano [[Elio Petri]], che utilizza il discorso politico in un'ottica di superamento e completamento del cinema neorealista. A questo proposito il regista romano dichiara: «Il [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] se non è inteso come vasta esigenza di ricerca e di indagine, ma come vera e propria tendenza poetica, non ci interessa più (...) Occorre fare i conti con i miti moderni, con le incoerenze, con la corruzione, con gli esempi splendidi di eroismi inutili, con i sussulti della morale: occorre sapere e potere rappresentare tutto ciò».<ref>"Città aperta", 4-5, 25 luglio 1957, in Elio Petri, ''Scritti di cinema e di vita'', p. 56, Bulzoni Editore, 2007</ref>
Gli anni sessanta sono il periodo del ''[[Miracolo economico italiano|boom economico]]'' e di riflesso il cinema risente dei cambiamenti che modificano la società italiana. Uno dei primi artisti a documentare tali cambiamenti è senz'altro il cineasta milanese [[Dino Risi]]. Nel suo lungometraggio più celebre (''[[Il sorpasso]]''), il regista mescola, con acuta sensibilità, comicità e serietà del soggetto, virando (in maniera inconsueta) in un finale drammatico e raggelante. L'istrionismo dell'attore protagonista (Vittorio Gassman) e la colonna sonora, con brani di [[Edoardo Vianello]] (''Guarda come dondolo'') e [[Domenico Modugno]] (''Vecchio frack''), fotografano perfettamente il quadro sociale del tempo, facendo raggiungere al genere della commedia una piena maturità autoriale. Sempre per la regia di Dino Risi vanno menzionati il film a episodi ''[[I mostri]]'' (con Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi) e ''[[Una vita difficile]]'', che vede come attore protagonista Alberto Sordi. Il film (sceneggiato da [[Rodolfo Sonego]]) è un imponente documento artistico sull'Italia del [[dopoguerra]] e sulla nascente [[democrazia]], in un perfetto equilibrio tra la farsa e il dramma, tra ambizioni sociologiche e disillusione politica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3709}}</ref> Nel 2002 riceve al [[Festival di Venezia]] il [[Leone d'oro alla carriera]].
Nei primi anni sessanta lavora con [[Alberto Sordi]] nell'amara commedia ''[[Il maestro di Vigevano (film)|Il maestro di Vigevano]]'' (1963), ispirata al romanzo di [[Lucio Mastronardi]]. Nel 1967 avvia un solidale progetto con l'attore e alter ego [[Gian Maria Volonté]], sviluppando produzioni dal chiaro monito civile come: ''[[A ciascuno il suo (film)|A ciascuno il suo]]'' (1967), tratto da un romanzo di [[Leonardo Sciascia]], ''[[La classe operaia va in paradiso]]'' (1971), corrosiva denuncia sulla vita in fabbrica (vincitrice della [[Palma d'oro]] a Cannes) e ''[[Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto]]'' (1970). Quest'ultimo (accompagnato dall'incisiva colonna sonora di [[Ennio Morricone]]) è un asciutto thriller psicoanalitico incentrato sulle aberrazioni del potere, analizzate in chiave sulfurea e patologica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1654}}.</ref> La pellicola ottiene un vasto consenso, aggiudicandosi l'anno seguente l'[[Oscar al miglior film straniero]]. Nel 1976 Petri porta al cinema un altro componimento di [[Leonardo Sciascia|Sciascia]], ''[[Todo modo (film)|Todo modo]]'', che racconta il cupo decadimento di una classe dirigente, rifugiatasi in un albergo-eremo, al finto scopo di praticare esercizi spirituali.
Va messo in evidenza come spesso gli elementi costitutivi della commedia siano stati intrecciati ad arte con generi diversi, dando vita a pellicole decisamente inclassificabili. Nell'inaugurare tale tecnica, Il cineasta [[Luigi Comencini]] è stato senz'altro uno degli autori di maggior rilievo. Dopo aver raggiunto la celebrità negli anni cinquanta con alcune commedie rosa (tra tutte la celebre ''[[Pane, amore e fantasia]]''), nel 1960 regala al cinema italiano l'opera bellica ''[[Tutti a casa]]'' (con protagonista Alberto Sordi). Il lungometraggio, costantemente in bilico tra humour e dramma, ricostruisce i giorni seguenti l'[[armistizio di Cassibile]], contribuendo a spezzare il muro di silenzio calato sulla [[Resistenza]], argomento fino allora ignorato da gran parte del cinema nazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3709}}</ref> Tra le sue opere migliori si ricordano: ''[[Lo scopone scientifico]]'' ( con Alberto Sordi e [[Silvana Mangano]]), lo sceneggiato ''[[Le avventure di Pinocchio (sceneggiato televisivo)|Le avventure di Pinocchio]]'' (con [[Nino Manfredi]]) e ''[[Il gatto (film)|Il gatto]]'', in cui si fondono generi e stili differenti. Nel 1987 si aggiudica, a Venezia, Il [[Leone d'oro alla carriera]].
Argomenti affini al cinema d'impegno civile si ritrovano nell'opera di [[Damiano Damiani]], che con ''[[Il giorno della civetta (film)|Il giorno della civetta]]'' (1968), conosce un notevole successo. Altri lungometraggi da citare sono: ''[[Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica]]'' (1971), ''[[L'istruttoria è chiusa: dimentichi]]'' (1971), ''[[Perché si uccide un magistrato]]'' (1974) e ''[[Io ho paura]]'' (1977). Si menzionano, inoltre, [[Pasquale Squitieri]] per il film ''[[Il prefetto di ferro]]'' (1977) e [[Giuliano Montaldo]], che dopo alcune esperienze come attore mette in scena alcune pellicole di carattere storico e politico come ''[[Gott mit uns (Dio è con noi)|Gott mit uns]]'' (1970), ''[[Sacco e Vanzetti (film 1971)|Sacco e Vanzetti]]'' (1971) e ''[[Giordano Bruno (film)|Giordano Bruno]]'' (1973).
[[File:Alberto Sordi Il vigile.jpg|thumb|destra|[[Alberto Sordi]] in una scena de ''[[Il vigile]]'' ([[1960]]) di [[Luigi Zampa]], manifesto dell'[[Italia]] degli anni sessanta]]
Altra figura centrale per lo sviluppo è l'imposizione della [[commedia all'italiana]] è il regista [[Pietro Germi]]. Dopo essersi cimentato in opere a evidente contenuto sociale, spesso riconducibili entro i canoni del [[Neorealismo]], nell'ultima fase della sua carriera ha diretto pellicole inseribili a pieno titolo nel filone della commedia,<ref>Un filone cinematografico che prese il nome dal film di Germi ''Divorzio all'italiana'' (In Gianfranco Cercone, ''Enciclopedia del cinema'', ed. Treccani, 2004)</ref>
dove accanto agli abituali toni umoristici sopravvivono componenti di critica sociale.<ref>I suoi primi film sono «caratterizzati dall’intransigenza morale, l’idealismo civile, l'intervento sociale che saldavano il cinema con l’orientamento politico e l’etica dominante più di quanto riuscisse a fare in media il neorealismo puro.» (In Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Dalai editore, 1997, p.55)</ref> Il già citato ''[[Divorzio all'italiana]]'' apre a Germi le porte del successo che si concretizzerà nel [[1965]] con il limpido e caustico ''[[Signore & signori]]'' (satira sull'ipocrisia borghese di una cittadina dell'alto [[Veneto]]), con [[Virna Lisi]] e [[Gastone Moschin]]. Il film vince la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]] [[ex aequo]] con ''[[Un uomo, una donna]]'' di [[Claude Lelouch]]. Tra i vari riconoscimenti vanta un Oscar alla [[Oscar alla migliore sceneggiatura originale|migliore sceneggiatura originale]], per il film ''[[Divorzio all'italiana]]'' e un [[orso d'argento|Gran premio della giuria]] al [[Festival di Berlino]] per il film ''[[Il cammino della speranza]]''.
Di estrema importanza risulta il duro e realistico ''[[Detenuto in attesa di giudizio]]'' (1971), di [[Nanni Loy]], con protagonista un toccante [[Alberto Sordi]]. Il film del regista sardo è una sorta di incubo [[Franz Kafka|kafkiano]], perfettamente calato nella realtà sociale del tempo. La pellicola ha suscitato ampio scalpore, in quanto, per la prima volta, un'opera cinematografica denunciava la drammatica arretratezza del sistema giudiziario e carcerario italiano. Anni prima, lo stesso Sordi viene diretto da [[Alberto Lattuada]] nel film ''[[Mafioso (film)|Mafioso]]'' (1960), uno dei primi ''gangster movie'' italiani, dove lo sguardo glaciale del regista ritrae uno spaccato della malavita siciliana freddo e amorale, privo di qualsiasi finale consolatorio.
[[File:C'eravamo tanto amati, film.jpg|thumb|sinistra|upright| [[Vittorio Gassman]], [[Nino Manfredi]] e [[Stefano Satta Flores]] nel film ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'', per la regia di [[Ettore Scola]]]]
L'ultimo protagonista della grande stagione della commedia è il regista romano [[Ettore Scola]]. Dopo aver vestito i panni dello sceneggiatore, esordisce alla regia nel [[1964]] con il film ''[[Se permettete parliamo di donne]]''. Il primo successo giungerà quattro anni dopo, dirigendo [[Alberto Sordi]], [[Nino Manfredi]] e [[Bernard Blier]] in ''[[Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?]]'' ([[1968]]). Nel [[1974]] dà alla luce il suo film più noto, ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'' ([[Premio César]] [[Premio César per il miglior film straniero|Miglior film straniero]]), che ripercorre trent'anni di storia italiana attraverso le vicende di tre amici: l'avvocato Gianni Perego ([[Vittorio Gassman]]), il portantino Antonio ([[Nino Manfredi]]) e l'intellettuale Nicola ([[Stefano Satta Flores]]). Nel [[film]], dedicato a [[Vittorio De Sica]], compaiono [[Marcello Mastroianni]], [[Federico Fellini]] e [[Mike Bongiorno]] nella parte di se stessi, oltre ad [[Aldo Fabrizi]] e [[Giovanna Ralli]].
Anche se non strettamente legato alla realtà italiana si può ricordare ''[[La battaglia di Algeri]]'' (1966), dell'autore toscano [[Gillo Pontecorvo]]. L'opera è una vibrante ricostruzione degli eventi militari che portarono l'[[Algeria]] all'indipendenza dal [[Colonialismo francese]], rievocata con un rigore e uno stile prossimi a molti cinegiornali dell'epoca.<ref>Fernaldo Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema - cento grandi film'', pag 28, Edizioni Newton, 1995</ref> Acclamato da critica e pubblico, Il film ([[Leone d'oro]] a Venezia), è divenuto nel tempo una delle opere italiane più conosciute nel mondo.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/la-battaglia-di-algeri_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/|titolo=La battaglia di Algeri - Treccani |accesso=1º giugno 2015}}</ref>
Altre pellicole di sicura importanza sono: ''[[Brutti, sporchi e cattivi]]'' ([[1976]]) (grottesca commedia con [[Nino Manfredi]]) e ''[[Una giornata particolare]]'' ([[1977]]), con [[Marcello Mastroianni]] e [[Sophia Loren]]. Nel [[1980]] il regista tira le somme della [[commedia all'italiana]] nell'affresco generazionale de ''[[La terrazza]]'', che descrive con lucida efficacia l'amaro bilancio esistenziale di un gruppo di intellettuali di sinistra. Al film prendono parte [[Ugo Tognazzi]], [[Vittorio Gassman]], [[Jean-Louis Trintignant]] e [[Marcello Mastroianni]]. La pellicola, secondo gran parte della critica, è una delle ultime opere ancora ascrivibile al genere. Scola, in oltre quarant'anni di carriera, ha ricevuto quattro nomination all'Oscar per il miglior film straniero. Vincitore di sei [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], ha ritirato nel 1976 il premio per la [[Prix de la mise en scène|miglior regia]] al [[Festival di Cannes]].
Nel 1969 [[Marlon Brando]] è il protagonista di un nuovo film sempre diretto da Pontecorvo: ''[[Queimada]]'', che descrive le sopraffazioni dell'[[Imperialismo]] e la rivolta dei popoli oppressi in un paese del [[Sud America]]. Nel suo ultimo lungometraggio, l'artista pisano affronta il tema del [[Euskadi Ta Askatasuna|terrorismo basco]] durante il [[Spagna franchista|franchismo]] in ''[[Ogro]]'' (1979), raccontando la vicenda dell'attentato all'ammiraglio e presidente del governo [[Luis Carrero Blanco]], avvenuto nel 1973. [[Francesco Rosi]] ebbe successo con ''[[Cristo si è fermato a Eboli (film)|Cristo si è fermato ad Eboli]]'' (1979).
[[File:Pietro Germi.jpg|miniatura|destra|upright|[[Pietro Germi]]]]
Non bisogna tralasciare l'assoluta importanza di sceneggiatori come [[Agenore Incrocci]] e [[Furio Scarpelli]] (meglio conosciuti come Age e Scarpelli), che per oltre trent'anni hanno tracciato, nella stesura dei vari script, le linee fondamentali di tutta la commedia all'italiana; così come [[Suso Cecchi D'Amico]] che per la sua attività di scrittura per il cinema ha ricevuto nel 1994 il [[Leone d'Oro alla carriera]]. Da non dimenticare il caustico spirito della coppia di sceneggiatori [[Leo Benvenuti]] e [[Piero De Bernardi]], anch'essi autori di punta di molti soggetti per commedie.
Un altro regista legato al cinema politico e d'impegno sociale è il ferrarese [[Florestano Vancini]], che in molte realizzazioni ha coniugato la robustezza della ricostruzione storica con il resoconto di crisi sentimentali e soggettive. Tra le sue opere migliori si ricordano: ''[[La lunga notte del '43]]'' (1960), ''[[La banda Casaroli]]'' (1962), ''[[Le stagioni del nostro amore (film)|Le stagioni del nostro amore]]'' (1966) e ''[[Il delitto Matteotti (film 1973)|Il delitto Matteotti]]'' (1973).
Altri importanti film del filone sono i sempre attuali ''[[Il medico della mutua]]'' e ''[[Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue]]'' rispettivamente di [[Luigi Zampa]] e [[Luciano Salce]]. Senza dimenticare il film di [[Franco Brusati]], ''[[Pane e cioccolata]]'', interpretato da [[Nino Manfredi]].
Sempre nell'ambito della commedia, si menziona il lavoro svolto dalla regista [[Lina Wertmuller]], che assieme alla rodata coppia di attori [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]] ha dato vita, nella prima metà degli anni settanta, a pellicole di sicuro successo tra le quali si evidenziano: ''[[Mimì metallurgico ferito nell'onore]]'', ''[[Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..."]]'' e da ultimo ''[[Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto]]''. Con l'opera prima ''[[I basilischi]]'' (1963), riceve al [[Festival di Locarno]] la Vela d'oro per la miglior regia.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 384}}</ref>
[[File:Lina Wertmuller.jpg|thumb|upright=1.4|left|upright|[[Lina Wertmüller]] durante le riprese de ''[[I basilischi]]'' ([[1963]])]]
Di rilievo è il cinema di [[Sergio Citti]], che dirige con spiccate abilità autoriali commedie grottesche e surreali, sulla falsariga di certo cinema pasoliniano. Il regista romano raggiunge risultati convincenti in più di una pellicola tra le quali si menzionano: ''[[Ostia (film)|Ostia]]'' (1970), ''[[Il minestrone]]'' (1981) e ''[[Mortacci]]'', uscito nelle sale nel 1989. Da sottolineare, infine, l'opera di [[Antonio Pietrangeli]], che in quasi tutti i suoi film si è occupato di psicologia femminile, delineando con precisione amari e finissimi ritratti di donna. Tra i suoi migliori lavori si menzionano: ''[[Adua e le compagne]]'', ''[[Il sole negli occhi]]'', ''[[La Parmigiana]]'' (con [[Catherine Spaak]]) e ''[[Io la conoscevo bene]]'', considerato il suo capolavoro. Vi è infine da ricordare che nell'arco di oltre un ventennio (a partire dagli anni sessanta), sono stati numerosissimi i registi che hanno partecipato e contribuito allo sviluppo della commedia. Tra questi è possibile ricordare [[Nanny Loy]], [[Sergio Corbucci]], [[Steno]], [[Salvatore Samperi]], [[Marcello Fondato]], [[Pasquale Festa Campanile]], [[Tonino Cervi]], [[Franco Rossi]] e [[Luigi Magni]].
== Il cinema comicod'animazione ==
{{vedi anche|Storia dell'animazione italiana}}
[[File:Antonio De Curtis - Totò.jpg|thumb|destra|[[Antonio De Curtis]], in arte [[Totò]]]]
[[File:Bozzetto.jpg|miniatura|destra|Sopra un fotogramma di ''[[West and soda]]'' (1965) di [[Bruno Bozzetto]]]]
Agli albori del cinematografo e per i primi decenni del ventesimo secolo si sviluppa un genere di intrattenimento denominato ''Comiche del muto'' che giunge ben presto anche in Italia, riscuotendo un discreto successo. Il tratto rilevante di questa produzione, che conta centinaia di film (quasi tutti cortometraggi), è la capacità di assimilare varie forme di spettacolo: dalle recite di piazza al ''vaudeville'', tutti costruiti attorno a esili trame o semplici spunti umoristici. Questi brevi film fungono sovente da semplice contorno a lungometraggi più ambiziosi.
Nonostante l'Italia non abbia una grande tradizione nell'ambito del cinema d'animazione, nel corso del tempo si sono rivelati diversi autori degni d'attenzione. Il pioniere del cartone animato italiano è stato Francesco Guido, meglio conosciuto come [[Gibba]]. Subito dopo la fine della guerra, produce il primo mediometraggio animato del nostro cinema dal titolo ''L'ultimo sciuscià'' (1946), che riprende tematiche proprie del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] e nel decennio seguente i lungometraggi ''Rompicollo'' e ''I picchiatelli'', in collaborazione con Antonio Attanasi.<ref name = "az" >Tommaso Iannini, ''Tutto Cinema'', De Agostini, Novara, pp. 235</ref> Negli anni settanta, dopo molti documentari animati, lo stesso [[Gibba]] tornerà al lungometraggio con l'erotico ''[[Il nano e la strega]]'' (1973) e
''Il racconto della giungla'' (1974). Interessanti anche i contributi del pittore e scenografo [[Emanuele Luzzati]] che dopo alcuni pregevoli cortometraggi, realizza nel 1976 uno dei capolavori dell'animazione italiana: ''Il flauto magico'', basato sull'omonima opera di Mozart.
Nel 1949 il disegnatore [[Nino Pagot]] presenta al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]] ''[[I fratelli Dinamite]]'', uno dei primi lungometraggi animati dell'epoca, uscito nelle sale in concomitanza con ''[[La rosa di Bagdad]]'' (1949), realizzato dall'animatore [[Anton Gino Domeneghini]].<ref name = "az" /> Nei primi anni cinquanta il fumettista [[Romano Scarpa]] crea il cortometraggio ''[[La piccola fiammiferaia (film 1953)|La piccola fiammiferaia]]'' (1953), che resta, come i due film precedenti, poco più che un caso isolato. Infatti, all'infuori di questi esempi, l'animazione italiana a cavallo degli anni cinquanta e sessanta non riesce a diventare una realtà di rilievo e rimane confinata nel settore televisivo, grazie alle varie committenze fornite dal contenitore [[Carosello]].<ref>
Il comico di maggior successo in Italia è André Deed, più noto come [[Cretinetti]], protagonista di innumerevoli corti per la [[Itala Film]]. Il suo successo apre la strada a [[Marcel Fabre]] (Robinet), [[Ernesto Vaser]] (Fricot) e tanti altri. L'unico attore di una certa sostanza è però [[Ferdinand Guillaume]], che diventerà celebre come Polidor<ref>{{cita pubblicazione | cognome=AAVV |titolo=I comici del muto italiano |rivista=Griffithiana |numero=24-25 |anno=1985}}</ref>.
{{cita web|url= http://www.archivioluce.com/luce_storia/index.asp?documentID=688&page_num=5|titolo= Archivio LUCE, disegni d'autore|accesso= 24 ottobre 2007|urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20030816183303/http://archivioluce.com/luce_storia/index.asp?documentID=688&page_num=5|dataarchivio= 16 agosto 2003}} - {{cita web|url= http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1965/lexs_208851.html|titolo= LEGGE 4 NOVEMBRE 1965, n. 1213 (GU n. 282 del 12/11/1965)|accesso= 24 ottobre 2007|urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20061028062000/http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1965/lexs_208851.html|dataarchivio= 28 ottobre 2006}}</ref>
Ma è con [[Bruno Bozzetto]] che il cartoon italiano raggiunge una dimensione internazionale: il suo lungometraggio d'esordio ''[[West and Soda]]'' (1965), irresistibile caricatura del genere Western, accoglie consensi sia di pubblico che di critica.<ref name = "az" />
L'interesse storico di questi film sta nella loro capacità di rivelare le aspirazioni e le paure di una società piccolo-borghese, divisa tra il desiderio di affermazione e le incertezze del presente. È significativo che i protagonisti delle comiche italiane non si pongano mai in contrasto con la società né incarnino desideri di rivalsa sociale (come accade per esempio con [[Charlie Chaplin]]), ma cerchino piuttosto di integrarsi in un mondo fortemente desiderato<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 46.</ref>.
Pochi anni dopo esce la sua seconda opera dal titolo ''[[Vip - Mio fratello superuomo]]'', distribuita nel 1968. Dopo tanti cortometraggi satirici (incentrati sulla popolare figura del "Signor Rossi") torna al lungometraggio con quello che viene considerato il suo lavoro più ambizioso: ''[[Allegro non troppo]]'' (1977). Ispirato al noto ''[[Fantasia (film)|Fantasia]]'' della [[The Walt Disney Company|Disney]] è un film a tecnica mista, in cui gli episodi animati vengono plasmati sulle note di molti brani di musica classica. Altro disegnatore da sottolineare è l'artista [[Pino Zac]] che nel 1971 gira (sempre con tecnica mista) ''[[Il cavaliere inesistente (film)|Il cavaliere inesistente]]'', tratto dall'[[Il cavaliere inesistente|omonimo romanzo]] di [[Italo Calvino]].
[[File:Freccia azzuraù.jpg|miniatura|sinistra|Sopra il film d'animazione ''[[La freccia azzurra]]'' (1996), di [[Enzo D'Alò]]]]
Il luogo ideale dove il genere comico trova ampia affermazione è senz'altro il [[teatro]] dove, tra gli anni trenta e quaranta, si sviluppano numerose scuole di avanspettacolo che vedono tra le proprie file attori comici di prim'ordine come [[Carlo Dapporto]], [[Gilberto Govi]], [[Ettore Petrolini]], [[Erminio Macario]] e [[Antonio De Curtis]], in arte [[Totò]]. Proprio a quest'ultimo si deve il merito di aver spostato e integrato tale forma di genere artistico dal palcoscenico alla celluloide. Ideatore di un'autentica maschera nel solco della tradizione della [[commedia dell'arte]], Totò ha spaziato dal teatro (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla televisione (con 9 telefilm e vari sketch pubblicitari). I suoi film riscuotono ancora oggi molto successo, e talune sue battute sono diventate perifrasi entrate nel linguaggio comune.<ref name="Maltin" >{{cita|Maltin, 2007|p. 2051}}.</ref> Tra i suoi innumerevoli film si ricordano: ''[[I pompieri di Viggiù]]'', ''[[Totò cerca casa]]'', ''[[Totò le Mokò]]'', ''[[Totò a colori]]'', ''[[Miseria e nobiltà (film 1954)|Miseria e nobiltà]]'' e ''[[Signori si nasce]]''. Da non dimenticare, inoltre, il fortunato sodalizio artistico con il grande attore di teatro [[Peppino De Filippo]], con il quale ha dato vita a numerosi film di sicura presa sul pubblico: tra i tanti si menzionano ''[[La banda degli onesti]]'', ''[[Totò, Peppino e... la dolce vita]]'' e il celebre ''[[Totò, Peppino e la... malafemmina]]''. Oltre ad aver rappresentato per oltre un ventennio l'attore comico per antonomasia, Totò si è cimentato in altre pellicole rientranti più esplicitamente nel filone della [[commedia all'italiana]], finanche nel [[cinema d'autore]] (in particolar modo negli anni sessanta).
Negli anni novanta l'animazione italiana entra in una nuova fase produttiva grazie allo studio torinese [[Lanterna Magica (azienda)|Lanterna Magica]], che nel 1996, con la regia di [[Enzo D'Alò]], realizza l'intrigante favola natalizia ''[[La freccia azzurra]]'', basata su un racconto di [[Gianni Rodari]].
Il film è un successo e apre la strada, negli anni a venire, ad altri lungometraggi. Nel 1998 la stessa casa distribuisce ''[[La gabbianella e il gatto]]'', diretto sempre da [[Enzo D'Alò]] e tratto da un romanzo di [[Luis Sepúlveda]], che attira i favori del pubblico, toccando un nuovo vertice del nostro cinema animato.<ref>{{cita web|url=https://www.movieplayer.it/film/la-gabbianella-e-il-gatto_1251/incassi/|titolo=Movieplayer.it - Pagina incassi del film|accesso=19 gennaio 2008}}</ref>
D'Alò, separatosi dallo studio Lanterna Magica, dirigerà negli anni seguenti altre pellicole come ''[[Momo alla conquista del tempo]]'' (2001) e ''[[Opopomoz]]'' (2003).
[[File:Fantozzi 1.jpg|sinistra|thumb|[[Paolo Villaggio]] nelle vesti del ragionier [[Ugo Fantozzi]]]]
Lo studio torinese distribuisce per suo conto le pellicole ''[[Aida degli alberi]]'' (2001) e ''[[Totò Sapore e la magica storia della pizza]]'' (2003), accompagnati da un buon riscontro al botteghino.
Analogo discorso avviene nei successivi anni settanta con l'emergere di una nuova personalità comica facente capo all'autore, attore e scrittore [[Paolo Villaggio]]. Dopo aver esordito nel piccolo schermo verso la fine degli anni sessanta presentando vari personaggi dalla mimica grottesca e inedita, fa esordire sul grande schermo la maschera di [[Fantozzi]], ideata dallo stesso artista all'inizio degli anni settanta e pubblicata con notevole richiamo nell'omonimo libro. Il film ''[[Fantozzi (film)|Fantozzi]]'', uscito nelle sale cinematografiche nel 1975 e diretto da [[Luciano Salce]], ha dato vita a una saga di ampio successo, che si è protratta con altre nove pellicole fino alla fine degli anni novanta. Accanto all'artista hanno poi recitato tutta una serie di attori divenuti fin da subito molto popolari tra i quali si ricordano [[Milena Vukotic]], [[Anna Mazzamauro]] e soprattutto [[Gigi Reder]], il quale ha composto con Villaggio un fortunato sodalizio, riscontrabile in oltre quattordici pellicole. Allo stesso modo di [[Totò]] anche Villaggio ha effettuato svariate incursioni nel cinema d'autore, continuando in parallelo la principale attività di attore comico e scrittore satirico. Se si esclude [[Roberto Benigni]] (il quale è sia interprete che regista), entrambi gli artisti sono gli unici attori comici in Italia ad aver vantato riconoscimenti di livello internazionale. Totò ha infatti ricevuto nel 1966 una menzione speciale al [[Festival di Cannes]], per l'interpretazione nel film ''[[Uccellacci e uccellini]]''; a Villaggio sono andati rispettivamente il [[Leone d'oro alla carriera]] (1992) e il [[Pardo d'onore]] al [[Festival di Locarno]] (2000).
Nel 2003 esce il primo film d'animazione in computer grafica di produzione interamente italiana dal titolo ''[[L'apetta Giulia e la signora Vita]]'', per la regia di Paolo Modugno.<ref>{{cita web |url=http://www.cgitalia.it/guida/Film/Apetta-Giulia-E-La-Signora-Vita |titolo=L'Apetta Giulia e la Signora Vita |data=22 novembre 2006 |accesso=6 settembre 2008 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110525011338/http://www.cgitalia.it/guida/Film/Apetta-Giulia-E-La-Signora-Vita |dataarchivio=25 maggio 2011 }}</ref> Da sottolineare l'opera ''La Storia di Leo'' (2007), del regista Mario Cambi, vincitore, l'anno seguente, del [[Giffoni Film Festival]].
Nel 2010 giunge il primo film d'animazione italiano in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]], diretto da [[Igino Straffi]], dal titolo ''[[Winx Club 3D - Magica avventura]]'', tratto dall'omonima serie che ha goduto di molta fama in tutto il mondo; nel frattempo torna nelle sale [[Enzo D'Alò]], presentando il suo ''[[Pinocchio (film 2012)|Pinocchio]]'' (2012).
Da non tralasciare, l'ampia popolarità del duo comico composto da [[Franco Franchi]] e [[Ciccio Ingrassia]], che per tutti gli anni sessanta ha dato vita a numerosi lungometraggi di stampo parodistico, proponendo mimiche e gag derivanti dall'avanspettacolo e dal teatro di strada.
Nel 2012 ottiene credito presso il pubblico la pellicola ''[[Gladiatori di Roma]]'', anch'esso girato in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]], seguita dal lungometraggio ''[[Winx Club - Il mistero degli abissi]]'' (2014), entrambi ancora di [[Igino Straffi]].
Una ritrovata linfa nel contesto di tale forma artistica viene alla luce sul finire degli anni settanta con la comparsa di una nuova generazione di attori e registi che avrebbe, seppur con tematiche sociali differenti, continuato il percorso già tracciato dalla commedia all'italiana. Attori comici quali [[Roberto Benigni]], [[Carlo Verdone]], [[Massimo Troisi]], [[Francesco Nuti]] e [[Maurizio Nichetti]], hanno proposto all'inizio degli anni ottanta un nuovo modo di fare comicità, passando con disinvoltura dallo [[sketch]] televisivo al cinema, presentando pellicole quasi sempre dirette e interpretate da se medesimi.
Si ricorda, infine, ''[[L'arte della felicità]]'' (2013) di [[Alessandro Rak]], pellicola realizzata a [[Napoli]] da 40 autori, tra cui soltanto 10 disegnatori e animatori dello studio [[Mad Entertainment]], vero primato assoluto per un film cinematografico d'animazione<ref>{{cita web|url=https://www.mymovies.it/film/2013/lartedellafelicita/|titolo=L'arte della felicità|editore=mymovies.it|accesso=10 ottobre 2014}}</ref>. Per mano dello stesso studio esce ''[[Gatta Cenerentola]]'' (2017), tratto dal testo ''[[Lo cunto de li cunti]]'' di [[Giambattista Basile]]. L'opera vince due David di Donatello di cui uno agli effetti speciali divenendo il primo film d'animazione a candidarsi e a vincere in tale categoria.
== Il cinema socialedi e politicogenere ==
Accanto al cinema neorealista ed esistenziale degli autori, della commedia all'italiana e di denuncia sociale, a partire dal [[secondo dopoguerra]], si sviluppa un cinema italiano più popolare che se da una parte viene snobbato e osteggiato dalla critica, dall'altra viene accolto con entusiasmo da gran parte del pubblico, nazionale e internazionale.
[[File:Francesco Rosi - foto di Augusto De Luca.jpg|miniatura|destra|upright|Nell'immagine il regista [[Francesco Rosi]]]]
Dopo aver toccato il proprio culmine negli anni sessanta e settanta del Novecento, il cinema di genere entra in declino a metà degli anni ottanta per due motivi principali: da una parte la grave crisi che colpisce tutto il cinema italiano e dall'altra l'affermazione della [[televisione commerciale]], che in pochi anni priva le sale cinematografiche del suo pubblico abituale. Questo tipo di cinema è venuto ad affievolirsi all'inizio degli anni novanta, per poi scomparire del tutto a metà dello stesso decennio.<ref name="vito" >Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', Marsilio, Venezia, 2005, p. 329.</ref>
Il cinema d'autore degli anni sessanta continua il proprio percorso affrontando tematiche differenti. Dalle vene surreali ed esistenziali di Fellini e Antonioni si emancipa una nuova visone autoriale che vede nel cinema un mezzo ideale per denunciare corruzioni e malaffare, sia del sistema politico che del mondo industriale. Nasce così il filone del film inchiesta che partendo dall'analisi neorealista dei fatti, vi aggiunge a essi un conciso giudizio critico, con il manifesto intento di scuotere le coscienze dell'opinione pubblica. Tale tipologia tocca volutamente questioni scottanti, spesso prendendo di mira il potere costituito, con l'intento di ricostruire una verità storica il più delle volte negata o celata. Vero precursore di questo modo di intendere il mestiere del regista è l'artista napoletano [[Francesco Rosi]]. Dopo essere stato sceneggiatore e aiuto regista di [[Luchino Visconti]], nel 1958 dirige la sua prima pellicola ''[[La sfida]]'', a cui segue un anno dopo ''[[I magliari]]'' (1959), che vede come primo attore [[Alberto Sordi]]. Nel 1962, inaugura il filone dei film-inchiesta ripercorrendo, attraverso una serie di lunghi [[flashback]], la vita del malavitoso [[sicilia]]no ''[[Salvatore Giuliano (film)|Salvatore Giuliano]]''. L'anno successivo dirige [[Rod Steiger]] ne ''[[Le mani sulla città]]'' ([[1963]]), nel quale denuncia con coraggio le collusioni esistenti tra i diversi organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio a [[Napoli]]. La pellicola viene premiata con il [[Leone d'Oro]] al [[Festival di Venezia]].
[[File:Il caso Mattei Rosi.png|thumb|sinistra|upright|[[Gian Maria Volonté]] in ''[[Il caso Mattei]]'' ([[1972]]) di [[Francesco Rosi]]]]
Questi film sono generalmente considerati i capostipiti del [[cinema]] ad argomento politico, che vedrà spesso, la recitazione duttile e spontanea di [[Gian Maria Volontè]]. Uno dei punti di arrivo del percorso artistico di Francesco Rosi è senz'altro ''[[Il caso Mattei]]'' ([[1972]]); un film inchiesta in cui il regista cerca di far luce sulla misteriosa scomparsa di [[Enrico Mattei]], manager del più importante gruppo statale italiano, l'[[Eni]].
La pellicola di Rosi, con [[Gian Maria Volonté]] protagonista, vince la [[Palma d'oro]] al [[festival di Cannes]] e diviene un vero e proprio modello per analoghi film di denuncia civile prodotti nei successivi decenni (a partire dal celebre ''[[JFK - Un caso ancora aperto]]'' di [[Oliver Stone]]). Vincitore di dieci [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], nel 2008 ha conseguito l'[[Orso d'Oro alla carriera]] e successivamente, nel 2012, il [[Leone d'Oro alla carriera]].
I [[generi cinematografici]] prodotti in [[Italia]] sono stati molteplici (variando a seconda dei decenni) e molte volte si sono incrociati tra loro, attraverso varie commistioni e fusioni. Qui di seguito è rappresentata una sommaria lista dei vari filoni cinematografici che hanno incontrato, in periodi diversi, maggior successo.
[[File:Elio Petri.jpg|miniatura|destra|upright|Elio Petri]]
I [[Sessantotto|movimenti studenteschi, operai ed extra-parlamentari]] della fine degli [[anni 1960|anni sessanta]] e quelli del decennio successivo influenzeranno molte arti, in particolar modo in cinema, che sviluppa sulle orme di Rosi un genere socialmente e politicamente impegnato. In questo contesto nuovi registi continuano e potenziano l'opera del regista napoletano; tra questi il più attivo è l'autore romano [[Elio Petri]], che utilizza il cinema politico in un ottica di superamento e completamento del filone neorealista. A tal proposito il regista milanese dichiara: «Il "[[Neorealismo]]" se non è inteso come vasta esigenza di ricerca e di indagine, ma come vera e propria tendenza poetica, non ci interessa più (...) Occorre fare i conti con i miti moderni, con le incoerenze, con la corruzione, con gli esempi splendidi di eroismi inutili, con i sussulti della morale: occorre sapere e potere rappresentare tutto ciò».<ref> "Città aperta", 4-5, 25 luglio 1957, in Elio Petri, ''Scritti di cinema e di vita'', p. 56, Bulzoni Editore, 2007</ref>
=== Melodramma sentimentale ===
[[File:Uomini contro - Volonté.png|thumb|sinistra|upright| [[Gian Maria Volonté]], qui in ''[[Uomini contro]]'' ([[1970]]) di [[Francesco Rosi]]]]
{{Vedi anche|Melodramma strappalacrime}}
Dopo aver lavorato con [[Alberto Sordi]] nel film il ''[[Il maestro di Vigevano]]'', verso la metà degli anni sessanta stringe un autentico sodalizio con l'attore e alter ego [[Gian Maria Volontè]], protagonista di punta del cinema d'impegno civile di quegli anni. Tra i loro film vanno ricordati: ''[[A ciascuno il suo (film)|A ciascuno il suo]]'' (1967), tratto da un romanzo di [[Leonardo Sciascia]], ''[[La classe operaia va in paradiso]]'' (1971), corrosiva satira sulla vita in fabbrica (vincitrice della [[Palma d'oro]] a Cannes) e ''[[Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto]]''. Quest'ultimo, sorretto dall'incisiva colonna sonora di [[Ennio Morricone]], rappresenta il film più noto del regista. La pellicola ottiene un vasto consenso, aggiudicandosi, l'anno seguente, l'[[Oscar al miglior film straniero]]. Nel [[1976]] Petri porta al cinema un altro romanzo di [[Leonardo Sciascia|Sciascia]], ''[[Todo modo (romanzo)|Todo modo]]'', che racconta il grottesco decadimento di una classe dirigente, rifugiatasi in un albergo-eremo, allo scopo di praticare esercizi spirituali. Il [[Todo modo (film)|film]] si avvale delle interpretazioni di [[Gian Maria Volontè]], [[Marcello Mastroianni]] e [[Mariangela Melato]].
[[File:Yvonne Sanson e Amedeo Nazzari nel film Catene (1949).jpg|miniatura|destra|[[Yvonne Sanson]] ed [[Amedeo Nazzari]] in una foto di scena del film ''[[Catene (film 1949)|Catene]]'' (1949), di [[Raffaello Matarazzo]]]]
Fra la metà degli anni quaranta e la metà degli anni cinquanta si sviluppa il filone dei melodrammi sentimentali, detti comunemente ''[[Melodramma strappalacrime|strappalacrime]]'' (in seguito indicati dalla critica anche con il termine ''neorealismo d'appendice'').<ref name = "yv" >{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/melodramma_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=il Melodramma - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Rispetto alle omologhe produzioni del periodo fascista, i melodrammi girati nel secondo dopoguerra sono caratterizzati da ambientazioni più realistiche, abitate da una piccola borghesia all'alba del boom economico. Le trame sono costruite attorno a giovani coppie unite dall'amore ma divise dai ceti sociali di appartenenza, con particolare insistenza sulle sofferenze, gli inganni, le vessazioni, i ricatti e le rinunce che i personaggi (soprattutto femminili) sono costretti a subire<ref>''Così piangevano - Il cinema melò nell'Italia degli anni cinquanta'' di Emiliano Morreale, [[Donzelli Editore]], Roma, 2011</ref>. I melodrammi sono poco o per nulla apprezzati dalla critica coeva, che li considera alla stregua di [[fotoromanzi]] cinematografici, ma il successo di pubblico è immediato e notevole.<ref name = "yv" />
Il regista più rappresentativo di tale filone è stato [[Raffaello Matarazzo]], attivo già dai tempi del fascismo e prolifico autore di una serie di film sentimentali di successo, molti dei quali interpretati dalla coppia composta da [[Amedeo Nazzari]] ed [[Yvonne Sanson]]. Tra i suoi film più conosciuti vi sono ''[[Catene (film 1949)|Catene]]'' (1949) e ''[[Tormento (film 1950)|Tormento]]'' (1950), che risulteranno rispettivamente il primo ed il secondo maggior incasso in [[Italia]] nella stagione cinematografica 1949-1950. Il successo si ripete con il successivo ''[[I figli di nessuno (film 1951)|I figli di nessuno]]'' (1951), sempre interpretato dalla coppia Nazzari-Sanson. Altri suoi film da ricordare sono ''[[Chi è senza peccato...]]'' e ''[[Il tenente Giorgio]]'' (1952), ''[[Torna! (film 1953)|Torna!]]'', ''[[Vortice (film 1953)|Vortice]]'', ''[[La nave delle donne maledette]]'' e ''[[Giuseppe Verdi (film 1953)|Giuseppe Verdi]]'' (1953), ''[[La schiava del peccato]]'' e ''[[Guai ai vinti]]'' (1954), ''[[L'angelo bianco (film 1955)|L'angelo bianco]]'' (1955), ''[[L'intrusa (film 1956)|L'intrusa]]'' e ''[[La risaia]]'' (1956).
Altro regista distintosi per lo sviluppo di tematiche proprie del cinema d'impegno civile è l'autore [[Damiano Damiani]], che con ''[[Il giorno della civetta (film)|Il giorno della civetta]]'' (1967) (con attori come [[Franco Nero]] e [[Claudia Cardinale]]), conosce un notevole successo. Altri lungometraggi da menzionare sono: ''[[Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica]]'' (1971), ''[[L'istruttoria è chiusa: dimentichi]]'' e ''[[Girolimoni, il mostro di Roma]] '' (1972), ''[[Perché si uccide un magistrato]]'' (1974) e ''[[Io ho paura]]'', del 1977.
Altre pellicole da citare sono: ''[[La sepolta viva (film 1949)|La sepolta viva]]'' (1949), ''[[Monaca santa]]'' (1949), ''[[Il bacio di una morta (film 1949)|Il bacio di una morta]]'' (1949), ''[[Core 'ngrato (film)|Core 'ngrato]]'' (1951), ''[[Inganno (film 1952)|Inganno]]'' (1952), ''[[Bufere]]'' (1953), ''[[Noi peccatori]]'' (1953), ''[[Il vetturale del Moncenisio (film 1954)|Il vetturale del Moncenisio]]'' (1954) e ''[[Quando tramonta il sole (film 1956)|Quando tramonta il sole]]'' (1956) del regista [[Guido Brignone]]. Seguono ''[[Canzone di primavera]]'' (1951), ''[[Trieste mia!]]'' (1951), ''[[Città canora]]'' (1952), ''[[Perdonami!]]'' (1953), ''[[Ti ho sempre amato!]]'' (1953), ''[[Per salvarti ho peccato]]'' (1953), ''[[Pietà per chi cade]]'' (1954) e ''[[Gli amori di Manon Lescaut]]'' (1954) di [[Mario Costa]]; ''[[Il voto]]'' (1950), ''[[L'ultima sentenza]]'' (1951), ''[[Tormento del passato]]'' (1952), ''[[I figli non si vendono]]'' (1952), ''[[Tradita (film 1954)|Tradita]]'' (1954) e ''[[La ladra (film)|La ladra]]'' (1955) di [[Mario Bonnard]]; ''[[Persiane chiuse]]'' (1951) e ''[[La tratta delle bianche]]'' (1952) di [[Luigi Comencini]], ed il dittico ''[[Domani è troppo tardi]]'' (1950) e ''[[Domani è un altro giorno (film 1951)|Domani è un altro giorno]]'' (1951) di [[Léonide Moguy]], che vedono come prima attrice [[Anna Maria Pierangeli]]. Degno di considerazione è il film ''[[Anna (film 1951)|Anna]]'' (1951) - prima produzione italiana a toccare il miliardo di lire d'incasso<ref>{{cita web|url=http://raimovie.blog.rai.it/2015/07/21/alberto-lattuada-dieci-anni-dopo/|titolo=Alberto Lattuada dieci anni dopo - Rai movie|accesso=10 novembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151122083803/http://raimovie.blog.rai.it/2015/07/21/alberto-lattuada-dieci-anni-dopo/|dataarchivio=22 novembre 2015|urlmorto=sì}}</ref> - del poliedrico [[Alberto Lattuada]]; un appassionato racconto femminile, recitato con sensuale abilità da [[Silvana Mangano]].
Altro film di estrema importanza è il duro e realistico ''[[Detenuto in attesa di giudizio]]'' ([[1971]]) di [[Nanni Loy]], con protagonista un insolito [[Alberto Sordi]]. Il film del regista sardo è una sorta di incubo [[Franz Kafka|kafkiano]], perfettamente calato nella realtà sociale del tempo. La pellicola ha suscitato ampio scalpore, in quanto, per la prima volta, un'opera cinematografica denunciava la drammatica arretratezza dei sistemi giudiziario e carcerario italiani.
[[File:Detenuto in attesa di giudizio.JPG|thumb|destra|upright|[[Alberto Sordi]] in ''[[Detenuto in attesa di giudizio]]'' ([[1971]]) di [[Nanni Loy]]]]
Anche se non strettamente legato alla realtà italiana si può ricordare ''[[La battaglia di Algeri]]'', dell'autore toscano [[Gillo Pontecorvo]] (1966). L'opera è una potente ricostruzione degli eventi civili e militari che portarono l'[[Algeria]] all'indipendenza dal colonialismo francese. Acclamato da critica e pubblico, Il film ([[Leone d'oro]] a Venezia), è divenuto nel tempo una delle opere italiane più conosciute e celebrate nel mondo.
Nel 1969 [[Marlon Brando]] è il protagonista di un nuovo film politico sempre diretto da Pontecorvo: ''[[Queimada]]'', che descrive le sopraffazioni del colonialismo e la rivolta dei popoli oppressi in un paese del [[Sud America]]. Da ultimo, Il regista pisano affronta, nel 1979, il tema della [[Euskadi Ta Askatasuna|resistenza antifranchista basca]] in ''[[Ogro]]'', con [[Gian Maria Volonté]], raccontando la vicenda dell'attentato all'Ammiraglio [[Luis Carrero Blanco]], avvenuto nel [[1973]]. Un altro regista legato al cinema politico e d'impegno sociale è l'emiliano [[Florestano Vancini]], che nelle sue opere più riuscite ha coniugato la robustezza della ricostruzione storica con il resoconto di crisi sentimentali e soggettive. Tra le sue opere più note si ricordano: ''[[La lunga notte del '43]]'' (1960), ''[[Le stagioni del nostro amore (film)|Le stagioni del nostro amore]]'' (1966) e ''[[Il delitto Matteotti (film 1973)|Il delitto Matteotti]]'' (1973).
Anche alcuni registi neorealisti si cimentarono con questo filone popolare: è il caso di [[Roberto Rossellini]], [[Pietro Germi]] ed [[Antonio Pietrangeli]] con il film ad episodi ''[[Amori di mezzo secolo]]'', uscito nel [[1954]] e da loro co-diretto assieme a [[Mario Chiari]] e [[Glauco Pellegrini]], e [[Giuseppe De Santis]] con la pellicola ''[[Un marito per Anna Zaccheo]]'' del [[1953]] con protagonista [[Silvana Pampanini]]. Affronta il melodramma sentimentale anche il regista-scrittore [[Mario Soldati]], con le pellicole ''[[La provinciale (film 1953)|La provinciale]]'' (1953) e ''[[La donna del fiume]]'' (1955), interpretate rispettivamente da [[Gina Lollobrigida]] e [[Sophia Loren]].
== Il cinema d'animazione ==
{{vedi anche|Storia dell'animazione italiana}}
[[File:Supervip.jpg|miniatura|sinistra| Fotogramma del film ''[[Vip - Mio fratello superuomo]]'' ([[1968]]) di [[Bruno Bozzetto]].]]
Nonostante l'Italia non abbia una grande tradizione nell'ambito del cinema d'animazione, nel corso del tempo si sono rivelati diversi autori degni d'attenzione. Il pioniere del cartone animato italiano è stato Francesco Guido, meglio conosciuto come "[[Gibba]]". Ha realizzato nel 1946 il primo mediometraggio animato del nostro cinema: ''L'ultimo sciuscià'', a tematica neorealista e nel decennio successivo i lungometraggi ''Rompicollo'' e ''I picchiatelli'', in collaborazione con Antonio Attanasi.
Negli [[anni 1970|anni settanta]], dopo molti documentari animati, tornerà al lungometraggio con ''Il racconto della giungla'' e l'erotico ''[[Il nano e la strega]]''.
Interessanti anche i contributi del pittore e scenografo [[Emanuele Luzzati]] che dopo alcuni pregevoli cortometraggi, realizza nel 1976 uno dei capolavori dell'animazione italiana: ''[[Il flauto magico]]'', basato sull'omonima opera di Mozart.
Tra i molti registi che si sono cimentati in questo filone troviamo: [[Giorgio Bianchi]], [[Giacomo Gentilomo]], [[Luigi Capuano]], [[Carmine Gallone]], [[Goffredo Alessandrini]], [[Ubaldo Maria Del Colle]], [[Leonardo De Mitri]], [[Pino Mercanti]], [[Marcello Pagliero]], [[Sergio Grieco]], [[Antonio Leonviola]], [[Gianni Franciolini]], [[Giuseppe Maria Scotese]], [[Silvio Siano]], [[Ferdinando Baldi]], [[Carlo Borghesio]], [[Roberto Bianchi Montero]], [[Giuseppe Vari]], [[Lionello De Felice]], [[Armando Fizzarotti]], [[Mario Sequi]], [[Mino Roli]], [[Mario Volpe]], [[Mario Landi]], [[David Carbonari]], [[Augusto Genina]], [[Nennella|Renato May]], [[Madunnella|Ernesto Grassi]], [[Cesare Barlacchi]], [[Leonardo Cortese]], [[Giulio Morelli]], [[Rate Furlan]], [[Adelchi Bianchi]], [[Aldo Vergano]] e [[Clemente Fracassi]], ed ancora [[Giorgio Pastina]], [[Enzo Di Gianni]], [[Giovanni Paolucci]], [[Francesco De Robertis]], [[Lacrime di sposa|Sante Chimirri]], [[Maria Basaglia]], [[Giuseppe Guarino (regista)|Giuseppe Guarino]], [[Vittorio Cottafavi]], [[Natale Montillo]], [[Flavio Calzavara]], [[Giorgio Capitani]], [[Carlo Campogalliani]], [[Luigi Chiarini]], [[Domenico Gambino]], [[Enzo Liberti]], [[Armando Grottini]], [[Anton Giulio Majano]], [[Giorgio Walter Chili]], [[Ferruccio Cerio]], [[Giorgio Ansoldi]], [[Tanio Boccia]], [[Giuseppe Masini]], [[Renato Borraccetti]], [[Baccio Bandini]], [[Basilio Franchina]] e [[Giorgio Cristallini]].
Ma è con [[Bruno Bozzetto]] che il cartoon italiano raggiunge una dimensione internazionale: il suo lungometraggio d'esordio ''[[West and Soda]]'' (1965), irresistibile ed esuberante parodia del genere Western, accoglie consensi sia di pubblico che di critica.
Pochi anni dopo sarà la volta di ''[[Vip - Mio fratello superuomo]]'' (1968), una parodia del genere supereroistico, assai in voga all'epoca. Dopo tanti cortometraggi satirici (spesso incentrati sul suo celebre "Signor Rossi") torna al lungometraggio con quello che viene considerato il suo lavoro più ambizioso: ''[[Allegro non troppo]]'' (1977). Ispirato al celebre ''[[Fantasia (film)|Fantasia]]'' della [[The Walt Disney Company|Disney]] è un film a tecnica mista, in cui gli episodi animati sono plasmati su celebri brani di musica classica. Uno dei protagonisti è l'attore e regista [[Maurizio Nichetti]] che anni più tardi, sulla falsariga del successo di ''[[Chi ha incastrato Roger Rabbit]]'', realizzerà il film ''[[Volere volare (film)|Volere volare]]'', dove realtà e fantasia, animazione e attori professionisti si interscambiano reciprocamente.
Anche registi maggiormente legati al genere brillante realizzarono alcune pellicole rientranti nel filone strappalacrime: [[Carlo Ludovico Bragaglia]], [[Mario Camerini]], [[Nunzio Malasomma]], [[Camillo Mastrocinque]], [[Mario Mattoli]], [[Giorgio Simonelli]] nonché due maestri della [[commedia all'italiana]] come [[Mario Monicelli]] e [[Steno]], che si concessero una divagazione melò con la pellicola ''[[Le infedeli]]'', uscita nel [[1953]]; persino [[Totò]] fece un'incursione in tale filone con ''[[Yvonne la Nuit]]'' (1949) di [[Giuseppe Amato]], uno dei suoi pochissimi film a carattere drammatico.
Nel decennio successivo l'animazione italiana entra in una nuova fase produttiva grazie allo studio torinese [[Lanterna Magica (azienda)|Lanterna Magica]] che nel 1996, con la regia di [[Enzo D'Alò]], realizza l'intrigante favola natalizia ''[[La freccia azzurra]]'', basata su un racconto di [[Gianni Rodari]], con musiche dell'artista astigiano [[Paolo Conte]].
Il film è un successo e apre la strada, negli anni successivi, ad altri lungometraggi. Infatti, nel 1998, dopo soli due anni di lavoro, viene distribuito ''[[La gabbianella e il gatto]]'' tratto dal romanzo ''[[Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare]]'' di [[Luis Sepúlveda]], che risulta essere un grande successo di pubblico, toccando un nuovo vertice del nostro cinema animato. L'opera vince una [[nastro d'argento]] e il premio del pubblico al Festival del cinema di Montreal.
Il regista [[Enzo d'Alò]], separatosi dallo studio Lanterna Magica, produrrà negli anni seguenti altre pellicole come ''[[Momo alla conquista del tempo (film)|Momo alla conquista del tempo]]'' (2001) e ''[[Opopomoz]]'' (2003).
Lo studio torinese distribuisce dal canto suo le pellicole ''[[Aida degli alberi]]'' (2001) e ''[[Totò Sapore e la magica storia della pizza]]'' (2003), accompagnati da un buon riscontro di pubblico.
Nel [[2003]] esce il primo film d'animazione in computer grafica di produzione interamente italiana dal titolo ''[[L'apetta Giulia e la signora Vita]]'', per la regia di Paolo Modugno.
Anche [[Riccardo Freda]], [[Duilio Coletti]], [[Marino Girolami]], [[Pietro Francisci]], [[Giorgio Ferroni]], [[Renato Castellani]] e [[Sergio Corbucci]], prima di prendere strade diverse nell'ambito del cinema di genere, hanno diretto (specialmente negli anni cinquanta) pellicole rientranti nel filone ''melò'', alcune delle quali derivanti da famosi romanzi d'appendice oppure ispirate a canzoni popolari di quel periodo (un altro modo di riferirsi a questi film era infatti ''Canzoni sceneggiate'') od a fatti di cronaca dell'epoca.
Nel [[2010]] giunge il primo film d'animazione italiano in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]] ovvero ''[[Winx Club 3D - Magica avventura]]'', tratto dall'omonima serie animata italiana che ha goduto di fama e successo in tutto il mondo.
Nel [[2012]] ottiene credito presso il pubblico la pellicola ''[[Gladiatori di Roma]]'', anch'esso girato in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]].
Da ultimo, nel [[2013]], esce ''[[Pinocchio (film 2012)|Pinocchio]]'', ancora del regista napoletano [[Enzo d'Alò]].
Nel decennio successivo il melodramma tenterà di aggiornarsi ai gusti del pubblico. I film di questo periodo hanno come argomento storie di minori con genitori distaccati o in procinto di separarsi, destinati a morire per una disgrazia o una malattia (tra gli attori del tempo, l'interprete più famoso è [[Renato Cestiè]], protagonista di titoli di successo come ''[[L'ultima neve di primavera]]'' e ''[[L'albero dalle foglie rosa]]''). Altri copioni raccontano coppie in crisi che ritrovano l'amore, prima di essere nuovamente separate da un destino avverso. Capostipiti di questo ''revival'' sono ''[[Incompreso (film 1966)|Incompreso]]'' (1966), di [[Luigi Comencini]] e ''[[Anonimo veneziano]]'' (1970), di [[Enrico Maria Salerno]], speculare per temi e propositi alla pellicola americana ''[[Love Story (film 1970)|Love Story]]'' (1970). La popolarità dei due film dà il via a una serie di imitazioni, più o meno esplicite, lungo tutti gli anni settanta ed ottanta.
== Il cinema di genere italiano ==
Accanto al cinema neorealista ed esistenziale degli autori, della commedia all'italiana e del cinema di denuncia sociale, a partire dal [[secondo dopoguerra]] si sviluppa un cinema italiano più popolare che se da una parte viene snobbato e osteggiato dalla critica, dall'altra viene accolto con entusiasmo da gran parte del pubblico, nazionale e internazionale.
Dopo aver toccato il proprio culmine negli [[Anni 1960|anni sessanta]] e [[Anni 1970|settanta]] del [[XX secolo|Novecento]], il cinema di genere entra in declino a metà degli [[Anni 1980|anni ottanta]] per due motivi principali: da una parte la grave crisi che colpisce tutto il cinema italiano e dall'altra l'affermazione della [[televisione commerciale]], che in pochi anni priva le sale cinematografiche del suo pubblico abituale. Tale tipo di cinema è venuto ad affievolirsi ed a scomparire all'inizio degli [[Anni 1990|anni novanta]].
A partire dagli anni novanta, in seguito alla crisi del cinema di genere italiano, il filone sentimentale è scomparso quasi del tutto dal grande schermo (tra le poche eccezioni si può citare ''[[Va' dove ti porta il cuore (film)|Va' dove ti porta il cuore]]'' di [[Cristina Comencini]] del 1996), trovando al contempo però grande spazio in [[televisione]] attraverso molte [[fiction televisiva|fiction]], anche se in seguito, negli anni 2000, lo stesso ha conosciuto un'effimera rinascita anche al cinema, grazie a diversi film sentimentali (rivolti perlopiù ad un pubblico giovanile), alcuni dei quali tratti dai romanzi di [[Federico Moccia]] (''[[Tre metri sopra il cielo (film)|Tre metri sopra il cielo]]'', ''[[Ho voglia di te (film)|Ho voglia di te]]'').
I [[generi cinematografici]] prodotti in [[Italia]] sono stati molteplici (variando a seconda dei decenni) e molte volte si sono incrociati tra loro, attraverso varie commistioni e fusioni. Qui di seguito è rappresentata una sommaria lista dei vari generi cinematografici che hanno incontrato, in periodi diversi, maggior successo.
===I generiPeplum popolari===
{{vedi anche|Peplum in Italia|Filmografia del Peplum all'italiana}}
====Melodramma====
[[File:figlidinessunoHerculesMagazine.jpg|destraminiatura|thumbsinistra|uprightverticale|[[Yvonne Sanson]] e [[Amedeo Nazzari]] inFiano unapubblicitario scenastatunitense del film ''[[ILe figlifatiche di nessunoErcole (film 1951)|ILe figlifatiche di nessunoErcole]]'' ([[1951]]1958) di [[RaffaelloPietro MatarazzoFrancisci]].]]
[[File:Le meravigliose avventure di Guerrin Meschino.jpg|miniatura|[[Gino Leurini]] e [[Leonora Ruffo]] in una scena del film ''[[Le meravigliose avventure di Guerrin Meschino]]'' (1952) di [[Pietro Francisci]].]]
Al filone del peplum appartengono numerosi film nati sulla scia del successo di [[kolossal]] hollywoodiani come ''[[Quo vadis (film 1951)|Quo vadis]]'' (1951) e prodottisi in Italia dalla metà degli anni cinquanta fino alla fine del decennio successivo.<ref name = "pep" >Steve Della Casa e Marco Giusti, ''Il grande libro di Ercole, Il cinema mitologico in Italia'', Edizioni Sabinæ, 2013</ref> Il brusco sviluppo di film americani girati in costume negli stabilimenti di [[Cinecittà]] ha generato una serie ininterrotta di imitazioni, portando sullo schermo pellicole di produzione italiana. Tali opere sono ambientate perlopiù nell'[[antichità]] e hanno come argomento accadimenti riguardanti fatti [[Mitologia|mitologici]], storici o biblici.
Tra i titoli di maggiore successo troviamo: ''[[Ulisse (film 1954)|Ulisse]]'' (1954) di [[Mario Camerini]], ''[[Ercole al centro della Terra]]'' (1961) di [[Mario Bava]], ''[[La regina di Saba (film 1952)|La regina di Saba]]'' (1952), ''[[Attila (film 1954)|Attila]]'' (1954), ''[[Le fatiche di Ercole (film)|Le fatiche di Ercole]]'' (1958) ed ''[[Ercole e la regina di Lidia]]'' (1959) di [[Pietro Francisci]]. Queste pellicole narrano le gesta di potenti eroi mitologici come [[Ercole]], [[Golia]], [[Maciste]], [[Sansone]] o [[Ursus (peplum)|Ursus]] e delle loro imprese epiche. Interpretati da attori americani con esperienze da body-builder come [[Gordon Scott]], [[Steve Reeves]], [[Mickey Hargitay]] e [[Brad Harris]], i forzuti entrano ben presto nell'immaginario collettivo. Alcune trame unite ai primitivi [[effetti speciali]] hanno contribuito ad etichettare da parte della critica, alcune volte, queste opere come mere riproposizioni dei più abbienti prodotti hollywoodiani.<ref name = "pep" /> Una delle maggiori produzioni è rappresentata dal kolossal ''[[Fabiola (film 1949)|Fabiola]]'' (1949), di [[Alessandro Blasetti]], uno dei maggiori sforzi produttivi del dopoguerra che grazie alla sua magniloquenza viene presto visionato anche all'estero, stabilendo (dai tempi di ''[[Cabiria]]'') un nuovo primato commerciale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1182}}.</ref>
Fra la metà degli [[Anni 1940|anni quaranta]] e la metà degli [[Anni 1950|anni cinquanta]] fiorisce il genere dei melodrammi popolari, detti comunemente ''strappalacrime''. Le esili trame sono spesso costruite attorno a giovani coppie unite dall'amore ma divise dai ceti sociali di appartenenza, con particolare insistenza sulle sofferenze, le vessazioni e le rinunce che i personaggi (soprattutto femminili) sono costretti a subire. I melodrammi ''strappalacrime'' vengono subito considerati dalla critica alla stregua di [[Fotoromanzo|fotoromanzi]] cinematografici e, dunque, privi di qualsiasi finalità artistica; per tutta risposta il successo di pubblico è immediato.
Analogo al [[peplum]] è il genere del [[cappa e spada]] (prodotto in Italia dalla metà degli anni quaranta alla metà degli anni ottanta), in cui si inseriscono film storici ambientati in epoche successive all'antichità ([[medioevo]], [[Rinascimento]], [[XIX secolo]] ecc..). Questi film narrano gesta di uomini e donne realmente esistiti, oppure vedono protagonisti i personaggi della [[romanzo di avventura|narrativa avventurosa]] o dei romanzi epico-cavallereschi.
Il regista principale è [[Raffaello Matarazzo]], attivo già dai tempi del fascismo e prolifico autore di una serie di film interpretati da [[Amedeo Nazzari]] e [[Yvonne Sanson]]. Il suo film ''[[Catene (film 1949)|Catene]]'' è il maggior incasso in Italia nella stagione [[1949]]-[[1950|50]], successo che prosegue anche nell'annata seguente, dove altre due sue pellicole, ''[[I figli di nessuno (film 1951)|I figli di nessuno]]'' e ''[[Tormento (film 1950)|Tormento]]'', entrambe ancora con la coppia Nazzari-Sanson protagonista, si piazzano rispettivamente al primo ed al secondo posto della classifica delle maggiori entrate cinematografiche. Di Matarazzo è da ricordare, inoltre, anche il lungometraggio ''[[La nave delle donne maledette]]'' ([[1953]]), dove il regista affronta il tema universale dell'ingiustizia con una carica erotica, per i tempi, assolutamente inusitata.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2223}}</ref>
=== Film musicali ===
Altri registi specializzati nel genere sono [[Guido Brignone]], [[Luigi Capuano]], [[Gennaro Righelli]], [[Mario Bonnard]], [[Ubaldo Maria Del Colle]], [[Giorgio Walter Chili]], [[Carlo Borghesio]], [[Giorgio Pàstina]], [[Flavio Calzavara]], [[Carlo Campogalliani]], [[Mario Sequi]], [[Roberto Mauri]], [[Carmine Gallone]], [[Leonardo De Mitri]], [[Giuseppe Guarino (regista)|Giuseppe Guarino]] e [[Mario Costa]]. [[Alberto Lattuada]] si cimenterà con tale filone con la pellicola ''[[Anna (film 1951)|Anna]]'' ([[1951]]) con protagonista [[Silvana Mangano]], che toccherà il miliardo di lire d'incasso. [[Riccardo Freda]], [[Sergio Corbucci]] e [[Vittorio Cottafavi]], prima di prendere strade diverse nell'ambito del cinema popolare, inizieranno le loro carriere proprio con questo genere di film.
{{vedi anche | Musicarello}}
[[File:Ettoregiannini.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Ettore Giannini]], autore del film ''[[Carosello napoletano]]'' (1953), unico musical cinematografico italiano ad aver ricevuto riconoscimenti di prestigio internazionale]]
La cinematografia italiana risulta pressoché estranea al genere del [[musical]], che in maniera opposta ha avuto ampio richiamo negli Stati Uniti e in altri Paesi europei. Tra i pochi film italiani ascrivibili al genere si può citare ''[[Carosello napoletano]]'' (1953) di [[Ettore Giannini]], interpretato tra gli altri dal cantante [[Giacomo Rondinella]] e da un'esordiente [[Sophia Loren]].
Nel decennio successivo il melodramma tenta di aggiornarsi ai gusti del pubblico. I film di questo periodo hanno come argomento storie di minori con genitori distaccati o in procinto di separarsi, destinati a morire per una disgrazia o una malattia. Altri copioni raccontano coppie in crisi che ritrovano l'amore, prima di essere nuovamente separate da un destino avverso. Capostipite di questo ''revival'' è la pellicola ''[[Incompreso (film 1966)|Incompreso]]'' di [[Luigi Comencini]]. Il successo del film dà il via a una serie di imitazioni più o meno esplicite lungo tutti gli anni sessanta e settanta. Tra i titoli di maggior successo si ricordano: ''[[Anonimo veneziano]]'' ed ''[[Eutanasia di un amore]]'' di [[Enrico Maria Salerno]], ''[[L'ultimo sapore dell'aria]]'' di [[Ruggero Deodato]], ''[[Cuore (film 1973)|Cuore]]'' di [[Romano Scavolini]], ''[[Il venditore di palloncini]]'' di [[Mario Gariazzo]], ''[[Bianchi cavalli d'agosto]]'' e ''[[L'ultima neve di primavera]]'' di [[Raimondo Del Balzo]]. Contemporaneamente si provvede a una riconsiderazione critica dei film di [[Raffaello Matarazzo]], a lungo considerato un mestierante senza personalità e ora rivalutato per la competenza della messa in scena e le invenzioni cinematografiche<ref>''Raffaello Matarazzo. Materiali'', Torino, 1977.</ref>. Nel [[1974]] vengono girati alcuni remake tratti dalle sue pellicole: ''[[I figli di nessuno (film 1974)|I figli di nessuno]]'' di [[Bruno Gaburro]] e ''[[Catene (film 1974)|Catene]]'' di [[Silvio Amadio]]. Il filone continua con successo fino alla metà degli [[Anni 1980|anni ottanta]], quando la scomparsa dei generi popolari relega i film sentimentali alla produzione televisiva.
La pellicola è una versione cinematografica dell'omonima opera teatrale, portata al successo in molti paesi d'oltreoceano.
Questo insolito film-rivista, aiutato da procedimenti stilistici piuttosto originali (con le scenografie di [[Mario Chiari]] e la fotografia di [[Giorgio Sommer]]), fonde l'eredità colta del [[vedutismo]] con l'ingenuità surreale degli ex voto, mescolando regia teatrale e cinematografica con ambizioni proprie del musical hollywoodiano.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 590}}.</ref>
In virtù di queste caratteristiche, il lungometraggio riceve, nella primavera dello stesso anno, il Prix International al [[Festival di Cannes]].<ref>{{cita web|url=http://www.festival-cannes.fr/en/archives/1954/allAward.html|titolo=Awards 1954|editore=festival-cannes.fr|accesso=1º giugno 2011|lingua=en|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131226220427/http://www.festival-cannes.fr/en/archives/1954/allAward.html|dataarchivio=26 dicembre 2013|urlmorto=sì}}</ref>
Dalla fine degli anni cinquanta e fino a tutti gli anni settanta, si sviluppa con notevole fortuna il sottofilone dei cosiddetti [[musicarelli]], che prevedono l'ingaggio e la partecipazione di numerosi cantanti di musica leggera, con l'unico intento di trasformare gli artisti in autentiche star del grande schermo. Queste produzioni (il più delle volte commedie a carattere sentimentale) vedono come protagonisti i cantanti italiani più in voga come Adriano Celentano, [[Mina (cantante)|Mina]], [[Little Tony]], [[Rita Pavone]], [[Gianni Morandi]], [[Caterina Caselli]], [[Iva Zanicchi]], [[Domenico Modugno]] e [[Claudio Villa]], i quali, tra una sequenza e l'altra, propongono le varie hits del momento. L'operazione si rivela un successo, consolidando la fama di molte voci italiane, soprattutto di [[Gianni Morandi]] e [[Rita Pavone]], che più di tutti incarnavano l'allegria e la spensieratezza del mondo degli [[adolescenza|adolescenti]]. Tra i titoli più rappresentativi si ricordano: ''[[Primo applauso (film)|Primo applauso]]'' (1957) di [[Pino Mercanti]], ''[[I ragazzi del juke-box]]'' (1959) e ''[[Urlatori alla sbarra]]'' (1960), di [[Lucio Fulci]], ''[[In ginocchio da te]]'' (1964), di [[Ettore Maria Fizzarotti]] e ''[[Rita la zanzara]]'' (1966), per la regia di [[Lina Wertmüller]].<ref>Daniele Magni, Cuori matti - Dizionario dei musicarelli anni '60, 2002</ref>
In tale genere va inserito il fortunato sotto-filone delle sceneggiate napoletane, interpretate da un'autentica schiera di divi regionali: [[Pino Mauro]], [[Mario Trevi (cantante)|Mario Trevi]] e soprattutto [[Mario Merola]] e [[Nino D'Angelo]]. I titoli più famosi di questo sottofilone sono: ''[[Zappatore (film 1980)|Zappatore]]'', ''[[Lacrime napulitane]]'', ''[[Carcerato (film 1981)|Carcerato]]'' e ''[[I figli... so' pezzi 'e core]]''.
=== Fantascienza ===
====Peplum e Cappa e spada====
{{vedi anche|Cinema italiano di fantascienza|Filmografia del cinema italiano di fantascienza}}
{{vedi anche|Peplum}}
[[File:HerculesMagazineTerrore nello spazio (film 1965).jpgJPG|sinistra|thumbminiatura|upright|La locandina americanaUn'immagine del film ''[[LeTerrore fatichenello di Ercolespazio (film 1965)|LeTerrore fatichenello di Ercolespazio]]'' ([[1958]]1965) di [[PietroMario FrancisciBava]]]]
Appartengono al genere [[peplum]] una vasta quantità di film ambientati esclusivamente nell'[[antichità]], narranti fatti [[Mitologia|mitologici]] o biblici, nati sulla scia del successo di [[kolossal]] [[hollywood]]iani come ''[[Ben-Hur (film 1959)|Ben Hur]]''. Tali pellicole narrano le gesta di potenti eroi mitologici come [[Ercole]], [[Golia]], [[Maciste]], [[Sansone]] o [[Ursus (peplum)|Ursus]]. Queste figure si pongono costantemente in lotta per liberare popoli da mostri di varia natura o sovrani malvagi, investendosi della missione di salvare [[Damigella in pericolo|fanciulle in pericolo]]. Tali personaggi entrano da subito nell'immaginario collettivo e vengono interpretati da attori americani, provenienti da esperienze di [[Culturismo|body-builder]] come [[Gordon Scott]], [[Steve Reeves]] e [[Brad Harris]]. Dalla metà degli [[Anni 1960|anni sessanta]] il genere inizia a mescolarsi ad altri, in particolare con il [[Cinema dell'orrore|horror]], a causa di una iniziale disaffezione del pubblico nei confronti di queste pellicole.
Per quanto non molto ricordato, il cinema italiano ha saputo esprimere un proprio filone di [[cinema di fantascienza|fantascienza]], sebbene realizzato in maniera assai più artigianale rispetto a quello [[hollywood]]iano, di cui è rimasto prevalentemente al traino. Se si escludono pellicole del periodo del muto<ref name="Chiavini_2003_145">{{cita libro
Le trame incrociate e sincretiche, che legano improbabili compresenze di miti ed eroi, il [[dialogo]] fuori sincrono, la recitazione legnosa dei personaggi, uniti ai primitivi [[effetti speciali]] hanno contribuito non poco ad etichettare tali opere come mere e semplici riproposizioni degli abbienti e sfarzosi peplum hollywoodiani. Non sono mancate, comunque, produzioni di maggior qualità che hanno visto come protagonisti affermati interpreti nazionali ed esteri. Eccezion fatta per i kolossal del muto, già esaminati in precedenza, alcuni titoli tra i più significativi usciti tra gli anni cinquanta e sessanta sono: ''[[Ulisse (film)|Ulisse]]'' di [[Mario Camerini]] (1954), con [[Kirk Douglas]] e [[Silvana Mangano]], ''[[Le fatiche di Ercole (film)|Le fatiche di Ercole]]'' (1958) di [[Pietro Francisci]], ed ''[[Ercole al centro della Terra]]'' (1961) del regista ligure [[Mario Bava]].
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
Analogo al [[peplum]] è il genere "[[cappa e spada]]", in cui, si inseriscono film avventurosi e storici ambientati nel [[Medioevo]] o nel [[Rinascimento]]. Tali film narrano le gesta di uomini e donne realmente esistiti oppure vedono protagonisti i personaggi della [[romanzo di avventura|narrativa avventurosa]].
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
La critica ha inseguito bollato questi generi come immensi spettacoli di cartapesta, promossi al puro scopo commerciale, volutamente privi di qualsiasi velleità artistica.
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=145
}}</ref> e film [[Farsa (genere teatrale)|farseschi]] come ''[[Mille chilometri al minuto!]]'' (1939), ''[[Baracca e burattini]]'' (1954) e ''[[Totò nella luna]]'' (1958), la fantascienza ''"made in Italy"'' si sviluppa a partire dagli anni cinquanta quando, venuto meno il [[Censura fascista|protezionismo del regime]], il mercato italiano viene invaso dai ''[[blockbuster (intrattenimento)|blockbuster]]'' d'oltreoceano.<ref name="Pagetti">Carlo Pagetti, {{SFEncyclopedia|Italy}}</ref> Tra i primi registi a cimentarsi nel genere si segnalano [[Paolo Heusch]] con ''[[La morte viene dallo spazio]]'' (1958) e [[Riccardo Freda]] con ''[[Caltiki, il mostro immortale]]'' (1959).
Tra gli autori emerge soprattutto il regista [[Antonio Margheriti]], che si distingue nell'ambito dell'[[space opera|avventura spaziale]]. Margheriti - quasi sempre sotto lo pseudonimo di Anthony M. Dawson - è stato autore di numerosi film di genere dal solido impianto tecnico e realizzativo, seppur minati da pesantissimi limiti di budget.<ref name="Pagetti" /> Il suo lungometraggio dal titolo ''[[Space Men]]'' (1960) è uno dei primi esempi di "[[space opera]]" del cinema italiano, cui seguono ''[[Il pianeta degli uomini spenti]]'' (1961) e il ciclo della stazione spaziale [[Gamma Uno]] (composto da quattro film girati contemporaneamente in 12 settimane e distribuiti tra il 1965 e il 1967). Nonostante il livello degli [[effetti speciali]] sia [[film a basso costo|di basso costo]], le opere di Margheriti riescono a riscuotere una certa attenzione in Italia e all'estero, contribuendo all'espansione del filone. Su questa scia si muovono [[Ubaldo Ragona]], [[Carlo Ausino]] e [[Pietro Francisci]]. Nel corso degli anni sessanta queste produzioni crescono a dismisura, con la peculiarità di fondersi frequentemente con altri generi o sottogeneri, come quello dell'orrore e dello [[Fantaspionaggio|spionaggio]].
Un chiaro esempio è il [[fanta-horror]] ''[[Terrore nello spazio (film 1965)|Terrore nello spazio]]'' (1965), del cineasta [[Mario Bava]], che mescola con creatività atmosfere proprie dell'horror e della fantascienza.<ref name="Chiavini_2003_145" />
[[File:Decimavittima.jpg|miniatura|[[Marcello Mastroianni]] in una scena de ''[[La decima vittima]]'' (1965) di [[Elio Petri]]]]
Il genere ha inoltre catturato l'attenzione di altri cineasti, alcuni dei quali propriamente ascrivibili al [[cinema d'autore]].<ref name="Chiavini_2003_161">{{cita libro
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=161
}}</ref> [[Elio Petri]] dirige nel 1965 ''[[La decima vittima]]'' - basato su un racconto di [[Robert Sheckley]] - mentre [[Marco Ferreri]] porta sullo schermo l'apocalittico ''[[Il seme dell'uomo]]'' (1969), dove il pessimismo dell'autore si trasforma in una feroce critica verso tutta la comunità umana. Nello stesso periodo il cinema italiano di fantascienza viene a incrociarsi con quello della [[satira]] sociale, offrendo in questo ambito alcuni contributi originali.<ref name="Pagetti" /> Esempi di questo tipo sono ''[[Omicron (film)|Omicron]]'' (1963) di [[Ugo Gregoretti]], ''[[Il disco volante]]'' di [[Tinto Brass]] (1964)<ref name="Pagetti" /> e la bizzarra commedia [[fantapolitica]] ''[[Colpo di stato (film 1969)|Colpo di stato]]'' (1969), diretta dal regista [[Luciano Salce]].
Dalla fine degli anni settanta - esauritasi la [[Il Sessantotto|spinta contestatrice]] - la produzione vira verso temi più avventurosi, spensierati e infantili. Tra le opere più emblematiche del periodo viene citata ''[[Scontri stellari oltre la terza dimensione]]'' (1978), di [[Luigi Cozzi]], uscita a poca distanza dal primo episodio di ''[[Guerre stellari (film)|Guerre stellari]]'' (1977), diretto da [[George Lucas]] e promosso come risposta italiana a tale film, nonostante risultasse, per gli standard hollywoodiani, chiaramente un ''[[B movie]]''. Non va dimenticato lo sviluppo di vari sottogeneri come la [[fantascienza apocalittica]] e [[Fantascienza post apocalittica|post atomica]] che ha visto impegnare, nei primi anni ottanta, numerosi registi italiani. Il capostipite di tali ''action'' futuristici è ''[[1990 - I guerrieri del Bronx]]'' (1982), girato da [[Enzo G. Castellari]]; autore che, nel corso del tempo, ha diretto agevolmente variegate pellicole, ottenendo all'estero una certa visibilità.
Dopo una produzione commerciale relativamente ricca di film a basso costo, negli anni novanta si distingue ''[[Nirvana (film)|Nirvana]]'' (1997), di [[Gabriele Salvatores]], una pellicola ispirata al [[cyberpunk]] che costituisce la produzione cinematografica di fantascienza italiana più costosa di sempre e quella di maggiore successo commerciale.<ref name="Muccino 2003">{{cita web|url=https://www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/rabbiamuccino/rabbiamuccino/rabbiamuccino.html|sito=La Repubblica/spettacoli_e_cultura|titolo=Muccino: "Mi hanno punito ma non mi lascio abbattere"|accesso=9 aprile 2012}}</ref><ref name="business Nirvana">{{Cita libro|autore=Roberto Chiti|autore2=Enrico Lancia|autore3=Roberto Poppi|titolo=Dizionario del cinema italiano|url=http://books.google.com/books?id=Wi9fOUNFoDgC&pg=PA68|accesso=5 maggio 2012|anno=2002|editore=Gremese Editore|pagine=68|isbn=978-88-8440-137-3}}</ref> Salvatores torna a testare il genere nel 2014 con il [[film drammatico]]-fantascientifico ''[[Il ragazzo invisibile]]''. Nel 2016 ottiene risalto la pellicola ''[[Lo chiamavano Jeeg Robot]]'', dell'esordiente [[Gabriele Mainetti]].
=== Western ===
{{vedi anche|Western all'italiana}}
[[File:Sergio Leone.jpg|thumbminiatura|verticale|sinistra|[[Sergio Leone]] sul set di ''[[C'era una volta in America]]'']]
[[Sergio Leone]] è unanimamenteunanimemente considerato il precursore del cinema [[western all'italiana]]. Figlio del cineasta [[Roberto Roberti]], dopointraprende alcunela proveprofessione come aiuto regista in varie produzioni hollywoodiane, fa il suo esordiodebuttando alla regia nel 1961, con il [[peplum]] ''[[Il colosso di Rodi]]'' (1961). DueTre anni più tardi, sullasulle sciaorme dei grandi maestri americani, si dedica al genere western lanciando nelle sale il film ''[[Per un pugno di dollari]]'' (1964), seguito da ''[[Per qualche dollaro in più]]'' (1965) e dalda ''[[Il buono, il brutto, il cattivo]]'' (1966). TaliQueste filmproduzioni, vengonotutte comunementeinterpretate denominatidall'attore laamericano [[trilogiaClint del dollaroEastwood]]. La forza innovativa di tali pellicole risiede nel rifiuto del western americano tradizionale, nonvengono piùcomunemente incentrato sul mito della frontiera o sulle guerre con gli indiani ma su eroi cinici e disincantati, avvolti in un mondo dove conta solodenominate la violenza e la sopraffazione<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2517}}</ref>. Tutto ciò è rafforzato da uno stile registico irreale e iperbolico, perfettamente coadiuvato dalle colonne sonore di [[Enniotrilogia Morriconedel dollaro]].
La qualità filmica della trilogia raggiunge l'apice con ''[[Il buono, il brutto, il cattivo]]'': una sorta di aggiornamento de ''[[La grande guerra]]'' di [[Mario Monicelli]] e raccontato mescolando toni picareschi a momenti di grande lirismo.
A questo trittico seguiranno il [[kolossal]] epico ''[[C'era una volta il West]]'' ([[1968]]), girato in parte nella [[Monument Valley]], e ''[[Giù la testa]]'' ([[1971]]). [[Sergio Leone]], snobbato all'epoca da buona parte della critica, viene oggi celebrato come uno dei registi italiani più noti e acclamati nel mondo.
La forza innovativa di tali pellicole risiede nel rifiuto del western americano tradizionale, non più incentrato su trame sentimentali, sul mito della frontiera o sulle guerre con gli indiani ma su eroi cinici e disincantati, avvolti in un mondo dove conta solo la violenza e la sopraffazione.<ref name = "ws" >{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2517}}.</ref> Tutto ciò è rafforzato da uno stile registico irreale e iperbolico, perfettamente coadiuvato dalle colonne sonore di [[Ennio Morricone]]. È l'inizio di un nuovo modo di concepire il genere, tutto giocato sulla forza dei primi piani che svelano la crudele ieraticità degli attori e conquistano il pubblico con la forza di un pugno nello stomaco.<ref name = "ws" />
Il successo mondiale dei film di Leone apre la strada a una moltitudine d'imitazioni ''made in Italy'' (circa cinquecento pellicole spalmate in quindici anni), alcune delle quali hanno riscontrato un notevole seguito sia nazionale che estero. È il caso del lungometraggio ''[[Django]]'' ([[1966]]), diretto da [[Sergio Corbucci]]. ''Django'' (primo western italiano vietato ai minori di diciotto anni) ha conosciuto una larga fortuna oltre oceano, lanciando il divo e primo attore [[Franco Nero]]. Il film ha dato vita a una miriade di imitazioni e un solo [[sequel]] originale: ''[[Django 2 - Il grande ritorno]]'', per la regia di Ted Archer (1987). Il regista americano [[Quentin Tarantino]] ha intitolato il suo primo e unico western con il nome di ''[[Django Unchained]]'', dichiarato omaggio al film di Corbucci. Oltre a [[Franco Nero]] si sono distinti nel genere altri attori di fama quali [[Giuliano Gemma]], [[Fabio Testi]] ed [[Enrico Maria Salerno]].
La qualità filmica della trilogia raggiunge il suo vertice con ''[[Il buono, il brutto, il cattivo]]'': una sorta di aggiornamento de ''[[La grande guerra]]'' di [[Mario Monicelli]] e raccontato mescolando toni picareschi a momenti di grande lirismo.
[[File:Lo chiamavano Trinità.png|thumb|left|[[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] in una scena di ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' ([[1970]]) di [[E.B. Clucher]]]]
A questo trittico seguiranno il [[kolossal]] epico ''[[C'era una volta il West]]'' (1968), girato in parte nella [[Monument Valley]], e ''[[Giù la testa]]'' (1971), che risente esplicitamente del clima della contestazione. [[Sergio Leone]], snobbato all'epoca da buona parte della critica, viene oggi celebrato come uno dei registi italiani più noti e acclamati nel mondo.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/sergio-leone_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo= Sergio Leone - Treccani |accesso=1º giugno 2015}}</ref>
[[File:Django-12.jpg|miniatura|destra| [[Franco Nero]] in ''[[Django (film 1966)|Django]]'' (1966) di [[Sergio Corbucci]]]]
Tra le altre pellicole rientranti nel medesimo genere si ricordano: ''[[Il grande silenzio (film 1968)|Il grande silenzio]]'' ([[1969]]) e ''[[Vamos a matar, compañeros]]'' ([[1970]]), sempre di [[Sergio Corbucci]], ''[[La resa dei conti (film 1966)|La resa dei conti]]'' ([[1966]]) e ''[[Faccia a faccia (film 1967)|Faccia a faccia]]'' ([[1967]]) di [[Sergio Sollima]], ''[[Una pistola per Ringo]]'' ([[1965]]), ''[[Il ritorno di Ringo]]'' ([[1966]]) e ''[[Viva la muerte... tua!]]'' ([[1972]]) di [[Duccio Tessari]], ''[[Quién sabe?]]'' ([[1966]]) di [[Damiano Damiani]], ''[[Tepepa]]'' ([[1968]]) di [[Giulio Petroni]], ''[[Keoma]]'' ([[1976]]) di [[Enzo G. Castellari]], ''[[Le colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro]]'' ([[1966]]), ''[[I quattro dell'apocalisse]]'' ([[1975]]) e ''[[Sella d'argento]]'' ([[1978]]) di [[Lucio Fulci]].
Il successo mondiale dei film di Leone apre la strada a una moltitudine d'imitazioni ''made in Italy'' (circa cinquecento pellicole spalmate in quindici anni), alcune delle quali hanno riscontrato un notevole seguito sia nazionale che estero. È il caso del lungometraggio ''[[Django (film 1966)|Django]]'' (1966), diretto da [[Sergio Corbucci]]. ''Django'' (primo western italiano vietato ai minori di diciotto anni) ha conosciuto una larga fortuna oltre oceano, lanciando il divo e primo attore [[Franco Nero]]. Il film ha dato vita a una miriade di imitazioni e un solo [[sequel]] originale: ''[[Django 2 - Il grande ritorno]]'' (1987), per la regia di Ted Archer. Tra i volti italici più noti del western all'italiana, oltre a [[Franco Nero]], si menzionano: [[Giuliano Gemma]], [[Fabio Testi]] e [[Gian Maria Volonté]].
[[File:Lo chiamavano Trinità.png|miniatura|sinistra|upright=1.2|[[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] in una scena di ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' (1970) di [[E.B. Clucher]]]]
Al filone degli ''spaghetti-western'' si ricollegano le [[commedia|commedie]] vicine al genere del [[film comico]], scritte e dirette dal regista [[E.B. Clucher|Enzo Barboni]] (firmatosi sempre con lo pseudonimo di [[E.B. Clucher]]) e con protagonisti gli attori [[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] (nomi d'arte degli italiani [[Bud Spencer|Carlo Pedersoli]] e [[Terence Hill|Mario Girotti]]). I due film più importanti del duo, che coniugano con simpatia risate e scene d'azione, sono ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' ([[1970]]) e il seguito ''[[...continuavano a chiamarlo Trinità]]'' ([[1972]]), quest'ultimo è risultato [[campione d'incassi]] nella stagione cinematografica [[1971]]-[[1972]]. Entrambi gli attori, su proposta del regista [[Ermanno Olmi]], vengono insigniti, nel 2010, del [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] alla carriera. Da menzionare, inoltre, il film del [[1973]] ''[[Il mio nome è Nessuno]]'', per la regia di [[Tonino Valerii]]. La pellicola, prodotta da [[Sergio Leone]] e interpretata da [[Terence Hill]], unisce l'epicità di opere come ''C'era una volta il West'' con elementi tipici della farsa e della commedia.
Altre pellicole rientranti nella medesima categoria sono: ''[[Duello nel Texas]]'' (1963), di [[Mario Caiano]], ''[[Il grande silenzio (film 1968)|Il grande silenzio]]'' (1969) e ''[[Vamos a matar compañeros]]'' (1970), sempre di [[Sergio Corbucci]], ''[[La resa dei conti (film 1966)|La resa dei conti]]'' ([[1966]]), ''[[Faccia a faccia (film 1967)|Faccia a faccia]]'' (1967) e ''[[Corri uomo corri]]'' (1968), di [[Sergio Sollima]], ''[[Quién sabe?]]'' (1966), di [[Damiano Damiani]], ''[[Una pistola per Ringo]]'' (1965), ''[[Il ritorno di Ringo]]'' (1966) e ''[[Viva la muerte... tua!]]'' (1972), di [[Duccio Tessari]]. Dello stesso tenore sono i lungometraggi ''[[Arizona Colt]]'' (1966), di [[Michele Lupo (regista)|Michele Lupo]], ''[[Sugar Colt]]'' (1966), di [[Franco Giraldi]], ''[[I giorni dell'ira]]'' (1967), di [[Tonino Valerii]], ''[[T'ammazzo!... Raccomandati a Dio]]'' (1968), di [[Osvaldo Civirani]] e ''[[Tepepa]]'' (1968) di [[Giulio Petroni]]. Negli anni settanta si evidenziano: ''[[Matalo!]]'' (1970), di [[Cesare Canevari]], ''[[Ehi amigo... sei morto!]]'' (1970), di [[Paolo Bianchini]], ''[[La vendetta è un piatto che si serve freddo]]'' (1971), di [[Pasquale Squitieri]], ''[[Keoma]]'' (1976), di [[Enzo G. Castellari]], ''[[I quattro dell'apocalisse]]'' (1975) e ''[[Sella d'argento]]'' (1978), di Lucio Fulci.
Al filone degli [[spaghetti-western]] si ricollegano le movimentate [[commedia|commedie]] scritte e dirette dal regista [[E.B. Clucher|Enzo Barboni]] (firmatosi sempre con lo pseudonimo di [[E.B. Clucher]]) e con protagonisti gli attori [[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] (nomi d'arte degli italiani [[Bud Spencer|Carlo Pedersoli]] e [[Terence Hill|Mario Girotti]]). I due film più importanti del duo, che coniugano con simpatia risate e scene d'azione, sono ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' (1970) e il seguito ''[[...continuavano a chiamarlo Trinità]]'' (1972), quest'ultimo è risultato [[campione d'incassi]] nella stagione cinematografica 1971-1972. Entrambi gli attori, su proposta del regista [[Ermanno Olmi]], vengono insigniti, nel 2010, del [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] alla carriera.<ref>{{cita web|url=http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/david-alla-carriera-a-tonino-guerra-bud-spencer-e-terence-hill/388449|titolo= David alla carriera a Tonino Guerra, Bud Spencer e Terence Hill |accesso=10 novembre 2015}}</ref> Da menzionare il crepuscolare e ibrido ''[[Il mio nome è Nessuno]]'' (1973), per la regia di [[Tonino Valerii]]. La pellicola, prodotta da [[Sergio Leone]] e interpretata da [[Terence Hill]] ed [[Henry Fonda]], unisce l'epicità di opere come ''C'era una volta il West'' con elementi tipici della farsa e della commedia.
=== Giallo, thriller e horror ===
{{vedi anche|Cinema dell'orrore in Italia|Giallo all'italiana}}
[[File:DarioArgentoMario Bava.jpg|sinistradestra|thumbminiatura|[[DarioMario ArgentoBava]]]]
Grande rilevanza assumono le categorie del [[Film thriller|thriller]] e dell'[[cinema dell'orrore|horror]], che proprio in Italia hanno avuto, a partire dal ''protogiallo'' prima e dagli anni Sessanta poi, un notevole successo, protrattosi felicemente per almeno tre decenni. I registi italiani che si sono cimentati in queste produzioni sono stati fonte d'ispirazione per un'intera schiera di cineasti internazionali tra i quali si ricordano: [[Brian De Palma]], [[Tim Burton]] e [[Quentin Tarantino]].<ref name = "tt" >{{cita web|url=https://www.corriere.it/solferino/severgnini/09-10-30/09.spm|titolo=Tarantino e i film italiani degli anni settanta|accesso=29 giugno 2015}}</ref>
[[File:DarioArgento.jpg|sinistra|miniatura|[[Dario Argento]]]]
I due autori di maggior rilievo sono stati [[Mario Bava]] e [[Dario Argento]]. Il primo, direttore della fotografia passato alla regia, ha attuato un deciso presupposto per creare un vero horror di qualità, rivelandosi, al tempo stesso, un notevole narratore di immagini, colto e raffinato. Basilare per lo sviluppo del genere è il suo film d'esordio ''[[La maschera del demonio (film 1960)|La maschera del demonio]]'' (1960), la cui trama prende spunto dal racconto ''[[Il Vij]]'' di [[Nikolaj Vasil'evič Gogol']], che tratteggia la figura del vampiro in maniera inconsueta e originale, in aperta opposizione a quella dell'iconografia tradizionale.<ref>Pezzotta, Alberto. Note interne dell'edizione italiana del film in DVD, RHV, 2004</ref> La ricercata fotografia, gli innovati effetti speciali e il fascino misterioso dell'attrice [[Barbara Steele]] contribuiscono a creare un soggetto gotico molto personale, venendo più volte elogiato da molta critica inglese e francese.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2012}}.</ref>
Altri titoli fondamentali della sua filmografia sono: ''[[La frusta e il corpo]]'' (1962), ''[[I tre volti della paura]]'' (1965), ''[[Operazione paura]]'' (1966) e l'antesignano del moderno [[slasher]] ''[[Reazione a catena (film 1971)|Reazione a catena]]'' (1971).
[[Dario Argento]], ideale continuatore di certe atmosfere baviane, ha avuto il merito di trainare l'horror italiano verso il grande pubblico, riscontrando successo per tutti gli anni settanta e ottanta. La poesia macabra di Argento è resa tale da una sapiente miscela che varia dal thriller all'horror di natura [[fantastico|fantastica]], con lungometraggi che sono tuttora presi a modello sia dal punto di vista estetico che da quello narrativo.
Pur avendo attinto da pellicole come ''[[La ragazza che sapeva troppo (film 1963)|La ragazza che sapeva troppo]]'' (1963) e ''[[Sei donne per l'assassino]]'' (1964) di Mario Bava, Argento, nelle sue opere migliori, ha saputo emanciparsi dal suo maestro grazie a un uso incalzante del montaggio in combinazione a colonne sonore rimaste negli annali (fondamentale la collaborazione con il gruppo musicale dei [[Goblin (gruppo musicale)|Goblin]]). Opere come ''[[L'uccello dalle piume di cristallo]]'' (1970) e ''[[Profondo rosso]]'' (1975), hanno imposto figure e maniere (killer con impermeabile nero, soggettive dell'assassino, telefonate misteriose etc..) ampiamente riprese da tutto il thriller italiano e internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3505}}.</ref>
Tra i vari titoli della sua filmografia si ricordano: ''[[Il gatto a nove code]]'' (1971), ''[[4 mosche di velluto grigio]]'' (1971), ''[[Suspiria]]'' (1977), ''[[Inferno (film 1980)|Inferno]]'' (1980), ''[[Tenebre (film 1982)|Tenebre]]'' (1982), ''[[Phenomena]]'' (1985) ed ''[[Opera (film)|Opera]]'' (1987).
[[File:Profondo rosso (1975) Giuliana Calandra (2).png|miniatura|[[Giuliana Calandra]] in ''[[Profondo rosso]]'' (1975) di [[Dario Argento]]]]
Un altro pioniere è l'artista [[Riccardo Freda]], che con il gotico ''[[I vampiri (film 1957)|I vampiri]]'' (1956), diviene il primo regista italiano, dell'epoca del sonoro, a dirigere un film dal solido impianto horror.<ref>{{fantafilm|1951e/57-47|I vampiri|5 aprile 2012}}</ref> Altri suoi lungometraggi da segnalare sono ''[[L'orribile segreto del dr. Hichcock]]'' (1962) e ''[[Lo spettro (film 1963)|Lo spettro]]'' (1963). Sempre negli anni sessanta si registrano la pellicole ''[[Il mulino delle donne di pietra]]'' (1960), di [[Giorgio Ferroni]] e ''[[Danza macabra (film 1964)|Danza macabra]]'' (1964), di [[Antonio Margheriti]], dove l'eleganza classica della messa in scena fonde il romanticismo macabro con temi sessuali morbosi e suggestivi.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 883}}.</ref>
Nell'ambito di questi due generi, tuttavia, intorno agli anni settanta si sviluppa un'ondata di registi che ha reinventato diverse forme di [[cinema horror]] lasciando contributi di assoluto rilievo. Fra i tanti è possibile ricordare [[Lucio Fulci]] con le opere ''[[Una lucertola con la pelle di donna]]'' (1971), ''[[Non si sevizia un paperino]]'' (1972), che gli fanno guadagnare dalla stampa francese gli appellativi di ''poeta del macabro'' e ''Godfather of gore''.<ref name="monografiaILTERRORISTADEIGENERI1">{{cita libro|Paolo Albiero &|Giacomo Cacciatore|Perché Lucio Fulci?, in op. cit.|p=15}}</ref> La critica italiana, viceversa, ha rivalutato le opere fulciane solo in tempi recenti, considerando molti suoi film veri e propri capisaldi del genere [[splatter]].<ref name="monografiaFILMARELAMORTE">{{cita libro|As Chianese &|Gordiano Lupi|Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci|2006|Edizioni Il Foglio|Piombino|isbn=88-7606-101-0|p=9}}</ref>
[[File:Finestra che ride.jpg|miniatura|sinistra|Un fotogramma de ''[[La casa dalle finestre che ridono]]'' (1976) di [[Pupi Avati]].]]
Per quanto riguarda il [[cinema di genere]], un'importante rilevanza va data al [[Film thriller|thriller]] e all'[[cinema dell'orrore|horror]], che proprio in Italia hanno avuto, all'inizio degli anni sessanta, un notevole successo, che si è protratto con fortuna per molti decenni. I registi italiani che si sono cimentati in tali generi sono stati spesso fonte d'ispirazione per un'intera schiera di registi internazionali tra i quali si ricordano: [[Quentin Tarantino]], [[Brian De Palma]] e [[Tim Burton]].
[[File:La Maschera del Demonio.jpg|thumb|upright=1.4|[[Barbara Steele]] in una scena del film ''[[La maschera del demonio (film 1960)|La maschera del demonio]]'' ([[1960]]) di [[Mario Bava]]]]
I due registi di maggior rilievo e importanza sono stati [[Mario Bava]] e [[Dario Argento]]. Il primo, direttore della fotografia passato alla regia, ha creato un deciso presupposto per creare un vero horror di qualità, rivelandosi, al tempo stesso, un notevole narratore di immagini, colto e raffinato. Fra i titoli fondamentali della sua filmografia si enumerano: ''[[La maschera del demonio (film 1960)|La maschera del demonio]]'' ([[1960]]), ''[[La frusta e il corpo]]'' ([[1962]]), ''[[I tre volti della paura]]'' ([[1965]]), ''[[Operazione paura]]'' ([[1966]]) e l'antesignano del moderno [[slasher]] ''[[Reazione a catena (film 1971)|Reazione a catena]]'' ([[1971]]).
Non passa inosservato il regista bolognese [[Pupi Avati]] che si mette in evidenza con le pellicole ''[[La casa dalle finestre che ridono]]'' (1976) e ''[[Zeder]]'' (1983). Si segnalano ulteriormente le opere di [[Ubaldo Ragona]] con ''[[L'ultimo uomo della Terra]]'' (1963) e [[Francesco Barilli]] che dirige ''[[Il profumo della signora in nero]]'' (1974). Si possono menzionare ancora: [[Sergio Martino]] per i film ''[[Lo strano vizio della signora Wardh]]'' (1970) e ''[[I corpi presentano tracce di violenza carnale]]'' (1972), [[Ruggero Deodato]] con ''[[La casa sperduta nel parco]]'' (1980), [[Pasquale Festa Campanile]] per la pellicola ''[[Autostop rosso sangue]]'' (1977), [[Aldo Lado]] con ''[[La corta notte delle bambole di vetro]]'' (1971) e ''[[Chi l'ha vista morire?]]'' (1972) e [[Massimo Dallamano]] nei seguenti ''[[Cosa avete fatto a Solange?]]'' (1972)'' e [[Il medaglione insanguinato]]'' (1974).
[[Dario Argento]], ideale continuatore di certe atmosfere baviane, ha avuto il merito di trainare l'horror italiano verso il grande pubblico, riscontrando fortuna e successi per tutti gli anni settanta e ottanta. La poesia macabra di Argento è resa tale da una sapiente miscela che varia dal thriller all'horror di natura [[fantastico|fantastica]], con pellicole che sono tuttora prese a modello sia dal punto di vista estetico che da quello narrativo.
Pur avendo attinto a piene mani da pellicole come ''[[La ragazza che sapeva troppo]]'' ([[1963]]) e ''[[Sei donne per l'assassino]]'' ([[1964]]) di Mario Bava, Argento, nelle sue opere migliori, ha saputo emanciparsi dal suo maestro grazie ad un uso incalzante del montaggio in combinazione a colonne sonore rimaste negli annali (fondamentale, nel suo periodo d'oro, la collaborazione con il gruppo musicale dei [[Goblin (gruppo musicale)|Goblin]]). Opere come ''[[L'uccello dalle piume di cristallo]]'' (1970) e ''[[Profondo rosso (film 1975)|Profondo rosso]]'' (1975), hanno imposto figure e maniere (killer con impermeabile nero, soggettive dell'assassino, telefonate misteriose etc..) ampiamente riprese da tutto il thriller italiano e internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3505}}</ref>
Tra i vari titoli della sua filmografia si ricordano: ''[[Il gatto a nove code]]'' ([[1971]]), ''[[4 mosche di velluto grigio]]'' ([[1971]]), ''[[Suspiria]]'' ([[1977]]), ''[[Inferno (film 1980)|Inferno]]'' ([[1980]]), ''[[Tenebre (film 1982)|Tenebre]]'' ([[1982]]), ''[[Phenomena]]'' ([[1985]]) ed ''[[Opera (film)|Opera]]'' ([[1987]]).
[[File:Profondo rosso.jpg|thumb|left|[[Giuliana Calandra]] in una famosa sequenza di ''[[Profondo rosso (film 1975)|Profondo rosso]]'' ([[1975]]) di [[Dario Argento]]]]
Nel decennio successivo si mette in mostra [[Lamberto Bava]] (figlio di [[Mario Bava|Mario]]), presentando numerosi lungometraggi che virano decisamente verso l'[[horror]] e lo [[splatter]]. Tra i molti si riportano: ''[[Macabro (film 1980)|Macabro]]'' (1980), ''[[La casa con la scala nel buio]]'' (1983), il dittico ''[[Dèmoni (film)|Dèmoni]]'' (1985) e ''[[Dèmoni 2... L'incubo ritorna]]'' (1986), ''[[Morirai a mezzanotte (film 1986)|Morirai a mezzanotte]]'' (1986) e il remake de ''[[La maschera del demonio (film 1989)|La maschera del demonio]]'' (1989).
Nell'ambito di questi due generi, tuttavia, intorno agli anni sessanta e in particolare nel [[anni 1970|decennio seguente]] si è sviluppata un'ondata di registi che ha reinventato diverse forme di [[cinema horror]] lasciando contributi di rilievo: tra i molti è possibile ricordare [[Antonio Margheriti]] (''[[Danza macabra (film 1964)|Danza macabra]]'', ''[[Contronatura (film 1969)|Contronatura]]''), [[Riccardo Freda]] (''[[I vampiri (film 1957)|I vampiri]]'', il quale è stato il primo film horror italiano del periodo sonoro, ''[[L'orribile segreto del dr. Hichcock]]'' e ''[[Lo spettro]]''), [[Lucio Fulci]] (''[[Non si sevizia un paperino]]'', ''[[...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà]]''), [[Pupi Avati]] (''[[La casa dalle finestre che ridono]]'', ''[[Zeder]]''), [[Ubaldo Ragona]] (''[[L'ultimo uomo della Terra]]''), [[Francesco Barilli]] (''[[Il profumo della signora in nero]]''), [[Sergio Martino]] (''[[Lo strano vizio della signora Wardh]]'', ''[[I corpi presentano tracce di violenza carnale]]''), [[Ruggero Deodato]] (''[[La casa sperduta nel parco]]''), [[Pasquale Festa Campanile]] (''[[Autostop rosso sangue]]''), [[Aldo Lado]] (''[[La corta notte delle bambole di vetro]]'', ''[[Chi l'ha vista morire?]]'' ), [[Massimo Dallamano]] (''[[Il medaglione insanguinato]]'', ''[[Cosa avete fatto a Solange?]]''), [[Lamberto Bava]] (figlio di [[Mario Bava|Mario]]) (''[[La casa con la scala nel buio]]'', ''[[Morirai a mezzanotte (film 1986)|Morirai a mezzanotte]]'', ''[[Dèmoni (film)|Dèmoni]]'' , ''[[Dèmoni 2... L'incubo ritorna]]'' e il remake de ''[[La maschera del demonio (film 1989)|La maschera del demonio]]''), [[Michele Soavi]] (''[[Deliria]]'', ''[[La chiesa]]'', ''[[La setta]]'' e''[[Dellamorte Dellamore (film)|Dellamorte Dellamore]]''). Lo stesso [[Federico Fellini]] si è concesso un'intrigante divagazione horror nell'episodio ''Toby Dammit'', facente parte del film ''[[Tre passi nel delirio]]''.
Analogamente si mette in evidenza [[Michele Soavi]], autore di numerosi film prodotti dal cineasta [[Dario Argento]]. Tra le sue opere più note vi sono: ''[[Deliria]]'' (1987), ''[[La chiesa]]'' (1989), ''[[La setta]]'' (1991) e ''[[Dellamorte Dellamore (film)|Dellamorte Dellamore]]'' (1994). Lo stesso [[Federico Fellini]] si è concesso un'intrigante divagazione horror nel segmento ''Toby Dammit'', facente parte del film a episodi ''[[Tre passi nel delirio]]'' (1967), seguito, un anno dopo, da [[Elio Petri]] con l'opera ''[[un tranquillo posto di campagna]]'' (1968).
==== ilIl sottogenere splatter ====
{{vedi anche|Splatter}}
[[File:Zombi HolocaustZombi_Holocaust.JPG|thumbdestra|miniatura| Una scena del film ''[[Zombi Holocaust]]'' ([[1979]]) di [[Marino Girolami]]]]
Nel corso degli [[anni 1970|anni settanta]] il [[cinema horror]] italiano sconfina più volte nel sottogenerenello ''[[splatter]]'' e nel ''[[splatterSplatter|gore]]'', dando vita a undiversi filonesottogeneri, esecratolontani dallaper criticatrame dell'epocae ambientazioni ma che,equiparati indalla alcunipresenza casi,di èeffetti statograndguignoleschi decisamentedal rivalutato,grande lasciandoimpatto unemotivo.<ref proprioname="dossier">{{cita segnolibro|Autori|vari|Bon nell'immaginarioapetit! cinematograficoGuida italianoal cinema cannibalico|2003|Dossier Nocturno n.12|Milano}}</ref>
Suscita interesse internazionale il genere "[[cannibalismoCannibalismo|cannibalistico]]" (o [[cannibal movie]]), avviato da [[Umberto Lenzi]] nel [[1972]] con ''[[Il paese del sesso selvaggio]]'' (1972).
L'idea di ambientare storie horror/avventurose in scenari esotici e solari si rivela vincente, soprattutto sotto il profilo commerciale, tanto da far sviluppare negli anni successivi un vero e proprio filone.
Esempi ne sono ''[[La montagna del dio cannibale]]'' ([[1978]]) di [[Sergio Martino]], ''[[Mangiati vivi!]]'' ([[1979]]), ''[[Cannibal Ferox]]'' ([[1980]]) ed ''[[Incubo sulla città contaminata]]'' ([[1980]]) (quest'ultimo precursore di film come ''[[28 giorni dopo]]'' e ''[[28 settimane dopo]]'') di [[Umberto Lenzi]], ''[[Emanuelle e gli ultimi cannibali]]'' ([[1977]]) e ''[[Antropophagus]]'' ([[1980]]) di [[Joe D'Amato]], ''[[Zombi Holocaust]]'' ([[1979]]) di [[Marino Girolami]], ''[[Ultimo mondo cannibale]]'' ([[1977]]) e ''[[Cannibal Holocaust]]'' di [[Ruggero Deodato]]. Quest'ultimo film, uscito nel [[1980]], ha avuto numerosi strascichi polemici per via dell'estrema violenza impartita realmente a molti animali. Condannato e sequestrato più volte è tornato nuovamente in circolazione con appositi tagli di censura.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 560}}</ref> Tale compiacimento nel mostrare efferatezze di ogni tipo ha avuto un diretto antecedente nel semidocumentario ''[[Mondo cane]]'' (1961), diretto da [[Gualtiero Jacopetti]], [[Paolo Cavara]] e [[Franco Prosperi]], che in virtù delle curiose sequenze e delle violenze rappresentate ha riscosso un successo addirittura internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2144}}</ref>
L'idea di ambientare storie horror/avventurose in scenari esotici e solari si rivela vincente, soprattutto sotto il profilo commerciale, tanto da far sviluppare negli anni successivi un vero e proprio filone.<ref name="dossier" />
Nel corso degli [[anni 1980|anni ottanta]], questi film d'eccezione diventano una vera e propria prassi, quasi una regola. Non a caso vengono prodotte decine di pellicole thriller/horror di bassa qualità (all'epoca si preferiva usare la definizione "Serie Z", analoga al ''[[B-movie]]''), spesso [[sequel|seguiti]] [[apocrifo|apocrifi]] di film d'oltreoceano.
Gli scarsi mezzi produttivi di queste pellicole (con regie approssimative, sceneggiature stiracchiate e cast poco più che dilettanteschi), non hanno impedito di conquistarsi, nel tempo, un'ampia schiera d'estimatori.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 560}}</ref>
Esempi ne sono ''[[La montagna del dio cannibale]]'' (1978), di [[Sergio Martino]], e il trittico ''[[Mangiati vivi!]]'' (1979), ''[[Cannibal Ferox]]'' (1980) e ''[[Incubo sulla città contaminata]]'' (1980), ancora di [[Umberto Lenzi]] (precursore quest'ultimo, secondo il critico Filippo Rigobello, di film come ''[[28 giorni dopo]]'' e ''[[28 settimane dopo]]'')<ref>{{Cita web|url=https://www.zombiekb.com/2011/07/speciale-gli-zombie-che-corrono.html|titolo=Speciale: gli Zombie che corrono|cognome=Base|nome=ZOMBIE Knowledge|accesso=3 agosto 2016}}</ref>.
=== Poliziesco all'italiana ===
Sullo stesso raggio d'azione troviamo: ''[[Zombi Holocaust]]'' (1979), di [[Marino Girolami]]'', [[Emanuelle e gli ultimi cannibali]]'' (1977) e ''[[Antropophagus]]'' (1980), di [[Joe D'Amato]], ''[[Ultimo mondo cannibale]]'' (1977) e ''[[Cannibal Holocaust]]'' (1980), di [[Ruggero Deodato]]. Quest'ultimo lungometraggio ha avuto numerosi strascichi polemici per via dell'estrema violenza impartita realmente a molti animali. Condannato e sequestrato più volte è tornato nuovamente in circolazione con appositi tagli di censura.<ref name="Merenghetti 560">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 560}}.</ref> Negli stessi anni, si ritaglia una qualche attenzione il sottofilone nazi-erotico (anche conosciuto come [[nazisploitation]]), impostato sul binomio vittime-carcerieri che ha avuto nei film ''[[La svastica nel ventre]]'' (1977), di [[Mario Caiano]], ''[[La bestia in calore]]'' (1977), di [[Luigi Batzella]] e ''[[Le lunghe notti della Gestapo]]'' (1977), di Fabio De Agostini, un certo quanto effimero risalto. Tali compiacimenti nel mostrare efferatezze di ogni tipo hanno avuto un diretto antecedente nel semidocumentario ''[[Mondo cane (film)|Mondo cane]]'' (1961), diretto da [[Gualtiero Jacopetti]], [[Paolo Cavara]] e [[Franco Prosperi]], che in virtù delle curiose sequenze e delle violenze rappresentate ha riscosso un successo addirittura internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2144}}.</ref>
Nel corso degli anni ottanta, questi film d'eccezione diventano una regola. Non a caso vengono prodotte decine di pellicole thriller/horror di bassa qualità (all'epoca si preferiva usare la definizione "Serie Z", analoga al ''[[B-movie]]''), spesso [[Sequel|seguiti]] [[Apocrifo|apocrifi]] di famosi film statunitensi.
Gli scarsi mezzi produttivi non hanno impedito a tali film di conquistarsi, nel tempo, un'ampia schiera di estimatori.<ref name="Merenghetti 560" />
=== Poliziesco ===
{{vedi anche|Poliziottesco}}
[[File:Fernando Di Leo.jpg|miniatura|destrasinistra|uprightverticale|Il regista [[Fernando Di Leo]]]]
Altro genere di successo negliprodotto [[Anniin Italia tra la metà degli 1970|anni settanta]]sessanta ed i primi anni ottanta è il cosiddetto [[poliziesco all'italiana]] (detto in gergo [[poliziottesco]]), inche cui vengono trattateracconta storie di poliziottiesponenti odelle commissariforze dell'ordine dai metodi poco ortodossi, talvolta non tanto differenti da quelli dei loro antagonisti. TaliCodeste figure sono spesso alle prese con delinquenti, terroristi e organizzazioni criminali e agiscono sullo sfondo delle principali città italiane come [[Roma]], [[Milano]], [[Napoli]], [[Torino]], [[Palermo]], [[Genova]] eed [[Bologna]]altre ancora. Protagonisti di questi lungometraggi possono essere, altresì, normali cittadini, sovente vittime di episodi criminosi che, di fronte all'inefficienza e alla lentezza della giustizia, agiscono in solitudine, divenendo una sorta di vendicatori in lotta contro il crimine.<ref name = "po" >Roberto Curti, "''Italia odia. Il cinema poliziesco italiano''", Lindau, 2006</ref>
TaliI film in questione, carichi di azione, inseguimenti e scene violenteviolenza, hanno evidenti richiami a fatti di cronaca nera. Non bisogna dimenticare che tali operazioni cinematografiche risentivano fortemente del clima angusto formatosi durante gli [[anni 1970|anni settanta]] caratterizzati(periodo in cui il filone raggiunse il suo apice), caratterizzato dagli [[anni di piombo]] e dalla [[strategia della tensione in Italia|strategia della tensione]]. In questo contesto, la larga diffusione didel tali produzionipoliziesco ha generato nel pubblico ununa forte consenso emotivoascendenza, spingendo numerosi registi a intraprendere la strada del cinema di genere. Al contrario la critica tende, fin da subito, a ridimensionare la portata del fenomeno nonché la qualità artistica di tali prodotti, denigrandone esplicitamente i contenuti; spesso bollati come qualunquisti se non addirittura eversivi.<ref name = "po" />
[[File:Il cinico, l%27infame'infame, il violento (commissario tanzi).JPG|thumbminiatura|leftdestra|[[Maurizio Merli]] in unaun scenasegmento del film ''[[Il cinico, l'infame, il violento]]'' ([[1977]]) di [[Umberto Lenzi]]]]
Bisogna, inoltre, aggiungere come la diffusione del [[poliziesco]] sia mutuata dall'esplosione precedente del genere [[western]], di cui ne riprende, in parte ne riprende, stili e contenuti. A mutare è solo il paesaggio che vira bruscamente dal mondo rurale ai bassifondi urbani dove la continua lotta tra bene e male non è altro che una moderna riproposizione dei tipici duelli in salsa western. Tale genere diviene, dunque, il naturale erede del [[western all'italiana]], dove atmosfere e situazioni tipiche dei fuorilegge e degli sceriffi vengono abilmente calate nel contesto moderno. La critica individua nelnei film ''[[BanditiSvegliati ae Milanouccidi]]'' (per la regia di [[Carlo Lizzani]]1966) ile diretto antesignano di tale filone. L'opera prende spunto dalle imprese criminali operate in Lombardia dalla [[banda Cavallero]] e si avvale della mimetica interpretazione di [[Gian Maria Volontè]]. Uno dei principali artefici della fortuna del poliziesco italiano è senz'altro [[FernandoBanditi Dia Leo]], che in più occasioni, con film come ''[[Milano calibro 9]]'', ''[[La mala ordina]]'' e ''[[Il boss]]''(1968), haentrambi saputoper crearela un cinemaregia di genere maturo ed efficace. Autore di alcuni dei più interessanti [[filmCarlo noir]] [[Italia|italianiLizzani]], è stato oggetto negli anni duemila di una autentica riscoperta critica, venendo tutt'oggi consideratoi undiretti maestroantesignani del cinemarelativo noirfilone.<ref name="dossierNOCTURNO">{{cita libroweb|Autori|variurl=https://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2011/01/06/news/vallanzasca-cosi-milano-sparava-1.27314|Calibrotitolo=Vallanzasca, 9.così IlMilano cinemasparava di- FernandoL'Espresso Di|accesso=10 Leo|settembre 2003|Dossier Nocturno n.14|Milano2015}}</ref>Altri registiIl di sicura importanza sono stati: [[Umberto Lenzi]], [[Stelvio Massi]] ed [[Enzo G. Castellari]]. Tra gli attori hanno avuto fortuna interpreti come [[Maurizio Merli]], [[Franco Nero]], [[Gastone Moschin]], [[Mario Adorf]], [[Tomás Milián]], [[Ray Lovelock]] e [[John Saxon]]. Oltre aiprimo film dinarra [[Fernandole Divicende Leo]],del operebandito come ''[[LaLuciano polizia ringraziaLutring]]'', ''[[Il cittadino si ribella]]'', ''[[La polizia incrimina,mentre la leggeseconda assolve]]'',opera ''[[Romaprende violenta]]''spunto edalle ''[[Napoliimprese violenta]]'',criminali sono stati di recente oggetto di rivalutazione da molta parte della critica cinematografica, ancheoperate in virtùLombardia del registadall'allora [[Quentinbanda TarantinoCavallero]], che in più occasioni ha pubblicamente elogiato l'artigianato di lusso di tali pellicole.<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2013/12/03/foto/da_castellari_a_martino_quando_il_poliziottesco_cult-72564805/1/#1|titolo=Da Castellari a Martino, quando il poliziottesco è cult. |accesso=28 maggio 2015}}</ref>
[[File:Squadra volante 1974.jpg|thumb|[[Tomás Milián]] in una scena di ''[[Squadra volante (film)|Squadra volante]]'' ([[1974]]) di [[Stelvio Massi]]]]
Uno dei principali artefici della fortuna del poliziesco italiano è senz'altro [[Fernando Di Leo]], che in più occasioni, con film come ''[[Milano calibro 9]]'' (1972), ''[[La mala ordina]]'' (1972) ed ''[[Il boss]]'' (1973), ha saputo creare un cinema di genere maturo ed efficace. Autore di alcuni dei più interessanti [[film noir]] [[italia]]ni, è stato oggetto negli anni 2000 di un'autentica riscoperta critica, venendo tutt'oggi considerato un maestro del cinema di azione.<ref name="dossierNOCTURNO">{{cita libro|Autori|vari|Calibro 9. Il cinema di Fernando Di Leo|settembre 2003|Dossier Nocturno n.14|Milano}}</ref> Si ricorda, inoltre, l'atipico noir ''on the road'' ''[[Cani arrabbiati]]'' (1974), del regista [[Mario Bava]]. La pellicola, cinica, iperviolenta e beffarda, viene subito bloccata per fallimento dal produttore, per poi essere rimontata e doppiata negli anni novanta, facendone uscire sul mercato almeno sei versioni differenti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 558}}.</ref> Altri registi da annoverare tra i protagonisti del genere sono: [[Stefano Vanzina]], [[Umberto Lenzi]], [[Stelvio Massi]], [[Sergio Grieco]], [[Marino Girolami]], [[Mario Caiano]], [[Enzo G. Castellari]], [[Massimo Dallamano]] e [[Tonino Valerii]]. Tra gli attori hanno avuto fortuna interpreti come [[Enrico Maria Salerno]], [[Franco Nero]], [[Gastone Moschin]], [[Mario Adorf]], [[Maurizio Merli]], [[Tomas Milian]], [[Luc Merenda]], [[Antonio Sabàto]], [[Ray Lovelock]], [[Fabio Testi]] e [[Franco Gasparri]].
Così come nello spaghetti-western, anche in questo genere si è sviluppato un sottofilone comico, in particolar modo nella serie di film che hanno visto protagonista il colorito commissario [[Nico Giraldi]], interpretato da [[Tomas Milian]], che in precedenza aveva preso parte a molti poliziotteschi di carattere drammatico. In questo sottofilone rientra la saga del poliziotto napoletano [[Piedone lo sbirro|Piedone]], interpretato dall'attore [[Bud Spencer]], con al fianco il caratterista [[Enzo Cannavale]]. Il successo del poliziesco all'italiana è stato, comunque, tanto intenso quanto breve; infatti la produzione di tali film è durata poco più che un decennio, per poi scomparire del tutto alla fine degli [[anni 1980|anni ottanta]]. Attualmente il poliziesco ha trovato una sua dimensione sul piccolo schermo (sotto forma di [[fiction]]), ad uso e consumo di un pubblico familiare, privando il genere della carica violenta e iperrealistica che lo aveva caratterizzato al cinema.
[[File:Squadra volante 1974.jpg|miniatura|sinistra|[[Tomas Milian]] nel film ''[[Squadra volante (film)|Squadra volante]]'' (1974) di [[Stelvio Massi]]]]
Opere come ''[[La polizia ringrazia]]'' (1972), ''[[Torino nera]]'' (1972), ''[[Camorra (film)|Camorra]]'' (1972), ''[[La polizia incrimina, la legge assolve]]'' (1973), ''[[Milano trema: la polizia vuole giustizia]]'' (1973) ''[[Il cittadino si ribella]]'' (1974), ''[[Milano odia: la polizia non può sparare]]'' (1974), ''[[Un uomo, una città]]'' (1974), ''[[Roma violenta]]'' (1975), ''[[Mark il poliziotto]]'' (1975), ''[[Vai gorilla]]'' (1975) ed ancora ''[[Il giustiziere sfida la città]]'' (1975), ''[[La città sconvolta: caccia spietata ai rapitori]]'' (1975), ''[[La polizia accusa: il Servizio Segreto uccide]]'' (1975), ''[[Roma a mano armata]]'' (1976), ''[[Milano violenta]]'' (1976), ''[[Napoli violenta]]'' (1976), ''[[Il grande racket]]'' (1976), ''[[Italia a mano armata]]'' (1976), ''[[Paura in città]]'' (1976), ''[[Quelli della calibro 38]]'' (1976), ''[[La banda del gobbo]]'' (1977), ''[[La via della droga]]'' (1977), ''[[Napoli spara!]]'' (1977), ''[[Poliziotto sprint]]'' (1977), ''[[La belva col mitra]]'' (1977), ''[[Io ho paura]]'' (1977), ''[[Torino violenta]]'' (1977), ''[[Napoli si ribella]]'' (1977), ''[[Poliziotto senza paura]]'' (1978), ''[[Un poliziotto scomodo]]'' (1978), ''[[Il commissario di ferro]]'' (1978), ''[[Corleone (film)|Corleone]]'' (1978), ''[[Sbirro, la tua legge è lenta... la mia... no!]]'' (1979), ''[[Da Corleone a Brooklyn]]'' (1979), ''[[Un uomo in ginocchio]]'' (1979), ''[[Luca il contrabbandiere]]'' (1980), ''[[L'avvertimento (film 1980)|L'avvertimento]]'' (1980), ''[[Poliziotto solitudine e rabbia]]'' (1980), sono state di recente oggetto di rivalutazione da parte della critica, anche grazie al regista [[Quentin Tarantino]], che in varie interviste ha pubblicamente elogiato l'artigianato di lusso di tali pellicole.<ref>{{cita web|url=https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2013/12/03/foto/da_castellari_a_martino_quando_il_poliziottesco_cult-72564805/1/#1|titolo=Da Castellari a Martino, quando il poliziottesco è cult. |accesso=28 maggio 2015}}</ref>
Così come nello spaghetti-western, anche in questo genere si è sviluppato un sottofilone comico, in particolar modo nella serie di film girati da [[Bruno Corbucci]] che hanno visto protagonista il colorito commissario [[Nico Giraldi]], interpretato da [[Tomas Milian]], che in precedenza aveva preso parte a molti poliziotteschi di carattere drammatico. Nel medesimo sottofilone rientra la saga del poliziotto napoletano [[Piedone lo sbirro|Piedone]], che vede la pubblicazione di quattro lungometraggi, tutti diretti da [[Steno]] e interpretati dall'attore [[Bud Spencer]]. Il successo del poliziesco all'italiana è stato, comunque, tanto intenso quanto breve, coprendo un arco temporale di appena quindici anni, per poi scomparire del tutto all'inizio degli anni ottanta. All'inizio degli anni 2000 il poliziesco ha trovato una sua dimensione sul piccolo schermo (sotto forma di [[fiction]]), a uso e consumo di un pubblico familiare, privando il genere della carica violenta e iperrealistica che lo aveva caratterizzato al cinema.
=== Spionistico ===
{{vedi anche|Cinema italiano di spionaggio}}
[[File:La casa senza tempo (1943) Rossano Brazzi.png|miniatura|destra|verticale|''[[La casa senza tempo]]'' (1943) di [[Andrea Forzano]], uno dei primi esempi di genere spionistico italiano]]
Il [[film di spionaggio|genere spionistico]] fa la sua comparsa nel cinema italiano tra la metà degli anni [[anni 1960|anni sessanta]] e la metà dei [[anni 1970|settanta]], raggiungendo il suo culmine tra il [[1965]] e il [[1967]] con l'uscita di oltre cinquanta film [[Fantaspionaggio|fanta-spionistici]]<ref>Per un elenco delle pellicole fanta-spionistiche vedi la voce [[Cinema italiano di fantascienza]].</ref> di poche pretese, realizzati sull'onda del successo mondiale conseguito dalle pellicole di [[James Bond]], all'epoca interpretato da [[Sean Connery]].
Il [[film di spionaggio|genere spionistico]] fa la sua comparsa nel cinema italiano tra la metà degli anni sessanta e la metà dei settanta, raggiungendo il suo culmine tra il 1965 e il 1967 con l'uscita di oltre cinquanta film [[Fantaspionaggio|fanta-spionistici]], tutti di poche pretese e realizzati sull'onda del successo mondiale conseguito dalle pellicole di [[James Bond]] (all'epoca interpretato da [[Sean Connery]]).<ref>{{cita web|url=http://books.google.com/books?id=qT1FhClzMkEC|titolo=Dizionario del Cinema spionistico italiano|accesso=14 giugno 2015}}</ref>
Questa serie di film (realizzati sempre in tempi brevissimi e a basso costo), si propongono di ricreare situazioni e azioni che vedono come protagonisti agenti segreti in lotta contro [[terrorismo|organizzazioni terroristiche]] o talvolta contro scienziati con deviazioni comportamentali, che spesso detengono per fini eversivi ordigni o armi apocalittiche. I protagonisti di turno hanno il compito di ricalcare pedissequamente la figura dell'agente James Bond, con anch'essi annessa la notoria sigla ''007'' o magari declinata in altri numeri come ''008'', ''009'' e molti ancora. Per la scelta del cast femminile, spesso sono state ingaggiate attrici di fama, che in precedenza avevano lavorato in film spionistici americani ad alto budget e sicuro successo.
Proprio come lo spaghetti-western e il poliziottesco, anche questo genere ha generato un filone comico-parodistico, in voga specialmente negli anni sessanta come a esempio nel film ''[[Le spie vengono dal semifreddo]]'' (1966), del regista [[Mario Bava]]. La realizzazione della pellicola ha coinvolto una coproduzione Italia-USA, in cui recita la coppia comica [[Franco e Ciccio]] assieme a [[Vincent Price]].
Questa serie di film (realizzati sempre in tempi brevissimi e a basso costo), si propongono di ricreare situazioni e azioni che vedono come protagonisti agenti segreti in lotta contro [[terrorismo|organizzazioni terroristiche]] o talvolta contro scienziati con deviazioni comportamentali, che detengono per fini eversivi ordigni o armi apocalittiche. I protagonisti di turno hanno il compito di ricalcare pedissequamente la figura dell'agente James Bond, con anch'essi annessa la notoria sigla ''007'' o declinata in altri numeri come ''008'', ''009'' e molti ancora.<ref name = "eur" >Blake, Matt & Deal, David. ''The Eurospy Guide'', Luminary Press, 2004</ref> Per la scelta del cast femminile sono state ingaggiate, in alcuni casi, attrici di fama che in precedenza avevano lavorato in film spionistici americani ad alto budget e sicuro successo.
Tra i pochi precursori del genere spionistico in Italia troviamo il film del 1938 ''[[Lotte nell'ombra]]'' di [[Domenico Gambino]] e ''[[La casa senza tempo]]'' di [[Andrea Forzano]]: un fanta-spionistico "giallo-rosa" realizzato nel [[1943]] come [[Cinema di propaganda fascista|film di propaganda fascista]] e poi ridoppiato nel 1945 subito dopo la fine della guerra.
Proprio come lo spaghetti-western e il poliziottesco, anche questo genere ha partorito un sottofilone comico-parodistico, in voga specialmente negli anni sessanta come si evince nel film ''[[Le spie vengono dal semifreddo]]'' (1966), del regista [[Mario Bava]]. La realizzazione della pellicola ha coinvolto una coproduzione Italia-USA, in cui recita la coppia comica [[Franco e Ciccio]] assieme all'attore statunitense [[Vincent Price]]. Non mancano le [[parodia|parodie]] aventi come protagonista l'agente [[James Tont]] interpretate da [[Lando Buzzanca]], e la simpatica caricatura del superagente ''Flit'' impersonato dal comico televisivo [[Raimondo Vianello]].
Tale filone si è sviluppato non solo in Italia ma anche in altri paesi come la Francia (è nota la serie dell'agente segreto Francis Coplan). Di conseguenza la critica americana dell'epoca ha etichettato questi film europei (inclusi quelli italiani) sotto il nome di ''Eurospy''.
Tra i pochi precursori del genere spionistico in Italia troviamo ''[[Lotte nell'ombra]]'' (1938) di [[Domenico Gambino]] e ''[[La casa senza tempo]]'' (1943) di [[Andrea Forzano]]: un fanta-spionistico "giallo-rosa" realizzato come [[Cinema di propaganda fascista|film di propaganda fascista]] e poi ridoppiato nel 1945 subito dopo la fine della guerra.
Tale filone si è sviluppato non solo in Italia ma anche in altri paesi come la Francia (è nota la serie dell'agente segreto Francis Coplan). Di conseguenza la critica americana dell'epoca ha etichettato questi film europei (inclusi quelli italiani) sotto il nome di [[Eurospy]].<ref name = "eur" />
=== Guerra ===
{{Vedi anche|Euro War}}
[[File:Quel maledetto treno blindato (assalto).PNG|sinistra|miniatura|upright=1.2|Una scena d'azione nel film ''[[Quel maledetto treno blindato]]'' (1978) di [[Enzo G. Castellari]]]]
Euro War (o in gergo Macaroni Combat) è la dicitura americana che indica specifici film bellici sviluppatisi in Italia tra gli anni sessanta e ottanta.
[[Euro War]] (o in gergo Macaroni Combat o Spaghetti Combat) è la dicitura americana che indica specifici film bellici sviluppatisi in Italia per tutti gli anni settanta e ottanta.<ref name = "war" >{{cita web|url=https://www.grindhousedatabase.com/index.php/Macaroni_Combat:_A_History|titolo=Macaroni Combat: A History|accesso=9 novembre 2015}}</ref>
Il genere, per ovvie ragioni propagandistiche, ha avuto una prima diffusione già in epoca fascista, senza incontrare tuttavia un largo consenso di pubblico. Il cinema a tematica bellica, già attivo negli [[Stati Uniti]] negli anni cinquanta, conosce una certa popolarità a partire dagli anni sessanta, spesso dotandosi di mezzi produttivi esigui e con attori il più delle volte sconosciuti. Il soggetto e la sceneggiatura si ispirano in gran parte a scene di guerra realmente accadute o, in alcuni casi, semplicemente immaginarie ed hanno come ambientazione luoghi esotici come l'[[America latina]], l'[[Asia]] od il [[Medio Oriente]].
Il genere, per mere ragioni propagandistiche, ha avuto una prima diffusione già in epoca fascista. Il cinema a tematica bellica, attivo negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] fin dagli anni cinquanta, conosce una certa popolarità a partire dalla fine degli anni sessanta, spesso dotandosi di mezzi produttivi esigui e con attori il più delle volte sconosciuti. Il soggetto e la sceneggiatura si ispirano in gran parte a scene di guerra realmente accadute o, in alcuni casi, semplicemente immaginate ed hanno come ambientazione luoghi desertici o esotici come l'[[America Latina]], l'[[Asia]] o il [[Medio Oriente]].<ref name = "war" /> Durante gli anni ottanta si assiste a una vertiginosa produzione di opere belliche, con il palese intento di omaggiare film [[stati Uniti d'America|statunitensi]] più costosi ed eclatanti come ''[[Papillon (film 1973)|Papillon]]'' (1973), ''[[Apocalypse Now]]'' (1979) e ''[[Rambo (film)|Rambo]]'' (1982).
[[File:Quel maledetto treno blindato (assalto).PNG|upright=1.4|destra|thumb|upright|Una scena del film ''[[Quel maledetto treno blindato]]'' ([[1978]]) di [[Enzo G. Castellari]]]]
Tra i registi che si sono distinti in questo genere troviamo: [[Enzo G. Castellari]], [[Umberto Lenzi]], [[Joe D'Amato]], [[Claudio Fragasso]], [[Bruno Mattei]], [[Fabrizio De Angelis]], [[Camillo Teti]], [[Armando Crispino]], [[Ignazio Dolce]] e [[Antonio Margheriti]], mentre tra gli attori ricorrenti si ricorda l'attore tedesco [[Klaus Kinski]]. Il film più famoso del genere è l'antieroico ''[[Quel maledetto treno blindato]]'', di [[Enzo G. Castellari]] ([[1978]]), conosciuto con il titolo internazionale di ''Inglorious Bastards''.<ref name = "war" />
Il film più famoso del genere è ''[[Quel maledetto treno blindato]]'' di [[Enzo G. Castellari]], uscito nel [[1978]], che ha avuto un buon riscontro anche negli [[Stati Uniti]]. Non a caso, il regista [[Quentin Tarantino]] si è ispirato in parte a esso per realizzare il suo ''[[Bastardi senza gloria]]'' (''Inglorious Basterds''), che richiama il titolo dell'opera di Castellari uscita per il mercato americano.
Altri titoli da citare sono: ''[[L'ultimo cacciatoreCommandos (film 19801968)|L'ultimo cacciatoreCommandos]]'' (1968), ''[[5 per l'inferno]]'', ''[[I lupi attaccano in branco]]''(1969), ''[[La legione dei dannati]]'' (1969), ''[[UnI pontelupi perattaccano l'infernoin branco]]'' (1970), ''[[Il grande attacco]]'' (1978), ''[[SquadraL'ultimo selvaggiacacciatore (film 1980)|L'ultimo cacciatore]]'' (noto anche come1980), ''I[[Fuga cinquedall'arcipelago del Condormaledetto]]'' (1981), ''[[TempiTornado di(film guerra1983)|Tornado]]'', (1983) e ''[[Arcobaleno selvaggio]]'', (1984). A seguire troviamo: ''[[CommandosUn (filmponte 1968)|Commandosper l'inferno]]'' (1985), ''[[CommanderSquadra (film)|Commanderselvaggia]]'' (1985), ''[[FugaCommando dall'arcipelago maledettoLeopard]]'' (1985), ''[[IlTempi triangolodi della pauraguerra]]'' (1987), ''[[StrikeIl Commandotriangolo della paura]]'' (1987), ''[[Trappola diabolica]]'' (1987), ''[[AngelCobra Hill - L'ultima missioneMission]]'', (1986) e ''[[Cobra Mission 2]]'', (1989). Altre realizzazioni inseribili nel filone sono: ''[[CobraBianco Mission 2Apache]]'' (1987), ''[[IDouble ragazziTarget del(Doppio 42º plotonebersaglio)]]'' (1987), ''[[Bye Bye Vietnam]]'' (1988), ''[[IndioCommander (film)|IndioCommander]]'' (1988), ''[[IndioStrike 2 - La rivoltaCommando]]'' (1988), ''[[DoubleAngel TargetHill (Doppio- bersaglio)L'ultima missione]]'' (1988), ''[[CommandoI Leopardragazzi del 42º plotone]]'' (1989), ''[[ColliNato diper cuoiocombattere]]'' (1989), ''[[L'ultimo volo all'inferno]]'', ''[[Bianco(1990) Apache]]'',e il dittico ''[[TornadoIndio (film 1983)|TornadoIndio]]'' (1989) e ''[[NatoIndio per2 combattere- La rivolta]]'' (1991).<ref name = "war" />
=== FantascienzaCinema erotico ===
[[File:Malizia-1973-Antonelli01.jpg|destra|miniatura|[[Laura Antonelli]], protagonista del film ''[[Malizia]]'' (1973), per la regia di [[Salvatore Samperi]]]]
{{vedi anche|Cinema italiano di fantascienza}}
All'interno del cinema erotico italiano un caso a parte rappresenta l'attività del regista veneziano [[Tinto Brass]]. Già assistente di maestri quali [[Roberto Rossellini]] e [[Joris Ivens]], intraprende la carriera di regista con il lungometraggio ''[[In capo al mondo]]'' (1963) a cui segue l'anarcoide ''[[Chi lavora è perduto]]'' (1963).<ref>Stefano Migliore, ''La valigia diplomatica di Tinto Brass'', Metauto, 2015 [http://www.metauto.it/la-valigia-diplomatica-di-tinto-brass/] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170531113833/http://www.metauto.it/la-valigia-diplomatica-di-tinto-brass/|data=31 maggio 2017}}</ref>
Durante gli anni settanta dirige alcune eccentriche produzioni come ''[[Salon Kitty]]'' (1976) e ''[[Io, Caligola]]'' (1979), ottenendo un grande successo con ''[[La chiave (film 1983)|La chiave]]'' (1983), dramma erotico con [[Stefania Sandrelli]] in vesti insolite e provocanti. Negli anni successivi la produzione di Brass vira decisamente verso il cinema erotico, lanciando di volta in volta un numero cospicuo di attrici emergenti. Tra i suoi film di maggior successo si ricordano: ''[[Miranda (film 1985)|Miranda]]'' (1985), ''[[Capriccio (film)|Capriccio]]'' (1987), ''[[Paprika (film 1991)|Paprika]]'' (1991) e ''[[Così fan tutte (film)|Così fan tutte]]'' (1992).
Tra le numerose pellicole [[softcore]], che tra gli anni settanta e ottanta hanno invaso il mercato italiano, ottiene attenzione il lungometraggio ''[[La seduzione]]'' (1973), di [[Fernando Di Leo]], e in maniera maggiore il film ''[[Malizia]]'' (1973), di [[Salvatore Samperi]], vero e proprio trampolino di lancio per l'attrice [[Laura Antonelli]].<ref>Marco Giusti. ''Dizionario dei film italiani stracult''. Milano, Frassinelli, 2004, p. 433.</ref> Nel corso della sua carriera l'interprete istriana ha partecipato a numerosi film dal sapore erotico e disimpegnato, non disdegnando cast e produzioni più autorevoli. Tra i suoi titoli si enumerano: ''[[Il merlo maschio]]'' (1971), di [[Pasquale Festa Campanile]], ''[[Sessomatto]]'' (1973), del regista [[Dino Risi]], ''[[Divina creatura]]'' (1975), di [[Giuseppe Patroni Griffi]] e ''[[L'innocente (film 1976)|L'innocente]]'' (1976), di [[Luchino Visconti]], dove recita al fianco dell'attore [[Giancarlo Giannini]]. Oltre Laura Antonelli, si sono prestate a diversi ruoli erotici (uniti a parti più impegnate) attrici come [[Stefania Casini]], [[Agostina Belli]], [[Dalila Di Lazzaro]] e [[Monica Guerritore]].
[[File:Terrore nello spazio (film 1965).JPG|sinistra| thumb| Una scena del film ''[[Terrore nello spazio (film 1965)|Terrore nello spazio]]'' (1965) di [[Mario Bava]]]]
Sempre negli anni settanta, sull'onda del clamore suscitato da ''[[Il Decameron]]'' (1971), di [[Pier Paolo Pasolini]], si espande il sottogenere [[decamerotico]], raffigurante storie di vita medievale, dove le oculate scene di sesso perseguivano intenti e propositi assai più rozzi e commerciali. Tra i registi specializzati troviamo: [[Franco Rossetti]], [[Italo Alfaro]], [[Mino Guerrini]], [[Gian Paolo Callegari]], [[Aldo Grimaldi]], [[Bitto Albertini]], [[Brunello Rondi]], [[Enrico Bomba]], [[Carlo Infascelli]] e [[Pino Tosini]].
Per quanto non molto ricordato, il cinema italiano ha saputo esprimere un proprio filone di [[cinema di fantascienza|fantascienza]], sebbene realizzato in maniera assai più artigianale rispetto a quello [[hollywood]]iano, di cui è rimasto prevalentemente al traino. Se si escludono pellicole del periodo del muto<ref name="Chiavini 2003">{{cita libro
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=145
}}</ref> e film [[Farsa (genere teatrale)|farseschi]] come ''[[Baracca e burattini]]'', ''[[Mille chilometri al minuto!]]'' o ''[[Totò nella luna]]'' - nei quali gli elementi fantascientifici sono utilizzati in funzione della [[commedia]] - la fantascienza ''made in Italy'' si è sviluppata in modo pertinente a partire dagli anni cinquanta. Tra i vari registi si segnalano [[Paolo Heusch]] (''[[La morte viene dallo spazio]]'' del [[1958]]) e [[Riccardo Freda]] (''[[Caltiki, il mostro immortale]]'' del [[1959]]).
=== Commedia sexy e commedia trash ===
Nel corso degli anni sessanta le produzioni fantascientifiche crescono a dismisura con la peculiarità di fondersi frequentemente con altri generi o sottogeneri come a esempio il filone [[Fantaspionaggio|fanta-spionistico]]. Tra gli autori emergono soprattutto il regista [[Antonio Margheriti]] e il già citato [[Mario Bava]], che si distinguono rispettivamente nei filoni dell'[[space opera|avventura spaziale]] e del [[fanta-horror]]. Antonio Margheriti - quasi sempre sotto lo pseudonimo di Anthony M. Dawson - è stato autore di numerosi film di genere a partire dal film ''[[Space Men]]'', del [[1960]], a cui segue ''[[Il pianeta degli uomini spenti]]'', del [[1961]] e il ciclo della stazione spaziale Gamma Uno (composto da quattro film usciti nel [[1965]]). Nonostante il livello degli [[effetti speciali]] risulti [[film a basso costo|a basso costo]], le opere di Margheriti riescono a riscuotere attenzione sia in Italia che all'estero, dando il via alla produzione di una miriade di [[Cinema di genere|film di genere]], diretti da numerosi registi come [[Ubaldo Ragona]], [[Carlo Ausino]], [[Pietro Francisci]]. In tale ambito, il maestro dell'[[cinema dell'orrore|orrore]] [[Mario Bava]] dirige una delle sue opere più riuscite,<ref name="Chiavini 2003" /> ''[[Terrore nello spazio (film 1965)|Terrore nello spazio]]'', uscita nel 1965. L'opera risulta innovativa proprio per la voluta commistione di generi che Bava impartisce al film, dove sequenze horror e cinematografia fantascientifica si mescolano reciprocamente.
{{vedi anche|Commedia sexy all'italiana}}
[[File:Decimavittima.jpg|thumb|[[Marcello Mastroianni]] in una scena de ''[[La decima vittima]]'' (1965) di [[Elio Petri]]]]
[[File:Quel Gran Pezzo Della Ubalda Tutta Nuda E Tutta Calda 1972 0001.jpg|miniatura|sinistra| [[Edwige Fenech]] in un segmento del film ''[[Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda]]'' (1972), di [[Mariano Laurenti]]]]
Negli anni settanta l'allentarsi dei confini della censura e la ricerca del successo commerciale mediante investimenti di modesta entità, permettono lo sviluppo, accanto alla più autoriale commedia, della [[commedia sexy all'italiana]].<ref name = "tr" >[[Giuliano Pavone]], ''Giovannona Coscialunga a Cannes. Storia e riabilitazione della commedia all'italiana anni '70'', Tarab, 1999</ref> Trame, sceneggiature e dialoghi, generalmente con poche pretese narrative, fanno da pretesto per sviluppare pellicole a sfondo più o meno erotico e dal puro disimpegno. A questo genere di film hanno legato la propria notorietà attori come [[Lando Buzzanca]], [[Lino Banfi]], [[Gianfranco D'Angelo]], [[Renzo Montagnani]], [[Carlo Giuffré]], [[Aldo Maccione]], [[Pippo Franco]], [[Alvaro Vitali]], [[Mario Carotenuto]] ed [[Enzo Cannavale]] e attrici come [[Edwige Fenech]], [[Gloria Guida]], [[Nadia Cassini]], [[Barbara Bouchet]], [[Carmen Villani]], [[Anna Maria Rizzoli]], [[Michela Miti]], [[Carmen Russo]] e [[Lilli Carati]]. Tra gli autori, i registi che più di tutti si sono distinti nel dirigere tali pellicole sono stati [[Mariano Laurenti]], [[Nando Cicero]] e [[Michele Massimo Tarantini]].
Parimenti, a partire dagli [[Anni 1980|ottanta]], si inseriscono numerose sottoproduzioni farsesche dove le varie sceneggiature vengono infarcite di situazioni e gag volutamente grevi, al solo scopo di attirare nelle sale il maggior numero di pubblico. La critica ha sovente bollato queste operazioni come cinema trash (ovvero commedie-spazzatura), non riconoscendogli nessun crisma artistico. All'interno di tale categoria vengono annoverati i film aventi come protagonista la scherzosa maschera di [[Pierino (personaggio)|Pierino]], che riprende con toni più smaccati l'anarcoide personaggio letterario di Gian Burrasca (anch'esso portato al cinema per la regia di [[Pier Francesco Pingitore]]).<ref name = "tr" />
Il cinema di fantascienza ha inoltre catturato l'attenzione di alcuni artisti propri del [[cinema d'autore]], o comunque lontani dal cinema di genere.<ref name="Chiavini 2003">{{cita libro
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=161
}}</ref> È il caso di [[Elio Petri]], con ''[[La decima vittima]]'' del 1965, interpretato da [[Marcello Mastroianni]] e [[Ursula Andress]], e di [[Marco Ferreri]] con ''[[Il seme dell'uomo]]'' (1969). Nello stesso periodo, il filone fantascientifico si incrocia spesso con quello della [[satira]] e della critica sociale, fornendo in alcuni casi contributi del tutto originali.<ref>Carlo Pagetti, {{SFEncyclopedia|Italy}}</ref>
A incarnare nell'immaginario popolare il personaggio di [[Pierino (personaggio)|Pierino]] è stato più di tutti l'attore [[Alvaro Vitali]] (già spalla felliniana negli anni settanta), che ha visto esaurire il proprio successo con il venir meno di tale genere.
Dalla fine degli anni settanta la produzione ritorna al genere avventuroso più spensierato. Tra le opere più emblematiche del filone è spesso citato ''[[Scontri stellari oltre la terza dimensione]]'', del [[1978]] di [[Luigi Cozzi]], uscito a poca distanza dal primo episodio di ''[[Guerre stellari (film)|Guerre stellari]]'' di [[George Lucas]] e promosso come risposta italiana a tale film, nonostante risultasse, per gli standard hollywoodiani, poco più che un ''[[B movie]]''.
Come già ricordato, sia la commedia sexy che la commedia trash sono state categorie apertamente disprezzate dalla critica, non altrettanto dal pubblico, che ha costantemente portato le pellicole ad avere elevati incassi al botteghino. In virtù di ciò, svariati caratteristi, presenti in molti set del periodo, sono divenuti nel tempo molto popolari: basti pensare a [[Ennio Antonelli]], [[Giorgio Ariani]], [[Giacomo Rizzo]], [[Salvatore Baccaro]], Franco Lechner (in arte [[Bombolo]]), [[Nino Terzo]] e Luigi Origene Sofrano, meglio conosciuto come [[Jimmy il Fenomeno]].<ref name = "tr" />
== Gli anni ottanta ==
Dopo una produzione commerciale relativamente ricca di film a basso costo sempre a imitazione dei film statunitensi di maggiore successo, alla fine degli anni ottanta il cinema di genere italiano entra in crisi e il filone fantascientifico perde consistenza, fino a scomparire quasi del tutto dalla cinematografia italiana negli anni novanta. Eccezione rilevante è ''[[Nirvana (film)|Nirvana]]'' del [[1997]] di [[Gabriele Salvatores]], un film ispirato al filone [[cyberpunk]] che costituisce la produzione cinematografica fantascientifica italiana più costosa di sempre e quella di maggiore successo commerciale<ref name="Muccino 2003">{{cita web|url=http://www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/rabbiamuccino/rabbiamuccino/rabbiamuccino.html|sito=La Repubblica/spettacoli_e_cultura|titolo=Muccino: "Mi hanno punito ma non mi lascio abbattere"|accesso=9 aprile 2012}}</ref><ref name="business Nirvana">{{Cita libro|autore=Roberto Chiti|autore2=Enrico Lancia|autore3=Roberto Poppi|titolo=Dizionario del cinema italiano|url=http://books.google.com/books?id=Wi9fOUNFoDgC&pg=PA68|accesso=5 maggio 2012|anno=2002|editore=Gremese Editore|pagine=68|isbn=978-88-8440-137-3}}</ref>
[[File:Onceuponamericadenirowoods.JPG|miniatura|Una scena del film ''[[C'era una volta in America]]'' (1984), diretto dal cineasta italiano [[Sergio Leone]]]]
Dalla fine degli anni settanta si avvertono i primi sintomi di una crisi che esploderà a metà degli [[anni 1980|anni ottanta]] e che si protrarrà, con alti e bassi, fino ai giorni nostri. Per dare un'idea delle proporzioni di questa crisi industriale, basti pensare che nel 1985 vengono prodotti soltanto 80 film (il minimo dal dopoguerra)<ref name="vito" /> e il numero totale di spettatori dai 525 milioni del 1970 scende a 123 milioni.<ref>Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', cit., p. 348.</ref> Si tratta di un processo fisiologico che investe nello stesso periodo altri Paesi dalla grande tradizione cinematografica come il [[cinema giapponese|Giappone]], la [[Cinema britannico|Gran Bretagna]] e la [[cinema francese|Francia]]. Tramonta l'era dei produttori: [[Carlo Ponti]] e [[Dino De Laurentiis]] lavorano all'estero, [[Goffredo Lombardo]] e [[Franco Cristaldi]] non sono più figure chiave. La crisi colpisce soprattutto il [[cinema di genere|cinema italiano di genere]], il quale, in virtù dell'affermazione della [[televisione commerciale]], viene privato della stragrande maggioranza del suo pubblico. Di conseguenza le sale si trovano a essere monopolizzate dalle più abbienti pellicole hollywoodiane, che prendono stabilmente il sopravvento. Molte sale chiudono, e altre per sopravvivere si trasformano in [[cinema pornografico|cinema a luci rosse]].
In tale situazione di crisi, restano fenomeni del tutto isolati due ''exploit'' produttivi e commerciali come ''[[Il nome della rosa (film)|Il nome della rosa]]'' (1986) e quello di un cineasta affermato come [[Bernardo Bertolucci]] che, con il kolossal ''[[L'ultimo imperatore]]'' (1987), ritrova una vasta risonanza internazionale. Un caso unico è l'ultimo film di [[Sergio Leone]], ''[[C'era una volta in America]]'' (1984), interamente supportato da capitali di provenienza hollywoodiana. L'opera, strutturata su un ampio ricorso alla formula dell'[[analessi]] e della [[prolessi]], narra le drammatiche vicissitudini del criminale David "Noodles" Aaronson e del suo progressivo passaggio dal ghetto ebraico all'ambiente della malavita newyorkese. Scritto da Leone assieme agli sceneggiatori [[Leo Benvenuti]] e [[Piero De Bernardi]], malgrado l'insuccesso di pubblico, resta una summa della poetica del regista e uno dei film italiani più importanti di sempre.
=== Commedia sexy e commedia trash ===
{{vedi anche|Commedia erotica all'italiana}}
Negli [[anni 1970|anni settanta]] l'allentarsi dei confini della censura, la degenerazione del gusto, e soprattutto la ricerca del successo commerciale mediante investimenti di modesta entità, permettono lo sviluppo, accanto alla più autoriale commedia, della [[commedia erotica all'italiana]]. Trame, sceneggiature e dialoghi, generalmente risibili, fanno da pretesto per sviluppare pellicole a sfondo più o meno erotico e dal puro disimpegno. A questo genere di film hanno legato la propria popolarità (almeno inizialmente) attori come [[Lando Buzzanca]], [[Lino Banfi]], [[Gianfranco D'Angelo]], [[Renzo Montagnani]], [[Pippo Franco]] ed attrici come [[Nadia Cassini]], [[Gloria Guida]], [[Barbara Bouchet]], [[Edwige Fenech]], [[Anna Maria Rizzoli]] e [[Lilli Carati]].
[[File:Nanni Moretti Giffoni.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.8|[[Nanni Moretti]] al [[Giffoni Film Festival]], nel 1986]]
[[File:Quel Gran Pezzo Della Ubalda Tutta Nuda E Tutta Calda 1972 0001.jpg|thumb|left| Edwige Fenech in una scena del film ''[[Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda]]'' di [[Mariano Laurenti]] ([[1972]])]]
Il [[cinema d'autore]] tende dunque a isolarsi, con una serie di film che difficilmente si inseriscono in uno sviluppo comune. Molte grandi personalità del cinema italiano scompaiono: da [[Vittorio De Sica]] a [[Pietro Germi]] (1974), da [[Pier Paolo Pasolini]] (1975) a [[Luchino Visconti]] (1976), [[Roberto Rossellini]] (1977), [[Elio Petri]] e [[Valerio Zurlini]] (1982). Altre figure consolidate ritroveranno solo occasionalmente un concreto seguito popolare, come nel caso dell'ultimo film di [[Michelangelo Antonioni]], dal titolo ''[[Identificazione di una donna]]'' (1982), mentre [[Federico Fellini]] ritroverà la sua vena migliore con la pellicola ''[[Ginger e Fred]]'' (1986). Tuttavia tali film, favoriti dalla [[Normativa della cinematografia e del teatro|legge 1213 del 1965]] che stanzia fondi pubblici per la produzione (istituendo tra l'altro l'Italnoleggio), non colmeranno la frattura tra pubblico e cinema d'essai, sempre più relegato ai margini della distribuzione.
Il mutare delle condizioni socio-economiche del tempo e l'inevitabile andare con l'età di un'intera generazione, portano a compimento la stagione della [[commedia all'italiana]], nonostante i propri autori restino, con alterne fortune, in piena attività. L'unico a centrare nuovamente successi di natura commerciale sarà [[Mario Monicelli]], grazie al virtuosistico ''[[Il marchese del Grillo]]'' (1981), ad ''[[Amici miei - Atto IIº]]'' (1982), secondo film dell'omonima trilogia (che si chiuderà [[1985|tre anni dopo]] con [[Amici miei - Atto IIIº|il terzo film]], diretto da [[Nanni Loy]]), e al corale ''[[Speriamo che sia femmina]]'' (1986); al contempo [[Ettore Scola]] raggiungerà risultati interessanti nella produzione musicale ''[[Ballando ballando]]'' (1983) e nella saga minimalista ''[[La famiglia (film 1987)|La famiglia]]'' (1987).
Parimenti, sempre negli [[anni 1970|anni settanta]] e [[Anni 1980|ottanta]], s'inseriscono numerose sottoproduzioni farsesche dove le varie sceneggiature vengono infarcite di situazioni e gag volutamente grevi, al solo scopo di attirare nelle sale il maggior numero di pubblico. La critica ha sovente bollato tale operazione come cinema [[trash]] (ovvero commedie-spazzatura), non riconoscendogli (almeno inizialmente) nessun crisma artistico. All'interno di tale filone vengono annoverati i film aventi come protagonista la scherzosa maschera di [[Pierino (personaggio)|Pierino]], che riprende con toni più smaccati l'anarcoide personaggio letterario di Gian Burrasca.
Per ciò che riguarda gli autori emergenti, il debutto più eclatante è quello di [[Nanni Moretti]], che nel 1976 gira in [[Super 8 millimetri|super 8]] ''[[Io sono un autarchico]]'', libera commedia sulla sinistra del dopo-[[sessantotto]], sulla piccola borghesia romana e sulle mode del ceto medio giovanile. Il film è un grande successo di pubblico e fa di Moretti il massimo esponente del "cinema giovane", in aperto contrasto con l'industria dominante. La sua cifra stilistica si consolida con ''[[Ecce bombo]]'' (1978) e ''[[Sogni d'oro (film)|Sogni d'oro]]'' (1981), a metà tra commedia satirica e sguardo critico sulla società dell'epoca. I film successivi ricorrono a una struttura narrativa più solida per mettere in scena le incertezze di personaggi incapaci di adattarsi alla società che li circonda: è il caso del giallo esistenziale ''[[Bianca (film)|Bianca]]'' (1984) e del drammatico ''[[La messa è finita]]'' (1985), che colgono perfettamente il punto di rottura degli anni ottanta, aprendo a un cinema volutamente essenziale e analitico. Il decennio di Moretti si chiude con uno dei suoi film più complessi e apprezzati, ''[[Palombella rossa]]'' (1989), riflessione critica sulla difficile trasformazione della sinistra italiana alla vigilia dello scioglimento del [[Partito Comunista Italiano|PCI]]<ref>Memmo Giovannini, Enrico Magrelli, Mario Sesti, ''Nanni Moretti'', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1986</ref><ref>Flavio De Bernardinis, ''Nanni Moretti'', Il Castoro, Milano, 1993</ref>.
A incarnare nell'immaginario popolare il personaggio di [[Pierino (personaggio)|Pierino]] è stato più di tutti l'attore [[Alvaro Vitali]] (già spalla felliniana negli anni settanta), che ha visto esaurire il proprio successo con il venir meno di tale genere; in particolar modo all'inizio degli anni novanta.
Come già ricordato, sia la commedia sexy che la commedia trash sono stati generi apertamente disprezzati dalla critica, non altrettanto dal pubblico dell'epoca, che ha costantemente portato le pellicole ad avere elevati incassi al botteghino. In virtù di ciò, svariati caratteristi, presenti in molte pellicole del periodo, sono divenuti nel tempo molto popolari: basti pensare a [[Franco Lechner]] (in arte Bombolo), [[Ennio Antonelli]], [[Salvatore Baccaro]] e Luigi Origene Sofrano, meglio conosciuto come [[Jimmy il Fenomeno]]. Negli ultimi anni tali film sono stati oggetto di una rivisitazione, e in alcuni casi di una rivalutazione, grazie a trasmissioni televisive come ''[[Stracult]]'' (in onda su [[Rai 2]]), ideata dal critico cinematografico [[Marco Giusti]].
L'altro importante esordio del decennio è quello di [[Gianni Amelio]], che dopo anni di cortometraggi e documentari per la [[Rai]] gira ''[[Colpire al cuore]]'' (1983), uno dei rari approfondimenti sul terrorismo, seguito da ''[[I ragazzi di via Panisperna]]'' (1988)<ref>Emanuela Martini (a cura di), ''Gianni Amelio: le regole e il gioco'', Lindau, Torino, 1999</ref>. Nei film che seguono, Amelio sviluppa tematiche legate alla realtà sociale con dolorosa partecipazione e sensibilità artistica. Con ''[[Il ladro di bambini]]'' (1992), attraverso lo sguardo muto e dolente dei suoi piccoli protagonisti, descrive lo squallore morale dell'Italia anni novanta, senza chiudersi in facili nichilismi, né aprirsi a sogni illusori.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1808}}.</ref> Nel seguente ''[[Lamerica]]'' (1994), descrive la situazione politica dell'[[Albania]] post-comunista filmando il tutto con il proprio stile asciutto e oggettivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1815}}.</ref>. Quattro anni dopo, ''[[Così ridevano]]'' (1998), probabilmente il suo lavoro di più difficile comprensione per il pubblico, vince il [[Leone d'oro]] alla Mostra del cinema di Venezia.
=== Erotico ===
Un caso a parte è quello del regista veneziano [[Tinto Brass]], che durante gli [[Anni 1970|anni settanta]] dirige alcune eccentriche produzioni (''[[Salon Kitty]]'', ''[[Io, Caligola]]'') e ottiene un buon successo nel [[1983]] con ''[[La chiave (film 1983)|La chiave]]'', dramma erotico con [[Stefania Sandrelli]] in vesti inedite e provocanti. Negli anni successivi la produzione di Brass vira decisamente verso il cinema erotico, lanciando di volta in volta un numero cospicuo di attrici emergenti. Tra i suoi film di maggior successo si ricordano: ''[[Miranda (film 1985)|Miranda]]'' (con [[Serena Grandi]]), ''[[Paprika (film 1991)|Paprika]]'' (con [[Deborah Caprioglio]]), ''[[Capriccio (film)|Capriccio]]'' (con [[Francesca Dellera]]), ''[[Così fan tutte (film)|Così fan tutte]]'' (con [[Claudia Koll]]), e ''[[Senso '45]]'' (con [[Anna Galiena]] e [[Gabriel Garko]]). Tra le numerose pellicole [[softcore]], che tra gli anni settanta e ottanta hanno invaso il mercato italiano, ottiene una larga attenzione il lungometraggio ''[[Malizia]]'', di [[Salvatore Samperi]] (1973), vero e proprio trampolino di lancio per la giovane attrice [[Laura Antonelli]].
=== MusicarelliI nuovi comici ===
[[File:Borotalco (sergio benvenuti).JPG|miniatura|destra|[[Carlo Verdone]] nel film ''[[Borotalco (film)|Borotalco]]'' (1982)]]
{{vedi anche | Musicarello}}
Al nome di Moretti viene affiancato quello dei "nuovi comici", registi e attori di stili differenti ma tutti indicati come promesse di rinnovamento della moribonda commedia all'italiana.<ref name = "nc" /> Il primo artista a mettersi in evidenza è [[Roberto Benigni]], che, grazie alla sua irruenza satirica (propria del vernacolo toscano), porta al cinema una figura comica di impronta popolare, subito rinvenibile nel film ''[[Berlinguer ti voglio bene]]'' (1977). In seguito, senza rinunciare a farsi dirigere ai massimi livelli (da [[Marco Ferreri]] in ''[[Chiedo asilo]]'', 1979, da [[Federico Fellini]] ne ''[[La voce della luna]]'', 1990, e da [[Blake Edwards]] ne ''[[Il figlio della pantera rosa]]'', 1993), diverrà autore dei propri film spostandosi dal registro surreale di ''[[Tu mi turbi]]'' (1983) e ''[[Il piccolo diavolo]]'' (1988), alla [[commedia degli equivoci]] di ''[[Johnny Stecchino]]'' (1991) e ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'' (1994), fino a progetti più impegnativi e di successo internazionale (''[[La vita è bella]]'', 1997).
La cinematografia italiana risulta pressoché estranea al genere del [[musical]], che a contrario ha avuto ampio richiamo negli Stati Uniti e in altri paesi europei. Tra i pochi film italiani ascrivibili al genere si può citare ''[[Carosello napoletano]]'' di [[Ettore Giannini]] del [[1953]], interpretato tra gli altri dal cantante [[Giacomo Rondinella]] e da un'esordiente [[Sophia Loren]]. A partire dalla fine degli anni cinquanta e fino a tutti gli anni settanta, tuttavia, riscuotono notevole successo i cosiddetti ''musicarelli''. Tali produzioni (il più delle volte commedie a carattere sentimentale) vedono come protagonisti i cantanti italiani più in voga di quegli anni ([[Little Tony]], [[Rita Pavone]], [[Gianni Morandi]], [[Caterina Caselli]], [[Iva Zanicchi]], [[Domenico Modugno]], [[Claudio Villa]], [[Bobby Solo]], [[Al Bano]] e [[Romina Power]], [[Adriano Celentano]], [[Mina (cantante)|Mina]] e molti altri) i quali, tra una sequenza e l'altra, propongono i loro successi del momento. L'operazione si rivela un successo, consolidando la fama di molti artisti italiani, soprattutto di [[Gianni Morandi]] e [[Rita Pavone]], che più di tutti incarnavano l'allegria e la spensieratezza del mondo dei [[teen-ager]]. Tra i titoli più famosi si ricordano: ''[[I ragazzi del juke-box]]'', ''[[Urlatori alla sbarra]]'' (entrambi di Lucio Fulci), ''[[In ginocchio da te]]'' e ''[[Rita la zanzara]]''.
Proveniente dal [[mimo|teatro mimico]] e dal [[cinema di animazione]], [[Maurizio Nichetti]] aggiorna il registro delle comiche mute e della ''[[slapstick comedy]]'' in ''[[Ratataplan]]'' (1979) e ''[[Ho fatto splash]]'' (1980), parodia i generi cinematografici in ''[[Ladri di saponette]]'' (1989) e fonde riprese dal vivo e cartoni animati in ''[[Volere volare (film)|Volere volare]]'' (1991). Su un versante più tradizionale, [[Carlo Verdone]] propone in ''[[Un sacco bello]]'' (1980) e ''[[Bianco rosso e Verdone]]'' (1981) una comicità strutturata in sketch autonomi e retta da un'inedita abilità nel creare personaggi tipizzati. Conferma il consenso acquisito nei successivi ''[[Borotalco (film)|Borotalco]]'' (1982) e ''[[Acqua e sapone]]'' (1983). Dal punto di vista narrativo risultano più complessi il film corale ''[[Compagni di scuola (film)|Compagni di scuola]]'' (1988), ''[[Maledetto il giorno che ti ho incontrato]]'' (1992) e ''[[Perdiamoci di vista]]'' (1994), nei quali affiora una vena malinconica fino ad allora latente.
== La crisi degli anni ottanta ==
[[File:CarloNon Verdoneci resta che piangere2.jpg|thumbsinistra|miniatura|[[CarloMassimo VerdoneTroisi]], [[Paolo Bonacelli]] e [[Roberto Benigni]] in ''[[BorotalcoNon ci resta che piangere]]'' (19831984)]]
Esponente di punta della compagnia teatrale ''[[La Smorfia (cabaret)|La Smorfia]]'' (fondata con [[Lello Arena]] ed [[Enzo Decaro]]), [[Massimo Troisi]] inizia a dedicarsi totalmente al cinema e rinnova la comicità napoletana con ''[[Ricomincio da tre]]'' (1981) e ''[[Scusate il ritardo]]'' (1983), per poi contaminarla con il sentimentalismo e la riflessione storica in ''[[Le vie del Signore sono finite]]'' (1987). Nel 1989 l'attore campano si aggiudica il premio come miglior interprete al [[Festival del cinema di Venezia]] (ex aequo con [[Marcello Mastroianni]]) per il film ''[[Che ora è]]'' (1989), diretto da [[Ettore Scola]]. Dopo aver recitato in pellicole altrui (per lo più di [[Maurizio Ponzi]]), anche [[Francesco Nuti]] esordisce alla regia con ''[[Casablanca, Casablanca]]'' (1985), presentando film di successo come ''[[Tutta colpa del paradiso]]'' (1985), ''[[Caruso Pascoski di padre polacco]]'' (1988) e ''[[Willy Signori e vengo da lontano]]'' (1989). Durante gli anni duemila la sua vena creativa sembra esaurirsi, anche in virtù di seri problemi di salute<ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", cit., p. 1089.</ref>. Nel 1984 arriva nelle sale ''[[Non ci resta che piangere]]'', interpretato e diretto da Troisi e Benigni, le cui gag, citazioni e sequenze paradossali, l'hanno reso, nel tempo, uno dei film più celebri della nuova comicità.
Agli albori del nuovo decennio si avvertono i primi sintomi di una crisi che esploderà nella seconda metà degli [[anni 1980|anni ottanta]] e che si protrarrà, con alti e bassi, fino all'inizio degli anni novanta. Per dare un'idea delle proporzioni di questa crisi industriale, basti pensare che nel 1985 vengono prodotti soltanto 80 film (il minimo dal dopoguerra)<ref>Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', Marsilio, Venezia, 2005, p. 329.</ref> e il numero totale di spettatori dai 525 milioni del 1970 scende inesorabilmente a 123 milioni.<ref>Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', cit., p. 348.</ref> Si tratta di un processo fisiologico, che investe nello stesso periodo altri Paesi dalla grande tradizione cinematografica come il [[cinema giapponese|Giappone]], la [[Cinema britannico|Gran Bretagna]] e la [[cinema francese|Francia]]. La crisi colpisce soprattutto il [[cinema di genere|cinema italiano di genere]], il quale, in virtù dell'affermazione della [[televisione commerciale]], viene privato della stragrande maggioranza del suo pubblico. Cosicché, i film di genere realizzati negli anni ottanta non fanno altro che copiare pedissequamente i blockbuster d'oltreoceano, con il risultato di produrre semplici [[film di serie B]], i quali finiscono direttamente nel circuito dell'[[home video]]. Di conseguenza le sale cinematografiche italiane si trovano ad essere monopolizzate dalle più abbienti pellicole [[hollywood]]iane, che da qui in poi prenderanno il sopravvento.
Molti comici tenuti a battesimo dalla televisione e dal cabaret avranno grande popolarità nel corso del decennio, sostituendo gradualmente attori e caratteristi della [[commedia all'italiana]]. Oltre alle collaudate pellicole dell'attore [[Paolo Villaggio]] (le più dirette da [[Neri Parenti]]), ottengono richiamo le interpretazioni di [[Renato Pozzetto]] ed [[Enrico Montesano]], presenti in diverse realizzazioni del tempo, sia autorevoli che leggere. Di seguito salgono sulla scena: [[Adriano Celentano]], [[Lino Banfi]], [[Massimo Boldi]], [[Christian De Sica]], [[Jerry Calà]] e [[Diego Abatantuono]] (che in avanti si sposterà su un registro più impegnato grazie alle collaborazioni con [[Gabriele Salvatores]] e [[Pupi Avati]]). I registi di riferimento sono [[Castellano e Pipolo]], [[Enrico Oldoini]] e in particolar modo [[Carlo Vanzina]], che in un solo anno lancerà produzioni di cassetta come ''[[Sapore di mare]]'' (1983) - rivisitazione nostalgica dell'immaginario degli anni sessanta - e la farsa collettiva ''[[Vacanze di Natale]]'' (1983), prodromica al futuro sviluppo dei [[cinepanettoni]].<ref>Stefano Della Casa, "Cinema popolare italiano del dopoguerra", ''Storia del cinema mondiale'', cit., p. 820.</ref><ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", cit., pp. 1085-1086.</ref>
[[File:Non ci resta che piangere2.jpg|sinistra|thumb|[[Massimo Troisi]], [[Paolo Bonacelli]] e [[Roberto Benigni]] in ''[[Non ci resta che piangere]]'' (1983)]]
In questi anni viene a tramontare la [[commedia all'italiana]], in virtù del progressivo esaurirsi della vena creativa dei propri maestri. Tra i più attivi restano [[Mario Monicelli]] ed [[Ettore Scola]] che proseguono con le produzioni di film più o meno fortunati come: ''[[Il marchese del Grillo]]'' ([[1981]]), ''[[Speriamo che sia femmina]]'' ([[1986]]) e ''[[I picari]]'' ([[1988]]) (per il primo) e ''[[La famiglia (film 1987)|La famiglia]]'' ([[1987]]), ''[[Splendor]]'' ([[1989]]) e ''[[Che ora è?]]'' ([[1989]]) (per il secondo). Nondimeno, il [[cinema d'autore]] e quello d'impegno civile tendono ad isolarsi, con una serie di film che difficilmente si inseriscono in uno sviluppo comune. Gli attori di punta della cinematografia italiana avanzano con l'età, portando alla ribalta una nuova generazione di interpreti. Nel 1980 il cineasta [[Carlo Verdone]] propone nel film ''[[Un sacco bello]]'' un'originale vena comica supportata da un impianto narrativo conforme agli schemi classici della commedia . Il successo dei suoi personaggi stralunati e bizzarri è immediato e porterà l'attore a produrre per tutti gli anni ottanta numerose pellicole, tra le quali si ricordano: ''[[Bianco, rosso e Verdone]]'' (con [[Elena Fabrizi]] e [[Mario Brega]]), ''[[Borotalco]]'' (con [[Eleonora Giorgi]]), ''[[Acqua e sapone ]]'' (1983), ''[[Io e mia sorella]]'' (1987) e il film corale ''[[Compagni di scuola]]'' (1988). Tra i vari riconoscimenti vanta ben nove [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e otto [[Nastri d'argento]]. Il laboratorio di maturazione e crescita dell'artista è da ritrovarsi nel programma televisivo [[Non stop]], che nel 1978 sforna una ricca fucina di talenti tra i quali [[Massimo Troisi]], [[Francesco Nuti]], [[Alessandro Benvenuti]] e lo stesso Verdone.
[[File:Ad ovest di Paperino.jpg|miniatura|destra|[[Alessandro Benvenuti]], [[Athina Cenci]] e [[Francesco Nuti]] in una scena del film ''[[Ad ovest di Paperino]]'' (1982)]]
L'attore campano [[Massimo Troisi]] debutta al cinema con la pellicola ''[[Ricomincio da tre]]'', che svela al pubblico tutta la sua comicità innovativa e umorale. Il film, acclamato dalla critica, permette a Troisi di ottenere tre [[Nastro d'argento|Nastri d'argento]] (tra i quali uno per il [[Nastro d'argento al miglior regista esordiente|miglior regista esordiente]] e uno per il [[Nastro d'argento al migliore attore esordiente|miglior attore esordiente]]) e due [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] per il [[David di Donatello per il miglior film|miglior film]] e per il [[David di Donatello per il miglior attore protagonista|miglior attore]]. Dopo l'uscita della pellicola ''[[No grazie, il caffè mi rende nervoso]]'', nel [[1983]] dirige ''[[Scusate il ritardo]]'', con [[Giuliana De Sio]], dove l'attore ha modo di riproporre le caratteristiche dei suoi personaggi precedenti.<ref>Matilde Hochkofler, ''Massimo Troisi. Comico per amore'', Marsilio, 1998. ISBN 88-317-6899-9</ref>
=== Lontano da Roma ===
Nel [[1984]] arriva nelle sale cinematografiche ''[[Non ci resta che piangere]]'', diretto e interpretato assieme all'amico e collega [[Roberto Benigni]]. L'opera è ricca di citazioni ed è rimasta nell'immaginario collettivo per le numerose invenzioni ideate dai due artisti. Fra le tante, si menziona la scena della scrittura della lettera a [[Girolamo Savonarola]], chiara citazione dell'analoga scena interpretata da [[Totò]] e [[Peppino De Filippo]] in ''[[Totò, Peppino e la... malafemmina]]''. Alla [[46ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia]], l'artista napoletano riceve la [[Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile]] (ex aequeo con [[Marcello Mastroianni]]) per il film ''[[Che ora è?]]'', diretto da [[Ettore Scola]].
[[File:Sogno-salvatores.jpg|''[[Sogno di una notte d'estate (film 1983)|Sogno di una notte d'estate]]'' (1983), esordio cinematografico di [[Gabriele Salvatores]]|miniatura|verticale|destra]]
Lo stesso [[Roberto Benigni]] dopo alcune felici prove nei film ''[[Berlinguer ti voglio bene]]'' e ''[[Chiedo asilo]]'', rispettivamente di [[Giuseppe Bertolucci]] e [[Marco Ferreri]], mette in scena tutta la sua verve comica nel film da lui diretto ''[[Tu mi turbi]]'', uscito nelle sale nel 1983. La sua irruenza satirica (propria del vernacolo toscano), unita ad una studio maturo della commedia degli equivoci porterà l'artista a dirigere pellicole di grande successo come ''[[Il piccolo diavolo]]'' ([[1988]]), ''[[Johnny Stecchino]]'' ([[1991]]) e ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'', del 1994.
Nel corso degli anni ottanta le modalità e i contesti produttivi cambiano radicalmente. In tutta Italia prendono vita e si diffondono numerosi poli creativi, diversi per ambizioni e risultati, che condividono la lontananza dal centro produttivo di Roma e dai registi del cinema consolidato. Nasce una figura inedita nel cinema italiano, il ''[[filmmaker]]'', che cura personalmente tutto l'iter procedurale di un film (dalla scrittura alla fotografia, dalla regia al montaggio), spesso realizzato in [[video]] con capitali esigui. L'emergere di questa figura, frutto di una scolarizzazione di massa che ha aumentato le possibilità di accesso alle professioni intellettuali e artistiche, troverà degli interlocutori sensibili sul versante critico<ref>Per una testimonianza del dibattito critico si veda Goffredo Fofi, ''Dieci anni difficili. Capire con il cinema parte seconda'', Ponte alle Grazie, Firenze, 1985.</ref>.
Milano è il centro principale di questa tendenza grazie alle numerose cooperative e al supporto della provincia. Il gruppo di registi comprende [[Massimo Mazzucco]] (''[[Summertime (film 1982)|Summertime]]'', 1982), il video-artista [[Paolo Rosa]] (''L'osservatorio nucleare del signor Nanof'', 1985) e [[Giancarlo Soldi]] (''Polsi sottili'', 1985). Il solo a lasciare una traccia duratura è [[Silvio Soldini]], che con ''[[Giulia in ottobre]]'' (1985) e ''[[L'aria serena dell'ovest]]'' (1990) rinnova la lezione di Antonioni, divenendo un modello per tanto cinema indipendente a venire.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 259}}.</ref> A Milano è attivo anche [[Gabriele Salvatores]], che porta al cinema la sua esperienza teatrale in ''[[Sogno di una notte d'estate (film 1983)|Sogno di una notte d'estate]]'' (1983) e ''[[Kamikazen - Ultima notte a Milano]]'' (1987).
[[File:Ratataplan-Nichetti.png|thumb|sinistra|[[Maurizio Nichetti]] nel film ''[[Ratataplan]]'' (1979)]]
[[Francesco Nuti]] approda al cinema con la commedia surreale ''[[Ad ovest di Paperino]]'' ([[1981]]), dove assieme ad [[Athina Cenci]] e [[Alessandro Benvenuti]] ripropone vari sketch lanciati nel già citato programma ''[[Non stop]]''.
Nel [[1982]] Nuti abbandona il trio e inizia la carriera solista prendendo parte, in veste di sceneggiatore e interprete, ad alcuni film diretti da [[Maurizio Ponzi]] dal titolo: ''[[Madonna che silenzio c'è stasera]]'' (1982), ''[[Io, Chiara e lo Scuro]]'' e ''[[Son contento]]'' (1983), che gli danno una solida notorietà. Con la pellicola ''[[Io, Chiara e lo Scuro]]'' si aggiudica il [[David di Donatello per il miglior attore protagonista|David di Donatello]] e il [[Nastro d'Argento al migliore attore protagonista|Nastro d'Argento]] come migliore attore protagonista. Il successo continuerà con opere da lui stesso dirette, tra le quali si menzionano: ''[[Tutta colpa del Paradiso]]'',([[1985]]) ''[[Caruso Pascoski di padre polacco]]'' ([[1988]]) e ''[[Willy Signori e vengo da lontano]]'', del 1989.
A Torino il Festival del Cinema Giovani (poi [[Festival di Torino]]) afferma la pratica del cortometraggio come forma di espressione lontana dai condizionamenti industriali. In questo contesto passa al cinema [[Daniele Segre]], già fotografo militante, con documentari di argomento sociale spesso realizzati per la [[Rai]] e due film a soggetto, ''Testadura'' (1982) e ''Manila paloma blanca'' (1992). Un percorso affine è quello dell'ex critico [[Davide Ferrario (regista)|Davide Ferrario]], che alla fine del decennio esordisce con il film ''[[La fine della notte (film 1989)|La fine della notte]]'' (1989). Allo stesso modo, il [[Bellaria Film Festival|Bellaria Festival]] raccoglie una produzione indipendente e in crescita grazie alla diffusione della tecnologia video, mentre a Bassano del Grappa [[Ermanno Olmi]] e [[Mario Brenta]] organizzano la scuola [[Ipotesi Cinema]], frequentata tra gli altri dai registi [[Maurizio Zaccaro]] e [[Giacomo Campiotti]]. Anche il ramo italiano della [[Gaumont]] è attivo nel supporto agli esordienti, ma il fallimento precoce impedisce esiti di rilievo.<ref>{{cita web|url=http://www.milanofilmfestival.it/sezione.php?rassegna_id=3|titolo=ITALIA 80. Quando la televisione provò a mangiarsi il cinema|accesso=9 novembre 2015|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160107172242/http://www.milanofilmfestival.it/sezione.php?rassegna_id=3|dataarchivio=7 gennaio 2016}}</ref>
All'interno di questa "nuova ondata" di talenti va sottolineata l'opera dell'attore e regista [[Maurizio Nichetti]]. Artista dalla comicità lunare e sofisticata (derivante dalla tradizione dei mimi e saltimbanco), dirige nel 1979 il suo primo film dal titolo ''[[Ratataplan]]'', riscontrando un buon successo di pubblico. Il consenso si ripete con ''[[Ho fatto splash]]'' (1980), ''[[Domani si balla!]]'' (1982) e ''[[Volere volare (film)|Volere volare]] '', del 1991. Al suo fianco ha spesso recitato in qualità di spalla comica l'attrice milanese [[Angela Finocchiaro]], vincitrice negli anni duemila di due [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] per la miglior attrice non protagonista. Nel 1984, con [[Alberto Sordi]] e [[Ugo Tognazzi]], è uno dei protagonisti del film ''[[Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (film 1984)|Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno]] '', per la regia di [[Mario Monicelli]]. Nel 1989 con il film ''[[Ladri di saponette]]'' si aggiudica il [[Festival cinematografico internazionale di Mosca|San Giorgio d'Oro]] al [[Festival cinematografico internazionale di Mosca|Festival di Mosca]].
=== Altri autori ===
Per tutti gli anni ottanta, oltre alle collaudate pellicole dell'attore comico [[Paolo Villaggio]], conoscono ampio successo le commedie interpretate dall'attore milanese [[Renato Pozzetto]]. Già attivo al cinema fin dagli anni settanta diventa uno dei protagonisti del botteghino con lungometraggi di facile presa, tra i quali si evidenziano: ''[[Mia moglie è una strega]]'' (1980), ''[[La casa stregata (film 1982)|La casa stregata]]'' (1982), ''[[Il ragazzo di campagna]]'' (1984) e ''[[Da grande (film)|Da grande]]'' (1987), per la regia di Franco Ammurri. Analogo successo conosce l'attore romano [[Enrico Montesano]], che per tutti gli anni settanta e ottanta ha coniugato la propria attività teatrale a pellicole cinematografiche disimpegnate, non trascurando incursioni più serie e mature. Trovano, inoltre, molto consenso le interpretazioni dall'artista e cantante [[Adriano Celentano]] (spesso diretto dal duo [[Castellano e Pipolo]]), così come i lungometraggi del giovane [[Diego Abatantuono]] che per la prima metà degli anni ottanta porta sul grande schermo il riuscito personaggio del "terruncello".
[[File:Pianetaazzurro.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Un fotogramma del film ''[[Il pianeta azzurro]]'' (1983), di [[Franco Piavoli]]]]
Contemporaneamente, altri registi debuttano in sordina ma sono destinati a lasciare segni più duraturi negli anni successivi. [[Marco Tullio Giordana]] dirige nel 1979 ''[[Maledetti vi amerò]]'', che insieme al seguente ''[[La caduta degli angeli ribelli]]'' (1981) indaga il mondo dell'estrema sinistra nel periodo del riflusso. Negli anni seguenti torna al cinema solo occasionalmente, dedicandosi a film di impianto sociale con ''[[Appuntamento a Liverpool]]'' (1988) e soprattutto ''[[Pasolini, un delitto italiano]]'' (1996).
[[Marco Risi]] dirige alcune commedie giovaniliste interpretate da [[Jerry Calà]], per poi cambiare radicalmente registro con ''[[Soldati - 365 all'alba]]'' (1987) e in maniera maggiore con i drammi carcerari ''[[Mery per sempre]]'' (1989) e ''[[Ragazzi fuori]]'' (1990), testimonianza della rinascita di un filone realista. Tra le altre rivelazioni del decennio meritano di essere ricordati: [[Luigi Faccini]], per il film storico ''[[Nella città perduta di Sarzana]]'' (1980), [[Francesca Comencini]], con ''[[Pianoforte (film 1984)|Pianoforte]]'' (1984) e [[Carlo Mazzacurati]], con ''[[Notte italiana]]'' (1987).
[[File:Onceuponamericadenirowoods.JPG|miniatura|destra|Sopra una scena del film ''[[C'era una volta in America]]'', diretto da [[Sergio Leone]]]]
Dal punto di vista autoriale, [[Michelangelo Antonioni]] ripercorre il tema dell'alienazione nel film ''[[Identificazione di una donna]]'' (con [[Tomas Milian]]), uscito nel 1982. Il film, presentato al [[Festival di Cannes]] nello stesso anno, darà l'occasione al regista di ricevere una Palma d'oro speciale per l'insieme della sua opera.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1604}}</ref> [[Federico Fellini]], parimenti, prosegue la sua ricerca surrealista e onirica nei film ''[[La città delle donne]]'' ([[1980]]), ''[[E la nave va]]'' ([[1983]]) e ''[[Ginger e Fred]]'' ([[1985]]), dove ritrova come primo attore [[Marcello Mastroianni]]. Un caso a parte costituisce l'imponente affresco di ''[[C'era una volta in America]]'', diretto da [[Sergio Leone]] che si avvale di un cast di attori stranieri e una produzione tutta hollywoodiana. Tratta dal [[romanzo]] di [[Harry Grey]] ''The Hoods ''del [[1952]], la pellicola narra, nell'arco di quarant'anni, le drammatiche vicissitudini del criminale David Aaronson (interpretato da [[Robert De Niro]]) e del suo progressivo passaggio dal [[ghetto]] [[Ebraismo|ebraico]] all'ambiente della [[Mafia|malavita organizzata]] nella [[New York]] del [[proibizionismo]].
Tra gli autori più originali e appartati del periodo va citato [[Franco Piavoli]], che pur non essendo mai entrato nel mondo del cinema professionale ha lasciato testimonianze di grande importanza. Dopo aver realizzato alcuni documentari negli anni sessanta, esordisce nel lungometraggio con ''[[Il pianeta azzurro]]'' (1983), un'originale meditazione sui cicli della natura che piega i codici del documentario verso una forma poetica; il talento del regista è confermato da ''[[Nostos - Il ritorno]]'' (1990), inedita interpretazione del mito di [[Ulisse]] che si trasforma in un'esplorazione dell'ignoto, e da ''[[Voci nel tempo]]'' (1996), affresco visivo e sonoro sulle stagioni della vita e della natura<ref>, Alberto Morsiani, Serena Augusto (a cura di), ''Paesaggi sonori. Il cinema di Franco Piavoli'', Le Mani, 2012</ref>.
La pellicola, malgrado lo scarso successo di pubblico, col passare degli anni, è stata dichiarata come una delle più importanti dell'intera cinematografia italiana, quasi sempre richiamata nelle classifiche di preferenza di pubblico e critica.<ref>{{Cita web|autore=Roberto Tallarita|url=http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=4651|titolo=C'era una volta in America|editore=Spietati.it|data=1º febbraio 2013|accesso=29 marzo 2014}}</ref>
Tra le poche rivelazioni del decennio meritano d'essere ricordati [[Carlo Mazzacurati]] che debutta con ''[[Notte italiana]]'' e [[Giuseppe Tornatore]], che esordisce nel [[1986]] con la pellicola ''[[Il camorrista]]'', liberamente tratta dall'[[Il camorrista (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Giuseppe Marrazzo]] che narra la biografia romanzata del boss della [[camorra]] [[Raffaele Cutolo]].
== Anni novanta ==
[[File:Giuseppe Tornatore.jpg|miniatura|sinistradestra|uprightverticale|Il regista [[Giuseppe Tornatore]]]]
La crisi creativa ed economica emersa negli [[anni 1980|anni ottanta]] comincerà ad attenuarsi nel decennio successivo. Ciononostante, le stagioni 1992-1993 e 1993-1994 segneranno il minimo storico nel numero di film realizzati, nella quota di mercato nazionale (15%), nel numero totale di spettatori (sotto i 90 milioni annui) e nel numero di sale<ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", in ''Storia del cinema mondiale'', cit., pp. 1102-1103.</ref>. L'effetto di questa contrazione industriale sancisce la definitivatotale affermazionescomparsa delladel televisione[[cinema comedi mezzogenere]] diitaliano intrattenimentoa privilegiatometà del decennio, tantoin daquanto inglobarenon inpiù séidoneo tuttoa ilcompetere con i coevi grandi [[cinemablockbuster di genere(intrattenimento)|blockbuster]], nonhollywoodiani più(soprattutto idoneoa causa delle enormi differenze di budget a competeredisposizione), con i grandisuoi registi ed attori che quindi passano quasi tutti alla [[blockbusterfiction televisiva]] hollywoodiani.
In tale situazione di ristagno emergono nuove personalità cinematografiche che raggiungono in breve tempo fama e notorietà internazionale. TraSi queste il primo a distinguersi èafferma il regista siciliano [[Giuseppe Tornatore]]., Dopo aver debuttatoche sulesordisce grandenel schermo1986 con la pellicola ''[[Il camorrista]]'' e realizza, [[1988|due anni più tardi realizzadopo]], ''[[Nuovo cinemaCinema Paradiso]]'', chedolceamaro riscuote''amarcord'' successoraccontato in tuttoattraverso il mondo,punto donandoglidi unvista vastodi euna ampiosala di richiamoprovincia. DopoLa alcunipellicola, imprevistiche (traha cuicome alcuniinterprete tagli imposti dalla censura), ilprincipale [[filmPhilippe Noiret]], si aggiudica il gran premio della giuria alattore [[Festival di CannesFrancia|francese]] egià l'[[Oscarnoto alin migliorItalia filmper straniero]].varie Nelinterpretazioni, [[1995]]tra dirigecui [[Sergioquelle Castellitto]] nein ''[[L'uomo delleAmici stellemiei]]''. Il lungometraggio vince iled [[DavidAmici dimiei Donatello- (premio)Atto IIº|David''Amici dimiei Donatello]]- e il [[NastroAtto dII°'argento']] aldi registaMonicelli, delriscuote migliorvisibilità film|Nastroin d'argentotutto peril la miglior regia]]mondo, nonchévincendo il Grangran Premiopremio della Giuriagiuria al [[Festival di VeneziaCannes]]. L'opera è candidata agli Oscar nella sezione relativa al miglior filme in linguaseguito, nonnel inglese. Nel 2009 dirige il film1990, 'l'[[Baarìa]]''Oscar (nomeal sicilianomiglior delfilm suo paese natale [[Bagheriastraniero]]), la cui trama racconta una parte di vita vissuta nella sua città d'origine. La pellicola, uscita il 25 settembre, ha aperto la 66ª Mostra d'arte cinematografica di Venezia nella competizione ufficiale.
Dopo una serie di film quali [[Stanno tutti bene (film 1990)|''Stanno tutti bene'']] (1990) con [[Marcello Mastroianni]], ''[[L'uomo delle stelle]]'' (1995) con [[Sergio Castellitto]], ''[[La leggenda del pianista sull'oceano]]'' (1998) con [[Tim Roth]], [[Malèna (film)|''Malèna'']] (2000) con [[Monica Bellucci]] e ''[[La sconosciuta]]'' (2006) con [[Michele Placido]], nel 2009 Tornatore gira il film ''[[Baarìa]]'', la cui trama racconta una parte di vita vissuta nella sua città d'origine.
[[File:IlGabriele ladro di bambiniSalvatores.pngjpg|sinistra|miniatura|destra|Una scena del film ''[[IlGabriele ladro di bambiniSalvatores]]'' (1992)]]
Un altro regista italiano emerso tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta è [[Gabriele Salvatores]], che nel 1989 si fa notare con il film ''[[Marrakech Express]]'', a cui segue, nel 1990, ''[[Turné]]''.
Altro regista ad imporsi tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta è senz'altro [[Gabriele Salvatores]]. Nel [[1989]] si fa notare per l'opera ''[[Marrakech Express]]'', cui segue, nel 1990, ''[[Turné]]''. Entrambi questi film vengono girati con l'attore [[Diego Abatantuono]], con cui l'autore inizierà un connubio artistico protrattosi in molte altre pellicole. Nel [[1990]] riceve la candidatura agli [[European Film Awards]] nella categoria "Giovani" per la già citata opera ''Turné''. Nel 1990 dirige l'unico videoclip ufficiale del cantautore [[Fabrizio De André]], per la canzone ''[[La domenica delle salme]]''. Il terzo film, dal titolo ''[[Mediterraneo (film)|Mediterraneo]]'', conclude la cosiddetta "trilogia della fuga", che verrà idealmente proseguita con il film del 1992 ''[[Puerto Escondido (film)|Puerto Escondido]]''. L'opera gli vale il [[Premio Oscar]] come [[Oscar al miglior film straniero|miglior film straniero]], ricevuto dall'[[Academy]] nell'inverno dell'anno successivo. La pellicola si aggiudicherà altri premi tra cui il [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] per il miglior film, il montaggio ed il suono ed un [[Nastro d'Argento]] per la regia. Nel [[2003]] dirige ''[[Io non ho paura (film)|Io non ho paura]]'', il cui soggetto è tratto dall'[[Io non ho paura (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Niccolò Ammaniti]]. La pellicola gli vale una nuova nomination all'Oscar e il "Gattopardo d'oro" - Premio Luchino Visconti.
Queste due pellicole, insieme alle due successive, ''[[Mediterraneo (film)|Mediterraneo]]'' (1991) e ''[[Puerto Escondido (film)|Puerto Escondido]]'' (1992), costituiranno la cosiddetta "tetralogia della fuga". Dedicando ''Mediterraneo'' "a tutti quelli che stanno scappando", il regista napoletano tesse un elogio della ribellione usando gli anni quaranta come metafora dei sogni e delle speranze post-sessantottine.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2041}}.</ref> ''Mediterraneo'' viene insignito del [[Premio Oscar]] come [[Oscar al miglior film straniero|miglior film straniero]]. Nel 2003 dirige ''[[Io non ho paura (film)|Io non ho paura]]'', il cui soggetto è tratto dall'[[Io non ho paura (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Niccolò Ammaniti]].
Opere non meno importanti uscite nella prima metà degli anni novanta sono certamente l'ultima fatica di Fellini (''[[La voce della Luna]]'' 1990), ''[[Jona che visse nella balena]]'' (1993), che mette in luce le qualità artistiche del cineasta [[Roberto Faenza]], ''[[Piccolo Buddha]]'' (1993) di [[Bernardo Bertolucci]], ''[[Al di là delle nuvole]]'' (1995) di [[Michelangelo Antonioni]] e [[Wim Wenders]] e ''[[L'amore molesto (film)|L'amore molesto]]'' (1995) del napoletano [[Mario Martone]]. L'esordio alla [[regia cinematografica]] di Martone è del 1980 con un [[cortometraggio]] sponsorizzato dal [[Banco di Napoli]], a cui segue ''Foresta Nera'' (1982). Dopo dieci anni, si rivela al grande pubblico con il suo primo lungometraggio ''[[Morte di un matematico napoletano]]'' (1992). Nel 1998 esce nelle sale ''[[Teatro di guerra]]''. Il film, presentato nella sezione [[Un Certain Regard]] al [[Festival di Cannes 1998|51º Festival di Cannes]], è una cupa riflessione sulla consistenza del dolore, che descrive con arguzia e verità d'accenti tutte le bellezze (e contraddizioni) del capoluogo campano.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3320}}.</ref>
Si afferma, nello stesso periodo, il cineasta calabrese [[Gianni Amelio]], che ottiene una nomination agli Oscar con il film ''[[Porte aperte (film)|Porte aperte]]'' (1990), interpretato da [[Gian Maria Volontè]]. Due anni più tardi conquista il Gran Premio Speciale della Giuria a Cannes con ''[[Il ladro di bambini]]'' e il [[Leone d'oro]] con ''[[Così ridevano]]'' ([[1998]]), entrambi interpretati dall'attore [[Enrico Lo Verso]]
[[File:Mario Martone.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Mario Martone]]]]
Sempre in questo periodo si sviluppa un piccolo filone cinematografico di derivazione neorealista, contaminato da tematiche civili aderenti all'attualità. A tale filone (denominato ''Nuovo neorealismo'') appartengono film come ''[[Ultrà (film)|Ultrà]]'' (1991), incentrato sulla violenza delle tifoserie calcistiche, ''[[La scorta]]'' (1993) ispirato alle contemporanee [[Bombe del 1992-1993|stragi mafiose siciliane]] e ''[[Vite strozzate]]'' (1996), tutti diretti dal cineasta [[Ricky Tognazzi]]. Da citare in questo senso sono anche: ''[[Il muro di gomma]]'' (1991), di [[Marco Risi]], ''[[Teste rasate]]'' (1993) di [[Claudio Fragasso]], violento ritratto dell'ambiente [[skinhead]] e [[neonazista]], ''[[Il giudice ragazzino]]'' (1993) di [[Alessandro Di Robilant]] e ''[[Poliziotti (film 1995)|Poliziotti]]'' (1995), diretto dall'attore e regista [[Giulio Base]]. Altra pellicola ascrivibile al genere e influenzata dai convergenti avvenimenti di [[Cosa nostra]] è ''[[Giovanni Falcone (film)|Giovanni Falcone]]'' (1993) di [[Giuseppe Ferrara]], opera che ripercorre gli ultimi giorni di vita dei magistrati [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]], storici esponenti della lotta contro la mafia siciliana.
Lontano da mode e correnti si sviluppa il cinema di [[Pasquale Pozzessere]], che nel film d'esordio ''[[Verso sud (film)|Verso sud]]'' (1992) esplora senza retorica lo sfacelo urbano e ambientale dell'Italia anni novanta, con inquadrature che rimandano direttamente al cinema di [[Michelangelo Antonioni]] e di [[Pier Paolo Pasolini]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3666}}.</ref> Tra i lavori a venire vi sono ''[[Padre e figlio (film 1994)|Padre e figlio]]'' (1994) e il lungometraggio di impegno civile ''[[Testimone a rischio]]'' (1997). Tra gli esordienti del periodo vi è [[Mimmo Calopresti]] che dirige [[Nanni Moretti]] ne ''[[La seconda volta]]'' (1995) e conferma le proprie qualità con il successivo ''[[La parola amore esiste]]'' (1998). Ricco di idee e sensibilità è il cinema dell'italoargentino [[Marco Bechis]], che sviluppa opere riflessive e intense come ''[[Alambrado]]'' (1991) e ''[[Garage Olimpo]]'' (1999), dove il regista ripercorre la dittatura argentina di [[Jorge Rafael Videla|Videla]] seguendo la storia di una giovane maestra elementare.
[[File:Gabriele Salvatores.jpg|sinistra|thumb|[[Gabriele Salvatores]]]]
Opere non meno importanti uscite nella prima metà degli anni novanta sono certamente l'ultima fatica di Fellini (''[[La voce della Luna]]'' 1990), interpretata da [[Paolo Villaggio]] e [[Roberto Benigni]], ''[[Jona che visse nella balena]]'' (1993), che mette in luce le qualità artistiche del cineasta [[Roberto Faenza]] e ''[[L'amore molesto]]'' (1995) dell'artista napoletano [[Mario Martone]]. L'esordio alla [[regia cinematografica]] di Martone è del [[1980]] con un [[cortometraggio]] sponsorizzato dal Banco di Napoli, a cui segue "Foresta Nera". Dopo 12 anni, nel [[1992]], si rivela al grande pubblico con il suo primo [[lungometraggio]]: ''[[Morte di un matematico napoletano]]'', che gli vale il [[Gran premio della giuria]] alla [[Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia|Mostra di Venezia]]. Nel 1993 realizza il [[mediometraggio]] ''[[Rasoi]]'', ispirato ad un suo spettacolo teatrale precedentemente allestito al [[Teatro Mercadante]] (1990).
Sempre in questo periodo si sviluppa un piccolo filone cinematografico di derivazione neorealista, ampiamente contaminato da tematiche civili più aderenti all'attualità. A tale filone (denominato ''Nuovo neorealismo'') appartengono artisti emergenti tra i quali il giovane [[Marco Risi]]. Figlio del celebre regista [[Dino Risi]], dopo aver diretto alcune commedie giovanili si indirizza verso un cinema più impegnato con pellicole come ''[[Soldati - 365 all'alba]]'' ([[1987]]) e il dittico ''[[Mery per sempre]]'' ([[1989]]) e ''[[Ragazzi fuori]]'' ([[1990]]), incentrati sulle storie di alcuni detenuti nel carcere minorile di [[Palermo]]. Nel 1991 vede la luce il film inchiesta ''[[Il muro di gomma]]'' , realistica rielaborazione dei numerosi depistaggi relativi alle indagini sulla [[Strage di Ustica]]. Altre opere inseribili nel filone neo-neorealista sono ''[[Ultrà (film)|Ultrà]]'' ([[1991]]), incentrato sulla violenza delle tifoserie calcistiche, ''[[La scorta]]'' ([[1993]]) ispirato alle contemporanee [[Bombe del 1992-1993|stragi mafiose siciliane]] e ''[[Vite strozzate]]'', tutti diretti dal cineasta [[Ricky Tognazzi]]. Grazie al film ''[[Ultrà (film)|Ultrà]]'', il regista milanese riceverà un [[Orso d'argento per il miglior regista]] al [[Festival di Berlino]]. Da citare in questo senso anche ''[[Teste rasate]]'' ([[1993]]) di [[Claudio Fragasso]], violento ritratto dell'ambiente [[skinhead]] e [[neonazista]]. Altra pellicola ascrivibile al genere e profondamente influenzata dai convergenti avvenimenti di [[Cosa nostra]] è ''[[Giovanni Falcone (film)|Giovanni Falcone]]'' ([[1993]]) di [[Giuseppe Ferrara]], lungometraggio che ripercorre gli ultimi giorni di vita dei magistrati siciliani [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]], interpretati da [[Michele Placido]] e [[Giancarlo Giannini]].
A seguito di una duratura gavetta televisiva come scenografo, esordisce nel mondo del cinema il regista e pittore [[Antonio Capuano]]. Nel lungometraggio ''[[Vito e gli altri]]'' (1991), l'autore filma con sprezzante coraggio la cruda e difficile situazione delinquenziale dei minorenni napoletani. Seguono ''[[Pianese Nunzio, 14 anni a maggio]]'' (1996), ''[[Polvere di Napoli]]'' (1998) e ''[[La guerra di Mario]]'' (2005), che tratta con finezza psicologica una storia d'amore contrastato tra una madre e un figlio.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1529}}.</ref>
===La Commedia negli anni novanta===
[[File:Roberto Benigni Nicoletta Braschi.jpg|thumb|upright|[[Roberto Benigni]] con [[Nicoletta Braschi]] al [[Festival di Cannes 1998]]]]
Gradualmente riprende quota la commedia, anch'essa rivisitata con temi e stili contemporanei: ricevono consensi ''[[Pensavo fosse amore... invece era un calesse]]'' (1991) di Massimo Troisi, ''[[Io speriamo che me la cavo (film)|Io speriamo che me la cavo]]'' (1992) di [[Lina Wertmuller]] (interpretato da [[Paolo Villaggio]]), ''[[Maledetto il giorno che t'ho incontrato]]'' (1992), ''[[Perdiamoci di vista]]'' (1994) e ''[[Viaggi di nozze]]'' (1995), rispettivamente del regista e attore romano [[Carlo Verdone]]. Nel 1994 fa il suo esordio cinematografico il regista livornese [[Paolo Virzì]], subito salutato dalla critica come una vera rivelazione. Tra i suoi primi lungometraggi si evidenziano: ''[[La bella vita]]'' (1994), ''[[Ferie d'agosto]]'' (1995) e ''[[Ovosodo]]'' (1997), quest'ultimo vincitore del gran premio della giuria al [[Festival di Venezia]]. Riceve grandi consensi di pubblico l'attore e regista toscano [[Leonardo Pieraccioni]], specialmente con commedie leggere come ''[[I laureati]]'' (1995) e ''[[Il ciclone (film)|Il ciclone]]'' (1996).
Un discorso a parte merita l'italo/svizzero [[Silvio Soldini]] il cui stile dolce-amaro non rientra facilmente in alcun genere: nel corso degli anni novanta dirige alcuni dei suoi film più noti: ''[[L'aria serena dell'ovest]]'' (1990), ''[[Un'anima divisa in due]]'' (1993) e ''[[Le acrobate]]'' (1997). Tra gli esordienti del periodo vi è [[Mimmo Calopresti]] che dirige Nanni Moretti ne ''[[La seconda volta]]'' (1995) e conferma il proprio successo con il successivo ''[[La parola amore esiste]]'' (1998).
Le medesime problematiche vengono affrontate dal regista ligure [[Luigi Faccini]] nei film ''[[Notte di stelle]]'' (1991) e ''[[Giamaica (film 1998)|Giamaica]]'' (1998), improntati sul degrado delle periferie romane. Si sottolinea, in aggiunta, la produzione dell'artista [[Paolo Benvenuti]], che dopo molti cortometraggi per la tv di Stato realizza alcune pellicole dalla forma pittorica e dal valore didattico quali: ''[[Il bacio di Giuda (film 1988)|Il bacio di Giuda]]'' (1988), ''[[Confortorio]]'' (1992) e ''[[Tiburzi]]'' (1996).
Si afferma agli inizi del decennio il cinema di [[Daniele Luchetti]], costantemente diviso fra la classica commedia e una matura attenzione all'impegno civile. Fra le sue opere più significative sono senz'altro da citare ''[[il portaborse]]'' (1991), con [[Nanni Moretti]] e [[Silvio Orlando]], ''[[La scuola (film 1995)|La scuola]]'' (1995) e in tempi più recenti ''[[Mio fratello è figlio unico (film)|Mio fratello è figlio unico]]'' (2006), con gli attori [[Riccardo Scamarcio]] ed [[Elio Germano]]. Tra la fine degli anni ottanta e l'inizio dei novanta fa la sua comparsa la cineasta romana [[Francesca Archibugi]]. Dopo il liceo si iscrive al [[Centro Sperimentale di Cinematografia]], dirigendo numerosi corti per tutti gli anni ottanta. Debutta dietro la macchina da presa con la commedia ''[[Mignon è partita]]'', che vede come protagonista [[Stefania Sandrelli]]. La pellicola si aggiudicherà nel 1988 cinque [[David di Donatello (premio)| David di Donatello]], tra cui quello per il miglior regista esordiente. Dopo la pellicola ''[[Verso sera]]'' (1990), con [[Marcello Mastroianni]], dirige nel 1993 ''[[Il grande cocomero (film)|Il grande cocomero]]'', avvalendosi dell'attore [[Sergio Castellitto]]. In quest'opera la Archibugi affronta il difficile tema della [[neuropsichiatria infantile]], ispirandosi ad un saggio dello psichiatra [[Marco Lombardo Radice]] e alle sue esperienze nel reparto di via dei Sabelli a Roma.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1490}}</ref>. Il film si aggiudica due David di Donatello e il premio Ocic e della Giuria Ecumenica al [[Festival di Cannes]]. Tra le sue varie pellicole si riportano: ''[[L'albero delle pere]]'' (1998), ''[[Lezioni di volo]]'' (2006), con [[Giovanna Mezzogiorno]] e ''[[Questione di cuore]]'' (2009), con [[Kim Rossi Stuart]] e [[Antonio Albanese]]. Inoltre prende campo l'opera del regista [[Carlo Mazzacurati]] che con il lungometraggio ''[[Il toro]]'' (1994), riceve un Orso d'argento al [[festival di Venezia]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3407}}</ref>
[[File:Il postino.png|miniatura|sinistra|Un'immagine del film ''[[Il postino]]'', con [[Massimo Troisi]] e [[Philippe Noiret]]]]
Sul finire degli anni novanta dividono la critica le grottesche messe in scena degli artisti [[Ciprì e Maresco]] che mettono a frutto l'esperienza televisiva maturata con [[Cinico TV]] nell'esordio ''[[Lo zio di Brooklyn]]'' (1995) e nei successivi ''[[Totò che visse due volte]]'' (1998) e ''Noi e il Duca - quando Duke Ellington suonò a Palermo'' (1999). Lo stile surreale e immaginifico dei due autori che procedono per accumulo di episodi in un universo totalmente iperbolico sconcerta, tra entusiasmi e stroncature.
Da ultimo, si menziona l'operato dei due cineasti sperimentali [[Angela Ricci Lucchi]] e Yervant Gianikian che, in oltre trent'anni di carriera, hanno presentato documentari inerenti ai tragici fatti del primo conflitto mondiale. I due registi, nel fare ciò, hanno recuperato numerosi materiali di archivio, successivamente ingranditi e virati per dare ulteriore valore ai fotogrammi esistenti e portare lo spettatore a riflettere sulle atrocità di tutte le guerre.<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2000/novembre/15/registi_della_memoria_co_7_0011154759.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151117222136/http://archiviostorico.corriere.it/2000/novembre/15/registi_della_memoria_co_7_0011154759.shtml|titolo=Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian - I registi della memoria - Corriere della Sera|accesso=16 giugno 2015|urlmorto=sì|dataarchivio=17 novembre 2015}}</ref> Pressoché sconosciuti in Italia, hanno incontrato, a partire dagli anni novanta, stima e apprezzamenti in molti festival europei; tra i loro film più noti si riportano: ''Uomini, anni, vita'' (1990) - incentrato sul massacro degli armeni - e il trittico bellico ''Prigionieri della guerra'' (1995), ''Su tutte le vette è pace'' (1998) e ''[[Oh! uomo]]'', presentato nella [[Quinzaine des réalisateurs]] del [[Festival di Cannes]] nel maggio del 2004.
Nel settembre del 1994 esce nelle sale cinematografiche ''[[Il postino]]'', diretto da [[Michael Radford]] e interpretato dall'attore [[Massimo Troisi]], con al fianco [[Philippe Noiret]], [[Renato Scarpa]] e l'esordiente [[Maria Grazia Cucinotta]]. Il film, tratto dal romanzo ''[[Il postino di Neruda|Ardiente paciencia]]'' ([[1986]]) del cileno [[Antonio Skármeta]], rappresenta il testamento artistico dell'attore campano che centra l'obbiettivo di rinverdire la tradizione alta della [[commedia all'italiana]] in chiave internazionale e anti-hollywoodiana. L'opera riceve grandi consensi sia in Italia che all'estero e ottiene 5 candidature agli [[Premi Oscar 1996|Oscar 1996]] come miglior film, miglior attore protagonista ([[Massimo Troisi]]), miglior regia ([[Michael Radford]]), miglior sceneggiatura non originale e miglior colonna sonora drammatica. Tuttavia solo quest'ultima candidatura si è tradotta nella conquista di una statuetta. L'interprete napoletano, morto dodici giorni dopo la fine della riprese, verrà insignito dal [[Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani]] di un apposito [[Nastro d'argento speciale]].
=== La commedia ===
Gli ultimi anni del decennio vedono il trionfo internazionale di [[Roberto Benigni]] con ''[[La vita è bella (film 1997)|La vita è bella]]'' (1997). L'attore-regista toscano, già premiato dal pubblico coi precedenti ''[[Johnny Stecchino]]'' (1991) e ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'' (1994), porta sullo schermo una commedia sull'[[Italia fascista]], accentuandone la drammaturgia con lo spostamento dell'azione all'interno dei lager [[nazismo|nazisti]]. Il film, tra i numerosi riconoscimenti, otterrà nel [[1999]] l'[[Oscar al miglior film straniero]] e a Roberto Benigni l'Oscar come migliore attore protagonista. Da non tralasciare l'Oscar per la migliore colonna sonora originale al compositore [[Nicola Piovani]], autore di molteplici e fortunate colonne sonore fin dagli anni settanta.
[[File:Io speriamo che me la cavo.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Paolo Villaggio]] nel film ''[[Io speriamo che me la cavo (film)|Io speriamo che me la cavo]]'', di [[Lina Wertmüller]] (1992)]]
[[File:Caro diario- nanni.jpg|miniatura|destra|[[Nanni Moretti]] nel film ''[[Caro diario]]'' (1993)]]
Gradualmente riprende quota la commedia, anch'essa rivisitata con temi e stili contemporanei. Nella prima metà degli anni novanta ricevono consensi il comico toscano [[Alessandro Benvenuti]] con ''[[Benvenuti in casa Gori]]'' (1990), [[Massimo Troisi]] con ''[[Pensavo fosse amore... invece era un calesse]]'' (1991), [[Lina Wertmüller]] con ''[[Io speriamo che me la cavo (film)|Io speriamo che me la cavo]]'' (1992) e l'artista romano [[Carlo Verdone]], che torna a sperimentare l'ambito comico nel fortunato film a episodi ''[[Viaggi di nozze]]'' (1995). Riscuote grande seguito anche l'attore e regista fiorentino [[Leonardo Pieraccioni]], specialmente con commedie giovanili come ''[[I laureati]]'' (1995), ''[[Il ciclone (film)|Il ciclone]]'' (1996) e ''[[Fuochi d'artificio (film 1997)|Fuochi d'artificio]]'' (1997).
Nel frattempo, [[Nanni Moretti]] innalza il proprio percorso d'autore con il sincero e autobiografico ''[[Caro diario]]'' (1993), seguito da ''[[Aprile (film)|Aprile]]'' (1998), dove l'artista documenta se stesso di fronte all'evolversi della situazione politica italiana.
== Il nuovo millennio ==
Nel 1994 fa il suo esordio cinematografico il regista livornese [[Paolo Virzì]], subito salutato dalla critica come una vera rivelazione. Tra i suoi primi lungometraggi si evidenziano: ''[[La bella vita]]'' (1994), ''[[Ferie d'agosto]]'' (1995) e il cult ''[[Ovosodo]]'' (1997).
[[File:Marco Bellocchio FCI Tokyo 2010.jpg|miniatura|destra|upright|Il cineasta [[Marco Bellocchio]]]]
Con l'arrivo del nuovo millennio il cinema d'autore ritrova il proprio appeal grazie a una nutrita schiera di cineasti, molti dei quali già attivi nei decenni precedenti. Oltre al successo ottenuto da [[Nanni Moretti]] al [[Festival di Cannes]] per ''[[La stanza del figlio]]'', recupera nuova linfa creativa il cinema di [[Marco Bellocchio]]. Definitivamente archiviata la sua discussa collaborazione con lo psicanalista Fagioli, produce due acclamati lungometraggi: ''[[L'ora di religione]]'' (2002) e ''[[Buongiorno, notte]]'' (2003) dedicato al rapimento di [[Aldo Moro]] che vede come attori principali [[Maya Sansa]], [[Roberto Herlitzka]] e [[Luigi Lo Cascio]].
Giunge a piena maturità artistica il cinema di [[Pupi Avati]] che fin dagli anni settanta ha alternato con intelligenza cinematografica pellicole vicine alla commedia a vere e proprie incursioni nel genere horror. A partire dal film ''[[Regalo di natale]]'' (1986), interpretato da [[Diego Abatantuono]], [[Carlo delle Piane]] e [[Gianni Cavina]], unisce con verve autoriale elementi farseschi e drammatici con maturità ed equilibrio. Negli anni duemila conoscono riscontro e acclamazioni pellicole come: ''[[Il cuore altrove]]'' (2003), ''[[La seconda notte di nozze]]'' (2005), ''[[Il papà di Giovanna]]'' (2007), con cui [[Silvio Orlando]] vince la [[Coppa Volpi]] come miglior attore, e ''[[Gli amici del bar Margherita]]'' (2009). In egual misura raggiungono il crisma dell'autorialità i lungometraggi di [[Paolo Virzì]] che fotografano con lucidità e pungente ironia le varie facce dell'Italia attuale. Film come ''[[Caterina va in città]]'' ([[2003]]), ''[[Tutta la vita davanti]]'' ([[2008]]) e ''[[La prima cosa bella (film)|La prima cosa bella]]'' ([[2010]]), lo impongono come uno degli eredi naturali della [[commedia all'italiana]].
Si afferma agli inizi del decennio il cinema di [[Daniele Luchetti]], costantemente diviso fra la classica commedia e una matura attenzione all'impegno civile. Fra le sue opere più significative si ricordano: ''[[Il portaborse]]'' (1991), ''[[La scuola (film 1995)|La scuola]]'' (1995) e in tempi più recenti ''[[Mio fratello è figlio unico (film)|Mio fratello è figlio unico]]'' (2006) e ''[[La nostra vita (film)|La nostra vita]]'' (2010).
[[File:Pupi Avati.jpg|miniatura|sinistra|upright|[[Pupi Avati]]]]
Verso la metà degli anni novanta dividono la critica le grottesche messe in scena degli artisti [[Ciprì e Maresco]] che mettono a frutto l'esperienza televisiva di ''[[Cinico TV]]'' nel film d'esordio ''[[Lo zio di Brooklyn]]'' (1995) e nei successivi ''[[Totò che visse due volte]]'' (1998) e ''[[Il ritorno di Cagliostro]]'' (2003).
Dopo aver conquistato il [[Pardo d'oro]] al [[Festival di Locarno]] con il film ''[[Maledetti vi amerò]]'' (1980), ottiene richiamo l'artista milanese [[Marco Tullio Giordana]], in particolar modo con la pellicola ''[[I cento passi]]'' (2000), incentrata sulla figura di [[Peppino Impastato]] e soprattutto con l'opera fiume ''[[La meglio gioventù]]'' (2003), che attraverso le vicende di una famiglia italiana, ripercorre la storia contemporanea della nazione, dagli anni sessanta del [[Novecento]] ai primi anni del duemila. Il film (vincitore di un premio a Cannes nella sezione ''Un certain regard'') fonde coinvolgimento melodrammatico e riflessione sociale, e questo anche in virtù della collaudata coppia di sceneggiatori [[Stefano Rulli]] e [[Sandro Petraglia]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2042}}</ref> L'opera lancia una serie di attori assai versatili come [[Alessio Boni]], [[Luigi Lo Cascio]], [[Fabrizio Gifuni]], [[Sonia Bergamasco]] e [[Jasmine Trinca]].
Lo stile dissacrante dei due autori che procedono per accumulo di episodi in un universo totalmente iperbolico sconcerta, tra entusiasmi e stroncature.
Dopo la pellicola di [[Francesca Archibugi]] ''[[Verso sera]]'' del 1990, dirige nel 1993 ''[[Il grande cocomero (film)|Il grande cocomero]]''. In quest'opera la Archibugi affronta il difficile tema della [[neuropsichiatria infantile]], ispirandosi a un saggio dello psichiatra [[Marco Lombardo Radice]] e alle sue esperienze nel reparto di via dei Sabelli a Roma.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1490}}.</ref>
[[File:Troisiof1.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Massimo Troisi]], candidato nel 1996 ai [[premi Oscar]] come [[Oscar al miglior attore|miglior attore]] per il film ''[[Il postino]]'']]
[[File:Roberto Benigni Nicoletta Braschi.jpg|miniatura|verticale|sinistra|[[Roberto Benigni]] con la moglie [[Nicoletta Braschi]] al [[Festival di Cannes 1998]]]]
L'italo-svizzero [[Silvio Soldini]] continua a proporre pellicole dallo stile dolce-amaro, che non rientrano facilmente in nessun genere predefinito. Nel corso degli anni novanta dirige alcuni dei suoi film più noti come ''[[Un'anima divisa in due]]'' (1993), ''[[Le acrobate]]'' (1997) e ''[[Pane e tulipani]]'' (1999).
Proprio in seno alla commedia, tra la metà degli anni ottanta e l'inizio dei novanta, si è affacciata una nuova schiera di attori che ha alternato abilmente ruoli impegnati ad altri più leggeri, fra i tanti si menzionano: [[Sergio Castellitto]], [[Silvio Orlando]], [[Sergio Rubini]], [[Fabrizio Bentivoglio]], [[Alessandro Haber]], [[Ennio Fantastichini]], [[Claudio Amendola]] e [[Carlo Delle Piane]] (già attivo come caratterista da oltre tre decenni). Sul versante femminile emergono: [[Margherita Buy]], [[Valeria Golino]], [[Laura Morante]], [[Anna Bonaiuto]], [[Valeria Bruni Tedeschi]], [[Francesca Neri]], [[Lina Sastri]], [[Isabella Ferrari]], [[Sabrina Ferilli]] e [[Monica Bellucci]].
Nel settembre del 1994 esce nelle sale ''[[Il postino]]'', diretto da [[Michael Radford]] e interpretato da [[Massimo Troisi]], [[Philippe Noiret]] e un'esordiente [[Maria Grazia Cucinotta]]. Il film, tratto dal romanzo ''[[Il postino di Neruda|Ardiente paciencia]]'' del cileno [[Antonio Skármeta]], rappresenta il testamento artistico dell'attore partenopeo, che centra l'obbiettivo di rinverdire la tradizione alta della [[commedia all'italiana]] in chiave internazionale e anti-hollywoodiana.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2599}}.</ref> L'opera riceve grandi consensi sia in Italia che all'estero e ottiene 5 candidature agli [[Premi Oscar 1996|Oscar 1996]]. Troisi, morto dodici ore dopo la fine delle riprese all'età di soli 41 anni a causa dei problemi cardiaci che lo affliggevano fin dalla tenera età, verrà insignito dal [[Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani]] di un apposito [[Nastro d'argento speciale]].<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1995/marzo/18/Nastro_speciale_Troisi_famiglia_rifiuta_co_0_95031815941.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151103203711/http://archiviostorico.corriere.it/1995/marzo/18/Nastro_speciale_Troisi_famiglia_rifiuta_co_0_95031815941.shtml|titolo=Un Nastro speciale a Troisi Ma la famiglia lo rifiuta|accesso=9 novembre 2015|urlmorto=sì|dataarchivio=3 novembre 2015}}</ref>
Gli ultimi anni del decennio vedono il trionfo internazionale di [[Roberto Benigni]] con l'acclamato ''[[La vita è bella]]'' (1997). L'attore-regista, già premiato dal pubblico coi precedenti ''[[Johnny Stecchino]]'' (1991) e ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'' (1994), porta sullo schermo una commedia sull'[[Italia fascista]], accentuandone la drammaturgia con lo spostamento dell'azione all'interno dei lager [[nazismo|nazisti]]. Inizialmente il progetto prevede una stesura a esclusivo impianto comico; in seguito lo script viene ad assumere volutamente le vesti di una commedia a sfondo drammatico. La pellicola ([[Oscar al miglior film straniero]] nel 1999) ottiene un vasto clamore in tutto il mondo, portando il comico toscano a ricevere, nello stesso anno, l'[[Oscar al miglior attore]] protagonista. A tutt'oggi, l'artista di Vergaio, è l'unico interprete maschile italiano ad aver ottenuto un simile riconoscimento.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3711}}.</ref>
== Il nuovo millennio ==
Con l'arrivo del nuovo millennio l'industria cinematografica ritrova parzialmente stabilità e riconoscimento critico. Oltre al successo ottenuto da [[Nanni Moretti]] al [[Festival di Cannes]] per ''[[La stanza del figlio]]'' (2001), va ricordato il consenso critico di ''[[La meglio gioventù]]'' (2003), di [[Marco Tullio Giordana]]. Ritrova nuova linfa creativa l'opera di [[Marco Bellocchio]], che torna alla ribalta con due acclamati lungometraggi: ''[[L'ora di religione]]'' (2002) e ''[[Buongiorno, notte]]'' (2003), nonché il cinema di [[Pupi Avati]] (''[[Il cuore altrove]]'', 2003; ''[[Il papà di Giovanna]]'', 2007). [[Gabriele Muccino]] dirige [[Will Smith]] in ''[[La ricerca della felicità]]'' (2006).
[[File:Paolo Sorrentino 2008 cropped.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Il regista napoletano [[Paolo Sorrentino]]]]
Viene salutato come una rivelazione [[Emanuele Crialese]], che suscita interesse con l'opera seconda ''[[Respiro (film)|Respiro]]'' (2003) e in misura maggiore con l'affresco ''[[Nuovomondo]]'' (2006) in cui descrive la tragica realtà dell'emigrazione italiana del primo novecento. Nello stesso periodo attira attenzione l'opera di [[Saverio Costanzo]]. Il suo film d'esordio, ''[[Private (film)|Private]]'', storia della convivenza forzata tra una famiglia [[Palestina|palestinese]] e un gruppo di militari [[Israele|israeliani]], si è aggiudicato diversi premi tra cui il [[Pardo d'oro]] al [[Festival di Locarno]] del [[2004]], il [[Nastro d'Argento]] ed il [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] del [[2005]]. Si consolida oltremodo il cinema di [[Cristina Comencini]]. Figlia d'arte del noto regista [[Luigi Comencini]], debutta sul grande schermo alla fine degli anni ottanta. Raggiunge un notevole seguito negli anni duemila con la pellicola ''[[La bestia nel cuore]]'' ([[2005]]), che si aggiudica, un anno più tardi, la nomination agli [[oscar]] come miglior film straniero.
[[File:Matteo Garrone cropped.jpg|miniatura|destra|upright|[[Matteo Garrone]]]]
Il lascito più importante del cinema italiano del nuovo millennio arriva dai registi [[Paolo Sorrentino]] e [[Matteo Garrone]].
Sorrentino realizza il suo primo lungometraggio nel 2001 con ''[[L'uomo in più]]'', che narrapassa la storia parallela di due ''losers'', segnando la prima collaborazione con l'attore [[Toni Servillo]]inosservato. Il successivo ''[[Le conseguenze dell'amore]]'' (2004), ottiene una considerazione ancora maggiore vincendo cinque [[David di Donatellopubblico (premio)|Davide dicritica Donatello]], tra cui miglior film e regiamaggiore. Nel 2008 esce nelle sale cinematografiche ''[[Il divo (film)|Il divo]]'', liberamente ispirato alla biografia dell'onorevole [[Giulio Andreotti]], eche interpretatovede daprotagonista l'interprete [[Toni Servillo]]. L'opera, accolta positivamente dalla critica, si aggiudica ben sette [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e il [[Premio della giuria]] al [[Festival di Cannes]]. Il regista (anche sceneggiatore), nel ricostruire la vita dello statista intreccia pubblico e privato, alternando scene ipotetiche ad altre basate sui fatti con uno stile spesso frenetico e pirotecnico.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 979}}.</ref>
Garrone dopo alcuni lungometraggi e vari film documentari conosce il successo critico con il film ''[[L'imbalsamatore]]'' (2002) che segna un'autentica svolta nella carriera e nella poetica dell'artista. L'opera combina, in maniera rigorosa, gli elementi tipici del [[noir]] dentro una narrazione in bilico tra realismo e astrazione pittorica. Nel 2008 il regista romano arriva sulla croisette con il film ''[[Gomorra (film)|Gomorra]]'', tratto dal [[Gomorra (romanzo)|omonimo libro denuncia]] di [[Roberto Saviano]] e conquista sei [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e il [[Grand Prix Speciale della Giuria]]. La pellicola lascia volutamente da parte le componenti più cronachistiche riguardanti la malavita organizzata per incentrarsi su cinque storie personali che hanno tutte il compito di svelare il sottile rapporto esistente tra mondo legale e illegale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1476}}.</ref> Pur stilisticamente differenti, sia ''[[Il divo (film)|Il divo]]'' che ''[[Gomorra (film)|Gomorra]]'' si accomunano nel tentativo di tornare a raccontare, attraverso il cinema, aspetti critici della società italiana. L'ottimo riscontro al botteghino delle due pellicole segna un deciso rilancio del cinema italiano d'autore, capace nello stesso tempo di raggiungere un ampio richiamo di pubblico.<ref>{{cita news|url=https://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/spettacoli_e_cultura/cinema/cannes/cannes-premi/cannes-premi/cannes-premi.html|titolo=La giuria di Sean Penn premia l'Italia riconoscimenti a 'Gomorra' e 'Il divo'|pubblicazione=la Repubblica|data=10 novembre 2015}}</ref>
[[File:Paolo Sorrentino 2008 cropped.jpg|miniatura|upright|sinistra|Sopra il regista napoletano [[Paolo Sorrentino]]]]
Pur stilisticamente differenti, sia il ''[[Il divo (film)|Il divo]]'' che ''[[Gomorra (film)|Gomorra]]'' si accomunano entrambi nel tentativo di tornare a raccontare, attraverso il cinema, aspetti critici della società italiana. L'ottimo riscontro ottenuto al botteghino dalle due pellicole segna un deciso rilancio del cinema italiano d'autore, capace nello stesso tempo di raggiungere un vasto richiamo di pubblico. Da ricordare il regista italo-turco [[Ferzan Özpetek]] autore che ottiene successo con film imperniati sulle difficoltà di coppia, l'elaborazione del lutto e la condizione omosessuale con lavori come ''[[Il bagno turco]]'' ([[1997]]), ''[[Le fate ignoranti]]'' ([[2000]]), ''[[La finestra di fronte]]'' ([[2003]]), ''[[Cuore sacro]]'' ([[2005]]), ''[[Saturno contro]]'' ([[2007]]), ''[[Mine vaganti]]'' ([[2010]]), ''[[Magnifica presenza]]'' ([[2012]]) ed ''[[Allacciate le cinture]]'' ([[2014]]).
[[File:Paolo Virzì.JPG|miniatura|destra|uprightverticale|[[Paolo Virzì]]]]
In egual misura raggiungono il crisma dell'autorialità i lungometraggi di [[Paolo Virzì]] che fotografano con lucidità e pungente ironia le varie facce dell'Italia attuale. Film come ''[[Caterina va in città]]'' (2003), ''[[Tutta la vita davanti]]'' (2008) e ''[[La prima cosa bella (film)|La prima cosa bella]]'' (2010), lo impongono come uno degli eredi naturali della [[commedia all'italiana]].
Negli anni duemila si afferma una nuova generazione di interpreti, tra i quali [[Claudio Santamaria]], [[Stefano Accorsi]], [[Kim Rossi Stuart]], [[Pierfrancesco Favino]] ed [[Elio Germano]]. Tutti gli attori sopracitati recitano insieme in ''[[Romanzo criminale (film)|Romanzo criminale]]'' film del [[2005]] di [[Michele Placido]], basato sull'[[Romanzo criminale (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Giancarlo De Cataldo]] e incentrato sulle sanguinarie vicende della [[Banda della Magliana]] (da cui poi è stata tratta una [[Romanzo criminale - La serie|serie televisiva]]). Il film ottiene molto successo sia in Italia che all'estero.
Da ricordare il regista italo-turco [[Ferzan Özpetek]] che ottiene seguito dirigendo film imperniati sulle difficoltà di coppia, l'elaborazione del lutto e la condizione omosessuale, tutte tematiche rintracciabili in lavori come ''[[Il bagno turco (film)|Il bagno turco]]'' (1997), ''[[Le fate ignoranti]]'' (2000), ''[[La finestra di fronte]]'' (2003), ''[[Cuore sacro]]'' (2005) e ''[[Saturno contro]]'' (2007).
Altri apprezzati attori della nuova generazione sono [[Valerio Mastandrea]], [[Giovanna Mezzogiorno]], [[Filippo Timi]], [[Giuseppe Battiston]] ed [[Alba Rohrwacher]].
Tra il 2007 e il 2009 si fanno conoscere registi come [[Giorgio Diritti]], autore del premiatissimo ''[[L'uomo che verrà]]'' e [[Andrea Molaioli]], con i lungometraggi ''[[La ragazza del lago]]'' e ''[[Il gioiellino]]'', entrambi interpretati da [[Toni Servillo]]. Si fanno notare giovani leve come [[Claudio Cupellini]], regista di ''[[Una vita tranquilla]]'', o Aureliano Amadei, all'esordio con ''[[20 sigarette]]'' e imperniato sulla [[Attentati di Nāṣiriya|strage di Nassiriyya]]. Un caso peculiare di cinema alternativo rappresenta l'opera del cineasta milanese [[Michelangelo Frammartino]] che a partire dal film ''Il dono'' (2003) ricostruisce percorsi narrativi pregni di realismo poetico, dando grande rilevanza all'ambiente scenico; ciò diviene ancora più evidente nel successivo ''[[Le quattro volte]]'' (2010).
Negli anni duemila si afferma una nuova generazione di interpreti, tra i quali [[Claudio Santamaria]], [[Stefano Accorsi]], [[Kim Rossi Stuart]], [[Pierfrancesco Favino]], [[Elio Germano]] e [[Riccardo Scamarcio]]. Tutti gli attori sopracitati recitano insieme nel film di successo ''[[Romanzo criminale (film)|Romanzo criminale]]'' (2005), diretto da [[Michele Placido]], basato sull'[[Romanzo criminale (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Giancarlo De Cataldo]] e incentrato sulle sanguinarie vicende della [[Banda della Magliana]] (da cui è stata tratta una [[Romanzo criminale - La serie|serie televisiva]]). In questi anni, oltre a Michele Placido, passano alla regia attori di fama come [[Sergio Rubini]] e [[Sergio Castellitto]] che conosce un buon riscontro di pubblico e critica con il film ''[[Non ti muovere (film)|Non ti muovere]]'' (2004).
Nell'ambito del cinema comico e della commedia oltre alle seguite pellicole del regista [[Carlo Verdone]], ottiene un grande successo popolare il trio comico [[Aldo, Giovanni & Giacomo]], autori e interpreti di film come ''[[Tre uomini e una gamba]]'', ''[[Così è la vita (film 1998)|Così è la vita]]'', ''[[Chiedimi se sono felice]]'', ''[[Tu la conosci Claudia?]]'', ''[[Il cosmo sul comò]]'', ''[[La banda dei Babbi Natale]]'' e ''[[Il ricco, il povero e il maggiordomo]]''. Parimenti, tra gli anni novanta e duemila, conoscono consenso le commedie del regista toscano [[Giovanni Veronesi]], dell'attore [[Massimo Ceccherini]] (già spalla di [[Leonardo Pieraccioni]]) e soprattutto dell'attore teatrale [[Vincenzo Salemme]].
Sempre sul fronte del cinema comico si confermano campioni di incassi i cosiddetti ''[[cine-panettone|cine-panettoni]]'', così chiamati per l'annuale distribuzione nelle sale durante il periodo natalizio. Tale filone è costantemente interpretato dalla coppia [[Massimo Boldi]] e [[Christian De Sica]] (poi separatisi) e diretti da registi specialisti come [[Neri Parenti]] e [[Carlo Vanzina]]. I cinepanettoni si presentano come film dal carattere popolare che descrivono senza alcuna pretesa narrativa le disavventure di vari personaggi all'interno di spazi esotici, spesso adibiti a luoghi di vacanza. Oltre a Boldi e De Sica e vari caratteristi, compaiono nel cast i divi televisivi del momento che interagiscono con i protagonisti sviluppando gag perlopiù grossolane e stiracchiate. Nonostante tali pellicole siano spesso accusate di banalità, se non addirittura di volgarità, hanno conosciuto presso il pubblico, a contrario, un vasto e duraturo successo.
Il film ''[[La bestia nel cuore]]'' di [[Cristina Comencini]] ottiene un grande successo anche internazionale conquistando una nomination all'Oscar come Miglior Film Straniero.
===Il filone adolescenziale===
A partire dal [[2004]] hanno trovato consenso di pubblico alcuni film di carattere adolescenziale, molti dei quali tratti dai romanzi di [[Federico Moccia]] come ''[[Tre metri sopra il cielo (film)|Tre metri sopra il cielo]]'' del [[2004]], ''[[Ho voglia di te (film)|Ho voglia di te]]'' del [[2007]], ''[[Scusa ma ti chiamo amore (film)|Scusa ma ti chiamo amore]]'' del [[2008]] e il sequel ''[[Scusa ma ti voglio sposare (film)|Scusa ma ti voglio sposare]]'' del [[2010]], entrambi interpretati dall'attore [[Raoul Bova]].
Accanto a questi sono state realizzate varie commedie sempre a carattere giovanile come ''[[Notte prima degli esami]]'' del [[2006]], ''[[Notte prima degli esami - Oggi]]'', ''[[Questa notte è ancora nostra]]'' e ''[[Come tu mi vuoi]]'' del [[2007]].
Tali film se da un lato risultano commerciali e di basso profilo artistico, dall'altro hanno avuto il merito di aver riavvicinato un pubblico (quello degli adolescenti) a film esclusivamente italiani e di aver lanciato nuovi attori come [[Riccardo Scamarcio]], [[Nicolas Vaporidis]], [[Laura Chiatti]], [[Cristiana Capotondi]] e [[Carolina Crescentini]].
Maggior consenso critico riceve [[Gabriele Muccino]], regista molto legato a tematiche giovanilistiche e familiari. I suoi maggiori successi sono ''[[Come te nessuno mai]]'' (1999), ''[[L'ultimo bacio]]'' (2001) (di cui viene girato un [[remake]] americano nel 2006, ''[[The Last Kiss (film)|The Last Kiss]]''), ''[[Ricordati di me]]'' (2003), e ''[[Baciami ancora]]'' (2010). Muccino è stato chiamato, in conseguenza del successo ottenuto, a lavorare negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] dove ha diretto film come ''[[La ricerca della felicità]]'' e ''[[Sette anime]]'' entrambi interpretati da [[Will Smith]].
Nella sfera del cinema comico, insieme alle commedie del regista [[Carlo Verdone]], ottengono grande affermazione quelle del trio [[Aldo, Giovanni e Giacomo]], autori e interpreti di film come ''[[Tre uomini e una gamba]]'' (1997), ''[[Così è la vita (film 1998)|Così è la vita]]'' (1998), ''[[Chiedimi se sono felice]]'' (2000) e ''[[Tu la conosci Claudia?]]'' (2004), tutti diretti dal regista [[Massimo Venier]]. Lo stesso [[Roberto Benigni]] torna al cinema con il controverso ''[[Pinocchio (film 2002)|Pinocchio]]'' (2002), seguito da ''[[La tigre e la neve]]'' (2005).
In polemica con questo tipo di cinema, [[Quentin Tarantino]], durante un'intervista del [[2007]], afferma: «Le pellicole italiane che ho visto negli ultimi tre anni sembrano tutte uguali, non fanno che parlare di: ragazzo che cresce, ragazza che cresce, coppia in crisi, genitori, vacanze per minorati mentali. Che cosa è successo? Ho amato così tanto il cinema italiano degli anni sessanta e settanta e alcuni film degli anni ottanta, e ora sento che è tutto finito. Una vera tragedia».<ref>{{Cita web|url=http://www.ilpost.it/2012/11/20/tarantino-cinema-italiano/|titolo=Tarantino sul cinema italiano|editore=Spietati.it|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Le dichiarazioni di Tarantino hanno avuto molta eco, sollevando reazioni contrastanti. Una parte della critica ha difeso il cinema italiano da un giudizio ritenuto troppo ingiusto, un'altra ha sottolineato l'importanza di mettere in pratica le parole del regista americano affinché il cinema italiano torni a essere maggiormente competitivo sia nel mercato nazionale che in quello internazionale, puntando, in particolar modo, sulla rinascita di un nuovo cinema di genere.
Sempre sul fronte del cinema comico si confermano campioni di incassi i cosiddetti ''[[Cinepanettone|cinepanettoni]]'', film comici con trame ambientate nel periodo natalizio e distribuiti durante le festività invernali. Tale filone è costantemente interpretato dal popolare duo comico formato da [[Massimo Boldi]] e [[Christian De Sica]] (poi separatisi) e diretti da registi come [[Enrico Oldoini]], [[Neri Parenti]] e [[Carlo Vanzina]]. I cinepanettoni si presentano come film dal carattere nazionalpopolare che descrivono senza alcuna pretesa narrativa le disavventure di vari personaggi all'interno di spazi esotici, sempre adibiti a luoghi di vacanza.<ref>{{cita news|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/12/18/cinema-anno-record-120-milioni-di.html|titolo=Cinema, l'anno record. 120 milioni di biglietti come nel 1986|pubblicazione=la Repubblica|autore=Franco Montini|data=18 dicembre 2007|p=45}}</ref>
==Gli anni dieci==
[[File:Paolo Taviani and Vittorio Storaro.jpg|miniatura|sinistra|Sopra [[Paolo Taviani]] col direttore della fotografia [[Vittorio Storaro]]]]
In continuità con il decennio precedente, il cinema d'autore italiano torna a conoscere nuovi successi internazionali. Il [[2012]] si apre con la vittoria dei [[Fratelli Taviani]] al [[Festival di Berlino]] che conquistano l'[[Orso d'oro]] con il film ''[[Cesare deve morire]]''. L'opera (girata con la tecnica della ''docu-fiction'') è ambientata all'interno del carcere di [[Rebibbia]] e interpretata dagli stessi detenuti che mettono in scena il ''[[Giulio Cesare]]'' di [[William Shakespeare]]. A maggio dello stesso anno, al [[Festival di Cannes]], [[Matteo Garrone]] vince per la seconda volta il ''Grand Prix della giuria'' con la pellicola ''[[Reality (film)|Reality]]'', film di denuncia sull'influenza altamente negativa che i [[reality show]] hanno sulla gente comune. Entrambi i lungometraggi, a fronte del grande successo di critica, ottengono a contrario bassi riscontri al botteghino. A settembre è la volta di [[Emanuele Crialese]], che grazie al film ''[[Terraferma]]'', si aggiudica il gran premio della giuria al [[Festival di Venezia]].
=== Altre leve del cinema italiano ===
Acclamato da gran parte della critica è il dramma risorgimentale ''[[Noi credevamo]]'' (2011), diretto dal regista napoletano [[Mario Martone]], che nel [[2014]] ottiene successo di pubblico con il film ''[[Il giovane favoloso]]'', biografia del poeta [[Giacomo Leopardi]], interpretato da [[Elio Germano]]. Gli anni dieci mantengono il cinema d'autore italiano sotto i riflettori internazionali. Un'altra riprova arriva nel settembre del 2013, con il film documentario ''[[Sacro GRA]]'', diretto dal regista [[Gianfranco Rosi]], che si aggiudica il [[Leone d'oro]] al [[festival di Venezia]]. L'opera riprende, senza alcun commento esterno, scene di vita vissuta che si dispiegano a Roma lungo il [[Grande Raccordo Anulare]]. Il film, nato da un'idea del paesaggista e urbanista Nicolò Bassetti<ref>{{cita web|url=http://www.sacrogra.it/progetto.php|titolo=Il Progetto|editore=sacrogra.it|accesso=6 settembre 2014}}</ref> , è vagamente ispirato al romanzo ''[[Le città invisibili]]'' di [[Italo Calvino]].<ref name=yrh>{{cita web|lingua=en|autore=Deborah Young|titolo=Sacro GRA, Tales from Rome’s Ring Road (Sacro GRA): Venice Review|url=http://www.hollywoodreporter.com/review/sacro-gra-tales-rome-s-622256|editore=hollywoodreporter.com|data=5 settembre 2013|accesso=6 settembre 2014}}</ref><ref name=Variety>{{cita web|lingua=en|autore=Jay Weissberg|url=http://variety.com/2013/more/reviews/venice-film-review-sacro-gra-1200601049/|titolo=Venice Film Review: ‘Sacro GRA’|editore=variety.com|data=5 settembre 2013|accesso=6 settembre 2014}}</ref> Rosi ha impiegato due anni per le riprese e circa otto mesi per il [[montaggio]].<ref name=Variety />
Il nuovo millennio porta con sé una nuova ondata di registi, che aggiorna e rilegge il cinema d'autore italiano, ponendosi spesso e volentieri in una sorta di zona franca, tra tradizione e modernità. [[Emanuele Crialese]] suscita interesse con l'opera seconda ''[[Respiro (film)|Respiro]]'' (2003) e in misura maggiore con l'affresco ''[[Nuovomondo]]'' (2006), in cui descrive la tragica realtà dell'emigrazione italiana del primo novecento. Allo stesso modo attira attenzione l'opera d'esordio di [[Saverio Costanzo]] dal titolo ''[[Private (film)|Private]]'' (2004), storia della convivenza forzata tra una famiglia [[palestinese]] e un gruppo di militari [[israeliani]]. Di rilievo è il premiato ''[[L'uomo che verrà]]'' (2009), del regista [[Giorgio Diritti]], incentrato sugli eventi storici inerenti alla [[strage di Marzabotto]].
[[File:La grande bellezza.JPG|miniatura|destra|[[Toni Servillo]] in una scena de ''[[La grande bellezza]]'', di [[Paolo Sorrentino]]]]
Sulla scia di questo fortunato periodo, grande clamore internazionale suscita il film di [[Paolo Sorrentino]], ''[[La grande bellezza]]'', interpretato principalmente da [[Toni Servillo]] e da un nutrito cast di artisti come [[Sabrina Ferilli]], [[Carlo Verdone]] e [[Carlo Buccirosso]]. Presentato in concorso al [[Festival di Cannes]] del [[2013]], il film è una versione moderna de ''[[La dolce vita]]'' di Fellini, dove il regista filma con opulenza artistica una Roma assolata e quasi metafisica. La pellicola riscuote un buon successo di pubblico in [[Italia]] e ottiene numerosi riconoscimenti all'estero tanto che, nell'autunno del [[2013]], viene scelta come candidata all'[[Oscar al miglior film straniero]], riuscendo a entrare nella cinquina dei finalisti. Il 12 gennaio [[2014]] ''La grande bellezza'' ottiene un importante riconoscimento, vincendo il [[Premio Golden Globe|Golden Globe]] come ''Miglior film straniero'', seguito, Il 16 febbraio [[2014]], dal premio [[premi BAFTA 2014|BAFTA]] (il più prestigioso riconoscimento cinematografico inglese). Infine, il 2 marzo [[2014]], la pellicola si aggiudica l'[[Oscar al miglior film straniero]] (l'ultima vittoria italiana di risaliva al [[1999]]).<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/speciali/cinema/oscar/edizione2014/2014/03/03/news/oscar_2014-80065778/|titolo=La grande bellezza" vince l'Oscar: con Sorrentino la statuetta torna in Italia|accesso=26 maggio 2015}}</ref> Due mesi più tardi, nel maggio 2014, la regista toscana [[Alice Rohrwacher]] (sorella di [[Alba Rohrwacher]]) diviene la vera rivelazione del [[festival di Cannes]] con l'opera ''[[Le meraviglie]]'', che le vale il gran premio della giuria. Con tale successo la Rohrwacher diviene la prima cineasta italiana nella storia ad aggiudicarsi l'ambito premio. Il suo esordio cinematografico avviene nel 2011, con il film ''[[Corpo celeste (film)|Corpo celeste]]'', (presentato nella [[Quinzaine des réalisateurs]] del [[Festival di Cannes 2011]]), con cui si aggiudica il [[Nastro d'argento al miglior regista esordiente]].<ref>{{cita web|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/24/festival-di-cannes-2014-le-meraviglie-di-alice-rohrwacher-vince-il-grand-prix/998841/|titolo=Cannes 2014, i vincitori.|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
[[File:Giorgio Diritti.jpg|miniatura|destra|verticale|Il regista [[Giorgio Diritti]]]]
Grande consenso di pubblico ottengono le commedie di [[Checco Zalone]], comico pugliese che, dopo aver esordito in televisione, debutta sul grande schermo con due film diretti da [[Gennaro Nunziante]] : ''[[Cado dalle nubi]]'' del [[2009]] e ''[[Che bella giornata]]'', del [[2011]]. Quest'ultimo film, con oltre 40 milioni di euro d'incassi, diventa il lungometraggio italiano di maggior successo commerciale di sempre.<ref>{{cita web|url=http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/incassi-zalone-supera-i-40-milioni/399441|titolo=Incassi, Zalone supera i 40 milioni|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Un caso peculiare di cinema alternativo rappresenta l'esperienza dell'artista milanese [[Michelangelo Frammartino]] che a partire dal film ''Il dono'' (2003) ricostruisce percorsi narrativi pregni di realismo poetico, dando grande rilevanza all'ambiente scenico; ciò diviene ancora più evidente nel successivo ''[[Le quattro volte]]'' (2010). Contemporaneamente conosce i favori della critica il primo lungometraggio del cineasta romano [[Francesco Munzi]], dal titolo ''[[Saimir]]'' (2004). Raccoglie nuovi consensi con ''[[Il resto della notte]]'' (2008), presentato nella [[Quinzaine des Réalisateurs]] del [[Festival di Cannes 2008|Festival di Cannes]]. Un altro esempio di cinema alternativo è da intravedersi nel singolare ''La paura'' (2009), filmato con il solo utilizzo di un [[telefono cellulare]] dal regista [[Pippo Delbono]]. In questo modo, l'autore documenta in presa diretta una galleria di immagini quotidiane per far risaltare le varie incongruenze dell'Italia attuale, ottenendo esiti di grande efficacia espressiva.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2475}}.</ref> Solleva, inoltre, curiosità il film-documentario ''[[Viva Zapatero!]]'' (2005), diretto da [[Sabina Guzzanti]], che pone l'accento sui limiti del diritto di satira presenti in Italia.
Il fortunato periodo del comico è confermato dalla pellicola successiva, ''[[Sole a catinelle]]'', sempre diretta da [[Gennaro Nunziante]], uscita nel [[2013]], che in appena diciotto giorni di programmazione riesce a superare gli incassi del film precedente.<ref>{{cita web|url=http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/2013/notizia/checco-zalone-nuovo-record-sole-a-catinelle-il-piu-visto-di-sempre_2010216.shtml|titolo=Checco Zalone nuovo record: "Sole a catinelle" il più visto di sempre|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Si fa conoscere anche il giovane regista [[Pietro Marcello (regista)|Pietro Marcello]]. Nel 2007 gira ''[[Il passaggio della linea]]'', un progetto che racconta la realistica storia di un anziano che decide di passare il resto della propria vita a bordo di un treno. Il film offre un magma di situazioni notturne che annullano la forma tradizionale del documentario, lasciando libero lo spettatore di farsi guidare dalla pura forza delle immagini.<ref>[http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=12096&url_target=http%3A//www.cinematografo.it/bancadati/consultazione/schedafilm_2009.jsp%3Fcodice%3D49271%26completa%3Dsi Scheda del film] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140304235310/http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=12096&url_target=http%3A%2F%2Fwww.cinematografo.it%2Fbancadati%2Fconsultazione%2Fschedafilm_2009.jsp%3Fcodice%3D49271%26completa%3Dsi |data=4 marzo 2014 }} su cinematografo.it.</ref>. Nel 2009, grazie alla fondazione gesuita San Marcellino di [[Genova]], realizza il documentario drammatico ''[[La bocca del lupo (film)|La bocca del lupo]]'', che si aggiudica (primo italiano) il [[Torino Film Festival]]<ref>[http://www.torinofilmfest.org/index.php?action=detail&id=8652 Scheda del film] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140305010100/http://www.torinofilmfest.org/index.php?action=detail&id=8652 |data=5 marzo 2014 }} sul sito del [[Torino Film Festival]].</ref>.
=== Gli anni 2010 ===
Nei primi anni dieci una profonda crisi economica colpisce molti settori industriali tra cui quello cinematografico. Secondo i dati presentati dalla Direzione generale per il Cinema del Ministero e dai produttori dell'ANICA (per l'anno solare 2012), gli spettatori presenti in sala, rispetto al 2011, calano inesorabilmente del 10%, con ulteriore decremento del 5% nel primo trimestre del 2013. Sul versante produttivo i vari investimenti pubblici a sostegno del cinema divengono sempre più precari, passando dai 71 milioni del 2008 agli appena 24,4 milioni del 2012. In questo clima di ampia [[recessione]] economica, nello stesso 2012, vengono comunque prodotti 166 film di nazionalità italiana, facendo registrare, nonostante tutto, un incremento produttivo dell'1,07%.<ref>{{cita web|url=https://www.lastampa.it/2013/04/16/spettacoli/cinema-calano-gli-incassi-cresce-la-produzione-2FIIwS7m0DxQchlipOWSXK/pagina.html|titolo=Cinema, calano gli incassi cresce la produzione|accesso=3 luglio 2015}}</ref> Nel 2016 viene approvata la legge che riorganizza in modo organico l'industria cinematografica, ampliando il credito d'imposta automatico, abolendo la censura e sopprimendo la valutazione ministeriale del criterio dell'interesse culturale.
[[File:Gianfranco Rosi.png|miniatura|verticale|sinistra|[[Gianfranco Rosi (regista)|Gianfranco Rosi]]]]
Il cinema italiano torna comunque alla ribalta internazionale. Il 2012 si apre con la vittoria dei [[Fratelli Taviani]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino|Festival di Berlino]] che conquistano l'[[Orso d'oro]] con il film ''[[Cesare deve morire]]''. L'opera (girata con la tecnica della ''docu-fiction'') è ambientata all'interno del carcere di [[Rebibbia]] e interpretata dagli stessi detenuti che mettono in scena il ''[[Giulio Cesare]]'' di [[William Shakespeare]]. A maggio dello stesso anno, al [[Festival di Cannes]], [[Matteo Garrone]] vince per la seconda volta il ''Grand Prix della giuria'' con la pellicola ''[[Reality (film 2012)|Reality]]''. Gli anni dieci mantengono il cinema italiano sotto i riflettori internazionali. Un'altra riprova arriva nel settembre del 2013, con il film documentario ''[[Sacro GRA]]'', diretto dal regista [[Gianfranco Rosi (regista)|Gianfranco Rosi]], che consegue il [[Leone d'oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|festival di Venezia]].
Sulla scia di questo favorevole momento, grande clamore internazionale suscita il film di [[Paolo Sorrentino]], ''[[La grande bellezza]]'' (2013), interpretato principalmente ancora da [[Toni Servillo]]. L'opera è una versione moderna de ''[[La dolce vita]]'' di Fellini, dove il regista filma con opulenza artistica una Roma assolata e quasi metafisica. La pellicola ottiene numerosi riconoscimenti tanto da ricevere nel gennaio 2014 il [[Golden Globe]] come ''Miglior film straniero'', seguito, Il 16 febbraio 2014, dal premio [[premi BAFTA 2014|BAFTA]]. Infine, il 2 marzo 2014, la pellicola si aggiudica l'[[Oscar al miglior film straniero]].<ref>{{cita web|url=https://www.repubblica.it/speciali/cinema/oscar/edizione2014/2014/03/03/news/oscar_2014-80065778/|titolo=La grande bellezza" vince l'Oscar: con Sorrentino la statuetta torna in Italia|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Un anno più tardi la regista toscana [[Alice Rohrwacher]] diviene la vera rivelazione del [[Festival di Cannes]] con l'opera seconda ''[[Le meraviglie]]'', che le vale, nel maggio 2014, il gran premio della giuria. Con tale attestazione la Rohrwacher risulta essere la prima cineasta italiana ad aggiudicarsi l'ambito riconoscimento.<ref>{{cita web|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/24/festival-di-cannes-2014-le-meraviglie-di-alice-rohrwacher-vince-il-grand-prix/998841/|titolo=Cannes 2014, i vincitori.|accesso=26 maggio 2015}}</ref> Ottengono favori dalla critica il regista e produttore [[Uberto Pasolini]] con ''[[Still Life (film 2013)|Still Life]]'' (2013), [[Roberto Andò]] con il film ''[[Viva la libertà]]'' (2013), la regista teatrale [[Emma Dante]] per ''[[Via Castellana Bandiera]]'' (2013) e il cineasta [[Francesco Munzi]] con ''[[Anime nere (film 2014)|Anime nere]]'' (2014), basato sulle vicende di una famiglia della [['Ndrangheta]] calabrese.
Sempre nel 2015 partecipano al [[Festival di Cannes]] [[Nanni Moretti]], [[Matteo Garrone]] e [[Paolo Sorrentino]] con i rispettivi ''[[Mia madre (film)|Mia madre]]'' (2015), ''[[Il racconto dei racconti - Tale of Tales]]'' (2015) e ''[[Youth - La giovinezza]]'' (2015), vincitore di tre [[European Film Awards]] come miglior film, regia e migliore attore protagonista.
Nel febbraio del 2016 trova una nuova affermazione oltre confine il regista [[Gianfranco Rosi (regista)|Gianfranco Rosi]] che conquista l'[[Orso d'oro]] al [[Festival di Berlino]] grazie al documentario ''[[Fuocoammare]]'', incentrato sul dramma dei migranti. Da sottolineare è la pellicola ''[[Chiamami col tuo nome (film)|Chiamami col tuo nome]]'' (2017), di [[Luca Guadagnino]], proiettata in numerosi festival cinematografici e candidata a quattro [[Premi Oscar]], tra cui quello per il miglior film.
=== Il parziale ritorno del cinema di genere e le nuove commedie ===
Il nuovo decennio vede un parziale rilancio del [[cinema di genere]] italiano, da lungo tempo sottostimato dalle stesse [[Casa di produzione cinematografica|case di produzione]] che hanno preferito finanziare altre tipologie di cinema, scoprendo, nel tempo, diversi autori emergenti. Ad oggi però per queste pellicole, rispetto al passato, restano, nella maggior parte dei casi, evidenti difficoltà a raggiungere un vasto consenso di pubblico.
[[File:Checco Zalone.jpg|miniatura|[[Checco Zalone]], la maggior parte dei film che lo hanno visto coinvolto sono tra i maggiori incassi italiani, con un totale di 220 milioni.<ref>{{cita web|url=https://www.repubblica.it/spettacoli/people/2017/06/01/foto/40_anni_di_san_checco-166978648/1/#1|titolo=40 anni di San Checco}}</ref>]]
Riscuotono popolarità le commedie del regista [[Luca Miniero]] (''[[Benvenuti al Sud]]'' del 2010 e il sequel ''[[Benvenuti al Nord]]'' del 2012), con [[Claudio Bisio]] e [[Alessandro Siani]], e, in maniera maggiore, quelle interpretate dal comico pugliese [[Checco Zalone]], il quale, dopo aver esordito in televisione, debutta sul grande schermo con due film diretti da [[Gennaro Nunziante]]: ''[[Cado dalle nubi]]'' (2009) e ''[[Che bella giornata]]'' (2011). Quest'ultimo film, con oltre 40 milioni di euro d'incassi, diventa il lungometraggio italiano di maggior successo commerciale di sempre.<ref>{{cita web|url=http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/incassi-zalone-supera-i-40-milioni/399441|titolo=Incassi, Zalone supera i 40 milioni|accesso=26 maggio 2015}}</ref> Il fortunato periodo del comico è confermato dalla pellicola successiva, ''[[Sole a catinelle]]'' (2013), sempre diretta da [[Gennaro Nunziante]], che in diciotto giorni di programmazione riesce a superare gli incassi del film precedente;<ref>{{cita web|url=http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/2013/notizia/checco-zalone-nuovo-record-sole-a-catinelle-il-piu-visto-di-sempre_2010216.shtml|titolo=Checco Zalone nuovo record: "Sole a catinelle" il più visto di sempre|accesso=26 maggio 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150527020904/http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/2013/notizia/checco-zalone-nuovo-record-sole-a-catinelle-il-piu-visto-di-sempre_2010216.shtml|dataarchivio=27 maggio 2015|urlmorto=sì}}</ref> i quali vengono nuovamente oltrepassati (in soli dieci giorni di proiezione) dal seguente ''[[Quo vado?]]'' (2016), diretto sempre da Nunziante.<ref>{{Cita web|url = https://www.badtaste.it/2016/01/11/box-office-italia-quo-vado-vince-weekend-vola-50-milioni-euro-soli-dieci-giorni/156847/|titolo = Box-Office Italia: Quo Vado? vince il weekend e vola sopra i 50 milioni di euro in soli dieci giorni!| autore= Andrea Francesco Berni|data = 11 gennaio 2016|accesso = 11 gennaio 2016}}</ref> Nel 2019 iniziano le riprese del quinto film con Zalone, dal titolo ''[[Tolo Tolo]]'', in cui il comico, oltre a ricoprire il ruolo protagonista, debutta anche alla regia, uscito nelle sale il 1º gennaio 2020, riscuote anch'esso un buon successo incassando 46 milioni di euro sebbene non riesca a superare i record dei precedenti film.
Da citare anche la pellicola ''[[Perfetti sconosciuti]]'' (2016), di [[Paolo Genovese]], un riuscito connubio tra commedia e dramma, che ottiene molti consensi sia di critica che di pubblico, aggiudicandosi, tra le altre cose, il premio della sceneggiatura al [[Tribeca Film Festival]] di [[New York]] e oggetto in seguito di svariati remake internazionali, arrivati a 25, che hanno comportato l'entrata della pellicola, il 15 luglio 2019, nel [[Guinness dei primati]] come film dal maggior numero di rifacimenti della storia del cinema a livello mondiale.
Le stagioni 2016-2017, 2017-2018 e 2018-2019 hanno registrato un nuovo calo di pubblico e nessuna produzione italiana è riuscita ad entrare tra i dieci film più visti dell'annata.
== Note ==
{{references|autonote strette}}
== Bibliografia ==
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* F. Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema italiano'', Editori Riuniti, Roma, 1995.
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* F. Faldini - G. Fofi, ''Il cinema italiano d'oggi: 1970-1984'', Mondadori, Milano, 1984
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* Fiorangelo Pucci, Valerio Angelini (a cura di), ''1896-1914. Materiali per una storia del cinema delle origini'', Studioforma Editore, Torino, 1981.
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* Ernesto G. Laura, ''L'immagine bugiarda. Mass-media e spettacolo nella Repubblica di Salò (1943-1945)'', ANCCI, Roma, 1986
* Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Roma-Bari, 1991. ISBN 88-420-3851-2
* C. Lizzani, ''Il cinema italiano: Dalle origini agli anni Ottanta'', Editori Riuniti, Roma, 1992.
* R. Poppi, ''Dizionario del cinema italiano: I registi'', Dal 1930 ai giorni nostri, Gremese, Roma, 1993.
* R. Chiti - E. Lancia, ''Dizionario del cinema italiano: I film'', Vol.1: Dal 1930 al 1944, e Vol 2: dal 1945 al 1992 Gremese, Roma, 1993.
* F. Savio, ''Cinecittà anni Trenta'', Bulzoni, Roma, 1979.
* Roberto Campari, ''Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano'', Marsilio, Venezia, 1994. ISBN 88-317-5898-5
* Salvatore Cianciabella (prefazione di Philip Zimbardo, nota introduttiva di Liliana De Curtis). ''Siamo uomini e caporali. Psicologia della dis-obbedienza''. Franco Angeli, 2014. ISBN 978-88-204-9248-9. Sito: www.siamouominiecaporali.it
* F. Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema italiano'', Editori Riuniti, Roma, 1995.
* {{Cita libro|titolo=La commedia all'italiana|autore=Enrico Giacovelli|editore= Lindau|anno= 1995|isbn=88-7605-873-7|cid=Enrico Giacovelli,La commedia all'italiana}}
* Fernaldo Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema - cento grandi film'', Edizioni Newton, Roma, 1995.
* Mario Morcellini, Paolo De Nardis, ''Società e industria culturale in Italia'', Meltemi, 1998.
* R. Chiti - E. Lancia - A. Orbicciani, R. Poppi, ''Dizionario del cinema italiano'': ''Le attrici'', Gremese, Roma, 1999.
* [[Giuliano Pavone]], ''Giovannona Coscialunga a Cannes. Storia e riabilitazione della commedia all'italiana anni '70'', Tarab, 1999.
* E. Lancia, ''Dizionario del cinema italiano: I film'', Vol.6: Dal 1990 al 2000. Gremese, Roma, 2001-2002.
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* Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Storia del cinema mondiale'', Vol. III, Einaudi, Torino, 2002. ISBN 978-88-06-14528-6
* Aldo Tassone, ''I film di Michelangelo Antonioni: un poeta della visione'', 3. ed. riveduta e aggiornata, Roma, Gremese editore, 2002.
* Roberto Curti, Tommaso La Selva, ''Sex and violence percorsi nel cinema estremo'', Lindau, 2003.
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* Tommaso Iannini, ''Tutto Cinema'', istituto geografico De Agostini, Novara 2009.
* {{Cita libro|titolo=Dizionario dei film 2011|autore=[[Paolo Mereghetti]]|editore= B.G Dalai editore|anno= 2011|isbn=978-88-6073-626-0|cid=Paolo Mereghetti}}
* Daniele Magni, Cuori matti - Dizionario dei musicarelli anni '60, Bloodbuster Edizioni, 2012, ISBN 978-88-902087-7-5.
* {{Cita libro |autore = |curatore = Steve Della Casa |curatore2 = Marco Giusti |titolo = Il grande libro di Ercole. Il cinema mitologico in Italia |città = <!-- Cantalupo in Sabina (RI)-Roma --> |editore = Edizioni Sabinæ|anno = 2013 |isbn = 978-88-98623-05-1}}
* Salvatore Cianciabella, ''Siamo uomini e caporali. Psicologia della dis-obbedienza''. Franco Angeli, 2014. ISBN 978-88-204-9248-9.
* Roberto Della Torre, ''Invito al cinema. Le origini del manifesto cinematografico italiano'', Educatt, Milano, 2014.
* {{cita libro|titolo=Adesso einfach italienisch lernen L'Italia nel cinema|autore=Planegg Spotlight Verlag GmbH|città= Milano|editore=Spotlight Verlag GmbH|anno=2016|cid=Spotlight Verlag|OCLC=969433838}}
* {{cita libro|autore=Riccardo Renda|titolo=Storia dei cinefumetti italiani|editore=Algra|anno=2023|isbn=978-88-98760-39-8}}
== Voci correlate ==
* [[Film italiani proposti per l'Oscar al miglior film straniero]]
* [[Film100 film italiani premiati al Golden Globe per il miglior filmda stranierosalvare]]
* [[Film italiani di maggior incasso nella storia del cinema]]
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* [https://www.cinema.beniculturali.it/ Cinema nel sito ufficiale del ministero dei beni culturali];
* {{Thesaurus BNCF}}
* {{lingue|it|en}} [https://www.filmitalia.org/ Filmitalia];
* [http://www.cinema.beniculturali.it/ Cinema nel sito ufficiale del ministero dei beni culturali];
* [http://www.italica.rai.it/cinema/index.htm Italica RAI - Momenti del cinema italiano];
* {{lingue|it|en}} [http://www.filmitalia.org/ Filmitalia];
* [http://www.activitaly.it/immaginicinema/index.htm ActivCinema, Rivista Attiva di Archeologia Cinematografica];
* [http://www.giusepperausa.it/storia_del_cinema_italiano_onl.html Storia del cinema italiano: gli anni quaranta];
* [http://www.cinemaitaliano.info CinemaItaliano.Info - Cinema italiano dal 2000 in poi];
* [http://www.movieplayer.it/film/archivio/?nazione=italia Tutti i film prodotti in Italia]: la guida ai film, al cinema e alle serie tv (su [[Movieplayer.it]]).
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