Imago Pietatis (Giovanni Bellini): differenze tra le versioni
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{{Opera d'arte
| immagine=Giovanni
| grandezza immagine=
| titolo=
| artista=[[Giovanni Bellini]]
| data = [[
| opera = dipinto
| tecnica = [[tempera]] [[su tavola]]
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| città=[[Milano]]
| ubicazione=[[Museo Poldi Pezzoli]]
| inventario=1587
}}
==Storia==
Come per tutti i dipinti per la devozione privata di Giovanni Bellini «le indicazioni sulle vicende […] molto difficilmente risalgono più indietro del principio dell'Ottocento o, al meglio, dell'ultimo scorcio del secolo precedente; i riferimenti negli inventari delle collezioni sei e settecentesche quasi mai riescono a essere messi in rapporto con esemplari superstiti»<ref>Francis Haskell, ''Riscoperte nell'arte : aspetti del gusto, della moda e del collezionismo'', Milano, Edizioni di Comunità, 1982, citato da Di Lorenzo in {{Cita|Icona 2012|p. 33}}.</ref>.
Si è argomentato che il dipinto appartenesse (o forse fosse stato anche commissionato) a Borso d'Este<ref>Di Lorenzo in {{Cita|Icona 2012|pp. 32-33}}.</ref> ovvero con «uno quadro de legno cum uno Christo depicto de mano del Bellino» indicato nell'inventario di una stanza estense a Ferrara, tuttavia il fatto stesso che nella stessa proprietà fosse citata anche una tavola con particolari estremamente simile del Mantegna (l{{'}}''[[Adorazione dei pastori (Mantegna)|Adorazione dei pastori]]'' ora a New York) rende poco plausibile questa proposta<ref name=":0">La somiglianza del paesaggio fa dubitare che l'opera potesse essere desiderata dai d'Este, cfr. {{Cita|Lucco 2019|p. 312}}.</ref>.
La prima segnalazione certa della tavola risale al 1864 quando il proprietario conte [[Gian Giacomo Poldi Pezzoli]] ne pagò il restauro a [[Giuseppe Molteni]], curatore di Brera. Decisamente più ipotetica è l'identificazione del dipinto con una ''Pietà'' definita di Bellini vista nel 1857 da [[Otto Müindler]] a Torino presso il restauratore Carlo Arpesani. Che fosse lo stesso dipinto oppure no, probabilmente questo dipinto era negli anni sessanta dell'Ottocento nelle disponibilità dello stesso Molteni che lo rivendette al Poldi Pezzoli. Nel 1872 fu presentato al pubblico nella mostra ''Opere d'arte antica'' che raccoglieva a Brera le migliori opere conservate nelle raccolte private milanesi. Dopo la morte del conte nel 1879 il dipinto confluì nelle raccolte del nuovo [[Museo Poldi Pezzoli]] aperto al pubblico nel 1881<ref>Di Lorenzo in {{Cita|Icona 2012|pp. 33, 56.}}</ref>.
[[Joseph Archer Crowe|Crowe]] e [[Giovanni Battista Cavalcaselle|Cavalcaselle]] (1871) la ritennero autografa, ma [[Giovanni Morelli (storico dell'arte)|Morelli]] (1897) la declassò ad opera di bottega, [[Roger Fry|Fry]] (1899) e [[Bernard Berenson|Berenson]] (1913) la consideravano opera di scuola e [[Luitpold Dussler|Dussler]] (1935) la considerava una falsa attribuzione. Invece Lionello Venturi (1907) laaveva riavvicinata al Bellini come opera probabile mentre il figlio [[Adolfo Venturi (storico dell'arte)|Adolfo]] (1915) la riconsiderava come certa, seguito da [[Georg Gronau|Gronau]] (1930), [[Raimond van Marle|van Marle]] (1935), [[Carlo Gamba|Gamba]] (1937) e altri. Condivdendo queste attribuzioni [[Rodolfo Pallucchini|Pallucchini]] la scelse per la grande mostra del 1949<ref>{{Cita|Pallucchini 1949|p. 74}}.</ref>. Attualmente, isolato dal resto degli storici, [[Anchise Tempestini|Tempestini]] insiste ad assegnarlo alla bottega definendola «debolissimo nell'anatomia»<ref>{{Cita|Tempestini 2000|p. 18}}.</ref>.
Fra le voci favorevoli è comunque rimasta sempre la discordanza sulla datazione dell'opera tra il 1455-1460 delle ipotesi di [[Roberto Longhi (storico dell'arte)|Longhi]] (1949), Pallucchini (1959) e [[Federico Zeri|Zeri]] (1975) e la seconda metà degli anni sessanta proposta dai Venturi e da [[Antonio Morassi|Morassi]] (1932), avvicinata al 1460 circa da [[Terisio Pignatti|Pignatti]] (1969) per esempio. Il catalogo ragionato del 2019 di Lucco, Humfrey e Villa ne sposta l'esecuzione molto più avanti collocandola nel periodo 1464/1468<ref>{{Cita|Lucco 2019|pp. 312-314}}.</ref>, al contrario il Museo Poldi Pezzoli, anche dopo l'ultimo restauro e la mostra del 2012, preferisce invece approssimare la data al 1457<ref>{{Cita|Poldi Pezzoli}}.</ref> oppure 1457-1459<ref>De Marchi in {{Cita|Icona 2012|p. 26}}.</ref>.
L'opera fu restaurata dal Molteni entro il 1864, anno d'ingresso nella collezione. Nel 1948 [[Mauro Pellicioli]] eseguì una pulitura della superficie, nel 1953 Guido Gregorietti consolidò gli strati pittorici, operazione ripetuta nel 1960 dal Pelliccioli. Nell'ultimo restauro del 2011-2012 sono state rimosse le traverse sul retro, forse risalenti all'intervento del 1948 e causa di una crepa alla base del dipinto, lasciando libera la tavola di curvarsi naturalmente e poi stabilizzata con più aggiornati rinforzi. Successivamente si è provveduto alla delicata eliminazione di ritocchi e vernici aggiunte ce alla stuccatura delle lacune compensate con un rigatino in modo da renderle distinguibili dalle parti originali<ref>Manoli e Zanolini in {{Cita|Icona 2012|pp. 85-87}}.</ref>.
==Descrizione e stile==
L'immagine si ispira alle icone dell'''Acra Tapeinosis'' (''Ἀκρα ταπείνωσις'' ovvero la ''somma umiliazione'') di origine greco-bizantina e rinominate nell'uso latino ''imago pietatis''. Quest'iconografia era particolarmente diffusa a Venezia, ancor prima della maggiore disseminazione seguita all'esposizione nella [[basilica di Santa Croce in Gerusalemme]] nel 1385 della celebre icona in micro mosaico<ref>Vedi per esempio {{Cita testo|autore=Maria Constantoudaki-Kitromilides|curatore=Catherine R. Puglisi e William L. Barcham|titolo=The Man of Sorrows from Byzantium to Venetian Crete: Some Observations on Iconography and Function|pubblicazione=New perspectives on the Man of Sorrows|editore=Medieval Institute Publications Western Michigan University|città=Kalamazoo|data=2013|p=151}}</ref> che, secondo la leggenda, era apparsa a [[papa Gregorio Magno]] durante una messa e quindi ritenuta miracolosa. Ma oltre alla diffusione ad opera degli [[ordini mendicanti]] a Venezia era divenuta una rappresentazione istituzionale con l'ostensione nel 1345 della ''[[Pala feriale]]'' di [[Paolo Veneziano]] con i figli Luca e Giovanni nella [[Basilica di San Marco|basilica di Stato di San Marco]] che vedeva la centralità del pannello dell{{'}}''Imago Pietatis''<ref>{{Cita libro|curatore=Catherine R. Puglisi e William L. Barcham|titolo=Passion in Venice|anno=2011|editore=Museum of Biblical Art|città=New York|p=15}}</ref>. A Venezia quest'iconografia era certamente diffusa dal 1260 circa<ref>{{Cita testo|autore=Catherine R. Puglisi e William L. Barcham|curatore=Francesca Gavazzana Romanelli, Maria Leonardi e Stefania Rossi Minutelli|titolo=Gli esordi del ''Cristo Passo'' nell'arte veneziana e la ''Pala Feriale'' di Paolo Veneziano|pubblicazione=Cose nuove e cose antiche : Scritti per monsignor Antonio Niero e don Bruno Bertoli|città=Venezia|data=2006|p=414}}</ref>, sebbene non ne siano pervenuti esemplari antecedenti al piccolo ''Cristo Passo'' di [[Torcello]] dei primi anni del Trecento. A sottolineare questa diffusione è da notare a Venezia e nel Veneto l'attestazione già nel Quattrocento della definizione in lingua volgare di questa raffigurazione come ''Cristo Passo''<ref>{{Cita libro|curatore=Catherine R. Puglisi e William L. Barcham|titolo=Passion in Venice|anno=2011|editore=Museum of Biblical Art|città=New York|p=14}}</ref>.
I modelli quindi non mancavano nella bottega dei Bellini, che in effetti avevano prodotto un'immagine più tradizionale per la lunetta del ''[[Trittico della Madonna]]'' e infatti il caposcuola Jacopo veniva ricordato dal [[Carlo Ridolfi|Ridolfi]] per la «figura del Salvatore e due Angeli che pietosamente il reggevano» dipinta per la [[Scuola Grande di San Giovanni Evangelista|Scuola di San Giovanni Evangelista]] ma oggi scomparsa<ref>Schmidt Arcangeli 2015, pp. 127-128.</ref>. Giovanni in questo caso esce dalla rappresentazione consolidata dipingendo il Cristo eretto ma dormiente e sorgente dal sarcofago inserito in un paesaggio onirico, un'idea già anticipata da [[Antonio Vivarini]]<ref>{{Cita web|url=https://www.pinacotecabologna.beniculturali.it/it/palazzo-pepoli-campogrande/23-le-collezioni/sala-9-il-quattrocento-e-l-umanesimo/391-gesu-cristo-che-sporge-dal-sepolcro|titolo=Gesù Cristo che sporge dal sepolcro|sito=Pinacoteca Nazionale di Bologna|accesso=29 dicembre 2023}}</ref>.
{{Citazione|un gran senso di silenzio e di solitudine pervade tutta la scena, e la mestizia del martire sembra dilatarsi nella natura, che vi partecipa assorta in un'estatica luce grigia|[[Fernanda Wittgens]], ''Il museo Poldi Pezzoli a Milano'', Milano, F.lli Treves, 1937, tav. 32.}}
La posizione del Cristo ripete quella "orientale" della sua autonoma [[Pietà (Giovanni Bellini Bergamo)|''Pietà'' di Bergamo]] con le braccia incrociate sul petto, braccia che ormai attualizzate nella versione occidentale usualmente ricadono più naturalisticamente sul ventre. Il riferimento all'icona greco-bizantina è preciso con la sua aureola crocesegnata, fatta salva l'aggiunta corona di spine e del paesaggio, anche se la figura singola non verrà più usata dal Giambellino, ma gli elementi della composizione persisteranno nelle sue opere successive<ref>{{Cita|Belting 1985|pp. 21-22}}.</ref>. Infatti Bellini solo qui rifugge ogni traccia di rappresentazione narrativa isolando la figura da qualsiasi accompagnatore, siano questi gli ormai tradizionali dolenti [[Maria (madre di Gesù)|Maria]] e [[Giovanni (evangelista)|Giovanni]] o una coppia di angeli<ref>{{Cita|Goffen 1990|p. 79}}.</ref>.
Infatti si tratta di una ''andachtsbild'' (immagine per la meditazione), come poi questo tipo di opera verranno definite dal [[Erwin Panofsky|Panofsky]], è cioè la tavola è definibile come una rappresentazione finalizzata alla meditazione sull'[[Eucaristia]] fuori da un contesto narrativo, nello spirito della ''devotio moderna''<ref>De Marchi in {{Cita|Icona 2012|pp. 17-18}}.</ref>.
Come in Vivarini il dipinto mostra il Cristo che si leva dal sepolcro scoperchiato – i cui angoli anteriori sfuggono dall'inquadratura in una enfatizzazione del ravvicinamento dell'immagine (''dramatic'' ''close-up'') – sullo sfondo di un paesaggio. Appena percepibile è la finitura con oro a conchiglia del bordo del sarcofago, resa vibrante da una serie di scalfitture diagonali. Il paesaggio è ben differente in Bellini, limitato ai lati dalla verticalità di due alti promontori. Su questi monti svettano un albero secco e delle piante vive; queste ultime rappresentano la rinascita e la redenzione del genere umano grazie al sacrificio del Cristo. Il paesaggio a valle si svolge mostrando, a sinistra, il serpeggiare di un fiume marginato sporadicamente da pali e a destra marcato dallo zigzagare di viottoli, salendo verso lo sfondo, che si perde nel rosa dell'aurora, è costellato da numerosi alberi.
Precisi contributi dall'opera di [[Andrea Mantegna]] sono la citazione del tormentato profilo roccioso sullo sfondo a destra, quasi identico a quello dell''{{'}}[[Adorazione dei pastori (Mantegna)|Adorazione dei pastori]]'' conservata al [[Metropolitan Museum of Art|MET]]<ref name=":0" /> e la riproposizione speculare del volto di san Giacomo ([[Cappella Ovetari]], riquadro del ''Miracolo di san Giacomo sulla via del martirio)'' in quello del Cristo. Ma le labbra invece leggermente schiuse nel volto di Cristo, cristallizzate in un accenno di un gemito, rimarranno tipiche di Giovanni anche nelle successive rappresentazioni del tema<ref>De Marchi in {{Cita|Icona 2012|p. 24}}.</ref>. Bellini riprenderà invece se stesso nel dettaglio del nodo del perizoma della vittima nella ''[[Pietà (Giovanni Bellini Venezia)|Pietà]]'' per il [[Palazzo Ducale (Venezia)|palazzo ducale]]<ref>{{Cita|Lucco 2019|p. 313}}.</ref>. Rimane invece misteriosa l'anomalia iconografica dell'assenza delle stigmate sulle mani, forse dovuta a una richiesta del committente<ref>Di Lorenzo in {{Cita|Icona 2012|p. 58}}.</ref>, invece predisposte nel disegno sottostante come dimostrato dalle indagini radiografiche che rivelano anche lo spostamento più in alto della ferita sul costato, invece mantenuta<ref>Manolie Zanolini in {{Cita|Icona 2012|p. 89}}.</ref>.
L'opera rappresenta una prima sperimentazione di Giovanni per la suggestione dei sentimenti attraverso la figura, l'ambientazione e la luce<ref>{{Cita|Lucco 2019|p. 314}}.</ref> è insommaintonata a un lirismo intenso che divenne una delle caratteristiche base dell'arte di Giovanni, trasfigurando il dramma divino in un sentimento accorato e malinconico.
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File:Cristo passo Torcello.jpg|Pittore veneziano, ''Cristo passo'', post 1300, tempera su tavola, 41x43 cm, Venezia, [[Museo provinciale di Torcello]]
File:Antonio Vivarini, Gesù Cristo che sporge dal sepolcro, 1450 circa 01.jpg|Antonio Vivarini, ''Cristo che sporge dal sepolcro,'' 1450 circa, olio su tavola, 59x44,5 cm, Bologna, Pinacoteca Nazionale
File:The Adoration of the Shepherds MET DP213831.jpg|Andrea Mantegna, [[Adorazione dei pastori (Mantegna)|''Adorazione dei pastori'',]] 1450, tempera su tela, 40x55,6 cm, New York, Metropolitan Museum
File:Gebrüder Alinari - Detail eines Freskos in Mantegna, Padua (Zeno Fotografie).jpg|Andrea Mantegna, ''Miracolo di san Giacomo sulla via del martirio'' (particolare), 1457 circa, affresco, Padova; Cappella Ovetari
File:Giovanni Bellini - Pietà (detail) - WGA01665.jpg|Giovanni Bellini, ''Compianto su Cristo morto, fra san Marco e san Nicolò'' (particolare), 1472, olio (?) su tela, 116x319 cm, Venezia, Palazzo Ducale
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== Note ==
<references />
==Bibliografia==
*{{Cita libro|autore=Rodolfo Pallucchini|titolo=Mostra di Giovanni Bellini|anno=1949|editore=Alfieri|città=Venezia|pp=74-75|cid=Pallucchini 1949}}
*{{Cita libro|autore=Hans Belting|titolo=Giovanni Bellini : La Pietà|anno=1985|editore=Franco Cosimo Panini|città=Modena|pp=21 ''et passim''|cid=Belting 1985|ISBN=88-7686-751-1}}
*{{Cita libro|autore=Rona Goffen|titolo=Giovanni Bellini|anno=1990|editore=Motta|città=Milano|cid=Goffen 1990|ISBN=88-7179-008-1}}
*{{Cita testo|autore=Anchise Tempestini|titolo=Giovanni Bellini|editore=Electa|città=Milano|pp=18, 22, 186|cid=Tempestini 2000|anno=2000}}
*Mariolina Olivari, ''Giovanni Bellini'', in AA.VV., ''Pittori del Rinascimento'', Scala, Firenze 2007. ISBN 888117099X
*{{Cita libro|curatore=Andrea De Marchi|curatore2=Andrea Di Lorenzo|curatore3=Lavinia Galli Michero|titolo=Giovanni Bellini : dall'icona alla storia|anno=2012|editore=Umberto Allemandi|città=Torino|cid=Icona 2012}}
*{{Cita libro|autore=Catarina Schmidt Arcangeli|titolo=Giovanni Bellini e la pittura veneta a Berlino : le collezioni di James Simon e Edward Solly alla Gemäldegalerie|anno=2015|editore=Scripta|città=Verona|pp=127-128|cid=Schmidt Arcangeli 2015}}
*{{Cita libro|autore=Catherine R. Puglisi|autore2=William L. Barcham|titolo=Art and faith in the venetian world : venerating Christ as the Man of sorrows|anno=2019|editore=Brepols|città=Turnhout|lingua=en|pp=158-160}}
*{{Cita libro|autore=Mauro Lucco|autore2=Peter Humfrey|autore3=Carlo Federico Villa|curatore=Mauro Lucco|titolo=Giovanni Bellini – Catalogo ragionato|anno=2019|editore=Zel|città=Ponzano Veneto|cid=Lucco 2019|pp=312-314}}
*{{Cita libro|autore=Peter Humfrey|titolo=Giovanni Bellini|anno=2021|editore=Marsilio|città=Venezia|p=68|cid=Humfrey 2021}}
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita web|url=https://museopoldipezzoli.it/dipinti/#/dettaglio/123127_Imago%20Pietatis|titolo=Imago Pietatis|sito=Museo Poldi Pezzoli|cid=Poldi Pezzoli|accesso=8 novembre 2023|dataarchivio=19 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201019205619/https://museopoldipezzoli.it/dipinti/#/dettaglio/123127_Imago%20Pietatis|urlmorto=sì}}
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