Jean-Jacques Rousseau: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua||Rousseau (disambigua)|Rousseau}}
{{Citazione|Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni|Jean-Jacques Rousseau<ref>da ''[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]''. La frase, ripresa anche da [[Louis Blanc]], è spesso attribuita a [[Karl Marx]] che la riprese come "Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni", descrivendo la sua visione di una società [[comunista]]</ref>}}
{{Bio
|Nome = Jean-Jacques
|Cognome = Rousseau
|PreData = {{IPA|[rusˈso]}};<ref>[http://www.dipionline.it/dizionario/ricerca?lemma=Rousseau Rousseau] nel ''Dizionario di pronuncia italiana online'' di [[Luciano Canepari]].</ref> in [[lingua francese|francese]] {{IPA|[ʒɑ̃ˈʒak ʁuˈso]}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Ginevra
|GiornoMeseNascita = 28 giugno
|AnnoNascita = 1712
|LuogoMorte = Ermenonville
|PostCognomeVirgola = pron. {{IPA|[ʒɑ̃'ʒak ʁu'so]}}
|GiornoMeseMorte = 2 luglio
|AnnoMorte = 1778
|Epoca = 1700
|Attività = filosofo
|Attività2 = scrittore
|Attività3 = musicistapedagogista
|AttivitàAltre = e [[musicista]]
|Nazionalità = svizzero
|PostNazionalità = di [[lingua francese]]
|Immagine = Jean-Jacques Rousseau (painted portrait).jpg
|Didascalia = Jean-Jacques Rousseau ritratto da [[Maurice Quentin de La Tour]] intorno al [[1750]]-[[1753]].
|Categorie =
}}
[[File:Jean-jacques-rousseauJacques_Rousseau_Signature.pngsvg|220pxmin|right|thumb|La firmaFirma di Jean -Jacques Rousseau]]
Nato da un'umile famiglia [[calvinismo|calvinista]] di origine [[GinevraFrancesi|ginevrinafrancese]], dicittadino originedella [[FranciaCanton Ginevra|franceseRepubblica di Ginevra]], ebbe una gioventùgiovinezza difficile ed errabonda durante la quale si convertì al [[Chiesa cattolica|Cattolicesimocattolicesimo]] (per poi tornare al calvinismo e approdare infine al [[deismo]]<ref>Dante Morando, ''Rousseau'', 1946, p. 141</ref>), visse e studiò a [[Torino]] e svolse diverse professioni, tra cui quella della copia di [[Notazione musicale|testi musicali]] e quella di [[precettore|istitutore]].<ref name="zanette_273">{{cita libro|nome=Emilio |cognome=Zanette |titolo=Jean-Jacques Rousseau }} In {{cita libro|autore=Fp. Cioffi, F. Gallo, G. Luppi, A. Vigorelli, E. Zanette |titolo=Diálogos (volume secondo: La filosofia moderna) |anno=2000 |editore=Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori|città= |p=273|isbn=88-424-5264-5}}.</ref> Trascorse alcuni anni di tranquillità presso la nobildonna [[Françoise-Louise de Warens]]; quindi, dopo alcuni vagabondaggi tra la Francia e la Svizzera, si trasferì a [[Parigi]], dove conobbe e collaborò con gli [[Encyclopédieenciclopedista|enciclopedisti]]. Nello stesso periodo iniziò la sua relazione con Marie-Thérèse Levasseur, da cui avrebbe avuto cinque figli. Il suo primo testo [[Filosofia|filosofico]] importante, illasciati all''[[Discorsoorfanotrofio sullepubblico scienzea ecausa ledelle arti]]'',<ref>{{fr}}condizioni Jean-Jacquesdi Rousseauristrettezza economica, ''[[:s:fr:Discoursma surla lescui sciencesreale etpaternità lesè arts|Discoursdubbia sure lesdiscussa, sciencesvista etla lespossibile arts]]'' in ''[[WikisourceSterilità|infertilità]]''. Testodi completo in lingua originale.</ref> vinse il premio dell'[[Académie des sciencesRousseau, artsdovuta eta belles-lettres de Dijon|Accademia di Digione]] nel [[1750]] e segnò l'inizio della suauna fortunapatologia.<ref name=zanette_273"cranston" /><ref name=memo_chrono>{{cita web|url=http://www.memo.fr/dossier.asp?ID=39 |titolo=Chronologie de la vie de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/[George MEMOSand]], ''Les VoyagezCharmettes'', àin travers l'Histoire]'Laura'', |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}1865</ref>
 
Il suo primo testo [[Filosofia|filosofico]] importante, il ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]'',<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[:s:fr:Discours sur les sciences et les arts|Discours sur les sciences et les arts]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> vinse il premio dell'[[Académie des sciences, arts et belles-lettres de Dijon|Accademia di Digione]] nel 1750 e segnò l'inizio della sua fortuna.<ref name="zanette_273"/><ref name="memo_chrono">{{cita web |url=http://memo.fr/dossier.asp?ID=39 |titolo=Chronologie de la vie de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110104162738/http://memo.fr/dossier.asp?ID=39 |dataarchivio=4 gennaio 2011}}</ref>
Dal primo ''Discours'' emergevano già i tratti salienti della filosofia rousseauiana: un'aspra critica della [[civiltà]] come causa di tutti i mali e le infelicità della vita dell'uomo, con il corrispondente elogio della [[natura]] come depositaria di tutte le qualità positive e buone.<ref name=zanette_272-73>{{cita|Zanette|pp. 272-273.}}</ref> Questi temi sarebbero stati ulteriormente sviluppati dal ''[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]''<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[:s:fr:Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes|Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> del [[1754]]: da questo secondo ''Discours'' emergeva la concezione di Rousseau dell'[[homo sapiens|uomo]] e dello [[stato di natura]], la sua idea sull'origine del [[linguaggio]], della [[Proprietà (diritto)|proprietà]], della [[Società (sociologia)|società]] e dello [[Stato]].<ref name=zanette_273-75>{{cita|Zanette|pp. 273-275.}}</ref> Un altro testo, il ''[[Contratto sociale (saggio)|Contratto sociale]]''<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[:s:fr:Du contrat social|Du contrat social]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> del [[1762]], conteneva la proposta politica di Rousseau per la rifondazione della società sulla base di un patto equo – costitutivo del [[popolo]] come corpo sovrano, solo detentore del [[potere legislativo]] e suddito di sé stesso.<ref name=zanette_276-79>{{cita|Zanette|pp. 276-279.}}</ref> Questi e altri suoi scritti (soprattutto l<nowiki>'</nowiki>''[[Emilio o dell'educazione|Émile]]'',<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[:s:fr:Émile, ou De l’éducation|Émile, ou De l’éducation]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> sulla [[pedagogia]]) vennero condannati e contribuirono a isolare Rousseau rispetto all'ambiente culturale del suo tempo. Le sue relazioni con tutti gli intellettuali illuministi suoi contemporanei, oltre che con le istituzioni della Repubblica di Ginevra, finirono per deteriorarsi a causa di incomprensioni, sospetti e litigi, e Rousseau morì in isolamento quasi completo.<ref name=zanette_273/>
 
Dal primo ''Discours'' emergevano già i tratti salienti della filosofia rousseauiana: un'aspra critica della [[civiltà]] come causa di tutti i [[Male|mali]] e tutte le [[infelicità]] della vita dell'uomo, con il corrispondente elogio della [[natura]] come depositaria di tutte le qualità positive e buone.<ref name="zanette_272-73">{{cita|Zanette|pp. 272-273}}.</ref> Questi temi sarebbero stati ulteriormente sviluppati dal ''[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]''<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[:s:fr:Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes|Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> del 1754: da questo secondo ''Discours'' emergeva la concezione di Rousseau dell'[[homo sapiens|uomo]] e dello [[stato di natura]], la sua idea sull'origine del [[linguaggio]], della [[Proprietà (diritto)|proprietà]], della [[Società (sociologia)|società]] e dello [[Stato]].<ref name="zanette_273-75">{{cita|Zanette|pp. 273-275}}.</ref> Un altro testo, il ''[[Contratto sociale (saggio)|Contratto sociale]]''<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[:s:fr:Du contrat social|Du contrat social]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> del 1762, conteneva la proposta politica di Rousseau per la rifondazione della società sulla base di un patto equo - costitutivo del [[popolo]] come corpo sovrano, solo detentore del [[potere legislativo]] e suddito di sé stesso.<ref name="zanette_276-79">{{cita|Zanette|pp. 276-279}}.</ref> Questi e altri suoi scritti (soprattutto l{{'}}''[[Emilio o dell'educazione|Emilio]]'',<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[:s:fr:Émile, ou De l'éducation|Émile, ou De l'éducation]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> sulla [[pedagogia]]) furono condannati e contribuirono a isolare Rousseau rispetto all'ambiente culturale del suo tempo. Le sue relazioni con tutti gli intellettuali illuministi suoi contemporanei, oltre che con le istituzioni della Repubblica di Ginevra, finirono per deteriorarsi a causa di incomprensioni, sospetti e litigi, e Rousseau morì in isolamento quasi completo. Noto è il duro conflitto personale e filosofico con l'amico di gioventù [[Denis Diderot]] e con [[Voltaire]].<ref name="zanette_273"/>
Considerato per alcuni versi un [[Illuminismo|illuminista]], e tuttavia in radicale controtendenza rispetto alla corrente di pensiero dominante nel suo secolo,<ref name=zanette_272>{{cita|Zanette|p. 272.}}</ref> Rousseau ebbe influenze importanti nel determinare certi aspetti dell'[[ideologia]] egualitaria e anti-assolutistica che fu alla base della [[Rivoluzione francese]] del [[1789]];<ref name=posthume>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_036 |titolo=Le destin posthume de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> anticipò inoltre molti degli elementi che, tra la fine del [[XVIII secolo|XVIII]] e l'inizio del [[XIX secolo]], avrebbero caratterizzato il [[Romanticismo]], e segnò profondamente tutta la riflessione [[Filosofia politica|politica]], [[Sociologia|sociologica]], [[etica|morale]], [[Psicologia|psicologica]] e [[Pedagogia|pedagogica]] successiva, alcuni elementi della sua visione etica essendo stati ripresi in particolare da [[Immanuel Kant]].<ref name=iep>{{cita web|url=http://www.iep.utm.edu/rousseau/ |titolo=Rousseau, Jean-Jacques |autore=James J. Delaney |sito=[http://www.iep.utm.edu/ Internet Encyclopedia of Philosophy] |data=21 ottobre 2005 |accesso=11 maggio 2012 |lingua=en }}</ref><ref name=stanford>{{cita web|url=http://plato.stanford.edu/entries/rousseau/ |titolo=Jean Jacques Rousseau |autore=Christopher Bertram |sito=[http://plato.stanford.edu/ Stanford Encyclopedia of Philosophy] |data=27 settembre 2010 |accesso=11 maggio 2012 |lingua=en }}</ref>
 
Considerato per alcuni versi un [[Illuminismo|illuminista]], e tuttavia in radicale controtendenza rispetto alla corrente di pensiero dominante nel suo secolo (definibile quindi un [[preromanticismo|preromantico]] o illuminista anti-[[Razionalismo|razionale]]<ref name="zanette_272">{{cita|Zanette|p. 272}}.</ref><ref>[https://www.indipendente-mens.it/ingrandimenti-il-preromanticismo/ Il preromanticismo]</ref>) Rousseau ebbe influenze importanti nel determinare certi aspetti dell'[[ideologia]] [[Egualitarismo|egualitaria]] e anti-assolutistica che fu alla base della [[Rivoluzione francese]] del 1789;<ref name="posthume">{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_036 |titolo=Le destin posthume de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150705065856/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_036 |dataarchivio=5 luglio 2015}}</ref> anticipò inoltre molti degli elementi che, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, avrebbero caratterizzato il [[Romanticismo]], e segnò profondamente tutta la riflessione [[Filosofia politica|politica]], [[Sociologia|sociologica]], [[etica|morale]], [[Psicologia|psicologica]], [[estetica]] e [[Pedagogia|pedagogica]] successiva. I punti chiave del suo pensiero sono il [[contratto sociale]], l'[[Egalitarismo|uguaglianza]] [[Isonomia|legale]] e [[Uguaglianza sociale|sociale]] di tutti i [[Cittadinanza|cittadini]], il [[Naturalismo (religione)|naturalismo]], la [[religione civile]], lo [[stato di natura]], il concetto semplificato come [[buon selvaggio]], la [[volontà generale]], la [[sovranità popolare]], il [[primitivismo]], il [[ruralismo]], la [[virtù]] e la [[democrazia diretta]]. Elementi della sua visione [[etica]] saranno ripresi in particolare da [[Immanuel Kant]] e dal [[socialismo]].<ref name="iep">{{cita web|url=http://www.iep.utm.edu/rousseau/ |titolo=Rousseau, Jean-Jacques |autore=James J. Delaney |sito=[http://www.iep.utm.edu/ Internet Encyclopedia of Philosophy] |data=21 ottobre 2005 |accesso=11 maggio 2012 |lingua=en}}</ref><ref name="stanford">{{cita web|url=https://plato.stanford.edu/entries/rousseau/ |titolo=Jean Jacques Rousseau |autore=Christopher Bertram |sito=[https://plato.stanford.edu/ Stanford Encyclopedia of Philosophy] |data=27 settembre 2010 |accesso=11 maggio 2012 |lingua=en}}</ref> Le idee di Rousseau ebbero risonanza europea e mondiale, tale da ispirare le future costituzioni [[Costituzione degli Stati Uniti|degli Stati Uniti]] e della [[Rivoluzione francese]].<ref>Specialmente la [[Costituzione francese del 1791]] e la [[Costituzione francese del 1793]]</ref>
Rousseau fu anche un [[compositore]], e la sua opera più nota è ''[[L'indovino del villaggio]]''.
 
Rousseau fu anche [[compositore]], e la sua opera più nota è ''[[L'indovino del villaggio]]''.
== Biografia ==
 
== Biografia ==
=== Infanzia e giovinezza ===
{{citazione|Costai la vita a mia madre, e la mia nascita fu la prima delle mie disgrazie. Non ho mai saputo come mio padre sopportò quella perdita, ma so che non se ne consolò mai.|''[[Le confessioni (Rousseau)|Le confessioni]]'', I, 1}}
[[File:Rousseau Geneve House.JPG|min|verticale|La casa natale di Rousseau al numero 40 della Grand-Rue a [[Ginevra]]<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_004|titolo=La maison natale au 40, Grand-Rue|sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire]|accesso=12 maggio 2012|lingua=fr|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011185632/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_004|dataarchivio=11 ottobre 2014}}</ref>]]
 
Jean-Jacques Rousseau nacque a [[Ginevra]] (allora capoluogo della [[Canton Ginevra|Repubblica di Ginevra]])<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_015 |titolo=Genève à l'époque de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012201808/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_015 |dataarchivio=12 ottobre 2014}}</ref> il 28 giugno 1712. Aveva un fratello maggiore, di nome François (1705-?), di cui non si sa quasi nulla;<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_090 |titolo=Rousseau, François |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011120614/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_090 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref> sua madre, Suzanne Bernard (1673-1712), morì il 7 luglio di [[febbre puerperale]], una complicazione legata al parto, pochi giorni dopo avere dato alla luce Jean-Jacques.
 
[[File:Jean-Jacques Rousseau fait la lecture à son père.jpg|min|sinistra|Rousseau e suo padre Isaac]]
 
Il padre, Isaac (1672-1747), un artigiano [[orologiaio]] [[calvinismo|calvinista]] di modeste condizioni ma di una certa cultura, educò il bambino da solo per i primi dieci anni della sua vita, instillandogli l'amore per la lettura e un sentimento patriottico per la Repubblica di Ginevra che Rousseau avrebbe conservato per tutta la vita.<ref name="memo_isaac">{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_091 |titolo=Rousseau, Isaac |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012214321/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_091 |dataarchivio=12 ottobre 2014}}</ref>
 
Il giovane Rousseau si formò leggendo [[Jacques Bénigne Bossuet|Bossuet]], [[Bernard le Bovier de Fontenelle|Fontenelle]], [[Jean de La Bruyère|La Bruyère]], [[Molière]] e soprattutto [[Plutarco]], dal quale interiorizzò importanti nozioni sulla storia della [[Repubblica romana|Roma repubblicana]]<ref name="stanford"/> e del quale nelle ''[[Confessioni (Rousseau)|Confessioni]]''<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Les Confessions (Rousseau)|Les Confessions]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> (un'opera di introspezione autobiografica, scritta verso la fine della sua vita) disse che era la sua lettura preferita.<ref name="biografia_gatti">Roberto Gatti, ''Profilo biografico'', in {{cita|''Il contratto sociale''|}}.</ref>
[[File:Rousseau Geneve House.JPG|thumb|upright|La casa natale di Rousseau al numero 40 della Grand-Rue a [[Ginevra]].<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_004 |titolo=La maison natale au 40, Grand-Rue |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>]]
 
Nel 1722, in seguito a una lite, Isaac si trovò costretto a fuggire da Ginevra per trasferirsi a [[Nyon]] dove poi si sarebbe risposato; affidò il suo figlio minore al fratello della moglie, Gabriel Bernard, il quale a sua volta lo mandò a pensione presso il pastore di Bossey, Jean-Jacques Lambercier, per il quale Rousseau avrebbe conservato ricordi di stima e rispetto.<ref name="memo_chrono"/> Padre e figlio non avrebbero più avuto che contatti molto sporadici.<ref name="memo_isaac"/>
Jean-Jacques Rousseau nacque a [[Ginevra]] (allora capoluogo della [[Canton Ginevra|Repubblica di Ginevra]])<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_015 |titolo=Genève à l'époque de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> il 28 giugno [[1712]]. Aveva un fratello maggiore, di nome François, di cui non si sa quasi nulla;<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_090 |titolo=Rousseau, François |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> sua madre, Suzanne Bernard ([[1673]]-1712), morì per [[febbre puerperale]], una complicazione legata al parto, pochi giorni dopo aver dato alla luce il suo secondogenito, il 7 luglio; suo padre, Isaac ([[1672]]-[[1747]]), un artigiano [[orologiaio]] [[calvinismo|calvinista]] di modeste condizioni ma di una certa cultura, educò il bambino da solo per i primi dieci anni della sua vita, instillandogli un amore per la lettura e un sentimento patriottico per la Repubblica di Ginevra che Jean-Jacques avrebbe conservato per tutta la vita.<ref name=memo_isaac>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_091 |titolo=Rousseau, Isaac |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
 
[[File:Haute-Savoie, Bossey- Jean-Jacques Rousseau chez le pasteur Lambercier.jpg|min|Rousseau nella casa dei Lambercier]]
Il giovane Rousseau si formò leggendo [[Jacques Bénigne Bossuet|Bossuet]], [[Bernard le Bovier de Fontenelle|Fontenelle]], [[Jean de La Bruyère|La Bruyère]], [[Molière]] e soprattutto [[Plutarco]], dal quale interiorizzò importanti nozioni sulla storia della [[Repubblica romana|Roma repubblicana]]<ref name=stanford/> e del quale nelle ''[[Le confessioni|Confessioni]]''<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Les Confessions (Rousseau)|Les Confessions]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> (un'opera di introspezione autobiografica, scritta verso la fine della sua vita) disse che era la sua lettura preferita.<ref name=biografia_gatti>Roberto Gatti, ''Profilo biografico''. In {{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Il contratto sociale |curatore=Roberto Gatti |editore=BUR Rizzoli |città=Milano |anno=2010 |ed=3 |annooriginale=2005 |isbn=978-88-17-00269-1 }}</ref>
 
Nel corso della permanenza presso Lambercier, Rousseau subì violenza fisica e psicologica da parte della figlia del pastore, cosa che segnò tutta la sua vita con molte implicazioni [[Masochismo|masochistiche]].<ref>{{Cita|Casini|}}.</ref><ref>Jean Jacques Rousseau, ''Le confessioni'', parte I, libro I, cap. III:
Nel [[1722]], in seguito a una lite, Isaac si trovò costretto a fuggire da Ginevra per trasferirsi a [[Nyon]] dove poi si sarebbe risposato; affidò il suo figlio minore al fratello della moglie, Gabriel Bernard, il quale a sua volta lo mandò a pensione presso il pastore di [[Bossey]], Jean-Jacques Lambercier, per il quale Rousseau avrebbe conservato ricordi di stima e rispetto.<ref name=memo_chrono/> Padre e figlio non avrebbero più avuto che contatti molto sporadici.<ref name=memo_isaac/> Nel [[1724]] Jean-Jacques rientrò a Ginevra; rimanendo alloggiato presso lo zio iniziò a fare l'apprendista di un [[cancelliere (ordinamento giudiziario italiano)|cancelliere]] prima, e di un [[incisione|incisore]] poi.<ref name=memo_chrono/> Rousseau avrebbe conservato, tra l'altro, un buon rapporto con la zia Suzanne ([[1682]]-[[1775]]), sorella del padre.<ref name=NardiRousseau>{{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Oltre l'Emilio: scritti di Rousseau sull'educazione |url= http://books.google.it/books?id=ME9VM9DRh2cC&pg=PA65&lpg=PA65&dq=rousseau+stenosi&source=bl&ots=UiqaIHKsES&sig=VS5uc5VX3YhDztMU5qclY76T0t0&hl=it&sa=X&ei=OevbUrbuMcnxygOw_4CYCw&ved=0CDkQ6AEwAQ#v=onepage&q=rousseau%20stenosi&f=false|accesso= 19 gennaio 2014|curatore=Emma Nardi |editore=Franco Angeli |città= |anno=2005 |p=65, e note}}</ref>
{{citazione|Come nutriva per noi l'affetto di una madre, la signorina Lambercier ne esercitava anche l'autorità, che la spingeva talvolta fino al punto di infliggerci il castigo che si dà ai bambini, quando l'avevamo meritato. Per molto tempo si limitò alla minaccia, e questa minaccia di un castigo per me del tutto nuovo mi spaventava moltissimo; ma poi che l'ebbi subito, lo trovai meno terribile, in realtà, di quanto me l'ero aspettato, e ancora più strano è come quel castigo mi affezionasse anche più a colei che me l'aveva inflitto. Occorreva veramente tutta la schiettezza di questo affetto e tutta la mia naturale dolcezza, per impedirmi di cercare di meritarmi nuovamente un trattamento del genere: perché avevo trovato nel dolore, nella vergogna stessa, una mescolanza di sensualità che mi aveva lasciato più desiderio che timore di subirlo una volta ancora dalla stessa mano. È pur vero che, insinuandosi senza dubbio in tutto questo qualche precoce istinto del sesso, il medesimo castigo non mi sarebbe affatto parso piacevole, se a infliggermelo fosse stato il fratello di lei. Ma, dato il suo umore, una tale sostituzione non era da temersi; e se mi astenevo dal meritare il castigo, era soltanto per la paura di scontentare la signorina Lambercier. Tale è in me, difatti, l'impero della benevolenza, anche di quella scaturita dai sensi, ch'essa impose sempre loro la legge del mio cuore. La recidiva, che allontanavo senza temerla, arrivò senza mia colpa, vale a dire senza ch'io lo volessi, e ne approfittai, posso dire, in tranquillità di coscienza. Ma quella seconda volta fu anche l'ultima: la signorina Lambercier, essendosi indubbiamente resa conto, da qualche indizio, che il castigo non otteneva il suo scopo, dichiarò di rinunciarvi e che la affaticava troppo. Avevamo dormito fino a quel momento nella sua camera, e d'inverno, qualche volta, perfino nel suo stesso letto. Due giorni dopo ci sistemarono in un'altra stanza; e da quel momento godetti il privilegio, al quale avrei volentieri rinunciato, di essere trattato da lei come un ragazzo maturo.
Chi crederebbe che quel castigo da bambino, ricevuto a otto anni per mano di una donna di trenta, abbia potuto determinare i miei gusti, i miei desideri, le mie passioni, la mia personalità per il resto della vita, e precisamente nel senso opposto a quello che sarebbe dovuto derivarne naturalmente? Nel momento stesso in cui i miei sensi si accesero, i miei desideri cedettero a un tale inganno che, limitati a quanto avevano provato, non si indirizzarono alla ricerca di altre motivazioni. Con un sangue che ardeva di sensualità pressoché dalla nascita, mi conservai puro da ogni sozzura fino all'età in cui si sviluppano i temperamenti più freddi e più tardivi. A lungo tormentato senza scoprirne il motivo, divoravo con occhi ardenti le belle donne; la mia immaginazione me le richiamava senza tregua, esclusivamente per farle agire a modo mio, e per farne altrettante signorine Lambercier. Anche dopo l'età del celibato, quel gusto bizzarro, sempre persistente e spinto fino alla depravazione, fino alla follia, mi ha conservati onesti i costumi che sembrerebbe dovesse invece minacciare.}}</ref>
 
Nel 1724 Rousseau rientrò a Ginevra; rimanendo alloggiato presso lo zio iniziò a fare l'apprendista di un [[cancelliere (ordinamento giudiziario italiano)|cancelliere]] prima, e di un [[incisione|incisore]] poi.<ref name="memo_chrono" /> Rousseau avrebbe conservato, tra l'altro, un buon rapporto con la zia Suzanne (1682-1775), sorella del padre.<ref name="NardiRousseau">{{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Oltre l'Emilio: scritti di Rousseau sull'educazione |url= https://books.google.it/books?id=ME9VM9DRh2cC&pg=PA65&lpg=PA65&dq=rousseau+stenosi&source=bl&ots=UiqaIHKsES&sig=VS5uc5VX3YhDztMU5qclY76T0t0&hl=it&sa=X&ei=OevbUrbuMcnxygOw_4CYCw&ved=0CDkQ6AEwAQ#v=onepage&q=rousseau%20stenosi&f=false|accesso= 19 gennaio 2014|curatore=Emma Nardi |editore=Franco Angeli |città= |anno=2005 |p=65 e note}}</ref>
[[File:FrancoiseLouiseWarens.jpg|thumb|left|upright|Madame de Warens.]]
 
[[File:FrancoiseLouiseWarens.jpg|min|sinistra|verticale|Madame de Warens]]
Il 14 marzo [[1728]], rientrando tardi da una passeggiata in campagna e trovando le porte della città sbarrate, Jean-Jacques decise di allontanarsi dalla città natale e dalla famiglia; il parroco di [[Confignon]] gli consigliò allora di recarsi ad [[Annecy]] per mettersi sotto la protezione di Françoise-Louise de Warens ([[1699]]-[[1762]]), una [[Protestantesimo|protestante]] convertita al [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]] che riceveva una pensione dalla [[Chiesa cattolica|Chiesa di Roma]] per difendere e diffondere la fede cattolica in quell'area del Regno di Sardegna al confine con paesi protestanti;<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_053 |titolo=Warens, Françoise-Louise |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> ella mandò Rousseau nella capitale del Regno, [[Torino]], presso il collegio cattolico dell'Ospizio dello Spirito Santo.<ref name=memo_chrono/><ref name=biografia_gatti/> Qui, tra il 21 e il 23 aprile, egli abiurò il protestantesimo (la religione paterna) e fu [[Battesimo|battezzato]] con rito cattolico.<ref name=memo_chrono/>
 
Il 14 marzo 1728, rientrando tardi da una passeggiata in campagna e trovando le porte della città sbarrate, Rousseau decise di allontanarsi dalla città natale e dalla famiglia; il parroco di [[Confignon]] gli consigliò allora di recarsi ad [[Annecy]] per mettersi sotto la protezione di [[Françoise-Louise de Warens]] (1699-1762), una [[Protestantesimo|protestante]] convertita al [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]] che riceveva una pensione dalla [[Chiesa cattolica|Chiesa di Roma]] per difendere e diffondere la fede cattolica in quell'area del Regno di Sardegna al confine con paesi protestanti;<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/Article.asp?ID=JJR_REL_053 |titolo=Warens, Françoise-Louise |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151210145239/http://www.memo.fr/Article.asp?ID=JJR_REL_053 |dataarchivio=10 dicembre 2015 }}</ref> ella mandò Rousseau nella capitale del Regno, [[Torino]], presso il collegio cattolico dell'Ospizio dello Spirito Santo.<ref name="memo_chrono"/><ref name="biografia_gatti"/> Qui, tra il 21 e il 23 aprile, egli abiurò il protestantesimo (la religione paterna) e fu [[Battesimo|battezzato]] con rito cattolico.<ref name="memo_chrono"/>
Tra il 1728 e il [[1731]] Rousseau lavorò come domestico presso la contessa de Vercellis e presso il conte Solaro di Gouvon, ritornò ad Annecy (dove prese lezioni di musica da Jacques le Maître) e quindi riprese a vagabondare tra Nyon, [[Friburgo (Svizzera)|Friburgo]], [[Losanna]], [[Vevey]], [[Neuchâtel]]; a Neuchâtel si fermò qualche tempo per impartire a sua volta lezioni di musica; a [[Boudry]] si offrì di fare da interprete a un sedicente [[archimandrita]] che seguì a Friburgo, [[Berna]] e [[Soletta (Svizzera)|Soletta]] prima di scoprire che si trattava di un impostore; passò qualche tempo a [[Parigi]], dove lavorò come precettore,<ref>''Cronologia della vita e delle opere''. In {{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Émile o dell'educazione |editore=BUR Rizzoli |città=Milano |anno=2009 |isbn=978-88-17-02330-6 |pp=23-25 }}</ref> e infine dopo essere passato da Lione si stabilì – di nuovo sotto la protezione di Madame de Warens – a [[Chambéry]], dove a partire dal [[1732]] lavorò come maestro di musica e a partire dal [[1734]] come [[intendente]].<ref name=memo_chrono/>
 
Tra il 1728 e il 1731 Rousseau lavorò a Torino come domestico presso la contessa de Vercellis e presso il conte Solaro di Gouvon, dove viene licenziato per avere sottratto un nastro, assieme alla cuoca che aveva tentato di accusare al suo posto, cosa che gli provocò un senso di colpa che durerà per moltissimi anni;<ref>{{citazione|Mi seguì il lungo ricordo del delitto e il peso insopportabile dei rimorsi, da cui la mia coscienza, a quarant'anni di distanza, è ancora oppressa, e il cui amaro sentimento, anziché affievolirsi, si inasprisce quanto più invecchio. Chi crederebbe che la colpa di un ragazzo potesse avere conseguenze così crudeli? È di queste più che probabili conseguenze che il mio cuore non potrebbe consolarsi. Ho forse fatto morire nell'ignominia e nella miseria una giovane amabile, onesta, stimabile, e che sicuramente valeva più di me.
Presso Madame de Warens, nella cui casa rimase con poche interruzioni fino al [[1742]], Rousseau trascorse alcuni anni di tranquilla felicità.<ref name=zanette_273/> Come egli stesso racconta nelle ''Confessioni'', in quel periodo affinò la sua formazione filosofica leggendo la ''Logica'' di [[Port-Royal des Champs|Port-Royal]] e testi di [[Cartesio]], [[Gottfried Wilhelm von Leibniz|Leibniz]], [[John Locke|Locke]], [[Malebranche]]; studiò inoltre la geometria, il latino, la storia, la geografia e l'astronomia.<ref name=biografia_gatti/> Con Françoise-Louise de Warens, di tredici anni più anziana e da lui soprannominata ''maman'', Rousseau intrattenne anche una relazione sentimentale, i cui piaceri rievocò poi nelle ''Confessioni'' e nelle ''[[Le fantasticherie del passeggiatore solitario|Fantasticherie del passeggiatore solitario]]''.<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Les Rêveries du promeneur solitaire|Les Rêveries du promeneur solitaire]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_014 |titolo=Rousseau aux Charmettes |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
È ben difficile che una casa si dissolva senza un po' di confusione, e che non vi scompaia una quantità di cose: eppure era tale la lealtà dei domestici e la vigilanza del signore e della signora Lorenzi, che non si trovò nulla di mancante sull'inventario. Solo la signorina Pontal smarrì un nastrino rosa e argento, già vecchio. Tante altre cose migliori erano alla portata della mia mano, ma solo quel nastrino mi tentò, lo rubai, e poiché non lo nascondevo, me lo trovarono subito. Vollero sapere dove l'avessi preso. Mi turbo, balbetto, e alla fine dico, arrossendo, che me l'aveva dato Marion. Marion era una giovane della Moriana, di cui la signora Vercelli aveva fatto la sua cuoca quando, smessi gli inviti a pranzo, aveva licenziato la propria, servendole ormai più i brodi sostanziosi che gli intingoli raffinati. Marion non era solo graziosa, ma aveva una freschezza di colori che si trova solo in montagna e soprattutto un'aria di modestia e di dolcezza che la faceva amare solo a guardarla; buona ragazza, oltre tutto, savia e di una fedeltà a tutta prova. Perciò si stupirono, quando feci il suo nome. Non mi si dava minor fiducia che a lei, e si decise che occorreva verificare chi dei due fosse il furfante. La chiamarono; l'assemblea era numerosa, anche il conte di La Roque era presente. Arriva, le mostrano il nastro, io l'accuso sfrontatamente; lei resta sbigottita, tace, mi getta uno sguardo che avrebbe disarmato un demonio, e al quale il mio barbaro cuore resiste. Nega, infine, con sicurezza ma senza collera, mi rimprovera, mi esorta a rientrare in me stesso, a non disonorare una ragazza innocente che non ha mai fatto del male; e io, con impudenza infernale, confermo la mia dichiarazione, e le ripeto in faccia che è stata lei a darmi il nastro. La povera ragazza si mise a piangere, e non mi disse che queste parole: "Ah, Rousseau! E io che vi credevo buono. Mi rendete ben infelice, ma non vorrei essere al vostro posto." Fu tutto. Seguitò a difendersi con semplicità pari alla fermezza, ma senza mai permettersi contro di me la minima invettiva. La sua moderazione, confrontata alla mia sicumera, la tradì. Non sembrava naturale supporre da un lato un'audacia così diabolica e dall'altro una così angelica mitezza. Non parvero decidere in assoluto, ma si propendeva a mio favore. Nelle distrette in cui si era, non persero tempo in indagini; e il conte di La Roque, licenziandoci entrambi, si contentò di dire che la coscienza del colpevole avrebbe a sufficienza vendicato l'innocente. La predizione non fu vana; e non cessa un sol giorno di avverarsi.
Ignoro la sorte di quella vittima della mia calunnia; ma non è probabile che, dopo l'accaduto, abbia potuto trovare facilmente un buon posto. Un'accusa crudele pesava, comunque, sul suo onore. Il furto in sé era un'inezia, ma pur sempre un furto e, quel che è peggio, destinato a sedurre un giovanotto: insomma la menzogna e l'ostinazione non lasciavano sperare nulla da colei che assommava tanti vizi nell'animo. Non considero neppure la miseria e l'abbandono come i più gravi pericoli cui l'abbia esposta. Chi può sapere, alla sua età, dove lo sconforto dell'innocenza umiliata abbia potuto trascinarla? Oh, se il rimorso di averla potuta rendere infelice è insopportabile, si giudichi cosa può essere quello di averla resa peggiore di me!
Questo crudele ricordo mi turba a volte e mi sconvolge al punto che rivedo nelle mie insonnie l'infelice ragazza venire a rimproverarmi il mio crimine, come se l'avessi commesso ieri. Finché sono vissuto tranquillo, mi ha tormentato meno; ma nel pieno di una vita tempestosa mi toglie la più dolce consolazione degli innocenti perseguitati: mi fa ben provare quanto credo di avere detto in qualche opera, che il rimorso dorme nella prosperità e morde nell'avversità.|''Le confessioni'', libro I}}</ref> successivamente ritornò ad Annecy (dove prese lezioni di musica da Jacques le Maître) e quindi riprese a vagabondare tra Nyon, [[Friburgo (Svizzera)|Friburgo]], [[Losanna]], [[Vevey]], [[Neuchâtel]]; a Neuchâtel si fermò qualche tempo per impartire a sua volta lezioni di musica; a [[Boudry]] si offrì di fare da interprete a un sedicente [[archimandrita]] che seguì a Friburgo, [[Berna]] e [[Soletta (Svizzera)|Soletta]] prima di scoprire che si trattava di un impostore; passò qualche tempo a [[Parigi]], dove lavorò come precettore,<ref>''Cronologia della vita e delle opere'', in {{cita|''Émile''|pp. 23-25}}.</ref> e infine dopo essere passato da Lione si stabilì – di nuovo sotto la protezione di Madame de Warens – a [[Chambéry]], dove a partire dal 1732 lavorò come maestro di musica e a partire dal 1734 come [[intendente]].<ref name="memo_chrono"/>
[[File:Jeunesse de Rousseau.jpg|min|sinistra|Rousseau arriva alla casa di Madame de Warens nel 1728]]
Presso Madame de Warens, nella cui casa rimase con poche interruzioni fino al 1742, Rousseau trascorse alcuni anni di tranquilla felicità.<ref name="zanette_273"/> Come egli stesso racconta nelle ''Confessioni'', in quel periodo affinò la sua formazione filosofica leggendo la ''[[Logica di Port-Royal]]'' e testi di [[Cartesio]], [[Gottfried Wilhelm von Leibniz|Leibniz]], [[John Locke|Locke]], [[Nicolas Malebranche|Malebranche]]; studiò inoltre la geometria, il latino, la storia, la geografia e l'astronomia.<ref name="biografia_gatti"/> Con Françoise-Louise de Warens, di tredici anni più anziana e da lui soprannominata ''maman'', Rousseau intrattenne anche una relazione sentimentale, i cui piaceri rievocò poi nelle ''Confessioni'' e nelle ''[[Le fantasticherie del passeggiatore solitario|Fantasticherie del passeggiatore solitario]]''.<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Les Rêveries du promeneur solitaire|Les Rêveries du promeneur solitaire]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref><ref>{{cita web |url=http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_014 |titolo=Rousseau aux Charmettes |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121004095558/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_014 |dataarchivio=4 ottobre 2012 }}</ref>
 
[[File:Les Charmettes ca 1830.jpg|thumbmin|La casa di [[Les Charmettes]], presso [[Chambéry]], dove Rousseau visse con poche interruzioni tra il [[1732]] e il [[1742]].]]
 
Nel 1737 Rousseau si assentò da Chambéry in due occasioni, prima (a luglio) per recarsi a Ginevra a ritirare l'eredità di sua madre<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_041 |titolo=Un beau geste pour sa protectrice |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012040928/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_041 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref> e poi (a settembre) per consultare un medico di [[Montpellier]] in seguito a un problema al cuore; durante questo secondo viaggio ebbe una breve ma appassionata relazione amorosa con una donna incontrata durante il tragitto, Madame de Larnage.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_042 |titolo=Rousseau sur la route de Montpellier |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011053732/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_042 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref>
 
Di ritorno presso Madame de Warens, nel [[1738]], Rousseau trovò che ella aveva un nuovo intendente e favorito, Jean-Samuel-Rodolph Wintzenried. Rimase tuttavia a [[Les Charmettes]], leggendo, scrivendo e studiando un innovativo sistema di [[notazione musicale]] di sua concezione.<ref name="memo_chrono"/> Passò il [[1740]] a Lione, presso la famiglia Mably, dove avviò un nuovo precettorato il quale, destinato a non avere successo, gli consentì tuttavia di accumulare delle esperienze significative.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_033 |titolo=Mably, Jean Bonnot de |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141010231435/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_033 |dataarchivio=10 ottobre 2014 }}</ref>
 
=== Le prime pubblicazioni ===
Nel 1742, Jean-Jacques Rousseau lasciò definitivamente Les Charmettes per recarsi a Parigi. Il 22 agosto presentò all'[[Accademia francese delle scienze francese]] il suo ''Projet concernant de nouveaux signes pour la musique'', la cui validità venne riconosciuta pur senza che si giudicasse opportuno tentare di sostituire il sistema di notazione tradizionale.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_032 |titolo=Projet concernant de nouveaux signes pour la musique |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012151623/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_032 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref> All'inizio del [[1743]], cionondimeno, Rousseau pubblicò una ''Dissertation sur la musique moderne''<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau. ''[[:s:fr:Dissertation sur la musique moderne|Dissertation sur la musique moderne]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> che contribuì a introdurlo nell'ambiente culturale illuminista.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_037 |titolo=Dissertation sur la musique moderne |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012161227/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_037 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref>
 
[[File:AduC 003 Diderot (1713-1784).jpg|min|verticale|sinistra|Diderot]]
A Parigi Rousseau entrò in contatto con alcune delle personalità più rilevanti della cultura del tempo, tra cui Fontenelle, [[Denis Diderot|Diderot]], [[Pierre de Marivaux|Marivaux]], [[Étienne Bonnot de Condillac|Condillac]], l'[[Charles-Irénée Castel de Saint-Pierre|Abbé de Saint-Pierre]].<ref name=biografia_gatti/> Continuando a dedicarsi alla musica (nel 1743 ebbe inizio la composizione dell'opera ''[[Le Muse galanti]]''),<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_039 |titolo=Les Muses galantes |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Rousseau si mise al servizio del conte Montaigu, [[ambasciatore]] francese presso la [[Repubblica di Venezia]].<ref name=memo_chrono/><ref name=biografia_gatti/> Per quanto breve (settembre 1743 – agosto [[1744]]) il soggiorno di Rousseau a Venezia fu significativo, perché fu in questa occasione che egli iniziò a stendere alcune riflessioni sul malgoverno della città che posero le basi di un ampio trattato di filosofia politica, le ''Institutions politiques''; questo testo rimase incompiuto, ma in seguito ne venne estratto quello che sarebbe divenuto il ''Manoscritto di Ginevra'' e, quindi, ''Il contratto sociale''.<ref>{{cita libro|autore=Paolo Casini |titolo=Introduzione a Rousseau |editore=Laterza |città=Roma-Bari |anno=1986 |ed=3 |annooriginale=1974 |p=48 }}</ref>
 
A Parigi Rousseau entrò in contatto con alcune delle personalità più rilevanti della cultura del tempo, tra cui Fontenelle, [[Denis Diderot|Diderot]], [[Pierre de Marivaux|Marivaux]], [[Étienne Bonnot de Condillac|Condillac]], l'[[Charles-Irénée Castel de Saint-Pierre|Abbé de Saint-Pierre]].<ref name="biografia_gatti"/> Continuando a dedicarsi alla musica (nel 1743 ebbe inizio la composizione dell'opera ''[[Le Muse galanti]]''),<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_039 |titolo=Les Muses galantes |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011194939/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_039 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref> Rousseau si mise al servizio del conte Montaigu, [[ambasciatore]] francese presso la [[Repubblica di Venezia]].<ref name="memo_chrono"/><ref name="biografia_gatti"/> Per quanto breve (settembre 1743 – agosto 1744) il soggiorno di Rousseau a Venezia, presso [[Palazzo Surian Bellotto]], fu significativo, perché fu in questa occasione che egli iniziò a stendere alcune riflessioni sul malgoverno della città che posero le basi di un ampio trattato di filosofia politica, le ''Institutions politiques''; questo testo rimase incompiuto, ma in seguito ne venne estratto quello che sarebbe divenuto il ''Manoscritto di Ginevra'' e, quindi, ''Il contratto sociale''.<ref>{{cita|Casini|p. 48}}.</ref> Nelle ''[[Confessioni (Rousseau)|Confessioni]]'' racconterà diversi episodi di vita sociale, personale e mondana occorsi nella città italiana.
Tornato a Parigi Rousseau incontrò Marie-Thérèse Levasseur ([[1721]]-[[1801]]), una cameriera (quasi completamente illetterata) dell'albergo dove egli alloggiava, la quale lavorava anche come sarta; con lei avviò una relazione che, durando fino alla morte di Jean-Jacques, avrebbe visto la nascita di cinque figli.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_029 |titolo=Levasseur, Marie-Thérèse |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Nel [[1745]] venne rappresentato ''Le Muse galanti''; Rousseau avviò una corrispondenza con [[Voltaire]] e strinse i suoi rapporti con Diderot e Condillac.<ref name=memo_chrono/> Il [[1746]] vide Rousseau divenire segretario di Madame Dupin (il cui salotto intellettuale aveva frequentato fin dall'inizio del suo soggiorno parigino) e trasferirsi presso di lei al [[castello di Chenonceau]], dove si dedicò molto alla scrittura, producendo in particolare la commedia ''L'Engagement téméraire'' e il componimento in versi ''L'Allée de Sylvie''.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_057 |titolo=Rousseau secrétaire de Madame Dupin |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Sempre nel 1746 nacque il primo figlio di Jean-Jacques e Thérèse, che venne affidato (come tutti gli altri che seguirono) all'Hospice des Enfants-Trouvés, cioè alla pubblica carità.<ref name=memo_chrono/>
 
Tornato a Parigi Rousseau incontrò Marie-Thérèse Levasseur (1721-1801), una cameriera (quasi completamente illetterata) dell'albergo dove egli alloggiava, la quale lavorava anche come sarta; con lei avviò una relazione che, durando fino alla morte di Rousseau, avrebbe visto la nascita di cinque figli.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_029|sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire]|accesso=12 maggio 2012|lingua=fr|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011173512/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_029|dataarchivio=11 ottobre 2014}}</ref> Nel 1745 venne rappresentato ''Le Muse galanti''; Rousseau avviò una corrispondenza con [[Voltaire]] e strinse i suoi rapporti con Diderot e [[Etienne Bonnot de Condillac|Condillac]].<ref name="memo_chrono"/>
Nel 1747 ''L'Engagement téméraire'' venne messo in scena per la prima volta; nel [[1749]] Diderot invitò Rousseau a scrivere alcune voci di musica per il progetto dell<nowiki>'</nowiki>''Encyclopédie''.<ref name=biografia_gatti/> Più tardi Rousseau avrebbe redatto per l'enciclopedia anche la voce sull'[[economia politica]]; il testo di tale voce, pubblicato autonomamente come ''[[Discorso sull'economia politica]]'' nel [[1755]], anticipava alcuni dei concetti fondamentali del ''Contratto sociale'' (tra cui quello di [[volontà generale]]).<ref name=iep/>
[[File:Jean-Jacques Rousseau et Louise Dupin (A05).jpg|min|Rousseau e Louise Dupin]]
Il 1746 vide Rousseau divenire segretario di Madame Dupin (il cui salotto intellettuale aveva frequentato fin dall'inizio del suo soggiorno parigino) e trasferirsi presso di lei al [[castello di Chenonceau]], dove si dedicò molto alla scrittura, producendo in particolare la commedia ''L'Engagement téméraire'' e il componimento in versi ''L'Allée de Sylvie''.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_057 |titolo=Rousseau secrétaire de Madame Dupin |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011143512/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_057 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref> Sempre nel 1746 nacque il primo figlio di Jean-Jacques e Thérèse, che venne affidato (come tutti gli altri che seguirono) all'Hospice des Enfants-Trouvés, cioè alla pubblica carità.<ref name="memo_chrono"/>
 
Nel 1747 ''L'Engagement téméraire'' venne messo in scena per la prima volta; nel 1749 Diderot invitò Rousseau a scrivere alcune voci di musica per il progetto dell{{'}}''Encyclopédie''.<ref name="biografia_gatti"/> Più tardi Rousseau avrebbe redatto per l'enciclopedia anche la voce sull'[[economia politica]]; il testo di tale voce, pubblicato autonomamente come ''[[Discorso sull'economia politica]]'' nel 1755, anticipava alcuni dei concetti fondamentali del ''Contratto sociale'' (tra cui quello di [[volontà generale]]).<ref name="iep"/>
Il 1749 fu un anno importante per la vita di Rousseau. Diderot venne arrestato e imprigionato al [[castello di Vincennes]] per il contenuto eterodosso e ritenuto scandaloso della sua ''[[Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono]]'';<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=PER_MOD_001 |titolo=Denis Diderot |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=27 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> mentre si recava a fargli visita in carcere, Rousseau lesse sul giornale settimanale ''[[Mercure de France]]'' il titolo del concorso bandito per l'anno [[1750]] dall'[[Académie des sciences, arts et belles-lettres de Dijon|Accademia di Digione]]: «Se il rinascimento delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi».<ref name=zanette_272/> Di fronte a questa domanda Rousseau ebbe quella che lui stesso, in una lettera a [[Guillaume-Chrétien de Lamoignon de Malesherbes|Malesherbes]] del [[1762]], descrisse come una tempesta emotiva e un'autentica illuminazione, che gli consentì di mettere improvvisamente ordine in tutte le idee che aveva sviluppato gradualmente a proposito della natura dell'uomo e della società.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_018 |titolo=L'illumination de Vincennes |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=15 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref><ref>{{cita libro|nome=Ernst |cognome=Cassirer |linkautore=Ernst Cassirer |titolo=Il problema Gian Giacomo Rousseau |pp=13-14 }} In {{cita libro|autore=Ernst Cassirer, Robert Darnton, Jean Starobinski |titolo=Tre letture di Rousseau |curatore=Maria Albanese |editore=Laterza |città=Roma-Bari |anno=1994 |isbn=88-420-4402-4 }}</ref><ref>{{cita|Casini|pp. 15-17.}}</ref>
 
Il 1749 fu un anno importante per la vita di Rousseau. Diderot venne arrestato e imprigionato al [[castello di Vincennes]] per il contenuto eterodosso e ritenuto scandaloso della sua ''[[Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono]]'' e con l'accusa di avere scritto [[Romanzo libertino|romanzi libertini]];<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=PER_MOD_001 |titolo=Denis Diderot |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=27 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151124202052/http://www.memo.fr/article.asp?ID=PER_MOD_001 |dataarchivio=24 novembre 2015 }}</ref> mentre si recava a fargli visita in carcere, Rousseau lesse sul giornale settimanale ''[[Mercure de France]]'' il titolo del concorso bandito per l'anno 1750 dall'[[Académie des sciences, arts et belles-lettres de Dijon|Accademia di Digione]]: «Se il rinascimento delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi».<ref name="zanette_272"/> Di fronte a questa domanda Rousseau ebbe quella che lui stesso, in una lettera a [[Guillaume-Chrétien de Lamoignon de Malesherbes|Malesherbes]] del 1762, descrisse come una tempesta emotiva e un'autentica illuminazione, che gli consentì di mettere improvvisamente ordine in tutte le idee che aveva sviluppato gradualmente a proposito della natura dell'uomo e della società.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_018 |titolo=L'illumination de Vincennes |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=15 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151222124107/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_018 |dataarchivio=22 dicembre 2015 }};<br />[http://www.lsr-projekt.de/poly/it-Rousseau-La-Mettrie.html Bernd A. Laska: ''1750 - Rousseau estromette La Mettrie. Di un orientamento dei Lumi carico di conseguenze'']. Orig. apparso in tedesco in: Aufklärung und Kritik. Zeitschrift für freies Denken und humanistische Philosophie. Vol. 4/2012, pagg. 174-185. URL consultato il 15 dicembre 2015.</ref><ref>{{cita|Cassirer|pp. 13-14}}.</ref><ref>{{cita|Casini|pp. 15-17}}.</ref>
Il saggio che scrisse in risposta a tale bando, il ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]'', venne completato nel 1750 e risultò vincitore del concorso;<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_011 |titolo=Discours sur les sciences et les arts |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=15 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> questo testo segnò l'inizio della vera fortuna di Rousseau, non solo per il conseguimento del premio ma anche e soprattutto per il clamore suscitato dalle tesi rivoluzionarie che l'autore vi sosteneva.<ref name=zanette_273/>
 
Il saggio che scrisse in risposta a tale bando, il ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]'', venne completato nel 1750 e risultò vincitore del concorso;<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_011 |titolo=Discours sur les sciences et les arts |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=15 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012084247/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_011 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref> questo testo segnò l'inizio della vera fortuna di Rousseau, non solo per il conseguimento del premio ma anche e soprattutto per il clamore suscitato dalle tesi rivoluzionarie che l'autore vi sosteneva.<ref name="zanette_273"/>
[[File:ThereseLevasseur.jpg|thumb|left|upright|Marie-Thérèse Levasseur a circa 70 anni (1790).]]
 
===I problemi di salute===
Il 18 ottobre [[1752]] venne rappresentata per la prima volta a [[Fontainebleau]], alla presenza del re [[Luigi XV di Francia]], l'[[opéra-comique]] ''[[L'indovino del villaggio]]'', che riscontrò un notevole successo; tuttavia, invitato a un'udienza con il re il giorno successivo alla prima, Rousseau decise di non presentarsi temendo per la sua [[timidezza]], per la sua [[incontinenza urinaria]]<ref name=devin>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_036 |titolo=Le Devin du village |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> dovuta a una [[stenosi]] all'[[uretra]]<ref>[[Indro Montanelli]], [[Roberto Gervaso]], ''L'Italia del Settecento'', Milano, Rizzoli, 1971, p. 135.</ref> - la quale, di origine congenita o causata da una [[malattia sessualmente trasmissibile|malattia venerea]], gli causò anche una dannosa [[ritenzione urinaria]]<ref name=NardiRousseau/> - oltre che per il fatto che quasi sicuramente gli sarebbe stata offerta una pensione a corte, che non avrebbe voluto accettare per poter mantenere la sua indipendenza di giudizio; si allontanò quindi da Fontainebleau, causando il suo primo litigio con Diderot (che criticò duramente la sua scelta).<ref name=devin/>
[[File:Allan Ramsay 003.jpg|min|Rousseau ritratto da [[Allan Ramsay (pittore)|Allan Ramsay]] nel 1766. Il lungo e vistoso abito all'[[Armenia|armena]] fu inizialmente indossato per celare un [[Cateterismo urinario|catetere]] (necessario a causa di croniche [[ritenzione urinaria|ritenzioni urinarie]]), ma poi divenne usuale per un fatto di praticità.<ref>''Le confessioni'', Libro XII</ref>]]
 
Il 18 ottobre 1752 venne rappresentata per la prima volta a [[Fontainebleau]], alla presenza del re [[Luigi XV di Francia]] e [[Madame de Pompadour]], l'[[opéra-comique]] ''[[L'indovino del villaggio]]'', che riscontrò un notevole successo; Rousseau era presente nel pubblico<ref>''Le confessioni'', Libro VIII</ref>; tuttavia, invitato a un'udienza con il re il giorno successivo alla prima, Rousseau decise di non presentarsi temendo per la sua [[timidezza]] (che veniva meno solo quando poteva parlare liberamente delle sue idee<ref name=confessioni3>{{citazione|Ho passioni ardentissime e finché mi agitano nulla eguaglia la mia impetuosità; non conosco più né riguardi, né rispetto, né paura, né buona creanza; sono cinico, sfrontato, violento, intrepido; non c'è vergogna che mi freni né rischio che mi spaventi: all'infuori dell'oggetto che mi occupa, il mondo intero non è più niente per me. Ma tutto ciò non dura che un momento, e il momento che segue già mi annienta. Prendetemi nella calma, sono l'indolenza e la timidezza in persona; tutto mi sgomenta, tutto mi ripugna; ho paura del volo di una mosca; dire una parola, fare un gesto spaventa la mia pigrizia; paura e vergogna mi soggiogano al punto che vorrei eclissarmi agli occhi di tutti i mortali. Se occorre agire, non so che fare; se occorre parlare, non so che dire; se mi si guarda, mi smarrisco. Quando mi appassiono, so trovare a volte le parole da dire; ma nelle conversazioni abituali non trovo nulla, proprio nulla; mi riescono insopportabili solo per questo: sono obbligato a parlare.|''Le confessioni''}}</ref>), per la sua [[incontinenza urinaria]]<ref name="devin">{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_036 |titolo=Le Devin du village |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151119063122/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_036 |dataarchivio=19 novembre 2015 }}</ref> ([[pollachiuria]] e [[stranguria]]) dovuta a una [[stenosi]] [[Stenosi uretrale|all'uretra]]<ref>[[Indro Montanelli]], [[Roberto Gervaso]], ''L'Italia del Settecento'', Milano, Rizzoli, 1971, p. 135.</ref> - la quale, di origine congenita o causata da una [[malattia sessualmente trasmissibile|malattia venerea]] ([[uretrite]] [[Gonorrea|gonococcica]], cosa da lui negata), gli causava anche una dannosa [[ritenzione urinaria]] e in seguito possibili [[Malattia renale cronica|disturbi renali]] che potrebbero averlo condotto alla morte molti anni dopo,<ref name="ermenonville"/> per cui spesso era costretto a usare anche un [[Cateterismo urinario|catetere]] e una borsa;<ref name="NardiRousseau"/> inoltre pare che Rousseau sapesse che quasi sicuramente gli sarebbe stata offerta una pensione a corte, che non avrebbe voluto accettare per potere mantenere, specialmente in quanto [[Repubblicanesimo|repubblicano]], la sua indipendenza di giudizio; si allontanò quindi da Fontainebleau, causando il suo primo litigio con Diderot (che criticò duramente la sua scelta).<ref name="devin"/>
La salute di Rousseau era fragile da sempre e in questo periodo cominciò anche a soffrire di sbalzi d'umore e [[paranoia]], e disturbi fisici vari; è stato ipotizzato che soffrisse di una malattia genetica, la [[porfiria acuta intermittente]].<ref>Bartolo Anglani, ''Le maschere dell'io: Rousseau e la menzogna autobiografica'', Schena, 1995, pag. 113</ref><ref>{{cita web|url=http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/268-jean-jacques-rousseau-l%E2%80%99errante-letteratura-e-bisogni-speciali-6.html|titolo=Jean-Jacques Rousseau l’errante / Letteratura e bisogni speciali 6|sito=La Letteratura e Noi - diretto da Romano Luperini|accesso=18 novembre 2015}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.revistaaleph.com.co/component/k2/item/591-las-enfermedades-de-jean-jacques-rousseau.html|titolo=Las enfermedades de Jean-Jacques Rousseau |sito=Revista Aleph|accesso=18 novembre 2015 |lingua=es}}</ref>
{{citazione|Ho passioni ardentissime e finché mi agitano nulla eguaglia la mia impetuosità [...] Prendetemi nella calma, sono l'indolenza e la timidezza in persona; tutto mi sgomenta, tutto mi ripugna; ho paura del volo di una mosca; dire una parola, fare un gesto spaventa la mia pigrizia; paura e vergogna mi soggiogano al punto che vorrei eclissarmi agli occhi di tutti i mortali. Se occorre agire, non so che fare; se occorre parlare, non so che dire; se mi si guarda, mi smarrisco. Quando mi appassiono, so trovare a volte le parole da dire; ma nelle conversazioni abituali non trovo nulla, proprio nulla; mi riescono insopportabili solo per questo: sono obbligato a parlare.|''Le confessioni''<ref name=confessioni3/>}}
La salute di Rousseau era fragile da sempre, il suo carattere [[Ipersensibilità (psicologia)|ipersensibile]] e in questo periodo cominciò anche a soffrire di [[disturbo dell'umore|sbalzi d'umore]], [[ansia]] e [[paranoia]], e disturbi fisici vari; è stato anche ipotizzato (pur non essendo mai stato eseguito un test del DNA sui resti del filosofo) che soffrisse di una malattia genetica, la [[porfiria acuta intermittente]], che causa gravi crisi psicofisiche (dolore crampiforme allo stomaco, disturbi psichici, crisi pseudo-[[Epilessia|epilettiche]], [[insonnia]], disturbi urinari e uditivi) in seguito all'assunzione di sostanze non tollerate dall'organismo, a [[Ipoglicemia|carenza di zuccheri]] o a [[stress]] psicologico.<ref>[[Bartolo Anglani]], ''Le maschere dell'io: Rousseau e la menzogna autobiografica'', Schena, 1995, p. 113</ref><ref>{{cita web|url=https://laletteraturaenoi.it/2014/05/27/jean-jacques-rousseau-lerrante-letteratura-e-bisogni-speciali-6/|titolo=Jean-Jacques Rousseau l'errante / Letteratura e bisogni speciali 6|sito=La Letteratura e Noi - diretto da Romano Luperini|accesso=18 novembre 2015}}</ref><ref name="aleph">{{cita web|url=http://www.revistaaleph.com.co/component/k2/item/591-las-enfermedades-de-jean-jacques-rousseau.html|titolo=Las enfermedades de Jean-Jacques Rousseau |sito=Revista Aleph|accesso=18 novembre 2015 |lingua=es}}</ref><ref>Androutsos G., Geroulanos S., [https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11217576 ''Acute intermittent porphyria: a new hypothesis to explain Jean-Jacques Rousseau's urinary disorders'']</ref><ref>Georges Androutsos, ''Les troubles génito-urinaires de Jean-Jacques Rousseau (1712–1788) sous l'aspect d'un nouveau diagnostic''</ref>
 
{{citazione|Nell'impossibilità di scrivere in cui mi mette un gran mal di stomaco [...] Ho avuto dei forti dolori ai reni che mi hanno costretto a lavorare tutto il giorno e la notte in piedi [...] Il [[Acufene|rumore interno]] era così forte che mi tolse la finezza nell'udito che possedevo prima, e mi ha reso praticamente sordo. Questo ronzio non mi lascia più da almeno vent'anni.|''Le confessioni''}}
Nello stesso 1752 la [[Comédie-Française]] interpretò per la prima volta il pezzo teatrale di Rousseau ''Narcisse'', poi pubblicato nel [[1753]].<ref name=narcisse/> Nella prefazione al testo l'autore si difendeva dalle accuse di incoerenza che avevano seguito la pubblicazione del ''Discorso sulle scienze e le arti'': affermava che l'oggetto della sua critica non erano state le scienze e le arti in sé, quanto piuttosto il loro effetto deleterio sui costumi; e inoltre – dal momento che considerava irrimediabile il male fatto finora dalla civiltà – sottolineava la necessità di combattere il male nel male, ad esempio con una letteratura (di cui il ''Narcisse'' nello specifico costituiva un esempio) capace di porre un freno a una corruzione ancora peggiore.<ref name=narcisse>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_026 |titolo=Narcisse ou l'Amant de lui-même |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
 
===Scrittura e riflessione===
Nel 1753 venne pubblicata una nuova questione dell'Accademia di Digione: «Qual è l'origine della disuguaglianza fra gli uomini e se essa è autorizzata dalla legge naturale.»<ref>{{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Scritti Politici (volume primo: Discorso sulle scienze e sulle arti, Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza, Discorso sull'economia politica) |editore=Laterza |città=Roma-Bari |anno=1994 |p=138 |isbn=978-88-420-4368-3 }}</ref>
Nello stesso 1752 la [[Comédie-Française]] interpretò per la prima volta il pezzo teatrale di Rousseau ''Narcisse'', poi pubblicato nel 1753.<ref name="narcisse"/> Nella prefazione al testo l'autore si difendeva dalle accuse di incoerenza che avevano seguito la pubblicazione del ''Discorso sulle scienze e le arti'': affermava che l'oggetto della sua critica non erano state le scienze e le arti in sé, quanto piuttosto il loro effetto deleterio sui costumi; e inoltre – dal momento che considerava irrimediabile il male fatto finora dalla civiltà – sottolineava la necessità di combattere il male nel male, per esempio con una letteratura (di cui il ''Narcisse'' nello specifico costituiva un esempio) capace di porre un freno a una corruzione ancora peggiore.<ref name="narcisse">{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_026 |titolo=Narcisse ou l'Amant de lui-même |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151123211857/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_026 |dataarchivio=23 novembre 2015 }}</ref>
[[File:Jean-Jacques Rousseau travaillant à son herbier - Anne Nicole Voullemier.jpg|min|Rousseau lavora a un [[erbario]]]]
Nel 1753 venne pubblicata una nuova questione dell'Accademia di Digione: «Qual è l'origine della disuguaglianza fra gli uomini e se essa è autorizzata dalla legge naturale.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 138}}.</ref>
 
Rousseau nel frattempo scrisse la ''Lettre sur la musique française'' sull'armonia, la melodia, la musica vocale e strumentale nell'ambito della disputa tra i difensori dell'opera alla francese e i fautori di un'apertura verso le tradizioni straniere, ''in primis'' quella italiana.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_040 |titolo=Lettre sur la musique française |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150929024000/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_040 |dataarchivio=29 settembre 2015 }}</ref><ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=MOD_LUM_011 |titolo=La Querelle des Bouffons |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120604054657/http://www.memo.fr/article.asp?ID=MOD_LUM_011 |dataarchivio=4 giugno 2012 }}</ref> Nell'estate del [[1754]] rientrò per un breve periodo a Ginevra, dove venne accolto con tutti gli onori; fu reintegrato nel titolo di cittadino e si riconvertì al calvinismo. Fece anche visita, per l'ultima volta, a [[Françoise-Louise de Warens|Madame de Warens]] che trovò ormai decaduta e quasi del tutto in disgrazia.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_063 |titolo=Les Genevois accueillent Rousseau en triomphe |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011161944/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_063 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref>
 
La risposta di Rousseau alla questione della diseguaglianza, il ''[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]'', venne pubblicata nel 1755.<ref name="memo_chrono"/> Pur non riscontrando lo stesso successo del primo discorso, e non vincendo il premio, anche questo secondo scritto filosofico ebbe una notevole eco.<ref, name=zanette_273/>sia positivo che negativo.
 
Gli anni tra il 1755 e l'inizio degli [[Anni 1760|anni sessanta]] furono tra i più fecondi per il pensiero e per la produzione letteraria di Rousseau.<ref name="zanette_273"/>
=== Scrittura e riflessione ===
Gli anni tra il 1755 e l'inizio degli [[Anni 1760|anni sessanta]] furono tra i più fecondi per il pensiero e per la produzione letteraria di Rousseau.<ref name=zanette_273/>
 
Nel [[1756]] egli si stabilì presso la residenza detta l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Ermitage'', presso [[Montmorency (Val-d'Oise)|Montmorency]], sotto la protezione della letterata [[Louise d'Épinay]].<ref name="memo_chrono"/> Qui poté approfittare di una certa tranquillità e di un certo isolamento, pur essendo sempre costretto ad attendere ad alcuni doveri sociali che continuarono a pesargli.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_002 |titolo=Rousseau à Ermitage |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150524094158/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_LIE_002 |dataarchivio=24 maggio 2015 }}</ref> Intanto che continuava il suo carteggio con Voltaire (di cui si ricorda in particolare la ''Lettre à Voltaire sur la Providence'', su temi legati al [[terremoto di Lisbona del 1755]])<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_022 |titolo=Lettre à Voltaire sur la Providence |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131019201408/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_022 |dataarchivio=19 ottobre 2013 }}</ref> Rousseau cominciò a lavorare sui personaggi del libro che sarebbe diventato ''[[Giulia o la nuova Eloisa]]''.<ref name="memo_chrono"/><ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Julie ou la Nouvelle Héloïse|Julie ou la Nouvelle Héloïse]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref>
 
====La rottura con i ''philosophes''====
Nel [[1757]] Rousseau iniziò ad avere degli attriti con Madame d'Épinay (causati da un suo amore per la contessa d'Houdetot) oltre che con Denis Diderot<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_011 |titolo=Diderot et Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> e con Frédéric-Melchior Grimm,<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_018 |titolo=Grimm et Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> al quale era stato precedentemente legato da un rapporto di amicizia. Venne allora allontanato dall<nowiki>'</nowiki>''Ermitage'', sistemandosi quindi a Montlouis, sempre a Montmorency. La lettura dell'articolo su Ginevra, firmato da [[Jean Baptiste Le Rond d'Alembert|d'Alembert]], nel settimo volume dell<nowiki>'</nowiki>''Encyclopédie'' lo irritò molto e accelerò la sua rottura anche con quest'ultimo ''philosophe'';<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_001 |titolo=Rousseau et d'Alembert |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Rousseau rispose alle osservazioni di d'Alembert sul fatto che a Ginevra non esisteva nemmeno un [[teatro]] nella ''Lettre à d'Alembert sur les Spectacles'',<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:À M. d’Alembert|À M. d’Alembert]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> del settembre [[1758]], in cui metteva in evidenza il fatto che il teatro non mostra mai le cose come sono, ma come il pubblico le vuole vedere, e sosteneva che, invece, per garantire la rettitudine dei costumi i governi dovrebbero manipolare l'opinione pubblica nella direzione della virtù.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_021 |titolo=Lettre à d'Alembert sur les Spectacles |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Dopo la lettera a d'Alembert, si deteriorarono decisamente i suoi rapporti con l'ambiente dei filosofi, specialmente con Diderot e Voltaire, il quale lo definì "il Giuda della confraternita", al che Rousseau replicò per lettera (riportata nelle ''Confessioni''): {{quote|Io non vi voglio affatto bene Signore; voi mi avete fatto i mali di cui potevo patire di più, a me, vostro discepolo e vostro fanatico partigiano. Avete rovinato Ginevra come prezzo dell'asilo che vi avete ricevuto; (...) siete voi che mi farete morire in terra straniera (...) Vi odio, insomma, perché l'avete voluto; ma vi odio da uomo anche più degno di amarvi se voi l'aveste voluto. Di tutti i sentimenti di cui il mio cuore era compenetrato, vi resta solo l'ammirazione che non si può rifiutare per il vostro bel genio e l'amore per i vostri scritti.|Rousseau a Voltaire, 17 giugno 1760<ref>da ''Le confessioni'', Libro X</ref>}}
Nel 1757 Rousseau iniziò ad avere degli attriti con Madame d'Épinay (causati da un suo amore per la contessa d'Houdetot) oltre che con Denis Diderot<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_011 |titolo=Diderot et Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150428005834/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_011 |dataarchivio=28 aprile 2015 }}</ref> e con [[Friedrich Melchior von Grimm|Frédéric-Melchior Grimm]],<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_018 |titolo=Grimm et Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150706163311/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_018 |dataarchivio=6 luglio 2015 }}</ref> al quale era stato precedentemente legato da un rapporto di amicizia.
[[File:Allan Ramsay 003.jpg|thumb|upright|left|Rousseau ritratto da [[Allan Ramsay (pittore)|Allan Ramsay]] nel [[1766]].]]
Diderot lo accusava indirettamente di essere un [[Misantropia|misantropo]], scrivendo ne ''Le fils naturel'' che "il buono vive in società, il malvagio da solo", e Rousseau si sentì offeso da tale affermazione.
Venne allora allontanato dall{{'}}''Ermitage'' (dove a suo dire, Diderot lo "importunava"), sistemandosi quindi a Montlouis, sempre a Montmorency. La lettura dell'articolo su Ginevra, firmato da [[Jean Baptiste Le Rond d'Alembert|d'Alembert]], nel settimo volume dell{{'}}''[[Encyclopédie]]'' lo irritò molto e accelerò la sua rottura anche con quest'ultimo ''philosophe'';<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_001 |titolo=Rousseau et d'Alembert |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150419103324/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_001 |dataarchivio=19 aprile 2015 }}</ref> Rousseau rispose alle osservazioni di d'Alembert sul fatto che a Ginevra non esisteva nemmeno un [[teatro]] nella ''Lettre à d'Alembert sur les Spectacles'',<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:À M. d'Alembert|À M. d'Alembert]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> del settembre del 1758, in cui metteva in evidenza il fatto che il teatro non mostra mai le cose come sono, ma come il pubblico le vuole vedere, e sosteneva che, invece, per garantire la rettitudine dei costumi i governi dovrebbero manipolare l'opinione pubblica nella direzione della virtù.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_021 |titolo=Lettre à d'Alembert sur les Spectacles |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150420201838/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_021 |dataarchivio=20 aprile 2015 }}</ref>
 
[[File:Voltaire-lisant.jpg|min|Jacques Augustin Catherine Pajou, ''Voltaire che legge'', olio su tela, 1811]]
Nel [[1759]] Rousseau si trasferì al ''petit château'' (piccolo castello) di Montmorency presso il [[Maresciallo di Francia|maresciallo]] Charles François de Luxembourg e sua moglie Madeleine Angélique de Neufville; a partire da quell'anno iniziò a lavorare sull<nowiki>'</nowiki>''Émile'' e a partire dall'anno successivo sul ''Contratto sociale''.<ref name=memo_chrono/> Nel 1758 aveva terminato la stesura di ''Giulia o la nuova Eloisa'', che fu dato alle stampe nel [[1761]] riscuotendo subito un notevole successo.<ref name=memo_chrono/>
 
Dopo la lettera a d'Alembert si deteriorarono decisamente i suoi rapporti con l'ambiente dei filosofi, specialmente con Diderot (con cui litigò nel 1757 nell'ultimo incontro) e Voltaire (espulso da Ginevra dopo l'articolo di d'Alembert), il quale lo definì "il Giuda della confraternita", al che Rousseau replicò per lettera (riportata nelle ''Confessioni''):
Nel [[1762]] vennero pubblicate due delle più importanti opere di Rousseau, ''[[Emilio o dell'educazione|Émile, o dell'educazione]]'' e ''[[Contratto sociale (saggio)|Il contratto sociale]]''. Anche se furono testi di un certo successo,<ref name=zanette_273/> nessuno dei due suscitò approvazione, e l<nowiki>'</nowiki>''Émile'' in particolare venne fatto oggetto di critiche e persecuzioni molto dure: il [[parlamento di Parigi]] lo condannò e ordinò che tutte le copie venissero strappate e bruciate. Il 9 giugno fu emanato un ordine d'arresto per Rousseau, che dovette fuggire in Svizzera; giunse a [[Yverdon-les-Bains|Yverdon]] il 14 giugno, per poi stabilirsi a [[Môtiers]] il 10 luglio. Tuttavia anche in Svizzera le sue opere vennero condannate, e si diedero episodi in cui copie del ''Contratto sociale'' e dell<nowiki>'</nowiki>''Émile'' furono bruciate pubblicamente a Ginevra. La condanna definitiva della visione della "religione naturale" espressa nella ''Professione di fede del vicario savoiardo'' contenuta nell<nowiki>'</nowiki>''Émile'' venne dall'[[arcidiocesi di Parigi|arcivescovo di Parigi]], [[Christophe de Beaumont du Repaire|Christophe de Beaumont]], il 28 agosto.<ref name=memo_chrono/>
{{citazione|Io non vi voglio affatto bene Signore; voi mi avete fatto i mali di cui potevo patire di più, a me, vostro discepolo e vostro fanatico partigiano. Avete rovinato Ginevra come prezzo dell'asilo che vi avete ricevuto; (...) siete voi che mi farete morire in terra straniera (...) Vi odio, insomma, perché l'avete voluto; ma vi odio da uomo anche più degno di amarvi se voi l'aveste voluto. Di tutti i sentimenti di cui il mio cuore era compenetrato, vi resta solo l'ammirazione che non si può rifiutare per il vostro bel genio e l'amore per i vostri scritti.|Rousseau a Voltaire, 17 giugno 1760<ref>Da ''Le confessioni'', Libro X</ref>}}
 
Voltaire scrive in seguito a Thiérot, dicendo che Rousseau "è divenuto pazzo" e se ne dispiace.<ref>''Sulla catastrofe: l'illuminismo e la filosofia del disastro'', nota di p. 48</ref> Da allora fu rottura e inimicizia totale fra i due pensatori. In una missiva sul ''Discorso sull'origine della diseguaglianza'' di Rousseau, in polemica con il [[primitivismo]], l'anelito alla [[Semplicità volontaria|semplicità]] e il [[ruralismo]] del ginevrino nonché contro la teoria del [[buon selvaggio]], Voltaire gli aveva già scritto che «leggendo la vostra opera viene voglia di camminare a quattro zampe. Tuttavia, avendo perso quest'abitudine da più di sessant'anni, mi è purtroppo impossibile riprenderla».<ref>{{cita web|url=http://www.giannifrancioni.it/wp-content/uploads/2013/01/A.-Gurrado-Voltaire-juge-de-Jean-Jacques.pdf |titolo=Voltaire giudice di Jean-Jacques|autore=A. Gurrado|accesso=8 gennaio 2014}}</ref> Inoltre Voltaire definì le idee di Rousseau contro la proprietà privata e il [[lusso]] come "filosofia da pezzente".<ref name="zanette_273"/> Tuttavia negò di avere mai contribuito a incitare a perseguire politicamente e giudizialmente Rousseau: «Non sono per nulla amico del signor Rousseau, dico ad alta voce ciò che penso di buono e di cattivo delle sue opere; ma, avessi fatto il torto più piccolo alla sua persona, fossi servito a opprimere un uomo di lettere, me ne sentirei troppo colpevole». Nel 1770 Rousseau firmò una petizione perché si innalzasse un monumento a Voltaire, che morirà il suo stesso anno a Parigi (30 maggio 1778).
Durante il suo soggiorno a Môtiers Rousseau compose il testo della ''pièce'' teatrale ''[[Pigmalione (Rousseau)|Pigmalione]]'', uno dei primi esemplari di [[melologo]]; l'opera sarebbe stata rappresentata nel [[1770]], a Lione, con le musiche di [[Horace Coignet]].<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_041 |titolo=Pygmalion |autore= |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |data= |accesso=19 giugno 2013 |lingua=fr }}</ref>
 
Abbandonò anche la frequentazione della casa di campagna del [[barone d'Holbach]], celebre [[Materialismo|materialista]] [[ateo]] nonché stretto collaboratore e finanziatore di Diderot, da lui definita ''[[coterie holbachiana]]''; tuttavia ne riconoscerà la statura morale: il personaggio di Monsieur de Wolmar, l'aristocratico [[Scetticismo filosofico|scettico]] e [[Altruismo|altruista]] marito della protagonista di ''[[Giulia o la nuova Eloisa]]'', è basato sul barone.<ref>Michael LeBuffe, "Paul-Henri Thiry (Baron) d'Holbach", The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Summer 2006 Edition), Edward N. Zalta</ref>
Nel marzo [[1763]] Rousseau pubblicò, nella ''[[Lettera a Christophe de Beaumont]]'',<ref>{{fr}} ''[[s:fr:À Christophe de Beaumont|À Christophe de Beaumont]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> la sua risposta all'arcivescovo: vi ribadiva la sua teoria contro la dottrina del [[peccato originale]], e riaffermava la sua concezione dell'originaria bontà dell'uomo.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_020 |titolo=Lettre à Christophe de Beaumont |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Nello stesso anno, ricevuta la cittadinanza del [[Canton Neuchâtel]], rinunciò per sempre ai diritti di cittadinanza della Repubblica di Ginevra.<ref name=memo_chrono/>
 
Rousseau cominciò a provare sentimenti di paranoia verso l'ex amico Grimm (che con d'Holbach aveva spesso prestato denaro a Rousseau stesso), sostenendo che tramasse contro di lui assieme a Madame Levasseur (la madre di Thérèse). Orgoglioso del proprio essere "plebeo", accusa d'Holbach di non comprenderlo, rifiutando spesso i suoi inviti e rispondendo al barone "voi siete troppo ricco".<ref>J.-J. Rousseau, ''Le confessioni'', ed. Sonzogno, p. 254</ref>
In risposta al tentativo di confutazione delle sue tesi contenuto nelle ''Lettere scritte dalla campagna'' del procuratore generale di Ginevra Jean-Robert Tronchin, Rousseau compose le ''Lettere scritte dalla montagna'';<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Lettres écrites de la montagne|Lettres écrites de la montagne]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> esse, pubblicate nel [[1764]], contenevano una inedita critica delle istituzioni di Ginevra, da un lato intollerante in materia religiosa (come dimostrato dalla condanna della concezione deista esposta nell<nowiki>'</nowiki>''Émile''), e dall'altro avviata al processo di degenerazione (per come Rousseau l'aveva descritto nel ''Contratto sociale'') a cui vanno incontro anche gli Stati democratici un tempo ben ordinati.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_024 |titolo=Lettres écrites de la montagne |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
 
Nel 1759 Rousseau si trasferì al ''petit château'' (piccolo castello) di [[Montmorency (Val-d'Oise)|Montmorency]] presso il [[Maresciallo di Francia|maresciallo]] [[Carlo II Federico di Montmorency-Luxembourg|Charles François de Luxembourg]] e sua moglie Madeleine Angélique de Neufville; a partire da quell'anno iniziò a lavorare sull{{'}}''Émile'' e a partire dall'anno successivo sul ''Contratto sociale''.<ref name="memo_chrono"/> Nel 1758 aveva terminato la stesura di ''Giulia o la nuova Eloisa'', che fu dato alle stampe nel 1761 riscuotendo subito un notevole successo.<ref name="memo_chrono"/>
Sempre nel 1764 ebbe inizio la composizione da parte di Rousseau delle ''[[Le confessioni|Confessioni]]''. L'aristocratico [[Corsica|corso]] Matteo Buttafoco chiese a Rousseau un ''[[Progetto di costituzione per la Corsica]]'' che, completato nel [[1765]], sarebbe rimasto senza seguiti pratici.<ref name=memo_chrono/>
 
Nel 1762 vennero pubblicate due delle più importanti opere di Rousseau, ''[[Emilio o dell'educazione|Émile, o dell'educazione]]'' e ''[[Contratto sociale (saggio)|Il contratto sociale]]''. Anche se furono testi di un certo successo,<ref name="zanette_273"/> nessuno dei due suscitò approvazione, e l{{'}}''Émile'' in particolare venne fatto oggetto di critiche e persecuzioni molto dure: il [[parlamento di Parigi]] lo condannò e ordinò che tutte le copie venissero strappate e bruciate. Il 9 giugno fu emanato un ordine di arresto per Rousseau, che dovette fuggire in Svizzera; giunse a [[Yverdon-les-Bains|Yverdon]] il 14 giugno, per poi stabilirsi a [[Môtiers]] il 10 luglio. Tuttavia anche in Svizzera le sue opere vennero condannate: «nel giugno 1762, subito dopo la condanna parigina che costrinse Rousseau a cercare rifugio a Yverdon, il governo di Ginevra decretò il rogo dei due libri e l'arresto dell'autore.»<ref>{{cita libro|autore=[[Paolo Casini]]|titolo=Introduzione a Rousseau|url=https://archive.org/details/introduzionerous00casi|anno=1974|editore=Laterza|p=[https://archive.org/details/introduzionerous00casi/page/n47 95]}}</ref> La condanna definitiva della visione della "religione naturale" espressa nella ''Professione di fede del vicario savoiardo'' contenuta nell{{'}}''Émile'' venne dall'[[arcidiocesi di Parigi|arcivescovo di Parigi]], [[Christophe de Beaumont du Repaire|Christophe de Beaumont]], il 28 agosto.<ref name="memo_chrono"/>
Sempre nel 1764 avvenne la pubblicazione da parte di Voltaire di un [[pamphlet]] anonimo contro Rousseau in cui, tra l'altro, si rivelava il destino dei suoi cinque figli – consegnati alle cure di [[orfanotrofio|orfanotrofi]] perché Rousseau pensava di non riuscire a mantenerli a causa delle sue condizioni economiche (questa sarà la sua principale giustificazione nelle ''Confessioni'').<ref name=memo_chrono/> Questo fatto comunque provocò rimorsi a Rousseau: nel 1761, credendo di essere prossimo alla morte, aveva temporaneamente affidato la compagna ad un'amica e aveva tentato di rintracciare i figli facendo ricerche negli orfanotrofi, senza riuscirvi.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.loescher.it/librionline/risorse_portalefilosofia/download/DiogeneN16_1.pdf |titolo=Rousseau e Jean-Jacques: il filosofo e l'uomo |autore=Francesca Spinella |rivista=Diogene |editore=Loescher |data=settembre 2009 |numero=16 |p=60 }}</ref> Alcuni biografi avanzano anche l'ipotesi che non tutti i cinque bambini fossero figli naturali di Rousseau, ma che egli fosse genitore solo di alcuni di loro,<ref>{{cita web|url=http://www.notablebiographies.com/Ro-Sc/Rousseau-Jean-Jacques.html |titolo=Jean-Jacques Rousseau |sito=[http://www.notablebiographies.com/ Encyclopedia of World Biography] |accesso=19 luglio 2012 |lingua=en }}</ref> o addirittura che Rousseau avesse ingigantito o persino inventato la vicenda, prima per vantarsene con gli amici [[libertinismo|libertini]], poi per poter dimostrare la propria "sincerità assoluta" al lettore.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.ousia.it/sitoousia/sitoousia/temi/tesi/tesirtf/19_rousseau.doc|titolo=Rousseau uomo e l'uomo di Rousseau |autore=Davide Cabassa |data= |p=78}}</ref> Secondo alcuni contemporanei, i figli erano di Thérèse e di altri uomini, non di Rousseau: [[George Sand]] nel saggio ''Les Charmettes''<ref>Stampato nel 1865 nel volume "Laura"</ref> afferma che Rousseau potrebbe essersi auto-accusato falsamente per sensi di colpa verso la moglie; in particolare la scrittrice cita sua nonna, nella cui famiglia Rousseau era stato precettore, e che le disse che il pensatore era [[sterilità|sterile]] e non poteva avere figli a causa della sua malattia urinaria e venerea, ma la questione resta dibattuta.<ref>Maurice Cranston, ''Jean-Jacques: The Early Life and Work of Jean-Jacques Rousseau, 1712-1754'', University of Chicago Press, 1991; pag. 245</ref>
 
Durante il suo soggiorno a [[Môtiers]] Rousseau compose il testo della ''pièce'' teatrale ''[[Pigmalione (Rousseau)|Pigmalione]]'', uno dei primi esemplari di [[melologo]]; l'opera sarebbe stata rappresentata nel 1770, a Lione, con le musiche di [[Horace Coignet]].<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_041 |titolo=Pygmalion |autore= |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |data= |accesso=19 giugno 2013 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130404011601/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_041 |dataarchivio=4 aprile 2013 }}</ref>
 
Nel marzo 1763 Rousseau pubblicò, nella ''[[Lettera a Christophe de Beaumont]]'',<ref>{{fr}} ''[[s:fr:À Christophe de Beaumont|À Christophe de Beaumont]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> la sua risposta all'arcivescovo: vi ribadiva la sua teoria contro la dottrina del [[peccato originale]], e riaffermava la sua concezione dell'originaria bontà dell'uomo.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_020 |titolo=Lettre à Christophe de Beaumont |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012063820/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_020 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref> Nello stesso anno, ricevuta la cittadinanza del [[Canton Neuchâtel]], rinunciò per sempre ai diritti di cittadinanza della Repubblica di Ginevra.<ref name="memo_chrono"/>
 
In risposta al tentativo di confutazione delle sue tesi contenuto nelle ''Lettere scritte dalla campagna'' del procuratore generale di Ginevra Jean-Robert Tronchin, Rousseau compose le ''Lettere scritte dalla montagna'';<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Lettres écrites de la montagne|Lettres écrites de la montagne]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> esse, pubblicate nel 1764, contenevano un'inedita critica delle istituzioni di Ginevra, da un lato intollerante in materia religiosa (come dimostrato dalla condanna della concezione deista esposta nell{{'}}''Émile''), e dall'altro avviata al processo di degenerazione (per come Rousseau l'aveva descritto nel ''Contratto sociale'') a cui vanno incontro anche gli Stati democratici un tempo ben ordinati.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_024 |titolo=Lettres écrites de la montagne |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140306201705/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_024 |dataarchivio=6 marzo 2014 }}</ref>
 
Sempre nel 1764 ebbe inizio la composizione da parte di Rousseau delle ''[[Confessioni (Rousseau)|Confessioni]]''. L'aristocratico [[Corsica|corso]] Matteo Buttafoco chiese a Rousseau un ''[[Progetto di costituzione per la Corsica]]'' che, completato nel 1765, sarebbe rimasto senza seguiti pratici.<ref name="memo_chrono"/>
 
====L'abbandono dei figli====
Rousseau in questo periodo è proscritto, per cui lo stesso Voltaire gli offre ospitalità a Ferney, ricevendo in cambio accuse, e terminando in insulti reciproci.
In seguito a ciò, sempre nel 1764, avvenne la pubblicazione da parte di Voltaire di un [[pamphlet]] anonimo contro Rousseau in cui, tra l'altro, si rivelava il destino dei suoi cinque figli – consegnati alle cure di [[orfanotrofio|orfanotrofi]] perché Rousseau pensava di non riuscire a mantenerli a causa delle sue condizioni economiche e di salute (prima lo negò, poi ammise di averlo fatto e questa sarà la sua principale giustificazione nelle ''Confessioni'').<ref name="memo_chrono"/>
 
{{citazione|Riconosciamo con dolore e rossore che v'è un uomo che porta ancora su di sé il marchio funesto delle sue gozzoviglie e che, travestito da saltimbanco, trascina con sé di villaggio in villaggio e di montagna in montagna l'infelice donna di cui ha fatto morire la madre e di cui ha esposto i figli alla porta di un ospizio.|Voltaire, ''I sentimenti dei cittadini''}}
 
La fonte del pamphlet furono probabilmente gli ex amici Diderot, Grimm e Madame d'Epinay che avevano raccolto le confidenze del ginevrino. Rousseau viveva difatti spesso in condizioni di precarietà, sostentandosi con il modesto lavoro di copista di musica, mentre Thérèse come sarta, e con loro viveva anche per un periodo l'anziana madre della donna, nonché all'inizio il padre della Levasseur (ricoverato poi a 80 anni in un ospizio pubblico grazie all'intercessione di [[d'Holbach]]<ref>''Le confessioni'', libro VII</ref>).
 
Questo fatto comunque provocò rimorsi a Rousseau: nel 1761, colpito da [[febbre]], [[Nefrite (medicina)|nefrite]] e [[coliche renali]], e credendo di essere prossimo alla morte, aveva temporaneamente affidato la compagna a un'amica e aveva tentato di rintracciare i figli facendo ricerche negli orfanotrofi, senza riuscirvi.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.loescher.it/librionline/risorse_portalefilosofia/download/DiogeneN16_1.pdf |titolo=Rousseau e Jean-Jacques: il filosofo e l'uomo |autore=Francesca Spinella |rivista=Diogene |editore=Loescher |data=settembre 2009 |numero=16 |p=60 }}</ref> Alcuni biografi avanzano anche l'ipotesi che non tutti i cinque bambini fossero figli naturali di Rousseau, ma che egli fosse genitore solo di alcuni di loro,<ref>{{cita web|url=http://www.notablebiographies.com/Ro-Sc/Rousseau-Jean-Jacques.html |titolo=Jean-Jacques Rousseau |sito=[http://www.notablebiographies.com/ Encyclopedia of World Biography] |accesso=19 luglio 2012 |lingua=en }}</ref> o addirittura che Rousseau avesse ingigantito o persino inventato<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/jean-jacques-rousseau_%28Dizionario-di-filosofia%29/|titolo =Rousseau, Jean-Jacques|pubblicazione=Dizionario di filosofia Treccani|accesso =24 dicembre 2021}}</ref> la vicenda, prima per vantarsene con gli amici [[libertinismo|libertini]], poi per potere dimostrare la propria "sincerità assoluta" al lettore.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.ousia.it/sitoousia/sitoousia/temi/tesi/tesirtf/19_rousseau.doc|titolo=Rousseau uomo e l'uomo di Rousseau |autore=Davide Cabassa |data= |p=78}}</ref>
Egli cerca di dare diverse giustificazioni, dalla propria povertà, al fatto che gli avrebbero impedito di dedicarsi al lavoro intellettuale alla propria incapacità di essere padre, fino al fatto che riteneva che se fossero stati allevati dalla famiglia della moglie (in particolare temeva l'influenza della detestata suocera) sarebbero stati dei "mostri"<ref>J.-J. Rousseau, ''[[Le fantasticherie del passeggiatore solitario]]'', nona Promenade</ref>, inoltre sostenne che se fossero stati affidati a nobili suoi amici sarebbero cresciuti male e odiando i genitori, mentre era preferibile fossero allevati dalla ''[[res publica]]'' o adottati (come era successo a [[d'Alembert]]), sostenendo anche che l'abbandono avrebbe salvato la reputazione di Thérèse. Nelle ''Confessioni'' attribuisce l'atto anche all'influenza degli amici:
{{citazione|Galantuomini bistrattati, mariti ingannati, donne sedotte, parti clandestini, erano in quella casa gli argomenti più abituali, e chi popolava meglio l'ospizio dei trovatelli era sempre il più applaudito. La cosa mi sedusse [...]. Ecco l'espediente che cercavo. Lo adottai risoluto senza il minimo scrupolo, e il solo che dovetti vincere fu quello di Thérèse: ebbi tutte le pene del mondo per farle accettare quell'unico modo di salvare il suo onore. [...] Mai un solo istante nella sua vita Jean-Jacques poté essere un uomo insensibile, spietato, un padre snaturato. Se esponessi le mie ragioni, ne direi troppe. E, poiché esse hanno avuto il potere di sedurmi, potrebbero sedurre tanti altri: non voglio esporre i giovani, che potrebbero leggermi, a lasciarsi sedurre dal medesimo errore. Mi contenterò di dire che esso fu tale, che, affidando i miei figli alla pubblica educazione, non potendoli allevare io stesso, destinandoli a un destino di operai e di contadini, piuttosto che di avventurieri e di cacciatori di doti, ritenni di compiere un atto di cittadino e di padre, e mi considerai un membro della [[La Repubblica (dialogo)|repubblica]] di [[Platone]]. [...] Se li avessi affidati alla signora d’Épinay o alla signora di Luxembourg che, per amicizia, generosità o altri motivi, cercarono in seguito di prenderne cura, sarebbero forse stati più felici o, almeno, sarebbero stati allevati come persone oneste? Non so; ma sono sicuro che li avrebbero costretti a odiare, forse a tradire, i loro genitori. È cento volte meglio che non li abbiano conosciuti. [...] Quella soluzione mi parve così buona, sensata, legittima, che se non me ne vantai apertamente, fu soltanto per riguardo alla madre; ma ne parlai a tutti coloro cui avevo dichiarato i nostri rapporti. [...] In poche parole, non feci alcun mistero della mia condotta, non solo perché non seppi mai nascondere nulla ai miei amici, ma perché in realtà non vi scorgevo nulla di male. Tutto sommato, scelsi per i miei figli il meglio, o quanto supposi tale. Avrei voluto, vorrei ancora essere stato allevato e nutrito io stesso come lo furono essi.<ref>''Le confessioni'', libro VII, 3; libro VIII</ref>}}
 
[[File:'Portrait of Jean-Jacques Rousseau' by François Guérin.jpg|min|[[François Guérin]], ''Ritratto di Jean-Jacques Rousseau'' (anni 1760)]]
 
Secondo alcuni contemporanei i figli erano di Thérèse e di altri uomini (la Levasseur ebbe relazioni, di cui lui era perfettamente a conoscenza, tra cui quella con un giovane inglese e perfino con un frate<ref>Claudio Guidi, ''Le donne all'ombra dell'Encyclopédie. D'Alembert, Diderot, Helvétius e Rousseau: come complicarsi la vita familiare'', Il Nuovo Melangolo 2019</ref>), non di Rousseau; [[George Sand]] nel saggio ''Les Charmettes''<ref>Stampato nel 1865 nel volume "Laura"</ref> afferma che Rousseau potrebbe essersi auto-accusato falsamente per sensi di colpa verso la moglie; in particolare la scrittrice cita sua nonna, nella cui famiglia Rousseau era stato precettore, e che le disse che il pensatore era [[sterilità|sterile]] e non poteva avere figli a causa della sua malattia urinaria e venerea, ma la questione resta dibattuta.<ref name= cranston>Maurice Cranston, ''Jean-Jacques: The Early Life and Work of Jean-Jacques Rousseau, 1712-1754'', University of Chicago Press, 1991; p. 245</ref>
Il senso di colpa che lo tormentava riemergerà comunque negli anni. Scrive sempre al proposito:
{{citazione|Colui che non può compiere i doveri di padre non ha neppure il diritto di diventarlo. Non c'è né povertà, né lavoro, né rispetto umano, che lo dispensino dal nutrire i suoi bambini e dall'educarli lui stesso. O lettori, voi potete prestarmi fede! Io predico a chiunque abbia viscere e trascuri così santi doveri, che verserà a lungo lacrime amare sulla sua colpa e mai riuscirà a consolarsene.|''Emilio o dell'educazione''<ref>Rousseau, ''Emilio'', in ''Opere'', Sansoni editore 1972, p. 361.</ref>}}
{{citazione|Quale partito hanno ricavato i barbari dalla mia colpa! Con quale arte l'hanno messa nella luce più odiosa! Come si sono compiaciuti di dipingermi come un padre snaturato! Come hanno cercato di fare risalire al mio carattere una colpa che è stata la causa della mia infelicità!... Essa fu grave, senza dubbio fu imperdonabile, ma fu la sola mia colpa e l'ho ben espiata!|Lettera a Saint Germaine<ref>"Nota sui testi e sulla biografia" di Paolo Rossi, in ''Opere di Rousseau'', Sansoni editore 1972, p. LXV.</ref>}}
 
Rifiutato l'aiuto di Voltaire, dopo l'ennesima lite a distanza, si rivolse quindi a [[Federico II di Prussia]], che pur definiva "tiranno", il quale gli fornì un salvacondotto per recarsi a [[Neuchâtel]], e gli concesse una modesta pensione.
 
=== Ultimi anni ===
{{citazione|Qui è ciò che ho fatto, ciò che ho pensato, ciò che sono stato. Ho detto il bene e il male con identica franchezza. [...] Mi sono mostrato così come fui, spregevole e vile, quando lo sono stato, buono, generoso, sublime quando lo sono stato: ho disvelato il mio intimo così come tu stesso l'hai visto. Essere supremo, raduna intorno a me la folla innumerevole dei miei simili; ascoltino le mie confessioni, piangano sulle mie indegnità, arrossiscano delle mie miserie. Scopra ciascuno di essi a sua volta, con la stessa sincerità, il suo cuore ai piedi del tuo trono; e poi che uno solo osi dirti: «Io fui migliore di quell'uomo.»|''Le confessioni'', libro I}}
[[File:Mayer-Portrait de Rousseau à Ermenonville.jpg|min|sinistra|Rousseau a [[Ermenonville]]]]
 
Il 1765 vide i testi di Rousseau ancora oggetto di dure contestazioni. Viene minacciato e insultato dagli abitanti della zona, istigati dalle varie chiese e autorità, durante le sue passeggiate. La notte tra il 6 e il 7 settembre la casa di Rousseau a Môtiers fu presa a sassate dalla folla. Egli, costretto nuovamente a fuggire, si rifugiò dapprima all'[[Isola di San Pietro (Svizzera)|isola di San Pietro]] sul [[lago di Bienne]]; poi, avendo ricevuto all'inizio del 1766 un invito da parte del filosofo britannico [[David Hume]] a recarsi presso di lui in [[Inghilterra]], partì insieme a Thérèse.<ref name="memo_chrono"/> Hume fu avvertito da Diderot della paranoia di Rousseau, tuttavia volle comunque accoglierlo, navigando fino a [[Calais]], dove Jean-Jacques e Thérèse si imbarcarono. Rousseau soggiornò per qualche tempo a [[Chiswick]], poi a [[Wootton (Staffordshire)|Wootton]], ma il suo sodalizio con Hume durò poco: a causa di divergenze su questioni politiche e di attriti dovuti alla differenza delle loro personalità, prima della fine dell'anno i due ruppero definitivamente;<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_024 |titolo=Hume et Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150423083802/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_024 |dataarchivio=23 aprile 2015 }}</ref> nel 1767, proteggendosi sotto lo pseudonimo di Jean-Joseph Renou, Rousseau tornò velocemente in Francia accompagnato dalla moglie e dal suo cane, adducendo il paranoico pretesto che Hume gli volesse spiare la corrispondenza e, prestando fede a Thérèse, che i domestici lo volessero avvelenare.<ref>Durant, Will; Durant, Ariel (1967). The Story of Civilization: Rousseau and revolution; a history of civilization in France, England, and Germany from 1756, and in the remainder of Europe from 1715 to 1789. 10. Simon & Schuster. p. 1091. ISBN 9780671219888. Archived from the original on 3 August 2020. Retrieved 20 August 2019, p. 214</ref>
[[File:Mayer-Portrait de Rousseau à Ermenonville.jpg|thumb|upright|Rousseau a [[Ermenonville]].]]
 
IlMentre [[1765]] vide i testi di Rousseau ancora oggetto di dure contestazioni. La notte tra il 6 e il 7 settembre la casa di Rousseaucontinuava a Môtierslavorare fu presa a sassate dalla folla. Egli, costretto nuovamente a fuggire, si rifugiò dapprimasulle all'[[Isola di San Pietro (Svizzera)|isola di San Pietro]] sul [[lago di Bienne]]; poi, avendo ricevuto all'inizio del [[1766]] un invito da parte del filosofo britannico [[David Hume]] a recarsi presso di lui in [[Inghilterra]], partì insieme a Thérèse.<ref name=memo_chrono/> Rousseau soggiornò per qualche tempo a [[Chiswick]], poi a [[WoottonConfessioni'' (Staffordshire)|Wootton]],il macui ilracconto suo sodaliziotermina con HumeRousseau duròin poco: a causaprocinto di divergenzepartire su questioni politiche e di attriti dovuti alla differenza delle loro personalità, prima della fine dell'anno i due ruppero definitivamente;<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_024 |titolo=Hume et Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à traversper l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>Inghilterra nel [[1767]], proteggendosi sotto lo pseudonimo di Jean-Joseph Renou, Rousseau tornò in Francia. Mentre continuava a lavorare sulle ''Confessioni''1766), diede alle stampe anche un ''Dizionario di musica'' che, cominciato sedici anni prima, riprendeva e rielaborava gli articoli di musica scritti per l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Éncyclopédie''.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_007 |titolo=Dictionnaire de musique |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011185725/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_007 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref>
 
Dopo averavere a lungo girovagato tra Lione, Chambéry, [[Grenoble]] e [[Bourgoin-Jallieu|Bourgoin]], e dopo essersi finalmente unito in [[matrimonio]] con Thérèse Levasseur nel [[1768]], nel [[1769]] Rousseau si stabilì in una fattoria presso Monquin (nella [[Sarthe]]) e si dedicò alla stesura della seconda parte delle sue ''Confessioni''.<ref name="memo_chrono"/>
[[File:Vue générale sur l'étang, l'île des Peupliers et le château.jpg|thumb|left|Lo stagno, l'isola dei Pioppi e il castello di [[Ermenonville]]. Subito dopo la sua morte, Jean-Jacques Rousseau venne seppellito sull'isola dei Pioppi.]]
 
[[File:Les dernières paroles de Jean-Jacques Rousseau.jpg|min|verticale=1.4|Incisione del 1783 - intitolata ''Le ultime parole di Jean-Jacques Rousseau'' - raffigurante Rousseau, poco prima di morire, e Marie-Thérèse Levasseur nel 1778]]
Nel 1770, scaduto il termine del suo esilio temporaneo, fece ritorno a Parigi e si stabilì in rue Plâtrière (oggi rue Jean-Jacques Rousseau); cominciò a dare letture pubbliche delle ''Confessioni'', cosa che gli fu proibita nel corso del [[1771]], su istigazione della Épinay, che le riteneva diffamatorie. Egli continuò allora a dedicarsi alla scrittura, stendendo le ''[[Considerazioni sul governo della Polonia]]'';<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Considérations sur le gouvernement de Pologne|Considérations sur le gouvernement de Pologne]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> negli anni seguenti lavorò alle ''Lettres (élémentaires) sur la botanique à Madame Delessert'' (1771-[[1773]]), al ''[[Rousseau giudice di Jean-Jacques]]'' ([[1772]]-[[1776]]), all'opera ''[[Dafni e Cloe (Rousseau)|Daphnis et Chloé]]'' ([[1774]]-1776) e alle ''Fantasticherie del passeggiatore solitario'' (1776-[[1778]]), la stesura delle quali sarebbe stata interrotta dalla morte improvvisa dopo la decima ''promenade''.<ref name=memo_chrono/>
 
Nel 1770, scaduto il termine del suo esilio temporaneo, fece ritorno a Parigi e si stabilì in rue Plâtrière (oggi rue Jean-Jacques Rousseau); cominciò a dare letture pubbliche delle ''Confessioni'', cosa che gli fu proibita nel corso del 1771, su istigazione della Épinay, che le riteneva diffamatorie. Egli continuò allora a dedicarsi alla scrittura, stendendo le ''[[Considerazioni sul governo della Polonia]]'';<ref>{{fr}} Jean-Jacques Rousseau, ''[[s:fr:Considérations sur le gouvernement de Pologne|Considérations sur le gouvernement de Pologne]]'' in ''[[Wikisource]]''. Testo completo in lingua originale.</ref> negli anni seguenti lavorò alle ''Lettres (élémentaires) sur la botanique à Madame Delessert'' (1771-1773), al ''[[Rousseau giudice di Jean-Jacques]]'' (1772-1776), all'opera ''[[Dafni e Cloe (Rousseau)|Daphnis et Chloé]]'' (1774-1776) e alle ''[[Le fantasticherie del passeggiatore solitario|Fantasticherie del passeggiatore solitario]]'' (1776-1778), la stesura delle quali sarebbe stata interrotta dalla morte improvvisa dopo la decima ''promenade''.<ref name="memo_chrono"/>
Gli ultimi anni di Rousseau furono caratterizzati da un crescente isolamento: un clima di disagio e di sofferenza circondava il filosofo e scrittore, affetto da sempre più pronunciati squilibri psichici che lo portavano a un atteggiamento [[paranoia|paranoico]], in cui vedeva dappertutto derisione e trame contro di lui.<ref name=zanette_273/> Dopo aver riscontrato, a partire dal [[1777]], alcuni problemi di salute prevalentemente legati a disturbi nervosi, su consiglio di un medico, nel [[1778]], Rousseau si recò a [[Ermenonville]], nella campagna a nord di Parigi, per mettersi sotto la protezione del suo sincero ammiratore marchese [[René-Louis de Girardin]].<ref name=ermenonville>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_110 |titolo=Les derniers instants de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Il 2 luglio 1778, verso le undici del mattino, di ritorno da una passeggiata, fu assalito da un violento mal di testa e morì nel giro di pochi istanti, probabilmente per un [[Morte cardiaca improvvisa|collasso cardiaco]] o per un'[[uremia]] fulminante,<ref name=ermenonville/> o, in alternativa, un'[[emorragia cerebrale]].<ref>{{cita web|url=http://www.bibliotecadiviasenato.it/pdf/editoria/2012_luglio-agosto.pdf|titolo=Rousseau: la verità e la mistificazione, pag. 9|sito=La biblioteca di via Senato-luglio/agosto 2012|accesso=7 gennaio 2014}}</ref>
 
Gli ultimi anni di Rousseau furono caratterizzati da un crescente isolamento: un clima di disagio e di sofferenza circondava il filosofo e scrittore, affetto da sempre più pronunciati squilibri psichici che lo portavano a un atteggiamento [[paranoia|paranoico]], in cui vedeva dappertutto derisione e trame contro di lui (''"il complotto è diventato universale"'' scrive), secondo Rousseau aizzate dalla [[coterie holbachiana]] (cioè Grimm e Diderot) oltre che naturalmente da Voltaire.<ref name="zanette_273"/><ref>{{cita web|url=https://plato.stanford.edu/entries/rousseau/|titolo=Christopher Bertram, "Jean Jacques Rousseau" , in Stanford Encyclopedia of Philosophy, 2012}}</ref><ref>Jean-Jacques Rousseau, ''Le confessioni'', libro IX, X, XI, ad esempio: «Credo tuttavia di ricordare che, durante quell'intervallo di pace e sino al fondo della mia solitudine, la cricca degli holbachiani mi lasciò del tutto tranquillo. Diderot mi procurò qualche fastidio, e mi sbaglierei di grosso se non fu proprio in quell'inverno che uscì ''Il figlio naturale'', di cui dovrò presto parlare» (Libro X); «Sin dal giorno successivo alla mia partenza, dimenticai così perfettamente tutto quanto era accaduto, e il Parlamento, e la signora di Pompadour, e il signor di Choiseul, e Grimm, e d'Alembert, e i loro complotti, e i loro complici, che non vi avrei neppure pensato per tutto il mio viaggio, senza le precauzioni cui ero costretto» (Libro XI)</ref>
 
I blandi tentativi di [[Denis Diderot|Diderot]] (che precedentemente lo aveva definito "inquietante", "anima dannata", "baratro che divide il cielo dall'inferno", dicendo di non volerlo più vedere<ref>{{cita|Cassirer|p. 77}}.</ref>) di ricomporre la frattura fra loro nel 1765 erano stati scoraggiati e respinti da Rousseau stesso.<ref name="Cronologia3">{{cita web|url=http://www.kronobase.org/chronologie-categorie-Denis+Diderot.html|titolo=Chronologie de la vie de Denis Diderot|autore=|accesso=11 gennaio 2014}}</ref>
 
[[File:Décès Jean-Jacques Rousseau - Masque mortuaire (1778) (B).jpg|min|verticale=0.65|Maschera mortuaria di Rousseau, eseguita da Houdon]]
 
Nel 1776 ebbe un grave incidente a Parigi, un cane apripista di carrozza lo investì causandogli gravi ferite, tanto che si diffuse la falsa notizia della sua morte, commentata da Voltaire in privato in maniera assai sarcastica.<ref>''Voltaire e Rousseau: le ragioni di un conflitto'', "Controluce", agosto 1999</ref> Lo stesso anno morì l'uomo che lo aveva protetto negli ultimi anni, [[Luigi Francesco di Borbone-Conti]].<br>Dopo avere riscontrato, a partire dal 1777, alcuni problemi di salute prevalentemente legati a disturbi nervosi, su consiglio di un medico, nel 1778, Rousseau si recò a [[Ermenonville]], nella campagna a nord di Parigi, per mettersi sotto la protezione del suo sincero ammiratore marchese [[René-Louis de Girardin]]. Qui si dedica alle passeggiate, alla meditazione nella natura, a scrivere, al vecchio lavoro di copista di musica e [[Erbario|raccogliere]] erbe. Ricominciò a dedicarsi alla sua passione per la [[botanica]], già iniziata all'Ermitage, si vedano gli appunti postumi raccolti nelle ''Brevi lezioni di botanica'' e nell{{'}}''Atlante di botanica elementare''. Fece costruire anche una capanna nel parco dove si ritirava a pensare in solitudine.<ref name="ermenonville">{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_110 |titolo=Les derniers instants de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011093001/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_110 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref> Il 30 maggio a Parigi morì Voltaire. Rousseau, quasi profeticamente, commentò: "Le nostre vite erano legate l'una all'altra. La sua morte è anche la mia".<ref>Citato in Indro Montanelli, Roberto Gervaso, ''L'Italia del Settecento, 1709-1789'', [https://books.google.it/books?id=8PaxjICBBncC&pg=PT89&lpg=PT89&dq=rousseau+voltaire+le+nostre.vite.erano.legate&source=bl&ots=kNqpbEjBG6&sig=ACfU3U3O0HQNt7J0cQGJiTiGywZ1b8xENw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjFnZTps5v1AhWp_7sIHV01CV4Q6AF6BAgjEAI#v=onepage&q=rousseau%20voltaire%20le%20nostre.vite.erano.legate&f=false L'Italia del Settecento - 1700-1789 - Indro Montanelli, Roberto Gervaso - Google Libri]</ref>
<br>Il 2 luglio 1778, verso le undici del mattino, di ritorno da una passeggiata nel parco di Ermenonville, Rousseau fu assalito da un violento mal di testa, cadde riverso a terra nella propria stanza e morì nel giro di pochi istanti, in presenza di Thérèse, forse per un [[Morte cardiaca improvvisa|collasso cardiaco]] da [[uremia]] fulminante (esito di malattia renale),<ref name="ermenonville"/> o per un'[[emorragia cerebrale]] ([[ictus]] emorragico); segni di paralisi facciale sulla parte sinistra del volto ([[emiparesi]] facciale da ictus) furono individuati sulla maschera mortuaria, e hanno fatto propendere per l'ultima ipotesi, assieme all'analisi dei sintomi immediatamente precedenti il decesso.<ref name="aleph"/><ref>{{cita web|url=http://www.bibliotecadiviasenato.it/pdf/editoria/2012_luglio-agosto.pdf|titolo=Rousseau: la verità e la mistificazione|p=9|sito=La biblioteca di via Senato-luglio/agosto 2012|accesso=7 gennaio 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140107200439/http://www.bibliotecadiviasenato.it/pdf/editoria/2012_luglio-agosto.pdf|dataarchivio=7 gennaio 2014|urlmorto=sì}}</ref> Anche l'autopsia, eseguita come richiesto da Rousseau nel testamento redatto a Môtiers nel 1763, per diagnosticare con esattezza il disturbo urinario che lo affliggeva,<ref>Emma Nardi, ''Oltre l'Emilio: scritti di Rousseau sull'educazione'', p. 65, nota 22</ref>, e che ebbe luogo il 3 luglio, attribuì il decesso ad "apoplessia sierosa", cioè [[edema cerebrale]], causato quindi da probabile ictus.<ref>[https://www.medecine-des-arts.com/fr/article/jean-jacques-rousseau-la-cause-de-sa-mort/l-autopsie-de-jean-jacques-rousseau.php L'autopsie de Jean-Jacques Rousseau]</ref>
 
=== Sepoltura e vicende postume ===
[[File:Ermenonville (60), parc Jean-Jacques Rousseau, vue générale sur l'étang, l'île des Peupliers et le château 1.jpg|min|sinistra|Lo stagno, l'isola dei Pioppi e il castello di [[Ermenonville]]. Subito dopo la sua morte nel 1778, Jean-Jacques Rousseau venne seppellito sull'isola dei Pioppi. Sull'isola è sepolto anche il pittore, amico di Rousseau, Georges-Frédéric Meyer che visse anche lui nella tenuta fino alla morte nel 1779]]
La sera del 4 luglio, alla presenza di solo pochi amici, Jean-Jacques Rousseau fu seppellito sull'isola dei Pioppi (''île des Peupliers'') in mezzo allo stagno del parco del marchese Girardin, dove pochi giorni prima aveva espresso il desiderio di riposare per sempre.<ref name=pioppi>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_111 |titolo=Le tombeau de Rousseau à l'île des Peupliers |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
 
La sera del 4 luglio, alla presenza di solo pochi amici e intimi (tra cui Girardin e la sua famiglia, Thérèse Levasseur, il pittore Meyer, lo scultore [[Jean-Antoine Houdon|Houdon]] e il botanico [[Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre|Bernardin de Saint-Pierre]]) e senza cerimonie religiose, Jean-Jacques Rousseau fu seppellito sull'isola dei Pioppi (''île des Peupliers'') in mezzo allo stagno del parco del marchese Girardin, dove pochi giorni prima aveva espresso il desiderio di riposare per sempre.<ref name="pioppi">{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_111 |titolo=Le tombeau de Rousseau à l'île des Peupliers |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150706054226/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_111 |dataarchivio=6 luglio 2015 }}</ref>
[[File:Jean-Jacques ROUSSEAU au Panthéon (Lunon).jpg|thumb|upright|210px|La tomba di Rousseau al [[Pantheon (Parigi)|Panthéon di Parigi]], dove il corpo fu traslato nel [[1794]].]]
[[File:Jean-Jacques ROUSSEAU au Panthéon (Lunon).jpg|min|La tomba di Rousseau al [[Pantheon (Parigi)|Panthéon di Parigi]], dove il corpo fu traslato l'11 ottobre 1794, situata proprio accanto a quella del rivale Voltaire. Il monumento è composto di legno e raffigura una sorta di "tempio rustico".<ref>E. Guzzo, ''Il tempio nel tempio. Il monumento ligneo a Jean-Jacques Rousseau nel Panthéon di Parigi, dalla capanna vitruviana ai Lumi francesi'', Hoepli</ref>]]
Allora l'isola venne ribattezzata ''Elysée'', e divenne meta di pellegrinaggi da parte degli ammiratori del filosofo scomparso. Il sepolcro, oggi cenotafio, riporta gli epitaffi ''[[Vitam impendere vero]]'' ("consacrare la vita alla verità") e "Qui riposa l'uomo della Natura e della Verità".<ref name="pioppi"/> Il marchese (il quale, oltre a pretendere di essere l'esecutore del testamento di Rousseau, contro Thérèse Levasseur sua erede universale, si occupò insieme a Pierre-Alexandre DuPeyrou e Paul-Claude Moultou dell'edizione di tutte le sue opere e si adoperò per diffondere le sue idee fino alla [[Rivoluzione francese]] e oltre)<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_079 |titolo=Girardin, René-Louis |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150706162917/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_079 |dataarchivio=6 luglio 2015 }}</ref> trasformò il parco in un monumento alla memoria di Rousseau.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_112 |titolo=Ermenonville: un parc du souvenir de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150706002210/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_112 |dataarchivio=6 luglio 2015 }}</ref>
 
Prima della Rivoluzione il pensiero politico rousseauiano in generale, e il ''Contratto sociale'' in particolare, divennero un importante punto di riferimento per gli oppositori dell{{'}}''[[Ancien Régime]]''.<ref name="posthume"/>
Allora l'isola venne ribattezzata ''Elysée'', e divenne meta di pellegrinaggi da parte degli ammiratori del filosofo scomparso.<ref name=pioppi/> Il marchese (il quale, oltre a pretendere di essere l'esecutore del testamento di Rousseau, contro Thérèse Levasseur sua erede universale, si occupò insieme a Pierre-Alexandre DuPeyrou e Paul-Claude Moultou dell'edizione di tutte le sue opere e si adoperò per diffondere le sue idee fino alla [[Rivoluzione francese]] e oltre)<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_REL_079 |titolo=Girardin, René-Louis |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> trasformò il parco in un monumento alla memoria di Rousseau.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_112 |titolo=Ermenonville: un parc du souvenir de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
[[File:Cendresrousseau.jpg|thumb|left|180px|La solenne traslazione dei resti di Rousseau al Panthéon nel 1794]]
Durante la Rivoluzione il pensiero politico rousseauiano in generale, e il ''Contratto sociale'' in particolare, divennero un importante punto di riferimento per gli oppositori dell<nowiki>'</nowiki>''[[Ancien Régime]]''.<ref name=posthume/> Il 14 aprile [[1794]], nell'ottica di rendere onore alla sua memoria, la [[Convenzione nazionale]] ordinò che i resti di Rousseau venissero traslati al [[Pantheon (Parigi)|Panthéon di Parigi]]. La salma fu spostata, con una solenne cerimonia, tra il 9 e l'11 ottobre; l'operazione venne accompagnata da veglie e processioni, l'ultima delle quali condusse i resti del ginevrino all'interno del Panthéon sulle note dell<nowiki>'</nowiki>''Indovino del villaggio''.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_114 |titolo=Le transfert de Rousseau au Panthéon |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Rousseau fu tra i primi (dopo [[Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau|Mirabeau]], Voltaire, [[Louis-Michel le Peletier de Saint-Fargeau|le Peletier de Saint-Fargeau]] e [[Jean-Paul Marat|Marat]]) a essere inumato nel Panthéon, che era stato dedicato alla memoria dei grandi francesi dai rivoluzionari nel [[1791]].<ref>[[Raymond Queneau]], ''Conosci Parigi?'', Barbès, 2011, p. 175.</ref>
 
[[File:Cendresrousseau.jpg|min|sinistra|verticale|La solenne traslazione dei resti di Rousseau al Panthéon (11 ottobre 1794)]]
Dopo la sua morte, egli venne rapidamente riabilitato in molti ambienti; a Ginevra, in particolare, nel [[1792]] erano state annullate tutte le condanne a Rousseau e alle sue opere, e in breve gli omaggi e i monumenti a lui dedicati si moltiplicarono.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_117 |titolo=Rousseau est réhabilité "Citoyen de Genève" |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> Per qualche tempo, negli anni immediatamente successivi alla sua morte, Rousseau fu oggetto di un'autentica venerazione che i suoi detrattori (alcuni di coloro che erano stati suoi nemici in vita, tra cui Diderot e Grimm) cercarono di soffocare con gesti dal carattere a tratti diffamatorio.<ref name=posthume/> Tra i suoi ferventi ammiratori vi fu, tra gli altri, [[Maximilien de Robespierre]]; una tradizione vuole che Rousseau abbia ricevuto nel [[1778]] una visita del futuro rivoluzionario, allora giovane avvocato, come sembra confermare la ''Dedica di Maximilien Robespierre ai Mani di Jean-Jacques Rousseau'', un foglio scritto di pugno da Robespierre nel [[1791]]:<ref>Trovato tra le carte della sorella [[Charlotte Robespierre]], che lo cita nelle sue ''Memorie sui miei fratelli'', e pubblicato nell'Appendice di un'edizione successiva del libro.</ref> «O Rousseau, io ti vidi nei tuoi ultimi giorni [...] ho contemplato il tuo viso augusto [...] da quel momento ho compreso pienamente le pene di una nobile vita che si sacrifica al culto della verità, e queste non mi hanno spaventato. La coscienza di aver voluto il bene dei propri simili è il premio dell'uomo virtuoso [...] come te, io conquisterò quei beni, a prezzo di una vita laboriosa, a prezzo anche di una morte prematura.»
 
Dopo la sua morte egli venne rapidamente riabilitato in molti ambienti; a Ginevra, in particolare, nel 1792 erano state annullate tutte le condanne a Rousseau e alle sue opere, e in breve gli omaggi e i monumenti a lui dedicati si moltiplicarono.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_117 |titolo=Rousseau est réhabilité "Citoyen de Genève" |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140107195022/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_117 |dataarchivio=7 gennaio 2014 }}</ref>
La prima parte delle ''Confessioni'' venne pubblicata postuma nel [[1782]], e la seconda nel [[1789]]; le ''Fantasticherie del passeggiatore solitario'' furono a loro volta pubblicate nel 1782.<ref name=memo_chrono/><ref name=posthume/>
 
Per qualche tempo, negli anni immediatamente successivi alla sua morte, Rousseau fu oggetto di un'autentica venerazione, che i suoi detrattori (alcuni di coloro che erano stati suoi nemici in vita, tra cui Diderot e Grimm) cercarono di smorzare con gesti dal carattere a tratti diffamatorio (fu, per esempio, messa in giro la voce da Grimm che Rousseau si fosse suicidato<ref>Edmond Biré, ''Dernières causeries historiques et littéraires: Bossuet, historien du protestantisme, la Chalotais et le duc d'Aiguillon, la folie de Jean-Jacques Rousseau'', Lyon, E. Vitte, 1898.</ref> avvelenandosi con la [[Conium maculatum|cicuta]] come [[Socrate]],<ref>Alfred Bougeault, ''Étude sur l'état mental de J.J. Rousseau et sa mort à Ermenonville'', 1883</ref> o con un colpo di pistola<ref>[https://www.cairn.info/revue-dix-huitieme-siecle-2008-1-page-579.htm Le crâne de Jean-Jacques Rousseau et le témoignage des sciences]</ref>).<ref name="posthume"/><ref name="aleph"/>
 
[[File:Buste_Jean-Jacques_Rousseau_par_Houdon_-_Abbaye_de_Chaalis.jpg|min|verticale=0.8|Busto di Jean-Jacques Rousseau (1778), di [[Jean-Antoine Houdon]].]]
 
Tra i suoi ferventi ammiratori vi fu, tra gli altri, il leader [[Giacobinismo|giacobino]] [[Maximilien de Robespierre]]; una tradizione vuole che Rousseau abbia ricevuto nel 1778 una visita del futuro rivoluzionario, allora giovane avvocato, come sembra confermare la ''Dedica di Maximilien Robespierre ai [[Dei Mani|Mani]] di Jean-Jacques Rousseau'', un foglio scritto di pugno da Robespierre nel 1791:<ref>Trovato tra le carte della sorella [[Charlotte de Robespierre]], che lo cita nelle sue ''Memorie sui miei fratelli'', e pubblicato nell'Appendice di un'edizione successiva del libro.</ref> «O Rousseau, io ti vidi nei tuoi ultimi giorni e questo ricordo è per me sorgente di gioia orgogliosa; ho contemplato il tuo viso augusto [...] da quel momento ho compreso pienamente le pene di una nobile vita che si sacrifica al culto della verità, e queste non mi hanno spaventato. La coscienza di avere voluto il bene dei propri simili è il premio dell'uomo virtuoso [...] come te, io conquisterò quei beni, a prezzo di una vita laboriosa, a prezzo anche di una morte prematura». Anche altri rivoluzionari, sia radicali come [[Louis Antoine de Saint-Just|Saint-Just]], [[François-Noël Babeuf]] e [[Jean-Paul Marat]] (ginevrino come lui), sia i moderati loro nemici come [[André Chénier]] o [[Charlotte Corday]], si ispirarono alle teorie politiche di Rousseau, a volte mentre il filosofo era ancora in vita.<ref>Si veda J.-P. Marat, ''Le catene della schiavitù'', 1774</ref> Marat utilizzò il motto sulla tomba di Rousseau, ''Vitam impendere vero'' per il suo giornale politico ''[[L'Ami du peuple]]''.
 
[[File:Robespierre Ducreux.jpeg|min|sinistra|verticale=0.8|[[Robespierre]] ritratto da [[Joseph Ducreux|Ducreux]] nel 1793]]
 
La prima parte delle ''Confessioni'' venne pubblicata postuma nel 1782, e la seconda nel 1789; le ''Fantasticherie del passeggiatore solitario'' furono a loro volta pubblicate nel 1782.<ref name="memo_chrono"/><ref name="posthume"/>
 
Il 14 aprile 1794, per rendere onore alla sua memoria, la [[Convenzione nazionale]] a maggioranza [[Giacobinismo|giacobina]] ordinò che i resti di Rousseau venissero traslati al [[Pantheon (Parigi)|Panthéon di Parigi]]. La salma fu spostata temporaneamente in un piccolo mausoleo alle [[Giardino delle Tuileries|Tuileries]]; in seguito fu decretata una solenne cerimonia tra il 9 e l'11 ottobre, avvenuta sotto l'egida del nuovo governo "[[Convenzione termidoriana|termidoriano]]" precedente alla nascita del [[Direttorio]], dopo più di due mesi dalla [[caduta di Robespierre]]; l'operazione venne accompagnata da veglie e processioni, l'ultima delle quali condusse i resti del ginevrino all'interno del Panthéon sulle note dell{{'}}''Indovino del villaggio''.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_114|titolo=Le%20transfert%20de%20Rousseau%20au%20Panth%C3%A9on|sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire]|accesso=22 maggio 2012|lingua=fr|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150706023339/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_VIE_CP_114|dataarchivio=6 luglio 2015}}</ref> Rousseau fu tra i primi (dopo [[Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau|Mirabeau]], Voltaire, [[Louis-Michel le Peletier de Saint-Fargeau|le Peletier de Saint-Fargeau]] e [[Marat]]) a essere inumato nel Panthéon, che era stato dedicato alla memoria dei grandi francesi dai rivoluzionari nel 1791, e dove all'epoca vi era anche la tomba di [[Cartesio]].<ref>[[Raymond Queneau]], ''Conosci Parigi?'', Barbès, 2011, p. 175.</ref> Per fugare i dubbi sorti nel periodo della [[Restaurazione francese]], quando si pensava che gli [[ultrarealisti]] avessero sottratto i resti per disperderli, nel 1897 avvenne un'apertura e ricognizione dei sepolcri di Rousseau e Voltaire. Le ossa di Rousseau furono trovate in buono stato di conservazione e furono fotografate.<ref>A. Dureau, «L'exhumation des restes de Voltaire et de Rousseau», La Chronique Médicale, vol. 5, Paris 1898, p. 44-49.</ref>
 
Alla vedova, poi risposata con Jean-Henri Bally (un valletto di Girardin) nel 1779, fu concessa una pensione di sussistenza da parte dell'Assemblea Nazionale nel 1790, aumentata in seguito dalla [[Convenzione nazionale|Convenzione]]. Thérèse Levasseur morì nel 1801. Il marchese Girardin continuò nella sua opera di diffusione delle teorie rousseauiane applicate anche all'[[architettura del paesaggio]] anche in epoca [[Età napoleonica|napoleonica]], e la tenuta di Ermenonville, [[giardino all'inglese]] oggi noto come ''Parc Jean-Jacques Rousseau'' fu visitato da molti personaggi illustri negli anni, da [[Maria Antonietta]] (che si ispirò al paesaggio di Girardin e alla [[fisiocrazia]] nonché al gusto [[Arcadia (poesia)|arcadico]]-[[Pastorale (arte)|pastorale]] per la realizzazione di una parte del giardino del [[Petit Trianon]], all'interno dei [[giardini di Versailles]], l'attiguo "[[Hameau de la Reine|villaggio rurale artificiale]]", o ''Hameau'') e [[Luigi XVI]] prima della Rivoluzione, a [[Napoleone]], [[Benjamin Franklin]] e parecchi rivoluzionari.
 
== Filosofia ==
=== La critica della civiltà: il ''Discorso sulle scienze e le arti'' ===
[[File:Frontispiece of Jean-Jacques Rousseau's Discourse on the Arts and Sciences, 1750.png|thumbmin|uprightverticale|Il frontespizio del ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]''.]]
 
Il testo filosofico d'esordio di Jean-Jacques Rousseau, il ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]'', costituiva la prima formalizzazione sistematica (resa possibile dall'[[teofania|epifania]] sulla via di [[Vincennes]]) delle idee che l'autore aveva maturato nel corso degli anni precedenti.<ref>{{cita|Cassirer|p. 14.}}</ref> Pur essendo un testo totalmente originale, nel primo discorso si scorge l'influenza di una tradizione moralistica che, partendo da [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] e [[Plutarco]], arriva fino a [[Michel de Montaigne|Montaigne]], [[Fénelon]] e [[Montesquieu]].<ref name=zanette_272/>
 
Il testo filosofico di esordio di Jean-Jacques Rousseau, il ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]'', costituiva la prima formalizzazione sistematica (resa possibile dall'[[teofania|epifania]] sulla via di [[Vincennes]]) delle idee che l'autore aveva maturato nel corso degli anni precedenti.<ref>{{cita|Cassirer|p. 14}}.</ref> Pur essendo un testo totalmente originale, nel primo discorso si scorge l'influenza di una tradizione moralistica che, partendo da [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] e [[Plutarco]], arriva fino a [[Michel de Montaigne|Montaigne]], [[Fénelon]] e [[Montesquieu]].<ref name="zanette_272"/>
Il ''Discorso sulle scienze e le arti'' rappresenta un'aspra critica della civiltà (''civilization'') contrapposta allo stato naturale, di assoluta felicità, dell'uomo. Rousseau argomenta che i rapporti tra gli uomini all'interno della società sono profondamente viziati da un'attitudine ineliminabile alla menzogna e all'ipocrisia, tanto che è in generale impossibile distinguere l'apparenza di ciascuno dal suo essere reale:<ref name=zanette_272/> «Come sarebbe dolce vivere tra noi, se l'atteggiamento esteriore fosse sempre l'immagine delle disposizioni del cuore. [...] Prima che l'arte avesse modellato le nostre maniere e insegnato alle nostre passioni un linguaggio controllato, i nostri costumi erano rozzi, ma naturali. [...] La natura umana, in fondo, non era migliore; ma gli uomini trovavano la base della loro sicurezza nella facile penetrazione reciproca.»<ref name=s.p._7>Jean-Jacques Rosseau, ''Discorso sulle scienze e le arti'', p. 7. In {{cita|''Scritti policiti''}}</ref> Nel momento in cui diventa impossibile rapportarsi al prossimo con assoluta sincerità, si ha l'emergenza del vizio:<ref name=zanette_272/> «Che bel corteo di vizi accompagnerà quest'incertezza! Addio amicizie sincere, addio stima reale, addio fiducia fondata.»<ref name=s.p._7/> È così, secondo Rousseau, che la depravazione dei costumi è avanzata di pari passo con il progresso delle arti e le scienze:<ref name=zanette_272-73/> «L'astronomia è nata dalla superstizione; l'eloquenza dall'ambizione, dall'odio, dall'adulazione, dalla menzogna; la geometria dall'avarizia; la fisica da una vana curiosità; tutte, persino la morale, dall'umana superbia.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 15.}}</ref> Rousseau cita numerosi esempi storici (la decadenza dell'[[antico Egitto]], la [[Antica Grecia|Grecia]] di [[Atene]] contrapposta a quella di [[Sparta]], la [[Roma (città antica)|Roma]] [[Impero romano|imperiale]] contrapposta a quella [[Repubblica romana|repubblicana]]) a suffragio della tesi per cui lo sviluppo della cultura (le arti e le scienze, appunto) sarebbe stato proporzionale alla degenerazione della virtù in vizio; questa serie di esempi culmina con la [[prosopopea]] dell'eroe romano [[Gaio Fabricio Luscino|Fabrizio]], che condanna il lusso e il vizio che hanno soppiantato la semplicità, l'austerità e la virtù.<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 13.}}</ref>
 
Il ''Discorso sulle scienze e le arti'' rappresenta un'aspra critica della civiltà (''civilization'') contrapposta allo stato naturale, di assoluta felicità, dell'uomo. Rousseau argomenta che i rapporti tra gli uomini all'interno della società sono profondamente viziati da un'attitudine ineliminabile alla menzogna e all'ipocrisia, tanto che è in generale impossibile distinguere l'apparenza di ciascuno dal suo essere reale:<ref name="zanette_272"/> «Come sarebbe dolce vivere tra noi, se l'atteggiamento esteriore fosse sempre l'immagine delle disposizioni del cuore. [...] Prima che l'arte avesse modellato le nostre maniere e insegnato alle nostre passioni un linguaggio controllato, i nostri costumi erano rozzi, ma naturali. [...] La natura umana, in fondo, non era migliore; ma gli uomini trovavano la base della loro sicurezza nella facile penetrazione reciproca.»<ref name="s.p._7">Jean-Jacques Rosseau, ''Discorso sulle scienze e le arti'', p. 7. In {{cita|''Scritti politici''|}}.</ref> Nel momento in cui diventa impossibile rapportarsi al prossimo con assoluta sincerità, si ha l'emergenza del vizio:<ref name="zanette_272"/> «Che bel corteo di vizi accompagnerà quest'incertezza! Addio amicizie sincere, addio stima reale, addio fiducia fondata.»<ref name="s.p._7"/> È così, secondo Rousseau, che la depravazione dei costumi è avanzata di pari passo con il progresso delle arti e le scienze:<ref name="zanette_272-73"/> «L'astronomia è nata dalla superstizione; l'eloquenza dall'ambizione, dall'odio, dall'adulazione, dalla menzogna; la geometria dall'avarizia; la fisica da una vana curiosità; tutte, persino la morale, dall'umana superbia.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 15}}.</ref> Rousseau cita numerosi esempi storici (la decadenza dell'[[antico Egitto]], la [[Antica Grecia|Grecia]] di [[Atene]] contrapposta a quella di [[Sparta]], la [[Roma (città antica)|Roma]] [[Impero romano|imperiale]] contrapposta a quella [[Repubblica romana|repubblicana]]) a suffragio della tesi per cui lo sviluppo della cultura (le arti e le scienze, appunto) sarebbe stato proporzionale alla degenerazione della virtù in vizio; questa serie di esempi culmina con la [[prosopopea]] dell'eroe romano [[Gaio Fabricio Luscino|Fabrizio]], che condanna il lusso e il vizio che hanno soppiantato la semplicità, l'austerità e la virtù.<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 13}}.</ref>
La conclusione di Rousseau è che la perdita della virtù (virtù che originariamente era determinata dall'assoluta identità tra l'apparenza e la realtà nella condotta degli uomini) ha causato enormi abusi, ha generato una diseguaglianza convenzionale (indipendente dalla naturale differenza di forza o di ingegno tra due individui) molto maggiore della diseguaglianza naturale, e ha viziato in profondità la stessa costituzione delle società umane:<ref name=zanette_272-73/> «Qual è la fonte di tanti abusi se non la diseguaglianza funesta introdotta fra gli uomini col valorizzare il talento mentre si avvilisce la virtù? Ecco il risultato di tutto il nostro studio, e la più pericolosa delle sue conseguenze.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 22.}}</ref> Ecco come, secondo Rousseau, «il bisogno elevò i troni; le scienze e le arti li hanno rafforzati.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 6.}}</ref>
[[File:Plutarch delphi 1.jpg|min|verticale=0.8|sinistra|Plutarco]]
La conclusione di Rousseau è che la perdita della virtù (virtù che originariamente era determinata dall'assoluta identità tra l'apparenza e la realtà nella condotta degli uomini) ha causato enormi abusi, ha generato una diseguaglianza convenzionale (indipendente dalla naturale differenza di forza o di ingegno tra due individui) molto maggiore della diseguaglianza naturale, e ha viziato in profondità la stessa costituzione delle società umane:<ref name="zanette_272-73"/> «Qual è la fonte di tanti abusi se non la diseguaglianza funesta introdotta fra gli uomini con il valorizzare il talento mentre si avvilisce la virtù? Ecco il risultato di tutto il nostro studio, e la più pericolosa delle sue conseguenze.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 22}}.</ref> Ecco come, secondo Rousseau, «il bisogno elevò i troni; le scienze e le arti li hanno rafforzati.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 6}}.</ref>
 
Le tesi esposte da Rousseau nel ''Discorso sulle scienze e le arti'' erano evidentemente in aperto conflitto con la visione del mondo di un'epoca, quella illuminista, che riconosceva al progresso scientifico e culturale un ruolo molto positivo nel miglioramento dell'uomo, liberato dalla superstizione e affrancato dal suo stato di minorità.<ref name="zanette_272"/><ref name="iep"/> Benché il primo discorso, premiato dall'Accademia di Digione, abbia avuto una significativa influenza, e benché sia stata l'opera che per prima diede a Rousseau una vera notorietà, si tende a evidenziare la necessità di minimizzarne la coerenza e l'importanza nell'ambito della riflessione rousseauiana considerata nel suo complesso: la critica della civiltà di questa fase va letta come una ricognizione del fatto che, storicamente, l'associarsi degli uomini ha prodotto effetti negativi più che positivi, e non come un'affermazione dell'intrinseca malvagità di ogni associazione.<ref name="narcisse"/><ref>{{cita|Casini|pp. 22-23.}}.</ref> La tensione [[retorica]] del primo ''Discours'', inoltre, è considerata più cospicua della sua effettiva consistenza argomentativa.<ref>{{cita|Cassirer|p. 15.}}.</ref><ref name="williams">{{en}} {{cita libro|autore=Howard Williams |titolo=[http://www.ivu.org/history/williams/rousseau.html The Ethics of Diet] |città=Londra-Manchester |anno=1883 }}</ref> Comunque, Rousseau non riteneva che il problema del male della civiltà potesse essere risolto con un ritorno allo stato di natura, e riteneva impossibile ripristinare l'originale innocenza negando la società o rigettando gli uomini nella barbarie:<ref name="zanette_276">{{cita|Zanette|p. 276.}}.</ref><ref>{{cita|Cassirer|p. 21.}}.</ref> «In quei miei scritti – scriverà Rousseau, riferendosi al primo e al secondo discorso, nella sua opera tarda ''Rousseau giudice di Jean-Jacques'' – bisognava distruggere l'illusione che ci colma di una folle ammirazione per gli strumenti della nostra infelicità, bisognava correggere quel falso apprezzamento per cui colmiamo di onori talenti dannosi e sprezziamo virtù benefiche. [...] Ma la natura umana non retrocede, né mai si può tornare al tempo dell'innocenza e dell'uguaglianza se da esse ci siamo allontanati una volta.»<ref>Jean-Jacques Rousseau, ''Rousseau giudice di Jean-Jacques. Dialoghi (terzo dialogo)'', p. 1284. In Jean-Jacques Rousseau, ''Opere'', Firenze, 1972.</ref> Rousseau avanzerà la sua proposta di rifondazione della società e dello Stato, compiutamente formulata, nel testo ''Il contratto sociale''.
 
=== Lo stato di natura e la nascita della società: il ''Discorso sulla diseguaglianza'' ===
==== Prefazione e prima parte ====
[[File:Kscan 0001.jpeg|min|Il frontespizio del ''[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]'']]
 
[[File:KscanLa 0001.jpeg|thumb|Ilseconda frontespizioopera delfilosofica importante di Rousseau fu il ''[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]'' (''Discorso sulla diseguaglianza'' o "secondo discorso" per brevità); esso, composto per l'edizione del 1754 del premio dell'Accademia di Digione, fu accolto con minore entusiasmo rispetto allo scritto precedente.]]<ref name="zanette_273"/>
 
Il secondo discorso si presenta notevolmente più lungo, più rigoroso e più filosoficamente profondo del primo.<ref name="iep"/> Rousseau intende qui operare una decostruzione storica dell'uomo sociale per risalire all'uomo naturale, cioè ricostruire "genealogicamente" la storia dell'umanità dalla sua origine naturale alla società passando per il venir meno dell'isolamento e per l'istituzione del linguaggio e della proprietà:<ref name="zanette_273-74">{{cita|Zanette|pp. 273-274}}.</ref> questa operazione è paragonata, nell'importante prefazione metodologica al testo, al tentativo di ricostruire la fisionomia della statua di [[Glauco (divinità)|Glauco]] – persa in mare per lungo tempo e sfigurata dalla tempesta e dalla salsedine.<ref name="s.p._130">{{cita|''Scritti politici''|p. 130}}.</ref><ref>{{cita|Casini|p. 29}}.</ref> Il suo scopo è quello di arrivare a comprendere la natura originaria dell'uomo (dando così un nuovo significato all'antico imperativo «[[conosci te stesso]]» dell'[[oracolo di Delfi]]) per potere comprendere qual è il fondamento della diseguaglianza che regna nella società:<ref>{{cita|Durkheim|p. 5}}.</ref> «Come conoscere, infatti, la fonte della diseguaglianza tra gli uomini, se non si comincia con il conoscere gli uomini stessi?»<ref name="s.p._130"/>
La seconda opera filosofica importante di Rousseau fu il ''[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]'' (''Discorso sulla diseguaglianza'' o "secondo discorso" per brevità); esso, composto per l'edizione del 1754 del premio dell'Accademia di Digione, fu accolto con minore entusiasmo rispetto allo scritto precedente.<ref name=zanette_273/>
 
Rousseau sottolinea in particolare l'importanza di non cadere nell'errore dei filosofi [[Giusnaturalismo|giusnaturalisti]] come [[Ugo Grozio|Grozio]], [[Samuel von Pufendorf|Pufendorf]] e Locke, che hanno posto alla base della società un contratto che gli uomini avrebbero stretto tra loro consapevolmente e razionalmente, laddove per Rousseau un uomo consapevole e razionale non è concepibile al di fuori (né, quindi, prima) della società;<ref name="zanette_274">{{cita|Zanette|p. 274}}.</ref> ugualmente insidioso, secondo Rousseau, è l'errore di [[Thomas Hobbes|Hobbes]] che – pur identificando correttamente l'importanza di una ricostruzione [[Filologia|filologica]] della storia dell'umanità come base della filosofia politica – ha proiettato arbitrariamente sull'uomo di natura caratteristiche di malvagità proprie dell'uomo civile, già corrotto dalla società.<ref name="zanette_273"/>
Il secondo discorso si presenta notevolmente più lungo, più rigoroso e più filosoficamente profondo del primo.<ref name=iep/> Rousseau intende qui operare una decostruzione storica dell'uomo sociale per risalire all'uomo naturale, cioè ricostruire "genealogicamente" la storia dell'umanità dalla sua origine naturale alla società passando per il venir meno dell'isolamento e per l'istituzione del linguaggio e della proprietà:<ref name=zanette_273-74>{{cita|Zanette|pp. 273-274.}}</ref> questa operazione è paragonata, nell'importante prefazione metodologica al testo, al tentativo di ricostruire la fisionomia della statua di [[Glauco (Dio delle acque)|Glauco]] – persa in mare per lungo tempo e sfigurata dalla tempesta e dalla salsedine.<ref name=s.p._130>{{cita|''Scritti politici''|p. 130.}}</ref><ref>{{cita|Casini|p. 29.}}</ref> Il suo scopo è quello di arrivare a comprendere la natura originaria dell'uomo (dando così un nuovo significato all'antico imperativo «[[conosci te stesso]]» dell'[[oracolo di Delfi]]) per poter comprendere qual è il fondamento della diseguaglianza che regna nella società:<ref>{{cita libro|autore=[[Émile Durkheim]] |titolo=Sul Contratto Sociale di Rousseau |curatore=Mario Antomelli |p=5 }} In {{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Società e linguaggio |editore=La Nuova Italia |città=Firenze |anno=1972 }}</ref> «Come conoscere, infatti, la fonte della diseguaglianza tra gli uomini, se non si comincia col conoscere gli uomini stessi?»<ref name=s.p._130/>
 
Nella prefazione l'autore mette anche in evidenza il fatto che lo stato originario dell'uomo selvaggio da lui teorizzato (l{{'}}''état de nature'', lo «[[stato di natura]]») è concepito più come un'ipotesi teorica volta a comprendere i principi delle cose che come una fase storica realmente verificatasi in un passato più o meno remoto:<ref name="zanette_274"/> si tratta di «conoscere bene uno stato che non esiste più, che forse non è mai esistito, che probabilmente non esisterà mai, e di cui tuttavia bisogna avere nozioni giuste per giudicare bene del nostro stato presente.»<ref name="ReferenceA">{{cita|''Scritti politici''|p. 131}}.</ref> Anche se a tratti sembra che la sua ricostruzione storica voglia essere molto realistica (basandosi sulle opere di etnografi e geografi, su resoconti di viaggio e sull{{'}}''[[Storia naturale (Buffon)|Histoire naturelle]]'' di [[Georges-Louis Leclerc de Buffon|Buffon]])<ref name="zanette_274"/> Rousseau intende soprattutto produrre delle congetture,<ref name="iep"/><ref name="zanette_274"/> «non [...] verità storiche, ma solo ragionamenti ipotetici e condizionali, più adatti a chiarire la natura delle cose che non a svelarne la vera origine».<ref name="ReferenceA"/>
Rousseau sottolinea in particolare l'importanza di non cadere nell'errore dei filosofi [[Giusnaturalismo|giusnaturalisti]] come [[Ugo Grozio|Grozio]], [[Samuel von Pufendorf|Pufendorf]] e Locke, che hanno posto alla base della società un contratto che gli uomini avrebbero stretto tra loro consapevolmente e razionalmente, laddove per Rousseau un uomo consapevole e razionale non è concepibile al di fuori (né, quindi, prima) della società;<ref name=zanette_274>{{cita|Zanette|p. 274.}}</ref> ugualmente insidioso, secondo Rousseau, è l'errore di [[Thomas Hobbes|Hobbes]] che – pur identificando correttamente l'importanza di una ricostruzione [[Filologia|filologica]] della storia dell'umanità come base della filosofia politica – ha proiettato arbitrariamente sull'uomo di natura caratteristiche di malvagità proprie dell'uomo civile, già corrotto dalla società.<ref name=zanette_273/>
 
[[File:Rousseau_Geneve.JPG|min|sinistra|Statua all'Île Rousseau, Ginevra]]
Nella prefazione, l'autore mette anche in evidenza il fatto che lo stato originario dell'uomo selvaggio da lui teorizzato (l<nowiki>'</nowiki>''état de nature'', lo «[[stato di natura]]») è concepito più come un'ipotesi teorica volta a comprendere i principi delle cose che come una fase storica realmente verificatasi in un passato più o meno remoto:<ref name=zanette_274/> si tratta di «conoscere bene uno stato che non esiste più, che forse non è mai esistito, che probabilmente non esisterà mai, e di cui tuttavia bisogna avere nozioni giuste per giudicare bene del nostro stato presente.»<ref name="ReferenceA">{{cita|''Scritti politici''|p. 131.}}</ref> Anche se a tratti sembra che la sua ricostruzione storica voglia essere molto realistica (basandosi sulle opere di etnografi e geografi, su resoconti di viaggio e sull<nowiki>'</nowiki>''[[Storia naturale (Buffon)|Histoire naturelle]]'' di [[Georges-Louis Leclerc de Buffon|Buffon]])<ref name=zanette_274/> Rousseau intende soprattutto produrre delle congetture,<ref name=iep/><ref name=zanette_274/> «non [...] verità storiche, ma solo ragionamenti ipotetici e condizionali, più adatti a chiarire la natura delle cose che non a svelarne la vera origine.»<ref name="ReferenceA"/>
 
Dopo una dedica alla Repubblica di Ginevra, della quale loda la bontà della costituzione e la virtù dei cittadini (tanto che Ginevra, pur con qualche riserva, risulta in generale un modello che Rousseau come filosofo politico tiene sempre presente),<ref>{{cita|Casini|pp. 87-102.}}.</ref> e la summenzionata prefazione, l'autore entra nel merito della sua ricostruzione della storia del genere umano e della nascita della diseguaglianza. Egli parte dunque dalla descrizione della condizione originaria dell'uomo, e (come già avevano fatto altri, tra cui [[Hobbes]], [[John Locke|Locke]], Grozio, Pufendorf, [[Jean-Jacques Burlamaqui|Burlamaqui]])<ref name="iep"/> descrive questa condizione iniziale come uno stato di natura, in cui l'essere umano non si differenzia dagli animali se non per essere «meno forte degnidegli uni, meno agile degli altri, ma, tutto sommato, organizzato meglio di tutti»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 143.}}.</ref> e caratterizzato da un'«accortezza» che gli consente di prevalere sulla maggior parte degli animali.<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 144.}}.</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 3-11.}}.</ref>
 
Rimane costante rispetto al primo discorso la convinzione che questo stato di natura, in cui i bisogni dell'uomo si riducevano allo stretto necessario ed erano perfettamente commisurati ai suoi desideri, in cui esso non aveva né capacità di riflessione né facoltà di proiettarsi nel futuro, fu per l'umanità un'epoca massimamente felice;<ref name="zanette_274"/> la natura (concepita ora come lo stato originario dell'uomo selvaggio, ora come l'interiorità profonda, integra, e incorrotta, dell'uomo civile) ha in Rousseau una connotazione sempre benigna, e la vita a diretto contatto con essa è sempre considerata felice; per contro, «i nostri mali sono per la maggior parte opera nostra e li avremmo evitati quasi tutti mantenendo la maniera di vivere semplice, uniforme e solitaria che ci era prescritta dalla natura.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 146.}}.</ref>
 
Dal punto di vista morale, vivendo in isolamento rispetto agli altri membri della sua specie (Rousseau nega recisamente l'esistenza nell'uomo di un'inclinazione istintiva alla socialità), non avendo quasi per nulla relazioni interpersonali e non avendo alcun dovere riconosciuto, l'uomo di natura non è né buono né cattivo.<ref name="zanette_274"/><ref>{{cita|Durkheim|p. 11.}}.</ref> Esso ha due istinti, o principi naturali innati, che regolano le sue azioni e le sue relazioni e che sono almeno in parte comuni all'uomo di natura e agli animali: il primo è l'amore di sé (''amour de soi-même'' o solo ''amour de soi''), il sentimento che lo spinge a evitare la sofferenza e il pericolo, che lo fa godere del suo benessere e che, pur senza conseguenze misantropiche, lo porta naturalmente a preferire sé agli altri; il secondo, che tempera il primo, è la pietà (''pitié''), il sentimento che genera ripugnanza al vedervedere soffrire altri esseri sensibili.<ref name="zanette_274"/><ref>{{cita|''Scritti politici''|pp. 162-165.}}.</ref> Tuttavia l'uomo selvaggio si differenzia dagli animali per una qualità morale, la [[libertà]], che gli consente – esercitando una [[scelta]] attraverso la [[volontà]] – di sottrarsi alla meccanica obbedienza agli impulsi della natura che caratterizza le bestie.<ref name="zanette_275">{{cita|Zanette|p. 275.}}.</ref><ref name="s.p._150">{{cita|''Scritti politici''|p. 150.}}.</ref> Da questa libertà deriva la facoltà più caratteristica dell'uomo, la perfettibilità (''perfectibilité''), cioè la sua capacità di cambiare sé stesso in meglio o in peggio. Mentre l'esistenza degli animali è senza tempo e rimane sempre uguale a sé stessa attraverso gli anni e le generazioni, l'uomo è un essere storico e capace di modificarsi, anche se la sua perfettibilità è ambivalente:<ref name="zanette_275"/> Rousseau si trova costretto ad ammettere che «questa sconfinata facoltà che ci distingue è la fonte di tutti i malanni dell'uomo; [...] che facendo sbocciare coicon i secoli la sua intelligenza e i suoi errori, i suoi vizi e le sue virtù, lo rende a lungo andare tiranno di sé stesso e della natura.»<ref name="s.p._150"/>
 
Dalla perfettibilità e dalla ragione latente nell'uomo selvaggio prende le mosse la ricostruzione storica di Rousseau: egli evidenzia come i suoi bisogni siano all'inizio estremamente limitati e facili da soddisfare; sottolinea che la condizione originaria degli uomini era quella dell'isolamento e che nemmeno la [[famiglia]] era un'istituzione permanente nello stato di natura, dato che l'accoppiamento avveniva in modo veloce e quasi casuale e la distanza tra l'[[rapporto sessuale|atto sessuale]] e il [[parto]] rendeva difficile stabilire una connessione tra le due cose; mette in risalto il fatto che il [[linguaggio]], che inizialmente poteva ridursi solo a urla inarticolate, deve averavere avuto un'origine estremamente difficile, graduale, lunga e travagliata:<ref>{{cita|Durkheim|pp. 11, 14, 20.}}</ref> «se gli uomini hanno avuto bisogno della parola per imparare a pensare, anche più bisogno hanno avuto di sapersapere pensare per inventare l'arte della parola.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 156.}}.</ref>
 
Questa è, in sintesi, la condizione dell'uomo nello stato di natura: «Errando nella foresta, senza mestiere, senza parola, senza domicilio, senza guerra e senza legami, senza nessun bisogno dei suoi simili, come pure senza nessun bisogno di danneggiarli, forse addirittura senza conoscerne individualmente nessuno, il selvaggio, soggetto a poche passioni, bastando a sé stesso, non doveva avere che i sentimenti e i lumi del suo stato, non doveva sentire che gli autentici bisogni, guardando solo a ciò che riteneva di avere interesse a vedere, mentre la sua intelligenza faceva scarsi progressi, ma la sua vanità non ne faceva di più.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 168.}}.</ref> Rousseau aggiunge che in questa fase ogni scoperta, incomunicabile per mancanza di linguaggio e di contatti, perisce con il suo inventore; che, non essendoci educazione, non c'è progresso di generazione in generazione; che la diseguaglianza tra gli uomini, i quali vivono allo stesso modo facendo tutti le stesse cose, è molto ridotta; che il dominio di un uomo su un altro, dovendosi basare unicamente su un rapporto materiale di forza, è inconcepibile, perché richiederebbe al dominatore un'attenzione costante e una fatica, a conti fatti, molto maggiore di quella che costui si risparmierebbe sfruttando il dominato.<ref name="zanette=274-75">{{cita|Zanette|pp. 274-275.}}.</ref><ref>{{cita|''Scritti politici''|pp. 168-172.}}.</ref>
 
==== Seconda parte ====
Nella seconda parte del ''Discours'', Rousseau descrive il processo storico che ha visto la degenerazione dell'uomo dalla purezza e felicità dello stato di natura (condizione che l'autore ha tratteggiato nella prima parte del testo) all'avvilimento e degrado morale della società corrotta (condizione che l'autore aveva già precedentemente analizzato nel ''Discorso sulle scienze e le arti'').
 
Secondo la sua ricostruzione, nonostante la semplicità e l'agio della vita nello stato di natura, le necessità di ogni giorno e le passioni che esse generano devono in qualche misura stimolare l'intelletto umano; l'insorgere di difficoltà di particolare gravità legate a fenomeni naturali straordinari e catastrofici porta gli uomini ad avvicinarsi gli uni agli altri, e questo «dové naturalmente generare nello spirito dell'uomo la percezione di certi rapporti»;<ref>Jean-Jacques Rousseau, ''Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini'', p. 174. In {{cita|''Scritti politici''}}</ref> tali rapporti mentali lo portano a sviluppare delle [[idea|idee]]. L'uomo comincia così ad avviarsi verso la consapevolezza e l'intelligenza e, acquisendo la facoltà di paragonarsi a se stesso e agli altri, va immediatamente riempiendosi di orgoglio e autocompiacimento.<ref name="s.p._175">{{cita|''Scritti politici''|p. 175.}}.</ref> Inizia a confrontarsi con i propri simili e, ognuno osservando che tutti si comportano come si comporta lui stesso, intuendo una serie di affinità reciproche, sviluppa una sorta di [[empatia]] e un rispettoso codice di condotta che, rafforzando il sentimento della pietà, va a vantaggio della sicurezza e della pace di tutti.<ref name="s.p._175"/> Gli uomini cominciano dunque a vivere insieme e a collaborare, raffinando gradualmente il linguaggio che usano per comunicare tra loro e sviluppando con l'abitudine a convivere le prime relazioni sentimentali – amore coniugale e affetto tra genitori e figli: «Fu l'epoca di una prima rivoluzione da cui nacque la fondazione e la distinzione delle famiglie e che introdusse una specie di proprietà; forse già da questo nacquero di gran liti e contese.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 176.}}.</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 12-15.}}.</ref>
 
[[File:Alexandre Hyacinthe Dunouy - Jean-Jacques Rousseau meditating in the park at La RochecordonRochecardon.jpg|thumbmin|leftsinistra|Rousseau in meditazione nel parco di La Rochecordon, presso [[Lione]], in un dipinto di [[Alexandre-Hyacinthe Dunouy]] del [[1770]].]]
 
A questo punto, con il raffinarsi dell'intelligenza e con la disponibilità di crescenti risorse risultanti dal mettere in comune le forze di tutti, gli uomini iniziano a indulgere a delle comodità; questo è uno dei primi passi verso la corruzione, dato che tutte le comodità, secondo Rousseau, sono fin dall'inizio inevitabilmente destinate a degenerare in dipendenze e, quindi, a produrre nuovi bisogni limitando la libertà e l'indipendenza dell'uomo:<ref name="zanette_275"/> «In questa nuova condizione, con una vita semplice e solitaria, con bisogni molto limitati, coicon i mezzi che avevano inventato per provvedervi, gli uomini, godendo di molto tempo libero, lo impiegarono a procurarsi molte comodità ignote ai loro padri; fu questo il primo giogo che senza rendersene conto imposero a sé stessi, e la prima fonte dei mali che prepararono ai loro discendenti.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 177.}}.</ref> Ciononostante, «questo periodo di sviluppo delle facoltà umane, tenendo il giusto mezzo tra l'indolenza dello stato primitivo e l'impetuosa attività dell'amor proprio, dové essere l'epoca più felice e duratura. Più ci si riflette e più si trova che questa condizione era la meno soggetta a rivoluzioni, la migliore per l'uomo.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 180.}}.</ref>
 
Tuttavia, la crescente inclinazione a paragonarsi tra di loro porta gli uomini a dare sempre più peso all'opinione che si ha di ciascuno e, intanto che si inizia a desiderare di essere oggetto della pubblica stima, il fatto di apparire comincia a diventare più importante del fatto di essere; questo genera la prima [[vanità]], che è a sua volta presupposto sia della diseguaglianza sia del vizio.<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 179.}}.</ref> Gli uomini, che erano stati indipendenti «finché si dedicarono a lavori che ognuno poteva fare da solo, finché praticarono arti per cui non si richiedeva il concorso di più mani» divennero dipendenti gli uni dagli altri «nel momento stesso in cui un uomo ebbe bisogno dell'aiuto di un altro»; se inizialmente erano stati liberi e felici, «quando ci si accorse che era utile a uno solo averavere provviste per due, l'uguaglianza scomparve.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 181.}}.</ref> Lo sviluppo di arti come l'[[agricoltura]] e la [[metallurgia]], che richiedono che la proprietà non solo dei frutti del lavoro di ognuno, ma degli stessi mezzi di produzione e della terra, sia riconosciuta a chi li lavora, porta un rapido incremento della diseguaglianza: per la prima volta infatti, in virtù di un accordo convenzionale, non soltanto il frutto del lavoro è considerato di proprietà di chi l'ha guadagnato, ma si legittima il possesso dei mezzi di produzione a prescindere dal bisogno che chi li utilizza può avere dei loro prodotti.<ref>{{cita|Durkheim|p. 14.}}.</ref> Questa, secondo Rousseau, è una svolta storica:<ref name="zanette_275"/> «
{{citazione|Il primo che, cintato un terreno, pensò di affermare "questo è mio", e trovò persone abbastanza ingenue da credergli, fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quante guerre, quante uccisioni, quante miserie e quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che strappando i paletti o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: "Guardatevi dall'ascoltare questo impostore. Se dimenticate che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno, voi siete perduti".»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 173.}}.</ref>}}
 
Da allora la degenerazione accelera sensibilmente. L'istituzione del [[denaro]] aumenta la distanza tra i beni e il lavoro di chi li possiede, l'istituzione del diritto di successione ([[eredità]]) scollega del tutto le nozioni di "bisogno" e di "lavoro" da quella di "proprietà" da cui sono naturalmente inscindibili. L'amor di sé degenera definitivamente in amor proprio (''amour-propre'') e diventa quindi un egoismo attivo, non più passivo, in cui si gode non tanto del proprio bene quanto dello starstare meglio di altri, non solo delle proprie fortune ma anche delle disgrazie altrui. La smania di possedere sempre più dei propri vicini si impossessa di tutti: «Di qui cominciarono a nascere, a seconda dei diversi caratteri degli uni e degli altri, la dominazione e la schiavitù, o la violenza e le rapine.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 185.}}.</ref>
[[File:Thomas Hobbes (portrait).jpg|min|verticale=0.9|[[Thomas Hobbes]]]]
In questa fase evidentemente già molto lontana dallo stato di natura, secondo Rousseau, si arriva a quello stato di [[Bellum omnium contra omnes|guerra di tutti contro tutti]] che [[Hobbes]], concependo il suo ''[[homo homini lupus]]'', aveva posto all'origine della storia dell'uomo.<ref name="zanette_275"/><ref name="durkh_15">{{cita|Durkheim|p. 15.}}.</ref>
 
A questo punto, essendosi separata la classe dei ricchi da quella dei poveri, diventa evidente per i primi che la loro condizione è molto svantaggiosa, dal momento che dallo stato di guerra in cui si trovano hanno tutto da perdere, mentre i poveri hanno qualcosa da guadagnare con la rapina: «È da credere che i ricchi non tardassero ad avvertire quanto li danneggiasse una guerra di cui erano i soli a fare le spese, in cui il rischio della vita era comune [a ricchi e poveri] e individuale [solo dei ricchi] quello dei beni. D'altra parte [...] si rendevano abbastanza conto del fatto che le loro usurpazioni erano fondate su un diritto precario ede abusivo e che, avendole conquistate solo con la forza, potevano esserne privati con la forza senza avere ragione di lamentarsene.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 186.}}.</ref> È così che, per Rousseau, il ricco «finì con l'ideare il progetto più avveduto che mai sia venuto in mente all'uomo»:<ref name="s.p._187">{{cita|''Scritti politici''|p. 187.}}.</ref> propose un accordo al povero, offrendogli di unirsi allo scopo di proteggere i deboli dall'oppressione, di garantire a ciascuno il possesso del necessario, di stabilire degli ordinamenti di giustizia, cioè di istituire un sistema di leggi capace di «difendere tutti i membri dell'associazione, respingendo i comuni nemici e mantenendoci in un'eterna concordia.»<ref name="s.p._187"/> Gli uomini, «grossolani, facili da lusingare, che, d'altra parte, avevano troppe questioni da dirimere tra loro per fare a meno di arbitri, e troppa avarizia e ambizione per potere a lungo fare a meno di padroni [...] corsero incontro alle catene convinti di assicurarsi la libertà.»<ref name="durkh_15"/><ref>{{cita|''Scritti politici''|pp. 187-188.}}.</ref>
 
Questo "contratto iniquo" è il fondamento su cui si regge tuttora la società, con tutta la sua corruzione, ed è il principio da cui si sono generate e moltiplicate con pretesa legittimità tutte le diseguaglianze che hanno finito per distruggere la libertà naturale. La tutela delle leggi istituite da questo patto, che inizialmente erano solo convenzioni generali senza garanzie, ha infatti richiesto ben presto l'istituzione di una magistratura (un [[potere esecutivo]]); essa, dovendo proteggere più le ricchezze che la libertà e trovandosi di fronte a un popolo ormai corrotto, non ha tardato a degenerare in un potere assoluto, che da elettivo come doveva essere originariamente diventa ereditario e sprofonda la civiltà in nuovi abusi, in nuove violenze, tanto da farla quasi tornare al disordine che aveva reso necessario il contratto.<ref name="zanette_275"/> «Qui tutti i privati tornano ada essere uguali, perché non sono niente, e i sudditi non avendo altra legge che la volontà del padrone, né il padrone altra norma oltre le proprie passioni, le nozioni relative al bene e i principi di giustizia tornano di nuovo a svanire. A questo punto tutto si riporta alla sola legge del più forte, e quindi a un nuovo stato di natura diverso da quello con cui abbiamo cominciato, in quanto l'uno era lo stato della natura nella sua purezza, mentre quest'altro è il frutto di un eccesso di corruzione.»<ref name="s.p._202">{{cita|''Scritti politici''|p. 202.}}.</ref> Aggiunge Rousseau che «la sommossa che finisce con lo strangolare o detronizzare un sultano è un atto che ha la stessa validità giuridica di quelli con cui il sultano il giorno prima disponeva delle vite e degli averi dei suoi sudditi. Si manteneva con la sola forza, con la sola forza viene rovesciato.»<ref name="s.p._202"/>
 
La conclusione del ''Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini'' è che la diseguaglianza naturale è pressoché nulla e che «la diseguaglianza morale, autorizzata dal solo diritto positivo, è contraria al diritto naturale. [...] Ovviamente, è contro la legge di natura, comunque vogliamo definirla, che un bambino comandi a un vecchio, che un imbecille guidi un saggio, e che un pugno d'di uomini rigurgiti di cose superflue, mentre la moltitudine manca del necessario.»<ref name="zanette_275"/><ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 205.}}.</ref>
 
Il fatto di ricondurre l'origine di tutti i mali dell'uomo non alla natura dell'uomo stesso (considerata originariamente e intrinsecamente buona) ma al momento in cui l'essere umano si associa ai suoi simili, costituisce la risposta di Rousseau al problema della [[teodicea]], cioè della giustificazione dell'esistenza del male nonostante la bontà e l'onnipotenza di Dio: la responsabilità non è attribuita né alla natura né a Dio né all'uomo in sé, ma alla società – in quanto causa del prevalere dell'amor proprio sull'amor di sé.<ref>{{cita|Cassirer|pp. 39-42.}}.</ref> I dettagli sulla visione religiosa di Rousseau emergeranno con maggiore dettaglio dal ''Contratto sociale'' e dall<nowiki>{{'</nowiki>}}''Émile''.
 
=== Patto iniquo e patto equo: la proposta politica del ''Contratto sociale'' ===
==== Diritto, popolo, sovranità e potere legislativo ====
[[File:Social contract rousseau page.jpg|min|verticale|Il frontespizio del ''[[Contratto sociale (saggio)|Contratto sociale]]'']]
 
Se i primi due discorsi costituiscono una forte critica della civiltà e della società per come storicamente si sono date, il ''[[Discorso sull'economia politica]]'' e ''[[Contratto sociale (saggio)|Il contratto sociale]]'' contengono la proposta politica di Rousseau, ovvero le sue risposte filosofiche ai problemi da lui stesso sollevati.<ref name="iep"/><ref name="zanette_276"/> L'opera si apre con la famosa frase: {{quote|L'uomo è nato libero e ovunque si trova in catene. Anche chi si crede il padrone degli altri non è meno schiavo di loro.<ref name="c.s._55">{{cita|''Il contratto sociale''|p. 55}}.</ref>}}
[[File:Social contract rousseau page.jpg|thumb|upright|Il frontespizio del ''[[Contratto sociale (saggio)|Contratto sociale]]''.]]
 
Tenendo presente che Rousseau ritiene impossibile un ritorno allo stato di natura, e che secondo la sua visione i problemi posti dalla civiltà vanno superati nella civiltà,<ref name="zanette_276"/> nel ''Contratto sociale'' egli si propone di esporre quale sia l'ordinamento sociale e politico che meglio consente di coniugare ciò che il diritto autorizza e ciò che l'interesse suggerisce,<ref name="zanette_276"/> «in modo che la giustizia e l'utilità non si trovino separate.»<ref name="c.s._55"/>
Se i primi due discorsi costituiscono una forte critica della civiltà e della società per come storicamente si sono date, il ''[[Discorso sull'economia politica]]'' e ''[[Contratto sociale (saggio)|Il contratto sociale]]'' (il quale si apre con la famosa frase: «L'uomo è nato libero e ovunque si trova in catene»)<ref name=c.s._55>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 55.}}</ref> contengono la proposta politica di Rousseau, ovvero le sue risposte filosofiche ai problemi da lui stesso sollevati.<ref name=iep/><ref name=zanette_276/>
 
Nel primo dei quattro libri di cui l'opera si compone l'autore ricapitola brevemente l'origine delle prime società per come l'aveva ricostruita nei testi precedenti, e quindi passa a dimostrare l'inconsistenza dell'espressione "diritto del più forte": per Rousseau la forza non fonda alcun diritto, non genera alcuna legittimità, perché chi si sottomette a un forte è costretto a farlo (lo fa per forza, appunto, e non per scelta o per dovere) e questo significa che la parola "diritto" non aggiunge nulla alla parola "forza"; d'altra parte il più forte conserva il suo preteso diritto solo finché rimane tale, e lo perde non appena qualcuno si rivela più forte di lui.<ref name="c.s._61">{{cita|''Il contratto sociale''|p. 61}}.</ref> Rousseau, contro Voltaire, si esprime anche contro l'[[antisemitismo]].<ref>"Non crederei mai di avere ben capito le ragioni degli ebrei senza che abbiano uno Stato libero, delle scuole, delle università, dove possano parlare e disputare senza correre rischi"</ref>
Tenendo presente che Rousseau ritiene impossibile un ritorno allo stato di natura, e che secondo la sua visione i problemi posti dalla civiltà vanno superati nella civiltà,<ref name=zanette_276/> nel ''Contratto sociale'' egli si propone di esporre quale sia l'ordinamento sociale e politico che meglio consente di coniugare ciò che il diritto autorizza e ciò che l'interesse suggerisce,<ref name=zanette_276/> «in modo che la giustizia e l'utilità non si trovino separate.»<ref name=c.s._55/>
===== Rousseau antischiavista =====
Rousseau ispirò anche l'[[abolizionismo]]. Quando analizza il problema della [[schiavismo|schiavitù]], procede con la confutazione delle tesi sostenute in proposito da Grozio. In primo luogo, secondo Rousseau, non è possibile che un individuo scelga di alienare la propria libertà, e con essa tutti i suoi diritti, all'arbitrio di un altro senza che sia uscito di senno (e «la pazzia non crea diritto»);<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 59-60}}.</ref> in secondo luogo, chiunque rinunci alla propria libertà non può con questo arrogarsi il diritto di rinunciare a quella dei suoi figli in loro nome, il che rende assurda la schiavitù ereditaria<ref name="c.s._61"/> (come Rousseau aveva già affermato nella seconda parte del ''Discorso sulla diseguaglianza'', sostenere che il figlio di una schiava nascerebbe schiavo equivale a sostenere che un uomo non nascerebbe uomo);<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 195}}.</ref> in terzo luogo, l'atto con cui un uomo rinuncia alla propria libertà è diverso dall'atto con cui potrebbe rinunciare a una proprietà, perché degrada l{{'}}''essere'' stesso dell'uomo ed è incompatibile con la sua natura portando a stabilire un contratto cui la mancanza di «equivalenza e reciprocità» toglie ogni valore giuridico.<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 60-61}}.</ref> Grozio sosteneva anche che l'atto con cui, in guerra, un vincitore risparmia un vinto rende il primo proprietario della vita e dei diritti del secondo (il quale diventa legittimamente suo schiavo); Rousseau risponde che lo stato di guerra può sussistere tra due uomini o tra due Stati, ma non tra un uomo e uno Stato, «dato che è impossibile stabilire un vero rapporto tra cose di natura diversa»:<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 63}}.</ref> quindi, dato che nel momento in cui un soldato viene vinto cessa di essere una minaccia per lo Stato suo nemico, il vincitore deve trattarlo semplicemente come un uomo con tutti i suoi diritti. Inoltre, poiché la conquista di uno schiavo per mezzo di questo presunto diritto del vincitore deriva dalla sola forza (prolunga cioè lo stato di guerra tra i due uomini piuttosto che interromperlo), è ancora una volta un non-diritto, il quale viene meno non appena lo schiavo riesce fisicamente a eludere le sue catene.<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 64}}.</ref>
[[File:Illustration pour le Contrat social.jpg|min|verticale=0.8|Illustrazione allegorica per ''Il contratto sociale'']]
Avendo rifiutato la fondazione della società sulla base della forza o della schiavitù, e rifiutando anche le fondazioni basate sul [[diritto divino dei re|diritto divino]] o sul [[paternalismo]] politico,<ref name="zanette_276"/> Rousseau passa quindi a esaminare quello che secondo lui è l'atto propriamente costitutivo delle società umane, con cui si trasforma un gruppo inorganico e disorganizzato in una comunità regolata da precise convenzioni:<ref>{{cita|Durkheim|pp. 17-21}}.</ref> «Prima di esaminare l'atto attraverso il quale un popolo elegge un re sarebbe bene esaminare l'atto per il quale un popolo è un popolo, perché quest'atto, precedendo necessariamente l'altro, costituisce il vero fondamento della società.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 65}}.</ref>
==== Il patto sociale e la volontà generale====
Quest'atto, che Rousseau legge nella forma tradizionale del [[contratto sociale]], è la risposta che una comunità dà al problema di «trovare una forma di associazione che protegga, mediante tutta la forza comune, la persona e i beni di ciascun associato e per mezzo della quale ognuno, unendosi a tutti, non obbedisca tuttavia che a sé stesso e rimanga libero come prima.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 66}}.</ref> La clausola fondamentale di tale patto, quella che lo rende legittimo (l'unico, in effetti, legittimamente possibile),<ref>Lino Rizzi, ''Il problema della legittimazione democratica in Kelsen e Rousseau'', ''Il Politico'', Vol. 57, No. 2 (162) (aprile-giugno 1992), pp. 225-258.</ref> è che ognuno (come singolo) si dia a tutti gli altri (come comunità) e (come membro della comunità) riceva tutti gli altri (come singoli). Se quest'alienazione dei diritti, dei doveri, del potere e dei beni di ciascuno avviene senza riserve, ognuno, dandosi a tutti, non si dà a nessuno, e nessuno ha interesse a rendere onerosa la condizione altrui (o renderebbe onerosa la propria):<ref name="zanette_276"/> «Non c'è associato sul quale non si acquisti lo stesso diritto che gli si cede su sé stessi, si guadagna l'equivalente di tutto ciò che si perde e più forza per conservare quello che si ha.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 67}}.</ref>
 
Dalla comunità, così costituita in un autentico corpo politico, si origina una volontà unitaria del popolo in quanto Stato che determina le azioni del popolo in quanto [[sovrano]]: è quella che Rousseau chiama la [[volontà generale]] (''volonté générale'').<ref>Fabrizio Frigerio, "Souverain (chez Rousseau)", in: ''Dictionnaire international du Fédéralisme'', sous la dir. de [[Denis de Rougemont]], éd. François Saint-Ouen, Bruxelles, Bruylant, 1994, p. 272-274.</ref> E il popolo, come comunità deliberante caratterizzata da una precisa volontà (quella generale, che va verso il bene della comunità stessa), è il depositario di tutta la [[sovranità]]; il Sovrano (cioè il corpo politico inteso in senso attivo, come autore delle leggi, laddove lo Stato, o insieme dei [[Soggetto di diritto|soggetti]], è il corpo politico inteso in senso passivo, come destinatario delle leggi) è formato solo dai singoli, e non può avere interessi contrari ai loro. È chiaro che la volontà particolare di qualcuno può divergere dalla volontà comune del corpo politico: ma, per la simmetria di base del contratto sociale, «esso contiene implicitamente questo impegno, che solo può dare forza agli altri: chiunque rifiuterà di obbedire alla volontà generale vi sarà costretto da tutto il corpo, il che non significa altro che lo si forzerà a essere libero.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 71}}.</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 28-39}}.</ref>
Nel primo dei quattro libri di cui l'opera si compone l'autore ricapitola brevemente l'origine delle prime società per come l'aveva ricostruita nei testi precedenti, e quindi passa a dimostrare l'inconsistenza dell'espressione "diritto del più forte": per Rousseau la forza non fonda alcun diritto, non genera alcuna legittimità, perché chi si sottomette a un forte è costretto a farlo (lo fa per forza, appunto, e non per scelta o per dovere) e questo significa che la parola "diritto" non aggiunge nulla alla parola "forza"; d'altra parte, il più forte conserva il suo preteso diritto solo finché rimane tale, e lo perde non appena qualcuno si rivela più forte di lui.<ref name=c.s._61>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 61.}}</ref>
 
[[File:MontmorencyMonumentRousseau.jpg|min|verticale|sinistra|Monumento a Rousseau a [[Montmorency (Val-d'Oise)|Montmorency]]]]
Quindi Rousseau analizza il problema della [[schiavismo|schiavitù]], e procede con la confutazione delle tesi sostenute in proposito da Grozio. In primo luogo, secondo Rousseau, non è possibile che un individuo scelga di alienare la propria libertà, e con essa tutti i suoi diritti, all'arbitrio di un altro senza che sia uscito di senno (e «la pazzia non crea diritto»);<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 59-60.}}</ref> in secondo luogo, chiunque rinunci alla propria libertà non può con questo arrogarsi il diritto di rinunciare a quella dei suoi figli in loro nome, il che rende assurda la schiavitù ereditaria<ref name=c.s._61/> (come Rousseau aveva già affermato nella seconda parte del ''Discorso sulla diseguaglianza'', sostenere che il figlio di una schiava nascerebbe schiavo equivale a sostenere che un uomo non nascerebbe uomo);<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 195.}}</ref> in terzo luogo, l'atto con cui un uomo rinuncia alla propria libertà è diverso dall'atto con cui potrebbe rinunciare a una proprietà, perché degrada l<nowiki>'</nowiki>''essere'' stesso dell'uomo, è incompatibile con la sua natura e porta a stabilire un contratto cui la mancanza di «equivalenza e reciprocità» toglie ogni valore giuridico.<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 60-61.}}</ref> Grozio sosteneva anche che l'atto con cui, in guerra, un vincitore risparmia un vinto rende il primo proprietario della vita e dei diritti del secondo (il quale diventa legittimamente suo schiavo); Rousseau risponde che lo stato di guerra può sussistere tra due uomini o tra due Stati, ma non tra un uomo e uno Stato, «dato che è impossibile stabilire un vero rapporto tra cose di natura diversa»:<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 63.}}</ref> quindi, dato che nel momento in cui un soldato viene vinto cessa di essere una minaccia per lo Stato suo nemico, il vincitore deve trattarlo semplicemente come un uomo con tutti i suoi diritti. Inoltre, poiché la conquista di uno schiavo per mezzo di questo presunto diritto del vincitore deriva dalla sola forza (prolunga cioè lo stato di guerra tra i due uomini piuttosto che interromperlo), è ancora una volta un non-diritto, il quale viene meno non appena lo schiavo riesce fisicamente a eludere le sue catene.<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 64.}}</ref>
 
La sovranità, che dunque può appartenere solo al popolo, non è né divisibile («La volontà è generale o non lo è; è quella del corpo del popolo o solamente di una parte»)<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 77}}.</ref> né alienabile («Il potere si può certo trasmettere, ma non la volontà. [...] Pur non essendo impossibile che una volontà particolare concordi su qualche punto con la volontà generale, è comunque impossibile che questo accordo sia durevole e costante, giacché la volontà particolare tende per sua natura ai privilegi e la volontà generale all'uguaglianza»).<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 76}}.</ref> Quindi è il popolo in prima persona<ref name="zanette_273" /> che deve detenere ed esercitare la sua sovranità: Rousseau nega che sia possibile, sulle questioni di interesse ''generale'', alcuna [[rappresentanza]].<ref name="zanette_277"/><ref>{{cita|Durkheim|pp. 40-49}}.</ref> Il parlamento non può rappresentare il popolo, come aveva invece affermato [[John Locke]]: in Rousseau il popolo è l'unico depositario del [[potere legislativo]]. Una [[Atto normativo|legge]] è l'atto con cui tutto il popolo, in quanto sovrano, statuisce su sé stesso in quanto suddito su una materia generale; anche se le leggi possono essere (e in effetti sono) proposte da un legislatore che in qualche modo è esterno al popolo, nessuna legge è valida senza l'esplicita ratifica da parte del Sovrano, cioè ancora una volta il popolo stesso.<ref name="zanette_277">{{cita|Zanette|p. 277}}.</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 50-55}}.</ref>
Avendo rifiutato la fondazione della società sulla base della forza o della schiavitù, e rifiutando anche le fondazioni basate sul [[diritto divino dei re|diritto divino]] o sul [[paternalismo]] politico,<ref name=zanette_276/> Rousseau passa quindi a esaminare quello che secondo lui è l'atto propriamente costitutivo delle società umane, con cui si trasforma un gruppo inorganico e disorganizzato in una comunità regolata da precise convenzioni:<ref>{{cita|Durkheim|pp. 17-21.}}</ref> «Prima di esaminare l'atto attraverso il quale un popolo elegge un re sarebbe bene esaminare l'atto per il quale un popolo è un popolo, perché quest'atto, precedendo necessariamente l'altro, costituisce il vero fondamento della società.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 65.}}</ref>
 
All'interno dello Stato, la libertà per Rousseau non consiste e non può consistere nell'arbitrio di ogni singolo, ma piuttosto nell'indipendenza e nella protezione da ogni arbitrio particolare: «L'obbedienza alla legge che ci si è prescritta è libertà.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 72}}.</ref> Si è liberi quando tutti sottostanno alle stesse leggi, oggettive, necessarie e ''super partes'' come le leggi di natura, che la comunità si è data da sé; o, in altre parole, si è liberi non quando non si sottostà a nessuna autorità, bensì quando ci si sottomette volontariamente a un'autorità che impedisce il dominio di un uomo su un altro.<ref>{{cita|Cassirer|p. 22}}.</ref><ref>{{cita|Durkheim|p. 30}}.</ref>
Quest'atto, che Rousseau legge nella forma tradizionale del [[contratto sociale]], è la risposta che una comunità dà al problema di «trovare una forma di associazione che protegga, mediante tutta la forza comune, la persona e i beni di ciascun associato e per mezzo della quale ognuno, unendosi a tutti, non obbedisca tuttavia che a sé stesso e rimanga libero come prima.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 66.}}</ref> La clausola fondamentale di tale patto, quella che lo rende legittimo (l'unico, in effetti, legittimamente possibile), è che ognuno (come singolo) si dia a tutti gli altri (come comunità) e (come membro della comunità) riceva tutti gli altri (come singoli). Se quest'alienazione dei diritti, dei doveri, del potere e dei beni di ciascuno avviene senza riserve, ognuno, dandosi a tutti, non si dà a nessuno, e nessuno ha interesse a rendere onerosa la condizione altrui (o renderebbe onerosa la propria):<ref name=zanette_276/> «Non c'è associato sul quale non si acquisti lo stesso diritto che gli si cede su sé stessi, si guadagna l'equivalente di tutto ciò che si perde e più forza per conservare quello che si ha.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 67.}}</ref>
 
Rousseau tiene conto della possibilità che, poiché «si vuole sempre il proprio bene, ma non sempre lo si scorge»,<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 79}}.</ref> la ''volontà di tutti'' possa non coincidere con la ''volontà generale'': quest'ultima (che è più che altro volontà ''per'' tutti, cioè si caratterizza per una precisa ''finalità'' collettiva, e non solo per la sua ''origine'' collettiva)<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 83}}.</ref> tende sempre al bene pubblico, ma cionondimeno esistono sempre interessi particolari contrari a essa. Tuttavia Rousseau rimane fermamente convinto che in uno stato ben costituito, dove non si dà peso alle fazioni particolari e i cittadini sono retti e virtuosi, la volontà della maggioranza tende sempre ad approssimarsi alla volontà generale.<ref name="zanette_277"/>
Dalla comunità, così costituita in un autentico corpo politico, si origina una volontà unitaria del popolo in quanto Stato che determina le azioni del popolo in quanto [[sovrano]]: è quella che Rousseau chiama la volontà generale (''volonté générale''). E il popolo, come comunità deliberante caratterizzata da una precisa volontà (quella generale, che va verso il bene della comunità stessa), è il depositario di tutta la [[sovranità]]; il Sovrano (cioè il corpo politico inteso in senso attivo, come autore delle leggi, laddove lo Stato, o insieme dei [[Soggetto di diritto|soggetti]], è il corpo politico inteso in senso passivo, come destinatario delle leggi) è formato solo dai singoli, e non può avere interessi contrari ai loro. È chiaro che la volontà particolare di qualcuno può divergere dalla volontà comune del corpo politico: ma, per la simmetria di base del contratto sociale, «esso contiene implicitamente questo impegno, che solo può dar forza agli altri: chiunque rifiuterà di obbedire alla volontà generale vi sarà costretto da tutto il corpo, il che non significa altro che lo si forzerà a essere libero.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 71.}}</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 28-39.}}</ref>
 
==== Potere esecutivo e governo ====
[[File:MontmorencyMonumentRousseau.jpg|thumb|upright|Monumento a Rousseau a [[Montmorency (Val-d'Oise)|Montmorency]].]]
Se l'aderenza alla volontà generale legittima il potere legislativo del popolo, d'altra parte nello Stato è necessaria un'autorità che, detenendo un potere esecutivo, abbia facoltà di fare rispettare la legge nei casi particolari. Questa autorità spetta, secondo Rousseau, al [[governo]], che egli separa nettamente dal sovrano: il primo detiene il potere di giudicare i casi particolari e di applicare puntualmente la legge, il secondo, invece, il potere di legiferare, cioè di esprimersi su casi di interesse generale. Il Governo quindi è un ministro, o magistrato, del Sovrano, un corpo intermedio tra il popolo in quanto sovrano e il popolo in quanto suddito.<ref name="zanette_277"/><ref>{{cita|Casini|pp. 79-82}}.</ref>
 
La volontà generale, naturalmente, ha la facoltà di scegliere la forma di governo che ritiene più vantaggiosa e più adatta alle determinate caratteristiche storiche e geografiche del popolo.<ref name="zanette_277"/> Le tre forme fondamentali che Rousseau individua (e che possono essere combinate in innumerevoli forme miste) sono tradizionalmente classificate in base al numero di persone a cui il popolo delega il potere esecutivo:<ref>{{cita|Casini|pp. 81 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 56-67}}.</ref>
La sovranità, che dunque può appartenere solo al popolo, non è né divisibile («La volontà è generale o non lo è; è quella del corpo del popolo o solamente di una parte»)<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 77.}}</ref> né alienabile («Il potere si può certo trasmettere, ma non la volontà. [...] Pur non essendo impossibile che una volontà particolare concordi su qualche punto con la volontà generale, è comunque impossibile che questo accordo sia durevole e costante, giacché la volontà particolare tende per sua natura ai privilegi e la volontà generale all'uguaglianza»).<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 76.}}</ref> Quindi è il popolo in prima persona che deve detenere ed esercitare la sua sovranità: Rousseau nega che sia possibile, sulle questioni di interesse ''generale'', alcuna [[rappresentanza]].<ref name=zanette_277/><ref>{{cita|Durkheim|pp. 40-49.}}</ref> Il popolo è l'unico depositario del [[potere legislativo]]. Una [[Atto normativo|legge]] è l'atto con cui tutto il popolo, in quanto sovrano, statuisce su sé stesso in quanto suddito su una materia generale; anche se le leggi possono essere (e in effetti sono) proposte da un legislatore che in qualche modo è esterno al popolo, nessuna legge è valida senza l'esplicita ratifica da parte del Sovrano, cioè ancora una volta il popolo stesso.<ref name=zanette_277>{{cita|Zanette|p. 277.}}</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 50-55.}}</ref>
 
* Se tale potere è detenuto da una sola persona, allora si ha una [[monarchia]]. Bisogna sempre tenere presente che la concezione rousseauiana della monarchia è diversa da quella tradizionale dal momento che il potere legislativo è sempre direttamente esercitato dal popolo (e quindi, in base alle definizioni di Rousseau, lo Stato è comunque repubblicano) e il re non è che un suo ministro demandato alle questioni particolari; la carica peraltro può non essere (e in generale non deve essere) ereditaria, ma elettiva. La monarchia ha il vantaggio di avere la volontà "di corpo" della magistratura identificata con la volontà particolare del re, e quindi la rapidità e l'efficienza decisionale è massima; tuttavia, dato che la volontà particolare di un singolo si distacca dalla volontà generale con più facilità che quella di un gruppo, il potere monarchico è quello che ha più probabilità di degenerare in tirannia quando il re tenta di usurpare il potere legislativo.<ref name="zanette_277"/><ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 125-131}}.</ref>
All'interno dello Stato, la libertà per Rousseau non consiste e non può consistere nell'arbitrio di ogni singolo, ma piuttosto nell'indipendenza e nella protezione da ogni arbitrio particolare: «L'obbedienza alla legge che ci si è prescritta è libertà.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 72.}}</ref> Si è liberi quando tutti sottostanno alle stesse leggi, oggettive, necessarie e ''super partes'' come le leggi di natura, che la comunità si è data da sé; o, in altre parole, si è liberi non quando non si sottostà a nessuna autorità, bensì quando ci si sottomette volontariamente a un'autorità che impedisce il dominio di un uomo su un altro.<ref>{{cita|Cassirer|p. 22.}}</ref><ref>{{cita|Durkheim|p. 30.}}</ref>
* Se il potere esecutivo è detenuto da un gruppo di persone (che può variare da una coppia fino alla metà meno uno del popolo, in modo che comunque ci siano più semplici cittadini che magistrati) si ha un'[[aristocrazia]]; essa può essere naturale (laddove, per esempio, il potere è affidato ai più anziani), elettiva oppure ereditaria. Se l'ultima forma è, insieme alla monarchia ereditaria, la peggiore possibile, invece le aristocrazie elettive o naturali (queste ultime essendo però adatte solo a stati piccoli, dove gli anziani sono in numero non eccessivo) sono le migliori: infatti, benché la magistratura abbia un interesse di corpo (generale rispetto al corpo della magistratura ma particolare rispetto allo Stato) che la porta a fare il suo bene prima di quello pubblico, tuttavia il fatto che il potere esecutivo sia detenuto collegialmente rende meno facile la sua degenerazione.<ref name="zanette_277"/><ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 122-124}}.</ref>
* Se il potere esecutivo spetta al popolo, cioè se ci sono nello Stato più magistrati che semplici cittadini, si ha una [[democrazia]]. Questa condizione, in cui la volontà generale si confonde con quella del corpo dei magistrati, è la più retta perché coloro che amministrano le leggi sono gli stessi che le hanno fatte, e quindi l'aderenza alla volontà generale anche nelle azioni particolari è massima. Tuttavia questa forma non è la più efficiente (si ricordi che si parla di potere esecutivo, cioè di tutte le prassi di governo: Rousseau intende la democrazia in senso più "forte" di quello corrente) e si rischiano pericolose confusioni tra la sfera dell'esecutivo e quella del legislativo.<ref name="zanette_277"/> Inoltre, per Rousseau «va contro l'ordine naturale che la maggioranza governi e la minoranza sia governata.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 120}}.</ref> «Se esistesse un popolo di Dei – conclude l'autore – si governerebbe democraticamente. Un Governo così perfetto non è adatto a degli uomini.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 120-122}}.</ref>
 
Gli altri due punti fondamentali del ''Contratto sociale'', accennati già nel secondo discorso, riguardano la [[Proprietà (diritto)|proprietà]] e la [[religione civile]]. Le condizioni di legittimità che Rousseau individua per il diritto di proprietà sono il fatto che si prenda possesso solo di oggetti che non sono già di qualcun altro, il fatto che si possiedano tali oggetti solo nella misura in cui se ne ha necessità o bisogno, e il lavoro:<ref>{{cita|Durkheim|p. 37}}.</ref> «In generale, per autorizzare su un qualunque terreno il diritto del primo occupante, occorrono le seguenti condizioni. In primo luogo che non sia ancora abitato da nessuno; in secondo luogo che se ne occupi solo quel tanto che è necessario per la sussistenza; in terzo luogo che se ne prenda possesso non con una vana cerimonia, ma con il lavoro e la coltivazione.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 73}}.</ref> Rousseau non nega del tutto la possibilità che, all'interno della società, la proprietà generi diseguaglianze, ma insiste sul fatto che i limiti del diritto di proprietà siano uguali per tutti e che la diseguaglianza non si possa spingere fino al punto in cui qualcuno è costretto a vendersi a un altro, tanto opulento da poterlo comprare.<ref name="zanette_277"/>
Rousseau tiene conto della possibilità che, poiché «si vuole sempre il proprio bene, ma non sempre lo si scorge»,<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 79.}}</ref> la ''volontà di tutti'' possa non coincidere con la ''volontà generale'': quest'ultima (che è più che altro volontà ''per'' tutti, cioè si caratterizza per una precisa ''finalità'' collettiva, e non solo per la sua ''origine'' collettiva)<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 83.}}</ref> tende sempre al bene pubblico, ma cionondimeno esistono sempre interessi particolari contrari ad essa. Tuttavia Rousseau rimane fermamente convinto che in uno stato ben costituito, dove non si dà peso alle fazioni particolari e i cittadini sono retti e virtuosi, la volontà della maggioranza tende sempre ad approssimarsi alla volontà generale.<ref name=zanette_277/>
 
Sulla religione Rousseau si esprime in senso fortemente [[Tolleranza|tollerante]], e tuttavia riconosce al culto della divinità un'importante finalità a livello sociale (oltre che un'origine storica fondamentalmente sociale). Egli distingue, in sostanza, la religione ''dell'uomo'' dalla [[Religione civile|religione ''del cittadino'']]: se (come risulterà massimamente chiaro da quanto contenuto nella ''[[#Filosofia naturale e religione nella Professione di fede del vicario savoiardo|Professione di fede del vicario savoiardo]]'') a livello individuale nessuno può essere costretto nel determinato sistema di dogmi di una certa religione positiva e se ognuno ha il diritto di approdare a Dio in modo autonomo e razionale, invece a livello sociale è indispensabile che al corpo politico siano imposti alcuni fondamentali dogmi di carattere morale (e quindi strettamente legati all'utilità pubblica) che nessuno potrebbe negare senza scuotere le fondamenta stesse dello Stato: l'esistenza di un Dio onnipotente e buono, l'immortalità dell'anima (con la premiazione dei buoni e il castigo dei malvagi nell'altra vita), la sacralità del patto sociale e delle leggi.<ref>{{cita|Cassirer|p. 20}}.</ref><ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 200}}.</ref> Dopodiché Rousseau non si esprime direttamente né a favore né contro le rivelazioni, e riconosce a tutti il diritto di crederle o predicarle, a patto che nessuno vi sia costretto;<ref name="zanette_281"/> tutto si può dire, tranne «[[Extra Ecclesiam nulla salus|fuori della Chiesa niente Salvezza]]»<ref name="c.s._201">{{cita|''Il contratto sociale''|p. 201}}.</ref> perché l'intolleranza teologica implica necessariamente l'intolleranza civile, che apre la porta al collasso dello Stato:<ref name="zanette_281">{{cita|Zanette|p. 281}}.</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 65-67}}.</ref> «Ovunque l'intolleranza teologica viene ammessa è impossibile che non abbia qualche effetto civile e, appena ne ha, il Sovrano non è più tale, neppure nel campo temporale; da quel momento i Preti sono i veri padroni e i Re niente altro che loro funzionari.»<ref name="c.s._201"/>
==== Potere esecutivo e governo ====
Se l'aderenza alla volontà generale legittima il potere legislativo del popolo, d'altra parte nello Stato è necessaria un'autorità che, detenendo un potere esecutivo, abbia facoltà di far rispettare la legge nei casi particolari. Questa autorità spetta, secondo Rousseau, al [[governo]], che egli separa nettamente dal sovrano: il primo detiene il potere di giudicare i casi particolari e di applicare puntualmente la legge, il secondo, invece, il potere di legiferare, cioè di esprimersi su casi di interesse generale. Il Governo quindi è un ministro, o magistrato, del Sovrano, un corpo intermedio tra il popolo in quanto sovrano e il popolo in quanto suddito.<ref name=zanette_277/><ref>{{cita|Casini|pp. 79-82.}}</ref>
 
=== L'uomo nuovo nella pedagogia dell{{'}}''Émile'' ===
La volontà generale, naturalmente, ha la facoltà di scegliere la forma di governo che ritiene più vantaggiosa e più adatta alle determinate caratteristiche storiche e geografiche del popolo.<ref name=zanette_277/> Le tre forme fondamentali che Rousseau individua (e che possono essere combinate in innumerevoli forme miste) sono tradizionalmente classificate in base al numero di persone a cui il popolo delega il potere esecutivo:<ref>{{cita|Casini|pp. 81 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 56-67.}}</ref>
[[File:EmileTitle.jpeg|min|sinistra|verticale|Il frontespizio dell{{'}}''Émile'']]
 
Nell'opera ''[[Emilio o dell'educazione|Émile, o dell'educazione]]'' (1762) Rousseau espone – tramite la descrizione minuziosa dell'educazione di un allievo ideale, Émile appunto – una concezione [[Pedagogia|pedagogica]] che riprende e ricapitola, al fine della formazione di un uomo e di un cittadino nel senso più alto di questi due termini, tutti i temi più cari all'autore: filosofia della natura, antropologia, psicologia, politica, religione.<ref name="zanette_279"/> La critica tende a sottolineare l'intima unità che lega l{{'}}''Émile'' al ''Contratto sociale'', pure composto nel 1762: secondo alcune interpretazioni l'ardita proposta politica di Rousseau richiede, per essere attuabile, un'umanità retta e virtuosa che solo un'educazione estremamente accurata e ponderata dei singoli individui può sviluppare; in qualche modo, per la società nuova di Rousseau è necessaria una nuova umanità, una generazione di cittadini consapevoli e buoni, di cui idealmente Émile è il primo rappresentante.<ref>{{cita|Cassirer|pp. 86-87}}.</ref> In alternativa, quello dell{{'}}''Émile'' può essere letto come un «programma minimo», cioè come un tentativo di riforma morale e civile sulla piccola scala dell'individuo che viene intrapreso perché si riconosce l'impossibilità pratica di attuare una simile riforma sulla grande scala dello Stato.<ref>{{cita|Casini|p. 122}}.</ref> Ancora, alcuni hanno interpretato l{{'}}''Émile'' come un tentativo di portare l'uomo alla felicità all'interno dello Stato e della società, cioè come una riscrittura del ''Contratto sociale'' non più nell'ottica di modellare uno Stato legittimo, bensì nell'intento di formare alla moralità un singolo individuo, di renderlo capace di rapportarsi correttamente con la comunità e di fargli ottenere così l'unica felicità possibile al di fuori dello stato di natura: i due testi sarebbero quindi due facce della stessa medaglia, dal momento che Rousseau stesso sostiene che «quelli che vorranno trattare separatamente la politica e la morale non capiranno mai niente di nessuna delle due.»<ref name="zanette_279">{{cita|Zanette|p. 279}}.</ref>
* Se tale potere è detenuto da una sola persona, allora si ha una [[monarchia]]. Bisogna sempre tenere presente che la concezione rousseauiana della monarchia è diversa da quella che tradizionalmente il termine significa, dal momento che il potere legislativo è sempre direttamente esercitato dal popolo (e quindi, in base alle definizioni di Rousseau, lo Stato è comunque repubblicano) e il re non è che un suo ministro demandato alle questioni particolari; la carica peraltro può non essere (e in generale non deve essere) ereditaria, ma elettiva. La monarchia ha il vantaggio di avere la volontà "di corpo" della magistratura identificata con la volontà particolare del re, e quindi la rapidità e l'efficienza decisionale è massima; tuttavia, dato che la volontà particolare di un singolo si distacca dalla volontà generale con più facilità che quella di un gruppo, il potere monarchico è quello che ha più probabilità di degenerare in tirannia quando il re tenta di usurpare il potere legislativo.<ref name=zanette_277/><ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 125-131.}}</ref>
 
Il testo si compone di cinque libri: nel primo, che va da prima della nascita di Émile al momento in cui inizia a parlare, Rousseau descrive il tipo di cure di cui il bambino ha bisogno da parte della madre e della nutrice, scendendo anche nei dettagli della sua alimentazione e del suo accudimento; ciò che traspare con chiarezza fin dall'inizio, comunque, è che l'educazione di Émile deve essere un'educazione "delle cose", e non "delle parole", in modo che il bambino si abitui ad accettare come inevitabili le necessità imposte dalle circostanze e sia invece totalmente indipendente dagli uomini e dalle loro opinioni: per esempio, il precettore (la cui figura coincide sostanzialmente con quella di Rousseau) dovrà sempre essere in grado di distinguere i bisogni dell'infante dai suoi capricci, assecondando senza esitazione i primi e ignorando completamente i secondi. L'allievo dovrà essere scelto accuratamente, ed essere fisicamente sano.<ref>{{cita|''Émile''|pp. 39-88}}.</ref><ref name="zanette_280">{{cita|Zanette|p. 280}}.</ref>
* Se il potere esecutivo è detenuto da un gruppo di persone (che può variare da una coppia fino alla metà meno uno del popolo, in modo che comunque ci siano più semplici cittadini che magistrati) si ha un'[[aristocrazia]]; essa può essere naturale (laddove, per esempio, il potere è affidato ai più anziani), elettiva oppure ereditaria. Se l'ultima forma è, insieme alla monarchia ereditaria, la peggiore possibile, invece le aristocrazie elettive o naturali (queste ultime essendo però adatte solo a stati piccoli, dove gli anziani sono in numero non eccessivo) sono le migliori: infatti, benché la magistratura abbia un interesse di corpo (generale rispetto al corpo della magistratura ma particolare rispetto allo Stato) che la porta a fare il suo bene prima di quello pubblico, tuttavia il fatto che il potere esecutivo sia detenuto collegialmente rende meno facile la sua degenerazione.<ref name=zanette_277/><ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 122-124.}}</ref>
 
[[File:Emile.jpg|min|verticale|Illustrazione da un'edizione del XIX secolo dell{{'}}''Émile'']]
* Se il potere esecutivo spetta al popolo, cioè se ci sono nello Stato più magistrati che semplici cittadini, si ha una [[democrazia]]. Questa condizione, in cui la volontà generale si confonde con quella del corpo dei magistrati, è la più retta perché coloro che amministrano le leggi sono gli stessi che le hanno fatte, e quindi l'aderenza alla volontà generale anche nelle azioni particolari è massima. Tuttavia questa forma non è la più efficiente (si ricordi che si parla di potere esecutivo, cioè di tutte le prassi di governo: Rousseau intende la democrazia in senso più "forte" di quello corrente) e si rischiano pericolose confusioni tra la sfera dell'esecutivo e quella del legislativo.<ref name=zanette_277/> Inoltre, per Rousseau «va contro l'ordine naturale che la maggioranza governi e la minoranza sia governata.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 120.}}</ref> «Se esistesse un popolo di Dei – conclude l'autore – si governerebbe democraticamente. Un Governo così perfetto non è adatto a degli uomini.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|pp. 120-122.}}</ref>
 
Nel secondo libro, che rispetto alla crescita di Émile va da circa tre anni a dodici anni, il bambino inizia a parlare, a giocare, a entrare in relazione sensoriale con il mondo in modo consapevole; in questo momento diventa essenziale il concetto rousseauiano di "educazione negativa":<ref name="zanette_280"/> dal momento che «tutto è bene quando esce dalle mani dell'Autore di tutte le cose [Dio], tutto degenera nelle mani dell'uomo»,<ref>{{cita|''Émile''|p. 39}}.</ref> una buona educazione consiste in gran parte nel preservare l'originaria bontà e purezza del bambino contro la corruzione a cui la società che lo circonda lo farebbe altrimenti andare incontro; si cerca quindi di ritardare tutti i progressi del bambino in modo che nessuno degli errori che potrebbe commettere in questa età critica rimanga radicato in lui per tutta la vita;<ref name="zanette_280"/> Émile vive isolato, a diretto contatto con la natura, solo con il suo precettore e con pochi servitori discreti. Consapevole che il bambino corre un elevato rischio di morire prima degli otto anni, il precettore insiste sull'importanza di fare sì che sia felice nel presente (piuttosto che prepararlo a una felicità futura sfuggente e incerta) e quindi lo conduce nei suoi giochi e nelle sue attività in modo che essi gli risultino il più possibile piacevoli.<ref>{{cita|''Émile''|pp. 89-205}}.</ref>
Gli altri due punti fondamentali del ''Contratto sociale'', accennati già nel secondo discorso, riguardano la [[Proprietà (diritto)|proprietà]] e la [[religione civile]]. Le condizioni di legittimità che Rousseau individua per il diritto di proprietà sono il fatto che si prenda possesso solo di oggetti che non sono già di qualcun altro, il fatto che si possiedano tali oggetti solo nella misura in cui se ne ha necessità o bisogno, e il lavoro:<ref>{{cita|Durkheim|p. 37.}}</ref> «In generale, per autorizzare su un qualunque terreno il diritto del primo occupante, occorrono le seguenti condizioni. In primo luogo che non sia ancora abitato da nessuno; in secondo luogo che se ne occupi solo quel tanto che è necessario per la sussistenza; in terzo luogo che se ne prenda possesso non con una vana cerimonia, ma con il lavoro e la coltivazione.»<ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 73.}}</ref> Rousseau non nega del tutto la possibilità che, all'interno della società, la proprietà generi diseguaglianze, ma insiste sul fatto che i limiti del diritto di proprietà siano uguali per tutti e che la diseguaglianza non si possa spingere fino al punto in cui qualcuno è costretto a vendersi a un altro, tanto opulento da poterlo comprare.<ref name=zanette_277/>
 
Il secondo libro contiene anche una lunga dissertazione sulla [[dieta]], con particolare riferimento al problema della liceità del mangiare [[carne]]. Già nella prefazione al secondo discorso Rousseau aveva sostenuto che «pare io sia obbligato a non fare alcun male al mio simile meno in quanto è un essere intelligente che non in quanto è un essere sensibile» e che quindi, «per via della sensibilità di cui sono dotati, è da ritenere che anche gli animali debbano partecipare del diritto naturale e che l'uomo sia tenuto nei loro riguardi a taluni doveri.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 134}}.</ref> Nell{{'}}''Émile'' l'autore riprende questi temi e sottolinea, da un lato, che la dieta [[Vegetarianismo|vegetariana]] è più salutare di quella che comprende anche la carne e, dall'altro lato, che il maltrattamento degli animali da parte dell'uomo (anche al fine di nutrirsene) non solo è illegittimo, ma costituisce anche il sintomo di una morale che rispetta solo i forti, senza farsi alcuno scrupolo a divorare esseri inermi e pacifici.<ref name="williams"/><ref>{{cita web|url=http://www.ivu.org/history/renaissance/rousseau.html |titolo=Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) |sito=[http://www.ivu.org/ International Vegetarian Union] |accesso=10 giugno 2012 |lingua=en}}</ref> Rousseau riporta poi integralmente un lungo passo tratto dal saggio ''Del mangiar carne'' di Plutarco in cui si critica aspramente, in quanto innaturale e barbaro, il fatto di nutrirsi di carne.<ref name="williams"/><ref>{{cita|''Émile''|pp. 192-195}}.</ref>
Sulla religione Rousseau si esprime in senso fortemente [[Tolleranza|tollerante]], e tuttavia riconosce al culto della divinità un'importante finalità a livello sociale (oltre che un'origine storica fondamentalmente sociale). Egli distingue, in sostanza, la religione ''dell'uomo'' dalla religione ''del cittadino'': se (come risulterà massimamente chiaro da quanto contenuto nella ''Professione di fede del vicario savoiardo'') a livello individuale nessuno può essere costretto nel determinato sistema di dogmi di una certa religione positiva e se ognuno ha il diritto di approdare a Dio in modo autonomo e razionale, invece a livello sociale è indispensabile che al corpo politico siano imposti alcuni fondamentali dogmi di carattere morale (e quindi strettamente legati all'utilità pubblica) che nessuno potrebbe negare senza scuotere le fondamenta stesse dello Stato: l'esistenza di un Dio onnipotente e buono, l'immortalità dell'anima (con la premiazione dei buoni e il castigo dei malvagi nell'altra vita), la sacralità del patto sociale e delle leggi.<ref>{{cita|Cassirer|p. 20.}}</ref><ref>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 200.}}</ref> Dopodiché Rousseau non si esprime direttamente né a favore né contro le rivelazioni, e riconosce a tutti il diritto di crederle o predicarle, a patto che nessuno vi sia costretto;<ref name=zanette_281/> tutto si può dire, tranne «fuori della Chiesa niente Salvezza»<ref name=c.s._201>{{cita|''Il contratto sociale''|p. 201.}}</ref> perché l'intolleranza teologica implica necessariamente l'intolleranza civile, che apre la porta al collasso dello Stato:<ref name=zanette_281>{{cita|Zanette|p. 281.}}</ref><ref>{{cita|Durkheim|pp. 65-67.}}</ref> «Ovunque l'intolleranza teologica viene ammessa è impossibile che non abbia qualche effetto civile e, appena ne ha, il Sovrano non è più tale, neppure nel campo temporale; da quel momento i Preti sono i veri padroni e i Re niente altro che loro funzionari.»<ref name=c.s._201/>
 
Nel terzo libro (il bambino ha da tredici a quindici anni) inizia la vera e propria istruzione del fanciullo: la sua ragione è ormai formata, ma egli è praticamente privo di pregiudizi; inoltre, dice Rousseau, egli ha molte forze (dovute al costante esercizio e alla vita sana e semplice) e pochissimi bisogni (non essendo stato aggiunto niente per mezzo dell'opinione, della vanità e dell'orgoglio a quello che è reso necessario dalla natura): queste circostanze massimizzano la capacità di Émile di dedicarsi ad attività impegnative come gli studi. Sempre condotto da un obiettivo pratico, cioè sempre immediatamente consapevole dell'utilità di quello che studia, Émile viene guidato alla scoperta della [[geometria]], della [[fisica]], della [[geografia]]: ma ogni insegnamento egli lo deve trarre direttamente dall'esperienza, e deve più ricostruire le discipline che impararle.<ref>{{cita|Cassirer|p. 83}}.</ref> Nulla deve venire concesso all'[[Principio di autorità|autorità]], e più che i contenuti (le verità) delle scienze che studia, Émile deve imparare ad apprezzare e a servirsi del loro metodo.<ref name="zanette_280"/><ref>{{cita|''Émile''|pp. 206-264}}.</ref> Rousseau poi pronuncia una critica contro l'[[ozio]] della nobiltà, il [[lusso]] e la [[speculazione finanziaria]] borghese (altre antitesi che lo oppongono a Voltaire), elogiando il valore del lavoro manuale:
=== L'uomo nuovo nella pedagogia dell<nowiki>'</nowiki>''Émile'' ===
{{quote|Colui che mangia nell’ozio ciò che non ha guadagnato lui stesso lo ruba; e un ereditiero che lo Stato paga perché non faccia niente non differisce affatto ai miei occhi da un brigante che vive alle spese dei passanti. Fuori della società, l’uomo isolato, non dovendo niente a nessuno, ha diritto di vivere come gli piace; ma nella società, dove egli vive necessariamente a spese degli altri, deve loro in lavoro il prezzo del suo mantenimento; ciò è senza eccezioni. Lavorare è dunque un dovere indispensabile per l’uomo sociale. Ricco o povero, potente o debole, ogni cittadino ozioso è un furfante. [...] Voglio assolutamente che Emilio impari un mestiere. [...] Non voglio affatto che sia ricamatore, né indoratore, né verniciatore, come il gentiluomo di Locke; non voglio che sia né suonatore, né attore di commedia, né fabbricante di libri. Salvo queste professioni, e le altre che loro somigliano, prenda quella che vuole; non pretendo molestarlo in nulla. Preferisco che sia calzolaio che poeta; preferisco che lastrichi le strade maestre piuttosto che faccia fiori di porcellana.|Emilio, parte III}}
 
Nel quarto libro, che va dai sedici ai vent'anni di Émile, il giovane comincia a essere tormentato dalle passioni legate all'istinto sessuale. Non ha più solo sensazioni, ma (collegando e paragonando le sensazioni tra loro) sviluppa vere e proprie idee, e quindi in sostanza è tempo per il precettore di passare dall'educazione "della natura" a quella "della società".<ref name="zanette_280"/> Rousseau sostiene che il contatto di Émile con l'altro sesso debba essere ritardato il più possibile e che d'altra parte, se le indiscrezioni e le allusioni di coloro che lo circondano non avranno eccitato la sua immaginazione, l'emergenza del suo impulso riproduttivo sarà molto meno precoce di quello che normalmente è nei ragazzi. Il precettore deve essere in grado in questa fase di fare entrare il giovane a contatto con l'umanità in modo che egli la capisca a fondo, e più che invidiare gli altri uomini li compatisca: fintanto che Émile proverà le forti passioni che lo spingono a negare il suo isolamento senza rendersi conto che esse sono dirette specificamente verso le donne, l'istitutore potrà trasformarle in un sentimento di empatia e solidarietà umana generalizzata. Comunque, per come è stato educato, il suo naturale amor di sé e la pietà verso il prossimo prevarranno sempre sull'amor proprio. Nel frattempo lo studio della [[storia]] contribuirà a fare sì che Émile impari a capire gli uomini, e risposte discrete ma dirette alle sue domande gli chiariranno i principi della [[Sessualità|riproduzione]]. L'educazione sociale e morale del giovane viene completata dall'introduzione alla religione, alla quale è dedicata una larga parte del quarto libro sotto forma della ''Professione di fede del vicario savoiardo''. Infine Émile (ormai ventenne) deve essere davvero introdotto in società: questo passo viene compiuto quando diventa necessario per il ragazzo trovarsi una compagna, sulla quale il precettore non ha mancato di alimentare le aspettative del discepolo in modo che egli non si accontenti di niente di meno di quello che merita. Inevitabilmente Émile disprezzerà la lussuosa e corrotta civiltà urbana, e la ricerca dell'amata si sposterà ben presto alla campagna.<ref>{{cita|''Émile''|pp. 265-452}}.</ref>
[[File:EmileTitle.jpeg|thumb|left|upright|Il frontespizio dell<nowiki>'</nowiki>''Émile''.]]
 
Nel quinto libro (che è di stampo più narrativo dei precedenti, improntati maggiormente a uno stile didattico) Émile entra finalmente in contatto con Sophie, una ragazza semplice, virtuosa e modesta, educata con buon senso e onestà da una famiglia di campagna già ricca ma ormai decaduta. Rousseau descrive nel dettaglio l'educazione delle ragazze e le sue differenze rispetto a quella dei ragazzi; egli ritiene che la ragione delle donne sia di ordine strettamente pratico, mentre quella degli uomini ha un carattere maggiormente speculativo:<ref name="iep"/> di conseguenza, pur non apprezzando incondizionatamente nemmeno il fatto che gli uomini si dedichino allo studio delle discipline teoretiche, nega totalmente alle donne la facoltà di dedicarsi ad attività diverse dalla cura della casa e della famiglia. Afferma inoltre che, mentre gli uomini dipendono dalle donne solo per i loro desideri, le donne dipendono dagli uomini per i loro desideri e per i loro bisogni, essendo naturalmente meno indipendenti. Tuttavia, benché nel rapporto di coppia debba essere l'uomo a "comandare", Rousseau riconosce alla donna la capacità implicita di "governare" l'uomo manipolando i suoi desideri per mezzo della sua grazia e dei talenti specifici del sesso femminile, che per certi versi è ancora superiore a quello maschile.<ref name="iep"/> Émile e Sophie si innamorano, e risulta presto chiaro che si sposeranno. Tuttavia a questo punto giunge quella che forse è la prova più importante dell'educazione di Émile: il precettore vuole che si distacchi da Sophie per un periodo di almeno due anni. Le ragioni sono che i due sono ancora troppo giovani per essere buoni genitori; che Émile deve viaggiare, per completare la sua educazione con lo studio dei popoli e dei paesi del mondo, dei loro governi, delle loro istituzioni e dei loro costumi; che, soprattutto, la sua virtù deve essere messa alla prova della rinuncia agli affetti, cioè del dominio razionale delle passioni: questo è uno dei passaggi più significativi dell'opera di Rousseau, il quale avrà importanti influenze, in particolare, su Kant<ref name="zanette_281"/> (che annoverò l{{'}}''Émile'' tra i suoi libri preferiti).<ref>{{cita|Cassirer|p. 39}}.</ref> Per Rousseau «l'uomo virtuoso è colui che sa vincere i suoi affetti. Allora infatti segue la ragione, la coscienza, fa il suo dovere.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 564}}.</ref> La vera moralità, per Rousseau, la ''virtù'', va oltre il semplice fatto di compiere azioni il cui contenuto è buono: non consiste nell'obbedire a istinti che portano verso il bene, ma nel dominare tutte le passioni (senza comunque che esse debbano essere represse) e nell'agire in accordo alla ragione, a una legge morale che ci si è dati da sé: l'etica della legge a livello personale è simile a quella legata alla volontà generale a livello statale.<ref name="cass_61">{{cita|Cassirer|p. 61}}.</ref> Durante i suoi viaggi Émile completa la sua educazione studiando e comprendendo le forme istituzionali di popoli diversi da quello francese; con un breve riassunto delle tesi contenute nel ''Contratto sociale'' si compie l'ultimo passo di Émile verso la condizione di cittadino consapevole e responsabile.<ref name="zanette_281"/> Al suo ritorno egli sposerà Sophie e il suo destino sarà quello della vita semplice e campestre, che Rousseau riassume in un motto di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]]: «''Modus agri non ita magnus''», «un pezzo di terra non tanto grande».<ref>{{cita|''Émile''|pp. 453-609}}.</ref>
Nell'opera ''[[Emilio o dell'educazione|Émile, o dell'educazione]]'' ([[1762]]) Rousseau espone – tramite la descrizione minuziosa dell'educazione di un allievo ideale, Émile appunto – una concezione [[Pedagogia|pedagogica]] che riprende e ricapitola, al fine della formazione di un uomo e di un cittadino nel senso più alto di questi due termini, tutti i temi più cari all'autore: filosofia della natura, antropologia, psicologia, politica, religione.<ref name=zanette_279/> La critica tende a sottolineare l'intima unità che lega l<nowiki>'</nowiki>''Émile'' al ''Contratto sociale'', pure composto nel 1762: secondo alcune interpretazioni l'ardita proposta politica di Rousseau richiede, per essere attuabile, un'umanità retta e virtuosa che solo un'educazione estremamente accurata e ponderata dei singoli individui può sviluppare; in qualche modo, per la società nuova di Rousseau è necessaria una nuova umanità, una generazione di cittadini consapevoli e buoni, di cui idealmente Émile è il primo rappresentante.<ref>{{cita|Cassirer|pp. 86-87.}}</ref> In alternativa, quello dell<nowiki>'</nowiki>''Émile'' può essere letto come un «programma minimo», cioè come un tentativo di riforma morale e civile sulla piccola scala dell'individuo che viene intrapreso perché si riconosce l'impossibilità pratica di attuare una simile riforma sulla grande scala dello Stato.<ref>{{cita|Casini|p. 122.}}</ref> Ancora, alcuni hanno interpretato l<nowiki>'</nowiki>''Émile'' come un tentativo di portare l'uomo alla felicità all'interno dello Stato e della società, cioè come una riscrittura del ''Contratto sociale'' non più nell'ottica di modellare uno Stato legittimo, bensì nell'intento di formare alla moralità un singolo individuo, di renderlo capace di rapportarsi correttamente con la comunità e di fargli ottenere così l'unica felicità possibile al di fuori dello stato di natura: i due testi sarebbero quindi due facce della stessa medaglia, dal momento che Rousseau stesso sostiene che «quelli che vorranno trattare separatamente la politica e la morale non capiranno mai niente di nessuna delle due.»<ref name=zanette_279>{{cita|Zanette|p. 279.}}</ref>
 
Il libro avrebbe dovuto avere un seguito, ''Emilio e Sofia, o i solitari'' ma Rousseau lo lasciò incompiuto.<ref>G. Capponi, in ''Emilio'', a cura di Aldo Visalberghi, Laterza 2010, p. 223.</ref>
Il testo si compone di cinque libri: nel primo, che va da prima della nascita di Émile al momento in cui inizia a parlare, Rousseau descrive il tipo di cure di cui il bambino ha bisogno da parte della madre e della nutrice, scendendo anche nei dettagli della sua alimentazione e del suo accudimento; ciò che traspare con chiarezza fin dall'inizio, comunque, è che l'educazione di Émile deve essere un'educazione "delle cose", e non "delle parole", in modo che il bambino si abitui ad accettare come inevitabili le necessità imposte dalle circostanze e sia invece totalmente indipendente dagli uomini e dalle loro opinioni: ad esempio, il precettore (la cui figura coincide sostanzialmente con quella di Jean-Jacques) dovrà sempre essere in grado di distinguere i bisogni dell'infante dai suoi capricci, assecondando senza esitazione i primi e ignorando completamente i secondi.<ref>{{cita|''Émile''|pp. 39-88.}}</ref><ref name=zanette_280>{{cita|Zanette|p. 280}}</ref>
 
=== Filosofia naturale e religione nella ''Professione di fede del vicario savoiardo'' ===
[[File:Emile.jpg|thumb|upright|Illustrazione da un'edizione del XIX secolo dell<nowiki>'</nowiki>''Émile''.]]
[[File:Emile et le vicaire savoyard.jpg|min|Illustrazione di Emilio con il vicario savoiardo]]
La ''Professione di fede del vicario savoiardo'', contenuta nel quarto libro dell{{'}}''Émile'' e costruita come una rievocazione autobiografica romanzata, espone la visione di Rousseau a proposito della [[filosofia della natura|filosofia naturale]] e della [[religione]] – quest'ultima considerata non più a livello statale come nel ''Contratto sociale'', bensì a livello individuale. Procedendo con un metodo fortemente anti-intellettualistico, fondato sul [[senso comune|buon senso]] e su un sincero e modesto amore per la verità, ma anche riprendendo alcuni argomenti della [[Scolastica (filosofia)|scolastica]], di origine [[Platonismo|platonica]] e [[Aristotelismo|aristotelico]]-[[Tomismo|tomista]] (di fatto l'[[esistenza di Dio]] è per il ginevrino dimostrata riprendendo la [[prova ontologica]] e le [[Cinque vie (Tommaso d'Aquino)|cinque vie]] di [[Tommaso d'Aquino]], Rousseau (che parla per bocca del personaggio di un [[vicario parrocchiale]] della [[Savoia (dipartimento)|Savoia]]) ricostruisce una "fede razionale" semplice e intuitiva, basata sulle più elementari evidenze sensibili e sui sentimenti intrinseci al cuore dell'uomo. Dalla [[Sensibilità (sentimento)|sensibilità]] egli deduce l'[[esistenza]], dalla [[Libero arbitrio|libera volontà]] dell'uomo (indipendente dalle semplici [[Meccanicismo|relazioni meccaniche]] tra i corpi) deduce la [[Dualismo|dualità]] di [[Spirito (filosofia)|spirito]] e [[Materia (filosofia)|materia]]; dal [[Moto (fisica)|moto]] dei [[Corpo (fisica)|corpi]] deduce una [[causa prima]], l'indipendenza della cui [[volontà]] originaria deve essere ricondotta a una volontà universale che [[Anima del mondo|anima il mondo]]; dalla regolarità di questa volontà, che opera per mezzo di leggi, deduce un'[[intelligenza]]; dalla volontà, dalla [[Potenza (filosofia)|potenza]] e dall'intelligenza deduce la [[Bene (filosofia)|bontà]] di un [[Ente (filosofia)|ente]] che viene chiamato [[Dio]]; dalla bontà di Dio deduce l'[[immortalità dell'anima]], che garantisce la punizione dei malvagi e il premio dei buoni [[Aldilà|oltre questa vita]]. Da queste semplici considerazioni, a suo avviso, si possono ricavare tutte le massime necessarie per regolare la propria vita secondo giustizia, cioè per comportarsi moralmente.<ref name="iep"/><ref>{{cita|''Émile''|pp. 337-374}}.</ref>
 
[[File:AduC 004 J.-.J. Rousseau (1712-1778).JPG|min|sinistra|verticale|[[Incisione]] raffigurante Rousseau]]
Nel secondo libro, che rispetto alla crescita di Émile va da circa tre anni a dodici anni, il bambino inizia a parlare, a giocare, a entrare in relazione sensoriale con il mondo in modo consapevole; in questo momento diventa essenziale il concetto rousseauiano di "educazione negativa":<ref name=zanette_280/> dal momento che «tutto è bene quando esce dalle mani dell'Autore di tutte le cose [Dio], tutto degenera nelle mani dell'uomo»,<ref>{{cita|''Émile''|p. 39.}}</ref> una buona educazione consiste in gran parte nel preservare l'originaria bontà e purezza del bambino contro la corruzione a cui la società che lo circonda lo farebbe altrimenti andare incontro; si cerca quindi di ritardare tutti i progressi del bambino in modo che nessuno degli errori che potrebbe commettere in questa età critica rimanga radicato in lui per tutta la vita;<ref name=zanette_280/> Émile vive isolato, a diretto contatto con la natura, solo col suo precettore e con pochi servitori discreti. Consapevole che il bambino corre un elevato rischio di morire prima degli otto anni, il precettore insiste sull'importanza di far sì che sia felice nel presente (piuttosto che prepararlo a una felicità futura sfuggente e incerta) e quindi lo conduce nei suoi giochi e nelle sue attività in modo che essi gli risultino il più possibile piacevoli.<ref>{{cita|''Émile''|pp. 89-205.}}</ref>
 
Quindi Rousseau, sempre attraverso le parole del vicario, prende a criticare le religioni rivelate, quelle caratterizzate da dogmi positivi e formalizzate da testi sacri o autorità terrene. La sua critica è rivolta soprattutto contro il principio di autorità, considerato il fondamento di ogni intolleranza; per Rousseau non si può «credere a tutto sulla fede altrui, e sottomettere all'autorità degli uomini l'autorità di Dio che parla direttamente alla ragione. [...] Tutti i libri sono stati scritti da uomini? Allora come fa l'uomo ad averne bisogno per conoscere i suoi doveri, e di che mezzi disponeva prima che questi libri fossero stati scritti? O apprenderà questi doveri da sé stesso, o ne sarà dispensato.»<ref>{{cita|''Émile''|pp. 384, 387.}}</ref> E in particolare: «Se il figlio di un Cristiano fa bene a seguire la religione di suo padre senza un esame approfondito e imparziale, perché il figlio di un Turco farebbe male a seguire allo stesso modo la religione del suo? Sfido tutti gli intolleranti del mondo a darmi su questo una risposta che soddisfi un uomo assennato.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 390}}.</ref> In conclusione, Rousseau afferma di avere «chiuso tutti i libri. Solo uno resta aperto davanti agli occhi di tutti, ed è quello della natura.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 391}}.</ref> A Émile, quindi, come a ogni altro uomo, deve essere concesso di scegliere la religione positiva che preferisce o di non sceglierne nessuna, attenendosi alla fede razionale e naturale in una forma di [[deismo]]<ref>{{cita|''Émile''|p. 330}}.</ref>, in Rousseau tendente a una forma di [[panteismo naturalistico]].<ref>[https://www.jstor.org/stable/45074625 Orlando Carpi, "Il concetto di Dio nella filosofia tra Settecento e Ottocento: trascendenza e provvidenza divina"], [[Divus Thomas]], Vol. 95, No. 3, Dio e la creazione: ragione rivelazione e opinioni (Settembre-Dicembre 1992), pp. 95-115 (21 pages). Published By: Edizioni Studio Domenicano</ref> Secondo il pensatore, se la nostra comprensione pondera circa l'esistenza di Dio, non incontra altro che contraddizioni. Per cui gli impulsi del nostro cuore hanno più valore della comprensione, e questo ci proclama chiaramente le verità della religione naturale, ovvero l'[[esistenza di Dio]] e l'[[immortalità dell'anima]];<ref>{{cita|''Émile''|p. 330 e segg.}}</ref> questo lo differenzia dalla visione deista di [[Voltaire]], che riteneva che l'esistenza dell'Essere Supremo fosse verità di ragione e non di fede. Rousseau ribadisce poi quello che aveva sostenuto nel ''Contratto sociale'', che le religioni positive (purché siano oneste, veritiere e tolleranti) sono molto importanti come garanzia del rispetto delle leggi all'interno di uno Stato:<ref name="iep"/> «Considero tutte le religioni particolari come altrettante salutari istituzioni che in ogni paese prescrivono un modo uniforme di onorare Dio con un culto pubblico. [...] Credo che siano tutte buone quando Dio vi è servito adeguatamente.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 393}}.</ref>
Il secondo libro contiene anche una lunga dissertazione sulla [[dieta]], con particolare riferimento al problema della liceità del mangiar [[carne]]. Già nella prefazione al secondo discorso Rousseau aveva sostenuto che «pare io sia obbligato a non fare alcun male al mio simile meno in quanto è un essere intelligente che non in quanto è un essere sensibile» e che quindi, «per via della sensibilità di cui sono dotati, è da ritenere che anche gli animali debbano partecipare del diritto naturale e che l'uomo sia tenuto nei loro riguardi a taluni doveri.»<ref>{{cita|''Scritti politici''|p. 134.}}</ref> Nell<nowiki>'</nowiki>''Émile'' l'autore riprende questi temi e sottolinea, da un lato, che la dieta [[Vegetarianismo|vegetariana]] è più salutare di quella che comprende anche la carne e, dall'altro lato, che il maltrattamento degli animali da parte dell'uomo (anche al fine di nutrirsene) non solo è illegittimo, ma costituisce anche il sintomo di una morale che rispetta solo i forti, senza farsi alcuno scrupolo a divorare esseri inermi e pacifici.<ref name=williams/><ref>{{cita web|url=http://www.ivu.org/history/renaissance/rousseau.html |titolo=Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) |sito=[http://www.ivu.org/ International Vegetarian Union] |accesso=10 giugno 2012 |lingua=en}}</ref> Rousseau riporta poi integralmente un lungo passo tratto dal saggio ''Del mangiar carne'' di Plutarco in cui si critica aspramente, in quanto innaturale e barbaro, il fatto di nutrirsi di carne.<ref name=williams/><ref>{{cita|''Émile''|pp. 192-195.}}</ref>
 
[[File:Voltaire and Rousseau.jpg|min|Stampa agiografica del 1794: Voltaire e Rousseau (che tiene in mano ''Il contratto sociale'') sono guidati dal Genio della Ragione verso la gloria e l'immortalità]]
Nel terzo libro (il bambino ha da tredici a quindici anni) inizia la vera e propria istruzione del fanciullo: la sua ragione è ormai formata, ma egli è praticamente privo di pregiudizi; inoltre, dice Rousseau, egli ha molte forze (dovute al costante esercizio e alla vita sana e semplice) e pochissimi bisogni (non essendo stato aggiunto niente per mezzo dell'opinione, della vanità e dell'orgoglio a quello che è reso necessario dalla natura): queste circostanze massimizzano la capacità di Émile di dedicarsi ad attività impegnative come gli studi. Sempre condotto da un obiettivo pratico, cioè sempre immediatamente consapevole dell'utilità di quello che studia, Émile viene guidato alla scoperta della [[geometria]], della [[fisica]], della [[geografia]]: ma ogni insegnamento egli lo deve trarre direttamente dall'esperienza, e deve più ricostruire le discipline che impararle.<ref>{{cita|Cassirer|p. 83.}}</ref> Nulla deve venire concesso all'[[Principio di autorità|autorità]], e più che i contenuti (le verità) delle scienze che studia, Émile deve imparare ad apprezzare e a servirsi del loro metodo.<ref name=zanette_280/><ref>{{cita|''Émile''|pp. 206-264.}}</ref>
 
La visione della religione di Rousseau, che si caratterizza per una propensione per la [[religione naturale]], è critica sia rispetto all'atteggiamento [[Sensismo|sensista]] e [[Materialismo|materialista]] tipico dei ''philosophes'' dell'ambiente illuminista, in alcuni casi semplicemente [[Ateismo|atei]] e sempre critici verso le religioni positive,<ref name="zanette_281"/> sia rispetto alle chiese tradizionali, di cui attacca l'attitudine intollerante e presuntuosa.<ref name="iep"/><ref name="zanette_281"/>
Nel quarto libro, che va dai sedici ai vent'anni di Émile, il giovane comincia ad essere tormentato dalle passioni legate all'istinto sessuale. Non ha più solo sensazioni, ma (collegando e paragonando le sensazioni tra loro) sviluppa vere e proprie idee, e quindi in sostanza è tempo per il precettore di passare dall'educazione "della natura" a quella "della società".<ref name=zanette_280/> Rousseau sostiene che il contatto di Émile con l'altro sesso debba essere ritardato il più possibile e che d'altra parte, se le indiscrezioni e le allusioni di coloro che lo circondano non avranno eccitato la sua immaginazione, l'emergenza del suo impulso riproduttivo sarà molto meno precoce di quello che normalmente è nei ragazzi. Il precettore deve essere in grado in questa fase di far entrare il giovane a contatto con l'umanità in modo che egli la capisca a fondo, e più che invidiare gli altri uomini li compatisca: fintanto che Émile proverà le forti passioni che lo spingono a negare il suo isolamento senza rendersi conto che esse sono dirette specificamente verso le donne, l'istitutore potrà trasformarle in un sentimento di empatia e solidarietà umana generalizzata. Comunque, per come è stato educato, il suo naturale amor di sé e la pietà verso il prossimo prevarranno sempre sull'amor proprio. Nel frattempo lo studio della [[storia]] contribuirà a far sì che Émile impari a capire gli uomini, e risposte discrete ma dirette alle sue domande gli chiariranno i principi della [[Sessualità|riproduzione]]. L'educazione sociale e morale del giovane viene completata dall'introduzione alla religione, alla quale è dedicata una larga parte del quarto libro sotto forma della ''Professione di fede del vicario savoiardo''. Infine Émile (ormai ventenne) deve essere davvero introdotto in società: questo passo viene compiuto quando diventa necessario per il ragazzo trovarsi una compagna, sulla quale il precettore non ha mancato di alimentare le aspettative del discepolo in modo che egli non si accontenti di niente di meno di quello che merita. Inevitabilmente Émile disprezzerà la lussuosa e corrotta civiltà urbana, e la ricerca dell'amata si sposterà ben presto alla campagna.<ref>{{cita|''Émile''|pp. 265-452.}}</ref>
 
Rousseau non rinuncia alla visione di una natura buona nemmeno nelle discussioni sulla [[filosofia del disastro]] sviluppate in seguito al [[terremoto di Lisbona del 1755]]; si oppone a una visione pessimista della condizione umana, come emerge nella ''Lettera a Voltaire in occasione del disastro di Lisbona'', in cui si sforza di vedere il bene nel disegno della natura, rivolgendosi anche a chi non crede nelle sue stesse convinzioni:
Nel quinto libro (che è di stampo più narrativo dei precedenti, improntati maggiormente a uno stile didattico) Émile entra finalmente in contatto con Sophie, una ragazza semplice, virtuosa e modesta, educata con buon senso e onestà da una famiglia di campagna già ricca ma ormai decaduta. Rousseau descrive nel dettaglio l'educazione delle ragazze e le sue differenze rispetto a quella dei ragazzi; egli ritiene che la ragione delle donne sia di ordine strettamente pratico, mentre quella degli uomini ha un carattere maggiormente speculativo:<ref name=iep/> di conseguenza, pur non apprezzando incondizionatamente nemmeno il fatto che gli uomini si dedichino allo studio delle discipline teoretiche, nega totalmente alle donne la facoltà di dedicarsi ad attività diverse dalla cura della casa e della famiglia. Afferma inoltre che, mentre gli uomini dipendono dalle donne solo per i loro desideri, le donne dipendono dagli uomini per i loro desideri e per i loro bisogni, essendo naturalmente meno indipendenti. Tuttavia, benché nel rapporto di coppia debba essere l'uomo a "comandare", Rousseau riconosce alla donna la capacità implicita di "governare" l'uomo manipolando i suoi desideri per mezzo della sua grazia e dei talenti specifici del sesso femminile, che per certi versi è ancora superiore a quello maschile.<ref name=iep/> Émile e Sophie si innamorano, e risulta presto chiaro che si sposeranno. Tuttavia, a questo punto giunge quella che forse è la prova più importante dell'educazione di Émile: il precettore vuole che si distacchi da Sophie per un periodo di almeno due anni. Le ragioni sono che i due sono ancora troppo giovani per essere buoni genitori; che Émile deve viaggiare, per completare la sua educazione con lo studio dei popoli e dei paesi del mondo, dei loro governi, delle loro istituzioni e dei loro costumi; che, soprattutto, la sua virtù deve essere messa alla prova della rinuncia agli affetti, cioè del dominio razionale delle passioni: questo è uno dei passaggi più significativi dell'opera di Rousseau, il quale avrà importanti influenze, in particolare, su Kant<ref name=zanette_281/> (che annoverò l<nowiki>'</nowiki>''Émile'' tra i suoi libri preferiti).<ref>{{cita|Cassirer|p. 39.}}</ref> Per Rousseau «l'uomo virtuoso è colui che sa vincere i suoi affetti. Allora infatti segue la ragione, la coscienza, fa il suo dovere.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 564.}}</ref> La vera moralità, per Rousseau, la ''virtù'', va oltre il semplice fatto di compiere azioni il cui contenuto è buono: non consiste nell'obbedire a istinti che portano verso il bene, ma nel dominare tutte le passioni (senza comunque che esse debbano essere represse) e nell'agire in accordo alla ragione, a una legge morale che ci si è dati da sé: l'etica della legge a livello personale è simile a quella legata alla volontà generale a livello statale.<ref name=cass_61>{{cita|Cassirer|p. 61.}}</ref> Durante i suoi viaggi Émile completa la sua educazione studiando e comprendendo le forme istituzionali di popoli diversi da quello francese; con un breve riassunto delle tesi contenute nel ''Contratto sociale'' si compie l'ultimo passo di Émile verso la condizione di cittadino consapevole e responsabile.<ref name=zanette_281/> Al suo ritorno egli sposerà Sophie e il suo destino sarà quello della vita semplice e campestre, che Rousseau riassume in un motto di [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]]: «''Modus agri non ita magnus''», «un pezzo di terra non tanto grande».<ref>{{cita|''Émile''|pp. 453-609.}}</ref>
{{citazione|Sapere che il cadavere di un uomo nutra vermi, lupi o piante non è, ne convengo, un modo per risarcirlo della sua morte: ma se nel sistema dell'universo è necessario, per la conservazione del genere umano, che vi sia un passaggio di sostanza tra uomini, animali e vegetali, allora il singolo male di un individuo contribuisce al bene generale: muoio, vengo mangiato dai vermi, ma i miei fratelli, i miei figli vivranno come ho vissuto io e faccio, per ordine della natura, ciò che fecero Codro, Curzio, [[Leonida I|Leonida]], i Deci, i Fileni e mille altri per una piccola parte degli uomini [...] Ne convengo in tutto e per tutto, e tuttavia credo in Dio con la stessa forza con cui credo in qualunque altra verità, perché credere o non credere sono le cose al mondo che meno dipendono dalla mia volontà. Lo stato del dubbio è una condizione troppo violenta per la mia anima. Quando la mia ragione è indecisa, la mia fede non può restare a lungo in sospeso e decide senza di essa. Allora, mille motivi mi spingono di preferenza sul versante dove vi è maggior consolazione e aggiungono il peso della speranza all'equilibrio della ragione.<ref>[http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1706:lettera-di-rousseau-a-voltaire-sul-disastro-di-lisbona&catid=86&Itemid=28 ''Lettera di Rousseau a Voltaire'']</ref>}}
{{Citazione|Restando al tema del disastro di Lisbona, converrete che, per esempio, la natura non aveva affatto riunito in quel luogo ventimila case di sei o sette piani, e che se gli abitanti di quella città fossero stati distribuiti più equamente sul territorio e alloggiati in edifici di minor imponenza, il disastro sarebbe stato meno violento o, forse, non ci sarebbe stato affatto.<ref>J.- J. Rousseau, ''Lettera a Voltaire sul disastro di Lisbona'', p.25</ref>}}
Gli abitanti di Lisbona, secondo Rousseau, hanno offeso la semplicità della natura volendo orgogliosamente costruire una prospera capitale dove si sono ammassate migliaia di persone che se fossero rimaste nell'ambiente contadino non avrebbero perso la vita.
{{Citazione|[...] Si può dubitare che accadano sismi anche nei deserti? Soltanto non se ne parla perché non provocano alcun danno ai Signori delle città, gli unici uomini di cui si tenga conto.<ref>J.- J. Rousseau, ''op.cit. ibidem''</ref>}}
{{Citazione|...terremoti, eruzioni vulcaniche, incendi, inondazioni, diluvi, mutando di colpo, con la faccia della terra, il corso delle società umane, le hanno combinate in modo nuovo, e queste combinazioni, le cui cause prime erano fisiche e naturali, sono divenute, col tempo, la cause morali che mutano lo stato delle cose; hanno prodotto, guerre, migrazioni, conquiste e infine rivoluzioni che riempiono la storia e che sono considerate opera degli uomini, senza risalire a ciò che li ha fatti agire così.<ref>J.-J. Rousseau, ''Frammenti politici'' in ''Scritti politici'', 3 voll., a cura di M.Garin, Laterza, Roma-Bari 1997, vol.2, p.285</ref>}}
La polemica tra i due filosofi si chiude con le amare considerazioni di Rousseau su Voltaire a cui egli non risparmia lodi ma in realtà critica duramente rimproverando la facilità del suo [[pessimismo]] a lui che "vive libero in seno all'abbondanza. Sicuro dell'immortalità ormai raggiunta, [''voi Voltaire''<ref>Il corsivo è dello scrivente</ref>] filosofeggiate tranquillamente...E tuttavia non vedete altro che il male sulla terra. Ed io invece, uomo oscuro, povero, solo, tormentato da un male senza rimedio, medito con piacere nel mio eremo e trovo che [[Ottimismo|tutto è bene]]"<ref>J.-J. Rousseau,''Lettera a Voltaire sul disastro di Lisbona'', p.34</ref>
Commentando il dibattito sui romanzi di Voltaire e il ''[[Candido]]'' (che afferma però di non avere mai letto integralmente), Rousseau nelle ''[[Confessioni (Rousseau)|Confessioni]]'' rappresenta Voltaire quasi come il personaggio del manicheo Martin, che crede che Dio esista e sia malvagio ([[malteismo]]), pur essendo un uomo che ha avuto fortuna nella vita e giudicandolo peggiore degli [[atei]]. Rousseau - nell'ottica del romanzo, che per il ginevrino è una sorta di perversione morale - sembra quasi schierarsi dalla parte dell'ottimismo [[panglossismo|panglossiano]] (si veda anche la precedente e vivace corrispondenza sul terremoto:<ref name="candido">[https://books.google.it/books?id=67dzAgAAQBAJ&pg=PT5&lpg=PT5&dq=gaiezza+infernale&source=bl&ots=d8vT_l4u3J&sig=V_FVYssPkwRL959d7VCyRFTeoWvE&hl=it&sa=X&ved=0CCcQ6AEwAmoVChMIxJny883-yAIVRZcPCh2qTww7#v=onepage&q=gaiezza%20infernale&f=false Introduzione a Candido]</ref>
{{citazione|Pare sempre che Voltaire creda in Dio. In realtà egli non ha mai creduto che al diavolo. Il suo preteso Dio è soltanto un essere che fa del male e prende gusto solo a nuocere. L'assurdità di questa dottrina salta agli occhi, ma soprattutto è rivoltante in un uomo colmato di ogni bene che, dalla rocca della sua buona sorte, cerca di indurre alla disperazione tutti i suoi simili con l'immagine penosa e crudele di tutte le calamità da cui egli è immune. Poiché sono più autorizzato di lui a contare e pesare i mali della vita umana, ne feci un esame equilibrato e gli provai come di tutti questi mali non ve sia uno solo imputabile alla [[Divina Provvidenza|Provvidenza]] o che non abbia la sua matrice nell'abuso compiuto dall'uomo delle sue facoltà anziché nella natura stessa. (...) Dopo di che Voltaire ha pubblicato la risposta che mi aveva promesso, ma che non mi è mai stata inviata, ed essa non è altro che il romanzo di ''Candide'', di cui non posso parlare perché non l'ho letto.|da ''Le confessioni''}}
Rousseau riconosce che la sua fede nell'[[ottimismo]] non è fondata sulle logica filosofica ma nonostante tutto egli sente con tutto il suo essere che non può rinunciare a crederci senza negare se stesso:
{{Citazione|Tutte le sottigliezze della metafisica non mi faranno dubitare un momento dell'immortalità dell'anima, e di una Provvidenza benefattrice. Io la sento, credo in essa, la voglio e spero in essa e la difenderei fino al mio ultimo respiro.<ref>J.-J. Rousseau, ''Lettera a Voltaire sul disastro di Lisbona''</ref> }}
 
Altri pensatori di estrazione in qualche modo romantica come [[André Chénier]], [[Madame de Staël]], [[Barbey d'Aurevilly]] riprenderanno il duro giudizio di Rousseau sui romanzi filosofici brevi di Voltaire.<ref name="candido"/>
=== Filosofia naturale e religione nella ''Professione di fede del vicario savoiardo'' ===
La ''Professione di fede del vicario savoiardo'', contenuta nel quarto libro dell<nowiki>'</nowiki>''Émile'' e costruita come una rievocazione autobiografica romanzata, espone la visione di Rousseau a proposito della [[filosofia della natura|filosofia naturale]] e della [[religione]] – quest'ultima considerata non più a livello statale come nel ''Contratto sociale'', bensì a livello individuale. Procedendo con un metodo fortemente anti-intellettualistico, fondato sul [[senso comune|buon senso]] e su un sincero e modesto amore per la verità, Rousseau (che parla per bocca del personaggio di un [[vicario]] [[Savoia (dipartimento)|savoiardo]]) ricostruisce una "fede razionale" semplice e intuitiva, basata sulle più elementari evidenze sensibili e sui sentimenti intrinseci al cuore dell'uomo. Dalla sensibilità egli deduce l'esistenza, dalla libera volontà dell'uomo (indipendente dalle semplici relazioni meccaniche tra i corpi) deduce la dualità di spirito e materia; dal moto dei corpi deduce una causa prima, l'indipendenza della cui volontà originaria deve essere ricondotta a una volontà universale che anima il mondo; dalla regolarità di questa volontà, che opera per mezzo di leggi, deduce un'intelligenza; dalla volontà, dalla potenza e dall'intelligenza deduce la bontà di un ente che viene chiamato Dio; dalla bontà di Dio deduce l'immortalità dell'anima, che garantisce la punizione dei malvagi e il premio dei buoni oltre questa vita. Da queste semplici considerazioni, a suo avviso, si possono ricavare tutte le massime necessarie per regolare la propria vita secondo giustizia, cioè per comportarsi moralmente.<ref name=iep/><ref>{{cita|''Émile''|pp. 337-374.}}</ref>
 
=== Gli scritti tardi ===
[[File:AduC 004 J.-.J. Rousseau (1712-1778).JPG|thumb|upright|Un'[[incisione]] raffigurante Rousseau.]]
{{citazione|Salgo su per le rocce e le montagne, m'inoltro nelle valli, nei boschi, per sottrarmi, quanto possibile, al ricordo degli uomini e agli attacchi dei malvagi. Mi sembra che sotto le ombre di una foresta io sono dimenticato, libero, tranquillo, come se non avessi nemici, o come se il fogliame dei boschi dovesse preservarmi dai loro attacchi come li allontana dal mio ricordo.|''Le fantasticherie del passeggiatore solitario'', VII}}
 
Con l{{'}}''Émile'' si esaurì la produzione strettamente filosofica di Jean-Jacques Rousseau; tuttavia i suoi scritti degli ultimi anni – soprattutto ''[[Giulia o la nuova Eloisa]]'', ''[[Le confessioni (Rousseau)|Le confessioni]]'', ''[[Le fantasticherie del passeggiatore solitario]]'' e ''[[Rousseau giudice di Jean-Jacques]]'' – rimangono notevoli testimonianze del suo pensiero.<ref name="iep"/>
Quindi Rousseau, sempre attraverso le parole del vicario, prende a criticare le religioni rivelate, quelle caratterizzate da dogmi positivi e formalizzate da testi sacri o autorità terrene. La sua critica è rivolta soprattutto contro il principio di autorità, considerato il fondamento di ogni intolleranza; per Rousseau non si può «credere a tutto sulla fede altrui, e sottomettere all'autorità degli uomini l'autorità di Dio che parla direttamente alla ragione. [...] Tutti i libri sono stati scritti da uomini? Allora come fa l'uomo ad averne bisogno per conoscere i suoi doveri, e di che mezzi disponeva prima che questi libri fossero stati scritti? O apprenderà questi doveri da sé stesso, o ne sarà dispensato.»<ref>{{cita|''Émile''|pp. 384, 387.}}</ref> E in particolare: «Se il figlio di un Cristiano fa bene a seguire la religione di suo padre senza un esame approfondito e imparziale, perché il figlio di un Turco farebbe male a seguire allo stesso modo la religione del suo? Sfido tutti gli intolleranti del mondo a darmi su questo una risposta che soddisfi un uomo assennato.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 390.}}</ref> In conclusione, Rousseau afferma di aver «chiuso tutti i libri. Solo uno resta aperto davanti agli occhi di tutti, ed è quello della natura.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 391.}}</ref> A Émile, quindi, come a ogni altro uomo, deve essere concesso di scegliere la religione positiva che preferisce o di non sceglierne nessuna, attenendosi alla fede razionale e naturale in una forma di [[deismo]].<ref>{{cita|''Émile''|p. 330.}}</ref> Secondo il pensatore, se la nostra comprensione pondera circa l'esistenza di Dio, non incontra altro che contraddizioni. Per cui gli impulsi del nostro cuore hanno più valore della comprensione, e questo ci proclama chiaramente le verità della religione naturale, ovvero l'[[esistenza di Dio]] e l'immortalità dell'anima<ref>{{cita|''Émile''|p. 330 e segg.}}</ref>; questo lo differenzia dalla visione deista di [[Voltaire]], che riteneva che l'esistenza dell'Essere Supremo fosse verità di ragione e non di fede. Rousseau ribadisce poi quello che aveva sostenuto nel ''Contratto sociale'', che le religioni positive (purché siano oneste, veritiere e tolleranti) sono molto importanti come garanzia del rispetto delle leggi all'interno di uno Stato:<ref name=iep/> «Considero tutte le religioni particolari come altrettante salutari istituzioni che in ogni paese prescrivono un modo uniforme di onorare Dio con un culto pubblico. [...] Credo che siano tutte buone quando Dio vi è servito adeguatamente.»<ref>{{cita|''Émile''|p. 393.}}</ref>
 
[[File:In The Garden of The Hermitage Confessions Aldus Frontpiece2.jpg|min|verticale|Rousseau nel giardino dell{{'}}''Ermitage'' in un'illustrazione delle ''Confessioni'']]
La visione della religione di Rousseau è critica sia rispetto all'atteggiamento [[Sensismo|sensista]] e [[Materialismo|materialista]] tipico dei ''philosophes'' dell'ambiente illuminista, in alcuni casi semplicemente [[Ateismo|atei]] e sempre critici verso le religioni positive,<ref name=zanette_281/> sia rispetto alle chiese tradizionali, di cui attacca l'attitudine intollerante e presuntuosa.<ref name=iep/><ref name=zanette_281/>
 
La ''Giulia'', un romanzo epistolare, è caratteristico soprattutto del "[[sentimentalismo]]" e della forte [[Sensibilità (sentimento)|sensibilità]] che animavano Rousseau e che era destinato a contribuire ad aprire la strada al [[Romanticismo]] tedesco e francese. I temi, tra cui il contrasto dell'individuo con la società, la bontà della natura umana, l'importanza del dominio delle passioni, sono tutti tipicamente rousseauiani.<ref name="iep"/><ref>{{cita|Cassirer|pp. 57-60}}.</ref>
Rousseau si oppone inoltre a una visione pessimista della condizione umana, come emerge anche ''Lettera a Voltaire in occasione del disastro di Lisbona'', in cui si sforza di vedere il bene nel disegno della natura, rivolgendosi anche a chi non crede nelle sue stesse convinzioni:{{quote|Sapere che il cadavere di un uomo nutra vermi, lupi o piante non è, ne convengo, un modo per risarcirlo della sua morte: ma se nel sistema dell’universo è necessario, per la conservazione del genere umano, che vi sia un passaggio di sostanza tra uomini, animali e vegetali, allora il singolo male di un individuo contribuisce al bene generale: muoio, vengo mangiato dai vermi, ma i miei fratelli, i miei figli vivranno come ho vissuto io e faccio, per ordine della natura, ciò che fecero Codro, Curzio, Leonida, i Deci, i Fileni e mille altri per una piccola parte degli uomini.<ref>[http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1706:lettera-di-rousseau-a-voltaire-sul-disastro-di-lisbona&catid=86&Itemid=28 ''Lettera di Rousseau a Voltaire'']</ref>}}
{{quote|O Giulia, che fatale dono del cielo è un’anima sensibile! Colui che l’ha ricevuto non deve aspettarsi che pene e dolori sulla terra.|Giulia o La nuova Eloisa}}
 
Le ''Confessioni'' sono un'opera autobiografica fortemente introspettiva, in cui Rousseau ricostruisce la sua vita in modo a tratti impietoso verso sé stesso (quasi come un'autoespiazione) e a tratti invece quasi apologetico ("mi ritengo ancora, tutto sommato, il migliore degli uomini, sentivo che non esiste animo umano, per quanto puro, che non ricetti qualche odioso vizio"),<ref name="iep"/> ma sempre nel tentativo di dare un'immagine complessivamente coerente della sua personalità e delle sue vicende.<ref>{{cita|Casini|p. 7}}.</ref> Adottando un'ottica quasi [[psicoanalisi|psicanalitica]], alcuni commentatori hanno visto in tale ricostruzione una serie di episodi in cui si ripete il motivo della "perdita dell'innocenza", della transizione di Rousseau dalla condizione di naturalità a quella di corruzione in un percorso parallelo a quello dell'umanità nel suo complesso.<ref>{{cita|Casini|pp. 7-15}}.</ref> Egli si presenta nel libro come un uomo buono ingiustamente perseguitato sia dall'autorità che dagli ex amici illuministi, sincero e meritevole nonostante i propri errori:
=== Gli scritti tardi ===
{{citazione|E foste infine voi stessi uno dei miei implacabili nemici, desistete dall'esserlo verso le mie ceneri, e non perpetuate la vostra ingiustizia crudele sino al tempo in cui né voi né io esisteremo più, affinché possiate almeno una volta offrirvi la nobile prova di essere stato generoso e buono quando avreste potuto essere malefico e vendicativo, ammesso che il male inflitto a un uomo che non ne ha mai fatto e voluto fare, possa assumere il nome di vendetta.|Introduzione alle ''Confessioni''}}
Con l<nowiki>'</nowiki>''Émile'' si esaurì la produzione strettamente filosofica di Jean-Jacques Rousseau; tuttavia i suoi scritti degli ultimi anni – soprattutto ''[[Giulia o la nuova Eloisa]]'', ''[[Le confessioni]]'', ''[[Le fantasticherie del passeggiatore solitario]]'' e ''[[Rousseau giudice di Jean-Jacques]]'' – rimangono notevoli testimonianze del suo pensiero.<ref name=iep/>
 
{{citazione|''Intus et in cute''
 
Mi inoltro in un'impresa senza precedenti, l'esecuzione della quale non troverà imitatori. Intendo mostrare ai miei simili un uomo in tutta la verità della sua natura; e quest'uomo sarò io. Io solo. Sento il mio cuore e conosco gli uomini. Non sono fatto come nessuno di quanti ho incontrati; oso credere di non essere fatto come nessuno di quanti esistono. Se pure non valgo di più, quanto meno sono diverso. Se la natura abbia fatto bene o male a spezzare lo stampo nel quale mi ha formato, si potrà giudicare soltanto dopo avermi letto.|''Confessioni'', libro I}}
 
Tuttavia è dalle esperienze biografiche che racconta, come il lavoro da ''lacchè'' in livrea a Torino e l'incontro con un contadino che gli offre da mangiare a Lione che sviluppa il suo pensiero politico:
[[File:In The Garden of The Hermitage Confessions Aldus Frontpiece2.jpg|thumb|upright|Rousseau nel giardino dell<nowiki>'</nowiki>''Ermitage'' in un'illustrazione delle ''Confessioni''.]]
{{citazione|Tutto ciò che mi disse sulle tasse e di cui non avevo assolutamente idea, mi fece una impressione che non si è mai cancellata dalla mia mente. Fu il germe di quell'odio inestinguibile che si sviluppò nel mio cuore contro le vessazioni che subisce il popolo infelice e contro i suoi oppressori [...] mentre la nobile immagine della libertà mi innalzava l'anima, quella dell'eguaglianza, dell'unione, della dolcezza dei costumi e dell'amicizia mi toccava fino alle lacrime [...] Nel popolo, dove le grandi passioni parlano solo saltuariamente, i sentimenti della natura si fanno più spesso sentire. Negli strati più elevati, sono assolutamente soffocati, e sotto la maschera del sentimento parlano esclusivamente l'interesse e la vanità.}}
 
''Rousseau giudice di Jean-Jacques'' è un'opera composta in forma dialogica, in cui Rousseau commenta i suoi testi da una prospettiva "esterna", come se non li avesse scritti lui: da questo commento traspare, in primo luogo, la frustrazione del Rousseau incompreso, male interpretato e di fatto sempre più vicino alla paranoia e alle manie di persecuzione; in secondo luogo, l'affermazione dell'unitarietà e della coerenza complessiva della sua opera. La questione della coerenza dei testi di Rousseau è ancora oggetto di vivaci dibattiti, dal momento che, per esempio, lo [[statalismo]] radicale del ''Contratto sociale'' è apparentemente in contraddizione con l'individualismo e con l'esaltazione dell'indipendenza naturale che informa la maggior parte delle altre opere. L'[[individualismo]] delle ''Confessioni'' o della ''Giulia'' è ad esempio l'opposto del [[collettivismo]] del ''Contratto'' ma si allontana anche dalla pedagogia dell{{'}}''Emilio''.<ref name="iep"/><ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_005 |titolo=Rousseau juge de Jean-Jacques |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130404011447/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_005 |dataarchivio=4 aprile 2013 }}</ref>
La ''Giulia'', un romanzo epistolare, è caratteristico soprattutto del "sentimentalismo" che animava Rousseau e che era destinato a contribuire ad aprire la strada al [[Romanticismo]] tedesco e francese. I temi, tra cui il contrasto dell'individuo con la società, la bontà della natura umana, l'importanza del dominio delle passioni, sono tutti tipicamente rousseauiani.<ref name=iep/><ref>{{cita|Cassirer|pp. 57-60.}}</ref>
 
Nelle ''Fantasticherie'', sua ultima opera e incompiuta, Rousseau ripercorre, ancora in una prospettiva autobiografica, quelle che gli sembrano essere le cose buone che ha fatto nella sua vita – con particolare riferimento a come i suoi lavori hanno contribuito a migliorare l'umanità e a come, per contro, sono stati male interpretati<ref name="iep"/>:
Le ''Confessioni'' sono un'opera autobiografica fortemente introspettiva, in cui Rousseau ricostruisce la sua vita in modo a tratti impietoso verso sé stesso e a tratti invece quasi apologetico,<ref name=iep/> ma sempre nel tentativo di dare un'immagine complessivamente coerente della sua personalità e delle sue vicende.<ref>{{cita|Casini|p. 7.}}</ref> Adottando un'ottica quasi [[psicoanalisi|psicanalitica]], alcuni commentatori hanno visto in tale ricostruzione una serie di episodi in cui si ripete il motivo della "perdita dell'innocenza", della transizione di Rousseau dalla condizione di naturalità a quella di corruzione in un percorso parallelo a quello dell'umanità nel suo complesso.<ref>{{cita|Casini|pp. 7-15.}}</ref>
 
{{citazione|Mi trovo, dunque, solo sulla terra, non avendo più fratello, prossimo, amico, compagno se non me stesso. L'uomo più socievole e affettuoso è stato proscritto dall'umanità per unanime accordo. Hanno cercato con le sottigliezze dell'odio il tormento più crudele per la sensibilità della mia anima, e hanno spezzato violentemente tutti i legami che ci univano.}}
Nelle ''Fantasticherie'' Rousseau ripercorre, ancora in una prospettiva autobiografica, quelle che gli sembrano essere le cose buone che ha fatto nella sua vita – con particolare riferimento a come i suoi lavori hanno contribuito a migliorare l'umanità e a come, per contro, sono stati male interpretati.<ref name=iep/> Il testo si incentra su reminiscenze che, comunque, non vanno considerate solo come rievocazioni (o rimpianti) del passato, ma anche come significative riflessioni sul presente.<ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_034 |titolo=Les rêveries du promeneur solitaire |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
 
Il testo si incentra su reminiscenze che, comunque, non vanno considerate solo come rievocazioni [[Malinconia|malinconiche]] (o rimpianti) del passato, ma anche come significative riflessioni sul presente.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_034 |titolo=Les rêveries du promeneur solitaire |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011070319/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_034 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref>
''Rousseau giudice di Jean-Jacques'' è un'opera composta in forma dialogica, in cui Rousseau commenta i suoi testi da una prospettiva "esterna", come se non li avesse scritti lui: da questo commento traspare, in primo luogo, la frustrazione del Rousseau incompreso, male interpretato e di fatto sempre più vicino alla paranoia e alle manie di persecuzione; in secondo luogo, l'affermazione dell'unitarietà e della coerenza complessiva della sua opera. La questione della coerenza dei testi di Rousseau è ancora oggetto di vivaci dibattiti, dal momento che, per esempio, lo statalismo radicale del ''Contratto sociale'' è apparentemente in contraddizione con l'individualismo e con l'esaltazione dell'indipendenza naturale che informa la maggior parte delle altre opere.<ref name=iep/><ref>{{cita web|url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_005 |titolo=Rousseau juge de Jean-Jacques |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=22 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref>
 
== Influenza e critica ==
{{citazione|Vassene solo l'eloquente ed irto / Orator del Contratto, e al par del manto<br>Di sofo ha caro l'afrodisio mirto; / Disdegnoso di avere compagni accanto<br>Fra cotanta empietà, ché al trono e all'ara / Fe' guerra ei sí, ma non de' santi al santo.|[[Vincenzo Monti]], ''La Bassvilliana'', canto III}}
Il pensiero di Jean-Jacques Rousseau esercitò influenze notevoli su gran parte della filosofia successiva<ref name=stanford/> oltre che sugli eventi storici che seguirono la sua morte.<ref name=iep/>
 
Il pensiero di Jean-Jacques Rousseau esercitò influenze notevoli su gran parte della filosofia successiva<ref name="stanford"/> oltre che sugli eventi storici che seguirono la sua morte, prime di tutti la [[rivoluzione francese]] e [[Rivoluzione americana|quella americana]], improntata ai principi di Rousseau e [[Montesquieu]].<ref name="iep"/>
L'influenza più immediata a livello filosofico, riconosciuta quasi universalmente, fu quella che Rousseau ebbe sull'etica di [[Immanuel Kant]].<ref name=iep/><ref name=stanford/> L'etica rousseauiana infatti, pur avendo le sue radici nella convinzione che tutte le passioni elementari dell'uomo sono, di per sé, buone, raggiunge la sua compiutezza nell'affermazione che la virtù si ottiene davvero solo affrancandosi dagli affetti e dominando razionalmente le proprie passioni; come scrisse il filosofo tedesco [[Ernst Cassirer]], «l'etica di Russeau non è un'etica di sentimento, ma la forma più decisa della pura etica della legge che sia stata elaborata prima di Kant.»<ref name=cass_61/>
[[File:Rousseau in later life.jpg|min|Incisione raffigurante Rousseau negli ultimi anni della sua vita]]
L'influenza più immediata a livello filosofico, riconosciuta quasi universalmente, fu quella che Rousseau ebbe sull'etica di [[Immanuel Kant]].<ref name="iep"/><ref name="stanford"/> L'etica rousseauiana infatti, pur avendo le sue radici nella convinzione che tutte le passioni elementari dell'uomo sono, di per sé, buone, raggiunge la sua compiutezza nell'affermazione che la virtù si ottiene davvero solo affrancandosi dagli affetti e dominando razionalmente le proprie passioni; come scrisse il filosofo tedesco [[Ernst Cassirer]], «l'etica di Rousseau non è un'etica di sentimento, ma la forma più decisa della pura etica della legge che sia stata elaborata prima di Kant.».<ref name="cass_61"/> Peraltro anche nella stessa filosofia politica kantiana si trovano influenze di Rousseau: in particolare nel giusnaturalismo, nel contrattualismo kantiani e nell'utilizzo del concetto di volontà generale, che Kant però usa in maniera nuova e originale adattandoli alla realtà politica della Prussia del suo tempo.
 
Inoltre, Rousseau ebbe un ruolo di grande importanza nel preparare la via allo sviluppo del movimento romantico europeo:<ref name="iep"/> particolarmente significativa fu, in questo, la sua opera ''Giulia o la nuova Eloisa'', la tensione lirica della quale – alimentata da una descrizione minuziosa ed estremamente viva delle passioni e dei sentimenti più profondi dell'uomo nella loro dimensione naturale e immediata – si contrapponeva nettamente alla poesia rarefatta e formale caratteristica dell'Illuminismo.<ref>{{cita|Cassirer|pp. 49-55.}}.</ref>
 
Rousseau esercitò importanti influenze anche per il suo pensiero strettamente politico, alimentando la Rivoluzione francese<ref name="posthume"/><ref>{{cita|Cassirer|p. 36.}}.</ref> e influenzando (benché in modo meno diretto) la filosofia politica di [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]],<ref name="stanford"/> [[William Godwin]]<ref>''L'eutanasia dello stato'' - antologia di scritti di Godwin, Prefazione</ref> e [[Karl Marx]].<ref name="iep"/> In particolare il "giovane Marx", sostenitore del suffragio universale e della democrazia diretta in ''[[Per la critica della filosofia del diritto di Hegel]]'', fu molto influenzato dal ''Contratto sociale'' del ginevrino. Anche [[Pierre-Joseph Proudhon]] fu influenzato dalla critica della proprietà privata di Rousseau del secondo ''Discorso'' (si veda la famosa frase di Proudhon "la proprietà è un furto"). Sia Proudhon che i marxisti criticheranno però buona parte dell'impianto filosofico rousseauiano. Ispirazione rousseauiana si trova anche nell'[[anarchismo]], nel [[socialismo]] (specie il [[socialismo utopista]]), nel [[primitivismo]] anarchico. Significativa fu anche l'incidenza su [[Lev Tolstoj|Tolstoj]], che in tarda età ebbe a scrivere: «Rousseau e il Vangelo hanno avuto un grande e benefico influsso sulla mia vita. Rousseau non invecchia.».<ref>{{cita libro|nome=Lev |cognome=Tolstoj |titolo=Contro la caccia e il mangiar carne |curatore=Gino Ditali |anno=1994 |editore=Isonomia editrice |città=Este |capitolo=Lettera a Bernard Bouvier |p=19 |ISBN=88-85944-11-6 }}</ref>. [[Simone Weil]], nel suo ''[[Manifesto per la soppressione dei partiti politici]]'', fece propria la critica rousseauiana alla rappresentanza e sostenne un ideale di [[democrazia diretta]] ispirato alle tesi del ''Contratto sociale''.<ref>{{cita libro|autore=Maria Clara Bingemer, Giulia Paola Di Nicola |titolo=Simone Weil – Azione e contemplazione |editore=Effatà Editrice |città=Torino |anno=2005 |isbn=88-7402-204-2 |paginep=[httphttps://books.google.it/books?id=-fPkB291pa0C&pg=PA68#v=onepage&q&f=false p. 68n]}}</ref> In tempi più recenti, è stata individuata un'influenza di Rousseau anche nella ''[[Una teoria della giustizia|Teoria della giustizia]]'' di [[John Rawls]].<ref name="stanford"/>
[[File:Jean Starobinski.jpg|min|Jean Starobinski, uno dei più importanti studiosi moderni di Rousseau]]
Tra i molti filosofi e scrittori che si sono dedicati allo studio, al commento e alla critica di Rousseau si ricordano [[Émile Durkheim]] (''Sul contratto sociale'', [[1918]]), [[François Mauriac]] (in ''Mes grands hommes'', [[1929]]), [[Ernst Cassirer]] (''Il problema Gian Giacomo Rousseau'', [[1932]]), [[Noëlle Roger]] (''Jean-Jacques ou le promeneur solitaire'', [[1933]]), [[Jean Cocteau]] (''L'enigme de Jean-Jacques Rousseau'', [[1938]]), [[Maurice Blanchot]] (in ''Il libro a venire'', [[1959]]), [[Jacques Derrida]] (in ''Della grammatologia'', [[1967]]), [[Jean Starobinski]] (''La trasparenza e l'ostacolo'', [[1975]]), [[Cvetan Todorov]] (''Una fragile felicità. Saggio su Rousseau'', [[2001]]).<ref>Per tutti i riferimenti bibliografici si rimanda alla voce [[Bibliografia su Jean-Jacques Rousseau]].</ref>
 
Con i suoi argomenti contro il costume di nutrirsi di carne, Rousseau ha rappresentato un punto di riferimento importante anche per lo sviluppo dei movimenti [[Animalismo|animalisti]] e [[Vegetarianismo|vegetariani]] (sebbene non sia chiaro se lui stesso fosse davvero vegetariano o se piuttosto, come in altri ambiti, i suoi principi fossero più solidi della sua condotta).<ref name="williams"/><ref>{{en}} {{cita pubblicazione |url=http://muse.jhu.edu/login?auth=0&type=summary&url=/journals/philosophy_and_literature/v032/32.2.wolloch.html |titolo=Rousseau and the Love of Animals |autore=Nathaniel Wolloch |rivista=Philosophy and Literature |data=ottobre 2008 |volume=32 |numero=2 |pp=293-302 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160305095833/http://muse.jhu.edu/login?auth=0&type=summary&url=%2Fjournals%2Fphilosophy_and_literature%2Fv032%2F32.2.wolloch.html |dataarchivio=5 marzo 2016 }}</ref> Altresì è considerato uno dei padri dell'[[etica ambientale]] e del moderno [[ambientalismo]], a partire da [[Henry David Thoreau]].<ref>L. Battaglia, Alle origini dell'etica ambientale. Uomo, natura, animali in Voltaire, Michelet, Thoreau, Gandhi, Bari, Dedalo, 2002.</ref><ref>D. Mornet, Le Sentiment de la nature en France de J.J.Rousseau à Bernardin de Saint-Pierre, Hachette, Paris, 1907</ref> Nell'incipit dell{{'}}''Emilio'' Rousseau scrive: {{quote|Egli <small>[l'essere umano]</small> costringe un terreno a nutrire i prodotti di un altro, un albero a portare frutti non suoi; mescola e confonde i climi, gli elementi, le stagioni; mutila il cane, il cavallo, lo schiavo; tutto sconvolge, tutto sfigura, ama la deformità, le anomalie; nulla accetta come natura lo ha fatto, neppure il suo simile: pretende ammaestrarlo per sé come cavallo da giostra, dargli una sagoma di suo gusto, come ad albero di giardino.}}
 
Infine, Rousseau con il suo ''Émile'' esercitò un'influenza di primo piano anche nel campo della pedagogia:<ref name="ife">{{cita web|url=http://www.inrp.fr/edition-electronique/lodel/dictionnaire-ferdinand-buisson/document.php?id=3561 |titolo=Rousseau |sito=[http://ife.ens-lyon.fr/ife Institut Français de l'Éducation] |accesso=27 maggio 2012 |lingua=fr}}</ref> la sua rivoluzione, di portata estremamente significativa, fu quella di mettere il bambino al centro dell'educazione (nel senso di assecondare le sue inclinazioni e i suoi bisogni, pur senza prostrarsi di fronte a tutti i suoi desideri) e di superare così l'idea di doverdovere trattare ogni bambino come un piccolo uomo.<ref name="unesco">{{fr}} {{cita pubblicazione|url=http://www.ibe.unesco.org/fileadmin/user_upload/archive/publications/ThinkersPdf/rousseaf.pdf |titolo=Jean-Jacques Rousseau |rivista=Perspectives : revœue trimestrielle d’éducationd'éducation comparée |autore=Michel Soëtard |editore=UNESCO : Bureau international d'éducation |città=Parigi |volume=24 |numero=3-4 |anno=1994 |pp=443-356 |accesso=27 maggio 2012 }}</ref> Le sue teorie, influenzate da quelle di Montaigne, Locke, Fénelon, [[Comenio|Comenius]], [[François Rabelais|Rabelais]],<ref name="ife"/> segnarono una pietra miliare della storia della pedagogia, assunta come fondamentale punto di riferimento da autori come [[Johann Heinrich Pestalozzi|Pestalozzi]], [[Friedrich Fröbel|Fröbel]], [[Anton Semenovyč Makarenko|Makarenko]], [[John Dewey|Dewey]], [[Célestin Freinet|Freinet]].<ref name="unesco"/>
 
L'opera di Rousseau ha prodotto naturalmente molte critiche nel merito delle tesi da lui sostenute; la multiformità e la contraddittorietà (reale o apparente) di molti dei suoi passaggi e di alcuni dei suoi motivi fondamentali hanno poi generato interpretazioni divergenti: alcuni vedono Rousseau come un ispiratore delle moderne teorie [[Liberalismo|liberali]], dei principi fondamentali del [[comunitarismo]], delle istituzioni [[repubblica]]ne e dell'idea della democrazia partecipata;<ref name="stanford"/> sottolineandoaltri, invece, tra cui [[Bertrand Russell]], hanno sottolineato i tratti autoritari di certe parti del ''Contratto sociale,'', però, i detrattori diaccusando Rousseau, tra cui [[Bertrand Russell]], non hanno mancato di accusarlo di un sostanziale [[stato autoritario|autoritarismo]], e tracciando connessioni tra i suoi scritti e il [[Regime del Terrore|Terrore]] rivoluzionario, il [[fascismo]] o il [[comunismo]] [[Totalitarismo|totalitario]].<ref name="stanford"/> Critiche alla concezione filosofica sulla bontà innata e all'influenza politica derivata vennero anche dallo storico [[Jacob Burckhardt]], secondo cui "la conseguenza fu una completa dissoluzione del concetto di autorità nelle menti dei comuni mortali, e si è periodicamente caduti preda della violenza pura".<ref>"La grande sventura ha avuto inizio nel secolo scorso, principalmente per opera di Rousseau, con la sua teoria della bontà della natura umana. La plebe e gli intellettuali ne hanno distillato la dottrina di un'[[età dell'oro]], che non avrebbe mancato di giungere, sol che si fosse lasciato dominare l'elemento nobile dell'umanità. Come sanno anche i bambini, la conseguenza fu una completa dissoluzione del concetto di autorità nelle menti dei comuni mortali, e si è periodicamente caduti preda della violenza pura". (Carteggio con Nietzsche ed altri, dalla lettera a Friedrich von Preen da Basilea, 2 luglio 1871; con diversa traduzione, di Luca Farulli, in Sellerio 1993, pp. 180-181.)</ref>
 
Non fu amato in vita da [[Vittorio Alfieri]], che non volle conoscerlo durante il suo ''grand tour'' anche se l'attitudine preromantica ne emerge talvolta, ammirato da [[Foscolo]] (che diede il nome "Jacopo" al protagonista dell{{'}}''[[Ultime lettere di Jacopo Ortis|Ortis]]'' proprio in onore di Jean-Jacques Rousseau<ref>M. Fubini, Ugo Foscolo, Firenze, La Nuova Italia, 1962, p. 6.</ref>), [[Leopardi]], [[Tolstoj]] e detestato dai reazionari e conservatori: [[Edmund Burke]], nelle ''[[Riflessioni sulla rivoluzione in Francia]]'' per cui è solo "un folle con rari momenti di lucidità" colpevole di negare il Peccato Originale, ma che si vergognerebbe in essi dei suoi allievi come Robespierre,<ref>{{citazione|Noi non siamo i proseliti di Rousseau né i discepoli di Voltaire; Helvétius non ha attecchito tra noi. Gli atei non sono i nostri predicatori, né i folli i nostri legislatori [...] Io credo che se Rousseau fosse ancora in vita, in uno dei suoi momenti di lucidità, rimarrebbe attonito alla vista dell'effettiva follia dei suoi discepoli, che nei loro paradossi appaiono come suoi servili imitatori...}}</ref> e un ideologo della [[Restaurazione]] come [[Joseph de Maistre]] dedica moltissime pagine a smentire le proposizioni di Rousseau e Voltaire. [[François-René de Chateaubriand]], pur rinnegandolo ideologicamente nelle ''[[Memorie d'oltretomba]]'' (che seguono un modello totalmente diverso dalle ''Confessioni'') ne è ancora influenzato artisticamente e filosoficamente nelle giovanili opere romantiche come ''[[Atala (romanzo)|Atala]]'' e ''[[René (romanzo)|René]]'' e gli porta rispetto anche nel ''[[Genio del Cristianesimo]]'', apprezzando la sua "ombra di religione" e l'avere aperto "la strada della polemica antirazionalista e insieme del recupero delle ragioni del sentimento religioso attraverso il quale si attua il passaggio a Dio".
In effetti, la storia della critica rousseauiana è molto complessa e, come ha notato lo studioso Albert Schintz, «la bibliografia concernente il filosofo di Ginevra è almeno pari a quella riguardante Platone, Dante, Cervantes, Shakespeare, Goethe.»<ref name=casini_135>{{cita|Casini|p. 135.}}</ref> Secondo l'analisi del filosofo Paolo Casini, poi, storicamente la produzione di un'analisi critica completa e obiettiva dell'opera di Rousseau è stata resa particolarmente difficoltosa dall'interferenza di continue questioni ideologiche che hanno reso difficile distinguere la "storia della fortuna" dalla "storia della critica".<ref name=casini_135/> Tra le opere che riuscirono a superare la semplice disputa ideologica in favore di una maggiore lucidità critica Casini ricorda, per il XIX secolo, quelle di Musset-Pathay, Streckeisen-Moltou, Saint-Marc Girardin, Brockherhoff, Beaudoin, Gehring, Morley e Höffding; sono considerati assai meno equilibrati, invece, i testi di Ducros e [[Émile Faguet|Faguet]] dei primi [[anni 1910]].<ref name=casini_137>{{cita|Casini|p. 137.}}</ref> Un'interpretazione storicamente molto importante fu quella proposta da Gustave Lanson nel testo ''L'unità del pensiero di Rousseau'';<ref name=casini_137/> ad essa fecero seguito, avvalendosi di edizioni sempre più accurate delle fonti primarie rousseauiane, le analisi di Schintz (''Jean-Jacques Rousseau – Essai d'interpretation nouvelle'', 1929) e C.W. Hendel (''Rousseau Moralist'', 1932).<ref name=casini_138>{{cita|Casini|p. 138.}}</ref> Anche il già citato ''Il problema Jean-Jacques Rousseau'' di Ernst Cassirer, pubblicato negli stessi anni, fu una pietra miliare della storia della critica rousseauiana.<ref name=casini_138/> Nel [[1934]] vennero pubblicati i saggi di Alfred Cobban, che leggeva Rousseau in senso liberale, e di P.L. Léon, il quale contribuì a riaprire il dibattito relativo alla filosofia politica di Rousseau, con particolare riferimento al ''Contratto sociale''.<ref>{{cita|Casini|pp. 138-139.}}</ref> Nel [[secondo dopoguerra in Italia|secondo dopoguerra]] si avviò una corrente interpretativa improntata a un'analisi in chiave [[Psicologia|psicologica]]-[[psicoanalisi|psicanalitica]] o [[Esistenzialismo|esistenzialista]], che ebbe tra i suoi rappresentanti Bernard Groethuysen, Pierre Burgelin, Hermann Röhrs e già nominato Jean Starobinski, con il suo famoso ''La trasparenza e l'ostacolo''.<ref name="casini_139"/> Sempre a questa corrente si possono ascrivere le analisi di Martin Rang e Ronald Grimsley.<ref name=casini_139>{{cita|Casini|p. 139.}}</ref> Nel [[1950]], con l'importante saggio ''Jean-Jacques Rousseau et la science politique'', Robert Derathé contribuì a chiarire l'inadeguatezza delle classificazioni di Rousseau in categorie come quelle di progressismo, conservatorismo, liberalismo o autoritarismo e mise invece l'accento sul contesto storico che influenzò il lavoro di Rousseau e sull'importanza delle caratteristiche della sua rielaborazione del giusnaturalismo.<ref name=casini_139/> Ciononostante, negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], gli [[anni 1960]] videro riaprirsi la questione relativa al presunto carattere totalitario della filosofia rousseauiana, implicitamente contrapposta al modello politico-economico statunitense, con il saggio ''Social Contract: An Interpretative Essay'' di L.G. Crocker.<ref>{{cita|Casini|p. 141.}}</ref> Un'attenta ricostruzione del pensiero politico ed economico di Rousseau e un'analisi del suo ruolo nella Rivoluzione francese si trova nel saggio del 1960 ''La filosofia politica di Rousseau''.<ref name=casini_142>{{cita|Casini|p. 142.}}</ref> Una significativa lettura da una prospettiva hegeliano-marxista fu suggerita nel [[1964]] da Bronisław Baczko,<ref name=casini_142/> ed è degna di nota anche l'analisi in chiave antropologica di Victor Goldschmidt, risalente al [[1983]].<ref name=sjjr/>
[[File:Rousseau cour Napoleon Louvre.jpg|min|verticale|Una statua di Rousseau all'esterno del [[palazzo del Louvre]]]]
Molti romantici si rifanno in qualche modo all'ultimo Rousseau e a quello dei primi ''Discorsi'' ([[Percy Shelley|Percy]] e [[Mary Shelley]],<ref>The Presence Of Jean-Jacques Rousseau In The Work Of Percy Bysshe Shelley" di Monika H. Lee, 1992</ref><ref>Nothing More Unnatural": Mary Shelley's Revision of Rousseau, di J O'Rourke, 1989</ref><ref>The Monster in Frankenstein with Regard to Rousseau's Concept of the “Noble Savage”</ref> [[Alphonse de Lamartine]],<ref>Lamartine et Jean-Jacques Rousseau, Raymond Trousson</ref> [[Victor Hugo]]<ref>Victor Hugo juge de Jean-Jacques Rousseau - jstor, di R Trousson · 1986</ref>), anche a volte criticandolo. Nonostante le loro opinioni fossero spesso opposte (una [[Opere e poetica del Marchese de Sade|visione]] della natura umana come malvagia e materiale contro la visione della natura buona), Rousseau fu molto ammirato e letto dal [[Marchese de Sade]], specie i suoi scritti morali, come forma di automiglioramento ("Jean-Jacques è per me ciò che per voi è ''[[L'imitazione di Cristo]]''. La morale e la religiosità di Rousseau sono cose particolarmente difficoltose per me e io lo leggo ogni qualvolta voglia migliorare me stesso").<ref>"Sappiate che una cosa è buona o cattiva a seconda del livello in cui uno si trova, non di per sé. Se un autore come Rousseau può essere pericoloso per la vostra razza ipocrita, per me invece è un grandissimo pensatore. Jean-Jacques è per me ciò che per voi è ''L'Imitazione di Cristo''. La morale e la religiosità di Rousseau sono cose particolarmente difficoltose per me e io lo leggo ogni qualvolta voglia migliorare me stesso" (Lettera alla moglie, giugno 1783)</ref> Secondo [[Schopenhauer]], che pur non ne condivide l'ottimismo, è stato "il più grande moralista dei tempi moderni", in quanto "conoscitore profondo del cuore umano, che attingeva la sua saggezza non nei libri ma nella vita, e che destinava la sua dottrina non alla cattedra, ma all'umanità". [[Baudelaire]] ne apprezza invece non l'ideologia, ma la natura timida e introversa che lo rendeva spesso estraneo alla società, in cui si riconosce, così come la volontà di esprimersi con sincerità,<ref>"Jean-Jacques diceva che entrava in un caffè non senza una certa emozione. Per una natura timida, un controllo dei biglietti a teatro somiglia un poco al tribunale degli Inferi". (Diari intimi, Razzi, V, 1), si veda il paragone con ''Spleen di Parigi'', IX</ref> mentre [[Emil Cioran|Cioran]] e [[Nietzsche]] lo giudicarono "isterico" e "falso".
 
In effetti, la storia della critica rousseauiana è molto complessa e, come ha notato lo studioso Albert Schintz, «la bibliografia concernente il filosofo di Ginevra è almeno pari a quella riguardante [[Platone]], [[Dante]], [[Cervantes]], [[Shakespeare]], [[Goethe]].»<ref name="casini_135">{{cita|Casini|p. 135}}.</ref> Secondo l'analisi del filosofo Paolo Casini, poi, storicamente la produzione di un'analisi critica completa e obiettiva dell'opera di Rousseau è stata resa particolarmente difficoltosa dall'interferenza di continue questioni ideologiche che hanno reso difficile distinguere la "storia della fortuna" dalla "storia della critica".<ref name="casini_135"/> Tra le opere che riuscirono a superare la semplice disputa ideologica in favore di una maggiore lucidità critica Casini ricorda, per il XIX secolo, quelle di Musset-Pathay, Streckeisen-Moltou, Saint-Marc Girardin, Brockherhoff, Beaudoin, Gehring, Morley e Höffding; sono considerati assai meno equilibrati, invece, i testi di Ducros e [[Émile Faguet|Faguet]] dei primi [[anni 1910]].<ref name="casini_137">{{cita|Casini|p. 137}}.</ref> Un'interpretazione storicamente molto importante fu quella proposta da Gustave Lanson nel testo ''L'unità del pensiero di Rousseau'';<ref name="casini_137"/> a essa fecero seguito, avvalendosi di edizioni sempre più accurate delle fonti primarie rousseauiane, le analisi di Schintz (''Jean-Jacques Rousseau – Essai d'interpretation nouvelle'', 1929) e C.W. Hendel (''Rousseau Moralist'', 1932).<ref name="casini_138">{{cita|Casini|p. 138}}.</ref> Anche il già citato ''Il problema Jean-Jacques Rousseau'' di Ernst Cassirer, pubblicato negli stessi anni, fu una pietra miliare della storia della critica rousseauiana.<ref name="casini_138"/> Nel 1934 vennero pubblicati i saggi di Alfred Cobban, che leggeva Rousseau in senso liberale, e di P.L. Léon, il quale contribuì a riaprire il dibattito relativo alla filosofia politica di Rousseau, con particolare riferimento al ''Contratto sociale''.<ref>{{cita|Casini|pp. 138-139}}.</ref> Politicamente, una lettura di Rousseau liberale era stata fatta personalmente da [[Camillo Benso di Cavour]].
La ricerca e la critica su Rousseau, in tutti gli aspetti della sua filosofia e delle sue vicende biografiche, sono tuttora piuttosto vivaci.<ref name=sjjr>{{cita web|url=http://www.sjjr.ch/jean-jacques-rousseau/la-critique-rousseauiste |titolo=La critique Rousseauiste |sito=[http://www.sjjr.ch/ Société Jean-Jacques Rousseau] |accesso=10 luglio 2012 |lingua=fr }}</ref>
 
Nel [[secondo dopoguerra in Italia|secondo dopoguerra]] si avviò una corrente interpretativa improntata a un'analisi in chiave [[Psicologia|psicologica]]-[[psicoanalisi|psicanalitica]] o [[Esistenzialismo|esistenzialista]], che ebbe tra i suoi rappresentanti Bernard Groethuysen, Pierre Burgelin, Hermann Röhrs e il già nominato Jean Starobinski, con il suo famoso ''La trasparenza e l'ostacolo''.<ref name="casini_139"/> Sempre a questa corrente si possono ascrivere le analisi di Martin Rang e Ronald Grimsley.<ref name="casini_139">{{cita|Casini|p. 139}}.</ref> Nel 1950, con l'importante saggio ''Jean-Jacques Rousseau et la science politique'', Robert Derathé contribuì a chiarire l'inadeguatezza delle classificazioni di Rousseau in categorie come quelle di progressismo, conservatorismo, liberalismo o autoritarismo e mise invece l'accento sul contesto storico che influenzò il lavoro di Rousseau e sull'importanza delle caratteristiche della sua rielaborazione del giusnaturalismo.<ref name="casini_139"/> Ciononostante, negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], gli [[anni 1960]] videro riaprirsi la questione relativa al presunto carattere totalitario della filosofia rousseauiana, implicitamente contrapposta al modello politico-economico statunitense, con il saggio ''Social Contract: An Interpretative Essay'' di L.G. Crocker.<ref>{{cita|Casini|p. 141}}.</ref> Un'attenta ricostruzione del pensiero politico ed economico di Rousseau e un'analisi del suo ruolo nella Rivoluzione francese si trova nel saggio del 1960 ''La filosofia politica di Rousseau''.<ref name="casini_142">{{cita|Casini|p. 142}}.</ref> Una importante interpretazione marxista della filosofia politica di Rousseau fu offerta da Galvano Della Volpe che nel celebre "Rousseau e Marx"(1957) propose un Marx influenzato profondamente dalla filosofia politica roussoiana, incentrata sul concetto di volontà generale, che in "[[Per la critica della filosofia del diritto di Hegel]]" si oppose con una concezione democratica egualitaria, di estrazione roussoiana, alla visione conservatrice di Hegel. Un Marx anti-hegeliano è il risultato di questa importante opera che ha influenzato filosofi come [[Lucio Colletti]] e Umberto Cerroni. Significativa è invece la lettura da una prospettiva hegeliano-marxista che fu suggerita nel 1964 da Bronisław Baczko,<ref name="casini_142"/> è poi degna di nota anche l'analisi in chiave antropologica di Victor Goldschmidt, risalente al 1983.<ref name="sjjr"/> Nel XX e nel XXI secolo l'interesse per Rousseau si è acceso anche in luoghi extraeuropei: «Rousseau è tra gli autori occidentali più noti in [[Giappone]], dove dalla fine del XIX secolo sono state tradotte quasi tutte le sue opere», secondo lo studioso Takuya Kobayashi, autore di una tesi di dottorato sulla passione botanica di Rousseau. "Ci interessiamo anche al carattere quasi [[buddista]] dell’identificazione nella natura e nell’universo che troviamo nelle ''Rêveries''", secondo Kobayashi.<ref>[''Rousseau, più che mai scrittore del mondo''], su ''swissinfo.ch</ref> La femminista moderata [[Elisabeth Badinter]] ha avanzato una critica al separatismo tra uomo e donna, secondo lei maschilista ma adottato da un certo femminismo radicale "neo-naturalista", presente nelle pagine dell{{'}}''Emilio''.<ref>[https://www.lipperatura.it/badinter-e-il-fattore-rousseau/ Badinter e il fattore Rousseau]</ref> [[Mary Wollstonecraft]], così come, precedentemente, diverse altre autrici contemporanee dell'autore<ref>{{Cita web|url=http://www.montesquieu.it/biblioteca/Testi/Muceni_rousseau.pdf|titolo=E. Muceni, Et Rousseau...créa la femme. Il "femminismo" rousseauiano alla prova delle Osservazioni di Madame Dupin}}</ref>, aveva argomentato contro la pedagogia rousseauiana; del pensatore svizzero apprezza invece i racconti autobiografici e di viaggio. Anche l'antropologia si è ispirata a Rousseau, dal XVIII secolo fino ai tempi moderni (si veda ad esempio [[Claude Lévi-Strauss]]).
 
La ricerca e la critica su Rousseau, in tutti gli aspetti della sua filosofia e delle sue vicende biografiche, sono tuttora piuttosto vivaci.<ref name="sjjr">{{cita web |url=http://www.sjjr.ch/jean-jacques-rousseau/la-critique-rousseauiste |titolo=La critique Rousseauiste |sito=[http://www.sjjr.ch/ Société Jean-Jacques Rousseau] |accesso=10 luglio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120320062616/http://www.sjjr.ch/jean-jacques-rousseau/la-critique-rousseauiste |dataarchivio=20 marzo 2012 }}</ref>
 
== Opere ==
[[File:Frontispiece of Jean-Jacques Rousseau's Discourse on the Arts and Sciences, 1750.png|min|verticale|Il ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]''.]]
{{vedi anche|Bibliografia su Jean-Jacques Rousseau}}
Opere principali in ordine cronologico (per data di pubblicazione)<ref name=iep/><ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/dossier.asp?ID=45 |titolo=Les oeuvres de Rousseau |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120510211637/http://www.memo.fr/dossier.asp?ID=45 |dataarchivio=10 maggio 2012 }}</ref>. L'edizione citata è la prima edizione francese.
 
* ''Dissertazione sulla musica moderna'' (''Dissertation sur la musique moderne''), Parigi, 1743.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_037 |titolo=Dissertation sur la musique moderne |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire|lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012161227/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_037 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref>
''Per la lista completa delle opere di Rousseau, si rimanda alla voce [[Bibliografia su Jean-Jacques Rousseau]].''
* ''[[Discorso sulle scienze e le arti]]'' (''Discours sur les sciences et les arts''), 1750.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_011 |titolo=Discours sur les sciences et les arts |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012084247/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_011 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref>
* ''[[L'indovino del villaggio]]'' (''Le Devin du Village''), 1753.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_036 |titolo=Le Devin du village |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151119063122/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_036 |dataarchivio=19 novembre 2015 }}</ref>
* ''Narciso o l'amante di se stesso'' (''Narcisse ou l'amant de lui-même''), 1753<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_026 |titolo=Narcisse ou l'Amant de lui-même |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151123211857/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_026 |dataarchivio=23 novembre 2015 }}</ref>
* ''Lettera sulla musica francese'' (''Lettre sur la musique française''), 1753.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_040 |titolo=Lettre sur la musique française |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150929024000/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_040 |dataarchivio=29 settembre 2015 }}</ref>
* {{cita libro|titolo=[[Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini]]|titolooriginale=Discours sur l'origine de l'inégalité |editore=Michel Rey |città=Amsterdam |anno=1755}}<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_009 |titolo=Discours sur l'origine de l'inégalité |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120510211037/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_009 |dataarchivio=10 maggio 2012 }}</ref>
* ''[[Discorso sull'economia politica]]'' (''Discours sur l'économie politique''), in AA.VV., ''[[Encyclopédie]]'', Parigi, Briasson, novembre 1755, vol. 5.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_008 |titolo=Discours sur l'économie politique |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108221557/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_008 |dataarchivio=8 novembre 2012 }}</ref>
* ''Lettre à d'Alembert sur les Spectacles'', Amsterdam, Michel Rey, 1758.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_021 |titolo=Lettre à d'Alembert sur les Spectacles |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150420201838/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_021 |dataarchivio=20 aprile 2015 }}</ref>
* {{cita libro|titolo=[[Giulia o la nuova Eloisa]]|titolooriginale=Julie ou la nouvelle Heloïse |editore=Michel Rey |città=Amsterdam |anno=1761 }}<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_027 |titolo=La Nouvelle Héloïse |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120530070607/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_027 |dataarchivio=30 maggio 2012 }}</ref>
* {{cita libro|titolo=[[Il contratto sociale]]|titolooriginale=Du contrat social |editore=Michel Rey |città=Amsterdam |anno=1762 }}<ref name=contrat_46-50>{{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Il contratto sociale |curatore=Roberto Gatti |editore=BUR Rizzoli |città=Milano |anno=2010 |ed=3 |annooriginale=2005 |ISBN=978-88-17-00269-1 |pp=46-50 }}</ref>
* {{cita libro|titolo=[[Emilio o dell'educazione]]|titolooriginale=Émile, ou De l'éducation |editore=Jean Néaulme |città=L'Aia |anno=1762 }}
* ''[[Lettera a Christophe de Beaumont]]'' (''Lettre à Christophe de Beaumont, Archévêque de Paris''), Amsterdam, Michel Rey, 1763.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_020 |titolo=Lettre à Christophe de Beaumont |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141012063820/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_020 |dataarchivio=12 ottobre 2014 }}</ref>
* ''Lettere scritte dalla montagna'' (''Lettres écrites de la Montagne''), 1764.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_024 |titolo=Lettres écrites de la Montagne |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140306201705/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_024 |dataarchivio=6 marzo 2014 }}</ref>
* ''Dizionario di musica'' (''Dictionnaire de musique''), 1767.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_007 |titolo=Dictionnaire de musique |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011185725/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_007 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref>
* ''[[Progetto di costituzione per la Corsica]]'' (''Projet de constitution pour la Corse''), 1768.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_031 |titolo=Projet de constitution pour la Corse |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire|lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108221909/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_031 |dataarchivio=8 novembre 2012 }}</ref>
* ''[[Pigmalione (Rousseau)|Pigmalione]]'' (''Pygmalion''), Bruxelles, 1772.<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_041 |titolo=Pygmalion |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130404011601/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_041 |dataarchivio=4 aprile 2013 }}</ref>
* ''[[Dafni e Cloe (Rousseau)|Dafni e Cloe]]'' (''Fragments de Daphnis et Chloé''), Parigi, Esprit, 1779 (postuma).<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_043 |titolo=Daphnis et Chloé |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108222038/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_043 |dataarchivio=8 novembre 2012 }}</ref>
* ''Émile et Sophie ou les Solitaires'', 1780 (postuma).
* ''[[Rousseau giudice di Jean-Jacques]]'' (''Rousseau juge de Jean-Jacques. Dialogues''), primo dialogo 1780, pubblicazione completata 1782 (postuma).<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_005 |titolo=Rousseau juge de Jean-Jacques |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130404011447/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_005 |dataarchivio=4 aprile 2013 }}</ref>
* ''Dizionario di botanica'' (''Fragments pour un Dictionnaire des termes d'usage en botanique''), Ginevra, 1781 (postuma).<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_006 |titolo=Dictionnaire de botanique |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108221753/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_006 |dataarchivio=8 novembre 2012 }}</ref>
* ''[[Saggio sull'origine delle lingue]]'' (''Essai sur l'origine des langues''), 1781 (postuma).<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_015 |titolo=Essai sur l'origine des langues |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108222026/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_015 |dataarchivio=8 novembre 2012 }}</ref>
* ''[[Le fantasticherie del passeggiatore solitario]]'' (''Les Rêveries du Promeneur Solitaire''), 1782 (postuma).<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_034 |titolo=Les Rêveries du promeneur solitaire |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141011070319/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_034 |dataarchivio=11 ottobre 2014 }}</ref>
* ''[[Considerazioni sul governo della Polonia]]'' (''Considérations sur le gouvernement de Pologne''), Ginevra, 1782 (postuma).<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_002 |titolo=Considérations sur le gouvernement de Pologne |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108222059/http://memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_002 |dataarchivio=8 novembre 2012 }}</ref>
* ''[[Le confessioni (Rousseau)|Le confessioni]]'' (''Les confessions''), Ginevra, prima parte 1782, seconda parte 1789 (postume).<ref>{{cita web |url=http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_001 |titolo=Les Confessions |sito=MEMO – Voyagez à travers l'Histoire |lingua=fr |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120510211823/http://www.memo.fr/article.asp?ID=JJR_OEU_001 |dataarchivio=10 maggio 2012 }}</ref>
 
== Note ==
{{references|3Note strette}}
 
== Bibliografia ==
{{Vedi anche|Bibliografia su Jean-Jacques Rousseau}}
 
''Qui sotto sono elencati i testi impiegati direttamente per la stesura di questa voce. Per una bibliografia estensiva, si rimanda alla voce [[Bibliografia su Jean-Jacques Rousseau]].''
 
* {{cita libro|autore=[[Ernst Cassirer]] |titolo=Il problema Gian Giacomo Rousseau |cid=Cassirer }} In {{cita libro|autore=Ernst Cassirer, Robert Darnton, Jean Starobinski |titolo=Tre letture di Rousseau |curatore=Maria Albanese |editore=Laterza |città=Roma-Bari |anno=1994 |isbn=88-420-4402-4 }}
* {{cita libro|autore=Paolo Casini |titolo=Introduzione a Rousseau |editore=Laterza |città=Roma-Bari |anno=1986 |ed=3 |annooriginale=1974 |cid=Casini }}
* {{cita libro|autore=[[ÉmileErnst DurkheimCassirer]] |titolocapitolo=SulIl Contrattoproblema SocialeGian diGiacomo Rousseau |curatoretitolo=MarioTre Antomelliletture |cid=Durkheimdi }} In {{citaRousseau libro|nomecuratore=Jean-JacquesMaria Albanese |cognomeeditore=RousseauLaterza |titolocittà=Società e linguaggioRoma-Bari |editoreanno=La Nuova Italia1994 |cittàisbn=Firenze88-420-4402-4 |annocid=1972 Cassirer}}
* {{cita libro|autore-capitolo=[[Émile Durkheim]] |capitolo=Sul Contratto sociale di Rousseau |curatore=Mario Antomelli |nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Società e linguaggio |editore=La Nuova Italia |città=Firenze |anno=1972 |cid=Durkheim}}
* {{cita news|autore=Giuliano Gliozzi |titolo=Rousseau: dalla proprietà al dominio |pubblicazione=Rivista di filosofia |numero=LXXXIII |data=1992-1993 }}
* {{cita pubblicazione|autore=Giuliano Gliozzi |titolo=Rousseau: dalla proprietà al dominio |rivista=Rivista di filosofia |numero=LXXXIII |data=1992-1993 }}
* {{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Il contratto sociale |curatore=Roberto Gatti |editore=BUR Rizzoli |città=Milano |anno=2010 |ed=3 |annooriginale=2005 |isbn=978-88-17-00269-1 |cid=''Il contratto sociale'' }}
* {{cita libro|nome=Jean-JacquesGiuseppe |cognome=RousseauPanella |titolo=ÉmileJean-Jacques Rousseau e la società odello dell'educazionespettacolo |editoreanno=BUR Rizzoli2010 |cittàeditore=MilanoEdizioni Pagnini|annocittà=2009 Firenze |isbn=978-88-178251-02330348-6 |cid=''Émile'' 1}}
* {{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=ScrittiIl Politicicontratto (volumesociale primo: Discorso sulle scienze e sulle arti, Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza, Discorso sull'economia|curatore=Roberto politica)Gatti |editore=LaterzaBUR Rizzoli |città=Roma-BariMilano |anno=19942010 |ed=3 |annooriginale=2005 |isbn=978-88-42017-436800269-31 |cid=''ScrittiIl politicicontratto sociale'' }}
* {{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Émile o dell'educazione |url=https://archive.org/details/emileodelleducaz0000rous |editore=BUR Rizzoli |città=Milano |anno=2009 |isbn=978-88-17-02330-6 |cid=''Émile''}}
* {{cita libro|nome=Emilio |cognome=Zanette |titolo=Jean-Jacques Rousseau |cid=Zanette }} In {{cita libro|autore=F. Cioffi, F. Gallo, G. Luppi, A. Vigorelli, E. Zanette |titolo=Diálogos (volume secondo: La filosofia moderna) |anno=2000 |editore=Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori|città= |isbn=88-424-5264-5}}
* {{cita libro|nome=Jean-Jacques |cognome=Rousseau |titolo=Scritti politici (volume primo: Discorso sulle scienze e sulle arti, Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza, Discorso sull'economia politica) |editore=Laterza |città=Roma-Bari |anno=1994 |isbn=978-88-420-4368-3 |cid=''Scritti politici''}}
 
* {{cita libro|nome=Emilio |cognome=Zanette |capitolo=Jean-Jacques Rousseau |curatore=F. Cioffi, F. Gallo, G. Luppi, A. Vigorelli, E. Zanette |titolo=Diálogos (volume secondo: La filosofia moderna) |anno=2000 |editore=Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori|città= |isbn=88-424-5264-5|cid=Zanette}}
[[File:Rousseau cour Napoleon Louvre.jpg|thumb|upright|Una statua di Rousseau all'esterno del [[palazzo del Louvre]].]]
 
== Voci correlate ==
* [[Buon selvaggio]]
* [[Canton Ginevra]]
* [[Encyclopédie]]
* [[Etica|Filosofia moraleGiacobinismo]]
* [[Filosofia politica]]
* [[Illuminismo]]
* [[CantonMangia Ginevrai ricchi]]
* [[BuonRivoluzione selvaggiofrancese]]
* [[Romanticismo]]
* [[Stato di natura]]
* [[Volontà generale]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
{{interprogetto|q|commons=Jean-Jacques Rousseau|s=fr:Auteur:Jean-Jacques Rousseau|s_preposizione=in [[lingua francese]] di|v}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Helveticat}}
* {{cita web|url=httphttps://wwwplato.iep.utmstanford.edu/entries/rousseau/ |titolo=Rousseau, Jean-Jacques Rousseau |autore=JamesChristopher J. DelaneyBertram |sito=[httphttps://wwwplato.iep.utmstanford.edu/ InternetStanford Encyclopedia of Philosophy] |data=2127 ottobresettembre 20052010 |accesso=11 maggio 2012 |lingua=en }}
* {{cita web|url=http://platowww.stanfordiep.utm.edu/entries/rousseau/ |titolo=Rousseau, Jean-Jacques Rousseau |autore=ChristopherJames BertramJ. Delaney |sito=[http://platowww.stanfordiep.utm.edu/ StanfordInternet Encyclopedia of Philosophy] |data=2721 settembreottobre 20102005 |accesso=11 maggio 2012 |lingua=en }}
* {{cita web |url=http://oregonstate.edu/instruct/phl302/philosophers/rousseau.html |titolo=Rousseau Time Line |autore= |sito=[http://oregonstate.edu/ Oregon State University] |accesso=11 maggio 2012 |lingua=en |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120515212804/http://oregonstate.edu/instruct/phl302/philosophers/rousseau.html |dataarchivio=15 maggio 2012}}
* {{cita web |url=http://www.memo.fr/dossier.asp?ID=37 |titolo=Rousseau, Jean-Jacques |sito=[http://www.memo.fr/ MEMO – Voyagez à travers l'Histoire] |accesso=12 maggio 2012 |lingua=fr |dataarchivio=28 gennaio 2006 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060128172238/http://www.memo.fr/dossier.asp?ID=37 |urlmorto=sì }}
* {{cita web|url=http://www.sjjr.ch/ |titolo=Société Jean-Jacques Rousseau |accesso=10 luglio 2012 |lingua=fr }}
* {{cita web|url=http://www.rousseauonline.ch/ |titolo=Jean-Jacques Rousseau – Collection complète des œuvres |lingua=fr |data=10 luglio 2012 |accesso=19 settembre 2012 }}
 
=== Testi in lingua italiana disponibili on-line ===
;Testi in lingua italiana disponibili on-line
* [http://www.readme.it/libri/Filosofia/Le%20fantasticherie%20del%20passeggiatore%20solitario.shtml ''Le fantasticherie del passeggiatore solitario - La quinta passeggiata'']
* {{cita web |url= http://www.readme.it/libri/Filosofia/Le%20fantasticherie%20del%20passeggiatore%20solitario.shtml |titolo= ''Le fantasticherie del passeggiatore solitario - La quinta passeggiata'' | accesso = 19 gennaio 2014 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150405125248/http://www.readme.it/libri/Filosofia/Le%20fantasticherie%20del%20passeggiatore%20solitario.shtml | dataarchivio = 5 aprile 2015 | urlmorto = sì}}
* [http://sentieridellamente.it/files/Contratto-Sociale--testo-non-integrale-.pdf ''Il contratto sociale'' (testo non integrale)]
* {{cita web| url=http://www.liceoagnesimilano.gov.it/new_site/download/emilio-romanzo-pedagogico-di-jean-jacques-rousseau/| titolo=''Emilio o dell'educazione''| lingua=it, fr| accesso=14 dicembre 2019| dataarchivio=18 ottobre 2017| urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171018133703/http://www.liceoagnesimilano.gov.it/new_site/download/emilio-romanzo-pedagogico-di-jean-jacques-rousseau/| urlmorto=sì}}
* [http://books.google.it/books?id=Qa3Gsy-nWpoC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false ''Emilio o dell'educazione'']
* {{cita web |url= http://sentieridellamente.it/files/Contratto-Sociale--testo-non-integrale-.pdf |titolo= ''Il contratto sociale'' (testo non integrale) | accesso = 19 gennaio 2014 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20140201233339/http://sentieridellamente.it/files/Contratto-Sociale--testo-non-integrale-.pdf | urlmorto = sì }}
* [http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:lj8A6FJj_xYJ:www.liceimorbegno.org/plnervi/index.php%3Foption%3Dcom_phocadownload%26view%3Dcategory%26id%3D8:lezioni-prof-lamberto-bianchini%26download ''Discorso sull’origine e il fondamento dell’ineguaglianza tra gli uomini'' (testo non integrale)]
* {{cita web|url=https://books.google.it/books?id=Qa3Gsy-nWpoC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|titolo=''Emilio o dell'educazione''}}
* [http://sentieridellamente.it/files/rousseau-Le-confessioni.pdf ''Le confessioni'']
* {{cita web | url = http://www.liceimorbegno.org/plnervi/index.php?option=com_phocadownload&view=category&id=8:lezioni-prof-lamberto-bianchini&download=33:rousseau&Itemid=13 | titolo = ''Discorso sull'origine e il fondamento dell'ineguaglianza tra gli uomini'' (testo non integrale) | accesso = 7 ottobre 2022 | urlarchivio = https://archive.is/20140119102259/http://www.liceimorbegno.org/plnervi/index.php?option=com_phocadownload&view=category&id=8:lezioni-prof-lamberto-bianchini&download=33:rousseau&Itemid=13 | dataarchivio = 19 gennaio 2014 | urlmorto = sì }}
* {{cita web |url= http://sentieridellamente.it/files/rousseau-Le-confessioni.pdf |titolo= ''Le confessioni'' | accesso = 19 gennaio 2014| urlarchivio = https://web.archive.org/web/20140201233430/http://sentieridellamente.it/files/rousseau-Le-confessioni.pdf | urlmorto = sì }}
* {{cita web|https://www.blia.it/libriweb/confessioni.htm|''Le confessioni'' (versione html)}}
 
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