Andrea Vendramin: differenze tra le versioni
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{{Monarca
|nome = Andrea Vendramin
|immagine = Andrea Vendramin, by Gentile Bellini cropped.jpg
|legenda = Andrea Vendramin ritratto da [[Gentile Bellini]].
|stemma = Doge Andrea Vendramin.png
|titolo = [[Doge di Venezia]]
|inizio regno = 5 marzo [[1476]]
|fine regno = 6 marzo [[1478]]
|predecessore = [[Pietro Mocenigo]]
|successore = [[Giovanni Mocenigo]]
|data di nascita = [[1400]]
|luogo di nascita = [[Venezia]]
|data di morte = 6 marzo [[1478]]
|luogo di morte = [[Venezia]]
|consorte = Regina Gradenigo
}}
{{Bio
|Nome = Andrea
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|LuogoNascita = Venezia
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita =
|LuogoMorte = Venezia
|GiornoMeseMorte = 6
|AnnoMorte =
|
|Attività = politico
|Nazionalità =
|PostNazionalità = , [[doge (Venezia)|doge]] della [[Repubblica di Venezia]] dal [[1476]] alla morte
}}
== Biografia ==
=== Famiglia e giovinezza ===
Nacque, secondogenito dopo Luca, da Bartolomeo [[Vendramin]] e da Maria [[Michiel]]. La sua era una casata di recentissima affermazione, entrata nel [[patriziato veneziano|patriziato]] nel [[1381]] grazie ai contributi offerti alla Repubblica dall'omonimo nonno, mercante di origini [[Friuli|friulane]], in occasione della [[guerra di Chioggia]]<ref name=dbi>{{DBI
|nome = VENDRAMIN, Andrea
|nomeurl = andrea-vendramin
|autore = Daniele Dibello
|anno = 2020
|volume = 98
|accesso = 9 dicembre 2020
}}</ref>.
Il padre, già al secondo matrimonio e anziano, morì quando aveva solo due anni. Ad occuparsi della sua educazione fu quindi la famiglia materna, che a differenza di quella paterna era di nobiltà antica e riconosciuta<ref name=dbi/>.
Entrato in [[Maggior Consiglio]] il 3 dicembre [[1418]], poco dopo fu accusato di [[sodomia]] assieme al fratello, venendo tuttavia scagionato già il 16 marzo [[1419]]. In questo periodo, va detto, il [[Consiglio dei Dieci]] aveva intrapreso un'accanita campagna per estirpare la piaga dell'omosessualità, tuttavia si ritrovò impreparato quando le indagini presero a coinvolgere personalità politiche, ecclesiastiche e delle arti di mestiere<ref name=dbi/>.
Nel [[1426]] sposò Regina [[Gradenigo]], proveniente da un'altra prestigiosa famiglia e discendente dal doge [[Bartolomeo Gradenigo]]. Gli diede una numerosa prole: sette maschi (Bartolomeo, Nicolò, Alvise, Giovanni Francesco, Paolo e Girolamo) e almeno quattro femmine (Felicita, Orsa, Clara e Taddea, a cui forse vanno aggiunte Angela ed Elena)<ref name=dbi/>.
=== Carriera politica ===
La carriera politica del Vendramin si svolse sottotono per molti anni e solo in età avanzata subì un'impennata. Nel [[1422]] era caposestiere di [[Cannaregio]], mentre fu eletto stabilmente in [[Senato veneziano|Senato]] non prima del [[1440]] e fino al [[1453]]. Partecipò a poche missioni diplomatiche e non sembra aver assunto rettorati al di fuori del [[Dogado]]<ref name=dbi/>.
La tradizione spiega questo fatto con l'isolamento che la sua famiglia subì da parte delle casate più antiche e prestigiose. Tuttavia, è più probabile che Vendramin avesse trascurato la vita pubblica per dedicarsi alle attività imprenditoriali e mercantili; sappiamo infatti che con il fratello fu occupato nel commercio di seta e di grano e nella produzione di sapone<ref name=dbi/>.
Di certo non dovettero aiutarlo le accuse subite in giovane età. Tra il [[1449]] e il [[1450]], peraltro, sedette nel [[Consiglio dei Dieci]] e nel trattare alcuni casi di sodomia assunse un atteggiamento molto cauto, che molti giudicarono con sospetto<ref name=dbi/>.
Un altro episodio spiacevole avvenne nel [[1454]], quando lui e il fratello furono colpiti dalla crisi bancaria di quegli anni, aggravata da una vertenza insorta con un cassiere del banco Soranzo. Ciononostante, tra la fine dello stesso anno e l'inizio del successivo Andrea continuava a investire nel commercio di frumento, tanto da risultare creditore verso i Provveditori alle biade<ref name=dbi/>.
La sua attività politica si fece più intensa dalla metà degli [[anni 1450]]. [[Consigliere ducale]] nel [[1454]]-[[1455|55]], nel [[1458]] e nel [[1466]], tornò nel Consiglio dei Dieci dal [[1455]] al [[1457]], anche in veste di capo e inquisitore. Inoltre, a partire da [[Pasquale Malipiero]] ([[1457]]), il Vendramin risultò costantemente tra gli elettori dogali o tra i correttori della [[promissione ducale|promissione]]<ref name=dbi/>.
Nel periodo [[1463]]-[[1466|66]] fu savio del Consiglio e intervenne più volte in Senato (solitamente su questioni di materia economica) dimostrando notevole equilibrio. A fine giugno [[1467]] fu nominato [[procuratore di San Marco]] ''de citra''; durante questo mandato subì delle critiche per la libertà con cui amministrava le risorse a lui affidate, tanto che il 24 febbraio [[1474]] il [[Maggior Consiglio]] vietò ai procuratori di investire questi beni «in colliganciam». Nello stesso periodo fu scelto, con [[Ludovico Foscarini]], per una missione presso [[papa Paolo II]], ma entrambi rinunciarono per le loro cattive condizioni di salute<ref name=dbi/>.
=== Dogato ===
[[File:Monument to doge Andrea Vendramin - Statue.jpg|thumb|left|[[Tullio Lombardo|Tullio]] e [[Antonio Lombardo]], ''[[Monumento funebre del doge Andrea Vendramin]]'']]
La sua elezione a doge, il 5 marzo [[1476]], fu segnata dalle critiche di Filippo [[Tron (famiglia)|Tron]] che lamentava la recente nobiltà della sua famiglia. Grazie al suo cospicuo patrimonio poté elargire grandi quantità di denaro al popolo che lo festeggiava in [[piazza San Marco]]<ref name=dbi/>.
Proveniente dal ceto mercantile e imprenditoriale, anche in qualità di doge il Vendramin lavorò a diverse questioni riguardanti traffici, tasse e mutui. Per esempio si preoccupò di raccogliere denaro per finanziare l'annoso conflitto contro i Turchi, garantendo in prima persona i prestiti che il banco Soranzo concedeva al governo. La sua politica di controllo diretto sull'esazione fiscale fu adottata anche dai dogi successori, nonostante i limiti imposti dalla promissione ducale<ref name=dbi/>.
Ebbe un atteggiamento moderato per quanto riguarda la giustizia: non risultò mai tra i proponenti di pena nei processi e, anzi, fu molto attivo nel concedere grazie. La sua irreprensibilità fu messa in dubbio per l'atteggiamento "morbido" nei confronti del figlio Bartolomeo, esiliato nel [[feudo]] di famiglia di [[Latisana]]: rimase inerte quando questi, nonostante la condanna, tornò a Venezia nel [[1477]] e intervenne solo quando il [[Savi di Terraferma|savio di Terraferma]] Ludovico Lando aveva posto la scandalosa questione all'esame del Senato<ref name=dbi/>.
Morì nella notte del 6 marzo [[1478]]. Il suo ragguardevole patrimonio, circa {{formatnum:160000}} ducati, fu ereditato dai figli maschi ancora in vita e dal nipote Daniele. Come da sue disposizioni, fu sepolto nella [[Chiesa di Santa Maria dei Servi (Venezia)|chiesa di Santa Maria dei Servi]]. Nel [[1815]], con la demolizione del luogo sacro, l'arca fu trasferita nella [[basilica dei Santi Giovanni e Paolo (Venezia)|basilica dei Santi Giovanni e Paolo]]<ref name=dbi/>.
== Note ==
<references/>
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
==Collegamenti esterni==
* {{Collegamenti esterni}}
{{Box successione|carica=[[Dogi della Repubblica di Venezia|Doge di Venezia]]|periodo=4 marzo [[1476]] - 5 maggio [[1478]]
|precedente=[[Pietro Mocenigo]]|successivo=[[Giovanni Mocenigo]]}}
{{Dogi di Venezia}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|storia}}
[[Categoria:Dogi della Repubblica di Venezia]]
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