Storia di Torino: differenze tra le versioni
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[[File:Torino-panoramadaicappuccini.jpg|upright=1.4|miniatura|[[Storia dell'illuminazione pubblica a Torino|Panorama notturno di Torino]]]]
La '''storia di Torino''', [[capoluogo]] del [[Piemonte]], si estende per più di duemila anni e alcune delle sue vestigia sono ancora visibili nei principali monumenti, [[Stradario di Torino|vie e piazze]].
La città divenne famosa come centro del potere di [[Casa Savoia]], capitale del [[Ducato di Savoia|Ducato sabaudo]] dal [[XV secolo]], quindi del [[Regno di Sardegna]], fulcro politico del [[Risorgimento]] e prima [[capitale (città)|capitale]] del [[Regno d'Italia]] dal [[1861]] al [[1865]]. Nel [[XX secolo]], invece, ospitò diversi movimenti [[antifascismo|antifascisti]], compresa la [[Resistenza italiana|Resistenza]] durante la [[seconda guerra mondiale]]; Nel corso della seconda metà del Novecento si affermò quale città industriale, in particolare come polo dell'[[industria automobilistica]] di importanza mondiale.
== Storia antica ==
=== Origini ===
Le scarse fonti storiche risalgono al [[III secolo a.C.]], riportando testimonianze sulle quali il dibattito è ancora aperto. Da una parte, l'ipotesi di un insediamento dei [[Taurisci]], ovvero dei [[Celti]] originari del [[Norico]] (ovvero le attuali zone della [[Baviera]]), anche se diffusasi poi gradualmente in tutto il nord-Italia, mentre dall'altra l'ipotesi, e tuttavia legata alla prima, di un insediamento dei cosiddetti [[Taurini]], ovvero un particolare gruppo etnico dei [[Celto]]-liguri, localizzato geograficamente nei soli monti occidentali delle antiche [[Alpi]]<ref>http://www.museotorino.it/view/s/530aa2559b7740c69f9f42e5fa2f95ea</ref>, quindi insediatisi lungo le zone a sud e a nord della [[Dora Riparia]]<ref>{{Treccani|taurisci|Taurisci}}</ref><ref>{{cita web |url=http://www.pianetatorino.it/storia.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=31 dicembre 2015 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150403085213/http://www.pianetatorino.it/storia.htm |dataarchivio=3 aprile 2015 }}</ref>. <br />In entrambe le ipotesi, secondo gli storici [[Polibio]]<ref>Polibio, ''Storie'', III, 60</ref> e [[Appiano di Alessandria|Appiano]]<ref>Appiano, ''Hannibalica'', 5</ref> già nel [[III secolo a.C.]] era presente un grande villaggio, probabilmente collocato alla confluenza dei fiumi [[Po]] e [[Dora Riparia|Dora]], che si sarebbe chiamato ''Taurasia'' (o, per altre fonti, ''Taurinia''). Nel [[218 a.C.]], il condottiero [[cartagine]]se [[Annibale]] entrò in [[Piemonte]],<ref>http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/08/20/le-vette-di-annibale.html</ref> alleandosi con numerose [[Lista di tribù celtiche|tribù]], tra cui gli [[Insubri]]. È probabile che i [[Taurini]]-[[Taurisci]] abbiano rifiutato l'alleanza e tentato di contrastare l'invasione: secondo i documenti, il villaggio resistette tre giorni prima di crollare.{{Senza fonte}}
{Riguardo al toponimo e alla radice ''Taur'', esistono varie ipotesi: la più probabile è legata all'[[Lingue indoeuropee|indoeuropeo]] ''taur'', a sua volta legato al [[Lingua greca antica|greco antico]] ''ορος'' (''oros'', cioè ''montagna''), e al sanscrito ''sthur'' (''massiccio'', ''robusto'', o ''selvatico''), quindi associato alle caratteristiche montanare tipiche delle tribù dei [[Taurisci]] e dei [[Taurini]] del [[VII secolo a.C.|VII]]-[[V secolo a.C.]], ma anche dei Taurasini, questi ultimi insediati anticamente nel [[Sannio]]<ref>{{Cita news|titolo=Macché toro noi taurini siamo gente di montagna|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]|data=2008-02-16|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/02/16/macche-toro-noi-taurini-siamo-gente-di.html|urlarchivio=}}</ref>. U{{sf|n'altra ipotesi è che venga dal Celtico ''taruos'' ('toro') oppure da un'origine non Celtica ma dai [[Liguri]].}}
==== Leggende ====
Una leggenda sostiene un'origine risalente all'[[antico Egitto]] (probabilmente [[XVIII dinastia egizia|XVIII dinastia]]): durante i lavori per la costruzione della fortezza militare della [[Cittadella di Torino|Cittadella]] nel [[XVI secolo]], fu rinvenuta una lapide con un'iscrizione dedicata al culto di [[Iside]]<ref>[http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/curiosare/magica.htm Torino Turistica - Torino, città magica - Città di Torino] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150301022434/http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/curiosare/magica.htm |data=1º marzo 2015 }}</ref>. La notizia fu alimentata dagli allora storici di corte [[Filiberto Pingone]] e, in seguito, [[Emanuele Tesauro]]. Quest'ultimo, citò altresì il mito [[antica Grecia|greco]] di Eridano (antico nome attribuito al fiume [[Po]]), figlio di [[Fetonte]] e, per alcuni, presunto fratello di [[Osiride]] e dédito ai culti [[Antico Egitto|egizi]]<ref>{{Cita web |url=http://taurinorum.com/testi/Hator.html |titolo=Copia archiviata |accesso=31 dicembre 2015 |dataarchivio=14 maggio 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160514091957/http://taurinorum.com/testi/Hator.html |urlmorto=sì }}</ref>. Dopo aver lasciato il [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] per disaccordi con le caste sacerdotali, Fetonte avrebbe raggiunto il nord Italia, passando per le coste del [[Mar Tirreno|Tirreno]] e approdando in [[Liguria]]; in seguito avrebbe raggiunto una grande pianura, dove scorreva un grande fiume che gli avrebbe ricordato il [[Nilo]], e qui avrebbe fondato un culto dedicato ad [[Api (mitologia egizia)|Api]], [[Religione egizia|dio egizio]] a forma di [[Bos taurus|toro]], probabilmente intorno al [[XVI secolo a.C.]]<ref>{{cita libro | nome=Emanuele | cognome=Tesauro | titolo=Della Historia della Augusta Città di Torino | anno=1679 | editore=Bartolomeo Zappata | città=Torino}}</ref>. I [[Taurini]], anch'essi dediti ai culti [[Teriomorfismo|teriomorfisti]], si sarebbero adattati alla venerazione del dio-animale. Nei secoli successivi altri storici sostennero tale ipotesi. Improbabili legami dei Taurini con l'antico Egitto sono anche alimentati da una recente credenza popolare che afferma che la [[Chiesa della Gran Madre di Dio (Torino)|Chiesa della Gran Madre]] sarebbe stata costruita sopra un antico tempio egizio<ref>{{cita libro | nome=Giuditta | cognome=Dembech | titolo=Torino città magica | anno= | editore=Ariete Multimedia | città= }}</ref>. Un'altra leggenda sulle origini della città prende spunto dalla leggenda di un villaggio [[neolitico]] tormentato da un temibile drago. Il popolo avrebbe deciso di inebriare un [[Bos taurus|toro]] con un misto di acqua e vino e aizzarlo contro il drago; il toro inferocito, dopo aver sconfitto il mostro, sarebbe morto per le ferite riportate. Il popolo quindi, avrebbe deciso di venerarlo<ref>{{Cita web|url=https://www.guidatorino.com/la-leggenda-del-toro-rosso-che-sconfisse-il-drago-e-diede-il-nome-alla-citta-di-torino/|titolo=La leggenda del Toro Rosso che sconfisse il Drago e diede il nome alla città di Torino|sito=Guida Torino|data=2015-08-12|lingua=it-IT|accesso=2022-01-17}}</ref>.
=== Periodo Romano ===
[[File:Porta palatina, statue.jpg|upright=0.8|miniatura
Fu soltanto nel [[58 a.C.]] che l'allora [[proconsole]] [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] fece insediare nell'area un accampamento militare, come posizione strategica per la [[via delle Gallie]], per poi ampliarlo a una prima [[colonia romana|colonia]] nel [[44 a.C.]], chiamata ''Iulia Taurinorum''.[https://www.lastampa.it/scienza/2020/02/10/news/compleanno-di-torino-ecco-la-prova-astronomica-1.38449769]<br />Tuttavia, la definitiva fondazione avvenne grazie a suo figlio adottivo [[Augusto]] che, intorno al [[28 a.C.]], [[Deduzione (storia romana)|dedusse]] una seconda colonia, il cui impianto urbano a [[castrum]] sarà quello che ancora adesso è rilevabile, col nome di ''[[Toponimi latini delle città italiane|Augusta Taurinorum]]''. Un cippo che riporta un'iscrizione con la data consolare del [[21 a.C.]], anno del consolato di [[Marco Lollio]], attesta la sicura presenza romana nell'area di Torino<ref>{{Cita pubblicazione|autore=G. Mennella|autore2=|autore3=|titolo=Marco Lollio, consul sine collega e la fondazione di Augusta Taurinorum.|rivista=Colons et colonies dans le monde romain. A cura di S. Demougin e J. Scheid, Roma|volume=|numero=pp. 387-394|url=https://www.academia.edu/4402649/Marco_Lollio_consul_sine_collega_e_la_fondazione_di_Augusta_Taurinorum_}}</ref>. Tale rinvenimento epigrafico costituisce un termine temporale prima del quale la colonia venne fondata<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Luca Emilio Brancati (a cura di)|autore2=|autore3=|anno=2015|titolo=Il restauro della Porta Palatina di Torino. Passato, presente e futuro di una città fluida.|rivista=|editore=Consorzio San Luca per la cultura, l’arte ed il restauro|città=Torino|volume=|numero=|url=https://www.academia.edu/33162749/Il_restauro_della_Porta_Palatina_di_Torino._Passato_presente_e_futuro_di_una_città_fluida._Torino_2015}}</ref>. Una presunta datazione della colonia, basata su studi astronomici legati al sorgere del sole in asse col decumano, è stata proposta al [[30 gennaio]] del [[9 a.C.]]<ref>http://www.lastampa.it/2018/10/06/cultura/gennaio-ac-nasce-torino-I84r8ie9b8ruOEz0605idJ/premium.html</ref> Sempre in base a un medesimo tipo di studio, è stata proposta la data del [[5 febbraio]] del [[27 a.C.]]<ref>{{Cita web|url=https://www.lastampa.it/scienza/2020/02/10/news/compleanno-di-torino-ecco-la-prova-astronomica-1.38449769|titolo=Compleanno di Torino: ecco la prova astronomica|sito=lastampa.it|data=2020-02-10|lingua=it-IT|accesso=2020-06-29}}</ref>, a cui è seguita una replica<ref>{{Cita web|url=https://www.lastampa.it/scienza/2020/02/24/news/e-un-drone-volo-sulla-nascita-di-torino-1.38510130|titolo=E un drone volò sulla nascita di Torino|sito=lastampa.it|data=2020-02-24|lingua=it-IT|accesso=2020-06-30}}</ref> dove c'è la data [[29 gennaio]] del [[9|9 d.C.]] <br />La colonia fu inscritta come [[tribù (storia romana)|tribù romana]] rurale ''Stellatina'', ed ebbe una struttura definitiva soltanto nel [[I secolo]], con l'edificazione di una cinta muraria. La struttura viaria a scacchiera, sulla topografia del [[castrum]] iniziale, fu successivamente estesa anche alle altre zone della città, almeno in prossimità del [[centro storico di Torino|centro]]. Il perimetro del castrum doveva essere di 2.875 metri, con superficie di 45 ettari e forma irregolarmente quadrangolare con un angolo smussato.
* [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Porta Prætoria]] (
* [[Porta Palatina|Porta Principalis Dextera]], a nord-
* [[Chiesa di Santa Teresa (Torino)|Porta Principalis Sinistra]], a
* [[Piazza Savoia|Porta Decumana]], a ovest-
[[File:Torino-portapalatina01.jpg|upright=0.8|sinistra|miniatura
La costruzione delle mura è stata datata a un momento successivo alla fondazione della colonia, nel I secolo d.C.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Taborelli, Luisa Brecciaroli|autore2=Ada Gabucci|autore3=|anno=2007|titolo=Le mura e il teatro di Augusta Taurinorum: sequenze stratigrafiche e dati cronologici|rivista=|volume=Forme e tempi dell’urbanizzazione nella Cisalpina (II secolo aC–I secolo dC)|numero=|pp=243-259|url=https://www.academia.edu/7505814/_con_Ada_Gabucci_Le_mura_e_il_teatro_di_Augusta_Taurinorum_sequenze_stratigrafiche_e_dati_cronologici_2007}}</ref>.
La cinta muraria fu rafforzata da ulteriori cinque torri angolari ottagonali e torrette di guardia su ciascun lato, in corrispondenza dello sbocco delle vie cittadine e un certo numero di [[postierla|postierle]], che si ritiene posizionate in corrispondenza di ogni torretta. L'interno delle mura presentava il cosiddetto ''intervallum'', ovvero un camminamento per le ronde. La strada principale era il ''[[decumano|decumanus maximus]]'' che collegava la ''Porta Prætoria'' con la ''Decumana'', lungo l'attuale [[Via Garibaldi (Torino)|via Garibaldi]]; a circa un terzo della sua lunghezza, il ''decumanus maximus'' incrociava il ''[[Cardine (storia romana)|cardo maximus]]'' che collegava le porte ''Principalis Dextera'' e ''Principalis Sinistra'', sviluppandosi lungo l'attuale [[via San Tommaso]]-via Porta Palatina. In questo incrocio, era possibile vedere tutte e quattro le Porte, quindi si poteva accedere al ''Forum'' che, con molta probabilità, trovava ingresso dalla Piazzetta delle Erbe (oggi [[piazza Palazzo di Città]]) e dalla piazzetta del Burro (oggi cortile interno di [[Palazzo Civico (Torino)|Palazzo Civico]])<ref>http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/altro/Torino.html</ref>. L'area dell'antico [[castrum]] viene chiamato dai torinesi "[[Quadrilatero Romano]]", sebbene oggi, con questo termine, sia intesa la sola parte occidentale dello stesso.
[[File:Torino romana.png|upright=1.3|miniatura|Planimetria della ''Julia Augusta Taurinorum''.
{{Legenda|black|in nero il tracciato della colonia romana}}
{{Legenda|green|in verde la planimetria della città attuale}}
{{Legenda|red|in rosso le parti di mura, di pavimentazione stradale o di edifici ancora visibili o almeno attestati archeologicamente}}
{{Legenda|blue|in azzurro la posizione ipotizzata per il foro cittadino}}
1: Porta Prætoria o Decumana (Casaforte Acaja/Palazzo Madama)<br />2: Porta Principalis Dextera (Porta Marmorea)<br />3: Porta Decumana occidentale (Porta Segusina)<br />4: Porta Principalis Sinistra (Porta Palatina o Doranea)<br />5: Teatro<br />6: Foro civico
]]
I resti più importanti dell'epoca romana consistono, nei ruderi delle mura vicino alla ''[[Porta Palatina]]'' ([[Porta Palazzo]]) e dell'adiacente [[teatro romano di Torino|teatro]], affiancato da tratti di fondamenta delle sue strutture. Altri pochi resti si trovano alla Porta Praetoria (o Fibellona, per alcuni era la Decumana), nei sotterranei dell'attuale [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama-Casaforte degli Acaja]]) di [[piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]]. Della Porta Segusina invece non ci sono resti, ma soltanto la base di una torretta angolare di avvistamento in via della Consolata angolo via Giulio. Alcuni resti delle mura romane furono rinvenuti nelle sale sotterranee del [[Museo egizio (Torino)|Museo egizio]] e, sempre nel sottosuolo, durante la realizzazione del parcheggio sotterraneo del lato occidentale di via Roma, nel tratto Piazza Carlo Felice-Piazza Castello (esposti al pubblico in alcune entrate/uscite pedonali).
[[File:Torino-teatroromano02.jpg|upright=0.8|miniatura|sinistra|Resti del [[Teatro romano di Torino|Teatro Romano]]]]
Testimonianze poi dell'esistenza di un anfiteatro, posto fuori dalle mura nei pressi della ''Porta Principalis Dextera'', poi nota come ''Porta Marmorea'', distrutta intorno al [[1660]] (e di cui ci rimane solamente un disegno, forse non del tutto fedele, del [[Da Sangallo]]) si hanno fino al [[1508]], quando Maccaneo ne descrive i ruderi. Unico possibile residuo della struttura è una condotta per il deflusso delle acque (l'anfiteatro poteva ospitare anche [[naumachìe]]), situata sotto l'attuale [[Via Roma (Torino)|via Roma]]. Augusta Taurinorum tuttavia, si distinse poco nell'epoca romana, rimanendo una mera colonia provinciale. Pur non essendo in presenza di dati diretti, è possibile valutare, per confronto con altre colonie analoghe, in circa {{formatnum:5000}} abitanti la consistenza numerica della città nel [[I secolo]]. Nel [[69]], la città fu parzialmente distrutta da un incendio provocato dai fuochi dei bivacchi di una legione dall'esercito di [[Otone]] acquartierato a Torino (Tacito, Historiae II 66). Nel [[240]] poi, la città fu minacciata dall'incursione dei [[Marcomanni]].
=== Primo Cristianesimo ===
Fu poi durante le persecuzioni cristiane di [[Massimiano]] in [[Piemonte]] del [[290]]-[[300]] circa, che si distinsero i martiri [[Avventore, Ottavio e Solutore]], soldati romani della [[Legione tebana]], ai quali, molto probabilmente, furono dedicati dei piccoli templi votivi, presso quella che diverrà presto l'area devozionale cristiana dedicata a
=== Le invasioni barbariche ===
Fu a partire dal [[IV secolo]], che Augusta Taurinorum fu spesso bersaglio di incursioni barbare, spesso costituite da truppe poste sui passi alpini; dapprima i [[Dalmati Divitensi]], questi poi contrapposti dagli eserciti di [[Costantino I]], poi i [[Sarmati]] (che lasceranno traccia in alcuni toponimi sparsi per il [[Piemonte]]), quindi da [[Goti]] e [[Alemanni|Alamanni]]<ref>http://www.museotorino.it/view/s/2ad44fbe95654daea477ed5424856aa0</ref>. All'inizio del [[V secolo]], tutto il [[Piemonte]] fu vittima di incipienti occupazioni e distruzioni, mentre Torino, nonostante le sue mura difensive, fu messa relativamente a soqquadro, soprattutto intorno al periodo [[403]]-[[406]].
==
Dopo la [[caduta dell'Impero romano d'Occidente|caduta dell'Impero Romano]] ([[476]]), i [[Burgundi]], capeggiati da
=== Il Ducato longobardo (569-773) ===
{{vedi anche|Ducato di Torino}}
Dal [[569]] Torino fu a capo di un [[ducati longobardi|ducato longobardo]] di confine con le terre dei [[Franchi]]. Non si conosce l'estensione esatta del ducato, ma [[Luigi Cibrario]] afferma:
{{Citazione|...ho ragione di credere che [il ducato longobardo] non fosse punto maggiore di quello del comitato. Anzi, dove il primo finiva alle Chiuse di Val di Susa, e appiè del Mombasso, la Contea di Torino saliva fino ai gioghi eccelsi dell'Iserano, del Moncenisio, del Monginevro, dappoiché Carlomagno restituiva al Regno d'Italia quelle valli alpine già occupate dai Franchi. Tra il levante e il mezzodì la Contea comprendeva il territorio del Chierese e gli altri vicini, fino ai primi colli dell'Astigiano al di là di S. Paolo e Solbrito: e Savigliano col suo territorio, confinando ai contadi d'Asti, d'Alba e di Bredulo|Luigi Cibrario, ''Storia di Torino'', libro II, capo II}}
È probabile che a questo periodo risalga la trasformazione di alcune strutture cittadine in edifici fortificati. Nel [[590]] [[Agilulfo]], [[duca di Torino]], sposò [[Teodolinda]], vedova di re [[Autari]], diventando re dagli altri ducati piemontesi. Agilulfo adattò a proprio palazzo (''Curtis ducis'') gli edifici esistenti nell'attuale piazza IV
=== La dominazione dei
Nel [[773]] l'esercito di [[Carlo Magno]], dopo aver sconfitto i longobardi, entrò in Torino, che non oppose alcuna resistenza, e insediò nella città i suoi rappresentanti comitali rendendo, di fatto, la città, una [[contado|contea]] [[Franchi|franca]], con stessa estensione territoriale del precedente [[ducato longobardo|Ducato]]. Nell'[[818]] su mandato di [[Ludovico il Pio]], divenne [[vescovo di Torino]] [[Claudio I (vescovo di Torino)|Claudio]], che si distinse tra gli [[iconoclastia|iconoclasti]] dell'epoca. Il 25 maggio dell'anno [[825]] l'imperatore [[Lotario I]] promulga il [[capitolare]] di [[Palazzo Reale (Corteolona)|Corteolona]]<ref>HLOTARII, ''Constitutiones Olonnenses. A. 825'', in ''[[Monumenta Germaniae Historica]]'', Leges, II, pp. 248-250</ref><ref>[[Ludovico Antonio Muratori]], ''Rerum Italicarum Scriptores'', parte II, tomo I, p. 151</ref> che costituì le scuole imperiali, oltre a [[Università degli Studi di Pavia|Pavia]] capitale del [[Regno d'Italia]], anche Torino ebbe la scuola di [[diritto]], di [[retorica]] e [[arti liberali]], ereditando la tradizione della scuola di diritto, fondata dall'imperatore romano [[Teodosio I]]; dalla sede di Torino dipendevano anche gli studenti di Ventimiglia, Albenga, Vado, Alba<ref>[[Prospero Balbo]], [https://books.google.it/books?id=yYrRimcxnmsC&pg=RA1-PA213&lpg=RA1-PA213&dq=dungallo+bobbio+direttore+scuola+di+pavia&source=bl&ots=2wr7hcZOfQ&sig=ACfU3U390-vREgmJJ-UCuQUZDLtvvoolWg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjI8NPRqMLmAhWH-qQKHYuCB34Q6AEwAHoECAUQAQ#v=onepage&q=dungallo%20bobbio%20direttore%20scuola%20di%20pavia&f=false ''Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino''], Torino 1825, pag.211-213</ref><ref>[https://books.google.it/books?id=OQBYAAAAcAAJ&pg=PA136&lpg=PA136&dq=universit%C3%A0+di+pavia+scuola+lotario+scuole+milano+genova+como&source=bl&ots=zLNOu5Z3vg&sig=ACfU3U2fHq3VOLo7KcZb2L1OlRdmGfmm3A&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwj9nbDZ_vbmAhWJEBQKHYPYDH4Q6AEwA3oECAgQAQ#v=onepage&q=universit%C3%A0%20di%20pavia%20scuola%20lotario%20scuole%20milano%20genova%20como&f=false T. De Partouneaux, ''Storia della conquista di Lombardia fatta da Carlo Magno e delle cagioni che mutarono nell'alta Italia sotto Ottone il Grande - La dominazione francese in dominazione germanica'', Milano, 1842, Epoca prima, Libro II, Capitolo IV, pag. 136]</ref>. Già nell'[[888]], la cittadina non fu più sotto il diretto dominio dei [[Carolingi]], poiché deposto il regno di [[Carlo il Grosso]]<ref>http://www.museotorino.it/site/exhibitions/history/room/10</ref>. La città quindi, per un breve periodo, dovette dipendere da signori di altre dinastie marchionali, di fatto appartenenti alla vicina [[Marca d'Ivrea|Ivrea]], come [[Anscario I]] e [[Anscario II|II]] e [[Adalberto I d'Ivrea|Adalberto I]]. Soltanto l'abate Ugo di Novalesa, uno dei figli di [[Carlo Magno]], ebbe un parziale potere su Torino, quando, nel [[906]], dall'[[Abbazia di Novalesa]], fece traslare le reliquie di San Valerico presso la Chiesa di Sant'Andrea (il futuro [[Santuario della Consolata]]), per difenderle dai trafugamenti dei saraceni, da lì a poco in arrivo.
=== La Marca di Torino (940-1091) ===
{{vedi anche|Marca di Torino}}
Nel [[940]],
=== I Savoia (XI secolo) ===
=== Basso Medioevo ===
Nel [[1148]], [[Amedeo III di Savoia]] morì a [[Nicosia]] durante la [[seconda crociata]], quando suo figlio [[Umberto III di Savoia|Umberto III (detto poi il Beato)]] era ancora bambino. Fu quindi il vescovo [[Carlo I (vescovo di Torino)|Carlo I]] a reggere temporaneamente il potere in città, con riconoscimento imperiale da parte di [[Federico Barbarossa]] nel [[1159]], e riconfermato da [[Enrico VI di Svevia]] nel [[1196]], in quale, tra l'altro, soggiornò per breve tempo in Torino. La città mantenne pressoché lo schema originale del [[castrum]], tuttavia nuove e strette vie ruppero la geometrica regolarità del [[Quadrilatero Romano|quadrilatero]]. Sorsero nuove chiese e conventi, ma senza particolari aumenti di popolazione. Sul finire del [[XII secolo]], si accentuò lo scontro con gli allora potenti comuni di [[Asti]], di [[Chieri]] e [[Testona]], in particolare negli scontri tra [[ghibellini|guelfi]], [[Sacro Romano Impero|Impero]] e [[Casa Savoia|sabaudi]]. Nel [[1193]], Torino ottenne dal vescovo il permesso di utilizzo delle fortificazioni, a difesa della città.
Nel [[1218]],
====
{{Approfondimento
|titolo= Torino nel [[XIV secolo]]
|contenuto=Malgrado rinchiusa nell'originario tracciato romano, la città fu importante punto di incontro commerciale. L'attraversamento del fiume [[Po]] dalla Casaforte degli Acaja fu garantito da un ponte ligneo, che sostituì quello romano in pietra, ormai fatiscente. I commercianti potevano alloggiare in locande tra cui si ricordano:''il Falcone'', ''Le chiavi'', ''L'angelo'', ''Il leon d'oro''. Per poveri e pellegrini delle [[Vie romee]], sorsero i primi piccoli ospizi e ospedali; fra i più antichi quello di San Giovanni, fuori città, presso l'[[Barca (Torino)|Abbadia di Stura]]-[[Barca (Torino)|Barca]], fondato da San Giacomo di Stura nel [[1146]]
I [[Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro|Cavalieri del Santo Sepolcro]] possedevano una loro ''mansio'', per accogliere i pellegrini, circa due chilometri fuori da porta Segusina, mentre i [[Cavalieri templari]] avevano una loro casa presso il ponte di Testona. Oltre alle porte ''storiche'', nelle mura furono aperte anche altre porte ''minori'' (anche in epoca romana si suppone che vi fossero pusterle in corrispondenza delle torri lungo le mura).
}}
[[File:Palazzo madama retro.jpg|upright=1.6
La [[Quarta crociata]] ad [[Atene]] e [[Costantinopoli]] ([[1202]]-[[1204]]) diede alcuni poteri sovrani a molti nobili europei, tra i quali spiccò il [[Principato d'Acaia]] (o Acaja, indicando come [[Acaia (regione storica)|"Acaia"]] la regione storica dell'antica Grecia), poi ereditato da [[Isabella di Villehardouin]], per volere del suocero [[Carlo II di Napoli|Carlo II d'Angiò di Napoli]]; questa rimase però vedova, e si risposò con [[Filippo I di Savoia-Acaia|Filippo I]] nel [[1301]], figlio di [[Tommaso III di Savoia|"Tommasino" di Savoia]], dando così origine al [[ramo cadetto]] dei [[Savoia-Acaia]].
{{Citazione|La convenzione stipulata il 21 di giugno ordinava: Guglielmo rendesse a Tommaso la città di Torino colla casa forte che v'avea edificata, e colla bastia del Ponte di Po, Collegno e Grugliasco [...] Promise ancora Guglielmo di non impedire a Tommaso la signoria di Cavoretto, Montosolo ed Alpignano, né degli altri luoghi posseduti dai Torinesi|Luigi Cibrario, ''Storia di Torino'', libro IV, capo I}}
Assunti i pieni poteri su Torino, il figlio [[Filippo I di Savoia-Acaia]] invece, si occupò di rinforzare ulteriormente la [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Casaforte]] di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]], nel periodo [[1317]]-[[1320]]<ref>{{Cita web |url=http://www.visitatorino.com/castello_acaia.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=23 dicembre 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160309164022/http://www.visitatorino.com/castello_acaia.htm |dataarchivio=9 marzo 2016 |urlmorto=sì }}</ref>, mentre gran parte della potestà del Principato fu sposata temporaneamente a [[Pinerolo]]. Alla morte di [[Filippo I di Savoia-Acaia]] nel settembre [[1334]], una congiura capeggiata da [[Azzone Visconti]] di [[Milano]] alimentò le dispute per il dominio su Torino, ambìta - già da anni - sia dal potente Marchesato di Saluzzo ([[Federico I di Saluzzo|Federico I]]) sia del Monferrato ([[Teodoro I del Monferrato|Teodoro I]]), ma le incursioni furono brillantemente sventate dai militari. In questo periodo, la politica dei [[Savoia-Acaia|Savoia-Acaja]] fu tesa a ottenere l'infeudamento torinese direttamente dal [[Imperatore del Sacro Romano Impero|Sacro Romano Impero]]. Nel [[1359]], [[Amedeo VI di Savoia]], detto il [[Amedeo VI di Savoia|Conte Verde]], difese militarmente Torino e alcuni territori [[piemonte]]si, unendoli in un unico Principato<ref>Il termine Piemonte, che inizia ad essere usato in questo periodo, indica, non tutta l'attuale regione, ma le terre dipendenti da Torino ossia [[Aosta]] e la sua valle, Ivrea e le terre circostanti, Pinerolo, Susa, le valli alpine, [[Cuneo]] e la zona del [[Colle di Tenda]]</ref>, oltre che a distinguersi in varie campagne in varie parti d'Italia e in Oriente. Nel [[1362]] Torino venne restituita, dietro nuovi giuramenti di fedeltà, al figlio di Filippo, [[Giacomo di Savoia-Acaia]], succeduto nel frattempo al padre, mentre il [[Amedeo VI di Savoia|Conte Verde]] si preoccupò di riformulare gli Statuti cittadini.<ref>Gli Statuti del 1360 sono noti come ''Codice della catena'' a seguito delle catene che, fissate alle copertine, ne impedivano l'asportazione essendo questi posizionati in modo da essere liberamente consultabili</ref>. La [[Pace di Torino (1381)|pace di Torino del 1381]] inoltre, ristabilì gli accordi politici tra la [[repubblica di Genova]], di quella di [[repubblica di Venezia|Venezia]], dei [[Visconti]] di Milano e del [[re d'Ungheria]].
{{Approfondimento
|titolo= L'Università di Torino
|contenuto = Nel [[1404]], [[Ludovico di Savoia-Acaia|Ludovico]] decise di istituire il primo "Studio in diritto civile e canonico e nelle scienze, a vantaggio ed onore della città di Torino", in cui s'insediarono due legisti e due medici stipendiati dal comune. L'anno dopo, [[papa Benedetto XIII]] ufficializzò lo Studio, mentre nel [[1412]] giunse anche il diploma imperiale che accorpava anche le dottrine [[teologia|teologiche]], il diritto civile e canonico, filosofia naturale e morale, medicina e arti liberali. Nel [[1421]], a causa di un'epidemia, il corpo di Studio fu temporaneamente trasferito a [[Chieri]] e, nel [[1434]]-[[1436]], a [[Savigliano]]. Alla fine del [[XV secolo]], lo Studio contava già 25 professori, ma fu solo grazie a [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] che, nel [[XVII secolo]], si sviluppò maggiormente.
{{vedi anche|Storia dell'
}}
Nel [[1418]] [[Ludovico di Savoia-Acaia|Ludovico]], ultimo discendente dei [[Savoia-Acaia]], morì senza eredi e Torino tornò sotto dominio diretto di Amedeo VIII che, nel [[1416]], ottenne dall'imperatore [[Sigismondo di Lussemburgo|Sigismondo]] la trasformazione del titolo comitale in Ducato.
==== Il Ducato di Savoia (1418) ====
{{vedi anche|Ducato di Savoia}}
[[File:Torino-duomo.jpg|sinistra|miniatura
[[File:Grandi Casate Italiane nel 1499.png|upright=1.4|miniatura
Nel periodo [[1418]]-[[1424]], [[Amedeo VIII di Savoia]] cominciò ad appoggiare la riconquista degli Acaia di alcuni territori piemontesi sottratti dal [[Marchesato del Monferrato]], tuttavia con una certa flemma, da cui il titolo di duca ''Pacifico''. L'accorpamento di tali territori, fecero di lui
== L'età moderna ==
Il [[XVI secolo]] torinese si aprì con la costruzione ([[1501]]) e l'inaugurazione ([[1505]]) del nuovo [[Duomo di Torino|Duomo]], voluto fortemente dal duca [[Filiberto II di Savoia|Filiberto II]] e dal vescovo [[Giovanni Ludovico Della Rovere|Della Rovere]]. Nel [[1510]] e, successivamente, nel [[1522]], Torino fu poi colpita dalla [[peste]], che impoverì temporaneamente la città. A risollevare le sue sorti non bastò, nel [[1515]], l'elevazione della stessa a sede arcivescovile, in modo da non annetterla alla Diocesi del [[Marchesato di Saluzzo]], all'epoca alleato dei francesi.
[[File:Torino nel 1550.png|miniatura|sinistra|verticale|Torino durante l'occupazione francese del [[XVI secolo]]]]
L'imperialismo francese di [[Francesco I di Francia|Francesco I]] contro il potere di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]], a capo del [[Sacro Romano Impero]] nel [[1519]], coinvolse anche la [[Savoia (regione storica)|Savoia]] e Torino. Negli anni immediatamente successivi, i sabaudi dovettero subire le scorrerie dagli eserciti di entrambe le fazioni. L'allora duca [[Carlo II di Savoia]]
{{Citazione|...Fra Gianni di rinforzo ai maggiordomi, scalchi, panettieri, coppieri, scudieri trincianti, tagliatori credenzieri, portò quattro orrifici pasticci così grandi che mi sovvenne dei quattro bastioni di Torino...|[[François Rabelais]], ''Gargantua e Pantaguele'', cap. 64}}
Allo scopo di integrare Torino alla Francia, nel [[1539]] venne istituito, in sostituzione del consiglio ducale, un parlamento analogo a quello delle province francesi.<br /> Dopo alterne vicende, nel [[1557]], i francesi furono sconfitti nella [[battaglia di San Quintino]] (in [[Piccardia]]), dal duca [[Emanuele Filiberto di Savoia]] detto il "Testa di Ferro", figlio di Carlo II e comandante delle truppe imperiali. Con la [[pace di Cateau-Cambrésis]] del [[1559]], i francesi dovettero restituire Torino, la Savoia e il [[Piemonte]] a quest'ultimo. Questi eventi furono poi immortalati nel [[Monumento a Emanuele Filiberto di Savoia]] in [[Piazza San Carlo]].
=== Torino capitale del Ducato di Savoia ===
[[File:Torino nel 1568
Nel [[1561]], ancora prima di rientrare in città, il [[Emanuele Filiberto di Savoia|Testa di Ferro]] trasferì la capitale del Ducato da [[Chambéry]] a Torino, ordinando che tutti i documenti fossero tradotti in italiano. La sua trionfale entrata in città avvenne il 7 febbraio [[1563]] e la sua prima preoccupazione fu quella di renderla maggiormente difendibile, pertanto, su disegni dell'architetto [[Francesco Paciotto|Paciotto]] e la guida del generale Nicolis di Robilant, la nuova fortificazione pentagonale (la [[Cittadella di Torino|Cittadella]]) fu posta sul lato sud-ovest delle antiche mura romane, ed eretta nel periodo [[1564]]-[[1577]].
{{vedi anche|Cittadella di Torino}}
A difesa della città, il duca affiancò anche numerose iniziative, destinate a rendere sontuosa la sua capitale. Fu progettata l'attuale pianta di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]], rimaneggiando il Castello-[[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Casaforte degli Acaja]] e progettando quello che sarà il [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Reale]]. Nei dintorni della città vennero erette, o ammodernate, varie residenze di campagna destinati allo svago [[Casa Savoia|sabaudo]], della sua corte e degli ospiti. Oltre ai lavori ai castelli di [[Castello di Mirafiori|Miraflores]], [[Lucento]] e [[Rivoli]], Emanuele Filiberto fece anche acquistare la villa della famiglia Birago posta in riva al Po, trasformandola in un castelletto circondato da un parco (da questo avranno poi origine il [[Parco del Valentino]] e l'omonimo [[Castello del Valentino|castello]]).
[[File:Shroudofturin1.jpg|miniatura|upright=0.5|La [[Sacra Sindone]]]]
Nel [[1568]], fu sviluppata anche l'area e la palazzina di [[Regio Parco]], tuttavia, con l'assedio del [[1706]] questa fu distrutta; sui resti sorse l'edificio dei Tabacchi, mentre gran parte del verde fu utilizzato nel [[1820]] per costruire il [[Cimitero monumentale di Torino|Cimitero Generale]]. Nel [[1566]] inoltre, rientrarono in città anche le Facoltà [[Università degli Studi di Torino|universitarie]], spostate temporaneamente a [[Mondovì]]. Nel [[1578]] inoltre, vi fu lo spostamento della importante reliquia della [[Sindone di Torino|Sacra Sindone]] da [[Chambéry]] a Torino, per favorire i pellegrinaggi del cardinale milanese [[Carlo Borromeo]]. L'abbattimento dei borghi fuori dalle mura da parte dei francesi, portò a un successivo ampliamento della città e della popolazione che, nel [[1570]] arrivò a circa {{formatnum:30000}} abitanti<ref>Valore calcolabile in base all'affermazione di un legato pontificio che nel [[1571]] valuta la popolazione a ''5.000 fuochi'' ossia famiglie</ref>, causando anche dei problemi di sovraffollamento. Nel [[1616]] poi, il cardinale [[Maurizio di Savoia]], figlio del duca, iniziò i lavori di costruzione della collinare [[Villa della Regina]]. Il Duca [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]] invece, si occupò della cultura, chiamando a corte letterati quali [[Torquato Tasso]], [[Gabriello Chiabrera]], [[Fulvio Testi]], [[Giovan Battista Marino]], [[Alessandro Tassoni]]. Nel [[1577]], soggiornarono brevemente a Torino anche i filosofi [[Giordano Bruno]] e [[Giovanni Botero]].
[[File:Torino nel 1620.png|miniatura|sinistra|upright=0.8|Il primo ampliamento della città, verso sud ([[1620]])]]
Solo nel [[1620]], [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]] realizzò il '''primo ampliamento''' della città, che prevedeva lo sviluppo di una città moderna (la cosiddetta "Città Nuova"), territorialmente ampliata verso sud; il piano fu redatto dall'architetto militare [[Ercole Negro di Sanfront]].<ref>{{cita libro | url = https://books.google.it/books?id=KUcFKzgXbeUC&pg=PA57&dq=%22Ercole+Negro+di+Sanfront%22+piano&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjJutvTndnmAhWmM-wKHSspAoMQ6AEIKTAA#v=onepage&q=%22Ercole%20Negro%20di%20Sanfront%22%20piano&f=false | p = 57 | autore = AA.VV. | titolo = Torino e Valle d'Aosta
| editore = Touring club italiano | anno = 1996 | capitolo = Il primo ampliamento urbanistico seicentesco | accesso = 2019-12-28}}</ref> Dai sapienti progetti di [[Carlo di Castellamonte]], furono quindi realizzate la via Nuova (oggi [[via Roma (Torino)|via Roma]]), la Piazza Reale, adibita a mercato e botteghe artigiane (oggi [[Piazza San Carlo]]), fino alla nuova porta meridionale, ovvero la "[[Stazione di Torino Porta Nuova|Porta Nuova]]" (l'antico ingresso di Porta meridionale Marmorea di via Santa Teresa fu abbattuta nel [[XIV secolo]]), che doveva dare accesso al nascente borgo di [[San Salvario]] e la residenza sabauda estiva del [[Castello del Valentino]].
L'antica Porta occidentale della città invece, la Segusina, già abbattuta nel [[1585]], divenne semplicemente una piazzetta (attuale [[Piazza Savoia]]). Molte le costruzioni sacre progettate in questo periodo, ad esempio il [[Santa Maria al Monte dei Cappuccini|Convento dei Cappuccini]] e l'[[Eremo dei Camaldolesi (Torino)|Eremo dei Camaldolesi]] (quest'ultimo per soddisfare il voto fatto in occasione dell'epidemia del [[1599]]).
{{vedi anche|Storia di Torino|Borgo Nuovo (Torino)|Piazza Savoia|Monte dei Cappuccini}}
=== La peste del 1630 ===
[[File:Lato piazza San Carlo Torino.JPG|miniatura|sinistra|upright=0.6|Primo ampliamento di Torino: portici di P.za S. Carlo (opera di [[Carlo di Castellamonte]], [[1638]]-[[1650]] c.ca)]]
Torino dovette subire due epidemie di [[peste]], una nel [[1599]] e l'altra, ben più severa, nel [[1630]], che decimò, di fatto, la popolazione: il morbo causò, infatti, la morte di quasi un terzo dei circa {{formatnum:25000}} abitanti in poco più di un anno<ref>{{Cita web |url=https://www.museotorino.it/view/s/36f0a481b5154a1dbbbac6a214981ac6 |titolo=La peste del 1630 |sito=www.museotorino.it |lingua=it-it |accesso=2023-06-25}}</ref>. Nei giorni peggiori si raggiunsero, a detta dei cronisti dell'epoca, anche i 200 decessi al giorno. I moribondi furono ospitati nei lazzaretti di [[Borgo Dora]] e [[Madonna di Campagna (Torino)|Madonna di Campagna]], mentre la Corte si trasferì a [[Cherasco]], lasciando la città in mano al sindaco [[Giovanni Francesco Bellezia]], che si distinse per i soccorsi ai malati. Fu in questo contento che il medico torinese [[Giovanni Francesco Fiochetto]] scrisse il "''Trattato della peste, et pestifero contagio di Torino''". La città fu successivamente colpita dalla [[peste del 1656]] ma in modo più marginale, poiché colpì prevalentemente il [[Regno di Napoli]] e arrivando a lambire territorialmente solo [[Genova]].
=== La guerra civile (1637-1640) ===
Nel [[1637]] morì, a Vercelli, il duca [[Vittorio Amedeo I di Savoia|Vittorio Amedeo I]] lasciando il Ducato al figlio [[Francesco Giacinto di Savoia|Francesco Giacinto]], che però era ancora bambino. Dunque, la reggenza fu assunta dalla [[Maria Cristina di Borbone-Francia|Madama Cristina di Borbone-Francia]], vedova del defunto e sorella del re di Francia, ma la carica fu contestata dai fratelli del duca, il cardinale [[Maurizio di Savoia|Maurizio]] e il principe [[Tommaso Francesco di Savoia|Tommaso Francesco di Savoia-Carignano]]. Questi, entrambi alleati della [[Spagna]], temendo uno spostamento della politica nella sfera francese, chiesero la creazione di un consiglio di reggenza, proposta che la [[Maria Cristina di Borbone-Francia|Madama Reale]] rifiutò. Il confronto divenne, in breve tempo, militare, e il 27 luglio 1639 i ''principisti'', appoggiati dagli spagnoli, conquistarono Torino, senza però riuscire a entrare nella cittadella, presidiata dalle truppe francesi. Dalla cittadella, partirono spari e bordate verso la città, che subì danni abbastanza consistenti, mentre dai bastioni venne lanciato un cannoneggiamento sulla cittadella. A partire dal maggio [[1640]], un esercito francese assediò la città, ma fu minacciato, a sua volta, dall'esercito spagnolo. Questa situazione di "doppio assedio" viene citata nel romanzo di [[Victor Hugo]] ''[[Notre-Dame de Paris (Victor Hugo)|Notre-Dame de Paris]]'':
{{Citazione| ''... e che Quasimodo difendeva, allo stesso tempo assedianti e assediati, si trovavano nella singolare situazione nella quale si ritrovò poi, durante il famoso assedio di Torino del [[1640]], tra il principe Tommaso di Savoia che assediava e il [[Diego Felipe de Guzmán|marchese di Leganez]] che lo bloccava, Henri d'Harcourt, Taurinum obsessor idem et obsessus, come recita il suo epitaffio.'' Libro X, Capitolo VII.}}
{{vedi anche|Guerra civile piemontese}}
Nel settembre del [[1640]], la situazione si risolse: i principisti lasciarono la città e, nel [[1642]], si giunse a un accordo definitivo tra i contendenti, accordo che vide la reggente, Madama Reale, ben salda al potere, posizione che mantenne fino alla morte, anche dopo che il duca [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]], successo al fratello morto in tenera età, giunse alla maturità.
[[File:Historia di Torino e li stati di Casa Savoia.JPG|miniatura|sinistra|upright=0.6|Frontespizio del volume di [[Giovanni Andrea Pauletti]] del [[1676]] dedicato alla Storia di Torino e degli Stati della Casa Savoia]]
=== Torino barocca (XVII secolo) ===
Nonostante i danni della [[peste]] e della [[guerra civile piemontese|guerra civile]], la popolazione torinese si riprese subito, aumentando da {{formatnum:36649}} abitanti del [[1631]] a 43.866 del [[1702]]. Gli imponenti lavori di fortificazione e di costruzione di eleganti palazzi e residenze [[architettura barocca|barocche]], comportarono l'afflusso in città di molta manodopera.
[[File:Torino nel 1673.png|upright=1.6|miniatura|Il secondo ampliamento della città, verso est ([[1673]])]]
Tra gli edifici di maggior rilievo di questo periodo, il completamento del [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Ducale]] ([[Palazzo Reale di Torino|Reale]]), da parte di [[Amedeo di Castellamonte]] nel [[1658]], inizio dei lavori al parco dei [[Giardini Reali di Torino|Giardini Reali]] sul retro ([[1697]]), la [[Cappella della Sacra Sindone]] di [[Guarino Guarini|Guarini]] del [[1666]], la nuova Real [[Chiesa di San Lorenzo (Torino)|Chiesa di San Lorenzo]] (Guarini [[1667]]-[[1680]]), [[Palazzo Carignano]] (Guarini 1680), il [[Palazzo Barolo]] (Baroncelli), il nuovo Palazzo di Città (Lanfranchi), l'Arsenale (Amedeo di Castellamonte), la ricostruzione della manica tra il Palazzo Ducale e il Castello-Casaforte (poiché fu parzialmente distrutta da un precedente incendio nel [[1657]]).
[[File:Palazzocarignano.JPG|miniatura|sinistra|verticale|[[Palazzo Carignano]], progettato dal Guarini]]
Anche fuori dalle mura della città si vide l'edificazione, o il restauro, di imponenti ville e palazzi: nel [[1660]] fu completato, nella forma che mantiene tuttora, il [[Castello del Valentino]] e, nel [[1661]], [[Amedeo di Castellamonte]] iniziò i lavori della [[Reggia di Venaria Reale]]. La forte espansione politica ed economica di [[Casa Savoia]], portò [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]] a far abbattere il primo ampliamento della città nel [[1671]], e il 23 ottobre [[1673]] posò la prima pietra del '''secondo ampliamento'''. I nuovi confini cittadini prevedevano l'espansione verso est e verso sud, con la nuova sezione, detta Contrada di Po, e la via detta [[via Po|via di Po]], quindi verso le attuali [[Piazza Cavour (Torino)|piazzetta Cavour]], via Maria Vittoria, [[Piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio Veneto]] (all'epoca Piazza d'Armi) e una [[Piazza Carlo Emanuele II|piazza principale della Contrada]], titolata allo stesso duca [[Piazza Carlo Emanuele II|Carlo Emanuele II]] (poi soprannominata, dai torinesi, "[[Piazza Carlo Emanuele II|Piazza Carlina]]"). Tra il [[1660]] e il [[1682]] venne poi realizzata, per volere ducale, l'opera ''[[Theatrum Statuum Sabaudiae]]'', allo scopo di conservare e illustrare città, luoghi e monumenti dei Savoia e del [[Piemonte]] in genere (una preziosa copia colorata dell'opera è conservata presso la [[Biblioteca Reale (Torino)|Biblioteca Reale]]). All'interno del nuovo ampliamento, trovarono anche posto le vie San Filippo (l'attuale via Maria Vittoria), le Scuderie del principe di Carignano (attuale via Bogino), via d'Angennes (via Principe Amedeo) e via San Francesco da Paola, ovvero il [[ghetto]] ebraico, istituito a partire già dal [[1679]].
=== Da Ducato a Regno (XVIII secolo) ===
[[File:BattleofTurin.JPG|miniatura|sinistra|Una battaglia durante l'Assedio di Torino ([[1706]])]]
{{Opera d'arte
| immagine = Canaletto (I) 055.jpg
| grandezza immagine =
| titolo =
| artista = [[Bernardo Bellotto]]
| data = 1745
| opera = dipinto
| tecnica = Tempera
| altezza = 127
| larghezza = 164
| città = [[Torino]]
| ubicazione = [[Galleria Sabauda]]
}}
All'inizio del [[XVIII secolo]], durante la [[guerra di successione spagnola]], Torino venne più volte minacciata dall'esercito francese. Nel [[1705]], l'assedio alla città venne evitato per mancanza di rinforzi ma, l'anno successivo, la città venne sottoposta a un lungo [[assedio di Torino|assedio, durato 117 giorni]] (14/5-7/9/1706). La cittadella resistette eroicamente,<ref>Nella cittadella, al comando del conte [[Wirich Philipp von Daun]], c'erano appena {{formatnum:5000}} unità, mentre i francesi superavano i 44.000.</ref> anche grazie alle gallerie di contromina e al sacrificio di uomini quali [[Pietro Micca]], che fermò l'avanzata dei nemici nei cunicoli della Mezzaluna. Liberata infine dalle forze austro-piemontesi di [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] e di suo cugino, il [[Eugenio di Savoia|Principe Eugenio]], dopo il trattato di [[Utrecht]] la città divenne seconda città del [[Regno di Sicilia]], poi scambiato, in ottemperanza del trattato di Londra del [[E dell'Aia del 1720, l'8 agosto 1720|1718]], col [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]].
{{vedi anche|Assedio di Torino del 1706}}
Come ringraziamento alla Madonna per la vittoria sui francesi, nel [[1715]] [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]] fece costruire sulla collina la [[Basilica di Superga]], progettata da [[Filippo Juvarra]]. La madre di Vittorio Amedeo II, [[Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours]], vedova di [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]], acquisì il titolo di ''Seconda Madama Reale'' e fu la seconda reggente ad alloggiare nel [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama]], la cui facciata fu disegnata, sempre da [[Filippo Juvarra|Juvarra]], nel periodo [[1716]]-[[1718]].
{{vedi anche|Trattato di Torino (1733)|Battaglia dell'Assietta}}
[[File:Torino terzo ampliamento.png|miniatura|Il terzo ampliamento della città, verso ovest ([[1715]]-[[1729]])]]
La neonata capitale del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], ebbe un periodo di splendore per tutto il secolo, tuttavia continuamente minacciata dalle mire espansionistiche di [[Luigi XV di Francia]]. Nel 1717 comincia il '''terzo ampliamento''' (1717-1729). In città, venne completato il [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Reale]], evoluzione della precedente residenza dei duchi di Savoia; piazza Castello venne completata con imponenti palazzi creati per farne il palcoscenico della vita politica. Venne anche inaugurato, nel ([[1740]]), il [[Teatro Regio (Torino)|Teatro Regio]], realizzato da [[Benedetto Alfieri]] su un progetto originale di Carlo di Castellamonte. Nel [[1752]], su un'area già destinata a spettacoli equestri e circensi venne realizzato il [[Teatro Carignano (Torino)|Teatro Carignano]] che, distrutto da un incendio nel [[1786]], venne ricostruito nella foggia che conserva tuttora. L'aumento della popolazione rese necessario l'innalzamento degli edifici, che raggiunsero anche i cinque-sei piani. L'organizzazione della città fu divisa in quattro quartieri ([[Cittadella di Torino|Cittadella]], [[Stazione di Torino Porta Nuova|Via Nuova]]-[[San Salvario]], [[Porta Palazzo]], [[Vanchiglia]]), a loro volta suddivisi in 60 cantoni e 119 isole. Nel [[1752]] furono terminati i [[Giardini Reali di Torino|Giardini Reali]], mentre nel [[1777]] venne aperto il primo cimitero fuori dalle mura, quello di San Pietro in Vincoli, segnando così l'abbandono dell'usanza delle sepolture all'interno delle chiese.
[[File:Torino - Palazzo Reale - 1.jpg|sinistra|miniatura|Il [[Palazzo Reale di Torino]].]]
Un esercito di artisti lavorò ai cantieri delle residenze sabaude fuori città, come la già iniziata [[Reggia di Venaria Reale]], quindi il [[Castello di Moncalieri]], poi la [[Palazzina di caccia di Stupinigi]]. Oltre alle grandi residenze sabaude, il territorio intorno alla città, e soprattutto la collina, ospitò quelle che erano dette ''vigne'', residenze estive delle famiglie più abbienti, sia aristocratiche sia borghesi, e contemporaneamente luoghi di produzione di frutta e ortaggi destinati alle mense dei loro proprietari. Sempre all'esterno, si delinearono alcuni dei grandi viali alberati tipici della città, come quello che conduceva al castello di Rivoli (l'attuale corso Francia), quello che andava in direzione della Palazzina di Caccia di Stupinigi (l'attuale [[corso Unione Sovietica]]) e quello che conduceva al Castello del Valentino (l'attuale corso Marconi).
I sovrani [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]], [[Carlo Emanuele III di Savoia|Carlo Emanuele III]] e [[Vittorio Amedeo III di Savoia|Vittorio Amedeo III]] seppero far crescere la città, tuttavia le classi popolari restarono povere. Nel [[1783]], nacque ufficialmente l'[[Accademia delle Scienze di Torino|Accademia delle Scienze]], che diventerà il centro culturale dei maggiori scienziati europei, tra cui i primi furono [[Joseph-Louis Lagrange]] e [[Giovanni Battista Beccaria]]. Altri personaggi di spicco di questo periodo, furono il tipografo [[Giambattista Bodoni]], il drammaturgo [[Vittorio Alfieri]], il politico e storico [[Carlo Botta]]. Proprio quest'ultimo, sarà tra gli intellettuali che aderirono alla [[Massoneria in Italia|massoneria torinese]], sulla più ampia onda delle idee [[illuminismo|illuministe]].
Tuttavia, il conservatorismo, dettato dalla [[Assolutismo monarchico|monarchia assoluta]], fecero del Regno piemontese uno stato sì potente, ma ancora arretrato a livello di industrializzazione. Ricorda [[Giovanni Andrea Pauletti]], storico secentesco: {{Citazione|In quanto alla Corte, bisogna assolutamente confessare ch'ella sia la più considerabile d'Italia, attrahendo la primaria nobiltà del Piamonte, della Sauoia e molti altri paesi remoti|Andrea Pauletti, ''Historia di Torino''}}
Ferveva, nondimeno, l'attività intellettuale, anche se [[Casa Savoia]], poco avvezza alle idee illuministe, cercava di arginare il sorgere di nuove dottrine, mediante delle leggi che vengono riportate dall'Alfieri:
{{Citazione|Esisteva in quel tempo in Piemonte una legge che dice: «sarà pur anche proibito a chicchessia di fare stampare libri o altri scritti furi de' nostri Stati, senza licenza de' Revisori, sotto pena di scudi sessanta od altra maggiore. [...] i vassalli abitanti ne' nostri Stati non potranno assentarsi dai medesimi senza nostra licenza in iscritto.»|[[Vittorio Alfieri]], ''Vita di Vittorio Alfieri da Asti''}}
== XIX secolo ==
=== L'occupazione napoleonica (1800-1814) ===
L'8 dicembre [[1798]], dopo un conflitto durato alcuni anni, [[Carlo Emanuele IV di Savoia]], alleato dell'impero asburgico, in contrapposizione alla Francia del [[Direttorio]], fu sconfitto. Dunque, dovette
{{Citazione|... si aboliscono generalmente tutti i titoli, divise e distinzioni di nobiltà, si userà il solo titolo di cittadino...<br />''Secondo gli ordini espressi il 19 messidoro dell'anno VIII della Repubblica, l'articolo III''}}
Tuttavia, il 25 maggio [[1799]] le truppe russe del generale [[Aleksandr Vasil'evič Suvorov|Suvorov]] si accordarono con i comandanti militari della Guardia Nazionale, che permisero l'ingresso in [[Torino|città]] dalla Porta di Po, assediando quindi gli occupanti francesi, nel frattempo ritiratisi nella [[Cittadella di Torino|Cittadella]]. Il 22 giugno dello stesso anno, dopo quattro giorni di scontri, la guarnigione francese dovette cedere, e Torino fu temporaneamente liberata. Lo zar di Russia [[Paolo I di Russia|Paolo I]] volle il ritorno del Re [[Carlo Emanuele IV di Savoia|Esiliato]] in città ma, durante il viaggio ritorno, questi apprese che i russi avevano, nel frattempo, lasciato Torino in mano agli austriaci, e dovette quindi fermarsi [[Villa Medicea del Poggio Imperiale|vicino a Firenze]].
{{Approfondimento
|titolo= Le esecuzioni capitali per reati civili a Torino
|contenuto = [[Torino]] ha il triste primato di aver ospitato l'ultima esecuzione capitale per reati civili in [[Italia]], eseguita il [[4 marzo]] [[1947]], prima che venisse completamente abolita la [[pena di morte in Italia|pena di morte]] per reati civili, ed eseguita al vecchio poligono delle [[Regio Parco|Basse di Stura]], con la fucilazione di cinque condannati per la [[strage di Villarbasse]]. Anticamente, le esecuzioni capitali pare venissero eseguite nei pressi dell'attuale zona [[Valdocco]], nome che potrebbe appunto derivare da ''valle occitarum'', laddove gli antichi romani istituirono una vera e propria [[necropoli]] al di fuori delle mura occidentali del [[Quadrilatero Romano|castrum]]. Altre siti per le esecuzioni capitali, spesso eseguite per impiccagione, furono sulle rive del [[Po]], quindi nella medioevale ''Piazzetta delle Erbe'' ([[Piazza Palazzo di Città]]), l'area delle [[Porta Palatina|Porte Palatine]], poi [[Piazza Carlo Emanuele II|Piazza Carlina]] (dal [[1801]] al [[1814]]), la piazzetta di Via Giulio, qui di nuovo in zona [[Valdocco]] (dal [[1821]] al [[1835]]), la rotonda tristemente nota ai torinesi come il "Rondò dla Forca", appunto, sempre in zona [[Valdocco]] (dal [[1835]] al [[1852]]), quindi la vecchia Piazza d'Armi di fianco alla [[Cittadella di Torino]] (dal [[1853]]).
}}
Contestualmente, [[Napoleone Bonaparte]] ritornato dall'[[Egitto]], rovesciò il [[Direttorio|Direttorio francese]], consolidando così il suo potere. Durante la [[Campagna d'Italia (1800)|Campagna d'Italia]], il 22 giugno [[1800]] il [[Napoleone Bonaparte|Generale]] sconfisse gli [[Impero austriaco|austriaci]] a [[Battaglia di Marengo|Marengo]] (vicino ad [[Alessandria]]), e il [[Piemonte]] quindi ritornò una provincia francese, con Torino capoluogo de ''le [[Dipartimento del Po|Departèment du Po]]''. Di fatto, il primo ''maire'' torinese fu istituito ufficialmente soltanto nel [[1801]] ([[Ignazio Laugier]]) e, in città, la lingua ufficiale divenne il francese, mentre molte vie ebbero nomi legati agli occupanti d'oltralpe come, ad esempio, ''[[Battaglia del ponte di Arcole|Rue del l'Arcole]]'' (V. S. Francesco da Paola), ''Rue des Maçons'' (V. Corte d'Appello), la ''Cour Impériale'' (Palazzo Reale)<ref>http://www.atlanteditorino.it/vie/A.html</ref>, o ''Place de la liberté'' ([[Piazza Carlo Emanuele II|Piazza Carlina]]), quest'ultima corredata di [[ghigliottina]].
Durante l'occupazione francese, diverse opere d'arte presero la via della Francia<ref>{{Cita libro|titolo=Notice de tableaux dont plusieurs ont été recueillis à Parme et à Venise : exposés dans le grand salon du Musée Napoléon, ouvert le 27 thermidor an XIII|edizione=De l'imprimerie des sciences et des arts, Paris}}</ref> a causa delle [[Furti napoleonici|spoliazioni napoleoniche]]. Secondo il catalogo pubblicato nel ''Bulletin de la Société de l'art français'' del 1936<ref>{{Cita libro|autore=Marie-Louise Blumer|titolo=Catalogue des peintures transportées d'Italie en Francce de 1796 à 1814|url=https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k4237081q/f296.item|collana=Bulletin de la Société de l'art français, 1936, fascicule 2}}</ref>, delle 66 opere d'arte provenienti da Torino e inviate in Francia nel 1799, solo 46 fecero ritorno in Italia dopo il [[Congresso di Vienna]].
[[File:Italy 1806.jpg|miniatura|upright=1.4|La suddivisione politica del nord Italia nel 1806]]
[[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] conservò la [[Cittadella di Torino|Cittadella militare]], ma fece abbattere le porte di accesso e alcuni bastioni militari della città, salvando soltanto ''San Giovanni'' e ''Santa Adelaide'' (il ''Giardino dei Ripari'', attuali aiuola Balbo, Maria Teresa e giardino Cavour). La popolazione della città diminuì, a causa della mancanza di lavoro, spesso fornito dalla esiliata corte sabauda. Nel 1814 la città contava {{formatnum:65548}} abitanti contro gli 80.752 del 1799.<ref>Cognasso, op. cit. p.443</ref>
Napoleone mise a governo del Dipartimento suo cognato [[Camillo Filippo Ludovico Borghese|Camillo Borghese]] (che si insediò in [[Palazzo Chiablese]]), tuttavia visitò di persona più volte il capoluogo. Nel dicembre del [[1807]], firmò il decreto per la costruzione, a sue spese, del nuovo [[Ponte Vittorio Emanuele I|ponte della Porta di Po]], in sostituzione di quello di legno, e a cinque arcate. Come contributo, la municipalità utilizzò i materiali ricavati dalla demolizione delle Porte e il lavoro di prigionieri di guerra spagnoli, e i cantieri furono diretti dagli ingegneri Mallet, La Ramée Pertinchamp e Pellegrini.
Il 27 aprile [[1814]], in seguito alle ripetute sconfitte subite da [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], prima in Russia poi a [[battaglia di Lipsia|Lipsia]], [[Camillo Filippo Ludovico Borghese|Camillo Borghese]] dovette firmare la convenzione per lo sgombero dei presidi francesi dalla città. L'8 maggio dello stesso anno le truppe austriache sostituirono, di fatto, gli eserciti francesi, appena rientrati in patria. Il 20 maggio [[1814]], il nuovo Re [[Vittorio Emanuele I di Savoia]] rientrò trionfalmente a Torino e, per ironia della sorte, attraversando il nuovo [[Ponte Vittorio Emanuele I|Ponte sul Po]] costruito dai francesi, che fu immediatamente battezzato a suo nome.
=== La Restaurazione (1814-1831) ===
[[File:13TorinoGranMadreDio.JPG|sinistra|miniatura|verticale|[[Chiesa della Gran Madre di Dio (Torino)|Chiesa della Gran Madre di Dio]]]]
I decurioni della città si dovettero rapidamente attrezzare per risollevare le economie della città, da poco liberata. Per tal motivo, la decisione di costruire una chiesa prospiciente al ponte, in ringraziamento del ritorno del Re, fu decisa il 30 agosto [[1815]] ma, di fatto, costruita molto a rilento, nel periodo [[1818]]-[[1831]], quindi inaugurata da [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] col nome di [[Gran Madre di Dio (Torino)|Gran Madre di Dio]]; sul suo timpano si possono ancora leggere le parole: {{Citazione|Ordo populusque Taurinus ob adventum Regis (la città ed il popolo di Torino per il ritorno del re)}}
Nel frattempo, i [[moti del 1820-1821]] contro i regimi assolutisti toccarono anche [[Torino]], che videro nel sindaco [[Prospero Balbo]] (padre di [[Cesare Balbo|Cesare]]) il capo dei progressisti politici e in Guglielmo Borgarelli<ref>{{DBI|guglielmo-borgarelli|BORGARELLI, Guglielmo|autore=Guido Verucci|anno=1971|volume=12}}</ref> il capo dei reazionari; a questi si unì anche [[Santorre di Santa Rosa]]. Nel frattempo, la città di [[Alessandria]] chiese la proclamazione della [[Costituzione spagnola del 1812|Costituzione di Cadice]] in tutto il [[Regno di Sardegna]], che garantiva maggiori diritti liberali. Ai [[carboneria|moti carbonari]] si unì anche [[Torino]], e [[Vittorio Emanuele I di Savoia|Vittorio Emanuele I]] dovette abdicare l'11 marzo [[1821]], in favore del fratello [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]], tuttavia fuori città, e quindi assunse temporaneamente la reggenza il Principe [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] di [[Savoia-Carignano]]. Nel frattempo, i [[carboneria|carbonari]], senza nessun appoggio internazionale, dovettero cedere già l'8 aprile dello stesso anno.
Re [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]] rientrò in [[Torino]] nel [[1822]], cercando di attenuare eventuali sommosse politiche, attraverso una politica relativamente autoritaria<ref>http://www.museotorino.it/view/s/019892d1566d43c7bb078dfd76f85231</ref>, almeno fino alla sua morte, nel [[1831]]. Si deve a lui la nascita della collezione di reperti egizi, che gli furono ceduti da [[Bernardino Drovetti]] nel [[1824]], all'epoca collezionista d'arte di reperti racimolati durante la [[Campagna d'Egitto|Campagna napoleonica in Egitto]], e che diventerà il futuro [[Museo egizio (Torino)|Museo Egizio di Torino]]. Sullo spazio dell'abbattuto Bastione di Porta di Po, nel [[1825]] verrà costruita, su progetto di [[Giuseppe Frizzi]], l'attuale [[piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio]],<ref>Il nome originale della piazza fu quello di piazza Vittorio Emanuele I modificato poi in piazza Vittorio Veneto nel 1919</ref> e, a sud di essa, a partire dal [[1822]], l'elegante [[Borgo Nuovo (Torino)|Borgo Nuovo]], un sottoquartiere caratterizzato ancor oggi da abitazioni [[Neoclassicismo|neoclassiche]] destinate alla nobiltà. Nel [[1828]], don [[Giuseppe Benedetto Cottolengo|Giuseppe Cottolengo]] fondò in Via Palazzo di Città l'ospizio caritatevole del ''Deposito de' poveri infermi del Corpus Domini'', poi trasferito nel [[1832]] nel quartiere [[Borgo Dora]]-[[Aurora (Torino)|Aurora]] (dove si trova tuttora), a causa del colera, e fu rinominato [[Piccola casa della Divina Provvidenza]], oggi più conosciuta dai torinesi come ''Ospedale [[Piccola casa della Divina Provvidenza|Cottolengo]]''.
==== Fine della cinta difensiva e nascita delle cinta daziaria ====
Dopo l’abbattimento delle ultime mura difensive all'inizio del [[XIX secolo]], lo [[centro storico di Torino|storico perimetro di Torino]] non ebbe più problemi a espandersi urbanisticamente, uno per tutte fu l'esempio della rapida urbanizzazione verso sud del già citato [[Borgo Nuovo (Torino)|Borgo Nuovo]]. Fu lo storico '''quarto ampliamento della città'''. Tuttavia, lo [[Statuto Albertino]] del [[1853]] prevedette nuove "barriere" alla città, questa volta daziarie, nelle zone di Nizza, Stupinigi, Orbassano, Crocetta, San Paolo, Foro boario, Francia, Martinetto, Lanzo, Milano, Abbadia di Stura, Regio Parco, Vanchiglia, Casale, Villa della Regina, Piacenza, Ponte isabella. La cosiddetta [[Cinta daziaria di Torino|cinta daziaria]] fu ancora ampliata nel [[1912]], quindi definitivamente dismessa nel [[1930]].
=== Il periodo Albertino (1831-1849) ===
[[File:Carlo Alberto di Savoia (a cavallo).jpg|miniatura|verticale|Carlo Alberto nel [[1824]]]]
Salito ufficialmente al trono il già collaudato principe [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], questi si interessò delle esigenze dei carbonari del [[moti del 1830-1831|1830-1831]], conquistando così le simpatie del popolo. La città visse un forte periodo di sviluppo e di ripresa economica. Il nuovo sovrano, pur muovendosi con grande attenzione, realizzò numerose opere. Il ponte Mosca (dal nome del suo progettista), sulla Dora, e l'apertura, sui terreni del rovinato parco ducale, del Cimitero Generale. La città crebbe soprattutto intorno ai viali alberati e i bastioni demoliti, nella zona degli attuali corsi San Maurizio e Regina Margherita, corso Palestro e Viale dei Platani (corso Vittorio Emanuele II). Nel [[1837]], nacque la prima "[[Illuminazione a gas|società di illuminazione a gaz]]". Dopo secoli, il canalone fognario al centro di Via Dora Grossa ([[via Garibaldi (Torino)|Via Garibaldi]]) fu finalmente coperto, e iniziarono i lavori della fogna sotterranea. Vennero anche derivati sette nuovi canali lungo la Dora, per fornire energia alle nascenti industrie, quindi lastricate vie importanti, quali Via Palazzo di Città e i portici di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]]. A sostegno dell'antico splendore sabaudo, fu collocato in [[piazza San Carlo]] il [[monumento a Emanuele Filiberto di Savoia]], opera di [[Carlo Marochetti]].
La città crebbe fino a {{formatnum:130000}} abitanti ([[1849]]), espandendosi verso [[Valdocco]], [[Vanchiglia]] e [[San Donato (Torino)|Borgo San Donato]]. Malgrado la scarsa vitalità della città, ritenuta da molti stranieri di passaggio come "noiosa", Torino crebbe da {{formatnum:89000}} abitanti nel [[1821]] a 127.000 del [[1831]]. Anche l'istruzione ricevette un incentivo:<ref>Le prime scuole statali erano state però già fondate sotto i regni di Carlo Emanuele II e Vittorio Amedeo II</ref> nel [[1845]] vennero fondate le prime scuole professionali. Nel [[1844]] la direzione dell'università venne affidata a un laico, dopo decenni di controllo ecclesiastico. Gli insegnamenti che dopo il [[1823]] erano stati dispersi a Vercelli e a Novara vennero riportati in città e vennero istituite nuove cattedre. Per il sistema di trasporti, il governo di Carlo Alberto approvò la costruzione della linea ferroviaria Torino-Genova, che venne prima realizzata in prova nella tratta Torino-Moncalieri 27 marzo [[1848]], e poi continuata negli anni seguenti. Nel [[1847]] sorse, su stimolo di un giovane [[Camillo Benso, conte di Cavour|Camillo Cavour]], la Banca di Torino la cui fusione, poco dopo, con quella di Genova, gettò le basi per la creazione successiva della [[Banca Nazionale nel Regno d'Italia]] e infine, nel [[1898]], della [[Banca d'Italia]]. Sempre nel [[1847]], il chimico [[Ascanio Sobrero]] riuscirà, proprio qui a Torino, a inventare la [[nitroglicerina]], dando così il via all'industria internazionale degli esplosivi. Nel [[1848]] infine, sulla falsariga delle [[Liberalismo|costituzioni liberali]] europee, fu istituito il cosiddetto [[Statuto Albertino]], un moderno sistema legislativo, di cui ancor oggi abbiamo alcune eredità, una per tutte l'impianto bi-camerale; a [[Palazzo Carignano]] venne ospitata la prima [[Camera dei deputati (Regno di Sardegna)|Camera dei deputati]], mentre [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama]], in [[piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]], divenne la sede del [[Senato Subalpino]]. Tuttavia, tutto questo rinnovamento politico accese numerosi dibattiti, che contribuirono ai già forti attriti col sistema assoluto, ancora in vigore, ad esempio, per i vicinissimi [[Monarchia asburgica|monarchi asburgici]]. Le truppe militari di quest'ultimi infatti, stavano già avanzando nel [[Piemonte]] orientale e, il 23 marzo [[1849]] vinsero la [[Battaglia di Novara (1849)|Battaglia della Bicocca (Novara)]] ([[Prima guerra di indipendenza]]). L'esercito piemontese, sanguinosamente sconfitto, si distinse, comunque, nella figura di [[Ferdinando di Savoia-Genova (1822-1855)|Ferdinando di Savoia duca di Genova]], raffigurato nel monumento equestre di [[Piazza Solferino (Torino)|Piazza Solferino]]. Dopo questo evento, [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] dovette ritirarsi in [[Portogallo]], dove ivi morì nel luglio dello [[1849|stesso anno]].
=== Torino capitale d'Italia (1861-1864) ===
{{vedi anche|Risorgimento}}
[[File:GaribaldiParlamento1861WP.jpg|sinistra|miniatura|[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] parla durante la prima seduta del Parlamento Nazionale, 18 aprile 1861]]
Il nuovo Re, un giovane [[Vittorio Emanuele II di Savoia]], riuscì a tenere temporaneamente a bada gli austriaci grazie alle manovre diplomatiche dell'[[armistizio di Vignale]], mentre Torino si preparava l quel che diventerà il [[Risorgimento|Risorgimento italiano]]. Spiccano, in questo periodo, le virtù politiche dei governi del [[Regno di Sardegna|Regi]] governi di [[Bettino Ricasoli]], [[Governo d'Azeglio I|Massimo d'Azeglio]] e [[Urbano Rattazzi]], ma soprattutto quello di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Camillo Cavour]], che si stava preparando per una nuova guerra d'indipendenza. L'[[Armata Sarda|esercito sabaudo]], si era infatti già distinto, a fianco dei francesi, in difesa dei luoghi santi, contro l'[[impero russo]], nella [[guerra di Crimea]] (assedio di [[Sebastopoli]], [[1853]] e [[battaglia della Cernaia]], [[1855]]). Per i [[Casa Savoia|regnanti sabaudi]] furono anni di attivissimo fermento politico e militare. L'approvazione, nel [[1850]], delle [[leggi Siccardi]], che aboliva i privilegi ecclesiastici di stampo feudale, aprì un lungo contenzioso tra le gerarchie politiche torinesi. Nel frattempo, la città, in rapida espansione, costruì la nuova cinta daziaria e militare ([[1853]]), abbattendo definitivamente quella che fu l'antica struttura urbana del [[XVI secolo|cinquecentesca]], della quale non rimase che il [[Cittadella di Torino|mastio della Cittadella]]. Nel [[1857]], fu anche iniziato il [[Traforo ferroviario del Frejus|Traforo del Frejus]], collegando così più facilmente la città alla [[Francia]], all'epoca alleata con i piemontesi contro il nemico comune austriaco. Quest'ultimo fu poi definitivamente sconfitto nel [[1859]], con le epiche battaglie di [[battaglia di Magenta|Magenta]], [[Battaglia di Palestro|Palestro]], [[Battaglia di Solferino e San Martino|Solferino e San Martino]], e tuttavia a caro prezzo: in cambio del necessario ausilio militare dei francesi, la figlia del Re, la [[Maria Clotilde di Savoia|Principessa Clotilde]], fu costretta a sposare [[Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte|Gerolamo Bonaparte]] (cugino di [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]), mentre [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] dovette cedere la [[Annessione della contea di Nizza alla Francia|Contea di Nizza]] e la [[Savoia (dipartimento)|Savoia]] a [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], attraverso il [[Trattato di Torino (1860)]]. Terminata quindi la [[Seconda guerra d'indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] e l'[[Spedizione dei Mille|impresa dei Mille]], il 18 febbraio [[1861]], [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] riunì per la prima volta il Parlamento del neonato [[Regno d'Italia]] dentro [[Palazzo Carignano]], con l'elevazione della città a capitale e [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]] proclamato [[Regno d'Italia|Re d'Italia]], cariche ufficialmente entrate in vigore entrambe il 17 marzo dello stesso anno. Il generale [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] ottenne subito la carica di deputato, col suo primo discorso tenuto a [[Palazzo Carignano]], il 18 aprile [[1861]].
==== La strage di Torino (1864) ====
La città, in rapida espansione, nel [[1862]] contava ben {{formatnum:204713}} abitanti fu tuttavia contestata più volte nel suo ruolo di capitale. Una parte di politici, quali [[Gioacchino Napoleone Pepoli|Gioacchino Pepoli]] e il presidente del Consiglio [[Marco Minghetti]], ne volevano il trasferimento più verso il centro Italia, sia per consentire un più rapido [[liberalismo]], sia per facilitare la futura [[presa di Roma]]. La scelta della nuova capitale ricadde su [[Firenze Capitale|Firenze]]<ref>http://www.150anni.it/webi/index.php?s=36&wid=97</ref> e, il 15 settembre [[1864]], [[Marco Minghetti|Minghetti]] si accordò con la [[Francia]] per il trasferimento ufficiale. A questa decisione, il 21-22 settembre [[1864]] il popolo torinese e il [[Regio Esercito]] insorsero, in quella che diventerà la sanguinosa [[strage di Torino (1864)|strage di Torino]]. Causa delle proteste, oltre ai motivi campanilistici, fu la perdita di un rilevante numero di posti di lavoro, legati alla presenza dei ministeri. Nonostante gli scontri e le proteste, la capitale fu trasferita da Torino a [[Firenze]] nel dicembre dello stesso anno<ref>{{Cita web |url=http://acs.beniculturali.it/cosa-conserviamo/in-vetrina/il-trasferimento-della-capitale/ |titolo=Copia archiviata |accesso=25 gennaio 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160406004654/http://acs.beniculturali.it/cosa-conserviamo/in-vetrina/il-trasferimento-della-capitale/ |dataarchivio=6 aprile 2016 |urlmorto=sì }}</ref>. Fu in questo contesto che il [[Giuseppe Ferrari (filosofo)|filosofo Giuseppe Ferrari]] coniò il termine di "''spiemontesizzazione''" dell'Italia. Alla perdita d'importanza politica, la città reagì dando inizio a quello sviluppo industriale che l'avrebbe resa in seguito così rilevante per l'economia nazionale. In effetti, già dal [[1866]] il nuovo sindaco [[Giovanni Filippo Galvagno|Galvagno]] promosse la costruzione di nuovi canali e mulini per l'acqua e l'energia delle prime industrie.
{{vedi anche|strage di Torino (1864)}}
=== La fine del XIX secolo ===
{{Approfondimento
|titolo=La Chiesa torinese nell'Ottocento
|contenuto=
}}
[[File:MoleAntonellianaDaiGiardiniReali.jpg|miniatura|upright=0.7|sinistra|[[Mole Antonelliana|La Mole Antonelliana]]]]
Col trasferimento della capitale a [[Firenze]], la popolazione di Torino calò da {{formatnum:220000}} unità del [[1864]] a {{formatnum:193000}} abitanti del [[1870]]. La città quindi, indirizzò il suo sviluppo verso l'industrializzazione: nacque la Scuola di Applicazione per ingegneri del [[1860]] e la Scuola Superiore del Museo Industriale del [[1866]] (si fonderanno insieme nel [[1906]] per dar vita al prestigioso [[Politecnico di Torino]], con sede al [[castello del Valentino]]).La crescita della città si concentrò soprattutto sulle aree limitrofe della allora cinta difensiva; nell'area tra gli attuali corsi Inghilterra e Vittorio Emanuele II sorsero, tra il [[1860]] e il [[1870]], le [[Carceri Nuove (Torino)|carceri nuove]] ([[1862]]), il mattatoio civico ([[1866]], poi demolito nel [[1973]]) e il mercato del bestiame ([[1870]]). Sul finire del [[XIX secolo]], l'industria torinese era basata soprattutto sul tessile, con numerosi opifici e lavorazione della seta, che poteva contare su circa 1000 telai, distribuiti tra una ventina di manifatture, la più importante sita in [[Torino|Borgo Dora]]. Sempre nella zona ovest della città, sorsero dei [[birra|birrifici]], tra i quali ''Boringhieri'', ''Menabrea'', ''Kursaal-Durio'', ''Bosio-Caratsch'', ''Metzger''. È anche l'epoca dei primi caffè- bistrot, ad esempio ''Fiorio'', ''Pepino'' e ''Platti'', ma anche dello sviluppo dolciario torinese, basato soprattutto sul cioccolato e sui cioccolatini, con la nascita della [[Caffarel]] (considerata la madre del [[Gianduiotto]]), la ''Moriondo e Gariglio'' (poi [[Talmone]]), la Silviano [[Venchi]], la [[Caffè Baratti & Milano|Baratti e Milano]], etc (dal [[2003]], per ricordare questa tradizione, Torino ospita la fiera annuale chiamata [[CioccolaTò]]). Contemporaneamente a tutto ciò, iniziarono le prime vocazioni industriale della città, con la creazione delle [[Società Nazionale Officine di Savigliano|Officine Savigliano]], destinate alla produzione di materiale rotabile per le ferrovie, in forte di sviluppo. Nel [[1880]], iniziò la produzione di cavi elettrici della [[CEAT]], mentre nel [[1898]] venne fondata la [[FIAT]]. Fu un periodo di rapidissimo sviluppo anche economico, scientifico, culturale e artistico, che culminò nell'[[Esposizione generale italiana del 1884|Esposizione generale del 1884]], con le mostre delle prime invenzioni elettriche, e contesto in cui l'architetto [[Alfredo d'Andrade|D'Andrade]] si preoccupò di restaurare alcune opere, e di far costruire il [[Borgo e rocca medievali di Torino|Borgo Medioevale]] sul [[Po]]. Nello stesso contesto, fu costruita anche l'innovativa linea a [[ferrovia a cremagliera|cremagliera]] (col primitivo sistema ''funicolare'', ovvero con l'ausilio di un cavo d'acciaio, questo fino al [[1935]]) che portava da [[Tranvia Sassi-Superga|Sassi]], fino su a Superga, con un dislivello di ben 415 metri, e ancor oggi esistente. Lo sviluppo della città in questo periodo fu così alto, che non fu rallentato né dalla [[grande depressione (1873-1895)|Grande depressione]], né dalla relativa emigrazione di alcuni piemontesi nel continente americano (avvenuto nel periodo [[1895]]-[[1914]] circa). Anzi, furono concepite varie iniziative anche a livello artistico e architettonico. Nel [[1889]] vi fu l'inaugurazione della [[Mole Antonelliana]] (che fu utilizzata come [[Museo nazionale del Risorgimento italiano|Museo del Risorgimento]]) e, nel [[1898]], con la seconda [[Esposizione generale italiana del 1898|Esposizione generale]], in occasione del 50º anniversario dello [[Statuto Albertino]].
[[File:Parco del Valentino.jpg|miniatura|sinistra|[[Borgo e rocca medievali di Torino|Il Borgo e la Rocca Medioevale]]]]
La proibizione di edificare a scopo residenziale all'esterno della [[cinta daziaria (Torino)|cinta daziaria]] del [[1853]], portò alla formazione delle barriere operaie ([[barriera di Milano]], [[barriera di Nizza]]), ossia dei quartieri a ridosso dei punti di transito del dazio (che verrà abolita soltanto nel [[1912]]). Anche la realtà sociopolitica di Torino mutò, seguendo le trasformazioni della città stessa. La presenza di una nutrita componente operaia<ref>Secondo [[Valerio Castronovo]] alla fine del secolo Torino contava circa 80.000 operai di cui 14.000 nel settore meccanico</ref>, fu il substrato per la formazione dei primi nuclei socialisti, che nel [[1891]] costituirono la [[Camera del Lavoro di Torino|Camera del Lavoro]]. In questi anni, studiarono a Torino sia un giovane [[Quintino Sella]] sia un giovane [[Giovanni Giolitti]]. Fino al [[1903]], soggiornò in città lo scrittore [[Edmondo De Amicis]] che vide, probabilmente, l'inaugurazione di [[Via Pietro Micca]] ([[1897]]), la via che, per prima, ruppe l'ortogonia viaria del [[Quadrilatero romano]] del [[centro storico di Torino|centro della città]], in quanto qui vi prese casa l'anno dopo.
== XX secolo ==
[[File:De_Karolis,_Adolfo_(1874-1928)_-_Esposizione_Torino_1911.jpg|upright=0.7|sinistra|miniatura|Locandina per l'Expo 1911]]
L'evento culturale che aprì questo nuovo secolo torinese, fu senza dubbio l'[[Esposizione internazionale d'arte decorativa moderna|Expo dell'Arte Decorativa moderna]] del [[1902]], che introdusse in città l'innovativo stile artistico-architettonico chiamato [[liberty torinese]]. Nel [[1911]] poi, in occasione del 50º [[Anniversario dell'Unità d'Italia]], fu organizzata l'[[Esposizione internazionale di Torino (1911)|Esposizione internazionale dell'industria e del lavoro]]. Come nell'esposizione del 1884, fu utilizzato il [[Parco del Valentino]], i cui padiglioni, o almeno parte di essi, vennero poi adibiti a sedi universitarie per la facoltà di medicina e per i corsi di laurea in chimica e fisica. Questo è il motivo per cui gli edifici che ospitano parte della facoltà di medicina, prospicienti corso Massimo d'Azeglio, sono sormontati da un [[minareto]], essendo stati, in origine, eretti per ospitare i padiglioni del [[Medio Oriente]].
[[File:Torino padiglioni 1911.jpg|upright=1.3|miniatura|sinistra|I padiglioni dell'Esposizione del 1911 in costruzione sulla riva sinistra del Po]]
Contestualmente a questo grande evento, venne realizzato anche lo [[Stadium (Torino)|Stadium]], un'imponente opera polifunzionale per lo sport, di [[Carlo Ceppi]] (il doppio dell'attuale [[Stadio Olimpico (Torino)|stadio comunale-olimpico]] Grande Torino), nel nuovo quartiere denominato [[Crocetta (Torino)|Crocetta]], in Corso Vinzaglio (oggi corso [[Luigi Amedeo di Savoia-Aosta|Duca degli Abruzzi]]). L'opera fu però abbattuta nel [[1951]] e, sulle sue rovine, fu costruito il complesso del [[Politecnico di Torino]]. Tra le industrie che si svilupparono in questo periodo, va ricordata anche quella cinematografica, che ebbe il maggior successo con le opere della [[Ambrosio Film]] e con la realizzazione a Torino del film [[Cabiria]] ([[1914]]), per la regia di [[Giovanni Pastrone]], pellicola considerata il primo ''[[Colossal]]'' [[italia]]no, e proiettato, nello stesso anno, all'allora [[Auditorium Rai di Torino|Teatro Vittorio Emanuele]]. Per questo motivo, nel secondo dopoguerra, cominciò a formarsi l'idea di collocare il [[museo nazionale del cinema]] proprio qui a Torino. Nel [[1916]] poi, in pieno conflitto bellico, fu costruito lo stabilimento industriale automobilistico [[FIAT]] del [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]]; la superficie utilizzata fu di {{M|378000|u=m²}} e poteva accogliere 12.000 operai e 500 impiegati. Tuttavia, questi venne inaugurato alla presenza del re [[Vittorio Emanuele III di Savoia]] soltanto nel [[1923]] seguito, nello stesso anno, dalla visita di [[Benito Mussolini]], che ne fece influenzare anche lo stile [[architettura razionalista|razionalista]] della facciata. I lavori di ampliamento dell'impianto industriale continuarono fino al [[1930]], e qui fu concentrata tutta la produzione, andando a sostituire le precedenti officine di corso Dante e di altre zone della città<ref name = lingotto>[http://www.istoreto.it/to38-45_industria/schede/fiat_lingotto.htm ''Torino 38-45. Fiat Lingotto''], istoreto.it</ref><ref>http://www.museotorino.it/view/s/d1f382eadfcb4ed2875165474526b47a</ref>.
[[File:Parodi Occupazione FIAT.JPG|upright=1.3|miniatura|Il sindacalista [[Giovanni Parodi]] (a sinistra seduto), insieme ad altri operai, nell'ufficio di [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]] durante l'occupazione della [[FIAT]], settembre [[1920]]]]
Oltre l'Nascita dell'industria cinematografica italiana di inizio secolo, Torino vanterà anche il titolo di prima sede delle trasmissioni [[radio (mass media)|radio]] prima - [[televisione|televisive]] dopo - sul territorio nazionale; prima nel [[1924]], con la nascita dell'[[Unione radiofonica italiana|Unione Radiofonica Italiana]] ('''URI'''), quindi [[Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche]] (EIAR), poi [[Radio Ascolto Italiano|Radio Audizioni Italiane]] (RAI) e, finalmente, nel [[1954]], Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A.
=== Prima guerra mondiale ===
Durante la [[prima guerra mondiale|grande guerra]], l'atteggiamento della città fu abbastanza tiepido e con una forte adesione, soprattutto da parte dei ceti popolari, alle idee non interventiste. In questi anni il [[Teatro Regio (Torino)|Teatro Regio]] fu utilizzato come deposito militare, molte donne dovettero sostituire gli operai nelle fabbriche poiché partiti per il fronte, mentre nel [[1917]] si ebbero scioperi e proteste per l'aumento dei prezzi, soprattutto del pane, che si svilupparono in vera e propria rivolta contro la guerra.
{{Vedi anche|Moti di Torino (1917)}}
[[File:Fiat Lingotto veduta-1928.jpg|miniatura|upright=0.6|[[FIAT]] [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]]]]
=== Il primo dopoguerra ===
All'inizio del Novecento, Torino vide grande fermento sociopolitico. Nel [[1914]], qui si sposò il filosofo [[Benedetto Croce]], e vissero per alcuni anni dei giovani [[Palmiro Togliatti]] e [[Antonio Gramsci]]. Con la fine della guerra, si ebbe un acuirsi dei malcontenti sociali che, combinati con il successo della [[Rivoluzione russa]] e delle rivolte [[socialismo|socialiste]] in [[Germania]] e [[Ungheria]], contribuì a portare il paese nel cosiddetto "[[Biennio rosso in Italia|Biennio Rosso]]" ([[1919]]-[[1920]]), nel quale Torino fu una delle città più coinvolte. Gli scioperi a oltranza, nati inizialmente per ottenere aumenti salariali, sfociarono in vere e proprie occupazioni delle fabbriche, con gestione diretta della produzione da parte degli operai.<ref>Giuseppe Maione, Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920, Bologna, Il Mulino, 1975</ref>
=== Il periodo fascista ===
[[File:Massia - Documenti inediti e sparsi sulla storia di Torino. Indici, 1931 - 1170844.tif|miniatura|upright=0.7|''Documenti inediti e sparsi sulla Storia di Torino'',1931]]
Le divisioni interne dei socialisti porteranno sia alla nascita del [[Partito Comunista Italiano|PCI]], sia a delle posizioni più autoritarie che porteranno direttamente alla salita al potere del [[fascismo]]. Anche a Torino questo passaggio non fu pacifico: nel dicembre [[1922]] vi fu un atto violento, passato alla storia come l'eccidio di Corso Spezia o [[Strage di Torino (1922)|Strage di Torino]], e la cui data è ricordata nel nome di [[piazza XVIII Dicembre]]. Dal [[1923]], la città di Torino fu commissariata direttamente dal [[Governo Mussolini]]. In questo periodo, furono progettate varie opere in puro stile architettonico fascista [[architettura razionalista|razionalista]] come, ad esempio, lo Stadio Mussolini, oggi [[Stadio Olimpico (Torino)|Stadio Olimpico Grande Torino]] ([[1931]]), il Palazzo della Moda ([[1938]], poi rinominato [[Torino Esposizioni]]), la [[Torre Littoria (Torino)|Torre Littoria]] di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]] ([[1933]]). Nel [[1928]], fu organizzata un'Expo dedicata al [[Colonialismo italiano|colonialismo eritreo]]. [[Via Roma (Torino)|Via Roma]] invece, dal [[1933]] al [[1937]] fu completamente sventrata, al fine di crearvi nuovi monumentali portici, che ancora la sovrastano. Fu costruito anche un trenino lungo [[corso Francia]], che da via Principi d'Acaja raggiungeva [[Rivoli]], poi soppresso nel corso degli anni. Sempre in questo periodo, il senatore [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]] presentò direttamente al [[Benito Mussolini|Duce]] il progetto dello stabilimento [[Fiat Mirafiori]]. Nonostante alcune perplessità del Duce (principalmente l'alta concentrazione di [[proletariato]] comunista in una sola fabbrica), i lavori di costruzione furono eseguiti nel biennio [[1938]]-[[1939|39]]. Rispetto al precedente impianto del Lingotto, furono eseguite anche complessi di attività del dopo-lavoro. Inizialmente Agnelli avrebbe pensato l'impianto come sostituto del Lingotto ma l'imminente conflitto mondiale lo indusse ad affiancarlo al precedente.<ref name= mirafiori>[http://www.istoreto.it/to38-45_industria/schede/fiat_mirafiori.htm# ''Torino 38-45. Fiat Mirafiori''], istoreto.it</ref>
[[File:TorinoLapideXVIIIDicembre.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.7|Lapide commemorativa della [[strage di Torino (1922)|strage di Torino]]]]
==== Gli antifascisti degli anni trenta ====
Nel [[1931]] il regime impose ai professori universitari il [[Giuramento di fedeltà al fascismo]]; vi si opposero soltanto in dodici, di cui molti dell'[[Università di Torino]], tra cui [[Lionello Venturi]], [[Mario Carrara]] e [[Francesco Ruffini]]. A questi ultimi due, dopo la caduta del regime, la città dedicherà due importanti parchi cittadini: il [[Parco della Pellerina|Parco Carrara (La Pellerina)]] e il [[Parco Ruffini]]. Nell'ambito culturale fu forte l'influenza antifascista di due grandi personalità: [[Piero Gobetti]] e [[Antonio Gramsci]], il primo attivo nelle riviste ''[[Energie Nove]]'', ''[[Il Baretti]]'', ''[[La Rivoluzione liberale]]'', il secondo giornalista e direttore de ''[[L'Ordine Nuovo]]'', la cui sede storica era in via XX Settembre, 19. Entrambi saranno perseguitati. Gobetti sarà costretto a riparare in [[Francia]], dove morirà in seguito alle lesioni di un'aggressione squadrista, mentre Gramsci sarà arrestato e morirà in prigione, dove scriverà peraltro i famosi ''[[Quaderni del carcere]]''. Nel [[1938]], furono approvate le [[leggi razziali fasciste]] e iniziarono così le persecuzioni nei confronti dei [[Comunità ebraica di Torino|cittadini torinesi ebraici]]. L'apice delle persecuzioni avvenne con l'occupazione tedesca, quando le deportazioni nei [[Lager|campi di sterminio]] crebbero notevolmente. Dopo questo avvenimento fu istituito il "''Ghetto nuovo''" nell'area adiacente alla [[Sinagoga di Torino|Sinagoga]].<ref name = ghetto>[http://www.istoreto.it/torino38-45/razziali.htm ''La città delle leggi razziali''], istoreto.it</ref> Quello precedente, il "''[[Ghetto]] vecchio''", si situava nei pressi di [[piazza Carlo Emanuele II]], detta anche ''piazza Carlina'', ma la sua funzione cessò con l'emanazione dello [[Statuto Albertino]] nel 1848.<ref name= istoreto>[http://www.istoreto.it/torino38-45/download/torino38-45.pdf ''Torino 38-45. Una guida per la memoria''], istoreto.it</ref>. Il 15 maggio [[1939]], all'inaugurazione di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]] alla presenza di Mussolini, l'atteggiamento festoso dei torinesi nascondeva in realtà paura e ostilità, sia a causa del rincaro dei prezzi dovuto al regime [[autarchia|autarchico]], sia per l'arrivo dei venti di guerra.<ref name= mirafiori />
=== Seconda guerra mondiale ===
{{vedi anche|Bombardamenti di Torino}}
[[File:Three Stirling bombers taking off. Great Britain mod.jpg|miniatura|upright=1.3|Una formazione di [[Short S.29 Stirling|Stirling]] della [[Royal Air Force]] inglese. Simili aerei furono usati per bombardare la città]]
A causa della sua industrializzazione, con l'entrata in guerra nel [[seconda guerra mondiale|secondo conflitto mondiale]], il capoluogo piemontese fu la prima città ad essere bombardata (12 giugno [[1940]]) e quella più pesantemente danneggiata dalle incursioni aeree alleate, che procurarono ingentissime perdite e [[Sfollato|sfollamenti]] della popolazione verso le campagne circostanti. Alcune fonti stimano che nell'agosto [[1943]] più della metà della popolazione torinese, all'epoca composta da circa {{formatnum:600000}} abitanti, avesse abbandonata la città.<ref name= istoreto />. Il più tremendo bombardamento fu quello del 13 luglio [[1943]]: in tale occasione, 295 aerei britannici scaricarono sulla zona della [[FIAT]] [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]] 762 tonnellate di bombe, causando 792 morti e 914 feriti. 1.500 abitazioni rimasero danneggiate, e 431 furono rase al suolo.<ref>Bassignana P. Luigi, ''Torino sotto le bombe. Nei rapporti inediti dell'aviazione alleata'', Edizioni del Capricorno, 2003</ref>. La gestione dei rifugi sotterranei non fu peraltro ottimale, almeno fino al [[1942]], quando fu abbandonata l'inutile strategia delle trincee. In ogni caso, al dicembre [[1944]], sommando la capienza di tutti i rifugi solo il 15% della popolazione cittadina poteva disporre di un riparo antiaereo.<ref name=museodiffuso>[http://www.museodiffusotorino.it/luoghi.aspx ''Torino 1938 - 1948''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090525063815/http://www.museodiffusotorino.it/luoghi.aspx |data=25 maggio 2009 }}, museodiffusotorino.it</ref> Al termine della guerra si conteranno, in totale, 2.069 vittime dei bombardamenti alleati.<ref name= istoreto />
[[File:Fiat Mirafiori.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Vista aerea dell'impianto di [[Fiat Mirafiori]]. Gli stabilimenti industriali furono protagonisti di vari scioperi a oltranza nonché vittime dei continui bombardamenti [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleati]] durante la guerra]]
==== Gli scioperi del marzo '43 ====
Con il proseguire della guerra e con lo scemare del consenso popolare verso il regime, la produzione viene scossa da scioperi di protesta. Dal [[1943]], però, il fenomeno di dissenso al regime viene fatto manifesto mediante scioperi
==== Resistenza e Liberazione ====
===== 1943 =====
Con l'avanzata degli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]], Torino fu nuovamente vittima dei bombardamenti, il 3, l'8, il 13
[[File:Bundesarchiv Bild 101III-Pachnike-018-23, Italien, Sturmgeschütz der Waffen-SS.jpg|upright=1.3|miniatura|[[Panzer]] tedeschi occupano Torino dopo l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|annuncio dell'armistizio]]]]
Il 25 luglio, dopo lo [[sbarco in Sicilia|sbarco alleato in Sicilia]], [[Benito Mussolini|Mussolini]] fu costretto alle dimissioni dal [[Gran consiglio del fascismo]] e venne fatto arrestare dal [[Vittorio Emanuele III di Savoia|re]]. A seguito di ciò in città si ebbero delle prime manifestazioni di protesta popolare che portarono all'incendio della Casa Littoria di via Carlo Alberto, l'attuale [[Palazzo Campana (Torino)|Palazzo Campana]]<ref>La denominazione Palazzo Campana è stata istituita dopo la guerra. Questo fu un omaggio offerto al comandante partigiano giellista [[Felice Cordero di Pamparato]] detto appunto "''Campana''", giustiziato nel 1944 dai nazifascisti a Giaveno. La banda partigiana di cui faceva parte fu ridenominata Campana e fu la prima ad entrare nell'allora Casa Littoria nell'aprile del 1945. Tutto questo viene ricordato da una lapide all'esterno del palazzo, oggi sede della Facoltà di matematica dell'Università di Torino.</ref>, e della sede del gruppo rionale fascista di [[Borgo San Paolo]].<ref name= istoreto /> Dopo poche settimane l'[[Italia]] si [[Armistizio di Cassibile|arrese agli Alleati]] diramando il [[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|proclama Badoglio]] (8 settembre), l'esercito tedesco invase così il centro-[[nord Italia]], occupando le aree intorno a Torino dopo numerosi e cruenti scontri tra le divisioni hitleriane e le prime formazioni partigiane. La città venne presa nel pomeriggio del 10 settembre; i nazisti, guidati dal tenente colonnello [[Hugo Kraas]], insediarono il loro comando generale nel Palazzo degli Alti Comandi Militari di corso Oporto (l'attuale corso Matteotti). Nel frattempo, liberato Mussolini, i tedeschi lo misero a capo della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]], i territori ancora sotto il controllo dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] in Italia.
Dal 12 settembre venne imposto il [[coprifuoco]] alle otto di sera, il 14 venne emanata una disposizione che obbligava gli operai a riprendere il loro lavoro, il 18 fu intimato ai militari sbandati di presentarsi al comando tedesco, il 22 iniziarono i primi arresti. Finirono prigionieri anche [[Bruno Villabruna]], il podestà,
[[File:Flag of Italian Committee of National Liberation.svg|sinistra|miniatura|Bandiera del [[Comitato di Liberazione Nazionale]]]]
Proprio durante l'occupazione tedesca si raggiunse l'apice della violenza nella repressione. I luoghi simbolo delle torture divennero tristemente famosi. La [[Sicherheitspolizei|SiPo]]-[[Sicherheitsdienst|SD]], polizia politica delle SS, guidata dal famigerato capitano [[Alois Schmidt]], si insediò nella "Pensione Nazionale", nell'attuale [[piazza C.L.N.]], dove le SS effettueranno gli interrogatori e le torture oltre che nei vari bracci del "[[Museo del carcere Le Nuove|Carcere Le Nuove]]"<ref>{{cita web|http://www.istoreto.it/torino38-45/nazionale.htm|titolo=Albergo Nazionale|editore=istoreto.it}}</ref>. La [[caserma "La Marmora" (Torino)|caserma "La Marmora"]] di via Asti ospitò invece il quartier generale dell'Ufficio Politico Investigativo (UPI) dei [[repubblichini]]; diverrà tristemente celebre per le torture e le sevizie inflitte ai sospettati di connivenza con la [[Resistenza italiana|Resistenza]]<ref name= museodiffuso />, così come i sotterranei della [[Palazzo Campana (Torino)|Casa Littoria]], nel frattempo riaperta, adibiti anch'essi a prigione per gli interrogatori e le torture.<ref name= istoreto />
Contemporaneamente, gli oppositori organizzarono la [[Resistenza italiana|Resistenza]] contro l'occupazione tedesca. I maggiori partiti (clandestini) antifascisti crearono, a livello nazionale, il [[Comitato di Liberazione Nazionale]] composto da esponenti di diverse culture: comunisti ([[Partito Comunista Italiano|PCI]]), socialisti ([[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1943)|PSIUP]]), democristiani ([[Democrazia Cristiana|DC]]), azionisti ([[Partito d'Azione|PdA]]), liberali ([[Partito Liberale Italiano|PLI]]) e demolaburisti ([[Partito Democratico del Lavoro (Italia)|PDL]]). Ogni partito disponeva peraltro sul controllo di proprie formazioni partigiane che venivano coordinate dal CLN stesso e da altri organi come il Comitato Militare Regionale Piemontese (CMRP), composto sia da politici sia da militari.<ref name = martinetto>{{cita web| http://www.istoreto.it/torino38-45/martinetto.htm|titolo=Martinetto|editore=istoreto.it}}</ref>
In ambito cittadino furono particolarmente attivi i [[Gruppi di Azione Patriottica]] (GAP), facenti parte delle [[Brigate Garibaldi]]. Questi furono organizzati da [[Giovanni Pesce]] e [[Ilio Barontini]], ambedue veterani nella [[guerra civile spagnola]], sul modello della [[Resistenza francese]]. I GAP erano composti da piccoli nuclei (fino a 6 gappisti) che agivano in clandestinità totale
===== 1944 =====
[[File:Giuseppe Perotti.png|
Nel [[1944]] la situazione precipitò ulteriormente. Il comando tedesco, in collaborazione con le autorità fasciste, fece predisporre la partenza, dalla [[Stazione di Torino Porta Nuova|stazione di Porta Nuova]], di diversi treni carichi di ebrei
Nel frattempo, dopo essere riusciti
Il 31 marzo venne arrestata buona parte del CMRP mentre era in corso una riunione clandestina nella sacrestia del [[Duomo di Torino|Duomo]]. Nella stessa azione furono rastrellate un'altra quarantina di persone che si trovavano nelle vie limitrofe. I prigionieri furono trasferiti al carcere “Le Nuove”, interrogati e successivamente processati. Il processo ebbe risalto nazionale tanto che lo stesso Mussolini si accertò che fosse stato rapido e severo, dimostrando così all'alleato tedesco l'affidabilità e l'efficienza delle organizzazioni fasciste.
Il 2 aprile, a seguito dell'uccisione di un caporale tedesco, il comando nazista ordinò come atto di rappresaglia l'[[Eccidio del Pian del Lot|uccisione di 27 detenuti]]. Questi furono portati al Pian del Lot, nella [[Colline del Po|collina torinese]], e lì mitragliati a gruppi di quattro sul ciglio di una fossa comune. I loro corpi furono coperti dalla terra quando alcuni di essi erano ancora in vita, secondo la testimonianza di [[Giovanni Borca]], uno dei prigionieri che ebbe il compito di ricoprire la fossa, riscoperta poi a guerra conclusa.<ref>[http://www.istoreto.it/torino38-45/piandelot.htm ''Scheda
Una delle azioni più eclatanti dei GAP fu l'attacco alla stazione radio [[EIAR]] sulla [[Stura di Lanzo|Stura]] che disturbava le comunicazioni di [[Radio Londra]], la celebre stazione con cui gli Alleati comunicavano messaggi in codice alle forze partigiane. Questo assalto ebbe però pesanti conseguenze; i quattro gappisti, comandati da Pesce, dopo aver distrutto la stazione e graziato i militi di guardia, finirono accerchiati dalle [[Brigate Nere]]. Due di essi, [[Giuseppe Bravin|Bravin]] e [[Francesco Valentino|Valentino]], vennero feriti e catturati, mentre Pesce riuscì a portare in salvo il quarto gappista, [[Dante Di Nanni]], nella base di via San Bernardino, a Torino. Siccome quest'ultimo era gravemente ferito, Pesce si allontanò per organizzare il trasporto per l'intervento medico, ma al suo rientro trovò la casa circondata dalle truppe nazifasciste. Di Nanni oppose una strenua resistenza eliminando diversi soldati e mettendo fuori uso un'
I due catturati subirono invece una dura sorte. Dopo essere stati presi, vennero ripetutamente seviziati e torturati per poi essere impiccati, il 22 luglio in posti diversi. Quel giorno Valentino verrà impiccato insieme ad altri tre partigiani, tra cui [[Ignazio Vian]], comandante di una formazione partigiana a [[Boves]]. Le modalità dell'esecuzione furono particolarmente cruente; diverse centinaia di persone, nei pressi di [[stazione di Porta Susa (1854)|Porta Susa]], furono rastrellate e costrette ad assistere all'impiccagione in corso Vinzaglio angolo via Cernaia. I corpi furono lasciati sul posto come monito. Questo avvenimento segnò profondamente la città al punto che, a guerra finita, la cattura di Solaro fu seguita dall'esecuzione di quest'ultimo nello stesso posto, sempre per impiccagione.<ref name
L'11 giugno [[1944]], a seguito dei continui bombardamenti, i vertici nazisti ordinano alla FIAT, il trasferimento coatto dei macchinari (nonché di alcuni operai), ritenuti indispensabili, presso l'[[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]], allora annesso al [[Germania nazista|Reich nazista]]. La situazione si farà molto delicata quando gli operai verranno a conoscenza del piano e bloccheranno i settori coinvolti. Lo stallo si risolse il 22 quando un “provvidenziale” bombardamento distrusse l'"Officina 17", obbligando i tedeschi a rinunciare al loro piano.<ref name= mirafiori /><ref>Il funzionario FIAT Rognetta, nell'immediato dopoguerra, sostenne che i bombardamenti furono richiesti dalla ''Franchi'', la formazione fondata da [[Edgardo Sogno]] legata ai [[Special Operations Executive|servizi inglesi]], e che la direzione aziendale non ne era al corrente</ref> Il 20 novembre, il dirigente FIAT [[Vittorio Valletta|Valletta]] comunicò l'avvenuto accordo con i tedeschi per una grande commessa sulla costruzione di mezzi militari. Questa era accompagnata da un ulteriore aumento dell'orario lavorativo settimanale di 8 ore. La risposta dei lavoratori fu nettamente contraria, arrivando a bloccare la produzione. La protesta fu seguita dalla decisione dei vertici di imporre la serrata di Mirafiori per otto giorni. Le autorità nazifasciste procedettero quindi all'arresto di 1350 lavoratori, tra operai e impiegati, nei soli stabilimenti Lingotto e Mirafiori.<ref name= mirafiori />
Nelle zone fuori dalla città operavano, come detto, diverse formazioni partigiane che usavano i monti come luogo di copertura da cui far partire gli attacchi a valle. Una di queste formazioni, la 17ª [[Brigate Garibaldi|Brigata Garibaldi]], intensificò i propri attacchi nelle zone di [[Rivoli]] e [[Grugliasco]], causando preoccupazione nei vertici nazifascisti. Venne così organizzata una spedizione militare dalla città verso il [[Colle del Lis]], dove si svolse una cruenta battaglia. Questa terminò con la cattura di alcuni partigiani, 26, che vennero torturati e trucidati sul posto (''[[eccidio del Colle del Lys]]''), il 2 luglio.<ref>
===== 1945 =====
[[File:Giovanni Pesce.jpg|sinistra|
Il 13 marzo [[1945]], membri delle Brigate Nere [[Eccidio della famiglia Arduino|sterminano un'intera famiglia]]. Gaspare Arduino, operaio FIAT nonché organizzatore di alcune squadre SAP venne prelevato nella notte e giustiziato mentre le figlie Vera e Libera, anch'esse impegnate nella Resistenza, saranno uccise nei pressi della [[Pellerina]]. Morì anche un loro vicino di casa, Pierino Montarolo, ma si salvarono altre due persone, rimaste solamente ferite.<ref>[http://intranet.istoreto.it/lapidi/cheilsilenziononsiasilenzio.pdf ''Biografie di Gaspare, Vera e Libera Arduino''], istoreto.it</ref>
Un importante centro clandestino della Resistenza fu la conceria Fiorio di via san Donato. Qui passarono alcuni finanziamenti degli alleati al CLN
In questo clima si arrivò all'aprile del [[1945|'45]]. Il 18, il CLN proclamò lo sciopero generale, ma i lavoratori non poterono uscire dagli stabilimenti in quanto presidiati esternamente dai carri armati. Il 25 ci fu il definitivo ordine di insurrezione generale e gli stabilimenti vennero occupati dai lavoratori per essere protetti da eventuali rappresaglie. I tedeschi spararono oltre 60 colpi sullo stabilimento Mirafiori, causando diverse vittime, ma a sua volta un panzer venne colpito da un cannoncino situato nello stabilimento; a quel punto i tedeschi evitarono di proseguire l'attacco, temendo che gli occupanti avessero numerose armi e munizioni per difenderlo. Situazioni simili si verificarono negli altri stabilimenti e nei punti strategici precedentemente occupati dagli insorti.<ref name= mirafiori />
{{
{{Citazione|Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.|{{Link audio|Pertini proclama lo sciopero generale a Milano 25 aprile 1945.ogg|Pertini proclama lo sciopero generale, Milano, 25 aprile 1945}}}}
[[File:Agosti 6 maggio.jpg|upright=1.3|miniatura|[[Giorgio Agosti]] (a destra in abiti borghesi), nuovo questore della città (nominato dal [[CLN]]), durante la ''Sfilata della Liberazione'', [[Piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio Veneto]], 6 maggio [[1945]]<ref>''[http://www.immaginidistoria.it/immagine2.php?id=33&id_img=843 Giorgio Agosti alla sfilata della Liberazione] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121104153909/http://www.immaginidistoria.it/immagine2.php?id=33&id_img=843 |data=4 novembre 2012 }}'', istoreto</ref>]]
Il 25, come detto, il CLN rende operativo il piano "E27" (''Emergenza 27'') con il quale si comunicava alle formazioni partigiane della III, IV e VIII zona di marciare su Torino, contemporaneamente all'insurrezione cittadina organizzata dai GAP e dalle SAP per la difesa dei punti strategici. Sono i reparti partigiani dell'VIII zona (il [[Monferrato]]) i primi ad appropriarsi dei quartieri periferici dell'oltre Po. Il 27 giungono anche le formazioni delle valli alpine, che erano state trattenute dalla confusione creata dal colonnello inglese Stevens, il quale intendeva ritardare l'attacco: è di questa data l'espugnazione della caserma fascista di via Asti e la costrizione imposta all'esercito tedesco di asserragliarsi presso il palazzo degli Alti Comandi di Corso Matteotti.<ref name = cardetta /><ref name = liberazione>{{cita web| http://www.istoreto.it/torino38-45/liberazione.htm|titolo=Liberazione|editore=istoreto.it}}</ref>.
A questo punto iniziarono le trattative della resa, con i fascisti disposti a concedere il passaggio dei poteri
Il clima di euforia fu tragicamente interrotto quando, il 30 aprile [[1945]], giunsero i tedeschi in ritirata dalla [[Liguria]], la
[[File:Martinetto 25 aprile 2010 003.jpg|upright=1.3|miniatura|Commemorazione del [[Anniversario della liberazione|25 aprile]] al [[Sacrario del Martinetto]]]]
Difatti, un contingente [[brasile|brasiliano]] facente parte della V Armata entrerà in città il 3 maggio, preceduto da una piccola avanguardia (30 aprile).<ref name = liberazione /> L'incarico di questore sarà affidato a [[Giorgio Agosti]], già [[commissario politico]] regionale delle formazioni di ''[[Giustizia e Libertà]]'' insieme a [[Duccio Galimberti]] e [[Dante Livio Bianco]].<ref>{{cita web|url=https://www.anpi.it/biografia/giorgio-agosti|titolo=Giorgio Agosti|editore=[[ANPI]]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230926130413/https://www.anpi.it/biografia/giorgio-agosti|urlmorto=no|dataarchivio=26 settembre 2023}}</ref>
Durante la Resistenza è da segnalare inoltre la presenza di oltre 700 partigiani [[sovietici]] in [[Piemonte]]. Questi, costretti ad arruolarsi negli [[Ost-Bataillon]] della [[Wehrmacht]] durante l'[[Fronte orientale (1941-1945)|avanzata tedesca verso est]], finirono a combattere anche in [[Italia]], dove in molti disertarono. È stata riscontrata una nutrita presenza in [[Val di Susa]] nonché a Torino, dove 86 caduti sovietici trovano tuttora riposo nel Cimitero Monumentale.<ref>Massimiliano Ferraro, [http://www.ilgiornaledelfriuli.net/politics/friuli/i-partigiani-sovietici-tra-piemonte-e-friuli-di-massimiliano-ferraro/ ''I partigiani sovietici tra Piemonte e Friuli''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130814001015/http://www.ilgiornaledelfriuli.net/politics/friuli/i-partigiani-sovietici-tra-piemonte-e-friuli-di-massimiliano-ferraro/ |data=14 agosto 2013 }}, ilgiornaledelfriuli.net, 25 settembre 2010</ref><ref>"''Rukà ob Ruku - Fianco a Fianco''", documentario di Marcello Varaldi, a cura dell'associazione Russkij Mir</ref>
Il 29 maggio [[1959]], la ''l'Invitta capitale di una regione guerriera'', come venne definita Torino in tale occasione, ricevette la [[Medaglia d'oro al valor militare]] per l'ingente numero di morti e per le lotte partigiane qui accaduti. Viene qui riportato un frammento della motivazione:
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Il tributo pagato da Torino fu infatti altissimo: 11 impiccati, 271 fucilati, 12.000 arrestati, 20.000 deportati, 132 caduti e 611 feriti in fatti d'arme.<ref>[http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=18875&iddecorato=17971 ''Onorificenze della Presidenza della Repubblica'']</ref>
=== Torino nella
{{
|contenuto=
Il 4 maggio [[1949]], l'aereo
{{vedi anche|Tragedia di Superga}}
}} Nonostante Torino fosse storicamente la terra d'origine dei [[Casa Savoia|Savoia]], allo spoglio delle schede del [[referendum]] del 2 giugno [[1946]] nella circoscrizione torinese (che comprendeva anche il [[Piemonte]] settentrionale), la [[nascita della Repubblica Italiana|Repubblica]] ottenne quasi il 60% degli elettori (803.191 voti per la repubblica contro i 537.693 per la monarchia<ref>Dati Istat, in Malnati, pagina 234</ref>), a fronte di una media nazionale del 55%. I monarchi, esiliati dal paese, lasciarono comunque la [[Sacra Sindone]], ancora di loro proprietà, nel capoluogo piemontese; il [[Sacra Sindone|Sacro lino]], secondo il testamento di [[Umberto II di Savoia]], verrà poi ufficialmente donato a [[Papa Giovanni Paolo II]] nel [[1983]], il quale deciderà di lasciarla sempre a Torino.
{{Approfondimento|titolo=La tempesta sulla Mole
|contenuto=
Il 23 maggio [[1953]] una forte tempesta causò il crollo di 40 metri della guglia della [[Mole Antonelliana]].
La ricostruzione avvenne rinforzando la struttura con uno scheletro d'acciaio, e terminò nel [[1961]].
In precedenza la Mole fu coinvolta da altri due incidenti: il 23 febbraio [[1887]], l'edificio fu minacciato da un terremoto, mentre l'11 agosto [[1904]] un nubifragio abbatté il genio alato in cima, poi sostituito dalla stella.
}}
=== Il boom economico ===
La rinascita della città, sia a livello industriale sia economico, fu quasi immediata. Dal [[1950]] circa, la città verrà quasi sempre identificata con la fabbrica di automobili e coi suoi proprietari, la [[Agnelli (famiglia)|famiglia Agnelli]]. L'incipiente produzione di massa di automobili per tutta l'Italia e oltre, soprattutto i modelli popolari della [[Fiat Nuova 500|Fiat 500]] e della [[Fiat 600]], richiameranno un [[Emigrazione italiana#L'emigrazione interna|flusso migratorio interno]] di lavoratori, provenienti da tutta l'[[Italia meridionale]] e dal [[Triveneto]], nel ventennio [[1950]]-[[1970]]. Oltre Torino, tale flusso interesserà anche le vicine città di [[Genova]] e [[Milano]], anch'esse in rapida espansione economica, in quello che verrà chiamato il [[triangolo industriale]]. La seconda metà degli [[anni 1950|anni cinquanta]] vide inoltre un rapido sviluppo edilizio. Nel [[1955]], al [[Parco Michelotti]] in riva al Po, fu anche inaugurato un [[zoo di Torino|giardino zoologico]]. Nel [[1961]], in pieno [[Miracolo economico italiano|boom economico]], per celebrare i [[Anniversario dell'Unità d'Italia|cent'anni dell'unità del paese]], fu allestita una grande vetrina denominata "[[Italia '61]]" (o [[Expo 1961|Expo '61]]), nella zona [[Nizza Millefonti]]. Furono costruite opere quali il [[Palazzo a Vela]], [[Palazzo del Lavoro]] (chiamato anche Palazzo Nervi, o B.I.T.), una [[monorotaia di Torino|monorotaia sopraelevata]] collegata con il [[Parco del Valentino]], a sua volta collegata con la collina di [[Parco Europa|Cavoretto]] mediante un'[[Cabinovia|ovovia]] sospesa, una ruota panoramica, un teatro "[[Circarama]]" e una scuola per giovani imprenditori. Tra i visitatori, si ricordano anche nomi illustri, quali il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente]] [[Giovanni Gronchi|Gronchi]] (che la inaugurò insieme ad [[Gianni Agnelli|Agnelli]]), e la regina [[Elisabetta II del Regno Unito]].
{{vedi anche|Italia '61}}
=== I problemi operai ===
[[File:Sciopero autunno caldo.jpg|miniatura|upright=0.7|Manifestazione in via Roma del 1969]]
Nel luglio [[1962]], il rinnovo del contratto dei metallurgici che la [[Unione Italiana del Lavoro (1950)|UIL]] e il [[Sindacato Italiano Dell'Auto|SIDA]], quest'ultimo controllato dalla dirigenza FIAT, non fu condiviso da [[CGIL]] e [[CISL]], e questo portò alle prime manifestazioni dei militanti della CGIL e del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] in [[piazza Statuto]], ov'era la sede della UIL. Dopo i lanci di sassi, [[polizia]] e [[carabinieri]] intervennero, con oltre mille [[Fermo identificativo|fermi]] e di un centinaio di feriti, dei quali una settantina tra i poliziotti. Ne seguì un [[Processo (diritto)|procedimento giudiziario]] che si concluse con la [[Pena|condanna]] di 31 dei 36 [[imputato|imputati]], 3 [[Assoluzione (diritto)|assoluzioni]] e 2 [[Perdono giudiziale|perdoni giudiziali]] per [[minorenne|minore età]]<ref>''Concluso con 31 condanne su 36 imputati il processo per i fatti di piazza Statuto '', Stampa Sera, 27 luglio 1962</ref>. Seguirono anni di sostanziale tranquillità, favoriti dal crescente benessere economico e dalle trattative tra FIAT e il [[URSS|governo sovietico]] che sfociarono nel protocollo di collaborazione, siglato nel [[1965]], per la costruzione della [[Lada-Vaz]] a [[Togliatti (Russia)|Togliatti]].
Come per il resto d'Italia, il periodo di rivoluzione sociale, culturale e occupazionale torinese inizia con i primi [[Collettivo|collettivi]] studenteschi, che anticiparono di poco il più noto [[Il Sessantotto|movimento di protesta del 1968]], attraverso l'occupazione della sede universitaria di [[Palazzo Campana (Torino)|Palazzo Campana]] nel novembre [[1967]] (scena che si vede anche nel film "''[[La meglio gioventù]]''", di [[Marco Tullio Giordana]] del [[2003]]). Sull'onda della contestazione giovanile, si affiancò il disagio della mancanza di diritti lavorativi della classe operaia che, in quel periodo popolava l'ampio settore siderurgico-industriale della città, via via sempre più organizzato in vari [[Movimento operaio|movimenti operai]] e aggregazioni in [[sindacalismo rivoluzionario|sindacati]] (ad esempio, il Sindacato dei Consigli, la Lega [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]], quindi la [[Federazione Italiana Metalmeccanici|FIM]], la [[Federazione Impiegati Operai Metallurgici|FIOM]], la [[Confederazione Generale Italiana del Lavoro|CGIL]]<ref>{{Cita web |url=http://old.cgil.it/CGIL/Storia/Storia.aspx#C10 |titolo=Copia archiviata |accesso=9 agosto 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170225033513/http://old.cgil.it/CGIL/Storia/Storia.aspx#C10 |dataarchivio=25 febbraio 2017 |urlmorto=sì }}</ref>.
[[File:Fiat Mirafiori 001.JPG|upright=1.3|sinistra|miniatura|Facciata della [[Fiat Mirafiori]]]]
Nel [[1969]], l'industria [[FIAT]] assunse altri 15.000 operai, ma ciò non servì a placare la tensione sociale, sfociata in vari scontri il 3 luglio dello stesso anno, successivamente sedati grazie all'intervento del cardinal [[Michele Pellegrino|Pellegrino]] (che difese la causa operaia, sostenendo lo sciopero del [[1973]] e introduendo la "pastorale del lavoro"). Quell'anno, Torino vide numerose proteste, che sfociarono nel più noto "[[autunno caldo]]". Le lotte sindacali, talvolta molto aspre, portarono a importanti conquiste, come l'introduzione della [[pensione sociale]] ([[1969]]) e lo [[Statuto dei lavoratori]] ([[1970]]). Tuttavia, nel periodo [[1972]]-[[1980]] Torino, città operaia, dovette subire le violenze della [[lotta armata]], specialmente delle [[Brigate Rosse]], durante i cosiddetti "[[anni di piombo]]". Numerose furono le vittime del terrorismo di quel periodo, solo per citarne alcuni: il giornalista [[Carlo Casalegno]], l'avvocato [[Fulvio Croce]], il sindacalista (attivo tra [[Torino]] e [[Genova]]) [[Guido Rossa]], il maresciallo di Pubblica Sicurezza [[Omicidio di Rosario Berardi|Rosario Berardi]], i poliziotti penitenziari Giuseppe Lorusso e [[Lorenzo Cotugno]], il poliziotto [[Giuseppe Ciotta]], il carabiniere [[Benito Atzei]],<ref>http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2014/1/27/GLI-ANNI-SPEZZATI-Chi-e-Carlo-Ghiglieno-l-ingegnere-Fiat-ucciso-da-Prima-Linea-nel-1979/461788/</ref>, il dirigente [[Omicidio di Carlo Ghiglieno|Carlo Ghiglieno]] (da questo verrà tratta la fiction RAI "[[Gli anni spezzati (miniserie televisiva)|Gli anni spezzati: l'ingegnere)]]"), e molti altri.
{{vedi anche|Il Sessantotto|Autunno caldo}}
Nonostante il calo delle violenze del precedente decennio, la crisi occupazionale dell'industria [[FIAT]] e del relativo indotto torinese, proseguì anche nei primi [[anni 1980|anni ottanta]], dove la direzione di [[Gianni Agnelli]] e di [[Cesare Romiti]] si dovette scontrare anche con le classi [[Quadro (diritto del lavoro italiano)|borghesi]] dei lavoratori, che sfociò nella protesta collettiva chiamata storicamente la ''[[Marcia dei quarantamila|marcia dei 40.000]]'' (14 ottobre [[1980]]). Da lì a poco, verrà chiuso il vecchio stabilimento [[Lingotto (comprensorio)|FIAT Lingotto]] (tenendo aperto solo quello di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]]), seguito dalla chiusura delle Officine Savigliano ([[Società Nazionale Officine di Savigliano|Savigliano SNOS]]), le Ferriere Piemontesi (divenute [[Teksid]]) e la [[Michelin]]. Queste aree saranno poi riconvertite in edifici residenziali e commerciali.
{{vedi anche|Marcia dei 40000}}
La seconda metà degli [[anni 1970|anni settanta]] della città vide anche qualche spazio di sviluppo: L'allora giunta del sindaco [[Diego Novelli|Novelli]] diede un rapido slancio edilizio-urbanistico e integrazione di servizi (sanitari, educativi, sportivi) verso le periferie della città, che nel frattempo aveva raggiunto il culmine della sua popolazione (quasi {{formatnum:1200000}} abitanti nel [[1971]]<ref>http://www.tuttitalia.it/piemonte/72-torino/statistiche/censimenti-popolazione/</ref>). Le zone di espansione urbana furono poi ricordate col nome degli stessi complessi scolastici d'infanzia e scuole primarie statali ivi sorte, ovvero una sigla "E" (Espansione), seguita da un numero incrementale; ricordiamone alcune: E9 (Via Passo Buole), E10 (via Romita), E11 (Via Rubino), E13 (Str. Castello di Mirafiori), con stessa identica architettura, denominata "treni di Bacco" (dal nome dell'arch. Bacco), con dei moduli squadrati a parete bianca<ref>http://www.museotorino.it/view/s/a686ca0379b4417b82966272e6a58173</ref>. Quindi E14 (Via Reiss Romoli, 45), E15 (C.so Cincinnato,121), E16 (V. Anglesio,17), E18 (V. Passoni,9)<ref>http://www.comune.torino.it/museiscuola/partecipa/approfondimenti/quattro-scuole-per-una-storia-della-scuola-2.shtml</ref>.
=== Gli incendi ===
{{Vedi anche|Incendio dei magazzini Marus di Torino|Incendio del Cinema Statuto|Incendio della Cappella della Sindone}}
Torino è stata funestata nella seconda metà del Novecento da vari incendi molto gravi e capaci di impattare sull'opinione pubblica della città:
* Il 18 agosto 1971 alle 16:15 circa i grandi magazzini di abbigliamento Marus (del [[Gruppo Finanziario Tessile]]) tra [[Via Roma (Torino)|Via Roma]] e Via Gramsci presero fuoco a causa di composti chimici usati nel magazzino e per dei lavori di ristrutturazione che erano in corso, intrappolando nelle fiamme e uccidendo il direttore del negozio e un sarto, mentre una commessa fu costretta a lanciarsi dalla finestra con i capelli in fiamme.<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0138_01_1971_0192_0001_4780883/|titolo=Fiamme nel centro di Torino: 2 morti, 12 feriti, tafferugli|pubblicazione=La Stampa|data=19 agosto 1971|p=1}}</ref>
* Il 13 febbraio 1983 alle 18:15 circa nel [[Cinema Statuto]] scoppia un incendio che attizzerà sul materiale dei rivestimenti delle poltrone della sala e delle tende, sprigionando il letale [[Acido cianidrico]] che ucciderà 64 persone nel giro di poche decine di secondi appena, in quella che di fatto divenne una [[Camera a gas]]. All'epoca era previsto dalle normative che i materiali fossero ignifughi, ma non vi era nessuna restrizione o divieto sul tipo di "fumi" che potessero provocare se a contatto con eventuali fiamme. La vicenda fu fondamentale per la rivisitazione di tutte le norme sulla sicurezza nei luoghi pubblici.<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1024_01_1983_0037_0001_14299388/|titolo=Uccisi dal gas nell'Inferno del cinema|pubblicazione=La Stampa|data=15 febbraio 1983|p=1}}</ref>
* Nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997, [[Cappella della Sindone]] va in fiamme a causa di un cortocircuito lungo uno dei ponteggi di un lavoro di manutenzione in corso. I vigili del fuoco furono costretti a prelevare la [[Sacra sindone]] dalla teca con vetri antisfondamento per evitare che venisse danneggiata dall'incendio. La cappella verrà sottoposta ad ampi lavori di restauro che sarebbero durati fino al 2018.<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0592_01_1997_0100_0001_8021235/|titolo=Rogo a Torino, distrutto il Duomo|pubblicazione=La Stampa|data=12 aprile 1997|p=1}}</ref>
<gallery style="text-align:center;" caption="I grandi incendi di Torino">
File:Incendio Marus - Fire Marus - Torino - Turin (Italy) - 1971 (1 of 6).png|L'incendio del grande magazzino Marus a Via Roma angolo Via Gramsci, il 18 agosto 1971 alle ore 16:15 circa.
File:Incendio del Cinema Statuto, Torino.JPG|Il cinema Statuto dopo l'incendio del 13 febbraio 1983 alle di sera, che causò la morte di 64 persone.
File:Incendio Sindone 2.jpg|Nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997, [[Cappella della Sindone]] va in fiamme. I vigili del fuoco furono costretti a prelevare la [[Sacra sindone]] per evitare che venisse danneggiata dall'incendio.
</gallery>
== Anni recenti ==
{{Approfondimento|titolo=L'[[incendio della Cappella della Sindone]]
|contenuto= Nella notte fra l'11 e il 12 aprile 1997 un incendio, provocato da un cortocircuito, danneggiò la [[Cappella della Sacra Sindone|Cappella del Guarini]] del [[Duomo di Torino|Duomo]], mentre la [[Sindone di Torino|Sindone]] fu messa in salvo dalle fiamme dai vigili del fuoco. Negli anni successivi, la Cappella venne restaurata.
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Nonostante i problemi socio-economici, l'industria torinese, sulla scia dell'economia nazionale, vide una breve [[miracolo economico italiano|ripresa]], sebbene di proporzioni più ridotte, a partire dai primi [[anni 1980|anni ottanta]] fino a buona parte degli [[anni 1990|anni novanta]]. La città comunque, dovette fare i conti anche con il flusso di immigrazione straniera<ref>http://www.museotorino.it/view/s/bdd983a0cb2e4c06912b6539e0d1cee7</ref>, principalmente costituita da cinesi e marocchini prima, rumeni, albanesi e africani dopo. Mentre gran parte della produzione industriale [[FIAT]] veniva man mano spostata all'estero, all'inizio degli [[anni 2000|anni duemila]] la crisi economica torinese si fece di nuovo risentire e, a questa, si aggiunse anche la [[grande recessione|recessione economica mondiale]], iniziata nel [[2008]] circa. Colpita dal grave [[Incidente della ThyssenKrupp di Torino|Incidente della ThyssenKrupp]] il 6 dicembre 2007, che provocò la [[Caduti del lavoro|morte di sette operai]], Torino dovette reinventarsi economicamente, rivalutando anche i settori economici [[Settore secondario|secondario]] e [[Settore terziario|terziario]].
[[File:2006 Olympics Opening Ceremony.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.7|[[Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici invernali|Cerimonia d'inaugurazione]] delle [[XX Giochi olimpici invernali|Olimpiadi 2006]]]]
La produzione industriale de[[Fiat Mirafiori|gli stabilimenti]] di [[Mirafiori Sud|Mirafiori]] infatti, venne drasticamente ridotta e, nel [[2014]], la [[FIAT]], tradizionalmente torinese, verrà inglobata in [[Fiat Chrysler Automobiles]]. Torino tentò quindi di indirizzarsi maggiormente sulla cultura e sul turismo in genere, ad esempio con la riqualificazione del [[Museo egizio (Torino)|Museo Egizio]], del [[Musei Reali (Torino)|Polo Museale Reale]]<ref>http://www.guidatorino.com/musei-di-torino-il-polo-reale/</ref>, della decentrata [[Reggia di Venaria Reale]], ma anche attraverso la promozione di numerosi eventi fieristici annuali o biennali, ''in primis'' il [[Salone internazionale del libro]] e il [[Salone internazionale del gusto]]. Nel [[2006]], Torino
== Note ==
== Bibliografia ==
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* {{cita libro|[[Giovanni Andrea Pauletti|Pauletti Giovanni Andrea]],|Historia di Torino con una succinta descrizione di tutti li Stati di Casa Savoia|Padova|1676}}
* {{cita libro|Ricchiardi|Enrico|Stemmi e Bandiere del Piemonte|1996|Paravia|Torino}}
*Morando, ''Monumenti di Torino'', Tip. Bertolero, Torino, 1884. https://www.omeka.unito.it/omeka/files/original/792d30a57e5921a32c8776c4ff49e201.pdf
== Voci correlate ==
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== Altri progetti ==
{{interprogetto|
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://www.informagiovani-italia.com/torino_storia.htm|Breve storia di Torino}}
* {{cita web|http://www.museotorino.it|MuseoTorino museo virtuale della città}}
* {{cita web | 1 = http://www.riami.altervista.org/Italia/City/Torino/900.html | 2 = Cronologia della storia di Torino | urlmorto = sì }}
* {{cita web|http://www.istoreto.it/|Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti"}}
* {{cita web|http://www.museodiffusotorino.it/luoghi.aspx|Museo Diffuso Torino}}
* {{cita web|http://www.quartieri.torino.it/storia.asp|Quartieri di Torino: storia della città}}
* {{cita web|http://www.aboutturin.com/storia-di-torino.html|Storia da aboutturin.com}}
* {{cita web|url=http://www.extratorino.it/ITA/list.php?categoriaID=23|titolo=Storia da extratorino.it|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070606055506/http://www.extratorino.it/ITA/list.php?categoriaID=23|dataarchivio=6 giugno 2007}}
* {{cita web|http://it.viaggi.yahoo.com/p-guida_viaggi-1067393-torino_storia-i|Storia da yahoo.com}}
* {{cita web|url=http://www.torinoinchat.com/Servizicittadino.asp?Tipo=Storia|titolo=Storia da torinoinchat|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070928221215/http://www.torinoinchat.com/Servizicittadino.asp?Tipo=Storia|dataarchivio=28 settembre 2007}}
* {{cita web | 1 = http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/storia.htm | 2 = Storia dal sito del Comune di Torino | accesso = 22 giugno 2007 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20070813014113/http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/storia.htm | dataarchivio = 13 agosto 2007 | urlmorto = sì }}
{{
{{Via Fulvia}}
{{Portale|storia|Torino}}
[[Categoria:Storia di Torino| ]]
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