Storia di Torino: differenze tra le versioni

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[[File:Torino-panoramadaicappuccini.jpg|upright=1.4|miniatura|[[Storia dell'illuminazione pubblica a Torino|Panorama notturno di Torino]]]]
 
La storia della città di [[Torino]], il capoluogo della Regione [[Piemonte]], si estende per più di due millenni, e alcune delle sue vestigia sono ancora visibili nei principali monumenti, vie e piazze.<br />
La '''storia di Torino''', [[capoluogo]] del [[Piemonte]], si estende per più di duemila anni e alcune delle sue vestigia sono ancora visibili nei principali monumenti, [[Stradario di Torino|vie e piazze]].
In particolare, la città divenne storicamente famosa come centro [[Casa Savoia|sabaudo]], capitale del
 
[[Ducato di Savoia]] e del [[Regno di Sardegna]] dal [[XV secolo]] in poi, quindi prima capitale del [[Regno d'Italia]], dal [[1861]] al [[1865]].
La città divenne famosa come centro del potere di [[Casa Savoia]], capitale del [[Ducato di Savoia|Ducato sabaudo]] dal [[XV secolo]], quindi del [[Regno di Sardegna]], fulcro politico del [[Risorgimento]] e prima [[capitale (città)|capitale]] del [[Regno d'Italia]] dal [[1861]] al [[1865]]. Nel [[XX secolo]], invece, ospitò diversi movimenti [[antifascismo|antifascisti]], compresa la [[Resistenza italiana|Resistenza]] durante la [[seconda guerra mondiale]]; Nel corso della seconda metà del Novecento si affermò quale città industriale, in particolare come polo dell'[[industria automobilistica]] di importanza mondiale.
 
== Storia antica ==
=== Origini ===
Le scarse fonti storiche risalgono al [[III secolo a.C.]], riportando testimonianze sulle quali il dibattito è ancora aperto. Da una parte, l'ipotesi di un insediamento dei [[Taurisci]], ovvero dei [[Celti]] originari del [[Norico]] (ovvero le attuali zone della [[Baviera]]), anche se diffusasi poi gradualmente in tutto il nord-Italia, mentre dall'altra l'ipotesi, e tuttavia legata alla prima, di un insediamento dei cosiddetti [[Taurini]], ovvero un particolare gruppo etnico dei [[Celto]]-liguri, localizzato geograficamente nei soli monti occidentali delle antiche [[Alpi]]<ref>http://www.museotorino.it/view/s/530aa2559b7740c69f9f42e5fa2f95ea</ref>, quindi insediatisi lungo le zone a sud e a nord della [[Dora Riparia]]<ref>{{Treccani|taurisci|Taurisci}}</ref><ref>{{cita web |url=http://www.pianetatorino.it/storia.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=31 dicembre 2015 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150403085213/http://www.pianetatorino.it/storia.htm |dataarchivio=3 aprile 2015 }}</ref>. <br />In entrambe le ipotesi, secondo gli storici [[Polibio]]<ref>Polibio, ''Storie'', III, 60</ref> e [[Appiano di Alessandria|Appiano]]<ref>Appiano, ''Hannibalica'', 5</ref> già nel [[III secolo a.C.]] era presente un grande villaggio, probabilmente collocato alla confluenza dei fiumi [[Po]] e [[Dora Riparia|Dora]], che si sarebbe chiamato ''Taurasia'' (o, per altre fonti, ''Taurinia''). Nel [[218 a.C.]], il condottiero [[cartagine]]se [[Annibale]] entrò in [[Piemonte]],<ref>http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/08/20/le-vette-di-annibale.html</ref> alleandosi con numerose [[Lista di tribù celtiche|tribù]], tra cui gli [[Insubri]]. È probabile che i [[Taurini]]-[[Taurisci]] abbiano rifiutato l'alleanza e tentato di contrastare l'invasione: secondo i documenti, il villaggio resistette tre giorni prima di crollare.{{Senza fonte}}
Le scarse fonti storiche risalirebbero fino al [[III secolo a.C.]], riportando testimonianze di popoli stanziali [[Celti|celto]]-liguri, chiamati [[Taurini]]<ref>http://www.pianetatorino.it/storia.htm</ref>. Riguardo all'etimologia, esistono varie ipotesi; la più probabile è legata alla radice [[Lingue indoeuropee|indoeuropea]] ''taur'', a sua volta legata al [[Lingua greca antica|greco antico]] ''ορος'' (''oros'', cioè ''montagna''), ma anche al sanscrito ''sthur'' (''massiccio'', ''robusto'', ma anche ''selvatico''), quindi associato alle caratteristiche di alcune tribù europee del [[VII secolo a.C.|VII]]-[[V secolo a.C.]], come, ad esempio, i [[Taurisci]] in [[Baviera]], i [[sanniti]]-[[Taurasi]]ni in [[Irpinia]] e, appunto, i [[Taurini]] in [[Piemonte]].<br />
 
Altra suggestiva e meno probabile ipotesi, sosterrebbe un'origine risalente all'[[antico Egitto]] (probabilmente [[XVIII dinastia egizia|XVIII dinastia]]); durante i lavori per la costruzione della nota fortezza militare della [[Cittadella di Torino|Cittadella]] nel [[XVI secolo]], fu rinvenuta una lapide con un'iscrizione dedicata al culto di [[Iside]]<ref>[http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/curiosare/magica.htm Torino Turistica - Torino, città magica - Città di Torino]</ref>. La notizia quindi, fu alimentata dagli allora storici di corte [[Filiberto Pingone|Pingone]] e, successivamente, [[Emanuele Tesauro|Tesauro]], quest'ultimo citando altresì il mito [[antica Grecia|greco]] di [[Fetonte]] e del figlio Eridano (antico nome attribuito al fiume [[Po]]); pare che, quest'ultimo, fosse anche un principe dédito a culti [[Antico Egitto|egizi]] <ref>http://taurinorum.com/testi/Hator.html</ref> e, per alcuni, addirittura fratello di [[Osiride]]; Eridano, dopo aver lasciato il [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] per disaccordi con le caste sacerdotali, avrebbe dunque raggiunto il nord Italia, passando per le coste del [[Mar Tirreno|Tirreno]] e approdando in [[Liguria]]. Poi, raggiunse una grande pianura, dove passava un lungo fiume, che gli ricordò il [[Nilo]], e vi fondò un culto dedicato ad [[Api (mitologia)|Api]], [[Religione egizia|dio egizio]] a forma di [[Bos taurus|toro]], probabilmente intorno al [[XVI secolo a.C.]]<ref>{{cita libro | nome=Emanuele | cognome=Tesauro | titolo=Della Historia della Augusta Città di Torino | anno=1679 | editore=Bartolomeo Zappata | città=Torino}}</ref>. I [[Taurini]], anch'essi dediti ai culti [[Teriomorfismo|teriomorfisti]], non fecero altro che adattarsi alla venerazione del dio-animale. Altri storici poi, sostennero tale ipotesi; a dar credito a questa versione, una recente credenza popolare affermerebbe che la [[Chiesa della Gran Madre di Dio (Torino)|Chiesa della Gran Madre]] sarebbe stata costruita sopra un antico tempio egizio<ref>{{cita libro | nome=Giuditta | cognome=Dembech | titolo=Torino città magica | anno= | editore=Ariete Multimedia | città= }}</ref>.<br />
{Riguardo al toponimo e alla radice ''Taur'', esistono varie ipotesi: la più probabile è legata all'[[Lingue indoeuropee|indoeuropeo]] ''taur'', a sua volta legato al [[Lingua greca antica|greco antico]] ''ορος'' (''oros'', cioè ''montagna''), e al sanscrito ''sthur'' (''massiccio'', ''robusto'', o ''selvatico''), quindi associato alle caratteristiche montanare tipiche delle tribù dei [[Taurisci]] e dei [[Taurini]] del [[VII secolo a.C.|VII]]-[[V secolo a.C.]], ma anche dei Taurasini, questi ultimi insediati anticamente nel [[Sannio]]<ref>{{Cita news|titolo=Macché toro noi taurini siamo gente di montagna|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]|data=2008-02-16|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/02/16/macche-toro-noi-taurini-siamo-gente-di.html|urlarchivio=}}</ref>. U{{sf|n'altra ipotesi è che venga dal Celtico ''taruos'' ('toro') oppure da un'origine non Celtica ma dai [[Liguri]].}}
Un'altra ipotesi sulle origini della città, più fantasiosa, diede vita alla leggenda di un villaggio [[neolitico]] tormentato da un temibile drago. Il popolo decise quindi di inebriare un [[Bos taurus|toro]] con del vino e aizzarlo contro il drago; tuttavia, il toro inferocito, dopo aver sconfitto il mostro, morì per le ferite riportate. Il popolo quindi, decise di venerarlo.<br />
 
Dal [[III secolo a.C]] circa, l'insediamento [[Galli|gallo]]-[[Taurini|taurino]] diventò un grande villaggio, che, secondo gli storici [[Polibio]]<ref>Polibio, ''Storie'', III, 60</ref> ed [[Appiano di Alessandria|Appiano]]<ref>Appiano, ''Hannibalica'', 5</ref> si sarebbe chiamato ''Taurasia'' (o, per altre fonti, ''Taurinia''), probabilmente collocato alla confluenza dei fiumi [[Po]] e [[Dora Riparia|Dora]].<br />
==== Leggende ====
La pace durò poco, in quanto, nel [[218 a.C.]] il condottiero [[cartagine]]se [[Annibale]] entrò in [[Piemonte]] <ref>http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/08/20/le-vette-di-annibale.html</ref>
Una leggenda sostiene un'origine risalente all'[[antico Egitto]] (probabilmente [[XVIII dinastia egizia|XVIII dinastia]]): durante i lavori per la costruzione della fortezza militare della [[Cittadella di Torino|Cittadella]] nel [[XVI secolo]], fu rinvenuta una lapide con un'iscrizione dedicata al culto di [[Iside]]<ref>[http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/curiosare/magica.htm Torino Turistica - Torino, città magica - Città di Torino] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150301022434/http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/curiosare/magica.htm |data=1º marzo 2015 }}</ref>. La notizia fu alimentata dagli allora storici di corte [[Filiberto Pingone]] e, in seguito, [[Emanuele Tesauro]]. Quest'ultimo, citò altresì il mito [[antica Grecia|greco]] di Eridano (antico nome attribuito al fiume [[Po]]), figlio di [[Fetonte]] e, per alcuni, presunto fratello di [[Osiride]] e dédito ai culti [[Antico Egitto|egizi]]<ref>{{Cita web |url=http://taurinorum.com/testi/Hator.html |titolo=Copia archiviata |accesso=31 dicembre 2015 |dataarchivio=14 maggio 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160514091957/http://taurinorum.com/testi/Hator.html |urlmorto=sì }}</ref>. Dopo aver lasciato il [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] per disaccordi con le caste sacerdotali, Fetonte avrebbe raggiunto il nord Italia, passando per le coste del [[Mar Tirreno|Tirreno]] e approdando in [[Liguria]]; in seguito avrebbe raggiunto una grande pianura, dove scorreva un grande fiume che gli avrebbe ricordato il [[Nilo]], e qui avrebbe fondato un culto dedicato ad [[Api (mitologia egizia)|Api]], [[Religione egizia|dio egizio]] a forma di [[Bos taurus|toro]], probabilmente intorno al [[XVI secolo a.C.]]<ref>{{cita libro | nome=Emanuele | cognome=Tesauro | titolo=Della Historia della Augusta Città di Torino | anno=1679 | editore=Bartolomeo Zappata | città=Torino}}</ref>. I [[Taurini]], anch'essi dediti ai culti [[Teriomorfismo|teriomorfisti]], si sarebbero adattati alla venerazione del dio-animale. Nei secoli successivi altri storici sostennero tale ipotesi. Improbabili legami dei Taurini con l'antico Egitto sono anche alimentati da una recente credenza popolare che afferma che la [[Chiesa della Gran Madre di Dio (Torino)|Chiesa della Gran Madre]] sarebbe stata costruita sopra un antico tempio egizio<ref>{{cita libro | nome=Giuditta | cognome=Dembech | titolo=Torino città magica | anno= | editore=Ariete Multimedia | città= }}</ref>. Un'altra leggenda sulle origini della città prende spunto dalla leggenda di un villaggio [[neolitico]] tormentato da un temibile drago. Il popolo avrebbe deciso di inebriare un [[Bos taurus|toro]] con un misto di acqua e vino e aizzarlo contro il drago; il toro inferocito, dopo aver sconfitto il mostro, sarebbe morto per le ferite riportate. Il popolo quindi, avrebbe deciso di venerarlo<ref>{{Cita web|url=https://www.guidatorino.com/la-leggenda-del-toro-rosso-che-sconfisse-il-drago-e-diede-il-nome-alla-citta-di-torino/|titolo=La leggenda del Toro Rosso che sconfisse il Drago e diede il nome alla città di Torino|sito=Guida Torino|data=2015-08-12|lingua=it-IT|accesso=2022-01-17}}</ref>.
alleandosi i [[Lista di tribù celtiche|celto]]-[[Insubri]]. È probabile che i [[Taurini]] chiesero aiuto ai [[Socii e foederati|soldati romani]] per contrastare l'invasione, ma essendo questi ultimi in minoranza, e non essendo i
[[Taurini]] un popolo guerriero, resistettero solo tre giorni prima di capitolare. Cosa ne sia stato dei superstiti e del villaggio non è riportato da alcuna fonte, mentre l'[[esercito romano]] si preoccupò principalmente di proseguire la [[Conquista della Gallia|conquista delle Gallie]].
 
=== Periodo Romano ===
[[File:Porta palatina, statue.jpg|upright=0.8|miniatura|150px|Statua bronzea di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]], padre adottivo di [[Augusto]] e fondatore di ''JuliaIulia Augusta Taurinorum''. La statua, insieme a quella di Augusto, non è di epoca romana ma copia del 1935]]
Fu soltanto nel [[58 a.C.]] che l'allora [[proconsole]] [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] fece insediare nell'area un accampamento militare, come posizione strategica per la [[via delle Gallie]], per poi ampliarlo a una prima [[colonia romana|colonia]] nel [[44 a.C.]], chiamata ''Iulia Taurinorum''.[https://www.lastampa.it/scienza/2020/02/10/news/compleanno-di-torino-ecco-la-prova-astronomica-1.38449769]<br />Tuttavia, la definitiva fondazione avvenne grazie a suo figlio adottivo [[Augusto]] che, intorno al [[28 a.C.]], [[Deduzione (storia romana)|dedusse]] una seconda colonia, il cui impianto urbano a [[castrum]] sarà quello che ancora adesso è rilevabile, col nome di ''[[Toponimi latini delle città italiane|Augusta Taurinorum]]''. Un cippo che riporta un'iscrizione con la data consolare del [[21 a.C.]], anno del consolato di [[Marco Lollio]], attesta la sicura presenza romana nell'area di Torino<ref>{{Cita pubblicazione|autore=G. Mennella|autore2=|autore3=|titolo=Marco Lollio, consul sine collega e la fondazione di Augusta Taurinorum.|rivista=Colons et colonies dans le monde romain. A cura di S. Demougin e J. Scheid, Roma|volume=|numero=pp. 387-394|url=https://www.academia.edu/4402649/Marco_Lollio_consul_sine_collega_e_la_fondazione_di_Augusta_Taurinorum_}}</ref>. Tale rinvenimento epigrafico costituisce un termine temporale prima del quale la colonia venne fondata<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Luca Emilio Brancati (a cura di)|autore2=|autore3=|anno=2015|titolo=Il restauro della Porta Palatina di Torino. Passato, presente e futuro di una città fluida.|rivista=|editore=Consorzio San Luca per la cultura, l’arte ed il restauro|città=Torino|volume=|numero=|url=https://www.academia.edu/33162749/Il_restauro_della_Porta_Palatina_di_Torino._Passato_presente_e_futuro_di_una_città_fluida._Torino_2015}}</ref>. Una presunta datazione della colonia, basata su studi astronomici legati al sorgere del sole in asse col decumano, è stata proposta al [[30 gennaio]] del [[9 a.C.]]<ref>http://www.lastampa.it/2018/10/06/cultura/gennaio-ac-nasce-torino-I84r8ie9b8ruOEz0605idJ/premium.html</ref> Sempre in base a un medesimo tipo di studio, è stata proposta la data del [[5 febbraio]] del [[27 a.C.]]<ref>{{Cita web|url=https://www.lastampa.it/scienza/2020/02/10/news/compleanno-di-torino-ecco-la-prova-astronomica-1.38449769|titolo=Compleanno di Torino: ecco la prova astronomica|sito=lastampa.it|data=2020-02-10|lingua=it-IT|accesso=2020-06-29}}</ref>, a cui è seguita una replica<ref>{{Cita web|url=https://www.lastampa.it/scienza/2020/02/24/news/e-un-drone-volo-sulla-nascita-di-torino-1.38510130|titolo=E un drone volò sulla nascita di Torino|sito=lastampa.it|data=2020-02-24|lingua=it-IT|accesso=2020-06-30}}</ref> dove c'è la data [[29 gennaio]] del [[9|9 d.C.]] <br />La colonia fu inscritta come [[tribù (storia romana)|tribù romana]] rurale ''Stellatina'', ed ebbe una struttura definitiva soltanto nel [[I secolo]], con l'edificazione di una cinta muraria. La struttura viaria a scacchiera, sulla topografia del [[castrum]] iniziale, fu successivamente estesa anche alle altre zone della città, almeno in prossimità del [[centro storico di Torino|centro]]. Il perimetro del castrum doveva essere di 2.875 metri, con superficie di 45 ettari e forma irregolarmente quadrangolare con un angolo smussato.
Fu soltanto nel [[58 a.C.]] che l'allora [[Imperatori romani|imperatore]] [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] fece collocare, sui resti del villaggio taurino, un accampamento militare, come posizione strategica per la [[via delle Gallie]], per poi ampliarlo ad una primitiva [[colonia romana|colonia]] nel [[44 a.C.]], chiamata ''Julia Taurinorum''.<br />
 
Tuttavia, la definitiva fondazione avvenne grazie a suo figlio adottivo [[Augusto]] che, intorno al [[28 a.C.]], dedusse una seconda colonia, il cui impianto urbano a [[castrum]] sarà quello che ancora adesso è rilevabile, col nome di ''[[Toponimi latini delle città italiane|Augusta Taurinorum]]''. La colonia fu inscritta come [[tribù (storia romana)|tribù romana]] rurale ''Stellatina'', ed ebbe una struttura definitiva soltanto nel [[I secolo]], con l'edificazione di una cinta muraria.<br />
La struttura viaria a scacchiera (il ''[[castrum]]'') fu successivamente estesa anche alle altre zone della città, almeno in prossimità del [[centro storico di Torino|centro]]. Il perimetro del castrum doveva essere di 2.875 metri, dentro una superficie di 45 ettari, e forma di un quadrangolo con un angolo smussato. Le mura superavano i cinque metri di altezza e i due metri di spessore, e in cuiesse si aprivano quattro porte:
* [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Porta Prætoria]] (chema per alcunialtri storici era la Decumana), posta a est-sud-est, poinei totalmentesecoli inglobata nellanel [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Casaforte Acaja]] di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]]. Nell'[[XI secolo]] fu chiamataaperta ancheun'altra porta chiamata Porta ''Fibellona'', forse in relazione ai discendenti di un nobile di nome Bellone (i ''filii Bellonis'', ipotesi, comunque, mai documentata <ref>http://www.museotorino.it/view/s/0053e4cbceba4eebaa84c9678cd7e4cf</ref>).
* [[Porta Palatina|Porta Principalis Dextera]], a nord-est-nordnordest, chiamata anche [[Porta Palatina|Palatina]] o [[Porta Palazzo|Doranea]], la più conservata, a tutt'oggi, nella zona di [[Porta Palazzo]], grazie agli interventi di [[Alfredo d'Andrade|D'Andrade]] del [[1901]].
* [[Chiesa di Santa Teresa (Torino)|Porta Principalis Sinistra]], a sud-estsudovest-sud, chiamata anche Porta Marmorea e oggi inesistente, era sita in Via [[Chiesa di Santa Teresa (Torino)|Santa Teresa]] angolo Via San Francesco d'Assisi, non lontano da [[Piazza San Carlo]].
* [[Piazza Savoia|Porta Decumana]], a ovest-sud-ovestnordovest (ma per alcuni storici era invece la Praetoria), dal Medioevo chiamata anche [[Piazza Savoia|Porta SeguisinaSegusina]], oggi praticamente inesistente, si trovava in Via Garibaldi angolo Via della Consolata, a pochi passi da [[Piazza Savoia|Piazzetta Savoia]] e oggi è totalmente inesistente.
[[File:Torino-portapalatina01.jpg|upright=0.8|sinistra|miniatura|190px|[[Porta Palatina]]]]
La costruzione delle mura è stata datata a un momento successivo alla fondazione della colonia, nel I secolo d.C.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Taborelli, Luisa Brecciaroli|autore2=Ada Gabucci|autore3=|anno=2007|titolo=Le mura e il teatro di Augusta Taurinorum: sequenze stratigrafiche e dati cronologici|rivista=|volume=Forme e tempi dell’urbanizzazione nella Cisalpina (II secolo aC–I secolo dC)|numero=|pp=243-259|url=https://www.academia.edu/7505814/_con_Ada_Gabucci_Le_mura_e_il_teatro_di_Augusta_Taurinorum_sequenze_stratigrafiche_e_dati_cronologici_2007}}</ref>.
La cinta muraria fu rafforzata da ulteriori cinque torri angolari ottagonali e torrette di guardia su ciascun lato, in corrispondenza dello sbocco delle vie cittadine e un certo numero di [[postierla|postierle]], che si ritiene posizionate in corrispondenza di ogni torretta. L'interno delle mura presentava il cosiddetto ''intervallum'', ovvero un camminamento per le ronde. La strada principale era il ''[[decumano|decumanus maximus]]'' che collegava la ''Porta Prætoria'' con la ''Decumana'', lungo l'attuale [[Via Garibaldi (Torino)|via Garibaldi]]; a circa un terzo della sua lunghezza, il ''decumanus maximus'' incrociava il ''[[Cardine (storia romana)|cardo maximus]]'' che collegava le porte ''Principalis Dextera'' e ''Principalis Sinistra'', sviluppandosi lungo l'attuale [[via San Tommaso]]-via Porta Palatina. In questo incrocio, era possibile vedere tutte e quattro le Porte, quindi si poteva accedere al ''Forum'' che, con molta probabilità, trovava ingresso dalla Piazzetta delle Erbe (oggi [[piazza Palazzo di Città]]) e dalla piazzetta del Burro (oggi cortile interno di [[Palazzo Civico (Torino)|Palazzo di Città]]) <ref>http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/altro/Torino.html</ref>. L'area dell'antico [[castrum]] viene chiamato dai torinesi "[[Quadrilatero Romano]]", sebbene oggi, con questo termine, sia intesa la sola parte occidentale dello stesso.
 
[[File:Torino romana.png|upright=1.3|miniatura|190px|Planimetria della ''Julia Augusta Taurinorum''.
La cinta muraria fu rafforzata da ulteriori cinque torri angolari ottagonali e torrette di guardia su ciascun lato, in corrispondenza dello sbocco delle vie cittadine e un certo numero di [[postierla|postierle]], che si ritiene posizionate in corrispondenza di ogni torretta. L'interno delle mura presentava il cosiddetto ''intervallum'', ovvero un camminamento per le ronde. La strada principale era il ''[[decumano|decumanus maximus]]'' che collegava la ''Porta Prætoria'' con la ''Decumana'', lungo l'attuale [[Via Garibaldi (Torino)|via Garibaldi]]; a circa un terzo della sua lunghezza, il ''decumanus maximus'' incrociava il ''[[Cardine (storia romana)|cardo maximus]]'' che collegava le porte ''Principalis Dextera'' e ''Principalis Sinistra'', sviluppandosi lungo l'attuale [[via San Tommaso]]-via Porta Palatina. In questo incrocio, era possibile vedere tutte e quattro le Porte, quindi si poteva accedere al ''Forum'' che, con molta probabilità, trovava ingresso dalla Piazzetta delle Erbe (oggi [[piazza Palazzo di Città]]) e dalla piazzetta del Burro (oggi cortile interno di [[Palazzo Civico (Torino)|Palazzo Civico]])<ref>http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/altro/Torino.html</ref>. L'area dell'antico [[castrum]] viene chiamato dai torinesi "[[Quadrilatero Romano]]", sebbene oggi, con questo termine, sia intesa la sola parte occidentale dello stesso.
[[File:Torino romana.png|upright=1.3|miniatura|Planimetria della ''Julia Augusta Taurinorum''.
{{Legenda|black|in nero il tracciato della colonia romana}}
{{Legenda|green|in verde la planimetria della città attuale}}
{{Legenda|red|in rosso le parti di mura, di pavimentazione stradale o di edifici ancora visibili o almeno attestati archeologicamente}}
{{Legenda|blue|in azzurro la posizione ipotizzata per il foro cittadino}}
1: Porta Prætoria o Decumana (Casaforte Acaja/Palazzo Madama)<br />2: Porta Principalis Dextera (Porta Marmorea)<br />3: Porta Decumana occidentale (Porta Segusina)<br />4: Porta Principalis Sinistra (Porta Palatina o Doranea)<br />5: Teatro<br />6: Foro civico
2: Porta Principalis Sinixtera (Porta Marmorea)<br />
3: Porta Decumana (Porta Segusina)<br />
4: Porta Principalis Dextera (Porta Palatina o Doranea)<br />
5: Teatro<br />
6: Foro civico
]]
I resti più importanti dell'epoca romana consistono, nei ruderi delle mura vicino alla ''[[Porta Palatina]]'' ([[Porta Palazzo]]) e dell'adiacente [[teatro romano di Torino|teatro]], affiancato da tratti di fondamenta delle sue strutture. Altri pochi resti si trovano alla Porta Praetoria (o Fibellona, per alcuni era la Decumana), nei sotterranei dell'attuale [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama-Casaforte degli Acaja]]) di [[piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]]. Della Porta Segusina invece non ci sono resti, ma soltanto la base di una torretta angolare di avvistamento in via della Consolata angolo via Giulio. Alcuni resti delle mura romane furono rinvenuti nelle sale sotterranee del [[Museo egizio (Torino)|Museo egizio]] e, sempre nel sottosuolo, durante la realizzazione del parcheggio sotterraneo del lato occidentale di via Roma, nel tratto Piazza Carlo Felice-Piazza Castello (esposti al pubblico in alcune entrate/uscite pedonali).
[[File:Torino-teatroromano02.jpg|upright=0.8|miniatura|sinistra|Resti del [[Teatro romano di Torino|Teatro Romano]]]]
Altri pochi resti si trovano alla Porta Praetoria (o Fibellona, per alcuni era la Decumana), nei sotterranei dell'attuale [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama-Casaforte degli Acaja]]) di [[piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]]. Della Porta Segusina invece non ci sono resti, ma soltanto la base di una torretta angolare di avvistamento in via della Consolata angolo via Giulio. Alcuni resti delle mura romane furono rinvenuti nelle sale sotterranee del [[Museo egizio (Torino)|Museo egizio]] e, sempre nel sottosuolo, durante la realizzazione del parcheggio sotterraneo del lato occidentale di via Roma, nel tratto Piazza Carlo Felice-Piazza Castello (esposti al pubblico in alcune entrate/uscite pedonali).
Testimonianze poi dell'esistenza di un anfiteatro, posto fuori dalle mura nei pressi della ''Porta Principalis Dextera'', poi nota come ''Porta Marmorea'', distrutta intorno al [[1660]] (e di cui ci rimane solamente un disegno, forse non del tutto fedele, del [[Da Sangallo]]) si hanno fino al [[1508]], quando Maccaneo ne descrive i ruderi. Unico possibile residuo della struttura è una condotta per il deflusso delle acque (l'anfiteatro poteva ospitare anche [[naumachìe]]), situata sotto l'attuale [[Via Roma (Torino)|via Roma]]. Augusta Taurinorum tuttavia, si distinse poco nell'epoca romana, rimanendo una mera colonia provinciale. Pur non essendo in presenza di dati diretti, è possibile valutare, per confronto con altre colonie analoghe, in circa {{formatnum:5000}} abitanti la consistenza numerica della città nel [[I secolo]]. Nel [[69]], la città fu parzialmente distrutta da un incendio provocato dai fuochi dei bivacchi di una legione dall'esercito di [[Otone]] acquartierato a Torino (Tacito, Historiae II 66). Nel [[240]] poi, la città fu minacciata dall'incursione dei [[Marcomanni]].
[[File:Torino-teatroromano02.jpg|upright=0.8|miniatura|sinistra|190px|Resti del [[Teatro romano di Torino|Teatro Romano]].]]
Testimonianze poi dell'esistenza di un anfiteatro, posto fuori dalle mura nei pressi della ''Porta Principalis Sinistra'', poi nota come ''Porta Marmorea'', distrutta intorno al [[1660]] (e di cui ci rimane solamente un disegno, forse non del tutto fedele, del [[Da Sangallo]]) si hanno fino al [[1508]], quando Maccaneo ne descrive i ruderi. Unico possibile residuo della struttura è una condotta per il deflusso delle acque (l'anfiteatro poteva ospitare anche [[naumachìe]]), situata sotto l'attuale [[Via Roma (Torino)|via Roma]]. Augusta Taurinorum tuttavia, si distinse poco nell'epoca romana, rimanendo una mera colonia provinciale. Pur non essendo in presenza di dati diretti, è possibile valutare, per confronto con altre colonie analoghe, in circa 5000 abitanti la consistenza numerica della città nel [[I secolo]]. Nel [[69]], la città fu parzialmente distrutta da un incendio, a seguito dello scontro tra gli eserciti di [[Otone]] e [[Vitellio]]. Nel [[240]] poi, la città fu minacciata dall'incursione dei [[Marcomanni]].
 
=== Primo Cristianesimo ===
Fu poi durante le persecuzioni cristiane di [[Massimiano]] in [[Piemonte]] del [[290]]-[[300]] circa, che si distinsero i martiri [[Avventore, Ottavio e Solutore]], soldati romani della [[Legione tebana]], ai quali, molto probabilmente, furono dedicati dei piccoli templi votivi, presso quella che diverrà presto l'area devozionale cristiana dedicata a [[San Salvatore]] e [[Santa Maria di Dompno]] e - successivamente - cristiano-[[Longobardi|longobarda]] di [[San Giovanni Battista]], quindi attuale area del [[Duomo di Torino|Duomo]] <ref>Giuseppe Colli. ''Storia di Torino'', editrice il Punto, Torino, 2002</ref>.<br />Le persecuzioni cristiane terminarono nel [[312]], quando [[Costantino I]], nello scontro con [[Massenzio]], ne uscì vittorioso presso un campo di battaglia, a circa {{M|20|u=km}} ovest dalla città probabilmente nei pressi di [[Rivoli]]. L'evento viene generalmente ricordato come la [[Battaglia di Torino (312)|battaglia di Torino del 312]], avvenuta pochi mesi prima della più nota [[Battaglia di Ponte Milvio]] di [[Roma]] (questa nell'ottobre dello stesso anno). La prima epigrafe sicuramente cristiana è databile al [[341]], mentre sono due le chiese, tuttora esistenti, ubicate in corrispondenza di templi pagani di epoca romana. Una è ubicata nell'attuale via Garibaldi (quasi angolo via XX Settembre) e sarebbe sorta sulle rovine del tempio dedicato a [[Giunone]]. L'altra è situata in via Porta Palatina, in corrispondenza di via Cappel Verde, e sorgerebbe su un preesistente tempio dedicato a [[Diana]], come cita la lapide posta sulla facciata. È possibile che la [[Diocesi di Torino]] sia stata costituita su iniziativa del [[vescovo di Vercelli]], [[Eusebio di Vercelli|Eusebio]]. L'importanza della prima diocesi taurinense può essere ricavata dalla circostanza che, nel [[398]], sotto la presidenza del primo vescovo, [[Massimo di Torino|Massimo]], si riunì in Torino un piccolo concilio, di circa settanta vescovi, per dirimere una disputa tra il [[vescovo di Arles]] e quello di [[vescovo di Vienne|Vienne]]. La diocesi ebbe, nella sua fase iniziale una grande estensione, in quanto oltre alla pianura torinese estendeva il suo potere anche sulle valli [[Val Grande di Lanzo|Lanzo]], [[Val di Susa|Susa]], [[Val Chisone|Chisone]], [[Valle Po|Po]], [[Valle Varaita|Varaita]], [[Valle Maira|Maira]], [[Valle Grana|Grana]] e inizialmente anche sulla valle della [[Moriana]]. l'opera di evangelizzazione fu continuata dal vescovo successore, Massimo II, almeno fino al [[470]].
Le persecuzioni cristiane terminarono nel [[312]], quando [[Costantino I]], nello scontro con [[Massenzio]], ne uscì vittorioso presso un campo di battaglia, a circa 20&nbsp;km ovest dalla città probabilmente nei pressi di [[Rivoli]]. L'evento viene generalmente ricordato come la [[Battaglia di Torino (312)|battaglia di Torino del 312]], avvenuta pochi mesi prima della più nota [[Battaglia di Ponte Milvio]] di [[Roma]] (questa nell'ottobre dello stesso anno).
La prima epigrafe sicuramente cristiana è databile al [[341]], mentre sono due le chiese, tuttora esistenti, ubicate in corrispondenza di templi pagani di epoca romana. Una è ubicata nell'attuale via Garibaldi (quasi angolo via XX settembre) e sarebbe sorta sulle rovine del tempio dedicato a [[Giunone]]. L'altra è situata in via Porta Palatina, in corrispondenza di via Cappel Verde, e sorgerebbe su un preesistente tempio dedicato a [[Diana (divinità)|Diana]], come cita la lapide posta sulla facciata. È possibile che la [[Diocesi di Torino]] sia stata costituita su iniziativa del [[vescovo di Vercelli]], [[Eusebio di Vercelli|Eusebio]]. L'importanza della prima diocesi taurinense può essere ricavata dalla circostanza che, nel [[398]], sotto la presidenza del primo vescovo, [[Massimo di Torino|Massimo]], si riunì in Torino un piccolo concilio, di circa settanta vescovi, per dirimere una disputa tra il [[vescovo di Arles]] e quello di [[vescovo di Vienne|Vienne]]. La diocesi ebbe, nella sua fase iniziale una grande estensione, in quanto oltre alla pianura torinese estendeva il suo potere anche sulle valli [[Val Grande di Lanzo|Lanzo]], [[Val di Susa|Susa]], [[Val Chisone|Chisone]], [[Valle Po|Po]], [[Valle Varaita|Varaita]], [[Valle Maira|Maira]], [[Valle Grana|Grana]] ed inizialmente anche sulla valle della [[Moriana]]. l'opera di evangelizzazione fu continuata dal vescovo successore, Massimo II, almeno fino al [[470]].
 
=== Le invasioni barbariche ===
Fu a partire dal [[IV secolo]], che Augusta Taurinorum fu spesso bersaglio di incursioni barbare, spesso costituite da truppe poste sui passi alpini; dapprima i [[Dalmati Divitensi]], questi poi contrapposti dagli eserciti di [[Costantino I]], poi i [[Sarmati]] (che lasceranno traccia in alcuni toponimi sparsi per il [[Piemonte]]), quindi da [[Goti]] e [[Alemanni|Alamanni]]<ref>http://www.museotorino.it/view/s/2ad44fbe95654daea477ed5424856aa0</ref>. All'inizio del [[V secolo]], tutto il [[Piemonte]] fu vittima di incipienti occupazioni e distruzioni, mentre Torino, nonostante le sue mura difensive, fu messa relativamente a soqquadro, soprattutto intorno al periodo [[403]]-[[406]].
 
== Il Medioevo ==
Dopo la [[caduta dell'Impero romano d'Occidente|caduta dell'Impero Romano]] ([[476]]), i [[Burgundi]], capeggiati da re [[Gundobado]], e chiamati da [[Odoacre]] in suo aiuto, nel [[490]]-[[493]] si dedicarono a vari saccheggi nel nord-Italia, nel periodo [[490]]-[[493]]. Torino era, all'epoca, distinta in quattro borghi, che prendevano il nome delle quattro porte (Praetoria, Segusina, Palatina, Marmorea), ma le varie invasioni l'ebbero parzialmente rovinata. Il Decumano fu convertito a [[Cloaca Massima|Cloaca maxima]], con un corso di acque reflue al suo centro, da cui il nome di Via Dora Grossa. Poco fuori ledalle mura, verso [[Madonna di Campagna (Torino)|Madonna di Campagna]], fu altresì allestito un [[lebbra|lebbrosario]], dove venivano depositati feriti di guerra e malati vari. Dopo il [[493]], anno della sconfitta di [[Odoacre]] da parte dell'[[ostrogoti|ostrogoto]] [[Teodorico il Grande|Teodorico]], cominciò un periodo di ricostruzione. Vittore II, terzo vescovo di Torino, insieme a [[Epifanio di Pavia|Epifanio]] ([[vescovo di Pavia]]), si recò a [[Lione]] dal re [[Gundobado]] per esigere la restituzione di molti prigionieri. La dominazione degli [[Ostrogoti]] a Torino fu breve, oltre che combattuta contro i [[Burgundi]] del re Gontrad (che aveva occupato la [[Moriana]] fino a [[Susa (Italia)|Susa]] e [[Aosta]]) per il dominio del territorio <ref>{{cita web |url=http://www.piemonteitalia.eu/piemonte-in-breve/741.html |titolo=Copia archiviata |accesso=21 dicembre 2015 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151222180540/http://www.piemonteitalia.eu/piemonte-in-breve/741.html |dataarchivio=22 dicembre 2015 }}</ref>, all'incirca nel periodo [[495]]-[[553]], anno in cui crollarono in conseguenza della [[guerra gotica (535-553)]] e Torino passò sotto l'[[Impero bizantino]]. Durante la Diocesi di [[Ursicino (vescovo di Torino)|Ursicino]] ([[562]]-[[609]]) poi, i [[Longobardi]] riuscirono ad occupare la città nel [[569]].
=== Il Ducato longobardo (569-773) ===
Durante la Diocesi di [[Ursicino (vescovo di Torino)|Ursicino]] ([[562]]-[[609]]) poi, i [[Longobardi]] riuscirono ad occupare la città nel [[569]].
=== Il Ducato longobardo ===
{{vedi anche|Ducato di Torino}}
Dal [[569]] Torino fu a capo di un [[ducati longobardi|ducato longobardo]] di confine con le terre dei [[Franchi]]. Non si conosce l'estensione esatta del ducato, ma [[Luigi Cibrario]] afferma:
{{Citazione|...ho ragione di credere che [il ducato longobardo] non fosse punto maggiore di quello del comitato. Anzi, dove il primo finiva alle Chiuse di Val di Susa, e appiè del Mombasso, la Contea di Torino saliva fino ai gioghi eccelsi dell'Iserano, del Moncenisio, del Monginevro, dappoiché Carlomagno restituiva al Regno d'Italia quelle valli alpine già occupate dai Franchi. Tra il levante e il mezzodì la Contea comprendeva il territorio del Chierese e gli altri vicini, fino ai primi colli dell'Astigiano al di là di S. Paolo e Solbrito: e Savigliano col suo territorio, confinando ai contadi d'Asti, d'Alba e di Bredulo|Luigi Cibrario, ''Storia di Torino'', libro II, capo II}}
È probabile che a questo periodo risalga la trasformazione di alcune strutture cittadine in edifici fortificati. Nel [[590]] [[Agilulfo]], [[duca di Torino]], sposò [[Teodolinda]], vedova di re [[Autari]], diventando re dagli altri ducati piemontesi. Agilulfo adattò a proprio palazzo (''Curtis ducis'') gli edifici esistenti nell'attuale piazza IV marzoMarzo che corrispondevano, forse, all'antica sede delle magistrature romane. Egli era di religione [[arianesimo|ariana]], ma subì l'influsso della moglie [[Chiesa cattolica|cattolica]], che tentava di avviare la conversione del suo popolo alla Chiesa di [[Roma]]. Fu per volere di lei che fu eretta la chiesetta dedicata san [[Giovanni Battista]], istituito santo patrono di Torino, nell'area che ospita l'attuale [[Duomo di Torino|Duomo]], area che già ospitava piccoli templi probabilmente dedicato ai martiri torinesi [[Avventore, Ottavio e Solutore]], oltre che a [[Santa Maria di Dompno]]. Altro duca longobardo di Torino, poi asceso al trono di [[Pavia]], fu [[Arioaldo]], a cui seguì una fase di continue lotte in cui la guida del ducato si intrecciò con il titolo regale. Ultimo duca di Torino a portare il titolo di re fu [[Ariperto II]] che, secondo [[Paolo Diacono]]<brref>Paolo Diacono, ''Historia longobardorum''</ref> ''regnò in pace per nove anni'' fino alla sconfitta subita da parte di [[Liutprando]] intorno al [[710]]. La presenza longobarda a Torino è documentata da varie necropoli rinvenute sia in città sia nelle aree limitrofe, nelle quali sono presenti anche testimonianze toponomastiche di numerosi insediamenti.
Altro duca longobardo di Torino, poi asceso al trono di [[Pavia]], fu [[Arioaldo]], a cui seguì una fase di continue lotte in cui la guida del ducato si intrecciò con il titolo regale. Ultimo duca di Torino a portare il titolo di re fu [[Ariperto II]] che, secondo [[Paolo Diacono]]<ref>Paolo Diacono, ''Historia longobardorum''</ref> ''regnò in pace per nove anni'' fino alla sconfitta subita da parte di [[Liutprando]] intorno al [[710]]. La presenza longobarda a Torino è documentata da varie
necropoli rinvenute sia in città che nelle aree limitrofe, nelle quali sono presenti anche testimonianze toponomastiche di numerosi insediamenti.
 
=== La dominazione dei [[Franchi]] (IX secolo) ===
Nel [[773]] l'esercito di [[Carlo Magno]], dopo aver sconfitto i longobardi, entrò in Torino, che non oppose alcuna resistenza, e insediò nella città i suoi rappresentanti comitali rendendo, di fatto, la città, una [[contado|contea]] [[Franchi|franca]], con stessa estensione territoriale del precedente [[ducato longobardo|Ducato]]. Nell'[[818]] su mandato di [[Ludovico il Pio]], divenne [[vescovo di Torino]] [[Claudio I (vescovo di Torino)|Claudio]], che si distinse tra gli [[iconoclastia|iconoclasti]] dell'epoca. Il 25 maggio dell'anno [[825]] l'imperatore [[Lotario I]] promulga il [[capitolare]] di [[Palazzo Reale (Corteolona)|Corteolona]]<ref>HLOTARII, ''Constitutiones Olonnenses. A. 825'', in ''[[Monumenta Germaniae Historica]]'', Leges, II, pp. 248-250</ref><ref>[[Ludovico Antonio Muratori]], ''Rerum Italicarum Scriptores'', parte II, tomo I, p. 151</ref> che costituì le scuole imperiali, oltre a [[Università degli Studi di Pavia|Pavia]] capitale del [[Regno d'Italia]], anche Torino ebbe la scuola di [[diritto]], di [[retorica]] e [[arti liberali]], ereditando la tradizione della scuola di diritto, fondata dall'imperatore romano [[Teodosio I]]; dalla sede di Torino dipendevano anche gli studenti di Ventimiglia, Albenga, Vado, Alba<ref>[[Prospero Balbo]], [https://books.google.it/books?id=yYrRimcxnmsC&pg=RA1-PA213&lpg=RA1-PA213&dq=dungallo+bobbio+direttore+scuola+di+pavia&source=bl&ots=2wr7hcZOfQ&sig=ACfU3U390-vREgmJJ-UCuQUZDLtvvoolWg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjI8NPRqMLmAhWH-qQKHYuCB34Q6AEwAHoECAUQAQ#v=onepage&q=dungallo%20bobbio%20direttore%20scuola%20di%20pavia&f=false ''Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino''], Torino 1825, pag.211-213</ref><ref>[https://books.google.it/books?id=OQBYAAAAcAAJ&pg=PA136&lpg=PA136&dq=universit%C3%A0+di+pavia+scuola+lotario+scuole+milano+genova+como&source=bl&ots=zLNOu5Z3vg&sig=ACfU3U2fHq3VOLo7KcZb2L1OlRdmGfmm3A&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwj9nbDZ_vbmAhWJEBQKHYPYDH4Q6AEwA3oECAgQAQ#v=onepage&q=universit%C3%A0%20di%20pavia%20scuola%20lotario%20scuole%20milano%20genova%20como&f=false T. De Partouneaux, ''Storia della conquista di Lombardia fatta da Carlo Magno e delle cagioni che mutarono nell'alta Italia sotto Ottone il Grande - La dominazione francese in dominazione germanica'', Milano, 1842, Epoca prima, Libro II, Capitolo IV, pag. 136]</ref>. Già nell'[[888]], la cittadina non fu più sotto il diretto dominio dei [[Carolingi]], poiché deposto il regno di [[Carlo il Grosso]]<ref>http://www.museotorino.it/site/exhibitions/history/room/10</ref>. La città quindi, per un breve periodo, dovette dipendere da signori di altre dinastie marchionali, di fatto appartenenti alla vicina [[Marca d'Ivrea|Ivrea]], come [[Anscario I]] e [[Anscario II|II]] e [[Adalberto I d'Ivrea|Adalberto I]]. Soltanto l'abate Ugo di Novalesa, uno dei figli di [[Carlo Magno]], ebbe un parziale potere su Torino, quando, nel [[906]], dall'[[Abbazia di Novalesa]], fece traslare le reliquie di San Valerico presso la Chiesa di Sant'Andrea (il futuro [[Santuario della Consolata]]), per difenderle dai trafugamenti dei saraceni, da lì a poco in arrivo.
Nel [[773]] [[Carlo Magno]], dopo aver sconfitto i longobardi, entrò in Torino, che non oppose alcuna resistenza, ed insediò nella città i suoi rappresentati comitali rendendo, di fatto, la città, una [[contado|contea]] [[Franchi|franca]] con stessa estensione territoriale del precedente [[ducato longobardo|ducato]].<br />
 
Nell'[[818]] divenne [[vescovo di Torino]], su mandato di [[Ludovico il Pio]], [[Claudio]], che si distinse tra gli [[iconoclastia|iconoclasti]] dell'epoca. Tra i conti che governarono Torino in questi anni si annovera anche [[Ugo di Spoleto]] nell'[[889]].
=== La Marca di Torino (940-1091) ===
{{vedi anche|Marca di Torino}}
Nel [[940]], il conte [[ArduinoUgo ildi GlabroProvenza]] vennegià investitocinto dacome [[Ugore di Provenzad'Italia]], che cinse la corona diinvestì [[reArduino d'Italiail Glabro]], del titolo di [[conte di Torino]]. Quando, pochi anni dopo, [[Berengario II d'Ivrea|Berengario II]] strappò il trono aal suddetto Ugo, misecontinuò, di fatto, a riconoscere [[Arduino il Glabro]] a capo dell'appena costituitadella [[Marca di Torino]], una realtà feudale appena costituita che riuniva, oltre aalla Torinocittadina, numerosi comitati franchi, quali, ad esempio, [[Contea di Asti (età altomedievale)|Asti]], [[Alba (Italiacomune italiano)|Alba]], Albentimillio ([[Ventimiglia]]) e [[Albenga]]. LaTuttavia, nuovail realtànuovo feudalefeudo non poseriuscì laa cittàporsi al riparo dalle alloranumerose incursioni sia [[saracene]] chee/o [[Magiari|ungare]]; secondo un cronista ungherese, nel [[954]], sia Torino chesia Susa furono saccheggiate da questi quest'ultimi. Di contro, le scorrerie [[saraceni|saracene]] pressoprovenienti dal Piemonte meridionale e orientale (ad esempio, [[Frassineto]], la [[Costa Azzurra]] e [[abbazia di Novalesa|Novalesa]]), spinsero molti a trovar rifugio sia a Torino esia a [[Breme]]. IPer esempio, i marchesi [[arduinici]] invece trovarono rifugio fortificandosi nell'alloranella Porta Praetoria, sul lato orientale della cittàFibellona. AdDopo [[Arduino il Glabro]], successesuccedette quindiil marchese [[Mangifredo]] che, intorno al [[1000]], trasmise il titolo a suo figlio [[Olderico Manfredi II|Olderico Manfredi]], suo figlio. Quest'ultimo, nel [[1035]] morì lasciando solamente tre figlie, la maggiore delle quali, [[Adelaide di Susa]], divenne, di fatto, l'erede delladi tutta la Marca torinese. Tuttavia, quando quest'ultima morì nel [[1091]], la Marca perse la capacità di coesione geopolitica, sfaldandosi rapidamente; il potere quindi, ritornò nuovamente in mano alla Diocesi del [[Guiberto I (vescovo di Torino)|vescovo Guiberto]].
 
==== I Savoia ====
=== I Savoia (XI secolo) ===
Poco dopo la morte di suo padre, [[Adelaide di Susa]] sposò [[Ermanno duca di Svevia|Ermanno di Svevia]], figliastro dell'imperatore [[Corrado II il Salico]], ma questi morì nel [[1038]]. Quindi si risposò nel [[1042]] con [[Enrico del Monferrato]], ma anche questo nuovo matrimonio durò poco, in quanto questi morì nel [[1045]]. Nuovo consorte di Adelaide fu quindi [[Oddone di Savoia|Oddone]] [[contea di Savoia|conte di Savoia]]-[[contea di Aosta|Aosta]] e [[Moriana]], a sua volta figlio cadetto del primo conte di [[Moriana]] [[Umberto I Biancamano]], di origini burgunde, divenuto conte anche della [[Contea di Savoia|Savoia francese]] e considerato il capostipite dei [[Casa Savoia|Savoia]].<br />
DaPoco dopo la morte di suo padre, [[Adelaide di Susa]] sposò [[Ermanno IV di Svevia|Ermanno di Svevia]], figliastro dell'imperatore [[Corrado II il Salico]], ma questi morì nel [[1038]]. Si risposò nel [[1042]] con [[Enrico del Monferrato]], ma anche questi morì nel [[1045]]. Nuovo consorte fu quindi [[Oddone di Savoia|Oddone]] [[contea di Savoia|conte di Savoia]]-[[contea di Aosta|Aosta]] e [[Moriana]], a sua volta figlio cadetto del primo conte di [[Moriana]], [[Umberto I Biancamano]], di origini burgunde, divenuto conte anche della regione della [[Contea di Savoia|Savoia francese]] nel [[1034]], e considerato il capostipite di [[Casa Savoia]]. Da Adelaide e [[Oddone di Savoia|Oddone]] nacque [[Amedeo II di Savoia|Amedeo II]], che a sua volta generò [[Umberto II di Savoia (conte)|Umberto II, detto poi "il Rinforzato"]]. [[Amedeo II di Savoia|Amedeo II]] morì relativamente giovane, e, sul finire del [[X secolo]], il territorio torinese fu minacciato sia dalle pretese ereditarie di Federico di Montbéliard e dei [[Contea d'Albon|conti di Albon]], sia dagli [[Aleramici]] di [[Bonifacio del Vasto]] e dal controllo di [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] del [[Sacro Romano Impero]]. Quando [[Umberto II di Savoia (conte)|Umberto II]] prese pieno titolo sul territorio, riuscì a difenderlo e a passare il dominio al figlio [[Amedeo III di Savoia|Amedeo III di Savoia, detto il "Crociato"]] che, nel [[1125]] ottenne il riconoscimento di Marchese, tuttavia insediandosi soltanto nel [[1131]].
 
Federico di Montbéliard e dei [[Contea d'Albon|conti di Albon]], sia dagli [[Aleramici]] di [[Bonifacio del Vasto]] e dal controllo di [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] del [[Sacro Romano Impero]].<br />
=== Basso Medioevo ===
Quando [[Umberto II di Savoia (conte)|Umberto II]] prese pieno titolo sul territorio, riuscì a difenderlo e a passare
Nel [[1148]], [[Amedeo III di Savoia]] morì a [[Nicosia]] durante la [[seconda crociata]], quando suo figlio [[Umberto III di Savoia|Umberto III (detto poi il Beato)]] era ancora bambino. Fu quindi il vescovo [[Carlo I (vescovo di Torino)|Carlo I]] a reggere temporaneamente il potere in città, con riconoscimento imperiale da parte di [[Federico Barbarossa]] nel [[1159]], e riconfermato da [[Enrico VI di Svevia]] nel [[1196]], in quale, tra l'altro, soggiornò per breve tempo in Torino. La città mantenne pressoché lo schema originale del [[castrum]], tuttavia nuove e strette vie ruppero la geometrica regolarità del [[Quadrilatero Romano|quadrilatero]]. Sorsero nuove chiese e conventi, ma senza particolari aumenti di popolazione. Sul finire del [[XII secolo]], si accentuò lo scontro con gli allora potenti comuni di [[Asti]], di [[Chieri]] e [[Testona]], in particolare negli scontri tra [[ghibellini|guelfi]], [[Sacro Romano Impero|Impero]] e [[Casa Savoia|sabaudi]]. Nel [[1193]], Torino ottenne dal vescovo il permesso di utilizzo delle fortificazioni, a difesa della città.
il dominio al figlio [[Amedeo III di Savoia|Amedeo III di Savoia, detto il "Crociato"]] che, nel [[1125]] ottenne il riconoscimento di Marchese, tuttavia insediandosi soltanto nel [[1131]].
===[[Basso Medioevo]]===
Nel [[1148]], [[Amedeo III di Savoia]] morì a [[Nicosia]] durante la [[Seconda Crociata]], quando suo figlio [[Umberto III di Savoia|Umberto III (detto poi il Beato)]] era ancora bambino. Fu quindi il vescovo [[Carlo I (vescovo di Torino)|Carlo I]] a reggere temporaneamente il potere in città, con riconoscimento imperiale da parte di [[Federico Barbarossa]] nel [[1159]], e riconfermato da [[Enrico VI di Svevia]] nel [[1196]], in quale, tra l'altro, soggiornò per breve tempo in Torino. La città mantenne pressoché lo schema originale del [[castrum]], tuttavia nuove e strette vie ruppero la geometrica regolarità del [[Quadrilatero Romano|quadrilatero]]. Sorsero nuove chiese e conventi, ma senza particolari aumenti di popolazione. Sul finire del [[XII secolo]], si accentuò lo scontro con le allora potenti Signorìe di [[Asti]], di [[Chieri]] e [[Testona]], in particolare negli scontri tra [[ghibellini|guelfi]], [[Sacro Romano Impero|Impero]] e [[Casa Savoia|sabaudi]]. Nel [[1193]], Torino ottenne dal vescovo il permesso di utilizzo delle fortificazioni, a difesa della città.
 
Nel [[1218]], alcunii contrari alle [[Riforma dell'XI secolo|riforme clericali]] si schierarono con [[Federico II di Svevia]], mentre [[Tommaso I di Savoia]] assecondò il potere vescovile diVescovo [[Giacomo di Carisio]], che però dovette cedere la Signoria di [[Storia di Chieri|Chieri]]. A difesa del [[potere temporale]] quindi, [[Papa Gregorio IX]], dopo la scomunica a [[Federico II di Svevia]], dovette inviare gli [[Angioini]] ina difesa del [[Piemonte]]. Nel [[1248]], [[Federico II di Svevia|Federico II]] cedettedovette cedere in feudo a [[Tommaso II di Savoia|Tommaso II]] (figlio di [[Tommaso I di Savoia]]) la contea torinese., Lama la cosa però non piacque ai podestà guelfi di [[Asti]], che altresì mal sopportavano il controllo sabaudo, e quindi presero quindi in ostaggio l'abate di Susa. Dunque, [[Tommaso II di Savoia|Tommaso II]] offrì loro battaglia al castello di Montebruno, frazione di [[Garzigliana]] di [[Pinerolo]]<ref>http://www.museotorino.it/resources/pdf/books/22.1/files/assets/.../page0448.pdf</ref> il 23 novembre [[1255]], dove però capitolò. Dovette quindi ritirarsi in città<ref>http://www.treccani.it/enciclopedia/{{EI|savoia-tommaso-ii-di-conte-di-fiandra_(Enciclopedia-Italiana)/fiandra|SAVOIA, Tommaso II di, conte di Fiandra|autore=Armando Tallone|anno=1936}}</ref>, ma qui fu fatto prigioniero, e Torino divenne temporaneamente [[asti]]giana, almeno fino al [[1269]], quando fu scacciato l'ultimo loro podestà, Pietro di Braida.<br />Poi, per circa sei anni, la città passò a [[Carlo I d'Angiò]], che aveva già sottratto agli astigiani [[Alba (comune italiano)|Alba]] e [[Savigliano]]. Gli [[Angioini]] furono successivamente sconfitti dall'esercito del Marchese [[Guglielmo VII del Monferrato]] nel [[1276]]. Quest'ultimo, tuttavia, ebbe dominio breve, poiché sconfitto da [[Tommaso III di Savoia]], detto "il Tommasino", nel [[1280]]. Torino ritornò quindi a essere sabauda col suo successore, [[Filippo I di Savoia]].
Poi, per circa sei anni, la città passò a [[Carlo I d'Angiò]], che aveva già sottratto agli astigiani [[Alba (Italia)|Alba]] e [[Savigliano]]. Gli [[Angioini]] furono successivamente sconfitti dall'esercito del Marchese [[Guglielmo VII del Monferrato]] nel [[1276]]. Quest'ultimo, tuttavia, ebbe dominio breve, poiché sconfitto da [[Tommaso III di Savoia]], detto "il Tommasino", nel [[1280]]. Torino ritornò quindi ad essere sabauda col suo successore, [[Filippo I di Savoia]].
 
==== IIl ramo degli [[Savoia-Acaia|Savoia-Acaja]] (XIV secolo) ====
{{Approfondimento
{{Nota
|titolo= Torino nel [[XIV secolo]]
|contenuto=Malgrado rinchiusa nell'originario tracciato romano, la città fu importante punto di incontro commerciale. L'attraversamento del fiume [[Po]] dalla Casaforte degli Acaja fu garantito da un ponte ligneo, che sostituì quello romano in pietra, ormai fatiscente. I commercianti potevano alloggiare in locande tra cui si ricordano:''il Falcone'', ''Le chiavi'', ''L'angelo'', ''Il leon d'oro''. Per poveri e pellegrini delle [[Vie romee]], sorsero i primi piccoli ospizi e ospedali; fra i più antichi quello di San Giovanni, fuori città, presso l'[[Barca (Torino)|Abbadia di Stura]]-[[Barca (Torino)|Barca]], fondato da San Giacomo di Stura nel [[1146]] <ref>http://www.museotorino.it/view/s/b9340c48d4df429c877e0c43f33774b0</ref>. Tra la Dora e la Stura vi era l'ospedale di San Lazzaro riservato ai lebbrosi. Poco fuori ladalla porta di Palazzo sorgeva l'ospedale di San Biagio.<br />
I [[Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro|Cavalieri del Santo Sepolcro]] possedevano una loro ''mansio'', per accogliere i pellegrini, circa due chilometri fuori da porta Segusina, mentre i [[Cavalieri templari]] avevano una loro casa presso il ponte di Testona. Oltre alle porte ''storiche'', nelle mura furono aperte anche altre porte ''minori'' (anche in epoca romana si suppone che vi fossero pusterle in corrispondenza delle torri lungo le mura).
}}
[[File:Palazzo madama retro.jpg|upright=1.6|200px|miniatura|leftsinistra|La Casaforte degli Acaia]]
La [[Quarta crociata]] ad [[Atene]] e [[Costantinopoli]] ([[1202]]-[[1204]]) diede alcuni poteri sovrani a molti nobili europei, tra i quali spiccò il [[Principato d'Acaia]] (o Acaja, indicando come [[Acaia (regione storica)|"Acaia"]] la regione storica dell'antica Grecia), poi ereditato da [[Isabella di Villehardouin]], per volere del suocero [[Carlo II di Napoli|Carlo II d'Angiò di Napoli]]; questa rimase però vedova, e si risposò con [[Filippo I di Savoia-Acaia|Filippo I]] nel [[1301]], figlio di [[Tommaso III di Savoia|"Tommasino" di Savoia]], dando così origine al [[ramo cadetto]] dei [[Savoia-Acaia]].<br />[[Tommaso III di Savoia]] si distinse per aver obbligato alla resa le mire espansionistiche di [[Guglielmo VII del Monferrato]], quest'ultimo fatto prigioniero dalla truppe sabaude nel [[1280]], come ci racconta il [[Luigi Cibrario|Cibrario]]:
[[Tommaso III di Savoia]] si distinse per aver obbligato alla resa le mire espansionistiche di [[Guglielmo VII del Monferrato]], quest'ultimo fatto prigioniero dalla truppe sabaude nel [[1280]], come ci racconta il [[Luigi Cibrario|Cibrario]]:
{{Citazione|La convenzione stipulata il 21 di giugno ordinava: Guglielmo rendesse a Tommaso la città di Torino colla casa forte che v'avea edificata, e colla bastia del Ponte di Po, Collegno e Grugliasco [...] Promise ancora Guglielmo di non impedire a Tommaso la signoria di Cavoretto, Montosolo ed Alpignano, né degli altri luoghi posseduti dai Torinesi|Luigi Cibrario, ''Storia di Torino'', libro IV, capo I}}
Assunti i pieni poteri su Torino, il figlio [[Filippo I di Savoia-Acaia]] invece, si occupò di rinforzare ulteriormente la [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Casaforte]] di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]], nel periodo [[1317]]-[[1320]]<ref>{{Cita web |url=http://www.visitatorino.com/castello_acaia.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=23 dicembre 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160309164022/http://www.visitatorino.com/castello_acaia.htm |dataarchivio=9 marzo 2016 |urlmorto=sì }}</ref>, mentre gran parte della potestà del Principato fu sposata temporaneamente a [[Pinerolo]]. Alla morte di [[Filippo I di Savoia-Acaia]] nel settembre [[1334]], una congiura capeggiata da [[Azzone Visconti]] di [[Milano]] alimentò le dispute per il dominio su Torino, ambìta - già da anni - sia dal potente Marchesato di Saluzzo ([[Federico I di Saluzzo|Federico I]]) sia del Monferrato ([[Teodoro I del Monferrato|Teodoro I]]), ma le incursioni furono brillantemente sventate dai militari. In questo periodo, la politica dei [[Savoia-Acaia|Savoia-Acaja]] fu tesa a ottenere l'infeudamento torinese direttamente dal [[Imperatore del Sacro Romano Impero|Sacro Romano Impero]]. Nel [[1359]], [[Amedeo VI di Savoia]], detto il [[Amedeo VI di Savoia|Conte Verde]], difese militarmente Torino e alcuni territori [[piemonte]]si, unendoli in un unico Principato<ref>Il termine Piemonte, che inizia ad essere usato in questo periodo, indica, non tutta l'attuale regione, ma le terre dipendenti da Torino ossia [[Aosta]] e la sua valle, Ivrea e le terre circostanti, Pinerolo, Susa, le valli alpine, [[Cuneo]] e la zona del [[Colle di Tenda]]</ref>, oltre che a distinguersi in varie campagne in varie parti d'Italia e in Oriente. Nel [[1362]] Torino venne restituita, dietro nuovi giuramenti di fedeltà, al figlio di Filippo, [[Giacomo di Savoia-Acaia]], succeduto nel frattempo al padre, mentre il [[Amedeo VI di Savoia|Conte Verde]] si preoccupò di riformulare gli Statuti cittadini.<ref>Gli Statuti del 1360 sono noti come ''Codice della catena'' a seguito delle catene che, fissate alle copertine, ne impedivano l'asportazione essendo questi posizionati in modo da essere liberamente consultabili</ref>. La [[Pace di Torino (1381)|pace di Torino del 1381]] inoltre, ristabilì gli accordi politici tra la [[repubblica di Genova]], di quella di [[repubblica di Venezia|Venezia]], dei [[Visconti]] di Milano e del [[re d'Ungheria]].
Assunti i pieni poteri su Torino, il figlio [[Filippo I di Savoia-Acaia]] invece, si occupò di rinforzare ulteriormente la [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Casaforte]] di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]], nel periodo [[1317]]-[[1320]] <ref>http://www.visitatorino.com/castello_acaia.htm</ref>, mentre gran parte della potestà del Principato fu sposata temporaneamente a [[Pinerolo]].<br />
{{Approfondimento
Alla morte di [[Filippo I di Savoia-Acaia]] nel settembre [[1334]], una congiura capeggiata da [[Azzone Visconti]] di [[Milano]] alimentò le dispute per il dominio su Torino, ambìta - già da anni - sia dal potente Marchesato di Saluzzo ([[Federico I di Saluzzo|Federico I]]) che del Monferrato ([[Teodoro I del Monferrato|Teodoro I]]), ma le incursioni furono brillantemente sventate dai militari.<br />
In questo periodo, la politica dei [[Savoia-Acaia|Savoia-Acaja]] fu tesa a ottenere l'infeudamento torinese direttamente dal [[Imperatore del Sacro Romano Impero|Sacro Romano Impero]]. Nel [[1359]], [[Amedeo VI di Savoia]], detto il [[Amedeo VI di Savoia|Conte Verde]], difese militarmente Torino e alcuni territori [[piemonte]]si, unendoli in un unico Principato <ref>Il termine Piemonte, che inizia ad essere usato in questo periodo, indica, non tutta l'attuale regione, ma le terre dipendenti da Torino ossia [[Aosta]] e la sua valle, Ivrea e le terre circostanti, Pinerolo, Susa, le valli alpine, [[Cuneo]] e la zona del [[Colle di Tenda]]</ref>, oltre che a distinguersi in varie campagne in varie parti d'Italia e in Oriente. Nel [[1362]] Torino venne restituita, dietro nuovi giuramenti di fedeltà, al figlio di Filippo, [[Giacomo di Savoia-Acaia]], succeduto nel frattempo al padre, mentre il [[Amedeo VI di Savoia|Conte Verde]] si preoccupò di riformulare gli Statuti cittadini.<ref>Gli Statuti del 1360 sono noti come ''Codice della catena'' a seguito delle catene che, fissate alle copertine, ne impedivano l'asportazione essendo questi posizionati in modo da essere liberamente consultabili</ref>. La [[Pace di Torino (1381)|pace di Torino del 1381]] inoltre, ristabilì gli accordi politici tra la [[repubblica di Genova]], di quella di [[repubblica di Venezia|Venezia]], dei [[Visconti]] di Milano e del [[re d'Ungheria]].<br />
{{Nota
|titolo= L'Università di Torino
|contenuto = Nel [[1404]], [[Ludovico di Savoia-Acaia|Ludovico]] decise di istituire il primo "Studio in diritto civile e canonico e nelle scienze, a vantaggio ed onore della città di Torino", in cui s'insediarono due legisti e due medici stipendiati dal comune. L'anno dopo, [[papa Benedetto XIII]] ufficializzò lo Studio, mentre nel [[1412]] giunse anche il diploma imperiale che accorpava anche le dottrine [[teologia|teologiche]], il diritto civile e canonico, filosofia naturale e morale, medicina e arti liberali. Nel [[1421]], a causa di un'epidemia, il corpo di Studio fu temporaneamente trasferito a [[Chieri]] e, nel [[1434]]-[[1436]], a [[Savigliano]]. Alla fine del [[XV secolo]], lo Studio contava già 25 professori, ma fu solo grazie a [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] che, nel [[XVII secolo]], si sviluppò maggiormente.
{{vedi anche|Storia dell'universitàUniversità degli Studi di Torino}}
}}
Nel [[1418]] [[Ludovico di Savoia-Acaia|Ludovico]], ultimo discendente dei [[Savoia-Acaia]], morì senza eredi e Torino tornò sotto dominio diretto di Amedeo VIII che, nel [[1416]], ottenne dall'imperatore [[Sigismondo di Lussemburgo|Sigismondo]] la trasformazione del titolo comitale in Ducato.
 
==== Il Ducato di Savoia (1418) ====
{{vedi anche|Ducato di Savoia}}
[[File:Torino-duomo.jpg|sinistra|miniatura|200 px|L'attuale facciata del [[duomo di Torino|Duomo]] è [[Architettura rinascimentale|rinascimentale]] ([[1505]])]]
[[File:Grandi Casate Italiane nel 1499.png|upright=1.4|miniatura|200 px||L'Italia nel 1499]]
Nel periodo [[1418]]-[[1424]], [[Amedeo VIII di Savoia]] cominciò ad appoggiare la riconquista degli Acaia di alcuni territori piemontesi sottratti dal [[Marchesato del Monferrato]], tuttavia con una certa flemma, da cui il titolo di duca ''Pacifico''. L'accorpamento di tali territori, fecero di lui unoun fine stratega politico, soprattutto quando riportò l'antico titolo dei [[Casa Savoia|Savoia]] al prestigioso rango di "[[Principe di Piemonte|Principi di Piemonte]]", sebbene, geograficamente, a capo di un Ducato.<br />L'opera di unificazione amministrativa terminò con l'alternanza di un consiglio ducale, di fatto, con capitale francese a [[Chambéry]] in [[Savoia (regione storica)|Savoia]], più un consiglio ducale ''cismontano'', con sede a Torino. Nel [[1453]], sotto il duca [[Ludovico di Savoia|Ludovico]] è da ricordare il [[Miracolo eucaristico di Torino]], in seguito al quale venne eretta la cappella dell'attuale [[Basilica del Corpus Domini (Torino)|Basilica del Corpus Domini]]. Nel [[1472]] venne aperta in Torino la prima stamperia e, nel [[1495]], fu pubblicato il primo testo in volgare, ''Fior di vita''. L'edificio di rilievo di questo periodo rimane l'odierna facciata del [[Duomo di Torino|Duomo]], costruita nel [[1491]]-[[1505]], sulle rovine delle antiche chiese di San Salvatore, Santa Maria di Dompno e San Giovanni Battista. Nel [[1472]], morì [[Amedeo IX di Savoia|Amedeo IX]], lasciando il Ducato a sua moglie, la [[Iolanda di Valois|Duchessa Iolanda]], che dimorò nel [[Castello di Moncalieri]]. Questa morì però soltanto sei anni dopo, lasciando la reggenza al figlio [[Filiberto I di Savoia|Filiberto I]], tuttavia ancora bambino. Questo contesto aprì una fase di forte instabilità politica e di varie lotte dinastiche, interrotte, anche se per breve tempo, nel [[1496]], dal duca [[Filippo II di Savoia|Filippo di Bresse]] detto il ''senzaterra''.
L'opera di unificazione amministrativa terminò con l'alternanza di un consiglio ducale, di fatto, con capitale francese a [[Chambery]] in [[Savoia]], più un consiglio ducale secondario, detto "cismontano", a Torino.
 
Nel [[1453]], sotto il duca [[Ludovico di Savoia|Ludovico]] è da ricordare il [[Miracolo eucaristico di Torino]], in seguito al quale venne eretta la cappella dell'attuale [[Basilica del Corpus Domini]]. Nel [[1472]] venne aperta in Torino la prima stamperia e, nel [[1495]], fu pubblicato il primo testo in volgare, ''Fior di vita''. L'edificio di rilievo di questo periodo rimane l'odierna facciata del
[[Duomo di Torino|Duomo]], costruita nel [[1491]]-[[1505]], sulle rovine delle antiche chiese di San Salvatore, Santa Maria di Dompno e San Giovanni Battista. Nel [[1472]], morì [[Amedeo IX di Savoia|Amedeo IX]], lasciando il Ducato in eredità al figlio [[Filiberto I di Savoia|Filiberto I]], tuttavia ancora bambino. Questo aprì una fase di forte instabilità politica e varie lotte dinastiche, interrotte, anche se per breve tempo, nel [[1496]], dal duca [[Filippo II di Savoia|Filippo di Bresse]] detto il ''senzaterra''.<br />
Nel [[1510]] e nel [[1522]] poi, Torino fu colpita da epidemie di [[peste]] che impoverirono la città. A risollevare le sue sorti non bastò, nel [[1515]], l'elevazione della stessa a sede arcivescovile, in modo da non annetterla alla Diocesi del [[Marchesato di Saluzzo]], all'epoca alleato dei francesi.
 
== L'età moderna ==
Il [[XVI secolo]] torinese si aprì con la costruzione ([[1501]]) e l'inaugurazione ([[1505]]) del nuovo [[Duomo di Torino|Duomo]], voluto fortemente dal duca [[Filiberto II di Savoia|Filiberto II]] e dal vescovo [[Giovanni Ludovico Della Rovere|Della Rovere]]. Nel [[1510]] e, successivamente, nel [[1522]], Torino fu poi colpita dalla [[peste]], che impoverì temporaneamente la città. A risollevare le sue sorti non bastò, nel [[1515]], l'elevazione della stessa a sede arcivescovile, in modo da non annetterla alla Diocesi del [[Marchesato di Saluzzo]], all'epoca alleato dei francesi.
=== L'occupazione francese del [[1536]]-[[1562]] ===
[[File:Torino=== nel 1550.png|miniatura|sinistra|170px|Torino durante lL'occupazione francese.]] (1536-1559) ===
[[File:Torino nel 1550.png|miniatura|sinistra|verticale|Torino durante l'occupazione francese del [[XVI secolo]]]]
L'imperialismo francese di [[Francesco I di Francia|Francesco I]] contro il potere di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]], a capo del [[Sacro Romano Impero]] nel [[1519]], coinvolse anche la [[Savoia]] e Torino. Per anni, i duchi sabaudi dovettero subire le scorrerie dagli eserciti di entrambe le fazioni.<br />
L'imperialismo francese di [[Francesco I di Francia|Francesco I]] contro il potere di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]], a capo del [[Sacro Romano Impero]] nel [[1519]], coinvolse anche la [[Savoia (regione storica)|Savoia]] e Torino. Negli anni immediatamente successivi, i sabaudi dovettero subire le scorrerie dagli eserciti di entrambe le fazioni. L'allora duca [[Carlo II di Savoia]] quindi, tentò di rafforzare la cinta difensiva, ancora d'epoca romana, con quattro nuovi bastioni agli angoli della città. Tuttavia, il 3 aprile [[1536]], i francesi riuscirono ada entrare in città, e Carlo II dovette riparare a [[Vercelli]]. L'occupazione francese di Torino modificò alcune sue strutture urbane; nel [[1537]], gli stessi terminarono i lavori dei bastioni, ma abbatterono completamente la porta romana Segusina, alcuni edifici di [[Borgo Po]] e di [[Borgo Dora]] e gli ultimi resti dell'anfiteatro romano. I bastioni della città vennero ricordati nell'opera [[Gargantua e Pantagruel]]:
{{Citazione|...Fra Gianni di rinforzo ai maggiordomi, scalchi, panettieri, coppieri, scudieri trincianti, tagliatori credenzieri, portò quattro orrifici pasticci così grandi che mi sovvenne dei quattro bastioni di Torino...|[[François Rabelais]], ''Gargantua e Pantaguele'', cap. 64}}
Allo scopo di integrare Torino alla Francia, nel [[1539]] venne istituito, in sostituzione del consiglio ducale, un parlamento analogo a quello delle province francesi.<br /> Dopo alterne vicende, nel [[1557]], i francesi furono sconfitti nella [[battaglia di San Quintino]] (in [[Piccardia]]), dal duca [[Emanuele Filiberto di Savoia]] detto il "Testa di Ferro", figlio di Carlo II e comandante delle truppe imperiali. Con la [[pace di Cateau-Cambrésis]] del [[1559]], i francesi dovettero restituire Torino, la Savoia e il [[Piemonte]] a quest'ultimo. Questi eventi furono poi immortalati nel [[Monumento a Emanuele Filiberto di Savoia]] in [[Piazza San Carlo]].
Dopo alterne vicende, nel [[1557]], i francesi furono sconfitti nella [[battaglia di San Quintino]] (in [[Piccardia]]), grazie, in parte, anche al duca [[Emanuele Filiberto di Savoia]] detto il "Testa di Ferro", figlio di Carlo II. Con la [[pace di Cateau-Cambrésis]] del [[1559]], i francesi dovettero restituire Torino, la [[Savoia]] ed il [[Piemonte]] a quest'ultimo. Questi eventi furono poi immortalati nel monumento detto [[Caval ëd Bronz]], in [[Piazza San Carlo]].
 
=== Torino capitale del Ducato di Savoia ===
[[File:Torino nel 1568 .png|miniatura|sinistra|170pxverticale|Torino cone la Cittadella ([[1568]])]]
Nel [[1561]], ancora prima di rientrare in città, il [[Emanuele Filiberto di Savoia|Testa di Ferro]] trasferì la capitale del Ducato da [[Chambéry]] a Torino, ordinando che tutti i documenti fossero tradotti in italiano. La sua trionfale entrata in città avvenne il 7 febbraio [[1563]] e la sua prima preoccupazione fu quella di renderla maggiormente difendibile, pertanto, su disegni dell'architetto [[Francesco Paciotto|Paciotto]] e la guida del generale Nicolis di Robilant, la nuova fortificazione pentagonale (la [[Cittadella di Torino|Cittadella]]) fu posta sul lato sud-ovest delle antiche mura romane, ed eretta nel periodo [[1564]]-[[1577]].
Nel [[1561]], ancora prima di rientrare in città, il [[Emanuele Filiberto di Savoia|Testa di Ferro]]
trasferì la capitale del Ducato da [[Chambéry]] a Torino, ordinando che tutti i documenti fossero tradotti in italiano. La trionfale entrata in città avvenne il [[7 febbraio]] [[1563]]. La sua prima preoccupazione fu quella renderla maggiormente difendibile. Con i disegni dell'architetto [[Francesco Paciotto|Paciotto]] e la guida del generale Nicolis di Robilant, la nuova fortificazione pentagonale fu posta sul lato sud-ovest delle antiche mura romane, ed eretta nel periodo [[1564]]-[[1577]].
{{vedi anche|Cittadella di Torino}}
A difesa della città, il duca affiancò anche numerose iniziative, destinate a rendere sontuosa la sua capitale. Fu progettata l'attuale pianta di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]], rimaneggiando il Castello-[[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Casaforte degli Acaja]] e progettando quello che sarà il [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Reale]]. Nei dintorni della città vennero erette, o ammodernate, varie residenze di campagna destinati allo svago [[Casa Savoia|sabaudo]], della sua corte e degli ospiti. Oltre ai lavori ai castelli di [[Castello di Mirafiori|Miraflores]], [[Lucento]] e [[Rivoli]], Emanuele Filiberto fece anche acquistare la villa della famiglia Birago posta in riva al Po, trasformandola in un castelletto circondato da un parco (da questo avranno poi origine il [[Parco del Valentino]] e l'omonimo [[Castello del Valentino|castello]]).
A difesa della città il duca affiancò anche numerose iniziative destinate a rendere maggiormente sontuosa la sua capitale. Considerando non più adatta, come residenza, la vecchia casa-forte degli Acaia venne dato inizio alla costruzione di un palazzo nell'area dietro il duomo, a fianco del palazzo del vescovo utilizzato come residenza provvisoria.
[[File:Shroudofturin1.jpg|miniatura|upright=0.5|La [[Sacra Sindone]]]]
 
Nel [[1568]], fu sviluppata anche l'area e la palazzina di [[Regio Parco]], tuttavia, con l'assedio del [[1706]] questa fu distrutta; sui resti sorse l'edificio dei Tabacchi, mentre gran parte del verde fu utilizzato nel [[1820]] per costruire il [[Cimitero monumentale di Torino|Cimitero Generale]]. Nel [[1566]] inoltre, rientrarono in città anche le Facoltà [[Università degli Studi di Torino|universitarie]], spostate temporaneamente a [[Mondovì]]. Nel [[1578]] inoltre, vi fu lo spostamento della importante reliquia della [[Sindone di Torino|Sacra Sindone]] da [[Chambéry]] a Torino, per favorire i pellegrinaggi del cardinale milanese [[Carlo Borromeo]]. L'abbattimento dei borghi fuori dalle mura da parte dei francesi, portò a un successivo ampliamento della città e della popolazione che, nel [[1570]] arrivò a circa {{formatnum:30000}} abitanti<ref>Valore calcolabile in base all'affermazione di un legato pontificio che nel [[1571]] valuta la popolazione a ''5.000 fuochi'' ossia famiglie</ref>, causando anche dei problemi di sovraffollamento. Nel [[1616]] poi, il cardinale [[Maurizio di Savoia]], figlio del duca, iniziò i lavori di costruzione della collinare [[Villa della Regina]]. Il Duca [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]] invece, si occupò della cultura, chiamando a corte letterati quali [[Torquato Tasso]], [[Gabriello Chiabrera]], [[Fulvio Testi]], [[Giovan Battista Marino]], [[Alessandro Tassoni]]. Nel [[1577]], soggiornarono brevemente a Torino anche i filosofi [[Giordano Bruno]] e [[Giovanni Botero]].
Nei dintorni della città vennero erette, o ammodernate, varie residenze di campagna destinati allo svago del duca, della corte e degli ospiti. Oltre ai lavori ai castelli di [[Lucento]] e [[Rivoli]], Emanuele Filiberto fece anche acquistare la villa della famiglia Birago posta in riva al Po trasformandola in un castelletto circondato da un parco (da questo avranno poi origine il [[Parco del Valentino]] e l'omonimo [[Castello del Valentino|castello]]).
[[File:Torino nel 1620.png|miniatura|sinistra|upright=0.8|Il primo ampliamento della città, verso sud ([[1620]])]]
 
Solo nel [[1620]], [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]] realizzò il '''primo ampliamento''' della città, che prevedeva lo sviluppo di una città moderna (la cosiddetta "Città Nuova"), territorialmente ampliata verso sud; il piano fu redatto dall'architetto militare [[Ercole Negro di Sanfront]].<ref>{{cita libro | url = https://books.google.it/books?id=KUcFKzgXbeUC&pg=PA57&dq=%22Ercole+Negro+di+Sanfront%22+piano&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjJutvTndnmAhWmM-wKHSspAoMQ6AEIKTAA#v=onepage&q=%22Ercole%20Negro%20di%20Sanfront%22%20piano&f=false | p = 57 | autore = AA.VV. | titolo = Torino e Valle d'Aosta
Nel [[1568]], con l'acquisto di alcune centinaia di ''giornate'' di terreno ebbe inizio lo sviluppo della residenza di campagna conosciuta in seguito come il ''Regio Parco'' (che verrà poi devastata durante l'assedio di Torino del 1706 venendo trasformata nella successiva Manifattura Tabacchi mentre l'area del parco verrà utilizzata, in parte, per la realizzazione del Cimitero Generale di Torino).
| editore = Touring club italiano | anno = 1996 | capitolo = Il primo ampliamento urbanistico seicentesco | accesso = 2019-12-28}}</ref> Dai sapienti progetti di [[Carlo di Castellamonte]], furono quindi realizzate la via Nuova (oggi [[via Roma (Torino)|via Roma]]), la Piazza Reale, adibita a mercato e botteghe artigiane (oggi [[Piazza San Carlo]]), fino alla nuova porta meridionale, ovvero la "[[Stazione di Torino Porta Nuova|Porta Nuova]]" (l'antico ingresso di Porta meridionale Marmorea di via Santa Teresa fu abbattuta nel [[XIV secolo]]), che doveva dare accesso al nascente borgo di [[San Salvario]] e la residenza sabauda estiva del [[Castello del Valentino]].
 
Nel [[1566]] il comune ottiene il ritorno in città dello ''Studio'' che il duca aveva inizialmente concesso alla cittadina di [[Mondovì]] e nel [[1578]] Torino è meta di imponenti pellegrinaggi in seguito al trasferimento della [[Sindone di Torino|Sindone]], trasferimento voluto da Emanuele Filiberto per favorire il cardinale [[Carlo Borromeo]] che aveva espresso il desiderio di poter venerare la reliquia, da Chambéry.
[[File:Shroudofturin1.jpg|miniatura|200px|La [[Sacra Sindone]] fu trasferita da [[Chambéry]] a Torino nel [[1578]]]]
L'abbattimento dei borghi fuori dalle mura ad opera degli occupanti francesi aveva portato ad un notevole aumento della popolazione cittadina che intorno al 1570 giunse, forse, alle 30.000 unità<ref>Valore calcolabile in base all'affermazione di un legato pontificio che nel [[1571]] valuta la popolazione a ''5.000 fuochi'' ossia famiglie</ref>, causando problemi di sovraffollamento che portarono ad utilizzare tutte le aree edificabili (nel Medioevo la città era ricca di orti).
 
Oltre a questo si pose anche il problema di dove erigere i palazzi che il ruolo di capitale del ducato richiedeva e quindi negli ultimi anni del [[XVI secolo]] vennero realizzati vari progetti di ampliamento ma la costante carenza di fondi unita ad un'epidemia scoppiata nel 1599 ed allo stato quasi permanente di guerra in cui si trova il ducato costrinse [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]], successo al padre nel [[1580]], a rinviare l'espansione cittadina.
 
Vennero comunque realizzate opere minori volte a migliorare la qualità della vita degli abitanti e ad abbellire la città stessa come la pavimentazione delle strade e la copertura di una parte dei canali che svolgevano il ruolo di fogne a cielo aperto. Nel [[1608]], su progetto di [[Ascanio Vittozzi]] vennero realizzati i portici della parte più antica di piazza Castello, mentre nel [[1604]] venne eretta la chiesa del [[Basilica del Corpus Domini|Corpus Domini]].
 
Nell'ambito delle costruzioni sacre è da ricordare la costruzione del [[Monte dei Cappuccini|Convento dei cappuccini]] sulla collina prospiciente il Po e l'erezione, per soddisfare il voto fatto in occasione dell'epidemia del 1599, dell'[[Eremo dei Camaldolesi (Torino)|Eremo dei Camaldolesi]].
 
Anche l'architettura ''mondana'', oltre a quella sacra, produsse notevoli opere soprattutto nelle vicinanze della città. Nel [[1586]] il duca Carlo Emanuele fece iniziare i lavori di costruzione della residenza conosciuta come [[Castello di Mirafiori|Castello di Miraflores]] (nell'attuale quartiere di [[Mirafiori Sud]]) su progetto dell'architetto [[Carlo di Castellamonte]]. L'opera venne realizzata solamente in parte e, come altre residenze sabaude limitrofe alla città, andò distrutta all'inizio del [[XVIII secolo]] durante la guerra contro la Francia.
 
Nel [[1616]] il cardinale [[Maurizio di Savoia]], figlio del duca, iniziò i lavori di costruzione, ai piedi della [[Colline del Po|collina torinese]], di quella che sarebbe poi diventata nota come [[Villa della Regina]].
[[File:Torino nel 1620.png|miniatura|Pianta di Torino dopo il 1º ampliamento]]
[[File:Lato piazza San Carlo Torino.JPG|sinistra|miniatura|Gli eleganti portici di piazza San Carlo, fulcro della prima espansione della città]]
Solo nel [[1620]] Carlo Emanuele I poté dare inizio ai lavori di ampliamento della città.
La scelta cadde sul progetto realizzato da Carlo di Castellamonte, progetto che prevedeva lo sviluppo della ''città moderna'' intorno ad una grande piazza centrale (attuale [[piazza San Carlo]]), con ruolo di mercato, dotata di portici per accogliere le botteghe artigiane e con le vie che mantenevano la struttura a scacchiera del reticolo viario.
 
Anche la cinta difensiva subì alcune modifiche legate soprattutto allo spostamento delle porte: l'espansione della città comportò l'abbattimento della porta detta Marmorea che fu sostituita dalla Porta Nuova al termine della omonima via (attuale [[Via Roma (Torino)|via Roma]]); la porta verso Susa venne spostata in prossimità di un bastione della cinta muraria mentre l'antica porta Segusina era già scomparsa nel [[1585]]; anche le Porte Palatine persero la loro funzione viaria e la Porta di Palazzo venne spostata tra i due bastioni eretti sul lato nord della cinta.
 
Carlo Emanuele I si occupò anche della cultura, e volle alla sua corte uomini di lettere, quali [[Torquato Tasso]], [[Gabriello Chiabrera]], [[Fulvio Testi]], [[Giovan Battista Marino]], [[Alessandro Tassoni]]: il duca stesso, uomo colto e raffinato (suo precettore era stato [[Giovanni Botero]]), si cimentava in poesia.
 
===La [[peste]]===
Nel [[1630]], scoppiò una violentissima epidemia di peste, che decimò la città. L'epidemia fu ben peggiore di quella che colpì la città nel [[1599]]; nei giorni peggiori si raggiunsero, a detta dei cronisti dell'epoca, anche i 200 decessi al giorno. I moribondi furono ospitati nei lazzaretti di [[Borgo Dora]] e [[Madonna di Campagna (Torino)|Madonna di Campagna]], mentre la Corte si trasferì a [[Cherasco]], lasciando la città in mano al sindaco [[Giovanni Francesco Bellezia]], che si distinse per i soccorsi ai malati. L'[[peste|epidemia]] terminò soltanto l'anno dopo, mentre l'instabilità politica sfociò in una [[Guerra civile piemontese|guerra civile]], che coinvolse i fedeli a [[Cristina di Borbone-Francia|Madama Cristina di Borbone-Francia]] contro i fedeli al [[Tommaso Francesco di Savoia|principe di Carignano]] e al cardinale Maurizio, entrambi alleati della [[Spagna]].
==== La guerra civile ====
[[File:Historia di Torino e li stati di Casa Savoia.JPG|sinistra|miniatura|Frontespizio del volume di [[Giovanni Andrea Pauletti]] del [[1676]] dedicato alla Storia di Torino e degli Stati della Casa Savoia]]
Nel [[1637]] morì, a Vercelli, il duca [[Vittorio Amedeo I di Savoia|Vittorio Amedeo I]] lasciando lo stato al figlio [[Francesco Giacinto di Savoia|Francesco Giacinto]], di pochi anni; la reggenza assunta da [[Cristina di Borbone-Francia]], consorte del defunto duca e sorella del re di Francia, venne contestata dai fratelli del duca scomparso: i principi [[Maurizio di Savoia|Maurizio]] e [[Tommaso Francesco di Savoia|Tomaso]].
 
Questi ultimi temendo un ulteriore spostamento della politica del ducato nella sfera d'influenza francese chiesero la creazione di un consiglio di reggenza, proposta che la reggente, detta ''Madama Reale'' rifiutò. In breve lo scontro all'interno della famiglia sabauda diventò scontro tra Francia e Spagna per il controllo di Savoia e Piemonte.
 
Il confronto divenne in breve tempo militare ed il 27 luglio 1639 i ''principisti'' appoggiati da truppe al servizio della Spagna conquistano Torino senza però riuscire ad entrare nella cittadella, presidiata da truppe francesi. Dalla cittadella partirono spari e bordate verso la città, che subì danni abbastanza consistenti, dai bastioni venne lanciato un cannoneggiamento sulla cittadella mentre a partire dal maggio 1640 un esercito francese assediò la città minacciato a sua volta dall'esercito spagnolo.
 
Questa situazione di doppio assedio viene citata nel romanzo di [[Victor Hugo]] ''[[Notre-Dame de Paris (Victor Hugo)|Notre-Dame de Paris]]'':
{{Citazione| ''... e che Quasimodo difendeva, allo stesso tempo assedianti e assediati, si trovavano nella singolare situazione nella quale si ritrovò poi, durante il famoso assedio di Torino del 1640, tra il principe Tommaso di Savoia che assediava e il [[Diego Felipe de Guzmán|marchese di Leganez]] che lo bloccava, Henri d'Harcourt, Taurinum obsessor idem et obsessus, come recita il suo epitaffio.'' Libro X, Capitolo VII.}}
Nel settembre dello stesso anno la situazione si risolse: i principi Maurizio e Tomaso lasciarono la città con le loro truppe e nel [[1642]] si giunse ad un accordo definitivo tra i contendenti, accordo che vide la reggente, Madama Reale, ben salda al potere, posizione che mantenne fino alla morte anche dopo che il duca [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]], successo al fratello morto in tenera età, giunse alla maturità.
{{vedi anche|Guerra civile piemontese}}===
 
=== La città si espande ===
[[File:Torino nel 1673.png|upright=1.6|miniatura|Mappa del secondo ampliamento.]]
Nonostante l'alta mortalità dovuta alla [[peste]], i danni causati dalla guerra civile ed il continuo stato di guerra che caratterizzò la seconda metà del XVII secolo Torino aumentò la sua popolazione: dai 36.649 abitanti del [[1631]] ai 43.866 del [[1702]].
 
Gli imponenti lavori di fortificazione e l'erezione, da parte della nobiltà, di palazzi e residenze comportarono l'afflusso in città di manodopera sia generica, come sterratori, muratori, carpentieri, sia maggiormente specializzata, come decoratori e tappezzieri.
 
Tra gli edifici di maggior rilievo realizzati nella seconda metà del XVII secolo: il nuovo [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Ducale]] (architetto [[Amedeo di Castellamonte]] [[1658]]), la [[Cappella della Sacra Sindone]] (architetto [[Guarino Guarini|Guarini]], [[1666]]), la Real Chiesa di San Lorenzo (Guarini 1667-1680)
 
il [[Palazzo Carignano]] (Guarini 1680), il [[Palazzo Barolo]] (Baroncelli), il nuovo Palazzo di Città (Lanfranchi), l'Arsenale (Amedeo di Castellamonte), la ricostruzione della manica che collegava il palazzo ducale con il castello andata distrutta da un incendio nel [[1657]], i [[Giardini Reali di Torino|Giardini del palazzo]] (1697).
[[File:Palazzocarignano.JPG|sinistra|miniatura|[[Palazzo Carignano]], progettato dal Guarini, è uno dei più celebri monumenti della Torino barocca]]
Anche il circondario della città vide l'edificazione, o il restauro, di nuove ville e palazzi: nel 1660 fu completato, nella forma che mantiene tuttora, il [[Castello del Valentino]] e nel 1661 Amedeo di Castellamonte iniziò i lavori della [[Reggia di Venaria Reale]]
 
Per sopperire alla necessità di spazio edificabile si abbatterono le mura romane e filibertiane e la stessa Porta Nuova erette nel 1620 che ancora dividevano la ''città vecchia'' dalla ''città moderna'' (primo ampliamento) e si cominciò a progettare un secondo ampliamento della cinta muraria.
 
Il 23 ottobre [[1673]] il duca Carlo Emanuele II posò la prima pietra del secondo ampliamento cittadino, che questa volta includeva dentro le mura torinesi l'area verso il fiume: non a caso, l'arteria principale della nuova sezione, detta Contrada di Po, venne battezzata, appunto, [[via Po|via di Po]]. I confini della nuova area correvano da via Accademia delle Scienze a Via San Francesco da Paola, quindi toccavano le attuali [[Piazza Cavour (Torino)|piazza Cavour]], via Maria Vittoria, [[Piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio Veneto]], congiungendosi infine con i Giardini Reali. La [[Piazza Carlo Emanuele II|piazza principale]] della nuova estensione torinese venne intitolata a Carlo Emanuele II.
 
Tra il 1660 ed il 1682 venne realizzata, per volere ducale, l'opera ''[[Theatrum Statuum Sabaudiae]]'' allo scopo di conservare e illustrare città, luoghi e monumenti di Savoia e Piemonte (una preziosa copia colorata dell'opera è conservata presso la [[Biblioteca Reale (Torino)|Biblioteca Reale]]).<br />
All'interno del nuovo ampliamento trovò anche posto tra le vie San Filippo (attuale via Maria Vittoria), Scuderie del principe di Carignano (via Bogino), via d'Angennes (via Principe Amedeo) e via San Francesco da Paola il [[ghetto]] ebraico che venne istituito nel [[1679]].
 
=== Da capitale di un ducato a capitale di un regno ===
==== L'assedio del 1706 ====
[[File:BattleofTurin.JPG|miniatura|La battaglia di Torino]]
{{vedi anche|Assedio di Torino del 1706}}
All'inizio del [[XVIII secolo]], durante la guerra di successione spagnola, Torino venne più volte minacciata dall'esercito francese che, dopo alterne vicende, stava portando scompiglio nel Piemonte sabaudo. Nel [[1705]] l'assedio venne evitato per mancanza di rinforzi francesi ma, l'anno successivo, la città venne circondata e sottoposta all'[[assedio di Torino|assedio per 117 giorni]].
 
La cittadella voluta dal duca Testa di Ferro resistette eroicamente,<ref>Nella cittadella, al comando del conte [[Wirich Philipp von Daun]], c'erano appena 5.000 unità, mentre i francesi superavano i 44.000.</ref> anche grazie all'ausilio delle note gallerie di contromina e al sacrificio di uomini quali [[Pietro Micca]], la cui morte fermò l'avanzata delle truppe nemiche nei cunicoli della Mezzaluna. Liberata infine dalle forze austro-piemontesi capitanate da [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] e suo cugino [[Eugenio di Savoia|Eugenio]], la città divenne, dopo il trattato di [[Utrecht]], seconda città del [[Regno di Sicilia]], poi scambiato, in ottemperanza del trattato di Londra del 1718, con il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]]. Inoltre, nello stesso anno, per ringraziare la Madonna per il voto fatto ed esaudito, il re fece costruire sulla collina che domina la città una chiesa che fosse visibile da ogni angolo di Torino: la [[basilica di Superga]].
 
L'antica Porta occidentale della città invece, la Segusina, già abbattuta nel [[1585]], divenne semplicemente una piazzetta (attuale [[Piazza Savoia]]). Molte le costruzioni sacre progettate in questo periodo, ad esempio il [[Santa Maria al Monte dei Cappuccini|Convento dei Cappuccini]] e l'[[Eremo dei Camaldolesi (Torino)|Eremo dei Camaldolesi]] (quest'ultimo per soddisfare il voto fatto in occasione dell'epidemia del [[1599]]).
=== Torino reale ===
{| class="wikitable" style="width: 30%; float: right;"
|- bgcolor="#efefef"
|colspan=3|Demografia di Torino nel XVIII secolo
|-
|Anno
|abitanti città
|abitanti borghi
|-
|1715
|44.906
|10.058
|-
|1725
|53.412
|10.407
|-
|1735
|59.060
|10.206
|-
|1741
|59.509
|11.517
|-
|1747
|52.000
|10.000
|-
|1750
|58000
|
|-
|1755
|61.000
|
|-
|1760
|63.000
|
|-
|1770
|66.721
|
|-
|1780
|69.894
|
|-
|1785
|71.886
|
|-
|1790
|76.505
|17.438
|-
|colspan=3|fonte: Francesco Cognasso, op. cit., pag. 332
|}
[[File:Torino terzo ampliamento.png|sinistra|upright=1.6|miniatura|Torino dopo il terzo ampliamento della cinta muraria]]
Dopo la grande paura del 1706 Torino si espanse lentamente, grazie anche all'operato di grandi architetti che ebbero il compito di rendere la città degna del Regno di Sicilia. Malgrado le continue guerre in cui fu coinvolto il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] solamente nel 1745 la città fu nuovamente minacciata direttamente dalla guerra, circostanza che causò un arresto nella crescita della popolazione.
 
{{vedi anche|Storia di Torino|Borgo Nuovo (Torino)|Piazza Savoia|Monte dei Cappuccini}}
In città, venne completato il [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Reale]], evoluzione della precedente residenza dei duchi di Savoia; piazza Castello venne completata con imponenti palazzi creati per farne il palcoscenico della vita politica. Venne anche inaugurato, nel ([[1740]]), il [[Teatro Regio (Torino)|Teatro Regio]], realizzato da [[Benedetto Alfieri]] su un progetto originale di Carlo di Castellamonte. Nel [[1752]], su un'area già destinata a spettacoli equestri e circensi venne realizzato il [[Teatro Carignano (Torino)|Teatro Carignano]] che distrutto da un incendio nel 1786 venne tosto ricostruito nella foggia che conserva tuttora.
 
=== La peste del 1630 ===
L'aumento della popolazione rese necessario l'innalzamento degli edifici cittadini che raggiunsero anche i cinque o sei piani presentando, spesso, una [[stratificazione sociale]] ''verticale'': il primo piano, detto piano nobile, ospitava l'aristocrazia mentre il piano superiore era abitato dalle famiglie borghesi; al di sopra abitavano la servitù ed i lavoratori delle botteghe e delle prime forme di industria.
[[File:Lato piazza San Carlo Torino.JPG|miniatura|sinistra|upright=0.6|Primo ampliamento di Torino: portici di P.za S. Carlo (opera di [[Carlo di Castellamonte]], [[1638]]-[[1650]] c.ca)]]
Torino dovette subire due epidemie di [[peste]], una nel [[1599]] e l'altra, ben più severa, nel [[1630]], che decimò, di fatto, la popolazione: il morbo causò, infatti, la morte di quasi un terzo dei circa {{formatnum:25000}} abitanti in poco più di un anno<ref>{{Cita web |url=https://www.museotorino.it/view/s/36f0a481b5154a1dbbbac6a214981ac6 |titolo=La peste del 1630 |sito=www.museotorino.it |lingua=it-it |accesso=2023-06-25}}</ref>. Nei giorni peggiori si raggiunsero, a detta dei cronisti dell'epoca, anche i 200 decessi al giorno. I moribondi furono ospitati nei lazzaretti di [[Borgo Dora]] e [[Madonna di Campagna (Torino)|Madonna di Campagna]], mentre la Corte si trasferì a [[Cherasco]], lasciando la città in mano al sindaco [[Giovanni Francesco Bellezia]], che si distinse per i soccorsi ai malati. Fu in questo contento che il medico torinese [[Giovanni Francesco Fiochetto]] scrisse il "''Trattato della peste, et pestifero contagio di Torino''". La città fu successivamente colpita dalla [[peste del 1656]] ma in modo più marginale, poiché colpì prevalentemente il [[Regno di Napoli]] e arrivando a lambire territorialmente solo [[Genova]].
 
=== La guerra civile (1637-1640) ===
L'organizzazione della città, divisa in quattro quartieri, si basava sui ''cantoni'' che raggruppavano, di regola, due ''isole'' ed erano gestiti da un ''capocantoniere'', scelto dai decurioni che reggevano il comune. Agli inizi del XVIII secolo si contavano 119 isole raggruppate in 60 cantoni.
Nel [[1637]] morì, a Vercelli, il duca [[Vittorio Amedeo I di Savoia|Vittorio Amedeo I]] lasciando il Ducato al figlio [[Francesco Giacinto di Savoia|Francesco Giacinto]], che però era ancora bambino. Dunque, la reggenza fu assunta dalla [[Maria Cristina di Borbone-Francia|Madama Cristina di Borbone-Francia]], vedova del defunto e sorella del re di Francia, ma la carica fu contestata dai fratelli del duca, il cardinale [[Maurizio di Savoia|Maurizio]] e il principe [[Tommaso Francesco di Savoia|Tommaso Francesco di Savoia-Carignano]]. Questi, entrambi alleati della [[Spagna]], temendo uno spostamento della politica nella sfera francese, chiesero la creazione di un consiglio di reggenza, proposta che la [[Maria Cristina di Borbone-Francia|Madama Reale]] rifiutò. Il confronto divenne, in breve tempo, militare, e il 27 luglio 1639 i ''principisti'', appoggiati dagli spagnoli, conquistarono Torino, senza però riuscire a entrare nella cittadella, presidiata dalle truppe francesi. Dalla cittadella, partirono spari e bordate verso la città, che subì danni abbastanza consistenti, mentre dai bastioni venne lanciato un cannoneggiamento sulla cittadella. A partire dal maggio [[1640]], un esercito francese assediò la città, ma fu minacciato, a sua volta, dall'esercito spagnolo. Questa situazione di "doppio assedio" viene citata nel romanzo di [[Victor Hugo]] ''[[Notre-Dame de Paris (Victor Hugo)|Notre-Dame de Paris]]'':
{{Citazione| ''... e che Quasimodo difendeva, allo stesso tempo assedianti e assediati, si trovavano nella singolare situazione nella quale si ritrovò poi, durante il famoso assedio di Torino del [[1640]], tra il principe Tommaso di Savoia che assediava e il [[Diego Felipe de Guzmán|marchese di Leganez]] che lo bloccava, Henri d'Harcourt, Taurinum obsessor idem et obsessus, come recita il suo epitaffio.'' Libro X, Capitolo VII.}}
{{vedi anche|Guerra civile piemontese}}
Nel settembre del [[1640]], la situazione si risolse: i principisti lasciarono la città e, nel [[1642]], si giunse a un accordo definitivo tra i contendenti, accordo che vide la reggente, Madama Reale, ben salda al potere, posizione che mantenne fino alla morte, anche dopo che il duca [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]], successo al fratello morto in tenera età, giunse alla maturità.
[[File:Historia di Torino e li stati di Casa Savoia.JPG|miniatura|sinistra|upright=0.6|Frontespizio del volume di [[Giovanni Andrea Pauletti]] del [[1676]] dedicato alla Storia di Torino e degli Stati della Casa Savoia]]
 
=== Torino barocca (XVII secolo) ===
Nel [[1777]] venne aperto il primo cimitero di Torino quello di San Pietro in Vincoli, fuori dalla Porta di Palazzo, quasi in riva alla Dora, segnando così l'abbandono dell'usanza delle sepolture all'interno delle chiese.
Nonostante i danni della [[peste]] e della [[guerra civile piemontese|guerra civile]], la popolazione torinese si riprese subito, aumentando da {{formatnum:36649}} abitanti del [[1631]] a 43.866 del [[1702]]. Gli imponenti lavori di fortificazione e di costruzione di eleganti palazzi e residenze [[architettura barocca|barocche]], comportarono l'afflusso in città di molta manodopera.
[[File:Palazzo Reale - Torino48052.jpg|sinistra|miniatura|Il [[Palazzo Reale di Torino]].]]
[[File:Torino nel 1673.png|upright=1.6|miniatura|Il secondo ampliamento della città, verso est ([[1673]])]]
Un esercito di artisti lavorò ai cantieri delle residenze sabaude tutto intorno alla città, residenze tra le quali si ricordano la [[Reggia di Venaria Reale]], il [[Castello di Moncalieri]], la [[Palazzina di caccia di Stupinigi]]. Oltre alle grandi residenze sabaude il territorio intorno alla città, e soprattutto la collina, ospitò quelle che erano dette ''vigne'', residenze estive delle famiglie più abbienti, sia aristocratiche che borghesi, e contemporaneamente luoghi di produzione di frutta ed ortaggi destinati alle mense dei loro proprietari.
Tra gli edifici di maggior rilievo di questo periodo, il completamento del [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Ducale]] ([[Palazzo Reale di Torino|Reale]]), da parte di [[Amedeo di Castellamonte]] nel [[1658]], inizio dei lavori al parco dei [[Giardini Reali di Torino|Giardini Reali]] sul retro ([[1697]]), la [[Cappella della Sacra Sindone]] di [[Guarino Guarini|Guarini]] del [[1666]], la nuova Real [[Chiesa di San Lorenzo (Torino)|Chiesa di San Lorenzo]] (Guarini [[1667]]-[[1680]]), [[Palazzo Carignano]] (Guarini 1680), il [[Palazzo Barolo]] (Baroncelli), il nuovo Palazzo di Città (Lanfranchi), l'Arsenale (Amedeo di Castellamonte), la ricostruzione della manica tra il Palazzo Ducale e il Castello-Casaforte (poiché fu parzialmente distrutta da un precedente incendio nel [[1657]]).
[[File:Palazzocarignano.JPG|miniatura|sinistra|verticale|[[Palazzo Carignano]], progettato dal Guarini]]
Anche fuori dalle mura della città si vide l'edificazione, o il restauro, di imponenti ville e palazzi: nel [[1660]] fu completato, nella forma che mantiene tuttora, il [[Castello del Valentino]] e, nel [[1661]], [[Amedeo di Castellamonte]] iniziò i lavori della [[Reggia di Venaria Reale]]. La forte espansione politica ed economica di [[Casa Savoia]], portò [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]] a far abbattere il primo ampliamento della città nel [[1671]], e il 23 ottobre [[1673]] posò la prima pietra del '''secondo ampliamento'''. I nuovi confini cittadini prevedevano l'espansione verso est e verso sud, con la nuova sezione, detta Contrada di Po, e la via detta [[via Po|via di Po]], quindi verso le attuali [[Piazza Cavour (Torino)|piazzetta Cavour]], via Maria Vittoria, [[Piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio Veneto]] (all'epoca Piazza d'Armi) e una [[Piazza Carlo Emanuele II|piazza principale della Contrada]], titolata allo stesso duca [[Piazza Carlo Emanuele II|Carlo Emanuele II]] (poi soprannominata, dai torinesi, "[[Piazza Carlo Emanuele II|Piazza Carlina]]"). Tra il [[1660]] e il [[1682]] venne poi realizzata, per volere ducale, l'opera ''[[Theatrum Statuum Sabaudiae]]'', allo scopo di conservare e illustrare città, luoghi e monumenti dei Savoia e del [[Piemonte]] in genere (una preziosa copia colorata dell'opera è conservata presso la [[Biblioteca Reale (Torino)|Biblioteca Reale]]). All'interno del nuovo ampliamento, trovarono anche posto le vie San Filippo (l'attuale via Maria Vittoria), le Scuderie del principe di Carignano (attuale via Bogino), via d'Angennes (via Principe Amedeo) e via San Francesco da Paola, ovvero il [[ghetto]] ebraico, istituito a partire già dal [[1679]].
 
=== Da Ducato a Regno (XVIII secolo) ===
Sempre all'esterno della città incominciarono a delinearsi alcuni dei grandi viali alberati che saranno poi tipici della città: il viale rettilineo che conduceva al castello di Rivoli (l'attuale corso Francia), quello che andava in direzione della Palazzina di Caccia di Stupinigi (l'attuale [[corso Unione Sovietica]]) e quello che conduceva al Castello del Valentino, uscendo dalla Porta Nuova (lungo le attuali via Nizza e corso Marconi)
[[File:BattleofTurin.JPG|miniatura|sinistra|Una battaglia durante l'Assedio di Torino ([[1706]])]]
{{Opera d'arte
| immagine = Canaletto (I) 055.jpg
| grandezza immagine =<!-- larghezza seguita da "px" (opzionale) -->170px
| titolo =Visuale diCantieri dei Giardini TorinoReali
| artista = [[Bernardo Bellotto]]
| data = 1745
| opera = dipinto
| tecnica = Tempera
| altezza = 127
| larghezza = 164
| città = [[Torino]]
| ubicazione = [[Galleria Sabauda]]
}}
All'inizio del [[XVIII secolo]], durante la [[guerra di successione spagnola]], Torino venne più volte minacciata dall'esercito francese. Nel [[1705]], l'assedio alla città venne evitato per mancanza di rinforzi ma, l'anno successivo, la città venne sottoposta a un lungo [[assedio di Torino|assedio, durato 117 giorni]] (14/5-7/9/1706). La cittadella resistette eroicamente,<ref>Nella cittadella, al comando del conte [[Wirich Philipp von Daun]], c'erano appena {{formatnum:5000}} unità, mentre i francesi superavano i 44.000.</ref> anche grazie alle gallerie di contromina e al sacrificio di uomini quali [[Pietro Micca]], che fermò l'avanzata dei nemici nei cunicoli della Mezzaluna. Liberata infine dalle forze austro-piemontesi di [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] e di suo cugino, il [[Eugenio di Savoia|Principe Eugenio]], dopo il trattato di [[Utrecht]] la città divenne seconda città del [[Regno di Sicilia]], poi scambiato, in ottemperanza del trattato di Londra del [[E dell'Aia del 1720, l'8 agosto 1720|1718]], col [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]].
I sovrani che si succedettero nel XVIII secolo ([[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]], [[Carlo Emanuele III di Savoia|Carlo Emanuele III]] e [[Vittorio Amedeo III di Savoia|Vittorio Amedeo III]]) fecero di Torino una città in piena crescita, anche se la produzione industriale rimase scarsa e la povertà molta. Il conservatorismo della monarchia, ritenuta assoluta, e la totale negazione di ogni principio non solo illuministico, ma anche della nascente industria, fecero del Piemonte uno stato sì potente (se paragonato al resto d'Italia), ma arretrato rispetto alle grandi potenze commerciali quali l'[[Inghilterra]].
{{vedi anche|Assedio di Torino del 1706}}
Come ringraziamento alla Madonna per la vittoria sui francesi, nel [[1715]] [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]] fece costruire sulla collina la [[Basilica di Superga]], progettata da [[Filippo Juvarra]]. La madre di Vittorio Amedeo II, [[Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours]], vedova di [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]], acquisì il titolo di ''Seconda Madama Reale'' e fu la seconda reggente ad alloggiare nel [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama]], la cui facciata fu disegnata, sempre da [[Filippo Juvarra|Juvarra]], nel periodo [[1716]]-[[1718]].
 
{{vedi anche|Trattato di Torino (1733)|Battaglia dell'Assietta}}
Ricorda [[Giovanni Andrea Pauletti]], storico secentesco: {{Citazione|In quanto alla Corte, bisogna assolutamente confessare ch'ella sia la più considerabile d'Italia, attrahendo la primaria nobiltà del Piamonte, della Sauoia e molti altri paesi remoti|Andrea Pauletti, ''Historia di Torino''}}
[[File:Torino terzo ampliamento.png|miniatura|Il terzo ampliamento della città, verso ovest ([[1715]]-[[1729]])]]
La neonata capitale del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], ebbe un periodo di splendore per tutto il secolo, tuttavia continuamente minacciata dalle mire espansionistiche di [[Luigi XV di Francia]]. Nel 1717 comincia il '''terzo ampliamento''' (1717-1729). In città, venne completato il [[Palazzo Reale di Torino|Palazzo Reale]], evoluzione della precedente residenza dei duchi di Savoia; piazza Castello venne completata con imponenti palazzi creati per farne il palcoscenico della vita politica. Venne anche inaugurato, nel ([[1740]]), il [[Teatro Regio (Torino)|Teatro Regio]], realizzato da [[Benedetto Alfieri]] su un progetto originale di Carlo di Castellamonte. Nel [[1752]], su un'area già destinata a spettacoli equestri e circensi venne realizzato il [[Teatro Carignano (Torino)|Teatro Carignano]] che, distrutto da un incendio nel [[1786]], venne ricostruito nella foggia che conserva tuttora. L'aumento della popolazione rese necessario l'innalzamento degli edifici, che raggiunsero anche i cinque-sei piani. L'organizzazione della città fu divisa in quattro quartieri ([[Cittadella di Torino|Cittadella]], [[Stazione di Torino Porta Nuova|Via Nuova]]-[[San Salvario]], [[Porta Palazzo]], [[Vanchiglia]]), a loro volta suddivisi in 60 cantoni e 119 isole. Nel [[1752]] furono terminati i [[Giardini Reali di Torino|Giardini Reali]], mentre nel [[1777]] venne aperto il primo cimitero fuori dalle mura, quello di San Pietro in Vincoli, segnando così l'abbandono dell'usanza delle sepolture all'interno delle chiese.
[[File:Torino - Palazzo Reale - 1.jpg|sinistra|miniatura|Il [[Palazzo Reale di Torino]].]]
Un esercito di artisti lavorò ai cantieri delle residenze sabaude fuori città, come la già iniziata [[Reggia di Venaria Reale]], quindi il [[Castello di Moncalieri]], poi la [[Palazzina di caccia di Stupinigi]]. Oltre alle grandi residenze sabaude, il territorio intorno alla città, e soprattutto la collina, ospitò quelle che erano dette ''vigne'', residenze estive delle famiglie più abbienti, sia aristocratiche sia borghesi, e contemporaneamente luoghi di produzione di frutta e ortaggi destinati alle mense dei loro proprietari. Sempre all'esterno, si delinearono alcuni dei grandi viali alberati tipici della città, come quello che conduceva al castello di Rivoli (l'attuale corso Francia), quello che andava in direzione della Palazzina di Caccia di Stupinigi (l'attuale [[corso Unione Sovietica]]) e quello che conduceva al Castello del Valentino (l'attuale corso Marconi).
 
I sovrani [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]], [[Carlo Emanuele III di Savoia|Carlo Emanuele III]] e [[Vittorio Amedeo III di Savoia|Vittorio Amedeo III]] seppero far crescere la città, tuttavia le classi popolari restarono povere. Nel [[1783]], nacque ufficialmente l'[[Accademia delle Scienze di Torino|Accademia delle Scienze]], che diventerà il centro culturale dei maggiori scienziati europei, tra cui i primi furono [[Joseph-Louis Lagrange]] e [[Giovanni Battista Beccaria]]. Altri personaggi di spicco di questo periodo, furono il tipografo [[Giambattista Bodoni]], il drammaturgo [[Vittorio Alfieri]], il politico e storico [[Carlo Botta]]. Proprio quest'ultimo, sarà tra gli intellettuali che aderirono alla [[Massoneria in Italia|massoneria torinese]], sulla più ampia onda delle idee [[illuminismo|illuministe]].
Ferveva, nondimeno, l'attività intellettuale, anche se la politica di Casa Savoia, poco avvezza alle idee professate dagli illuministi, cercava di arginare il sorgere di dottrine poco ortodosse mediante delle leggi che sono riportate dall'Alfieri:
Tuttavia, il conservatorismo, dettato dalla [[Assolutismo monarchico|monarchia assoluta]], fecero del Regno piemontese uno stato sì potente, ma ancora arretrato a livello di industrializzazione. Ricorda [[Giovanni Andrea Pauletti]], storico secentesco: {{Citazione|In quanto alla Corte, bisogna assolutamente confessare ch'ella sia la più considerabile d'Italia, attrahendo la primaria nobiltà del Piamonte, della Sauoia e molti altri paesi remoti|Andrea Pauletti, ''Historia di Torino''}}
Ferveva, nondimeno, l'attività intellettuale, anche se [[Casa Savoia]], poco avvezza alle idee illuministe, cercava di arginare il sorgere di nuove dottrine, mediante delle leggi che vengono riportate dall'Alfieri:
{{Citazione|Esisteva in quel tempo in Piemonte una legge che dice: «sarà pur anche proibito a chicchessia di fare stampare libri o altri scritti furi de' nostri Stati, senza licenza de' Revisori, sotto pena di scudi sessanta od altra maggiore. [...] i vassalli abitanti ne' nostri Stati non potranno assentarsi dai medesimi senza nostra licenza in iscritto.»|[[Vittorio Alfieri]], ''Vita di Vittorio Alfieri da Asti''}}
 
A Torino, ciononostante, si trovavano in quegli anni, oltre a Vittorio Alfieri, anche [[Joseph-Louis Lagrange]], [[Giambattista Bodoni]], [[Giovanni Battista Beccaria]], [[Carlo Botta]]: l'[[Accademia delle Scienze di Torino]] era rinomata a livello internazionale. Sarà tra personaggi intellettuali e dell'alta borghesia (in particolare, tra i sopra citati, il Botta) che sorgeranno rapidamente, sul finire del Settecento, le prime logge massoniche torinesi e, allo scoppio della Rivoluzione Francese, molti teorizzarono un'analoga "Rivoluzione Piemontese".
 
== XIX secolo ==
=== L'occupazione napoleonica (1800-1814) ===
=== Torino francese ===
L'8 dicembre [[1798]], dopo un conflitto durato alcuni anni, [[Carlo Emanuele IV di Savoia]], alleato dell'impero asburgico, in contrapposizione alla Francia del [[Direttorio]], fu sconfitto. Dunque, dovette lasciòlasciare Torino pere ritirarsi in [[Sardegna]] (da cui il soprannome di ''Esiliato''), dopo aver rinunciato ai suoi diritti sulsu [[Piemonte]] e la[[Savoia (regione storica)|Savoia]]. In [[piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]] fu innalzato l'albero francese della libertà, venne creata un'entità politica detta ''Repubblica Piemontese'', e si discusse se questa dovesse annettersi alla [[Repubblica Cisalpina|Cisalpina]] di [[Milano]] o dipendere direttamente da [[Parigi]]; un [[plebiscito]], pilotato dal governo francese, la fece annettere alla [[Francia]]. Il consiglio decurionale comunale fu sciolto e sostituito da una municipalità francese, molte vie e piazze cambiarono nome, e venne introdotto l'uso dell'appellativo ''cittadino'':
 
In piazza Castello fu innalzato l'albero della libertà, il consiglio decurionale fu sciolto e sostituito da una municipalità di tipo francese con a capo un ''maire'', molte vie e piazze cambiarono nome, sorsero svariati ''clubs'' politici e venne introdotto l'uso dell'appellativo ''cittadino'':
{{Citazione|... si aboliscono generalmente tutti i titoli, divise e distinzioni di nobiltà, si userà il solo titolo di cittadino...<br />''Secondo gli ordini espressi il 19 messidoro dell'anno VIII della Repubblica, l'articolo III''}}
Tuttavia, il 25 maggio [[1799]] le truppe russe del generale [[Aleksandr Vasil'evič Suvorov|Suvorov]] si accordarono con i comandanti militari della Guardia Nazionale, che permisero l'ingresso in [[Torino|città]] dalla Porta di Po, assediando quindi gli occupanti francesi, nel frattempo ritiratisi nella [[Cittadella di Torino|Cittadella]]. Il 22 giugno dello stesso anno, dopo quattro giorni di scontri, la guarnigione francese dovette cedere, e Torino fu temporaneamente liberata. Lo zar di Russia [[Paolo I di Russia|Paolo I]] volle il ritorno del Re [[Carlo Emanuele IV di Savoia|Esiliato]] in città ma, durante il viaggio ritorno, questi apprese che i russi avevano, nel frattempo, lasciato Torino in mano agli austriaci, e dovette quindi fermarsi [[Villa Medicea del Poggio Imperiale|vicino a Firenze]].
{{Approfondimento
|titolo= Le esecuzioni capitali per reati civili a Torino
|contenuto = [[Torino]] ha il triste primato di aver ospitato l'ultima esecuzione capitale per reati civili in [[Italia]], eseguita il [[4 marzo]] [[1947]], prima che venisse completamente abolita la [[pena di morte in Italia|pena di morte]] per reati civili, ed eseguita al vecchio poligono delle [[Regio Parco|Basse di Stura]], con la fucilazione di cinque condannati per la [[strage di Villarbasse]]. Anticamente, le esecuzioni capitali pare venissero eseguite nei pressi dell'attuale zona [[Valdocco]], nome che potrebbe appunto derivare da ''valle occitarum'', laddove gli antichi romani istituirono una vera e propria [[necropoli]] al di fuori delle mura occidentali del [[Quadrilatero Romano|castrum]]. Altre siti per le esecuzioni capitali, spesso eseguite per impiccagione, furono sulle rive del [[Po]], quindi nella medioevale ''Piazzetta delle Erbe'' ([[Piazza Palazzo di Città]]), l'area delle [[Porta Palatina|Porte Palatine]], poi [[Piazza Carlo Emanuele II|Piazza Carlina]] (dal [[1801]] al [[1814]]), la piazzetta di Via Giulio, qui di nuovo in zona [[Valdocco]] (dal [[1821]] al [[1835]]), la rotonda tristemente nota ai torinesi come il "Rondò dla Forca", appunto, sempre in zona [[Valdocco]] (dal [[1835]] al [[1852]]), quindi la vecchia Piazza d'Armi di fianco alla [[Cittadella di Torino]] (dal [[1853]]).
}}
Contestualmente, [[Napoleone Bonaparte]] ritornato dall'[[Egitto]], rovesciò il [[Direttorio|Direttorio francese]], consolidando così il suo potere. Durante la [[Campagna d'Italia (1800)|Campagna d'Italia]], il 22 giugno [[1800]] il [[Napoleone Bonaparte|Generale]] sconfisse gli [[Impero austriaco|austriaci]] a [[Battaglia di Marengo|Marengo]] (vicino ad [[Alessandria]]), e il [[Piemonte]] quindi ritornò una provincia francese, con Torino capoluogo de ''le [[Dipartimento del Po|Departèment du Po]]''. Di fatto, il primo ''maire'' torinese fu istituito ufficialmente soltanto nel [[1801]] ([[Ignazio Laugier]]) e, in città, la lingua ufficiale divenne il francese, mentre molte vie ebbero nomi legati agli occupanti d'oltralpe come, ad esempio, ''[[Battaglia del ponte di Arcole|Rue del l'Arcole]]'' (V. S. Francesco da Paola), ''Rue des Maçons'' (V. Corte d'Appello), la ''Cour Impériale'' (Palazzo Reale)<ref>http://www.atlanteditorino.it/vie/A.html</ref>, o ''Place de la liberté'' ([[Piazza Carlo Emanuele II|Piazza Carlina]]), quest'ultima corredata di [[ghigliottina]].
 
Durante l'occupazione francese, diverse opere d'arte presero la via della Francia<ref>{{Cita libro|titolo=Notice de tableaux dont plusieurs ont été recueillis à Parme et à Venise : exposés dans le grand salon du Musée Napoléon, ouvert le 27 thermidor an XIII|edizione=De l'imprimerie des sciences et des arts, Paris}}</ref> a causa delle [[Furti napoleonici|spoliazioni napoleoniche]]. Secondo il catalogo pubblicato nel ''Bulletin de la Société de l'art français'' del 1936<ref>{{Cita libro|autore=Marie-Louise Blumer|titolo=Catalogue des peintures transportées d'Italie en Francce de 1796 à 1814|url=https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k4237081q/f296.item|collana=Bulletin de la Société de l'art français, 1936, fascicule 2}}</ref>, delle 66 opere d'arte provenienti da Torino e inviate in Francia nel 1799, solo 46 fecero ritorno in Italia dopo il [[Congresso di Vienna]].
Venne creata una entità statale detta ''Repubblica Piemontese'' ma subito si iniziò a discutere se Torino, ed il Piemonte, dovessero unirsi alla [[Repubblica Cisalpina]] creata a Milano oppure dovessero unirsi direttamente alla Francia. Nel 1799, in seguito ad un plebiscito, pilotato dal governo francese, la città ed il Piemonte vennero uniti alla Francia; Torino divenne il capoluogo del dipartimento dell'Eridano.
 
Questa prima fase di occupazione francese durò meno di un anno; infatti il 25 maggio 1799 le truppe russe al comando del generale [[Aleksandr Vasil'evič Suvorov|Suvorov]] entrarono in città, grazie ad un accordo con alcuni comandanti della ''neonata'' Guardia Nazionale che permisero loro il passaggio dalla Porta di Po, e assediarono la guarnigione francese rinchiusasi nella cittadella. Il 22 giugno, dopo quattro giorni di scontri, la guarnigione francese capitolò lasciando la fortezza torinese.
 
I nuovi occupanti abolirono tutte le modifiche alla gestione della città e dello stato sabaudo introdotte dai francesi richiamando Carlo Emanuele IV dal suo esilio in Sardegna. Anche questa fase di restaurazione ebbe vita breve: il 22 giugno [[1800]], [[Napoleone Bonaparte]], allora Primo Console, entrò in Torino dopo aver sconfitto a [[Battaglia di Marengo|Marengo]] l'esercito austriaco.
[[File:Italy 1806.jpg|miniatura|upright=1.4|La suddivisione politica del nord Italia nel 1806]]
[[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] conservò la [[Cittadella di Torino|Cittadella militare]], ma fece abbattere le porte di accesso e alcuni bastioni militari della città, salvando soltanto ''San Giovanni'' e ''Santa Adelaide'' (il ''Giardino dei Ripari'', attuali aiuola Balbo, Maria Teresa e giardino Cavour). La popolazione della città diminuì, a causa della mancanza di lavoro, spesso fornito dalla esiliata corte sabauda. Nel 1814 la città contava {{formatnum:65548}} abitanti contro gli 80.752 del 1799.<ref>Cognasso, op. cit. p.443</ref>
 
Napoleone mise a governo del Dipartimento suo cognato [[Camillo Filippo Ludovico Borghese|Camillo Borghese]] (che si insediò in [[Palazzo Chiablese]]), tuttavia visitò di persona più volte il capoluogo. Nel dicembre del [[1807]], firmò il decreto per la costruzione, a sue spese, del nuovo [[Ponte Vittorio Emanuele I|ponte della Porta di Po]], in sostituzione di quello di legno, e a cinque arcate. Come contributo, la municipalità utilizzò i materiali ricavati dalla demolizione delle Porte e il lavoro di prigionieri di guerra spagnoli, e i cantieri furono diretti dagli ingegneri Mallet, La Ramée Pertinchamp e Pellegrini.
La prima decisione presa da Napoleone fu l'ordine di abbattere le porte ed i bastioni della città salvando solamente la cittadella ed i bastioni di San Giovanni e Santa Adelaide ove in seguito sorse il Giardino dei Ripari (attuali aiuola Balbo, piazza Maria Teresa e giardino Cavour). Anche i bastioni siti all'interno dei giardini del Palazzo Reale non furono abbattuti. In realtà durante l'occupazione francese l'operazione riguardò principalmente le porte della città mentre il sistema dei bastioni scomparve negli anni successivi.
 
Il 27 aprile [[1814]], in seguito alle ripetute sconfitte subite da [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], prima in Russia poi a [[battaglia di Lipsia|Lipsia]], [[Camillo Filippo Ludovico Borghese|Camillo Borghese]] dovette firmare la convenzione per lo sgombero dei presidi francesi dalla città. L'8 maggio dello stesso anno le truppe austriache sostituirono, di fatto, gli eserciti francesi, appena rientrati in patria. Il 20 maggio [[1814]], il nuovo Re [[Vittorio Emanuele I di Savoia]] rientrò trionfalmente a Torino e, per ironia della sorte, attraversando il nuovo [[Ponte Vittorio Emanuele I|Ponte sul Po]] costruito dai francesi, che fu immediatamente battezzato a suo nome.
Dal 1800 al [[1814]] Torino fu una città francese; la lingua ufficiale dell'amministrazione e dell'istruzione divenne il francese, molte vie ebbero nomi di personaggi legati alla rivoluzione o agli ideali di questa, la ghigliottina, eretta in piazza Carlo Emanuele (piazza Carlina), sostituì il ceppo ed il capestro, la città e la regione fornirono coscritti agli imperiali.
 
=== La Restaurazione (1814-1831) ===
Nel [[1803]], anche in seguito alle difficoltà nei rifornimenti di vettovaglie, comparve nei mercati della città un nuovo cibo: la patata.
[[File:13TorinoGranMadreDio.JPG|sinistra|miniatura|verticale|[[Chiesa della Gran Madre di Dio (Torino)|Chiesa della Gran Madre di Dio]]]]
I decurioni della città si dovettero rapidamente attrezzare per risollevare le economie della città, da poco liberata. Per tal motivo, la decisione di costruire una chiesa prospiciente al ponte, in ringraziamento del ritorno del Re, fu decisa il 30 agosto [[1815]] ma, di fatto, costruita molto a rilento, nel periodo [[1818]]-[[1831]], quindi inaugurata da [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] col nome di [[Gran Madre di Dio (Torino)|Gran Madre di Dio]]; sul suo timpano si possono ancora leggere le parole: {{Citazione|Ordo populusque Taurinus ob adventum Regis (la città ed il popolo di Torino per il ritorno del re)}}
Nel frattempo, i [[moti del 1820-1821]] contro i regimi assolutisti toccarono anche [[Torino]], che videro nel sindaco [[Prospero Balbo]] (padre di [[Cesare Balbo|Cesare]]) il capo dei progressisti politici e in Guglielmo Borgarelli<ref>{{DBI|guglielmo-borgarelli|BORGARELLI, Guglielmo|autore=Guido Verucci|anno=1971|volume=12}}</ref> il capo dei reazionari; a questi si unì anche [[Santorre di Santa Rosa]]. Nel frattempo, la città di [[Alessandria]] chiese la proclamazione della [[Costituzione spagnola del 1812|Costituzione di Cadice]] in tutto il [[Regno di Sardegna]], che garantiva maggiori diritti liberali. Ai [[carboneria|moti carbonari]] si unì anche [[Torino]], e [[Vittorio Emanuele I di Savoia|Vittorio Emanuele I]] dovette abdicare l'11 marzo [[1821]], in favore del fratello [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]], tuttavia fuori città, e quindi assunse temporaneamente la reggenza il Principe [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] di [[Savoia-Carignano]]. Nel frattempo, i [[carboneria|carbonari]], senza nessun appoggio internazionale, dovettero cedere già l'8 aprile dello stesso anno.
 
Re [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]] rientrò in [[Torino]] nel [[1822]], cercando di attenuare eventuali sommosse politiche, attraverso una politica relativamente autoritaria<ref>http://www.museotorino.it/view/s/019892d1566d43c7bb078dfd76f85231</ref>, almeno fino alla sua morte, nel [[1831]]. Si deve a lui la nascita della collezione di reperti egizi, che gli furono ceduti da [[Bernardino Drovetti]] nel [[1824]], all'epoca collezionista d'arte di reperti racimolati durante la [[Campagna d'Egitto|Campagna napoleonica in Egitto]], e che diventerà il futuro [[Museo egizio (Torino)|Museo Egizio di Torino]]. Sullo spazio dell'abbattuto Bastione di Porta di Po, nel [[1825]] verrà costruita, su progetto di [[Giuseppe Frizzi]], l'attuale [[piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio]],<ref>Il nome originale della piazza fu quello di piazza Vittorio Emanuele I modificato poi in piazza Vittorio Veneto nel 1919</ref> e, a sud di essa, a partire dal [[1822]], l'elegante [[Borgo Nuovo (Torino)|Borgo Nuovo]], un sottoquartiere caratterizzato ancor oggi da abitazioni [[Neoclassicismo|neoclassiche]] destinate alla nobiltà. Nel [[1828]], don [[Giuseppe Benedetto Cottolengo|Giuseppe Cottolengo]] fondò in Via Palazzo di Città l'ospizio caritatevole del ''Deposito de' poveri infermi del Corpus Domini'', poi trasferito nel [[1832]] nel quartiere [[Borgo Dora]]-[[Aurora (Torino)|Aurora]] (dove si trova tuttora), a causa del colera, e fu rinominato [[Piccola casa della Divina Provvidenza]], oggi più conosciuta dai torinesi come ''Ospedale [[Piccola casa della Divina Provvidenza|Cottolengo]]''.
La popolazione della città diminuì negli anni dell'occupazione francese soprattutto a causa della mancanza di lavoro per molti degli impieghi che ruotavano intorno alla presenza della corte sabauda, nel 1814 la città conta 65.548 abitanti contro gli 80.752 del 1799.<ref>Cognasso, op. cit. p.443</ref>
==== Fine della cinta difensiva e nascita delle cinta daziaria ====
Dopo l’abbattimento delle ultime mura difensive all'inizio del [[XIX secolo]], lo [[centro storico di Torino|storico perimetro di Torino]] non ebbe più problemi a espandersi urbanisticamente, uno per tutte fu l'esempio della rapida urbanizzazione verso sud del già citato [[Borgo Nuovo (Torino)|Borgo Nuovo]]. Fu lo storico '''quarto ampliamento della città'''. Tuttavia, lo [[Statuto Albertino]] del [[1853]] prevedette nuove "barriere" alla città, questa volta daziarie, nelle zone di Nizza, Stupinigi, Orbassano, Crocetta, San Paolo, Foro boario, Francia, Martinetto, Lanzo, Milano, Abbadia di Stura, Regio Parco, Vanchiglia, Casale, Villa della Regina, Piacenza, Ponte isabella. La cosiddetta [[Cinta daziaria di Torino|cinta daziaria]] fu ancora ampliata nel [[1912]], quindi definitivamente dismessa nel [[1930]].
 
=== Il periodo Albertino (1831-1849) ===
Napoleone visitò più volte la città, ove il palazzo reale venne ribattezzato Palazzo Imperiale, e nel dicembre del [[1807]] firmò, durante una delle sue visite, il decreto che autorizzò la municipalità ad erigere, a sue spese, un nuovo ponte sul Po in sostituzione di quello di legno. Come contributo all'opera la municipalità ebbe la possibilità di utilizzare i materiali ricavati dalla demolizione delle porte ed il lavoro di prigionieri di guerra spagnoli. Per ironia della sorte il nuovo ponte a cinque arcate, che esiste tuttora, venne inaugurato da [[Vittorio Emanuele I di Savoia|Vittorio Emanuele I]] al suo rientro in città nel [[1814]].
[[File:Carlo Alberto di Savoia (a cavallo).jpg|miniatura|verticale|Carlo Alberto nel [[1824]]]]
Salito ufficialmente al trono il già collaudato principe [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], questi si interessò delle esigenze dei carbonari del [[moti del 1830-1831|1830-1831]], conquistando così le simpatie del popolo. La città visse un forte periodo di sviluppo e di ripresa economica. Il nuovo sovrano, pur muovendosi con grande attenzione, realizzò numerose opere. Il ponte Mosca (dal nome del suo progettista), sulla Dora, e l'apertura, sui terreni del rovinato parco ducale, del Cimitero Generale. La città crebbe soprattutto intorno ai viali alberati e i bastioni demoliti, nella zona degli attuali corsi San Maurizio e Regina Margherita, corso Palestro e Viale dei Platani (corso Vittorio Emanuele II). Nel [[1837]], nacque la prima "[[Illuminazione a gas|società di illuminazione a gaz]]". Dopo secoli, il canalone fognario al centro di Via Dora Grossa ([[via Garibaldi (Torino)|Via Garibaldi]]) fu finalmente coperto, e iniziarono i lavori della fogna sotterranea. Vennero anche derivati sette nuovi canali lungo la Dora, per fornire energia alle nascenti industrie, quindi lastricate vie importanti, quali Via Palazzo di Città e i portici di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]]. A sostegno dell'antico splendore sabaudo, fu collocato in [[piazza San Carlo]] il [[monumento a Emanuele Filiberto di Savoia]], opera di [[Carlo Marochetti]].
 
La città crebbe fino a {{formatnum:130000}} abitanti ([[1849]]), espandendosi verso [[Valdocco]], [[Vanchiglia]] e [[San Donato (Torino)|Borgo San Donato]]. Malgrado la scarsa vitalità della città, ritenuta da molti stranieri di passaggio come "noiosa", Torino crebbe da {{formatnum:89000}} abitanti nel [[1821]] a 127.000 del [[1831]]. Anche l'istruzione ricevette un incentivo:<ref>Le prime scuole statali erano state però già fondate sotto i regni di Carlo Emanuele II e Vittorio Amedeo II</ref> nel [[1845]] vennero fondate le prime scuole professionali. Nel [[1844]] la direzione dell'università venne affidata a un laico, dopo decenni di controllo ecclesiastico. Gli insegnamenti che dopo il [[1823]] erano stati dispersi a Vercelli e a Novara vennero riportati in città e vennero istituite nuove cattedre. Per il sistema di trasporti, il governo di Carlo Alberto approvò la costruzione della linea ferroviaria Torino-Genova, che venne prima realizzata in prova nella tratta Torino-Moncalieri 27 marzo [[1848]], e poi continuata negli anni seguenti. Nel [[1847]] sorse, su stimolo di un giovane [[Camillo Benso, conte di Cavour|Camillo Cavour]], la Banca di Torino la cui fusione, poco dopo, con quella di Genova, gettò le basi per la creazione successiva della [[Banca Nazionale nel Regno d'Italia]] e infine, nel [[1898]], della [[Banca d'Italia]]. Sempre nel [[1847]], il chimico [[Ascanio Sobrero]] riuscirà, proprio qui a Torino, a inventare la [[nitroglicerina]], dando così il via all'industria internazionale degli esplosivi. Nel [[1848]] infine, sulla falsariga delle [[Liberalismo|costituzioni liberali]] europee, fu istituito il cosiddetto [[Statuto Albertino]], un moderno sistema legislativo, di cui ancor oggi abbiamo alcune eredità, una per tutte l'impianto bi-camerale; a [[Palazzo Carignano]] venne ospitata la prima [[Camera dei deputati (Regno di Sardegna)|Camera dei deputati]], mentre [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama]], in [[piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]], divenne la sede del [[Senato Subalpino]]. Tuttavia, tutto questo rinnovamento politico accese numerosi dibattiti, che contribuirono ai già forti attriti col sistema assoluto, ancora in vigore, ad esempio, per i vicinissimi [[Monarchia asburgica|monarchi asburgici]]. Le truppe militari di quest'ultimi infatti, stavano già avanzando nel [[Piemonte]] orientale e, il 23 marzo [[1849]] vinsero la [[Battaglia di Novara (1849)|Battaglia della Bicocca (Novara)]] ([[Prima guerra di indipendenza]]). L'esercito piemontese, sanguinosamente sconfitto, si distinse, comunque, nella figura di [[Ferdinando di Savoia-Genova (1822-1855)|Ferdinando di Savoia duca di Genova]], raffigurato nel monumento equestre di [[Piazza Solferino (Torino)|Piazza Solferino]]. Dopo questo evento, [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] dovette ritirarsi in [[Portogallo]], dove ivi morì nel luglio dello [[1849|stesso anno]].
Nel 1808 con l'intento di migliorare l'integrazione del Piemonte con la Francia il ruolo di governatore dei dipartimenti dell'Oltre Alpi venne assegnato ad un membro della famiglia imperiale e precisamente al principe romano [[Camillo Borghese (XIX secolo)|Camillo Borghese]] consorte della sorella di Napoleone [[Paolina Bonaparte|Paolina]].
 
=== Torino capitale d'Italia (1861-1864) ===
Il nuovo governatore si insediò non nel Palazzo Imperiale bensì a Palazzo Chiablese ove organizzò una corte sul modello di quella di Parigi senza però riuscire a soddisfare la consorte che trovò sempre Torino "grigia e noiosa".
 
Il 27 aprile [[1814]], in seguito alle ripetute sconfitte subite dai francesi, prima in Russia, poi a [[battaglia di Lipsia|Lipsia]], Camillo Borghese firmò la convenzione per lo sgombero dei presidi francesi dalla città abbandonandola subito dopo.
 
=== Torino nella Restaurazione ===
L'8 maggio 1814 truppe austriache entrarono in Torino, in sostituzione di quelle francesi appena partite, seguite, il venti dello stesso mese, da Vittorio Emanuele I restaurato nei suoi precedenti domini da un bando emesso il 25 aprile precedente.
 
Tutte le leggi emanate nel periodo di occupazione furono abolite e coloro che avevano lavorato per l'occupante epurati ed allontanati dalle cariche ricoperte; questo tentativo di riportare indietro le lancette della storia come se nulla fosse accaduto pesò fortemente sul successivo sviluppo della città che si ritrovò pesantemente indebitata e povera di validi amministratori.
[[File:13TorinoGranMadreDio.JPG|sinistra|miniatura|[[Chiesa della Gran Madre di Dio (Torino)|Chiesa della Gran Madre di Dio]]]]
 
Il 30 agosto 1815 il collegio dei decurioni della città, che aveva ripreso le sue funzioni, decise di erigere sulla sponda destra del Po, di fronte al ponte appena eretto una chiesa in ricordo e ringraziamento del ritorno della dinastia sabauda. La chiesa detta ''[[Chiesa della Gran Madre di Dio (Torino)|Gran Madre di Dio]]'' venne effettivamente edificata poi tra il [[1818]] ed il [[1831]]. Sul frontone si possono ancora leggere le parole:
{{Citazione|Ordo populusque Taurinus ob adventum Regis (la città ed il popolo di Torino per il ritorno del re)}}
 
Nel [[1821]] la tensione tra ''progressisti'' e ''reazionari'' si accentuò, anche in Torino, a seguito degli avvenimenti europei (costituzione spagnola, rivolta del generale [[Guglielmo Pepe|Pepe]] nel napoletano, l'uccisione dell'erede al trono di Francia). I progressisti erano rappresentati da [[Prospero Balbo]], già rettore dell'Università durante il periodo napoleonico e da poco richiamato da un ''dorato esilio'' in Sardegna con il ruolo di viceré, mentre la reazione trovò voce in [[Guglielmo Borgarelli]].
 
Nei primi giorni del marzo 1821 la guarnigione della cittadella di [[Alessandria]] dette inizio al moto rivoluzionario chiedendo la proclamazione della costituzione spagnola anche in Piemonte e la guerra contro l'impero asburgico. Il 12 marzo anche la cittadella di Torino si unì al moto di rivolta. Il giorno stesso Vittorio Emanuele I bloccato tra la repressione ed il cedere alla rivolta scelse di abdicare in favore del fratello [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]]. Essendo questi assente venne nominato reggente il principe di Carignano [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] appartenente alla famiglia dei [[Savoia-Carignano]].
 
I moti del 1821 ebbero vita breve, privi di appoggi internazionali e sotto la minaccia dell'intervento militare austriaco, i rivoltosi furono sconfitti in breve tempo. Già l'8 aprile la cittadella di Torino venne abbandonata dalle truppe costituzionaliste.
 
Carlo Felice, il nuovo re, che poco amava Torino, istituì un regime autoritario e bigotto dove la polizia e la chiesa soffocavano ogni accenno di idee anche solo lievemente progressiste. L'Università, considerata crogiolo di idee pericolose, venne chiusa nell'aprile del 1821 per essere riaperta, anche se in tono minore e orbata di alcuni insegnamenti, solo nel 1823.
 
Nel 1828 venne organizzato, da parte del sacerdote [[Giuseppe Benedetto Cottolengo]], il ''Deposito de' poveri infermi del Corpus Domini'' che, dopo il suo trasferimento, nel 1832, in [[Borgo Dora]], prese il nome, che conserva tuttora, di [[Piccola casa della Divina Provvidenza]], più conosciuto come ''Cottolengo''.
 
{{nota
|titolo=Torino si trasforma
|contenuto=
 
Sotto il regno di Carlo Alberto, Torino migliorò la sua urbanistica, oltre che la sua potenza a livello politico: venne coperto il canale posto in via Garibaldi e dato inizio alla realizzazione di una rete fognaria. Vennero anche derivati sette nuovi canali lungo la Dora per fornire energia alle nascenti industrie, vennero lastricate vie importanti, quali Via Palazzo di Città, e piazze (in particolare, venne riqualificata piazza Castello), in [[piazza San Carlo]] venne posta la grande statua di [[Carlo Marochetti]] raffigurante Emanuele Filiberto.
 
Anche l'istruzione ricevette un incentivo:<ref>Le prime scuole statali erano state però già fondate sotto i regni di Carlo Emanuele II e Vittorio Amedeo II</ref> nel [[1845]] vennero fondate le prime scuole professionali.
 
Per il sistema di trasporti, il governo di Carlo Alberto approvò la costruzione della linea ferroviaria Torino-Genova, che venne prima realizzata in prova nella tratta Torino-Moncalieri 27 marzo [[1848]], e poi continuata negli anni seguenti.
 
In quello che venne successivamente definito ''decennio di preparazione'', Torino si predisponeva a diventare la futura capitale d'Italia. La città cresceva (nel [[1849]] contava 130.000 abitanti), e si espandeva verso le zone del [[Valdocco]], di [[Vanchiglia]] e di [[San Donato (Torino)|Borgo San Donato]].}}
Malgrado la scarsa vitalità della città ritenuta da molti stranieri di passaggio come una delle città più noiose d'Europa Torino crebbe negli anni del regno di Carlo Felice passando da 89.000 abitanti nel 1821 ai 127.000 del 1831. Per soddisfare la fame di alloggi ancora una volta vengono elargiti privilegi fiscali a coloro che costruiscono. Sul vasto spazio rimasto libero dall'abbattimento della Porta di Po e dei bastioni relativi viene edificata l'attuale [[piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio]],<ref>Il nome originale della piazza fu quello di piazza Vittorio Emanuele I modificato poi in piazza Vittorio Veneto nel 1919</ref> mentre nell'area circostante è costruito, a partire dal [[1822]], l'elegante [[Borgo Nuovo (Torino)|Borgo Nuovo]], caratterizzato ancor oggi dalle abitazioni [[Neoclassicismo|neoclassiche]] destinate un tempo alla nobiltà cittadina.
 
Con la salita al trono di Carlo Alberto iniziò anche per Torino una nuova fase di sviluppo. Il nuovo sovrano, pur muovendosi con grande attenzione e lentezza, operò per riorganizzare l'economia dello stato sabaudo e della sua capitale. Di questi anni è la realizzazione del ponte Mosca (dal nome del suo progettista), sulla Dora, e l'apertura, sui terreni del rovinato parco ducale, del Cimitero Generale. La città cresce soprattutto intorno ai viali alberati che hanno sostituito i demoliti bastioni cittadini, nella zona degli attuali corsi San Maurizio e Regina Margherita, intorno all'attuale corso Palestro e nell'area del Viale dei Platani (ora corso Vittorio Emanuele II).
 
Anche l'istruzione ricevette un nuovo impulso liberandosi, almeno in parte, dalle pastoie imposte dal regime assolutista di Carlo Felice, nel [[1844]] la direzione dell'università venne affidata ad un laico dopo decenni di controllo ecclesiastico. Gli insegnamenti che dopo il [[1823]] erano stati dispersi a Vercelli ed a Novara vennero riportati in città e vennero istituite nuove cattedre.
 
Nel [[1847]] sorse, su stimolo di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Camillo Cavour]], la Banca di Torino la cui fusione, poco dopo, con quella di Genova, gettò le basi per la creazione successiva della [[Banca Nazionale nel Regno d'Italia]] ed infine, nel [[1898]], della [[Banca d'Italia]].
 
Nel 1848, la concessione dello [[Statuto Albertino]] e la inconcludente guerra contro l'impero asburgico accendono anche a Torino il dibattito politico; la città è turbata ed eccitata da manifestazioni di piazza per la concessione della costituzione e la dichiarazione di guerra, da parate militari delle truppe in partenza per il fronte e dalle polemiche seguite alla sconfitta.
 
Anche gli antichi palazzi torinesi dovettero adattarsi alla nuova situazione: a Palazzo Carignano venne ospitata la [[Camera dei deputati]] mentre Palazzo Madama, in piazza Castello, divenne la sede del [[Senato della Repubblica|Senato]].
 
=== Capitale d'Italia ===
{{vedi anche|Risorgimento}}
[[File:GaribaldiParlamento1861WP.jpg|sinistra|miniatura|[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] parla durante la prima seduta del Parlamento Nazionale, 18 aprile 1861]]
Il nuovo Re, un giovane [[Vittorio Emanuele II di Savoia]], riuscì a tenere temporaneamente a bada gli austriaci grazie alle manovre diplomatiche dell'[[armistizio di Vignale]], mentre Torino si preparava l quel che diventerà il [[Risorgimento|Risorgimento italiano]]. Spiccano, in questo periodo, le virtù politiche dei governi del [[Regno di Sardegna|Regi]] governi di [[Bettino Ricasoli]], [[Governo d'Azeglio I|Massimo d'Azeglio]] e [[Urbano Rattazzi]], ma soprattutto quello di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Camillo Cavour]], che si stava preparando per una nuova guerra d'indipendenza. L'[[Armata Sarda|esercito sabaudo]], si era infatti già distinto, a fianco dei francesi, in difesa dei luoghi santi, contro l'[[impero russo]], nella [[guerra di Crimea]] (assedio di [[Sebastopoli]], [[1853]] e [[battaglia della Cernaia]], [[1855]]). Per i [[Casa Savoia|regnanti sabaudi]] furono anni di attivissimo fermento politico e militare. L'approvazione, nel [[1850]], delle [[leggi Siccardi]], che aboliva i privilegi ecclesiastici di stampo feudale, aprì un lungo contenzioso tra le gerarchie politiche torinesi. Nel frattempo, la città, in rapida espansione, costruì la nuova cinta daziaria e militare ([[1853]]), abbattendo definitivamente quella che fu l'antica struttura urbana del [[XVI secolo|cinquecentesca]], della quale non rimase che il [[Cittadella di Torino|mastio della Cittadella]]. Nel [[1857]], fu anche iniziato il [[Traforo ferroviario del Frejus|Traforo del Frejus]], collegando così più facilmente la città alla [[Francia]], all'epoca alleata con i piemontesi contro il nemico comune austriaco. Quest'ultimo fu poi definitivamente sconfitto nel [[1859]], con le epiche battaglie di [[battaglia di Magenta|Magenta]], [[Battaglia di Palestro|Palestro]], [[Battaglia di Solferino e San Martino|Solferino e San Martino]], e tuttavia a caro prezzo: in cambio del necessario ausilio militare dei francesi, la figlia del Re, la [[Maria Clotilde di Savoia|Principessa Clotilde]], fu costretta a sposare [[Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte|Gerolamo Bonaparte]] (cugino di [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]), mentre [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] dovette cedere la [[Annessione della contea di Nizza alla Francia|Contea di Nizza]] e la [[Savoia (dipartimento)|Savoia]] a [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], attraverso il [[Trattato di Torino (1860)]]. Terminata quindi la [[Seconda guerra d'indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] e l'[[Spedizione dei Mille|impresa dei Mille]], il 18 febbraio [[1861]], [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] riunì per la prima volta il Parlamento del neonato [[Regno d'Italia]] dentro [[Palazzo Carignano]], con l'elevazione della città a capitale e [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]] proclamato [[Regno d'Italia|Re d'Italia]], cariche ufficialmente entrate in vigore entrambe il 17 marzo dello stesso anno. Il generale [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] ottenne subito la carica di deputato, col suo primo discorso tenuto a [[Palazzo Carignano]], il 18 aprile [[1861]].
 
==== La strage di Torino (1864) ====
Dopo il 1849 il nuovo re, Vittorio Emanuele II, perseguì (o sarebbe meglio dire il ministro [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]]) una politica improntata sulla preparazione del Piemonte per ritentare la guerra.
La città, in rapida espansione, nel [[1862]] contava ben {{formatnum:204713}} abitanti fu tuttavia contestata più volte nel suo ruolo di capitale. Una parte di politici, quali [[Gioacchino Napoleone Pepoli|Gioacchino Pepoli]] e il presidente del Consiglio [[Marco Minghetti]], ne volevano il trasferimento più verso il centro Italia, sia per consentire un più rapido [[liberalismo]], sia per facilitare la futura [[presa di Roma]]. La scelta della nuova capitale ricadde su [[Firenze Capitale|Firenze]]<ref>http://www.150anni.it/webi/index.php?s=36&wid=97</ref> e, il 15 settembre [[1864]], [[Marco Minghetti|Minghetti]] si accordò con la [[Francia]] per il trasferimento ufficiale. A questa decisione, il 21-22 settembre [[1864]] il popolo torinese e il [[Regio Esercito]] insorsero, in quella che diventerà la sanguinosa [[strage di Torino (1864)|strage di Torino]]. Causa delle proteste, oltre ai motivi campanilistici, fu la perdita di un rilevante numero di posti di lavoro, legati alla presenza dei ministeri. Nonostante gli scontri e le proteste, la capitale fu trasferita da Torino a [[Firenze]] nel dicembre dello stesso anno<ref>{{Cita web |url=http://acs.beniculturali.it/cosa-conserviamo/in-vetrina/il-trasferimento-della-capitale/ |titolo=Copia archiviata |accesso=25 gennaio 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160406004654/http://acs.beniculturali.it/cosa-conserviamo/in-vetrina/il-trasferimento-della-capitale/ |dataarchivio=6 aprile 2016 |urlmorto=sì }}</ref>. Fu in questo contesto che il [[Giuseppe Ferrari (filosofo)|filosofo Giuseppe Ferrari]] coniò il termine di "''spiemontesizzazione''" dell'Italia. Alla perdita d'importanza politica, la città reagì dando inizio a quello sviluppo industriale che l'avrebbe resa in seguito così rilevante per l'economia nazionale. In effetti, già dal [[1866]] il nuovo sindaco [[Giovanni Filippo Galvagno|Galvagno]] promosse la costruzione di nuovi canali e mulini per l'acqua e l'energia delle prime industrie.
{{vedi anche|strage di Torino (1864)}}
 
=== La fine del XIX secolo ===
Lo stato sabaudo, e Torino, ospitarono un grande numero di esuli politici fuggiti dalle altre regioni italiane dopo la sconfitta del 1848 e ciò contribuì a fare della città un centro culturalmente e politicamente attivo e vivace caratterizzato da un dibattito politico, dentro e fuori dal parlamento, serrato e spesso rude, alla continua nascita e morte di periodici delle più diverse tendenze.
{{Approfondimento
 
L'approvazione, nel [[1850]], delle [[leggi Siccardi]], che abolivano i privilegi ecclesiastici di stampo feudale, aprì un lungo contenzioso tra la gerarchia della chiesa cattolica e lo stato sabaudo.
 
Nel decennio tra il 1849 ed il 1859 grande impulso ricevettero anche i trasporti: venne completata la ferrovia Torino-Genova, vennero realizzati collegamenti con altre città del Piemonte, si cominciò a ipotizzare la realizzazione di un grande nodo ferroviario a cui convergessero tutte le linee (la successiva stazione di [[stazione di Torino Porta Nuova|Porta Nuova]]) e, nel 1857, vennero iniziati i lavori di scavo del [[Traforo ferroviario del Frejus|traforo del Frejus]] che avrebbe dovuto collegare il Piemonte con la Savoia.
 
In città il continuo aumento della popolazione e la conseguente ricerca di terreni edificabili portò alla scomparsa, nel [[1856]], della cittadella cinquecentesca che, dismesso ormai il suo ruolo militare, vide scomparire i suoi bastioni uno ad uno per fare spazio a nuove strade fiancheggiate da edifici; l'unica parte sopravvissuta è il [[Cittadella di Torino|mastio]].
 
Nel 1861 al termine della [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] e dell'[[Spedizione dei Mille|Impresa dei Mille]] che portarono alla nascita del regno d'Italia, Torino divenne la prima capitale dell'Italia.
 
=== La capitale lascia Torino ===
{{Vedi anche|Strage di Torino (1864)}}
Nel [[1865]], varie valutazioni di tipo politico ed anche il desiderio di ''spiemontizzare'' la dinastia ora italiana portarono alla decisione di trasferire la capitale a [[Firenze]].
 
Il trasferimento della capitale non fu indolore: il 21 e il 22 settembre le proteste di piazza contro il re e, soprattutto, contro il bolognese [[Marco Minghetti]], allora presidente del [[Consiglio dei ministri]], accusato di aver architettato lo spostamento della capitale per un'antipatia verso i piemontesi, [[Strage di Torino (1864)|vennero sedate nel sangue]], con un ingiustificato dispiegamento delle forze militari che costò una trentina di morti e oltre centosessanta feriti.
{{Nota
|titolo=La Chiesa torinese nell'Ottocento
|contenuto=NumerosiNumerose sono le figure rilevanti ricordate dalla [[chiesa cattolica]] nella Torino del [[XIX secolo:]], ad esempio il già citato [[Giuseppe Benedetto Cottolengo|Cottolengo]], fondatore della [[Piccola casa della Divina Provvidenza]];poi [[Giovanni Bosco]], il fondatore del [[Società Salesiana di San Giovanni Bosco|movimento salesiano]];, quindi [[Leonardo Murialdo]], fondatore della [[Congregazione di San Giuseppe]];, [[Giuseppe Cafasso]], il rincuoratore degl'impiccati al ''Rondò dla forca''; [[Maria Domenica Mazzarello]];, [[Giuseppe Allamano]], [[Domenico Savio]];, [[Francesco Faà di Bruno]]
}}
[[File:MoleAntonellianaDaiGiardiniReali.jpg|miniatura|upright=0.7|sinistra|[[Mole Antonelliana|La Mole Antonelliana]]]]
Causa delle proteste, oltre a motivi di ordine campanilistico, fu l'allontanamento dalla città di un rilevante numero di posti di lavoro legati alla presenza dei ministeri con la conseguente costrizione verso gli impiegati degli stessi di trasferirsi o perdere l'impiego.
Col trasferimento della capitale a [[Firenze]], la popolazione di Torino calò da {{formatnum:220000}} unità del [[1864]] a {{formatnum:193000}} abitanti del [[1870]]. La città quindi, indirizzò il suo sviluppo verso l'industrializzazione: nacque la Scuola di Applicazione per ingegneri del [[1860]] e la Scuola Superiore del Museo Industriale del [[1866]] (si fonderanno insieme nel [[1906]] per dar vita al prestigioso [[Politecnico di Torino]], con sede al [[castello del Valentino]]).La crescita della città si concentrò soprattutto sulle aree limitrofe della allora cinta difensiva; nell'area tra gli attuali corsi Inghilterra e Vittorio Emanuele II sorsero, tra il [[1860]] e il [[1870]], le [[Carceri Nuove (Torino)|carceri nuove]] ([[1862]]), il mattatoio civico ([[1866]], poi demolito nel [[1973]]) e il mercato del bestiame ([[1870]]). Sul finire del [[XIX secolo]], l'industria torinese era basata soprattutto sul tessile, con numerosi opifici e lavorazione della seta, che poteva contare su circa 1000 telai, distribuiti tra una ventina di manifatture, la più importante sita in [[Torino|Borgo Dora]]. Sempre nella zona ovest della città, sorsero dei [[birra|birrifici]], tra i quali ''Boringhieri'', ''Menabrea'', ''Kursaal-Durio'', ''Bosio-Caratsch'', ''Metzger''. È anche l'epoca dei primi caffè- bistrot, ad esempio ''Fiorio'', ''Pepino'' e ''Platti'', ma anche dello sviluppo dolciario torinese, basato soprattutto sul cioccolato e sui cioccolatini, con la nascita della [[Caffarel]] (considerata la madre del [[Gianduiotto]]), la ''Moriondo e Gariglio'' (poi [[Talmone]]), la Silviano [[Venchi]], la [[Caffè Baratti & Milano|Baratti e Milano]], etc (dal [[2003]], per ricordare questa tradizione, Torino ospita la fiera annuale chiamata [[CioccolaTò]]). Contemporaneamente a tutto ciò, iniziarono le prime vocazioni industriale della città, con la creazione delle [[Società Nazionale Officine di Savigliano|Officine Savigliano]], destinate alla produzione di materiale rotabile per le ferrovie, in forte di sviluppo. Nel [[1880]], iniziò la produzione di cavi elettrici della [[CEAT]], mentre nel [[1898]] venne fondata la [[FIAT]]. Fu un periodo di rapidissimo sviluppo anche economico, scientifico, culturale e artistico, che culminò nell'[[Esposizione generale italiana del 1884|Esposizione generale del 1884]], con le mostre delle prime invenzioni elettriche, e contesto in cui l'architetto [[Alfredo d'Andrade|D'Andrade]] si preoccupò di restaurare alcune opere, e di far costruire il [[Borgo e rocca medievali di Torino|Borgo Medioevale]] sul [[Po]]. Nello stesso contesto, fu costruita anche l'innovativa linea a [[ferrovia a cremagliera|cremagliera]] (col primitivo sistema ''funicolare'', ovvero con l'ausilio di un cavo d'acciaio, questo fino al [[1935]]) che portava da [[Tranvia Sassi-Superga|Sassi]], fino su a Superga, con un dislivello di ben 415 metri, e ancor oggi esistente. Lo sviluppo della città in questo periodo fu così alto, che non fu rallentato né dalla [[grande depressione (1873-1895)|Grande depressione]], né dalla relativa emigrazione di alcuni piemontesi nel continente americano (avvenuto nel periodo [[1895]]-[[1914]] circa). Anzi, furono concepite varie iniziative anche a livello artistico e architettonico. Nel [[1889]] vi fu l'inaugurazione della [[Mole Antonelliana]] (che fu utilizzata come [[Museo nazionale del Risorgimento italiano|Museo del Risorgimento]]) e, nel [[1898]], con la seconda [[Esposizione generale italiana del 1898|Esposizione generale]], in occasione del 50º anniversario dello [[Statuto Albertino]].
 
Il sindaco, [[Emanuele Luserna di Rorà]], rifiutò l'indennizzo in denaro offerto alla città dal governo per la perdita del titolo di capitale.
 
Così lo scrittore [[Olindo Guerrini]] ricorda il trasferimento della capitale:
{{Citazione|Oh, i presagi tristi per l'avvenire di Torino che si facevano al tempo del trasporto della capitale! E li facevano i torinesi stessi, che per un momento perdettero la fiducia in sé medesimi. Pare invece che il perder la capitale sia stata una fortuna. Almeno questa ricchezza, questa operosità non sono artificiali, non sono dipendenti da uno stato di cose e da tutta una clientela variabili e mal fidi. Le capitali vogliono una ostentazione di lusso improduttivo che non è ricchezza, ma simulacro di opulenza, spreco di capitali, fumo senza arrosto: e Firenze informi. Torino invece, perdendo la capitale, s'è messo a cercare il lavoro produttivo, s'è dato al serio e, invece di perdere, ha guadagnato|Olindo Guerrini, [[s:Brani di vita/Libro primo (Ricordi)/Il ritorno|''Brani di vita'', libro primo]]}}
 
Alla perdita di importanza politica la città rispose negli anni seguenti dando inizio a quello sviluppo industriale che l'avrebbe resa in seguito così rilevante per l'economia nazionale.
 
In effetti, già dal [[1866]] [[Giovanni Filippo Galvagno]], appena divenuto sindaco, operò in direzione dello sviluppo dell'industria promuovendo la realizzazione di una rete di canali aventi la funzione di fornire, tramite mulini a ruota, energia alle prime industrie.
 
=== Lo sviluppo industriale della fine del XIX secolo ===
[[File:MoleAntonellianaDaiGiardiniReali.jpg|miniatura|[[Mole Antonelliana|La Mole Antonelliana]]]]
Con il trasferimento della capitale ed il conseguente abbandono della città da parte degli uffici, ed altre attività, ad essa collegati (come ministeri, ambasciate, etc) per Torino iniziò una fase di crisi che vide la popolazione calare dalle 220.000 unità del 1864 alla 193.000 del [[1870]]. Tramontata la possibilità di divenire un importante polo di servizi la città diresse il suo sviluppo verso l'industria dando inizio al processo che l'avrebbe portata a divenire, nel secolo seguente, uno dei principali centri industriali d'Italia.
 
Nel 1860 venne fondata la Scuola di Applicazione per ingegneri che, agli inizi del XX secolo, si fuse poi con la Scuola Superiore del Museo Industriale (nata nel 1866) dando vita al prestigioso [[Politecnico di Torino]].
 
Nel 1861 la principale attività industriale della città era la lavorazione della seta che poteva contare su circa 1000 telai distribuiti tra una ventina di manifatture di cui la maggiore era la Regia Manifattura Privilegiata sita in [[Torino|Borgo Dora]].
 
Intorno agli anni ottanta del secolo iniziò a definirsi la ''vocazione'' meccanica della città con la creazione delle [[Società Nazionale Officine di Savigliano|Officine Savigliano]] destinate alla produzione di materiale rotabile per le ferrovie, che stavano vivendo una potente fase di sviluppo.
 
Sempre nel 1880 iniziò la produzione di cavi elettrici da parte dell'azienda che negli anni seguenti diventò, poi, la [[CEAT]]. Nel [[1898]], proprio sulla fine del secolo, venne fondata la [[FIAT]] che diventerà, nella seconda metà del XX secolo, la ''fabbrica'' di Torino determinandone, per anni, lo stesso sviluppo.
 
A fare da motore, e vetrina, allo sviluppo industriale furono le esposizioni che, con sufficiente regolarità, proposero nuove invenzioni e illustrarono la realtà produttiva piemontese. Nel [[1884]] L'Esposizione Generale ebbe come punto focale il padiglione sull'elettricità, che stava allora muovendo i suoi primi passi dal punto di vista della tecnologia.
[[File:Parco del Valentino.jpg|miniatura|sinistra|[[Borgo e rocca medievali di Torino|Il Borgo e la Rocca Medioevale]]]]
La proibizione di edificare a scopo residenziale all'esterno della [[cinta daziaria (Torino)|cinta daziaria]] del [[1853]], portò alla formazione delle barriere operaie ([[barriera di Milano]], [[barriera di Nizza]]), ossia dei quartieri a ridosso dei punti di transito del dazio (che verrà abolita soltanto nel [[1912]]). Anche la realtà sociopolitica di Torino mutò, seguendo le trasformazioni della città stessa. La presenza di una nutrita componente operaia<ref>Secondo [[Valerio Castronovo]] alla fine del secolo Torino contava circa 80.000 operai di cui 14.000 nel settore meccanico</ref>, fu il substrato per la formazione dei primi nuclei socialisti, che nel [[1891]] costituirono la [[Camera del Lavoro di Torino|Camera del Lavoro]]. In questi anni, studiarono a Torino sia un giovane [[Quintino Sella]] sia un giovane [[Giovanni Giolitti]]. Fino al [[1903]], soggiornò in città lo scrittore [[Edmondo De Amicis]] che vide, probabilmente, l'inaugurazione di [[Via Pietro Micca]] ([[1897]]), la via che, per prima, ruppe l'ortogonia viaria del [[Quadrilatero romano]] del [[centro storico di Torino|centro della città]], in quanto qui vi prese casa l'anno dopo.
 
== XX secolo ==
All'esposizione del 1884 è legata anche la costruzione del [[Borgo e rocca medievali di Torino|Borgo Medioevale]], struttura pensata come temporanea divenuta poi permanente, realizzata da [[Alfredo d'Andrade]], e che volle essere una ''summa'' dell'architettura medioevale di Piemonte e Valle d'Aosta.
[[File:De_Karolis,_Adolfo_(1874-1928)_-_Esposizione_Torino_1911.jpg|upright=0.7|sinistra|miniatura|Locandina per l'Expo 1911]]
 
L'evento culturale che aprì questo nuovo secolo torinese, fu senza dubbio l'[[Esposizione internazionale d'arte decorativa moderna|Expo dell'Arte Decorativa moderna]] del [[1902]], che introdusse in città l'innovativo stile artistico-architettonico chiamato [[liberty torinese]]. Nel [[1911]] poi, in occasione del 50º [[Anniversario dell'Unità d'Italia]], fu organizzata l'[[Esposizione internazionale di Torino (1911)|Esposizione internazionale dell'industria e del lavoro]]. Come nell'esposizione del 1884, fu utilizzato il [[Parco del Valentino]], i cui padiglioni, o almeno parte di essi, vennero poi adibiti a sedi universitarie per la facoltà di medicina e per i corsi di laurea in chimica e fisica. Questo è il motivo per cui gli edifici che ospitano parte della facoltà di medicina, prospicienti corso Massimo d'Azeglio, sono sormontati da un [[minareto]], essendo stati, in origine, eretti per ospitare i padiglioni del [[Medio Oriente]].
Lo sviluppo edilizio si concentrò sulle aree limitrofe ai grandi viali alberati che avevano preso il posto dei bastioni della cinta difensiva. Nell'area intorno all'incrocio tra gli attuali corsi Inghilterra e Vittorio Emanuele II sorsero tra il 1860 ed il 1870 vari edifici che caratterizzeranno la città anche nel secolo seguente: le [[Carceri Nuove (Torino)|carceri nuove]] (1862), il mattatoio civico (1866, demolito nel 1973), il mercato del bestiame (1870).
[[File:Torino padiglioni 1911.jpg|upright=1.3|miniatura|sinistra|I padiglioni dell'Esposizione del 1911 in costruzione sulla riva sinistra del Po]]
 
Contestualmente a questo grande evento, venne realizzato anche lo [[Stadium (Torino)|Stadium]], un'imponente opera polifunzionale per lo sport, di [[Carlo Ceppi]] (il doppio dell'attuale [[Stadio Olimpico (Torino)|stadio comunale-olimpico]] Grande Torino), nel nuovo quartiere denominato [[Crocetta (Torino)|Crocetta]], in Corso Vinzaglio (oggi corso [[Luigi Amedeo di Savoia-Aosta|Duca degli Abruzzi]]). L'opera fu però abbattuta nel [[1951]] e, sulle sue rovine, fu costruito il complesso del [[Politecnico di Torino]]. Tra le industrie che si svilupparono in questo periodo, va ricordata anche quella cinematografica, che ebbe il maggior successo con le opere della [[Ambrosio Film]] e con la realizzazione a Torino del film [[Cabiria]] ([[1914]]), per la regia di [[Giovanni Pastrone]], pellicola considerata il primo ''[[Colossal]]'' [[italia]]no, e proiettato, nello stesso anno, all'allora [[Auditorium Rai di Torino|Teatro Vittorio Emanuele]]. Per questo motivo, nel secondo dopoguerra, cominciò a formarsi l'idea di collocare il [[museo nazionale del cinema]] proprio qui a Torino. Nel [[1916]] poi, in pieno conflitto bellico, fu costruito lo stabilimento industriale automobilistico [[FIAT]] del [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]]; la superficie utilizzata fu di {{M|378000|u=m²}} e poteva accogliere 12.000 operai e 500 impiegati. Tuttavia, questi venne inaugurato alla presenza del re [[Vittorio Emanuele III di Savoia]] soltanto nel [[1923]] seguito, nello stesso anno, dalla visita di [[Benito Mussolini]], che ne fece influenzare anche lo stile [[architettura razionalista|razionalista]] della facciata. I lavori di ampliamento dell'impianto industriale continuarono fino al [[1930]], e qui fu concentrata tutta la produzione, andando a sostituire le precedenti officine di corso Dante e di altre zone della città<ref name = lingotto>[http://www.istoreto.it/to38-45_industria/schede/fiat_lingotto.htm ''Torino 38-45. Fiat Lingotto''], istoreto.it</ref><ref>http://www.museotorino.it/view/s/d1f382eadfcb4ed2875165474526b47a</ref>.
Nel 1864 ebbero inizio i lavori di costruzione della [[Mole Antonelliana]] che, inizialmente progettata con funzioni di [[sinagoga]] ebraica, vide, durante la lunga e travagliata fase di costruzione, mutare funzioni e aspetto fino a diventare, sul finire del secolo, la sede del [[Museo nazionale del Risorgimento italiano|Museo del Risorgimento]] (ora ospitato a Palazzo Carignano) ed il simbolo stesso della città.
[[File:Parodi Occupazione FIAT.JPG|upright=1.3|miniatura|Il sindacalista [[Giovanni Parodi]] (a sinistra seduto), insieme ad altri operai, nell'ufficio di [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]] durante l'occupazione della [[FIAT]], settembre [[1920]]]]
 
Oltre l'Nascita dell'industria cinematografica italiana di inizio secolo, Torino vanterà anche il titolo di prima sede delle trasmissioni [[radio (mass media)|radio]] prima - [[televisione|televisive]] dopo - sul territorio nazionale; prima nel [[1924]], con la nascita dell'[[Unione radiofonica italiana|Unione Radiofonica Italiana]] ('''URI'''), quindi [[Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche]] (EIAR), poi [[Radio Ascolto Italiano|Radio Audizioni Italiane]] (RAI) e, finalmente, nel [[1954]], Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A.
La proibizione di edificare a scopo residenziale all'esterno della [[cinta daziaria (Torino)|cinta daziaria]] della città portò alla formazione delle barriere operaie ([[barriera di Milano]], [[barriera di Nizza]]) ossia dei quartieri sorti a ridosso dei punti di transito nella cinta del dazio posizionati il più vicino possibile ai nascenti poli industriali che sorgevano al di fuori della cinta stessa e spesso in prossimità delle linee ferroviarie.
=== Prima guerra mondiale ===
 
Durante la [[prima guerra mondiale|grande guerra]], l'atteggiamento della città fu abbastanza tiepido e con una forte adesione, soprattutto da parte dei ceti popolari, alle idee non interventiste. In questi anni il [[Teatro Regio (Torino)|Teatro Regio]] fu utilizzato come deposito militare, molte donne dovettero sostituire gli operai nelle fabbriche poiché partiti per il fronte, mentre nel [[1917]] si ebbero scioperi e proteste per l'aumento dei prezzi, soprattutto del pane, che si svilupparono in vera e propria rivolta contro la guerra.
Negli anni 1887/1888 una pesante crisi nella finanza comportò un rallentamento nello sviluppo della città, rallentamento i cui effetti si fecero sentire fino agli inizi del XX secolo.
 
Anche la realtà sociopolitica di Torino mutò seguendo le trasformazioni della città stessa. La presenza di una nutrita componente operaia<ref>Secondo [[Valerio Castronovo]] alla fine del secolo Torino contava circa 80.000 operai di cui 14.000 nel settore meccanico</ref> fu il sostrato per la formazione dei primi nuclei socialisti che nel 1897 entrarono anche nel consiglio comunale. Anche il movimento sindacale mosse i suoi primi passi e nel 1891 venne costituita la [[Camera del Lavoro]]. La stessa struttura viaria della città risultò influenzata dai cambiamenti sociali, nel [[1885]], anche in relazione a quanto accaduto a Parigi durante la [[Comune di Parigi (1871)|Comune]] dove le strette strade della città vecchia erano state facilmente ostruite con barricate dai rivoltosi, venne decisa l'apertura di via Pietro Micca, tagliando trasversalmente le antiche ''insule'' risalenti alla planimetria romana, per collegare con una via ampia, e quindi più difficilmente bloccabile, piazza Castello e la zona circostante, ove si trovavano tutti i ''centri di potere'' della città, con la caserma Cernaia sorta nell'area dei bastioni della demolita cittadella cinquecentesca.
 
== Il XX secolo ==
=== Inizio secolo e la prima guerra mondiale ===
{{Vedi anche|Moti di Torino (1917)}}
[[File:Fiat Lingotto veduta-1928.jpg|miniatura|upright=0.6|[[FIAT]] [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]]]]
 
=== Il primo dopoguerra ===
[[File:De_Karolis,_Adolfo_(1874-1928)_-_Esposizione_Torino_1911.jpg|upright=0.7|sinistra|miniatura|Locandina per l'Esposizione di Torino del 1911]]
All'inizio del Novecento, Torino vide grande fermento sociopolitico. Nel [[1914]], qui si sposò il filosofo [[Benedetto Croce]], e vissero per alcuni anni dei giovani [[Palmiro Togliatti]] e [[Antonio Gramsci]]. Con la fine della guerra, si ebbe un acuirsi dei malcontenti sociali che, combinati con il successo della [[Rivoluzione russa]] e delle rivolte [[socialismo|socialiste]] in [[Germania]] e [[Ungheria]], contribuì a portare il paese nel cosiddetto "[[Biennio rosso in Italia|Biennio Rosso]]" ([[1919]]-[[1920]]), nel quale Torino fu una delle città più coinvolte. Gli scioperi a oltranza, nati inizialmente per ottenere aumenti salariali, sfociarono in vere e proprie occupazioni delle fabbriche, con gestione diretta della produzione da parte degli operai.<ref>Giuseppe Maione, Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920, Bologna, Il Mulino, 1975</ref>
[[File:Torino padiglioni 1911.jpg|upright=1.3|miniatura|I padiglioni dell'Esposizione del 1911 in costruzione sulla riva destra del Po]]
=== Il periodo fascista ===
[[File:Fiat Lingotto veduta-1928.jpg|miniatura|upright=1.3|Complesso industriale del [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]]]]
[[File:Massia - Documenti inediti e sparsi sulla storia di Torino. Indici, 1931 - 1170844.tif|miniatura|upright=0.7|''Documenti inediti e sparsi sulla Storia di Torino'',1931]]
 
Le divisioni interne dei socialisti porteranno sia alla nascita del [[Partito Comunista Italiano|PCI]], sia a delle posizioni più autoritarie che porteranno direttamente alla salita al potere del [[fascismo]]. Anche a Torino questo passaggio non fu pacifico: nel dicembre [[1922]] vi fu un atto violento, passato alla storia come l'eccidio di Corso Spezia o [[Strage di Torino (1922)|Strage di Torino]], e la cui data è ricordata nel nome di [[piazza XVIII Dicembre]]. Dal [[1923]], la città di Torino fu commissariata direttamente dal [[Governo Mussolini]]. In questo periodo, furono progettate varie opere in puro stile architettonico fascista [[architettura razionalista|razionalista]] come, ad esempio, lo Stadio Mussolini, oggi [[Stadio Olimpico (Torino)|Stadio Olimpico Grande Torino]] ([[1931]]), il Palazzo della Moda ([[1938]], poi rinominato [[Torino Esposizioni]]), la [[Torre Littoria (Torino)|Torre Littoria]] di [[Piazza Castello (Torino)|Piazza Castello]] ([[1933]]). Nel [[1928]], fu organizzata un'Expo dedicata al [[Colonialismo italiano|colonialismo eritreo]]. [[Via Roma (Torino)|Via Roma]] invece, dal [[1933]] al [[1937]] fu completamente sventrata, al fine di crearvi nuovi monumentali portici, che ancora la sovrastano. Fu costruito anche un trenino lungo [[corso Francia]], che da via Principi d'Acaja raggiungeva [[Rivoli]], poi soppresso nel corso degli anni. Sempre in questo periodo, il senatore [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]] presentò direttamente al [[Benito Mussolini|Duce]] il progetto dello stabilimento [[Fiat Mirafiori]]. Nonostante alcune perplessità del Duce (principalmente l'alta concentrazione di [[proletariato]] comunista in una sola fabbrica), i lavori di costruzione furono eseguiti nel biennio [[1938]]-[[1939|39]]. Rispetto al precedente impianto del Lingotto, furono eseguite anche complessi di attività del dopo-lavoro. Inizialmente Agnelli avrebbe pensato l'impianto come sostituto del Lingotto ma l'imminente conflitto mondiale lo indusse ad affiancarlo al precedente.<ref name= mirafiori>[http://www.istoreto.it/to38-45_industria/schede/fiat_mirafiori.htm# ''Torino 38-45. Fiat Mirafiori''], istoreto.it</ref>
Nella prima metà del Novecento, Torino incrementò la sua caratterizzazione in senso industriale sviluppando una produzione che poi, durante la [[prima guerra mondiale]], divenne prevalentemente di tipo militare.
 
Nel [[1911]], in occasione delle celebrazioni per i cinquanta anni dell'[[unità d'Italia]] venne organizzata una nuova [[Expo 1911|Esposizione Internazionale]] dedicata alla produzione industriale ancora una volta situata intorno all'area del [[Parco del Valentino]] ed i cui padiglioni, o almeno parte di essi, vennero poi adibiti a sedi universitarie per la facoltà di medicina e per i corsi di laurea in chimica e fisica. Questo è il motivo per cui gli edifici che ospitano parte della facoltà di medicina prospicienti corso Massimo d'Azeglio sono sormontati da un [[minareto]] essendo stati, in origine, eretti per ospitare i padiglioni degli stati del [[Medio Oriente]].<br />
Contestualmente a questo grande evento venne realizzato anche lo ''[[Stadium]]'' una nuova, imponente struttura polifunzionale dove si svolse la serata d'onore dopo l'inaugurazione dell'esposizione.
 
La presenza di una consistente realtà operaia fu il substrato su cui si svilupparono, nella Torino degli inizi del XX secolo, sindacati, organizzazioni operaie, società di mutuo soccorso che dettero vita ad un vivace, e talvolta aspro, confronto tra la componente operaia e le altre classi sociali.
 
Tra le industrie che si svilupparono nella Torino dei primi anni del secolo va ricordata anche cinematografica che ebbe il maggior sviluppo negli anni precedenti la guerra con la realizzazione del film [[Cabiria]], per la regia di [[Giovanni Pastrone]], pellicola considerata il primo ''[[Colossal]]'' prodotto in [[Italia]].
 
In occasione della [[prima guerra mondiale]] l'atteggiamento della città fu abbastanza tiepido e con una forte adesione, soprattutto da parte dei ceti popolari, alle idee non interventiste. Nel [[1917]] si ebbero anche scioperi e manifestazioni di protesta che, nate dal malcontento causato dall'aumento dei prezzi, si svilupparono in vera e propria rivolta contro la guerra e furono duramente represse lasciando sul terreno anche numerosi morti.
 
Nel [[1916]], in pieno conflitto bellico, vennero avviati i lavori per la costruzione del nuovo, imponente ed avveniristico stabilimento [[FIAT]] del [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]]; la superficie utilizzata fu di 378.000&nbsp;m² e poteva accogliere 12.000 operai e 500 impiegati. Sette anni più tardi, il 23 maggio [[1923]], venne inaugurato alla presenza del re [[Vittorio Emanuele III di Savoia]], anche se i lavori di ampliamento continuarono fino al [[1930]]. Nel nuovo impianto fu concentrata tutta la produzione andando a sostituire le precedenti officine di corso Dante e di altre zone della città.<ref name = lingotto>[http://www.istoreto.it/to38-45_industria/schede/fiat_lingotto.htm ''Torino 38-45. Fiat Lingotto''], istoreto.it</ref>
[[File:Parodi Occupazione FIAT.JPG|upright=1.3|miniatura|Il sindacalista [[Giovanni Parodi]] (a sinistra seduto), insieme ad altri operai, nell'ufficio di [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]] durante l'occupazione della [[FIAT]], settembre [[1920]]]]
 
=== Il fascismo e la seconda guerra mondiale ===
==== Il primo dopoguerra ed il Biennio Rosso ====
Con la fine della guerra si ebbe un acuirsi dei conflitti sociali. La popolazione difatti, già pesantemente segnata dalla guerra, dovette far fronte ad un forte aumento dei prezzi dei viveri. Tutto questo combinato con le notizie del successo della [[Rivoluzione russa]] e delle rivolte [[socialismo|socialiste]] in molti paesi europei, come la [[Germania]] e l'[[Ungheria]], contribuì a portare il paese ad un passo dalla rivoluzione, durante il cosiddetto [[Biennio rosso in Italia|Biennio Rosso]] ([[1919]]-[[1920]]), nel quale Torino fu una delle città più coinvolte. Gli scioperi ad oltranza, nati inizialmente per ottenere aumenti salariali, sfociarono in vere e proprie occupazioni delle fabbriche con gestione diretta della produzione da parte degli operai.<ref>Giuseppe Maione, Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920, Bologna, Il Mulino, 1975</ref>
 
==== Il periodo fascista ====
 
Anche a causa del fallito tentativo rivoluzionario, dovuto a divisioni interne ai socialisti che porteranno alla nascita del [[Partito Comunista Italiano|PCI]], parte della società si avvicinò in chiave antisocialista a posizioni più autoritarie che favorirono la salita al potere del [[fascismo]].
 
Negli anni trenta, molte zone della città furono oggetto di trasformazioni che ne ridisegnarono la precedente architettura. In particolare, via Roma, che dal [[1933]] al 28 ottobre [[1937]] venne completamente sventrata, al fine di crearvi i monumentali portici che ancora la sovrastano.
Vennero eretti nuovi edifici e altri vennero abbattuti: tra le innovazioni, quello che viene ricordato come il ''trenino'', una corriera che, lungo [[corso Francia]], raggiungeva [[Rivoli]], poi soppresso con gli anni: la sua sede era presso via Principi d'Acaia, e correva nella prima tratta nel centro cittadino lungo un percorso sotterraneo, ritrovato durante i lavori per la metropolitana.
Presso piazza Castello, il fascismo decise la costruzione della [[Torre Littoria (Torino)|Torre Littoria]], forse il primo grattacielo di Torino (se si esclude la Mole Antonelliana): l'architetto incaricato della costruzione, che ovviamente venne eseguita abbattendo i precedenti edifici, fu [[Armando Melis de Villa]].
 
Sempre in questo periodo il senatore [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]] presentò direttamente a [[Benito Mussolini]] il piano di costruzione di un colossale impianto industriale, quello di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]]. Nonostante alcune perplessità del Duce (principalmente la vulnerabilità militare di un grande impianto e l'alta concentrazione di operai, quasi 50.000, ritenuti dalle informative del regime "comunisti e socialisti per convinzione"), si diede il via libera alla costruzione, anche in prospettiva di un eventuale conflitto bellico, che terminò nel [[1939]]. Rispetto al precedente impianto la produzione sarebbe stata eseguita su un unico livello e fu predisposta la creazione, adiacente all'impianto, di alcuni complessi atti a ospitare le attività di dopo lavoro degli operai. Inizialmente Agnelli avrebbe pensato l'impianto come sostituto del Lingotto ma l'imminente conflitto mondiale lo indusse ad affiancarlo al precedente.<ref name= mirafiori>[http://www.istoreto.it/to38-45_industria/schede/fiat_mirafiori.htm# ''Torino 38-45. Fiat Mirafiori''], istoreto.it</ref>
[[File:TorinoLapideXVIIIDicembre.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.7|Lapide commemorativa della [[strage di Torino (1922)|strage di Torino]]]]
==== Gli antifascisti degli anni trenta ====
Nel [[1931]] il regime impose ai professori universitari il [[Giuramento di fedeltà al fascismo]]; vi si opposero soltanto in dodici, di cui molti dell'[[Università di Torino]], tra cui [[Lionello Venturi]], [[Mario Carrara]] e [[Francesco Ruffini]]. A questi ultimi due, dopo la caduta del regime, la città dedicherà due importanti parchi cittadini: il [[Parco della Pellerina|Parco Carrara (La Pellerina)]] e il [[Parco Ruffini]]. Nell'ambito culturale fu forte l'influenza antifascista di due grandi personalità: [[Piero Gobetti]] e [[Antonio Gramsci]], il primo attivo nelle riviste ''[[Energie Nove]]'', ''[[Il Baretti]]'', ''[[La Rivoluzione liberale]]'', il secondo giornalista e direttore de ''[[L'Ordine Nuovo]]'', la cui sede storica era in via XX Settembre, 19. Entrambi saranno perseguitati. Gobetti sarà costretto a riparare in [[Francia]], dove morirà in seguito alle lesioni di un'aggressione squadrista, mentre Gramsci sarà arrestato e morirà in prigione, dove scriverà peraltro i famosi ''[[Quaderni del carcere]]''. Nel [[1938]], furono approvate le [[leggi razziali fasciste]] e iniziarono così le persecuzioni nei confronti dei [[Comunità ebraica di Torino|cittadini torinesi ebraici]]. L'apice delle persecuzioni avvenne con l'occupazione tedesca, quando le deportazioni nei [[Lager|campi di sterminio]] crebbero notevolmente. Dopo questo avvenimento fu istituito il "''Ghetto nuovo''" nell'area adiacente alla [[Sinagoga di Torino|Sinagoga]].<ref name = ghetto>[http://www.istoreto.it/torino38-45/razziali.htm ''La città delle leggi razziali''], istoreto.it</ref> Quello precedente, il "''[[Ghetto]] vecchio''", si situava nei pressi di [[piazza Carlo Emanuele II]], detta anche ''piazza Carlina'', ma la sua funzione cessò con l'emanazione dello [[Statuto Albertino]] nel 1848.<ref name= istoreto>[http://www.istoreto.it/torino38-45/download/torino38-45.pdf ''Torino 38-45. Una guida per la memoria''], istoreto.it</ref>. Il 15 maggio [[1939]], all'inaugurazione di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]] alla presenza di Mussolini, l'atteggiamento festoso dei torinesi nascondeva in realtà paura e ostilità, sia a causa del rincaro dei prezzi dovuto al regime [[autarchia|autarchico]], sia per l'arrivo dei venti di guerra.<ref name= mirafiori />
 
=== Seconda guerra mondiale ===
Nel [[1938]] vennero approvate le [[leggi razziali fasciste]] ed iniziarono così le persecuzioni nei confronti dei cittadini [[ebrei|ebraici]]. L'apice delle persecuzioni avvenne con l'occupazione tedesca, quando le deportazioni nei [[Lager|campi di sterminio]] crebbero notevolmente. Dopo questo avvenimento fu istituito il "''Ghetto nuovo''" nell'area adiacente alla [[Sinagoga di Torino|Sinagoga]]. Le vie che delimitavano la zona erano: via San Pio V, via Galliari, via Sant'Anselmo, via Goito, via Berthollet e via Bidone.<ref name = ghetto>[http://www.istoreto.it/torino38-45/razziali.htm ''La città delle leggi razziali''], istoreto.it</ref> Quello precedente, il "''[[Ghetto]] vecchio''", si situava nei pressi di [[piazza Carlo Emanuele II]], detta anche ''piazza Carlina'', ma la sua funzione cessò con l'emanazione dello [[Statuto Albertino]] nel 1848.<ref name= istoreto>[http://www.istoreto.it/torino38-45/download/torino38-45.pdf ''Torino 38-45. Una guida per la memoria''], istoreto.it</ref>.
{{vedi anche|Bombardamenti di Torino}}
 
==== L'opposizione al fascismo ====
{{Vedi anche|Strage di Torino (1922)}}
La salita al potere del fascismo portò ad un aumento delle repressioni nei confronti degli oppositori. Una di queste avvenne tra il 18 ed il 20 dicembre [[1922]] quando alcuni squadristi fascisti, guidati da [[Piero Brandimarte]], assassinarono undici antifascisti in città e diedero fuoco alla locale [[Camera del Lavoro]]. Dopo la scoperta dei colpevoli, [[Benito Mussolini|Mussolini]] firmò comunque un decreto di amnistia per i delitti commessi nel nome dell'''interesse nazionale''. Questo evento viene ricordato come la [[strage di Torino (1922)|strage di Torino]]; a ricordo di questa una piazza della città è stata denominata [[piazza XVIII Dicembre]].
 
Nell'ambito culturale, forte fu l'influenza di due grandi personalità: [[Piero Gobetti]] ed [[Antonio Gramsci]]. Il primo fu attivo nelle riviste ''[[Energie Nove]]'', ''[[Il Baretti]]'', ''[[La Rivoluzione liberale]]'', il secondo fu giornalista e direttore de ''[[L'Ordine Nuovo]]''. Tali giornali, ma soprattutto Gobetti e Gramsci, saranno vittime del fascismo insieme a numerosi altri intellettuali. Gobetti sarà costretto a riparare in [[Francia]], dove morirà in seguito alle lesioni di un'aggressione squadrista, Gramsci sarà invece arrestato e morirà in prigione, dove scriverà peraltro i famosi ''[[Quaderni del carcere]]''.
 
Nel [[1931]] il regime impose ai professori universitari il [[Giuramento di fedeltà al fascismo]]; vi si opposero soltanto in dodici, di cui molti dell'[[Università di Torino]], tra cui [[Lionello Venturi]], [[Mario Carrara]] e [[Francesco Ruffini]]. A questi ultimi due, dopo la caduta del regime, la città dedicherà due importanti parchi cittadini: il [[Parco della Pellerina|Parco Carrara]] ed il [[Parco Ruffini]].
 
Il 15 maggio [[1939]] venne inaugurato il nuovo impianto industriale di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]] alla presenza di Mussolini ma, quella che doveva essere una cerimonia trionfale del regime, divenne una prima manifestazione di ostilità verso esso. Il Duce si trovò a parlare in un clima di freddezza dei lavoratori, segnati dal rincaro dei viveri dovuto alla politica dell'[[autarchia]] e dal timore dell'imminente guerra, che lo spazientì al punto di abbandonare il palco quando ad una sua domanda rivolta alla folla ricevette risposta solo da poche centinaia di persone sulle 50.000 presenti.<ref name= mirafiori />
 
==== Lo scoppio della seconda guerra mondiale ====
[[File:Three Stirling bombers taking off. Great Britain mod.jpg|miniatura|upright=1.3|Una formazione di [[Short S.29 Stirling|Stirling]] della [[Royal Air Force]] inglese. Simili aerei furono usati per bombardare la città]]
A causa della sua industrializzazione, con l'entrata in guerra nel [[seconda guerra mondiale|secondo conflitto mondiale]], il capoluogo piemontese fu la prima città ad essere bombardata (12 giugno [[1940]]) e quella più pesantemente danneggiata dalle incursioni aeree alleate, che procurarono ingentissime perdite e [[Sfollato|sfollamenti]] della popolazione verso le campagne circostanti. Alcune fonti stimano che nell'agosto [[1943]] più della metà della popolazione torinese, all'epoca composta da circa {{formatnum:600000}} abitanti, avesse abbandonata la città.<ref name= istoreto />. Il più tremendo bombardamento fu quello del 13 luglio [[1943]]: in tale occasione, 295 aerei britannici scaricarono sulla zona della [[FIAT]] [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]] 762 tonnellate di bombe, causando 792 morti e 914 feriti. 1.500 abitazioni rimasero danneggiate, e 431 furono rase al suolo.<ref>Bassignana P. Luigi, ''Torino sotto le bombe. Nei rapporti inediti dell'aviazione alleata'', Edizioni del Capricorno, 2003</ref>. La gestione dei rifugi sotterranei non fu peraltro ottimale, almeno fino al [[1942]], quando fu abbandonata l'inutile strategia delle trincee. In ogni caso, al dicembre [[1944]], sommando la capienza di tutti i rifugi solo il 15% della popolazione cittadina poteva disporre di un riparo antiaereo.<ref name=museodiffuso>[http://www.museodiffusotorino.it/luoghi.aspx ''Torino 1938 - 1948''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090525063815/http://www.museodiffusotorino.it/luoghi.aspx |data=25 maggio 2009 }}, museodiffusotorino.it</ref> Al termine della guerra si conteranno, in totale, 2.069 vittime dei bombardamenti alleati.<ref name= istoreto />
 
[[File:Fiat Mirafiori.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Vista aerea dell'impianto di [[Fiat Mirafiori]]. Gli stabilimenti industriali furono protagonisti di vari scioperi a oltranza nonché vittime dei continui bombardamenti [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleati]] durante la guerra]]
A causa della sua industrializzazione, con l'entrata in guerra dell'Italia nel [[seconda guerra mondiale|secondo conflitto mondiale]], il capoluogo piemontese fu la prima città ad essere bombardata (12 giugno [[1940]]) e quella più pesantemente danneggiata dalle incursioni aeree alleate, che procurarono ingentissime perdite e provocarono lo sfollamento di parte della popolazione verso i paesi della cintura torinese o verso le campagne. Per i continui bombardamenti nell'agosto del [[1943]] si arrivò a circa 465.000 abitanti, su un totale di 600.000, che abbandonarono la città. Di questi, 110.000 erano pendolari giornalieri.<ref name= istoreto />
 
Il più tremendo bombardamento che la città ricordi si ebbe il 13 luglio [[1943]]: in tale occasione, 295 aerei britannici scaricarono su Torino, avendo come bersaglio gli stabilimenti [[FIAT]] della zona [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]], 762 tonnellate di bombe, causando la morte di 792 persone e il ferimento di altre 914. 1.500 abitazioni rimasero danneggiate, e 431 furono rase al suolo.<ref>Bassignana P. Luigi, ''Torino sotto le bombe. Nei rapporti inediti dell'aviazione alleata'', Edizioni del Capricorno, 2003</ref>
 
La gestione dei rifugi antiaerei non fu peraltro ottimale in quanto solo nel [[1942]] si cominciarono a costruire veri e propri rifugi "antibomba"; in precedenza si era adottata l'inutile strategia delle trincee. In ogni caso, al dicembre [[1944]], sommando la capienza di tutti i rifugi solo il 15% della popolazione cittadina poteva disporre di un riparo antiaereo.<ref name= museodiffuso>[http://www.museodiffusotorino.it/luoghi.aspx ''Torino 1938 - 1948''], museodiffusotorino.it</ref>
Al termine della guerra si conteranno, in totale, 2.069 vittime dei bombardamenti alleati.<ref name= istoreto />
[[File:Fiat Mirafiori.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Vista aerea dell'impianto di [[Fiat Mirafiori]]. Gli stabilimenti industriali furono protagonisti di vari scioperi ad oltranza nonché vittime dei continui bombardamenti [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]] durante la guerra]]
 
==== Gli scioperi del marzo '43 ====
Con il proseguire della guerra e con lo scemare del consenso popolare verso il regime, la produzione viene scossa da scioperi di protesta. Dal [[1943]], però, il fenomeno di dissenso al regime viene fatto manifesto mediante scioperi ada oltranza, che si susseguirono fino al [[1945]], col risultato di paralizzare, molte volte, l'industria: il primo di essi si verificò l'8 marzo del '43, quando incrociarono le braccia sette stabilimenti,<ref>Ferriere Piemontesi, Tubi Metallici, Zenith, Fispa, FIAT aeronautica, FIAT ricambi, Guinzio e Rossi.</ref> seguiti, nei giorni tra il 9 e l'11 del mese, da un'altra ventina di industrie. Oltre al dissenso, gli scioperanti erano motivati dalla sempre più evidente penuria di alimentari e dai disastrosi risultati delle [[Campagna del Nordafrica|campagne d'Africa]] e [[Fronte orientale (1941-1945)|di Russia]]: conseguenza delle manifestazioni di protesta torinesi fu che anche altre città industriali del Nord, come [[Milano]], registrarono fenomeni di sciopero.
 
==== Resistenza e Liberazione ====
===== 1943 =====
Con l'avanzata degli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]], Torino fu nuovamente vittima dei bombardamenti, il 3, l'8, il 13 ede il 17 agosto [[1943]]. Intanto gli operai tornarono a scioperare a luglio e ad agosto, ma in entrambi i casi il generale [[Enrico Adami Rossi]] diede ordine di sparare sui manifestanti, provocando delle vittime.<ref>[http://metarchivi.istoreto.it/biografie/p_bio_vis.asp?id=534 ''Enrico Adami Rossi''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090618165246/http://metarchivi.istoreto.it/biografie/p_bio_vis.asp?id=534 |date=18 giugno 2009 }}, istoreto.it</ref>
[[File:Bundesarchiv Bild 101III-Pachnike-018-23, Italien, Sturmgeschütz der Waffen-SS.jpg|upright=1.3|miniatura|[[Panzer]] tedeschi occupano Torino dopo l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|annuncio dell'armistizio]]]]
 
Il 25 luglio, dopo lo [[sbarco in Sicilia|sbarco alleato in Sicilia]], [[Benito Mussolini|Mussolini]] fu costretto alle dimissioni dal [[Gran consiglio del fascismo]] e venne fatto arrestare dal [[Vittorio Emanuele III di Savoia|re]]. A seguito di ciò in città si ebbero delle prime manifestazioni di protesta popolare che portarono all'incendio della Casa Littoria di via Carlo Alberto, l'attuale [[Palazzo Campana (Torino)|Palazzo Campana]]<ref>La denominazione Palazzo Campana è stata istituita dopo la guerra. Questo fu un omaggio offerto al comandante partigiano giellista [[Felice Cordero di Pamparato]] detto appunto "''Campana''", giustiziato nel 1944 dai nazifascisti a Giaveno. La banda partigiana di cui faceva parte fu ridenominata Campana e fu la prima ad entrare nell'allora Casa Littoria nell'aprile del 1945. Tutto questo viene ricordato da una lapide all'esterno del palazzo, oggi sede della Facoltà di matematica dell'Università di Torino.</ref>, e della sede del gruppo rionale fascista di [[Borgo San Paolo]].<ref name= istoreto /> Dopo poche settimane l'[[Italia]] si [[Armistizio di Cassibile|arrese agli Alleati]] diramando il [[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|proclama Badoglio]] (8 settembre), l'esercito tedesco invase così il centro-[[nord Italia]], occupando le aree intorno a Torino dopo numerosi e cruenti scontri tra le divisioni hitleriane e le prime formazioni partigiane. La città venne presa nel pomeriggio del 10 settembre; i nazisti, guidati dal tenente colonnello [[Hugo Kraas]], insediarono il loro comando generale nel Palazzo degli Alti Comandi Militari di corso Oporto (l'attuale corso Matteotti). Nel frattempo, liberato Mussolini, i tedeschi lo misero a capo della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]], i territori ancora sotto il controllo dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] in Italia.
Dopo poche settimane l'[[Italia]] si [[Armistizio di Cassibile|arrese agli Alleati]] diramando il [[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|proclama Badoglio]] (8 settembre), l'esercito tedesco invase così il centro-[[nord Italia]], occupando le aree intorno a Torino dopo numerosi e cruenti scontri tra le divisioni hitleriane e le prime formazioni partigiane. La città venne presa nel pomeriggio del 10 settembre; i nazisti, guidati dal tenente colonnello [[Hugo Kraas]], insediarono il loro comando generale nel Palazzo degli Alti Comandi Militari di corso Oporto (l'attuale corso Matteotti). Nel frattempo, liberato Mussolini, i tedeschi lo misero a capo della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]], i territori ancora sotto il controllo dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] in Italia.
 
Dal 12 settembre venne imposto il [[coprifuoco]] alle otto di sera, il 14 venne emanata una disposizione che obbligava gli operai a riprendere il loro lavoro, il 18 fu intimato ai militari sbandati di presentarsi al comando tedesco, il 22 iniziarono i primi arresti. Finirono prigionieri anche [[Bruno Villabruna]], il podestà, ede altri funzionari, nominati dal governo Badoglio ede accusati di favorire i soldati alla diserzione. Tuttavia alcuni di essi si erano già riforniti di armi nelle caserme cittadine ede avevano intrapreso la lotta partigiana sulle montagne; altri invece decisero di rimanere in città, come [[Alessandro Brusasco]], prima vittima partigiana nella capitale sabauda, che, dopo aver effettuato un agguato ai tedeschi in stanza a Porta Nuova, si suicidò, dopo esser stato individuato, per non consegnarsi vivo. Il 17 novembre si verificò un nuovo [[sciopero generale]] che costrinse i tedeschi a far aumentare le paghe del 30% e a inviare in città, con pieni poteri, il 30 dello stesso mese, il generale delle [[SS]] Zimmermann.<ref>Massimo Novelli, {{cita web|http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/04/13/torino-ai-tempi-delle-ss.html|titolo=Torino ai tempi delle SS|editore=repubblica.it}}, 13 aprile 2005</ref><ref>Massimo Novelli, {{cita web|http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/09/06/raffiche-naziste-sulla-gente.html|titolo=Raffiche naziste sulla gente|editore=repubblica.it}}, 6 settembre 2003</ref>
Il 17 novembre si verificò un nuovo [[sciopero generale]] che costrinse i tedeschi a far aumentare le paghe del 30% e ad inviare in città, con pieni poteri, il 30 dello stesso mese, il generale delle [[SS]] Zimmermann.<ref>Massimo Novelli, {{cita web|http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/04/13/torino-ai-tempi-delle-ss.html|titolo=Torino ai tempi delle SS|editore=repubblica.it}}, 13 aprile 2005</ref><ref>Massimo Novelli, {{cita web|http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/09/06/raffiche-naziste-sulla-gente.html|titolo=Raffiche naziste sulla gente|editore=repubblica.it}}, 6 settembre 2003</ref>
[[File:Flag of Italian Committee of National Liberation.svg|sinistra|miniatura|Bandiera del [[Comitato di Liberazione Nazionale]]]]
 
Proprio durante l'occupazione tedesca si raggiunse l'apice della violenza nella repressione. I luoghi simbolo delle torture divennero tristemente famosi. La [[Sicherheitspolizei|SiPo]]-[[Sicherheitsdienst|SD]], polizia politica delle SS, guidata dal famigerato capitano [[Alois Schmidt]], si insediò nella "Pensione Nazionale", nell'attuale [[piazza C.L.N.]], dove le SS effettueranno gli interrogatori e le torture oltre che nei vari bracci del "[[Museo del carcere Le Nuove|Carcere Le Nuove]]"<ref>{{cita web|http://www.istoreto.it/torino38-45/nazionale.htm|titolo=Albergo Nazionale|editore=istoreto.it}}</ref>. La [[caserma "La Marmora" (Torino)|caserma "La Marmora"]] di via Asti ospitò invece il quartier generale dell'Ufficio Politico Investigativo (UPI) dei [[repubblichini]]; diverrà tristemente celebre per le torture e le sevizie inflitte ai sospettati di connivenza con la [[Resistenza italiana|Resistenza]]<ref name= museodiffuso />, così come i sotterranei della [[Palazzo Campana (Torino)|Casa Littoria]], nel frattempo riaperta, adibiti anch'essi a prigione per gli interrogatori e le torture.<ref name= istoreto />
 
Contemporaneamente, gli oppositori organizzarono la [[Resistenza italiana|Resistenza]] contro l'occupazione tedesca. I maggiori partiti (clandestini) antifascisti crearono, a livello nazionale, il [[Comitato di Liberazione Nazionale]] composto da esponenti di diverse culture: comunisti ([[Partito Comunista Italiano|PCI]]), socialisti ([[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1943)|PSIUP]]), democristiani ([[Democrazia Cristiana|DC]]), azionisti ([[Partito d'Azione|PdA]]), liberali ([[Partito Liberale Italiano|PLI]]) e demolaburisti ([[Partito Democratico del Lavoro (Italia)|PDL]]). Ogni partito disponeva peraltro sul controllo di proprie formazioni partigiane che venivano coordinate dal CLN stesso e da altri organi come il Comitato Militare Regionale Piemontese (CMRP), composto sia da politici sia da militari.<ref name = martinetto>{{cita web| http://www.istoreto.it/torino38-45/martinetto.htm|titolo=Martinetto|editore=istoreto.it}}</ref>
 
In ambito cittadino furono particolarmente attivi i [[Gruppi di Azione Patriottica]] (GAP), facenti parte delle [[Brigate Garibaldi]]. Questi furono organizzati da [[Giovanni Pesce]] e [[Ilio Barontini]], ambedue veterani nella [[guerra civile spagnola]], sul modello della [[Resistenza francese]]. I GAP erano composti da piccoli nuclei (fino a 6 gappisti) che agivano in clandestinità totale ede avevano il compito di effettuare azioni di sabotaggio odo agguati nei confronti delle truppe nazifasciste. Ai GAP furono affiancate le [[Squadre di azione patriottica|SAP]], composte da gruppi più numerosi ma operanti soprattutto in campagna e sui monti.<ref name = gap>Giovanni Pesce, ''Senza tregua. La Guerra dei GAP'', Feltrinelli, ristampa 2005</ref><ref>[http{{cita web|url=https://www.anpi.it/?biographybiografia/ilio-barontini|titolo=ilio_barontini ''Biografia di Ilio Barontini''|editore=[[ANPI],]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230406021827/https://www.anpi.it/biografia/ilio-barontini|urlmorto=no|dataarchivio=6 aprile 2023}}</ref><ref>[http{{cita web|url=https://www.anpi.it/?biographybiografia/giovanni-pesce|titolo=giovanni_pesce ''Biografia di Giovanni Pesce''|editore=[[ANPI],]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230305184105/https://www.anpi.it/biografia/giovanni-pesce|urlmorto=no|dataarchivio=5 marzo 2023}}</ref>
 
===== 1944 =====
 
[[File:Giuseppe Perotti.png|uprightverticale|miniatura|Il [[generale]] [[Giuseppe Perotti]], coordinatore del Comitato Militare Regionale Piemontese, arrestato durante una riunione clandestina nella sacrestia del Duomo di Torino, venne fucilato insieme ad altri esponenti del CLN il 5 aprile 1944 al poligono di tiro del Martinetto]]
Nel [[1944]] la situazione precipitò ulteriormente. Il comando tedesco, in collaborazione con le autorità fasciste, fece predisporre la partenza, dalla [[Stazione di Torino Porta Nuova|stazione di Porta Nuova]], di diversi treni carichi di ebrei ede oppositori politici, arrestati durante uno sciopero generale, diretti verso i [[Lista dei campi di concentramento nazisti|campi di concentramento nazisti]], in particolare quelli di [[Campo di concentramento di Mauthausen|Mauthausen]] e [[Campo di concentramento di Ravensbrück|Ravensbrück]].<ref name = museodiffuso /> Uno dei deportati torinesi più noti è stato [[Primo Levi]] (catturato in [[Valle d'Aosta]] mentre operava in una banda partigiana [[Giustizia e Libertà|giellista]]), internato dapprima nel [[campo di Fossoli]] ede in seguito in quello di [[Campo di concentramento di Auschwitz|Auschwitz]], che descrisse nel suo celebre romanzo "''[[Se questo è un uomo]]''".
 
Nel frattempo, dopo essere riusciti ada uccidere il gerarca [[Aldo Morej]], amico personale di Mussolini, i GAP eliminano un altro esponente fascista, nonché direttore della [[Gazzetta del Popolo]], [[Ather Capelli]]. A questa azione segue immediatamente una rappresaglia con l'uccisione di 5 prigionieri. Le continue azioni allertarono il segretario torinese del [[Partito Fascista Repubblicano|Partito Fascista]], [[Giuseppe Solaro]], tanto da fargli mandare un messaggio a Mussolini in cui chiedeva rinforzi perché convinto che in città fossero presenti più di 5000 gappisti.<ref name = "gap "/><ref name = "valentino">[http{{cita web|url=https://www.anpi.it/?biographybiografia/francesco-valentino|titolo=francesco_valentino ''Biografia di Francesco Valentino''|editore=[[ANPI],]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230404171334/https://www.anpi.it/biografia/francesco-valentino|urlmorto=no|dataarchivio=4 aprile 2023}}</ref>
 
Il 31 marzo venne arrestata buona parte del CMRP mentre era in corso una riunione clandestina nella sacrestia del [[Duomo di Torino|Duomo]]. Nella stessa azione furono rastrellate un'altra quarantina di persone che si trovavano nelle vie limitrofe. I prigionieri furono trasferiti al carcere “Le Nuove”, interrogati e successivamente processati. Il processo ebbe risalto nazionale tanto che lo stesso Mussolini si accertò che fosse stato rapido e severo, dimostrando così all'alleato tedesco l'affidabilità e l'efficienza delle organizzazioni fasciste. AdA emanare la sentenza vi furono l'allora ministro dell'interno [[Guido Buffarini Guidi|Buffarini]], il commissario straordinario [[Paolo Zerbino|Zerbino]] ede il federale Solaro. Il 5 aprile i prigionieri condannati a morte, 8 tra cui il generale [[Giuseppe Perotti|Perotti]], furono trasferiti al [[Sacrario del Martinetto|poligono del Martinetto]] e lì fucilati. Questo luogo venne più volte usato dai nazifascisti per eseguire le fucilazioni.<ref name="martinetto"/><ref>{{cita web|url=https://www.anpi.it/biografia/giuseppe-perotti|titolo=Giuseppe Perotti|editore=[[ANPI]]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230404171335/https://www.anpi.it/biografia/giuseppe-perotti|urlmorto=no|dataarchivio=4 aprile 2023}}</ref>
Il 5 aprile i prigionieri condannati a morte, 8 tra cui il generale [[Giuseppe Perotti|Perotti]], furono trasferiti al [[Sacrario del Martinetto|poligono del Martinetto]] e lì fucilati. Questo luogo venne più volte usato dai nazifascisti per eseguire le fucilazioni.<ref name = martinetto /><ref>[http://www.anpi.it/?biography=giuseppe_perotti ''Biografia di Giuseppe Perotti''], anpi.it</ref>
 
Il 2 aprile, a seguito dell'uccisione di un caporale tedesco, il comando nazista ordinò come atto di rappresaglia l'[[Eccidio del Pian del Lot|uccisione di 27 detenuti]]. Questi furono portati al Pian del Lot, nella [[Colline del Po|collina torinese]], e lì mitragliati a gruppi di quattro sul ciglio di una fossa comune. I loro corpi furono coperti dalla terra quando alcuni di essi erano ancora in vita, secondo la testimonianza di [[Giovanni Borca]], uno dei prigionieri che ebbe il compito di ricoprire la fossa, riscoperta poi a guerra conclusa.<ref>[http://www.istoreto.it/torino38-45/piandelot.htm ''Scheda sull’eccidiosull'eccidio del Pian del Lot''], istoreto.it</ref>
 
Una delle azioni più eclatanti dei GAP fu l'attacco alla stazione radio [[EIAR]] sulla [[Stura di Lanzo|Stura]] che disturbava le comunicazioni di [[Radio Londra]], la celebre stazione con cui gli Alleati comunicavano messaggi in codice alle forze partigiane. Questo assalto ebbe però pesanti conseguenze; i quattro gappisti, comandati da Pesce, dopo aver distrutto la stazione e graziato i militi di guardia, finirono accerchiati dalle [[Brigate Nere]]. Due di essi, [[Giuseppe Bravin|Bravin]] e [[Francesco Valentino|Valentino]], vennero feriti e catturati, mentre Pesce riuscì a portare in salvo il quarto gappista, [[Dante Di Nanni]], nella base di via San Bernardino, a Torino. Siccome quest'ultimo era gravemente ferito, Pesce si allontanò per organizzare il trasporto per l'intervento medico, ma al suo rientro trovò la casa circondata dalle truppe nazifasciste. Di Nanni oppose una strenua resistenza eliminando diversi soldati e mettendo fuori uso un'autoblindoautoblindata ede un carro armato, lanciando bombe a mano e cariche esplosive dalla sua finestra, ma, quando finì le munizioni dopo tre ore di assedio, si trascinò fino alla ringhiera del balcone e, dopo aver salutato la folla che si era raccolta, si gettò nel vuoto per non consegnarsi vivo.<ref name = "gap "/><ref>[http{{cita web|url=https://www.anpi.it/?biography=dante_di_nanni ''Biografia biografia/dante-di -nanni|titolo=Dante Di Nanni''|editore=[[ANPI],]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230816001302/https://www.anpi.it/biografia/dante-di-nanni|urlmorto=no|dataarchivio=16 agosto 2023}}</ref>
 
I due catturati subirono invece una dura sorte. Dopo essere stati presi, vennero ripetutamente seviziati e torturati per poi essere impiccati, il 22 luglio in posti diversi. Quel giorno Valentino verrà impiccato insieme ad altri tre partigiani, tra cui [[Ignazio Vian]], comandante di una formazione partigiana a [[Boves]]. Le modalità dell'esecuzione furono particolarmente cruente; diverse centinaia di persone, nei pressi di [[stazione di Porta Susa (1854)|Porta Susa]], furono rastrellate e costrette ad assistere all'impiccagione in corso Vinzaglio angolo via Cernaia. I corpi furono lasciati sul posto come monito. Questo avvenimento segnò profondamente la città al punto che, a guerra finita, la cattura di Solaro fu seguita dall'esecuzione di quest'ultimo nello stesso posto, sempre per impiccagione.<ref name = "valentino "/><ref>[http{{cita web|url=https://www.anpi.it/?biographybiografia/ignazio-vian|titolo=ignazio_vian ''Biografia di Ignazio Vian''|editore=[[ANPI],]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230404171335/https://www.anpi.it/biografia/ignazio-vian|urlmorto=no|dataarchivio=4 aprile 2023}}</ref><ref>[http{{cita web|url=https://www.anpi.it/?biographybiografia/giuseppe-bravin|titolo=giuseppe_bravin ''Biografia di Giuseppe Bravin''|editore=[[ANPI],]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230404171335/https://www.anpi.it/biografia/giuseppe-bravin|urlmorto=no|dataarchivio=4 aprile 2023}}</ref>
 
L'11 giugno [[1944]], a seguito dei continui bombardamenti, i vertici nazisti ordinano alla FIAT, il trasferimento coatto dei macchinari (nonché di alcuni operai), ritenuti indispensabili, presso l'[[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]], allora annesso al [[Germania nazista|Reich nazista]]. La situazione si farà molto delicata quando gli operai verranno a conoscenza del piano e bloccheranno i settori coinvolti. Lo stallo si risolse il 22 quando un “provvidenziale” bombardamento distrusse l'"Officina 17", obbligando i tedeschi a rinunciare al loro piano.<ref name= mirafiori /><ref>Il funzionario FIAT Rognetta, nell'immediato dopoguerra, sostenne che i bombardamenti furono richiesti dalla ''Franchi'', la formazione fondata da [[Edgardo Sogno]] legata ai [[Special Operations Executive|servizi inglesi]], e che la direzione aziendale non ne era al corrente</ref> Il 20 novembre, il dirigente FIAT [[Vittorio Valletta|Valletta]] comunicò l'avvenuto accordo con i tedeschi per una grande commessa sulla costruzione di mezzi militari. Questa era accompagnata da un ulteriore aumento dell'orario lavorativo settimanale di 8 ore. La risposta dei lavoratori fu nettamente contraria, arrivando a bloccare la produzione. La protesta fu seguita dalla decisione dei vertici di imporre la serrata di Mirafiori per otto giorni. Le autorità nazifasciste procedettero quindi all'arresto di 1350 lavoratori, tra operai e impiegati, nei soli stabilimenti Lingotto e Mirafiori.<ref name= mirafiori />
Il 20 novembre, il dirigente FIAT [[Vittorio Valletta|Valletta]] comunicò l'avvenuto accordo con i tedeschi per una grande commessa sulla costruzione di mezzi militari. Questa era accompagnata da un ulteriore aumento dell'orario lavorativo settimanale di 8 ore. La risposta dei lavoratori fu nettamente contraria, arrivando a bloccare la produzione. La protesta fu seguita dalla decisione dei vertici di imporre la serrata di Mirafiori per otto giorni. Le autorità nazifasciste procedettero quindi all'arresto di 1350 lavoratori, tra operai e impiegati, nei soli stabilimenti Lingotto e Mirafiori.<ref name= mirafiori />
 
Nelle zone fuori dalla città operavano, come detto, diverse formazioni partigiane che usavano i monti come luogo di copertura da cui far partire gli attacchi a valle. Una di queste formazioni, la 17ª [[Brigate Garibaldi|Brigata Garibaldi]], intensificò i propri attacchi nelle zone di [[Rivoli]] e [[Grugliasco]], causando preoccupazione nei vertici nazifascisti. Venne così organizzata una spedizione militare dalla città verso il [[Colle del Lis]], dove si svolse una cruenta battaglia. Questa terminò con la cattura di alcuni partigiani, 26, che vennero torturati e trucidati sul posto (''[[eccidio del Colle del Lys]]''), il 2 luglio.<ref>[{{Cita web |url=http://www.colledellys.it]/ |titolo=Copia archiviata |accesso=8 ottobre 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101001110639/http://www.colledellys.it/ |dataarchivio=1º ottobre 2010 |urlmorto=sì }}</ref>
 
===== 1945 =====
[[File:Giovanni Pesce.jpg|sinistra|uprightverticale|miniatura|[[Giovanni Pesce]], organizzatore dei GAP a Torino insieme adcon [[Ilio Barontini]]]]
Il 13 marzo [[1945]], membri delle Brigate Nere [[Eccidio della famiglia Arduino|sterminano un'intera famiglia]]. Gaspare Arduino, operaio FIAT nonché organizzatore di alcune squadre SAP venne prelevato nella notte e giustiziato mentre le figlie Vera e Libera, anch'esse impegnate nella Resistenza, saranno uccise nei pressi della [[Pellerina]]. Morì anche un loro vicino di casa, Pierino Montarolo, ma si salvarono altre due persone, rimaste solamente ferite.<ref>[http://intranet.istoreto.it/lapidi/cheilsilenziononsiasilenzio.pdf ''Biografie di Gaspare, Vera e Libera Arduino''], istoreto.it</ref>
 
Un importante centro clandestino della Resistenza fu la conceria Fiorio di via san Donato. Qui passarono alcuni finanziamenti degli alleati al CLN ede operarono due missioni: la "''Stella''" del capitano Giuliani, appoggiata dagli [[Inghilterra|inglesi]], e la missione [[statunitense]] guidata dal [[Cecoslovacchia|cecoslovacco]] Panek. Nel marzo del [[1945|'45]] ospitò alcune riunioni tra il CLN e [[Aldobrando Medici Tornaquinci]], il sottosegretario alle Terre occupate, paracadutato nelle [[Langhe]] dal governo di [[Roma]] e giunto poi nel capoluogo piemontese per pianificare le fasi insurrezionali e gli assetti istituzionali del dopo liberazione.<ref>{{cita web|http://www.istoreto.it/torino38-45/fiorio.htm|titolo=Conceria Fiorio|editore=istoreto.it}}</ref>.
Nel marzo del [[1945|'45]] ospitò alcune riunioni tra il CLN e [[Aldobrando Medici Tornaquinci]], il sottosegretario alle Terre occupate, paracadutato nelle [[Langhe]] dal governo di [[Roma]] e giunto poi nel capoluogo piemontese per pianificare le fasi insurrezionali e gli assetti istituzionali del dopo liberazione.<ref>{{cita web|http://www.istoreto.it/torino38-45/fiorio.htm|titolo=Conceria Fiorio|editore=istoreto.it}}</ref>.
 
In questo clima si arrivò all'aprile del [[1945|'45]]. Il 18, il CLN proclamò lo sciopero generale, ma i lavoratori non poterono uscire dagli stabilimenti in quanto presidiati esternamente dai carri armati. Il 25 ci fu il definitivo ordine di insurrezione generale e gli stabilimenti vennero occupati dai lavoratori per essere protetti da eventuali rappresaglie. I tedeschi spararono oltre 60 colpi sullo stabilimento Mirafiori, causando diverse vittime, ma a sua volta un panzer venne colpito da un cannoncino situato nello stabilimento; a quel punto i tedeschi evitarono di proseguire l'attacco, temendo che gli occupanti avessero numerose armi e munizioni per difenderlo. Situazioni simili si verificarono negli altri stabilimenti e nei punti strategici precedentemente occupati dagli insorti.<ref name= mirafiori />
 
{{qCitazione|Aldo dice 26 x 1. Nemico in crisi finale. Applicate piano E27. Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga. Fermate tutte le macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette. Comandi Zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strada Genova – Torino et Piacenza – Torino|Comunicato di insurrezione generale del CMRP, 24 aprile 1945, ore 19<ref name = cardetta>Daniele Cardetta, [http://www.nuovasocieta.it/inchieste/5445-aldo-dice-26-per-1.html ''Aldo dice 26 per 1''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100427014406/http://www.nuovasocieta.it/inchieste/5445-aldo-dice-26-per-1.html |data=27 aprile 2010 }}, nuovasocietà.it, 23 aprile 2010</ref>}}
 
{{Citazione|Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.|{{Link audio|Pertini proclama lo sciopero generale a Milano 25 aprile 1945.ogg|Pertini proclama lo sciopero generale, Milano, 25 aprile 1945}}}}
[[File:Agosti 6 maggio.jpg|upright=1.3|miniatura|[[Giorgio Agosti]] (a destra in abiti borghesi), nuovo questore della città (nominato dal [[CLN]]), durante la ''Sfilata della Liberazione'', [[Piazza Vittorio Veneto (Torino)|piazza Vittorio Veneto]], 6 maggio [[1945]]<ref>''[http://www.immaginidistoria.it/immagine2.php?id=33&id_img=843 Giorgio Agosti alla sfilata della Liberazione] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121104153909/http://www.immaginidistoria.it/immagine2.php?id=33&id_img=843 |data=4 novembre 2012 }}'', istoreto</ref>]]
 
Il 25, come detto, il CLN rende operativo il piano "E27" (''Emergenza 27'') con il quale si comunicava alle formazioni partigiane della III, IV e VIII zona di marciare su Torino, contemporaneamente all'insurrezione cittadina organizzata dai GAP e dalle SAP per la difesa dei punti strategici. Sono i reparti partigiani dell'VIII zona (il [[Monferrato]]) i primi ad appropriarsi dei quartieri periferici dell'oltre Po. Il 27 giungono anche le formazioni delle valli alpine, che erano state trattenute dalla confusione creata dal colonnello inglese Stevens, il quale intendeva ritardare l'attacco: è di questa data l'espugnazione della caserma fascista di via Asti e la costrizione imposta all'esercito tedesco di asserragliarsi presso il palazzo degli Alti Comandi di Corso Matteotti.<ref name = cardetta /><ref name = liberazione>{{cita web| http://www.istoreto.it/torino38-45/liberazione.htm|titolo=Liberazione|editore=istoreto.it}}</ref>.
Sono i reparti partigiani dell'VIII zona (il [[Monferrato]]) i primi ad appropriarsi dei quartieri periferici dell'oltre Po. Il 27 giungono anche le formazioni delle valli alpine, che erano state trattenute dalla confusione creata dal colonnello inglese Stevens, il quale intendeva ritardare l'attacco: è di questa data l'espugnazione della caserma fascista di via Asti e la costrizione imposta all'esercito tedesco di asserragliarsi presso il palazzo degli Alti Comandi di Corso Matteotti.<ref name = cardetta /><ref name = liberazione>{{cita web| http://www.istoreto.it/torino38-45/liberazione.htm|titolo=Liberazione|editore=istoreto.it}}</ref>.
 
A questo punto iniziarono le trattative della resa, con i fascisti disposti a concedere il passaggio dei poteri ede i tedeschi pronti a trattare per la ritirata. In questa situazione ebbe notevole importanza il ruolo di mediatore del cardinale [[Maurilio Fossati]] e del clero torinese. I tedeschi ricevettero però il rifiuto di farla attraversare alla V5. ede alla XXXIV34. Divisione, in avvicinamento al capoluogo piemontese, nonostante la minaccia nazista di trasformare Torino in una “seconda [[Rivolta di Varsavia|Varsavia]]”. Nella notte tra il 27 ede il 28 aprile i tedeschi in città, ormai intrappolati, optarono per una rapida ritirata forzando i blocchi a [[Chivasso]], sancendo così la definitiva liberazione di Torino, fatti salvi gli ultimi cecchini fascisti, appostati in alcuni edifici, che tentarono un'ultima quanto disperata resistenza.<ref name = cardetta /><ref name = liberazione />
 
Il clima di euforia fu tragicamente interrotto quando, il 30 aprile [[1945]], giunsero i tedeschi in ritirata dalla [[Liguria]], la XXXIV Panzer34. DivisionInfanteriedivision del generale [[Hans Schlemmer]], i quali aggirarono il blocco cittadino passando tra [[Grugliasco]] e [[Collegno]]. Qui i nazisti si macchiarono di un grave crimine ai danni della popolazione locale compiendo un eccidio che causerà la [[Strage di Grugliasco e Collegno|morte di sessantotto persone]]. La XXXIV34ª Divisione di Fanteria non riuscì però a fuggire, accerchiata dalle forze partigiane dovette arrendersi agli alleati, nel frattempo giunti a Torino.<ref name = cardetta /><ref>[http://www.comune.grugliasco.to.it/dlFiles/Testoistanza.pdf ''Strage di Grugliasco e Collegno. Descrizione dei fatti''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20060609035332/http://www.comune.grugliasco.to.it/dlFiles/Testoistanza.pdf |data=9 giugno 2006 }}, comune di Grugliasco</ref>
[[File:Martinetto 25 aprile 2010 003.jpg|upright=1.3|miniatura|Commemorazione del [[Anniversario della liberazione|25 aprile]] al [[Sacrario del Martinetto]]]]
 
Difatti, un contingente [[brasile|brasiliano]] facente parte della V Armata entrerà in città il 3 maggio, preceduto da una piccola avanguardia (30 aprile).<ref name = liberazione /> L'incarico di questore sarà affidato a [[Giorgio Agosti]], già [[commissario politico]] regionale delle formazioni di ''[[Giustizia e Libertà]]'' insieme a [[Duccio Galimberti]] e [[Dante Livio Bianco]].<ref>{{cita web|url=https://www.anpi.it/biografia/giorgio-agosti|titolo=Giorgio Agosti|editore=[[ANPI]]|opera=Donne e Uomini della Resistenza|accesso=|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230926130413/https://www.anpi.it/biografia/giorgio-agosti|urlmorto=no|dataarchivio=26 settembre 2023}}</ref>
L'incarico di questore sarà affidato a [[Giorgio Agosti]], già [[commissario politico]] regionale delle formazioni di ''[[Giustizia e Libertà]]'' insieme a [[Duccio Galimberti]] e [[Dante Livio Bianco]].<ref>[http://www.anpi.it/?biography=giorgio_agosti ''Biografia di Giorgio Agosti''], anpi.it</ref>
 
Durante la Resistenza è da segnalare inoltre la presenza di oltre 700 partigiani [[sovietici]] in [[Piemonte]]. Questi, costretti ad arruolarsi negli [[Ost-Bataillon]] della [[Wehrmacht]] durante l'[[Fronte orientale (1941-1945)|avanzata tedesca verso est]], finirono a combattere anche in [[Italia]], dove in molti disertarono. È stata riscontrata una nutrita presenza in [[Val di Susa]] nonché a Torino, dove 86 caduti sovietici trovano tuttora riposo nel Cimitero Monumentale.<ref>Massimiliano Ferraro, [http://www.ilgiornaledelfriuli.net/politics/friuli/i-partigiani-sovietici-tra-piemonte-e-friuli-di-massimiliano-ferraro/ ''I partigiani sovietici tra Piemonte e Friuli''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130814001015/http://www.ilgiornaledelfriuli.net/politics/friuli/i-partigiani-sovietici-tra-piemonte-e-friuli-di-massimiliano-ferraro/ |data=14 agosto 2013 }}, ilgiornaledelfriuli.net, 25 settembre 2010</ref><ref>"''Rukà ob Ruku - Fianco a Fianco''", documentario di Marcello Varaldi, a cura dell'associazione Russkij Mir</ref>
 
Il 29 maggio [[1959]], la ''l'Invitta capitale di una regione guerriera'', come venne definita Torino in tale occasione, ricevette la [[Medaglia d'oro al valor militare]] per l'ingente numero di morti e per le lotte partigiane qui accaduti. Viene qui riportato un frammento della motivazione:
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Il tributo pagato da Torino fu infatti altissimo: 11 impiccati, 271 fucilati, 12.000 arrestati, 20.000 deportati, 132 caduti e 611 feriti in fatti d'arme.<ref>[http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=18875&iddecorato=17971 ''Onorificenze della Presidenza della Repubblica'']</ref>
 
=== Torino nella Prima Repubblica ===
{{notaApprofondimento|titolo=La Tragedia di Superga
|contenuto=
Il 4 maggio [[1949]], l'aereo che,della squadra di ritornocalcio dadel Lisbona"[[Grande Torino]]", stavain trasportandoritorno i giocatori delda [[Grande TorinoLisbona]], si schiantò contro il muraglioneretro della basilica[[Basilica di Superga]], causando la morte dei giocatori, dei dirigenti, degli accompagnatori, dell'equipaggio e di tre giornalisti sportivitutti. L'impatto emotivo fu enorme, anche perché la squadra torinese era stata uno dei vanti della nazione in ambito sportivo: quasi un milione di persone parteciparono ai funerali, a Torino, mentre ancora oggi, sul muro della basilica, una lapide ricorda l'avvenimento.
{{vedi anche|Tragedia di Superga}}
}}
Nonostante Torino fosse storicamente la terra d'origine dei [[Casa Savoia|Savoia]], allo spoglio delle schede del [[referendum]] del 2 giugno [[1946]] nella circoscrizione torinese (che comprendeva anche il [[Piemonte]] settentrionale), la [[nascita della Repubblica Italiana|Repubblica]] ottenne quasi il 60% degli elettori (803.191 voti per la repubblica contro i 537.693 per la monarchia<ref>Dati Istat, in Malnati, pagina 234</ref>), a fronte di una media nazionale del 55%. I monarchi, esiliati dal paese, lasciarono comunque la [[Sacra Sindone]], ancora di loro proprietà, nel capoluogo piemontese; il [[Sacra Sindone|Sacro lino]], secondo il testamento di [[Umberto II di Savoia]], verrà poi ufficialmente donato a [[Papa Giovanni Paolo II]] nel [[1983]], il quale deciderà di lasciarla sempre a Torino.
{{nota|titolo=La tempesta sulla Mole e l'incendio del Duomo
{{Approfondimento|titolo=La tempesta sulla Mole
|contenuto=
Il 23 maggio [[1953]] una forte tempesta causò il crollo di 40 metri della guglia della [[Mole Antonelliana]].
 
La ricostruzione avvenne rinforzando la struttura con uno scheletro d'acciaio, e terminò nel [[1961]].
Il 23 maggio [[1953]] Torino venne colpita da una forte tempesta che causerà il crollo di circa 40 metri della guglia della [[Mole Antonelliana]].
In precedenza la Mole fu coinvolta da altri due incidenti: il 23 febbraio [[1887]], l'edificio fu minacciato da un terremoto, mentre l'11 agosto [[1904]] un nubifragio abbatté il genio alato in cima, poi sostituito dalla stella.
La ricostruzione di questa avvenne rinforzando la struttura con uno scheletro d'acciaio e terminò nel [[1961]].
In precedenza la Mole era già stata coinvolta da due incidenti: il 23 febbraio [[1887]] l'edificio fu parzialmente danneggiato da un terremoto mentre l'11 agosto [[1904]] un altro violento nubifragio abbatté il genio alato posto sulla sua sommità e che sarà sostituito dall'attuale stella.<br />Nella notte tra l'11 e il 12 aprile [[1997]] un incendio, provocato da un corto circuito, danneggia pesantemente la [[Cappella della Sacra Sindone|Cappella del Guarini]] del [[Duomo di Torino|Duomo]] e la stessa [[Sindone di Torino|Sindone]] viene sottratta alle fiamme dai vigili del fuoco che ruppero a martellate la robusta teca che la custodiva. La Cappella è tuttora soggetta a restauro.
}}
{{nota|titolo=L'Autunno caldo e la Marcia dei 40000
|contenuto= [[File:Sciopero autunno caldo.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.7|Manifestazione in via Roma durante l'''Autunno caldo'', 1969]]
 
=== Il boom economico ===
Torino, polo industriale italiano per eccellenza nel dopoguerra, fu una delle città simbolo delle lotte operaie. Dopo la stagione delle contestazioni del ''Sessantotto'', l'anno successivo si ebbe il cosiddetto ''Autunno caldo'', un periodo di mobilitazione di operai e studenti che portò in seguito diverse conquiste sociali, in primis lo ''[[Statuto dei lavoratori]]''. Al contrario nel 1980 si ebbe l'annuncio della FIAT di 20000 esuberi che sfociò in uno sciopero ad oltranza con picchettaggio agli ingressi dello stabilimento. Il 14 ottobre si svolse una manifestazione di quadri ed impiegati per tornare al lavoro (detta appunto ''Marcia dei 40000''), costringendo il sindacato a chiudere la trattativa con l'azienda ridimensionando le proprie richieste. Questo evento è considerato come l'inizio del declino del potere dei sindacati italiani e della crisi industriale della città.
La rinascita della città, sia a livello industriale sia economico, fu quasi immediata. Dal [[1950]] circa, la città verrà quasi sempre identificata con la fabbrica di automobili e coi suoi proprietari, la [[Agnelli (famiglia)|famiglia Agnelli]]. L'incipiente produzione di massa di automobili per tutta l'Italia e oltre, soprattutto i modelli popolari della [[Fiat Nuova 500|Fiat 500]] e della [[Fiat 600]], richiameranno un [[Emigrazione italiana#L'emigrazione interna|flusso migratorio interno]] di lavoratori, provenienti da tutta l'[[Italia meridionale]] e dal [[Triveneto]], nel ventennio [[1950]]-[[1970]]. Oltre Torino, tale flusso interesserà anche le vicine città di [[Genova]] e [[Milano]], anch'esse in rapida espansione economica, in quello che verrà chiamato il [[triangolo industriale]]. La seconda metà degli [[anni 1950|anni cinquanta]] vide inoltre un rapido sviluppo edilizio. Nel [[1955]], al [[Parco Michelotti]] in riva al Po, fu anche inaugurato un [[zoo di Torino|giardino zoologico]]. Nel [[1961]], in pieno [[Miracolo economico italiano|boom economico]], per celebrare i [[Anniversario dell'Unità d'Italia|cent'anni dell'unità del paese]], fu allestita una grande vetrina denominata "[[Italia '61]]" (o [[Expo 1961|Expo '61]]), nella zona [[Nizza Millefonti]]. Furono costruite opere quali il [[Palazzo a Vela]], [[Palazzo del Lavoro]] (chiamato anche Palazzo Nervi, o B.I.T.), una [[monorotaia di Torino|monorotaia sopraelevata]] collegata con il [[Parco del Valentino]], a sua volta collegata con la collina di [[Parco Europa|Cavoretto]] mediante un'[[Cabinovia|ovovia]] sospesa, una ruota panoramica, un teatro "[[Circarama]]" e una scuola per giovani imprenditori. Tra i visitatori, si ricordano anche nomi illustri, quali il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente]] [[Giovanni Gronchi|Gronchi]] (che la inaugurò insieme ad [[Gianni Agnelli|Agnelli]]), e la regina [[Elisabetta II del Regno Unito]].
{{vedi anche|Il Sessantotto|Autunno caldo|Marcia dei 40000}}
}}
==== La nascita della Repubblica ====
Dopo la guerra venne indetto un [[referendum]], il 2 giugno [[1946]], per scegliere tra la forma [[repubblica]]na o quella [[Monarchia|monarchica]]. Nonostante il fatto di essere la terra natale dei [[Casa Savoia|Savoia]], la Repubblica vinse nella circoscrizione di Torino, che comprendeva anche il nord [[Piemonte]], con la preferenza di quasi il 60% degli elettori (803.191 voti per la repubblica contro i 537.693 per la monarchia<ref>Dati Istat, in Malnati, pagina 234</ref>), a fronte di una media nazionale del 55% circa che sancì comunque la [[nascita della Repubblica Italiana]].
 
==== Immigrazione ====
La rinascita della città, a livello industriale, è quasi immediata, data la presenza degli stabilimenti FIAT: già nel [[1955]] veniva lanciata sul mercato la [[Fiat 600|600]], un modello destinato ad avere una grande diffusione su larga scala. L'amministrazione civica e quella FIAT acconsentirono, così, a dare il via ai lavori per ampliare gli stabilimenti torinesi, aumentando anche i posti di lavoro disponibili: la città fu invasa da moltissimi italiani provenienti dalle regioni ancora prevalentemente agricole del Sud, e Torino si trovò impreparata a gestire un così grande flusso di persone. La situazione fu più tesa nei quartieri periferici, ove la maggiore presenza di immigrati meridionali creò spesso notevoli screzi con gli inquilini torinesi.
 
==== Italia '61 ====
{{vedi anche|Italia '61}}
Nel [[1961]], per celebrare i cent'anni dell'unità del paese, venne allestita la grande mostra [[Italia '61]] nella zona presso [[Nizza Millefonti]], un tempo, quando ancora la città era piccola e non si era ancora conosciuta la spinta delle macchine, area di aperta campagna, luogo degli svaghi della corte sabauda. La grande mostra storica progettata dal comune si svolse nel [[Palazzo a Vela]], nel Palazzo del lavoro (o Palazzo Nervi) e nei 20 padiglioni dedicati ognuno ad una regione italiana. Notevole interesse viene posto attorno alla [[monorotaia di Torino|monorotaia]] che collegava i due estremi dell'area espositiva, dismessa tuttavia alla fine dell'esposizione e mai più utilizzata.
 
=== I problemi operai ===
Tra i visitatori della mostra, si ricordano anche nomi illustri, quali [[Giovanni Gronchi]], che la inaugurò, e la regina [[Elisabetta II del Regno Unito]].
[[File:Sciopero autunno caldo.jpg|miniatura|upright=0.7|Manifestazione in via Roma del 1969]]
Nel luglio [[1962]], il rinnovo del contratto dei metallurgici che la [[Unione Italiana del Lavoro (1950)|UIL]] e il [[Sindacato Italiano Dell'Auto|SIDA]], quest'ultimo controllato dalla dirigenza FIAT, non fu condiviso da [[CGIL]] e [[CISL]], e questo portò alle prime manifestazioni dei militanti della CGIL e del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] in [[piazza Statuto]], ov'era la sede della UIL. Dopo i lanci di sassi, [[polizia]] e [[carabinieri]] intervennero, con oltre mille [[Fermo identificativo|fermi]] e di un centinaio di feriti, dei quali una settantina tra i poliziotti. Ne seguì un [[Processo (diritto)|procedimento giudiziario]] che si concluse con la [[Pena|condanna]] di 31 dei 36 [[imputato|imputati]], 3 [[Assoluzione (diritto)|assoluzioni]] e 2 [[Perdono giudiziale|perdoni giudiziali]] per [[minorenne|minore età]]<ref>''Concluso con 31 condanne su 36 imputati il processo per i fatti di piazza Statuto '', Stampa Sera, 27 luglio 1962</ref>. Seguirono anni di sostanziale tranquillità, favoriti dal crescente benessere economico e dalle trattative tra FIAT e il [[URSS|governo sovietico]] che sfociarono nel protocollo di collaborazione, siglato nel [[1965]], per la costruzione della [[Lada-Vaz]] a [[Togliatti (Russia)|Togliatti]].
 
==== AgitazioniGli anni di piombo ====
Come per il resto d'Italia, il periodo di rivoluzione sociale, culturale e occupazionale torinese inizia con i primi [[Collettivo|collettivi]] studenteschi, che anticiparono di poco il più noto [[Il Sessantotto|movimento di protesta del 1968]], attraverso l'occupazione della sede universitaria di [[Palazzo Campana (Torino)|Palazzo Campana]] nel novembre [[1967]] (scena che si vede anche nel film "''[[La meglio gioventù]]''", di [[Marco Tullio Giordana]] del [[2003]]). Sull'onda della contestazione giovanile, si affiancò il disagio della mancanza di diritti lavorativi della classe operaia che, in quel periodo popolava l'ampio settore siderurgico-industriale della città, via via sempre più organizzato in vari [[Movimento operaio|movimenti operai]] e aggregazioni in [[sindacalismo rivoluzionario|sindacati]] (ad esempio, il Sindacato dei Consigli, la Lega [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]], quindi la [[Federazione Italiana Metalmeccanici|FIM]], la [[Federazione Impiegati Operai Metallurgici|FIOM]], la [[Confederazione Generale Italiana del Lavoro|CGIL]]<ref>{{Cita web |url=http://old.cgil.it/CGIL/Storia/Storia.aspx#C10 |titolo=Copia archiviata |accesso=9 agosto 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170225033513/http://old.cgil.it/CGIL/Storia/Storia.aspx#C10 |dataarchivio=25 febbraio 2017 |urlmorto=sì }}</ref>.
Nel luglio [[1962]] il problema del rinnovo del contratto dei metallurgici, che la [[Unione Italiana del Lavoro (1950)|UIL]] e il [[Sindacato Italiano Dell'Auto|SIDA]] - il sindacato controllato dalla FIAT - aveva accettato in contrasto con [[CGIL]] e [[CISL]], portò molti militanti della CGIL e del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] in [[piazza Statuto]], ov'era la sede della UIL. Dopo i lanci di sassi contro le vetrate del palazzo, [[polizia]] e carabinieri intervennero caricando i dimostranti, con il risultato di oltre mille [[Fermo di polizia|fermi]] e di un centinaio di feriti, dei quali una settantina tra i poliziotti. Ne seguì un [[Processo (diritto)|procedimento giudiziario]] che si concluse con la [[Pena|condanna]] di 31 dei 36 [[imputato|imputati]], 3 [[Assoluzione (diritto)|assoluzioni]] e 2 [[Perdono giudiziale|perdoni giudiziali]] per [[minorenne|minore età]].<ref>''Concluso con 31 condanne su 36 imputati il processo per i fatti di piazza Statuto '', Stampa Sera, 27 luglio 1962</ref>
[[File:Fiat Mirafiori 001.JPG|upright=1.3|sinistra|miniatura|Facciata della [[Fiat Mirafiori]]]]
Nel [[1969]], l'industria [[FIAT]] assunse altri 15.000 operai, ma ciò non servì a placare la tensione sociale, sfociata in vari scontri il 3 luglio dello stesso anno, successivamente sedati grazie all'intervento del cardinal [[Michele Pellegrino|Pellegrino]] (che difese la causa operaia, sostenendo lo sciopero del [[1973]] e introduendo la "pastorale del lavoro"). Quell'anno, Torino vide numerose proteste, che sfociarono nel più noto "[[autunno caldo]]". Le lotte sindacali, talvolta molto aspre, portarono a importanti conquiste, come l'introduzione della [[pensione sociale]] ([[1969]]) e lo [[Statuto dei lavoratori]] ([[1970]]). Tuttavia, nel periodo [[1972]]-[[1980]] Torino, città operaia, dovette subire le violenze della [[lotta armata]], specialmente delle [[Brigate Rosse]], durante i cosiddetti "[[anni di piombo]]". Numerose furono le vittime del terrorismo di quel periodo, solo per citarne alcuni: il giornalista [[Carlo Casalegno]], l'avvocato [[Fulvio Croce]], il sindacalista (attivo tra [[Torino]] e [[Genova]]) [[Guido Rossa]], il maresciallo di Pubblica Sicurezza [[Omicidio di Rosario Berardi|Rosario Berardi]], i poliziotti penitenziari Giuseppe Lorusso e [[Lorenzo Cotugno]], il poliziotto [[Giuseppe Ciotta]], il carabiniere [[Benito Atzei]],<ref>http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2014/1/27/GLI-ANNI-SPEZZATI-Chi-e-Carlo-Ghiglieno-l-ingegnere-Fiat-ucciso-da-Prima-Linea-nel-1979/461788/</ref>, il dirigente [[Omicidio di Carlo Ghiglieno|Carlo Ghiglieno]] (da questo verrà tratta la fiction RAI "[[Gli anni spezzati (miniserie televisiva)|Gli anni spezzati: l'ingegnere)]]"), e molti altri.
{{vedi anche|Il Sessantotto|Autunno caldo}}
Nonostante il calo delle violenze del precedente decennio, la crisi occupazionale dell'industria [[FIAT]] e del relativo indotto torinese, proseguì anche nei primi [[anni 1980|anni ottanta]], dove la direzione di [[Gianni Agnelli]] e di [[Cesare Romiti]] si dovette scontrare anche con le classi [[Quadro (diritto del lavoro italiano)|borghesi]] dei lavoratori, che sfociò nella protesta collettiva chiamata storicamente la ''[[Marcia dei quarantamila|marcia dei 40.000]]'' (14 ottobre [[1980]]). Da lì a poco, verrà chiuso il vecchio stabilimento [[Lingotto (comprensorio)|FIAT Lingotto]] (tenendo aperto solo quello di [[Fiat Mirafiori|Mirafiori]]), seguito dalla chiusura delle Officine Savigliano ([[Società Nazionale Officine di Savigliano|Savigliano SNOS]]), le Ferriere Piemontesi (divenute [[Teksid]]) e la [[Michelin]]. Queste aree saranno poi riconvertite in edifici residenziali e commerciali.
{{vedi anche|Marcia dei 40000}}
La seconda metà degli [[anni 1970|anni settanta]] della città vide anche qualche spazio di sviluppo: L'allora giunta del sindaco [[Diego Novelli|Novelli]] diede un rapido slancio edilizio-urbanistico e integrazione di servizi (sanitari, educativi, sportivi) verso le periferie della città, che nel frattempo aveva raggiunto il culmine della sua popolazione (quasi {{formatnum:1200000}} abitanti nel [[1971]]<ref>http://www.tuttitalia.it/piemonte/72-torino/statistiche/censimenti-popolazione/</ref>). Le zone di espansione urbana furono poi ricordate col nome degli stessi complessi scolastici d'infanzia e scuole primarie statali ivi sorte, ovvero una sigla "E" (Espansione), seguita da un numero incrementale; ricordiamone alcune: E9 (Via Passo Buole), E10 (via Romita), E11 (Via Rubino), E13 (Str. Castello di Mirafiori), con stessa identica architettura, denominata "treni di Bacco" (dal nome dell'arch. Bacco), con dei moduli squadrati a parete bianca<ref>http://www.museotorino.it/view/s/a686ca0379b4417b82966272e6a58173</ref>. Quindi E14 (Via Reiss Romoli, 45), E15 (C.so Cincinnato,121), E16 (V. Anglesio,17), E18 (V. Passoni,9)<ref>http://www.comune.torino.it/museiscuola/partecipa/approfondimenti/quattro-scuole-per-una-storia-della-scuola-2.shtml</ref>.
 
=== Gli incendi ===
Seguirono anni di sostanziale tranquillità, favoriti dal crescente benessere economico e dalle trattative tra la FIAT e il [[URSS|Governo Russo]] che sfociarono nel protocollo di collaborazione, siglato nel [[1965]], per la costruzione della [[Lada-Vaz]] di [[Togliatti (città)|Togliattigrad]]
{{Vedi anche|Incendio dei magazzini Marus di Torino|Incendio del Cinema Statuto|Incendio della Cappella della Sindone}}
Torino è stata funestata nella seconda metà del Novecento da vari incendi molto gravi e capaci di impattare sull'opinione pubblica della città:
 
* Il 18 agosto 1971 alle 16:15 circa i grandi magazzini di abbigliamento Marus (del [[Gruppo Finanziario Tessile]]) tra [[Via Roma (Torino)|Via Roma]] e Via Gramsci presero fuoco a causa di composti chimici usati nel magazzino e per dei lavori di ristrutturazione che erano in corso, intrappolando nelle fiamme e uccidendo il direttore del negozio e un sarto, mentre una commessa fu costretta a lanciarsi dalla finestra con i capelli in fiamme.<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0138_01_1971_0192_0001_4780883/|titolo=Fiamme nel centro di Torino: 2 morti, 12 feriti, tafferugli|pubblicazione=La Stampa|data=19 agosto 1971|p=1}}</ref>
[[File:Fiat Mirafiori 001.JPG|upright=1.3|sinistra|miniatura|Facciata principale dello stabilimento [[Fiat Mirafiori]], simbolo della Torino operaia]]
* Il 13 febbraio 1983 alle 18:15 circa nel [[Cinema Statuto]] scoppia un incendio che attizzerà sul materiale dei rivestimenti delle poltrone della sala e delle tende, sprigionando il letale [[Acido cianidrico]] che ucciderà 64 persone nel giro di poche decine di secondi appena, in quella che di fatto divenne una [[Camera a gas]]. All'epoca era previsto dalle normative che i materiali fossero ignifughi, ma non vi era nessuna restrizione o divieto sul tipo di "fumi" che potessero provocare se a contatto con eventuali fiamme. La vicenda fu fondamentale per la rivisitazione di tutte le norme sulla sicurezza nei luoghi pubblici.<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1024_01_1983_0037_0001_14299388/|titolo=Uccisi dal gas nell'Inferno del cinema|pubblicazione=La Stampa|data=15 febbraio 1983|p=1}}</ref>
Nel 1969 la FIAT reclutare, nell'area torinese, nel [[1969]], oltre 15.000 operai, prevalentemente dalle regioni meridionali. Il 3 luglio si registrarono incidenti in corso Traiano tra i dimostranti in sciopero per l'aumento del costo della vita e la polizia, che provocarono duecento contusi. Il cardinale [[Michele Pellegrino]] cercò anch'egli, insieme alla Curia, di sanare le proteste. Nel [[1973]] si recò allo sciopero dei metalmeccanici, proponendo una propria "pastorale del lavoro" che proseguirà fino al [[1977]], anno delle sue dimissioni.
* Nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997, [[Cappella della Sindone]] va in fiamme a causa di un cortocircuito lungo uno dei ponteggi di un lavoro di manutenzione in corso. I vigili del fuoco furono costretti a prelevare la [[Sacra sindone]] dalla teca con vetri antisfondamento per evitare che venisse danneggiata dall'incendio. La cappella verrà sottoposta ad ampi lavori di restauro che sarebbero durati fino al 2018.<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0592_01_1997_0100_0001_8021235/|titolo=Rogo a Torino, distrutto il Duomo|pubblicazione=La Stampa|data=12 aprile 1997|p=1}}</ref>
 
<gallery style="text-align:center;" caption="I grandi incendi di Torino">
Le lotte sindacali, talvolta molto aspre, portarono comunque ad importanti conquiste in ambito sociale come l'introduzione della [[pensione sociale]] ([[1969]]) e soprattutto dello [[Statuto dei lavoratori]] ([[1970]]).
File:Incendio Marus - Fire Marus - Torino - Turin (Italy) - 1971 (1 of 6).png|L'incendio del grande magazzino Marus a Via Roma angolo Via Gramsci, il 18 agosto 1971 alle ore 16:15 circa.
File:Incendio del Cinema Statuto, Torino.JPG|Il cinema Statuto dopo l'incendio del 13 febbraio 1983 alle di sera, che causò la morte di 64 persone.
File:Incendio Sindone 2.jpg|Nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997, [[Cappella della Sindone]] va in fiamme. I vigili del fuoco furono costretti a prelevare la [[Sacra sindone]] per evitare che venisse danneggiata dall'incendio.
</gallery>
 
== Anni recenti ==
Negli anni settanta ci fu un'escalation delle tensioni sociali e politiche che caratterizzeranno quelli che saranno in seguito ribattezzati gli [[anni di piombo]]. Sempre in questo periodo però vi furono anche altre importanti conquiste come la legge sul [[divorzio]] ([[1974]]) e l'introduzione del [[Servizio Sanitario Nazionale (Italia)|Servizio Sanitario Nazionale]] ([[1978]]).
{{Approfondimento|titolo=L'[[incendio della Cappella della Sindone]]
 
|contenuto= Nella notte fra l'11 e il 12 aprile 1997 un incendio, provocato da un cortocircuito, danneggiò la [[Cappella della Sacra Sindone|Cappella del Guarini]] del [[Duomo di Torino|Duomo]], mentre la [[Sindone di Torino|Sindone]] fu messa in salvo dalle fiamme dai vigili del fuoco. Negli anni successivi, la Cappella venne restaurata.
==== Crisi industriale ====
}}
La crisi investì la FIAT negli anni ottanta, e a molti parve che l'amministrazione del Lingotto volesse espellere gli operai più sindacalisti con il pretesto delle difficoltà di mercato. La ''[[Marcia dei quarantamila|marcia dei 40.000]]'' ([[1980]]) rivelerà la debolezza dei sindacati confederali, sancendo la nascita di sindacati autonomi, ma il problema dell'industria rimase aperto e colpì tutta l'Italia, anche se Torino fu, ovviamente, la città più danneggiata. Due anni più tardi verrà definitivamente chiuso lo storico stabilimento del [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]], oggi adibito ad attività terziarie. Successivamente chiusero anche molti altri storici stabilimenti cittadini come la Savigliano ([[Società Nazionale Officine di Savigliano|SNOS]]), le Ferriere Piemontesi (divenute [[Teksid]]) e la [[Michelin]].
Nonostante i problemi socio-economici, l'industria torinese, sulla scia dell'economia nazionale, vide una breve [[miracolo economico italiano|ripresa]], sebbene di proporzioni più ridotte, a partire dai primi [[anni 1980|anni ottanta]] fino a buona parte degli [[anni 1990|anni novanta]]. La città comunque, dovette fare i conti anche con il flusso di immigrazione straniera<ref>http://www.museotorino.it/view/s/bdd983a0cb2e4c06912b6539e0d1cee7</ref>, principalmente costituita da cinesi e marocchini prima, rumeni, albanesi e africani dopo. Mentre gran parte della produzione industriale [[FIAT]] veniva man mano spostata all'estero, all'inizio degli [[anni 2000|anni duemila]] la crisi economica torinese si fece di nuovo risentire e, a questa, si aggiunse anche la [[grande recessione|recessione economica mondiale]], iniziata nel [[2008]] circa. Colpita dal grave [[Incidente della ThyssenKrupp di Torino|Incidente della ThyssenKrupp]] il 6 dicembre 2007, che provocò la [[Caduti del lavoro|morte di sette operai]], Torino dovette reinventarsi economicamente, rivalutando anche i settori economici [[Settore secondario|secondario]] e [[Settore terziario|terziario]].
A seguito di ciò, le aree interessate sono state riconvertite per ospitare nuovi edifici residenziali e commerciali.
L'area del Parco Dora sarà interessata anche dalla creazione di un singolare parco archeologico industriale; lo "scheletro" delle Ferriere, il camino a fungo della Michelin e la palazzina uffici della Savigliano (riconvertita a terziario) saranno difatti conservati come testimonianza del periodo industriale.
[[File:2006 Olympics Opening Ceremony.jpg|sinistra|miniatura|Cerimonia d'inaugurazione delle Olimpiadi del 2006]]
 
La crisi industriale fu solo uno dei tanti problemi che Torino venne chiamata in quegli anni (e non solo) a risolvere, tra cui si annoverò la prima ondata migratoria di extracomunitari. Nel [[2002]] la crisi FIAT si fece sentire in maniera più evidente in seguito alla nuova ricaduta dell'industria torinese. Con la [[grande recessione|crisi economica mondiale]], iniziata nel [[2008]], il settore industriale ha subito un nuovo contraccolpo.
 
[[File:2006 Olympics Opening Ceremony.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.7|[[Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici invernali|Cerimonia d'inaugurazione]] delle [[XX Giochi olimpici invernali|Olimpiadi 2006]]]]
== Torino d'oggi ==
La produzione industriale de[[Fiat Mirafiori|gli stabilimenti]] di [[Mirafiori Sud|Mirafiori]] infatti, venne drasticamente ridotta e, nel [[2014]], la [[FIAT]], tradizionalmente torinese, verrà inglobata in [[Fiat Chrysler Automobiles]]. Torino tentò quindi di indirizzarsi maggiormente sulla cultura e sul turismo in genere, ad esempio con la riqualificazione del [[Museo egizio (Torino)|Museo Egizio]], del [[Musei Reali (Torino)|Polo Museale Reale]]<ref>http://www.guidatorino.com/musei-di-torino-il-polo-reale/</ref>, della decentrata [[Reggia di Venaria Reale]], ma anche attraverso la promozione di numerosi eventi fieristici annuali o biennali, ''in primis'' il [[Salone internazionale del libro]] e il [[Salone internazionale del gusto]]. Nel [[2006]], Torino ospitaospitò i [[XX Giochi olimpici invernali]] e i [[IX Giochi paralimpici invernali]] e questi, eventi possonoche esserediedero presiun comepiccolo puntoimpulso di rinascita della città. Sempre in occasione delle Olimpiadi invernali, vienevenne inaugurata la prima linea della [[metropolitana di Torino|metropolitana sotterranea]]. AltreAlcune opere pubblicheviarie, come il nuovo [[Passante ferroviario di Torino|passante ferroviario]] e i lavori per la nuova [[stazioneStazione di Torino Porta Susa|nuova (2008)|stazione ferroviaria di Torino Porta Susa]], verranno completate, insieme ad altre grandi opere di riqualificazione, cheal sonofine statedi compiuterendere ela continuanocittà adsempre effettuarsi,più intendonoal renderepasso lacoi cittàtempi. unNel polo[[2016]] diTorino attrazioneè turisticaconsiderata al quinto posto tra le ''[[città intelligente|smart city]]'' italiane.<ref>[http://www.ansa.it/piemonte/notizie/2016/10/20/torino-al-5o-posto-tra-citta-smart_4e2c1f3a-a1e0-41f2-a6e8-33c148f1e3e7.html Torino al 5/o posto tra città smart]</ref>
 
== Note ==
{{<references}}/>
 
== Bibliografia ==
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* {{cita libro|[[Giovanni Andrea Pauletti|Pauletti Giovanni Andrea]],|Historia di Torino con una succinta descrizione di tutti li Stati di Casa Savoia|Padova|1676}}
* {{cita libro|Ricchiardi|Enrico|Stemmi e Bandiere del Piemonte|1996|Paravia|Torino}}
*Morando, ''Monumenti di Torino'', Tip. Bertolero, Torino, 1884. https://www.omeka.unito.it/omeka/files/original/792d30a57e5921a32c8776c4ff49e201.pdf
 
== Voci correlate ==
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== Altri progetti ==
{{interprogetto|commonspreposizione=Category:History of Turinsulla}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://www.informagiovani-italia.com/torino_storia.htm|Breve storia di Torino}}
* {{cita web|http://www.museotorino.it|MuseoTorino museo virtuale della città}}
* {{cita web | 1 = http://www.riami.altervista.org/Italia/City/Torino/900.html | 2 = Cronologia della storia di Torino | urlmorto = sì }}
* {{cita web|http://www.istoreto.it/|Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti"}}
* {{cita web|http://www.museodiffusotorino.it/luoghi.aspx|Museo Diffuso Torino}}
* {{cita web|http://www.quartieri.torino.it/storia.asp|Quartieri di Torino: storia della città}}
* {{cita web|http://www.aboutturin.com/storia-di-torino.html|Storia da aboutturin.com}}
* {{cita web|url=http://www.extratorino.it/ITA/list.php?categoriaID=23|titolo=Storia da extratorino.it|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070606055506/http://www.extratorino.it/ITA/list.php?categoriaID=23|dataarchivio=6 giugno 2007}}
* {{cita web|http://it.viaggi.yahoo.com/p-guida_viaggi-1067393-torino_storia-i|Storia da yahoo.com}}
* {{cita web|url=http://www.torinoinchat.com/Servizicittadino.asp?Tipo=Storia|titolo=Storia da torinoinchat|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070928221215/http://www.torinoinchat.com/Servizicittadino.asp?Tipo=Storia|dataarchivio=28 settembre 2007}}
* {{cita web | 1 = http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/storia.htm | 2 = Storia dal sito del Comune di Torino | accesso = 22 giugno 2007 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20070813014113/http://www.comune.torino.it/canaleturismo/it/storia.htm | dataarchivio = 13 agosto 2007 | urlmorto = sì }}
 
{{Portale|Storia|Torino}}
{{Via Fulvia}}
{{Portale|storia|Torino}}
 
[[Categoria:Storia di Torino| ]]