Commedia: differenze tra le versioni
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{{nota disambigua}}
{{F|teatro|settembre 2010|pochissime note e zero bibliografia}}
[[File:Allegory-comedy-van-loo-1752.jpg|thumb|''Allegoria della commedia'', [[Charles-André van Loo]] (1752)]]
{{Storia del teatro}}
Una '''commedia''' è un componimento [[teatro|teatrale]] o un'[[film commedia|opera cinematografica]] dalle tematiche di norma leggere o atto a suscitare il [[riso (ridere)|riso]]. Il termine ha assunto nei secoli varie sfumature di significato, spesso allontanandosi di molto dal carattere della [[comicità]]. La commedia, nella sua forma scritta, ha origine in [[Grecia]] nel V secolo a.C.
== Etimologia e significati ==
La parola [[lingua greca antica|greca]] {{polytonic|κωμῳδία}} (''cōmōdìa''), che sembrerebbe derivare da [[
Per i padri della [[lingua italiana]], il vocabolo indicava un componimento poetico che comportasse un lieto fine, e il cui stile fosse 'medio': doveva collocarsi a metà strada fra la [[tragedia]] e l'[[elegia]]. [[Dante Alighieri|Dante]] intitolò ''Comedìa'' [[Divina Commedia|il suo poema]] considerando invece l{{'}}''[[Eneide]]'' di [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] una ''tragedìa''.
Nel [[XVI secolo|Cinquecento]] la commedia classica viene riscoperta, e il significato si riavvicina a quello originario greco e latino, ristretto all'ambito teatrale.
== La commedia greca ==
{{vedi anche|Commedia greca antica}}
La commedia assunse una struttura autonoma durante le feste e le [[Falloforia|fallofòrie]] dionisiache. La prima gara teatrale fra autori comici si svolse ad [[Atene]] nel [[486 a.C.]] In altre città si erano sviluppate forme di spettacolo burlesche come le farse di [[Megara
Secondo [[Aristotele]], che nella ''Poetica'' attribuisce ai
=== Periodi della commedia greca ===
A differenza della [[tragedia]] greca, che iniziò il suo declino negli anni immediatamente successivi alla morte di [[Euripide]], il genere comico continuò successivamente a mantenere per molto tempo la propria vitalità, sopravvivendo fino alla metà del [[III secolo a.C.]], adattandosi ai cambiamenti politici, culturali e sociali. I commentatori antichi distinsero perciò tre fasi della commedia greca:
# [[
# [[Commedia di mezzo]], fino all'inizio dell'[[età ellenistica|Ellenismo]] ([[323 a.C.]]);
▲# [[commedia antica]] (''archàia''), nel periodo che va dalle origini fino al [[IV secolo a.C.]];
# [[
Dopo quest'ultima fase il genere comico non scomparve, ma si 'trasferì' a [[Roma (città antica)|Roma]], all'interno della cultura latina, con i commediografi latini di [[palliata]]e.
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=== Commedia Attica antica - Archàia ===
{{Vedi anche|Commedia antica}}
Il suo maggiore rappresentante è [[Aristofane]], l'unico commediografo di questo periodo della commedia attica di cui ci siano pervenuti testi completi. Utilizzò elementi fantastici e introdusse la satira politica fino all'attacco personale, secondo il principio dell<nowiki>'</nowiki>''
=== Commedia Attica di mezzo - Mese ===
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=== Commedia Attica nuova - Nea ===
{{vedi anche|Commedia
L'ultima fase della commedia attica dopo la [[commedia antica]] e la [[commedia di mezzo]], la ''commedia nuova'', coincide con l'età [[ellenismo|ellenistica]], in cui il cittadino è ridotto al rango di suddito, ininfluente dal punto di vista politico. I temi della commedia si adattano alla nuova realtà, spostandosi dall'analisi dei problemi politici all'universo dell'individuo.
I personaggi non riproducono che dei "tipi" secondo uno schema poi divenuto classico e adattato dalla commedia romana e, più tardi, dalla [[commedia dell'arte]]: i giovani innamorati, il vecchio scorbutico, lo schiavo astuto, il crapulone.
Il maggior esponente della commedia nuova è [[Menandro]] (
== Teatro comico romano ==
A Roma, prima che nascesse un teatro ''regolare'', strutturato cioè intorno a un nucleo narrativo e organizzato secondo i canoni del teatro greco, esisteva già una produzione comica locale recitata da attori non professionisti, di cui non resta tuttavia documentazione scritta. Analogamente a quanto era accaduto nel [[VI secolo a.C.]] in [[Attica]], anche le prime manifestazioni teatrali romane nacquero in occasione di festività che coincidevano con momenti rilevanti dell'attività agricola, come l'aratura, la mietitura, la vendemmia.
Fra le azioni rituali proprie di queste festa, che, secondo quanto accade ancora oggi in alcune zone contadine dell'Europa, avevano funzione apotropaica, ovvero erano finalizzate ad allontanare gli influssi dannosi, c'erano rudimentali forme di rappresentazione teatrale dette ''[[Fescennino|fescennini versus]]'', forse ricollegabili all'ambiente etrusco. Secondo testimonianze successive, fra le quali spicca quella del poeta [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] ([[Epistole (Orazio)|epistola II 1]], 139-160), i fescennini consistevano in alcuni dialoghi dal tono volgare e aggressivo, che, accompagnati da un'adeguata gestualità, venivano improvvisati da contadini con il volto coperto da maschere di corteccia. La presenza di maschere e la forte connotazione oscena che pare fosse tipica dei [[Fescennino|fescennini]] trovano una possibile spiegazione nella funzione propiziatoria attribuita a questi versi. L'oscenità e l'aggressività dei versi fescennini confluirono in seguito nei canti che accompagnavano rispettivamente i cortei nuziali e i trionfi militari; la mancanza di freni inibitori che li caratterizzava continuò a vivere nella rappresentazione teatrale, intesa come spazio metaforico in cui si manifestano le pulsioni interiori di norma represse dalla società.
A partire dal [[IV secolo a.C.]] si diffuse a Roma la ''[[Satira|satura]]'', un'altra forma di rappresentazione destinata a fornire più di uno spunto alla produzione teatrale successiva. Anche questo genere ebbe origini rituali: secondo un brano molto discusso dello storico [[Tito Livio|Livio]] (''[[Ab Urbe condita libri|Ab Urbe condita]]'' VII 2), la satura nacque nel 364 a.C. quando, per far cessare una pestilenza, vennero organizzati dei ''ludi scaenici'' [[apotropaici]] durante i quali si tenne come rito propiziatorio uno spettacolo recitato e danzato da attori venuti dall'Etruria. Ma i giovani di Roma, imitando i danzatori etruschi, crearono un tipo di spettacolo non più legato alla sfera rituale in cui musica e danza venivano accompagnate dalla recitazione di battute e da un'adeguata mimica. Nacque così la satira, il cui nome (da ''satur'', “sazio”, “ricco”) allude probabilmente alla mescolanza di pezzi teatrali non legati tra loro da una trama, e caratterizzati dalla varietà artistica. Al di là dell'interpretazione molto complessa del brano di Livio, rimane problematico distinguere la forma di satira da lui descritta, evidentemente di tipo drammatico, dal genere letterario non drammatico che si sviluppò con [[Gaio Lucilio|Lucilio]] e che troverà in [[Decimo Giunio Giovenale|Giovenale]] uno dei suoi esponenti più significativi. Comunque, l'importante esperienza della satira drammatica costituì probabilmente il primo laboratorio gestuale e musicale da cui i commediografi latini trassero alcune competenze necessarie, cosicché, quando poi entrarono in contatto con la produzione comica greca ed ellenistica, furono in grado di rielaborarla originalmente.
Completa il quadro della produzione teatrale preletteraria romana l'[[atellana]], che forse deriva il suo nome dalla cittadina [[Osci|osca]] di [[Atella (città antica)|Atella]], da cui ebbe probabilmente origine. Come la ''satura'', anche la recitazione dell'atellana preletteraria fu prerogativa dei giovani romani. Essi, nel tentativo di soddisfare il loro desiderio di recitazione senza incorrere nelle pene previste dalla legge per un cittadino che si dedicasse in forma professionale alla carriera dell'attore, diedero vita ad una forma teatrale per dilettanti, caratterizzata da un'accesa oscenità e da una forte aggressività verbale, oltre che dalla ricorrenza di maschere fisse (per esempio, ''Marcus'', "lo sciocco", ''Pappus'', "il vecchio avaro"). L'atellana trovo collocazione in coda alla rappresentazione degli spettacoli teatrali ''regolari'' di tipo tragico, con il nome di ''exodium Atellanicum''.
Il teatro comico ''regolare'' si sviluppò a Roma, insieme a quello tragico, a partire dalla seconda metà del [[III secolo a.C.]]: l'aspetto rilevante è che di questa produzione comica non sono sopravvissuti solo frammenti, come nel caso della tragedia latina arcaica, ma un cospicuo numero di opere che costituisce un'eccezionale documentazione: ventuno commedie di [[Tito Maccio Plauto|Plauto]] e sei di [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]]. Alla base dell'ampia fioritura di questo genere c'è in primo luogo il contratto tra i commediografi latini ed i testi della [[Commedia
Dato che si ispirava dichiaratamente ai copioni delle commedie greche, la prima produzione comica latina mantenne l'ambientazione greca dei propri modelli, e greci rimasero i nomi dei personaggi che vi agivano. La scelta di collocare le opere comiche in un ambiente diverso da quello romano permetteva di rappresentare situazioni fortemente equivoche e di mettere in ridicolo abitudini e tipi umani con una libertà impossibile se le vicende ed i cittadini rappresentati fossero stati romani: il padrone gabbato dallo schiavo o il padre di famiglia che contendeva una cortigiana al figlio scapestrato venivano così sospinti in un'altra dimensione sociale, erano ''roba da Greci'', impensabile nel rigido sistema di valori romano. Questo particolare tipo di rappresentazione, che riscosse a Roma un successo straordinario, assunse il nome di ''[[palliata|fabula palliata]]'', dal ''pallium'', l'abito di provenienza greca indossato dagli attori. [[Livio Andronico]], il primo autore della letteratura latina (la sua prima rappresentazione drammatica risale al 240 a.C.), fu anche il primo autore di ''[[palliata]]e''. Della sua produzione comica restano un titolo sicuro, ''Gladiolus'', "Lo spadino", e qualche raro frammento. Ma Andronico come commediografo non ebbe fortuna nel giudizio del posteri, tanto che non fu inserito nell'elenco dei dieci migliori comici latini, come invece toccò a Nevio e a Ennio.
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Le commedie di Nevio furono apprezzate dagli antichi per l'originalità e lo spirito comico che egli attinse non tanto dai modelli greci quanto da fonti italiche. Livio Andronico fu dunque l'iniziatore del genero comico, così come di quello tragico e di quello epico; Nevio invece introdusse in questi generi un accentuato carattere italico.
Tra il [[II secolo a.C.|II]] ed il [[I secolo a.C.]] si sviluppò, anche se con minor successo, una ''[[Commedia togata|fabula togata]]'', che prendeva il suo nome appunto dalla ''toga'', l'abito tradizionale latino: tale tipo di commedia era ambientata a Roma, aperta a tematice romane e con personaggi dai nomi romani. La commedia togata è legata soprattutto ai nomi di [[Titinio]] ([[II secolo a.C.]]), di cui possediamo quindici titoli (quasi tutti formati da appellativi di donne, come ''Setina'', "La donna di Setina", e ''Veliterna'', "La
=== L'esaurirsi del genere comico a Roma ===
Fra gli autori di ''palliatae'' va ricordato ancora [[Sesto Turpilio]], contemporaneo di [[Terenzio]], con il quale, attorno alla fine del [[II secolo a.C.]], il genere si esaurisce. Nel [[I secolo a.C.]] altri autori tentarono di rinnovare la produzione teatrale comica, distaccandosi in parte dalla tradizione precedente: [[Novio]] e [[Lucio Pomponio]], ispirandosi agli antichi ''exodia atellanica'' recitati in modo improvvisato in coda ad altri spettacoli teatrali, composero delle atellane letterarie, caratterizzate da una comicità popolare e costruite attorno alle tradizionali maschere di ''Bucco'', ''Maccus'' e ''Pappus''. Nella seconda metà del secolo fra gli intellettuali legati ad [[Augusto]] nacque il sottogenere della ''fabula trabeata'', che derivava il nome dalla ''trabea'', l'abbigliamento tipico dei cavalieri: si trattava di una commedia che aveva per protagonisti non più i ceti sociali medio-bassi, ma quello più elevato degli ''equites''.
Nel corso della prima età imperiale fu lo stesso ''princeps'' Augusto ad esercitare di persona pressioni perché a Roma riprendesse vigore la consuetudine alle rappresentazioni teatrali, che egli riteneva canali privilegiati per poter comunicare rapidamente orientamenti ideologici e politici a grandi masse di pubblico. Tuttavia il tentativo augusteo non ebbe successo: alle rappresentazioni teatrali più tradizionali si sostituirono le forme del ''[[mimo]]'' e del ''[[pantomimo]]''. I mimi, fondati su canovacci dalla trama non ben definita, portarono sulla scena attori e attrici che, senza maschera, improvvisavano vicende ispirate alla quotidianità attraverso parole, musica e danze. I soggetti del mimo erano piuttosto licenziosi: c'erano tradimenti, relazioni illecite, astuzie ed inganni. Col tempo il mimo giunse infine a rappresentare scene fortemente erotiche o sanguinose, la cui crudeltà era affine a quella propria degli spettacoli del circo. I più celebri mimografi latini furono [[Decimo Laberio]] e [[Publilio Siro]], vissuti entrambi nel [[I secolo a.C.]] In particolare l'opera di Siro, un liberto di origine asiatica, fu ampiamente antologizzata in una serie di ''sententiae'' che documentano la presenza, nei suoi testi, di una saggezza popolare, mordace e talvolta amara. Più raffinata invece la forma teatrale del pantomimo, una rappresentazione danzata che, senza alcun ricorso al dialogo, mimava azioni perlopiù ispirate ad episodi del mito.
Nel [[II secolo d.C.]], nel quadro di un complessivo ritorno a modelli letterari antichi si ebbe infine una nuova produzione di commedie, destinate però alla semplice recitazione negli ''auditoria''. L'unica testimonianza a noi pervenuta delle commedie di età imperiale è il ''Querolus'' ("Il brontolone"), un'opera anonima ispirata all'''Aulularia'' di Plauto: dedicata a un ''Rutilius'' che potrebbe essere [[Rutilio Namaziano]], l'autore del ''[[De reditu suo]]'', la commedia sembra essere stata composta nel [[V secolo d.C.]], in ambiente gallo-romano.
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== Commedia elegiaca ==
{{Vedi anche|Commedia elegiaca}}
Con la denominazione di [[commedia elegiaca]] si intende, convenzionalmente, l'insieme di testi [[latino medievale|latini medioevali]], dialogati e narrati, normalmente in [[distici elegiaci]], scritti principalmente nel [[XII secolo]], con echi tardi nella prima metà del XIII secolo<ref name="M">{{Cita libro|titolo=Le muse: enciclopedia di tutte le arti|editore=
Non si sa con certezza se le composizioni furono scritte per la scena e se abbiano avuto un'influenza sul sorgere del teatro in volgare. In ogni caso, alcuni tipi e situazioni comiche sono passate al teatro, come ad esempio equivoci ed inganni. La commedia elegiaca era denominata anche [[Orazio|oraziana]], viste le tante derivazioni dalle [[Satire (Orazio)|Satire]], oltre che dalla letteratura medioevale, [[novella|novellistica]] in particolar modo, da cui colse a piene mani tipi e caratteri, licenziosità e vivacità nei dialoghi e nelle trame. Gli storici indicano nella [[Francia]] la culla della commedia elegiaca, e hanno fissato in [[Orléans]] la sede più importante di questa attività. Tra gli autori più noti, si annoverarono [[Vital de Blois]], [[Guglielmo di Blois]] (con l
== Commedia in volgare ==
{{S sezione|teatro|letteratura}}
La Commedia in volgare nacque nel [[XVI secolo]], grazie all'inserimento della cultura laica all'interno delle rappresentazioni sacre; fu uno dei due filoni nella quale si diversificò il nuovo tipo di commedia (l'altro fu la [[
Il primo esempio di commedia in volgare è stato ''Il formicone'' di [[Publio Filippo Mantovano]], tratto da [[Apuleio]], rappresentata la prima volta il 12 novembre 1503 a [[Mantova]], alla corte di [[Isabella d'Este]] che ne fu entusiasta:
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* la [[Cassaria]] dell'[[Ariosto]] ([[1508]]);
* [[La mandragola]] del [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]] ([[1515]]);
* [[Il
* il [[Candelaio]] di [[Giordano Bruno]] ([[1582]]).
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== Commedia dell'arte ==
{{vedi anche|Commedia dell'arte}}
La commedia dell'arte fu oggetto della critica [[Carlo Goldoni|goldoniana]] in quanto era rivolta a rendere le maschere dei veri e propri
Sorse sia per l'insofferenza alle regole sia per il desiderio di novità.
veniva così chiamata perché era recitata da attori professionisti, che esercitavano l'arte della recitazione teatrale.
Fu anche chiamata commedia a soggetto perché il suo sviluppo veniva improvvisato sulla scena intorno a un soggetto o argomento detto canovaccio o scenario. In esso era scritta soltanto la trama ridotta all'essenziale con l'indicazione dell'azione dei personaggi; il dialogo veniva invece improvvisato.
== Commedia contemporanea ==
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== Note ==
== Bibliografia ==
*{{Treccani|commedia-elegiaca_(Federiciana)|Commedia elegiaca|
== Voci correlate ==
* [[Film commedia]]
* [[Komos]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto|
== Collegamenti esterni ==
* {{
{{Controllo di autorità}}
{{portale|cinema|letteratura|teatro}}
[[Categoria:Commedia| ]]
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