Leone berbero: differenze tra le versioni

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Il '''leone berbero''' era una [[Popolazione biologica|popolazione]] della sottospecie di leone ''[[Panthera leo leo]]''. Viveva nelle montagne e nei deserti del [[Maghreb]] [[nordafrica]]no, dal [[Marocco]] all'[[Egitto]]. Fu sterminato a seguito della diffusione delle [[Arma da fuoco|armi da fuoco]] e dell'istituzione di [[Taglia (ricompensa)|ricompense]] per l'abbattimento dei leoni. Un'analisi approfondita dei registri di caccia e di avvistamenti ha rivelato che piccoli gruppi di leoni potrebbero essere sopravvissuti in Algeria fino ai primi anni Sessanta e in Marocco fino alla metà dello stesso decennio. Oggi è [[Estinzione locale|estinto localmente]] in questa regione. Resti [[Fossile|fossili]] di leoni berberi databili tra i 100.000 e i 110.000 anni fa sono stati rinvenuti nella grotta di Bizmoune, nei pressi di [[Essaouira]].
Il '''leone dell'Atlante''' o '''leone berbero''' (''Panthera leo leo'', <small>[[Carl von Linné|L.]] [[1758]]</small>) è una [[sottospecie]]<ref>Secondo la classificazione [[filogenesi|filogenetica]] operata da alcuni autori, le sei sottospecie africane vengono considerate un'unica sottospecie a cui è stato assegnato il [[nome scientifico]] di ''Panthera leo leo'' (''O'Brien et alii'', 1987; ''Dubach et alii'', 2005. In [http://www.iucnredlist.org/apps/redlist/details/15951/0 Panthera Leo]. IUCN 2010; citato anche in ''[http://animaldiversity.ummz.umich.edu/site/accounts/information/Panthera_leo.html Panthera Leo]'', Animal Diversity Web, Università del Michigan).</ref> di leone (''[[Panthera leo]]''), originaria del [[Nordafrica]] ed attualmente [[Stato di conservazione (biologia)|estinta in natura]].<ref name=letor>''Harper'', 1945; ''Guggisberg'', 1961; ''Nowell e Jackson'', 1996; ''Van den Hoek, Ostende'' 1999; ''Yamaguchi e Haddane'', 2002.</ref>
 
Fino al 2017, il leone berbero era considerato una [[Panthera leo#Sottospecie|sottospecie]] distinta di leone. Tuttavia, analisi [[Morfologia (biologia)|morfologiche]] e [[Genetica|genetiche]] di campioni di leoni nordafricani hanno dimostrato che il leone berbero non si differenzia in modo significativo dal [[leone asiatico]], rientrando nello stesso sottogruppo. Questo sottoclade nordafricano/asiatico è strettamente imparentato con i leoni dell'[[Africa occidentale]] e delle regioni settentrionali dell'[[Africa centrale]], ed è pertanto classificato nella sottospecie settentrionale ''Panthera leo leo''.
L'ultimo esemplare selvatico, di cui si abbia notizia, fu abbattuto nel [[1942]] in [[Marocco]], presso il passo montano di [[Tizi n'Tichka]], nell'[[Atlante (catena montuosa)|Atlante]] [[Marocco|marocchino]].<ref name=letor /> Si ritiene possibile che alcuni esemplari, di vario grado di ibridazione, sopravvivano ancora in cattività come nel caso dei leoni dello [[giardino zoologico|zoo]] di [[Témara]], una città marocchina nelle vicinanze di Rabat.<ref>''Leyhausen'' 1975; ''Yamaguchi e Haddane'', 2002.</ref> Sulla base di questa ipotesi sono stati creati progetti quali il ''North African Barbary Lion and the Atlas Lion Project'' (varato nel [[1978]]) che studiano la possibilità di reintroduzione del leone berbero in natura tramite [[riproduzione selettiva]] degli esemplari in cattività.<ref name="Nabl">Yamaguchi, N. & Haddane, B. ''The North African Barbary lion and the Atlas Lion Project''. International Zoo News 49, pp. 465-481, 2002.</ref>
 
== Descrizione ==
== Caratteristiche fisiche ed [[etologia]] ==
[[File:Sultan the Barbary Lion.jpg|thumb|Un leone berbero allo [[zoo del Bronx]] (1897).]]
Il leone dell'Atlante era per dimensioni la sottospecie più grande dopo il [[leone delle caverne]] e quello [[leone americano|americano]], diffusi, rispettivamente in [[Eurasia]] e in [[Americhe|America]], durante il [[Pleistocene]].
Gli esemplari zoologici di leone berbero presentano una gamma cromatica che va dal fulvo chiaro al fulvo scuro. Le pelli dei maschi mostrano criniere di colore e lunghezza variabili.<ref name=Mazak70>{{cita pubblicazione | autore=V. Mazák | anno=1970 | titolo=The Barbary lion, ''Panthera leo leo'' (Linnaeus, 1758); some systematic notes, and an interim list of the specimens preserved in European museums | rivista=Zeitschrift für Säugetierkunde | volume=35 | pp=34-45}}</ref> La lunghezza dalla testa alla coda dei maschi impagliati conservati nelle collezioni zoologiche varia da 2,35 a 2,8 metri, mentre quella delle femmine si aggira intorno ai 2,5 metri. Le dimensioni dei crani variano da 30,85 a 37,23 centimetri. Alcune criniere si estendevano oltre le spalle e sotto il ventre fino ai gomiti. I peli della criniera misuravano tra gli 8 e i 22 centimetri di lunghezza.<ref name=Mazak70/><ref name=Hemmer1974>{{cita pubblicazione | autore=H. Hemmer | anno=1974 | titolo=Untersuchungen zur Stammesgeschichte der Pantherkatzen (Pantherinae) Teil 3. Zur Artgeschichte des Löwen ''Panthera (Panthera) leo'' (Linnaeus, 1758) | rivista=Veröffentlichungen der Zoologischen Staatssammlung | volume=17 | pp=167-280 | url=https://archive.org/stream/verfentlichungen171974zool#page/n215/mode/2up}}</ref><ref>{{cita pubblicazione | autore=J. H. Mazák | anno=2010 | titolo=Geographical variation and phylogenetics of modern lions based on craniometric data | rivista=Journal of Zoology | volume=281 | numero=3 | pp=194-209 | doi=10.1111/j.1469-7998.2010.00694.x}}</ref>
 
Secondo i resoconti dei cacciatori del XIX secolo, il leone berbero era considerato il più grande tra i leoni, con maschi selvatici dal peso compreso tra 270 e 300 chilogrammi.<ref name=Yamaguchi2002/> Tuttavia, l'attendibilità di tali dati rilevati sul campo è discutibile. I leoni berberi in cattività erano molto più piccoli, ma venivano tenuti in condizioni talmente precarie da non poter raggiungere la loro taglia e il loro peso potenziali.<ref name=Yamaguchi2002>{{cita pubblicazione | autore=N. Yamaguchi e B. Haddane | anno=2002 | titolo=The North African Barbary Lion and the Atlas Lion Project | rivista=International Zoo News | volume=49 | numero=8 | pp=465-481 | url=https://www.researchgate.net/publication/266755974}}</ref>
I maschi avevano un peso compreso tra i 180 e i 280 kilogrammi; le femmine tra i 100 e 180&nbsp;kg; dimensioni comparabili con la [[Panthera tigris altaica|tigre siberiana]].
Il tratto distintivo caratteristico dei maschi era la folta criniera di colore nero che si estendeva sul petto con una forma simile a quella del [[leone asiatico]], la sottospecie più prossima al leone dell'Atlante. La criniera scura contrastava fortemente con il resto del mantello, molto più corto e di colore chiaro.
 
Per lungo tempo si è ritenuto che il colore e le dimensioni delle criniere dei leoni costituissero caratteristiche [[Morfologia (biologia)|morfologiche]] sufficientemente distintive per attribuire lo status di [[Nomenclatura trinomiale|sottospecie]] alle diverse popolazioni.<ref name=BarnettYamaguchi2006>{{cita pubblicazione | autore=R. Barnett, N. Yamaguchi, I. Barnes e A. Cooper | anno=2006 | titolo=Lost populations and preserving genetic diversity in the lion ''Panthera leo'': Implications for its ex situ conservation | rivista=Conservation Genetics | volume=7 | numero=4 | pp=507-514 | url=http://abc.zoo.ox.ac.uk/Papers/consgen06_lion.pdf | doi=10.1007/s10592-005-9062-0 | bibcode=2006ConG....7..507B | urlmorto=sì | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060824064412/http://abc.zoo.ox.ac.uk/Papers/consgen06_lion.pdf}}</ref> Tuttavia, lo sviluppo della criniera varia in funzione dell'età e da un individuo all'altro in base alla regione di provenienza, e pertanto non rappresenta un criterio affidabile per l'identificazione delle sottospecie.<ref>{{cita pubblicazione | autore=S. J. O'Brien, P. Joslin, G. L. Smith, R. Wolfe, N. Schaffer, E. Heath, J. Ott-Joslin, P. P. Rawal, K. K. Bhattacharjee e J. S. Martenson | anno=1987 | titolo=Evidence for African origins of founders of the Asiatic Lion Species Survival Plan | rivista=Zoo Biology | volume=6 | numero=2 | pp=99-116 | doi=10.1002/zoo.1430060202 | url=https://zenodo.org/record/1229390}}</ref> Le dimensioni della criniera non sono considerate una prova dell'ascendenza dei leoni berberi. Invece, i risultati delle ricerche sul [[DNA mitocondriale]] supportano la distinzione genetica dei leoni berberi, grazie a un [[aplotipo]] unico individuato in esemplari museali, ritenuto caratteristico di questa popolazione. La presenza di tale aplotipo è considerata un marcatore molecolare attendibile per identificare i leoni berberi in cattività.<ref name=Barnett2006/> È possibile che i leoni berberi abbiano sviluppato criniere più lunghe a causa delle temperature più basse delle montagne dell'Atlante rispetto ad altre regioni africane, soprattutto in inverno.<ref name=Yamaguchi2002/> I risultati di uno studio a lungo termine condotto sui leoni del [[Parco nazionale del Serengeti]] indicano che [[Temperatura ambiente|temperatura ambientale]], alimentazione e livello di [[testosterone]] influenzano il colore e le dimensioni della criniera.<ref name=West2002>{{cita pubblicazione | autore=P. M. West e C. Packer | titolo=Sexual selection, temperature, and the lion's mane | rivista=Science | volume=297 | numero=5585 | pp=1339-1343 | anno=2002 | pmid=12193785 | doi=10.1126/science.1073257 | bibcode=2002Sci...297.1339W}}</ref>
In base agli studi di [[Filogenesi|filogenetica]] molecolare l'antenato comune dei leoni africani e asiatici è vissuto tra i 200.000 e i 55.000 anni fa e quindi la separazione genetica tra le sottospecie africane è avvenuta in questo arco temporale ovvero tra la fine del [[Pleistocene|Pleistocene medio]] e l'inizio dell'ultima [[glaciazione]]. Il leone berbero come sottospecie distinta si è evoluto più recentemente non più tardi di 100.000 anni fa.
L'areale del leone berbero era piuttosto ampio comprendendo tutta la fascia costiera settentrionale dell'[[Africa]] e, in particolare, il [[Maghreb]] dal [[Marocco]] alla [[Libia]]. In misura minore era diffuso anche in [[Egitto]].
 
== Tassonomia ==
La gran parte delle zone di caccia del leone dell'Atlante sono ora desertiche o semi-desertiche, ma tutta la [[sahara|regione sahariana]] ha subito nelle ultime centinaia di migliaia di anni delle intense [[paleoclimatologia|variazioni climatiche]]<ref>Kevin White and David J. Mattingly (2006), ''Ancient Lakes of the Sahara'', vol. 94, American Scientist, pp. pp.58-65.</ref> hanno visto l'alternarsi di fasi in cui la [[desertificazione]] era maggiore di quella attuale.
[[File:Lion subspecies distribution3.png|thumb|Areali di ''P. l. leo'' e ''P. l. melanochaita''.<ref name=Bertola2016>{{cita pubblicazione | autore=L. D. Bertola, H. Jongbloed, K. J. Van Der Gaag, P. De Knijff, N. Yamaguchi, H. Hooghiemstra, H. Bauer, P. Henschel, P. A. White, C. A. Driscoll, T. Tende, U. Ottosson, Y. Saidu, K. Vrieling e H. H. de Iongh | anno=2016 | titolo=Phylogeographic patterns in Africa and High Resolution Delineation of genetic clades in the Lion (''Panthera leo'') | rivista=Scientific Reports | volume=6 | p=30807 | doi=10.1038/srep30807 | pmid=27488946 | pmc=4973251 | bibcode=2016NatSR...630807B}}</ref>]]
''Felis leo'' fu il [[Nomenclatura binomiale|nome scientifico]] proposto da [[Linneo|Carl Linnaeus]] nel 1758 per un [[Tipo nomenclaturale#Zoologia|esemplare tipo]] proveniente da [[Costantina (Algeria)|Costantina]], Algeria.<ref name=Linn1758>{{cita libro | autore=C. Linnaeus | titolo=Systema naturae per regna tria naturae: secundum classes, ordines, genera, species, cum characteribus, differentiis, synonymis, locis | editore=Holmiae (Laurentii Salvii) | anno=1758 | p=41 | capitolo=''Felis Leo'' | lingua=la | volume=1 | edizione=10 | url=https://www.biodiversitylibrary.org/page/726936 | accesso=8 settembre 2008}}</ref> In seguito alla descrizione di Linneo, diversi esemplari zoologici di leone nordafricano vennero descritti e proposti come sottospecie nel XIX secolo:
* ''Felis leo barbaricus'', descritto dallo zoologo [[austria]]co Johann Nepomuk Meyer nel 1826 a partire dalla pelle di un leone proveniente dalla [[Stati barbareschi|costa berbera]];<ref>{{cita libro | autore=J. N. Meyer | anno=1826 | titolo=Dissertatio inauguralis anatomico-medica de genere felium. Doctoral thesis | editore=University of Vienna | città=Vienna}}</ref>
* ''Felis leo nubicus'', descritto da [[Henri Marie Ducrotay de Blainville]] nel 1843 a partire da un leone maschio della [[Nubia]] che era stato inviato al [[Ménagerie du Jardin des Plantes|Jardin des Plantes]] di [[Parigi]] da Antoine Clot tramite [[Il Cairo]], e vi morì nel 1841.<ref name="DeBlainville1843">{{cita libro | autore=H. M. D. de Blainville | anno=1843 | capitolo=''F. leo nubicus'' | titolo=Ostéographie ou description iconographique comparée du squelette et du système dentaire des mammifères récents et fossils pour servir de base à la zoologie et la géologie. Vol 2 | città=Parigi | editore=J. B. Baillière et Fils | p=186}}</ref>
Nel 1930, [[Reginald Innes Pocock]] assegnò il leone al genere ''[[Panthera]]'' quando scrisse a proposito del [[leone asiatico]].<ref>{{cita pubblicazione | autore=R. I. Pocock | anno=1930 | titolo=The lions of Asia | rivista=Journal of the Bombay Natural Historical Society | volume=34 | pp=638-665}}</ref>
 
Nel XX e XXI secolo vi è stato ampio dibattito e controversia tra gli zoologi riguardo alla classificazione del leone e alla validità delle sottospecie proposte:
Si ritiene che lo stile di predazione fosse simile a quello degli altri [[Felidae|felidi]] (ovvero dopo aver preso tra le fauci il collo della vittima), sebbene il suo habitat naturale lo rendesse più portato a cacciare da solo o in gruppi molto ristretti. Tra le prede abituali vi erano la [[Ammotragus lervia|capra berbera]], il [[Cervus elaphus barbarus|cervo berbero]], l'[[Equus africanus|asino selvatico africano]], il [[cinghiale]] e diverse specie di [[antilope|antilopi]]. Per catturare questi animali il leone dell'Atlante doveva competere con l'[[Ursus arctos crowtheri|orso dell'Atlante]] e il [[Panthera pardus panthera|leopardo berbero]] che sono ugualmente scomparsi in via di estinzione dall'Africa settentrionale
* nel 1939, [[Glover Morrill Allen]] considerò ''F. l. barbaricus'' e ''nubicus'' [[Sinonimo (tassonomia)|sinonimi]] di ''F. l. leo'';<ref name=Allen1939>{{cita pubblicazione | autore=G. M. Allen | anno=1939 | url=https://archive.org/stream/bulletinofmuseum83harv#page/242/mode/2up | titolo=A Checklist of African Mammals | rivista=Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College | volume=83 | pp=1-763}}</ref>
* nel 1951, John Ellerman e Terence Morrison-Scott riconobbero solo due sottospecie di leone nel [[Ecozona paleartica|reame paleartico]]: il leone africano (''Panthera leo leo'') e il leone asiatico (''P. l. persica'');<ref name=ems66>{{cita libro | autore=J. R. Ellerman e T. C. S. Morrison-Scott | anno=1966 | url=https://archive.org/stream/checklistofindia00elle#page/312/mode/2up | titolo=Checklist of Palaearctic and Indian mammals 1758 to 1946 | edizione=2 | editore=British Museum of Natural History | città=Londra | pp=312-313}}</ref>
* alcuni autori considerarono ''P. l. nubicus'' una sottospecie valida, sinonimo di ''P. l. massaica'';<ref name=Hemmer1974/><ref name=Haas2005>{{cita pubblicazione | autore=S. K. Haas, V. Hayssen e P. R. Krausman | titolo=''Panthera leo'' | anno=2005 | rivista=Mammalian Species | volume=2005 | numero=762 | pp=1-11 | url=http://www.science.smith.edu/msi/pdf/762_Panthera_leo.pdf | doi=10.1644/1545-1410(2005)762[0001:PL]2.0.CO;2 | urlmorto=sì | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170728131140/http://www.science.smith.edu/msi/pdf/762_Panthera_leo.pdf}}</ref><ref name="Kingdonetal.2013">{{cita libro | autore=P. M. West e C. Packer | titolo=Mammals of Africa | anno=2013 | editore=A & C Black | isbn=978-1-4081-8996-2 | curatore=J. Kingson, D. Happold, T. Butynski, M. Hoffmann, M. Happold e J. J. Kalina | volume=5 | pp=149-159 | capitolo=''Panthera leo'' Lion | url=https://books.google.com/books?id=B_07noCPc4kC&pg=RA4-PA149}}</ref>
* nel 2005, ''P. l. barbarica'', ''nubica'' e ''somaliensis'' furono tutte incluse in ''P. l. leo'';<ref name=MSW3>{{MSW3|pagine=p. 546|id=14000228|titolo=Panthera leo}}</ref>
* nel 2016, i valutatori della [[Lista rossa IUCN|Lista Rossa dell'IUCN]] utilizzarono ''P. l. leo'' per tutte le popolazioni di leone in [[Africa]].<ref name=iucn/><ref name=MSW3/>
Il leone berbero era considerato una [[Panthera leo#Sottospecie|sottospecie]] distinta.<ref name=CAP>{{cita libro | autore=K. Nowell e P. Jackson | titolo=Wild Cats: Status Survey and Conservation Action Plan | anno=1996 | editore=IUCN/SSC Cat Specialist Group | città=Gland, Svizzera | isbn=978-2-8317-0045-8 | pp=17-21 | capitolo=African lion, ''Panthera leo'' (Linnaeus, 1758) | url=http://carnivoractionplans1.free.fr/wildcats.pdf}}</ref><ref name=MSW3/> Nel 2017, la Cat Classification Task Force del Cat Specialist Group riunì le popolazioni di leone del Nord, dell'Ovest e del Centro Africa, oltre a quelle [[asia]]tiche, sotto ''P. l. leo''.<ref name=catsg>{{cita pubblicazione | autore=A. Kitchener, C. Breitenmoser-Würsten, E. Eizirik, A. Gentry, L. Werdelin, A. Wilting, N. Yamaguchi, A. V. Abramov, P. Christiansen, C. Driscoll, J. W. Duckworth, W. Johnson, S.-J. Luo, E. Meijaard, P. O'Donoghue, J. Sanderson, K. Seymour, M. Bruford, C. Groves, M. Hoffmann, K. Nowell, Z. Timmons e S. Tobe | anno=2017 | titolo=A revised taxonomy of the Felidae: The final report of the Cat Classification Task Force of the IUCN Cat Specialist Group | rivista=Cat News | numero=Special Issue 11 | pp=71-73 | url=https://repository.si.edu/bitstream/handle/10088/32616/A_revised_Felidae_Taxonomy_CatNews.pdf?sequence=1&isAllowed=y#page=71}}</ref>
 
Il leone berbero era noto anche come leone nordafricano,<ref name=Pease1913/> leone dell'Atlante<ref name=Burger2006/> e leone egiziano.<ref name=Geptner>{{cita libro | autore=V. G. Heptner e A. A. Sludskij | annooriginale=1972 | anno=1992 | titolo=Mlekopitajuščie Sovetskogo Soiuza. Moskva: Vysšaia Škola | titolotradotto=Mammals of the Soviet Union. Volume II, Part 2. Carnivora (Hyaenas and Cats) | editore=Smithsonian Institution and the National Science Foundation | città=Washington DC | capitolo=Lion | url=https://archive.org/stream/mammalsofsov221992gept#page/82/mode/2up | pp=83-95 | isbn=978-90-04-08876-4}}</ref>
== Declino ed estinzione in natura ==
[[File:BarbaryLionB1898bw.jpg|thumb|Il leone berbero in una illustrazione del [[1898]].]]
A partire dalla metà del [[III millennio a.C.]], il [[Sahara]], fino ad allora occupato da una savana simile a quella dell'Africa orientale, cominciò ad assumere l'odierna conformazione. Insieme alle piante sparirono anche i grandi erbivori, e con loro i carnivori che li cacciavano. L'areale del leone berbero si ridusse progressivamente a tre zone distinte, separate dal deserto: la catena montuosa dell'Atlante e la [[Tripolitania]], il massiccio del [[Tassili n'Ajjer]] e la [[Nubia]].
 
=== Ricerche genetiche ===
Il primo luogo in cui l'animale si estinse fu il [[delta del Nilo]].
Nel 2006 fu pubblicata un'analisi filogeografica basata su campioni di leoni africani e asiatici. Uno dei campioni africani era una [[vertebra]] proveniente dalla sezione nubiana del [[Sudan]], conservata al [[Museo nazionale di storia naturale di Francia]]. A livello di [[DNA mitocondriale]], risultà raggruppata con campioni cranici di leoni provenienti dalla [[Repubblica Centrafricana]], dall'[[Etiopia]] e dalla parte settentrionale della [[Repubblica Democratica del Congo]].<ref name=Barnett2006>{{cita pubblicazione | autore=R. Barnett, N. Yamaguchi, I. Barnes e A. Cooper | anno=2006 | titolo=The origin, current diversity and future conservation of the modern lion (''Panthera leo'') | rivista=Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences | pmid=16901830 | volume=273 | numero=1598 | pmc=1635511 | pp=2119-2125 | doi=10.1098/rspb.2006.3555 | url=http://www.adelaide.edu.au/acad/publications/papers/Barnett%20PRS%20lions.pdf | urlmorto=sì | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070808182526/http://www.adelaide.edu.au/acad/publications/papers/Barnett%20PRS%20lions.pdf}}</ref>
Il leone era considerato sacro alla dea [[Sekhmet]] e questo evitava la caccia indiscriminata. Anche altri popoli nordafricani lo consideravano un animale sacro per la sua forza e ferocia. A mano a mano che la loro civiltà si estendeva lungo il corso del fiume, i leoni arretravano.
Per tutto il [[Storia di Roma|periodo romano]], il leone nord-africano veniva importato in migliaia di esemplari all'anno e utilizzato estensivamente nei combattimenti circensi contro altre fiere.
 
Sebbene il leone berbero storico fosse [[Morfologia (biologia)|morfologicamente]] distinto, la sua unicità genetica rimaneva dubbia.<ref name=Black2010>{{cita pubblicazione | autore=S. Black, N. Yamaguchi, A. Harland e J. Groombridge | titolo=Maintaining the genetic health of putative Barbary lions in captivity: an analysis of Moroccan Royal Lions | rivista=European Journal of Wildlife Research | volume=56 | numero=1 | pp=21-31 | anno=2010 | doi=10.1007/s10344-009-0280-5 | bibcode=2010EJWR...56...21B | url=http://kar.kent.ac.uk/27502/1/Black_et_al_%282009%29_Genetic_Health_of_putative_barbary_lions.pdf}}</ref> In uno studio esaustivo sull'evoluzione dei leoni pubblicato nel 2008, furono esaminati 357 campioni di leoni selvatici e in cattività provenienti da Africa e India. I risultati mostrarono che quattro leoni in cattività del Marocco non presentavano alcuna caratteristica genetica unica, ma condividevano [[Aplotipo|aplotipi]] [[Mitocondrio|mitocondriali]] con campioni di leoni dell'[[Africa occidentale]] e [[Africa centrale|centrale]]. Appartenevano tutti a un grande gruppo di [[DNA mitocondriale|mtDNA]] che includeva anche i leoni asiatici. I risultati supportavano l'ipotesi secondo cui questo gruppo si sarebbe sviluppato in Africa orientale e, circa 118.000 anni fa, si sarebbe espanso verso nord e ovest durante una prima ondata migratoria. Successivamente, si sarebbe differenziato all'interno dell'Africa e poi in [[Asia occidentale]]. È probabile che i leoni africani costituiscano una singola popolazione che ha continuato a incrociarsi attraverso varie ondate migratorie sin dal [[Pleistocene superiore]].<ref name=Agostinho>{{cita pubblicazione | autore=A. Antunes, J. L. Troyer, M. E. Roelke, J. Pecon-Slattery, C. Packer, C. Winterbach, H. Winterbach e W. E. Johnson | titolo=The Evolutionary Dynamics of the Lion ''Panthera leo'' revealed by Host and Viral Population Genomics | rivista=PLOS Genetics | volume=4 | numero=11 | pp=e1000251 | anno=2008 | pmid=18989457 | pmc=2572142 | doi=10.1371/journal.pgen.1000251}}</ref> Dati [[Genoma|genomici]] di un esemplare storico selvatico proveniente dal Sudan lo collocano filogeneticamente vicino a ''P. l. leo'' secondo le analisi mitocondriali, ma con una forte affinità anche con ''P. l. melanochaita''.<ref name="DeManuel_al.2020">{{cita pubblicazione | autore=M. de Manuel, B. Ross, M. Sandoval-Velasco, N. Yamaguchi, F. G. Vieira, M. L. Z. Mendoza, S. Liu, M. D. Martin, M.-H. S. Sinding, S. S. T. Mak, C. Carøe, S. Liu, C. Guo, J. Zheng, G. Zazula, G. Baryshnikov, E. Eizirik, K.-P. Koepfli, W. E. Johnson, A. Antunes, T. Sicheritz-Ponten, S. Gopalakrishnan, G. Larson, H. Yang, S. J. O'Brien, A. J. Hansen, G. Zhang, T. Marques-Bonet e M. T. P. Gilbert | titolo=The evolutionary history of extinct and living lions | rivista=[[Proceedings of the National Academy of Sciences|Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America]] | volume=117 | numero=20 | pp=10927-10934 | doi=10.1073/pnas.1919423117 | anno=2020 | pmid=32366643 | pmc=7245068 | bibcode=2020PNAS..11710927D}}</ref>
La vasta opera di cattura in epoca romana causò una prima drastica diminuzione nella popolazione. Dopo un periodo di ripresa a seguito della caduta dell'impero romano, l'espansione araba nel Nord Africa comportò un nuovo declino del leone.
Con l'aumento della presenza antropica e la riduzione dell'habitat, la scarsità delle prede spinse il leone dell'Atlante a spostare la sua attenzione verso gli animali domestici come [[Asino|asini]], [[Capra|capre]] e [[Dromedario|dromedari]] contribuendo in questo modo alla sua persecuzione.
 
Uno studio genetico completo pubblicato nel 2016 ha confermato la stretta relazione tra i leoni estinti del Nord Africa e quelli dell'Africa centrale e occidentale, mostrando inoltre che i primi appartengono allo stesso sottoclade del leone asiatico.<ref name="Bertola_al2016">{{cita pubblicazione | autore=L. D. Bertola, H. Jongbloed, K. J. Van Der Gaag, P. De Knijff, N. Yamaguchi, H. Hooghiemstra, H. Bauer, P. Henschel, P. A. White, C. A. Driscoll, T. Tende, U. Ottosson, Y. Saidu, K. Vrieling e H. de Iongh | anno=2016 | titolo=Phylogeographic patterns in Africa and High Resolution Delineation of genetic clades in the Lion (''Panthera leo'') | rivista=Scientific Reports | volume=6 | p=30807 | doi=10.1038/srep30807 | pmid=27488946 | pmc=4973251 | bibcode=2016NatSR...630807B}}</ref>
Con l'introduzione delle armi da fuoco, il leone berbero - oramai notevolmente ridotto - si estinse nel [[XVIII secolo]] in [[Libia]], e a metà del [[XIX secolo]] nella [[Nubia]] e nel [[Tassili]]. Nel [[1891]] scomparve dalla [[Tunisia]] e nel [[1893]] dall'[[Algeria]]. Oramai presente solo in aree ridotte del [[Marocco]], alcuni esemplari vennero rinchiusi nei giardini zoologici per evitare un'estinzione che già si avvertiva imminente.
 
== Distribuzione e habitat ==
Nel [[1922]], la Casa Reale del Marocco rinchiuse nel serraglio reale di Rabat un branco di leoni dell'Atlante, i cui discendenti furono ceduti nel [[1973]] al neocostituito zoo di Témara.
[[File:'n Berberleeu in 1925.png|thumb|L'ultima fotografia di un leone selvatico sulle montagne dell'Atlante, scattata da Marcelin Flandrin nel 1925.<ref name="Black et al.2013"/>]]
[[File:Atlas Van der Hagen - Barbary Coast.jpeg|thumb|Questo dettaglio di una mappa di Jan Janssonius (1588-1664) mostra l'antica «costa barbaresca» del Nord Africa, nota nel XVII secolo come Barberia, oggi compresa nell'Algeria.]]
Fossili di leone berbero databili tra 100.000 e 110.000 anni fa sono stati rinvenuti nella grotta di Bizmoune, nei pressi di [[Essaouira]].<ref>{{cita web | anno=2022 | titolo=– بلاغ صحفي بقايا عظمية لأسد الأطلس – بلاغ صحفي | url=https://insap.ac.ma/?p=32654 | accesso=9 dicembre 2022 | sito=Insap | lingua=ar}}</ref><ref>{{cita web | anno=2022 | titolo=Près d'Essaouira, des chercheurs de l'INSAP découvrent des vestiges du lion de l'Atlas | url=https://ledesk.ma/encontinu/pres-dessaouira-des-chercheurs-de-linsap-decouvrent-des-vestiges-du-lion-de-latlas/ | accesso=9 dicembre 2022 | sito=Le Desk | lingua=fr}}</ref> Il leone berbero viveva nelle montagne e nei deserti del [[Maghreb]] [[nordafrica]]no, dal [[Marocco]] all'[[Egitto]]. Fu sterminato a seguito della diffusione delle [[Arma da fuoco|armi da fuoco]] e dell'introduzione di [[Taglia (ricompensa)|ricompense]] per l'abbattimento dei leoni.<ref name=Pease1913>{{cita libro | autore=A. E. Pease | titolo=The Book of the Lion | editore=[[John Murray (casa editrice)|John Murray]] | capitolo=The Distribution of Lions | pp=109-147 | città=Londra | anno=1913 | url=https://archive.org/stream/bookoflion1913alfr#page/112/mode/2up}}</ref> Oggi è [[Estinzione locale|estinto localmente]] in questa regione.<ref name=iucn>{{cita web|titolo=Panthera leo|url=https://www.iucnredlist.org/species/15951/266696959|autore=Nicholson, S., Bauer, H., Strampelli, P., Sogbohossou, E., Ikanda, D., Tumenta, P.F., Venktraman, M., Chapron, G. & Loveridge, A. 2024}}</ref> Registrazioni storiche di avvistamenti e cacce risalenti al XIX e XX secolo mostrano che il leone berbero sopravvisse in Algeria fino ai primi anni Sessanta e in Marocco fino alla metà dello stesso decennio. Abitava [[Ecosistemi mediterranei|foreste mediterranee, boscaglie e macchie]]. L'avvistamento più occidentale di un leone berbero si sarebbe verificato nell'[[Anti Atlante|Anti-Atlante]], nel Marocco occidentale. La sua distribuzione comprendeva la [[Atlante (catena montuosa)|catena dell'Atlante]] e il [[Rif]] in Marocco, i massicci di [[Monti degli Ksour|Ksour]] e Amour Range in Algeria, fino alle montagne dell'[[Aurès]] in [[Tunisia]].<ref name="Black et al.2013">{{cita pubblicazione | autore=S. A. Black, A. Fellous, N. Yamaguchi e D. L. Roberts | anno=2013 | titolo=Examining the Extinction of the Barbary Lion and Its Implications for Felid Conservation | rivista=PLOS ONE | volume=8 | numero=4 | p=e60174 | doi=10.1371/journal.pone.0060174 | pmid=23573239 | pmc=3616087 | bibcode=2013PLoSO...860174B}}</ref> In Algeria, il leone berbero era stato segnalato nelle colline e montagne boscose comprese tra l'[[Ouarsenis]] a ovest, le pianure del fiume [[Chelif]] a nord e il Pic de [[Parco nazionale di Taza|Taza]] a est. Abitava le foreste e le colline boscose della [[provincia di Costantina]], spingendosi a sud fino ai monti dell'Aurès.<ref name=Pease1913/>
 
Negli anni Trenta dell'Ottocento, i leoni potrebbero essere già stati eliminati lungo la costa del [[Mar Mediterraneo]] e nei pressi degli insediamenti umani.<ref>{{cita libro | autore=W. Jardine | anno=1834 | titolo=The Naturalist's Library. Mammalia Vol. II: the Natural History of Felinae | capitolo=The Lion | url=https://archive.org/stream/naturalistslibra16jardrich#page/n85/mode/2up | pp=87-123 | editore=W. H. Lizars | città=Edimburgo}}</ref> In [[Libia]], il leone berbero sopravvisse lungo la costa fino all'inizio del XVIII secolo e fu estirpato in Tunisia entro il 1890.<ref>{{cita libro | autore=C. A. W. Guggisberg | anno=1961 | titolo=Simba: the life of the lion | editore=Howard Timmins | città=Città del Capo}}</ref> A metà del XIX secolo, la popolazione di leoni berberi aveva subito un drastico declino, poiché si pagavano [[Taglia (ricompensa)|ricompense]] per ogni esemplare abbattuto. Le foreste di cedri di [[Chélia]] e le montagne adiacenti in Algeria ospitarono leoni fino a circa il 1884.<ref name=Pease1913/> Il leone berbero scomparve dalla regione di Bône entro il 1890, dalle aree di [[Crumiria]] e [[Provincia di Souk Ahras|Souk Ahras]] entro il 1891, e dalla [[provincia di Batna]] entro il 1893.<ref>{{cita libro | autore=L. Joleaud | anno=1936 | capitolo=Zoogéographie mammalogique | p=174 | titolo=Étude géologique de la région de Bône et de La Calle | editore=Bulletin du Service de la Carte Géologique de l’Algérie | città=Algeri}}</ref> L'ultima uccisione documentata di un leone berbero in natura avvenne nel 1942 nei pressi del passo di [[Tizi n'Tichka]], nella parte marocchina dell'Atlante. Una piccola popolazione [[Specie relitta|relitta]] potrebbe essere sopravvissuta in aree montane isolate fino ai primi anni Sessanta.<ref name="Black et al.2013"/> L'ultimo avvistamento noto di un leone in [[Algeria]] risale al 1956, nel [[distretto di Beni Ourtilane]].<ref name="Black et al.2013"/>
L'ultimo esemplare in libertà fu probabilmente il maschio abbattuto nel [[1942]], anche se avvistamenti non confermati si susseguirono per tutti gli anni quaranta.
 
Fonti storiche indicano che in Egitto i leoni erano presenti nella [[penisola del Sinai]], lungo il [[Nilo]], nei [[Deserto orientale|deserti orientale]] e [[Deserto libico-nubiano|occidentale]], nella regione del [[Wadi El-Natrun|Wadi el-Natrun]] e lungo la costa mediterranea.<ref>{{cita libro | autore=X. Planhol | anno=2004 | titolo=Le Paysage Animal. L'homme et la Grande Faune: Une Zoogéographie Historique | città=Parigi | editore=Fayard}}</ref> Nel XIV secolo [[Avanti Cristo|a.C.]], [[Thutmose IV]] cacciò leoni nelle colline nei pressi di [[Menfi (Egitto)|Menfi]].<ref>{{cita libro | autore=J. G. Wilkinson | anno=1878 | titolo=The manners and customs of the ancient Egyptians. Volume III | editore=Dodd, Mead and Co. | città=New York}}</ref> Lo sviluppo delle civiltà lungo il Nilo e nella penisola del Sinai all'inizio del II millennio a.C., insieme alla progressiva [[desertificazione]], contribuì a isolare le popolazioni di leoni del Nord Africa.<ref name=Barnett_al2008/>
== Possibili esemplari in cattività ==
[[File:Ljubljana (ZOO) - lev Boy (Panthera leo), 2005.jpg|thumb|upright=1.4|Un possibile esemplare di leone berbero in cattività.]]
Tra la fine del [[XIX secolo]] e i primi anni del [[XX secolo]], molti esemplari di leoni dell'Atlante furono catturati per essere rinchiusi in [[giardino zoologico|giardini zoologici]] e [[Circo (spettacolo)|circhi]] itineranti.
Esemplari in cattività ritenuti purosangue furono il leone di nome ''Sultan'' che visse nello zoo di [[Londra]] fino al [[1896]], e i leoni dello zoo di [[Lipsia]] (''Edwards, 1996'').
 
== Biologia ==
Esemplari considerati apparentati con i leoni dell'Atlante sono quelli conservati nel giardino zoologico di Témara presso Rabat. Questi animali sono i diretti discendenti dei leoni del serraglio del [[sultano]] [[Mohammed V del Marocco]] che sono stati identificati recentemente come ibridi di leone berbero tramite l'analisi comparata del DNA mitocondriale con quella degli esemplari imbalsamati (''Barnett, 2006''). Tra il [[1953]] e il [[1955]], durante l'esilio del sovrano, diciotto leoni del serraglio furono trasferiti dal palazzo reale di Rabat a [[Meknès]] per poi ritornare a Rabat con il reinsediamento di Mohammed. Nel [[1973]] fu creato lo zoo di Témara a cui vennero ceduti tutti i leoni reali. Gli esemplari attuali sono entrati a far parte di un progetto di ripristino e reintroduzione della sottospecie.
All'inizio del XX secolo, quando i leoni berberi erano ormai rari, venivano avvistati in coppie o in piccoli gruppi familiari composti da un maschio, una femmina e uno o due cuccioli.<ref name=Pease1913/> Tra il 1839 e il 1942, gli avvistamenti di leoni selvatici riguardarono animali solitari, coppie e nuclei familiari. L'analisi di questi avvistamenti indica che i leoni continuarono a vivere in branchi anche sotto crescente persecuzione, in particolare nel Maghreb orientale. È probabile che la dimensione dei branchi fosse simile a quella dei leoni delle regioni subsahariane, mentre la densità della popolazione di leoni berberi è ritenuta essere stata inferiore rispetto a quella presente in habitat più umidi.<ref name="Black et al.2013"/>
 
Quando il cervo berbero (''[[Cervus elaphus barbarus]]'') e le [[Gazzella|gazzelle]] divennero scarsi sulle montagne dell'Atlante, i leoni iniziarono a predare mandrie di bestiame sorvegliate con attenzione.<ref name="Bryden1">{{cita libro | autore=H. H. Johnston | anno=1899 | capitolo=The lion in Tunisia | pp=562-564 | titolo=Great and small game of Africa | città=Londra | url=https://archive.org/stream/greatsmallgameof00majo#page/562/mode/2up | curatore=H. A. Bryden | editore=Rowland Ward Ltd.}}</ref> Cacciavano anche i cinghiali (''[[Sus scrofa]]'').<ref name="Bryden2">{{cita libro | autore=A. E. Pease | anno=1899 | titolo=Great and small game of Africa | curatore=H. A. Bryden | editore=Rowland Ward Ltd. | città=Londra | capitolo=The lion in Algeria | pp=564-568 | url=https://archive.org/stream/greatsmallgameof00majo#page/564/mode/2up}}</ref>
Altri dodici leoni discendenti da quelli appartenuti al re marocchino si trovano al [[Port Lympne Wild Animal Park]], uno zoo inglese presso [[Ashford (Kent)|Ashford]], nel [[Kent]].
Degni di menzione sono altri undici esemplari dello zoo di [[Addis Abeba]] discendenti dai leoni del serraglio dell'imperatore etiope [[Haile Selassie I]]. Oltre a diversi circhi e al parco nazionale Kruger del [[Sudafrica]], altri giardini zoologici che affermano di possedere esemplari o ibridi della sottospecie sono: ''Big Cat Rescue'' di [[Tampa]] ([[Florida]]); lo zoo di [[Neuwied]] ([[Germania]]); lo zoo di [[Madrid]]; il ''Longleat Safari Park'' di [[Wiltshire]] ([[Inghilterra]]); ''Parc de la tête d'Or'' di [[Lione]]; gli ''Zion Wildlife Gardens'' (un parco in [[Nuova Zelanda]] contenente 4 specie di felidi a rischio di estinzione tra cui il leone berbero)
 
Tra i predatori [[Simpatria|simpatrici]] della regione si annoveravano il leopardo africano (''[[Panthera pardus pardus]]'') e l'orso dell'Atlante (''[[Ursus arctos crowtheri]]'').<ref name=CAP/><ref name="Bryden3">{{cita libro | autore=H. H. Johnston | anno=1899 | capitolo=African bear | titolo=Great and small game of Africa | curatore=H. A. Bryden | editore=Rowland Ward Ltd. | città=Londra | pp=607-608 | url=https://archive.org/stream/greatsmallgameof00majo#page/607/mode/2up}}</ref>
== Identificazione genetica della sottospecie ==
In passato si è ritenuto che le differenze nella [[morfologia (biologia)|morfologia]] della criniera potessero essere usate come tratto discriminante nella definizione di [[sottospecie]] del ''Panthera leo'', come il leone berbero. In seguito, venne dimostrato, tuttavia, che il colore e le dimensioni della criniera sono influenzate da numerosi fattori ambientali, come la [[temperatura]].<ref>P. M. West e C. Packer, ''Sexual Selection, Temperature, and the Lion's Mane''. In «Science» 297, pp. 1339/1343, [[2002]]</ref>. In particolare, le temperature fredde di alcuni [[Giardino zoologico|zoo]] europei e nordamericani contribuiscono allo sviluppo di grandi criniere.<ref name="Nabl" /><ref>R. Barnett, N. Yamaguchi, I. Barnes e A. Cooper, ''[http://www.springerlink.com/content/t55636224161vn37/ Lost Populations and Preserving Genetic Diversity in the Lion Panthera leo: Implications for Its Ex Situ Conservation]''. In «Conservation Genetics», 2006.</ref>
 
== In cattività ==
Nel [[2005]], è stata compiuta una analisi comparata del [[DNA mitocondriale]] su campioni di tessuto organico prelevati da 1 gatto domestico e 25 esemplari - viventi e imbalsamati - di tredici sottospecie diverse di tigre e leone (comprese le ossa fossili di due esemplari di ''[[Panthera leo spelaea]]''). La determinazione delle distanze genetiche delle sequenze di [[Citocromi|citocromo b]] (che è contenuto nel complesso [[ubiquinolo-citocromo c reduttasi]]) ha permesso di ricostruire l'albero filogenetico degli esemplari studiati e di distinguere cinque [[cladistica|macrocladi]]: tigri, leopardi, leoni delle caverne (''[[Panthera leo spelaea]]''), leoni sub-sahariani (''[[Panthera leo senegalensis]]''), e leoni berberi-asiatici (''[[Panthera leo persica]]'' e ''Panthera leo leo'') confermando la parentela genetica tra leone berbero e leone asiatico e la sua distanza da quello sub-sahariano (''Burger, 2006'').
{{vedi anche|Damnatio ad bestias}}
I leoni custoditi nella ''[[Serraglio (recinto)|ménagerie]]'' della [[Torre di Londra]] durante il [[Medioevo]] erano leoni berberi, come dimostrato da analisi del [[DNA]] condotte su due crani ben conservati rinvenuti nella Torre durante gli scavi del 1936 e 1937. La datazione al [[Carbonio-14|radiocarbonio]] dei crani li colloca tra il 1280-1385 e il 1420-1480.<ref name=Barnett_al2008>{{cita pubblicazione | autore=R. Barnett, N. Yamaguchi, B. Shapiro e R. Sabin | anno=2008 | titolo=Ancient DNA analysis indicates the first English lions originated from North Africa | url=http://dpc.uba.uva.nl/ctz/vol77/nr01/art02 | rivista=Contributions to Zoology | volume=77 | numero=1 | pp=7-16 | doi=10.1163/18759866-07701002 | accesso=28 novembre 2013 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131203013823/http://dpc.uba.uva.nl/ctz/vol77/nr01/art02 | urlmorto=sì}}</ref> Nel XIX e all'inizio del XX secolo, i leoni venivano spesso tenuti in alberghi o ''[[Serraglio (recinto)|ménagerie]]'' [[Circo|circensi]]. Nel 1835, i leoni della Torre di Londra furono trasferiti su ordine del [[Arthur Wellesley, I duca di Wellington|Duca di Wellington]] in recinti più idonei presso lo [[Zoo di Londra]].<ref name=Edwards1996>{{cita libro | autore=J. Edwards | anno=1996 | titolo=London Zoo from Old Photographs 1852–1914 | editore=John Edwards | città=Londra}}</ref>
 
I leoni dello zoo di Rabat presentavano caratteristiche considerate tipiche del leone berbero.<ref name="NowellJacksonImages">{{cita libro | autore=K. Nowell e P. Jackson | anno=1996 | titolo=Wild Cats: status survey and conservation action plan | editore=IUCN/SSC Cat Specialist Group, Gland, Svizzera | capitolo=Wild Cats of Africa | pp=Plate I | url=http://carnivoractionplans1.free.fr/wildcats.pdf}}</ref> Nobili e [[berberi]] usavano donare leoni alla famiglia reale del Marocco. Quando quest'ultima fu costretta all'esilio nel 1953, i 21 leoni dello zoo di Rabat furono trasferiti in due diversi giardini zoologici della regione: tre furono mandati allo zoo di [[Casablanca]], mentre gli altri furono trasferiti a [[Meknès]]. I leoni di Meknès furono riportati al palazzo nel 1955, ma quelli di Casablanca non vi tornarono mai. Alla fine degli anni Sessanta furono costruiti nuovi recinti per i leoni a [[Temara]], nei pressi di [[Rabat]].<ref name=Yamaguchi2002/> Un'analisi del [[DNA mitocondriale]] pubblicata nel 2006 ha rivelato che un leone ospitato nello zoo tedesco di Neuwied proveniva da questa collezione ed è molto probabilmente un discendente del leone berbero.<ref name=Burger2006>{{cita pubblicazione | autore=J. Burger e H. Hemmer | titolo=Urgent call for further breeding of the relic zoo population of the critically endangered Barbary lion (''Panthera leo leo'' Linnaeus 1758) | anno=2006 | doi=10.1007/s10344-005-0009-z | rivista=European Journal of Wildlife Research | volume=52 | numero=1 | pp=54-58 | bibcode=2006EJWR...52...54B | url=http://www.uni-mainz.de/FB/Biologie/Anthropologie/MolA/Download/Burger%20Hemmer%202006.pdf | accesso=4 aprile 2007 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070703152826/http://www.uni-mainz.de/FB/Biologie/Anthropologie/MolA/Download/Burger%20Hemmer%202006.pdf | urlmorto=sì}}</ref> Cinque campioni di leone provenienti da questa stessa collezione non risultavano appartenere al leone berbero per via materna. Tuttavia, è probabile che i geni del leone berbero siano presenti nei leoni comuni degli zoo europei, poiché questa era una delle sottospecie introdotte più frequentemente. Molti leoni presenti negli zoo europei e americani, dove gli esemplari non sono gestiti in base alla sottospecie, sono con ogni probabilità discendenti di leoni berberi.<ref name=BarnettYamaguchi2006/> Numerosi ricercatori e giardini zoologici hanno sostenuto la creazione di un libro genealogico dedicato ai leoni discendenti diretti della collezione del re del Marocco.<ref name=Black2010/>
La separazione tra il [[clade]] sub-sahariano e quello berbero-asiatico si è realizzata tra i 203.000 e 74.000 anni fa (''Burger et alii, 2004''); quella tra leone berbero e leone asiatico si stima ancora più recente, e conseguente alle variazioni climatiche e ambientali intervenute in Nord Africa nel corso dell'ultima [[Glaciazione Würm|glaciazione würmiana]] (''Burger, 2006''). Lo studio ha dimostrato che gli esemplari dello zoo di Neuwied sono particolarmente distanti a livello genetico dal leone sub-sahariano, e, di conseguenza, è molto probabile che possano essere discendenti del leone berbero per la linea di discendenza materna (''Burger, 2006'').
 
All'inizio del XXI secolo, lo zoo di Addis Abeba ospitava 16 leoni adulti. Con le loro criniere scure e brune che si estendevano fino alla parte anteriore delle zampe, somigliavano ai leoni berberi o [[Leone del Capo|del Capo]]. I loro antenati erano stati catturati nel sud-ovest dell'Etiopia come parte di una collezione zoologica per l'imperatore [[Hailé Selassié]].<ref>{{cita pubblicazione | autore=M. Tefera | titolo=Phenotypic and reproductive characteristics of lions (''Panthera leo'') at Addis Ababa Zoo | rivista=Biodiversity and Conservation | volume=12 | numero=8 | pp=1629-1639 | anno=2003 | doi=10.1023/A:1023641629538 | bibcode=2003BiCon..12.1629T}}</ref>
Un'altra analisi del DNA mitocondriale pubblicata nel [[2006]] supporta la tesi del leone berbero come sottospecie. I risultati evidenziano, infatti, la presenza di un identico [[aplotipo]] in alcuni esemplari imbalsamati ritenuti, secondo altre evidenze, discendenti del leone berbero. L'aplotipo potrebbe dunque fungere da marker molecolare per identificare - ed escludere - altri potenziali leoni berberi (''Barnett, 2006''). L'analisi mitocondriale effettuata su cinque campioni provenienti dagli esemplari della famosa collezione del re del Marocco, ne esclude, tuttavia, l'appartenenza alla sottospecie per la linea di discendenza materna (''Barnett, 2006'').
 
Dal 2005, tre leoni berberi sono stati ospitati presso lo [[zoo di Belfast]], provenienti dal [[Port Lympne Wild Animal Park]], e nel 2023 è stato inaugurato un nuovo recinto dedicato al leone berbero.<ref>{{cita web | titolo=Lord Mayor opens New Kingdom at Belfast Zoo! | url=https://www.belfastcity.gov.uk/zoo/news-and-events/news/lord-mayor-opens-new-kingdom-at-belfast-zoo! | accesso=7 settembre 2023 | sito=Belfast Zoo}}</ref>
Studi filogenetici hanno condotto altri autori a semplificare ulteriormente la suddivisione cladistica proposta da Burger, riunendo tutti i leoni africani (''[[Panthera leo azandica|P. leo azandica]]'', ''[[Panthera leo bleyenberghi|P. leo bleyenberghi]]'', ''[[Panthera leo krugeri|P. leo krugeri]]'', ''P. leo leo'', ''[[Panthera leo nubica|P. leo nubica]]'', ''[[Panthera leo senegalensis|P. leo senegalensis]]''), nonostante le differenze [[morfologia (biologia)|morfologiche]] in funzione dell'[[areale]], in un'unica sottospecie a cui è stato assegnato il [[nome scientifico]] di ''"Panthera leo leo"'' e a cui viene affiancata la sola sottospecie asiatica, ''[[Panthera leo persica]] '' (''O'Brien et alii'', 1987 ; ''Dubach et alii'', 2005; ''Urban e West'', 2005).<ref>''[http://www.iucnredlist.org/apps/redlist/details/15951/0 Panthera Leo]'', IUCN 2010; ''[http://animaldiversity.ummz.umich.edu/site/accounts/information/Panthera_leo.html Panthera Leo]'', Animal Diversity Web, Università del Michigan.</ref> Questa classificazione tassonomica non è, tuttavia, pienamente accettata e altri autori contemporanei mantengono ancora la suddivisione tradizionale del leone africano in sei sottospecie (''Haas et alii'', 2005).<ref>''«In their review in Mammalian Species, Haas et al. (2005) recognized six African subspecies, although these were not subject to analysis»''. In ''[http://www.iucnredlist.org/apps/redlist/details/15951/0 Panthera Leo]'', IUCN 2010</ref>
 
== ProgettiImportanza di reintroduzioneculturale ==
{{vedi anche|Leone nella cultura di massa|Panthera leo#Nella cultura di massa}}
Secondo esperti come Nobuyuki Yamaguchi dell'[[Università di Oxford]], la popolarità avuta in passato dal leone berbero come animale da esposizione negli zoo offre concrete speranze di restaurazione della sottospecie tramite la [[riproduzione selettiva]] dei discendenti ancora presenti in cattività.
[[File:Eugène Delacroix - Lion Hunt in Morocco - WGA6228.jpg|thumb|Caccia al leone in Marocco in un quadro di [[Eugène Delacroix]] ([[Ermitage]]).]]
Il leone apparve frequentemente anche nell'[[Arte egizia|arte]] e nella [[letteratura dell'antico Egitto]].<ref name=Porter1894>{{cita libro | titolo=Wild beasts; a study of the characters and habits of the elephant, lion, leopard, panther, jaguar, tiger, puma, wolf, and grizzly bear | autore=J. H. Porter | anno=1894 | capitolo=The Lion | pp=76-134 | url=https://archive.org/stream/wildbeastsstud00port#page/76 | editore=C. Scribner's sons | città=New York}}</ref> Statue e statuette di leoni rinvenute a [[Ieracompoli]] e [[Copto (Egitto)|Copto]], nell'[[Alto Egitto]], risalgono al [[Periodo Protodinastico (Egitto)|Periodo Protodinastico]].<ref>{{cita libro | autore=B. Adams | anno=1992 | capitolo=Two more lions from Upper Egypt: Hierakonpolis and Koptos | titolo=The Followers of Horus. Studies Dedicated to Michael Allen Hoffman | editore=Oxbow Press | città=Oxford | pp=69-76 | curatore=R. Friedmann e B. Adams}}</ref> La dea egizia primitiva [[Mehit]] veniva raffigurata con una testa di leone.<ref>{{cita libro | autore=T. A. H. Wilkinson | anno=1999 | titolo=Early Dynastic Egypt | editore=Routledge | città=Londra, New York | isbn=0415260116}}</ref> Nell'[[Antico Egitto]], la dea leonina [[Sekhmet]] era venerata come protettrice del paese.<ref>{{cita libro | autore=D. W. Engels | anno=2001 | titolo=Classical Cats. The Rise and Fall of the Sacred Cat | editore=Routledge | città=Londra, New York | isbn=0415261627 | url=https://archive.org/details/classicalcats00dona}}</ref> Rappresentava la potenza distruttrice, ma era anche considerata una divinità protettrice contro la carestia e le malattie. Figure e amuleti dalla testa di leone sono stati rinvenuti in tombe delle [[isole egee]] di [[Creta (Grecia)|Creta]], [[Eubea]], [[Rodi]], [[Paro (Grecia)|Paro]] e [[Chio (isola)|Chio]]; sono associati al culto di Sekhmet e risalgono alla prima [[età del ferro]], tra il IX e il VI secolo a.C.<ref>{{cita libro | autore=E. Apostola | anno=2014 | capitolo=Cross-cultural Relations between Egypt and Greece during the Early Iron Age: Representations of Egyptian Lion-Headed Deities in the Aegean | titolo=Current Research in Egyptology: Proceedings of the Fifteenth Annual Symposium | editore=Oxbow Books | città=Oxford | pp=100-112 | curatore=M. S. Pinarello, J. Yoo, J. Lundock e C. Walsh}}</ref> I resti di sette leoni, per lo più giovani, sono stati rinvenuti nella necropoli di [[Umm el-Qa'ab]], in una tomba attribuita a [[Aha (faraone)|Hor-Aha]], datata al XXXI secolo a.C.<ref>{{cita libro | autore=J. Boessneck e A. von den Driesch | capitolo=Die Tierknochenfunde | anno=1990 | titolo=Umm el-Qaab: Nachuntersuchungen im frühzeitlichen Königsfriedhof. 3./4. Vorbericht. Abteilung Kairo | editore=46. Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts | città=Berlino | curatore=G. Dreyer}}</ref> Nel 2001, lo scheletro di un leone [[Mummia|mummificato]] è stato scoperto nella tomba di [[Maia (balia)|Maïa]], all'interno di una [[necropoli]] dedicata a [[Tutankhamon]] a [[Saqqara]].<ref name=Calou_al2004>{{cita pubblicazione | titolo=A lion found in the Egyptian tomb of Maïa | autore=C. Callou, A. Samzun e A. Zivie | rivista=Nature | anno=2004 | volume=427 | numero=6971 | pp=211-212 | doi=10.1038/427211a | pmid=14724625}}</ref> Con ogni probabilità visse e morì durante il periodo [[Egitto tolemaico|tolemaico]], mostrava segni di malnutrizione e sarebbe vissuto in cattività per molti anni.<ref>{{cita pubblicazione | titolo=Le lion du Bubasteion à Saqqara (Égypte) | autore=A. Samzun, P. Hennet, R. Lichtenberg, C. Callou e A. Zivie | rivista=Anthropozoologica | anno=2011 | volume=46 | numero=2 | pp=63-84 | doi=10.5252/az2011n2a4 | url=https://hal-mnhn.archives-ouvertes.fr/mnhn-02103375/file/az2011n2a4.pdf}}</ref> Il leone berbero è un simbolo della cultura nubiana e fu frequentemente rappresentato nell'arte e nell'architettura. Divinità nubiane come [[Amon]], [[Amesemi]], [[Apedemak]], [[Arensnufi]], [[Hathor]], [[Bastet]], [[Dedùn]], Mehit, [[Menhit]] e [[Sebiumeker]] venivano raffigurate come protettrici leonine nella religione dei regni di [[Kush]].<ref>{{cita libro | autore=M. M. Fisher, P. Lacovara, S. Ikram, S. D'Auria, J. W. Yellin e C. Knoblauch | anno=2012 | titolo=Ancient Nubia: African Kingdoms on the Nile | città=Il Cairo, Egitto | editore=American University in Cairo Press | isbn=9789774164781 | url=https://books.google.com/books?id=Lu6nZwEACAAJ}}</ref>
 
Nel [[Africa (provincia romana)|Nord Africa romano]], i leoni venivano regolarmente cacciati da cacciatori esperti per essere utilizzati negli spettacoli di ''[[venationes]]'' negli [[Anfiteatro|anfiteatri]].<ref name="Bryden2"/><ref>{{cita libro | titolo=Venationes Africanae: Hunting spectacles in Roman North Africa: cultural significance and social function | capitolo=Chapter 2: Procuring beasts for hunting spectacles | pp=67-98 | editore=Amsterdam School of Historical Studies | autore=A. Sparreboom | anno=2016 | città=Amsterdam | isbn=9789463320238}}</ref>
Una prima proposta di reintroduzione dei leoni in un nuovo parco ubicato nell'Atlante marocchino fu fatta già nel [[1978]], ma non ebbe seguito fino a quando non venne varato il ''North African Barbary Lion and the Atlas Lion Project'' sotto la direzione di Yamaguchi.<ref name="Nabl" />
 
La [[Nazionale maschile di calcio del Marocco|nazionale di calcio del Marocco]] è chiamata «I Leoni dell'Atlante», e i tifosi sono spesso visti indossare magliette con il volto di un leone o travestiti da leone.<ref>{{cita web | url=https://www.africanews.com/2021/02/09/football-planet-atlas-lions-of-morocco-win-second-chan-title-in-a-row/ | titolo=Atlas Lions of Morocco win second CHAN title in a row | accesso=10 febbraio 2021}}</ref>
L'ambizioso progetto era finanziato dall'associazione inglese WildLink International, in collaborazione con l'[[Università di Oxford]], ma è attualmente sospeso per mancanza di fondi dopo il ritiro dell'associazione.
 
Il progetto si dovrebbe articolare in tre fasi, delle quali solo la prima fase è stata parzialmente completata.
 
La prima fase è consistita nell'analisi del DNA dei campioni di [[osso|ossa]] prelevati dai leoni berberi [[Imbalsamazione|imbalsamati]] conservati in alcuni musei di storia naturale europei come quelli di [[Bruxelles]], [[Parigi]] e [[Torino]]. Lo scopo era quello di ottenere una [[filogenesi|mappa filogenetica]] che permettesse di identificare precisamente la sottospecie e determinare il grado di [[ibrido|ibridazione]] degli esemplari in cattività. Questa fase ha permesso a Yamaguchi di individuare degli ibridi di leone berbero tra gli esemplari dello zoo di Témara.
 
Nella seconda fase del progetto, gli individui con la maggiore affinità genetica alla sottospecie originale saranno incrociati in modo selettivo al fine di riottenere degli esemplari di leone berbero da reintrodurre (terza fase) in un parco naturale nelle montagne dell'Atlante.
 
Nonostante il ritiro di Wildlink International, Yamaguchi e il suo staff hanno deciso di proseguire per conto proprio creando l'associazione Preservation Station e stanno cercando i finanziamenti necessari.
 
Progetti simili, ma più indietro nello sviluppo, sono quelli dell'[[Università del Michigan]], diretto da Dan York, e quello dell'associazione italiana ''Asae-onlus'', diretto da Renato Mariani dell'[[Università di Chieti]].
 
== Note ==
<references/>
 
== BibliografiaAltri progetti ==
{{interprogetto|preposizione=sulla}}
* Peter Maas, ''[http://www.petermaas.nl/extinct/speciesinfo/barbarylion.htm Panthera Leo Leo]''
* R. Barnett, N. Yamaguchi, I. Barnes & A. Cooper, ''[http://www.springerlink.com/content/t55636224161vn37/ Lost Populations and Preserving Genetic Diversity in the Lion Panthera leo: Implications for Its Ex Situ Conservation]'', in ''Conservation Genetics'', 2006.
* Burger J, Rosendahl W, Loreille O, Hemmer H, Eriksson T, Götherström A, Hiller J, Collins MJ, Wess T, Alt KW, ''Molecular phylogeny of the extinct cave lion Panthera leo spelaea''. Mol Phylogenet Evol 30, pp.&nbsp;841–849, 2004.
* J. Burger e H. Hemmer, ''Urgent call for further breeding of the relic zoo population of the critically endangered Barbary lion (Panthera leo leo Linnaeus 1758)''. ''European Journal of Wildlife Research'', Volume 52, n° 1 (marzo 2006), pp 54–58. [http://www.uni-mainz.de/FB/Biologie/Anthropologie/MolA/Download/Burger%20Hemmer%202006.pdf Testo integrale in .pdf].
* C. A. W. Guggisberg, ''Simba: the life of the lion. Howard Timmins'', Città del Capo, 1961.
* F. Harper, ''Extinct and Vanishing Mammals of the Old World''. American Committee for International Wild Life Protection, New York Zoological Park, New York 1945
* P. Leyhausen, ''Preliminary report on the possibility of a breeding programme for the Atlas lion at Temara Zoo, Morocco''. International Zoo News 21, pp.&nbsp;22–23, 1975
* Nowell, K. and Jackson, P. ''[http://carnivoractionplans1.free.fr/wildcats.pdf Wild Cats. Status Survey and Conservation Action Plan''. IUCN/SSC Cat Specialist Group. IUCN, Gland, Svizzera 1996]
* O'Brien, S.J., Martenson, J.S., Packer, C., Herbst, L., De Vos, V., Joslin, P., Ott-Joslin, J., Wildt, D.E., and Bush, M. : ''Biochemical genetic variation in geographic isolates of African and Asiatic lions''. National Geographic Research 3, pp.&nbsp;114–124, 1987
* Preservation Station, 2005 (www.barbarylion.com)
* Van den Hoek Ostende, L.W. 1999. ''Lion - Slowly ticking away - 300 Pearls - Museum highlights of natural diversity''. [http://www.naturalis.nl/ Museo nazionale olandese di storia naturale]
* Yamaguchi, N. & Haddane, B. ''The North African Barbary lion and the Atlas Lion Project''. International Zoo News 49, pp.&nbsp;465–481, 2002.
* Yamaguchi, N. ''The Barbary lion and the Cape lion: their phylogenetic places and conservation''. African Lion Working Group News 1, pp 9–11, 2000.
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web | url=https://www.apollo-magazine.com/i-find-myself-making-growling-noises-while-im-painting-an-interview-with-walton-ford/ | titolo='I find myself making growling noises while I'm painting' – an interview with Walton Ford, who painted Barbary lions | sito=Apollo Magazine | autore=T. Marks | anno=2018}}
* {{cita web|http://www.barbarylion.com/|Sito di divulgazione dell'associazione Preservation Station che sostiene il progetto di Noboyuki Yamaguchi}}
* {{cita web | url=https://en.yabiladi.com/articles/details/72562/history-when-london-s-very-first.html | titolo=History: When London's very first zoo housed Morocco's Atlas Lions | autore=L. Babas | anno=2018 | sito=Yabiladi}}
* {{cita web|http://www.asae-onlus.it/progetti/berbero/berbero.php|Pagina dedicata al progetto Asae-onlus}}
* {{cita web | url=https://www.youtube.com/watch?v=pyNQDMEw6Iw | titolo=Moroccan 'Atlas' lion at Parc Sindibad, Casablanca}}
* {{cita web | url=https://blogs.kent.ac.uk/barbarylion/2014/07/10/moroccan-royal-lions-in-zoos-today | sito=University of Kent Blog | titolo=Moroccan lions in zoos today | autore=S. Black | anno=2014}}
* {{cita web | url=http://beinglion.com/barbary-lions.php | titolo=Barbary Lion Information | sito=Being Lion}}
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Panthera leo leo|wikispecies}}
{{Portale|mammiferi}}
 
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