Polenta: differenze tra le versioni
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{{Nota disambigua}}
{{L|cucina|marzo 2015|motivo = Visto che come indicato nella sezione Diffusione non
{{Gastronomia
|nome = Polenta
|immagine = Polenta Trentina.jpg
|didascalia =
|IPA = poˈlɛnta
|altri nomi =
|paese = Italia
|
|regione = Pianura Padana
|regione2 = Canton Ticino
|diffusione = [[Italia]], [[Corsica]], [[Svizzera]], [[Midi (Francia)|Francia meridionale]], [[Argentina]], [[Brasile]], [[Romania]], [[Ungheria]], [[Croazia]]
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|settore = alimenti storici popolari di base
|categoria = unico
|riconoscimento = PAT
|ingredienti = [[Farina#Altre farine|farina di mais]], [[farina di castagne]]
|varianti =
}}
[[File:
La '''polenta''' è un antico alimento rustico di origine [[italia]]na a base di [[farina]] di [[mais]] o altri [[cereali]].
Pur essendo conosciuta nelle sue diverse varianti, pressoché sull'intero suolo italiano, ha costituito, in passato, l'[[alimento di base]] della cucina povera in varie zone settentrionali [[alpi]]ne, [[Prealpi italiane|prealpine]], [[Pianura padana|pianeggianti]] e [[Appennino settentrionale|appenniniche]] di [[Lombardia]], [[Veneto]]<ref>{{cita libro | cognome=Devoto | nome=Giacomo | coautori=Gian Carlo Oli| titolo=Dizionario della lingua italiana | editore=Le Monnier | città=Firenze | anno=1971 | p=1732 }}</ref><ref>{{cita libro | titolo=Enciclopedia Motta | editore=Federico Motta | città=Milano | anno=1960 | p=VI, 679 }}</ref>, [[Valle d'Aosta]], [[Piemonte]], [[Liguria]], [[Trentino]], [[Toscana]], [[Emilia-Romagna]] e [[Friuli-Venezia Giulia]], regioni nelle quali è piuttosto diffuso. La polenta è tradizionalmente cucinata anche nelle zone di montagna di [[Umbria]] e [[Marche]], [[Abruzzo]], [[Lazio]] e [[Molise]].
Il cereale di base più usato in assoluto è il [[mais]], importato in [[Europa]] dalle [[America|Americhe]] nel [[XVI secolo]], che le dà il caratteristico colore [[giallo]], mentre precedentemente era più scura perché la si faceva soprattutto con [[farro]] o [[segale]], e più tardivamente anche con il [[grano saraceno]], importato dall'[[Asia]]. Pur comparendo un esemplare di mais nell'[[Erbario di Ulisse Aldrovandi]] (Bologna, 1551), le prime testimonianze scritte di coltivazioni di mais in Italia fanno riferimento ai territori della [[Repubblica di Venezia]]. In un'annotazione alla seconda edizione del ''[[Delle navigationi et viaggi]]'' di [[Giovan Battista Ramusio]] (Venezia, 1554), commentando un testo del portoghese [[João de Barros]] (1496-1570), si afferma infatti che:
{{citazione | La mirabile et famosa semenza detta mahiz ne l'Indie occidentali, della quale si nutrisce metà del mondo, i Portoghesi la chiamano miglio zaburro, del qual n'è venuto già in Italia di colore bianco et rosso, et sopra il Polesene de [[Rovigo|Rhoigo]] et [[Villa d'Adige|Villa bona]] seminano i campi intieri de ambedui i colori | [[Giovan Battista Ramusio]], ''[[Delle navigationi et viaggi]]''<ref>{{cita|Cazzola 1991|p. 112}}.</ref>}}
==Denominazione==
È conosciuta anche come ''pulenta'' in [[Lombardia]], ''polenda'' o ''pulenda'', in [[Veneto]] come ''poenta'', ''poulento'' in provenzale, ''echtinga'' nell{{'}}''argot'' dei ''[[Sabot (calzatura)|sabotiers]]'' di [[Ayas]]<ref>[http://patoisvda.org/gna/index.cfm/moteur-de-recherche/echtinga_42697_4.html?q=polenta&p=1&a=0&lr=0&ct=0&c=0&am=0 www.patoisvda.org]</ref>, ''puluntu'' in [[töitschu]]<ref>{{Cita web |url=http://augustaissime.it/rivista/2005/a2005_05.htm |titolo=Kuntjini van Eischeme - Zwia fümmili van im Duarf |accesso=31 ottobre 2016 |dataarchivio=6 maggio 2006 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060506093322/http://www.augustaissime.it/rivista/2005/a2005_05.htm |urlmorto=sì }}</ref>, ''polente'' in [[Lingua friulana|friulano]].
==Diffusione==
[[File:Polentakessel.jpg|thumb|left|upright=0.8|[[Paiolo]] dove veniva cotta la polenta,
Nel libro ''Storia dei Vespri Siciliani'' di Michele Amari, l'autore scrive che durante uno degli assedi ai francesi (1282
== Caratteristiche ==
[[File:Polenta paiolo e cannella.jpg|thumb|Paiolo e cannella per polenta.]]
Le proporzioni della ricetta classica (media morbidezza) sono: 1 litro di acqua, 250 grammi di farina, 10 grammi di sale. Chi la desidera più densa e compatta (dura) deve aumentare a 300 grammi circa la quantità di farina; all'inverso, invece, chi la vuole più molle deve usare 200 grammi circa; la quantità di sale va variata di conseguenza.
La farina da polenta è solitamente [[Macinatura|macinata]] a pietra ("bramata") più o meno finemente a seconda della tradizione della regione di produzione. In genere la polenta pronta viene presentata in tavola su un'asse circolare e viene servita, a seconda della sua consistenza, con un cucchiaio, tagliata a fette, con un coltello di legno o con un filo di cotone, dal basso verso l'alto.
[[File:Polentazubereitung.jpg|thumb|Preparazione tradizionale della polenta.]]
Il termine polenta deriva dal [[lingua latina|latino]] ''puls'',<ref>{{cita libro|titolo=Turnammo a scrivere napulitano|autore=Enzo Carro|editore=Cavinato Editore International|anno=2016|url=https://www.treccani.it/vocabolario/polenta/#:~:text=pol%C4%95nta%20%C2%ABfarina%20d'orzo%2C,granoturco%20(detta%20perci%C3%B2%20anche%20p.}}</ref> una specie di polenta di [[farro]] (in latino ''far'' da cui deriva "farina") che costituiva la base della dieta delle antiche [[Italici|popolazioni italiche]]. I [[Antica Grecia|greci]] invece usavano solitamente l'[[Orzo (alimento)|orzo]]. Ovviamente, prima dell'introduzione del mais (dopo la [[1492|scoperta dell'America]]), la polenta veniva prodotta esclusivamente con vari altri cereali come, oltre ai già citati orzo e farro, la [[segale]], il [[Panicum miliaceum|miglio]], il [[grano saraceno]] e anche il [[frumento]], in misura minore, soprattutto in zone montane, si usano farine di castagne e di fagioli, dando origine a un impasto più dolce. Le polente prodotte con tali cereali sono più rare, specie in Europa.
Sonnante sostiene che il ''puls'' originario fosse costituito da una miscela che includeva semi di leguminose, forse anche spontanee. Esso sostiene che il termine inglese ''pulses'', che indica i legumi in genere, origini infatti dal pre-romano ''pulus''. L'etimologia inglese della parola conferma questa osservazione in quanto fa risalire il nome al XIII-XIV secolo per indicare genericamente i legumi, con probabile derivazione dal francese arcaico ''pols'' e dal greco antico ''poltos'', col significato di zuppa spessa.<ref>Sonnante, Hammer, Pignone ''From the cradle of agriculture a handful of lentils: history of domestication'', Rendiconti Lincei, 2009, 20: 21-37</ref> A questo proposito è da notare che è in uso, soprattutto in alcune regioni del Sud Italia, una polenta a base di [[Vicia faba|fave]], con la quale si accompagnano verdure come ad esempio la [[cicoria]].
Esistono in commercio farine di granoturco precotte, che permettono di cucinare la polenta riducendo il tempo di cottura a pochi minuti, naturalmente con sostanziali differenze di consistenza e sapore, rispetto alla polenta tradizionale.
==Storia della polenta in Italia==
===Introduzione del mais in Europa e prime attestazioni in Italia===
[[Cristoforo Colombo]] riporta in Europa il mais durante i suoi viaggi, e vive abbastanza a lungo da constatare come questo cereale sia già popolare, se, come riporta un suo contemporaneo, scrivendo a proposito delle popolazioni incontrate dal genovese, nota come queste facciano già il pane con esso <ref>Lettera di Pietro Martire
d‘Anghiera al cardinale Ascanio Sforza Visconti, 13 Novembre 1493, in G. e L. Rorato, 2005, p. 32</ref>.
Il famoso [[scambio colombiano]] porta, dunque, in Europa il mais prima ancora di comprendere come utilizzarlo.
Il mais era infatti, nelle sue differenti preparazioni, la base dell’alimentazione delle grandi civilizzazioni americane e divenne ben presto anche quella dei colonizzatori.
<br />
[[Immagine:Palazzo_Grimani_sala_a_fogliami_3.jpg|thumb|Sala a fogliami di Palazzo Grimani a Venezia]]Nel giro di pochi decenni la presenza del mais viene attestata in varie parti del Veneto, a partire dalle tenute del conte Lunardo Emo nel trevigiano, entusiasta del nuovo cereale al punto che i suoi eredi lo faranno affrescare nella [[Villa Emo|villa di famiglia]] a Fanzolo (TV) negli anni 60 del XVI secolo dal pittore veronese [[Giovanni Battista Zelotti]]. Inoltre, sempre negli stessi anni, la pannocchia viene riprodotta da [[Camillo Mantovano]] sui soffitti della Sala a fogliami di [[Palazzo Grimani di Santa Maria Formosa|Palazzo Grimani]] a Venezia, sempre negli anni 60 del XVI secolo. <br />
=== Ragioni del successo della polenta in Italia ===
Il XVII secolo si apre all’insegna di una congiuntura economica negativa, causata dalle guerre (e tra questa quella dei [[Guerra dei trent'anni|Trent’anni]] in particolare), dalle epidemie (soprattutto la [[peste del 1630]]) e da numerose carestie causate da fenomeni atmosferici avversi e da raccolti discontinui (tra cui la cosiddetta [[piccola era glaciale]]). Il nuovo cereale, coltivato sino a quel momento in modo saltuario, ottiene un forte interesse sia da parte padronale (poteva esser usato per pagare i contadini o come merce di scambio sul mercato), che da parte dei lavoratori (i quali trovavano in esso un modo ulteriore per sfamarsi). Potremmo dire, quindi, che la crisi del Seicento sia stato uno dei principali driver che portarono il mais e la polenta, nel giro di un secolo, a diventare il principale nutrimento di una gran parte del Vecchio Continente, e dell’Italia in particolare.
==== Coltivazione residuale ====
Dal XVI secolo in poi il granoturco si espande a macchia d’olio, sino a divenire, nel secolo successivo, uno dei segni caratteristici del paesaggio rurale dell'Italia del nord, seppur il mais fu spesso coltivato nei campi al posto degli altri cereali: talora per ottenerne foraggio, piantandolo su terreni a maggese o negli orti. In entrambi i casi la sua presenza è poco percepibile nei documenti, che, mostrandoci soprattutto le coltivazioni che toccano l‘interesse dei proprietari, tendono a sorvolare su realtà produttive minori che non abbiano un corrispettivo nei loro introiti. Gli orti, in particolare, erano esenti da canone: il contadino poteva piantarvi ciò che voleva. E in effetti sembra che in tanti casi la coltivazione del mais abbia avuto inizio così: dissimulata, quasi furtiva, protetta dalle richieste padronali di decime e di canoni fondiari. Perfino sul piano terminologico il mais tende a nascondersi: i contadini gli danno nomi presi a prestito da altri cereali. Pare proprio, dunque, che una delle ragioni per la sua fortuna successiva sia stata proprio la sua “invisibilità” iniziale, che permetteva di nutrire senza estrarre troppo surplus sia in forma di tassazione che di prelievo padronale.<ref>M. Montanari, 1997, pp. 128-129.</ref> <br />
==== Surrogato del pane ====
I raccolti di grano e di grano turco, così come i loro prezzi, cominciano ad avere un andamento sempre più interrelato, dando l’impressione che l’uno, panificato, sia diventato il sostituto dell’altro, consumato sotto forma di polenta, seppur il prezzo del secondo sia costantemente inferiore a quello del primo <ref>D. Gasparini, 2002, pp. 54-55</ref>.<br />
Un ulteriore punto di forza del mais, e di conseguenza della polenta, è dato dal suo potere nutritivo. Esso contiene molte più calorie per unità di peso rispetto al frumento: se si pone questo dato a fianco di quello relativo alle sue rese, si intuisce perché sia diventato in poche decine di anni il perfetto alleato dei contadini nella lotta contro la fame.
==== Grande necessità di manodopera ====
[[Immagine:Pietro_longhi,_la_polenta_02.jpg|thumb|La polenta servita sulla tavola, dipinto di [[Pietro Longhi]]]]La coltivazione, inoltre, è anche molto vorace in termini di manodopera: se a livello di aratura i metodi sono in linea con quelli usati per il frumento, essi iniziano molto presto (addirittura a [[Sandrigo]], paese nel Vicentino, i contadini uscivano di casa verso le due di notte). Come in America Latina, dove grandi ammassi urbani di popolazione erano sostentati da preparazioni a base di mais, anche in Europa quest’ultimo (e la forma in cui veniva consumato, la polenta) ha portato ad un aumento demografico deciso e duraturo: da quando si diffuse con successo, ossia a fine del Seicento, diede lavoro e nutrimento a moltissime persone. In termini di coltivazione del cereale, di stoccaggio dello stesso, di preparazione per poterlo consumare e di consumo, la polenta metteva in moto delle catene di valore davvero imponenti, che davano lavoro a molte persone. In questo senso possiamo affermare che la grande necessità di manodopera richiesta per la produzione di polenta sia al tempo stesso causa e conseguenza del successo del mais in Europa.
==== Un gusto nuovo ====
L’idea di nutrirsi di un cibo di origine sconosciuta, di colori diversi a seconda del tipo di mais utilizzato, anche se in forme già note (soprattutto polenta, prodotti panificati in misura minore) fu una conquista che impiegò decenni per affermarsi, specialmente in zone come quelle dell’Europa centrale attraversate durante tutto il periodo da eserciti, anche di grosse dimensioni, che saccheggiavano le campagne e portavano malattie. In un simile contesto il suo gusto neutro diviene una delle leve che permisero alla polenta di imporsi trasversalmente, assieme alle rese elevate (fino a dieci volte in più rispetto al frumento), della facilità di preparazione degli alimenti e della necessità di una maggior forza lavoro rispetto alla produzione del frumento (specialmente in un territorio densamente popolato), oltre che alla disponibilità di sale locale (e alla conseguente tassazione ad esso connessa).
In generale, il legame tra la fine delle carestie e l'introduzione del mais si può dare per assodato già nella letteratura del tempo, attenta sia a problemi economici (miglior modo di coltivare, ottimizzazione nella conduzione dei fondi, ciclo rotativo più redditizio… ad esempio in Padre Harasti di Buda) che ad un equilibrio tra le risorse disponibili e l‘aumento delle entrate (specialmente per migliorare la coltivazione delle colture più redditizie, quali la vite, si necessitavano braccia e lavoro umano, ad esempio in Adam Smith), per cui una diminuzione della mortalità per fame avrebbe certamente giovato al benessere dei ceti possidenti.
=== La pellagra in Italia ===
[[Immagine:Pellagra_NIH.jpg|thumb|Un uomo affetto da pellagra]]
La polenta nell’Ottocento italiano assurge a simbolo della miseria contadina, una miseria che travalica i confini della condizione economica, e si fa condizione morale, specialmente dopo i primi casi di pellagra, dura e triste malattia (detta anche delle tre “d”, dermatite, diarrea e demenza). Chiamata già al tempo “mal del padrone” <ref>G. Cerri, 1807, p. 202</ref>, a indicare come la sua causa principale risiedesse nell’avidità padronale, che espropriava il contadino del frutto del suo lavoro, la malattia risulta prediligere le zone a maggior presenza di piccola proprietà privata. La causa della pellagra ci è nota solo dal 1937, momento in cui la malattia era quasi scomparsa in tutta Italia. Ma la pellagra inizia già molto prima, almeno dalla fine del Settecento. [[Immagine:Nixtamalized_Corn_maize_El_Salvador_recipe.jpg|thumb|Chicchi di mais nixtamalizzati e non, a sinistra i primi]]
La carenza di niacina o vitamina PP, infatti, tipica dello Zea Mays non sottoposto al processo di nixtamalizzazione, può essere mitigata con l’apporto di cibi di diversa provenienza (i pellagrosari che nacquero nell’Ottocento, a partire da quello di Mogliano Veneto, furono in prima linea nella lotta alla malattia, trattata spesso con cambi di dieta radicali). Se gli anni successivi all’abolizione dell’odiata tassa sul macinato hanno lasciato una traccia nell’immaginario comune, il fatto che in tutto il Veneto si consumasse principalmente polenta creò non pochi equivoci alle autorità, se le stesse davano la colpa degli aumenti di prezzo o della diminuzione della qualità di quanto acquistato alle brame di guadagno di mugnai arricchiti, rispetto all’incidenza delle imposte. Le sue geografie italiane, inoltre, combaciano quasi perfettamente con i territori di massima espansione della [[Repubblica Serenissima]]: è lì che i pellagrosi sono di più, con propaggini in Lombardia ed in Emilia. Per il Veneto, in particolare, le zone più colpite sono le provincie di Udine, Treviso, Padova e Vicenza, tutte terre in cui l’incidenza della mezzadria e della proprietà privata contadina erano più elevate che nel resto della regione. Sull’intero territorio del Regno d’Italia i pellagrosi erano 97.855 nel 1879 e ben 104.067 due anni dopo, per poi scendere del 30% nel 1899. Possiamo supporre che i territori in cui la pellagra ha mietuto più vittime siano stati anche quelli in cui il consumo pro capite di polenta sia stato più elevato.<ref>R. Finzi, 2009, p. 88</ref>
=== La polenta e gli emigranti ===
Possiamo trovare la polenta anche nelle ricette delle famiglie di emigrati nell’America del Sud, in special modo nella regione del [[Rio Grande do Sul]] brasiliano. Gli immigrati, dunque, anche a distanza di generazioni, rimangono fortemente attaccati alle proprie tradizioni e a quella della polenta in particolare, a dei ricordi di un passato che non è più il proprio, ma viene mitizzato dall’intero ceppo familiare.
==Ricette e varianti regionali in Italia==
[[File:Polenta cotta.JPG|thumb|La cannella sta su quando la polenta è cotta.]]
La polenta si accompagna molto bene al burro, ai formaggi molli e ai piatti che contengono molto sugo, in generale carni in umido.
===Piemonte, Lombardia===
==Tarello==
[[File:Tarello.jpg|thumb|Tarello per girare la polenta]]
* La [[polenta taragna]],<br />in molte zone conosciuta semplicemente come "taragna", è una ricetta tipica della cucina [[Valtellina|Valtellinese]], ma è molto conosciuta anche nel Lecchese, nel Comasco, nella Bergamasca, nel [[Provincia di Brescia|Bresciano]] e nel [[Canavese]]. Il suo nome deriva dal tarai (''tarell'', in [[lingua lombarda]]) cioè il '''tarello''', un lungo bastone ligneo usato per mescolarla all'interno del paiolo di rame in cui viene preparata. Come altre polente della montagna lombarda (ad esempio la ''pulénta vüncia'', polenta ''uncia'' cioè unta, in lingua lombarda), è preparata con una miscela di farine contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, diversamente dalle preparazioni nella maggior parte delle altre regioni, che utilizzano un solo tipo di farina, ottenendo quindi una polenta gialla. A differenza dell{{'}}''uncia'', nella polenta taragna il formaggio viene incorporato durante la cottura.
[[File:Polenta al forno con bagna caoda.jpg|thumb|Polenta al forno con [[bagna càuda]].]]
* La ''polenta cròpa,''<br />in lingua lombarda, è una variante della "taragna", originaria di [[Val d'Arigna]], situata al centro delle [[Alpi Orobie]] valtellinesi. La sua particolarità è quella di essere cotta nella [[panna]] e di esser fatta con farina di grano saraceno, patate schiacciate e formaggio.
* La ''[[polenta concia]]'' (concia, italianizzazione del termine lombardo/piemontese ''consa'', cioè acconciata, condita),<br />è uno dei più noti piatti tipici [[Valle d'Aosta|valdostani]] e [[Provincia di Biella|biellesi]]. Molto indicata per riempire e scaldare nelle giornate fredde, è conosciuta anche come "polenta grassa". Alla farina di mais viene aggiunto formaggio fuso d'alpeggio. Non si tratta di una ricetta rigida, ma viene tendenzialmente preparata fondendo, a fine cottura, dei cubetti di [[fontina]] e/o [[Toma piemontese|toma]] e/o latte e/o burro.
** nella variante valdostana, quasi a fine cottura vengono versati nel paiolo: fontina, [[toma di Gressoney]] e burro.
** nella variante [[Provincia di Biella|biellese]], il burro viene aggiunto nel paiolo, insieme con la toma o il [[Maccagno (formaggio)|maccagno]]. Dal paiolo la polenta concia si versa nel piatto a mestolate, aggiungendovi poi sopra abbondante burro fuso.
* La ''[[Polenta concia|pulenta uncia]]'',<br />cucinata nelle zone del [[lago di Como]]. Dopo aver preparato la polenta con un misto di farina di [[mais]] e [[grano saraceno]] nel [[paiolo]], la si mischia a un soffritto di abbondante [[burro]], [[aglio]] e [[salvia]] con del formaggio tipico ''[[Semuda|semüda]]'' o un semigrasso d'alpeggio fino a ottenere un composto omogeneo, da qui il termine ''voncia'', ''uncia'', che in lingua lombarda vuol dire "unta".
*
* La ''pult'',<br />è una polentina molto molle preparata sempre sul lago di Como mischiando farina di [[mais]] e di [[frumento]]. Viene cucinata soprattutto d'estate e la si mangia intinta nel latte freddo.
* La polenta e ''[[bruscitti]]'',<br />è un piatto tipico del [[Varesotto]] e dell'[[Alto Milanese]] a base di polenta e carne sminuzzata.
[[File:Polenta con sopressa e funghi.jpg|thumb|Polenta di farina gialla di [[Storo]] con ''[[sopressa vicentina]]'' e [[funghi]].]]
* La polenta con i [[ciccioli]],<br />è una ricetta diffusa nella maggior parte dell'Italia settentrionale, assumendo diverse denominazioni. I modi di cucinare la polenta con i ciccioli sono sostanzialmente due. Nel primo, i ciccioli vengono cotti con la polenta, aggiungendoli all'impasto in differenti fasi della cottura, in ossequio alla specifica tradizione locale, come nel caso della ''pulëinta e graséi'', consumata nel Piacentino. Nel secondo modo, il più diffuso, i ciccioli vengono inseriti successivamente in una fetta di polenta abbrustolita, come nel caso della ''pulenta e grepule'', tipica del [[Provincia di Mantova|Mantovano]].
* La polenta all'erba amara,<br />piatto tipico della [[cucina mantovana]], viene preparata con farina di mais, burro, [[Tanacetum balsamita|erba di San Pietro]] e grana grattugiato<ref>{{cita libro|Claudia|Colucci|Il quaderno delle ricette della grande provincia mantovana|2007||San Giovanni Lupatoto|coautori=Wainer Mazza}}</ref>.
===Veneto===
* La polenta bianca,<br />piatto tipico del [[Provincia di Treviso|Trevisano]], del [[Polesine]], delle zone di [[Provincia di Padova|Padova]] e, in generale, dell'[[Città metropolitana di Venezia|entroterra veneziano]], si fa con la farina del [[Mais Biancoperla]], di colore appunto bianco.
* La ''[[polenta e osèi]]'',<br />piatto tipico del [[Veneto]] e delle zone di Bergamo e Brescia. La sua caratteristica è quella di accompagnare la polente con uccelli (osèi=uccelli) di piccola taglia. Molto diffuso però l'accoppiamento della polenta con ''cünì/cönécc'' (coniglio) e altre carni cotte come brasati o arrosti.
* La polenta con le ''sepe'', o seppie,<br />è un piatto della tradizione triestina e veneziana (spesso nella versione ''nera''). A [[Trieste]] le alternative prevedono salsicce, uova strapazzate, [[gulasch]] o, nelle generazioni precedenti, prugne cotte.
* Nelle zone del [[Trentino]] meridionale si usa anche fare la "polenta di patate" e altri ingredienti che ne arricchiscono il sapore. Per fare quella di [[Patata (alimento)|patate]] è sufficiente cuocere nell'acqua salata alcune patate a tocchetti che a cottura adeguata si pestano o si frullano aggiungendo farina di grano saraceno o misto di farine a piacere. Verso fine cottura si possono aggiungere tocchetti di salame locale, formaggi, cipolle soffritte o varianti personali.
* Polenta alla carbonara:<br />piatto tradizionale dei taglialegna e carbonai dei comuni facenti parte dell'[[Unione montana del Catria e Nerone]], nelle [[Marche]], realizzato con farina di mais, carne di maiale, [[pancetta]] e formaggio grattugiato. Ne esiste una versione ripassata in forno che si definisce "polentone alla carbonara".
[[File:
===Emilia e Romagna===
* Nella variante [[Provincia di Piacenza|piacentina]] la ''pulëinta consa'' consiste di strati sottili di polenta ricoperti di sugo e alternati con un'abbondante spolverata di [[Grana Padano]].
* La [[polenta saracena]],<br /> è un piatto tipico dell'alta [[Val Tanaro]], prende il nome dal [[grano saraceno]].
* In [[Romagna]] la polenta viene preparata gettando un misto di due distinte farine di mais - fioretto (fine) e bramata (grossa) - nel paiolo contenente un pugno di fagioli cotti e la loro acqua. Chiamata talvolta ''[[Paciarela (polenta)|paciarela]]'' perché piuttosto liquida (spesso la si mangia col cucchiaio), viene tipicamente condita con un sugo di salsiccia e pomodoro; nelle zone montane la si prepara anche con farina di castagne.
* Tipiche della [[Romagna]] anche la "[[polenta incassata]]" (''pulénta incaséda)'', ossia una polenta un po' più soda messa in teglia, stratificata con besciamella, ragù di carne e parmigiano, poi passata in forno<ref>{{Cita web|url=https://www.romagnaatavola.it/it/ricette/polenta-incassata-pulenta-incaseda/|titolo=Polenta incassata (Pulénta incaséda)|sito=Romagna a Tavola|lingua=it-IT|accesso=2020-11-25}}</ref> e, in riviera ([[Rimini]], [[Cattolica (Italia)|Cattolica]]), la "polenta con le poveracce<ref>[https://www.misanoatavola.it/piatti/poverazze-vongole/<nowiki>]</nowiki>]</ref>" , ossia una polenta condita con sugo rosso di [[Chamelea gallina|vongole lupino]].
===Marche===
* Nel centro Italia la polenta viene preparata più fluida e servita su una tavola rettangolare di legno (chiamata ''spiendola'' nelle [[Marche]] o ''spianatòra'' nell'[[Umbria]] centrale e meridionale) di ciliegio o pero intorno alla quale tutta la famiglia si siede per consumare il pasto. La cottura si effettua in un paiolo di rame troncoconico, continuamente mescolata con una cannella di legno di orniello o di nocciolo, chiamata "sguasciapallotti", che scioglie i grumi di farina di mais<ref>[http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/02/26/news/le_sagre-12933247/ ''Dalla polenta alle pappardelle'']. Repubblica. 26 febbraio 2011.</ref>.
[[File:Coniglio e polenta 01.JPG|thumb|Polenta e coniglio in umido.]]
===Toscana===
* In Toscana, dove la polenta viene consumata, oltre che nel modo tradizionale, anche fritta o cotta in forno (specie per quanto riguarda la polenta [[Avanzi (alimentazione)|avanzata]]) ed esistono i crostini di polenta<ref>{{cita libro | cognome=Petroni | nome=Paolo | titolo=Il libro della vera cucina fiorentina | editore=Bonechi | città=Firenze | anno=1974 | p=32 }}</ref>, sono tipiche la [[pattona]] e la [[Polenta dolce (Italia centrale)|polenta dolce]], entrambe a base di farina di [[castagna|castagne]], perlopiù consumata come dolce, ma un tempo, specie in montagna, erano utilizzate come contorno alla carne e anche al pesce o a piatti di verdura<ref>{{cita libro | cognome=Petroni | nome=Paolo | titolo=Il libro della vera cucina fiorentina | editore=Bonechi | città=Firenze | anno=1974 | p=179 }}</ref>. Nelle campagne, specialmente della [[provincia di Lucca]], è comune il [[matuffo]], noto in alcune zone come "polenda allargata", che consiste in una polenta relativamente poco densa, allargata su una tovaglia massiccia appena inumidita a formare uno strato di meno di un centimetro sul quale si spande il sugo, in genere di carne (cacciagione o ragù) o di funghi, ognuno preleva la propria parte a cucchiaiate (o più spesso a forchettate) facendo a gara a chi "pulisce" prima il proprio pezzetto.
[[File:Preparazione della polenta.ogg|thumb|Preparazione della polenta, [[Pianelle]] ([[Sarnano]]), [[1962]]]]
===Lazio, Abruzzo, Molise===
* Nel [[Lazio]], nelle [[Marche]], in [[Abruzzo]] e nel [[Molise]] la polenta viene consumata tradizionalmente con due tipi di condimento: il primo un sugo di pomodoro con spuntature di maiale e salsicce, il secondo in bianco, ovvero a base di un soffritto di aglio, olio, peperoncino, salsicce e guanciale oppure pancetta. Entrambi i condimenti possono essere arricchiti con una abbondante manciata di pecorino grattugiato. Ci sono varianti nelle diverse province della regione: per esempio nel [[Basso Lazio]] il sugo di salsicce e spuntature prevede che metà delle salsicce siano di fegato; inoltre una parte della polenta non viene coperta col sugo, ma con [[Brassica rapa sylvestris|broccoletti]] stufati. Nelle zone interne dell'Abruzzo, come a [[Sulmona]], la polenta viene anche infornata e cucinata in bianco con condimento di salsicce. A [[Pettorano sul Gizio]] il principale piatto tradizionale è la [[polenta rognosa]] condita con pezzetti di ventresca tagliata a quadratini e il macinato di maiale e impreziosita con il pecorino.
===Basilicata, Calabria===
* La ''[[frascatula]]'',<br />ricetta tipica [[Basilicata|lucana]] (ma anche [[sicilia]]na e [[Calabria|calabrese]]), si prepara con [[farina]] di [[granturco]], una [[patata (alimento)|patata]] e [[strutto]]. Solitamente si accompagna con del sugo, oppure cotechino o salsiccia. È possibile servirla anche con del [[vino]] cotto<ref>{{Cita web |url=http://www.prodottitipicilucani.it/p/polenta_frascatula__50.asp |titolo=Prodotti tipici lucani |accesso=26 ottobre 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304075012/http://www.prodottitipicilucani.it/p/polenta_frascatula__50.asp |dataarchivio=4 marzo 2016 |urlmorto=sì }}</ref>.
===Sardegna===
* La polenta di [[Sardegna]],<br />nota anche come ''purenta'', ''pulenta'' o ''farru'' (polenta di orzo), sarebbe nota sin dalla [[civiltà nuragica]], come dimostrerebbero i vari mortai e altri strumenti d'epoca usati per la lavorazione di questo alimento e i residui [[fossili]] delle colture di [[piante]] [[graminacee]] utilizzate per ottenere tale [[farina]] e sin dal 3000 a.C.. Gli stessi [[Civiltà romana|Romani]], che in epoca arcaica si cibavano di polenta di [[farro]] e [[Orzo (alimento)|orzo]], tra il [[238 a.C.]] e il [[456]] faranno della [[Sardegna]], specialmente della pianura del [[Campidano]], terra di coltivazione delle graminacee, preferendo tra i vari prodotti il [[triticum|grano]], ingrediente base per creare la polenta e anche il [[pane]]. In tempi più vicini, il [[grano duro]] resta l'elemento maggiormente sfruttato per creare questo piatto, nonostante sia stata usata anche la [[castagna]] e la [[ghianda]], per confezionare la preziosa farina, o altri prodotti quali l'[[Avena sativa|avena]] e la [[segale]], questi ultimi in uso durante il [[Medioevo]] e, in seguito, il [[Riso (alimento)|riso]]. La [[farina gialla]] per preparare la polenta alla sarda è accompagnata da altri alimenti quali la [[salsiccia]], il [[pecorino sardo]], la [[pancetta]] magra, nonché [[verdure]] e [[ortaggi]] quali [[aglio]], [[cipolla]], [[carota]], [[sedano]], [[prezzemolo]], necessari per aromatizzare e arricchire il piatto in questione<ref>{{cita libro| cognome=Falchi| nome=Maria| titolo=Vita e Tradizioni. Cucina Sarda| editore=Edizioni del Riccio| città=Firenze|anno=1977}}</ref>.
===Generalià===
* La polenta fritta è un primo piatto a base di polenta diffuso in [[Toscana]], [[Umbria]], [[Marche]], [[Lazio]], [[Campania]], [[Puglia]] e [[Sicilia]]. A [[Napoli]], [[Foggia]], [[Bari]] e [[Messina]] i triangolini o rettangoli di polenta fritta sono detti ''[[scagliozzi]]'' o ''scagliuozzi'' e sono venduti nelle friggitorie. Si tratta di un piatto tipico della cucina povera [[Cucina barese|barese]] e [[Cucina messinese|messinese]]. In [[Veneto]] la polenta viene fritta, salata e tradizionalmente consumata come snack.
* La polenta e salsiccia è una piatto diffuso con numerose varianti in numerose regioni italiane ed è già attestato dall'[[Pellegrino Artusi|Artusi]] che lo proponeva in una particolare versione con polenta tenera di farina di grano turco e salsiccia in tegame con sugo, conserva di pomodoro e parmigiano<ref>{{Cita libro|autore = [[Pellegrino Artusi]]|titolo = La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie|anno = 2003|editore = Giunti Gruppo Editoriale|città = Firenze|p = 144}}</ref>.
==Piatti del mondo affini alla polenta==
[[File:Pulenda-2.jpg|thumb|''Pulenta castagnina'' corsa.]]
In [[Romania]] si cucina una polenta pressoché uguale a quella che si cucina nel nord italia, la ''mămăligă''<ref>{{Cita web|url=http://www.turismo.it/oltreconfine/articolo/art/mamaliga-la-polenta-di-casa-in-romania-id-10409/|titolo=Mamaliga, la "polenta" di casa in Romania|lingua=it|accesso=2020-05-11}}</ref>.
In [[Corsica]] è diffusa ''a' pulenta'', piatto tradizionale della [[cucina corsa|cucina dell'isola]], preparata quasi sempre con la [[farina di castagne]] ricavata dai frutti prodotti dagli estesi castagneti presenti nell'isola.
Nelle [[Antille olandesi]] si prepara il ''funchi'', del tutto analogo alla polenta, a base di farina di mais e consumato al posto del pane o del riso.
In [[Burundi]] si prepara una polenta con acqua e farina di [[manioca]], senza sale, chiamata in [[kirundi]] con il nome di ''umutsima''.
In [[Burkina Faso]] la polenta di [[Panicum miliaceum|miglio]] è l'alimento base nel regime alimentare
In [[Messico]] si preparano i ''[[tamales]]'', preparati con una farina di mais nistagmalizzato (trattato con calce), avvolti in foglie di mais o banano ripieni di carne o ananas e cotti al vapore in una pentola di speciale fattura chiamata ''tamalera.''
==Polenta nell'arte==
[[File:Ca' Rezzonico - La Polenta - Pietro Longhi.jpg|thumb|[[Pietro Longhi]], ''La polenta.'']]
La polenta quale alimento popolare è stata più volte raffigurata in dipinti, così come inserita in una certa citazione anche letteraria. La raffigurazione di questo piatto è ricorrente nella storia dell'arte bresciana e bergamasca, due province dove essa rappresenta il cibo più caratteristico''.''<ref>{{Cita web|lingua=it|url=https://www.silvanaeditoriale.it/libro/9788836654222?srsltid=AfmBOooTJrpa2CtO54h0qPoBUY11S4BNV4WZIM1lF9XZLcZNrfTFoBdw|titolo=Lotto Romanino Moretto Ceruti|sito=www.silvanaeditoriale.it|accesso=2025-09-13}}</ref>
[[File:Nani che cucinano la polenta taragna (Enrico Albrici).jpg|miniatura|[[Enrico Albrici]], Nani che cucinano la polenta taragna]]
Nella seconda metà del Settecento il Ludovico Pastò ne scrisse una lode inserita nel suo lavoro: ''I due brindisi''. [[Carlo Porta]] scrisse una lode della pietanza con gli ''osei''.<ref>{{cita web|url=https://centri.unibo.it/centro-camporesi/it/dna-di-nulla-accademia/andrea-severi-la-polenta-letteraria|titolo=Andrea Severi - La polenta letteraria|editore=Centro studi Andrea Camporesi|accesso=6 marzo 2021}}</ref>
Il Manzoni inserì l'alimento in una scena del suo ''[[I promessi sposi]]'', quale importante protagonista di una povera tavola del Seicento.
{{citazione| […] lo trovò in cucina; che con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo, con una mano, l'orlo del paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo una piccola polenta bigia, di gran seraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola, e tre o quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano aspettando con gli occhi fissi al paiolo che venisse il momento di scodellare. […] La mole della polenta era in ragione dell'annata e non del numero e della buona voglia de' commensali […] Mentre Renzo barattava i saluti con la famiglia, Tonio scodellò la polenta sulla tafferia, di faccio, che stava apparecchiata a riceverla: pareva una piccola luna, in un gran cerchio di vapori|[[Alessandro Manzoni]], ''[[I promessi sposi]]'', capitolo VI}}
== Note ==
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== Bibliografia ==
* {{cita libro|nome= Mario|cognome=Bardin|titolo=Civiltà rurale di una valle veneta. La Val Leogra|anno=1976| città=Vicenza|editore=Accademia Olimpica|coautori=Ugo Barettoni, Pio Bertoli et al.}}
* G.V. Brandolini, ''Storia e gastronomia del mais e della patata nella Bergamasca'', Bergamo, Orizzonte terra, 2008, 32 p.
* {{Cita pubblicazione |titolo = L'introduzione del mais in Italia e la sua utilizzazione alimentare (sec. XVI-XVIII). Rapports présentés à la table ronde. Ravello (Centre Universitaire Européen pour les Biens Culturels), 11-14 Avril 1988 | autore = Franco Cazzola |curatore = D. Fournier, F. Sigaut |rivista = La préparation alimentaire des céréales | numero = 26 |città = Bruxelles |editore = PACT | anno = 1991 |pp = 109-127 |cid = Cazzola 1991 |url = http://www.lettere.uniroma1.it/sites/default/files/205/Franco%20Cazzola%20Mais_1.pdf |formato = PDF |accesso = 17 dicembre 2018 }}
* G. Cerri, 1807 = {{cita libro|nome= Giuseppe|cognome=Cerri|titolo=Trattato della pellagra che desola le popolazioni di campagna del Regno d’Italia|anno=1807| città=Milano|editore=Silvestri|url=https://books.google.it/books?id=O1XBoQEACAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false|accesso=30 aprile 2024}}
* {{cita libro|Claudia|Colucci|Il quaderno delle ricette della grande provincia mantovana|2007||[[San Giovanni Lupatoto]]|coautori=Wainer Mazza}}
* {{cita libro | autore=Tito De' Bassetti | wkautore=Tito Bassetti | titolo=[[s:La polenta dei Ciusi-Gobj|La polenta dei Ciusi-Gobj]] | editore=Tipografia Monauni | città=Trento | anno=1858}}
* R. Finzi, 2009 = {{cita libro|nome= Roberto|cognome=Finzi|titolo=Sazia assai ma da poco fiato. Il mais nell'economia e nella vita rurale italiane. Secoli XVI-XX|anno=2009| città=Bologna|editore=CLUEB|Isbn=978-88-491-3188-8}}
* D. Gasparini, 2002 = {{cita libro|nome= Danilo|cognome=Gasparini|titolo=Polenta e formenton. Il mais nelle campagne venete tra XVI e XX secolo|anno=2002| città=Verona|editore=Edizioni Cierre|Isbn=978-88-831-4182-9}}
* {{cita libro|nome= Danilo|cognome=Gasparini|titolo=Dalla campagna alla tavola. Sistemi alimentari della Terraferma veneta in età moderna|anno=2020| città=Verona|editore=Edizioni Cierre|Isbn=978-88-831-4931-3}}
* M. Montanari, 1997 = {{cita libro|nome= Massimo|cognome=Montanari|titolo=La fame e l'abbondanza. Storia dell'alimentazione in Europa|url= https://archive.org/details/lafameelabbondan0000mont|anno=1997| città=Bari-Roma|editore=Laterza|Isbn=978-88-420-5162-6}}
* E. Previde Massara, ''Il libro della polenta'', Milano, Agriturismo edizioni, 2011, 144 p.
* G. e L. Rorato, 2005 = {{cita libro|nome= Giampiero e Liliana|cognome=Rorato|titolo=La polenta|anno=2005| città=Vicenza|editore=Terraferma|Isbn=978-88-877-6093-4}}
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