Imperialismo statunitense: differenze tra le versioni
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[[File:School Begins (Puck Magazine 1-25-1899, cropped).jpg|thumb|upright=1.3|Vignetta satirica del 1899 che raffigura gli [[Stati Uniti]] come lo [[Zio Sam]], severo maestro che bacchetta gli "alunni indisciplinati" [[Cuba]], [[Porto Rico]] ([[sic]]), [[Hawaii]] e [[Filippine]]. Sullo sfondo si può notare un [[Nativi americani|nativo americano]] in disparte con un libro sottosopra, un [[afroamericano]] che pulisce i vetri della scuola e un orientale sulla soglia.]]
[[File:American_empire.PNG|miniatura|upright=1.3|Paesi in cui gli [[Stati Uniti]] sono intervenuti militarmente dopo il 1950]]
L''''imperialismo statunitense''' è definibile come l'influenza o condizionamento dell'[[economia]] e del campo militare e [[cultura degli Stati Uniti d'America|culturale]] da parte degli [[Stati Uniti d'America]] su altri [[Stati del mondo]], accompagnata da un'influenza generale nella [[politica interna]] dei relativi [[governo|governi]].
== Sinossi storica ==
=== La situazione socio-economica negli USA nel XIX secolo ===
{{Vedi anche|Storia degli Stati Uniti d'America (1865-1918)|Storia del colonialismo in America|Far west}}
[[File:Mitchell A New Map of Texas, Oregon, and California 1846 UTA.jpg|thumb|''A New Map of Texas, Oregon, and California'', [[Samuel Augustus Mitchell]], 1846]]
[[File:Mexico nebel.jpg|thumb|upright=1.3|[[Guerra messico-statunitense|Occupazione americana di Città del Messico]] nel 1847]]
Alla fine della [[guerra di secessione americana]] e dopo l'[[era della ricostruzione]] nel 1893 gli Stati Uniti si trovarono ad affrontare una crisi bancaria che segnò l'inizio della grave [[depressione economica]] e la chiusura commerciale delle frontiere. Questi due fenomeni furono presto collegati a un terzo: la tendenza irrefrenabile alla "sovrapproduzione interna", che non tardò a diventare uno dei più angosciosi problemi della società americana. Fu proprio nel pieno della depressione, nel gennaio 1895, che venne costituita la National Association of Manufacturers,<ref>{{cita|Aquarone|p. 17}}.</ref> con l'obiettivo di promuovere le esportazioni. Il fatto che la ripresa economica, nel corso del biennio successivo, coincidesse con l'energico incremento delle esportazioni non fece che rafforzare la convinzione che l'origine della crisi, che aveva provocato il collasso nel 1893, andasse individuata proprio nell'insufficienza del [[mercato interno]], e che quindi la chiave di volta per la prosperità andasse ricercata nei mercati esteri, elemento cruciale da cui dipendevano la stagnazione o lo sviluppo economico statunitense.
L'esistenza fin dai primi insediamenti coloniali, di una frontiera mobile verso l'ovest, costituiva la base delle peculiarità qualificanti della storia degli Stati Uniti. La
In un articolo pubblicato nel 1896 affermò inoltre: "Per quasi tre secoli il fattore dominante della vita statunitense è stata l'espansione. Con l'occupazione della costa del Pacifico e delle terre libere, questo movimento si è arrestato".<ref>{{cita|Aquarone|p. 18}}.</ref> L'ideologia espansionistica della frontiera mobile aveva quindi radici antiche e trovava ragioni anche nell'imponente [[flusso migratorio]] in accoglienza, percepito come prova inconfutabile della superiorità politica, economica, sociale degli Stati Uniti. Dato che nell'immaginario collettivo, la nazione era considerata terra privilegiata di libertà, democrazia e prosperità, era facile pensare che la sua espansione non potesse che configurarsi come ulteriore diffusione di questi diritti e benefici e che quindi, anche la sua lotta per la conquista di un dominio sempre più vasto non dovesse essere considerata come avidità di potenza e di ricchezza dalle nazioni
=== L'inizio della politica interventista statunitense ===
{{Vedi anche|Guerre della banana|Emendamento Platt}}
Dalla fine del XIX secolo in poi gli Stati Uniti diedero un carattere [[imperialismo|imperialista]] alla dottrina Monroe e cominciarono a rafforzare la sua influenza militare economica e politica nella regione caraibica, anche attraverso interventi militari, con l'obiettivo è quello di trasformare il Mar dei Caraibi in un ''[[mare nostrum]]'' per la sua importanza strategica.<ref name=":1">{{cita libro|lingua=fr|autore=Leslie Manigat|titolo=L'Amérique latine au XX<sup>e</sup> siècle,1889-1929|editore=Éditions Richelieu|città=Paris|anno=1973}}</ref>
Tra il 1891 e il 1912 eseguono una serie di interventi militari: 1891, [[Haiti]]; 1895, [[Nicaragua]]; 1898, [[Porto Rico]] e [[Cuba]]; 1899, Nicaragua; 1902, [[Venezuela]]; 1903, [[Repubblica Dominicana]] e [[Colombia]]; 1904, Repubblica Dominicana e [[Guatemala]]; 1906-1903, Cuba; 1907, Repubblica Dominicana; 1909-1910, Nicaragua; 1910-1911 [[Honduras]]; 1912, Cuba, Nicaragua e Repubblica Dominicana (al di fuori dei Caraibi, nel 1891 vengono intraprese azioni militari contro il [[Cile]]).<ref name=":1" />
Praticando la "diplomazia del dollaro", realizzano interventi finanziari che portano all'istituzione di controlli americani sulle finanze di diversi stati (Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Haiti). Hanno acquisito territori come Puerto Rico dopo la guerra contro la [[Restaurazione borbonica in Spagna|Spagna]] nel 1898, e le [[Isole Vergini]], acquistate dalla [[Danimarca]] nel 1917. Alcuni Stati sono posti sotto uno status vicino al protettorato, come Cuba, in virtù dell'[[emendamento Platt]] e dell'acquisizione della [[base navale di Guantánamo]], e [[Panama]], in virtù della costituzione panamense (redatta con la partecipazione del console americano) e del dispiegamento permanente delle forze americane nell'area del [[Canale di Panama|canale]].<ref name=":1" />
== Episodi storici ==
=== L'intervento nell'America centrale e la questione cubana ===
{{Vedi anche|Guerre della banana}}
Tra il 1896 e il 1898 le condizioni per un intervento USA nel conflitto tra Cuba e la Spagna apparivano particolarmente favorevoli. Il 1896 era un anno di elezioni presidenziali, ciò offriva ai due grandi partiti statunitensi l'occasione per precisare il loro atteggiamento sul problema cubano. Il programma approvato dai repubblicani, dopo avere ribadito la piena validità della [[dottrina Monroe]] e il diritto degli Stati Uniti di darvi concreta applicazione, affermava solennemente: "noi seguiamo con profondo e costante interesse le eroiche battaglie dei patrioti cubani contro la crudeltà e l'oppressione". I democratici si espressero in termini più sfumati, il loro programma dichiarava infatti: "offriamo la nostra simpatia al popolo di Cuba nella sua eroica lotta per la libertà e l'indipendenza".<ref>{{cita|Aquarone|p. 101}}.</ref>
Il nuovo presidente, [[William McKinley]], uomo di fiducia dei potenti banchieri e industriali dell'Est, era più che mai desideroso di evitare passi falsi che potessero rischiare di rendere inevitabile una guerra con la Spagna; inoltre, nel 1897, la comunità statunitense degli affari era nettamente ostile all'idea di una guerra. La prosperità era tornata, ma le ripercussioni psicologiche provocate dal collasso dell'economia statunitense pochi anni prima non erano ancora del tutto cancellate. Particolarmente interessati a un rapido ripristino della pace e dell'ordine a Cuba, anche a costo di un intervento statunitense che portasse a una guerra, erano invece i proprietari di piantagioni di tabacco e di zucchero e gli importatori e raffinatori di zucchero greggio.
[[File:Imperialism cuba.png|thumb|L'imperialismo statunitense a [[Cuba]]]]
Si può affermare, nel complesso, che la parte più influente del mondo degli affari
L'indignazione del movimento populista per le atrocità spagnole commesse a Cuba, dove il governo spagnolo per placare le rivolte decise di spingere con la forza la popolazione a riversarsi nelle città, cercando così di isolare i ribelli, crebbe. In queste aree di "concentramento e controllo" della popolazione le condizioni di vita erano terribili, e si stima vi abbiano avuto luogo in pochi mesi molte decine di migliaia di decessi, a causa delle precarie condizioni igieniche, sanitarie
Gli oppositori dell'intervento
===
{{Vedi anche|Guerra ispano-americana}}
[[File:Victor_Gillam_A_Thing_Well_Begun_Is_Half_Done_1899_Cornell_CUL_PJM_1136_01.jpg|miniatura|Vignetta satirica a riguardo delle ambizioni imperiali dell'America dopo la rapida vittoria di [[William McKinley|McKinley]] nella guerra ispano-americana del 1898. La bandiera americana sventola dalle [[Filippine]] e dalle [[Hawaii]] nel Pacifico fino a [[Cuba]] e [[Porto Rico]] nei Caraibi]]
Con la vittoria statunitense nella [[guerra ispano-americana]] nel 1898 e all'acquisto di un limitato dominio coloniale, la politica estera statunitense aveva sempre avuto un'importanza del tutto secondaria. Poco prima della metà del secolo erano state definitivamente risolte le questioni riguardanti i confini settentrionali e meridionali: riguardo al sud, la guerra contro il [[Messico]] e la conquista della [[California]] e del rimanente territorio a nord del [[Rio Grande (fiume Stati Uniti d'America)|Rio Grande]]; relativamente al nord i negoziati con la [[Regno Unito|Gran Bretagna]] avevano portato ad accordi sui confini tra [[Canada]] e Stati Uniti. La soluzione di questi problemi portò a un'accentuazione dell'isolamento politico degli Stati Uniti rispetto al resto del mondo nel superare la grave crisi della [[Guerra di secessione americana|Guerra Civile]] e nel completare la colonizzazione e lo sfruttamento delle terre dell'ovest.<ref>{{cita|Aquarone|p. 95}}.</ref>
La crisi del 1895-1896 con la Gran Bretagna, a proposito del confine orientale con il [[Venezuela]], aveva messo a nudo una visione più ampia e articolata degli interessi degli Stati Uniti: si era infatti delineata una strategia di potenza caratterizzata da una più organica e consapevole integrazione politica a livello di governo, delle varie pressioni dei più potenti gruppi economici. Il punto focale della politica di [[Washington]] fu costituito dalla questione della reciprocità commerciale con gli stati dell'America Latina e dal tentativo, fallimentare, di dare vita a un sistema economico "panamericano". La [[guerra ispano-americana]] conferì di fatto una nuova posizione agli Stati Uniti, che si sentirono investiti della responsabilità di indirizzare la politica estera di una grande potenza. Una delle conseguenze paradossali di questa guerra, fu che gli Stati Uniti ne uscirono con il possesso pieno e definitivo delle [[Filippine]], mentre [[Cuba]], che era stata la causa primaria del conflitto e una delle ambizioni dell'espansionismo statunitense, restava fuori dalla vera e propria sovranità statunitense, in una condizione giuridica e politica mal definita.
=== La presidenza Roosevelt e la politica del "grosso bastone" ===
{{Vedi anche|Politica del grosso bastone}}
Negli Stati Uniti la svolta sulla politica estera era stata caratterizzata da una parte, dalla presenza di correnti antimperialistiche particolarmente tenaci, dall'altra da incertezze e perplessità che avevano investito allo stesso modo sia i circoli di governo, sia gli ambienti economici più direttamente interessati. L'imperialismo come ideologia e come politica in atto non fece che riflettere verso l'esterno l'esigenza di organizzazione dell'espansione capitalistica; gli Stati Uniti lungo tutta la storia erano stati un paese debitore, che importava capitali più di quanti ne esportasse, ma a partire dal 1897 vi fu la tendenza dei capitali statunitensi a cercare nuove fonti di profitto sui mercati stranieri, dando così il via a un gran numero di investimenti all'estero.
L'accidentale ingresso di [[Theodore Roosevelt]] alla [[Casa Bianca]] nel 1901, in seguito all'[[assassinio di William McKinley]], diede un nuovo impulso al dinamismo statunitense in [[Estremo Oriente]]. La Cina offriva il vantaggio di trovarsi in condizioni politiche ed economiche tali da fare pensare che sarebbe restata in condizioni di [[vassallaggio]] senza riuscire a diventare, in un futuro prossimo, una temibile concorrente industriale per gli Stati Uniti. A rendere particolarmente drammatici gli accenti con i quali uomini come [[Brooks Adams]] invocavano la necessità di una vigorosa politica di espansione commerciale in Cina e nell'[[Asia Orientale]], in genere contribuivano la consapevolezza dell'enorme ritardo con cui gli Stati Uniti si erano presentati a chiedere la loro parte di controllo economico del traballante impero cinese e la conseguente posizione di debolezza in cui vi si trovavano le imprese statunitensi rispetto a quelle delle altre grandi potenze.<ref>{{cita|Aquarone|p. 237}}.</ref>
[[File:Theodore Roosevelt-Pach.jpg|thumb|[[Theodore Roosevelt]]]]
La natura dei rapporti fra gli Stati Uniti e i loro possedimenti coloniali di recente acquisizione costituì un chiaro successo degli ambienti economici più direttamente interessati a evitare un'invasione sul mercato interno di determinati prodotti filippini e segnò un nuovo punto a favore della politica protezionistica. Se da un lato i benefici economici che originariamente erano stati sperati e previsti dai fautori dell'annessione delle Filippine, si erano rivelati inferiori alle aspettative, dall'altro il peso che quel lontano e difficilmente difendibile possedimento costituiva sul piano diplomatico e militare diventava sempre più gravoso, specie nei momenti di tensione con il [[Giappone]]. Gli Stati Uniti dovevano rassegnarsi al fatto che non era possibile considerare le Filippine solamente come un mercato privilegiato e un trampolino di lancio per la penetrazione economica in Cina; il loro possesso significava inevitabilmente responsabilità militari e diplomatiche, alle quali non erano ancora preparati e nuovi imprevedibili rischi nella condotta della politica estera. Quattro anni dopo, la legge del 5 agosto 1909 pose le fondamenta di un sistema di libero scambio nel commercio tra le Filippine e gli Stati Uniti. Da un lato, tutti i prodotti statunitensi, fatta eccezione per il riso, ottennero libero accesso nelle Filippine; dall'altro, quelli filippini furono liberamente ammessi sul mercato statunitense, sia pure con una restrizione grave riguardante lo zucchero e il tabacco.<ref>{{cita|Aquarone|p. 226}}.</ref>
L{{'}}''American China development Company'' era stata costituita nel 1895 con il preciso scopo di promuovere la penetrazione economica
Per Roosevelt, nel 1904, il Giappone rappresentava il più valido
Il 30 novembre 1908 il segretario di stato Root e l'ambasciatore nipponico a Washington, Takahira, firmarono un accordo, con il quale i due governi si impegnavano a riconoscere i rispettivi possedimenti territoriali; gli Stati Uniti ottenevano una nuova garanzia per le Filippine da parte dell'unica potenza che poteva costituire ormai un pericolo effettivo per quel possedimento. Secondo alcuni, una delle ragioni fondamentali del fallimento della politica di Roosevelt fu l'esagerata accentuazione del pericolo russo. La [[Russia]], che non era né poteva essere una concorrente temibile sui mercati della Cina e della [[Manciuria]], fu disegnata come nemico principale, con la conseguenza che gli Stati Uniti furono inevitabilmente portati a spalleggiare la Gran Bretagna e il Giappone, ossia proprio quelle nazioni la cui competizione economica rappresentava una minaccia effettiva.<ref>{{cita|Aquarone|p. 263}}.</ref> Intanto la politica interventista nell'[[America centrale]] continuò poco prima dell'[[intervento degli Stati Uniti d'America nella prima guerra mondiale]], con l'[[Occupazione statunitense della Repubblica Dominicana (1916-1924)|occupazione statunitense della Repubblica Dominicana nel 1916]], nell'ambito delle così dette "[[guerre della banana]]".
=== La guerra nelle Filippine ===
{{Vedi anche|Guerra filippino-americana}}
A quell'epoca non esistevano in realtà interessi commerciali statunitensi nei confronti delle Filippine, ma secondo [[Theodore Roosevelt]], che faceva parte dell'amministrazione McKinley nella posizione di sottosegretario della Marina, prima o poi la guerra fra Spagna e Stati Uniti sarebbe scoppiata e la lotta avrebbe dovuto essere condotta non solo nei Caraibi e in generale nell'Atlantico, ma anche nel Pacifico occidentale. Il 1º maggio la squadra americana del Pacifico distrusse nella baia di Manila (possedimento spagnolo) la flotta spagnola e pose le premesse per l'occupazione americana delle Filippine.
L'atteggiamento di gran parte di coloro che si erano dimostrati ostili a una politica bellicistica era stato determinato non tanto da un'avversione all'espansionismo, quanto dal timore delle conseguenze negative che un conflitto armato avrebbe potuto provocare, in modo particolare sul piano economico.
[[File:Philippine-American War.png|thumb|Imperialismo statunitense nelle [[Filippine]]]]
Alla fine di luglio il governo di Madrid chiese la sospensione delle ostilità e l'avvio di trattative di pace; le condizioni preliminari poste dagli statunitensi per accettare la richiesta furono dure, ma dovettero essere accettate dagli spagnoli: l'evacuazione di Cuba e la rinuncia definitiva a questa colonia; la concessione agli Stati Uniti di [[Porto Rico]] e di un'isola dell'arcipelago dei Ladroni e, infine, l'occupazione da parte statunitense della città, del porto e della baia di Manila, in attesa che la sorte definitiva delle Filippine venisse coronata nel corso dei negoziati di pace, che ebbero inizio a Parigi il 1º ottobre. La vittoria sulla Spagna e i negoziati di Parigi diedero l'avvio a un grande dibattito interno sull'imperialismo, destinato poi a dominare la scena politica statunitense per anni.
Il vittorioso andamento della guerra aveva convinto molti degli stessi uomini d'affari, che fino a poco prima avevano continuato a sottolineare come l'acquisto delle colonie non avrebbe portato sostanziali vantaggi commerciali, e avrebbe invece significato piuttosto oneri finanziari e rischi diplomatici, che la via dell'espansione economica passava per le annessioni territoriali. Il primo frutto della nuova politica annessionista fu tuttavia una conseguenza solo indiretta della vittoria militare sulla Spagna. Il trattato di annessione delle [[Hawaii]], che era stato fermato al Senato tempo prima per colpa di un gruppo di senatori antimperialisti, venne ripreso in considerazione e fu votato: McKinley appose la firma al documento che sanciva l'annessione delle Hawaii il 7 luglio 1898.
Le Filippine interessavano agli statunitensi non tanto per i benefici diretti che si sarebbero potuti trarre sul piano economico, quanto perché giudicate ormai l'indispensabile porta di accesso al mercato cinese sul quale si andava sempre più focalizzando l'attenzione generale. Per il momento la [[Cina]] offriva sbocchi circoscritti alla produzione statunitense, ma esercitava una forte suggestione; non era poi da trascurare neppure il peso del "movimento missionario protestante", particolarmente attivo in Cina in quegli anni; infine facevano sentire in maniera sempre più preminente la loro influenza considerazioni di [[politica internazionale]].<ref>{{cita|Aquarone|p. 124}}.</ref> Rinunciare alle Filippine avrebbe significato abbandonarle all'avidità di qualche altra grande potenza.
== Il movimento antimperialista ==
Bisogna precisare che gli antimperialisti non si opponevano in genere all'imperialismo indiretto, "informale", cioè all'espansione e alla supremazia economica degli Stati Uniti; ciò a cui erano assolutamente ostili era l'imperialismo in senso stretto, inteso come espansione territoriale, cioè la creazione di un sistema coloniale. Imperialisti e antimperialisti erano in ogni caso accomunati dalla medesima concezione della superiorità razziale anglosassone, o più precisamente euro-
Il fronte antimperialista poneva innanzitutto un'obiezione di carattere costituzionale, in quanto, secondo costoro l'annessione di territori coloniali era in contrasto con lo spirito della costituzione, dato che tutto il sistema costituzionale statunitense era basato sul principio del governo rappresentativo e sulla garanzia dei diritti e delle [[libertà individuali]], principio incompatibile con il [[colonialismo]]. Un argomento, invece, di carattere più strettamente politico era che la creazione di un dominio coloniale avrebbe messo a repentaglio il regolare funzionamento del governo democratico e le libertà stesse personali dei cittadini.
[[File:Antiimperialismo caracas.jpg|thumb|Immagine di un manifesto antimperialista]]
Inoltre lo stabile inserimento nell'organismo politico-sociale della nazione di popolazioni inferiori socialmente ed economicamente avrebbe, come per contagio, alterato il sano equilibrio esistente nelle istituzioni statunitensi e portato una ventata di corruzione e di inefficienza, forse anche di violenza nella vita pubblica degli Stati Uniti.<ref>{{cita|Aquarone|p. 131}}.</ref> Infine gli antimperialisti non mancavano di avanzare una considerazione di ordine morale pura e semplice: era ingiusto imporre con la forza il proprio dominio su altri popoli.<ref>{{cita|Aquarone|p. 132}}.</ref>
La presa di posizione anti-annessionistica era tuttavia tutt'altro che ferma e coerente, e infatti l'annessione di [[Porto Rico]] incontrò scarsa ostilità. Dopo la guerra del 1898 gli Stati Uniti abbandonarono la via dell'imperialismo territoriale preferendo imboccare quella dell'imperialismo indiretto, o informale, rinunciando a ulteriori annessioni anche quando si presentò l'occasione, come nel caso dell'occupazione militare di Cuba tra il 1906 e il 1909. Si riaprì il dibattito sugli indirizzi della politica estera statunitense, non più visti esclusivamente o prevalentemente attraverso la questione dell'imperialismo, sebbene l'opposizione interna portò anche alla fondazione di alcune organizzazioni come la "Lega Anti-Imperialista Americana" tra i cui fondatori vi fu [[Oswald Garrison Villard]].
== Note ==
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== Bibliografia ==
===Libri===
* {{cita libro|autore=[[Alberto Aquarone
* {{cita libro|autore=Felix Greene|titolo=Il nemico|collana=[[Gli Struzzi]]|numero=38|editore= Einaudi|città=Torino|anno=1973}}
* {{cita libro|autore=Claude Julien
* {{cita libro|autore1=Federico Romero|autore2=Giampaolo Valdevit|autore3=Elisabetta Vezzosi|titolo=Gli Stati Uniti dal 1945 a oggi|editore=Laterza|città=Roma-Bari|anno=1996|isbn=9788842050216}}
* {{cita libro|autore=Ian Tyrrell|titolo=Crisis of the Wasteful Nation: Empire and Conservation in Theodore Roosevelt's America|url=https://archive.org/details/crisisofwasteful0000tyrr|isbn=9780226197937|editore=University of Chicago Press|anno=2015|lingua=en}}
===Articoli===
* {{cita pubblicazione|lingua=en|autore=Chang Yun-yo|rivista=Pacific Affairs|volume=3|numero=3|url=https://www.jstor.org/stable/2749870|titolo=American Imperialism: A Chinese View|data=marzo 1930|pp=278-284|doi=10.2307/2749870}}
* {{cita pubblicazione|lingua=en|autore=Erin L. Murphy|titolo=Women's Anti-Imperialism, The White Man's Burden, and the Philippine-American War. Theorizing Masculinist Ambivalence in Protest|rivista=Gender and Society|volume=23|numero=2|data=aprile 2009|pp=244-270|url=https://www.jstor.org/stable/20676773}}
* {{cita pubblicazione|lingua=en|autore=Robert Zevin|titolo=An Interpretation of American Imperialism|rivista=The Journal of Economic History|volume=32|numero=1: ''The Tasks of Economic History''|data=marzo 1972|pp=316-360|url=https://www.jstor.org/stable/2117191}}
== Voci correlate ==
* [[Antiamericanismo]]
* [[Colonialismo statunitense]]
* [[Colonizzazione europea delle Americhe]]
* [[Corollario Roosevelt]]
* [[Dottrina Monroe]]
* [[Guerre della banana]]
* [[Politica del grosso bastone]]
* [[Storia del colonialismo in America]]
* [[Storia degli Stati Uniti d'America (1865-1918)]]
* [[West]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
{{CronoUSA}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|politica|Stati Uniti d'America|storia}}
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[[Categoria:Colonialismo statunitense]]
[[Categoria:Colonialismo negli Stati Uniti d'America]]
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