Paradiso: differenze tra le versioni
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[[File:Hieronymus Bosch - The Garden of Earthly Delights - The Earthly Paradise (Garden of Eden).jpg|thumb|Anta di sinistra del "Giardino delle Delizie" (Paradiso terrestre), opera di Hieronymus Bosch (1453-1516), oggi conservata al Museo Nacional del Prado di [[Madrid]]. In questa porzione dell'opera il pittore olandese intende raffigurare la creazione dell'uomo, con il Creatore che gli presenta Eva. Da notare che in questo caso Bosch riprende una tradizione antica caduta in disuso nel Quattrocento, ovvero rappresentare Dio con l'immagine del Cristo. Il contorno all'immagine centrale consiste in figure fantastiche, animali rari e una vegetazione non naturale. Le costruzioni rocciose dietro all'immagine centrale sono la dimora di uccelli.]]
[[File:The Garden Party (British Museum).JPG|thumb
Il termine '''
==Origine del termine "paradiso"==
Il termine italiano "paradiso" (così come l'inglese ''paradise'', il francese ''paradis'', il tedesco ''paradies'' e lo spagnolo ''paraíso'') viene dal latino ecclesiastico ''paradīsus'', a sua volta adattamento dal greco biblico παράδεισος (''parádeisos''), nell'intenzione di rendere il termine ebraico גן (''gan'', "giardino") ovvero "giardino [dell'Eden]"
Il termine greco antico παράδεισος deriverebbe dal ricostruito medio iranico, ''*pardēz'' <ref>Cfr. Pierre Chantraine, ''Dictionnaire étymologique de la langue grecque,'' 1968, p. 857.</ref>, mentre è correlato all'attestato antico iranico, precisamente avestico<ref>L'avestico è stata una lingua parlata tra il II e il I millennio a.C. in una zona dell'Asia centrale ovvero nell'area dell'odierno Afghanistan. In questa lingua fu composto il libro sacro della religione mazdeista, l'<nowiki></nowiki>''Avestā''. L'avestico viene diviso in avestico antico (o avestico gatico, indicato con l'acronimo OAv o anche GAv, a cui appartengono gli Yasna 28-34, 43-51, 53; lo Yasna Haptaŋhāiti 35-41; e le quattro grandi preghiere dello Yasna 27) e avestico recente (indicato con l'acronimo YAv, a cui appartiene il restante del corpus religioso). L'altra antica lingua iranica è l'antico persiano (OPers), parlato nell'impero achemenide (VI-IV sec. a.C.); il medo, lingua del popolo dei Medi, seppur certamente esistito non è attestato.</ref>, ''pairidaēza'', dove tuttavia non possiede alcun significato religioso, indicando il "recinto", derivando in quella lingua da ''pairidaēz'' (murare intorno, circondare con mura), quindi da ''paìri'' (intorno) + ''daēz'' (accumulare). All'avestico ''pairidaēza'' sono correlati i ricostruiti antico persiano ''*paridaida'' e il medo ''*paridaiza''.▼
La traduzione della Septuaginta opera un cambiamento semantico nel significato del termine che passa dalla sfera profana a quella religiosa; l'uso nel senso tecnico si trova per la prima volta nel terzo dei [[Testamento dei Dodici Patriarchi|Testamenti dei Dodici Patriarchi]], il testamento di Levi, 18, 10: "Inoltre Egli [il Sommo sacerdote del futuro] aprirà le porte del paradiso e devierà la spada puntata contro Adamo".<ref>tr. it. in Paolo Sacchi (a cura di), ''Apocrifi dell'Antico Testamento'', Torino, UTET, 1981, Vol. 1, p. 807.</ref>
La prima attestazione del termine è quindi l'avestico ''pairidaēza'', di conseguenza la prima attestazione di questo stesso termine - anche se con significato diverso da quello d'uso oggi - la si riscontra in due passaggi nello ''Yu(va)tdēvdāt'' contenuto nell'<nowiki></nowiki>''Avestā'':▼
▲Il termine greco antico παράδεισος deriverebbe dal ricostruito medio iranico, ''*pardēz''
▲La prima attestazione del termine è quindi l'avestico ''pairidaēza'', di conseguenza
{{q|Lì, sul quel posto, gli adoratori di Mazdā erigeranno un recinto; ivi egli si stabilirà con cibo, ivi egli si stabilità con abiti, ivi con il cibo peggiore e gli abiti consunti. Di quel cibo egli continuerà a vivere, quegli abiti egli indosserà, allora essi lo lasceranno vivere fino a che egli non raggiungerà l'età di uno hana, o di uno zaurura, o di un pairišta-khšudra.|''Avestā'', ''Yu(va)tdēvdāt'' (anche ''Vidēvdāt'' o ''Vendidad''), 3, 18-19; traduzione di Arnaldo Alberti, in ''Avestā'', Torino, Utet, 2008, p.447|aêtadha hê aête mazdayasna ainghå zemô '''pairi-daêzãn''' pairi-daêzayãn, hvarethaêibyô pascaêta âstayañta aête ýôi mazdayasna vastraêibyô pascaêta âstayañta aête ýôi mazdayasna draêjishtôtemaêshvaca niuruzdôtemaêshvaca aêtå hvarethå hvaratu aêtå vastrå vanghatu vîspem â ahmât ýat hanô vâ zaururô vâ pairishtâ-xshudrô vâ bavât.|lingua=ave}}
{{q|Su quel posto gli adoratori di Mazdā erigeranno un divisorio che circoscriva uno spazio, l'armešt-gāth, nel quale si porrà il cibo per la donna e i suoi abiti|''Avestā'', ''Yu(va)tdēvdāt'' (anche ''Vidēvdāt'' o ''Vendidad''), 5, 49; traduzione di Arnaldo Alberti, in ''Avestā'', Torino, Utet, 2008, p.465|êtadha hê aête mazdayasna ainghå zemô '''pairi-daêzãn''' pairi-daêzayãn hvarethaêibyô pascaêta âstayañta aête ýôi mazdayasna vastraêibyô pascaêta âstayañta aête ýôi mazdayasna.|lingua=ave}}
Il termine di ambito iranico ''pairidaēza''/''*paridaida'', partendo dall'originario significato di "recinto", "luogo recintato", indica quindi quei
Nei testi in lingua greco antica è attestata l'esistenza di tali "giardini" persiani (il testimone più antico è in Wilhelm Dittenberge, ''Sylloge Inscriptionum Graecarum'', 2), mentre la loro prima descrizione è in Senofonte (430/425-355 a.C.) ''Economico'' (IV, 20 e sgg.), presente in altre opere dello stesso autore (cfr. ad esempio ''Anabasi'', I, 2,7).
{{q|20. Inoltre, si dice che lo stesso Ciro, quando Lisandro<ref>Si tratta del navarco spartano che si recò in Persia nel 407 a.C. in qualità di ambasciatore, ottenendo da Ciro il Giovane (V sec, a.C.) il sostegno persiano per Sparta (vedi anche Senofonte, ''Elleniche'', I,5,1-8; Diodoro Siculo XIII, 70 e Plutarc, ''Vita di Lisandro'', 4).</ref> si recò da lui portandogli i doni degli alleati, lo accolse con amicizia e gli mostrò anche il paradiso di Sardi<ref>Si tratta dell'antica capitale del regno di Lidia conquistata da Ciro II nel 546 a.C. divenendo la capitale delle satrapia più importante dell'Asia Minore.</ref>, come rivelò una volta lo stesso Lisandro a un ospite di Megara. 21. Poiché Lisandro rimase meravigliato della bellezza degli alberi, piantati a distanza regolare in filari dritti, con angoli ben disegnati, e dei molti e gradevoli profumi che li accompagnavano mentre passeggiavano, disse con stupore: "Ciro, io ammiro tutto ciò per la sua bellezza, ma molto di più apprezzo chi ha progettato e disposto tutto per te". 22. Udito ciò, Ciro se ne compiacque e disse: "Lisandro, sono io che ho progettato e disposto tutto questo; e ci sono anche alberi che ho piantato personalmente". 23. E Lisandro racconta di aver detto, guardandono e notando la bellezza delle sue vesti, il profumo, e la bellezza delle collane, dei bracciali e di tutto il resto che indossava: "Cosa stai dicendo, Ciro? Davvero tu, con le tue mani, hai piantato qualcuna di queste piante?". E Ciro rispose: 24. "Lisandro, ti meravigli di questo? Ti giuro su Mitra<ref>Antica divinità indoiranica. Presente nel ''Ṛgveda'' (ad es. III, 59) è traslitterato dal sanscrito vedico in Mitrá. In ambito iranico è presente nello Yasna I,3 (parte recenziore dell'
Il termine, di origine iranica, entra nelle lingue semitiche con l'accadico ''pardēsu'' già col significato di "giardino", "parco"<ref>Cfr. ''Assyrian Dictionary'', vol. 12; Chicago, University of Chicago, 2005, p. 182; ''ivi'' anche sul prestito linguistico dalle lingue iraniche.</ref>;
==Il mito sumerico di ''Dilmun'', il "paradiso" come luogo primordiale==
[[File:La terra di Dilmun è sacra (cuneiforme).jpg|upright=2.3|thumb|La prima attestazione del mito del "paradiso terrestre è inserita nel racconto in lingua sumerica, datato al II millennio a.C., conosciuto con il titolo di ''Enki e Ninḫursaĝa''. Qui sopra la riproduzione della seconda linea della tavola: ''La terra di Dilmun è pura''.]]
La credenza in un primordiale luogo paradisiaco attiene, originariamente, alla letteratura religiosa in lingua sumerica<ref>{{q|The earliest known description of a paradisial garden appears on a cuneiform tablet from protoliterate Sumer. It begins with a eulogy of Dilmun, a place that is pure, clean, and bright, a land of the living who do not know sickness, violence, or aging. It lacks one thing only: fresh water. This, however, is soon supplied by the sun god Utu at the command of the Sumerian water god Enki. Dilmun is thereby transformed into a garden with fruit trees, edible plants, and green meadows. Dilmun is a garden of the gods, not for humans, although one learns that Ziusudra, the Sumerian Noah, was exceptionally admitted to the divine paradise.|Harry B. Partin, ''Encyclopedia of Religion'', vol. 10. NY, Macmillan, 2004, p. 6981}}</ref>, segnatamente al testo in 284 versi, indicato sotto il nome di ''Enki e Ninḫursaĝa'' (inizi II millennio a.C.), la quale individuava nel [[Dilmun]] quel posto privo di sofferenze, di privazioni e di
Conserviamo di questa opera tre testimoni: da Nippur PBS<ref>Publications of the Babylonian Section, University of Pennsylvania.</ref> 10/1,1; è la versione più completa), da Ur UET<ref>Ur Excavations, Texts (Publications of the Joint Expedition of the British Museum and of the University Museum, University of Pennsylvania, Philadelphia to Mesopotamia)</ref> 6,1) e uno di provenienza sconosciuta TCL<ref>Textes cunéiformes du Louvre</ref> 16,62:
{{Citazione|Quando (Enki) da solo a Dilmun giaceva,<br
ki '''<sup>d</sup>'''en-ki '''<sup>d</sup>'''nin-sikil-la ba-an-da-nu2-a-ba<br />
ki-bi sikil-am3 ki-bi dadag-ga-am3<br />
dilmun<sup>ki</sup>-a uga<sup>mušen</sup> gu3-gu3 nu-mu-ni-be2<br />
darmušen-e gu3 dar<sup>mušen</sup>-re nu-mu-ni-ib-be2<br />
ur-gu-la saĝ ĝiš nu-ub-ra-ra<br />
ur-bar-ra-ke4 sila4 nu-ub-kar-re<br />
ur-gir15 maš2 gam-gam nu-ub-zu<br />
šaḫ2 še gu7-gu7-e nu-ub-zu<br />
nu-mu-un-su2 munu4 ur3-ra barag2-ga-ba<br />
mušen-e an-na munu4-bi na-an-gu7-e<br />
tum12<sup>mušen</sup>-e saĝ nu-mu-un-da-RU-e<br />
igi-gig-e igi-gig-me-en nu-mu-ni-be2<br />
saĝ-gig-e saĝ-gig-me-en nu-mu-ni-be2<br />
um-ma-bi um-ma-me-en nu-mu-ni-be2<br />
ab-ba-bi ab-ba-me-en nu-mu-ni-be2<br />
ki-sikil a nu-tu5-a-ni iri-a nu-mu-ni-ib-sig10-ge<br />
lu2 id2-da bal-e ĝi6-de3 nu-mu-ni-be2<br />
niĝir-e zag-ga-na nu-um-niĝin2-niĝin2<br />
nar-e e-lu-lam nu-mu-ni-be2<br />
zag iri-ka i-lu nu-mu-ni-be2|lingua=SUX}}
Dilmun risulterà il luogo dove l'unico superstite del Diluvio Universale di tradizione sumerica, Ziusudra, sarà dagli dèi destinato a vivere eternamente.
{{citazione|"Ti avevo tuttavia fatto giurare sul cielo e sulla terra<br />Come An e Enlil in persona,con il loro[...]Avevano prestato giuramento!"<br
zi an-na zi ki-a i3-pad3-de3-en-ze2-en za-zu-da ḫe2-em-da-la2<br />
an <sup>d</sup>en-lil2 zi an-na zi ki-a i3-pad3-de3-ze2-en za-da-ne-ne im-da-la2<br />
niĝ2-gilim-ma ki-ta ed3-de3 im-ma-ra-ed3-de3<br />
zi-ud-su3-ra2 lugal-am3<br />
igi an <sup>d</sup>en-lil2-la2-še3 giri17 ki su-ub ba-/gub!\<br />
an <sup>d</sup>en-lil2 zi-ud-su3-ra2 mi2-e-/eš2?\ […-dug4-…]<br />
til3 diĝir-gin7 mu-un-na-šum2-mu<br />
zi da-ri2 diĝir-gin7 mu-un-<na>-ab-ed3-de3<br />
ud-ba zi-ud-su3-ra2 lugal-am3<br />
mu niĝ2-gilim-ma numun nam-lu2-ulu3 uru3 ak<br />
kur-bal kur dilmun-na ki <sup>d</sup>utu e3-še3 mu-un-til3-eš|lingua=SUX}}
==La nozione iranica del ''garō.dəmāma'' (Casa del canto): il "paradiso" come luogo, ''post mortem'', riservato ai giusti==
[[File:Bodleian J2 fol 175 Y 28 1.jpg|thumb|upright=1.5|''Avestā'', apertura del ''Gāthā Ahunavaitī'', ''Yasna'' XXVIII,1, testo attribuibile allo stesso Zarathuštra (dalla Biblioteca Bodleiana MS J2){{q|Le Mani protese in atto di adorazione verso di te, o Mazdā, io ti prego anche per intercessione di Vohū Manah. il tuo Spirito d'amore, e verso di te o ''Aša'', ordine e rettitudine, [ti prego] di poter godere la luce della saggezza e la coscienza pura, e di poter recare così consolazione all'Anima della Vacca<ref>L'"Anima della Vacca" rappresenta la Madre Terra, simbolo del Creato e della buona dottrina che lo governa.</ref>|''Avestā'', ''Yasna''. XXVIII.1. Traduzione Arnaldo Alberti, in ''Avestā''. Torino, UTET, 2008, pag.150|ahyâ ýâsâ nemanghâ ustânazastô rafedhrahyâ manyêush mazdâ pourvîm speñtahyâ ashâ vîspêñg shyaothanâ vanghêush xratûm mananghô ýâ xshnevîshâ gêushcâ urvânem|lingua=ave}}
La scrittura qui usata è una forma di scrittura ''pahlavi'' detta "scrittura avestica". Con la distruzione dell'impero achemenide da parte dei Macedoni guidati da Alessandro Magno si osserva la scomparsa di quella scrittura cuneiforme, precedentemente adottata per rendere l'antico persiano, e il varo di scritture derivate da quella
La credenza in un "giudizio dei morti", e quindi in un luogo di felicità riservato a coloro che in vita scelsero il "bene" piuttosto che il "male", risulterebbe presente nelle parti più antiche del libro sacro della religione mazdeista (conosciuta anche come "zoroastrismo"), l'
Tuttavia non tutti gli studiosi hanno lo stesso parere al riguardo.
James Darmesteter (1849-1894) ha sostenuto esattamente il contrario, cioè che all'inizio il pensiero persiano è stato fortemente influenzato dalle idee ebraiche.
Ha insistito sul fatto che la Avesta, come la conosciamo ora, è di origine tarda ed è molta colorata da elementi stranieri, soprattutto quelli derivati dal giudaismo, e anche quelli adottati dal neoplatonismo attraverso gli scritti di [[Filone di Alessandria]]. Questi punti di vista, presentati poco prima della morte dello studioso francese, sono stati violentemente combattuti dagli specialisti e da allora e la discussione è aperta.
Tali parti antiche, indicate con il termine ''gāθā''<ref>Le ''gāthā'' di Zarathuštra sono così suddivise: ▼
#Dal XXVIII al XXXIV ''Yasna'' viene riportata la '' Ahunavaitī Gāthā'' (Canto del Signore). ▼
▲Tali parti antiche, indicate con il termine ''gāθā''<ref>Le ''gāthā'' di Zarathuštra sono così suddivise:
#Dal XLIII al XLVI ''Yasna'' viene riportata la ''Uštavaitī Gāthā'' (Canto della Felicità, «Felicità sia per colui che procura felicità al suo prossimo»). ▼
▲#Dal XLIII al XLVI ''Yasna'' viene riportata la ''Uštavaitī Gāthā'' (Canto della Felicità, «Felicità sia per colui che procura felicità al suo prossimo»).
#Dal XLVII al L ''Yasna'' viene riportata la ''Spentāmainyu Gāthā'' (Canto dello Spirito Santo del Bene).
#Al LI viene riportata la ''Vohukšathrā Gāthā'' (Canto del buon dominio).
#Al LIII viene riportata la ''Vahištōišti Gāthā'' (Canto del miglior desiderio) la quale è ritenuta di dubbia attribuzione in quanto probabilmente recenziore rispetto alle altre ''gāthā'' zarathuštriane.
</ref>, sono infatti, per la maggior parte degli studiosi, attribuibili direttamente al profeta iranico Zarathuštra
Tuttavia ultimamente pare che gli studiosi abbiano cambiato opinione riguardo a tali studi e che questi concetti siano stati scritti dopo. I manoscritti risalgono al III-IX secolo. Pare che il testo dell'Avestā abbia avuto mutamenti rispetto alla sua versione più antica perché il testo dell'Avestā andò perduto in epoca alessandrina e fu ricostruito in seguito tramite la tradizione orale. Le somiglianze esteriori con il Cristianesimo sono tanto maggiori quanto più recenti sono gli scritti esaminati.
Il termine più frequente per indicare questo "paradiso" dei giusti è in lingua avestica ''garō.dəmāma'' (antico avestico; in avestico recente '' garō.nmāna'') lett. "Casa del canto":
{{q|Quando Zarathuštra ha fatto la promessa ai suoi seguaci di ricompensarli con la Casa del canto, è stato Ahura Mazdā il primo ad accoglierla. Questo premio io ho promesso nel tempo della salvezza, congiuntamente con Vohū Manah e Aša.|''Avestā'', LI,15; traduzione di Arnaldo Alberti p.195|hyat mîzhdem zarathushtrô magavabyô côisht parâ '''garô demânê''' ahurô mazdå jasat pouruyô tâ vê vohû mananghâ ashâicâ savâish civîshî.|lingua=ave}}
La visione religiosa propria dell'insegnamento del profeta iranico Zarathuštra consiste nella credenza in un dio unico, [[Ahura Mazdā]], creatore di ogni cosa. A questo Dio si oppone [[Angra Mainyu]], spirito inizialmente da lui creato, insieme ad altri "spiriti", come votato al bene, ma a lui ribelle, acquisendo per questo la natura di "spirito del male". Questa opposizione cosmica tra Bene e Male riguarda sia il mondo sovrasensibile, in quanto agli spiriti del "bene", gli Ameša Spenta, si oppongono quegli spiriti del "male", i Daēva, che hanno seguito nella ribellione Angra Mainyu, ma anche l'uomo chiamato nella sua vita a scegliere tra il "bene" e il "male".
La scelta dell'uomo verrà quindi o premiata o punita da Ahura Mazdā quando, alla fine dei tempi, sconfiggerà definitivamente Angra Mainyu e le schiere demoniache a lui fedeli:
{{q|Di queste cose chiedo a te, o Ahura, che stanno ora accadendo e che accadranno. Quali saranno i munifici premi che toccheranno al Giusto e quali, o Mazdā, spetteranno ai malvagi, seguaci di Druji<ref>Lett. "falsità", personificazione del "male".</ref>, e come saranno queste quando verrà la resa dei conti.|''Avestā'', XXXI,14; traduzione di Arnaldo Alberti p.157|tâ-thwâ peresâ ahurâ ýâ-zî âitî jêñghaticâ ýå ishudô dadeñtê dâthranãm hacâ ashâunô ýåscâ mazdâ dregvôdebyô ýathâ tå anghen hêñkeretâ hyat.|lingua=ave}}
Inoltre, secondo alcuni studiosi
{{q|E ad esso<ref>Intende in soccorso degli uomini.</ref> sono giunti Xšatra, il potere, e Vohū Manah, Aša e Ārmaiti e hanno dato continua vita ai loro corpi e alla loro indistruttibilità, così da venire al tuo cospetto, come era venuto prima degli altri, nel momento della ricompensa, [che sarà] dispensata col metallo fuso<ref>''Ayah'', "metallo fuso", "giudizio finale" con la fusione della terra e degli astri alla fine dei tempi, apocastasi.</ref>|''Avestā'', XXX, 7; traduzione di Arnaldo Alberti p.155|ahmâicâ xshathrâ jasat mananghâ vohû ashâcâ dà at kehrpêm utayûitîsh dadât ârmaitish ãnmâ aêshãm tôi â anghat ýathâ ayanghâ âdânâish pouruyô.|lingua=ave}}
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===Il mito biblico di ''Eden'', il "paradiso terrestre"===
[[File:Sefer Torah (Museu d'Història dels Jueus, Girona).jpg|thumb|''Sefer Torah'' (ספר תורה, "rotolo della Torah"), in papiro e legno, risalente al XIX secolo, dal Marocco, conservata presso il Museu d'Història dels Jueus di Girona (Spagna).]]
[[File:Codex Reuchlin 2 96v.jpg|thumb|L'immagine illustra l'ultima pagina del ''Sanhedrin'', appartenente al corpus del ''[[Talmud Babilonese]]'', dal Codex Reuchlin, questo risalente al XIII secolo.]]
[[File:Talmud di Gerusalemme (facsimile di un frammento).jpg|thumb]]
{{q|Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l'oro e l'oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d'ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d'Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate. Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.|''Genesi'', 2,8-15|ח ויטע יהוה אלהים גן בעדן--מקדם וישם שם את האדם אשר יצר ט ויצמח יהוה אלהים מן האדמה כל עץ נחמד למראה וטוב למאכל--ועץ החיים בתוך הגן ועץ הדעת טוב ורע י ונהר יצא מעדן להשקות את הגן ומשם יפרד והיה לארבעה ראשים יא שם האחד פישון--הוא הסבב את כל ארץ החוילה אשר שם הזהב יב וזהב הארץ ההוא טוב שם הבדלח ואבן השהם יג ושם הנהר השני גיחון--הוא הסובב את כל ארץ כוש יד ושם הנהר השלישי חדקל הוא ההלך קדמת אשור והנהר הרביעי הוא פרת טו ויקח יהוה אלהים את האדם וינחהו בגן עדן לעבדה ולשמרה |lingua=he}}
In questo passo di ''Genesi'' (libro in lingua ebraica che si ritiene composto intorno al VI secolo a.C.) troviamo dunque l'espressione גן־בעדן (''gan bə‘êḏen'', "giardino in Eden"), quindi il nome del "paradiso terrestre" in cui ai primordi della storia dell'uomo, il dio suo creatore collocò il primo uomo "Adamo". Altri passi della Bibbia si riferiscono a questo stesso "paradiso terrestre" con altri nomi:
* כגן־יהוה: ''kə-ḡan- YHWH'', "come il giardino di YHWH" (come il giardino di Dio), in ''Genesi''
* בעדן גן־אלהים: ''bə-‘ê-ḏen gan-'ĕ-lō-hîm'', "in Eden giardino di Elohim" (in Eden il giardino di Dio), in Ezechiele 28,13.
In questo giardino si consuma quel mito biblico in cui Adamo, convinto da Eva, a sua volta sedotta dal "serpente" (הנחש, ''nâchâsh'')<ref>La figura del "serpente" (הנחש) prende corpo con l'ebraismo rabbinico dove viene presentato, in origine, come simile all'uomo, di statura gigantesca e il più astuto degli animali (Cfr. ''Berešit Rabbâ'', XIX,1). In medesima e analoga letteratura, l'odio che muove il serpente nei confronti dell'uomo è motivato dall'invidia, causata anche dalla sua condizione coniugale (Cfr. anche ''Sanhedrin'', 59b). Nella letteratura pseudoepigrafica il seduttore dell'uomo non è il serpente, ma Satana che lo provoca (cfr. ''Apocalisse di Mosè'', 15-30).</ref> mangia il frutto "dell'albero della conoscenza del bene e del male" ( ועץ הדעת טוב ורע, ''wə-‘êṣ had-da-‘aṯ ṭō-wḇ wā-rā‘'') e per questo verrà cacciato da Dio insieme alla compagna dal giardino di Eden affinché non mangiassero anche il frutto dell'"albero della vita" (ועץ החיים, ''wə-‘êṣ ha-ḥay-yîm'') divenendo così immortali (''Genesi'' 3). Il che potrebbe significare che mangiando dell'"albero della conoscenza del bene e del male", la coppia umana avrebbe potuto identificare l'"albero della vita", altrimenti nascosto, e questo spiegherebbe anche la ragione per cui il serpente, anche lui interessato all'immortalità, avrebbe convinto Eva a violare il comando divino
L'origine del significato del nome ebraico ''Eden'' è sconosciuto, fino a qualche decennio fa lo si riteneva eredità diretta del termine accadico ''edinu'', a sua volta resa del sumerico ''edin'', col significato di "piana", "steppa". Tuttavia la scoperta nel 1979, a Tell Fekheriyeh (al confine tra la Turchia e la Siria), di
Se è evidente il debito biblico nei confronti del racconto sumerico, e di analoghi in contesto mesopotamico, nella Bibbia tale ambito di "paradiso terrestre" supporta un racconto dagli evidenti contenuti morali<ref name="Cfr. Chaim Cohen 1997, p.214">Cfr. Chaim Cohen, ''Eden, Garden of'', in ''The Oxford Dictionary of the Jewish Religion''. Oxford, Oxford University Press, 1997, p.214</ref>.
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{{q|Nell'Ebraismo il concetto di al di là prese forma gradualmente e non fu mai espresso in una forma dogmatica o sistematica. L'idea ebraica di aldilà si è concentrata sulla credenza nella resurrezione della carne o nell'immortalità dell'anima. Sebbene queste concezioni siano state presenti, separatamente o insieme, in ogni epoca della storia ebraica, si può affermare con sicurezza che trovarono il loro maggiore sviluppo durante il periodo rabbinico medievale.|[https://ccat.sas.upenn.edu/jwst/people/david-m-stern David Stern], ''Enciclopedia delle religioni'' vol.6, Milano, Jaca Book, (1987) 1993 p.17}}
Nel testo biblico vi sono due indirizzi per il destino dei defunti: da una parte quello di tornare polvere in quanto si era polvere (''Genesi'', 2,7; 3,19), oppure a seguito della punizione divina dopo il "peccato" dei progenitori dell'umanità (''Genesi'', 3, 22-24), ma in altri passi biblici (ad esempio: ''Isaia'', 14, 9-12; ''Ezechiele'', 32,17-32) il destino degli uomini è quello di scendere nello אול (''she'ol'', gli "inferi"), luogo da cui non si risale. Tale luogo viene indicato
{{q|Una nube svanisce e se ne va, così chi scende agli inferi più non risale;|''Libro di Giobbe'', 7,9.|כלה ענן וילך כן יורד אול לא יעלה|lingua=he}}
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{{q|Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire.|''I Samuele'', 2,6 |יהוה ממית ומחיה מוריד שאול ויעל|lingua=he}}
Tuttavia ci sono due eccezioni bibliche di uomini che non sono scesi nello ''she'ol'' per sempre: Enoch (''Genesi'', 5,24) ed Elijah (II Re 2,11); la loro condizione è analoga alla narrazione soprariportata del sumerico Ziusudra (il Noè sumerico, in ulteriore letteratura in lingua accadica, come il ''Poema di Atraḫasis'' o nell'
Il più antico testo biblico che tratta della resurrezione dei morti è in ''Daniele'' 12,1-2, opera apocalittica risalente al II secolo a.C. redatta durante le persecuzioni di Antioco IV:
{{q|Ora, in quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. |''Daniele'', 12,1-2 |א ובעת ההיא יעמד מיכאל השר הגדול העמד על בני עמך והיתה עת צרה אשר לא נהיתה מהיות גוי עד העת ההיא ובעת ההיא ימלט עמך כל הנמצא כתוב בספר ב ורבים מישני אדמת עפר יקיצו אלה לחיי עולם ואלה לחרפות לדראון עולם
Tale nozione di "resurrezione" non riguarda, tuttavia, l'intero genere umano, ma solo agli appartenenti al popolo di Israele, più precisamente allo scopo di sostenere il valore del martirio e quindi della sua ricompensa (o punizione per i nemici)<ref name="David Stern 1987 p.17">David Stern, ''Enciclopedia delle religioni'' vol.6, Milano, Jaca Book, (1987) 1993 p.17</ref>.
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{{q|I giusti di tutte le nazioni hanno un posto nel mondo a venire|Maimonide, ''Mishneh Torah'', ''Teshuvah'' 3 ''Halacha'' 5|חסידי אומות העולם יש להם חלק לעולם הבא|lingua=he}}
{{q|La dottrina rabbinica riguardante ricompensa e castigo nell'altro mondo ha le sue radici nella convinzione che anima e corpo si ricongiungeranno prima del giudizio finale. Sebbene il pensiero rabbinico fosse influenzato in ultima analisi dalle concezioni greco-romane di una esistenza dell'anima come entità separata, e sebbene vi siano alcune opinioni rabbiniche che attestino la credenza nell'immortalità dell'anima indipendentemente dalla nozione di resurrezione della carne. L'importanza assoluta che quest'ultima questione di fede ha rivestito per i rabbini è testimoniata dai notevoli sforzi di esegesi che essi hanno affrontato per trovare fonti che la riguardassero nella Torah [
== Nel cristianesimo ==
Un'altra interpretazione cristiana del paradiso, di cui è testimonio una credenza della [[Chiesa copta]], è quella di una dimora temporanea degli spiriti dei giusti fino a quando, riuniti con i rispettivi corpi nella [[risurrezione della carne]], saranno trasferiti, dopo il [[giudizio universale]], alla [[Gerusalemme celeste]].<ref>[http://www.suscopts.org/messages/lectures/misclecture1.pdf "On Praying for the Departed"]</ref>
▲Paradiso nel cristianesimo è uno dei due stati (Inferno e Paradiso, il cattolicesimo ha introdotto nel Medioevo anche i dogmi relativi al Purgatorio) in cui vive l'uomo dopo la morte. Il Paradiso dopo la morte è l'unione definitiva tra Dio e l'Uomo, come viene simbolicamente visto nella Bibbia (Cantico dei cantici, Apocalisse) ed è la più profonda delle aspirazioni dell'uomo, conducendolo definitivamente alla felicità (v. I Corinzi, XIII, 12; I Giovanni, III, 2).
Nei libri dei Maccabei, [[libri deuterocanonici]] non inclusi nel [[canone ebraico]] e nei [[canoni protestanti]], si esprime la certezza della risurrezione dei morti e della vita eterna. Eppure ''[[Qoelet]]'' (Ecclesiaste) 3,19-20 afferma:
« 19.Infatti la sorte degli uomini è la stessa che quella degli animali: come muoiono questi così muoiono quelli. Gli uni e gli altri hanno uno stesso soffio vitale, senza che l'uomo abbia nulla in più rispetto all'animale. Gli uni e gli altri sono vento vano.20.Gli uni e gli altri vanno verso lo stesso luogo: gli uni e gli altri vengono dalla polvere, gli uni e gli altri tornano alla polvere. »
Nella Bibbia la parola "Paradiso" compare in tre brani del Nuovo Testamento:
* (''[[Vangelo di Luca]]'' 23:43) Quando uno dei malfattori crocifissi a destra e a sinistra di Gesù sgrida il suo compagno, il quale stava schernendo Gesù; in tale episodio il malfattore, resosi conto di essere giustamente condannato per le proprie opere malvagie, si rivolge a Gesù chiamandolo Signore, chiedendogli di ricordarsi di lui quando sarebbe venuto nel Suo [[Regno dei Cieli|regno]]. Gesù risponde allora affermando che il malfattore sarebbe stato con lui quel giorno stesso in Paradiso. Il malfattore, condannato dalla giustizia degli uomini, viene dunque assolto dalla condanna del [[peccato]] per mezzo della fede in Gesù Cristo. La via al Paradiso, il giardino di Eden, che la disubbidienza di Adamo ed Eva aveva reso inaccessibile all'uomo, viene riaperta da Colui che è la Via, la Verità e la Vita: Gesù Cristo
* (''[[Seconda
* (''[[Apocalisse di Giovanni]]'' 2:7) Gesù Cristo stesso riferisce nella lettera indirizzata alla [[chiesa di Efeso]], che egli trasmette all'Apostolo Giovanni per mezzo di un angelo (Apocalisse 1:1), che Egli darà da mangiare dell'albero della vita, che è in mezzo al Paradiso di Dio, a colui che vince. Ciò mostra che l'albero della vita, di cui si era persa traccia dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino di Eden, non è scomparso, ma si trova ora nel Paradiso di Dio, che Paolo riferisce essere al Terzo Cielo, dunque non in terra. La vittoria di cui parla Gesù è quella di cui parla la Lettera ai Romani 8:37, la quale si ha in virtù della fede in Gesù Cristo, Colui che ha portato sulla croce il peccato di tutta l'umanità affinché per mezzo della fede in Lui l'uomo possa essere salvato dalla giustizia divina, diventare Figlio di Dio, ed accedere al Paradiso che il peccato ha reso inaccessibile.
Le [[dottrine protestanti]] contestano il [[libero arbitrio]], ovvero la convinzione di altre correnti cristiane secondo cui il Paradiso è accessibile mediante le buone opere compiute sulla terra, attribuendo dunque all'uomo la possibilità di scampare al giudizio divino mediante i propri meriti e la propria giustizia. Tali dottrine si rifanno ai seguenti passi:
* (''[[Lettera agli Efesini]]'' 2:8) "Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio"
* (''[[Lettera ai Romani]]'' 5:1) "[[Giustificazione (teologia)|Giustificati]] dunque per fede, abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore,"
==Il paradiso islamico==
{{Vedi anche|Janna}}
Il paradiso [[islam]]ico, o ''Janna'', (<
Il Paradiso [[islamico]] assume una connotazione descrittiva e materialistica in base a quanto scritto nel [[Corano]]. I beati stanno in "giardini di delizie " , "in cui scorrono ruscelli.[..] è qualcosa di simile che verrà loro dato; avranno spose purissime e lì rimarranno in eterno" (Sura II, 25), "un calice di licor limpidissimo , chiaro, delizioso " tra " fanciulle , modeste di sguardo, bellissime di occhi, come bianche perle celate....." (XXXVII, 40 - 50). "Ma il compiacimento di Allah vale ancora di più: questa è l'immensa beatitudine!" (IX, 72). Nei " giardini di Eden " ci saranno " frutta abbondanti e bevande ... " (XXXVIII, 49 - 52). Per l'eternità " saran fatti circolare fra loro vassoi d'oro e coppe....." (XLIII, 71 - 73). "I [[timorati di
{{passo biblico|Esodo|3:7-8}} contiene la descrizione di un «paese dove scorre latte e miele», con riferimento alla [[Terra Promessa]] da Dio al popolo d'Israele. Il testo della Sacra Scrittura è parzialmente simile alla descrizione coranica del Paradiso.
▲Il Paradiso [[islamico]] assume una connotazione descrittiva e materialistica in base a quanto scritto nel [[Corano]]. I beati stanno in "giardini di delizie " , "in cui scorrono ruscelli.[..] è qualcosa di simile che verrà loro dato; avranno spose purissime e lì rimarranno in eterno" (Sura II, 25), "un calice di licor limpidissimo , chiaro, delizioso " tra " fanciulle , modeste di sguardo, bellissime di occhi, come bianche perle celate....." (XXXVII, 40 - 50). "Ma il compiacimento di Allah vale ancora di più: questa è l'immensa beatitudine!" (IX, 72). Nei " giardini di Eden " ci saranno " frutta abbondanti e bevande ... " (XXXVIII, 49 - 52). Per l'eternità " saran fatti circolare fra loro vassoi d'oro e coppe....." (XLIII, 71 - 73). "I timorati di [[Dio]] staranno in un luogo sicuro tra giardini e fontane, rivestiti di seta e di broccato... " (XLIV, 51 - 55). I beati " staranno in Giardini tra fonti d'acqua " (LI, 15) ; saranno riuniti a quanti, fra i loro discendenti, avranno creduto (LII, 21) ; saranno forniti, oltre che di frutta, di carne (LII,22) ; saranno serviti da giovani " come perle nascoste" (LII,24) ;saranno costituiti "in seggio di Verità, presso un [[Re]] potentissimo ! " (LIV, 55). Il paradiso di delizie è descritto anche nella [[sura]] LV (46-76). Nei Giardini "molti vi saranno degli antichi, pochi là vi saranno dei moderni" (LVI, 13-14) e sentiranno gridare "Pace! Pace!" (LVI, 25-26). Sui loro volti si vedrà un luminoso fiorire della gloria (LXXXIII,24) e si abbevereranno alla stessa fonte dei Cherubini (LXXXIII, 25-28).
==Nell'induismo==
Nella tradizione [[induismo|induista]] esistono paradisi ([[svarga]]) o mondi celesti diversi, ([[sanscrito]] devaloka, "pianeta degli Dei"), in cui ogni [[deva|dio]] accoglie i fedeli che hanno accumulato [[karma]] positivo e che li hanno adorati. Il paradiso è inteso come una tappa intermedia, differente dalla liberazione o "[[
== Note ==
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== Altri progetti ==
{{
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{SEP|heaven-hell|Heaven and Hell in Christian Thought|Thomas Talbott}}
* [http://www.vatican.va/archive/ITA0014/_INDEX.HTM Catechismo della Chiesa Cattolica]
* [
* {{en}} [http://www.etymonline.com/index.php?search=paradise&searchmode=none The Etymology online report for Paradise]
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Bibbia|cristianesimo|ebraismo|induismo|islam}}
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