Statuto Albertino: differenze tra le versioni

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{{NN|storia contemporanea|febbraio 2009|Necessarienecessarie fonti, specialmente per le parti che parlano del suo significato e dei motivi che indussero a promulgarlo.}}
{{Legge
[[File:Statuto albertino.jpeg|thumb|Prima pagina dello Statuto]]
|nome = Statuto Albertino
Lo '''Statuto del Regno''' o '''Statuto Fondamentale della Monarchia di Savoia del 4 marzo 1848''' (noto come '''Statuto Albertino''' dal nome del re che lo promulgò, [[Carlo Alberto di Savoia]]), fu la [[costituzione]] adottata dal [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno sardo-piemontese]] il 4 marzo [[1848]] a [[Torino]].
|immagine = Statuto albertino.jpeg
|didascalia = Prima pagina dell'originale dello Statuto
|titolo esteso = Statuto fondamentale della monarchia di Savoia
|tipo legge = Legge fondamentale dello Stato
|stato =
* {{SAR 1851-1861}}<br/><small>(fino al 17 marzo 1861)</small>
* {{ITA 1861-1946}}<br/><small>(dal 17 marzo 1861)</small>
|legislatura =
|autore = Consiglio di Conferenza
|schieramento =
|data_1 = 4 marzo [[1848]]
|promulgante = [[Carlo Alberto di Savoia]]
|vigore = 4 marzo [[1848]]
|data_2 = 1º gennaio [[1948]] ({{abbr|d.i.|de iure}})<ref>In realtà, poiché esso era tecnicamente una [[Rigidità della costituzione|costituzione flessibile]], dunque un atto facilmente modificabile con qualsiasi [[legge ordinaria]] e senza alcuna [[Gerarchia delle fonti|prevalenza gerarchica]] sul resto della [[legislazione]], buona parte dello Statuto fu derogata durante il [[Governo Mussolini]] con le [[leggi fascistissime]].</ref>
|successiva = [[Costituzione della Repubblica Italiana]]
|link = {{Cita web|url=https://it.wikisource.org/wiki/Italia,_Regno_-_Statuto_albertino|titolo=Testo dello Statuto Albertino|data=4 marzo 1848|pubblicazione=Wikisource}}
}}
 
Lo '''Statuto fondamentale della monarchia di Savoia''', conosciuto semplicemente come '''Statuto Albertino''', dal nome del re che lo promulgò, [[Carlo Alberto di Savoia]], fu la [[Costituzione ottriata|costituzione]] del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] e, in seguito, del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]].
Nel preambolo autografo dello stesso Carlo Alberto viene definito come «''Legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia [[Casa Savoia|sabauda]]''». Il 17 marzo [[1861]], con la fondazione del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], divenne la carta fondamentale della nuova [[Italia]] unita e rimase formalmente tale, pur con modifiche, fino al biennio [[1944]]-[[1946]] quando, con successivi [[decreto legislativo|decreti legislativi]], fu adottato un regime costituzionale transitorio, valido fino all'entrata in vigore della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]], il 1º gennaio [[1948]].
 
Sottoscritto il 4 marzo 1848 a [[Torino]], nel preambolo, autografo dello stesso Carlo Alberto, re di Savoia, lo [[Statuto (diritto)|statuto]] viene definito come «''legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della [[Monarchia sabauda|Monarchia]]''». Il 17 marzo 1861 divenne la carta fondamentale della nuova [[Italia]] unita, rimanendo formalmente tale fino all'entrata in vigore della [[Costituzione della Repubblica Italiana|costituzione repubblicana]], il 1º gennaio 1948.
Lo ''Statuto Albertino'', non ha natura di fonte legislativa sovra ordinata alla [[legge ordinaria]] e non prevede meccanismi di revisione dei suoi contenuti per cui non può essere considerato un esempio di costituzione flessibile.
 
Lo Statuto Albertino, in quanto [[Rigidità della costituzione|costituzione flessibile]], poteva essere modificato o integrato con legge adottata secondo la procedura ordinaria. Le [[Legge costituzionale|leggi costituzionali]], infatti, sono presenti nell'ordinamento italiano solo a partire dalla [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]] del 1948, di tipo rigido.
 
== Storia ==
{{F|storia contemporanea|maggio 2022|il testo contiene giudizi e interpretazioni storiche di parte senza riferimenti di fonti storiografiche a supporto.}}
[[File:Gazzetta Piemontese 5-3-1848.png|thumb|Prima pagina della ''[[Gazzetta Piemontese (Regno di Sardegna)|Gazzetta Piemontese]]'' del 5 marzo [[1848]], giorno della pubblicazione dello Statuto Albertino.]]
[[File:Ritratto di Carlo Alberto di Savoia, 1849 - Accademia delle Scienze di Torino - Ritratti 0004 C.jpg|miniatura|Ritratto commemorativo di Carlo Alberto di Savoia con la mano destra posata sullo Statuto, 1849]]
[[File:Gazzetta Piemontese 5-3-1848.png|thumb|Prima pagina della ''[[Gazzetta Piemontese (Regno di Sardegna)|Gazzetta Piemontese]]'' del 5 marzo 1848, giorno della pubblicazione dello Statuto Albertino]]
 
{{chiarire|In seguito ai moti promossi dalle classi borghesi nel 1848, cui talora partecipò anche l'aristocrazia, nelle principali città del [[Regno di Sardegna]]|quali moti}}, [[Carlo Alberto]] prese una serie di provvedimenti di stampo liberale: nel 1837 emanò un codice civile, dia cui seguì un codice penale nel 1839; nel 1847 riformò la disciplina della censura (imposta da [[Vittorio Emanuele I]]), permettendo la pubblicazione di giornali politici; creò, poi, una [[Corte di Revisione]] (ossia di Cassazione) per assicurare una certa uniformità della giurisdizione nello Stato, riducendo le competenze dei vecchi senati e pubblicando il codice di procedura penale basato sulla pubblicità del dibattimento. Su {{Senza fonte|ispirazione austriaca}}, aggiornò anche la composizione del [[Consiglio di Stato]], creato nel 1831, che sarebbe stato formato da due rappresentanti per ogni Divisione territoriale fra i Consiglieri delle Province componenti la Divisione, consiglieri provinciali che a loro volta erano scelti fra quelli comunali.
 
Gli [[Primavera dei popoli|avvenimenti dei primi mesi del 1848]] sembravano comunque ancora confermare la resistenza ada ipotesi costituzionali,: [[Carlo Alberto]] rifiutò in maniera netta l'idea di concedere una [[Costituzionecostituzione]] e ne parlò al [[Consiglio di Conferenza]] delnel febbraio 1848. Il 1330 gennaio 1848 il Corpo Decurionale di Torino, prendendoriunitosi inper considerazionediscutere l'istituzione della Guardia Nazionale, secondoapprendeva la notizia della concessione a Napoli, il giorno prima, della costituzione da parte di [[FrancescoFerdinando Cognasso|CognassoII delle Due Sicilie]],. ancheIl unaCorpo possibiledecise abdicazioneseduta stante di richiedere al tronore deluna costituzione anche per il Regno di Sardegna.
Il 30 gennaio 1848 il Corpo Decurionale di Torino, riunitosi per discutere l'istituzione della Guardia Nazionale, apprendeva la notizia della concessione a Napoli, il giorno prima, della Costituzione da parte di [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]. Il Corpo decise seduta stante di richiedere al Re una Costituzione anche per il Regno di Sardegna: Carlo Alberto in fretta e furia fece redigere una dichiarazione di principi che saranno alla base dello Statuto (termine ripreso dalla tradizione di [[Amedeo VIII]] di Savoia) e che vennero proclamati al popolo l'8 febbraio 1848, tre giorni prima che il [[Granducato di Toscana|Granduca di Toscana]] prendesse la stessa decisione ed un mese prima di [[Pio IX]]. Tali basi, indicate in quattordici punti, vennero formalmente concesse per la benevola generosità del sovrano, il quale unì al [[paternalismo]] una velata minaccia di non procedere oltre se i "popoli" non fossero stati "degni" delle sue manifestazioni di apertura. In questo modo, comunque, Carlo Alberto aveva tranquillizzato tanto i liberali quanto i democratici.
 
===Il proclama dell'8 febbraio===
Il Consiglio di Conferenza, incaricato di redigere lo Statuto, ebbe come principale obiettivo quello di individuare, tra i modelli costituzionali europei, quello maggiormente congeniale al Regno di Sardegna, e che producesse il minor cambiamento possibile all'interno degli assetti istituzionali. Questo modello venne individuato nella Costituzione orleanista del 1830 e in quella belga del 1831. Pochi giorni dopo, tra il 23 e il 24 febbraio la Rivoluzione spazzava via da Parigi sia la monarchia sia la Costituzione. La sommossa parigina, che portò poi al potere [[Napoleone III di Francia|Luigi Bonaparte]], eccitò gli animi anche in Italia e fece balenare nella mente dei liberali più accesi e rivoluzionari l'idea di una Repubblica tale che quindi la promessa delle “basi” di Carlo Alberto sembrava ormai troppo limitata. Tuttavia ciò non mutò le posizioni del Re che il 4 marzo promulgò lo Statuto.
Carlo Alberto velocemente fece redigere una dichiarazione dei principi che furono alla base dello Statuto (termine ripreso dalla tradizione di [[Amedeo VIII di Savoia]]) composta da quattordici articoli, e che venne proclamata al popolo l'8 febbraio 1848, tre giorni prima che il [[Granducato di Toscana|Granduca di Toscana]] prendesse la stessa decisione e un mese prima di [[Pio IX]]. {{Senza fonte|Tali basi, indicate in quattordici punti, vennero formalmente concesse per la benevola generosità del sovrano, il quale unì al [[paternalismo]] una velata minaccia di non procedere oltre se i "popoli" non fossero stati "degni" delle sue manifestazioni di apertura. In questo modo, comunque, Carlo Alberto aveva tranquillizzato tanto i liberali quanto i democratici.}}
 
===La promulgazione===
Nel 1861, con la nascita del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], lo Statuto venne applicato in tutto il Regno. La natura flessibile dello Statuto garantì, sino agli anni venti, un'evoluzione parlamentare del sistema politico senza rendere necessarie modifiche effettive al testo originale: gradualmente i Governi cessarono di dipendere dalla fiducia del Re, mentre divenne necessaria quella del Parlamento. Anche il [[Senato]] perse importanza di fronte alla [[Camera dei Deputati]], il Re tuttavia mantenne una particolare influenza sulla politica estera e su quella militare: basti pensare che la tradizione voleva che i ministri della Guerra e della Marina (provenienti dai ranghi militari) fossero designati dal Re al [[Presidente del Consiglio dei ministri]].
{{Senza fonte|Il Consiglio di Conferenza, incaricato di redigere lo Statuto, ebbe come principale obiettivo quello di individuare, tra i modelli costituzionali europei, quello maggiormente congeniale al Regno di Sardegna, e che producesse il minor cambiamento possibile all'interno degli assetti istituzionali.}} Questo modello venne individuato nella Costituzione orleanista del 1830 e in quella belga del 1831. Pochi giorni dopo, tra il 23 e il 24 febbraio 1848, la Rivoluzione spazzava via da Parigi sia la monarchia sia la Costituzione. La sommossa parigina, che portò poi al potere [[Napoleone III di Francia|Luigi Bonaparte]], eccitò gli animi anche in Italia e fece balenare nella mente dei liberali più accesi e rivoluzionari l'idea di una Repubblica tale che quindi la promessa delle "basi" di Carlo Alberto sembrava ormai troppo limitata. Tuttavia, ciò non mutò le posizioni del Re che il 4 marzo promulgò lo Statuto.
 
===Nel Regno di Sardegna===
L'evoluzione parlamentarista dello Statuto cessò completamente con l'avvento della dittatura fascista. Nel corso degli anni lo Statuto venne gradualmente messo da parte attraverso leggi ordinarie contrarie allo spirito dello Statuto stesso: si pensi alla fine della libertà d'espressione, l'istituzione del Tribunale speciale per la difesa dello stato o alle [[Leggi razziali fasciste|leggi razziali]].
Il primo Ministero costituzionale presieduto da Balbo, nominato il 16 marzo 1848, si limitò ad applicare le norme dello Statuto, cioè a procedere alla convocazione delle due Camere pubblicando la legge elettorale. Il Ministero si dimise in conseguenza del voto parlamentare che respingeva l'emendamento governativo al disegno di legge per l'unione della Lombardia e delle quattro province venete liberate nel corso della [[Prima guerra d'indipendenza italiana|prima guerra d'indipendenza]] al Piemonte. Tuttavia la crisi che ne derivò non ebbe la natura di crisi parlamentare, così come non ebbero tale natura le crisi successive che accompagnarono le dimissioni dei ministeri Casati, Alfieri e Perrone. I tragici eventi della guerra obbligarono il Ministero Casati a ricorrere ai pieni poteri e ciò modificò i rapporti tra Corona, Camere, limitate nelle loro funzioni, e Governo investito di competenze e di un ruolo eccezionale. L'apparente carattere parlamentare dei Ministeri Gioberti e Chiodo, per la maggioranza vastissima che li aveva imposti durante la seconda e più tragica fase del conflitto, non alterò nella sostanza la natura costituzionale del regime statutario.
 
La [[Battaglia di Novara (1849)|disfatta di Novara]] e la conseguente abdicazione di Carlo Alberto in favore di Vittorio Emanuele II non segnarono ancora la fine di quel periodo dominato dalla ricerca di un equilibrio tra i poteri dello Stato, che aveva caratterizzato l'inizio della vita costituzionale in Piemonte.
Dopo la caduta del [[fascismo]], crebbe il consenso che - qualunque forma istituzionale fosse stata scelta per l'ordinamento italiano - lo Statuto dovesse ormai considerarsi superato. Con il decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151<ref>[http://www.parlalex.it/pagina.asp?id=2822 testo del D.L.Luog.], su Parlalex</ref> venne stabilito che ''Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato''.
 
Il Ministero [Massimo D'Azeglio] preparò il passaggio al regime parlamentare. Merito grandissimo del D'Azeglio, nel suo moderatismo e nella rigida affermazione della superiorità del costituzionalismo statutario, fu quello di aver difeso gli istituti rappresentativi nelle difficili circostanze nelle quali si trovava lo Stato subalpino.
Il decreto legislativo luogotenenziale 5 aprile 1945 n. 146<ref>[http://piattaformacostituzione.camera.it/4?scheda_contenuto=3 Piattaforma didattica sulla Costituzione italiana]</ref> istituì la ''Consulta nazionale'', assemblea non elettiva di nomina governativa il cui scopo era fornire pareri sui provvedimenti legislativi che venissero ad essa sottoposti dal Governo; in pratica, il primo embrione della [[Corte Costituzionale]]. Infine il d.l.l. 16 marzo 1946, n. 98<ref>[http://www.parlalex.it/pagina.asp?id=2823 testo del D.L.Luog.], su Parlalex</ref> sancì le elezioni per l'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|Assemblea Costituente]]. Con la [[nascita della Repubblica Italiana]] e l'entrata in vigore della [[costituzione della Repubblica Italiana]] il 1º gennaio 1948, lo statuto fu definitivamente superato.
 
Il [[proclama di Moncalieri]] del 20 novembre 1849, firmato da Vittorio Emanuele II, ma redatto da D'Azeglio, facilitò l'elezione di una Camera dei deputati disposta a collaborare con la linea del Governo. Successivamente fu avviata un'incisiva politica di riforme. L'approvazione a larga maggioranza delle [[leggi Siccardi]], che abolivano il foro ecclesiastico e che definivano i rapporti tra Stato e Chiesa, segna una svolta fondamentale. La vasta maggioranza che nelle due Camere aveva sostenuto l'azione del Governo era ormai destinata a dare una base diversa all'esecutivo, i cui ministri non potranno più sottrarsi alla convalida del loro operato in Parlamento. Così si dava l'avvio al regime parlamentare che avrebbe segnato la vita politica nei decenni successivi e che vide in [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] il suo grande artefice. Già nel 1848 Cavour aveva sostenuto, in un articolo del 10 marzo su "[[Il Risorgimento (Torino)|Il Risorgimento]]", la tesi di un rapporto tra prerogativa parlamentare e prerogativa regia progressivamente destinato a evolversi a favore della prima. Nel considerare centrale il ruolo del Parlamento, Cavour non era isolato. Larghi settori dell'opinione liberale condividevano le sue idee, come [[Carlo Bon Compagni di Mombello|Carlo Bon Compagni]] nel suo libretto "Della monarchia rappresentativa" e Pietro Peverelli nei "Commenti intorno allo Statuto del regno di Sardegna".
 
Subentrato al D'Azeglio, Cavour divenne il sostenitore più deciso di una linea tendente a fare del Parlamento, e in particolare, della Camera elettiva, il centro della vita politica e istituzionale, in polemica con gli ambienti conservatori rappresentati da [[Cesare Balbo]], sostenitore della forma costituzionale pura. Nel volume "Della monarchia rappresentativa in Italia", il Balbo vedeva nella Corona il fulcro attivo e propulsivo dell'intero ordinamento e sosteneva la necessità della partecipazione dell'istituto monarchico all'attività delle Camere. Cavour rivendicava, invece, al Parlamento il massimo potere e la piena indipendenza dalla monarchia stessa, anche in vista delle modifiche che, su iniziativa della Camera elettiva, dovevano essere introdotte nell'ordinamento posto in essere dallo Statuto. L'organizzazione della Camera alta aveva suscitato già subito dopo l'emanazione dello Statuto molte perplessità. Il 27 maggio 1848 Cavour, in un articolo pubblicato ne "Il Risorgimento", assumeva una posizione critica nei confronti del sistema di reclutamento dei senatori. Egli si pronunciava a favore di un Senato elettivo che esercitasse una funzione di equilibrio rispetto alla Camera elettiva, sul modello della Costituzione belga.
 
La nomina di Cavour alla Presidenza del Consiglio, nel 1852, assunse il significato di una svolta decisiva. Anche se la crisi che aveva determinato la caduta del Ministero D'Azeglio era stata ancora di natura extraparlamentare, non essendo stata determinata da un palese voto di sfiducia, tuttavia nella scelta del nuovo Presidente da parte del Re si rivelava la necessità di affidare la direzione del nuovo Governo al capo della maggioranza parlamentare nella Camera dei deputati.
 
La presenza di una larga maggioranza omogenea appariva sempre più necessaria al conseguimento degli obiettivi di rinnovamento civile e politico propri del liberalismo nazionale. Da qui la nascita dell'intesa, il "connubio", che aggregava un ampio Centro liberale e riformista, formato dalla Destra moderata e dalla Sinistra riformista, escludendo la Destra conservatrice e la Sinistra rivoluzionaria. Cementata dall'elezione di Rattazzi a Presidente della Camera (11 maggio 1852), l'intesa con il Centro-Sinistra diede a Cavour la possibilità di ottenere la Presidenza del Consiglio, che mantenne dal 1852 fino alla morte, con la breve parentesi del Governo La Marmora (luglio 1859-gennaio 1860). Il Re lo considerava formalmente come un suo ministro, ma Cavour si comportò come il capo di un governo parlamentare, responsabile di fronte alle Camere e operante solo in virtù di un rapporto di fiducia che ne legittimava l'attività.
 
===Nel Regno d'Italia===
[[File:Statuto fondamentale del regno.pdf|thumb|left|Lo Statuto fondamentale del Regno, pubblicato nel 1884]]
Nel 1861, con la nascita del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], lo Statuto venne applicato in tutto il Regno. La natura flessibile dello Statuto garantì, sino agli anni 1920, un'evoluzione parlamentare del sistema politico senza rendere necessarie modifiche effettive al testo originale: gradualmente i Governi cessarono di dipendere dalla fiducia del Re, mentre divenne necessaria quella del Parlamento. Anche il [[Senato Subalpino|Senato]] perse importanza di fronte alla [[Camera dei deputati (Regno di Sardegna)|Camera dei deputati]], il Re tuttavia mantenne una particolare influenza sulla politica estera e su quella militare: basti pensare che la tradizione voleva che i ministri della Guerra e della Marina (provenienti dai ranghi militari) fossero designati dal Re al [[Presidente del Consiglio dei ministri]].
 
L'evoluzione parlamentarista dello Statuto cessò completamente con l'avvento della dittatura fascista<ref>La cosa fu vaticinata già nell'autunno 1924 in un colloquio nel quale [[Giovanni Amendola]] chiese all’aiutante militare del re se si dovesse considerare definitiva la situazione «... sì che si possa pensare che la Casa Savoia abbia vissuto una parentesi costituzionale tra il 1848 e il 1925, fino a ritirare lo Statuto...»: {{cita testo|url=https://anpi.it/media/uploads/patria/2004/4-5/19-25_Matteotti.pdf|titolo=''Il Canto del cigno della libertà'', Patria indipendente, 23 maggio 2004, p. 20|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200131055616/https://anpi.it/media/uploads/patria/2004/4-5/19-25_Matteotti.pdf}}</ref>. Nel corso degli anni lo Statuto venne gradualmente stravolto attraverso [[Leggi fascistissime|leggi ordinarie contrarie allo spirito dello Statuto]] stesso: si pensi alla fine della libertà d'espressione, l'istituzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato o alle [[Leggi razziali fasciste|leggi razziali]].
 
Dopo la caduta del [[fascismo]], crebbe il consenso che - qualunque forma istituzionale fosse stata scelta per l'ordinamento italiano - lo Statuto dovesse ormai considerarsi superato. Con il decreto legislativo luogotenenziale del [[Decreto legge luogotenenziale 151/1944|25 giugno 1944, n. 151]] venne stabilito che ''Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, un'Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato''.<ref>{{Cita legge italiana|tipo=DLL|anno=1944|mese=06|giorno=25|numero=151|articolo=1|originale=si}} (formulazione originale)</ref>
 
Il decreto legislativo luogotenenziale del 5 aprile 1945 n. 146<ref>{{Cita legge italiana|tipo=DLL|anno=1945|mese=04|giorno=5|numero=146|titolo=Istituzione della Consulta Nazionale|originale=si|nolink=si}} (formulazione originale)</ref> istituì la ''Consulta nazionale'', assemblea non elettiva di nomina governativa il cui scopo era fornire pareri sui provvedimenti legislativi che venissero a essa sottoposti dal Governo. Infine il decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98<ref>{{Cita legge italiana|tipo=DLL|anno=1946|mese=03|giorno=16|numero=98|originale=si|nolink=si}} (formulazione originale)</ref> sancì le elezioni per l'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]]. Con la [[nascita della Repubblica Italiana]] e l'entrata in vigore della [[costituzione della Repubblica Italiana]] il 1º gennaio 1948, lo Statuto fu definitivamente superato.
 
== Caratteristiche ==
[[File:Statuto Albertino.pdf|thumb|Testo dello Statuto Albertino|right|upright=1.6]]
=== Divisione dei poteri ===
Come le altre Carte costituzionali emanate negli Stati italiani nel 1848, lo Statuto Albertino<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Angelo|cognome=Grimaldi|data=25 settembre 2023|titolo=Costituzione genetica dello Statuto Albertino|rivista=Revista Estudios Jurídicos. Segunda Época|numero=23|pp=e7993–e7993|lingua=it|accesso=25 ottobre 2023|doi=10.17561/rej.n23.7993|url=https://revistaselectronicas.ujaen.es/index.php/rej/article/view/7993|issn=1576-124X }}</ref> aveva il carattere di carta ''octroyée'', cioè concessa dal sovrano ([[Costituzione ottriata]]). La scelta costituzionale s'impose non come il naturale compimento delle riforme precedenti ma come l'unico rimedio politico per evitare l'evolversi della situazione in senso democratico e rivoluzionario. Definito, nel Preambolo autografo dello stesso Carlo Alberto, «Legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia», lo Statuto si ispira alla [[Carta francese del 1814]] nelle sue versioni modificate in Francia nel 1830 e in Belgio nel 1831. Il sovrano, infatti, concedendo lo Statuto, aveva voluto dar vita a una sorta di monarchia limitata, nella quale la Corona non fosse solo un elemento formale, ma, investita della titolarità dell'esecutivo, partecipasse in modo determinante al potere legislativo e a quello giudiziario, andando ben oltre i limiti di un "potere neutro". In tale contesto istituzionale tutti gli altri poteri e tutti gli altri organi erano collocati in una posizione subalterna o, quanto meno, inferiore a quella del sovrano.
[[File:SchemaStatutoAlbertino.png|thumb|Schema della ripartizione dei poteri costituzionali.]]
 
Essendo lo Statuto albertino una ''carta ottriata'', riveste una particolare importanza il suo preambolo. L'assolutismo illuminato, ultima evoluzione dello Stato di polizia, è estremamente evidente: ''«con lealtà di Re e con affetto di padre Noi veniamo a compiere quanto avevamo annunziato ai nostri amatissimi Sudditi»'', così come è evidente la riserva mentale con cui lo Statuto viene concesso, laddove - celando le forti motivazioni sociali che hanno indotto Carlo Alberto ad emanare questo atto - si afferma ''«di Nostra certa scienza, Regia autorità, avuto il parere del Nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo in forza di Statuto e Legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia, quanto segue»''.
Al Parlamento, diviso in due rami, il Senato vitalizio di nomina regia e la Camera dei deputati elettiva, spettava di esercitare con il Re il potere legislativo (art. 3), di approvare i bilanci e i tributi (art. 10), di organizzare le province e i comuni (art. 74), di regolare la leva militare (art. 75).
 
Le disposizioni sul Governo (artt. 65-67) si limitano a parlare di "ministri" senza dare alcuna disciplina specifica per l'organo collegiale da essi formato. Nella prassi, infatti, venne instaurandosi un rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento: il Ministero poteva rimanere in carica solo se confermato dal voto delle assemblee legislative, mentre il sovrano nella scelta dei suoi ministri si adeguava alla volontà delle Camere e, in particolare, di quella elettiva. Questa prassi si consolidò e si codificò con una certa gradualità.
 
===Questioni formali===
Lo Statuto non è mai qualificato con il termine ''costituzione'', ritenuto ancora pregno di significati assiologici e non meramente descrittivi. Lo Statuto definiva una forma di monarchia costituzionale che si evolse verso una forma di monarchia parlamentare, rivelando una natura di ''costituzione flessibile'' (modificabile con legge ordinaria). Il sistema costituzionale italiano subì un'evoluzione dettata da una scelta costituente compiuta formalmente dal monarca, ma legata al concreto divenire del sistema politico. La prima modifica dello Statuto fu quella relativa alla bandiera, da quella con la coccarda azzurra a quella con la coccarda tricolore, in occasione della ribellione del Lombardo-Veneto contro il dominio austriaco nel 1848. Il fatto che il testo si sia poi rivelato generico, nei fatti, si rivelò essere un vantaggio, perché ne permise un pacifico adeguamento a mutate esigenze e situazioni, come d'altronde in quasi tutte le carte costituzionali sette-ottocentesche (si pensi ''in primis'' alla Costituzione statunitense redatta nel 1787). Tale elasticità dello Statuto fece commentare da [[Arturo Carlo Jemolo]] che esso ''"visse di vita propria"'' per quasi cent'anni. Per lungo tempo, non ci furono modifiche formali del testo statutario, almeno fino al periodo fascista. L'elasticità del testo permetteva infatti di piegarlo a una certa interpretazione (invocando certe espressioni a danno di altre), sottolineando un punto o un articolo piuttosto che un altro. Lo Statuto acquistò così, fin dall'inizio, un certo aspetto di intangibilità, proprio mentre nei decenni ne mutavano i contenuti effettivi. Lo statuto corrisponde a ciò che si definisce una ''costituzione breve'': limitandosi a enunciare i diritti (che sono per lo più libertà dallo Stato) e a individuare la forma di governo.
 
===Diritti e doveri dei regnicoli===
È inoltre da notare come lo Statuto non sia mai qualificato con il termine ''costituzione'', ritenuto ancora pregno di significati assiologici e non meramente descrittivi, e come dalle intenzioni espresse dal sovrano esso dovesse intendersi come una [[costituzione rigida]], «perpetua ed irrevocabile». La storia si incaricò però di smentire questa affermazione: fin dall'inizio, lo Statuto - che definiva una forma di monarchia costituzionale pura - tese ad evolversi verso la differente forma di monarchia parlamentare, rivelando quindi una natura di ''costituzione flessibile'' (e infatti era modificabile con legge ordinaria). Il sistema costituzionale italiano, quindi, subì un'evoluzione molto particolare, dettata, in parte, da una scelta costituente compiuta formalmente dal monarca, ma in buona parte legata al concreto divenire del sistema politico. La prima modificazione che lo Statuto subirà sarà quella relativa alla bandiera, da quella con la coccarda azzurra a quella con la coccarda tricolore, in occasione della ribellione del Lombardo-Veneto contro il dominio austriaco nel 1848. Il fatto che il testo si sia poi rivelato lacunoso, ambiguo e generico può certamente apparire come un difetto, ma, nei fatti, poi, si rivelò essere invece un vantaggio, perché ne permise un pacifico adeguamento a mutate esigenze e situazioni, come d'altronde in quasi tutte le carte costituzionali sette-ottocentesche (si pensi ''in primis'' alla Costituzione statunitense redatta nel 1787). Tale elasticità dello Statuto fece dire ad Arturo Carlo Jemolo che esso ''“visse di vita propria”'' per quasi cent'anni. Per lungo tempo, in effetti, non ci furono vere modifiche formali del testo statutario, almeno fino al periodo fascista. L'elasticità del testo permetteva infatti di piegarlo ad una certa interpretazione (invocando certe espressioni a danno di altre), sottolineando un punto o un articolo piuttosto che un altro. Lo Statuto acquistò così, fin dall'inizio, un certo aspetto di intangibilità, proprio mentre nei decenni ne mutavano i contenuti effettivi.
 
Lo statuto corrisponde a ciò che si definisce una L''costituzionearticolo breve'':1 sistabilisce limita ad enunciare i diritti (che sono per lo più libertà dallo Stato) e ad individuare la formareligione diè governo,"quella ma non si pone il fine di raggiungere obiettivi di convivenzaCattolica, né di prefigurare i rapporti dei consociati (Stato-comunità) tra di loroApostolica e traRomana". questiViene e lo Stato-apparato. Riconoscericonosciuto il principio di eguaglianza (art. 24: «tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla Legge. [...]. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammessi alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi»), ma si limita ad affermare un'eguaglianza formale. Riconosce formalmente la libertà individuale (art. 26), l'inviolabilità del domicilio (art. 27), la libertà di stampa (art. 28), la libertà di riunione (art. 32), ma le riserve di legge ivi previste si risolvono nel ben più blando e meno garantista principio di legalità, mentre è sconosciuto l'istituto della riserva di giurisdizione: in definitiva, il vero cardine del sistema dei diritti statutari è costituito dal diritto di proprietà (art. 29).Poco Per quanto riguardava la libertà religiosa il Regno di Sardegna era (art.1) uno Stato confessionale. La religione, si scrisse, "è quella Cattolica, Apostolica e Romana" e gli altri culti esistenti erano unicamente tollerati, come sotto Vittorio Amedeo II. Tale prospettiva muta ben presto edopo verràarrivò l'emancipazione prima dei Valdesi (17 febbraio- Lettere Patenti) e poi degli Ebrei (29 marzo) con il riconoscimento dei loro diritti civili e politici, infine con l'abolizione dei “privilegi”"privilegi" ecclesiastici a partire dal 2 marzo successivo con un decreto regio che cacciava i Gesuiti dallo Stato. Una legge di poco posteriore ( "Legge Sineo" del giugno del 1848) aggiungeva che la differenza di culto non formava eccezione al godimento dei diritti civili e politici e all'ammissibilità alle cariche civili e militari.
 
===Ordinamento del regno===
=== Il re e il governo ===
[[File:SchemaStatutoAlbertino.png|thumb|Schema della ripartizione dei tre poteri]]
==== Il re e il governo ====
[[File:Carlo Alberto firma lo Statuto (4 marzo 1848).jpg|thumb|Il Re mentre firma lo Statuto]]
Lo Statuto stabiliva anzitutto che il trono fosse ereditario secondo la [[Linea di successione al trono d'Italia|legge salica]] dando poi ulteriori disposizioni circa la successione reale in caso di minorità del re. Il re era capo dello Stato, capo del governo e capo di tutte le forze armate, la sua persona era «sacra e inviolabile», questo non significava che non dovesse rispettare le leggi (come previsto dal suo [[giuramento]] all'art. 22), ma solo che non poteva essere oggetto di sanzione alcuna. La sovranità non apparteneva alla [[nazione]] (benché all'art. 41 si faccia espresso riferimento ai [[deputato|deputati]] come «rappresentanti della Nazione») ma al re, il quale, da [[sovrano]] assoluto, si trasformava in ''principe costituzionale'' per sua esplicita volontà e concessione. Si usciva così dal regime assoluto e si entrava nell'epoca in cui il re vedeva i suoi poteri limitati dalla [[Costituzione]] ma non per questo diminuiti sensibilmente come si può pensare in base all'esempio inglese: il monarca sabaudo infatti "regna e governa" a differenza di quello britannico che ha una funzione solo istituzionale e non anche politica. Il re rimaneva il perno attorno al quale la macchina dello Stato doveva ruotare: pur non detenendo completamente i tre poteri riuniti nella sua persona egli comunque ne manteneva larga parte, gli organi ai quali erano secondo lo Statuto delegati dovevano infatti gestirli in comunione con il monarca stesso: il popolo aveva un ruolo estremamente ristretto.
La monarchia era costituzionale ed ereditaria secondo la [[legge salica]]; il [[Re]] era e restava capo supremo dello [[Stato]] e la sua persona rimaneva ''sacra ed inviolabile'', anche se questo non significava che non dovesse rispettare le leggi (come previsto dal suo [[giuramento]] all'articolo 22), ma solo che non poteva essere oggetto di sanzioni penali.
Il Re manteneva una certa preminenza ed esercitava il [[potere esecutivo]] attraverso i ministri; convocava e scioglieva le Camere e aveva il potere di sanzione delle leggi, istituto diverso dalla [[promulgazione]] presidenziale, attualmente prevista dalla [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione italiana del 1948]], perché con essa il Re valutava il merito dell'atto e poteva rifiutarlo se riteneva la legge non rispondente all'indirizzo politico perseguito dalla Corona. La sovranità non apparteneva alla [[Nazione]] (benché all'articolo 41 si faccia espresso riferimento ai [[deputato|deputati]] come ''"rappresentanti della Nazione"'') ma al Re, il quale, tuttavia, da [[sovrano]] assoluto, si trasformava in ''principe costituzionale'' per sua esplicita volontà e concessione. Si usciva così dal regime assoluto e si entrava nell'epoca in cui il Re vedeva i suoi poteri limitati dalla [[Costituzione]].
 
Il re esercitava il [[potere esecutivo]] attraverso i ministri di sua nomina che all'occorrenza potevano essere da lui destituiti; convocava e scioglieva la Camera dei deputati e aveva il potere di sanzione delle leggi, istituto diverso dalla [[promulgazione]] presidenziale, prevista dalla [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione della Repubblica]] del 1948, perché con essa il re valutava nel merito l'atto e poteva rifiutarlo se riteneva la legge in esame non rispondente all'indirizzo politico perseguito dalla corona. Il re decideva automaticamente circa il [[governo]] e il Parlamento si limitava a fare le leggi (''collettivamente'', con l'apporto del re e la sua sanzione).
Il testo statutario rimase comunque piuttosto sibillino in merito al rapporto tra Re, Governo e Camere; di qui la difficoltà di valutazione sulla purezza della [[monarchia costituzionale]] o sulla sua ''“parlamentarità”'', a seconda che il Governo dovesse godere della sola fiducia del Re o di quella del [[Parlamento]]. Di fatto il Re decideva automaticamente circa il [[Governo]] ed il Parlamento si limitava a fare le leggi (''collettivamente'', con l'apporto del Re e la sua sanzione). Nella prassi [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] cercò di far in modo che il proprio Governo avesse la fiducia del Parlamento, sostituendolo quando questa fosse venuta meno. Questo portò nel giro di un anno alla formazione di quattro gabinetti diversi, senza alcun voto di fiducia. A partire dal [[1852]], però, con l'avvento di [[Camillo Cavour]], fu lui il capo della maggioranza parlamentare e, nei periodi di crisi, fu il sostegno della [[Camera dei deputati]] a imporre il reincarico a Cavour rispetto all'aspirazione del Re a sostituirlo.
 
EccoNella prassi [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] cercò di far in modo che il proprio governo avesse la fiducia del parlamento, cosìsostituendolo quando questa fosse venuta meno. Questo portò nel giro di un anno alla formazione di quattro gabinetti diversi, chesenza alcun voto di fiducia. A partire dal 1852, però, con l'avvento di [[Camillo Cavour]], fu lui il capo della maggioranza parlamentare e, nei periodi di crisi, fu il sostegno della [[Camera dei deputati (Regno di Sardegna)|Camera dei deputati]] a imporre il reincarico a Cavour rispetto all'aspirazione del re a sostituirlo. venneVenne prevalendo nella prassi applicativa un sostanziale riconoscimento da parte del Rere che il ''“suo”''"suo" Governogoverno dovevadovesse godere della [[fiducia parlamentare]]della Camera dei deputati e si passò quindi ada ununa sistemaforma di governoStato di tipo parlamentare. Il re fu considerato più quale rappresentante dell'unità statalenazionale che come capo dell'esecutivo. Inizialmente, però, i '''[[Ministro|Ministriministri]]''' erano considerati come singoli collaboratori del Rere, senza riconoscimenti ufficiali di loro riunioni in organi collegiali. NonLo eraStatuto nemmenonon previstamenziona la figura del [[Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|presidente del Consiglio dei ministri]]. I ministri (che potevano essereanche parlamentarinon eessere nonparlamentari) rispondevano per gli atti regidel re, essendodei laquali personadovevano delessere re sacra ed inviolabilecontrofirmatari, non politicamente verso le Camere, ma giuridicamente perdavanti ai tribunali. Dopo la [[proclamazione del Regno d'Italia]], il contenutopotere deiesecutivo provvedimenti.del Re fu attenuato in base alla prassi di delegare alla presidenza Ciascunouno dei ministri poteva(solitamente esserequello sostituitodell'Interno), seche veniva menopresentava il rapportogoverno fiduciarioalle conCamere ilper Reottenerne la fiducia e ne indirizzava la politica.
 
==== Il Parlamento ====
Il '''[[Parlamento del Regno di Sardegna|parlamento]]''' era invece composto dida due Camere.: Quellail [[Senato Subalpino|Senato]] di nomina regia (e con senatori provenienti dalla [[SenatoFamiglia reale italiana|famiglia reale]]), vitalizia, che non poteva sciogliersi e quella elettiva, la [[Camera dei deputati (Regno di Sardegna)|Camera dei deputati]], eletta su base censitaria e maschile, a collegio uninominale ede a doppio turno di elezione. Il bicameralismo, previsto perfetto, si sviluppò in realtà come "zoppo", con prevalenza politica della [[Camera bassa]]. I progetti di legge potevano essere promossi dai Ministri, dal [[Governo]], dai parlamentari, oltre che dal Rere. Per diventare legge dovevano essere approvati nello stesso testo da entrambe le Camere, senza ordine di precedenza (a parte quelle tributarie e di bilancio che dovevano passare prima per la Camera dei deputati) e dovevano essere munite di sanzione regia. Le due Camere ede il Rere rappresentavano perciò per lo Statuto i “tre"tre potericorpi legislativi”legislativi": bastava che uno di essi fosse contrario e per quella sessione il progetto non poteva più essere riprodotto. L'art. 9 dello Statuto prevedeva l'istituto della [[proroga delle sessioni]], utile al sovrano per ridurre a più miti consigli una Camera dei deputati contraria a una sua decisione.
 
====La magistratura del regno====
=== Il potere giudiziario ===
Per quanto riguardava la '''[[Giustizia]]''', essa ''“emana"emana dal Re”Re"'', che nominava i giudici (senzae aveva il rispettopotere delladi distinzioneconcedere [[montesquieu]]iana)la edgrazia avevae ilcommutare poterele di graziapene. A garanzia del cittadino stava il rispetto del giudice naturale e il divieto del tribunale straordinario, la pubblicità delle udienze e dei dibattimenti. Prima dello Statuto il Rere aveva il potere discrezionale di nominare, promuovere, spostare e sospendere i suoi [[giudice|giudici]]. OraLo venivaStatuto introdottaintroduceva qualcheulteriori garanzia in piùgaranzie per i cittadini e per i giudici, chei quali dopo tre anni di esercizio, avevano garantita l'''inamovibilità''. L'articolo 73 esclude poi la possibilità di prendere in considerazione il ''precedente giurisprudenziale'' per le decisioni nei supremi tribunali statali. L'interpretazione del giudice con rilievo direttamente normativo cadde così definitivamente e ada esso si sostituì il [[potere legislativo]] statale. L'indipendenza formale del potere giudiziario veniva ad essere, nei fatti, condizionata dal governo il quale aveva alle sue dipendenze l'[[Pubblico ministero|organo requirente]]. La [[magistratura (diritto)|magistratura]] rappresentava quindi non un potere, ma un ordine direttamente soggetto al [[Ministero della Giustiziagiustizia]]. Il controllo sull'attività del singolo giudice nonera doveva mancare, ma sembrava da affidareaffidato soprattutto ad altri giudici: il [[Giuseppe Siccardi|Siccardi]] con visione gerarchico-piramidale trovò ragionevole che ciò facesse capo soprattutto all'organo più elevato, la [[Corte di Cassazionecassazione]]. Non esisteva un organo indipendente di autogoverno della magistratura come l'odierno [[Consiglio superiore della magistratura]].
 
== La festa dello Statuto ==
[[File:KingCarloAlberto.jpg|thumb|left|verticale|Carlo Alberto di Savoia]]
La festa dello Statuto albertino fu celebrata per la prima volta il 27 febbraio [[1848]], dopo che lo Statuto era stato annunciato l'8 febbraio, ma non ancora proclamato.<ref>[http://www.storiologia.it/cattaneo/doc1802.htm Statuto Albertino]</ref>
 
La festa dello Statuto Albertino fu celebrata per la prima volta il 27 febbraio 1848, dopo che lo Statuto era stato annunciato l'8 febbraio, ma non ancora proclamato.<ref>{{Cita web |url=http://www.storiologia.it/cattaneo/doc1802.htm |titolo=Statuto Albertino |accesso=2 giugno 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110917225501/http://www.storiologia.it/cattaneo/doc1802.htm |urlmorto=no }}</ref>
Già festa nazionale del Regno di Sardegna, fu spostata alla prima domenica di giugno e fu estesa alle altre regioni in seguito alle annessioni.<ref>[http://books.google.it/books?id=rfQGAAAAYAAJ&pg=PA1343&dq=festa+dello+statuto+albertino+giugno&hl=it&ei=G3rnTbudMo-r-gaIy5WzAQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=5&sqi=2&ved=0CD8Q6AEwBA#v=onepage&q&f=false Collezione celerifera delle leggi, decreti, istruzioni e circolari], Torino 1861, pp. 1342-1343</ref>
 
Già festa nazionale del Regno di Sardegna, fu spostata alla prima domenica di giugno e fu estesa alle altre regioni in seguito alle annessioni.<ref>{{cita testo|url=http://books.google.it/books?id=rfQGAAAAYAAJ&pg=PA1343&dq=festa+dello+statuto+albertino+giugno&hl=it&ei=G3rnTbudMo-r-gaIy5WzAQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=5&sqi=2&ved=0CD8Q6AEwBA#v=onepage&q&f=false|titolo=Collezione celerifera delle leggi, decreti, istruzioni e circolari|postscript=nessuno|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120111190557/http://books.google.it/books?id=rfQGAAAAYAAJ&pg=PA1343&dq=festa+dello+statuto+albertino+giugno&hl=it&ei=G3rnTbudMo-r-gaIy5WzAQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=5&sqi=2&ved=0CD8Q6AEwBA#v=onepage&q&f=false}}, Torino 1861, pp. 1342-1343.</ref>
Il significato della festa mutò durante gli anni: inizialmente era una festa liberale e vi furono incidenti perché si voleva celebrarla anche nelle chiese con il canto del ''[[Te Deum]]''. Essendo una festa civile, i vescovi si opposero e per questo furono a volte condannati.<ref>Maurilio Guasco, ''Storia del clero in Italia dall'Ottocento a oggi'', Bari 1997, pp. 71-72</ref><ref>Esempi di arresti arbitrari sono riportati da Giacomo Margotti, [http://books.google.it/books?id=QGIvAAAAYAAJ&pg=PA193 ''Memorie per la Storia de' nostri tempi''], III serie, Torino 1865, pp. 193-203</ref><ref>Antonio Fappani, ''Il clero liberale bresciano negli anni dell'unità d'Italia'', Brescia 1968, p. 129 e sgg.</ref>. Dopo la conquista di Roma, invece la festa risorgimentale più controversa divenne il 20 settembre, ricordo della [[breccia di Porta Pia]]. Gradualmente la festa dello Statuto assunse il significato di festa della Monarchia.
 
Il significato della festa mutò durante gli anni: inizialmente era una festa liberale e vi furono incidenti perché si voleva celebrarla anche nelle chiese con il canto del ''[[Te Deum]]''. Essendo una festa civile, i vescovi si opposero e per questo furono a volte condannati<ref>Maurilio Guasco, ''Storia del clero in Italia dall'Ottocento a oggi'', Bari 1997, pp. 71-72.</ref><ref>Esempi di arresti arbitrari sono riportati da [[Giacomo Margotti]], {{cita testo|url=http://books.google.it/books?id=QGIvAAAAYAAJ&pg=PA193|titolo=''Memorie per la Storia de' nostri tempi''|postscript=nessuno|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120111190453/http://books.google.it/books?id=QGIvAAAAYAAJ&pg=PA193}}, III serie, Torino 1865, pp. 193-203.</ref><ref>Antonio Fappani, ''Il clero liberale bresciano negli anni dell'unità d'Italia'', Brescia 1968, p. 129 e segg.</ref>. Dopo la conquista di Roma invece la festa risorgimentale più controversa divenne il 20 settembre, ricordo della [[breccia di Porta Pia]]. Gradualmente la festa dello Statuto assunse il significato di festa della Monarchia.
Il cinquantenario dello Statuto fu celebrato solennemente il 4 marzo [[1898]]. La festa dello Statuto fu celebrata anche durante il periodo fascista, quando lo Statuto già era stato svuotato del suo valore.<ref>Ilaria Porciani, ''La festa della nazione: rappresentazione dello Stato e spazi sociali nell'Italia unita'', Bologna 1997</ref>
 
Il cinquantenario dello Statuto fu celebrato solennemente il 4 marzo 1898. La festa dello Statuto fu celebrata anche durante il periodo fascista<ref>Ilaria Porciani, ''La festa della nazione: rappresentazione dello Stato e spazi sociali nell'Italia unita'', Bologna 1997.</ref>, quando però lo Statuto già era stato svuotato di gran parte del suo valore<ref>[[Paolo Febbraro]], ''Le leggi e la loro lingua'', in "Analisi Giuridica dell'Economia, Studi e discussioni sul diritto dell'impresa" 2/2013, p. 417 (doi: 10.1433/75632), giudica frutto di uno "slancio contraddittorio" il fatto "che il regime fascista ha potuto governare l’Italia per più di vent’anni senza abolire lo Statuto albertino".</ref>. La Festa dello Statuto era una delle occasioni solenni in cui i Cavalieri dell'[[Ordine Supremo della Santissima Annunziata]] potevano indossare i grandi Collari, anziché i piccoli.
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== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore=Mario Ascheri|wkautore=Mario Ascheri|titolo=Introduzione storica al diritto moderno e contemporaneo|editore=Giappichelli|anno=2007|città=Torino|isbn=978-88-348-8254-2|cid=Ascheri, 2008|sbn=URB0660474}}
* {{cita libro|autore=Alberto Mario Banti|wkautore=Alberto Mario Banti|titolo=L'età contemporanea : dalle rivoluzioni settecentesche all'imperialismo|città=Roma|editore=GLF editori Laterza|anno=2009|isbn=978-88-420-9143-1|sbn=BVE0487464|cid=Banti, 2009}}
* Francesco Cognasso, ''Storia di Torino'', [[Giunti]], [[Firenze]], 2002, ISBN 88-09-02883-X
* {{cita libro|autore=Antonio Padoa-Schioppa|wkautore=Antonio Padoa-Schioppa|titolo=Storia del diritto in Europa. Dal Medioevo all'età contemporanea|città=Bologna|editore=Il mulino|anno=2007|isbn=978-88-15-11935-3|sbn=USM1675775|cid=Padoa-Schioppa, 2007}}
* {{cita libro|autore=Giorgio Rebuffa|titolo=Lo Statuto albertino|url=https://archive.org/details/lostatutoalberti0000rebu|città=Bologna|editore=Il mulino|anno=2003|isbn=88-15-09180-7|sbn=TO01180750|cid=Rebuffa, 2003}}
 
== Voci correlate ==
{{div col|2}}
* [[Costituzione]]
* [[Costituzione della Repubblica Italiana]]
* [[Costituzione della Repubblica Romana]]
* [[Discorso di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925]]
* [[Famiglia reale italiana]]
* [[Ordini non nazionali]]
* [[Risorgimento]]
* [[Sistema politico della Repubblica Italiana]]
* [[Statuto (diritto)|Statuto]]
* [[Storia delistituzionale sistema politico italianoitaliana]]
{{div col end}}
*[[Risorgimento]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|testo=Italia, Regno - Statuto albertino|preposizione=sullo}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=https://www.quirinale.it/allegati_statici/costituzione/Statutoalbertino.pdf|titolo=Statuto Albertino dal sito ufficiale della Presidenza della Repubblica Italiana}}
*{{cita web|http://www.ariannascuola.eu/ilfilodiarianna/it/storia/i-fatti-della-storia/dal-1848-al-1870/in-italia/113-lo-statuto-albertino.html#presentazione|Analisi dello Statuto Albertino in presentazione formato flash}}
* {{cita web|url=http://www.ariannascuola.eu/ilfilodiarianna/it/storia/i-fatti-della-storia/dal-1848-al-1870/in-italia/113-lo-statuto-albertino.html#presentazione|titolo=Analisi dello Statuto Albertino in presentazione formato flash|accesso=24 ottobre 2012|dataarchivio=10 febbraio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130210031410/http://www.ariannascuola.eu/ilfilodiarianna/it/storia/i-fatti-della-storia/dal-1848-al-1870/in-italia/113-lo-statuto-albertino.html#presentazione|urlmorto=sì}}
* {{cita web|http://www.quirinale.it/qrnw/costituzione/pdf/Statutoalbertino.pdf|Statuto Albertino dal sito ufficiale della Presidenza della Repubblica Italiana}}
 
{{portale|Casa Savoia|diritto|Risorgimento|storia d'Italia}}
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