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__NOINDEX__
{{Bio
{{Infobox trattato
|Nome=Trattato di= RapalloCarlo
|Cognome = Schiffrer
|Immagine =Firma del Trattato di Rapallo (1920).jpg
|Sesso = M
|Didascalia =[[Giovanni Giolitti]] (seduto) firma il trattato di Rapallo. Al centro in primo piano il ministro degli esteri del [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]] [[Ante Trumbić]].
|LuogoNascita = Trieste
|Data firma =12 novembre [[1920]]
|GiornoMeseNascita = 10 aprile
|Luogo = [[Rapallo]], {{ITA 1861-1946}}
|AnnoNascita = 1902
|Contesto = [[Prima guerra mondiale]]
|LuogoMorte = Trieste
|Condizioni = Sistemazione del confine in [[Venezia Giulia]] e dello [[Stato libero di Fiume]]
|GiornoMeseMorte = 8 febbraio
|Parte1 ={{ITA 1861-1946}}
|AnnoMorte = 1970
|Parte2 ={{YUG 1918-1929}}
|Epoca = 1900
|Firmatario1 = [[Giovanni Giolitti]]
|Attività = storico
|Firmatario2 = [[Milenko Vesnic]]
|Attività2 = geografo
|Attività3 = insegnante
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = , noto per i suoi studi sui confini orientali d'Italia
|Immagine = Carlo Schiffrer.jpg
}}
 
==Vita==
Il trattato firmato il 12 novembre 1920 noto come '''Trattato di Rapallo''' (in [[Lingua slovena|sloveno]] e in [[Lingua croata|croato]] ''Ralapski ugovor'') costituì l'accordo con cui i governi del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e del [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]] (SHS) stabilirono le loro frontiere comuni al termine della [[prima guerra mondiale]].
Nacque nel 1902, figlio di Emerico Schiffrer e Anna Zanettig. La famiglia del padre era originaria di [[Lubiana]], ed Emerico fu un pittore di una certa notorietà a Trieste. 
 
Scoppiata la prima guerra mondiale e mentre studiava alla "Civica Scuola Reale Superiore", il giovane Carlo dovette vivere gli anni del conflitto da solo con i nonni per via dell'internamento dei genitori - considerati "politicamente infidi" – in un campo nell'interno dell'allora [[Impero austro-ungarico|Impero Austro-ungarico]].
Al termine della guerra infatti, si era generato un problema in merito all'assegnazione di vari territori adriatici reclamati al contempo dai due stati. Tale contenzioso scaturiva dalle rispettive posizioni ereditate dal conflitto: da parte dell'Italia, oltre alla necessità generale di annettersi i territori del defunto [[Impero austro-ungarico|Impero Austro-ungarico]] abitati da popolazioni italiane, vi era anche quella specifica di dare esecuzione agli [[Patto di Londra|accordi di Londra]] dell'aprile 1915 (con cui, i governi [[Regno Unito|britannico]], [[Terza Repubblica francese|francese]] e [[Impero russo|russo]], all'atto della sua sottoscrizione della partecipazione alla guerra contro gli Imperi centrali, le avevano riconosciuto l'acquisizione in caso di vittoria di vari territori, inclusa l'intera Venezia Giulia e una parte considerevole della Dalmazia), nonché - da ultimo - di risolvere la spinosa ''questione di Fiume'', città abitata (almeno nel centro urbano) in maggioranza da italiani e la cui rappresentanza aveva, sulla fine della guerra (ottobre 1918), proclamato l'unione con l'Italia. Dalla parte opposta, stavano le ragioni addotte dal nuovo Regno SHS di includere nei suoi costituendi confini tutti i territori abitati da popolazioni serbe, croate e slovene, comprese dunque quelle regioni - i land ex austriaci di Gorizia, di Trieste, dell'Istria, nonché della Carinzia, ecc. - considerate propaggini estreme degli ''spazi etnici'' di quei popoli, dove però convivevano anche altre comunità nazionali spesso o in varie occasioni maggioritarie in diverse parti.
 
Finita la guerra - e passata la [[Venezia Giulia]] sotto la sovranità italiana - poté intraprendere gli studi universitari a [[Firenze]] (), grazie anche ad un contributo rilasciato agli studenti delle regioni "redente". Qui si appassionò specie alle materie storiche e geografiche, seguendo in particolare le lezioni di [[Olinto Marinelli]] e di [[Gaetano Salvemini]]. Con quest'ultimo strinse un particolare legame di solidarietà umana e politica.
In quest'ambito, l'impantanamento del contenzioso adriatico si produsse alla [[conferenza di Versailles]], soprattutto vista l'opposizione del presidente degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] [[Thomas Woodrow Wilson]] ad accettare le richieste italiane, proponendo altresì un compromesso, che però venne rigettato dai rappresentanti italiani. Dopo mesi di trattative, finite nel vuoto, e dopo anche l'accrescersi della tensione tra italiani e slavi nelle zone contese, non mancando inoltre atti di forza in alcune zone - come l'[[impresa di Fiume]] di [[Gabriele D'Annunzio|Gabriele d'Annunzio]] -, le trattative dei governi di Roma e di Belgrado ripresero nel novembre 1920, a [[Rapallo]], giungendo infine ad un accordo e quindi alla chiusura, almeno in buona parte, della vertenza confinaria. Con l'accordo, al Regno d'Italia veniva riconosciuta la sovranità su praticamente tutta la Venezia Giulia, vale a dire soprattutto i territori della ex [[Contea Principesca di Gorizia e Gradisca|contea di Gorizia e Gradisca]], di [[Trieste]], di quasi tutta l'[[Margraviato d'Istria|Istria]], più alcune zone contermini; al contempo, il Regno SHS acquisiva la sovranità sulla [[Regno di Dalmazia|Dalmazia]], ad eccezione della sola città di [[Zara]] e dell'arcipelago di [[Lagosta (isola)|Lagosta]], annesse anche loro all'Italia. Per quanto riguardava infine Fiume si stabilì che il suo territorio municipale e una breve striscia di costa costituissero uno [[Stato libero di Fiume|Stato Libero]].
 
Prima ancora della laurea, iniziò alcune supplenze in un istituto tecnico a Trieste. Prima di completare poi il servizio militare iniziato a [[Torino]], nel corpo degli alpini, nel dicembre del 1925 tornò a Firenze per discutere la tesi di laurea sull'irredentismo triestino. Contrariamente a quanto avrebbe voluto, la discussione avvenne davanti ad una commissione non più presieduta dal Salvemini (poco prima espatriato per i suoi contrasti col [[Regime Fascista|regime fascista]]) ma da altri membri, che giudicarono il suo lavoro in modo più prevenuto, data la sua vicinanza allo storico pugliese.
==Le premesse==
Il problema della confinazione tra italiani e slavi meridionali ha le sue premesse nei processi del [[XIX secolo]], quando sull'onda dell'emergere delle [[Identità nazionale|identità nazionali]] si elaborò anche nei territori dove i due gruppi convivevano, da parte delle rispettive rappresentanze nazionali, la teoria del legame tra un popolo (cioè: una nazione) e un territorio.
 
Negli anni tra le due guerre, Schiffrer si dedicò all'insegnamento. Ottenne una cattedra di ruolo al liceo "Francesco Petrarca" di Trieste e approfondì numerose tematiche di geografia politica. Collaborò in tal senso con [[Giorgio Roletto]] - docente di geografia all’Università di Trieste - di cui divenne assistente volontario e collaboratore per la rivista "[[Geopolitica (rivista 1939)|Geopolitca]]" e altre pubblicazioni. Decise però di non spingersi oltre per evitare troppi compromessi col regime.
In tale ambito, i territori di Gorizia, di Trieste e dell'Istria vennero visti da parte italiana come i settori orientali della regione veneta (La [[Venezia Giulia]]), e quindi le terre sulla frontiera nord-orientale dell'Italia; al contempo, gli stessi territori assumevano il ruolo di propaggini occidentali degli spazi etnici e linguistici sloveno e croato. In altre zone, l'identificazione popolo-territorio fu invece più graduale. Il caso di [[Fiume (Croazia)|Fiume]] ne è esempio: se infatti la città venne vista da un lato come città "''croata''" dal 1848, per buona parte della rappresentanza cittadina (perlopiù di lingua italiana) essa costituiva invece un territorio che doveva restare "''autonomo''" nell'ambito del [[Regno d'Ungheria|Regno di Ungheria]]; solo a partire dai primi del '900 i pensieri [[Irredentismo italiano|irredentistici]] italiani avrebbero iniziato a considerare anche Fiume.
 
All'intervento dell'Italia nel nuovo conflitto mondiale, fu richiamato e destinato all'inizio in alcune località prossime al confine dell'epoca, perlopiù nella zona di Villa del Nevoso (allora nella [[provincia del Carnaro]]), e quindi alla stazione di Trieste, qui con compiti di controllo sui convogli ferroviari.
Infine, c'era la Dalmazia, che nella prospettiva croata era una terra abitata da croati e più in generale costituiva un punta della triade che metteva sullo stesso piano Croazia, Dalmazia e Slavonia. A fronte di questa posizione - per la quale si era più volte chiesta l'<i>unione</i> amministrativa del Regno di Dalmazia con il Regno Croazia-Slavonia, nell'ambito dell'[[Monarchia asburgica|Impero]] - si contrappose a lungo quella <i>autonomista</i> la quale, in linea con il pensiero espresso da uomini come [[Niccolò Tommaseo]], vedeva nei dalmati - sia italiani che slavi - un popolo a sé, e nel territorio che essi abitavano il ponte tra i due mondi. Tuttavia per vari fattori, e in particolare visti i successi politici che gli schieramenti nazionali croati ebbero praticamente ovunque in Dalmazia nella seconda metà dell’Ottocento, la prospettiva dell'autonomia fu considerata alla lunga sempre più come inefficace, facendosi quindi largo anche presso i dalmati italiani la linea irredentista, vista ormai come una strada sempre più obbligata. Puntando infatti sulla prospettiva di una Dalmazia italiana, essi ritenevano con ciò di preservare il patrimonio culturale, linguistico e umano non slavo della regione che altrimenti - si sosteneva - si sarebbe perso con la soluzione croata. Questa posizione, faceva il paio con quella di chi - specie in Italia - auspicava una tale soluzione in vista di una solida egemonia italiana nel [[mare Adriatico]].
 
Dopo l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] e l'occupazione tedesca, tornò agli studi di geografia presso l'Università. Qui entrò definitivamente dentro il movimento [[Antifascismo|antifascista]] locale, che stava costituendo il locale Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Ormai inserito negli ambienti della [[Resistenza italiana]], all'Università Schiffrer conobbe [[Giovanni Cosattini]], esponente friulano del Partito d'Azione. Le sue competenze e il legame con Cosattini lo portarono ad occuparsi più direttamente delle tematiche del confine orientale (specie - ovviamente - nei confronti delle rivendicazioni jugoslave): Cosattini infatti gli chiese di redigere uno studio sulla composizione etnica della Venezia Giulia. Il lavoro sarebbe servito per le discussioni che si facevano a Milano tra esponenti del CLN dell'Alta Italia e del [[Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno]].
 
Mentre lavorava al suo studio, nell'ottobre 1944 viene arrestato dalla polizia, anche se rilasciato poco dopo su intervento di [[Cesare Pagnini]] (podestà di Trieste entro la Zona di Operazioni del Litorale Adriatico). Un nuovo arresto sopraggiunse ai primi di maggio del 1945, stavolta ad opera delle forze jugoslave (che in quei giorni erano entrate in città). Arrestato con il padre, e assieme ad altri esponenti del CLN di Trieste venne però anche qui rilasciato successivamente<ref>L'arresto di Schiffrer per mano jugoslava - come altri episodi della sua vita in quel periodo - è ricordato con un certo dettaglio dallo scrittore istriano [[Pier Antonio Quarantotti Gambini]] nel suo diario sugli avvenimenti triestini del 1945 (''Primavera a Trieste'', p, 138). Questi ricorda che Schiffrer, al rientro dall'Università, seppe che i militari jugoslavi lo attendevano fuori, al che si consegnò spontaneamente ad essi. E aggiunge: "Verrò a conoscere, un giorno, un'astuzia usata dai titini allo scopo di riuscire a catturarlo anche se egli, trovandosi in casa al loro sopraggiungere, avesse tentato la fuga. Precedentemente durante i suoi contatti per un'intesa con gli slavi [...] un agente di Tito, mostrando di preoccuparsi della sua incolumità gli aveva domandato [...] "Ha in casa una seconda uscita, un'uscita di sicurezza?" "Si - aveva risposto Schiffrer - c'è nel cortile un albero che arriva coi suoi rami sino alle mie finestre. [...] Se volessi". Ebbene, ieri, al momento del suo arresto, gli slavi vigilavano armati anche quell'albero". L'episodio è citato anche in </ref>.
 
Fece parte del gruppo di esperti giuliani aggregati alla delegazione italiana a Parigi, alla [[Trattati di Parigi (1947)|conferenza di pace]], per le questioni relative al nuovo confine italo-jugoslavo. Dopodiché, oltre ad iniziare ad insegnare all'Università a Trieste, si impegnò nell'attività politica, durante il [[Allied Military Government of Occupied Territories|Governo Militare Alleato]]. Fu membro del "Partito Socialista della Venezia Giulia", e come molti esponenti triestini e istriani si espresse per il ritorno di tutto il mai costituito [[Territorio Libero di Trieste]] (compresa la Zona B, sotto occupazione jugoslava) sotto sovranità italiana. Al contempo fu anche sostenitore di una certa autonomia della politica triestina dal governo di Roma, che riteneva favorisse troppo i partiti di centro e di destra a scapito delle sinistre.
 
Divenuto anche vice-presidente della Zona A, dopo il ritorno di Trieste all'Italia (1954) venne sollecitato - per incompatibilità di cariche - dal ministero dell'istruzione a riprendere l'insegnamento al liceo Petrarca. A malincuore, rinunciò dunque alle ultime prospettive di carriera universitaria.
 
Ormai dedito perlopiù a quell'attività, dedicò gli anni a venire soprattutto allo studio e al racconto della storia recente di Trieste e della Venezia Giulia. Scrisse numerosi articoli e tenne numerose conferenze, anche presso i circoli dei pochi italiani rimasti dopo l'[[Esodo giuliano dalmata|esodo]] nei territori passati alla Jugoslavia.
 
Oggetto anche di un attentato dinamitardo di matrice [[Neofascismo|neofascista]] alla sua abitazione nel 1962, si spense poco prima di aver compiuto sessantotto anni, a causa di un tumore che lo aveva colpito da tempo.
 
== Note ==
<references/>