Neoclassicismo a Milano: differenze tra le versioni
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== Introduzione ==
[[File:IMG 3998 - Milano, Palazzo di Brera - Beccaria, Cesare (di Pompeo Marchesi) - Foto Giovanni Dall'Orto 19-jan 2007.jpg|thumb|left|[[Pompeo Marchesi]],
Nei primi anni del [[XVIII secolo]] Milano passò dalla dominazione spagnola
Sotto il regno di [[Maria Teresa d'Austria]] (1740-1780) e di [[Giuseppe II d'Austria]] (1765-1790), la città fu protagonista di una forte rinascita economica e culturale: l'imperatrice
Le riforme interessarono vasti ambiti dell'assetto pubblico cittadino: in attuazione della riorganizzazione tributaria, la città si dotò di uno dei più moderni ed efficaci catasti in Europa, oggi conosciuto come il [[Catasto Teresiano]]<ref name="cita
Tra il [[1765]] ed il [[1785]] Giuseppe II attuò
[[File:Milano chiesa San Carlo al Corso.JPG|thumb|Piazzetta della [[Chiesa di San Carlo al Corso (Milano)|chiesa di San Carlo al Corso]]]]
Nel [[1796]] con l'arrivo in Italia di [[Napoleone]], l'[[Ferdinando d'Asburgo-Este|arciduca Ferdinando d'Austria]] abbandonò la città, che dal [[1800]]
In quanto capitale del Regno d'Italia, per Milano vennero redatti numerosi progetti urbanistici con l'obiettivo di
[[File:Andrea Appiani 001.jpg|thumb|left|[[Andrea Appiani]] - ''Apoteosi di Napoleone'', [[Palazzo Reale (Milano)|Palazzo Reale di Milano]]]]
Nel [[1807]]
Con il ritorno degli austriaci, la città completò la sua affermazione culturale ed economica. Le attività di commercio e finanza fecero di Milano il principale polo economico italiano<ref name=rosso44>{{cita|TCI rosso|pg. 44}}.</ref><ref>Occorre ricordare che Milano, all'epoca ha il grande vantaggio di essere l'unica grande città italiana inserita in uno stato moderno v. {{cita|Dalmasso|pg. 137}}</ref>, mentre l'agricoltura del milanese, anche grazie al completamento di molte opere idriche da parte del governo, era tra le più sviluppate e moderne d'Europa<ref name="cita
== Caratteri generali ==
[[File:Kaiserin Maria Theresia (HRR).jpg|thumb|left|Maria Teresa, iniziatrice della stagione illuministica e neoclassica milanese]]
Il periodo neoclassico milanese può essere diviso in tre fasi, che
La stagione neoclassica milanese partì con qualche anno di ritardo rispetto alle principali concorrenti europee, principalmente per i problemi di successione al trono dell'impero austriaco, per i quali Maria Teresa fu lungamente impegnata. Il primo Neoclassicismo milanese, così come i suoi artisti, non si ispirarono tanto ai modelli classici dell'[[antica Roma]] o al Neoclassicismo romano, quanto alle esperienze già avviate in città come [[Londra]], [[Parigi]], [[Parma]]<ref>{{cita|Mazzocca|pg. 26}}.</ref>. Questo fu il periodo delle grandi opere pubbliche, come [[teatri]], [[biblioteche]], [[scuole]] e, in generale, grandi strutture di pubblica utilità, che vennero realizzate mettendo in opera i precetti di un governo illuminato: un periodo nel quale lo Stato e il governo stesso parteciparono in prima linea alla vita culturale e al progresso della città, promuovendo e finanziando nuove attività e premiando le opere e cittadini più meritevoli<ref>{{cita|Mazzocca|pg. 46}}.</ref>. I tratti di questo primo Neoclassicismo sono più sobri e severi, dove prevalgono strutture simmetriche e ordinate.
Il periodo napoleonico, da un lato si inserì con continuità rispetto al precedente, proseguendo le opere
Con la Restaurazione e il ritorno degli austriaci, si può osservare un riavvicinamento al precedente stile neoclassico, sebbene si assisté alla progressiva fine dei governi a stampo illuministico: in questi anni la [[scultura]] e
== Le grandi opere cittadine ==
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=== Palazzo Reale ===
[[File:
All'arrivo degli austriaci a Milano, il [[Palazzo Reale di Milano|palazzo reale]], sede del potere nella città<ref>Spesso alternata o condivisa col castello</ref>, era ormai vecchio e del tutto inadeguato ad ospitare una corte di una città come Milano, destinata a diventare la seconda città per importanza nell'impero austriaco<ref name=Pis1>{{cita|Pisaroni|pg. 13}}.</ref>. Al proprio insediamento, l'[[arciduca]] [[Ferdinando d'Austria-Este|Ferdinando]], figlio di Maria Teresa, si adoperò per dare alla corte una sede rinnovata: il nuovo palazzo, avrebbe dovuto dare prestigio alla città, oltre che una nuova sede degna dell'importanza della corte<ref name=Pis1/>. Il progetto iniziale prevedeva un nuovo palazzo a fabbrica rettangolare tra la [[Cerchia dei Navigli|cerchia dei navigli]] e la porta orientale della città<ref>{{cita|Curcio|pg. 441}}.</ref>, tuttavia si decise per un restauro del palazzo originale. Per il progetto venne quindi chiamato [[Luigi Vanvitelli]], che presentò tre differenti progetti; che furono tutti bocciati, in quanto ritenuti troppo costosi<ref name=Pis2>{{cita|Pisaroni|pg. 14}}.</ref>. Nel [[1769]] il Vanvitelli lascia però la direzione del progetto a favore del suo giovane allievo [[Giuseppe Piermarini]]<ref>{{cita|Curcio|pg. 440}}.</ref>, a cui si deve l'attuale aspetto del palazzo.
Per prima cosa il Piermarini aprì l'attuale [[piazza|piazzetta]] reale demolendo un'ala del palazzo e si dedicò al rifacimento dell'aspetto esterno. Il risultato che si può oggi osservare è una facciata dalle linee molto sobrie, divisa su due ordini: il primo piano con [[finestra|finestre]] lisce con cornicioni di pietra e un piccolo zoccolo in bugnato, gli altri due con [[lesene]] lungo tutta la facciata, con finestre dai [[Timpano (architettura)|timpani]] alternamente triangolari e curvi, gli interni vennero invece rifatti completamente<ref name=Pis2/>; superando l'ingresso si accede alla corte che
Con l'arrivo di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], il Piermarini venne estromesso dai lavori di palazzo, affidati quindi a [[Luigi Canonica]], che costruì la cosiddetta "ala lunga" del palazzo, in seguito demolita per la costruzione del [[Palazzo dell'Arengario]]. L'architetto aggiunse arredamenti e decorazioni ancora più fastose delle precedenti; il palazzo venne adornato con stucchi, gallerie di busti e quadri, che culminavano nel ciclo di affreschi dei ''Fasti di Napoleone'' di [[Andrea Appiani]]. Con la Restaurazione, il palazzo fu nuovamente abbellito da [[Francesco Hayez]], che dipise la volta della sala delle Cariatidi con il ciclo di affreschi de ''Le glorie di casa Asburgo'', che celebrano le nozze di [[Ferdinando d'Austria-Este|Ferdinando]]<ref name=Pis16>{{cita|Pisaroni|pg. 16}}.</ref>. Il risultato finale fu uno tra i più fastosi interni in tutto il panorama Neoclassico italiano<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 15}}.</ref>.
Purtroppo degli arredi originale, delle decorazioni e degli affreschi dell'epoca, rimangono pochissime tracce, per via dei gravi danni causati dai bombardamenti alleati nella [[seconda guerra mondiale]], che non risparmiarono gli interni e il palazzo stesso.
=== Brera ===
Nel [[1773]], con la soppressione dell'ordine dei [[Gesuiti]], la città si trova a disposizione il grosso corpo di fabbrica di [[Palazzo di Brera]], dove era precedentemente alloggiato l'ordine: viene così colta l'occasione per trasformare il palazzo da struttura ecclesiastica a pubblica istituzione<ref name=Pis16/>. Nella struttura vengono riunite e fondate varie istituzioni; in pochi anni si vede la nascita dell'[[Accademia di Brera|Accademia di Belle Arti]] e della [[Biblioteca Braidense]], mentre la specola astronomica, dapprima solo trasferita nel palazzo, confluisce nel moderno [[Osservatorio Astronomico di Brera]], e l'[[Orto botanico di Brera|orto botanico]] prende il posto della [[spezieria]] dei Gesuiti<ref name=Pis18>{{cita|Pisaroni|pg. 18}}.</ref><ref>Più precisamente dal 1772 in cui viene fondato l'osservatorio astronomico, al 1776 che vede la nascita dell'accademia di belle arti</ref>. Per dare spazio e razionalizzare le attività, nel [[1774]] la risistemazione e il completamento del palazzo vengono affidati a [[Giuseppe Piermarini]]: l'architetto di corte si occupa del progetto di una nuova ala del palazzo e da un nuovo aspetto della facciata, completata con il monumentale portale d'ingresso con colonne doriche sovrastate da una balconata<ref>{{cita|Curcio|pg. 443}}.</ref>. Vengono rivisti anche gli interni dal punto di vista funzionale, compresa la biblioteca, che viene spostata per via della crescente mole di volumi acquisiti, e l'orto, per il quale vengono progettate delle serre. Nel [[1784]] le sistemazioni più grandi sono concluse, e vengono affidati alcuni incarichi minori a [[Leopoldo Pollack]]<ref name=Pis18/>.
[[File:IMG 4075 - Canova - Napoleone Bonaparte - Milano, Cortile del Palazzo di Brera - Foto Giovanni Dall'Orto 19-jan 2007.jpg|thumb|Statua di Napoleone nel cortile di Palazzo Brera]]
Con l'arrivo di [[Napoleone Buonaparte|Napoleone]], l'accademia di belle arti diventa ufficialmente Accademia nazionale, e viene fondata la [[Pinacoteca di Brera]]; nel [[1806]], al fine soprattutto di creare nuovi spazi per la pinacoteca, viene redatto un piano di sistemazione interna ad opera dell'architetto [[Pietro Gilardoni]], che oltre ad una nuova sistemazione dei locali dell'osservatorio, crea gli spazi per il nuovo [[Istituto lombardo di scienze e lettere]] e progetta altre serre per l'orto botanico<ref name=Pis18/>. A far le spese per la necessità di nuovi spazi è la vicina [[Chiesa di Santa Maria in Brera]], la cui facciata viene demolita, e gli interni risistemati secondo i canoni neoclassici per i musei, per far posto alle ''Sale Napoleoniche''<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 19}}.</ref>. Risale invece al [[1811]] la statua in [[bronzo]] fuso di [[Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore]] realizzata dai fratelli Righetti su modello dell'originale in [[marmo]] di [[Antonio Canova]]<ref name=Pis20>{{cita|Pisaroni|pg. 20}}.</ref><ref>L'originale era stato commissionato per essere posizionato nel [[Palazzo del Senato (Milano)|Palazzo del Senato]]</ref>. Con il ritorno degli austriaci, il palazzo vede interventi di sistemazioni minori e alcuni ampliamenti, questa volta privilegiando la monumentalità degli spazi rispetto alla funzionalità e alla didattica<ref name=Pis20/>.
=== Teatro alla Scala ===
Nel [[1775]] un incendio distrusse il [[Regio Ducal Teatro|Regio Teatro]], situato in un'ala del palazzo reale: la società dei palchettisti, assieme all'[[Ferdinando d'Asburgo-Este|arciduca Ferdinando]], colse l'occasione per la costruzione di un nuovo prestigioso teatro. L'incarico della costruzione venne affidato a [[Giuseppe Piermarini]] nel [[1776]]: subito scartata l'ipotesi di edificazione sul terreno precedente, l'architetto assieme ai committenti decise di sfruttare lo spazio ricavato dalla soppressione del convento di [[Chiesa di Santa Maria alla Scala|Santa Maria della Scala]]<ref name=Pis20/>, da cui il nome [[Teatro alla Scala]]. Venne innanzitutto stabilita la costruzione in mattoni al posto del legno, e il numero di ordini di palchi venne portato a sei: la struttura avrebbe compreso locali aggiuntivi per varie funzioni, come una sala da ballo e la sala da gioco, assieme a botteghe interne, caffè e ristoranti. Venne poi pensato, rivelandosi allora decisamente innovativo almeno nel panorama dei teatri italiani<ref name=Pis23>{{cita|Pisaroni|pg. 23}}.</ref>, un portico per l'ingresso delle carrozze: motivo per cui si realizzarono alcuni abbattimenti per realizzare la via ora conosciuta come via Santa Redegonda, al fine permettere ai mezzi di raggiungere agevolmente il teatro, prima di allora collegato da vie strette e tortuose di [[Urbanistica medievale|impianto medioevale]]<ref name=Pis21>{{cita|Pisaroni|pg. 21}}.</ref>.
[[File:XIX century print, Piazza della Scala, Milano.jpg|thumb|left|Il Teatro alla Scala in una stampa ottocentesca]]
L'edificio fu quindi progettato in tre parti distinte per adempiere ai criteri sopra menzionati. La prima parte, costituita da un [[avancorpo]], conteneva al piano terra le varie botteghe, le sale d'aspetto e l'atrio, mentre ai piani superiori il ristorante e il laboratorio di scenografia. Nella seconda parte vie era la sala del teatro: i palchi vennero divisi in camerini e la platea resa pianeggiante per poter essere usata anche come sala da ballo<ref name=Pis21/>. La terza, ovvero il [[palcoscenico]], fu progettata a tre navate, con due vani laterali piuttosto ampi per lasciare spazio alle quinte. Per la sala a forma di [[ferro di cavallo]] il Piermarini si ispirò alle forme e ai rapporti del Teatro di corte della [[Reggia di Caserta]], modificandone la curvatura per migliorare la visibilità e l'acustica<ref name=Cur45>{{cita|Curcio|pg. 445}}.</ref>. Riguardo proprio l'acustica, furono effettuati una serie di interventi per migliorarla ulteriormente: per prima cosa fu scelto come soffitto una volta di legno finemente decorata e affrescata, che funse da [[cassa di risonanza]] naturale, consentendo un'[[acustica]] pressoché perfetta in ogni punto della sala, considerata tra le migliori dei suoi tempi<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 22}}.</ref>, mentre un altro piccolo accorgimento fu di diminuire sensibilmente le dimensioni delle colonne, solitamente giganti, che separavano i vari palchi<ref name=Cur45/>. Per la decorazione della sala l'architetto di [[Foligno]] si rivolse ad artisti di spicco come Giuseppe Levati e [[Giocondo Albertolli]] e si consultò talvolta con il poeta [[Giuseppe Parini]]. Negli anni il teatro vide numerose risistemazioni durante gli anni napoleonici, per perdere negli anni ancora successivi i suoi interni neoclassici sotto l'opera di vari artisti, tra i quali vale la pena di menzionare il pittore [[Hayez]]<ref name=Pis23/>.
Il fronte del teatro fu la parte che impegnò di più il Piermarini, la soluzione fu quella che si presenta oggi a nostri giorni: il pian terreno è in [[bugnato]] di [[granito]], che comprende il portico a terrazza con tre arcate; al piano superiore la facciata è decorata da un ordine di doppie [[colonne]] coronate dalla [[trabeazione]]. Infine l'attico, in cui le [[lesene]] sostituiscono le colonne, è sormontato da una serie di vasi fiammati, interrotti al centro dal [[timpano (architettura)|timpano]] decorato da un [[bassorilievo]] in [[stucco]] di [[Giuseppe Franchi]], rappresentante l'allegoria de ''Il carro del Sole inseguito dalla Notte'', sempre su disegno del Piermarini. Risale invece al [[1828]] il corpo di fabbrica a lato della struttura originaria, disegnata dall'ingegner Domenico Giusto<ref name=Pis23/>. Nel [[1858]] si ebbe invece l'apertura di piazza Scala, conseguente a demolizioni di edifici minori, il cui grande spazio snaturò gli studi prospettici del Piermarini, che aveva progettato la facciata del teatro per essere osservata di scorcio in spazi più stretti<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 24}}.</ref>. Come gran parte della città, il teatro subì pesanti danni durante i bombardamenti alleati, per poi essere uno dei primi edifici ad essere ricostruiti.
== Il rinnovamento dei bastioni ==
{{Approfondimento
|titolo=Leggi edilizie e la ''servitù del Resegone''
|contenuto=Da secoli, pratica comune nelle leggi edilizie è quella di imporre un'altezza massima alla costruzione di edifici, pari all'altezza del campanile più alto della città. È possibile capire da alcune leggi e abitudini del governo austriaco quanto questo fosse attento alla pianificazione e al nuovo aspetto della città. Una legge del [[XVIII secolo]] infatti impose non solo che gli edifici fossero più bassi del più alto campanile della città<ref>Ovvero la guglia maggiore del Duomo</ref>, bensì che gli edifici costruiti nella parte a [[nord]] della città fossero sufficientemente bassi da permettere la vista delle [[Alpi]], da qualsiasi punto si passeggiasse lungo i
Tra i principali interventi dell'urbanistica neoclassica,
=== I giardini di porta Orientale ===
Teatro delle più profonde modifiche fu la zona di ''Porta Orientale'', oggi [[Porta Venezia (Milano)|Porta Venezia]], la cui via
Assegnati ancora una volta i lavori all'architetto di corte [[Giuseppe Piermarini]], in origine i giardini erano previsti in funzione del nuovo palazzo reale che sarebbe sorto nella zona, per poi diventare parte del ''Piano dei Giardini Pubblici'' dopo la decisione di abbellire il palazzo reale già esistente. I giardini, ridimensionati rispetto alla precedente proposta, furono costruiti su un'area di verde ottenuta dalla soppressione di due conventi<ref>Tra i vari abbattimenti andò purtroppo perduta una delle 4 basiliche fondate da Sant'Ambrogio, per la precisione la [[Basilica di San Dionigi
A lato dei boschetti è possibile trovare un altro giardino: si tratta del [[giardino della Villa Belgiojoso Bonaparte]]. La villa, commissionata al Piermarini dal conte Barbiano, venne affidata all'allievo [[Leopoldo Pollack]] nel [[1790]]<ref name=Pis27/>; che progettò un edificio dalle forme ispirate alla villa lombarda, con la facciata interna al giardino e quella esterna profondamente diverse. La facciata sulla strada è di realizzazione più semplice: il corpo principale assieme a 2 laterali crea la corte di ingresso, separata dalla strada da tre archi scanditi da [[Ordine ionico|colonne ioniche]]. La parte centrale è decorata da una [[loggia]] leggermente sporgente con [[Ordine dorico|colonne doriche]] che sorreggono [[cornicione]] e [[parapetto|balaustrata]] ornata da statue di divinità pagane. La facciata sul giardino, decisamente più studiata è divisa su due ordini, il pian terreno fatto in [[bugnato]] che sorreggo i due piani superiori, scanditi da colonne doriche [[lesene]], con le finestre separate, in assenza di timpani, da cornici con bassorilievi a soggetto mitologico. Anche in questo caso si possono individuare due corpi di fabbrica laterali, questa volta meno sporgenti e sormontati da [[Timpano (architettura)|timpani]] triangolari con bassorilievi raffiguranti rispettivamente le allegorie de ''Il carro del Giorno'' e ''Il carro della Notte''. Come fece il suo maestro per il [[Teatro alla Scala]], Leopoldo Pollack si fece aiutare da Giuseppe Parini nella scelta dei temi delle decorazioni; tuttavia la novità della villa è l'esser stata concepita in funzione del [[giardino all'inglese]] in cui è immersa<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 28}}.</ref>.
[[File:Milano,
Gli interni, a parte qualche ritocco minore di gusto romantico, mantengono un aspetto neoclassico. Degni di nota sono il salone d'onore al primo piano che
a [[Milano]]<ref name=Pis29>{{cita|Pisaroni|pg. 29}}.</ref>, le piante furono disposte in modo irregolare, e il terreno disposto ad alture; furono creati dei vialetti naturali lungo corsi d'acqua e un laghetto, progettato in modo che non si potesse vedere lo specchio d'acqua per intero da qualsiasi punto di osservazione lungo le rive, alimentati dal vicino naviglio. Furono inoltre installati un tempietto [[monoptero]], una finta rovina: durante il periodo napoleonico il giardino era conosciuto come luogo di feste e banchetti. Il committente usò molto poco la villa, che poco dopo il suo completamento venne venduta dalla [[Repubblica Cisalpina]] e donata a Napoleone, che vi trasferì il governatore [[Eugenio Beauharnais]] con la moglie; al ritorno degli austriaci fu residenza di viceré e governatori, per poi diventare di proprietà dei [[Casa Savoia|Savoia]] con l'[[unità d'Italia]]. La famiglia reale utilizzò di rado la sistemazione, tanto che nel [[1921]] il comune vi trasferì la [[Galleria d'arte moderna (Milano)|Galleria d'arte moderna]]<ref name=Pis29/>.
=== I bastioni e le porte urbiche ===
Con i moderni strumenti di guerra, le mura delle città di tutta Europa erano diventate inutili e come nelle altre città, a Milano inizia la demolizione dei bastioni, per ricavarne passeggiate o semplicemente spazio, mentre le porte, un tempo unicamente viste come passaggio concesso nella cinta muraria, vengono abbattute per lasciare spazio a veri e propri monumenti, ispirati agli archi trionfali dell'[[Antica Roma]]<ref name=Pis30>{{cita|Pisaroni|pg. 30}}.</ref>.
[[File:03566 - Casello sin Porta Venezia, Milano - Foto Giovanni Dall'Orto 23-Jun-2007.jpg|thumb| Casello daziario di [[Porta Venezia (Milano)|Porta Venezia]]]]
Tra tutte le porte e gli archi trionfali edificati durante il periodo neoclassico, il più celebre nonché imponente e monumentale è sicuramente l'[[Arco della Pace]]<ref name=Pis33>{{cita|Pisaroni|pg. 33}}.</ref>; costruito durante il [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]] alla fine della [[Statale 33 del Sempione|strada del Sempione]], che doveva essere l'asse principale di collegamento tra la città e la [[Francia]], alle cui dipendenze era soggetto il Regno. La costruzione iniziò nel [[1805]] su progetto di [[Luigi Cagnola]], per poi essere sospesa pochi anni dopo, ed essere concluso su interesse di [[Francesco I d'Austria]] nel [[1816]]<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 32}}.</ref>, che intitolò l'arco alla pace europea raggiunta l'anno prima con il [[Congresso di Vienna]]. L'arco è impostato su tre [[fornice|fornici]], con 4 colonne giganti di [[ordine corinzio]] su entrambi il fronti; sulla trabeazione sono raffigurate le allegorie dei principali fiumi del Lombardo-Veneto, ovvero il [[Po]], [[Ticino (fiume)|Ticino]], [[Adige]] e [[Tagliamento]], scolpite da [[Pompeo Marchesi]]. In cima vi è il gruppo scultoreo in bronzo, realizzato su disegni del Cagnola, della ''Sestiga della Pace'', originariamente concepita verso corso Sempione e successivamente rivolta verso la città, passando da celebrazione delle vittorie di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] ad allegoria della Pace<ref name=Pis33/>. In modo simile, i [[bassorilievi]] presenti nel resto dell'arco, avrebbero dovuto parlare delle gesta del generale Bonaparte, ma ad opera iniziata, per volere austriaco, alcune scene furono modificate per rappresentare episodi della Restaurazione e del congresso di Vienna, mentre in altre scene rappresentanti Napoleone si sostituirono semplicemente le teste con altre rassomiglianti a Francesco I<ref name=Pis33/>. Risalgono al [[1838]] i caselli daziari ai fianchi dell'Arco della Pace.
Di diverso concepimento fu invece l'ingresso della [[Porta Venezia (Milano)|Porta Orientale]] (oggi Porta Venezia), la cui soluzione con i due soli caselli daziari fu ideata e progettata dal Piermarini nel [[1787]]. Questi caselli vennero realizzati nel [[1828]] da [[Rodolfo Vantini]]: decisamente monumentali se confrontati agli altri esempi di caselli daziari milanesi, sono anche decisamente più ornati. I caselli sono caratterizzati da tre portali dorici, assenti sul lato esterno rivolto lungo i bastioni; tra le decorazioni si possono trovare statue in [[marmo di Carrara]] e bassorilievi con scene della storia milanese, realizzati da vari artisti tra cui [[Pompeo Marchesi]] e [[Gaetano Monti]]<ref name=Pis30/>.
[[File:Barriera porta vercellina Milano.jpg|thumb|left|Dipinto della vecchia [[Porta Magenta|Porta Vercellina]]]]
A poca distanza dai caselli di Porta Venezia si trova l'arco di [[Porta Nuova (Milano)|Porta Nuova]] progettato da [[Giuseppe Zanoia]] e realizzato nel [[1812]] con forme ispirate all'[[arco di Tito]]<ref>{{cita|Lanza|pg. 134}}.</ref>, in cui si può notare la particolare soluzione di unire in un unico corpo continuo la porta vera e propria con i due caselli daziari. Per via della [[pietra arenaria]] con cui fu costruita la porta, le decorazioni originali risultano profondamente alterate: rimangono tuttavia in ottimo stato di conservazione alcune parti come alcune figure scolpite da [[Camillo Pacetti]] e [[Luigi Acquisti]]<ref name=Pis31>{{cita|Pisaroni|pg. 31}}.</ref>. Sempre a poca distanza, si trova la [[Porta Garibaldi (Milano)|Porta Comasina]], (oggi Porta Garibaldi), realizzata su progetto di [[Giacomo Moraglia]] nel [[1807]] per poi aggiungervi i caselli nel [[1836]], presenta un solo [[fornice]]: per l'opera fu scelta una dimensione poco monumentale per via dell'aspetto delle strade circostanti, infatti la porta si trovava in fondo ad una via con un tragitto con molte curve che non avrebbe permesso di godere di un complesso grandioso<ref name=Pis31/>.
Decisamente di carattere monumentale è l'arco di [[Porta Ticinese]], la cui costruzione terminò nel [[1817]], su progetto, negli anni ridimensionato rispetto ad un primo più grandioso, di Luigi Cagnola<ref name=Pis56>{{cita|Pisaroni|pg. 56}}.</ref>. L'aspetto, si presenta piuttosto semplice, con fronti rispetto alla città e alla campagna simmetrici, costituiti da un [[tetrastilo]] di [[ordine ionico]] che sorregge un timpano triangolare, realizzato in [[granito]] rosa di [[Baveno]]. L'opera, iniziata sotto il dominio francese e completata sotto la Restaurazione austriaca, in corso di completamento subì alcune modifiche proprio come l'arco della pace: il nome mutò da Porta Marengo<ref>Dedicato alla vittoria di Napoleone nella [[Battaglia di Marengo]]</ref> al nome attuale, e la scritta sull'arco è dedicata alla pace tra i popoli<ref name=Pis56/>. Scomparso è invece l'arco di [[Porta Magenta|Porta Vercellina]], costruito su disegno di [[Luigi Canonica]] nel [[1805]]<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-canonica_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Luigi Canonica|opera=Dizionario Biografico Treccani|autore=Giuliana Ricci|accesso=11 gennaio 2012}}</ref>; si presentava come un arco trionfale ad un solo [[fornice]] fiancheggiato da due ordini di [[ordine ionico|colonne ioniche]], decorato con bassorilievi dipinti: nel [[1859]] l'arco fu rinominato [[Porta Magenta]] per poi essere abbattuto nel [[1885]]<ref>{{cita|Lanza|pg. 11}}.</ref>.
== Le contrade neoclassiche ==
{{vedi anche|Odonomastica storica di Milano}}
Dalla metà del Settecento gran parte della città subisce una radicale trasformazione: un perfetto esempio sono le strade. Con il dominio austriaco, gli assi viari cambiano di importanza, per cui si assiste al rifacimento di molte vie; gli interventi più frequenti sono di rettifica del tracciato delle strade.<ref>Pare che, in tempi passati, le strade di Milano fossero celebri per essere storte
=== Corso di porta Orientale ===
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[[File:8332MilanoPalazzoRoccaSaporiti.JPG|thumb|left|Palazzo Saporiti]]
Non distante da Palazzo Serbelloni e dai caselli daziari, di fronte ai giardini, spicca un altro perfetto esempio di palazzo neoclassico milanese: si tratta di [[Palazzo Saporiti]]; costruito per Gaetano Belloni, gestore del gioco d'azzardo al [[Teatro alla Scala]], su progetto dell'architetto Innocenzo Giusti. Il palazzo si presenta come il prototipo dell'edilizia neoclassica: la facciata simmetrica è decorata al piano terra con un [[bugnato]] in granito rosa; il primo piano ospitante gli appartamenti del [[piano nobile]] è dominato da un loggiato sostenuto da colonne di [[ordine ionico]],
Si possono inoltre citare, come esempio di edilizia neoclassica milanese, [[Palazzo Bovara (Milano)|Palazzo Bovara]], sede durante la [[Repubblica Cisalpina]] dell'[[ambasciata]] di Francia<ref>Il palazzo era inoltre l'alloggio abituale durante i lunghi soggiorni a Milano di [[Stendhal]]</ref> e [[Palazzo Amati (Milano)|Palazzo Amati]], in [[via della Spiga]]<ref name=Pis37/>. Su una traversa di [[corso Venezia]], si trova la [[Villa Reale (Milano)|villa Reale]], precedentemente trattata.
=== La contrada del Monte ===
Corrispondente agli attuali dintorni di [[Via Montenapoleone]], nel primo Ottocento la
[[File:
Tra i tanti edifici dell'epoca della zona, quello che maggiormente rispecchia il gusto neoclassico è sicuramente [[Palazzo Melzi di Cusano]], costruito nel [[1830]] dall'ingegner [[Giovanni Bareggi]]: il fronte del palazzo è di chiara ispirazione a [[Palazzo Serbelloni]] di [[Simone Cantoni]], infatti la parte centrale è costituita da un monumentale ordine gigante di colonne ioniche che scandiscono un piccolo loggiato, sormontate dalla trabeazione e dal timpano decorato con bassorilievi; a separare il primo e il secondo piano di finestre vi è un bassorilievo rappresentante le ''imprese di Francesco Sforza'' realizzato da [[Gaetano Monti]]<ref>{{cita|Lanza|pg. 174}}.</ref>. Tra gli interni di gusto neoclassico ancora conservati, si possono citare i medaglioni neoclassici raffiguranti personaggi dell'epoca e la ''sala delle riunioni'' decorata con stucchi e affreschi il cui tema è l'antica Roma<ref name=LV175>{{cita|Lanza|pg. 175}}.</ref>.
Lo schema di [[palazzetto Taverna]], edificio tardo-neoclassico finito nel [[1835]] da [[Ferdinando Albertolli]]<ref>Nipote del più famoso Giocondo Albertolli</ref>, presenta una particolarità rispetto ai palazzi cittadini: esso ricorda la
[[Palazzo Gavazzi]], tipica dimora patrizia dell'epoca della Restaurazione, realizzata nel [[1838]] da [[Luigi Clerichetti]], presenta un ordine di decorazione diverso per ogni piano: al pian terreno colonne doriche
=== Corsia dei Giardini e dintorni ===
La strada
[[File:Brogi, Giacomo (1822-1881) - n. 5992 - Milano - Palazzo Belgiojoso; costruito nel 1777 con disegno di Piermarini.jpg|thumb|Foto d'epoca di Palazzo Belgioioso]]
Non direttamente sulla via, ma a pochi passi da essa, su una sua traversa, si può trovare uno dei capolavori dell'architettura neoclassica milanese, [[Palazzo Belgioioso (Milano)|Palazzo Belgioioso]]. Il palazzo è sicuramente uno dei massimi esempi cittadini di Neoclassicismo monumentale e fu tra le altre cose uno dei centri di ritrovo degli intellettuali milanesi dell'epoca; venne commissionato nel [[1772]] a [[Giuseppe Piermarini]]: in questo caso l'architetto si discosta dallo stile sobrio e austero del primo Neoclassicismo<ref>Di questo stile più sobrio è un perfetto esempio il Palazzo Reale</ref>, costruendo un edificio imponente e molto decorato che domina il piazzale. Anche in questo caso la parte più decorata della facciata è la parte centrale, leggermente sporgente; costituita dal tipico motivo neoclassico di un ordine gigante di quattro [[colonne]], sorreggenti [[trabeazione]] e [[timpano (architettura)|timpano]], racchiuso da [[lesene]]. Il pian terreno è in [[bugnato]]; il piano nobile, diviso dal secondo piano da bassorilievi con simboli araldici, presenta finestroni coronati da festoni sovrastati da [[Modanatura|listelli]].
Alcuni interni del palazzo conservano le decorazioni originali dell'epoca, tra cui i più famosi sono l'ambiente detto della "galleria" decorati da dipinti di [[Martin Knoller]] e da stucchi di [[Giocondo Albertolli]], la sala di Rinaldo affrescata sempre da Knoller sul tema della ''[[Gerusalemme liberata]]'' di [[Torquato Tasso]]<ref>{{cita|Lanza|pg. 156}}.</ref>.
[[File:3676MilanoPalazzoBorromeoDAdda.JPG|thumb|left|Palazzo Borromeo d'Adda]]
Meno imponente, di fronte a Palazzo Belgioioso, si può notare [[Palazzo Besana]], la cui facciata di impostazione palladiana è composta da un ordine di otto colonne ioniche.
Sempre su via Manzoni, si possono citare [[Palazzo Brentani]] del Canonica, sulla cui sobria facciata spuntano medaglioni neoclassici rappresentanti personaggi italiani illustri<ref>{{cita|Lanza|pg. 149}}.</ref>, e il più austero [[Palazzo Borromeo d'Adda]] dal gusto tardo neoclassico<ref>{{cita|Lanza|pg. 170}}.</ref><ref>"Ero affascinato, era la prima volta che l'architettura mi faceva questo effetto [...] mi servirono anche delle squisite cotolette impanate. Per molti anni questo piatto mi ricordò Milano. Questa città fu per me il più bel luogo della terra...", così scriveva Stendhal, in visita al palazzo; v. {{cita libro|titolo=Milano. Architettura e Musica|autore=Henry Beyle (Stendhal)|
=== Corsia dei Servi e dintorni ===
La corsia dei Servi, corrispondente all'attuale [[Corso Vittorio Emanuele (Milano)|corso Vittorio Emanuele II]], fu teatro di pesanti rifacimenti neoclassici successivamente alla [[Restaurazione]]; le iniziative furono in gran parte private, sottostando tuttavia al coordinamento della commissione d'ornato. Al giorno d'oggi si può tuttavia
[[File:3634MilanoPzaFontana.JPG|thumb|left|La [[fontana del Piermarini]]]]
Opera piuttosto insolita nel panorama artistico milanese fu il rifacimento della piazza dell'antico verziere<ref>Ovvero il mercato ortofrutticolo</ref> centrato attorno alla costruzione di una fontana<ref>Milano infatti non aveva e non ha tuttora una grande tradizione di fontane monumentali</ref>. La [[Fontana del Piermarini|fontana]] fu realizzata nel [[1781]] dallo scultore [[Giuseppe Franchi]] su disegno del Piermarini; e comprendeva forme di sirene e delfini<ref>{{cita web|url=http://www.100milano.com/acqua/135.html|titolo=Piazza Fontana|autore=Comune di Milano|accesso=20 febbraio 2012|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121213204729/http://www.100milano.com/acqua/135.html|dataarchivio=13 dicembre 2012}}</ref>: curioso è che non gli venne mai affidato un vero e proprio nome, tant'è che ci si riferisce ad essa come la ''fontana del Piermarini'', mentre la piazza prese il nome dalla fontana<ref>Ovvero Piazza Fontana, resa tristemente famosa negli anni di piombo</ref>. I lavori nella [[Piazza Fontana|piazza]], vennero completati dal rifacimento della facciata del [[Palazzo Arcivescovile (Milano)|Palazzo Arcivescovile]], affidate nel [[1784]] sempre al Piermarini, che conservando l'antico portale di [[Pellegrino Tibaldi]], si limitò a convertire o creare nuove finestre squadrate, al primo piano coronate da [[timpano (architettura)|timpani]] triangolari, e aggiungere un nuovo [[Zoccolo (architettura)|zoccolo]] al pian terreno, oltre che creare la fascia marcapiano del piano nobile<ref name=Pis41>{{cita|Pisaroni|pg. 41}}.</ref>.
Tra i pochi palazzi patrizi rimasti nel corso vero e proprio c'è il tardo neoclassico [[Palazzo Tarsis]], edificato ad opera di [[Luigi Clerichetti]] tra il [[1836|'36]] il [[1838|'38]] dell'Ottocento: partendo dal pian terreno in bugnato, si passa al primo piano dove spicca un loggiato di colonne di [[ordine corinzio]], mentre l'ultimo piano, alzato in epoca più recente, sono presenti statue di [[Pompeo Marchesi]]<ref name=Pis41/>.
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Come già chiarito, i primi due periodi neoclassici hanno un interesse quasi esclusivo nei cantieri laici; gli unici interventi compiuti tra il regno di [[Maria Teresa]] e [[Napoleone]] sono più che altro modifiche agli interni di chiese preesistenti. Gli unici cantieri degni di nota, appartengono quindi alla fase della [[Restaurazione]], periodo in cui il [[Congresso di Vienna]] stabilisce il riavvicinamento tra Stato e Chiesa. I due cantieri, ricalcano i due possibili modelli di chiesa neoclassica: in un caso le forme sono ispirate dai [[tempio greco|templi greci]], a pianta rettangolare introdotta da un [[pronao]], mentre nel secondo caso ci si trova di fronte ad una chiesa a [[pianta centrale]], ispirate alle forme del [[Pantheon (Roma)|Pantheon]].
Il primo caso è ben rappresentato dalla [[chiesa di San Tomaso in Terramara]], esistente sin dall'[[XI secolo]] ma il cui aspetto venne completamente mutato tra il [[1825]] e il [[1827]]. La facciata è preceduta da un pronao di sei colonne di [[ordine ionico]] che reggono un timpano triangolare, che nasconde parzialmente il finestrone semicircolare sulla facciata<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 53}}.</ref>; l'interno, che mantiene alcune opere originali della chiesa, presenta un'abside semicircolare con un altare neoclassico progettato da [[Giuseppe Zanoia]]<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 54}}.</ref>.
Il secondo caso è rappresentato invece dalla [[Chiesa di San Carlo al Corso (Milano)|chiesa di San Carlo al Corso]], edificata nel [[1839]] dall'architetto [[Carlo Amati]], e rappresenta il maggior cantiere religioso di questo periodo nella città. L'edificio a pianta centrale, è introdotto dalla tipica coppia pronao-timpano; [[semicolonne]] di [[ordine corinzio]] dividono il tamburo in spazi in cui si alternano [[nicchie]] e finestroni. La chiesa è inserita nel complesso di una piazzate porticata, i cui palazzi sovrastanti sono stati ricavati dall'abbattimento dell'antico convento di Santa Maria dei Servi<ref name=Pis38/>.
La soluzione si presenta piuttosto monumentale, infatti il diametro è di poco inferiore a quello del Pantheon, e per questo motivo l'architetto subì molte critiche al progetto. Gli interni sono riccamente decorati nei puri canoni neoclassici con gruppi di statue di [[Pompeo Marchesi]] e dipinti di [[Angelo Inganni]], mentre l'imponente cupola emisferica è decorata a cassettoni<ref>{{cita|Pisaroni|pg. 40}}.</ref>.
L'edificio, nella sua monumentalità, segna l'ultimo grande progetto neoclassico della città: bisogna inoltre segnalare che mentre la chiesa veniva edificata, nuovi stili architettonici avevano già invaso la città; basta pensare che la [[Galleria de Cristoforis]], il primo passaggio coperto in vetro e ferro battuto di [[Milano]] e d'[[Italia]], fu realizzato nel [[1832]]. Se si escludono quindi realizzazioni minori e contaminazioni eclettiche, si può dire che la chiesa di San Carlo al corso rappresenta l'ultima fiammata dello stile neoclassico della città.
Tra gli interventi minori si possono citare la facciata della [[Chiesa di Sant'Antonio
È inoltre frequente la costruzione di [[altare|altari]] ispirati all'[[Duomo di Milano#Presbiterio|altare maggiore del Duomo]], opera barocca di [[Pellegrino Tibaldi]], rivisitato in forme neoclassiche. Questi presentano un'alzata con intarsi marmorei geometrici e, al centro, un tempietto semicircolare sorretto da [[colonna|colonne]], con cupoletta. Alcuni esempi di tale tipologia di altare sono presenti nella [[basilica di San Calimero]] e nella [[Chiesa di Santa Maria Incoronata (Milano)|chiesa di Santa Maria Incoronata]], nonché nella [[basilica di San Simpliciano]], dove, al di sotto del tempietto, sono custodite le spoglie del [[San Simpliciano|santo vescovo di Milano]].
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== Progetti non realizzati ==
[[File:Foro bonaparte - Antolini.jpg|frame|center|Aspetto del piazzale circolare del futuro Foro Bonaparte secondo l'Antolini]]
Nel secondo periodo neoclassico milanese le arti erano al servizio del neonato Stato italiano e gli architetti della città furono incaricati di dare a [[Milano]] l'aspetto delle
Il progetto sicuramente più ambizioso per la città riguardava il Foro Bonaparte, e fu redatto nel [[1801]] da [[Giovanni Antolini]]<ref name=Art748>{{cita|La storia dell'arte|pg. 748}}.</ref>: di chiara ispirazione all'idea del [[foro romano]] e ai progetti del francese [[Claude-Nicolas Ledoux]]<ref name=Art749>{{cita|La storia dell'arte|pg. 749}}.</ref>, il piano prevedeva nell'area del [[Castello Sforzesco]] la costruzione di un cerchio di circa 500 metri di diametro delimitato da edifici sia della pubblica amministrazione, come ministeri o tribunali, sia di pubblica utilità, come terme, teatri, università e musei<ref>{{cita|Dezzi Bardeschi|pg. 60}}.</ref>. Furono anche previsti grossi spazi per le attività commerciali, in cui i magazzini erano collegati tramite un sistema di canali ai [[Navigli (Milano)|navigli]]. Il progetto, di ampio respiro, aveva come obiettivo quello di spostare il centro cittadino da [[Piazza del Duomo (Milano)|piazza del Duomo]], allora stretta in piccole vie di impostazione medievale, all'appena concepito foro, che sarebbe così divento il fulcro della vita cittadina<ref name=Art748/>. Il progetto, valutato più volte da un'apposita commissione, subì più modifiche per poi essere accantonato proprio per la sua grandiosità: il progetto, che aveva in [[Napoleone]] il suo più grande sostenitore, fu ritenuto proprio dal generale Bonaparte troppo ambizioso per una città dalle dimensioni di Milano, e non venne dunque mai realizzato nella sua interezza<ref name=DB62/>. Il progetto di rifacimento del Foro Bonaparte, non venne però mai accantonato del tutto e, una volta scartata l'ipotesi dell'Antolini, fu affidato a [[Luigi Canonica]], il quale ruppe completamente col precedente progetto e destinò le aree circostanti principalmente ad edilizia privata<ref name=Art749/>. Il progetto originale rimase tuttavia come uno dei più importanti tentativi dell'[[architettura neoclassica]], tant'è che il progetto del Foro Bonaparte ispirò qualche anno più tardi l'[[emiciclo]] di [[piazza del Plebiscito]] e della [[Basilica di San Francesco di Paola (Napoli)|basilica di San Francesco di Paola]] a [[Napoli]]<ref>{{Cita libro|autore=Giulio Carlo Argan|coautori=Bruno Contardi|titolo=Storia dell'arte classica e italiana. Da Leonardo a Canova|
Accanto all'ambizioso progetto del Foro Bonaparte, era previsto un grande intervento nell'area di corso di Porta Ticinese: affidato al [[Luigi Cagnola|Cagnola]] nel [[1801]], il progetto prevedeva la realizzazione di un monumentale [[propileo]] nell'attuale piazza XXIV Maggio, la rettificazione del corso di Porta Ticinese, la costruzione di edifici porticati lungo tutta la via e infine un ponte monumentale che attraversasse il naviglio<ref>{{cita|La storia dell'arte|pg. 751}}.</ref>. Anche in questo caso il progetto fu considerato troppo oneroso e l'unica opera realizzata fu una modificata [[Porta Ticinese]].
Sempre in ambito di opere non realizzate, nel [[1807]] una commissione formata tra gli altri dal Cagnola e dal [[Luigi Canonica|Canonica]] redasse il piano regolatore. Sull'onda invece del primo neoclassicismo, l'[[Accademia di Brera]] bandì dei concorsi pubblici per la realizzazione, in ordine cronologico, di un orfanotrofio (1805), una scuola (1806), un mercato coperto (1808), una galleria d'arte (1810), un carcere (1811), un bagno pubblico (1812) e un cimitero (1816): le opere appena citate non furono realizzate a causa della caduta del [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]], così come il completamento del piano regolatore<ref>{{cita|La storia dell'arte|pg. 752}}.</ref>, già realizzato in parte.
== Altre immagini ==
File:
File:0136 - Milano - Caserma dei Veliti - Foto Giovanni Dall'Orto 25-Apr-2007.jpg|Caserma dei Veliti Reali
File:9005 - Milano - Corso Venezia - Palazzo Serbelloni - Foto Giovanni Dall'Orto 25-Apr-2007.jpg|Loggia di [[Palazzo Serbelloni]]
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File:8818 - Milano - Via Manzoni - Palazzo Anguissola - Foto Giovanni Dall'Orto 14-Apr-2007.jpg|Palazzo Anguissola
File:3614 - Milano - Luigi Clerichetti, PalazzoTarsis (1836-38) in V. S. Paolo - Foto Giovanni Dall'Orto, 23-June-2007.jpg|Palazzo Tarsis
File:2284 - Milano - G. Tazzini, facciata S. Antonio Abate -1832- - Foto Giovanni Dall'Orto 20-May-2007.jpg|Facciata di Sant'Antonio
File:8276 - Milano - San Tomaso - Foto Giovanni Dall'Orto 1-Mar-2007.jpg|San Tomaso in Terramara a Milano
File:Altare maggiore San Tomaso in Terramara, Milano.jpg|L'altare dello Zanoia in San Tomaso In Terramara, Milano
File:Facciata Santa Maria della Consolazione Milano Italy.jpg|Il timpano del 1836 di [[Chiesa di Santa Maria della Consolazione (Milano)|Santa Maria della Consolazione]], Milano
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== Note ==
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== Bibliografia ==
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== Altri progetti ==
{{interprogetto
{{Storia dell'arte di Milano}}
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