Vincent van Gogh: differenze tra le versioni

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{{notaNota disambigua|il film|VanVincent van Gogh (disambiguafilm)|Van Gogh}}{{Avvisounicode}}
{{Nota disambigua||Van Gogh (disambigua)|Van Gogh}}
 
{{Doppia immagine verticale|destra| Vincent van Gogh - Self-Portrait - Google Art Project (454045).jpg|Vincent van Gogh signature (Vincent).svg|220|Vincent van Gogh, ''Autoritratto'' ([[Parigi]], primavera 1887); [[Pittura a olio|olio]] su cartone, {{m|42|x|33,7|u= cm}}, [[Art Institute of Chicago]]|Firma di Vincent van Gogh}}
{{Bio
|Nome = Vincent Willem
|Cognome = van Gogh
|ForzaOrdinamento =
|PostCognome = (pronuncia [[lingua olandese|olandese]] {{IPA|[ˈfɪnʨɛnt fɑŋˈɣɔx]}} {{Link audio|Nl-Vincent van Gogh.ogg|<small>ascolta</small>}})
|PreData = {{IPA|[ˈʋɪnsɛnt ˈʋɪlɛm fɑn ˈɣɔx]|nl}} {{Link audio|Vincent willem van gogh.ogg|<small>ascolta</small>}}
|ForzaOrdinamento = Gogh, Vincent van
|Sesso = M
|LuogoNascita = Zundert
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|Attività = pittore
|Nazionalità = olandese
|Immagine = VanGogh 1887 Selbstbildnis.jpg
|Didascalia = Vincent Willem van Gogh (autoritratto)
|Didascalia2 = [[File:Vincent Van Gogh Signature.svg|200px|Firma di Vincent van Gogh]]
}}
 
AutoreFu autore di quasi 900novecento dipinti<ref>{{cita web|url=http://www.vangoghgallery.com/painting/|titolo=Van Gogh Gallery|editore=vangoghgallery.com|lingua=en|accesso=1º febbraio 2016}}</ref> e di più di mille disegni, senza contare i numerosi schizzi non portati a termine e i tanti appunti destinati probabilmente all'imitazione di disegni artistici di provenienza giapponese. Tanto geniale quanto incompreso se non addirittura disprezzato in vita, vanVan Gogh influenzò profondamente l'arte deldei [[XXcontemporanei secolo]].e Dopodei aversecoli trascorsoa moltiseguire, anniin soffrendoparticolare dil'Espressionismo frequentida [[disturboHenri mentale|disturbi mentaliMatisse]],<ref>{{cita|Tralbaut, 1981|pp.a 286-287|tralbaut1981}}.</ref><ref>{{cita|Hulsker[[Edvard 1990|p.Munch]], 390|hulsker}}.</ref>a morì[[Ernst all'etàLudwig diKirchner]], 37[[Egon anniSchiele]], per[[Erich unaHeckel]] ferita dae [[armaEmil da fuocoNolde]], molto probabilmente auto-inflitta.<ref>{{cita news|titolo=Vincent van Gogh expert doubts 'accidental death' theory|lingua=enweb|url=httphttps://www.telegraphnanopress.co.uk/cultureit/artarticolo/artlinfluenza-news/8832202/Vincentdi-Vanvincent-Goghvan-expertgogh-doubtsnel-accidentalmondo-death-theory.htmldellarte/74481/|accessotitolo=8L'influenza febbraiodi 2012|pubblicazioneVincent =[[Thevan DailyGogh Telegraph]]nel mondo dell'arte|dataaccesso=1727 ottobremarzo 20112024}}</ref> In quell'epoca i suoi lavori non erano molto conosciuti né tantomeno apprezzati.
 
Iniziò a disegnare da bambino e nonostante le critiche del padre, un [[pastore protestante]] che gli impartiva delle norme severe, continuò a interessarsi all'arte finché non decise di diventare un pittore vero e proprio. Iniziò a dipingere all'età di 27 anni realizzando molte delle sue opere più note nel corso degli ultimi due anni di vita. I suoi soggetti consistevano in [[autoritratto|autoritratti]], [[Paesaggio|paesaggi]], [[natura morta|nature morte]] di [[Fiore|fiori]], dipinti con [[cipressi]], rappresentazioni di campi di [[grano]] e [[Helianthus annuus|girasoli]]. La sua formazione si deve all'esempio del [[Realismo (arte)|realismo]] paesaggistico dei [[scuola di Barbizon|pittori di Barbizon]] e del messaggio etico e sociale di [[Jean-François Millet]].<ref>Van Gogh, come [[Kierkegaard]] e [[Dostoevskij]], s'interroga, pieno di angoscia, sul significato dell'esistenza. Sta dalla parte delle vittime, degli sfruttati nel lavoro e dei diseredati. L'arte, per lui, deve essere un agente di trasformazione della società. La sua pittura si caratterizza "per l'accostamento stridente dei colori, per l'andamento spezzato dei contorni, per il ritmo serrato delle pennellate, che fanno del quadro un contesto di segni animati da una vitalità febbrile, convulsa". {{cita|Argan|pp. 157, 161}}.</ref>
 
Dopo diversi anni di [[Sofferenza|sofferenze]], patendo anche di frequenti [[Disturbo mentale|disturbi mentali]],<ref>{{cita|Tralbaut|pp. 286-287}}.</ref><ref>{{cita|Hulsker 1990|p. 390}}.</ref><ref>{{cita news|lingua=en|url=https://www.telegraph.co.uk/culture/art/art-news/8832202/Vincent-Van-Gogh-expert-doubts-accidental-death-theory.html|titolo=Vincent van Gogh expert doubts 'accidental death' theory|pubblicazione=[[The Daily Telegraph]]|data=17 ottobre 2011|accesso=8 febbraio 2012}}</ref> nel 1890 [[Morte di Vincent van Gogh|si suicidò]] ad [[Auvers-sur-Oise]], all'età di 37 anni.
Van Gogh iniziò a disegnare da bambino, nonostante le continue pressioni del padre, pastore protestante che continuò ad impartirgli delle norme severe. Continuò comunque a disegnare finché non decise di diventare un pittore vero e proprio. Iniziò a dipingere tardi, all'età di ventisette anni, realizzando molte delle sue opere più note nel corso degli ultimi due anni di vita. I suoi soggetti consistevano in [[autoritratto|autoritratti]], paesaggi, [[natura morta|nature morte]] di fiori, dipinti con [[cipresso|cipressi]], rappresentazione di campi di grano e [[Helianthus annuus|girasoli]]. La sua formazione si deve all'esempio del [[Realismo (arte)|realismo]] paesaggistico dei [[scuola di Barbizon|pittori di Barbizon]] e del messaggio etico e sociale di [[Jean-François Millet]].
 
La fama artistica delle sue opere verrà riconosciuta soltanto dopo la sua morte.
Van Gogh in età adulta lavorò per una ditta di mercanti d'arte, viaggiò tra [[L'Aia]], [[Londra]] e [[Parigi]]. Per breve tempo si dedicò anche all'insegnamento; una delle sue aspirazioni iniziali fu quella di diventare un [[Pastore (religione)|pastore]] e dal 1879 lavorò come [[missionario]] in una regione mineraria del [[Belgio]], dove ritrasse persone della comunità locale. Nel 1885, dipinse la sua prima grande opera: ''[[I mangiatori di patate]]''. La sua [[Tavolozza (pittura)|tavolozza]], al momento costituita principalmente da cupi toni della terra, non mostra ancora nessun segno della colorazione viva che contraddistinguerà le sue successive opere. Nel marzo del 1886, si trasferì a Parigi dove scoprì gli [[impressionisti]] francesi. Più tardi, spostatosi nella [[Francia]] del sud, i suoi lavori furono influenzati dalla forte luce del sole che vi trovò.
 
== Le lettere ==
La più completa [[fonte primaria]] per la comprensione di vanVan Gogh come artista e come uomo è ''[[Lettere a Theo]]'', la raccolta di lettere tra lui e suoil fratello minore, il [[mercante d'arte]] [[Theodorus van Gogh|Théo van Gogh]], con il quale intratteneva un rapporto particolarissimo e intimo: Théo, infatti, fornì a Vincent sostegno finanziario ed emotivo per gran parte della sua vita.<ref name="Pix">{{cita|Pomerans|p. ix|pomerans}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.vangoghletters.org/vg/|titolo=Van Gogh: The Letters|editore=Van Gogh Museum|lingua=en|accesso=7 ottobre 2009}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.webexhibits.org/vangogh/|titolo=Van Gogh's letters, Unabridged and Annotated|lingua=en|accesso=25 giugno 2009|dataarchivio=21 maggio 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160521190032/http://www.webexhibits.org/vangogh/|urlmorto=sì}}</ref> Théo fornì a Vincent sostegno finanziario e emotivo per gran parte della sua vita. La maggior parte di ciò che ci è noto sul pensiero di vanVan Gogh e sulle sue teorie dsull'arte, è scritto nelle centinaia di lettere che lui e il fratello si scambiarono tra il 1872 e il 1890: più di 600seicento da Vincent a Théo e 40quaranta da Théo a Vincent.
 
Il patrimonio epistolare di Vincent e Théo, si è detto, è una documentazione fondamentale, non solo perché raccoglie notizie determinanti per ricostruire la personalità e le tormentate vicende esistenziali del pittore, ma anche perché consente di comprenderne a pieno le concezioni artistiche. Tra il mondo pittorico e quello [[Poetica|''poetico'']] ed epistolare di Van Gogh, invero, correva una forte compenetrazione: in ragione della celebre formula oraziana ''[[ut pictura poësis]]'', infatti, il pittore nelle proprie missive commentò molto dettagliatamente i propri capolavori, che infatti dispongono quasi sempre di una riflessione epistolare in merito al soggetto, all'apparato cromatico, alle circostanze gestative. Anche se molte di queste lettere non sono datate, gli storici dell'arte sono stati in grado di ordinarle cronologicamente. Il periodo in cui Vincent visse a Parigi è il più difficile da ricostruire per gli storici, appunto poiché i due fratelli, vivendo insieme, non ebbero bisogno di scriversi.<ref>{{cita|Pomerans|ppp. i-xxvi|pomerans}}.</ref>
 
Oltre alle lettere da Vincent per Théo, ne sono state conservate altre e, in particolare, quelle a Van Rappard, a Émile Bernard e alla sorella [[Wil Van Gogh|Wil]].<ref>{{cita|Pomerans|p. xiii|pomerans}}.</ref> LeIl ''corpus'' di lettere sonoè statestato pubblicatepubblicato nel 1913 dalla vedova di Théo, [[Johanna Bonger|Johanna van Gogh-Bonger]], che le rese pubbliche con "trepidazione"molta cautela, perché non voleva che il dramma nella vita dell'artista mettesse in ombra il suo lavoro. Van Gogh stesso era un avido lettore di biografie di altri artisti e pensava che la loro vita dovesse essere in linea con le caratteristiche della loro arte fantastica, anche se talvolta poco seria.<ref name="Pix" />
 
== Biografia ==
[[File:Maison natale de Vincent Van Gogh.jpg|thumbmin|leftsinistra|La casa natale di van Gogh a [[Zundert]]: Vincent nacque nella stanza sotto il tetto, dalla cui finestra sventola la bandiera]]
Notizie della famiglia dei van Gogh si rintracciano a [[L'Aia]] fin dalla metà del [[XVI secolo]] e, a partire dal [[XVII secolo]], quella famiglia trasmise di padre in figlio il mestiere di [[oreficeria|orefice]]. Nel primo [[XIX secolo]] si ha notizia di un Vincent van Gogh (1789-1874), [[pastore (religione)|pastore]] [[calvinista]] e padre di undici figli che praticavano diverse attività: tre di loro erano mercanti d'arte, mentre si sa che Theodorus van Gogh (1822-1885) dal 1º aprile 1849 fu un pastore della Chiesa riformata olandese, residente presso la piccola comunità di [[Zundert|Groot-Zundert]], un villaggio del [[Brabante Settentrionale|Brabante]] di circa {{m|6000}} abitanti. Sposatosi nel 1851 con Anna Cornelia Carbentus (1819-1907), figlia di un facoltoso rilegatore di libri della corte olandese, Theodorus generò con lei un figlio, Vincent Willem Maria, che tuttavia il 30 marzo 1852 fu partorito già morto.
=== Gli studi interrotti (1868) ===
Notizie della famiglia dei van Gogh si rintracciano a [[L'Aia]] fin dalla metà del [[XVII secolo]] e a partire dal [[XVIII secolo|Settecento]] quella famiglia trasmise di padre in figlio il mestiere di orefice. Nel primo Ottocento si ha notizia di un Vincent van Gogh ([[1789]]-[[1874]]) [[pastore (religione)|pastore]] [[calvinista]], padre di undici figli che praticavano diverse attività: tre di loro erano mercanti d'arte, mentre si sa che anche Theodorus van Gogh ([[1822]]-[[1885]]) dal 1º aprile [[1849]] era pastore calvinista a [[Zundert|Groot-Zundert]], un piccolo paese del [[Brabante Settentrionale|Brabante]] di circa 6.000 abitanti. Sposatosi nel [[1851]] con Anna Cornelia Carbentus ([[1819]]-[[1907]]), figlia di un rilegatore della corte olandese, che il 30 marzo [[1852]] partorì un figlio morto, Vincent Willem Maria. Esattamente l'anno dopo diede alla luce il primo figlio, il futuro pittore, che verrà battezzato Vincent Willem in ricordo del defunto fratellino: ne seguiranno altri cinque, Anna Cornelia ([[1855]]-[[1930]]), [[Theodorus van Gogh|Théodorus]] junior, ben presto denominato semplicemente Théo (1º maggio [[1857]] - 25 gennaio [[1891]]), Elisabeth ([[1859]]-[[1936]]), Wilhelmina Jacoba ([[1862]]-[[1941]]) e Cornelis ([[1867]]-[[1900]]).<ref>{{cita|Crispino|pp. 11-12|crispino}}.</ref> Dal [[1861]] al [[1864]] Vincent van Gogh frequentò la scuola del paese e dal 1º ottobre un collegio della vicina [[Zevenbergen]], dove apprese il [[Lingua francese|francese]], l'[[lingua inglese|inglese]], il [[lingua tedesca|tedesco]] e l'arte del disegno. Dal [[1866]] frequentò la scuola tecnica ''Hannik'' di [[Tilburg]] ma il 19 marzo [[1868]], a causa dello scarso rendimento nonché per via di alcuni problemi economici sofferti dal padre, ritornò a Zundert senza aver concluso gli studi.<ref>{{cita|Crispino|p. 20|crispino}}.</ref>
 
Esattamente l'anno dopo la Carbentus diede alla luce il primo figlio, il futuro pittore, che verrà battezzato Vincent Willem in ricordo del defunto fratellino: «fin dal primo giorno, quindi, la vita di Vincent fu segnata da una triste coincidenza» commenta il critico Rainer Metzger; «numerosi psicologi [...] non mancarono di sottolineare che questo bambino, in un certo senso, era venuto al mondo nell'anniversario della morte di suo fratello e videro in ciò la radice dell'inclinazione dell'artista al paradosso».<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 15}}.</ref> Theodorus e Cornelia, in ogni caso, ebbero altri cinque figli: Anna Cornelia (1855-1930), [[Theodorus van Gogh|Théodorus junior]], ben presto denominato semplicemente Théo (1º maggio 1857-25 gennaio 1891), Elisabeth (1859-1936), Wilhelmina Jacoba (1862-1941) e Cornelis (1867-1900).<ref>{{cita|Crispino|pp. 11-12}}.</ref> Dal gennaio 1861 al settembre 1864 Vincent van Gogh studiò alla scuola del paese e dal 1º ottobre 1864 frequentò un collegio della vicina [[Zevenbergen]], dove apprese il [[Lingua francese|francese]], l'[[lingua inglese|inglese]], il [[lingua tedesca|tedesco]] e l'arte del disegno. Dal 1866 frequentò un'altra scuola presbiteriale, la scuola secondaria di [[Tilburg]], avendo quale professore di arte il pittore [[Constant Cornelis Huijsmans]].<ref>Vincent van Gogh ha seguito il corso di Huijsmans tra 1866 e 1868, secondo {{nl}} Wilma van Giersbergen, De tekenklas en Vincent van Gogh » dans ''De kunst is geheel en al bijzaak, de moeizame carrière van C.C. Huijsmans (1810-1886), tekenmeester in Brabant'', Amsterdam, 2003, pp. 173-74.</ref> Ma il 19 marzo [[1868]], a causa dello scarso rendimento nonché per via di alcuni problemi economici sofferti dal padre, ritornò a Zundert senza aver concluso gli studi.<ref>{{cita|Crispino|p. 20}}.</ref> Furono, tutto sommato, anni felici e lieti che verranno ricordati da Vincent con grande nostalgia, come leggiamo nella lettera 573:
=== Il lavoro nella casa d'arte Goupil (1869-1875) ===
{{citazione|Durante la mia malattia ho visto accanto a me ogni stanza della casa di Zundert, ogni strada, ogni pianta del giardino, i dintorni, i campi, i vicini, il cimitero, la chiesa col suo orto e persino il nido di gazze sulla grande acacia del cimitero|Vincent van Gogh<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 16}}.</ref>}}
{{Doppia immagine|right|Van Gogh Age 19.jpg|215|Theo van Gogh (1888).png|132|Vincent van Gogh fotografato nel [[1873]].|[[Theodorus van Gogh|Théo van Gogh]] nel 1888.}}
La scarsità del suo profitto scolastico convinse la famiglia a trovargli un impiego: il primo a farsi avanti fu lo zio paterno Vincent detto "Cent" ([[1811]]-[[1889]]), già mercante d'antiquariato. Egli persuase il fratello (il padre di Vincent) a far sospendere gli studi al nipote in modo da metterlo al lavoro nel più breve tempo possibile. Infatti nel luglio del 1869 lo zio Cent lo raccomandò alla casa d'arte Goupil & Co. alla quale, per motivi di salute, aveva ceduto la sua attività a L'Aia.<ref>{{cita|Crispino|p. 22|crispino}}.</ref> L'attività della casa Goupil consisteva nella vendita di riproduzioni d'opere d'arte. Il giovane Vincent sembrò molto interessato al suo lavoro, che lo obbligava a un approfondimento delle tematiche artistiche, lo stimolava a leggere e a frequentare musei e collezioni d'arte. Mantenne i contatti con la famiglia, che dal gennaio del 1871 si era trasferita a [[Haaren|Helvoirt]], dove il padre Theodorus svolgeva la sua attività pastorale. Vincent oltre a incontrare frequentemente a L'Aia il fratello Théo, intraprese con lui una corrispondenza che sarebbe durata per tutta la vita.<ref>{{cita|Crispino|p. 19|crispino}}.</ref>
 
=== Il lavoro alla Goupil & Cie (1869-1875) ===
Nel [[1873]] fu trasferito nella filiale Goupil di [[Bruxelles]] e a maggio in quella di [[Londra]]. Durante il trasferimento nella capitale inglese si fermò per alcuni giorni a [[Parigi]], rimanendo affascinato dalla bellezza della città e dai fermenti culturali che l'animavano: la visita del [[Louvre]] e delle esposizioni di quadri al ''Salon'' lo colpirono profondamente.<ref>{{cita|Crispino|p. 23|crispino}}.</ref>
La scarsità del suo profitto scolastico convinse la famiglia a trovargli un impiego: il primo a farsi avanti fu lo zio paterno Vincent, detto «Cent» (1811-1889), già mercante d'antiquariato. Egli persuase il fratello (padre di Vincent) a far sospendere gli studi al nipote, in modo da metterlo al lavoro nel più breve tempo possibile. Infatti nel luglio del 1869 Cent raccomandò il nipote alla filiale del[[l'Aia]] della [[Goupil & Cie]], una notissima casa d'aste specializzata nella riproduzione di [[Stampa|stampe]], ma che non esitava ad avvalersi della collaborazione di pittori celebri.<ref>{{cita|Crispino|p. 22}}.</ref> Il giovane Vincent all'inizio si dedicò con grande coscienziosità e dedizione al suo lavoro, che consisteva nel vendere [[litografie]], [[fotografie]], [[dipinti]], [[Calcografia|calcografie]], [[acqueforti]] o riproduzioni, per lo più di opere della [[scuola dell'Aia]] o dei [[Scuola di Barbizon|pittori di Barbizon]]: tale mestiere, inoltre, lo stimolava ad approfondire tematiche culturali ed artistiche, a leggere molto e a frequentare musei e collezioni d'arte. Mantenne i contatti con la famiglia, che dal gennaio del 1871 si era trasferita a [[Helvoirt]], dove il padre Theodorus svolgeva la sua attività pastorale. Vincent, oltre a incontrare frequentemente a L'Aia il fratello Théo, intraprese con lui una corrispondenza che sarebbe durata per tutta la vita.<ref>{{cita|Crispino|p. 19}}.</ref>
 
Nel 1873 il giovane Vincent fu trasferito nella filiale Goupil di [[Bruxelles]] e a maggio in quella di [[Londra]]. Durante il trasferimento nella capitale inglese van Gogh si fermò per alcuni giorni a Helvoirt, dai genitori, per poi fare una veloce sosta a [[Parigi]], rimanendo affascinato dalla bellezza della città e dai fermenti culturali che l'animavano: la visita del [[Louvre]] e delle esposizioni al [[Salon (mostra)|Salon]] lo colpirono profondamente.<ref>{{cita|Crispino|p. 23}}.</ref> A Londra disegnò schizzi di scorci cittadini, che tuttavia non conservò (ne rimane solo uno, peraltro assai rovinato e scoperto nel 1977, raffigurante la casa dove visse). Qui il giovane Vincent condusse una vita schiva e appartata e fu funestato dalla prima, cocentissima, delusione amorosa. Egli, infatti, aveva sviluppato una forte infatuazione nei confronti di Eugenie Loyer, figlia di Ursula, proprietaria della [[pensione]] presso la quale risiedeva: quando alla fine giunse a dichiararsi, Vincent - inesperto di questioni amorose - scoprì tuttavia che la giovane era già fidanzata.<ref>{{cita|Walther, Metzger|pp. 31-32}}.</ref>
A Londra disegnò schizzi di scorci cittadini, che tuttavia non conservò (ne rimane solo uno, peraltro assai rovinato e scoperto nel [[1977]], raffigurante la casa dove visse). Nella pensione in cui alloggiava, si dichiarò un giorno a una figlia della proprietaria, Eugenir Loyer (e non Ursula come si era sempre creduto), che, già fidanzata, lo respinse. Caduto in una crisi depressiva, chiese e ottenne di essere trasferito a L'Aia.<ref>{{cita|Crispino|p. 26|crispino}}.</ref> Da questo momento iniziò a trascurare il lavoro. A poco servì il ritorno a Londra dalla sorella Anna nel luglio del [[1874]]. I suoi interessi cominciarono a indirizzarsi verso le tematiche religiose, che approfondì anche dopo il suo trasferimento a Parigi, nel maggio [[1875]]. Qui, tuttavia, non mancò di frequentare anche i musei, appassionandosi a [[Jean-Baptiste Camille Corot]] e alla pittura seicentesca olandese. I dirigenti della Goupil erano sempre più scontenti di lui, anche perché nel [[Natale]] del 1875 lasciò senza preavviso il lavoro, per andare a trovare la famiglia, che allora risiedeva a [[Etten-Leur|Etten]], un piccolo paese presso [[Breda (Paesi Bassi)|Breda]]. Tuttavia Vincent capì di non poter continuare la sua collaborazione in un'attività che ormai sentiva profondamente estranea e il 1º aprile [[1876]] si dimise.<ref>{{cita|Tralbaut, 1981|pp. 35-47|tralbaut1981}}.</ref>
 
Subito dopo esser stato respinto van Gogh precipitò in una profonda crisi [[Disturbo depressivo|depressiva]] e, per alleviare la sua prostrazione, chiese e ottenne di essere trasferito a L'Aia.<ref>{{cita|Crispino|p. 26}}.</ref> Da questo momento iniziò a trascurare il suo lavoro, suscitando la disapprovazione dei superiori e dei colleghi: a poco servirono le premure dello zio Cent, che tentò di aiutare il nipote allocandolo presso la succursale parigina della Goupil e, poi, nuovamente a Londra.
=== La missione sociale e religiosa (1876-1880) ===
Il 16 aprile 1876 partì per [[Ramsgate]], il sobborgo londinese dove lavorò come supplente presso la scuola del signor Stokes, ricevendo in cambio soltanto vitto e alloggio. Successivamente proseguì l'insegnamento a [[Isleworth]], dove la scuola si era trasferita: qui collaborò anche con un pastore metodista che teneva un'altra piccola scuola e in ottobre pronunciò il suo primo sermone<ref>{{cita libro|titolo = The Letters of Vincent Van Gogh|autore = Vincent Van Gogh|editore = Penguin|data = 25 settembre 2003|isbn = 978-0-14-192044-3|p = 58|url = https://books.google.it/books?id=dV1zPBVdo1wC&pg=PT58}} ispirato da un quadro di [[George Henry Boughton|Boughton]], il ''Pellegrino sulla via di Canterbury al tempo di Chaucer''</ref>. Tornato in famiglia per Natale, fu dissuaso dai genitori, spaventati dalle sue precarie condizioni psicofisiche, dal ripartire per l'[[Inghilterra]].
 
I suoi interessi erano ormai definitivamente rivolti verso le tematiche religiose: la [[Bibbia]] aveva ormai preso il posto di quei libri che avevano sì conquistato il suo cuore, ma che ora risultavano inadeguati al suo slancio religioso (nella lettera 36a, rivolta a Théo, scrive: «Ho intenzione di distruggere tutti i miei libri: Michelet, ecc. Vorrei che tu facessi altrettanto»).<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 34}}.</ref> Van Gogh, tuttavia, non mancò affatto di coltivare la sua passione artistica, frequentando i musei parigini più prestigiosi e familiarizzando con le opere di [[Jean-François Millet]] e di [[Jean-Baptiste Camille Corot]] e con la pittura seicentesca olandese. I dirigenti della Goupil erano sempre più scontenti di lui, anche perché nel [[Natale]] del 1875 lasciò senza preavviso il lavoro, per andare a trovare la famiglia, che allora risiedeva a [[Etten-Leur|Etten]], un piccolo paese nei pressi di [[Breda (Paesi Bassi)|Breda]]: anche il suo comportamento professionale, d'altronde, era totalmente insoddisfacente e addirittura dannoso per la salute finanziaria dell'azienda («i suoi ripetuti consigli ai clienti di acquistare pezzi a buon mercato facevano onore, è vero, alla sua onestà, ma non incrementavano certo il volume d'affari», osserva il Metzger).<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 35}}.</ref> Vincent, ormai, riteneva sterile e mortificante la collaborazione con un'attività che sentiva profondamente estranea e il 1º aprile [[1876]] fu congedato.<ref>{{cita|Tralbaut|pp. 35-47}}.</ref>
Lo zio Vincent gli trovò così un altro lavoro come commesso in una libreria di [[Dordrecht]]. Viveva da solo, era un cristiano devoto e un membro della [[Chiesa riformata olandese]], anche se nutriva un forte amore per tutte le chiese cristiane<ref>. Hans Bronkhorst. ''Vincent van Gogh'', Portland House: New York 1990, pp. 6-7, ISBN 0-517-03560-X</ref>. Amava tradurre passi della [[Bibbia]]; convinse il padre a lasciargli tentare gli esami di ammissione alla facoltà di [[teologia]] di Amsterdam, dove andò a vivere con lo zio paterno Johannes, frequentando anche uno zio materno, che gli fece impartire lezioni di [[lingua latina|latino]] e di [[lingua greca antica|greco]]. Continuò a coltivare le sue inclinazioni artistiche, visitando musei, il ghetto ebraico e continuando a esercitarsi.
[[File:Cuesmes JPG001.jpg|thumb|left|La casa abitata da van Gogh a Cuesmes]]
Respinto agli esami di ammissione, dall'agosto del 1878 frequentò un corso trimestrale di evangelizzazione in una scuola di [[Laeken]] presso Bruxelles, che non lo riconobbe idoneo a svolgere l'attività di predicatore.
Alla fine dell'anno si trasferì nella regione belga del [[Borinage]], a [[Pâturage]]: qui, povero tra i poveri, si prese cura dei malati e predicò la Bibbia ai minatori. Autorizzato, nel gennaio del 1879, a predicare temporaneamente dalla Scuola di Evangelizzazione di Bruxelles, si trasferì nel centro minerario di [[Wasmes]] anche [[Charbonnage de Marcasse]], vivendo in una baracca. Il suo zelo e la sua partecipazione emotiva all'estrema povertà dei minatori apparvero eccessivi alla Scuola, che decise di non rinnovargli l'incarico<ref>{{cita|Storia dell'Arte|p. 280|sa}}</ref> proprio perché «aveva preso troppo alla lettera il modello evangelico»: Vincent, infatti, arrivò a dormire in una catapecchia diroccata come San Francesco, a dividere il proprio mantello con i bisognosi come San Martino, e a nutrirsi esclusivamente di pane e acqua come nelle più rigide penitenze.
 
[[File:Vincent van Gogh January 1873-cropped.jpeg|min|sinistra|Van Gogh nel 1873, anno in cui prestava servizio presso i Goupil]]
Vincent continuò a svolgere quella che considerava una missione: si trasferì nel vicino paese di [[Cuesmes]] dove visse con un minatore del luogo e, pur indigente, cercò ancora di aiutare chi stava in realtà peggio di lui, arrivando a cedere il suo letto ai malati, curando personalmente i feriti delle esplosioni tagliando i propri vestiti per trasformarli in bende<ref>{{cita|Crispino|p. 33|crispino}}</ref>.
In quel periodo si appassionò alla lettura di romanzi popolari che descrivevano la miseria delle popolazioni delle città industriali, percorrendo il [[Belgio]] a piedi per centinaia di chilometri. Interruppe per qualche tempo la corrispondenza con il fratello Théo, che lavorava nella casa Goupil e disapprovava apertamente le sue azioni, cercando di distoglierlo da un'attività che sembrava aggravare il suo delicato equilibrio psichico.
 
=== La missione sociale e religiosa (1876-1880) ===
Nel giugno 1880 si spinse fino a [[Courrières]], nel dipartimento del [[Passo di Calais]], per poter conoscere il pittore [[Jules Breton]], che lui ammirava molto. Ma s'intimidì all'idea di incontrarlo (nonché alla vista del «suo nuovo atelier [...] di un'inospitalità agghiacciante») e ritornò indietro, dormendo sulla paglia, in casolari abbandonati.
==== «Sono afflitto, ma sempre lieto» ====
Il 16 aprile 1876 van Gogh partì per [[Ramsgate]], un sobborgo industriale alla periferia di Londra dove trovò lavoro come supplente presso la scuola del reverendo metodista William Port Stokes. Nonostante l'esiguità della retribuzione, limitata a vitto e alloggio, Vincent in questo modo poté vivere a pieno il proprio misticismo religioso, coltivato sul modello del padre. Successivamente proseguì l'insegnamento a [[Isleworth]], dove la scuola si era trasferita: qui collaborò anche con un pastore metodista che teneva un'altra piccola scuola e in ottobre pronunciò il suo primo sermone,<ref>{{cita|Van Gogh 2003|p. 58}}.</ref> ispirato da un quadro di [[George Henry Boughton|Boughton]], il ''Pellegrino sulla via di Canterbury al tempo di Chaucer'':
{{citazione|Una volta ho visto un bel quadro; era un paesaggio serale. In lontananza, sulla destra, una fila di colline, azzurre nel cielo della sera. In queste colline lo splendore del tramonto, le nubi grigie costellate d'argento e d'oro e porpora. Il paesaggio è una pianura o una brughiera, coperta d'erba e di steli gialli, era infatti autunno. Il paesaggio è tagliato da una strada che porta a un alto monte, lontano, molto lontano; sulla sua cima una città che il sole al tramonto fa risplendere. Sulla strada cammina un pellegrino col suo bastone. E questi incontra una donna - o una figura in nero - che richiama un'espressione di San Paolo: afflitto ma sempre lieto. Quest'angelo di Dio è stato posto qui per consolare il pellegrino e per rispondere alle sue parole. E il pellegrino le chiede: "Questa strada è sempre in salita?". E la risposta è: "Certo, fino alla fine, sii attento". E di nuovo egli chiede: "E il mio viaggio dovrà durare tutta la giornata?". E la risposta è: "Dal mattino, amico mio, fino a notte". E il pellegrino allora prosegue, afflitto ma sempre lieto}}
In questo testo erudito e ispirato è cristallizzata l'essenza più genuina della religiosità di van Gogh, votata a un ritorno ai valori francescani e paolini: egli, insomma, seguì un orientamento ''liturgico'' «che oscilla confusamente fra malinconia e contrizione, male d'amore e umiltà, dolore universale e tristezza personale» e che predicava una completa rinuncia alla brama di beni terreni, nel segno di un rapporto più umile e sincero con la propria interiorità, in modo tale da essere pienamente partecipi della natura divina e della beatitudine eterna, nonostante le transeunti tribolazioni terrene. Van Gogh, poi, riassume ''in nuce'' questi ideali trinitari dichiarandosi «afflitto ma sempre lieto»: si tratta di una frase desunta dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi, una espressione che compare spesso nelle lettere che Vincent ebbe a scrivere in quel periodo e che, nel paradosso del dolore ben accetto, esemplifica splendidamente gli ideali vangoghiani dei quali si è appena discorso. Nonostante si fosse ormai completamente rifugiato nella religione, van Gogh continuò a interessarsi di arte, e frequenti furono le sue visite alle gallerie di Hampton Court, dove poteva ammirare le opere di Holbein, di Rembrandt, del Rinascimento italiano e della scuola olandese del Seicento.
 
==== Nel Borinage ====
A luglio riprese la corrispondenza con Theo, che gli mandò del denaro e lo incoraggiò a indirizzare le sue generose pulsioni sociali e religiose verso l'espressione artistica. Vincent accolse un suggerimento che non poteva lasciarlo indifferente e nell'ottobre si stabilì a Bruxelles dove, capendo di dover frequentare una scuola di tecnica pittorica, si iscrisse all'[[Accademia di Belle Arti]].
Tornato in famiglia per [[Natale]], van Gogh fu dissuaso dai genitori, spaventati dalle sue precarie condizioni psicofisiche, dal ripartire per l'[[Inghilterra]]. Lo zio Cent gli trovò così un altro lavoro come commesso presso la libreria Blussé & Van Braam di [[Dordrecht]]. Anche in questo caso, tuttavia, van Gogh trascurò l'impiego, preferendo «lavorare» nel retrobottega dove poteva tradurre la Bibbia in inglese, francese e tedesco, forte delle proprie competenze linguistiche. Importante, a Dordrecht, fu l'amicizia con il coinquilino Paulus van Görlitz (entrambi, infatti, vivevano presso la casa del commerciante di cereali Rijkens),<ref name=aaaaI>{{cita|Walther, Metzger|p. 699}}.</ref> il quale in uno scritto tratteggia molto vividamente la personalissima religiosità che animava l'amico, assetato di purificazione e di sentimenti puri:
{{citazione|Sotto molti aspetti era assai riservato, assai timido. Un giorno - ci conoscevamo da un mese - mi pregò, sempre col suo sorriso irresistibile: "Görlitz, tu puoi farmi un grossissimo favore, se vuoi". Risposi: "Dimmi, allora". "Insomma, questa meridiana di camera è in realtà la tua camera e vorrei avere il tuo permesso di appendere un paio di quadri". Acconsentii naturalmente subito e con zelo febbrile si mise al lavoro. Dopo un'ora, la stanza era piena di immagini bibliche e di ''Ecce Homo'' e, sotto la testa di Cristo, Van Gogh aveva scritto: "Sempre afflitto, ma sempre lieto"|P. C. Görlitz<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 42}}.</ref>}}
 
Con l'aiuto di Görlitz Vincent van Gogh riuscì a convincere il padre a lasciargli tentare gli esami di ammissione alla facoltà di [[teologia]] di Amsterdam, dove andò a vivere con Johannes van Gogh, un fratello del padre che aveva fatto strada diventando comandante del cantiere navale della Marina. Grazie all'intercessione di Jan, inoltre, Vincent frequentò anche uno zio materno, dal quale si fece impartire lezioni di [[lingua latina|latino]] e di [[lingua greca antica|greco]]. Continuò a coltivare le sue inclinazioni artistiche, esercitandosi instancabilmente e visitando assiduamente il [[Trippenhuis]] e il [[Rijksmuseum (Amsterdam)|Rijksmuseum]]. La sua fame insaziabile di letture lo spinse ad attingere con voracità dalle biblioteche più disparate, e per un certo periodo frequentò persino una scuola domenicale, alla quale tuttavia rinunciò ben presto ritenendola inconcludente per le proprie istanze religiose.<ref name=aaaaI/>
=== La svolta artistica (1881) ===
[[File:Van Gogh Boccale e pere.jpg|thumb|upright=1.4|''Boccale e pere'', olio su tela, 44,5x57,5 cm, 1881, [[Von Der Heydt Museum]], [[Wuppertal]]]]
Fece amicizia con il pittore olandese [[Anthon van Rappard]] e studiò prospettiva e anatomia, impegnandosi in disegni che ritraevano soprattutto umili lavoratori della terra e delle miniere: non a caso, i suoi pittori di riferimento erano [[Jean-François Millet|Millet]] e [[Honoré Daumier|Daumier]]. Nell'aprile [[1881]] lasciò l'Accademia e tornò a casa, a Etten, dove s'innamorò della cugina Kate Vos-Stricker, detta Kee, figlia di un pastore protestante, da poco vedova e con un figlio, senza esserne corrisposto. Lui però non si rassegnò e la seguì ad [[Amsterdam]], dove lei si era trasferita dai genitori. Al suo rifiuto di riceverlo, di fronte ai genitori della donna, van Gogh si ustionò volontariamente una mano sulla fiamma di una lampada.<ref>{{cita|Crispino|p. 51
|crispino}}.</ref>
 
Respinto agli esami di ammissione, dall'agosto del 1878 van Gogh frequentò un corso trimestrale di evangelizzazione in una scuola dall'impronta più pratica ubicata a [[Laeken]], presso Bruxelles, dalla quale tuttavia fu ritenuto inidoneo a svolgere l'attività di predicatore laico. Nonostante questi reiterati fallimenti la sua vocazione religiosa non si prosciugò e, con determinata perseveranza, Vincent riuscì ad ottenere un incarico semestrale presso la Scuola Evangelista di Bruxelles e andò a vivere a Wasmes, nel [[Borinage]], una regione carbonifera belga dove i lavoratori vivevano in condizioni di estremo disagio. In questo miserabile centro minerario, povero tra i poveri, van Gogh si prese cura dei malati e predicò la Bibbia ai minatori. La sua abnegazione, improntata a quell'umanitarismo cristiano cui aveva aderito anche il padre, era zelante e assetata di assoluto:
In contrasto con i genitori per questa sua infatuazione nei confronti della cugina, si trasferì a L'Aia dove fu incoraggiato dal cognato della madre, il pittore [[Anton Mauve]] che lo arricchì di suggerimenti per i suoi disegni. Non è un caso se per la prima volta, verso la fine del 1881, eseguì nature morte dipinte a olio e figure all'[[acquarello]]. Le nature morte con il ''Cavolo e gli zoccoli'' del [[Van Gogh Museum]] di Amsterdam e il ''Boccale e pere'' di [[Wuppertal]] sono tra i suoi primi lavori. L'aiuto economico di Mauve e del fratello gli permisero di potersi mantenere per un po' a L'Aia; malgrado ciò, dopo pochi mesi, litigò con il pittore, che spingeva Vincent a esercitarsi copiando calchi in gesso, mentre lui ostinato continuava nel volersi ispirare direttamente alla realtà.
Van Gogh avrà sempre molta difficoltà a relazionarsi con altri pittori, anche quelli che lui stima fortemente. In questo periodo, l'unico che mostrava considerazione per le sue possibilità era il connazionale [[Johan Hendrik Weissenbruch]] (1824-1903), artista già noto e apprezzato.
 
[[File:Cuesmes JPG001.jpg|min|L'abitazione di van Gogh a [[Mons|Cuesmes]]]]
=== A Nuenen (1883-1885) ===
[[File:Vincent Van Gogh - Sorrow.JPG|thumb|left|''Dolore'' (Sien Hoornik) litografia, 44,5x22 cm, 1882, collezione privata, Londra]]
Nel gennaio del 1882 Vincent conobbe una [[prostituta]] trentenne, [[alcolismo|alcolizzata]] e butterata dal [[vaiolo]], tale Clasina Maria Hoornik detta Sien, madre di una bambina e in attesa di un altro figlio, che gli fece da modella. Dopo il [[parto]] vissero insieme ed egli pensò anche di sposarla, sperando di sottrarla alla sua triste condizione.<ref>{{cita|Crispino|p. 56-60|crispino}}.</ref>
Scrisse al pittore van Rappard: «Quando la terra non viene messa alla prova, non se ne può ottenere nulla. Lei, è stata messa alla prova; di conseguenza trovo più in lei che in tutto un insieme di donne che non siano state messe alla prova dalla vita.»
 
{{citazione|Prima di dedicarsi all'attività missionaria e alla predicazione, Paolo rimase anni in Arabia. Se anch'io potrò lavorare per tre anni in questa regione, nel silenzio, sempre imparando e osservando, allora non tornerò senza aver niente da dire di quanto in realtà valga la pena di essere ascoltato|Vincent van Gogh<ref>{{cita|Walther, Metzger|pp. 38-39}}.</ref>}}
Tuttavia, con la frequentazione di Sien, contrasse la [[gonorrea]] e fu ricoverato in ospedale dove - secondo le lettere a Theo - eseguì un ritratto, andato perduto, del dottor Cavenaille, il medico che lo ebbe in cura. Decise di lasciare Sien dopo un anno anche per la pressione della famiglia che, appresa la volontà di Vincent di voler sposare una prostituta, tentò addirittura di farlo internare.
Nel settembre del 1883 andò a vivere nel nord dei [[Paesi Bassi]], nella [[Drenthe]], ricca di torbiere, spostandosi spesso e ritraendo gli operai e i contadini della regione. Si recò anche a [[Nieuw-Amsterdam]] e a [[Zweeloo]], sperando invano di conoscere il pittore [[Max Liebermann]] che aveva abitato nei dintorni. In compenso, la gita a Zweloo venne da lui immortalata in vari disegni e in una vivissima lettera a Théo.
 
Nel Borinage van Gogh dormiva sulla paglia, in una baracca cadente (sull'esempio di san Francesco e come i minatori stessi), soccorreva i malati e aiutava i bisognosi, con i quali condivideva l'acqua, il cibo, persino gli indumenti. Se questa totale devozione verso il prossimo valse a Vincent la stima incondizionata dei minatori, i suoi superiori furono indispettiti da un impegno sociale così radicale (che non solo indispettiva i benpensanti ma dava adito anche a rivendicazioni sociali) e perciò, una volta scaduti i sei mesi di prova, non gli rinnovarono il contratto di catechista: la glaciale motivazione del Consiglio Ecclesiastico fu che «aveva preso troppo alla lettera il modello evangelico». Senza né mezzi, né fiducia verso se stesso, van Gogh continuò a svolgere quella che considerava una missione: si trasferì nel vicino paese di [[Cuesmes]] dove visse con un minatore del luogo e, pur indigente, cercò ancora di aiutare chi stava in realtà peggio di lui, arrivando a cedere il suo letto ai malati, curando personalmente i feriti delle esplosioni e tagliando i propri vestiti per trasformarli in bende.<ref>{{cita|Crispino|p. 33}}.</ref>
Alla fine del 1883 tornò a vivere con i genitori che nel frattempo si erano trasferiti a [[Nuenen, Gerwen en Nederwetten|Nuenen]]. Il padre era intenzionato ad aiutare Vincent, ponendo fine alla sua vita errabonda, consentendogli di allestire un suo studio nella lavanderia del presbiterio. Vincent, però, preferì prepararne uno in casa del sagrestano Schafrath della parrocchia di Nuenen, che gli aveva disposto un paio di stanze. Van Gogh lavorò intensamente e prese anche lezioni di [[pianoforte]], convinto, sulla scorta delle teorie di [[Richard Wagner]] e dei simbolisti francesi, dell'esistenza di una relazione tra [[musica]] e [[colore]]<ref>{{cita libro|url=http://books.google.it/books?id=oq_GtjmoTNgC&pg=PA236&lpg=PA236&dq=van+gogh+and+music&source=bl&ots=ZmGS8SWZYx&sig=p3FvjOIxLV6vEwSkkXjCZZgsiPQ&hl=it&sa=X&ei=XjQZUMTZOuXl4QSinoHgDQ&redir_esc=y#v=onepage&q=van%20gogh%20and%20music&f=false|titolo=Color and Culture: Practice and Meaning from Antiquity to Abstraction|lingua=en|autore=John Gage|editore=University of California Press|anno=1999|isbn=978-0-520-22225-0}}</ref>.
 
=== La svolta artistica (1881) ===
Al fratello che gli scrisse della scuola impressionista, rispose di non conoscerla e di considerare degli artisti originali [[Eugène Delacroix|Delacroix]], Millet e [[Jean-Baptiste Camille Corot|Corot]], «intorno ai quali i pittori di contadini e di paesaggi devono girare come intorno a un asse»<ref>Lettera (402) a Théo van Gogh, aprile 1885.</ref>.
A nulla, tuttavia, era servito logorare il proprio fisico e il proprio spirito al servizio del prossimo. La svolta definitiva si verificò quando Vincent individuò nella pittura un metodo migliore per diffondere il messaggio evangelico e per mostrare solidarietà verso quei lavoratori così sfruttati, prostrati e bisognosi. Van Gogh, insomma, intendeva sublimare i propri tormenti nella professione artistica, riconoscendo in un simile atto creativo un modo ideale per riscattare la straziata insoddisfazione che lacerava il suo animo e per trovare la propria strada nel mondo: «Fino ad ora sono stato un fannullone per forza ... non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d'istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d'essere!».
 
[[File:Vincent Van Gogh -Boccale Thee Potato Eaterspere.pngjpg|thumb|upright=1.3min|Vincent van Gogh, ''INatura mangiatorimorta dicon patateboccale da birra e frutta'' (Etten, dicembre 1881); olio su tela, 82x11444,5x57,5 cm, 1885,[[Von VanDer GoghHeydt Museum]], Amsterdam[[Wuppertal]]. F 1a, JH 82.]]
 
Fondamentali, in tal senso, sono state le sollecitazioni di Théo. Egli, infatti, non condivideva il desiderio del fratello di dedicarsi alla predicazione ai poveri e, per questo motivo, interruppe furente il loro legame epistolare: Vincent, tuttavia, dopo l'esaurirsi delle sue aspirazioni mistiche sentì il desiderio di ricontattarlo e di comunicargli le proprie incertezze sul suo futuro. Al fratello, che nel frattempo si era impiegato presso la filiale parigina di Goupil, egli rivolse le seguenti parole: «Quando mi trovavo in un altro ambiente, un ambiente di quadri e di oggetti d'arte, mi prese, come ben sai, una violenta passione, un entusiasmo per quell'ambiente. E non me ne pento e, ancora adesso, lontano dal paese, ho spesso nostalgia dei quadri ... Bene, ora non sono in quell'ambiente. Pure ... invece di soccombere al male del paese, mi sono detto: il paese e la patria sono ovunque. E quindi, invece di abbandonarmi alla disperazione, ho optato per la malinconia attiva, per quel tanto che mi consentiva l'energia, in altre parole ho preferito la malinconia che spera, che aspira e che cerca, a quell'altra che, cupa e stagnante, dispera» (lettera 133).<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 57}}.</ref> Van Gogh, d'altronde, si era sempre sentito a suo agio nel «paese dei quadri», anche negli anni più bui e disperati. Si pensi come nel giugno 1880, quando la sua crisi spirituale era in uno stadio di massima virulenza, Vincent si sia recato, senza denaro né viveri, a [[Courrières]], nel dipartimento del Passo di Calais, per poter conoscere il pittore Jules Breton, che ammirava molto: egli, tuttavia, si intimidì all'idea di incontrarlo nello stato in cui era, nonché alla vista del «suo nuovo atelier [...] di un'inospitalità agghiacciante»: e ritornò indietro, dormendo sulla paglia, in casolari abbandonati.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 700}}.</ref>
Sorsero nuovi problemi: Margot Begemann, una vicina di casa che accudì sua madre dopo una caduta e con la quale aveva avuto una relazione, tentò il suicidio. Il 26 marzo 1885, invece, il padre morì improvvisamente d'infarto dopo un violento alterco con lui; come se non bastasse fu pure accusato dal parroco cattolico di essere responsabile della gravidanza di una ragazza, Gordina De Groot, che gli aveva fatto da modella. Nell'aprile del 1885 dipinse le due versioni de ''[[I mangiatori (Vincent Van Gogh)|I mangiatori di patate]]'', dei quali scrisse a Théo,<ref>Lettera (404) a Théo van Gogh, aprile 1885.</ref>
 
[[File:Kee Vos met zoon Jan-cropped.jpg|min|verticale|sinistra|Kee Vos-Stricker con il figlio Jan (foto scattata nel 1879–80 circa)]]
{{Citazione|ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Ho voluto che facesse pensare a un modo di vivere completamente diverso dal nostro, di noi esseri civili. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole|}}
 
Van Gogh aveva coltivato sin da piccolo la sua vocazione pittorica, ma non l'aveva approfondita in modo sistematico e continuativo con corsi o letture di manuali. Per iniziare, Vincent, armato di una tenace volontà espressiva, lesse il ''Cours de dessin'' e l'''Exercices au fusain'' di [[Charles Bargue]], copiando tutte le tavole e gli eserciziari ivi proposti.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 66}}.</ref> Grazie a Théo, che gli inviava le nuove pubblicazioni di Goupil, van Gogh formò i primi suoi orientamenti di gusto, dimostrando una singolare predilezione per i dipinti di [[Jean-François Millet]], pittore realista dei contadini e della povera gente. Ormai completamente votatosi alle Belle Arti, nell'ottobre 1880 Vincent si recò a [[Bruxelles]]: «sento che è assolutamente necessario avere sotto gli occhi delle buone cose, e come pure veder lavorar gli artisti [...] una volta padrone della matita o dell'acquerello o dell'[[acquaforte]], potrò ritornare al paese dei minatori di carbone o dei tessitori per lavorare meglio, ispirandomi alla natura più di quanto possa fare qui. Ma prima devo impadronirmi un poco della tecnica». Il soggiorno brussellese fu assai fecondo: Vincent, infatti, familiarizzò sempre più con il disegno prospettico e anatomico e, soprattutto, rilevò come le sue aspirazioni pittoriche fossero finalmente condivise dai genitori, contentissimi che il figlio avesse superato la sua crisi di misticismo e che stesse finalmente studiando per un mestiere redditizio e ragguardevole, seppur tardivamente. Vincent restò a Bruxelles sino all'aprile 1881, quando si trasferì dai genitori a Etten, città presso la quale Théodorus era stato chiamato per il suo pastorato. La vita familiare a Etten procedette senza scossoni: anzi, Vincent aveva anche l'opportunità di stare fisicamente con Théo e di discutere con lui delle proprie paure e incertezze professionali. A frantumare l'equilibrio sopraggiunse, proprio malgrado, una cugina di Vincent, Cornelia Adriana Vos-Stricker, detta Kee: era costei una donna rimasta vedova da poco tempo, ma che catturò subitaneamente il cuore di van Gogh, che se ne disse profondamente innamorato. Kee, tuttavia, non aveva ancora superato il lutto per il marito e pertanto respinse Vincent, complici anche le dure polemiche provenienti dai genitori di entrambi, i quali ritenevano inopportuni, se non penosi, dei corteggiamenti così insistenti. Vincent, per di più, maturava intanto una vera e propria idiosincrasia nei confronti degli ambienti accademici: fu questa la goccia che fece traboccare il vaso, siccome Théodorus e Anna si erano sempre mossi nel solco del conformismo più rigoroso e mai avrebbero potuto accettare che il primogenito non facesse altrettanto.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 61}}.</ref> Van Gogh, lungi dall'obbedire ciecamente alle imposizioni familiari, si sfogò con [[Anthon van Rappard]], un pittore che aveva conosciuto a Bruxelles:
In queste frasi è espressa la radice etica della sua vocazione di pittore.
{{citazione|Senza saperlo l'accademia è un'amante che impedisce che un amore serio, più ardente e più fecondo, si risvegli in te. Lascia perdere quest'amante e innamorati disperatamente del tuo vero amore: la Natura o la ''Réalité''. Anch'io mi sono innamorato, e disperatamente, di una certa Natura o ''Réalité'' e da allora sono felice, anche se mi resiste crudelmente e ancora mi rifiuta|Vincent van Gogh<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 62}}.</ref>}}
 
[[File:Vincent van Gogh - Sorrow.jpg|min|verticale|Vincent van Gogh, ''[[Dolore (Van Gogh)|Dolore]]'' (6-9 novembre 1882); gesso nero, 44,5×27&nbsp;cm, The New Art Gallery, Walsall. F 929a, JH 130]]
Aggiunse inoltre:<ref>Lettera (409) a Théo van Gogh, maggio 1885.</ref>
 
«Ma il giorno in cui ti innamorerai, ti accorgerai con stupore dell'esistenza di una forza che ti spinge ad agire e sarà la forza del cuore»: la lettera 157 inviata a Théo è altrettanto eloquente. Nell'estate 1881 van Gogh, per sottrarsi all'ostracismo dei genitori, si recò all'Aja, dove discusse con i pittori Teersteg e Mauve delle proprie aspirazioni artistiche. Nonostante la lontananza, il sentimento per Kee non scemava e, in autunno, Vincent le avanzò una proposta concreta di matrimonio: al suo rifiuto di riceverlo, di fronte ai genitori della donna, egli si ustionò volontariamente una mano sulla fiamma di una lampada, intendendo mostrare e dimostrare loro la serietà delle sue intenzioni, ma ne fu violentemente scacciato. Seppur lacerato da pensieri suicidi a causa dell'innamoramento non corrisposto, Van Gogh in questo periodo lavorò alacremente, producendo sotto l'influenza del Mauve una ''Natura morta con cavolo e zoccoli'' e una ''Natura morta con boccale di birra e frutta''. L'aiuto economico di Mauve e del fratello (che gli inviava mensilmente del denaro) gli permisero di potersi mantenere per un po' a L'Aia; malgrado ciò, dopo pochi mesi, litigò con il pittore, che spingeva Vincent a esercitarsi copiando calchi in gesso, mentre lui ostinato continuava nel volersi ispirare direttamente alla realtà. Sebbene Van Gogh avrà sempre molta difficoltà a relazionarsi con altri pittori, anche quelli che lui stimasse fortemente, il punto focale della disistima restava il senso dell'assurdità di voler copiare da una materia fredda e artefatta piuttosto che dalla Natura. In questo periodo l'unico che mostrava considerazione per le sue possibilità era il connazionale [[Johan Hendrik Weissenbruch]] (1824-1903), artista già noto e apprezzato.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 702}}.</ref>
{{Citazione|So benissimo che la tela ha dei difetti ma, rendendomi conto che le teste che dipingo adesso sono sempre più vigorose, oso affermare che ''I mangiatori di patate'', insieme con le tele che dipingerò in avvenire, resteranno|}}
 
=== A Nuenen (1883-1885) ===
L'opera - di cui Vincent eseguì anche una [[litografia]] - non piacque all'amico van Rappard, che non glielo nascose. Ciò portò alla fine della loro amicizia. Infatti Vincent la difese apertamente, nonostante fosse consapevole dei suoi difetti:<ref>Lettera (R 55) ad Anthon van Rappard, agosto 1885.</ref>
==== Sien ====
Caduta l'idea di matrimonio con Kee, nel gennaio 1882 Vincent si infatuò di una prostituta trentenne, alcolizzata e butterata dal vaiolo, tale Christine Clasina Maria Hoornik, detta «Sien», madre di una bambina e in attesa di un altro figlio, non di Vincent. «Non si può vivere troppo a lungo e impunemente senza una donna. E io non credo che quello che alcuni chiamano Dio, altri Essere Supremo e altri ancora Natura possa essere irragionevole e spietato. In altre parole, sono arrivato a questa conclusione: devo cercare di trovarmi una donna. E, grazie a Dio, non ho dovuto cercare troppo a lungo»: in questa lettera (la n. 164), parlando della propria relazione con Sien, Vincent rivela la propria concezione sulla Natura, razionale eppure misericordiosa, e in grado per questo di fargli trovare una donna con cui sposarsi.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 75}}.</ref> Dopo il parto Sien e Vincent vissero insieme ed egli, preso da un instancabile zelo missionario, pensò anche di sposarla, sperando di sottrarla alla sua triste condizione. Scrisse al pittore van Rappard: «Quando la terra non viene messa alla prova, non se ne può ottenere nulla. Lei, è stata messa alla prova; di conseguenza trovo più in lei che in tutto un insieme di donne che non siano state messe alla prova dalla vita».
 
Van Gogh, con la frequentazione di Sien, contrasse tuttavia la [[gonorrea]] e fu ricoverato in ospedale dove - secondo le lettere a Theo - eseguì un ritratto, andato perduto, del dottor Cavenaille, il medico che lo ebbe in cura. Se Sien riuscì con l'aiuto di Vincent a emanciparsi in un primo tempo dalla prostituzione, è pur vero che le conseguenze di questo recupero furono gravissime: i guadagni derivanti da tale attività, infatti, scomparvero ed il pittore, per non fare la fame, fu costretto ad abbandonare momentaneamente i pennelli, oppresso com'era da problemi finanziari pesantissimi.
{{Citazione|Anche se seguito a produrre opere nelle quali si potranno ritrovare difetti, volendole considerare con occhio critico, esse avranno una vita propria e una ragione d'essere che supereranno i loro difetti, soprattutto per coloro che sapranno apprezzarne il carattere e lo spirito. Non mi lascerò incantare facilmente, come si crede, nonostante tutti i miei errori. So perfettamente quale scopo perseguo; e sono fermamente convinto di essere, nonostante tutto, sulla buona strada, quando voglio dipingere ciò che sento e sento ciò che dipingo, per preoccuparmi di quello che gli altri dicono di me. Tuttavia, a volte questo mi avvelena la vita, e credo che molto probabilmente più d'uno rimpiangerà un giorno quello che ha detto di me e di avermi ricoperto di ostilità e di indifferenza. Io paro i colpi isolandomi, al punto che non vedo letteralmente più nessuno|}}
{{citazione|Non posso vivere facendo maggiori economie di quante già non ne faccia, ho economizzato tutto il possibile; ma il lavoro si sta sviluppando particolarmente in queste ultime settimane e riesco a malapena a controllarlo ormai - voglio dire, le spese che comporta [...] La mia costituzione fisica sarebbe abbastanza buona se non avessi dovuto digiunare tanto a lungo, ma si è sempre trattato di scegliere, o digiunare o lavorare meno e ho sempre scelto la prima soluzione, ma ora sono troppo debole. Come faccio a reagire? Ciò ha un tale influsso, chiaro ed evidente, sul mio lavoro che non vedo il modo di andare avanti|Lettera 259<ref>{{cita|Walther, Metzger|pp. 81-83}}.</ref>}}
 
[[File:Vincent van Gogh - Head of a woman - Google Art Project (5734942).jpg|min|verticale|sinistra|Vincent van Gogh, ''Testa di contadina con cuffia bianca'' (Nuenen, dicembre 1884); olio su tela su tavola, 42x34 cm, [[Van Gogh Museum]], [[Amsterdam]]. F 156, JH 569.]]
=== Anversa e Parigi (1886-1887) ===
[[File:Vincent van Gogh - Self-portrait with pipe - Google Art Project.jpg|thumb|''Autoritratto'', 46x38 cm, 1886, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
 
La situazione si fece ben presto insostenibile per entrambi: Vincent, da un lato, non voleva più soffocare le proprie aspirazioni artistiche e quindi tornò a dipingere, convinto com'era ormai peraltro dell'inutilità dei suoi tentativi di redenzione dell'amata, dacché Sien, di contro ai suoi sacrifici e d'altronde stanca di vivere di stenti, ritornava a prostituirsi, con grande rammarico del pittore. Alla fine van Gogh comprese come il suo destino e quello di Sien fossero inconciliabili e, assecondato e sostenuto da Théo, lasciò la donna. Il naufragio dei suoi progetti familiari spronò Vincent a dedicarsi con maggiore assiduità all'arte: nel settembre del 1883, ancora alla ricerca di personaggi autentici calati in ambienti lavorativi reali e duri, andò a vivere nel nord dei Paesi Bassi, nella Drenthe, regione ricca di torbiere, spostandosi spesso e ritraendo gli operai e i contadini della regione intenti al lavoro. Si recò anche a [[Nieuw-Amsterdam (Paesi Bassi)|Nieuw-Amsterdam]] e a [[Zweeloo]], sperando invano di conoscere il pittore Max Liebermann che aveva abitato nei dintorni. In compenso, la gita a Zweeloo venne da lui immortalata in vari disegni e in una vivissima lettera a Théo. Isolarsi dal mondo, tuttavia, non era la soluzione ai suoi problemi: lo stesso Vincent ne era consapevole, e non sopportando più la solitudine nel dicembre del 1883 tornò a vivere con i genitori, che nel frattempo si erano trasferiti a Nuenen, nel Brabante. «Vincent si è ormai lasciato alle spalle gli anni della formazione. Ha trent'anni ...» commenta il Metzger «... purificato dal fervore religioso e dal bisogno di sacrificarsi per il prossimo, dal sogno di una vita familiare e dalla delusione di un abbandono annientante, ha recuperato in sé una sorta di superiorità che gli consente di sviluppare la propria arte indipendentemente dalle condizioni in cui vive. A Nuenen crea presto i primi capolavori, i primi "Van Gogh"».<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 103}}.</ref>
Un breve viaggio ad Amsterdam e l'importante visita al [[Rijksmuseum]] (appena aperto) gli permisero di riscoprire [[Frans Hals]] e [[Rembrandt]], che riconobbe come gli ideali anticipatori della sua ricerca formale. In seguito, comprendendo di non poter rimanere in un paesino come Nuenen (il curato cattolico, a causa dell'episodio di Gordina de Groot, aveva proibito ai parrocchiani di posare per Vincent, che da allora era stato costretto a dipingere solo nature morte), nel novembre del 1885 si trasferì a pensione ad [[Anversa]], frequentando assiduamente le chiese e i musei della città dove scoprì le [[ukiyo-e|stampe giapponesi]] e ammirò il colorismo di [[Rubens]]:<ref>{{cita|Crispino|p. 78-79|crispino}}.</ref><ref>Lettera (444) a Théo van Gogh, gennaio 1886.</ref>
 
==== Il trasferimento ====
{{Citazione|Rubens è superficiale, vuoto, ampolloso, e in conclusione, ampolloso come [[Giulio Romano]] o, peggio ancora, come i pittori della decadenza. Nonostante questo, mi entusiasma, proprio perché è il pittore che cerca di esprimere l'allegrezza, la serenità, il dolore, e rappresenta questi sentimenti in modo veritiero grazie alle sue combinazioni di colori|}}
«Mi rendo conto che Pa e Ma pensano a me per istinto ... hanno la stessa paura di accogliermi in casa che avrebbero se si trattasse di un grosso cagnaccio. Quello magari si metterebbe a correre per le stanze con le zampe bagnate, sarebbe rozzo, travolgerebbe tutto strada facendo. E abbaia forte. In poche parole, è uno sporco animale ... Ma la bestia ha una storia umana e, anche se è soltanto un cane, ha un'anima umana, e molto sensibile anche»: questo Vincent scrive a Théo nella lettera 346, rivelandogli la sua paura di andare a Nuenen dai genitori.<ref>{{cita|Walther, Metzger|pp. 106-107}}.</ref> Certo, le liti con il padre furono quotidiane, ma trasferirsi a Nuenen fu una scelta vincente: nel piccolo centro brabantino, infatti, Vincent realizzò quasi duecento quadri e numerosissimi acquerelli e disegni, grazie all'aiuto offertogli proprio dai genitori, che preoccupati dal suo temperamento estremamente malinconico decisero di favoreggiare le sue aspirazioni artistiche allestendogli un rudimentale ''atelier'' presso il presbiterio.<ref>mondadori p 10</ref> Protagonisti di queste sue opere sono i tessitori al lavoro, il villaggio di Nuenen e, ovviamente, i contadini, ai quali Vincent dedicò ''[[I mangiatori di patate]]'', il capolavoro del suo periodo olandese:
{{Citazione|[Con ''I mangiatori di patate''] ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Ho voluto che facesse pensare a un modo di vivere completamente diverso dal nostro, di noi esseri civili. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole|Vincent van Gogh, lettera n. 404 a Théo van Gogh, aprile 1885.}}
 
[[File:Vincent van Gogh - The potato eaters - Google Art Project (5776925).jpg|min|Vincent van Gogh, ''[[I mangiatori di patate]]'' (Nuenen, aprile 1885); olio su tela, 81,5x114,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. F 82, JH 764.]]
Un rigattiere di Nuenen acquistò da sua madre una serie di dipinti rimasti nello studio, vendendoli a 10 centesimi l'uno e bruciando quelli che non gli sembravano commerciabili.
[[File:Van Gogh - Portrait of Pere Tanguy 1887-8.JPG|thumb|left|''Père Tanguy'', olio su tela, 92x75 cm, 1887, Musée Rodin, Parigi]]
Nel gennaio 1886, dopo aver frequentato un corso di disegno, si iscrisse ai corsi di pittura e disegno dell'''École des Beaux-Arts'', ma senza successo. Il 31 marzo van Gogh si vide respinto il lavoro presentato per l'ammissione ai corsi d'insegnamento superiore, ma nel frattempo si era già trasferito a Parigi per migliorare la sua tecnica e ritrarre dei modelli, seguendo i corsi di pittura di [[Fernand Cormon]], un mediocre pittore accademico di successo. In quello studio conobbe [[Émile Bernard]], [[Louis Anquetin]] e [[Toulouse-Lautrec]].<ref>{{cita|Tralbaut, 1981|pp. 212-213|tralbaut1981}}.</ref><ref>{{cita|Pickvance (1986)|p. 62-63|pickvance1986}}.</ref>
 
A Nuenen, per di più, Vincent tenne lezioni di pittura ad alcuni pittori dilettanti di [[Eindhoven]] che occhieggiavano alle sue spalle, fra i quali vi era anche il conciapelli Anton C. Kerssemakers, con il quale strinse una bella amicizia. Si iniziò, in un certo senso, a riconoscere il valore della sua arte: il gioielliere Charles Hermans gli commissionò diversi quadri decorativi legati al ciclo delle stagioni, e il commerciante di colori Leurs dell'Aja arrivò persino ad esporre alcune sue opere nella vetrina del suo negozio.
La capitale francese era il centro della cultura mondiale: «non c'è che Parigi: per quanto difficile possa essere qui la vita, e anche se divenisse peggiore e più dura, l'aria francese libera il cervello e fa bene, un mondo di bene».<ref name="lettera459">Lettera (459 a) a Horace Mann Levens, Parigi, autunno 1886</ref> Il fratello vi si era trasferito da sette anni per dirigere, a [[Montmartre]], una piccola galleria d'arte per conto di Boussod e Valadon, i successori dell'impresa Goupil. Theo lo ospitò nella sua casa, dove Vincent allestì lo studio e dipinse vedute della capitale, presentandogli i maggiori pittori impressionisti. Inizialmente non era interessato alla loro pittura:<ref name="lettera459"/>
 
Se questo soggiorno fu assai fecondo sotto il profilo artistico, lo fu assai meno dal punto di vista privato. La madre era costretta a letto a causa di una gamba rotta durante una discesa maldestra dal treno. Molti abitanti di Nuenen lo guardavano con diffidenza e sospetto, soprattutto dopo le insinuazioni del parroco che fosse Vincent responsabile della gravidanza di una giovane contadina, Gordina De Groot: il suo fidanzamento con una donna del villaggio, Margot Begemann, si concluse tragicamente, con il tentato avvelenamento da parte di lei (nessuno, infatti, approvava quest'unione). Il colpo più grande, tuttavia, gli fu sferzato da un repentino accadimento familiare: il 26 marzo 1885, dopo un violento alterco con Vincent, il padre morì all'improvviso, stroncato da un insulto apoplettico a soli sessantatré anni. Nonostante gli amari dissapori presenti tra i due, l'inaspettata morte di Theodorus amareggiò molto Vincent, che tentò di sfogare i propri tumulti interiori anche per via artistica.
{{Citazione|Ad Anversa non sapevo nemmeno che cosa fossero gli impressionisti: adesso li ho veduti e pur non facendo ancora parte del loro clan ho molto ammirato alcuni dei loro quadri: un nudo di Degas, un paesaggio di Claude Monet [...] da quando ho veduto gli impressionisti, Le assicuro che né il Suo colore né il mio sono esattamente uguali alle loro teorie|}}
[[File:Vincent van Gogh - Head of a skeleton with a burning cigarette - Google Art Project.jpg|sinistra|min|verticale|Vincent van Gogh, ''[[Teschio con sigaretta accesa]]'' (Anversa, inverno 1885-86); olio su tela, 32×24,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. F 212, JH 999.]]
 
=== Anversa e Parigi (1886-1887) ===
Due anni dopo ribadirà nuovamente alla sorella la sua lontananza da quella pittura:<ref>Lettera (W 4) a Wilhelmina, Arles, luglio 1888.</ref>
==== Anversa ====
[[File:Vincent Willem van Gogh 020.jpg|thumb|''Il ristorante della ''Sirène'' ad Asnières'', olio su tela, 51,5x64 cm, 1887, Musée d'Orsay, Parigi]]
Un breve viaggio in Olanda, ad Amsterdam, e l'importante visita al [[Rijksmuseum]] gli permisero di riscoprire [[Frans Hals]] e [[Rembrandt]], che riconobbe come gli ideali anticipatori della sua ricerca formale. In seguito, comprendendo di non poter rimanere in un paesino come Nuenen (il curato cattolico, a causa dell'episodio di Gordina de Groot, aveva proibito ai parrocchiani di posare per Vincent, che da allora era stato costretto a dipingere solo nature morte), nel novembre del 1885 si trasferì a pensione ad [[Anversa]], frequentando le chiese ed i musei della città, dove ammirò il vivace colorismo di [[Rubens]]:<ref>{{cita|Crispino|pp. 78-79}}.</ref><ref>Lettera n. 444 a Théo van Gogh, gennaio 1886.</ref>
{{Citazione|quando si vedono per la prima volta si rimane delusi: le loro opere sono brutte, disordinate, mal dipinte e mal disegnate, sono povere di colore e addirittura spregevoli. Questa è la mia prima impressione quando sono venuto a Parigi|}}
{{Citazione|Rubens è superficiale, vuoto, ampolloso, e in conclusione, ampolloso come [[Giulio Romano]] o, peggio ancora, come i pittori della decadenza. Nonostante questo, mi entusiasma, proprio perché è il pittore che cerca di esprimere l'allegrezza, la serenità, il dolore, e rappresenta questi sentimenti in modo veritiero grazie alle sue combinazioni di colori|}}
Altrettanto importante fu la ricezione delle [[Xilografia giapponese|stampe giapponesi]], che scoprì vagabondando nel quartiere portuale della città: Vincent acquistò tali xilografie in generose quantità e le usò per adornare la propria camera da letto. Agli svaghi concessi dalla grande città van Gogh alternò una frequentazione frettolosa dei corsi della Scuola di Belle Arti, in modo da colmare le sue carenze: la rigidità dell'insegnamento accademico, tuttavia, non lasciava posto all'esuberanza del suo estro artistico, tanto che quando nel febbraio del 1886 egli prese parte a un concorso tra gli studenti dell'istituto i suoi lavori ricevettero una secca bocciatura e, anzi, il corpo docente gli consigliò persino di frequentare i corsi delegati agli aspiranti pittori di dodici anni (van Gogh in quell'anno ne aveva trentatré).<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 217}}.</ref> Van Gogh, all'epoca, era infatti considerato un mero imbrattatele: si pensi che il rigattiere di Nuenen in quello stesso anno acquistò da sua madre una serie di dipinti rimasti nello studio, vendendoli a dieci centesimi l'uno e bruciando quelli che non gli sembravano commerciabili.
 
==== La ''ville lumière'' ====
Per Vincent l'arte moderna era rappresentata dalla [[scuola di Barbizon]]: oltre all'ormai classico [[Eugène Delacroix|Delacroix]], egli ammirava [[Jean-Baptiste Camille Corot|Corot]], [[Honoré Daumier|Daumier]], [[Constant Troyon|Troyon]], [[Charles-François Daubigny|Daubigny]], [[Bastien Lepage]], Jean François Aschemlsch e soprattutto [[Jean-François Millet|Millet]], che rappresentava per lui il vertice della pittura. L'importanza che il suo iniziale dilettantismo e la sua inclinazione essenzialmente romantica attribuiva al soggetto del dipinto e alla correttezza tecnica dell'esecuzione gli faceva apprezzare perfino un [[Ernest Meissonier|Meissonier]], lodatissimo a quel tempo ma molto lontano dal suo spirito. D'altronde sapeva che l'abilità tecnica non doveva essere il fine dell'arte, ma solo il mezzo per esprimere il proprio sentire: «quando non posso farlo in modo soddisfacente, mi sforzo di correggermi. Ma se il mio linguaggio non piace, ciò mi lascia completamente indifferente».<ref>Lettera a van Rappard, aprile 1884.</ref>
[[File:Toulouse-Lautrec de Henri Vincent van Gogh Sun.jpg|min|Henri de Toulouse-Lautrec, ''Ritratto di Vincent van Gogh'' (1887); pastello, 54×45 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
 
Van Gogh, tuttavia, non fu affatto mortificato da queste grettezze pedagogiche, tanto che quando si vide respinto il lavoro presentato per l'ammissione ai corsi d'insegnamento superiore si era in realtà già trasferito a Parigi da un mese buono. Leggendo la corrispondenza con Théo si può facilmente intuire come van Gogh concepisse il soggiorno ad Anversa come una specie di intermezzo necessario per addolcire la transizione da una realtà chiusa e intima come Nuenen a una metropoli grande e moderna come Parigi, vera Mecca dell'arte e della vita dell'Ottocento.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 209}}.</ref> Questo trasferimento fu caldeggiato dallo stesso Théo, che viveva da tempo a Parigi, dove era stato chiamato per gestire, a [[Montmartre]], una piccola galleria d'arte per conto di Boussod e Valadon, i successori dell'impresa Goupil.
Un'osservazione più puntuale delle opere degli impressionisti gli fece comprendere l'originalità e i valori racchiusi in quella nuova concezione della visione. Non aderì mai a questa scuola, perché intendeva sempre esprimere solo ciò che aveva «dentro la mente e il cuore»<ref>Lettera (166) a Théo van Gogh, dicembre 1881.</ref>.
[[File:Vincent van Gogh - In the café - Agostina Segatori in Le Tambourin - Google Art Project 2.jpg|thumb|left|''[[Agostina Segatori]]'', olio su tela, 55,5x46,5 cm, 1887, Amsterdam]]
Anche se guardò con favore a [[Jean-Baptiste Guillaumin|Guillaumin]] e a [[Camille Pissarro|Pissarro]], alleggerendo la sua tavolozza, fino a quel momento scura e terrosa. Grazie all'influsso della pittura impressionista tralasciò i temi sociali per i paesaggi e le nature morte. Sperimentò anche l'accostamento dei colori complementari cimentandosi, nell'''Interno di ristorante'', con la tecnica [[Puntinismo|puntinista]] inventata da [[Seurat]]<ref>{{cita|Crispino|p. 72|crispino}}.</ref>.
 
Vincent e Théo si diedero appuntamento davanti al Louvre.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 706}}.</ref> La capitale francese era il centro della cultura mondiale: «E non dimenticare, mio caro, che Parigi è Parigi. Non c'è che Parigi: per quanto difficile possa essere qui la vita, e anche se divenisse peggiore e più dura, l'aria della Francia schiarisce la mente e fa star veramente bene» confidò un fervoroso van Gogh al collega Horace Lievens nella lettera 459a. Quella parigina fu una permanenza non certo priva di difficoltà, ma assai felice per Vincent, non più oppresso da quella sfiducia che aveva insanguinato la sua permanenza a Nuenen. Ora poteva parlare con Théo ''vis-à-vis'', senza il filtro epistolare, e con lui sviluppò un rapporto speciale, al di là dei consueti litigi tipici di due fratelli che si vogliono bene. Di seguito si riporta la lettera che Théo mandò alla sorella una volta che Vincent partì per [[Arles]]:
Con il suo amico Bernard andò spesso a dipingere ad [[Asnières-sur-Seine|Asnières]], il sobborgo che sorgeva sulle rive della [[Senna]], esponendo i suoi dipinti nella bottega di colori di [[Père Tanguy]]. In quel periodo s'incontrava con il gruppo del ''Petit Boulevard'' di Anquetin [[Bernard]], [[Paul Gauguin|Gauguin]] e [[Toulouse-Lautrec]] al [[Café du Tambourin]], gestito dall'ex-modella di [[Degas]], l'italiana [[Agostina Segatori]], con la quale, per qualche mese, ebbe una relazione<ref>{{cita|Crispino|p. 80|crispino}}.</ref>.
{{citazione|Quando arrivò qui, due anni fa, non avrei mai pensato che si sarebbe creato fra noi un legame così stretto. Ora che sono di nuovo solo, avverto con tanta maggior chiarezza il vuoto della mia casa. Non è semplice sostituire un uomo come Vincent. Ha conoscenze enormi e una concezione assai chiara del mondo. Sono convinto che, se gli resta ancora qualche anno, riuscirà a farsi un nome. Appartiene alla stirpe dei pionieri di idee che nella routine del quotidiano si smarriscono e perdono la loro brillantezza. E poi, ha un buon cuore e cerca costantemente di fare qualcosa per gli altri. Tanto peggio per tutti coloro che non vogliono conoscerlo o capirlo|Théo van Gogh<ref>{{cita|Walther, Metzger|pp. 227-228}}.</ref>}}
 
[[File:Van Gogh - Portrait of Pere Tanguy 1887-8.JPG|min|verticale|Vincent van Gogh, ''[[Ritratto di père Tanguy]]'' (Parigi, autunno 1887); olio su tela, 92×57&nbsp;cm, [[musée Rodin]], Parigi. F 363, JH 1351.]]
I rapporti con Théo non furono sempre idilliaci, perché l'amore fraterno spesso veniva sopraffatto dai loro disturbi psichiatrici. Il carattere generoso ma imprevedibile e collerico di Vincent non gli rendeva agevole mantenere rapporti durevoli di amicizia. Lui stesso si rendeva conto di non riuscire a manifestare le proprie opinioni senza scatti violenti: «non riesco a starmene tranquillo, le mie idee fanno talmente parte di me stesso che, talora, mi sembra che mi prendano alla gola»<ref>Lettera (R 58) ad Anthon von Rappard, settembre 1885.</ref><ref>{{cita|Crispino|p. 83|crispino}}.</ref>.
[[File:Vincent van Gogh - In the café - Agostina Segatori in Le Tambourin - Google Art Project.jpg|min|verticale|Vincent van Gogh - In the café - Agostina Segatori in Le Tambourin - Google Art Project|sinistra]]
Spronato dal miglioramento dei rapporti con Théo, che non era più pervaso da preoccupazioni paternalistiche nei confronti del fratello ma votato al recupero di un rapporto più autentico, Vincent iniziò a produrre quadri più gioiosi, con gamme cromatiche più leggere e luminose: era felice, in salute e lavorava con grande impegno. «Non potresti più riconoscere Vincent tanto è cambiato, e questo colpisce gli altri ancor più di me [...] Il dottore dice che adesso si è rimesso completamente. Fa progressi formidabili nel suo lavoro, prova ne è che comincia ad avere successo. Non ha ancora venduto nessun quadro, ma cambia i suoi quadri con quelli di altri. Così ne abbiamo messo insieme una bella raccolta, che naturalmente ha anche un certo valore».<ref>{{cita|de Leeuw|p. 24}}.</ref> Volendo perfezionare la sua tecnica alla guida di un artista qualificato, nel corso del 1886 Vincent si accostò all'''atelier'' di [[Fernand-Anne Piestre]], detto Cormon, pittore storico che si discostava parzialmente dagli accademismi e che perciò era molto in voga soprattutto tra i più giovani. Nello studio di Cormon, infatti, van Gogh conobbe [[Louis Anquetin]], [[Émile Bernard]] ed [[Henri de Toulouse-Lautrec]],<ref>{{cita|Tralbaut|pp. 212-213}}.</ref><ref>{{cita|Pickvance 1986|pp. 62-63}}.</ref> pittori più giovani di lui ma animati dalla medesima insofferenza verso i tradizionalismi: importanti anche le amicizie con [[Monet]], Renoir, [[Degas]], [[Pissarro]], Sisley e i ''pointillistes'' Seurat e Signac, conosciuti per tramite del fratello, e con Julien ''père'' Tanguy, mercante di colori che gli commissionò due ritratti. All'inverno 1886 risale invece l'incontro con [[Paul Gauguin]], pittore che era appena giunto nella ''ville lumière'' dalla città bretone di [[Pont-Aven]].
[[File:Van Gogh - Das gelbe Haus (Vincents Haus)2.jpeg|min|sinistra|Vincent van Gogh, ''[[La casa gialla]]'' ([[Arles]], settembre 1888); olio su tela, 72×91,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. F 464, JH 1889.]]
Particolarmente intensa fu l'amicizia con [[Paul Signac]], artista [[Puntinismo|puntinista]] con il quale nella primavera del 1887 andò a lavorare ad [[Asnières-sur-Seine|Asnières]], sulle rive della Senna, rigorosamente ''[[en plein air]]''. Nello stesso periodo frequentò il [[Café du Tambourin]] sul boulevard de Clichy, intrecciando una relazione sentimentale con la proprietaria, [[Agostina Segatori]], da lui immortalata in un celebre ritratto. Sempre nello stesso anno il pittore organizzò una mostra presso il restaurant du Châtelet, con l'intento di riunire tutti i suoi amici-artisti: all'esposizione - detta dei «petits boulevards» perché contrapposta ai «grands boulevards», feudo indiscusso delle gallerie Boussod & Valadon, Durand-Ruel e Petit - parteciparono Bernard, Gauguin e Louis Anquetin.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 275}}.</ref> La metropoli parigina, in ogni caso, fornì stimoli indispensabili non solo al van Gogh-artista, che poté finalmente fruire di un crogiolo di esperienze artistiche ininterrotte (nel 1887 riuscì persino a vendere un quadro), ma anche al van Gogh-uomo, che iniziò a rivelare una sicurezza di sé poi sfociata anche d'altro canto nella consapevolezza della vanità e nell'alcolismo, distanziandosi così dal misticismo religioso degli esordi.
 
=== In Provenza ===
Il desiderio di conoscere il [[Midi (Francia)|Mezzogiorno francese]], «dove c'è più colore, più sole»<ref>Lettera (W 1) a Wilhelmina van Gogh, Parigi, autunno 1887.</ref>, con la sua luce e i suoi colori mediterranei così lontani dal cromatismo nordico, fu una buona occasione per porre fine a una convivenza divenuta difficile.
==== Arles (1888–89) ====
Il desiderio di conoscere il Mezzogiorno francese, con la sua luce e le sue tinte mediterranee così lontane dal cromatismo nordico, fu una buona occasione per assimilare gli stimoli artistici raccolti a Parigi e per porre fine alla convivenza con Théo, resa più difficile dal carattere irritabile di entrambi. «Ho intenzione una volta o l'altra, appena posso, di andarmene nel Sud, dove c'è ancora più colore e ancora più sole [...] Quest'estate, quando dipingevo il paesaggio ad Asnières, vi ho visto più colore che in passato».<ref>{{Cita web|url=https://vangoghletters.org/vg/letters/let574/letter.html|titolo=574 (576, W1): To Willemien van Gogh. Paris, late October 1887. - Vincent van Gogh Letters|sito=vangoghletters.org|accesso=2024-12-26}}</ref>
 
Il Meridione francese, luogo elettivo di Zola, Cézanne (che vi avevano trascorso l'infanzia) e di Monticelli (che vi era morto), rispose splendidamente alle esigenze di van Gogh, che vi si stabilì nel febbraio del 1888. Giunto ad Arles, prese immediatamente in affitto una camera nella pensione-ristorante Carrel: in principio non poté dipingere molti dipinti, siccome la cittadina - ironia della sorte - era in quel periodo falcidiata da un inverno più freddo e nevoso del solito: Vincent, tuttavia, era ottimista. Quando sopraggiunse la primavera, in effetti, egli produsse una tela dopo l'altra, come se temesse che la sua ispirazione, esaltata dalle novità del mondo provenzale, potesse abbandonarlo. Si sentiva trascinato dall'emozione, che van Gogh identificava con la sincerità dei suoi sentimenti verso la natura. Le emozioni che provava di fronte alla natura provenzale erano così forti da costringerlo a lavorare senza sosta, nello stesso modo in cui non si possono fermare i pensieri quando si sviluppano in una coerente sequenza nella propria mente. In questo periodo, inoltre, egli sviluppò uno stile personalissimo.
=== Arles (1888) ===
[[File:Van Gogh - Das gelbe Haus (Vincents Haus)2.jpeg|thumb|upright=1.3|''La casa gialla'', olio su tela, 76x94 cm, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
Trasferitosi ad [[Arles]] il 20 febbraio 1888, abitò prima in albergo e poi, in maggio, affittò un appartamento di quattro stanze di una casa dalle mura gialle che si affacciava su piazza Lamartine,<ref>La casa non esiste più: gravemente danneggiata da un bombardamento nel 1944, fu demolita.</ref> ritratta in un quadro famoso.
 
[[File:Vincent Willem van Gogh - Cafe Terrace at Night (Yorck).jpg|min|verticale|Vincent van Gogh, ''[[Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles]]'' (Arles, settembre 1888); olio su tela, 62×47 cm, Dallas Museum of Art. F 1519, H 1579.]]
Produsse una tela dopo l'altra, come se temesse che la sua ispirazione, esaltata dalle novità del mondo provenzale, potesse abbandonarlo. Si sentiva trascinato dall'emozione, che van Gogh identificava con la sincerità dei suoi sentimenti verso la natura. Le emozioni che provava di fronte alla natura provenzale erano così forti da costringerlo a lavorare senza sosta, nello stesso modo in cui non si possono fermare i pensieri quando si sviluppano in una coerente sequenza nella propria mente<ref>Così esprime la sua frenesia compositiva nella lettera (504) a Théo van Gogh, luglio 1888.</ref>.
 
Eccitato da uno «stato febbrile», ad Arles van Gogh realizzò ben duecento dipinti e cento altre opere tra disegni e acquerelli. Opere oggi celeberrime come: ''[[La sedia di Vincent]]'' (1888), ''[[La camera di Vincent ad Arles]]'' (1888), ''[[Il caffè di notte]]'' (1888), ''[[Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles]]'' (1888) e ''[[Notte stellata sul Rodano]]'' (1888), oltre che la serie dei ''[[Girasoli (Van Gogh)|Girasoli]]'', furono tutte realizzate durante il soggiorno arlesiano. Intanto, preso da un ardente entusiasmo, van Gogh nel maggio 1888 prese in affitto l'ala destra della "Casa Gialla", una delle abitazioni più famose della storia dell'arte. In quest'edificio, ubicato nella zona nord della città, Vincent sognava di fondare l'''Atelier du Midi'', una comunità solidale di artisti desiderosi di spogliarsi della civilizzazione e di schemi pittorici ormai frusti per vivere in concordia e, in questo modo, lottare per una pittura e un mondo migliore. Consapevole dell'attrattiva esercitata dal ''topos'' dell'artista-santo, van Gogh illustra le sue finalità ricorrendo alla metafora degli ordini monastici:
D'altra parte affermava di mettere sulla tela non impressioni momentanee, ma immagini studiate dettagliatamente e assimilate nel suo spirito attraverso una lunga e precedente osservazione del modello.
{{citazione|Quando si fa il pittore, o si passa per pazzi oppure per ricchi; una tazza di latte ti costa un franco, una pagnotta due, e intanto i quadri non si vendono. Ecco perché bisogna mettersi insieme, come facevano gli antichi monaci, i fratelli della vita in comune nelle nostre brughiere olandesi [...] Non chiederei di meglio, ma poiché si tratta della vita in comune di diversi pittori, io dichiaro che anzitutto ci vorrebbe un abate per mantenere l'ordine e che naturalmente questi dovrebbe essere Gauguin|Vincent van Gogh<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 396}}.</ref>}}
 
I primi artisti a cui pensò quando van Gogh cercò di attirare adepti per questo nuovo ordine artistico, furono Bernard e, soprattutto, Gauguin. Se la metafora dell'artista-santo aveva riscosso un'immensa popolarità nella poetica protoromantica, Gauguin non la riteneva per nulla attraente (egli, d'altronde, era un materialista, «amante della vita e ateo convinto», come ha osservato il Metzger). Van Gogh, temendo un possibile rifiuto dell'amico, cercò di convincerlo in tutti i modi: ad andare incontro ai suoi desideri fu Théo, che nell'estate del 1888 contattò Gauguin offrendosi di pagargli il soggiorno ad Arles e garantendogli l'acquisto di dodici suoi quadri all'anno per la bella cifra di centocinquanta franchi. Gauguin, dopo qualche esitazione, accettò, pensando di mettere da parte quanto gli era necessario per realizzare il suo desiderio di trasferirsi, di lì a un anno, in Martinica. Nell'attesa dell'arrivo di Gauguin, van Gogh, preso dal sincero entusiasmo dell'aspettativa, si preoccupò di arredare con qualche altro mobile l'appartamento e ornò con la solare «sinfonia in blu e giallo» dei girasoli la camera da letto. Gli scrisse:<ref>Lettera n. B22, Arles, ottobre 1888.</ref>
Del modello naturale confessava di non poter fare a meno. Non si sentiva in grado di inventare un soggetto, anzi per quanto riguarda le forme, aveva «il terrore di allontanarsi dal verosimile»<ref>Lettera (B 19) a Jules Bernard, Arles, ottobre 1888.</ref>, ma non aveva problemi a combinare diversamente i colori, accentuandone alcuni e semplificandone altri. Alla sorella Wilhelmina scrisse<ref>Lettera (W 3) da Arles, aprile 1888.</ref>:
 
{{Citazione|Ho fatto, sempre come decorazione, un quadro della mia camera da letto, con i mobili in legno bianco, come sapete. Ebbene, mi ha molto divertito fare questo interno senza niente, di una semplicità alla Seurat; a tinte piatte, ma date grossolanamente senza sciogliere il colore; i muri lilla pallido; il pavimento di un rosso qua e là rotto e sfumato; le sedie e il letto giallo cromo; i guanciali e le lenzuola verde limone molto pallido; la coperta rosso sangue, il tavolo da toilette arancione; la catinella blu; la finestra verde. Avrei voluto esprimere il riposo assoluto attraverso tutti questi toni così diversi e tra i quali non vi è che una piccola nota di bianco nello specchio incorniciato di nero, per mettere anche là dentro la quarta coppia di complementari|}}
{{Citazione|La natura di questo paesaggio meridionale non può essere resa con precisione con la tavolozza di un Mauve, per esempio, che appartiene al Nord e che è un maestro e rimane un maestro del grigio. La tavolozza di oggi è assolutamente colorata: celeste, arancione rosa, vermiglio, giallo vivissimo, verde chiaro, il rosso trasparente del vino, violetto. Ma, pur giocando con tutti questi colori, si finisce con il creare la calma, l'armonia|}}
 
[[File:Vincent Willem van Gogh 127.jpg|min|verticale|sinistra|Vincent van Gogh, ''Quindici girasoli in un vaso'' (Arles, agosto 1888); olio su tela, 83×73 cm, National Gallery, [[Londra]]. F 454, JH 1562.]]
Al fratello confidò<ref>Lettera (520) a Théo van Gogh, Arles, agosto 1888.</ref> di aver abbandonato le tecniche utilizzate a Parigi, che risentivano dell'esperienza impressionista, per ribadire la visione romantica di Delacroix, senza ritrarre fedelmente quello che gli stava di fronte, ma ricercando il vigore dell'espressione attraverso l'uso libero del colore. All'amico pittore Bernard rivelò<ref>Lettera (B 3) da Arles, aprile 1888.</ref>:
[[File:Vincent van Gogh - De slaapkamer - Google Art Project adjusted.jpg|min|sinistra|Vincent van Gogh, ''[[La camera di Vincent ad Arles]]'' (Arles, ottobre 1888); olio su tela, 72×90 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. F 482, JH 1608.]]
 
==== La mutilazione dell'orecchio ====
[[File:Vincent Willem van Gogh 011.jpg|thumb|left|upright=1.3|''Albicocchi in fiore'', olio su tela, 65,5x80,5 cm, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
Gauguin giunse ad Arles il 23 ottobre 1888 e, al contrario di van Gogh, ne rimase deluso, definendola «il luogo più sporco del Mezzogiorno» e della Provenza. Il sogno di van Gogh di fondare un'associazione di pittori che perseguissero un'arte nuova<ref>{{cita|Crispino|p. 93}}.</ref> lo lasciava scettico: in realtà Gauguin desiderava ardentemente trasferirsi ai Tropici non appena ne avesse avuta la possibilità. Come se non bastasse era irritato dalle abitudini disordinate di Vincent e dalla sua scarsa oculatezza nell'amministrare il denaro che avevano messo in comune (che peraltro proveniva in maggior parte da Théo van Gogh).<ref>{{cita|Crispino|p. 107}}.</ref> A giudizio di Gauguin, il soggiorno arlesiano e la permanenza con un personaggio strambo come van Gogh erano assolutamente mortificanti per la sua maturazione pittorica. Non faceva neanche mistero della sua insoddisfazione, tanto che una volta confidò all'amico Schuffenecker le seguenti parole:
{{Citazione|Non seguo alcun sistema di pennellatura: picchio sulla tela a colpi irregolari che lascio tali e quali. Impasti, pezzi di tela lasciati qua e là, angoli totalmente incompiuti, ripensamenti, brutalità: insomma, il risultato è, sono portato a crederlo, piuttosto inquietante e irritante, per non fare la felicità delle persone con idee preconcette in fatto di tecnica [...] gli spazi, limitati da contorni espressi o no, ma in ogni caso sentiti, li riempio di toni ugualmente semplificati, nel senso che tutto ciò che sarà suolo parteciperà di un unico tono violaceo, tutto il cielo avrà una tonalità azzurra, le verzure saranno o dei verdi blu o dei verdi gialli, esagerando di proposito, in questo caso, le qualità gialle o blu|}}
 
{{citazione|Ad Arles mi sento un estraneo, trovo tutto piccolo e povero, il posto e le persone. Vincent e io andiamo in genere poco d'accordo, soprattutto quando si tratta di pittura. Lui ammira Dauet, Daubigny, Ziem e il grande Rousseau, tutta gente che io non posso soffrire. Invece disprezza Ingres, Raffaello, Degas, tutta gente che io ammiro; io gli rispondo: "sissignore, avete ragione", per avere pace. I miei quadri gli piacciono, ma quando li faccio trova sempre che questo o quest'altro non va. Lui è un romantico e io sono più vicino ai primitivi. Per quanto riguarda i colori, cerca la casualità del pastoso (come Monticelli), mentre io, per parte mia, detesto ogni pasticcio tecnico}}
Sperimentava tecniche diverse, risaltando le forme, circondandole di contorni scuri e pennellando lo sfondo a strati per creare una struttura a traliccio, ondulando i contorni per accentuare la struttura delle forme, punteggiando con brevi pennellate o spremendo il colore dal tubetto direttamente sulla tela. Altre volte si convinceva «di non disegnare più il quadro con il carboncino. Non serve a niente; se si vuole un buon disegno, si deve eseguire direttamente con il colore»<ref>Lettera (539) a Théo van Gogh, Arles, settembre 1888.</ref>.
Van Gogh, al contrario, manifestava un'aperta ammirazione per Gauguin, che considerava un artista superiore; riteneva che le proprie teorie artistiche fossero banali se confrontate con le sue. Egli, inoltre, tendeva a valutare l'esperienza «monastica» presso la Casa Gialla con più cocente soggettività rispetto a Gauguin: come osservato d'altronde dal Metzger, «questo fallimento costava assai meno a Gauguin, una partenza e due mesi persi, mentre van Gogh pagava con la distruzione della propria concezione del mondo, con il crollo di un'utopia faticosamente inseguita nel proprio lavoro: la comunità degli artisti era il perno della propria interpretazione di sé. Con Gauguin perdeva parte della propria identità, [la quale] era inscindibilmente legata all'arte in cui si coagulava».
 
Nei primi giorni del dicembre 1888 Gauguin ritrasse van Gogh, rappresentandolo nell'atto del dipingere girasoli. Vincent commentò: «Sono certamente io, ma io divenuto pazzo». Nelle sue memorie Gauguin scrive che quella sera stessa, al caffè, i due pittori bevvero molto e improvvisamente Vincent scagliò il suo bicchiere contro il viso di Gauguin che riuscì a evitarlo, con gran spavento. Dopo quell'episodio seguirono giorni di tensione e i due litigarono in modi plateali anche in occasione di una visita al [[Museo Fabre|museo]] di [[Montpellier]] per osservare le opere di [[Eugène Delacroix|Delacroix]] e di [[Courbet]]: era ormai palese come i desideri di Vincent di intrecciare una fratellanza artistica con Gauguin fossero vagheggiamenti illusori, se non ingenui.<ref>{{cita|Pickvance 1984|p. 195}}.</ref><ref>{{cita|Gayford|pp. 274-277}}.</ref> Fu così che Gauguin prese la decisione di partire da Arles.
Andando incontro a un desiderio di Vincent, nell'estate del 1888 il fratello Théo contattò [[Paul Gauguin|Gauguin]], offrendosi di pagargli il soggiorno ad Arles e garantendogli l'acquisto di dodici suoi quadri all'anno per la cifra di 150 franchi. Gauguin, dopo qualche esitazione, accettò, pensando di mettere da parte quanto gli era necessario per realizzare il suo desiderio di trasferirsi, di lì a un anno, in [[Martinica]].
[[File:Van Gogh - Garten des Hospitals in Arles1.jpeg|min|Vincent Van Gogh, ''[[Il cortile dell'ospedale di Arles]]'', olio su tela (74x92 cm), Collezione Oskar Reinhart Am Römerholz, Winterthur, Svizzera, F 519. Il dipinto fu realizzato nel 1889 dove Van Gogh era stato ricoverato a forza dal dicembre 1888 al maggio 1889 dopo il taglio dell'orecchio]]
 
Le «tensioni eccessive» (così le definì lo stesso Vincent) tra i due toccarono il loro apice il pomeriggio del 23 dicembre. Quel giorno van Gogh - la ricostruzione del fatto è tuttavia controversa - dopo un acceso alterco rincorse per strada Gauguin con un rasoio, rinunciando ad aggredirlo quando l'uomo si voltò per affrontarlo. Gauguin corse in albergo con i bagagli, preparandosi a lasciare Arles; van Gogh invece, in preda a disperate allucinazioni, rivolse su di sé la sua furia, tagliandosi il lobo dell'orecchio sinistro. Il macabro trofeo, sanguinante com'era, fu poi avvolto nella carta di giornale e consegnato come «regalo» a Rachele, una prostituta del bordello che i due pittori erano soliti frequentare, tornando poi a dormire a casa sua. La mattina seguente, la polizia, trovandolo solo e addormentato (macchie di sangue erano su tutte le pareti della casa), lo fece ricoverare nel nosocomio dell'Hotel-Dieu, l'antico ospedale di Arles. Due storici di Amburgo, Hans Kaufmann e Rita Wildegans, sostengono nel libro ''L'orecchio di van Gogh, Paul Gauguin e il patto del silenzio'' che fu in realtà Gauguin a mutilare l'amico dopo la lite; l'esperto francese Pascal Bonafoux, tuttavia, ritiene che questa teoria sia errata. Comunque, grazie alle cure del dottor Félix Rey, van Gogh riuscì a superare i giorni più critici e uscì dal nosocomio il 7 gennaio 1889.
=== Il dramma di Arles ===
[[File:Vincent Van Gogh 0011.jpg|thumb|upright=1.3|''[[La camera di Vincent ad Arles]]'', olio su tela, 72x90cm, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
Nell'attesa dell'arrivo di Gauguin, van Gogh si preoccupò di arredare con qualche altro mobile l'appartamento e ornò con propri quadri la camera da letto. Gli scrisse:<ref>Lettera (B 22) Arles, ottobre 1888.</ref>
 
{{Citazione|ho fatto, sempre come decorazione, un quadro della mia camera da letto, con i mobili in legno bianco, come sapete. Ebbene, mi ha molto divertito fare questo interno senza niente, di una semplicità alla Seurat; a tinte piatte, ma date grossolanamente senza sciogliere il colore; i muri lilla pallido; il pavimento di un rosso qua e là rotto e sfumato; le sedie e il letto giallo cromo; i guanciali e le lenzuola verde limone molto pallido; la coperta rosso sangue, il tavolo da toilette arancione; la catinella blu; la finestra verde. Avrei voluto esprimere il riposo assoluto attraverso tutti questi toni così diversi e tra i quali non vi è che una piccola nota di bianco nello specchio incorniciato di nero, per mettere anche là dentro la quarta coppia di complementari|}}
 
Eppure, c'è chi ha visto<ref>{{cita|Venturi|p. 322|venturi}}.</ref> nel dipinto di questa camera da letto il desiderio mancato di rappresentare il sonno e il riposo: «La tragedia della sua mente si avvicinava con segni di squilibrio e non gli permetteva né riposo né sonno. Nella camera abbandonata regna la calma, ma è una calma senza speranza e senza pietà. È una camera vuota, ma non per caso. Essa è abbandonata per sempre: a causa della partenza o della morte. I colori sono brillanti e puri, senza ombre, ma non suggeriscono gioia, ma solo tristezza. È un riposo nato dalla disperazione. I colori a insaputa dell'artista rivelano il suo animo. Non si rende conto di quel che sente, né nella sua lettera, né nella sua pittura, e perciò il suo sentimento e la sua accorata umiltà sono espressi spontaneamente».
 
Gauguin giunse ad Arles il 29 ottobre 1888 e, al contrario di van Gogh, ne rimase deluso, definendola «il luogo più sporco del Mezzogiorno» e della Provenza: «Trovo tutto piccolo, meschino, i paesaggi e le persone»<ref>Lettera (78) a Jules Bernard, dicembre 1888, in «Lettres de Gauguin à sa femme et à ses amis», Parigi 1946.</ref>. Il sogno di van Gogh di fondare un'associazione di pittori che perseguissero un'arte nuova<ref>{{cita|Crispino|p. 93|crispino}}.</ref> lo lasciava scettico. In realtà Gauguin desiderava ardentemente trasferirsi ai tropici non appena ne avesse avuta la possibilità. Come se non bastasse era irritato dalle abitudini disordinate di Vincent e dalla sua scarsa oculatezza nell'amministrare il denaro che avevano messo in comune<ref>{{cita|Crispino|p. 107|crispino}}.</ref>.
 
[[File:Vincent Willem van Gogh 128.jpg|thumb|left|''[[Girasoli (Van Gogh)|I girasoli]]'', olio su tela, 92x73 cm, 1888, Neue Pinakothek, Münich]]
 
Van Gogh invece manifestava un'aperta ammirazione per Gauguin, che considerava un artista superiore; riteneva che le proprie teorie artistiche fossero banali se confrontate con le sue. Nelle sue memorie<ref>''Avant et auprès'', Parigi 1923.</ref> Gauguin volle attribuirsi, generalmente a torto, il merito di aver corretto la tavolozza di van Gogh:
 
{{Citazione|Vincent, quando sono arrivato ad Arles, militava nella scuola neoimpressionista, anzi vi sguazzava, cosa che lo faceva soffrire, non perché questa scuola, come tutte le scuole, sia cattiva, ma perché non corrispondeva alla sua natura così impaziente e così indipendente. Con tutti questi gialli sui violetti, tutto questo lavoro sui complementari - lavoro disordinato, d'altra parte - non riusciva a raggiungere che delle dolci armonie, incomplete e monotone; ci mancava lo squillo di tromba. Mi assunsi il compito di chiarirglielo, e mi fu facile, perché trovavo un terreno ricco e fecondo|}}
 
Anche nella valutazione degli altri pittori le loro opinioni divergevano: van Gogh ammirava [[Honoré Daumier|Daumier]], [[Charles-François Daubigny|Daubigny]], [[Félix Ziem]], [[Théodore Rousseau]], tanto da far esclamare a Gauguin: «tutte persone che non posso vedere». L'amico invece stimava [[Raffaello]], [[Jean-Auguste-Dominique Ingres|Ingres]], [[Degas]] accusando Vincent di avere un «cervello disordinato»: Gauguin non riusciva a spiegarsi né i principi critici né quelle che considerava contraddizioni fra i principi e la pittura realizzata, trovando anche in quelle divergenze la radice del loro futuro drammatico scontro.
 
[[File:VanGogh-self-portrait-with bandaged ear.jpg|thumb|''Autoritratto con orecchio bendato'', 60x49 cm, 1889, Courtauld Institute Galleries, Londra]]
 
Nei primi giorni del dicembre 1888 Gauguin ritrasse van Gogh, rappresentandolo nell'atto del dipingere girasoli. Vincent commentò: «Sono certamente io, ma io divenuto pazzo». Nelle sue memorie Gauguin scrive che quella sera stessa, al caffè, i due pittori bevvero molto e improvvisamente Vincent scagliò il suo bicchiere contro il viso di Gauguin che riuscì a evitarlo, con gran spavento. Dopo quell'episodio seguirono giorni di tensione e i due litigarono anche in occasione di una visita al [[Museo Fabre|museo]] di [[Montpellier]] per osservare le opere di [[Eugène Delacroix|Delacroix]] e di [[Gustave Courbet|Courbet]]<ref>{{cita|Pickvance 1984|p. 195|pickvance1984}}.</ref><ref>{{cita|Gayford|pp. 274–277|gayford}}.</ref>. Fu così che Gauguin prese la decisione di partire da Arles.
 
L'episodio più grave accadde il pomeriggio del 23 dicembre: van Gogh - la ricostruzione del fatto è tuttavia controversa - avrebbe rincorso per strada Gauguin con un rasoio, rinunciando ad aggredirlo quando Gauguin si voltò per affrontarlo. Gauguin corse in albergo preparandosi a lasciare Arles, van Gogh invece, in preda alle allucinazioni, si tagliò metà dell'orecchio sinistro, lo incartò, lo consegnò a Rachele, una prostituta del bordello che i due pittori erano soliti frequentare, tornando poi a dormire a casa sua. La mattina seguente la polizia lo fece ricoverare in ospedale, da cui uscì il 7 gennaio 1889<ref>{{cita|Storia dell'Arte|p. 283|sa}}.</ref>. Tuttavia due storici di [[Amburgo]], Hans Kaufmann e Rita Wildegans, sostengono nel libro ''L'orecchio di van Gogh, Paul Gauguin e il patto del silenzio'' che fu Gauguin a mutilare l'amico dopo la lite, mentre l'esperto francese [[Pascal Bonafoux]] sostiene che questa teoria è clamorosamente errata<ref>{{cita web|url=http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=348626|titolo=L'orecchio di Van Gogh fu tagliato da Gauguin|editore=ilGiornale.it|data=5 maggio 2009|autore=Luigi Mascheroni|accesso=11 settembre 2011}}</ref>.
 
La rivista The Art Newspaper sostiene che l'orecchio destro fu affidato a Gabrielle Berlatier, cameriera del bordello, figlia di un contadino, e troppo giovane per prostituirsi<ref>{{Cita web|url=http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/arte/2016/07/23/risolto-mistero-orecchio-di-van-gogh_f6c860b2-45a5-485f-9f0e-a31500183e18.html|titolo=Risolto mistero orecchio di Van Gogh - Arte|data=2016-07-23|accesso=2016-07-24}}</ref>.
 
In questo frangente van Gogh ebbe l'aiuto di alcuni amici che gli rimasero vicini: il dottor Rey, il pastore Salles e il postino Joseph Roulin, che aveva ritratto qualche mese prima. In quell' occasione ne dipinse cinque versioni, spedendone una a Gauguin. Dipinse anche se stesso con l'orecchio bendato.
 
Alternava periodi di serenità, nei quali era in grado di valutare lucidamente e ironicamente tutto quello che gli era successo, a momenti di ricadute nella malattia: il 9 febbraio, dopo una crisi nella quale si era convinto che qualcuno volesse avvelenarlo, fu nuovamente ricoverato in ospedale. Dopo essere stato dimesso per pochi giorni, nel mese di marzo fu ricoverato nuovamente in seguito a una petizione firmata da ottanta cittadini di Arles.
 
[[File:La Berceuse Augustine Roulin Otterlo.jpg|thumb|left|''Augustine Roulin'', olio su tela, 92x73 cm, 1889, Kröller-Müller M., Otterlo]]
 
In ospedale ricevette la visita di [[Paul Signac]], che ottenne il permesso di accompagnarlo nella sua casa gialla: «Per tutto il giorno mi parlò di pittura, di letteratura, di socialismo. La sera era un po' stanco. Tirava un maestrale spaventoso che forse lo aveva innervosito. Volle bere un litro di essenza di [[trementina]] che si trovava sul tavolo in camera. Era ora di rientrare all'ospedale.»<ref>{{cita|Coquiot|p. 194|coquiot}}.</ref>
 
Il 17 aprile il fratello Théo si sposò. Vincent scrisse alla sorella, rassegnato di dover convivere per sempre con la sua malattia<ref>Lettera (W 11) a Wilhelmina, 30 aprile 1889.</ref>:
 
{{Citazione|Leggo poco per aver tempo di riflettere. È molto probabile che abbia ancora tanto da soffrire. E questo non mi va affatto, a dire il vero, perché in nessun modo desidero il ruolo di martire [...] Prendo tutti i giorni il rimedio che l'incomparabile Dickens prescriveva contro il suicidio. Consiste in un bicchiere di vino, un boccone di pane e di formaggio e una pipa di tabacco.|}}
 
Al fratello espresse la volontà di essere internato in una casa di cura<ref>Lettera a Théo van Gogh, Arles, 21 aprile 1889.</ref>:
 
{{Citazione|Mi sento decisamente incapace di ricominciare a riprendere un nuovo studio e di restarci solo, qui ad Arles [...] a te, a Salles, a Rey io chiedo di fare in modo che alla fine del mese o all'inizio di maggio io possa andare come pensionato internato [...] se l'alcool è stato certamente una delle più grandi cause della mia follia, allora è venuta molto lentamente e se ne andrà molto lentamente, se se ne andrà [...] Infine, bisogna prendere una posizione di fronte alle malattie del nostro tempo [...] io non avrei precisamente scelto la follia, se c'era da scegliere, ma una volta che le cose stanno così, non vi si può sfuggire. Tuttavia esisterà forse ancora la possibilità di lavorare con la pittura.|}}
 
L'8 maggio 1889 van Gogh, accompagnato dal pastore Salles, entrò volontariamente nella ''Maison de Santé'' di Saint-Paul-de-Mausole, un vecchio convento adibito a ospedale psichiatrico a [[Saint-Rémy-de-Provence]], a una ventina di chilometri da Arles<ref>{{cita|Callow|p. 246|callow}}.</ref><ref name="cita|Crispino|p. 140|crispino"/>.
 
=== A Saint-Rémy-de-Provence (1889) ===
[[File:VanGogh-self-portrait-with bandaged ear.jpg|min|verticale|Vincent van Gogh, ''[[Autoritratto con l'orecchio bendato]]'' (Arles, gennaio 1889); olio su tela, 60×49 cm, Courtauld Institute Galleries, Londra. F 527, JH 1657.]]
La diagnosi del direttore della clinica, il dottor Peyron, fu di [[epilessia]]. Oggi si ritiene che van Gogh soffrisse di [[psicosi]] epilettica o "latente epilessia mentale": preceduti dallo "stadio crepuscolare", egli subiva attacchi di panico e allucinazioni ai quali reagiva con atti di violenza e tentativi di suicidio, seguiti da uno stato di torpore. Nei lunghi intervalli della malattia era in grado di comportarsi in modo del tutto normale<ref>{{cita|Crispino|p. 132|crispino}}.</ref>.
==== «Non sono veramente malato di mente, ho voglia di lavorare e non mi stanco...» ====
 
«Per quanto possa giudicare» scrisse Vincent a Théo dopo il rilascio, «non sono veramente malato di mente. Come puoi vedere, i quadri che ho fatto nel periodo fra i due attacchi sono più tranquilli e non peggiori degli altri. Ho molta voglia di lavorare e non mi stanco».<ref>vg 479</ref> Così Vincent commentò, in maniera serafica e più consapevole, il vivace dibattito diagnostico che avrebbe tentato di rintracciare l'eziologia della sua malattia nel corso degli anni: oltre centocinquanta psichiatri hanno tentato di classificare i suoi disturbi, con il risultato di circa trenta diagnosi diverse.<ref name="Blumer">{{cita pubblicazione|autore=Dietrich Blumer|url=http://ajp.psychiatryonline.org/cgi/content/abstract/159/4/519|lingua=en|titolo=The Illness of Vincent van Gogh|collana=American Journal of Psychiatry|anno=2002|accesso=12 aprile 2012|dataarchivio=12 giugno 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110612004826/http://ajp.psychiatryonline.org/cgi/content/abstract/159/4/519|urlmorto=sì}}</ref> Esse includono la [[schizofrenia]], il [[disturbo bipolare]], la [[sifilide]], l'avvelenamento da ingestione di vernici al piombo ([[saturnismo]]), l'[[epilessia del lobo temporale]] e la [[porfiria acuta intermittente]] (vista l'ereditarietà e la [[demenza]] diagnosticata poi al fratello), con l'aggravante della [[malnutrizione]], del lavoro eccessivo, dell'[[insonnia]] e del [[alcolismo|consumo di alcool]], in particolare di [[assenzio]].
[[File:Cypresses with two figures.jpg|thumb|left|''Cipressi'', olio su tela, 92x73 cm, 1889, Kröller-Müller M. Otterlo]]
Nella clinica di Saint-Rémy non veniva praticata alcuna cura, a meno di definire cura i due bagni settimanali cui i pazienti erano sottoposti. Non se ne lamentava il pittore quando scrisse che «osservando la realtà della vita dei pazzi in questo serraglio, perdo il vago terrore, la paura della cosa e a poco a poco posso arrivare a considerare la pazzia una malattia come un'altra»<ref>Lettera (591) a Théo van Gogh, 9 maggio 1889.</ref>.
 
La finestra munita di sbarre guardava un giardino della clinica e, al di là di quello, i campi e, più lontano, le montagne delle [[Alpilles]], l'ultima catena delle Alpi francesi. Aveva a disposizione per lavorare un'altra camera vuota, poteva anche andare a dipingere fuori dal manicomio, accompagnato da un sorvegliante, e si manteneva in contatto epistolare con il fratello che gli spediva libri e giornali<ref name="cita|Crispino|p. 140|crispino">{{cita|Crispino|p. 140|crispino}}.</ref>.
 
In ogni caso, una volta terminata la degenza, Vincent fece ritorno alla Casa Gialla e superò la sua crisi, anche grazie al sostegno morale di Joseph Roulin, un uomo imponente e gioviale «con una grande barba, molto simile a [[Socrate]]», e di Théo, immediatamente giunto a Marsiglia quando seppe da Gauguin cosa stava succedendo. Vincent alternava periodi di serenità, nei quali era in grado di valutare lucidamente e ironicamente tutto quello che gli era successo, a momenti di ricadute nella malattia: il 9 febbraio, dopo una crisi nella quale era convinto che qualcuno volesse avvelenarlo, fu nuovamente ricoverato in ospedale. Una volta dimesso Vincent riprese a lavorare di buona lena nella Casa Gialla: la crisi della sua salute mentale, tuttavia, era palpabile, e trenta cittadini di Arles, autodefinendosi «antropofaghi», si fecero avanti firmando una petizione dove si richiedeva l'internamento in [[manicomio]] del «rosso pazzo».<ref>p 712</ref> Grazie all'intervento di Signac la petizione non ebbe buon esito: Vincent, tuttavia, comprese di essere malato sia fisicamente che spiritualmente e perciò, dopo l'ennesimo deliquio, l'8 maggio 1889 entrò volontariamente nella ''Maison de Santé'' di Saint-Paul-de-Mausole, un vecchio convento adibito a ospedale psichiatrico a [[Saint-Rémy-de-Provence]], a una ventina di chilometri da Arles.
[[File:VanGogh-starry night ballance1.jpg|min|sinistra|verticale=1.3|Vincent van Gogh, ''[[Notte stellata]]'' (Saint-Rémy, giugno 1889); olio su tela, 73,7×92,1 cm, [[Museum of Modern Art]], [[New York]]. F 612, JH 1731.]]
Nella clinica di Saint-Rémy non veniva praticata alcuna cura, a meno di definire «cura» i due bagni settimanali cui i pazienti erano sottoposti. Non se ne lamentava il pittore quando scrisse che «osservando la realtà della vita dei pazzi in questo serraglio, perdo il vago terrore, la paura della cosa e a poco a poco posso arrivare a considerare la pazzia una malattia come un'altra».<ref>Lettera n. 591 a Théo van Gogh, 9 maggio 1889.</ref> Vincent, in ogni caso, viveva in una stanza con un tappeto grigioverde, un divano logoro e una finestra sbarrata che guardava un giardino della clinica e, al di là di quello, i campi e, più lontano, le montagne delle Alpilles, l'ultima catena delle Alpi francesi. Aveva a disposizione per lavorare un'altra camera vuota, poteva andare a dipingere anche fuori dal manicomio, accompagnato da un sorvegliante, e continuò a mantenersi in contatto epistolare con il fratello, che gli spediva libri e giornali. L'inattività, infatti, risultava inaccettabile per Vincent, che nella solitudine della vita claustrale del manicomio poteva sentirsi vivo solamente consultando i cataloghi delle più importanti mostre delle opere di Monet e di Rodin nella galleria parigina di Petit, divorando un'edizione dei drammi di Shakespeare, o ancora dipingendo i luminosi vigneti o gli uliveti grigio-argentei del paesaggio intorno Saint-Rémy. A questo periodo risalgono infatti ben centoquaranta dipinti, fra i quali la celeberrima ''[[Notte stellata]]'', oggi esposta al [[Museum of Modern Art]] di [[New York]].
{{Citazione|Osservo negli altri che anch'essi durante le crisi percepiscono suoni e voci strane come me e vedono le cose trasformate. E questo mitiga l'orrore che conservavo delle crisi che ho avuto [...] oso credere che una volta che si sa quello che si è, una volta che si ha coscienza del proprio stato e di poter essere soggetti a delle crisi, allora si può fare qualcosa per non essere sorpresi dall'angoscia e dal terrore [...] Quelli che sono in questo luogo da molti anni, a mio parere soffrono di un completo afflosciamento. Il mio lavoro mi preserverà in qualche misura da un tale pericolo.|Lettera a Théo van Gogh, 25 maggio 1889}}
La vita del pittore, purtroppo, continuò a essere costellata di eventi spiacevoli: nel giugno 1889 subì un violentissimo attacco [[Allucinazione|allucinatorio]] e il matrimonio tra Théo e Johanna Bonger - coronato dalla nascita del piccolo Vincent, così chiamato proprio in onore dello zio e padrino - lo lasciò in uno stato di profonda prostrazione, causata dal timore di vedere il suo amato fratello allontanarsi da lui e dai suoi travagli. L'atmosfera deprimente che si respirava nel manicomio, d'altronde, non aiutava certo a risollevare il morale di Vincent, che verso la fine del dicembre 1889 tentò persino di suicidarsi ingerendo colori velenosi (ne conseguì un assoluto divieto di dipingere a olio).
 
==== L'inizio del successo ====
A giugno cominciò a dipingere cipressi: «il cipresso è bello come legno e come proporzioni, è come un obelisco egiziano. E il verde è di una qualità così particolare. È una macchia nera in un paesaggio assolato, ma è una delle note più interessanti, la più difficile a essere dipinta che io conosca»<ref>Lettera (596) a Théo van Gogh, 25 giugno 1889.</ref> e spedì al fratello un gruppo di tele, che gli vennero lodate.
[[File:Van Gogh The Olive Trees..jpg|min|Vincent van Gogh, ''Ulivi con le Alpilles sullo sfondo'' (Saint-Rémy, giugno 1889); olio su tela, 72,5×92 cm, Museum of Modern Art, New York. F 712, JH 1740.]]
 
Se non altro, tuttavia, il pubblico iniziò a interessarsi di lui e delle sue opere. A novembre ricevette l'invito a esporre sue tele all'associazione «[[Les XX]]», a Bruxelles: accettò inviando sei quadri, due ''Girasoli'', ''L'edera'', ''Frutteto in fiore'', ''Campo di grano all'alba'' e ''La vigna rossa''. Fu il pittore Bernard a invitare il critico d'arte [[Albert Aurier]], redattore de «Le Moderniste» e ammiratore della letteratura simbolista, a interessarsi di van Gogh: Aurier pubblicò allora sul «Mercure de France» del gennaio 1890 l'articolo ''Les Isolés: Vincent van Gogh'' in cui analizzò, esaltandola, la sua pittura. Definì inizialmente la sua personalità:
Ad agosto subì un grave attacco, con allucinazioni e un tentativo di suicidio, dal quale si rimise a fatica a settembre, quando ricevette la notizia che due suoi dipinti, la ''Notte stellata'' e le ''Piante di iris'', erano state esposte al ''Salon des Artistes Indépendants'' di Parigi<ref>{{cita|Crispino|p. 141|crispino}}.</ref>.
 
Nella ''Notte stellata'' van Gogh sembra allontanarsi decisamente dalla diretta osservazione della natura per esprimere uno stato d'animo attraverso la libera fantasia, per liberare le proprie emozioni piuttosto che ricercare un aspetto nascosto del paesaggio. Ma in quella visione della Luna, delle stelle e di fantasiose comete è «come se il cielo, passando attraverso i suoi gialli e i suoi azzurri, diventasse un irradiarsi di luci in moto per incutere un timor panico agli umani che sentono il mistero della natura»<ref>{{cita|Venturi|p. 326|venturi}}.</ref>.
E l'intento perseguito nel ''Oliveto con nuvola bianca'' viene spiegato da Vincent al fratello come risultato di ricerca stilistica<ref>Lettere (607 e 613) settembre-ottobre 1889.</ref>:
 
[[File:Van Gogh The Olive Trees..jpg|thumb|upright=1.3|''Oliveto con nuvola bianca'', olio su tela, 73x92 cm, 1889, Museum of Modern Art, New York]]
{{Citazione|Gli ulivi con la nuvola bianca e lo sfondo di montagne, così come il sorgere della luna e l'effetto notturno, costituiscono un'esagerazione dal punto di vista dell'esecuzione; le linee sono incisive come quelle degli antichi legni. Là dove queste linee sono serrate e volute comincia il quadro, anche se può sembrare esagerato. È un po' quello che sentono Bernard e Gauguin. Non ricercano la forma esatta di un albero, ma vogliono assolutamente che sia definito se essa è tonda o quadrata, e io do loro ragione, perché sono esasperato dalla perfezione fotografica e banale di certuni [...] io mi sento spinto a ricercare, se vuoi, uno stile, ma intendendo con questo un disegno più maturo e più intenzionale [...] gli studi disegnati con grandi linee nodose come nell'ultimo invio non erano quello che dovevano essere, ma voglio convincerti che nei paesaggi si continuerà ad ammassare le cose mediante un disegno che cerca di esprimere il groviglio delle masse.|}}
 
A novembre ricevette l'invito a esporre sue tele all'associazione «Les XX» a Bruxelles: accettò inviando sei quadri, due ''Girasoli'', ''L'edera'', ''Frutteto in fiore'', ''Campo di grano all'alba'' e ''La vigna rossa''.
 
[[File:Hospital in Saint-Remy.jpg|thumb|left|''Davanti al manicomio di Saint-Rémy'', olio su tela, 58x45 cm, 1888, Musée d'Orsay, Parigi]]
Fu il pittore Bernard a invitare il critico d'arte [[Albert Aurier]], redattore de «Le Moderniste» e ammiratore della letteratura simbolista, a interessarsi di van Gogh: questi pubblicò allora sul «Mercure de France» del gennaio 1890 l'articolo ''Les Isolés: Vincent van Gogh'' in cui analizzò, esaltandola, la sua pittura. Definì inizialmente la sua personalità:
 
{{Citazione|La scelta dei soggetti, il rapporto costante delle annotazioni più ardite, lo studio coscienzioso dei caratteri, la continua ricerca del segno essenziale per ogni cosa, mille significativi particolari testimoniano irrefutabilmente la sua profonda e quasi infantile sincerità, il suo grande amore per la natura e per la verità, per la ''sua'' verità. Ciò che caratterizza tutta la sua opera è l'eccesso, l'eccesso della forza, l'eccesso della nervosità, la violenza dell'espressione. Nella sua categorica affermazione della caratteristica delle cose, nella sua sovente temeraria semplificazione delle forme, nella sua insolenza nel guardare il sole in faccia, nella foga del suo disegno e del suo colore, fino ai più piccoli particolari della sua tecnica, si rivela una personalità potente, maschia, audace, molto brutale ma a volte ingenuamente delicata. Questo, inoltre, si intuisce anche dalle esagerazioni quasi orgiastiche presenti in tutta la sua pittura: è un esaltato, nemico della sobrietà borghese e delle minuzie, una specie di gigante ebbro [...] un genio folle e terribile, spesso sublime, qualche volta grottesco, quasi sempre svelante qualcosa di patologico.<ref name=aurier>{{cita web|url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k1051017/f36.pdf|titolo=Les Isolés: Vincent van Gogh|lingua=fr|autore=[[Albert Aurier]]|pubblicazione=Mercure de France|anno=1890|accesso=6 aprile 2012}}</ref>|}}
 
In seguito Aurier rintracciò la sostanza della sua pittura nella poetica del [[simbolismo]]: van Gogh percepirebbe ...
 
{{Citazione|le segrete caratteristiche delle linee e delle forme, ma più ancora dei colori, le sfumature invisibili alle menti sane, le magiche irradiazioni delle ombre [...] egli è quasi sempre un simbolista [...] perché sente la continua necessità di rivestire le sue idee di forme precise, consistenti, tangibili, di involucri materiali e carnali. In tutti i suoi quadri, sotto questo involucro fisico, sotto questa carne trasparente, sotto questa materia così materia, è nascosta, per gli spiriti che la sanno cogliere, un'Idea [...]<ref name=aurier/>|}}
 
[[File:VanGogh-starry night ballance1.jpg|thumb|upright=1.3|''[[Notte stellata]]'', olio su tela, 73x92 cm, 1889, Museum of Modern Art, New York]]
Per quanto riguarda la sua tecnica,
 
{{Citazione|l'esecuzione è vigorosa, esaltata, brutale, intensa. Il suo disegno rabbioso, potente, spesso maldestro e un po' grossolano, esagera il carattere, lo semplifica, elimina abilmente i dettagli, attinge una sintesi magistrale, qualche volta il grande stile [...] è il solo pittore che concepisca il cromatismo degli oggetti con questa intensità, con questa qualità da metallo prezioso<ref name=aurier/>.|}}
 
{{Citazione|... le segrete caratteristiche delle linee e delle forme, ma più ancora dei colori, le sfumature invisibili alle menti sane, le magiche irradiazioni delle ombre [...] egli è quasi sempre un simbolista [...] perché sente la continua necessità di rivestire le sue idee di forme precise, consistenti, tangibili, di involucri materiali e carnali. In tutti i suoi quadri, sotto questo involucro fisico, sotto questa carne trasparente, sotto questa materia così ''materia'', è nascosta, per gli spiriti che la sanno cogliere, un'Idea. [Per quanto concerne la tecnica] l'esecuzione è vigorosa, esaltata, brutale, intensa. Il suo disegno rabbioso, potente, spesso maldestro e un po' grossolano, esagera il carattere, lo semplifica, elimina abilmente i dettagli, attinge una sintesi magistrale, qualche volta il grande stile [...] è il solo pittore che concepisca il cromatismo degli oggetti con questa intensità, con questa qualità da metallo prezioso<ref name=aurier/>|}}
[[File:Vincent Willem van Gogh 037.jpg|min|verticale|Vincent van Gogh, ''[[La ronda dei carcerati]]'' (Saint-Rémy, febbraio 1890); olio su tela, 80×64 cm, museo Puškin, Mosca. F 669, JH 1885.]]
Non credeva che van Gogh potesse mai godere del successo che pure avrebbe meritato:
 
{{Citazione|quandoQuando anche la moda farà sì che i suoi quadri vengano comprati - cosa poco probabile - ai prezzi delle infamie di Meissonier, non penso che tanta sincerità possa suscitare la tardiva ammirazione del grosso pubblico. Vincent van Gogh è al contempo troppo semplice e troppo raffinato per lo spirito borghese contemporaneo. Sarà completamente compreso soltanto dai suoi fratelli, gli artisti.<ref name=aurier/>|}}
 
Per quanto van Gogh potesse essere lusingato dalle lodi, giudicò l'articolo più un interessante pezzo di letteratura che un'analisi corretta della sua pittura. Al critico rispose direttamente<ref>Lettera ad Albert Aurier, 12 febbraio 1890.</ref> che le valutazioni sul suo cromatismo gli sembravano più pertinenti se riferite a un pittore come [[Adolphe Monticelli]] e difese anche la pittura di [[Ernest Meissonier|Meissonier]], per il quale espresse «un'ammirazione senza limiti».
 
Si era intanto aperta a Parigi, il 19 marzo, una mostra dei pittori ''indipendenti'' inaugurata dal Presidente della Repubblica - dimostrazione di quanto la moderna pittura impressionista, neo-impressionista e post-impressionista fosse ormai divenuta «rispettabile» - e van Gogh vi partecipava con dieci tele. Erano esposti: dipinti di [[Seurat]], [[Signac]], [[Toulouse-Lautrec]], [[Henri Rousseau|Rousseau]], [[Armand Guillaumin|Guillaumin]], Dubois-Pillet, [[Théo van Rysselberghe]], [[Louis Anquetin|Anquetin]], Lucien Pissarro, [[Henry van de Velde]]. [[Monet]] sostenne che le opere di van Gogh erano le cose migliori della mostra e anche Gauguin gli scrisse, congratulandosi: «con soggetti ispirati alla natura, là siete ''il solo che pensa''».
[[File:Vincent Willem van Gogh 036.jpg|thumb|left|''La vigna rossa'', olio su tela, 73x92 cm, 1888, Museo Puškin, Mosca]]
[[File:Vincent van Gogh - The Church in Auvers-sur-Oise, View from the Chevet - Google Art Project.jpg|min|verticale|sinistra|Vincent van Gogh, ''[[La chiesa di Auvers]]'' (Auvers-sur-Oise, giugno 1890); olio su tela, 94×74 cm, museo d'Orsay, Parigi. F 789, JH 2006.]]
Riguardo al suo presunto simbolismo, si espresse con il fratello<ref>lettera (626) a Théo van Gogh, 12 febbraio 1890.</ref> respingendo ogni sua adesione a quella corrente: «mi è così cara la verità, mi è così caro ''cercare di fare il vero'' che credo di preferire rimanere un calzolaio piuttosto che un musicista con i colori.»
 
In ogni caso, l'articolo suscitò interesse nell'ambiente artistico e, durante la mostra dei XX a Bruxelles, uno dei quadri inviati da van Gogh, ''La vigne rouge'', dipinto l'anno prima ad Arles, fu acquistato il 14 febbraio per 400 franchi dalla pittrice belga [[Anna Boch]]<ref>{{cita web|url=http://www.annaboch.com|titolo=Anna Boch e l'acquisizione del dipinto "La Vigne rouge"|accesso=6 aprile 2012}}</ref>, sorella del pittore [[Eugène Boch|Eugène]], conosciuto da Vincent e fondatore del gruppo dei XX: il primo e unico dipinto venduto in vita da van Gogh.
 
Qualche giorno dopo si recò da solo ad Arles: al ritorno in clinica ebbe una grave e lunghissima crisi, dalla quale sembrò non riuscire a riprendersi, tanto che fu lasciato a sé stesso, libero di fare quel che voleva finché, ingeriti i colori, gli fu impedito di dipingere.
Solo alla fine di aprile riuscì a migliorare e manifestò allora<ref>Lettera (626) a Théo van Gogh, aprile 1890.</ref> il suo desiderio di lasciare la clinica, vista la mancanza di benefici per la sua salute.
 
[[File:VanGogh-Irises 3.jpg|thumb|''Vaso con iris'', olio su tela, 73x92 cm, 1889, Metropolitan, N. Y.]]
Si era intanto aperta a Parigi, il 19 marzo, una mostra dei pittori ''indipendenti'' inaugurata dal Presidente della Repubblica - dimostrazione di quanto la moderna pittura impressionista, neo-impressionista e post-impressionista fosse ormai divenuta «rispettabile» - e van Gogh vi partecipava con dieci tele.
Erano esposti dipinti di [[Seurat]], [[Signac]], [[Toulouse-Lautrec]], il doganiere [[Henri Rousseau|Rousseau]], [[Armand Guillaumin|Guillaumin]], [[Albert Dubois-Pillet|Dubois-Pillet]], [[Théo van Rysselberghe]], [[Louis Anquetin|Anquetin]], [[Lucien Pissarro]], [[Henry van de Velde]]. [[Monet]] sostenne che le opere di van Gogh erano le cose migliori della mostra e anche Gauguin gli scrisse, congratulandosi: «con soggetti ispirati alla natura, là siete ''il solo che pensa''».
 
Una volta decisa la partenza - «qui l'ambiente comincia a pesarmi più di quanto possa esprimere: ho pazientato più di un anno, ho bisogno d'aria, mi sento oppresso dalla noia e dal dolore»<ref>Lettera (631) a Théo van Gogh, maggio 1890.</ref> - i soggetti degli ultimi dipinti di Vincent a Saint-Rémy si alleggeriscono: sono rose e iris su un fondo uniforme, ora con un «effetto dolce e armonioso per la combinazione dei verdi, rosa, violetti», ora con «un effetto di complementari terribilmente disparati che si esaltano per la loro opposizione»<ref>Lettera (633) a Théo van Gogh, maggio 1890.</ref>.
 
Il 16 maggio 1890 Vincent lasciò definitivamente Saint-Rémy per raggiungere il fratello a Parigi<ref name="cita|Crispino|p. 140|crispino"/>. Il direttore della clinica aveva rilasciato regolare autorizzazione e stilato l'ultima scheda.
Rilevate le molte crisi avute nella struttura della durata di alcune settimane - ma l'ultima di quasi due mesi - e i suoi tentativi di avvelenarsi con i colori e il petrolio, il dottor Peyron concluse scrivendo: «Guarito»<ref>{{cita web|url=http://dgiardina.wordpress.com/v-van-gogh-luoghi-fatali-il-manicomio-di-saint-remy/|titolo=V. van Gogh, Luoghi fatali. Il manicomio di Saint Rémy|accesso=6 aprile 2012}}</ref>.
 
=== Ad Auvers-sur-Oise (1890) ===
Una volta decisa la partenza - «qui l'ambiente comincia a pesarmi più di quanto possa esprimere: ho pazientato più di un anno, ho bisogno d'aria, mi sento oppresso dalla noia e dal dolore»<ref>Lettera n. 631 a Théo van Gogh, maggio 1890.</ref> - i soggetti degli ultimi dipinti di Vincent a Saint-Rémy si alleggeriscono: sono rose e iris su un fondo uniforme, ora con un «effetto dolce e armonioso per la combinazione dei verdi, rosa, violetti», ora con «un effetto di complementari terribilmente disparati che si esaltano per la loro opposizione».<ref>Lettera n. 633 a Théo van Gogh, maggio 1890.</ref>
Vincent arrivò a Parigi il 17 maggio e conobbe per la prima volta il nipotino e la signora van Gogh, che definì il cognato un uomo «forte, largo di spalle, con un colorito sano, un'espressione allegra e un'aria decisa». Passò tre giorni in casa del fratello, riesaminando i tanti suoi quadri che nel tempo gli aveva mandato, visitò il Salon, dove rimase colpito da un [[Puvis de Chavannes]], e una mostra d'arte giapponese. Poi, come convenuto, il 21 maggio partì per stabilirsi a [[Auvers-sur-Oise]], un villaggio a 30 chilometri da Parigi dove risiedeva un medico amico di Théo, il dottor [[Paul-Ferdinand Gachet]] (1828-1909), che si sarebbe preso cura di lui.
[[File:Portrait of Dr. Gachet.jpg|thumb|left|''Ritratto del dottor Gachet'', olio su tela, 68×57 cm, 1890, Collezione privata]]
 
Il 16 maggio 1890 Vincent lasciò definitivamente Saint-Rémy per raggiungere il fratello a Parigi.<ref>{{cita|Crispino|p. 140}}.</ref> Il direttore della clinica aveva rilasciato regolare autorizzazione e stilato l'ultima scheda. Vincent arrivò a Parigi il 17 maggio e conobbe per la prima volta il nipotino e la signora van Gogh, che definì il cognato un uomo «forte, largo di spalle, con un colorito sano, un'espressione allegra e un'aria decisa», decisamente più in salute del fratello, che invece era tormentato da una tosse cronica. Passò tre giorni in casa di Théo, riesaminando i tanti suoi quadri che nel tempo gli aveva mandato, visitò il Salon, dove rimase colpito da un [[Puvis de Chavannes]] e da una mostra d'arte giapponese. Poi, come convenuto, il 21 maggio partì per stabilirsi a [[Auvers-sur-Oise]], un villaggio a una trentina di chilometri da Parigi dove risiedeva un medico amico di Théo, il dottor [[Paul-Ferdinand Gachet]] (1828-1909), che si sarebbe preso cura di lui. Van Gogh prese alloggio nel caffè-locanda gestito dai coniugi Ravoux, nella piazza del Municipio. Sembrò soddisfatto della nuova sistemazione: «Auvers è di una bellezza severa, e la campagna è caratteristica e pittoresca.»<ref>Lettera (n. 635) a Théo van Gogh, 21 maggio 1890.</ref>
 
Il sessantaduenne62enne dottor Gachet, omeopata, [[Charles Darwin|darwinista]], favorevole alla [[cremazione]] dei defunti - un'opinione scandalosa a quei tempi - repubblicano, socialista e [[libero pensatore]], era un personaggio molto noto ad Auvers, dove abitava in un villino che dominava il paese. Laureatosi a [[Montpellier]] in medicina generale e con un particolare interesse per la [[psichiatria]], esercitò a lungo a Parigi, dove conobbe molti artisti, da [[Victor Hugo]] a [[Gustave Courbet]], da [[Édouard Manet|Manet]] a [[Pierre-Auguste Renoir|Renoir]] e [[Paul Cézanne|Cézanne]], e la sua casa conservava parecchie tele di impressionisti, oltre a una notevole quantità di soprammobili e oggetti vari che van Gogh chiamava «nere anticaglie».
 
Fu anche disegnatore, pittore - partecipò a esposizioni firmandosi con lo pseudonimo di van Ryssel - e incisore dilettante: nella macchina presente in casa Cézanne, Pissarro e Guillaumin eseguirono alcune incisioni e fu su suo consiglio che van Gogh eseguì la sua unica acquaforte che ritrae lo stesso dottor Gachet.
La sua competenza nelle cose artistiche, certe comuni preferenze e anche il suo garbo e la sua natura fondamentalmente malinconica fecero presa sul pittore, che frequentò spesso la sua casa, ritraendo due volte la figlia Marguerite e non mancando di fargli il ritratto, che replicò anche in una seconda versione.<ref>Lettera (n. 638) a Théo van Gogh, 4 giugno 1890.</ref>:
[[File:Vincent van Gogh (1853-1890) - Wheat Field with Crows (1890).jpg|min|Vincent van Gogh, ''[[Campo di grano con volo di corvi]]'' (Auvers-sur-Oise, luglio 1890); olio su tela, 50,5x103 cm, 1890, Van Gogh Museum, Amsterdam. F 779, JH 2117.]]
 
{{Citazione|lavoro al suo ritratto; la testa, con un berretto bianco, molto bionda, molto chiara; anche la carnagione delle mani molto bianca, un frac blu e uno sfondo blu cobalto; appoggiato a una tavola rossa, sopra la quale c'è un libro giallo e una pianta di digitale dai fiori purpurei [...] Gachet è assolutamente fanatico di questo ritratto|}}
 
In quegli stessi giorni Van Gogh confidò<ref>Lettera (W 22) a Wilhelmina van Gogh, giugno 1890.</ref> che il suo maggior interesse, nella pittura, era il ritratto, «il ritratto moderno»:
 
{{Citazione|Vorrei fare dei ritratti che tra un secolo, alla gente di quel tempo, sembrassero delle apparizioni. Non cerco di raggiungere questo risultato attraverso la somiglianza fotografica, ma attraverso un'espressione appassionata, impiegando come mezzo di espressione e di esaltazione del carattere la nostra conoscenza e il nostro gusto moderno del colore|}}
 
In giugno Théo e la famiglia gli fecero visita e progettarono la possibilità di affittare ad Auvers una casa dove Vincent avrebbe potuto vivere insieme a qualche altro artista. La visita fu ricambiata da Vincent il 6 luglio a Parigi, dove incontrò Toulouse-Lautrec e, per la prima volta, il critico d'arte Albert Aurier. In quei giorni Théo, oltre ad avere il figlio seriamente malato, era afflitto da problemi di lavoro: così, Vincent preferì ritornare presto ad Auvers, non sopportando il clima di tensione che percepiva nella famiglia del fratello.
 
In giugno Théo e la famiglia gli fecero visita e progettarono la possibilità di affittare ad Auvers una casa dove Vincent avrebbe potuto vivere insieme a qualche altro artista. La visita fu ricambiata da Vincent il 6 luglio a Parigi, dove incontrò Toulouse-Lautrec e, per la prima volta, il critico d'arte Albert Aurier. In quei giorni Théo, oltre ad avere il figlio seriamente malato, era afflitto da problemi di lavoro: così, Vincent preferì ritornare presto ad Auvers, non sopportando il clima di tensione che percepiva nella famiglia del fratello. Van Gogh cominciò a temere una nuova crisi, e questa eventualità lo rese particolarmente nervoso: ebbe una violenta lite con Gachet per motivi banali - gli rimproverò di non aver fatto incorniciare una tela di Guillaumin che il dottore aveva in casa - e scrisse al fratello:<ref>Lettera n. 648 a Théo van Gogh, luglio 1890.</ref>
[[File:Vincent van Gogh (1853-1890) - Wheat Field with Crows (1890).jpg|thumb|upright=2|''Campo di grano con volo di corvi'', olio su tela, 50,3x103 cm, 1890, van Gogh Museum, Amsterdam]]
Van Gogh cominciò a temere una nuova crisi, e questa eventualità lo rese particolarmente nervoso: ebbe una violenta lite con Gachet per motivi banali - gli rimproverò di non aver fatto incorniciare una tela di Guillaumin che il dottore aveva in casa - e scrisse al fratello<ref>Lettera (648) a Théo van Gogh, luglio 1890.</ref>:
 
{{Citazione|Credo che non bisogna contare in alcun modo sul dottor Gachet. Mi sembra che sia più malato di me, o almeno quanto me. Ora, quando un cieco guida un altro cieco, non andranno a finire tutti e due nel fosso? Non so che dire. Certamente la mia ultima crisi, che fu terribile, fu in gran parte dovuta all'influenza di altri malati; e poi la prigione mi opprimeva e il dottor Peyron non ci faceva caso, lasciandomi vegetare in quell'ambiente profondamente corrotto.|}}
 
DipinseNel periodo auversiano, in poco meno che due mesi, Vincent realizzò il ''Paesaggio con cielo tempestoso'', il ''[[Campo di grano con volo di corvi]]'' e ''Il giardino di Daubigny'' e scrisse:<ref>Lettera (n. 649) a Théo van Gogh, Auvers-surOise, luglio 1890.</ref>:
 
{{Citazione|Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello mi casca quasi di mano e, sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l'estrema solitudine.|}}
 
È certo che egli non facevafacesse nulla per alleviare la suapropria solitudine nonostante ne fosse oppresso: non frequentò mai i non pochi pittori che soggiornavano ad Auvers - uno di essi, l'olandese Anton Hirschig, alloggiava nel suo stesso albergo - anchei sequali forseperaltro, loroda stessi,parte loro spaventati, lo evitavano, a causa della sua malattia. Per lo stesso Hirschig egli «aveva un'espressione assolutamente folle, con gli occhi infuocati, che non osavo guardare».
 
==== La morte misteriosa ====
{{vedi anche|Morte di Vincent van Gogh}}
La sera del 27 luglio 1890, una domenica, dopo essere uscito per dipingere i suoi quadri come al solito nelle campagne che circondavano il paese, rientrò sofferente nella locanda e si rifugiò subito nella sua camera: Ravoux, non vedendolo a pranzo, salì in camera sua, trovandolo disteso e sanguinante sul letto: a lui van Gogh confessò di essersi sparato un colpo di rivoltella al petto in un campo vicino<ref>{{cita|Storia dell'Arte|p. 284|sa}}.</ref><ref name=c150/>.
La sera del 27 luglio 1890, una domenica, dopo essere uscito per dipingere i suoi quadri come al solito nelle campagne che circondavano il paese, rientrò la sera sofferente nella locanda e si rifugiò subito nella sua camera. Ravoux, non vedendolo a pranzo, salì in camera sua, trovandolo disteso e sanguinante sul letto: a lui van Gogh confessò di essersi sparato un colpo di rivoltella allo stomaco in un campo vicino<ref>{{cita|''Storia dell'arte'' De Agostini|p. 284}}.</ref><ref name=c150/>.
 
[[File:Vincent-van-gogh-echo-pontoisien-august7-1890.jpg|min|Un trafiletto de ''L'Écho Pontoisien'' del 7 agosto 1890 che annuncia la morte di van Gogh.]]
Al dottor Gachet - che, non potendo estrarre il proiettile, si limitò ad applicare una fasciatura mentre gli esprimeva, comunque, la speranza di salvarlo - rispose che aveva tentato con coscienza il suicidio e che, se fosse sopravvissuto, avrebbe dovuto «riprovarci»: «volevo uccidermi, ma ho fatto cilecca». Rifiutò di dare spiegazioni del suo gesto ai gendarmi e, con il fratello Théo che, avvertito, era accorso la mattina dopo, trascorse tutto il 28 luglio, fumando la pipa e chiacchierando seduto sul letto: gli confidò ancora che la sua «tristezza non avrà mai fine». Sembra che le sue ultime parole siano state «ora vorrei ritornare»<ref>Lettera di Théo van Gogh alla moglie Johanna van Gogh-Bonger, 29 luglio 1890</ref>.
 
Al dottor Gachet - che, non potendo estrarre il proiettile, si limitò ad applicare una fasciatura mentre gli esprimeva, comunque, la speranza di salvarlo - rispose che aveva tentato con coscienza il [[suicidio]] e che, se fosse sopravvissuto, avrebbe dovuto «riprovarci»: «volevo uccidermi, ma ho fatto cilecca». Rifiutò di dare spiegazioni del suo gesto ai gendarmi e, con il fratello Théo che, avvertito, era accorso la mattina dopo, trascorse tutto il 28 luglio, fumando la pipa e chiacchierando seduto sul letto: gli confidò ancora che la sua «tristezza non avrà mai fine». Sembra che le sue ultime parole siano state «ora vorrei ritornare».<ref>Lettera di Théo van Gogh alla moglie Johanna van Gogh-Bonger, 29 luglio 1890.</ref> Poco dopo ebbe un accesso di soffocamento, poi perse conoscenza e morì quella notte stessa, verso l'1:30 del 29 luglio. Aveva 37 anni.<ref name=c150>{{cita|Crispino|p. 150|crispino}}.</ref> In tasca gli trovarono una lettera non spedita a Théo, dove aveva scritto, tra l'altro: «Vorrei scriverti molte cose ma ne sento l'inutilità [...] per il mio lavoro io rischio la vita e ho compromesso a metà la mia ragione».<ref name=c150/>
[[File:Grave of Vincent van Gogh.jpg|thumb|Le tombe di Vincent e Théo van Gogh ad [[Auvers-sur-Oise]]]]
 
Essendo il pittore morto suicida, il parroco di Auvers si rifiutò di benedirne la salma, e il carro funebre fu fornito da un municipio vicino. La vicina cittadina di Méry, comunque, acconsentì alla sepoltura e il funerale si tenne il 30 luglio. Van Gogh venne sepolto adagiato in una bara, rivestita da un drappo bianco e ricoperta da mazzi di fiori, dai girasoli che amava tanto, dalle dalie e da altri fiori gialli. Oltre a Théo e al dottor Gachet furono presenti pochi amici giunti da Parigi: Lucien Pissarro, figlio di [[Camille Pissarro|Camille]], [[Émile Bernard]], [[Père Tanguy|''père'' Tanguy]].<ref>{{cita|Crispino|p. 151}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.vangoghvincent.altervista.org/biografia.html|titolo=Van Gogh. Biografia|accesso=24 giugno 2013}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.vggallery.com/misc/bio.htm|titolo=Van Gogh. Biography, citazione tratta da 1. Cahier Vincent 4: 'A Great Artist is Dead': Letters of Condolence on Vincent van Gogh's Death by Sjraar van Heugten and Fieke Pabst (eds.), (Waanders, 1992), pages 32-35.|accesso=24 giugno 2013}}</ref>
Van Gogh venne sepolto adagiato in una bara, rivestita da un drappo bianco e ricoperta da mazzi di fiori, dai girasoli che amava tanto, dalle dalie e da altri fiori gialli: oltre a Théo e al dottor Gachet furono presenti pochi amici giunti da Parigi: [[Lucien Pissarro]], figlio di [[Camille Pissarro|Camille]], [[Émile Bernard]], [[Père Tanguy]]<ref>{{cita|Crispino|p. 151|crispino}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.vangoghvincent.altervista.org/biografia.html|titolo=Van Gogh. Biografia|accesso=24 giugno 2013}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.vggallery.com/misc/bio.htm|titolo=Van Gogh. Biography, citazione tratta da 1. Cahier Vincent 4: 'A Great Artist is Dead': Letters of Condolence on Vincent van Gogh's Death by Sjraar van Heugten and Fieke Pabst (eds.), (Waanders, 1992), pages 32-35.|accesso=24 giugno 2013}}</ref>.
 
[[File:Graves of Vincent and Théodore Van Gogh.jpg|min|Oggi Vincent e Théo riposano insieme nel cimitero di [[Auvers-sur-Oise|Auvers]], in Francia.]]
Pochi mesi dopo anche Théo van Gogh venne ricoverato in una clinica parigina per malattie mentali. Dopo un apparente miglioramento si trasferì a [[Utrecht]], dove morì il 25 gennaio 1891 a sei mesi di distanza dal fratello.
Pochi mesi dopo, anche Théo van Gogh, distrutto dopo la morte del fratello, venne ricoverato in una clinica parigina per malattie mentali. Dopo un apparente miglioramento, si trasferì a [[Utrecht]], dove morì il 25 gennaio 1891, a sei mesi di distanza da Vincent, oppresso dai sensi di colpa di non avere aiutato il fratello a sufficienza. Nel 1914, le sue spoglie, per volontà della vedova Johanna van Gogh-Bonger, furono trasferite ad Auvers e tumulate accanto a quelle didell'amato Vincentfratello.<ref>{{cita web|url=http://www.van-gogh.fr/|titolo=Van Gogh|lingua=fr|accesso=4 aprile 2012|dataarchivio=23 aprile 2012|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120423050000/http://www.van-gogh.fr/|urlmorto=sì}}</ref>. Johanna chiese che un ramoscello di edera del giardino del Dottor Gachet venisse piantato tra le due pietre tombali, e ancora oggi le lapidi sono immerse in un groviglio di edera.
 
Nel 2011, gli storici dell'arte Steven Naifeh e Gregory White Smith, nella biografia ''Van Gogh: The Life'',<ref>{{cita web|url=http://www.vangoghbiography.com/mission /|titolo=Van Gogh: The Life |lingua=en |accesso=19 giugno 2013}}</ref> hanno avanzato l'ipotesi che van Gogh non sarebbe morto suicida. Ipotizzano che l'artista, mentre stava dipingendo in un campo, sarebbe stato colpito da un colpo di rivoltella sparato accidentalmente da due ragazzi che si divertivano a tormentarlo giocando con una pistola. Secondo gli autori, Vincent - profondamente desideroso di morte, [[Disturbo depressivo|depresso]] e consapevole dei guai in cui sarebbero incorsi i ragazzi - non avrebbe rivelato a nessuno la circostanza, lasciando credere di essersi sparato da solo.<ref>{{cita news|url=http://www.corriere.it/cultura/11_ottobre_17/van-gogh-morte_85377a2a-f8aa-11e0-a70e-53be2c0ab142.shtml|titolo=«Van Gogh non si suicidò, ma fu ucciso per errore»|autore=Francesco Tortora|data=17 ottobre 2011|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|accesso=27 dicembre 2012}}</ref> Alla base di queste interpretazioni ci sono alcune dicerie raccolte in loco dallo storico dell'arte John Rewald nel 1930, delle quali, nel libro, non si cita la fonte, e un'intervista del 1956, ugualmente priva di riferimenti bibliografici, a René Secretan, indicato, assieme al fratello Gaston, come il responsabile. La comunità accademica non ha accolto queste ipotesi e Leo Jansen, curatore del van Gogh Museum di Amsterdam ha definito queste conclusioni «non sufficientemente provate» affermando, peraltro, che «i due autori non hanno trovato fatti nuovi, ma li hanno interpretati in maniera diversa».<ref>{{cita web| url = http://www.winnipegfreepress.com/arts-and-life/entertainment/arts/van-gogh-museum-unconvinced-by-new-theory-painter-didnt-commit-suicide-but-was-shot-by-2-boys-131973238.html?viewAllComments=y| titolo = Van Gogh museum unconvinced by new theory painter didn't commit suicide but was shot by 2 boys | autore=Max, Arthur | data =17 ottobre 2011 | accesso= 19 giugno 2013}}</ref>
Secondo gli autori Vincent - profondamente depresso e desideroso di morte, oltre che consapevole dei guai in cui sarebbero incorsi i ragazzi - non avrebbe rivelato a nessuno la circostanza, lasciando credere di essersi sparato da solo<ref>{{cita news|url=http://www.corriere.it/cultura/11_ottobre_17/van-gogh-morte_85377a2a-f8aa-11e0-a70e-53be2c0ab142.shtml|titolo=«Van Gogh non si suicidò, ma fu ucciso per errore»|autore=Francesco Tortora|data=17 ottobre 2011|pubblicazione=[[Il Corriere della Sera]]|accesso=27 dicembre 2012}}</ref>.
Alla base di queste interpretazioni ci sono alcune dicerie raccolte nel 1930 delle quali, nel libro, non si cita la fonte, e una intervista del 1956, ugualmente priva di riferimenti bibliografici, a Renè Secretan indicato, assieme al fratello Gaston, come il responsabile.
 
== L'arte e le opere di van Gogh ==
La comunità accademica non ha accolto queste ipotesi e Leo Jansen, curatore del van Gogh Museum di Amsterdam ha definito queste conclusioni "''non sufficientemente provate''" affermando, peraltro, che "''i due autori non hanno trovato fatti nuovi, ma li hanno interpretati in maniera diversa''"<ref>{{cita web| url = http://www.winnipegfreepress.com/arts-and-life/entertainment/arts/van-gogh-museum-unconvinced-by-new-theory-painter-didnt-commit-suicide-but-was-shot-by-2-boys-131973238.html?viewAllComments=y| titolo = Van Gogh museum unconvinced by new theory painter didn't commit suicide but was shot by 2 boys | autore=Max, Arthur | data =17 ottobre 2011 | accesso= 19 giugno 2013}}</ref>.
=== Gli esordi: la pittura contadina ===
{{vedi anche|Studi di van Gogh sui contadini}}
[[File:Het uitgaan van de Hervormde Kerk te Nuenen - s0003V1962 - Van Gogh Museum.jpg|min|verticale|Vincent van Gogh, ''La chiesa di Nuenen con i fedeli'' (Nuenen, ottobre 1884); olio su tela, 41,5x32 cm, [[Van Gogh Museum]], Amsterdam.]]
Non si può sostenere che la pittura sia stata una vocazione per van Gogh, che infatti cominciò a dipingere dopo aver compiuto ventotto anni. A giudicare dagli anni della sua piena giovinezza, se egli ebbe una vocazione, fu quella di essere vicino ai miseri della terra, i braccianti, i contadini poveri e gli operai per i quali il lavoro rappresentava la maggiore sofferenza, quelli delle miniere.
 
Un'altra contingenza familiare - l'attività del fratello Théo nell'ambito del commercio d'arte - lo indirizzò alla pittura, dove raccolse e fece proprio il messaggio, che non era soltanto artistico, ma ancora sociale ed etico, di Daumier, Courbet e Millet, tutti pittori che raffiguravano il mondo degli umili senza compiacenze pittoresche e aneddotiche. Van Gogh libera le radici del proprio fare pittorico proprio quando raffigura gli esclusi dai privilegi della società moderna: ecco, allora, che i suoi quadri si popolano di contadini che vangano una terra dura e sassosa, che escono dalle loro casupole semplici e dignitose o che si riscaldano davanti alla fiammella di un focolare. Il ''pathos'' rustico di questi temi, tutti trattati con una tavolozza monotona e terrosa (nulla lascia presagire la colorazione viva che contraddistinguerà le sue successive opere), è raccontato con partecipazione sincera da van Gogh, che conferisce piena dignità pittorica alla nobile eppure straziante fatica del loro lavoro quotidiano. L'''ethos'' del lavoro manuale che trasuda dalle opere del primo van Gogh rispecchia fedelmente il credo politico-sociale del pensatore [[John Ruskin]], autore di un'opera denominata ''Pietre di Venezia, Sulla natura del Gotico'' dove denunciò con toni particolarmente allarmati il potere [[alienazione|alienante]] del lavoro industriale, cui contrappone la nobile creatività dell'artigianato. In questi passi Ruskin sembra quasi parafrasare van Gogh:
== Tra arte e follia ==
{{citazione|Finché gli uomini lavorano come uomini e il loro cuore è in ciò che essi fanno, non importa più quanto possa essere difficile il lavoro manuale, qualcosa che non ha prezzo ma resterà sempre nel lavoro}}
Nel corso degli anni vi è stato un acceso dibattito per quanto riguarda l'[[eziologia]] della malattia di van Gogh e quanto abbia inciso sulla sua produzione artistica. Oltre 150 [[psichiatri]] hanno tentato di classificare i suoi disturbi, con il risultato di circa 30 [[diagnosi]] diverse.<ref name="Blumer">Blumer, Dietrich. "[http://ajp.psychiatryonline.org/cgi/content/abstract/159/4/519 "The Illness of Vincent van Gogh]". ''American Journal of Psychiatry'', 2002.</ref> Esse includono la [[schizofrenia]], il [[disturbo bipolare]], la [[sifilide]], l'[[avvelenamento]] da ingestione di vernici, l'[[epilessia]] del [[lobo temporale]] e la [[porfiria acuta intermittente]], con l'aggravante della [[malnutrizione]], del lavoro eccessivo, dell'[[insonnia]] e del [[alcolismo|consumo di alcool]], in particolare di [[assenzio]].
La maggiore realizzazione di questo periodo fu ''I mangiatori di patate'', nei quali, oltre a voler esprimere la propria simpatia verso gli umili, immedesimando in loro se stesso, van Gogh volle soprattutto rappresentare - come scrisse - coloro che esprimono la dignità della propria umanità, vivendo pur miseramente ma del prodotto del proprio lavoro, seppure, come è stato detto, egli nell'opera non fu «ben servito né dal suo disegno pesante e materiale, né dal suo colore assai scuro e sporco, senza energia né vitalità». E tuttavia, ancora alla fine del 1887, da Parigi confidava che «le scene di contadini che mangiano patate» erano ancora le cose migliori che avesse mai fatto.
 
=== La virata post-impressionista ===
== L'arte e le opere di Van Gogh ==
==== «A Parigi c'erano infiniti vetri colorati ...» ====
{{Vedi anche|Prime opere di Vincent van Gogh|Opere di Vincent van Gogh|Studi di van Gogh sui contadini}}
Van Gogh, una volta giunto a Parigi, fu travolto dall'esuberanza dei nuovi stimoli pittorici che lì stavano germogliando e fiorendo. Nella metà dell'Ottocento, d'altronde, in Francia erano maturati i presupposti per una vera e propria ''querelle des anciens et des modernes'' che vide contrapposti da una parte gli araldi dell'[[art pompier]], sommi depositari di un sapere tecnico, fatto di regole oggettive e ferree e nobilitato dal trascorrere dei secoli, e dall'altra gli avanguardisti della modernità, interessati a «catturare gli umori della vita, a gettare uno sguardo coraggioso sullo scenario della quotidianità e a introdurre una più libera interpretazione della forma e del colore» (Metzger). Nonostante queste convinzioni di fondo, i «pittori della vita moderna» si diversificavano tra di loro sia per formazione intellettuale, sia per temi e soluzioni specifici: gli Impressionisti e i Divisionisti, per esempio, si ponevano in maniera radicalmente differente rispetto alla problematica della luce. La scena artistica europea, dunque, non si concretizzava in un qualcosa di monolitico, siccome presentava un insieme pluriforme di autori e di dottrine.
 
Van Gogh interiorizzò e assimilò con notevole rapidità tutti questi «ismi», senza per questo consacrarsi a una corrente artistica specifica: anzi, egli attinse arbitrariamente da ciascuna corrente e le usò in combinazione a proprio piacimento, dando così vita a uno stile originale e personalissimo. Di seguito si riporta una citazione del Metzger:
{{Doppia immagine|left|Vincent Willem van Gogh 037.jpg||Vincent Willem van Gogh 002.jpg||''[[La ronda dei carcerati]]'', 1890, [[Museo Puškin delle belle arti|Museo Puškin]], Mosca|''Uomo anziano nel dispiacere'', [[Museo Kröller-Müller]], Otterlo|larghezza totale=300}}
{{citazione|"Un'opera d'arte" - così aveva formulato Zola la sua famosa definizione dell'arte - "è un angolo della creazione visto attraverso un temperamento. L'immagine che vediamo su questo schermo, che è nuova per noi, consiste nella riproduzione di cose e persone sull'alto lato dello schermo rispetto a dove ci troviamo noi: è quella riproduzione, che non può mai essere completamente fedele, cambia ogni volta che un nuovo schermo si frappone tra il nostro occhio e il mondo. Esattamente allo stesso modo, i vetri colorati fanno apparire le cose di diversi colori, e le lenti concave e convesse distorcono gli oggetti". Per proseguire nella metafora di Zola: a Parigi van Gogh si accorse che c'erano infiniti vetri colorati a sua disposizione quando si trattava di affrontare quella finestra nota come dipinto. Tuttavia, e questo è un punto centrale di tutta la sua opera, non chiude mai quella finestra, cosa che renderebbe impossibile la visione e che costruirebbe il quadro soltanto sul ricordo, sull'immaginazione dell'artista|Rainer Metzger<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 278}}.</ref>}}
 
==== Van Gogh e l'Impressionismo ====
Non si può sostenere che la pittura sia stata una vocazione per van Gogh, che infatti cominciò a dipingere dopo aver compiuto ventotto anni. A giudicare dagli anni della sua piena giovinezza, se egli ebbe una vocazione, fu quella di essere vicino ai miseri della terra, i braccianti, i contadini poveri e gli operai per i quali il lavoro rappresentava la maggiore sofferenza, quelli delle [[miniera|miniere]].
Inizialmente van Gogh non era affatto interessato alla pittura impressionista:
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{{Citazione|Ad Anversa non sapevo nemmeno che cosa fossero gli impressionisti: adesso li ho veduti e pur non facendo ancora parte del loro clan ho molto ammirato alcuni dei loro quadri: un nudo di Degas, un paesaggio di Claude Monet [...] da quando ho veduto gli impressionisti, Le assicuro che né il Suo colore né il mio sono esattamente uguali alle loro teorie|}}
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{{Citazione|Quando si vedono per la prima volta [i lavori degli Impressionisti] si rimane delusi: le loro opere sono brutte, disordinate, mal dipinte e mal disegnate, sono povere di colore e addirittura spregevoli. Questa è la mia prima impressione quando sono venuto a Parigi|}}
{{colonne fine}}
[[File:Van Gogh - Bäume und Unterholz2.jpeg|min|Vincent van Gogh, ''Alberi e sottobosco'' (Parigi, estate 1887); olio su tela, 46,5×55,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam.]]
 
Per Vincent l'arte moderna era rappresentata dalla [[scuola di Barbizon]]: oltre all'ormai classico [[Eugène Delacroix]], egli ammirava: [[Jean-Baptiste Camille Corot]], [[Honoré Daumier]], [[Constant Troyon]], [[Charles-François Daubigny]], Bastien Lepage, Jean François Aschemlsch e soprattutto [[Jean-François Millet]], che rappresentava per lui il vertice della pittura. L'importanza che il suo iniziale dilettantismo e la sua inclinazione essenzialmente romantica attribuiva al soggetto del dipinto e alla correttezza tecnica dell'esecuzione gli faceva apprezzare perfino un [[Ernest Meissonier|Meissonier]], lodatissimo a quel tempo ma molto lontano dal suo spirito. D'altronde sapeva che l'abilità tecnica non doveva essere il fine dell'arte, ma solo il mezzo per esprimere il proprio sentire: «quando non posso farlo in modo soddisfacente, mi sforzo di correggermi. Ma se il mio linguaggio non piace, ciò mi lascia completamente indifferente».<ref>Lettera a van Rappard, aprile 1884.</ref>
Un'altra contingenza familiare - l'attività del fratello Théo nell'ambito del commercio d'arte - lo indirizzò alla pittura, dove raccolse e fece proprio il messaggio, che non era soltanto artistico, ma ancora sociale ed etico, di [[Honoré Daumier|Daumier]], [[Gustave Courbet|Courbet]] e [[Jean-François Millet|Millet]]. La maggiore realizzazione di questo periodo fu ''[[I mangiatori di patate]]'', nei quali, oltre a voler esprimere la propria simpatia verso gli umili, immedesimando in loro sé stesso, volle soprattutto rappresentare - come scrisse - coloro che esprimono la dignità della propria umanità, vivendo pur miseramente ma del prodotto del proprio lavoro, seppure, come è stato detto,<ref>{{cita|Venturi|p. 313|venturi}}.</ref> egli nell'opera non fu «ben servito né dal suo disegno pesante e materiale, né dal suo colore assai scuro e sporco, senza energia né vitalità». E tuttavia, ancora alla fine del 1887, da Parigi confidava che «le scene di contadini che mangiano patate»<ref>Lettera (W 1) a Wilhelmina van Gogh.</ref> erano ancora le cose migliori che avesse mai fatto.
 
Van Gogh, a differenza degli Impressionisti, non cercò di cogliere l'attimo fuggente, né volle mai utilizzare il colore e la materia in funzione della cangiante mobilità della luce. Come loro si rapportava al reale con un approccio immediato, ma i rapidi tocchi di colore impiegati da van Gogh non si profilano sulla tela come le «virgolettature» impressioniste, bensì descrivono una fantasmagoria di linguette «minute, accostate, flesse, orientate, parallele a blocchi» (StileArte) che riecheggiano e potenziano la sagoma del soggetto dipinto. Van Gogh, dunque, rinuncia all'accidentalità ottica e cromatica delle opere impressioniste in favore di un tratto forte ed inciso e di una forte marcatura cromatica: in questo senso la sua esperienza figurativa si può definire «post-impressionista di tendenza espressionista», proprio perché supera apertamente l'impostazione impressionista con stilemi che accentuano i valori emozionali ed espressivi dell'opera stessa, rispondendo dunque non tanto a una trascrizione pedissequa del dato naturalistico quanto al modo di sentire del pittore.
Fu in seguito ad una visita al [[Rijksmuseum]] che ebbe modo di riconoscere che molti dei suoi difetti nella pittura erano dovuti alla mancanza di esperienza tecnica.<ref name="d1909">{{cita|Dorn, Sillevis||dorn}}.</ref> Così, nel novembre 1885, si recò ad Anversa e poi a Parigi per apprendere e sviluppare le sue abilità.<ref>{{cita|Welsh-Ovcharov & Cachin|pp. 330-338|cachin}}.</ref>
 
==== Il «giapponismo» di van Gogh ====
A Parigi, Van Gogh comprese la necessità di concentrarsi non tanto su un soggetto determinato, ma su come dipingere: assimilò il modo [[impressionismo|impressionista]] ma senza accettarlo, perché egli aveva necessità di porsi direttamente di fronte alle cose, eliminando la mediazione degli effetti atmosferici e delle vibrazioni di luce. Il paesaggio meridionale della [[Provenza]], con la certezza della sua visione immobile e assolata, serviva al meglio al suo scopo.
[[File:Van Gogh - Oiran (Nach Kesaï Eisen).jpeg|min|verticale|Vincent van Gogh, ''Japonaiserie: Oiran'' (Parigi, settembre-ottobre 1887); olio su tela, 105,5×60,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam.]]
 
Durante il biennio trascorso a Parigi crebbe in van Gogh l'interesse per l'[[arte giapponese]], che aveva già mostrato di apprezzare nelle sue lettere scritte ad Anversa.<ref>{{cita|Crispino|p. 78}}.</ref> Grazie all'apertura dei porti del [[Giappone]] al commercio europeo, avvenuta verso la fine del [[XIX secolo]], il [[giapponismo]] e l'arte asiatica in generale divennero di grande interesse in Francia. Van Gogh acquistò le sue prime stampe ad Anversa e trasmise il suo interesse per quell'arte lontana al fratello Theo; insieme raccolsero più di quattrocento opere, oggi conservate al Van Gogh Museum di Amsterdam.<ref>{{cita|Homburg|p. 29}}.</ref> L'infatuazione che van Gogh provò nei confronti dell'arte del Sol Levante era talmente intensa che Siegfried Bing, uno dei mercanti d'arte orientale più acclamati di Parigi (dove ben trentasette botteghe erano impegnate nel commercio di cineserie e oggettistica giapponese), aveva aperto a Vincent persino le porte del proprio magazzino riservato.
[[File:Van Gogh La Crau.jpg|thumb|''La pianura della Crau'', olio su tela, 73 x 92 cm, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
 
Le stampe giapponesi, infatti, proponevano una maggiore disinvoltura nella raffigurazione dello spazio, che dunque poteva cimentarsi in intriganti incoerenze dimensionali, e una cromia dalle notevoli qualità ornamentali. Furono queste tutte peculiarità che ebbero un'influenza determinante sulla figurazione di van Gogh, che dopo il soggiorno parigino iniziò ad orchestrare giochi cromatici spregiudicati e liberi e a descrivere composizioni temerarie, bidimensionali, non più bloccate in volumetrie solide eppure mortificanti. Tra i suoi lavori di chiara ispirazione giapponese vanno ricordati ''La cortigiana'', ''La fioritura'', ''L'italiana'' ed il ''Ritratto di père'' ''Tanguy''.
Così, nella ''Pianura della Crau'', dipinta nel giugno del 1888 ad Arles, i colori si distendono in zone compatte, susseguendosi in profondità,<ref>{{cita|Venturi|p. 315|venturi}}.</ref> e
 
Lo stesso van Gogh non fece mai mistero della fascinazione estetica e culturale esercitata su di lui dalle stampe giapponesi e, nell'estate del 1888, affermò: «Il mio lavoro si è costruito, per così dire, su quello dei giapponesi. L'arte giapponese è in decadenza nella sua terra d'origine, ma cresce da nuove radici negli Impressionisti francesi». Del settembre dello stesso anno è invece la seguente lettera:
{{Citazione|risultano a un tempo più intensi e preziosi e più calmi, di quella calma che è propria della certezza alfine raggiunta. Se in primo piano vi sono ancora i tocchi impressionistici, più lontano le zone danno al motivo una consistenza e una chiarezza assoluta. I toni di giallo, dal limone all'arancio, appaiono interrotti da una zona di verde, si spingono all'orizzonte che è alto ma lontano, così da apparire infinito, contro il cielo di un verde azzurro tendente al grigio. L'arte di Van Gogh, che era estremamente soggettiva, si è fatta oggettiva, l'anima dell'artista si è distaccata dal suo prodotto, si è annullata nell'oggetto, l'ha reso stupendo per sé, un'immagine da adorare|}}
{{Citazione|Non si potrebbe studiare l'arte giapponese, mi sembra, senza diventare molto più sereni e più felici: dobbiamo ritornare alla natura, nonostante la nostra educazione e il nostro lavoro in un mondo convenzionale. ... Invidio ai giapponesi l'estrema nitidezza che tutte le cose hanno presso di loro. Nulla vi è mai noioso, né mi sembra mai fatto troppo in fretta. Il loro lavoro è semplice come respirare: essi fanno una figura mediante pochi tratti sicuri, con la stessa disinvoltura come se si trattasse di una cosa semplice quanto abbottonarsi il panciotto|Vincent van Gogh}}
 
Da Arles, nell'agosto del 1888, scriveva<ref>Lettera (520) a Théo van Gogh.</ref> di essere tornato alle idee sostenute prima di trasferirsi a Parigi, ossia alla necessità di rendere con maggior forza la realtà attraverso un uso «arbitrario» del colore: così, il ritratto di un artista dovrà essere sì il più fedele possibile quanto ai lineamenti, ma per esprimere che quell'artista «sogna sogni grandiosi» e «lavora come l'usignolo canta, perché così è la sua natura», dovrà esagerare il biondo dei capelli, arrivando fino «al limone pallido», e come sfondo, anziché la banale parete di un appartamento, dipingere «l'infinito», il «turchino più intenso e più violento», in modo che «la testa bionda illuminata sullo sfondo turchino cupo» ottenga un effetto misterioso, «come una stella nel profondo azzurro».
 
[[File:Vincent Van Gogh Joseph Roulin.jpg|thumb|left|''Ritratto del postino Joseph Roulin, 1888, Museum of Fine Arts, Boston]]
 
Secondo il critico d'arte [[Giulio Carlo Argan]], si potrebbe sostenere che van Gogh,<ref>{{cita|Argan|p. 157|argan}}.</ref>
 
{{Citazione|ha capito che l'arte non deve essere uno strumento, ma un agente della trasformazione della società e, più a monte, dell'esperienza che l'uomo fa del mondo. Nel generale attivismo, l'arte deve inserirsi come una forza attiva, ma di segno contrario: lampante scoperta della verità contro la crescente tendenza all'alienazione e alla mistificazione. Anche la tecnica della pittura deve mutare, opporsi alla tecnica meccanica dell'industria come un fare suscitato dalle forze profonde dell'essere: il fare etico dell'uomo contro il fare razionale della macchina. Non si tratta più di rappresentare il mondo in modo superficiale o profondo: ogni segno di Van Gogh è un gesto con cui affronta la realtà per cogliere e far proprio il suo contenuto essenziale, la vita|}}
 
La vita che esprime nel modo più immediato è certamente quella data da un modello "vivente", quale che sia, come il signor Joseph Roulin, il postino di Arles. La realtà del suo modello è indubitabile: è un uomo biondo, dagli occhi azzurri e veste una divisa blu. Ma è nella possibilità del pittore costruire mediante il colore quell'esistenza che, da oggetto indipendente, viene "rifatto", "rivivendo" così un'esistenza che è propria solo in quanto è stata "ricreata" dall'artista. Poiché i colori dominanti del dipinto sono il blu e il giallo, il tavolo diviene verde in quanto è la fusione dei due colori fondamentali, e il fondo bianco della parete, nel riflesso del blu della divisa, diviene celeste: «la materia pittorica acquista un'esistenza autonoma, esasperata, quasi insopportabile: il quadro non rappresenta, è».
 
Sempre secondo Argan, il ritratto di Joseph Roulin non ha nulla di «tragico» in sé: la tragedia sta nel vedere e vedersi<ref>{{cita|Argan|p. 161|argan}}.</ref>
 
{{Tripla immagine|right|Vincent van Gogh (1853-1890) - The Old Mill (1888).jpg|120|Starry_Night_Over_the_Rhone.jpg|220|Whitehousenight.jpg|178|''Il vecchio mulino'', 1888, [[Albright-Knox Art Gallery]], [[Buffalo]]|''[[Notte stellata sul Rodano]]'', 1888, [[Musée d'Orsay]], Parigi|''Casa bianca di notte'', 1890, [[Museo dell'Ermitage]], [[San Pietroburgo]]}}
 
Van Gogh spesso realizzava i suoi lavori in serie. Nel 1884, a [[Nuenen]], aveva lavorato a una serie che doveva decorare la sala da pranzo di un amico di [[Eindhoven]]. Allo stesso modo, ad Arles, nella primavera del 1888, organizzò i suoi dipinti di frutteti in fiore in [[trittico|trittici]], iniziò una serie di figure che trovarono conclusione nella serie della famiglia Roulin, e infine, quando Gauguin acconsentì di lavorare e vivere ad Arles con lui, iniziò a lavorare sulle decorazioni per la Casa Gialla, lo sforzo artistico più ambizioso che abbia mai intrapreso.<ref name="d1909"/>
 
La maggior parte del suo lavoro successivo è una rielaborazione o una rivisitazione di queste sue impostazioni basilari. Nella primavera del 1889, dipinse un altro piccolo gruppo di frutteti. In una lettera di aprile a Theo, scrisse: «ho 6 studi di primavera, due delle quali frutteti di grandi dimensioni. C'è poco tempo, perché questi effetti sono così di breve durata».<ref name="H385">{{cita|Hulsker 1980|p. 385|hulsker1980}}.</ref>
 
Lo storico dell'arte [[Albert Boime]] ritiene che van Gogh, anche nelle composizioni apparentemente fantasiose come ''[[Notte stellata]]'', basasse il suo lavoro sulla visione della realtà.<ref>{{cita|Boime 1989||boime}}.</ref> La ''Casa bianca di notte'', mostra una casa al [[crepuscolo]] con una stella in [[primo piano]] circondata da un alone giallo nel cielo. Gli [[astronomi]] della ''Texas State University–San Marcos'' hanno determinato che la stella rappresenterebbe [[Venere (astronomia)|Venere]] come appariva nel cielo serale del giugno del 1890, quando si ritiene che van Gogh abbia dipinto il quadro.<ref>Circa alle 20.00 del 16 giugno 1890, come gli astronomi hanno determinato dalla posizione di [[Venere (astronomia)|Venere]] nel dipinto. {{cita web|url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/1209192.stm|titolo=Star dates Van Gogh canvas|lingua=inglese|autore=[[BBC News]]|data=8 marzo 2001|accesso=13 aprile 2012}}</ref>
 
== Contenuti ==
=== Autoritratti ===
{{vedi anche|Autoritratti di Vincent van Gogh}}
{{Tripla immagine|left|SelbstPortrait VG2.jpg|120|Vincent Willem van Gogh 102.jpg|120|Vincent van Gogh - National Gallery of Art.JPG|120|''[[Autoritratto (Van Gogh 1889)|Autoritratto]]'', 1889, Musée d'Orsay, Parigi|''Autoritratto senza barba'', 1889, Collezione privata|''Autoritratto'', 1889, [[National Gallery of Art]]}}
 
VanTra Gogh,il durante1886 lae suail vita,1889 dipinsevan moltiGogh eseguì ben trentasette [[autoritratti]]: tradalla ilscavatissima 1886penetranza epsicologica, ilche 1889consentono rappresentòall'osservatore sedi stessocogliere benagilmente le inquietudini che tormentavano incessantemente il 37suo volteanimo.<ref>{{cita web|url=http://www.visual-arts-cork.com/genres/self-portraits.htm|titolo=Encyclopedia of Irish and World Art, art of self-portrait|lingua=ingleseen|accesso=3 giugno 2010}}</ref> InQuesto tuttegenere questefu opere,particolarmente lofrequentato sguardo deldal pittore èesclusivamente raramentedopo direttoil versotrasferimento l'osservatore.ad AncheAnversa, quando loegli sguardoiniziò èa fisso,rimediare sembraal guardaresuo altrove.aspetto Imalconcio dipintie varianotrasandato incon intensitàuna eserie coloredi eaggiustamenti alcunicosmetici ritraggonovolti l'artistaa conrenderlo lapiù barbaattraente e, altripertanto, senza.maggiormente Particolariidoneo sonoa gliuna autoritrattigrande checittà: lofu rappresentano bendato, dipintisolo dopo l'episodioche in cui lo ha visto recidersiraggiunse un orecchio.aspetto L'''Autoritrattoesteriore senzapiù barba'',curato realizzatoche allavan fineGogh diiniziò settembrea 1889,ritenere èil unogenere dei dipinti piùdell'autoritratto costosimeritevole di tuttiapprofondimenti ipittorici. tempiNon essendova stato venduto perdimenticato, 71poi,5 milioniche divan dollariGogh nelera 1998tormentato ada [[Newuna York]].<ref>{{citamancanza web|url=http://www.chiff.com/a/painting-top-ten.htm|titolo=Top-tencronica mostdi expensivedenaro paintings|editore=Chiff.com|accesso=13e giugnoche 2010}}</ref>pertanto Atrovava queldifficile tempo,reperire eramodelli ildisposti terzoa (o quartoposare per l'aggiustamentolui: dovutola all'[[inflazione]]) dipintosoluzione più pagato di sempre. Questo quadro fusemplice, anche l'ultimose autoritrattosofferta, diera van Gogh e fu realizzato come regalo didunque compleannoposare per suase madrestesso.<ref name="pick">{{cita|Pickvance 1986|p. 131|pickvance1986}}.</ref>
 
Quest'ultima circostanza affliggeva molto il pittore, non solo perché come si è visto prediligeva i ritratti, ma anche perché l'atto di eseguire un autoritratto esasperava la sua crisi esistenziale, siccome lo costringeva a mettere in discussione la propria identità, e a fronteggiare le sue pulsioni più segrete e laceranti. «Cerco una rassomiglianza più profonda di quella che raggiunge il fotografo» scrisse Vincent alla sorella, mentre a Théo rivelò: «Si dice, ed io ne sono fermamente convinto, che sia molto difficile conoscere se stessi. Tuttavia, non è di certo più semplice fare il proprio ritratto. I ritratti dipinti da Rembrandt, hanno qualche cosa in più del vero, contengono una rivelazione».<ref>{{cita web|url=http://www.musee-orsay.fr/it/collezioni/opere-commentate/cerca/commentaire_id/self-portrait-2990.html?no_cache=1&tx_commentaire_pi1%5Bsword%5D=van%20gogh&tx_commentaire_pi1%5BpidLi%5D=509%2C842%2C846%2C847%2C848%2C850&tx_commentaire_pi1%5Bfrom%5D=851&cHash=76cf8cef63|lingua=it, fr, en, de, es, pt, ru, ja, lzh, ko|editore=musée d'Orsay|città=Parigi|accesso=2 aprile 2017|titolo=Autoritratto|urlmorto=sì}}</ref> I dipinti variano in intensità e colore e alcuni ritraggono l'artista con la barba e altri senza. Particolari sono gli autoritratti che lo rappresentano bendato, dipinti dopo l'episodio in cui lo ha visto recidersi un orecchio. L'''Autoritratto senza barba'', realizzato alla fine di settembre 1889, è uno dei dipinti più costosi di tutti i tempi essendo stato venduto per 71,5 milioni di dollari nel 1998 a [[New York]].<ref>{{cita web|url=http://www.chiff.com/a/painting-top-ten.htm|titolo=Top-ten most expensive paintings|editore=Chiff.com|accesso=13 giugno 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110705044602/http://www.chiff.com/a/painting-top-ten.htm|dataarchivio=5 luglio 2011|urlmorto=sì}}</ref> A quel tempo, era il terzo (o quarto per l'aggiustamento dovuto all'[[inflazione]]) dipinto più pagato di sempre. Questo quadro fu anche l'ultimo autoritratto di van Gogh e fu realizzato come regalo di compleanno per sua madre.<ref>{{cita|Pickvance 1986|p. 131}}.</ref>
 
Tutti gli autoritratti dipinti a [[Saint-Rémy-de-Provence|Saint-Rémy]] mostrano il lato del volto dell'artista con l'orecchio sano, cioè il destro. Tuttavia, essendo realizzati allo specchio, il lato sano che appare in questi dipinti è il sinistro.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Cohen, Ben|url= httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC539517/|titolo=A Tale of Two Ears|rivista=Journal of the Royal Society of Medicine|mese=giugno|anno=2003|volume= 96|numero=6|accesso=24 agosto 2010}}</ref><ref>{{cita web|url=httphttps://www.nytimes.com/1989/09/17/arts/l-van-gogh-myths-the-ear-in-the-mirror-835489.html|titolo=Van Gogh Myths; The ear in the mirror|editore=[[New York Times]]|data=settembre 1989|accesso=24 agosto 2010|lingua=en}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.vangoghgallery.com/misc/selfportrait.html|titolo=Self Portraits|editore=Van Gogh Gallery|accesso=24 agosto 2010|lingua=en}}</ref> Durante le ultime settimane della sua vita, a [[Auvers-sur-Oise]], produsse numerosi dipinti, ma nessun autoritratto; un periodo in cui tornò a dipingere la natura.<ref>Metzger and Walther (1993), 653.</ref>
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=== Ritratti ===
Van Gogh, noto per i suoi paesaggi, sembrava però avere la sua più grande ambizione nei [[ritratto|ritratti]].<ref name="CMA67"/> A proposito di essi, ebbe a dire: «L'unica cosa in pittura che mi emoziona nel profondo della mia anima, e che mi fa sentire più infinito di ogni altra cosa».<ref name="NGA">{{Cita web |url=http://www.nga.gov/collection/gallery/gg84/gg84-46626.html |titolo=La Mousmé |anno=2011 |sito=Postimpressionism |editore=National Gallery of Art |accesso=20 marzo 2011 | postscript=Additional information about the painting is found in the audio clip. |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110510143628/http://www.nga.gov/collection/gallery/gg84/gg84-46626.html |dataarchivio=10 maggio 2011 }}</ref>
 
{{Tripla immagine|right|Van Gogh - Der Zuave (Halbfigur).jpeg|126|Vincent Willem van Gogh 086.jpg|130|Vangogh mousme.jpg|136|''Zouave'', 1888, [[Van Gogh Museum]], [[Amsterdam]]|''Patience Escalier'', 1888, Collezione privata|''[[La Mousmé seduta]]'', 1888, [[National Gallery of Art]], [[Washington DC]]}}
 
A sua sorella scrisse:<ref name="CMA67">{{Cita libro | titolo=Monet to Dalí: Impressionist and Modern Masterworks from the Cleveland Museum of Art | autore=Cleveland Museum of Art | editore=Cleveland Museum of Art | città=Cleveland | anno=2007 | pagine=67 | url=http://books.google.com/books?id=lCTuPh-ixmIC&pg=PA67#v=onepage&f=false| isbn=978-0-940717-89-3 }}</ref>
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{{Citazione|Vorrei dipingere ritratti che appaiano dopo un secolo alle persone come apparizioni. E con questo intendo, che non debbano sforzarsi di raggiungere questo obiettivo attraverso la rassomiglianza fotografica, ma grazie ai mezzi delle nostre appassionate emozioni, che vale a dire utilizzando le nostre conoscenze e il nostro gusto moderno per il colore come mezzo per arrivare alla espressione e l'intensificazione del personaggio|}}
 
In generale, nei ritratti, egli si pone il problema di:<ref>Lettera (n. 531) a Théo van Gogh, settembre 1888.</ref>
 
{{Citazione|dipingere degli uomini e delle donne con un non so che di eterno [...] mediante la vibrazione dei nostri colori [...] il ritratto con dentro il pensiero, l'anima del modello [...] esprimere l'amore di due innamorati con il matrimonio di due colori complementari, la loro mescolanza e i loro contrasti, le vibrazioni misteriose dei loro contrasti [...] esprimere la speranza con qualche stella. L'ardore di un essere con un'irradiazione di sole calante [...] non è forse una cosa che esiste realmente?}}
 
=== Cipressi ===
Sono numerosi i dipinti di van Gogh che raffigurano [[cipressi]]. «Belli come obelischi egizi»: era questo il giudizio che van Gogh riservò a queste alberature, note per svettare maestosamente nel cielo, dominando il paesaggio circostante con la loro statuaria verticalità. Queste conifere, conosciute da tempi remotissimi, provenivano dalla regione dell'Europa orientale e conferivano alle colline francesi «un carattere mediterraneo, senza però assumere le connotazioni pittoresche di un bene geografico e climatico fruibile, di un cliché da cartolina postale per turisti» (Metzger). Van Gogh, poi, correla i cipressi alla cultura egizia, eppure è ben consapevole della luttuosa simbologia che gli gravita attorno (notoriamente, infatti, i cipressi sono piantati nei cimiteri): «Il cipresso rappresenta la macchia nera in un paesaggio sotto il sole, ma è una delle note nere più interessanti, fra le più difficili da azzeccare, tra quelle che posso immaginare». Ecco, allora, che nei cipressi sussistono, senza annullarsi a vicenda e l'uno accanto all'altro, impulsi contraddittori la vita e la morte, la tristezza più nera e abissale e la più piena gioia dell’oggi, e così via.
Una delle serie più popolari e note dei dipinti di van Gogh sono i suoi [[Cupressus|cipressi]]. Durante l'estate del 1889, su richiesta della sorella Wil, realizzò diverse versioni più piccole di ''[[Campo di grano con cipressi]]''.<ref>{{cita|Pickvance 1986|p. 132-133|pickvance1986}}.</ref> Queste opere sono caratterizzate da pennellate molto dense, la stessa tecnica che utilizzò per uno dei suoi più noti dipinti: la ''[[Notte stellata]]''. Le altre opere della serie sono simili negli elementi stilistici tra cui ''Cipressi con le Alpilles sullo sfondo'' (1889), ''Cipressi'' (1889), ''Cipressi con due figure'' (1889-1890), ''Strada con cipressi e stella'' (1890) e la ''[[Notte stellata sul Rodano]]'' (1888). Questi capolavori sono diventati sinonimo dell'arte di van Gogh attraverso la loro unicità stilistica.
 
Durante l'estate del 1889, su richiesta della sorella Wil, il pittore realizzò diverse versioni più piccole di ''[[Campo di grano con cipressi]]''.<ref>{{cita|Pickvance 1986|pp. 132-133}}.</ref> Queste opere sono caratterizzate da pennellate molto dense, già utilizzate tra l'altro per uno dei suoi dipinti più celebri, ovvero la ''[[Notte stellata]]''. Le altre opere della serie sono simili negli elementi stilistici tra cui ''Cipressi con le Alpilles sullo sfondo'' (1889), ''Cipressi'' (1889), ''Cipressi con due figure'' (1889-1890), ''Strada con cipressi e stella'' (1890) e la ''[[Notte stellata sul Rodano]]'' (1888). Questi capolavori sono diventati sinonimo dell'arte di van Gogh attraverso la loro unicità stilistica.
{{tripla immagine|left|Van Gogh - Country road in Provence by night.jpg|120|Vincent Van Gogh 0020.jpg|190|Vincent Van Gogh 0016.jpg|122|''Strada con cipresso e stella'', 1890, [[Kröller-Müller Museum]]|''Cipressi'', 1889, [[National Gallery (Londra)|National Gallery]], [[Londra]]|''Cipressi'', 1888, [[Metropolitan Museum of Art]], [[New York]]}}
 
{{tripla immagine|left|Vincent van Gogh - Road with Cypress and Star - c. 12-15 May 1890.jpg|120|Vincent Van Gogh 0020.jpg|190|Vincent Van Gogh 0016.jpg|122|''[[Sentiero di notte in Provenza]]'', 1890, [[Kröller-Müller Museum]]|''Cipressi'', 1889, [[National Gallery (Londra)|National Gallery]], [[Londra]]|''Cipressi'', 1888, [[Metropolitan Museum of Art]], [[New York]]}}
''Strada con cipresso e stella'' (1890), è un'opera dal soggetto irreale e artificiale, come in ''[[Notte stellata]]''. Lo storico dell'arte Ronald Pickvance sostiene che questo dipinto rappresenti un'esperienza esaltata della realtà, una fusione tra Nord e Sud; Van Gogh e Gauguin, invece, indicano questo dipinto come un'«astrazione». Facendo riferimento a ''Cipressi con le Alpilles sullo sfondo'', in una lettera a Theo, van Gogh scrisse: «Finalmente ho un paesaggio con i cipressi e anche un nuovo studio di una notte stellata».<ref>{{cita|Pickvance 1986|pp. 101; 189-191|pickvance1986}}.</ref>
 
Il ''[[Sentiero di notte in Provenza]]'' (1890), è un'opera dal soggetto irreale e artificiale, come in ''[[Notte stellata]]''. Lo storico dell'arte Ronald Pickvance sostiene che questo dipinto rappresenti un'esperienza esaltata della realtà, una fusione tra Nord e Sud; Van Gogh e Gauguin, invece, indicano questo dipinto come un'«astrazione». Facendo riferimento a ''Cipressi con le Alpilles sullo sfondo'', in una lettera a Theo, van Gogh scrisse: «Finalmente ho un paesaggio con i cipressi e anche un nuovo studio di una notte stellata».<ref>{{cita|Pickvance 1986|pp. 101, 189-191}}.</ref>
Intorno al 1888 van Gogh, con l'ambizione di poter usufruire di una [[galleria d'arte|galleria]] per poter esporre i propri lavori, si concentrò su una serie di dipinti tra cui ''[[Girasoli (Van Gogh)|Vaso con dodici girasoli]]'' (1888), e la ''[[Notte stellata sul Rodano]]'' (1888) che saranno destinate a formare le decorazioni per la Casa Gialla, un ritrovo per artisti fondato da lui e Gauguin.<ref>{{cita|Pickvance 1984|p. 175-176|pickvance1984}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.webexhibits.org/vangogh/letter/20/595.htm|titolo=Lettera 595 Vincent a Theo|data=17 o 18 giugno 1889}}</ref>
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=== Fiori ===
{{Vedi anche|Girasoli (Van Gogh)}}
{{doppia immagine|right|VanGogh-View of Arles with Irises.jpg|150|VanGoghIrises2.jpg|160|''Veduta di Arles con iris'', 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam.|''[[Iris (Van Gogh)|Iris]]'', 1889, [[Getty Center]], [[Los Angeles]]}}
''Veduta di Arles con iris'', 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam.
|''[[Iris (Van Gogh)|Iris]]'', 1889, [[Getty Center]], [[Los Angeles]]}}
Van Gogh dipinse diverse versioni di paesaggi con fiori, come si vede in ''Paesaggio di Arles con Iris'', e dipinti che raffigurano esclusivamente fiori. I principali soggetti rappresentati sono [[Iris (botanica)|Iris]], [[Syringa|lillà]], [[Rosa (botanica)|rose]] e i suoi famosi [[Helianthus annuus|girasoli]].<ref>"[http://www.vggallery.com/misc/sunflowers.htm Letter 573]" Vincent to Theo. 22 or 23 January 1889.</ref> Queste opere riflettono i suoi interessi nel linguaggio del colore e della tecnica giapponese ''[[Ukiyo-e]]'' di cui si era appassionato.<ref>Pickvance (1986), 80–81; 184–187.</ref>
 
Uno dei soggetti più ricorrenti nell'''oeuvre'' di van Gogh sono i fiori, raffigurati sia in composizioni di ampio respiro, come ''Paesaggio di Arles con Iris'', o in rappresentazioni esclusive. Queste opere, tutte di grande effetto decorativo, riflettono splendidamente gli interessi del pittore nel linguaggio cromatico della tecnica giapponese ''[[ukiyo-e]]'' di cui si era appassionato.<ref>Pickvance (1986), 80–81; 184–187.</ref> Nella parabola artistica di van Gogh troviamo infatti raffigurati oleandri, papaveri, fiordalisi, peonie, crisantemi, rose, viscarie, zinnie, garofani, pratoline, erba cipollina, nontiscordardimé, lillà, margherite, gladioli, crisantemi, lunaria, violaciocche e persino fiori di campo.<ref>{{cita|Walther, Metzger|pp. 731-732}}.</ref> Nell'universo figurativo vangoghiano, poi, un posto di tutto rilievo spetta assolutamente ai girasoli, fiori ai quali il nome dell'artista è indissolubilmente legato. «Tu sai che Jeannin ha la peonia, che Quast ha la malva rosa, ma io ho il girasole […] se a quarant’anni dipingo i ritratti come i fiori sarò all'altezza di ogni altro artista» scrisse van Gogh al fratello Théo, aggiungendo poi: «Il girasole è mio, in un certo senso».<ref>{{cita web|url=http://www.viviversilia.it/larte-nel-mondo-i-girasoli-di-van-gogh-a-londra|autore=Susanna Benassi|titolo=L'ARTE NEL MONDO: I GIRASOLI DI VAN GOGH A LONDRA}}</ref>
L'artista ha eseguito due serie di dipinti di girasoli: la prima mentre si trovava a Parigi nel 1887 e la seconda l'anno successivo, durante il suo soggiorno ad Arles; la prima serie mostra i fiori che vivono nel terreno, mentre nella seconda gli stessi sono raffigurati morenti nei vasi. I dipinti del 1888 furono creati in un periodo di raro ottimismo per l'artista. Con essi, voleva decorare la camera da letto dove Gauguin avrebbe dovuto soggiornare ad Arles in agosto, quando i due crearono la comunità di artisti che aveva a lungo pianificato. È del 1890 l'affascinante ''Ramo di mandorlo in fiore'' o ''Ramo di mandorlo fiorito'', realizzato a Saint Rémy nel febbraio del 1890 e regalato da Van Gogh al fratello Teo e alla sua moglie Johanna in occasione della nascita del loro figlio Vincent Villem. L'opera, ispirata alle stampe giapponesi (di gran moda in quel momento), rappresenta un ramo di mandorlo fiorito, dai petali bianchi, quasi perlacei, che si stagliano in un cielo blu, dalle sfumature turchesi. Rappresenta il simbolo della vita che nasce; il mandorlo, uno dei primi alberi in fiore, nel soleggiato sud, in quel febbraio annunciava l'imminente primavera, come l'inizio di una nuova vita.<ref>Da ''L'ARTE LA VITA e un pizzico di Van Gogh'', di Lorenzo pacini, pag 83</ref> I fiori (in questo periodo) di van Gogh, sono dipinti con pennellate molto spesse e con pesanti strati di vernice.<ref name="NatGs">{{cita web|url=http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/vincent-van-gogh-sunflowers|titolo=Sunflowers 1888|lingua=en|editore=[[National Gallery (Londra)|National Gallery]]|città=Londra|accesso=12 settembre 2009}}</ref>
 
L'artista ha eseguito due serie di dipinti di girasoli: la prima mentre si trovava a Parigi nel 1887 e la seconda l'anno successivo, durante il suo soggiorno ad Arles. La prima serie, eseguita sotto la fascinazione dei dipinti di [[Adolphe Monticelli]], raffigura i girasoli con lo stelo reciso e i petali martoriati: van Gogh si dimostra molto solidale alla tragica condizione di questi fiori che, lontani dalla terra che dà vita, vedranno presto morire la loro fragile bellezza. Ad Arles, invece, van Gogh realizzò la seconda serie dei girasoli, intendendo con essa decorare la stanza della «casa gialla» dedicata a Gauguin. Sono queste tele di particolare interesse in quanto furono realizzate in un periodo di raro ottimismo per l'artista: se nelle opere contadine di Nuenen non vi era spazio per l'allegria del colore, nei ''Girasoli'' di Arles van Gogh intreccia armoniosamente colore ed emozione, adottando una tavolozza vivace, gioiosa, ''solare''. In questo modo Vincent riesce a sfuggire alla riflessiva e fuggevole immobilità delle tradizionali [[natura morta|nature morte]] e dà vita a «nature vive», pulsanti di un'energia endogena, pregnante ed eterna, con i colori che «cantano» e intonano delicate sinfonie.
=== Campi di grano ===
[[File:Vincent Willem van Gogh 041.jpg|thumb|left|upright=1.4|''Campo di grano sotto cielo nuvoloso'', 1890, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
I passaggi intorno ad Arles sono dei soggetti che van Gogh dipinse in molte occasioni. Egli realizzò, infatti, una serie di dipinti raffiguranti raccolti e campi di [[Triticum|grano]] e altri edifici rurali della zona, tra cui ''Il vecchio mulino'' (1888). Un ottimo esempio di questi dipinti ci viene dalla serie dei campi di grano<ref name="pick177">Pickvance (1984), 177</ref> inviati poi a [[Pont-Aven]], il 4 ottobre 1888, come scambio di lavori con [[Paul Gauguin]], [[Émile Bernard]] e [[Charles Laval]].<ref name="pick177" /><ref>{{cita web|url=http://www.albrightknox.org/ArtStart/vanGogh_l.html|titolo=Seeing Feelings|lingua=en|editore=Buffalo Fine Arts Academy|accesso=26 giugno 2009}}</ref> In vari momenti della sua vita, van Gogh, dipinse ciò che vedeva dalle finestre delle sue abitazioni a L'Aia, Anversa, Parigi e dalla sua cella nel [[manicomio]] di Saint-Rémy.<ref>{{cita|Hulsker 1980|pp. 390-394|hulsker1980}}.</ref>
 
Se i girasoli sono sinonimo d'estate, van Gogh si fa cantore del miracolo primaverile della rinascita raffigurando invece iris e frutteti in fiore: sono ovviamente essenze vegetali appartenenti al mondo figurativo nipponico, a tal punto che è lecito parlare di «giapponiserie» floreali. Così come nei dipinti dei girasoli, gli iris vangoghiani «risplendono di luminosità propria» e «non sono oggetti passivi dell'irraggiamento solare, ma soggetti attivi, capaci di immergere il loro intorno in un terso chiarore» (Metzger). È del 1890 l'affascinante ''Ramo di mandorlo in fiore'' o ''Ramo di mandorlo fiorito'', realizzato a Saint Rémy nel febbraio del 1890 e regalato da Van Gogh al fratello Théo e alla sua moglie Johanna in occasione della nascita del loro figlio Vincent Villem. L'opera, ispirata alle stampe giapponesi (di gran moda in quel momento), rappresenta un ramo di mandorlo fiorito, dai petali bianchi, quasi perlacei, che si stagliano in un cielo blu percorso da sfumature turchesi. Questa specie botanica rappresenta il simbolo della vita che nasce: il mandorlo, uno dei primi alberi in fiore, nel soleggiato sud, in quel febbraio annunciava infatti l'imminente primavera, come l'inizio di una nuova vita.<ref>{{cita|Pacini|p. 83}}.</ref>
Nel luglio del 1890 van Gogh scriveva che era assorbito «dalla pianura immensa contro le colline, sconfinata come il mare, gialla delicata».<ref name="EC">{{cita|Edwards|p. 115|edwards}}.</ref> Era affascinato dai campi in maggio, quando il [[Triticum|grano]] era giovane e rigoglioso. Il tempo peggiorò nel mese di luglio e scrisse a Theo di «vasti campi di grano sotto cieli tormentati», aggiungendo che non aveva «bisogno di uscire dal mio modo di provare ed esprimere la tristezza e la solitudine estrema».<ref>Lettera 649.</ref> In particolare, ''[[Campo di grano con volo di corvi]]'' è una espressione convincente e commovente dello stato d'animo dell'artista nei suoi ultimi giorni.<ref>{{cita|Hulsker 1990|pp. 478-479|hulsker1990}}.</ref>
 
[[File:Vincent Willem van Gogh 041.jpg|min|sinistra|verticale=1.4|''Campo di grano sotto cielo nuvoloso'', 1890, Van Gogh Museum, Amsterdam]]
Nel mese di settembre del [[2013]] il direttore del [[Van Gogh Museum]], Axel Rüger, ha annunciato la scoperta di un nuovo dipinto di van Gogh, denominato ''[[Tramonto a Montmajour]]''. Il dipinto raffigura la campagna della [[Provenza]] al crepuscolo e sullo sfondo è visibile [[Abbazia di Montmajour|l'abbazia benedettina di Montmajour]]. Il museo, negli anni novanta, aveva rifiutato di autenticare l'opera e fra i vari motivi aveva addotto la mancanza della firma dell'autore sulla tela. L'autenticazione è stata resa poi possibile grazie alle nuove tecnologie di riconoscimento dei materiali. Il dipinto è 'a grandezza intera' e le dimensioni sono 93,3 x 73,3 centimetri. L'opera fu eseguita nel mese di luglio del [[1888]], corrispondente al periodo di [[Arles]], e la datazione è stata possibile grazie al fatto che lo stesso Vincent van Gogh citi l'opera e la relativa data di composizione in una lettera inviata al fratello [[Theodorus van Gogh|Theo van Gogh]]. È stato anche ritrovato il numero con il quale venne catalogato il dipinto, nella collezione van Gogh, nel [[1891]] dopo la morte dell'artista, il 180.
 
=== Il giapponismoCampi di van Goghgrano ===
I passaggi intorno ad Arles sono dei soggetti che van Gogh dipinse in molte occasioni. Egli realizzò, infatti, una serie di dipinti raffiguranti raccolti, campi di [[grano]] e altri edifici rurali della zona, tra cui ''Il vecchio mulino'' (1888). Un ottimo esempio di questi dipinti ci viene fornito dalla serie dei campi di grano<ref name="pick177">Pickvance (1984), 177</ref> inviati poi a [[Pont-Aven]], il 4 ottobre 1888, come scambio di lavori con [[Paul Gauguin]], [[Émile Bernard]] e [[Charles Laval]].<ref name="pick177" /><ref>{{cita web|url=http://www.albrightknox.org/ArtStart/vanGogh_l.html|titolo=Seeing Feelings|lingua=en|editore=Buffalo Fine Arts Academy|accesso=26 giugno 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100707001340/http://www.albrightknox.org/ArtStart/vanGogh_l.html|dataarchivio=7 luglio 2010}}</ref> In vari momenti della sua vita, van Gogh, dipinse ciò che vedeva dalle finestre delle sue abitazioni a L'Aia, Anversa, Parigi e dalla sua cella nel [[manicomio]] di Saint-Rémy.<ref>{{cita|Hulsker 1980|pp. 390-394}}.</ref>
{{doppia immagine|right|Van Gogh - la courtisane.jpg|110|Van Gogh the blooming plumtree (after Hiroshige), 1887.jpg|155|
''La cortigiana'', 1887, Van Gogh Museum, Amsterdam
|''Albero di prugna in fioritura (dopo Hiroshige)'', 1887, Van Gogh Museum, Amsterdam}}
 
Nel luglio del 1890 van Gogh scriveva che era assorbito «dalla pianura immensa contro le colline, sconfinata come il mare, gialla delicata».<ref name="EC">{{cita|Edwards|p. 115}}.</ref> Era affascinato dai campi in maggio, quando il [[grano]] biondeggiava giovane e rigoglioso. Il tempo peggiorò nel mese di luglio, quando scrisse a Théo di aver visto «vasti campi di grano sotto cieli tormentati», aggiungendo che non aveva «bisogno di uscire dal mio modo di provare ed esprimere la tristezza e la solitudine estrema». In particolare, ''[[Campo di grano con volo di corvi]]'' è un'espressione convincente e commovente del tormentato stato d'animo dell'artista nei suoi ultimissimi giorni.<ref>{{cita|Hulsker 1990|pp. 478-479}}.</ref>
Durante il biennio trascorso a Parigi cresce in van Gogh l'interesse per l'[[arte giapponese]], che aveva già mostrato di apprezzare nelle sue lettere scritte ad Anversa.<ref>{{cita|Crispino|p. 78|crispino}}.</ref> Grazie all'apertura dei porti del [[Giappone]] all'occidente, avvenuta verso la fine del [[XIX secolo]], il [[giapponismo]] e l'arte asiatica in generale divenne di grande interesse in Francia. Van Gogh acquistò le sue prime stampe ad Anversa e trasmise il suo interesse per quell'arte lontana al fratello Theo; insieme raccolsero più di quattrocento opere, oggi conservate al Museo Van Gogh di Amsterdam.<ref>{{cita|Homburg|p. 29|homburg}}.</ref>
 
== Fortuna critica ==
Tra i suoi lavori di chiara ispirazione giapponese, ''la cortigiana'' è una riproduzione di un disegno che vide sulla copertina di ''Paris illustré'', a cui aggiunse uno sfondo ispirato da [[Ukiyo-e|stampe]] ricche di colori intensi. La ''fioritura'' è un altro quadro di questo genere: egli interpreta questa volta un lavoro di [[Hiroshige Utagawa|Hiroshige]].
Il pubblico iniziò a scoprire le opere di van Gogh alla fine degli anni 1880, quando il 3 settembre 1889 si inaugurò la quinta esposizione degli Indépendants. Qui erano esposte l'''Iris'' e la ''Notte stellata sul Rodano'': «Per cattiva che sia stata l'esposizione degli Indépendants, molte persone hanno visto i tuoi iris e ne parlano di tanto in tanto con me» afferma Théo nella lettera T20. Nel 1890 fu invece il turno della settima mostra del gruppo Les XX, dove l'arte vangoghiana fu energicamente difesa da Toulouse-Lautrec quando un certo Henry de Groux criticò velenosamente «quello schifo dei girasoli di un certo signor Vincent». Fu un avvenimento chiave: per la prima volta non solo si parlava dell'arte di van Gogh, ma questa era riuscita persino a procurarsi ferventi estimatori.<ref>{{cita|Walther, Metzger|p. 559}}.</ref>
 
[[File:Van Gogh Museum, Kurokawa wing.jpg|alt=|min|Fotografia dell'esterno del [[Van Gogh Museum]] ad [[Amsterdam]]]]
In una lettera datata 1888 scritta ad Arles, van Gogh dichiara<ref>Lettera (542) a Théo van Gogh, settembre 1888.</ref>:
{{Citazione|Non si potrebbe studiare l'arte giapponese, mi sembra, senza diventare molto più sereni e più felici: dobbiamo ritornare alla natura, nonostante la nostra educazione e il nostro lavoro in un mondo convenzionale. ... Invidio ai giapponesi l'estrema nitidezza che tutte le cose hanno presso di loro. Nulla vi è mai noioso, né mi sembra mai fatto troppo in fretta. Il loro lavoro è semplice come respirare: essi fanno una figura mediante pochi tratti sicuri, con la stessa disinvoltura come se si trattasse di una cosa semplice quanto abbottonarsi il panciotto.}}
 
All'indomani della sua morte van Gogh fu sinceramente pianto da molti suoi conoscenti, a partire da [[Octave Mirbeau]], che nel 1892 scrisse che si trattava «di una perdita infinitamente triste per l'arte ... il popolo non si è affollato ad un magnifico funerale e il povero Vincent van Gogh, la cui morte comporta l'esaurirsi di una bella fiamma di genio, è morto in maniera tanto oscura e negletta come ha vissuto». Ciò malgrado le sue opere in principio precipitarono in uno sfortunato destino: Théo, che avrebbe potuto consacrare la fama del fratello in maniera definitiva, morì nel gennaio 1891, seguito nella tomba nel 1892 dall'Aurier, uno dei critici d'arte che più supportavano Vincent. Gauguin, d'altronde, non desiderava affatto promuovere la reputazione del defunto amico.
== Successo postumo ==
Dopo le sue prime mostre avvenute alla fine del 1880, la fama di van Gogh è cresciuta costantemente tra i pittori, [[critica artistica|critici d'arte]], commercianti e collezionisti.<ref>John Rewald, ''Studies in Post-Impressionism'', ''The Posthumous Fate of Vincent van Gogh 1890–1970,''pp. 244–254, edito da Harry N. Abrams 1986, ISBN 0-8109-1632-0.</ref> Dopo la sua morte, alcune mostre commemorative sono allestite a [[Bruxelles]], [[Parigi]], [[L'Aia]] e [[Anversa]]. Nel [[XX secolo]], vi sono state retrospettive a Parigi (1901 e 1905) e ad Amsterdam (1905) e importanti mostre collettive in [[Colonia (Germania)|Colonia]] (1912), a [[New York]] (1913) ed a [[Berlino]] (1914).<ref name="d1909"/> Queste ebbero un notevole impatto sulle generazioni successive di artisti.<ref>{{cita libro|autore=Rewald, John|titolo=The posthumous fate of Vincent van Gogh 1890–1970|editore=Museumjournaal|data=agosto-settembre 1970}}</ref> A partire dalla metà del XX secolo, van Gogh è stato considerato come uno dei pittori più grandi e riconoscibili della storia.<ref>{{cita libro|url=http://books.google.com/books?id=GVIEAAAAMBAJ&pg=PA82&dq=is+Vincent+van+Gogh+the+greatest+painter&hl=en&ei=c9AtTNSMNsL38AbzgpT7Ag&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CDoQ6AEwAQ#v=onepage&q=is%20Vincent%20van%20Gogh%20the%20greatest%20painter&f=false|titolo=Vincent van Gogh The Dutch Master of Modern Art has his Greatest American Show|editore=Life Magazine|data=10 ottobre 1949|pp=82–83|accesso=2 luglio 2010}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.nga.gov/education/classroom/self_portraits/bio_van_gogh.shtm|titolo=National Gallery of Art, Washington DC|accesso=2 luglio 2010|lingua=inglese}}</ref> Nel 2007 un gruppo di storici olandesi ha compilato il ''Canone di Storia olandese'' da insegnare nelle scuole e vi ha incluso van Gogh come uno dei cinquanta temi del canone, insieme ad altre icone nazionali, quali [[Rembrandt]] e [[De Stijl]].<ref>{{cita web
| titolo = The Canon of the Netherlands
| editore=Foundation entoen.nu
| anno = 2007
| lingua= inglese
| url = http://entoen.nu/default.aspx?lan=e
| accesso =10 luglio 2009}}</ref>
 
La fortuna, tuttavia, arrivò finalmente ad arridere al pittore. Il culto vangoghiano fu infatti ravvivato dalla consistente serie di mostre commemorative tributategli in suo onore in tutti i musei del mondo. Importante è stato anche il contributo di [[Henk Bremmer]], critico d'arte che si occupò di divulgare l'universo artistico vangoghiano in numerose lezioni e conferenze: fu merito suo se [[Helene Kröller-Müller]] si avvicinò all'arte di Vincent,<ref>{{cita pubblicazione|p=258|autore=Rovers, Eva|anno=2007|titolo='He Is the Key and the Antithesis of so Much': Helene Kröller-Müller's Fascination with Vincent van Gogh"|editore=Simiolus: Netherlands Quarterly for the History of Art|volume=33|numero=4|JSTOR=25608496}}</ref> arrivando a essere una sua avida collezionista (a tal punto che una rilevante parte delle opere del pittore oggi è esposta nel museo da lei fondato, il [[Kröller-Müller Museum]]). Non meno vigoroso è stato il retaggio che Vincent van Gogh ha tramandato alle generazioni di pittori a lui successive. Nella sua ultima lettera a Theo, Vincent ammise di non aver avuto figli, ma che considerava i suoi quadri come la sua più autentica progenie. Riflettendo su questo, lo storico Simon Schama ha concluso che van Gogh «ha avuto un bambino, l'Espressionismo, e molti, veramente molti eredi».<ref>{{cita web|url=https://www.artble.com/artists/vincent_van_gogh/more_information/critical_reception|editore=Artble|titolo=Vincent Van Gogh Critical Reception}}</ref> Schama fa menzione poi un ampio numero di artisti che sono stati influenzati dallo stile di van Gogh, tra cui [[Willem de Kooning]], [[Howard Hodgkin]] e [[Jackson Pollock]]. Di seguito si riportano le parole del critico d'arte Sue Hubbard: «All'inizio del XX secolo van Gogh ha fornito agli espressionisti un nuovo linguaggio pittorico. Ciò gli ha consentito di andare oltre l'apparenza e di penetrare le verità più profonde dell'essenza. Non a caso, proprio in quegli anni Freud approfondiva la conoscenza delle province del subconscio: tutto ciò rende van Gogh un pioniere dell'arte moderna».<ref>{{cita web|url=http://suehubbard.com/index.php?mact=News,cntnt01,detail,0&cntnt01articleid=17&cntnt01returnid=57|lingua=en|titolo=Vincent Van Gogh and Expressionism Van Gogh Museum, Amsterdam, Neue Galerie, New York|citazione=At the beginning of the twentieth century Van Gogh gave the Expressionists a new painterly language which enabled them to go beyond surface appearance and penetrate deeper essential truths. It is no coincidence that at this very moment Freud was also mining the depths of that essentially modern ___domain -the subconscious. This beautiful and intelligent exhibition places Van Gogh where he firmly belongs; as the trailblazer of modern art}}</ref>
Insieme a quelle di [[Pablo Picasso]], le opere di van Gogh sono tra dipinti più costosi al mondo, come è stato stimato da [[Asta (compravendita)|case d'aste]] e vendite private. Quelli venduti per oltre 100 milioni di [[dollaro statunitense|dollari]] (equivalente ad oggi) comprendono: ''[[Ritratto del dottor Gachet]]'',<ref>{{cita web|url=http://www.artnet.com/magazine_pre2000/features/decker/decker11-4-98.asp|autore=Andrew Decker|titolo=The Silent Boom|editore=Artnet.com|accesso=14 settembre 2011}}</ref> ''Ritratto di Joseph Roulin'' e ''[[Iris (Van Gogh)|Iris]]''.<ref>{{cita web|url=http://www.tiptoptens.com/2011/07/16/top-10-most-expensive-paintings/|titolo=Top 10 Most Expensive Paintings|editore=TipTopTens.com|lingua=en|accesso=14 settembre 2011}}</ref> Il ''Campo di grano con cipressi'' è stato venduta nel 1993 per 57 milioni di dollari, mentre il suo ''Autoritratto con orecchio bendato'' è stato ceduto ad un privato, alla fine del 1990, per una cifra stimata di 80-90 milioni di dollari.<ref>{{cita web|url=http://www.theartwolf.com/10_expensive.htm|autore=G. Fernández|titolo=The Most Expensive Paintings ever sold|editore=TheArtWolf.com|lingua=inglese|accesso=14 settembre 2011}}</ref>
 
L'interesse mai sopito per van Gogh è attestato non solo dalle vertiginose cifre di vendita raggiunte da alcuni suoi dipinti battuti all'asta (si pensi che nel 1990 il ''Ritratto del dottor Gachet'' è stato venduto per 82,5 milioni di dollari, 151.2 al netto dell'inflazione), ma anche dall'istituzione di un ente museale a lui dedicato, il museo van Gogh di Amsterdam, organo principe nei Paesi Bassi e nel mondo per l'esposizione dei dipinti vangoghiani. Van Gogh, in ogni caso, è ben rappresentato anche nel [[Kröller-Müller Museum]], come si è già detto, nel [[Museum of Modern Art]] di [[New York]] (dov'è esposta la ''Notte stellata''), al [[museo d'Orsay]] di Parigi e alla [[National Gallery (Londra)|National Gallery]] di [[Londra]].
=== Influenze ===
Nella sua ultima lettera a Theo, Vincent ammise di non aver avuto figli, ma che considerava i suoi quadri come la sua progenie. Riflettendo su questo, lo storico [[Simon Schama]] ha concluso che egli «ha avuto un bambino, l'[[Espressionismo]], e molti molti eredi». Schama menziona un ampio numero di artisti che sono stati influenzati dallo stile di van Gogh, tra cui [[Willem de Kooning]], [[Howard Hodgkin]] e [[Jackson Pollock]].<ref>[[Simon Schama|Schama, Simon]]. "Wheatfield with Crows". Simon Schama's Power of Art, 2006. Documentario, da 59:20</ref> Il [[Fauvismo]], estese l'uso del colore con la libertà della sua applicazione,<ref>{{cita web|url=http://www.tate.org.uk/collections/glossary/definition.jsp?entryId=102|titolo=Glossary: Fauvism|editore=Tate|accesso=23 giugno 2009}}</ref> come avevano fatto gli espressionisti tedeschi del gruppo ''[[Die Brücke]]''. Ciò si riscontra anche negli altri primi [[Art Nouveau|modernisti]].<ref>{{cita web|url=http://www.usatoday.com/travel/destinations/2007-03-22-van-gogh-new-york_N.htm|autore=David Minthorn|titolo=NYC exhibit highlights van Gogh's impact on German modernists|editore=USA Today|anno=2007|accesso=1º luglio 2010|lingua=en}}</ref> L'[[espressionismo astratto]] degli [[anni 1940|anni quaranta]] e [[anni 1950|cinquanta]] del Novecento è visto come parzialmente ispirato da van Gogh, soprattutto per quanto concerne le ampie pennellate gestuali. Nelle parole del critico d'arte [[Sue Hubbard]]: «All'inizio del [[XX secolo]], van Gogh ha dato agli espressionisti un nuovo linguaggio pittorico. Ciò gli ha consentito di andare oltre l'apparenza e penetrare le verità più profonde dell'essenza. Non a caso, proprio in questo momento [[Freud]] approfondisce la conoscenza del dominio del subconscio. tutto ciò pone van Gogh come il pioniere dell'arte moderna».<ref>{{cita web|autore=Hubbard, Sue|url=http://www.suehubbard.com/sue-hubbard-on-vincent-van-gogh.htm|titolo=Vincent Van Gogh and Expressionism|editore=Independent|anno=2007|accesso=3 luglio 2010}}</ref>
 
Con lo sviluppo della cinematografia, van Gogh è protagonista di numerosi film: sono una trentina le pellicole e i telefilm dedicati al grande artista olandese. Del 1948 il cortometraggio ''[[Van Gogh (film 1948)|Van Gogh]]'' di [[Alain Resnais]]. Il più noto è forse ''[[Brama di vivere]]'', del [[1956]], di [[Vincente Minnelli]] con [[Kirk Douglas]] nel ruolo di van Gogh e [[Anthony Quinn]] in quello di Paul Gauguin.<ref>{{Imdb|tt0049456|Brama di Vivere}}</ref> Nel film ''[[Vincent & Theo]]'', del [[1990]], di [[Robert Altman]], il personaggio del pittore è interpretato da [[Tim Roth]].<ref>{{Imdb|tt0100873|Vincent & Theo}}</ref>; altri film sul pittore sono ''[[Vincent van Gogh (film)|Vincent van Gogh]]'' (1988) di Veli-Matti Saikkonen e ''[[Van Gogh (film 1991)|Van Gogh]]'' di [[Maurice Pialat]], uscito nel [[1991]] e interpretato da [[Jacques Dutronc]].<ref>{{Imdb|tt0103190|Van Gogh}}</ref> La locandina del film ''[[Midnight in Paris]]'' di [[Woody Allen]] è un chiaro riferimento a ''[[Notte stellata]]''.<ref>{{Imdb|tt1605783|Van Gogh}}</ref>. Del [[1985]] è invece ''Besuch bei Van Gogh''. Van Gogh è rappresentato anche in uno degli otto episodi del film ''[[Sogni (film)|Sogni]]'' di [[Akira Kurosawa]], intitolato ''Corvi'' e interpretato dal regista [[Martin Scorsese]].<ref>{{Imdb|tt0100998|Sogni}}</ref>
== Vincent van Gogh nella cultura di massa ==
=== Film ===
Sono una trentina i [[film]] e i telefilm dedicati al grande artista olandese. Del 1948 il cortometraggio ''[[Van Gogh (film 1948)|Van Gogh]]'' di [[Alain Resnais]]. Il più noto è forse ''[[Brama di vivere]]'', del [[1956]], di [[Vincente Minnelli]] con [[Kirk Douglas]] nel ruolo di van Gogh e [[Anthony Quinn]] in quello di Paul Gauguin.<ref>{{Imdb|tt0049456|Brama di Vivere}}</ref>, . Nel film ''[[Vincent & Theo]]'', del [[1990]], di [[Robert Altman]], il personaggio del pittore è interpretato da [[Tim Roth]].<ref>{{Imdb|tt0100873|Vincent & Theo}}</ref>; altri film sul pittore sono ''[[Vincent van Gogh (film 1988)|Vincent van Gogh]]'' (1988) di Veli-Matti Saikkonen e ''[[Van Gogh (film 1991)|Van Gogh]]'' di [[Maurice Pialat]], uscito nel [[1991]] e interpretato da [[Jacques Dutronc]].<ref>{{Imdb|tt0103190|Van Gogh}}</ref> La locandina del film ''[[Midnight in Paris]]'' di [[Woody Allen]] è un chiaro riferimento a ''[[Notte stellata]]''.<ref>{{Imdb|tt1605783|Van Gogh}}</ref>. Del [[1985]] è invece ''[[Besuch bei Van Gogh]]''. Van Gogh è rappresentato anche in uno degli otto episodi del film ''[[Sogni (film)|Sogni]]'' di [[Akira Kurosawa]], intitolato ''Corvi'' e interpretato dal regista [[Martin Scorsese]].<ref>{{Imdb|tt0100998|Sogni}}</ref>
 
Nel 2018 l'attore [[Willem Dafoe]] ha interpretato Vincent Van Gogh nel film ''[[Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità]]'', aggiudicandosi la [[Coppa Volpi]] al [[Festival del Cinema di Venezia]].
Nel film ''[[La notte dei generali]]'' (The Night of the Generals, [[1967]]) il generale nazista Tanz, impersonato da [[Peter O'Toole]], è ossessionato dall'autoritratto ("Van Gogh in fiamme"). Del [[1987]] è il film d'animazione ''[[Vincent: la vita e la morte di Vincent van Gogh]]'' di [[Paul Cox]].
Inoltre:
* lungometraggio - ''[[La Passione di Van Gogh]]'' di [[Samy Pavel]] (1990)
* lungometraggio - ''[[The Eyes of Van Gogh]]'' di [[Alexander Barnett]] (2005)
 
I quadri di Van Gogh rientrano tra i dipinti più costosi al mondo, in particolare:
=== Per la TV ===
Nella quinta stagione della serie fantascientifica inglese ''[[Doctor Who]]'', van Gogh (interpretato dall'attore [[Tony Curran]]) è il coprotagonista del decimo episodio, [[Episodi di Doctor Who (nuova serie) (quinta stagione)#Vincent e il Dottore|Vincent e il Dottore]], in cui lo stesso pittore è in grado di vedere un mostro che risulta invece invisibile a tutti gli altri.<ref>{{Imdb|nm0192889|Tony Curran}}</ref> Del [[1969]] il film tv - ''[[Van Gogh (film 1969)|Van Gogh]]'' di [[Thomas Fantl]]. Mentre del 1981 ''[[Le Voyage du Hollandais]]'' di [[Charles Brabant]].
Inoltre:
* ''[[Vincent van Gogh (film 1988)|Vincent van Gogh]]'' di [[Veli-Matti Saikkonen]] (1988)
* ''[[Langs de kant van de weg]]'' di [[Jan Keja]] (1990)
* ''[[Vincent: The Full Story]]'' di [[Mark James]] (2004)
 
* ''[[Contadina in un campo di grano]]'', del 1890, fu acquistato per la cifra di 47 milioni di dollari nel 1997, nel nuovo secolo ne vale all'incirca 63 milioni.
=== Cortometraggi ===
* Un quadro appartenente alla serie dei [[I girasoli (Van Gogh)|''I girasoli'']] datato 1888 è stato battuto all'asta per 39.7 milioni di dollari nel 1987, in seguito la valutazione è salita a 74 milioni.
* ''Zavattini e "il campo di grano con corvi" di Van Gogh'' di [[Luciano Emmer]] (1972)
* ''[[Campo di grano con cipressi]]'' del 1889 è stato battuto all'asta per 57 milioni di dollari.
* ''[[Mon cher Théo Van Gogh]]'' di [[Max Gérard]] (1980)
* ''[[Ritratto di Joseph Roulin]]'', del 1889, è stato acquistato dal [[Museum of Modern Art]] di New York per 58 milioni di dollari.
* cortometraggio d'animazione - ''[[The Irises]]'' di [[Suzanne Gervais]] e [[Jacques Giraldeau]] (1991)
* [[Iris (Van Gogh)|''Iris'']] è stato acquistato per 53 milioni di dollari, in seguito la valutazione è salita a 101 milioni.
* cortometraggio d'animazione - ''[[Vincent van Gogh: 42 Self Portraits]]'' di [[Dane Picard]] (2004)
* ''[[Ritratto del dottor Gachet]]'' è il quadro più costoso di Van Gogh, battuto all'asta per 82,5 milioni di dollari, il suo valore si aggira sui 135 milioni di dollari.
=== Documentari ===
*''Van Gogh'' di [[Alain Resnais]] ([[1946]])
* ''[[Van Gogh: buio nella luce]]'' di [[Fritz Goodwin]] (1956)
* ''[[Vincent van Gogh - Der Weg nach Courrières]]'' di [[Christoph Hübner]] e [[Gabriele Voss]] (1989)
* ''[[Post-Impressionists: Van Gogh]]'' di [[Bob Carruthers]], [[Ronald Davis (produttore)|Ronald Davis]] e [[Dennis Hedlund]] (2000)
* ''The Post-Impressionists: Van Gogh & Gauguin'', episodio di ''Biography'' di [[Bruce Alfred]] (2003)
=== Musica ===
In omaggio al grande pittore, un gruppo [[Spagna|spagnolo]] [[musica pop|pop]] si chiama [[La Oreja de Van Gogh]] (''L'orecchio di Van Gogh'');<ref>{{cita web|url=http://www.laorejadevangogh.com/|titolo=La Oreja de Van Gogh|lingua=es|accesso=4 aprile 2012}}</ref> un altro gruppo [[rock]] [[Serbia|serbo]] si chiama [[Van Gogh (gruppo musicale)|Van Gogh]].<ref>{{cita web|url=http://www.musicvangogh.com/|titolo=Music Van Gogh|lingua=en|accesso=4 aprile 2012}}</ref>
Di seguito, alcuni brani musicali dedicati all'artista:
* [[Fré Focke]], "Tombeau de Vincent van Gogh", venti pezzi per pianoforte solo (1951)
* [[Don McLean]], "[[Vincent (brano musicale)|Vincent]]", canzone rifatta fra gli altri anche da [[Roberto Vecchioni]] (1971)
* [[Grigorij Samuilovič Frid]], "Lettere di van Gogh", opera in due parti per baritono, clarinetto, percussioni, piano e archi op. 69 (1975)
* [[Bertold Hummel]], "8 frammenti di lettere di van Gogh" per baritono e quartetto d'archi op. 84 (1985)<ref>{{cita web|url=http://www.bertoldhummel.de/english/register/register.html|titolo=Bertold Hummel's work|lingua=en|accesso=4 aprile 2012}}</ref>
* [[Einojuhani Rautavaara]], "Vincent", opera in tre atti (1986-1987)<ref name=ef>{{cita web|url=http://www.fimic.fi/fimic/fimic.nsf/WLWOR?readform&comp=Rautavaara,%20Einojuhani&cat=contemporary_-_classical|titolo=Einojuhani Rautavaara :: List of works|accesso=4 aprile 2012}}</ref>
* [[Einojuhani Rautavaara]], "Vincentiana", sinfonia nº 6 (1992)<ref name=ef/>
* [[Henri Dutilleux]], "Corrispondenze", per soprano e orchestra (2002-2004)
* [[Caparezza]], "[[Mica Van Gogh]]", contenuta nell'album ''[[Museica]]'' (2014)
 
== NoteFilmografia ==
* ''[[Van Gogh (film 1948)|Van Gogh]]'' (''Van Gogh''), regia di [[Alain Resnais]] (1948), cortometraggio documentario
{{references|strette}}
* ''[[Brama di vivere]]'' (''Lust for Life''), regia di [[Vincente Minnelli]] (1956)
* ''[[Van Gogh: buio nella luce]]'' (''Van Gogh: Darkness Into Light''), regia di Fritz Goodwin (1956), documentario
* ''[[Van Gogh (film 1969)|Van Gogh]]'' (''Van Gogh''), regia di Thomas Fantl (1969), film tv
* ''Vincent the Dutchman'', regia di [[Mai Zetterling]], scritto da David Hughes, episodio della serie tv ''[[Omnibus (serie televisiva)|Omnibus]]'' (1972)
* ''[[Mon cher Théo Van Gogh]]'', regia di Max Gérard (1980), cortometraggio
* ''Le voyage du Hollandais'', regia di Charles Brabant (1981), film tv
* ''Besuch bei Van Gogh'', regia di Horst Seemann (1985)
* ''[[Vincent (film 1987)|Vincent: la vita e la morte]]'' (''Vincent''), regia di Paul Cox (1987), film d'animazione
* ''[[Vincent van Gogh (film)|Vincent van Gogh]]'' (''Vincent van Gogh''), regia di Veli-Matti Saikkonen (1988), film tv
* ''Vincent Van Gogh - Der Weg nach Courrières'', regia di Christoph Hübner e Gabriele Voss (1989), documentario
* ''[[Langs de kant van de weg]]'', regia di Jan Keja (1990), film tv
* ''[[Vincent & Theo]]'' (''Vincent & Theo''), regia di [[Robert Altman]] (1990)
* ''[[La Veillée (film)|La Veillée]]'', regia di [[Samy Pavel]] (1990)
* ''[[Sogni (film)|Sogni]]'' (''夢 Yume''), regia di [[Akira Kurosawa]] (1990), episodio ''Corvi''
* ''[[Vincent et moi]]'', regia di Michael Rubbo (1990)
* ''[[The Irises]]'', regia di Suzanne Gervais e Jacques Giraldeau (1991), cortometraggio d'animazione
* ''[[Van Gogh (film 1991)|Van Gogh]]'' (''Van Gogh''), regia di [[Maurice Pialat]] (1991)
* ''Post-Impressionists: Van Gogh'', regia di Bob Carruthers, Ronald Davis e Dennis Hedlund (2000), documentario
* ''"Biography" - The Post-Impressionists: Van Gogh & Gauguin'', regia di Bruce Alfred (2003), documentario
* ''Vincent: The Full Story'', regia di Mark James (2004), serie tv documentario
* ''Vincent van Gogh: 42 Self Portraits'', regia di Dane Picard (2004), cortometraggio d'animazione
* ''[[The Eyes of Van Gogh]]'', regia di Alexander Barnett (2005)
* ''Simon Schama's Power of Art'', episodio 6 (2006), serie tv BBC scritta e presentata da [[Simon Schama]]
* ''The Yellow House'', regia di Chris Durlacher (2007), film tv
* ''Van Gogh - Lettere dalla follia'' (''Van Gogh: Painted with Words''), regia di Andrew Hutton (2010), film tv
* ''[[Episodi di Doctor Who (nuova serie) (quinta stagione)#Vincent e il Dottore|Vincent e il Dottore]]'' (''Vincent and the Doctor''), episodio di ''[[Doctor Who]]'' (serie tv), [[Episodi di Doctor Who (nuova serie) (quinta stagione)|quinta stagione]] (2018)
* ''Vincent Van Gogh - Un Nuovo Modo Di Vedere'' (''Vincent Van Gogh: A New Way Of Seeing''), regia di David Bickerstaff (2015) - documentario della serie "Exhibition On Screen"
* ''[[Loving Vincent]]'' (''Loving Vincent''), regia di Dorota Kobiela e Hugh Welchman (2017) - film d'animazione
* ''Van Gogh - Tra il grano e il cielo'', regia di Giovanni Piscaglia (2018) - documentario
* ''[[Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità]]'' (''At Eternity's Gate''), regia di [[Julian Schnabel]] (2018)
* ''Van Gogh E Il Giappone'' (''Van Gogh & Japan''), regia di David Bickerstaff (2019) - documentario della serie "Exhibition On Screen"
* ''Van Gogh - I Girasoli'' (''Sunflowers: From The Van Gogh Museum Amsterdam''), regia di David Bickerstaff (2021) - documentario della serie "Exhibition On Screen"
 
== Altre opere sul soggetto ==
== Bibliografia ==
* ''[[Vincent (brano musicale)|Vincent]]'', brano musicale del cantautore statunitense [[Don McLean]], tratto dall'album ''[[American Pie (album)|American Pie]]'' (1971). Di questo brano esistono almeno due cover italiane:
* {{cita libro|autore=G. Coquiot|titolo=Vincent van Gogh|città=Parigi|anno=1924}} {{NoISBN}}
** [[Vincent (brano musicale)|''Come un anno fa'']] - testo di [[Francesco De Gregori]], cantata da [[Little Tony]]
* {{cita libro|autore=J. B. de La Faille|titolo=L'époque française de van Gogh|città=Parigi|anno=1927|lingua=fr}} {{NoISBN}}
** [[Vincent (brano musicale)|''Vincent'']] - testo ed esecuzione di [[Roberto Vecchioni]], tratta dall'album ''[[Canzoni e cicogne]]'' (2000).
* {{cita libro|autore=Lamberto Vitali|titolo=Vincent van Gogh|città=Milano|anno=1952}} {{NoISBN}}
* ''[[Cube Escape#Cube Escape: Arles|Cube Escape: Arles]]'' (2015), videogioco sviluppato dalla [[Rusty Lake]]
* {{cita libro|autore=Meyer Schapiro|titolo=Vincent van Gogh|città=New York|anno=1952|lingua=en}} {{NoISBN}}
* ''[[Mica van Gogh]]''<ref>{{Cita web|url = http://www.earone.it/news/caparezza_mica_van_gogh_radio_date_27_02_2015_13844919/|titolo = Caparezza - Mica van gogh (Radio Date: 27-02-2015)|autore = Lucio Schirripa|sito = EarOne|data = 23 marzo 2014|accesso = 26 aprile 2015}}</ref> (2014), singolo dell'album ''[[Museica]]''<ref>{{Cita web|url = http://www.soundsblog.it/post/260973/caparezza-nuovo-album-museica-cover-e-tracklist-questo-disco-va-visitato-non-ascoltato|titolo = Caparezza, nuovo album Museica (cover e tracklist): "Questo disco va visitato, non ascoltato"|autore = Arianna Galati|editore = SoundsBlog|data = 20 marzo 2014|accesso = 30 aprile 2014}}</ref> di [[Caparezza]]
* {{cita libro|autore=Lionello Venturi|titolo=Le vie dell'Impressionismo. Da Manet a Cézanne|città=Torino|anno=1970|editore=Einaudi|cid=venturi}} {{NoISBN}}
* ''Sayonara Sorcier'' (2014), manga di Hozumi sul rapporto fra Vincent e suo fratello [[Theodorus van Gogh|Theo van Gogh]]
* {{cita libro|autore=Jan Hulsker|titolo=The Complete Van Gogh|città=Oxford|editore=Phaidon|anno=1980|cid=hulsker1980|lingua=en|isbn=0-7148-2028-8}}
* Café Vincent (2019), commedia musicale scritta e diretta da [[Andrea Ortis]] con musiche di [[Antonello Capuano]]
* {{cita libro|autore=Marc Edo Tralbaut|titolo=Vincent van Gogh, le mal aimé|editore=Edita|città=Losanna|anno=1981|cid=tralbaut1981|lingua=fr|isbn=0-933516-31-2}}
* {{cita libro|autore=Vincent van Gogh|titolo=Lettere a Theo. A cura di Massimo Cescon con un saggio introd. di [[Karl Jaspers]]|città=Milano|anno=1984|editore=Guanda}} {{NoISBN}}
* {{cita libro|autore=Ronald Pickvance|titolo=Van Gogh in Arles|città=New York|editore=Abrams|anno=1984|cid=pickvance1984|lingua=en|isbn=0-87099-375-5}}
* {{cita libro|autore=Ronald Pickvance|titolo=Van Gogh In Saint-Rémy and Auvers|città=New York|editore=Abrams|anno=1986|cid=pickvance1986|lingua=en|isbn=0-87099-477-8}}
* {{cita libro|autore=Françoise Cachin & Bogomila Welsh-Ovcharov|titolo=Van Gogh à Paris|città=Parigi|anno=1988|cid=cachin|lingua=fr|isbn=2-7118-2159-5}}
* {{cita libro|autore=Albert Boime|titolo=Vincent van Gogh: Die Sternennacht-Die Geschichte des Stoffes und der Stoff der Geschichte|città=Francoforte|editore=Fischer|anno=1989|cid=boime|lingua=de|isbn=3-596-23953-2}}
* {{cita libro|autore=Cliff Edwards|url=http://books.google.com/books?id=fYA9QzwvsekC&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false|titolo=Van Gogh and God: A Creative Spiritual Quest|editore=Loyola University Press|anno=1989|cid=edwards|lingua=en|isbn=0-8294-0621-2}}
* {{cita libro|autore=Jan Hulsker|titolo=Vincent and Theo van Gogh; A dual biography|editore=Fuller Publications|anno=1990|cid=hulsker1990|lingua=en|isbn=0-940537-05-2}}
* {{cita libro|autore=Jan Hulsker|titolo=Vincent and Theo van Gogh; A dual biography|editore=Fuller Publications|anno=1990|cid=hulsker|lingua=en|isbn=0-940537-05-2}}
* {{cita libro|autore=Vincent van Gogh|titolo=The Letters of Vincent Van Gogh|editore=Viking Adult|anno=1996|cid=lettere|lingua=en|isbn=978-0-7139-9135-2}}
* {{cita libro|autore=Arnold Pomerans|titolo=The Letters of Vincent van Gogh|città=Londra|editore=Penguin Classics|anno=1997|cid=pomerans|lingua=en|isbn=0-14-044674-5}}
* {{cita libro|autore=Cornelia Homburg|titolo=Les Trésors de Van Gogh|editore=Suzanne Bélanger Communications|data=ottobre |cid=homburg|isbn=978-2-7098-1911-4|lingua=fr}}
* {{cita libro|autore=Robert Hughes|titolo=Vincent van Gogh|città=Milano|anno=2002|isbn=88-17-87002-1}}
* {{cita libro|autore=Giulio Carlo Argan, Federica Ammiraglio|titolo=Vincent van Gogh|città=Milano|anno=2005|isbn=0-8478-2729-1}}
* {{cita libro|autore=Martin Gayford|titolo=La Casa Gialla. Van Gogh, Gauguin: nove settimane turbolente ad Arles|città=Milano|anno=2007|cid=gayford|isbn=88-6158-014-9}}
* {{cita libro|autore=Cynthia Saltzman|titolo=Ritratto del Dottor Gachet|città=Torino|anno=2009|isbn=978-88-06-19252-5}}
* {{cita libro|autore=Enrica Crispino|titolo=Van Gogh|editore=Giunti|anno=2010|cid=crispino|isbn=978-88-09-05063-1}}
* {{cita libro|autore=Dorn Roland, Schroder Klaus Albrecht, Sillevis John|titolo=Van Gogh e la Scuola dell' Aia|editore=Bookfare|cid=dorn|isbn=88-8118-072-3}}
 
== Note ==
;Testi generalisti citati nella voce:
<references/>
* {{cita libro|autore=AA.VV.|titolo=Storia dell'Arte|editore=Istituto Geografico De Agostini|città=Nogara|volume= 8|cid=sa}} {{NoISBN}}
* {{cita libro|autore=Giulio Carlo Argan|titolo=L'arte moderna 1770/1970|città=Firenze|anno=1970|cid=argan}} {{NoISBN}}
* {{cita libro|autore=Lorenzo Pacini|titolo=L'ARTE LA VITA e un pizzico di Van Gogh|città=Lucca|anno=2016|cid=Pacini|isbn=979-12-200-0852-5}}
 
==Voci correlateBibliografia ==
* {{cita libro|titolo=Storia dell'arte|editore=Istituto Geografico De Agostini|città=Nogara|volume= 8|cid=''Storia dell'arte'' De Agostini|isbn=no}}
* [[Studi di van Gogh sui contadini]]
* {{cita libro|autore=[[Giulio Carlo Argan]]|titolo=Storia dell'arte italiana|volume=vol. 3|editore=Sansoni|città=Firenze|anno=1979|cid=Argan}}
* {{cita libro|autore=Giulio Carlo Argan|autore2=Federica Ammiraglio|titolo=Vincent van Gogh|url=https://archive.org/details/vangogh0000unse|città=Milano|anno=2005|isbn=0-8478-2729-1}}
* {{cita libro|autore=Enrica Crispino|titolo=Van Gogh|editore=Giunti|anno=2010|cid=Crispino|isbn=978-88-09-05063-1}}
* {{cita libro|autore=Ronald de Leeuw|titolo=Van Gogh|collana=Art dossier|editore=Giunti|cid=de Leeuw|anno=1998|numero=22|ISBN=88-09-76052-2}}
* {{cita libro|autore=Cliff Edwards|url=http://books.google.com/books?id=fYA9QzwvsekC&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false|titolo=Van Gogh and God: A Creative Spiritual Quest|editore=Loyola University Press|anno=1989|cid=Edwards|lingua=en|isbn=0-8294-0621-2}}
* {{cita libro|autore=Martin Gayford|titolo=La Casa Gialla. Van Gogh, Gauguin: nove settimane turbolente ad Arles|città=Milano|anno=2007|cid=Gayford|isbn=88-6158-014-9}}
* {{cita libro|autore=Cornelia Homburg|titolo=Les Trésors de Van Gogh|editore=Suzanne Bélanger Communications|data=ottobre |cid=Homburg|isbn=978-2-7098-1911-4|lingua=fr}}
* {{cita libro|autore=[[Robert Hughes]]|titolo=Vincent van Gogh|città=Milano|anno=2002|isbn=88-17-87002-1}}
* {{cita libro|autore=Jan Hulsker|titolo=The Complete Van Gogh|città=Oxford|editore=Phaidon|anno=1980|cid=Hulsker 1980|lingua=en|isbn=0-7148-2028-8}}
* {{cita libro|autore=Jan Hulsker|titolo=Vincent and Theo van Gogh; A dual biography|url=https://archive.org/details/vincenttheovango0000huls|editore=Fuller Publications|anno=1990|cid=Hulsker 1990|lingua=en|isbn=0-940537-05-2}}
* {{cita libro|autore=Lorenzo Pacini|titolo=L'arte, la vita e un pizzico di Van Gogh|città=Lucca|anno=2016|cid=Pacini|isbn=979-12-200-0852-5}}
* {{cita libro|autore=Ronald Pickvance|titolo=Van Gogh in Arles|città=New York|editore=Abrams|anno=1984|cid=Pickvance 1984|lingua=en|isbn=0-87099-375-5}}
* {{cita libro|autore=Ronald Pickvance|titolo=Van Gogh In Saint-Rémy and Auvers|url=https://archive.org/details/vangoghinsaintre0000pick|città=New York|editore=Abrams|anno=1986|cid=Pickvance 1986|lingua=en|isbn=0-87099-477-8}}
* {{cita libro|autore=Arnold Pomerans|titolo=The Letters of Vincent van Gogh|url=https://archive.org/details/lettersofvincent0000gogh|città=Londra|editore=Penguin Classics|anno=1997|cid=Pomerans|lingua=en|isbn=0-14-044674-5}}
* {{cita libro|autore=Meyer Schapiro|titolo=Vincent van Gogh|città=New York|anno=1952|lingua=en|sbn=LO10614212}}
* {{cita libro|autore=Marc Edo Tralbaut|titolo=Vincent van Gogh, le mal aimé|editore=Edita|città=Losanna|anno=1981|cid=Tralbaut|lingua=fr|isbn=0-933516-31-2}}
* {{cita libro|autore=Vincent van Gogh|titolo=[[Lettere a Theo]]|altri=a cura di Massimo Cescon con un saggio introduttivo di [[Karl Jaspers]]|città=Milano|anno=1984|editore=Guanda|isbn=88-7746-192-6}}
* {{cita libro|autore=Vincent Van Gogh|titolo=The Letters of Vincent Van Gogh|editore=Penguin|anno=2003|isbn=978-0-14-192044-3|url=https://books.google.it/books?id=dV1zPBVdo1wC|cid=Van Gogh 2003}}
* {{cita libro|autore=Lamberto Vitali|titolo=Vincent van Gogh|città=Milano|anno=1952|isbn=no}}
* {{cita libro|autore=Ingo Walther|autore2=Rainer Metzger|titolo=Van Gogh - Tutti i dipinti|anno=2015|editore=Taschen|città=Milano|isbn=978-3-8365-5959-1|cid=Walther, Metzger}}
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|q|commons=Vincent van Gogh}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{collegamenti esterni}}
* {{cita web|http://www.artcyclopedia.com/artists/van_gogh_vincent.html|Le opere di Van Gogh in Artcyclopedia}}
* {{cita web|http://www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/vangogh/vangogh/vangogh.html|La luna di Van Gogh svelata dagli astronomi}}
* {{cita web | 1 = http://www.radio.rai.it/radio2/alleotto/vangogh/index.cfm | 2 = Vincent van Gogh di Giordano Bruno Guerri, podcast della trasmissione "Alle otto della sera" di Radio Rai2 | accesso = 6 maggio 2009 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20080505212004/http://www.radio.rai.it/radio2/alleotto/vangogh/index.cfm | dataarchivio = 5 maggio 2008 | urlmorto = sì}}
* {{cita web | 1 = http://www.moleskine.by/article/tragicheskaya-zhizn-vensenta-van-goga | 2 = La tragica vita di Vincent van Gogh | accesso = 28 marzo 2010 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20100130050158/http://www.moleskine.by/article/tragicheskaya-zhizn-vensenta-van-goga/ | dataarchivio = 30 gennaio 2010 | urlmorto = sì}}
* {{cita web|http://www.famousartistsgallery.com/gallery/vangogh.html|Famous Artists Gallery: Vincent van Gogh}}
* {{cita web|url=http://www.repubblica.it/speciali/arte/recensioni/2013/09/09/news/scoperto_van_gogh-66167425/?ref=HRERO-1|titolo=Scoperta di un nuovo Van Gogh su Repubblica}}
* {{cita web | 1 = http://www.owlstand.com/exhibition/room/f9a1b076-1c16-4b37-8db5-a5389e2185c9 | 2 = Autoritratti di Vincent van Gogh | accesso = 12 agosto 2015 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150924062836/http://www.owlstand.com/exhibition/room/f9a1b076-1c16-4b37-8db5-a5389e2185c9 | dataarchivio = 24 settembre 2015 | urlmorto = sì}}
* [http://www.van-gogh.it Tributo a Vincent van Gogh], su van-gogh.it.
 
{{Vincent van Gogh}}
{{Storia dell'arte occidentale}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|pittura}}
{{Voce di qualità|valutazione=Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Vincent van Gogh|arg=biografie|arg2=arti figurative|giorno=31|mese=12|anno=2012}}
 
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