Populismo russo: differenze tra le versioni
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Il '''populismo''' ({{russo|народничество}}
== Le premesse ==
Già negli [[Anni
=== Gli slavofili ===
[[Immagine:KonstantinAksakov.jpg|thumb|upright=0.7|Konstantin Aksakov]]▼
{{Vedi anche|Slavofilismo}}
▲[[Immagine:KonstantinAksakov.jpg|thumb|upright=0.7|Konstantin Aksakov]]
Il circolo degli « slavofili », costituito a [[Mosca (Russia)|Mosca]] negli anni trenta, fu composto da un ristretto numero di nobili: il filosofo [[Ivan Vasil'evič Kireevskij]], lo scrittore [[Aleksandr Ivanovič Košelëv]], i fratelli giornalisti [[Ivan Sergeevič Aksakov|Ivan]] e [[Konstantin Sergeevič Aksakov|Konstantin Aksakov]] ([[1817]]-[[1860]]), lo storico [[Jurij Fëdorovič Samarin]] ([[1819]]-[[1876]]). Espressioni degli interessi dell'aristocrazia possidente, ammettevano la necessità di alcune riforme politiche e sociali ed esaltavano il « patrimonio spirituale » del popolo russo. Esprimendo un giudizio negativo sulle società liberali europee, che consideravano decadenti, ritenevano che la Russia, diversamente da quelle, dovesse percorrere un proprio sviluppo autonomo: condannavano la servitù della gleba ma non l'autocrazia, alla quale anzi affidavano il compito di attuare talune riforme sociali, nel mantenimento della primitiva comunità rurale russa, la « [[obščina]] ».
L'obščina era una sopravvivenza della primitiva [[agricoltura nomade]]. Un gruppo di famiglie di contadini si insediava in un territorio, disboscando con un lavoro comune le [[terre vergini]] che venivano pertanto considerate [[proprietà collettiva]] e distribuite a ciascun contadino per la coltivazione. Poiché non esistevano [[concime|concimi]] e non era utilizzata la [[rotazione delle colture]], la produttività del suolo si esauriva in pochi anni e il gruppo emigrava altrove, ripetendo la medesima operazione su nuove terre vergini.
Essendo nomadi, i contadini non concepivano nemmeno l'idea di una [[proprietà privata della terra]], e soltanto con l'instaurazione del [[Feudalesimo|regime feudale]] furono resi stanziali dai [[Latifondo|proprietari]]<nowiki/> fondiari, in modo da obbligarli a coltivare le loro terre. Con il miglioramento della produttività grazie ai concimi e alla [[rotazione triennale delle colture]], continuarono a lavorare un appezzamento comune del villaggio per trarne sostentamento, e a lavorare gratuitamente come servi nelle terre padronali. Tale lavoro, obbligatorio e gratuito, era chiamato « [[barščina]] » e il contadino era anche tenuto a offrire al padrone l'« obrok», una quantità prefissata di prodotti vegetali e animali. I contadini dell'obščina erano organizzati nel «[[mir (assemblea)|mir]]», l'assemblea della comunità, sulla quale gravava la responsabilità di erogare allo Stato il carico fiscale che, secondo il principio della responsabilità collettiva, gravava sull'intera comunità, e di scegliere i propri membri per il servizio militare.
Gli [[slavofilismo|slavofili]], che pubblicavano la rivista « Moskvitjanin », ''Il moscovita'', vedevano nell'obščina un freno alle temute possibilità rivoluzionarie dei contadini e idealizzavano i rapporti tra padroni e servi, che dipingevano oleograficamente in un quadro di idillio [[patriarcato (antropologia)|patriarcale]]. Così fece [[Konstantin Sergeevič Aksakov]] inviando nel [[1855]] allo zar [[Alessandro II di Russia|Alessandro II]] i suoi ''Studi sulle condizioni interne della Russia'', scritto sulla scorta dell'omonima opera di [[August Franz von Haxthausen]], pubblicata nel [[1852]], in cui l'economista tedesco riteneva che l'arretrata forma comunitaria dei contadini russi fosse un modello di funzionalità economica: si trattava soltanto, per Aksakov, di abolire la [[servitù della gleba|servitù feudale]].
=== Gli occidentalisti ===
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Mentre gli occidentalisti rifiutavano la via della Russia al socialismo e anche i mezzi rivoluzionari per ottenere riforme liberali, una tendenza rivoluzionaria per raggiungere radicali riforme sociali venne espressa da un gruppo di intellettuali, le cui personalità più rilevanti erano rappresentate dal critico letterario [[Vissarion Grigor'evič Belinskij]] ([[1811]]-[[1848]]) e da [[Aleksandr Ivanovič Herzen]] ([[1812]]-[[1870]]).
Belinskij fu collaboratore di «Otečestvennye Zapiski» e poi del «[[Sovremennik]]» (Il contemporaneo), rivista letteraria fondata nel [[1836]] dal poeta [[Aleksandr Sergeevič Puškin]]<ref>M. Colucci R. Picchio, ''Storia della civiltà letteraria russa, Dizionario-Cronologia'', UTET, 1997</ref><ref>D. P. Mirskij, ''Storia della letteratura russa'', Garzanti, 1998, p. 77.</ref> e rilevata nel [[1846]] da [[Nikolaj Alekseevič Nekrasov]],<ref>M. Colucci, R. Picchio, op. cit.</ref> attraverso la quale egli attaccava l'autocrazia, chiedeva la liberazione dei contadini e si faceva promotore di un rinnovamento in senso democratico della letteratura nazionale che, nei suoi
Recensendo ''[[I misteri di Parigi (romanzo)|I misteri di Parigi]]'' di [[Eugène Sue]], Belinskij scriveva che « il [[proletariato]] francese è, di fronte alla legge, eguale al più ricco dei capitalisti, ma non ricava niente da questa eguaglianza. Eterno lavoratore del proprietario e del capitalista, il proletario è completamente nelle sue mani, è suo schiavo, perché l'altro gli dà il lavoro e fissa arbitrariamente il compenso ».
Belinskij reagì duramente alla svolta reazionaria di [[Nikolaj Vasil'evič Gogol'|Gogol]] di cui pure aveva esaltato e fatto conoscere i primi capolavori, specie quelle ''[[Le anime morte|Anime morte]]'' che avevano rappresentato la prima, grande denuncia in letteratura della condizione servile della Russia. Nel [[1847]], dopo aver letto i ''Passi scelti della corrispondenza con amici'', in una lettera rimproverò lo scrittore di non essersi « accorto che la salvezza della Russia non sta nel [[mistica|misticismo]], nell'[[ascetismo|ascesi]] o nel [[pietismo]], bensì nei successi della civilizzazione, dell'[[illuminismo]], dell'[[umanitarismo]] ».
[[Immagine:Herzen ge.jpg|thumb|upright|Nikolaj Ge: ritratto di Herzen]]
Negli anni quaranta
[[Aleksandr Ivanovič Herzen]] ([[1812]]-[[1870]]) rimase sempre un deciso avversario dell'[[autocrazia]] e della servitù feudale, anche se a volte si spostò su posizioni slavofile, come quando credette nella reale
In realtà il «comunismo» della comunità rurale russa era solo apparente. Se è vero che la terra coltivata non apparteneva al contadino, tanto che periodicamente essa veniva redistribuita, egli coltivava per proprio conto l'appezzamento assegnato e a lui solo apparteneva il prodotto ottenuto: non esisteva una produzione comunitaria. Herzen, tuttavia, al contrario degli slavofili, che vedevano nell'esistenza dell'obščina una garanzia contro la possibilità di un rivolgimento sociale, vedeva in essa la premessa di una futura rivoluzione: «Noi russi, che abbiamo conosciuto la civiltà occidentale, non siamo altro che un mezzo, un lievito, una mediazione tra il popolo russo e l'Europa rivoluzionaria. L'uomo dell'avvenire è in Russia il mužik, esattamente come in Francia è il lavoratore».<ref>Ibidem</ref>
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=== La liberazione dei contadini ===
[[Immagine:Alexandre II.jpg|thumb|left
La morte dello zar [[Nicola I di Russia|Nicola I]], avvenuta nel [[1855]], fu accolta con sollievo da quasi tutta la società russa. All'uomo che aveva pubblicamente riconosciuto che «la servitù della gleba, così come esiste in Russia, è un male, ma volerne parlare sarebbe un male peggiore», succedeva il figlio [[Alessandro II di Russia|Alessandro]], convinto che l'abolizione del servaggio fosse necessaria tanto quanto il mantenimento dei privilegi dei grandi proprietari fondiari. Il 30 marzo/11 aprile [[1856]]<ref>La prima data si riferisce al vecchio calendario giuliano, la seconda al moderno calendario gregoriano, entrato in vigore in Russia soltanto nel 1918.</ref> dichiarò in un discorso tenuto alla nobiltà di [[Mosca (Russia)|Mosca]] che «l'esistente ordinamento della signoria delle anime non può rimanere immutato. È meglio abolire il diritto alla servitù della gleba dall'alto, anziché attenderne la soppressione dal basso, il che escluderebbe il nostro concorso. Prego Lor Signori di voler riflettere sul modo in cui ciò si potrebbe attuare».
Furono presentate numerose proposte che vennero raccolte e analizzate in un Comitato segreto, dal 16 febbraio/28 febbraio [[1858]] trasformato in «Alto Comitato per la questione agraria», presieduto dal fratello dello zar, [[Konstantin Nikolaevič Romanov]]. Anche la stampa fu autorizzata a partecipare al dibattito: dalle colonne del ''Contemporaneo'' intervennero gli scrittori [[Nikolaj Gavrilovič Černyševskij]] ([[1828]]-[[1889]]), [[Nikolaj Dobroljubov]] ([[1836]]-[[1861]]) e [[Nikolaj Alekseevič Nekrasov]] ([[1821]]-[[1878]]), molto critici con il regime, avendo giudicato che esso stava preparando una riforma al solo scopo di mantenere lo status quo. Invece Herzen, dall'esilio [[Londra|londinese]], nutriva fiducia nelle buone intenzioni della politica dell'Impero.
[[Immagine:PGRS 2 032 Dobrolyubov - crop.jpg|thumb|upright=0.7|Nikolaj Dobroljubov]]
Il 19 febbraio/3 marzo [[1861]] lo zar Alessandro II emanava lo «Statuto dei contadini liberati dalla servitù», che sanciva la fine della [[servitù della gleba]] e stabiliva la distribuzione della terra. Il latifondista – ottenuto subito il risarcimento dallo Stato - cedeva una parte delle sue terre al «mir» che, pagato un terzo del suo valore, provvedeva ad assegnarla ai singoli contadini, i quali per 49 anni avrebbero dovuto pagare allo Stato i rimanenti due terzi attraverso un canone pari al 6 per cento del valore del suolo, e prestare al vecchio proprietario anche una corvée annuale di 70 giorni. Il singolo contadino diveniva proprietario della casa ma non della terra assegnatagli, che rimaneva di proprietà della obščina, dalla quale egli poteva però acquistare privatamente singoli appezzamenti. Inoltre, il decreto imperiale sottraeva a favore dei proprietari anche un quinto della terra già in comune godimento dei contadini. Pertanto l'obščina era mantenuta e rimaneva in vita anche il mir; veniva costituito anche il «volost», il distretto che riuniva più villaggi vicini.
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=== Il nichilismo ===
{{vedi anche|Nichilismo#
[[Immagine:Young Nechayev.jpg|thumb|upright|[[Sergej Gennadievič Nečaev]]]]
Nel 1863 fu fondato a Mosca dall'[[uditore (titolo)|uditore]] di quella Università [[Nikolaj Andreevič Išutin]] ([[1840]]-[[1879]]) un circolo rivoluzionario, che si unificò due anni dopo con quello fondato dall'etnografo [[Ivan Aleksandrovič Chudjakov]] ([[1842]]-[[1876]]). Sostenitori della creazione di comunità agricole e cooperative nella linea del [[socialismo utopistico]], essi ritenevano che il [[regicidio]] e l'omicidio dei ministri e dei funzionari zaristi favorisse la spinta rivoluzionaria della popolazione. A questo scopo, lo studente moscovita [[Dmitrij Vladimirovič Karakozov]] ([[1840]]-[[1866]]), di famiglia nobile, si recò nella capitale per sparare allo zar Alessandro II il 4 aprile [[1866]], ma fallì il colpo e, arrestato e processato, fu impiccato.
La figura del giovane intellettuale rivoluzionario di questo periodo è stata tratteggiata nei romanzi ''[[Padri e figli (romanzo)|Padri e figli]]'' di [[Ivan Sergeevič Turgenev]], pubblicato nel [[1862]] e ''[[I demoni]]'' di [[Fëdor Dostoevskij]] del [[1871]]: il [[nichilismo]] politico fu teorizzato da [[Sergej Gennadievič Nečaev]] ([[1847]]-[[1882]]).
Questi, uditore all'[[Università Statale di San Pietroburgo]], che alla fine del [[1868]] aveva scritto un ''Programma di azione rivoluzionaria'' e nel [[1869]] era andato a [[Ginevra]] per incontrare Bakunin, fondò con pochi seguaci la società segreta ''Il tribunale del popolo'' e scrisse il ''Catechismo della rivoluzione'', un piano di insurrezione che sarebbe dovuto avvenire in Russia nel [[1870]]. Non era ritenuta necessaria una larga preparazione propagandistica, ritenendo che bastasse l'esempio dell'attività terroristica. Egli sviluppò anche una sua concezione [[etica]] del «vero rivoluzionario», secondo la quale era morale quanto favoriva l'azione rivoluzionaria e immorale quello che poteva opporvisi: «Il rivoluzionario è votato alla morte, egli non ha interessi né desideri personali, non ha sentimenti né legami, non ha niente che gli appartenga, nemmeno un nome».
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== Note ==
== Bibliografia ==
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*Hans Rogger, ''La Russia pre-rivoluzionaria. 1881-1917'', Bologna, il Mulino, 1992
*David Saunders, ''La Russia nell'età della reazione e delle riforme'', Bologna, il Mulino, 1997
*Roberto Valle, ''Le illusioni perdute e le illusioni ritrovate del populismo russo. Dal "narodnicestovo" al "populizm"'', in "Filosofia politica", 3/2004, pp. 391-410, DOI: 10.1416/16273
== Voci correlate ==
*[[Società segrete russe (1816-1825)]]
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|politica|Russia|storia}}
[[Categoria:Movimenti politici russi]]
[[Categoria:Narodnaja
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