L'erede fortunata: differenze tra le versioni

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'''''L'erede fortunata''''' è un'opera [[teatro (rappresentazione)|teatrale]] in prosa in tre atti di [[Carlo Goldoni]] composta nel [[1748]]. Rappresentata per la prima volta due anni dopo, nel [[1750]], nel [[Teatro Sant'Angelo]] di [[Venezia]], fu un clamoroso, ma non inaspettato, insuccesso<ref>''Cadde, come io avevo previsto'', Carlo Goldoni, ''Mémoires''</ref>.
'''''L'erede fortunata''''' è una [[commedia]] di [[Carlo Goldoni]] del [[1748]].
 
Nota più alla critica e alla [[storia del teatro]] che al grande [[spettatore|pubblico]], la commedia segnò un punto di svolta nella carriera del commediografo veneziano: la ''débacle'' del [[1750]] fece scattare l'orgoglio di Goldoni. Determinato a superare il rischio della paralisi sua e della compagnia con un ambizioso progetto<ref>M. Bertoldi, ''Il manuale della riforma. Il Teatro comico di Carlo Goldoni'', drammaturgia.it, 2007</ref>, rispose alla sfiducia del pubblico e a quella dei suoi detrattori (che nella caduta de '''''L'erede fortunata''''' avevano creduto di vedere la sua fine) con la famosa promessa a [[Girolamo Medebach]] delle sedici nuove commedie per la stagione teatrale successiva ([[1751]]).
Nota più alla critica e alla [[storia del teatro]] che al grande [[spettatore|pubblico]], la commedia venne composta da [[Carlo Goldoni]] nel 1748 e rappresentata due anni dopo al [[Teatro Sant'Angelo]] di [[Venezia]], ma fu un clamoroso insuccesso.
 
== Trama ==
Quella débacle del [[1750]] diede a Goldoni l'occasione di rispondere alla sfiducia del pubblico e a quella dei suoi detrattori, che nella caduta de ''L'erede fortunata'' avevano creduto di vedere la sua fine, con la famosa promessa delle sedici nuove commedie, per la stagione teatrale successiva ([[1751]]). L'analisi contemporanea del testo della commedia permette di riconoscere ne ''L'erede fortunata'' il precoce tentativo di un Goldoni teso già all'attuazione della sua rivoluzione teatrale: se con il ''[[Momolo cortesan]]'' egli aveva dato l'abbrivio affinché ciò che l'[[attore (spettacolo)|attore]] reciti sia quello che l'autore ha scritto, con ''L'erede fortunata'' siamo in presenza del duplice tentativo di togliere, in primo luogo, le [[Maschera (commedia dell'arte)|maschere]] ai commedianti facendo opportunamente emergere, infine l'autentica [[psicologia]] dei [[personaggio|personaggi]] implicata nell'elaborazione drammaturgica dell'autore. Un tentativo, si è detto, promosso in un tempo in cui il gusto del pubblico ancora non era maturo per accogliere una commedia che, senza tema di audacia, possiamo definire come antesignana di quel [[teatro borghese]] che connoterà il secolo successivo e di cui possiamo invocare Carlo Goldoni quale indubbio precursore.
Rosaura è destinata, per decisione testamentaria paterna, a sposare il suo vecchio tutore Pancrazio, pena la perdita della doviziosa eredità:. e lL'amore, corrisposto, che ella nutre per Ottavio, figlio di Pancrazio, è altresìperciò condannato dall'obbedienza e dall'interesse. Ma l'intrigo ordito ai danni del tutore dagli immediati rivali all'eredità, (lo zio, Dottoredottor (Balanzoni), e il cugino, Florindo,) vengono sventati da Trastullo, servitore saggio e fedele, che contribuirà in tal modo alla felice soluzione finale dello scioglimento del vincolo economico e matrimoniale a vantaggio della fortunata erede. Fanno da contrappunto al sospirato innamoramento di Ottavio e Rosaura, le ardenti gelosie di Beatrice per il marito Lelio, nonché all'onesta scaltrezza del servitore onorato, le ingenuità grossolane del secondo [[zanni]] (Arlecchino) funzionali sia agli equivoci dell'intreccio che al mantenimento [[farsa (teatro)|farsesco]] delle controscene.
 
Fanno da contrappunto al sospirato innamoramento di Ottavio e Rosaura, le ardenti gelosie di Beatrice per il marito Lelio, e all'onesta scaltrezza del servitore onorato, le ingenuità grossolane del secondo [[zanni]] (Arlecchino), funzionali sia agli equivoci dell'intreccio che al mantenimento [[farsa (teatro)|farsesco]] delle controscene.
 
== Poetica ==
Definita dallo stesso [[Carlo Goldoni|autore]] ''opera povera e imperfetta''<ref>Carlo Goldoni, prefazione all'edizione a stampa de ''L'erede fortunata''</ref>, secondo [[Giuseppe Ortolani]], a parte qualche felice battuta, la commedia manca di novità, il dialogo è scontato e, con la sola eccezione di Pantalone, non vi è alcun carattere vivo e originale<ref>G. Ortolani, ''Tuette le opere di C. Goldoni'', Mondadori Editore, 1936</ref>.
 
Quella débacle del [[1750]] diede a GoldoniTuttavia, l'occasione di rispondere alla sfiducia del pubblico e a quella dei suoi detrattori, che nella caduta de ''L'erede fortunata'' avevano creduto di vedere la sua fine, con la famosa promessa delle sedici nuove commedie, per la stagione teatrale successiva ([[1751]]). L'analisi contemporanea del testo della commedia permette di riconoscere nein ''L'eredequesta fortunata''opera il precoce tentativo di un Goldoni teso già all'attuazione della sua rivoluzione teatrale: se con il ''[[L'uomo di mondo|Momolo cortesan]]'' egli aveva dato l'abbrivio affinché ciò che l'[[attore (spettacolo)|attore]] recitirecita sia quello che l'autore ha scritto, con '''''L'erede fortunata''''' siamo in presenza del duplice tentativo di togliere, in primo luogo, le [[Maschera (commedia dell'arte)|maschere]] ai commedianti facendo opportunamente emergere, infine, l'autentica [[psicologia]] dei [[personaggio|personaggi]] implicata nell'elaborazione drammaturgica dell'autore. Un tentativo, si è detto, promosso in un tempo in cui il gusto del pubblico ancora non era maturo per accogliere una commedia che, senza tema di audacia, possiamo definire come antesignana di quel [[teatro borghese]] che connoterà il secolo successivo e di cui possiamo invocareritrovare ine Carlo Goldoni qualeun indubbio precursore.
A ben guardare le maschere nude sono tutte lì, ancora ben visibili, che agiscono nella situazione creatasi dall'occasione di un lascito conteso: un'eredità, una dote, una sposa. Si riconoscono senz'altro il mercante d'onore (Pancrazio alias [[Pantalone]]), il dottore saccente ([[Balanzone|Balanzoni]]), gli innamorati ardenti (Rosaura e Ottavio), il servo fedele (Trastullo alias [[Brighella]]), lo [[zanni]] sprovveduto ([[Arlecchino]]), la serva scaltra (Fiammetta alias [[Colombina]]), la gelosa piccata (Beatrice) ed altri, ad ognuno dei quali Goldoni fa vibrare alcuna delle corde psicologiche. Ed è proprio lo strumento del [[monologo]] introspettivo, più volte utilizzato nell'opera, che avvalora la tesi di una commedia che anticipa temi e momenti della maturità goldoniana e del teatro ottocentesco.
 
== Trama Note==
<references/>
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|testo=L'erede fortunata|testo_preposizione=de}}
 
{{Carlo Goldoni}}
Rosaura è destinata, per decisione testamentaria paterna, a sposare il suo vecchio tutore Pancrazio, pena la perdita della doviziosa eredità: e l'amore, corrisposto, che ella nutre per Ottavio, figlio di Pancrazio, è altresì condannato dall'obbedienza e dall'interesse. Ma l'intrigo ordito ai danni del tutore dagli immediati rivali all'eredità, lo zio Dottore (Balanzoni) e il cugino Florindo, vengono sventati da Trastullo, servitore saggio e fedele, che contribuirà in tal modo alla felice soluzione finale dello scioglimento del vincolo economico e matrimoniale a vantaggio della fortunata erede. Fanno da contrappunto al sospirato innamoramento di Ottavio e Rosaura, le ardenti gelosie di Beatrice per il marito Lelio, nonché all'onesta scaltrezza del servitore onorato, le ingenuità grossolane del secondo [[zanni]] (Arlecchino) funzionali sia agli equivoci dell'intreccio che al mantenimento [[farsa (teatro)|farsesco]] delle controscene.
 
{{Portale|letteratura|teatro}}
 
[[Categoria:Opere teatrali italiane|Erede fortunata, L']]
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[[Categoria:Opere teatrali in italiano|Erede fortunata, L']]
[[Categoria:Opere teatrali ambientate a Venezia]]