Eneide: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua}}
{{citazione|Fatevi indietro, scrittori romani e greci!<br/> Sta nascendo qualcosa di più grande dell'Iliade.|[[Properzio]], ''Elegie'' II, 34, 65-66|cedite Romani scriptores, cedite Grai!<br/> nescio quid maius nascitur Iliade.|lingua=la}}
{{libro
|titolo = Eneide
|titoloorig = ÆneisAeneis
|immagine = VirgilioGiorcesBardo42.pngjpg
|didascalia = Virgilio con un [[rotulus]] dell{{'}}''Eneide'' tra [[Clio]] e [[Melpomene]] in un mosaico del III secolo d.C. (Tunisi, [[Museo Nazionale del Bardo|Museo del Bardo]]).
|didascalia = Ritratto di Virgilio
|autore = [[Publio Virgilio Marone]]
|annoorig = [[I secolo a.C.]]
|forza_cat_anno = no
|genere = [[poema epico]]
|lingua = la
|editioprinceps = Roma, [[Conrad Sweynheym|Sweynheym]] e [[Arnold Pannartz|Pannartz]], 1469
|protagonista = [[Enea]]
|antagonista = [[Turno]], [[Mezenzio]], [[Achei]], [[Rutuli]], [[Latini]]
|altri_personaggi = [[Anchise]], [[Didone]], [[Ascanio]], [[Venere (divinità)|Venere]], [[Giove (divinità)|Giove]], [[Giunone]], [[Camilla (Eneide)|Camilla]], [[Lavinia (mitologia)|Lavinia]], [[Latino (mitologia)|Latino]], [[Priamo]], [[Creusa (figlia di Priamo)|Creusa]]
}}
{{citazione|Fatevi da parte, scrittori romani, e anche voi, greci:<br />sta nascendo qualcosa di più grande dell'Iliade.|Properzio, ''[[Elegie (Properzio)|Elegie]]'', II, 34, 65-66<ref>Già [[Elio Donato]] nella sua ''Vita Vergilii'' (Ernst Diehl (a cura di), ''De Vita Vergilianae und Ihre Antiken Quellen'', Bonn, 1911, p. 31) citava il famoso distico properziano: «Aeneidos vixdum coeptae tanta extitit fama, ut Sextus Propertius non dubitaverit sic praedicare: "Credite, Romani scriptores, credite Grai: / nescio quid maius nascitur Iliade"».</ref>|Cedite Romani scriptores, cedite Grai:<br /> Nescio quid maius nascitur Iliade.|lingua=la}}
[[File:GiorcesBardo42.jpg|upright=1.5|thumb|Virgilio con l<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' tra [[Clio]] e [[Melpomene]] ([[Museo Nazionale del Bardo]]).]]
 
L<nowiki>{{'</nowiki>}}'''''Eneide''''' (in [[lingua latina{{latino|latino]] ''Æneis''Aeneis}}) è un [[poema epico]] della [[cultura latina]] scritto dal poeta e filosofo [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]]. traVirgilio il [[31cominciò a.C.]] edelinearne illa struttura narrativa nel [[1929 a.C.]], cheper narraavviarne la leggendariastesura storiaeffettiva dinel [[Enea]]27 a.C., eroee [[Troiaproseguirla (Asia Minore)|troiano]] figlio di [[Anchise]]poi, fuggito dopo la caduta della città di Troiaininterrottamente, che viaggiò per il Mediterraneo fino ad approdare nelal [[Lazio19 a.C.]], diventando(cfr ilRosa progenitoreCalzecchi delOnesti, popolo''Eneide'', [[Romap. (cittàXII, anticaEinaudi)|romano]].
 
Narra la leggendaria storia dell'eroe troiano [[Enea]] (figlio di [[Anchise]] e della dea [[Venere (mitologia)|Venere]]) che riuscì a fuggire dopo la caduta della città di Troia, e che viaggiò per il [[Mediterraneo]] fino ad approdare dapprima nella grande città di [[Argos Hippium|Arpi]] e successivamente nel [[Lazio]], diventando il progenitore del popolo [[Roma (città antica)|romano]].
Alla morte di Virgilio il poema, scritto in [[Esametro dattilico|esametri dattilici]] e composto da dodici libri per un totale di 9.896 [[Esametro dattilico|esametri]], rimase privo degli ultimi ritocchi e revisioni dell'autore; perciò nel suo testamento il poeta fece richiesta di farlo bruciare, nel caso in cui non fosse riuscito a completarlo, ma l'amico [[Vario Rufo]], non rispettando le volontà del defunto, salvaguardò il manoscritto dell'opera e, successivamente, l'imperatore [[Ottaviano Augusto]] ordinò di pubblicarlo così com'era stato lasciato.
 
Alla morte di Virgilio il poema, scritto in [[Esametro dattilico|esametri dattilici]] e composto da dodici libri per un totale di 9896 versi, rimase privo degli ultimi ritocchi e revisioni dell'autore, testimoniate da 58 esametri incompleti (chiamati ''tibicines'', puntelli); perciò nel suo testamento il poeta fece richiesta di farlo bruciare, nel caso in cui non fosse riuscito a completarlo, ma gli amici [[Vario Rufo]] e [[Plozio Tucca]], non rispettando le volontà del defunto, salvaguardarono il manoscritto dell'opera e, successivamente, l'imperatore [[Ottaviano Augusto]] ordinò di pubblicarlo così com'era stato lasciato.
I primi sei libri raccontano la storia del viaggio di Enea da Troia all'Italia, mentre la seconda parte del poema narra la guerra, dall'esito vittorioso, dei Troiani - alleati con i Liguri, con alcuni gruppi locali di Etruschi e con i Greci provenienti dall'Arcadia - contro i [[Rutuli]], i Latini e le popolazioni italiche in loro appoggio, tra cui i Volsci e altri Etruschi; sotto il nome di Latini finiranno per essere conosciuti in seguito Enea e i suoi seguaci.
 
Enea è una figura già presente nelle leggende e nella [[mitologia greca]] e [[mitologia romana|romana]], e compareapparendo spesso anche nell<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[Iliade]]''; Virgilio mise insieme i singoli e sparsi racconti dei viaggi di Enea, la sua vaga associazione con la fondazione di Roma e soprattutto un personaggio dalle caratteristiche non ben definite tranne una grande religiositàdevozione (''pietas'' in latino), e ne trasse un avvincente e convincente "mito della fondazione", oltre a un'epica nazionale che allo stesso tempo legava Roma ai miti omerici, glorificava i valori romani tradizionali e legittimava la [[dinastia giulio-claudia]] come discendente dei fondatori comuni, eroi e dei, di Roma e Troia.
 
[[File:Virgilio.png|thumb|upright=0.8|''Ritratto di Virgilio'', inciso da François Huot (1802).]]
== Descrizione ==
{{citazione|Canto l'armi e l'eroe, che primo dai lidi di Troia, profugo per fato, giunse in Italia alle spiagge di Lavinio, vessato alquanto attraverso terre e in aperto mare da ira divina, …|Proemio|Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris<br />Italiam fato profugus Laviniaque venit<br />litora, multum ille et terris iactatus et alto<br />vi superum, …|lingua=la}}
 
La divisione in dodici libri esprime la volontà di conciliare due esigenze, quella della ''brevitas'' [[Alessandrinismo|alessandrina]] (il cui modello sono i quattro libri delle ''[[Le Argonautiche (Apollonio Rodio)|Argonautiche]]'') con la maggior lunghezza del poema classico omerico (''[[Iliade]]'' e ''[[Odissea]]'', composti da ventiquattro libri ciascuno).
 
L'orientamento alessandrino verso il poema breve risalta ancor di più se si pensa che i dodici libri di Virgilio rivaleggiano con entrambi i poemi omerici: i primi sei libri rinviano infatti al modello dell{{'}}''Odissea'' (il viaggio avventuroso); igli secondialtri sei al modello dell<nowiki>'</nowiki>''Iliade'' (la guerra). L'ordine delle vicende, rispetto ad Omero, viene rovesciato e l'avventura viene trattata prima della guerra. Col suo modello Virgilio instaura un rapporto di raffinata competizione innovativa.
dell{{'}}''Iliade'' (la guerra). L'ordine delle vicende, rispetto ad Omero, viene rovesciato e l'avventura viene trattata prima della guerra. Col suo modello Virgilio instaura un rapporto di raffinata competizione innovativa. Il viaggio di Ulisse era un viaggio di ritorno, quello di Enea è un viaggio di rifondazione proiettato verso l'ignoto; la guerra nell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Iliade'' era una guerra di distruzione, quella di Enea è rivolta alla costruzione di una nuova città e di una nuova civiltà; l{{'}}''Iliade'' si concludeva con la disfatta troiana, l{{'}}''Eneide'' termina con la vittoria del troiano Enea, che risarcisce il suo popolo della patria perduta.
 
== Trama ==
=== Il viaggio verso l'Italia (libri I-VI) ===
==== ProemioLibro I ====
{{vedi anche|Proemio dell'Eneide}}
[[File:Dosso Dossi 001.jpg|thumb|upright=1.3|Dosso Dossi, ''[[Enea e Acate sulla costa libica]]'' (1520 circa; Washington, [[National Gallery of Art]]).]]
Dopo quattro versi di cui gli studiosi, sia antichi che moderni, hanno ampiamente dibattuto la paternità virgiliana (''Ille ego, qui quondam…'', "Quell'io, che un tempo…") a causa di alcune testimonianze antiche (principalmente [[Svetonio]]) che li consideravano autentici, Virgilio, nel [[proemio]] che precede la narrazione, dichiara l'argomento del suo poema (''Arma virumque cano…'', "Canto le armi e l'uomo…") con un'invocazione alla [[Muse (mitologia)|Musa]] (''Musa, mihi causas memora…''"O Musa, ricordami le cause…"). Di seguito, spiega l'origine del conflitto più importante della trama, ovvero il rancore di [[Era (mitologia)|Giunone]] nei confronti dei Troiani. Questo tipo di [[incipit]] mantiene lo stile di quelli dei [[Omero|poemi omerici]], tranne per il fatto che Virgilio prima dichiara il tema del poema e poi invoca la Musa, mentre in Omero è l'inverso.
Alla maniera omerica, la narrazione, preceduta da un [[proemio]], comincia "''[[in medias res]]''", presentando la flotta troiana nel [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] mentre naviga guidata da Enea alla volta dell'Italia dove spera di trovare una seconda patria.
'Armi canto e l'uomo..' Le armi richiamano l'Iliade dove Paride gli consegna la spada dei troiani mentre l'uomo riecheggia l'Odissea.
 
{{q|Canto le armi e l'uomo che per primo da Troia<br>
==== Libro I ====
venne in Italia profugo per volere del Fato,<br>
[[File:Karel Škréta - Dido a Aeneas (1670).jpg|thumb|''Enea e Didone'', olio su tela di [[Karel Skréta]], [[1670]] circa, [[Galleria Nàrodny]], [[Praga]].]]
sui lidi di Lavinio. A lungo travagliato e su terra<br>
Alla maniera omerica, la narrazione, preceduta da un [[proemio]], comincia "''[[in medias res]]''", presentando la flotta troiana nel [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] orientale mentre naviga guidata da Enea alla volta dell'Italia dove spera di trovare una seconda patria.
e su mare dalla potenza divina, a causa dell'ira tenace della crudele Giunone,<br>
molto soffrì anche in guerra: finché fondò una città,<br>
e istituì nel Lazio i Penati di Troia,<br>
origine gloriosa per la razza latina e albana, e per le mura della superba Roma.<br>
O Musa, raccontami tu le ragioni di tanto doloroso penare: raccontami l'offesa,<br>
il rancore per cui la regina del cielo costrinse un uomo famoso<br>
per la propria pietà a soffrire così, a superare tali<br>
fatiche. Di tanta ira sono capaci i Celesti?}}
 
Dopo quattro versi di cui gli studiosi, sia antichi sia moderni, hanno ampiamente dibattuto la paternità virgiliana,<ref>"''Ille ego, qui quondam gracili modulatus avena<br>carmen, et egressus silvis vicina coegi<br>ut quamvis avido parerent arva colono,<br>gratum opus agricolis, at nunc horrentia Martis''<br>arma virumque cano..."<br>La maggior parte dei poeti antichi indica come l{{'}}''incipit'' del poema fosse ''Arma virumque cano'', ma i quattro versi precedenti esistevano già al tempo di [[Svetonio]] e furono difesi dai commentatori tardo-antichi [[Elio Donato|Donato]], [[Servio Mario Onorato|Servio]] e [[Prisciano]]. Gli studiosi odierni generalmente li considerano spuri. Cfr. comunque Luca Mondin, [https://www.openstarts.units.it/server/api/core/bitstreams/0522ddc3-5c2c-4aef-8627-aa4c8aad7311/content ''Ipotesi sopra il falso proemio dell'Eneide''], con la bibliografia ivi citata.</ref> nel proemio Virgilio dichiara l'argomento del suo poema (''Arma virumque cano…'', "Canto le armi e l'uomo…") con un'invocazione alla [[Muse (mitologia)|Musa]] (''Musa, mihi causas memora…'', "O Musa, ricordami le cause…"). Di seguito, spiega l'origine del conflitto più importante della trama, ovvero il rancore di [[Giunone]] nei confronti dei Troiani. Questo tipo di [[incipit]] mantiene lo stile di quelli dei [[poemi omerici]], tranne per il fatto che Virgilio prima dichiara il tema del poema, e poi invoca la Musa, mentre in Omero è l'inverso ('Armi canto e l'uomo...', dove le armi richiamano l{{'}}''Iliade'', mentre l'uomo riecheggia l{{'}}''Odissea'').
[[Enea]], esule dalla città di [[Troia (Asia Minore)|Troia]], tenta di raggiungere il Lazio, per fondarvi una nuova città e portare in Italia i [[Penati]], una stirpe nobile e coraggiosa e una razza che sarà conosciuta e rispettata da tutti i popoli, come stabilito da una profezia. Parte con una flotta di venti navi, nonostante l'opposizione di Giunone. La dea infatti è adirata per tre motivi:
 
[[Enea]], esule dalla città di [[Troia]], tenta di raggiungere il Lazio per fondarvi una nuova città e portare in Italia i [[Penati]], per far nascere una stirpe nobile e coraggiosa e una razza che sarà conosciuta e rispettata da tutti i popoli, come stabilito da una profezia. Parte con una flotta di venti navi, nonostante l'opposizione di Giunone. La dea è adirata per tre motivi:
# perché ha perso la gara di bellezza contro [[Venere (divinità)|la madre di Enea]],
# perché ha perso la gara di bellezza contro [[Venere (divinità)|la madre di Enea]];
# perché la sua città favorita, [[Cartagine]], è destinata ada essere distrutta dalla stirpe troiana [[Dardano|nata da una relazione tra Zeus ed Elettra]],;
# perché [[Ganimede (mitologia)|Ganimede]] era stato scelto come coppiere al posto di [[Ebe]], la figlia di Giunone.
 
PerDopo sette anni dalla distruzione di Troia, i profughi veleggiaronostanno veleggiando nel Mar Tirreno, al largo della Sicilia, quando Giunone li videvede. La dea, al colmo dell'ira, si reca in [[Eolia (mitologia)|Eolia]], patria dei Venti, da [[Eolo]], che li custodisce tenendoli rinchiusi in un otre all'interno di un massiccio montuoso, per chiedergli di scatenare una tempesta. La dea offre ada [[Eolo]] [[Deiopea]], la ninfa più bella di Giunone, ma il re dei venti, pur accettando, le ricorda che è comunque suo dovere fare ciò che gli viene richiesto dalla regina degli dei, in quanto il suo potere deriva da lei, indifferentemente dal dono. E così il maltempo danneggia pesantemente la flotta, provocando anche l'affondamento della nave dei Lici - alleati dei Troiani -, molti dei quali muoiono annegati, compreso il loro capo [[Oronte (Eneide)|Oronte]].
 
[[Nettuno (divinità)|Nettuno]] se ne accorge e, nonostante non sia neppure lui amico dei Troiani, si infuria per l'intrusione di altri nei suoi domini; spinto anche dal rispetto per il valore di Enea, interviene placando i venti e calmando le acque (come un uomo saggio placa una sommossa). La flotta riesce così ad ancorare sulla costa d'[[Africa]], in [[Libia]], nei pressi di una nuova città che sta venendo costruita, Cartagine. Preoccupata per la sorte del figlio, Venere intercede a suo favore presso [[Giove (divinità)|Giove]]. Questi la rassicura dicendole che, ottenuta la benevolenza di Giunone, l'eroe vedrà premiati i suoi sforzi, con la prima profezia dell{{'}}''Eneide'' (Enea governerà tre anni, il figlio Ascanio Julio trenta, e i suoi discendenti, fino a [[Romolo e Remo]], per trecento; inoltre, la sua stirpe dominerà il mondo e non avrà mai fine). Quindi il re degli dei invia [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] a [[Cartagine]], col compito di predisporre i Cartaginesi a una favorevole accoglienza di Enea e i compagni superstiti. Nel frattempo Venere, assunte le sembianze di una giovane cacciatrice, molto somigliante alla dea [[Diana]], si manifesta al figlio per spiegargli la vicenda della città, fondata dai [[Fenici]] emigrati dalla propria terra al seguito della regina di [[Tiro (città antica)|Tiro]], [[Didone]], fuggita dopo che il fratello [[Pigmalione di Tiro|Pigmalione]] le aveva ucciso il marito [[Sicheo]] per impadronirsi del regno. Enea si reca dunque fiducioso in quella città, ricevendo ottima accoglienza dalla regina, poiché anch'ella ha patito dolori. Venere, temendo le insidie di Giunone, ordina al figlio [[Cupido]], dio dell'amore, di prendere il posto di [[Ascanio]], il figlio di Enea, assumendone le sembianze, affinché, toccando il cuore della regina, questa si innamori dell'eroe. Didone così offre un importante banchetto ai [[Troiani (popolo)|Troiani]] e invita Enea a narrare in quella sede le sue traversie.
[[Nettuno (divinità)|Nettuno]] se ne accorge e, nonostante non sia neppure lui amico dei Troiani, si infuria per l'intrusione di altri nei suoi domini; spinto anche dal rispetto per il valore di Enea, interviene placando i venti e calmando le acque (come un uomo saggio placa una sommossa). La flotta riesce così ad ancorare sulla costa d'[[Africa]], in [[Libia]], in una città, ''Cartago''.
Preoccupata per la sorte del figlio, Venere intercede a suo favore presso [[Giove (divinità)|Giove]]. Questi la rassicura dicendole che, ottenuta la benevolenza di Giunone, l'eroe vedrà premiati i suoi sforzi, con la prima profezia dell<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' (Enea governerà tre anni, il figlio Ascanio Julio trenta e i suoi discendenti, fino a [[Romolo e Remo]], per trecento). Quindi il re degli dei invia [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] a [[Cartagine]], con il compito di predisporre i Cartaginesi ad una favorevole accoglienza di Enea e i compagni superstiti. Nel frattempo Venere, assunte le sembianze di una giovane cacciatrice, molto somigliante alla dea [[Diana]], si manifesta al figlio per spiegargli la vicenda della città, fondata dai [[Fenici]] emigrati dalla propria terra al seguito della regina di [[Tiro (città)|Tiro]], [[Didone]], fuggita dopo che il fratello [[Pigmalione di Tiro|Pigmalione]] le aveva ucciso il marito [[Sicheo]] per impadronirsi del regno. Enea si reca dunque fiducioso in quella città, ricevendo ottima accoglienza dalla regina, poiché anche lei ha patito dolori. Venere, temendo le insidie di Giunone, ordina al figlio [[Cupido]], dio dell'amore, di prendere il posto di [[Ascanio]], il figlio di Enea, assumendone le sembianze, affinché, toccando il cuore della regina, questa si innamori dell'eroe.
Didone così offre un importante banchetto ai [[Troiani (popolo)|Troiani]] e invita Enea a narrare in quella sede le sue traversie.
 
{| class="wikitable"
''Sinossi con numero dei versi''
|+Sinossi con numero dei versi
{| class="wikitable sortable"
|-
|1-7
|Protasi
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|-
|34-91
|Giunone è consapevole che il destino vuole la fondazione di Roma, ma decide comunque di agire contro i Troiani, implorando Eolo di scatenare una tempesta, e questi accetta
|-
|92-101
Riga 73 ⟶ 85:
|-
|124-156
|Nettuno si accorge della tempesta e si arrabbia con icoi venti perché hanno agito senza il suo consenso,; placandoplaca poiquindi la tempesta e, salvando in tal modo le navi
|-
|157-179
Riga 82 ⟶ 94:
|-
|223-296
|Giove guarda dall’altodall'alto; Venere chiede a Giove perché non intervenga in aiuto di Enea, e il padre le risponde rassicurandola sul futuro di Enea e della sua stirpe fino ad Ottaviano
|-
|297-304
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|-
|305-417
|Enea al mattino va in esplorazione con Acate; Venere si presenta ai due sotto forma di cacciatrice, ma Enea si accorge che è una dea e le chiede dove si trovino; Venere glielo dice e racconta la storia di Didone (343-368); Enea poi espone la propria storia; Venere lo rassicura sulla sorte delle altre navi e lo invita ad andare da Didone, e poi scompare; i due s’inviano coperti da una nebbia creata da Venere, la quale poi se ne va a Pafo
|-
|418-493
|Enea ed Acate guardano dall’altoosservano la costruzione di Cartagine, e non visti vanno poi in mezzo alla città; scenavedono le scene della guerra di Troia rappresentatarappresentate sui rilievi di nelun tempio
|-
|494-578
Riga 100 ⟶ 112:
|-
|643-656
|Enea invia Acate alle navi per prendere Ascanio e deii doni da portare alla regina
|-
|657-694
|Venere fa prendere a Cupido le sembianze di Ascanio, temendoe unnasconde qualcheil ingannofiglio di Didone; Venere nasconde il vero AscanioEnea a Cipro
|-
|695-747
Riga 113 ⟶ 125:
 
==== Libro II ====
[[File:Aeneas' Flight from Troy by Federico Barocci.jpg|thumb|left|upright=1.6|''[[Fuga di Enea fugge mentreda Troia brucia]]'' (1598), olio su tela di [[Federico Barocci]], [[1598]](Roma, [[Galleria Borghese]], [[Roma]]).]]
 
{{citazione|Regina, tu mi costringi a rinnovare un dolore inesprimibile|II, 3|Infandum regina iubes renovare dolorem|lingua=la}}
Durante il banchetto che viene dato in onore dei Troiani, Enea racconta la sua storia e le sue vicende e i fatti che hanno provocato il fortuito arrivo della sua gente da quelle parti, a partire dalla caduta di [[Troia]]. L'astuto [[Ulisse]] aveva trovato il modo di riuscire ada entrare nella città facendo costruire un enorme cavallo di legno, che avrebbe racchiuso nascosti al suo interno lui e alcuni dei migliori guerrieri greci. I Troiani, all'oscuro di tutto, ingannati peraltro dall'acheo [[Sinone]] che aveva millantato loro la partenza dei greci (poi rivelatasi falsa; egli aveva anche fatto credere di essere stato minacciato da Ulisse), e, incuriositi dal cavallo, avevano deciso di trasportarlo dentro le mura della città, incuranti delledegli profezieavvertimenti di [[Cassandra (mitologia)|Cassandra]], [[Capi (Eneide)|Capi]] e di [[Laocoonte]] che a sua volta aveva cercato di avvertirli del pericolo e, che fu per questo stritolato insieme ai due figlioletti da una coppia di serpenti marini inviati da Minerva.
 
Usciti nottetempo dal cavallo, i guerrieri greci avevano cominciato a mettere Troia a ferro e fuoco. Enea, svegliato all'improvviso dal fantasma di [[Ettore (mitologia)|Ettore]], aveva visto con orrore che cosa stava succedendo alla sua amata città natale. Radunati alcuni guerrieri, organizzòtentò di organizzare la fugadifesa dalla città: il principe frigio [[Corebo (Eneide)|Corebo]] si unì al gruppo, ma cadde ucciso da [[Peneleo]] nel tentativo di salvare [[Cassandra (mitologia)|Cassandra]], la figlia di Priamo di cui era innamorato, dalle grinfie dei greci. Il capo troiano assistette anche alla barbara uccisione del re [[Priamo]] da parte di [[Pirro Neottolemo]], il figlio di Achille. Allontanatosi dai luoghi più pericolosi, Enea si imbatté nella bella [[Elena (mitologia)|Elena]], causa prima di tutta quella rovina e fu preso dal desiderio di ucciderla, ma venne fermato dalla madre [[Venere (divinità)|Venere]], che gli avevadisse che la caduta di Troia era voluta dagli dei, e gli dettoconsigliò invece di fuggire e di uscire dalla città insieme alla sua famiglia. Egli aveva quindi capito che i suoi parenti stavano correndo un grave pericolo ed era corso da loro. Enea racconta quindi la sua fuga con ilcol figlio [[Iulo]] sul cui capo era comparso un prodigio luminoso e il vecchio padre [[Anchise]] caricato sulle proprie spalle, mentre sua moglie [[Creusa (figlia di Priamo)|Creusa]] non era riuscita a rimanere assieme con loro ed era perita nella catastrofe generale: apparve come ombra a Enea che la cercava, raccomandandogli di vigilare sempre sul loro figliofiglioletto.
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-13
|Enea comincia il racconto
|-
|13-233
|Racconto del cavallo di legno; Laocoonte si scaglia contro di esso; racconto del giovane acheo ‘abbandonato’ (77-144), il quale spiega perché il cavallo sia stato costruito; Laocoonte e i serpentipropri (199-233)figli vengono stritolati da serpenti
|-
|234-249
Riga 132 ⟶ 145:
|-
|250-267
|Cala la notte e gli Achei dilaganoescono dal cavallo di legno dilagando per la città
|-
|268-297
Riga 138 ⟶ 151:
|-
|298-317
|Enea guardasi dall’altoaffaccia l’assaltodalla efinestra, vuolevede scenderela acittà in fiamme ed esce per combattere
|-
|318-385
|Panto racconta ada Enea degli scontri; Enea si unisce aad deialtri compagnitroiani e va a combattere
|-
|386-430
|Corebo propone di indossare armi achee per ingannare i nemici; successi del gruppetto, ma poi sonovengono bersagliati dalle frecce troiane e molti muoiono (tra cui, Panto, Rifeo e lo stesso Corebo)
|-
|431-505
|I superstiti vanno al palazzo di Priamo e provano a resistere all’assedioall'assedio, ma Pirro e i Mirmidoni sfondano le porte: i Greci entrano e fanno strage
|-
|506-558
Riga 156 ⟶ 169:
|-
|635-720
|Anchise non vuole allontanarsi; Enea, Creusa e Ascanio lo pregano fortemente, ma il vecchio è ostinato; Enea decide allora di tornare a combattere, ma Creusa gli si fa avanti, e in quel momento compare una fiamma sulla testa di Ascanio: Anchise allora esulta, Giove conferma il presagio e il vecchio decide di partire
|-
|721-794
|Enea prende in spalla il padre e per mano il figlio,: s’invianel salvolasciare poila scoprirecittà chesi nellaaccorge fogache Creusa non è più con loro: decide quindi di tornare a cercarla, ma questa le appare come un fantasma e glilo diceesorta diad andarsene da Troia, predicendogli ilun futuro radioso
|-
|795-804
|Enea torna dai suoi e scopre con gioia che il numero del gruppetto di fuggitivi è molto aumentato
|}
 
 
==== Libro III ====
[[File:Stories From Virgil, with Twenty Illustrations from Pinelli's Designs - Harpies.jpg|thumb|''Enea e le Arpie'', incisione di [[Bartolomeo Pinelli]] ([[anni 1880]]).]]
Enea racconta come, dopo aver radunato molti altri sopravvissuti (troiani e loro alleati) avesse costruito una flotta di navi: con queste era approdato in varie zone del Mediterraneo, tra le quali il Chersoneso Tracico e l'isola di [[Delo]]. Durante la prima tappa è significativo l'incontro con "l'anima insepolta" di [[Polidoro (figlio di Ecuba)|Polidoro]] (il figlio di [[Priamo]] e di [[Ecuba]]), fatto uccidere dall'avido Polimestore, il quale voleva impossessarsi delle sue ricchezze: Enea ordinò ai suoi compagni di provvedere alla tumulazione per il principe troiano, permettendogli così di poter accedere finalmente all'Ade. Nella seconda, invece, Enea chiese all'oracolo di Apollo quale fosse la nuova terra dove avrebbe dovuto portare i superstiti Troiani. Apollo rispose: "Cercate l'antica madre; qui la stirpe d'Enea dominerà su tutte le terre e su tutti i discendenti" (lat. "...antiquam exquirite matrem. Hic domus Aeneae cunctis dominabitur oris et nati natorum et qui nascentur ab illis"). Anchise, il padre di Enea, credette che la terra d'origine dei Troiani fosse l'isola di Creta da dove sarebbe partito il capostipite Teucro. Perciò Enea col padre e i Troiani si reca a Creta; ma qui gli dèi Penati di Troia apparvero in sogno all'eroe spiegandogli che l'"antica madre" non era Creta, ma la (misteriosa) città di Corythus in Italia (variamente identificata con diverse città etrusche; l'identificazione con Cortona risale a Silio Italico, 4.718-21 e 5.123): "lì nacque Dardano da cui deriva la nostra stirpe" (vv. 161-171).
Enea racconta come, dopo aver radunato molti altri sopravvissuti (troiani e loro alleati) avesse costruito una flotta di navi: con queste era approdato in varie zone del Mediterraneo, tra le quali il Chersoneso Tracico e l'isola di [[Delo]]. Durante la prima tappa è significativo l'incontro con un cespuglio sanguinante, contenente "l'anima insepolta" di [[Polidoro (figlio di Ecuba)|Polidoro]] (il figlio di [[Priamo]] e di [[Ecuba]]), fatto uccidere dall'avido Polimestore, il quale voleva impossessarsi delle sue ricchezze. Enea ordinò ai suoi compagni di provvedere alla tumulazione per il principe troiano, permettendogli così di poter accedere finalmente all'Ade. Nella seconda, invece, Enea chiese all'oracolo di Apollo quale fosse la nuova terra dove avrebbe dovuto portare i superstiti Troiani. Apollo rispose: "Cercate l'antica madre; qui la stirpe d'Enea dominerà su tutte le terre e su tutti i discendenti" (lat. "... antiquam exquirite matrem. Hic domus Aeneae cunctis dominabitur oris et nati natorum et qui nascentur ab illis"). Anchise, il padre di Enea, credette che la terra d'origine dei Troiani fosse l'isola di Creta, da dove sarebbe partito il capostipite Teucro: i Troiani con i loro capi vi si recano e fondano una città; ma qui gli dei [[Penati]] di Troia apparvero in sogno all'eroe spiegandogli che l'"antica madre" non era Creta, ma la (misteriosa) città di Corythus in Italia (variamente identificata con diverse città etrusche; l'identificazione con Cortona risale a Silio Italico, 4.718-21 e 5.123): "lì nacque Dardano da cui deriva la nostra stirpe" (vv. 161-171).
Enea approdò poi nelle isole Strofadi dove venne perseguitato dalle Arpie che le abitavano. Qui l'Arpia Celeno gli profetizzò che sarebbe arrivato in Italia ma per la fame avrebbe dovuto mangiare anche le "mense". Un altro luogo dove poi s'era recato Enea era stato [[Butroto]] nell'[[Epiro]] (nell'odierna [[Albania]]), una città costruita a somiglianza di Troia. Qui aveva incontrato [[Andromaca]], moglie di [[Ettore (mitologia)|Ettore]], che aveva ancora una volta pianto con lui per aver perduto il suo eroico marito e il suo figlio adorato, [[Astianatte]]. Enea incontrò anche il nuovo sposo della donna, [[Eleno]] figlio di Priamo, dotato del dono della profezia. Per suo tramite, Enea ebbe conferma che doveva recarsi in Italia. Eleno gli consigliò anche di recarsi a [[Cuma]] dalla famosa [[Sibilla Cumana|Sibilla]]. Enea aveva così lasciato Butroto rimettendosi in mare. Superate le insidiose [[Scilla (mostro)|Scilla]] e [[Cariddi]] e sbarcato con la flotta in [[Sicilia]], scampò con i suoi uomini ad un attacco del [[ciclope (mitologia)|ciclope]] [[Polifemo]], salvando anche [[Achemenide (Eneide)|Achemenide]], un superstite compagno di Ulisse. Ripreso il mare, nel corso della navigazione, Enea e i suoi giunsero a Drepano (l'odierna [[Trapani]]). Qui morì Anchise, il padre di Enea, stremato da tanti viaggi. Stavano dirigendosi verso il Lazio quando Giunone fece scatenare la tempesta che li avrebbe poi portati a Cartagine.
Enea approdò poi nelle isole [[Strofadi]] dove venne perseguitato dalle [[Arpie]] che le abitavano. Qui l'Arpia Celeno gli profetizzò che sarebbe arrivato in Italia ma per la fame avrebbe dovuto mangiare anche le "mense". Un altro luogo dove poi s'era recato Enea era stato [[Butroto]] nell'[[Epiro]] (nell'odierna [[Albania]]), una città costruita da profughi a somiglianza di Troia. Qui aveva incontrato [[Andromaca]], moglie di [[Ettore (mitologia)|Ettore]], che aveva ancora una volta pianto con lui per aver perduto il suo eroico marito e il suo figlio adorato, [[Astianatte]]. Enea incontrò anche il nuovo sposo della donna, [[Eleno]] figlio di Priamo, dotato del dono della profezia. Per suo tramite, Enea ebbe conferma che doveva recarsi in Italia. Eleno gli consigliò anche di recarsi a [[Cuma]] dalla famosa [[Sibilla Cumana|Sibilla]]. Enea aveva così lasciato Butroto rimettendosi in mare. Superate le insidiose [[Scilla (mostro)|Scilla]] e [[Cariddi]] e sbarcato con la flotta in [[Sicilia]], scampò con i suoi uomini ad un attacco del [[ciclope (mitologia)|ciclope]] [[Polifemo]], salvando anche [[Achemenide (Eneide)|Achemenide]], un superstite compagno di Ulisse. Ripreso il mare, nel corso della navigazione, Enea e i suoi giunsero a Drepano (l'odierna [[Trapani]]), dove morì Anchise stremato da tanti viaggi. Stavano dirigendosi verso il Lazio quando Giunone fece scatenare la tempesta che li avrebbe poi portati a Cartagine.
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-12
|Partenza degli esuli
|-
|13-68
|Fondazione di Eneade in Tracia; mentre raccoglie dei rami per i sacrifici, Enea vede del sangue che cola dall’arbustodall'arbusto: episodiol'anima di Polidoro, ilimprigionata qualenelle fronde, gli dice di andarsene da quelle terre; funerale per Polidoro
|-
|69-123
|Partenza per un’isola delle Cicladi (Delo) retta dal re-sacerdote Anio: qui un oracolo di Apollo indica ai troiani dove dirigersi; Anchise propone di andare a Creta
|-
|124-189
|Partenza; fondazione di un’altraun'altra città, ma arrivo di una pestilenza; in sogno ad Enea compaiono i Penati che gli riportano un oracolo di Apollo secondo il quale i profughi devono muoversi ancora, verso l’Esperial'Esperia; Enea riferisce ad Anchise
|-
|190-267
|Partenza; tempesta gigantesca che li spinge i troiani alle Strofadi, dove incontrano le Arpie; banchetto con gli armenti del luogo, rovinato dadalle queste ultimedonne-mostro; altro banchetto e medesimo risultato; terzo banchetto, stavolta con battaglia; profezia di Celeno
|-
|268-300
|Partenza; isole del basso Adriatico e approdo vicino ad Azio; qui giochi e appesa di uno scudo;successivo approdo a Butroto dove regna Eleno, che ha sposato la vedova di suo fratello Ettore, Andromaca
|-
|301-505
|Enea a Butroto incontra Andromaca; arriva Eleno che li accoglie nel palazzo; Enea chiede vaticini ad Eleno, il quale gli profetizza il futuro; scambio di doni tra i superstiti e saluti
|-
|506-587
|Partenza per l’Italial'Italia; approdo in terre greche e subitanea ripartenza dopo i sacrifici; arrivo nei pressi di Cariddi e approdo sulle spiagge dei Ciclopi, presso l’Etnal'Etna
|-
|588-681
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==== Libro IV ====
[[File:Vergilius vat 41.jpg|thumb|''Morte di Didone'', miniatura del [[Virgilio vaticano]], V secolo.]]
[[File:Giovanni Battista Tiepolo 046.jpg|thumb|''[[Mercurio (divinità)|Mercurio]] ordina ad [[Enea]] di lasciare [[Cartagine]]'', affresco di [[Giambattista Tiepolo]], [[1757]], Villa Valmarana "Ai Nani", [[Vicenza]].]]
[[Didone]], regina di Cartagine, si rivolge alla sorella [[Anna#Il nome nelle arti|Anna]], ammettendo i sentimenti per [[Enea]], che ha riacceso l'antica fiamma d'amore ("[[Agnosco veteris vestigia flammae]]"), il solo per cui violerebbe la promessa di fedeltà eterna fatta sulla tomba del marito [[Sicheo]]. Anna riesce a persuaderla: la sorella è infatti sola e ancora giovane, non ha prole e ha troppi nemici intorno. Il sostegno di un guerriero come Enea può servire molto a una città ancora debole come Cartagine. Didone allora non sente più remore e, date le parole di Anna, lascia che la passione amorosa per Enea la pervada completamente. Immolata una giovenca al tempio, la regina riconduce Enea nelle mura. È notte. Giunone allora propone a [[Venere (divinità)|Venere]] di combinare tra i due giovani il matrimonio. Venere, che intuisce il disegno di sviare Enea dall'[[Italia]], accetta, pur facendo presente a Giunone la probabile avversità del [[Fato]]. L'indomani stesso, Didone ed Enea partono a caccia, ma una tempesta li sconvolge: si rifugiano così in una spelonca, consacrando il rito imeneo. La [[Fama (mitologia)|Fama]], mostro alato, avverte del connubio [[Iarba]], pretendente respinto di [[Didone]] e re dei [[Getuli]], che invoca [[Giove (divinità)|Giove]]. Il padre degli dei invia il suo messaggero [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] a ricordare a Enea la fama e la gloria che attendono la sua discendenza. Enea allora chiama i suoi compagni, arma la flotta e si appresta a partire, pensando al modo più agevole di comunicare la decisione a Didone. Ma la regina, già informata dalla Fama, corre infuriata da Enea, biasimandolo di aver cercato di ingannarla e ricordandogli del loro amore e della benevolenza con cui l'aveva accolto, rinfacciandogli poi di non avere neppure coronato il loro sentimento con un figlio. Enea, pur riconoscendole i meriti, spiega che non può rimanere, perché è obbligato e continuamente sollecitato dagli dei e dall'ombra del defunto padre [[Anchise]] a cercare l'Italia (''Italiam non sponte sequor'', v. 361). Ritornato alla flotta, rimane impassibile alla rinnovata richiesta di trattenersi mossa da Anna e alle maledizioni di Didone, che è perseguitata dal dolore con continue visioni maligne. Riferita la decisione di dedicarsi alle arti magiche per alleviare tante pene, la regina ordina quindi alla sorella di mettere al rogo tutti i ricordi e le armi del naufrago nella sua casa e invoca gli dei. Così, nella notte, mentre la regina escogita il modo e il momento del suicidio per porre fine a tanti affanni, Enea, avvertito in sonno, fugge immediatamente da quella terra. All'aurora, con la vista del porto vuoto, Didone invoca gli dei contro Enea, maledicendolo e augurandogli sventure, persecuzioni e guerra eterna tra i loro popoli. Giunta sulla pira funeraria, si trafigge con la spada di Enea, mentre le ancelle e la sorella invocano disperate il suo nome. Giunone poi invia Iride a sciogliere la regina dal suo corpo e a recidere il capello biondo della sua vita. Voltandosi indietro dal ponte della sua nave, Enea vede il fumo della pira di Didone e ne comprende chiaramente il significato: tuttavia il richiamo del destino è più forte e la flotta troiana fa vela verso l'Italia.
 
[[Didone]], regina di Cartagine, si rivolge alla sorella [[Anna]], ammettendo i sentimenti per [[Enea]], che ha riacceso l'antica fiamma d'amore ("[[Agnosco veteris vestigia flammae]]"), il solo per cui violerebbe la promessa di fedeltà eterna fatta sulla tomba del marito [[Sicheo]]. Anna riesce a persuaderla: la sorella è infatti sola e ancora giovane, non ha prole ed ha troppi nemici intorno. Didone allora immola una giovenca al tempio e riconduce Enea nelle mura. È notte. Giunone allora propone a [[Venere (divinità)|Venere]] di combinare tra i due giovani il matrimonio. Venere, che intuisce il disegno di sviare Enea dall'[[Italia]], accetta, pur facendo presente a Giunone la probabile avversità del [[Fato]]. L'indomani stesso, Didone ed Enea partono a caccia ma una tempesta li sconvolge: si rifugiano così in una spelonca, consacrando il rito imeneo. La [[Fama]], mostro alato, avverte del connubio [[Iarba]], pretendente respinto di [[Didone]] e re dei [[Getuli]], che invoca [[Giove (divinità)|Giove]]. Il padre degli dei invia il suo messaggero [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] a ricordare a Enea la fama e la gloria che attendono la sua discendenza. Enea allora chiama i suoi compagni, arma la flotta e si appresta a partire, pensando al modo più agevole di comunicare la decisione a Didone. Ma la regina, già informata dalla Fama, corre infuriata da Enea, biasimandolo di aver cercato di ingannarla e ricordandogli del loro amore e della benevolenza con cui l'aveva accolto, rinfacciandogli poi di non avere neppure coronato il loro sentimento con un figlio. Enea, pur riconoscendole i meriti, spiega che non può rimanere, perché è obbligato e continuamente sollecitato dagli dei e dall'ombra del defunto padre [[Anchise]] a cercare l'Italia (''Italiam non sponte sequor'', v.361). Ritornato alla flotta, rimane impassibile alla rinnovata richiesta di trattenersi mossa da Anna e alle maledizioni di Didone, che è perseguitata dal dolore con continue visioni maligne. Riferita la decisione di dedicarsi alle arti magiche per alleviare tante pene, la regina ordina quindi alla sorella di mettere al rogo tutti i ricordi e le armi del naufrago nella sua casa e invoca gli dei. Così, nella notte, mentre la regina escogita il modo e il momento del suicidio per porre fine a tanti affanni, Enea, avvertito in sonno, fugge immediatamente da quella terra. All'aurora, con la vista del porto vuoto, Didone invoca gli dei contro Enea, maledicendolo e augurandogli sventure, persecuzioni e guerra eterna tra i loro popoli. Giunta sulla pira funeraria, si trafigge con la spada di Enea, mentre le ancelle e la sorella invocano disperate il suo nome. Giunone poi invia Iride a sciogliere la regina dal suo corpo e a recidere il capello biondo della sua vita. Voltandosi indietro dal ponte della sua nave, Enea vede il fumo della pira di Didone e ne comprende chiaramente il significato: tuttavia il richiamo del destino è più forte e la flotta troiana fa vela verso l'Italia.
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-55
|L’amore di Didone avvampa; colloquio con la sorella Anna, la quale le consiglia di sposare Enea, anche per il bene di Cartagine
Riga 226 ⟶ 240:
|-
|90-128
|Giunone s’accorge dell’amore di Didone e propone a Venere il matrimonio tra i due, ma quest’ultima s’avvede dei pensieri dell’altra e propone di andare da Giove; Giunone però ha già un piano per unirli e lo espone all’altra, la quale assente
|-
|129-159
|Sorge l’alba; preparativi e partenza per la caccia
|-
|160-172
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|-
|296-392
|Didone presagisce tutto ed aggredisceattacca Enea nella disperazione; Enea prova a giustificarsi, ma Didone lo attaccatratta ancora più duramente, lo maledice e se ne va
|-
|393-407
Riga 253 ⟶ 267:
|-
|450-521
|Disperazione di Didone; la regina decide di morire e dice alla sorella di voler distruggere le cose lasciate da Enea; Didone si prepareprepara a moriemorire
|-
|522-553
|Cala la notte; ancora affanni di Didone
|-
|554-583
Riga 262 ⟶ 276:
|-
|584-671
|Sorge l’alba; Didone scorge le vele in lontananza e si dispera, maledicendo il viaggio e il futuro dei Troiani; fa chiamare Anna dalla nutrice di Sicheo; si uccideferisce mortalmnete con la spada regalatagliregalatale da Enea; forti grida dellanella città
|-
|672-705
|Disperazione di Anna sullaper la sorella morente; Giunone invia Iride a spegnereporre fine alla ilsofferenza dibattersidi dell’animaDidone.
|}
 
==== Libro V ====
[[File:Aeneas and His Companions Sacrifice to the Gods before the Tomb of his Father, Anchises, in Sicily (Aeneid, Book V) MET ES1357.jpg|thumb|Miniatura dal quinto libro dell{{'}}''Eneide'', con Enea e i suoi compagni presso la tomba di Anchise.]]
[[Enea]] con le navi tiene deciso la rotta, ma il cielo è pieno di enormi nubi minacciose, che danno presagio di un oscuro temporale. [[Palinuro (Eneide)|Palinuro]], il timoniere della nave di Enea, è spaventato e teme che la flotta non riesca ad arrivare in Italia. Accorgendosi che la tempesta sta portando le navi verso le coste sicule, Enea decide di approdarvi. I troiani sbarcano presso [[Eryx (Sicilia)|Erice]] dove il re [[Aceste]] lietamente li accoglie e offre il suo aiuto.
 
L'indomani, Enea parla ai compagni per informarli della commemorazione per l'anno trascorso dalla morte del padre Anchise, trovandosi inoltre vicini alle sue ceneri e ossa. Egli vuole celebrare l'onore, invocare i venti e gli onori nei tempi a lui dedicati con un banchetto ai [[Penati]] e con icoi giochi funebri, quali corsa di navi, a piedi, lancio del giavellotto e con frecce, mettendo in palio splendidi premi. Dopo aver chiesto due capi di buoi per ogni nave, cosparge le sue tempie con mirto sacro e raggiunge il tumulo. Glorifica quindi con due coppe di vino, due di latte e con fiori purpurei la terra e si rivolge al padre, salutandolo e rammaricandosi di averlo perso prima di aver raggiunto l'Italia. Subito però, un enorme serpente appare strisciando, gustando le vivande disposte per il sacrificio. Stupito, immola due pecore, seguite dalle offerte dei suoi compagni.
 
Arrivata l'aurora, tutti si apprestano a gareggiare. Prima dell'inizio, Enea pone al centro dell'arena, in vista, i doni: tripodi, corone, palme, armi, vesti purpuree, talenti d'oro e d'argento.
 
La tromba suona e si dispongono per la prima gara, una regata, quattro navi: ''Pristi'' di [[Mnesteo]], ''Chimera'' del giovane [[Gia (Eneide)|Gia]], ''Centauro'' di [[Sergesto]] e ''Scilla'' di [[Cloanto]]. Enea pone allora sullo scoglio dirimpetto alla riva una verde meta di elce frondoso. Ricevuto il segnale, partono. Se dapprima sono tutti a pari merito, Gia supera e guadagna la prima posizione, seguito da Cloanto. [[Menete]], il timoniere della Chimera, raggiunta la roccia, non riesce a virare velocemente, scatenando la furia del comandante che getta il compagno maldestro in mare, tra le risate dei Teucri, per essere poi superato dalle altre navi. Ma illa Centauro di Sergesto, intento a sorpassare la nave di Mnesteo, si incastra in uno scoglio. La Pristi ora gode quindi del secondo posto, quasi vicino al primo della Scilla. Il furbo Cloanto, accorgendosi dell'abilità dell'avversario, fa un voto con promessa di sacrificio di un toro in caso di trionfo. Gli dei spingono così vento propizio e la nave giunge vittoriosa al traguardo. Radunati tutti i comandanti Enea consegna allora al vincitore porpora con fregi, al secondo una pesante corazza intrecciata d'oro e al terzo due catini bronzei e due coppe d'argento. Solo più tardi giunge Sergesto con la nave danneggiata e, per il coraggio dimostrato, si aggiudica [[Foloe]], una schiava con icoi suoi due figli gemelli.
 
Enea raduna allora [[Teucri]] e [[Sicani]] per la gara di corsa su una piana erbosa. Vi partecipano i due giovani troiani [[Eurialo e Niso]], amici inseparabili, il principe dei Teucri [[Diore (Eneide)|Diore]], e i Sicani [[Salio]] (un giovane di origine acarnana), Patrone, [[Elimo]] e Panope. Rassicurandoli dei premi sicuri per tutti di due frecce, del ferro e un bipenne, espone quelli per i tre migliori: un cavallo per il primo, faretra e frecce al secondo e al terzo un elmo argolico. Niso si porta subito al comando, inseguito da Salio, Eurialo, Elimo, Diore. Ma, quasi alla fine, Niso scivola sul sangue dei giovenchi immolati e, per impedire la vittoria a Salio, si rialza proprio davanti a lui, che scivola a sua volta. Eurialo, Elimo e Diore ritirano i premi, che però vengono anche concessi ai due atleti non classificati: per Niso uno scudo, a Salio un'enorme pelle di leone.
 
Nella disciplina successiva si battono i pugili: i premi consistono in un giovenco ornato d'oro al vincitore, e al vinto spada e elmo. Subito si propone il maturo troiano [[Darete]], che in passato aveva atterrato immediatamente [[Bute (figlio di Pandione)|Bute]], re dei [[Bebrici]]. All'inizioInizialmente nessuno vuole sfidare il possente Darete, che superbo pretende subito la vittoria a tavolino. UnInsoddisfatto compagnoda diun tale epilogo Aceste, offre la pugna ad [[Entello]], allorache orgoglioso accetta, benché più vecchio di Darete,; egli butta al centro dell'arena duei propri [[Caestus|cesti]], colmiereditati d'armidal disuo maestro [[Erix]], l'invincibileil fratellocolossale fratellastro di Enea,<ref>Erano entrambi figli di [[Afrodite]].</ref> che fu sconfitto e ucciso da [[Eracle]]. A tale vista tutti stupiscono: quei cesti sono enormi, quelli di Darete sono ben minori; a tale confronto si ricusa. Dunque Entello offre al troiano una sfida ad armi pari,: che naturalmenteentrambi rinuncino ai proprii cesti, utilizzandone invece altri eguali, provvisti da Enea; questa sfida stavolta viene accettata. Entello passa dalla difesa all'attacco e glied infligge all'avversario una lezione durissima, dedicando il duello vittorioso alla memoria di Erice.
 
Inizia quindi la gara con l'arco, a cui partecipano [[Ippocoonte (figlio di Irtaco)|Ippocoonte]] (fratello di Niso), [[Mnesteo]], [[Euritione]] e Aceste. La gara consiste nel centrare una colomba volante posta sulla sommità dell'albero maestro della nave di Sergesto. Se Ippocoonte fallisce completamente, Mnesteo colpisce il filo di lino a cui il volatile è appeso, dando modo a Euritione di trafiggerlo in pieno. Aceste, già perdente, lancia comunque il dardo: questo brucia al contatto con la canna, per poi tracciare una via con le fiamme e sparire nel vento. Attoniti, tutti accolgono il segno come un presagio favorevole ed Enea cinge Aceste d'alloro, invitando poi il servo [[Epitide]] a chiamare [[Iulo]] per la parata dei fanciulli, guidata da [[Ascanio]] su un cavallo regalatogli da Didone, e dal suo migliore amico Ati, avo di [[Augusto|Ottaviano]].
 
[[Giunone]] manda [[Iris (mitologia)|Iride]] a spirare venti sulla flotta di Enea. Scesa veloce sulla terra, si trasforma in Beroe e comunica alle mogli dei Troiani di erigere le mura proprio nella città, essendo stata avvertita della volontà divina dall'immagine di Cassandra, in sogno. Le invita inoltre a bruciare le navi e, afferrato un tizzone, lo scaglia. Ma [[Pirgo (mitologia)|Pirgo]], la vecchia nutrice dei figli di [[Priamo]], capisce che non si tratta di [[Beroe]]. La dea subito si dissolve levandosi in alto e le altre donne, già dubbiose, interpretando questo come un segno divino, iniziano a dar fuoco alla flotta. [[Vulcano (divinità)|Vulcano]], dio del fuoco, infuria:. [[Eumelo]] messaggero riferisce delil misfatto alla tomba di [[Anchise]].; Ascanio è avvisato per primo e raggiunge il campo delle donne, rimproverandole fortemente. Enea e i Teucri sopraggiungono altrettanto velocemente, ma le troianedonne per timore fuggono e, rinnegando Giunone, il loro gesto e la luce, si rifugiano in selve e grotte. Intanto le fiamme divampano e l'acqua versata per placarle non riesce a calmarledomarle. Il figlio di Venere allora invoca Giove e subito una tempesta con violenti scrosci di pioggia pone fine alle fiammeall'incendio e salva quindici imbarcazioni su diciannove.
 
Dopo questi avvenimenti Enea, ancora una volta dimentico dei Fati, cade nell'incerto se stabilirsi in Sicilia o cercare il Lazio. In quel momento [[Naute]] lo sprona a perseguire anche con la sofferenza il volere del [[Fato]] e gli consiglia di affidare a quella città, in seguito [[Acesta]], la sorte dei compagni in soprannumero, in prevalenza donne e vecchi stanchi delle peregrinazioni. Si viene comunque a creare una compensazione con alcuni sudditi di Aceste (tra cui [[Salio]]) che decidono di aggregarsi ad Enea.
Riga 293 ⟶ 308:
Venere, preoccupata, si rivolge a [[Nettuno (divinità)|Nettuno]], riferendogli dell'implacabile ira di Giunone, che tanto assilla suo figlio nonostante le molteplici vendette già attuate e affidandogli la salvezza delle navi troiane sino al Tevere. Il dio l'asseconda, preannunciandole la morte di uno solo tra i compagni di Enea. Venere si rallegra.
 
GiuntaGiunge la notte,; mentre i marinai si apprestano a dormire, il dio [[Sonno]] tenta [[Palinuro (Eneide)|Palinuro]], che dapprima resiste ma finisce poi, scossoper e insonnolito, cadecadere in mare. Invano chiama i compagni, mentre laLa nave continua a viaggiare per mare., mentre Palinuro invano chiama i compagni Avvicinatosi agli scogli delle sirene, Enea nota con suo dispiacere l'assenza del nocchiero, prende il controllo dell'imbarcazione e spera che il compagno approdi un giorno su qualche spiaggia ignota, timoniere troppo fiducioso nel cielo e nel mare.
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-41
|Navigazione troiana; tempesta in seguito alla quale le navi approdano in Sicilia, accolte da Aceste
Riga 307 ⟶ 323:
|-
|286-361
|Gara di corsa, vinta da Eurialo
|-
|362-484
Riga 313 ⟶ 329:
|-
|485-544
|Gara con l’arco, vinta da Aceste grazie ad un prodigio (altrimenti avrebbe vinto Euritione)
|-
|545-603
Riga 319 ⟶ 335:
|-
|604-699
|Giunone invia alle navi Iride, la quale si presenta sotto forma umana alle donne troiane e le sobilla a bruciare le navi, in modo da stabilirsi lì senza ulteriori peregrinazioni; Pirgo si accorge che la donna è in realtà una dea, ma dopo la titubanza iniziale, dopo che Iride se n’è andata, danno fuoco alle navi; Ascanio si dirige verso il rogo; tornate in sé, le donne fuggonosi nascondono nei boschi per il rammarico e la vergogna; Enea invoca l’aiuto di Giove, il quale manda una pioggia torrenziale; l’incendio costa la perdita di quattro navi
|-
|700-720
Riga 325 ⟶ 341:
|-
|721-745
|Cala la notte; Anchise appare ad Enea dicendogli di seguire il consiglio di NautesNaute e di scendere agli inferi per incontrarsi con lui
|-
|746-763
Riga 334 ⟶ 350:
|-
|779-826
|Venere prega Nettuno di concedere un viaggio tranquillo e questi la rassicura dicendo che esigerà una sola mortevittima, avviandosi poi verso il mare
|-
|827-871
|Navigazione dei Troiani; cala la notte e il dio Sonno si presenta a Palinuro sotto forma umana invitandolo a dormire; al rifiuto di quest’ultimo, il Sonno lo addormenta con l’acqua del Lete facendolo cadere e annegare in mare; la nave procede comunque tranquilla; Enea si accorge dell’accaduto e guida la nave oltre l’isolagli scogli delle Sirene
|}
 
==== Libro VI ====
[[File:Gerard de lairesse, enea e la sibilla cumana, 1670.jpg|thumb|[[Gerard de Lairesse]], ''Enea e la Sibilla Cumana'', (1670; Maastricht, [[Bonnefantenmuseum]]).]]
Enea e i suoi compagni sbarcano a [[Cuma]], in [[Campania]], dove l'eroe, memore dei consigli di Eleno, si reca nel tempio di [[Apollo]]. La somma sacerdotessa di [[Apollo]], la [[Sibilla Cumana|Sibilla]] Deifobe, figlia di Glauco, invasata dal dio durante il vaticinio, gli rivela che riuscirà ad arrivare nel Lazio, ma per ottenere la nuova patria dovrà affrontare odi e guerre, essendo inviso a Giunone: ella profetizza anche la comparsa di un nuovo Achille (che si rivelerà poi Turno). Su sua richiesta, la Sibilla guida Enea nel regno del dio [[Ade]], ovvero l'[[Aldilà]] secondo la [[religione greca]] e romana. Prima di entrare nell'Ade vero e proprio Enea e la Sibilla devono passare su una delle due rive del fiume [[Acheronte]], attraversando la zona dove vagano senza pace tutte le anime dei morti rimasti insepolti, e qui incontrano [[Palinuro (Eneide)|Palinuro]], che narra del suo assassinio e del suo corpo lasciato insepolto dai Lucani (''Nunc me fluctus habet versantque in litore venti''). Supplica poi Enea di cercare i suoi resti o di aiutarlo ad attraversare il fiume: la [[Sibilla]] gli dice che è inutile sperare di mutare i fati divini con la preghiera (''desine fata deum flecti sperare precando''); poi, per mitigare l'amarezza del pilota, gli rivela che presto avrà comunque un suo tumulo sepolcrale (che ''darà pace alle sue ossa'' e consentirà finalmente alla sua ombra di varcare il fiume infernale). [[Caronte (mitologia)|Caronte]], lo [[psicopompo]] dell'Ade, ostacola il loro ingresso a bordo della sua barca, sostenendo che i vivi finora traghettati sono stati per lui grave fonte di problemi. Quando però gli mostrano il [[ramo d'oro]], chiave degli inferi che portano con loro, acconsente a trasportarli. Dopo aver superato l'ostacolo di [[Cerbero]], Enea e la sacerdotessa incontrano prima le anime di molti troiani caduti in guerra, poi quelle dei suicidi per amore (nei campi del pianto, ''lugentes campi''): tra queste v'è anche Didone, che reagisce gelidamente al passaggio di Enea, il quale scoppia in un pianto disperato. Giunti alla diramazione tra la via per il [[Tartaro (mitologia)|Tartaro]] e quella per i [[Campi Elisi]], incontrano l'ombra del poeta [[Museo (autore mitico)|Museo]], che porta Enea da Anchise: Enea tenta invano di abbracciare il padre per tre volte. Anchise spiega dunque ad Enea la dottrina di cicli e rinascite che sostiene l'universo, e gli mostra le ombre dei grandi uomini che rinasceranno nella città che Enea stesso con la propria discendenza contribuirà a fondare, ovvero i grandi personaggi di Roma, come [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]], o [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso|Fabio Massimo]]: molti popoli - afferma Anchise in un noto passo - otterranno gloria nelle belle arti, nella scienza o nel foro, ma i Romani governeranno il mondo con la sapienza delle leggi, perdonando i vinti e annientando solo chi si opporrà: ''Tu regere imperio populos, Romane, memento / (hae tibi erunt artes) pacisque imponere morem / parcere subiectis et debellare superbos'' (''Aen''. VI, 851-53). Dopo che Anchise ha profetizzato la prematura morte del nipote di [[Augusto]], [[Marco Claudio Marcello (nipote di Augusto)|Marcello]], Enea e la [[Sibilla]] risalgono nel mondo dei vivi, passando per la [[Porte del Sonno|porta dei sogni]].
Enea e i suoi compagni sbarcano a [[Cuma]], in [[Campania]], dove l'eroe, memore dei consigli di Eleno, si reca nel tempio di [[Apollo]]. La somma sacerdotessa di [[Apollo]], la [[Sibilla Cumana|Sibilla]] Deifobe, figlia di Glauco, invasata dal dio durante il vaticinio, gli rivela che riuscirà ad arrivare nel Lazio, ma per ottenere la nuova patria dovrà affrontare odi e guerre, essendo inviso a Giunone: ella profetizza anche la comparsa di un nuovo Achille (che si rivelerà poi Turno). Su sua richiesta, la Sibilla guida Enea nel regno del dio [[Ade (divinità)|Ade]], ovvero l'[[Aldilà]] secondo la [[religione greca]] e romana. Prima di entrare nell'Ade vero e proprio Enea deve procurarsi nel bosco un ramo d'oro da offrire a [[Proserpina]]; l'eroe e la Sibilla devono passare quindi su una delle due rive del fiume [[Acheronte]], attraversando la zona dove vagano senza pace tutte le anime dei morti rimasti insepolti, e qui incontrano [[Palinuro (Eneide)|Palinuro]], che narra del suo assassinio e del suo corpo lasciato insepolto dai Lucani (''Nunc me fluctus habet versantque in litore venti''). Supplica poi Enea di cercare i suoi resti o di aiutarlo ad attraversare il fiume: la [[Sibilla]] gli dice che è inutile sperare di mutare i fati divini con la preghiera (''desine fata deum flecti sperare precando''); poi, per mitigare l'amarezza del pilota, gli rivela che presto avrà comunque un suo tumulo sepolcrale (che ''darà pace alle sue ossa'' e consentirà finalmente alla sua ombra di varcare il fiume infernale). [[Caronte (mitologia)|Caronte]], lo [[psicopompo]] dell'Ade, ostacola il loro ingresso a bordo della sua barca, sostenendo che i vivi finora traghettati sono stati per lui grave fonte di problemi. Quando però gli mostrano il [[ramo d'oro]], chiave degli inferi che portano con loro, acconsente a trasportarli. Dopo aver superato l'ostacolo di [[Cerbero]], Enea e la sacerdotessa incontrano prima le anime di molti troiani caduti in guerra, come [[Medonte (Iliade)|Medonte]], poi quelle dei suicidi per amore (nei campi del pianto, ''lugentes campi''): tra queste v'è anche Didone, che reagisce gelidamente al passaggio di Enea, il quale scoppia in un pianto disperato. Giunti alla diramazione tra la via per il [[Tartaro (mitologia)|Tartaro]] e quella per i [[Campi Elisi]], incontrano l'ombra del poeta [[Museo (autore mitico)|Museo]], che porta Enea da Anchise: Enea tenta invano di abbracciare il padre per tre volte. Anchise spiega dunque ad Enea la dottrina di cicli e rinascite che sostiene l'universo, e gli mostra le ombre dei grandi uomini che rinasceranno nella città che Enea stesso con la propria discendenza contribuirà a fondare, ovvero i grandi personaggi di Roma, come [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]] e [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso|Fabio Massimo]]: molti popoli - afferma Anchise in un noto passo - otterranno gloria nelle belle arti, nella scienza o nel foro, ma i Romani governeranno il mondo con la sapienza delle leggi, perdonando i vinti e annientando solo chi si opporrà: ''Tu regere imperio populos, Romane, memento / (hae tibi erunt artes) pacique imponere morem / parcere subiectis et debellare superbos'' (''Aen''. VI, 851-53). Dopo che Anchise ha profetizzato la prematura morte del nipote di [[Augusto]], [[Marco Claudio Marcello (nipote di Augusto)|Marcello]], Enea e la [[Sibilla]] risalgono nel mondo dei vivi, passando per la [[Porte del Sonno|porta dei sogni]].
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-13
|Arrivo a Cuma; Enea cerca la Sibilla
|-
|14-33
Riga 355 ⟶ 373:
|-
|42-155
|Antro della Sibilla, la quale invoca Apollo che esorta Enea a non indugiare; responsi della Sibilla sul futuro; Enea chiede alla Sibilla di fargli da guida per l’oltretomba; Deifobe allora gli dice di trovare un ramo d’orod'oro nel bosco come offerta a Proserpina e di trovare e seppellire un compagno
|-
|156-211
Riga 361 ⟶ 379:
|-
|212-235
|Esequie perdi Miseno
|-
|236-263
Riga 370 ⟶ 388:
|-
|268-336
|Inizia il viaggio agli inferi; descrizione del vestibolo, dove sono raggruppate le personificazioni dei mali e altritanti mostri; bivaccano (la [[Chimera (mitologia)|Chimera]], l'[[Idra di Lerna|Idra]], i [[Centauri]], le Scille, le [[Arpie]], il centimano [[Briareo]], le [[Gorgoni]] e [[Gerione (mitologia)|Gerione]]), arrivo fino a Caronte; la Sibilla dà spiegazioni sulla sorte degli insepolti, ed Enea tra questi scorge Leucaspi e Oronte, i Lici periti nella tempesta marina
|-
|337-383
Riga 379 ⟶ 397:
|-
|417-425
|Appare Cerbero, ma la Sibilla la addormenta con una focaccia
|-
|426-476
|Appaiono i primi morti nell'Ade vero e proprio, ovvero i bambini e i condannati a morte ingiustamente; poi i suicidi, i morti per amore, tra cui Didone; Enea sile rivolge a Didoneparla, ma questa se ne va senza rispondere
|-
|477-547
Riga 391 ⟶ 409:
|-
|628-679
|Ingresso nei [[Campi Elisi]] dove sono i ‘beati’; [[Museo li(autore mitico)|Museo]] accompagna Enea da Anchise
|-
|680-751
|Enea e Anchise si salutano; Anchisespiega esponeal lefiglio teoriela virgilianesorte sulledelle anime
|-
|752-887
|Anchise illustra la progenie romana: [[Silvio (figliomitologia)|Silvio]] (successore di Ascanio, figlio di Enea e Lavinia), [[Proca]], Capis[[Capys]], [[Numitore]], [[Enea Silvio|Silvio Enea]], [[Romolo]], Augusto (791-805), [[Numa Pompilio]], [[Tullo Ostilio]], [[Anco Marzio]], [[Tarquinio il Superbo]], [[Lucio Giunio Bruto|Bruto]], i [[Gens Decia|Deci]], i [[Marco Livio Druso|Drusi]], [[Tito Manlio Imperioso Torquato|Manlio Torquato]], [[Marco Furio Camillo|Furio Camillo]], [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]], [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], [[Lucio Mummio Acaico|Lucio Mummio]], [[Lucio Emilio Paolo Macedonico|Lucio Emilio Paolo]], Catone ([[Marco Porcio Catone|Censore]] o [[Marco Porcio Catone Uticense|Uticense]]), [[Aulo Cornelio Cosso]], i [[Gracchi]], gli [[Gens Cornelia|Scipioni,]] [[Gaio Fabricio Luscino|Caio Fabrizio Luscino]], [[Sesto Atilio Serrano|Serrano]], i [[Gens Fabia|Fabi]], [[MarcoQuinto ClaudioFabio MarcelloMassimo Verrucoso]]; cenni di Anchise su [[Marco Claudio Marcello]], figlio adottivo e genero di Augusto (868-886)
|-
|888-898
|Anchise profetizza ad Enea le guerre che dovrà sostenere mentree lo accompagna all’uscitaall'uscita dell'Ade
|-
|899-901
|Enea torna dai compagni, coi quali si imbarca verso [[Gaeta]]
|}
 
=== La guerra Latinalatina (Librilibri VII-XII) ===
{{Vedi anche|Guerra latina (Eneide)}}
 
==== Libro VII ====
[[File:Bol-aeneas.jpg|thumb|upright=1.4|''[[Enea]] alla corte del re Latino]]'' (1661-1663 circa), olio su tela di [[Ferdinand Bol]], 1661-1663 ca, [[(Amsterdam]], [[Rijksmuseum]]).]]
I troiani salpano da Cuma e giungono in un porto della Campania situato a Nord, qui muore [[Caieta]], la nutrice di Enea, nell'Esperia. Stanchissimi e affamati (tanto da mangiare le ''mense'', piatti di focaccia dura, proprio come avevano previsto le arpie), sbarcano alla foce del [[Tevere]]; Enea decide quindi di inviare un ambasciatore di nome Ilioneo al re del luogo, [[Re Latino|Latino]].
Questi accoglie con favore l'emissario di Enea, e gli dice di essere a conoscenza che Dardano, il capostipite dei Troiani, era nato nella città etrusca di Corito (VII 209: ''ab sede Tyrrena Corythi''). Ilioneo risponde: "Da qui ebbe origine Dardano ... Qui Apollo ci spinge con ordini continui" (VII 240).
 
In ogni caso Latino si mostra favorevole ad accogliere i Troiani perché suo padre, il dio italico [[Fauno]], gli ha preannunciato che l'unione di uno straniero con sua figlia [[Lavinia (mitologia)|Lavinia]] avrebbe generato una stirpe eroica e gloriosa: per questo motivo il re aveva in precedenza rifiutato di concedere Lavinia in moglie al giovane re dei [[Rutuli]], [[Turno]], anche lui semidio (in quanto figlio della ninfa Venilia): la volontà degli dei si era manifestata anche attraverso prodigi. La piega che gli eventi stanno prendendo non piace a Giunone che con l'aiuto di Aletto, una delle [[Erinni|Furie]], rende geloso Turno e spinge la moglie del re, Amata, a fomentare l'odio verso gli stranieri nella popolazione locale. L'uccisione del giovane valletto latino [[Almone (Eneide)|Almone]], colpito alla gola da una freccia durante una rissa fra Troiani e Italici provocata dalla Furia, scatena la guerra: Turno, nonostante il parere contrario di Latino, raduna un esercito da inviare contro i Troiani. Il suo alleato principale è [[Mezenzio]], il re etrusco di Cere, cacciato dai sudditi per la sua crudeltà: vi sono poi, tra gli altri, [[Clauso]], principe dei [[Sabini]], alla testa di un corpo militare particolarmente imponente; i due semidei italici [[Ceculo]] e [[Messapo]], figli rispettivamente di Vulcano e Nettuno; [[Ufente (Eneide)|Ufente]], capo degli [[Equi]]; [[Umbrone]], condottiero dei [[Marsi]] e noto serparo; [[Virbio (figlio di Ippolito)|Virbio]], giovane re di Aricia e nipote di [[Teseo]]; la vergine [[Camilla (Eneide)|Camilla]], regina dei [[Volsci]].
In ogni caso Latino si mostra favorevole ad accogliere i Troiani perché suo padre, il dio italico [[Fauno]], gli ha preannunciato che l'unione di uno straniero con sua figlia [[Lavinia (mitologia)|Lavinia]] avrebbe generato una stirpe eroica e gloriosa: per questo motivo il re aveva in precedenza rifiutato di concedere Lavinia in moglie al giovane re dei [[Rutuli]], [[Turno]], anche lui semidio (in quanto figlio della ninfa Venilia): la volontà degli dei si era manifestata anche attraverso prodigi. La piega che gli eventi stanno prendendo non piace a Giunone che con l'aiuto di [[Aletto]], una delle [[Erinni|Furie]], rende geloso Turno e spinge la moglie del re, Amata, a fuggire nei boschi con la figlia e a fomentare l'odio verso gli stranieri nella popolazione locale. L'uccisione del giovane valletto latino [[Almone (Eneide)|Almone]], colpito alla gola da una freccia durante una rissa fra Troiani e Italici provocata dalla Furia, scatena la guerra: Turno, nonostante il parere contrario di Latino, raduna un esercito da inviare contro i Troiani. Il suo alleato principale è [[Mezenzio]], il re etrusco di Cere, cacciato dai sudditi per la sua crudeltà: vi sono poi, tra gli altri, [[Clauso]], principe dei [[Sabini]], alla testa di un corpo militare particolarmente imponente; i due semidei italici [[Ceculo]] e [[Messapo]], figli rispettivamente di Vulcano e Nettuno; [[Ufente (Eneide)|Ufente]], capo degli [[Equi]]; [[Umbrone]], condottiero dei [[Marsi]] e noto serparo; [[Virbio (figlio di Ippolito)|Virbio]], giovane re di Aricia e nipote di [[Teseo]]; la vergine guerriera [[Camilla (Eneide)|Camilla]], regina dei [[Volsci]].
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-7
|Sepoltura di GaetaCaieta; Enea riparte
|-
|8-24
Riga 422 ⟶ 444:
|-
|25-36
|AvvistamentoI Troiani avvistano la foce del Tevere all’alba, e si fermano
|-
|37-45
Riga 431 ⟶ 453:
|-
|107-147
|Magro banchetto dei Troiani, e quindi avverarsi della profezia di CilenoCeleno; preghiere di Enea cui rispondono tre lampi di Giove
|-
|148-285
|Nuovo giorno; ambasciata per la pace inviata a Latino mentre Enea costruisce una cittadella fortificata; Latino accoglie i Troiani e chiede cosa lo spinga a lui; Ilioneo risponde che il volere degli dei li ha condotti in quei luoghi; Latino pensa agli oracoli di Fauno, li accoglie benevolmente e chiede di far venire Enea esponendo a loro il vaticinio; di seguito il re ricambia i doni
|-
|286-375
Riga 446 ⟶ 468:
|-
|475-539
|Aletto volasi versodirige Teucrisui troiani; Ascanio sta cacciando, e la Furia fa in modo che ferisconoegli ferisca a morte un cervo sacro; i contadini allora si armano e i Troiani accorrono da Ascanio: combattimento tra le due parti
|-
|540-571
|Aletto va trionfante da Giunone e torna agli inferi su suo congedoordine
|-
|572-600
Riga 455 ⟶ 477:
|-
|601-640
|Apertura delle porte del tempio di Giano da parte di Giunone, perchépoiché Latino non vuole farlo; preparativi alladella guerra
|-
|641-646
Riga 461 ⟶ 483:
|-
|647-817
|Presentazione dei condottieri italici: Mezenzio col figlio Lauso, Aventino, Catillo, Cora, Ceculo, Messapo, Clauso, Aleso, Ebalo, Ufente, Umbrone, Virbio, Turno, Camilla
|}
[[File:Giovanni Battista Tiepolo, Italian (active Venice, Udine, Würzburg, and Madrid) - Sketch for "Venus and Vulcan" - Google Art Project.jpg|miniatura|''Venere nella grotta di Vulcano chiede le armi di Enea'', dipinto di [[Giambattista Tiepolo|G. B. Tiepolo]], 1765-1770.]]
 
==== Libro VIII ====
[[File:Giovanni Battista Tiepolo, Italian (active Venice, Udine, Würzburg, and Madrid) - Sketch for "Venus and Vulcan" - Google Art Project.jpg|miniatura|''[[Venere nella grotta di Vulcano chiede le armi di Enea]]'', dipinto di [[Giambattista Tiepolo|G. B. Tiepolo]] (1765-1770; Filadelfia, [[Philadelphia Museum of Art|Museum of Art]]).]]
 
Mentre guarda le truppe nemiche che si radunano sulla sponda opposta del Tevere, Enea cade addormentato e in sogno gli appare il dio del fiume [[Tiberino]] che, dopo avergli annunciato che lì suo figlio Ascanio fonderà una città di nome [[Alba Longa|Alba]], gli suggerisce di allearsi con [[Evandro (Pallante)|Evandro]], principe di una cittadina del [[Palatino]]. Il giorno successivo Enea risale il fiume ed entra nella città. Qui il figlio di Evandro, [[Pallante (Evandro)|Pallante]], lo riceve benevolmente. Enea, parlando al re, gli ricorda il comune antenato dei loro due popoli [[Atlante (mitologia)|Atlante]], e gli chiede aiuto. Evandro risponde che [[Tarconte]], capo di tutti gli [[Etruschi]], ha riunito i reggitori delle varie città, coi loro eserciti, per condurre una guerra proprio contro Turno e Mezenzio, ma affiderebbe volentieri il comando delle operazioni a Enea. Il capo troiano accetta e si dirige immediatamente verso "le spiagge del re etrusco"; Tarconte lo riceve nel proprio "campo" federale che si trova presso il bosco del dio Silvano. In quei pressi Venere consegna a Enea armi divine e soprattutto uno [[Scudo di Enea|scudo]] opera di Vulcano, su cui sono rappresentate scene della futura storia di Roma, dalla nascita di [[Romolo e Remo]] al trionfo di Augusto dopo la vittoria di Azio.
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-17
|I Laziali si muovono
|-
|18-96
|Enea si corica; gli appare il Tevere in figura di vecchio e gli predice il futuro (fondazione di Alba) e gli dice di cercare l’alleanza di Pallante; Enea allora prega le Ninfe e lo stesso Tevere e prende con sé una coppia di biremi.
|-
|97-183
|A mezzogiorno arrivano presso la città di Evandro; gli Arcadi stanno celebrando un rito; Pallante si fa loro incontro e li accompagna dal padre; Enea e Pallante si scambiano parole amichevoli; banchetto.
|-
|184-279
Riga 502 ⟶ 524:
|-
|608-731
|Venere porta le armi al figlio; descrizione dello scudo (626-728), tra cui sono rappresentati la lupa, gli eroi delle origini, Catilina, Catone, Augusto, Antonio, Cleopatra.
|}
 
==== Libro IX ====
[[File:Vergilius Vaticanus f71r - Les Vaisseaux changés en nymphes.jpg|thumb|Miniatura con l'episodio delle navi troiane trasformate in ninfe.]]
Mentre Enea si trova in Etruria, presso Tarconte, la dea Iride va ad avvisare Turno che "Enea è giunto fino alla lontana città di Corito (Tarquinia) e sta assumendo il comando della banda degli agresti Etruschi confederati" (IX,9). Turno allora, approfittando dell'assenza di Enea, sferra un assalto contro l'accampamento troiano, ma i Troiani riescono a resistere. Turno vuole bruciare le loro navi, ma grande è il suo stupore quando vede emergere, nel posto dove esse si trovavano, una moltitudine di [[Nereidi|Ninfe]]. Capisce allora che non è il momento di attaccare i Troiani, perché significherebbe inimicarsi gli dei. Dà quindi ordine di porre assedio al campo troiano a quattordici giovani condottieri del suo esercito (ciascuno dei quali è alla testa di un contingente composto da altri cento giovani) e agli uomini di Messapo.
 
Nella stessa notte, gli inseparabili amici [[Eurialo e Niso]] si propongono di raggiungere Enea attraversando le linee nemiche. Entrano nel campo dei Rutuli, che trovano tutti addormentati, e decidono di farne strage. A iniziarla è Niso che armato di spada colpisce un alleato molto caro a Turno, ovvero il giovane re e [[augure]] [[Ramnete]], sorpreso a russare un sonno particolarmente affannoso fra i tappeti ammucchiati a mo' di pagliericcio nella sua tenda, e tre suoi servi, tutti adolescenti; le vittime successive sono lo [[scudiero]] e l'[[auriga (attività)|auriga]] di [[Remo (Eneide)|Remo]], e il condottiero stesso, [[decapitato]] di netto da Niso che lascia il [[Torso|busto]] sul letto facendonefacendo colarequindi tuttointridere ildi sangue il terreno sottostante; e appresso al signore, il troiano recide la testa anche ad alcuni guerrieri del suo gruppo, tra cui l'insigne giovinetto [[Serrano (Eneide)|Serrano]], disteso al suolo per l'effetto soporifero dell'abbondante gozzoviglia alla quale si era dato dopo aver allegramente giocato a dadi. La strage ai danni degli italici viene proseguita da Eurialo, le cui vittime sono uomini di basso lignaggio. Uno di essi, [[Reto]], svegliatosi improvvisamente, cerca di fuggire, venendo però anch'egli ucciso da Eurialo.
 
Usciti dall'accampamento dei Rutuli, Eurialo e Niso vengono intercettati da un gruppo di cavalieri italici guidati da [[Volcente]] e costretti a nascondersi: Volcente cattura Eurialo e lo uccide, sicché Niso viene allo scoperto per vendicare l'amico e si scaglia contro il suo assassino, riuscendo a ucciderlo, ma muore subito dopo, trafitto dalle armi degli uomini di Volcente.
 
Turno, infuriato per l'incursione compiuta da Eurialo e Niso, attacca nuovamente il campo dei Troiani. Ascanio si rende autore del suo primo atto d'eroismo militare trafiggendo mortalmente [[Numano]], il cognato di Turno. Questi furibondo distrugge la palizzata, uccidendo i due giganteschi fratelli [[Pandaro e Bizia]]. Il re rutulo entra quindi nel campo nemico e fa strage di troiani in fuga: solo l'eroico [[Linceo (Eneide)|Linceo]] cerca di assalire Turno con la spada snudata ma, prevenutolo, il [[Rutuli|Rutulo]] gli fa volare via di spada la testa con l'elmo mandando a giacere il busto a terra; rimbrottati dai loro capi i Troiani assalgono [[Turno]] che viene circondato dalle lance ed è costretto a tuffarsi nel Tevere per mettersi in salvo (in seguito ritornerà dai suoi compagni trasportato dalla corrente).
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-24
|Giunone manda Iride presso Turno per esortarlo ad attaccare il campo troiano.
|-
|25-175
|L’esercito di Turno avanza; i Troiani si preparano a difendere l’accampamento da dentro le mura; tentativo di incendio degli assedianti; ''excursus'' su un giuramento di Giove ai tempi della guerra di Troia; le navi troiane si trasformano in ninfe; Turno volge a proprio favore il prodigio ed ordina ai suoi di riposarsi; Messapo ordina le pattuglie, mentre i Troiani danno i turni alle loro sentinelle.
|-
|176-313
|Eurialo e Niso sono di guardia, ma decidono di andare ad avvisare Enea dell’assedio; i due vanno all’assembleaall'assemblea dei capi troiani per avvisarli: i capi lodano ed acconsentono, con Ascanio che promette grandi doni.
|-
|314-366
|Eurialo e Niso escono e s’introducono fra lenelle tende nemiche, facendo quindi strage di nemiciguerrieri addormentati.
|-
|367-458
|Un’ambasceria di Turno, guidata da Volcente, sta tornando al campo e scorge Eurialo e Niso, i quali fuggono nel bosco; Eurialo si perde; Niso prosegue salvo poi accorgersi dell’assenza del compagno: decide di tornare a cercarlo; Niso trova Eurialo catturato e decide di attaccare; Volcente, non scorgendo l’autore delle mortiuccisioni, decide di uccideretrafigge Eurialo; Niso allora si getta verso l’amico e vienecade a sua trafittovolta dopo aver ucciso Volcente.
|-
|459-502
|Nuovo giorno; Turno prepara l’esercito e fa infilzare le teste di Eurialo e Niso su due picche; la madre di Eurialo si dispera e si getta fuori dalle mura, ma viene poi presa a forza dai Troiani.
|-
|503-524
Riga 541 ⟶ 565:
|-
|530-818
|Continua l’assedio; Turno incendia una torre; Ascanio al suo primo scontro; insulti di Numano ai troiani, ucciso però da una freccia di Ascanio al suo primo atto bellico; Apollo assume le sembianze di un vecchio e invita Ascanio a non combattere più; i Rutuli prevalgono; Turno uccide Pandaro; i Troiani indietreggiano ma Mnesteo infonde loro ardore; Turno, incalzato dal nemico, si salva gettandosi nel Tevere.
|}
 
==== Libro X ====
[[File:Stories From Virgil, with Twenty Illustrations from Pinelli's Designs - Aeneas and the body of Lausus.jpg|thumb|''[[Enea col cadavere di Lauso]]'', incisione di [[Bartolomeo Pinelli]].]]
Nel frattempo sull'[[Olimpo (mitologia)|Olimpo]] è in atto un duro scontro tra gli dei: Giove è irritato per lo scoppio della guerra, Giunone addossa la colpa ai Troiani e Venere implora Giove di non abbandonarli proprio mentre sono circondati da forze molto più numerose delle loro.
 
Enea, intanto, ha assunto il comando della Lega Etrusca, e alla testa dell'esercito imbarcato sulla flotta federale, assieme a Tarconte, torna dal territorio etrusco alla foce del Tevere: egli è accompagnato anche dagli Arcadi di Pallante e da [[Cupavone]] e [[Cunaro]] coi loro [[Liguri]]. Quando lo vedono riapparire i Troiani, ancora assediati nel loro campo, riacquistano fiducia. Turno muove l'esercito italico contro il nemico ma Enea, forte dello scudo di [[Vulcano (divinità)|Vulcano]] e della protezione di Venere, è di fatto inarrestabile. Egli si slancia contro i nemici dapprima con la spada, e con essa uccide il gigantesco e coraggioso [[Terone (Eneide)|Terone]], per poi ferire mortalmente il giovane [[Lica (Eneide)|Lica]]. Subito dopo abbatte due fratelli armati di clava, [[Cisseo e Gia]], il cui padre era originario della Grecia, e Faro, alcon quale scaglia launa [[lancia (arma)|lancia]] che trapassa di nettoscagliatagli lanella [[bocca]] aperta. Si fa allora eroicamente avanti una coppia di guerrieri latini, [[Cidone e Clizio]], legati da un rapporto omoerotico: Enea stende morto Clizio, il più giovane dei due, Clizio, ovvero colui che aveva preso l'iniziativa, mentre Cidone viene salvato dall'intervento dei sette figli di Forco che si frappongono improvvisamente tra lui ed Enea, il quale è costretto a chiedere al fedele [[Acate (mitologia)|Acate]] le lance, che scaglia sui suoi assalitori uccidendone un paio, Meone e Alcanore; un terzo fratello, Numitore, ferisce Acate in maniera non grave.
 
Enea e Acate si allontanano mentre i combattimenti riprendono più cruenti di prima: in campo italico si mettono in evidenza Clauso e Messapo. Pallante fa strage di alcuni giovani guerrieri, tra cui i due valorosi gemelli latini [[Laride e Timbro]], figli di Dauco: con la spada decapita Timbro e recide la mano destra a Laride, abbandonandolo moribondo sul terreno. Poi uccide Aleso, l'antico auriga di [[Agamennone]], stabilitosi in Italia dopo la guerra di Troia. Viene quindi affrontato da Turno in duello: sull'Olimpo [[Ercole]], invocato dal giovane prima dello scontro, chiede a Giove se la sua vita possa essere risparmiata, ma il padre ricorda l'inevitabilità del fato: "[[Stat sua cuique dies]], breve et inreparabile tempus/ Omnibus est vitae" (" ''A ciascuno è dato il suo giorno, il tempo della vita/ è breve e irreparabile per tutti'' ", Aen. X, 467-468). Turno uccide Pallante, spogliandolo poi del [[balteo]].
 
Enea, infuriato per la morte del suo amico e alleato, lo vendica scagliandosi sui nemici e facendone scempio: innanzitutto cattura vivi otto giovani per immolarli sulla pira che arderà Pallante; poi abbatte Mago ed altri guerrieri tra cui Ceculo (il semidio figlio di Vulcano), Umbrone, Anxure al quale tronca una mano, e pure un sacerdote di [[Apollo]] e di [[Diana]], figlio di tale Emone. Quindi affronta il giovane etrusco [[Tarquito]], schierato con [[Mezenzio]] e anch'egli semidio, e con la spada gli spicca via la testa dal busto, facendo infine rotolare i resti del nemico, grondanti di sangue, nella foce del [[Tevere]]. Le schiere italiche fuggono terrorizzate, ma Enea prosegue con la carneficina: cadono due fedelissimi di Turno, [[Anteo (Eneide)|Anteo]] e [[Luca (Eneide)|Luca]], poi [[Numa (Eneide)|Numa]] e anche [[Camerte]], il biondo signore di [[Amyclae]], nonché figlio di [[Volcente]]. Enea quindi uccide inoltre una coppia di fratelli che avevano osato sfidarlo dal carro insultandolo, Lucago e Ligeri, colpendo il primo all'inguine con la lancia scagliata e buttandolo giù dal carro, mentre all'altro apre il petto con la spada. I Rutuli sono così costretti ad allentare l'assedio al campo dei Troiani, che finalmente possono intervenire al fianco di Enea; belle prove vengono offerte da [[Salio]], il giovane sicano di origini greche unitosi a Enea e ai suoi uomini, destinato però anche lui a soccombere (per mano dell'italico Nealce).
 
Intanto Giunone, temendo per la sorte di Turno, è riuscita ad allontanare il re rutulo dal campo di battaglia. Enea può così affrontare il tiranno etrusco Mezenzio, che sta facendo a sua volta strage di Troiani, ferendolo con la lancia all'inguine; quindi si getta su [[Lauso (mitologia)|Lauso]], il figlio di Mezenzio, accorsoaccorre in sua difesa, ema gliviene piantaucciso lada Enea con un colpo di spada nelal petto: toccato dal gesto eroico del giovane, l'eroe troiano non infierisce sul suo corpo ma lo fa adagiare sul suo stesso scudo, restituendolo quindi al padre.
 
Mezenzio inveisce per la morte del figlio ede affronta, benché gravemente impedito, il troiano a duello. Enea uccide con un colpo di lancia il cavallo di Mezenzio e quindi il tiranno stesso, spogliandolo poi delle sue armi che appende nel campo di battaglia, come trofeo per [[Marte (divinità)|Marte]].
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-117
|Giove convoca un [[concilio divino]] e rimprovera gli deialtri dèi per aver scatenato la guerra; Venere si lamenta del comportamento di Giunone e prega che venga salvato almeoalmeno Ascanio; Giunone si adira; Giove dicesi limita a semplicementedire che non interverrà
|-
|118-147
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|-
|147-214
|Enea sta tornando in nave, accompagnato dagli alleati etruschi e liguri: MassicoMàssico, Abante, AsilasAsìlas, AsturAstyr, CunaroCùnaro, CuparoneCupavóne, Ocno (di Mantova, con breve digressione sulla città natale di Virgilio), Auleste
|-
|215-250
|Cala la notte; a Enea compaionoappaiono le ninfe cheoriginate dalla metamorfosi eranodelle navi, lo avvisano dell’assediodell'assedio e gli predicono grandi imprese
|-
|251-275
|Enea prega Cibele e avvisa gli alleati; arrivo all’accampamentoall'accampamento
|-
|276-605
|Turno incoraggia i suoi; sbarco di Enea; Turno manda all’attacco i Rutuli; inizia la battaglia; Pallante fa strage, ma viene scortosfidato da Turno ea duello; tra i due:Turno uccide Pallante ucciso; Enea fa strage e i Rutulidi arretranonemici
|-
|606-632
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==== Libro XI ====
[[File:Wenceslas Hollar - King Latinus in council (State 2).jpg|thumb|''Il concilio di Latino'', incisione di [[Wenceslaus Hollar]].]]
Dopo le celebrazioni per la vittoria su Mezenzio, Enea riporta il corpo di Pallante nella sua città per le esequie, e il padre Evandro chiede che sia vendicato. Il re Latino chiede una tregua ai Troiani e si giunge ad un accordo in base al quale vengono decisi dodici giorni di sospensione delle ostilità, per consentire lo svolgimento dei riti funebri di tutti i caduti. Enea, che rispetta Latino memore del fatto che gli avesse offerto la mano della figlia, propone di porre fine alla guerra e di risolvere la questione con un duello tra lui e Turno. Il rutulo rifiuta però la proposta, e dunque il conflitto riprende. Tarconte assale il giovane tiburtino [[Venulo]] che viene ucciso dopo aver cercato disperatamente di resistere; in aiuto delle forze latine interviene la cavalleria dei [[Volsci]] guidata dalla guerriera [[Camilla (Eneide)|Camilla]]. Nel corso dei combattimenti il giovane etrusco [[Arunte (Eneide)|Arunte]] insidia la vergine che compie stragi, e, dopo averla vista inseguire il troiano Cloreo che attirava l'attenzione per le sue armi d'oro, scaglia l'asta e la coglie in pieno petto; Camilla muore e l'esercito italico è costretto a ritirarsi lasciando Enea padrone del campo.
Dopo le celebrazioni per la vittoria su Mezenzio, Enea riporta il corpo di Pallante nella sua città per le esequie, e il padre Evandro chiede che sia vendicato. Enea cerca, intanto, accordi anche con [[Arpi]] la grande città fondata da [[Diomede]] ai piedi del [[Gargano]]. Il re Latino chiede una tregua ai Troiani e si giunge ad un accordo in base al quale vengono decisi dodici giorni di sospensione delle ostilità, per consentire lo svolgimento dei riti funebri di tutti i caduti. Enea, che rispetta Latino memore del fatto che gli avesse offerto la mano della figlia, propone di porre fine alla guerra e di risolvere la questione con un duello tra lui e Turno. Il rutulo rifiuta però la proposta, e dunque il conflitto riprende. Tarconte assale il giovane tiburtino [[Venulo]] che viene ucciso dopo aver cercato disperatamente di resistere; in aiuto delle forze latine interviene la cavalleria dei [[Volsci]] guidata dalla guerriera [[Camilla (Eneide)|Camilla]]. Nel corso dei combattimenti il giovane etrusco [[Arunte (Eneide)|Arunte]] insidia la vergine che compie stragi, e, dopo averla vista inseguire il troiano Cloreo che attirava l'attenzione per gli ornamenti d'oro, scaglia l'asta e la coglie in pieno petto; Camilla muore, dopo aver inviato la compagna Acca ad avvisare Turno. La dea [[Diana]] allora la vendica facendo uccidere Arunte dalla ninfa Opi. L'esercito italico è costretto a ritirarsi lasciando Enea padrone del campo.
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-99
|Sorge l’alba; offerta gliagli dei da parte di Enea, che poi ordina di seppellire i morti; Enea simanda lamenta sulil corpo di Pallante, chea poi inviaEvandro con solennità da Evandro dirigendosi in seguito all’accampamento
|-
|100-138
|Delegazione latina per raccogliere i morti, ben accolta da Enea; Drance loda Enea e critica Turno; le due parti concordano dodici giorni di pace e tagliano igli boschialberi per le pire funebri
|-
|139-181
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|-
|203-224
|Funerali anche daipresso i Latini
|-
|225-446
|Gli ambasciatori portano risposta negativa da parte di Diomede; Latino allora convoca un’assemblea;, Venulo racconta dell’ambasceria ad Arpi e del perché Diomede abbia rifiutato l’alleanza; Latino allora proponeproponendo la pace e dil'assegnazione assegnaredi un territorio ai Troiani; Drance attacca Turno e proponeauspica ale Latinonozze di concedere Lavinia adcon Enea;, Dranceprovocando provocacosì Turno, il quale reagisce con asprezza lanciando una sfida ai Troiani, ricordando che ritirarsi sarebbe disonorevole
|-
|446-531
|Enea muove il campo verso la città; Turno esorta i suoi a prepararsi alla battaglia; preparativi dei Latini; Camilla chiede a Turno di poter attaccare i Troiani, e questi le rivela la tattica da seguire (un’imboscata in una stretta valle)
|-
|532-596
|La ninfa Opi viene inviata da Diana presso Camilla, dopo una lunga digressione su di essa
|-
|597-835
|I Troiani e gli Etruschi si avvicinano; scontro tra le cavallerie; imprese di Camilla e delle sue compagne; TarconeTarconte rampogna i suoi e attaccauccide Venulo; AmunteArunte colpisce mortalmente Camilla; riprende più aspra la battaglia
|-
|836-867
|OpiSu scoppiaordine indi unDiana, lamento eOpi uccide con una freccia AmunteArunte; ritorna poi all’Olimposull'Olimpo
|-
|868-895
|I Rutuli si ritirano incalzati dai Troiani, tra la disperazione delle donne latine
|-
|896-915
|La notizia della disfatta viene riportata a Turno da AceaAcca, compagna di Camilla; Enea e Turno vanno entrambi verso la città; cala la notte
|}
 
==== Libro XII ====
[[File:Aeneas and Turnus.jpg|thumb|''Il duello di Enea e Turno'', olio su tela di [[Luca Giordano]] (1688; Firenze, [[Palazzo Corsini al Parione]]).]]
 
Vista la difficile situazione, Turno accetta la sfida a duello lanciatagli da Enea, nonostante l'opposizione di Latino e della regina Amata. Giunone interviene nuovamente, convincendo la ninfa [[Giuturna]], la ninfa sorella di Turno, a radunare l'esercito e mandarlo all'attacco. Il duello è così rinviato e i due eroi si rituffano nei combattimenti. Enea viene ferito da un dardo vagante alla coscia, e Venere deve intervenire per ridargli vigore con una pianta medicinale, il [[dittamo]] di Creta. Durante la sosta forzata di Enea i suoi luogotenenti riescono a controllare egregiamente la situazione, soprattutto Acate e Gia, che decapitano rispettivamente [[Epulone (Eneide)|Epulone]] e Ufente: nella mischia muore poi l'[[augure]] italico Tolumnio, colui che aveva violato la tregua. La ferita di Enea viene curata, e il capo troiano può ritornare a combattere.

Enea e Turno, alla guida dei rispettivi eserciti, fanno macello dei rispettivi nemici. Memorabili alcune uccisioni: il rutulo [[Sucrone]], che Enea ferma colpendolo al fianco con la lancia per poi spezzargli con la spada le costole intere una volta caduto al suolo; i fratelli troiani Amico e [[Diore (Eneide)|Diore]], uccisi da Turno e poi appesi, con le teste recise, al loro carro; il masso scagliato contro [[Murrano]] da [[Enea]] che lo catapulta giù dal cocchio e lo fa morire dilaniato dai suoi stessi cavalli che, dimenticatisi di lui, credevano si trattasse di un nemico caduto. Tra le vittime del re rutulo c'è anche [[Darete]].

Intanto Amata, credendo che Turno sia morto, si toglie la vita, impiccandosi. Lavinio è assediata dalle truppe e subisce un principio d'incendio. Quando Turno vede che è la sorella, travestita da auriga, ad aizzare i soldati a spezzare la tregua interviene, ordinando alle truppe di fermarsi. La mischia si scioglie e finalmente i due eroi si trovano faccia a faccia per il duello. Gli dei decidono di non intervenire, ede anche Giuturna e Giunone èsono costrettacostrette da Giove a interrompere le sueloro trame.

Enea, scagliata una lancia contro Turno, vince facilmente lo scontro ferendo gravemente il nemico: poi sguaina la spada affilata da entrambe le parti e con essa muove verso lo sconfitto, ma si arresta dopo chequando Turno lo implora di rendere il suo corpo privo di vita al padre [[Dauno]] ("Tu puoi usar la tua sorte. Ma se del misero padre un pensiero può ancora toccarti, ti prego [...], pietà della vecchiezza di Dauno e, sia pur corpo privo di vita, se questo ti piace, rendimi ai miei. Hai vinto [...]. Di più non voglia il tuo odio").<ref>{{Cita libro|autore = Rosa Calzecchi Onesti|titolo = Eneide|anno = 1967|editore = Einaudi|città = Torino}}</ref>). Quando però vede su di lui il "balteo", cinturone che Turno aveva strappato a Pallante dopo averlo ucciso, la pietà viene meno e prevale la vendetta. Enea affonda la spada nel petto di Turno - che muore emettendo l'anima con un rantolo atroce.

Così -ha termine, un po' bruscamente, il poema; manca la parte dove Enea sposa Lavinia e si riappacifica con gli [[Italici]], risparmiandoi dallaquali finepermetteranno definitivaquindi laai cittàTroiani di [[Laurento]]; i Troiani possono cosìpoter finalmente stabilirsi nel [[Lazio]] e trascorrere la loro esistenza nella nuova terra conquistata.<ref>Così haA terminequesto proposito è da ricordare il ''[[Supplementum Aeneidos]]'', altrimenti detto ''Liber XIII Aeneidos'', poemetto dell'umanista [[Maffeo Vegio]] da [[Lodi]] in seicentotrenta esametri latini che si propone di concludere il poema: tuttaviarimasto incompiuto alla morte di [[Virgilio]]. Fu completato nel 1428 e pubblicato a [[Venezia]], secondoper autorile posterioricure di [[Adamo di Ambergau]], nel 1471.</ref><ref>Nelle ''Metamorfosi'' di Ovidio, Enea non solo uccide Turno ma arriva a distruggere Ardea, la capitale del regno dei Rutuli. Secondo altri autori, Enea, dopo la morte di [[Turno]], combatté contro gli [[Etruschi]] stessi per cacciarli via dalla sua terra, dopo che essi gli ebbero chiesto con la prepotenza di stare con lui definitivamente. e,Lavinia improvvisamentedarà ad Enea un altro figlio, scomparveEnea dalSilvio, camposcatenando l'invidia di battagliaAscanio, che fonderà [[Alba Longa]]. Un giorno, improvvisamente, Enea scomparve, portato dalla madre sull'[[Olimpo (Grecia)|Olimpo]], doveper in seguitopoi saràvenire onorato dai suoi discendenti, i [[Civiltà romana|Romani]], che come un [[Dio]] lo chiameranno per sempre con il nome di "Giove Indigete"; la città di [[Roma]], fondata nel 753 a.C., sorgerà sul Palatino per opera di [[Romolo]], discendentefiglio di Enea[[Rea Silvia]], dopodiscendente l'uccisionedi del fratello RemoEnea.</ref>
 
''Sinossi con numero dei versi''
{| class="wikitable"
|+Sinossi con numero dei versi
|-
|1-106
|Turno s’infiamma nel vedere i Latini disfatti; dialogo tra Turno, Latino e Amata; Turno si arma
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|-
|113-133
|Nuovo giorno; gli eserciti si fanno incontro l’un l’altro
|-
|134-161
|Giunone contempla il campo dal monte Albano; Giunone si rivolge a Giuturna, ninfa e sorella di Turno, e la esorta a provare a salvare il fratellore rutulo
|-
|162-215
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|-
|216-382
|Esitazione dei Rutuli nel vedere Turno malinconico; Giuturna allora, sotto spoglie umane, incoraggia gli italici; Giuturna fa apparire un prodigio per rincuorali ancora di più; Tolumno dà inizio allo scontro, rompendo i patti; Enea prova a bloccare i suoi, ma viene colpito da un dardo e sideve ritiraessere medicato; Turno allora sale sul carro e fa strage di nemici
|-
|383-441
|Enea rientra all’accampamentoall'accampamento e Iapige tenta di curarlo; Venere inserisce del dittamo nel catino di Iapige ed Enea viene curato; Enea fa un discorso ad Ascanio e torna alla battaglia
|-
|441-499
|Gesta di Enea; i Rutuli arretrano; Giuturna sale sul carro di Turno per trarlo in salvo; Enea fa strage di nemici
|-
|500-504
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|-
|554-592
|VeneraVenere ispira a Enea l’idea di attaccare la città; Enea convoca i suoi e ordina di appiccare il fuoco, per il mancato rispetto del patto
|-
|593-613
|Amata non vede più Turno e, disperata, si suicida; disperazionecosternazione della città
|-
|614-696
|Turno si preoccupa per la città; Giuturna prova a convincerlo a continuare la lotta in quel lato del campo, ma Turno non vuole essere macchiato dal disonore; SaceteSace invita Turno a tornare alle mura; Turno chiede a Giuturna di lasciarlo e salta giù dal carro; Turno invita i suoi a smettere la battaglia per combattere lui solo contro Enea
|-
|697-790
|Enea si fa incontro a Turno; duello tra i due; si spezza la spada di Turno, il quale fugge inseguito dall’altro; Giuturna da una spada al fratello
|-
|791-842
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|-
|843-886
|Giove inviaimpone una “funesta” daa Giuturna per farla smettere, e questadi selasciare neTurno vaal disperandosisuo destino
|-
|887-952
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== Personaggi ==
[[File:NisosKarel EuryalosŠkréta Louvre- LL450Dido n2a Aeneas (1670).jpg|thumb|''EurialoEnea e NisoDidone'' (1827[[1670]] circa), olio su tela di [[Jean-BaptisteKarel RomanŠkréta]] (Praga, [[LouvreNárodní galerie|Galleria Nazionale]]).]]
 
Gli dei presenti nel poema sono:
 
* [[Venere (divinità)|Venere]], dea madre di Enea che nel racconto figura come sua protettrice e anche come colei che fa sbocciare l'amore tra il capo troiano e Didone;
* [[Giunone]], divinità protettrice di Cartagine e avversa da sempre ai troiani e quindi anche a Enea;
* [[Giove (divinità)|Giove]], garante del Volere e del Fato: è, in questo poema, più che un dio, un'entità astratta assai imparziale che rappresenta l'equilibrio;
* gli altri deidèi dell'Olimpo (Nettuno, [[Apollo]], [[Diana]], [[Mercurio (divinità)|Mercurio]], [[Cupido]], [[Iris (divinità)|Iride]], [[Vulcano)]], il[[Pallade dio SonnoAtena|Pallade]]), la Furianinfa AlettoOpi e divinità propriamenteminori latinecome le Dire, che sono strumenti per attuare il volere maggiore.
* gli dèi marini, [[Nettuno (divinità)|Nettuno]] e [[Anfitrite]] col loro corteo di tritoni e nereidi
* gli dèi degli [[Ade (regno)|Inferi]], [[Plutone (divinità)|Plutone]], [[Proserpina]], [[Caronte (mitologia)|Caronte]] e i mostri dell'Ade ([[Medusa (mitologia)|Medusa]], la furia [[Aletto]], il dio Sonno, ecc.)
* divinità latine come il dio [[Saturno (divinità)|Saturno]], il fiume [[Tevere]], Pico, [[Fauno]] e [[Giuturna]], la sorella di Turno divenuta ninfa
* [[Ercole]], il semidio figlio di Zeus assurto poi a dio, a colloquio col genitore sull'Olimpo nel libro X (mentre nel libro VIII viene rievocata la sua lotta contro [[Caco (mitologia)|Caco]])
* [[Cibele]], la gran madre degli dèi che trasforma le navi di Enea in ninfe.
* Ascanio, figlio di Enea.
 
Inoltre appare [[Eolo]], presentato come il re dei venti, secondo la versione prevalente (e non una divinità vera e propria, come invece in qualche altro testo classico).
 
Il personaggio principale è il principe troiano [[Enea]], eroe ''pius'' ossia devoto e rispettoso della religione e dunque uomo caro alla maggior parte degli dei. Enea è un guerriero valoroso e un capo maturo e responsabile. Si sottomette completamente al volere degli dei, si prende cura della famiglia (la sposa, il figlio, il vecchio padre) e dei suoi soldati, è leale e risoluto, ma ha momenti di debolezza, incertezza e dubbio. Per il resto, Enea incarna le virtù dei grandi personaggi romani:
 
# [[onestà]]
Il personaggio principale è Enea, eroe ''pius'', e dunque uomo caro alla maggior parte degli dei. Enea è un capo maturo e responsabile. Si sottomette completamente al volere degli dei, è attento verso il figlio, si prende cura del padre, è leale ma ha momenti di incertezza e di dubbio. Per il resto Enea incarna le virtù dei grandi personaggi romani:
# [[coraggio]]
# Onestà
# [[lealtà]]
# Coraggio
# [[giustizia]]
# Lealtà
# clemenza
# Giustizia
# ''[[Pietas (virtù)|pietas]]'', ovvero devozione verso gli dèi e rispetto verso gli uomini
# Clemenza
# [[pazienza]]
# ''Pietas'', ovvero devozione verso gli dei e rispetto verso gli uomini
# alto senso civico ed esaltazione dei valori di cittadino romano (quelli che [[Augusto]] stava cercando di ripristinare)
# Pazienza
# Alto senso civico ed esaltazione dei valori di cittadino romano (quelli che Augusto stava cercando di ripristinare)
 
[[File:Nisos Euryalos Louvre LL450 n2.jpg|thumb|''Eurialo e Niso'' (1827) di [[Jean-Baptiste Roman]] (Parigi, [[Louvre]]).]]
La ''pietas'', una delle doti di Enea, rappresenta il senso del dovere, la devozione, il rispetto delle norme che regolano i rapporti tra gli dei e tra gli uomini. Solo occasionalmente l'eroe cede alla ferocia, come quando priva il giovane Tarquito della sepoltura, impedendo in tal modo all'anima del nemico morto di raggiungere i cancelli dell'Ade.
 
Enea inoltre non rispecchia fedelmente i modelli omerici, Achille ed Ulisse. Infatti non è curioso ma cerca solo ildi adempiere al fato che lo fa andare avanti (''labor'' = fatica), è valoroso ma non cerca guerre (''labor'' = guerra).
 
NeiNel primisecondo sei librilibro del poema svolgonolargo unspazio ruoloviene determinantedato Didone,ai familiari di Enea durante la reginadescrizione della caduta di CartagineTroia, col prodigio divino per [[Ascanio]], la scomparsa di [[Creusa (figlia di Priamo)|Creusa]] e l'azione determinante di [[Anchise]], che profetizzeràconvincerà alil figlio Enea ila non cercare una morte gloriosa ma un destino gloriosodiverso per deii suoi discendenti.
 
Nel quarto libro a Enea si contrappone la figura tragica ed eroica della regina [[Didone]], che prima cerca di trattenerlo presso di sé a [[Cartagine]], con doni e favori ma poi, abbandonata, si suicida con la spada dell'esule troiano, invocando vendetta.
Nemico principale di Enea è Turno, il giovane re dei Rutuli, a tratti feroce in guerra; ma mai presentato come figura negativa. Turno è anch'egli un uomo animato da profonda religiosità, tratta con grande rispetto i genitori della promessa sposa e lo si vede spesso in ansia per la sorte del suo popolo: l'unico suo tratto poco nobile è una certa tendenza all'ostentazione. Agli antipodi di Enea sta semmai il maggior alleato di Turno, Mezenzio, per il suo spregio verso dei e nemici: tuttavia la morte di suo figlio Lauso rivelerà anche in quest'uomo apparentemente insensibile alcuni tratti di insospettata umanità.
 
A partire dal settimo libro l'antagonista principale di Enea è Turno, il giovane re dei Rutuli, promesso sposo di Lavinia, a tratti feroce in guerra, ma mai presentato come figura negativa. Turno è anch'egli un uomo animato da profonda religiosità, tratta con grande rispetto i genitori della promessa sposa e lo si vede spesso in ansia per la sorte del proprio popolo: l'unico suo tratto poco nobile è una certa tendenza all'ostentazione. Agli antipodi di Enea sta semmai il maggior alleato di Turno, [[Mezenzio]], per il suo spregio verso dei e nemici: tuttavia la morte di suo figlio Lauso rivelerà anche in quest'uomo apparentemente insensibile alcuni tratti di insospettata umanità.
L'''Eneide'' è anche il poema degli eroi giovanissimi, strappati troppo presto alla vita per colpa della guerra: il poeta mette sempre in risalto le loro uccisioni, siano essi di parte troiana e filotroiana (Eurialo, Niso, Corebo, Pallante, Salio, tra i tanti) o italica (Camilla, Tarquito, Clizio, Lauso, Camerte, Lica, il cortigiano Almone, i gemelli Laride e Timbro, il bellissimo Serrano, e molti altri ancora).
 
L{{'}}''Eneide'' è anche il poema degli eroi giovanissimi, strappati troppo presto alla vita per colpa della guerra: il poeta mette sempre in risalto le loro uccisioni, siano essi di parte troiana e filotroiana ([[Eurialo e Niso]], [[Corebo (Eneide)|Corebo]], [[Pallante (Evandro)|Pallante]], [[Salio]], tra i tanti) o italica ([[Camilla (Eneide)|Camilla]], [[Umbrone]], [[Cidone e Clizio|Clizio]], [[Lauso]], [[Camerte]], [[Lica (Eneide)|Lica]], il cortigiano [[Almone (Eneide)|Almone]], i gemelli [[Laride e Timbro]], il bellissimo [[Serrano (Eneide)|Serrano]], e molti altri ancora).
 
== Ambienti ==
L'ambientazione è molto differente in quanto ci sono luoghi che vanno dall'OrienteAsia allalla Grecia, con descrizioni dell'Africa settentrionale, della Sicilia e dell'OccidenteItalia. Da un lato si hanno paesaggi naturali descritti molto attentamente, dall'altro le mitiche città antiche. Queste cercanosono dimostrate emergere,o anchefiorenti se sonoo ancora in fase di costruzione o come premonizioni di futuri monumenti e città: particolare importanza assumono dunque le residenze reali, dalla reggia di Troia a quella fenicia di Didone alfino palazzoa quella rustica di Latino. Molto dettagliata è la descrizione del sito dove sorgerà la futura Roma o di luoghi dove sorgeranno templi o oracoli, come l'antro della Sibilla cumana.
 
== Il contesto dell'opera ==
[[File:VirgilAeneidVI.jpg|thumb|upright=0.8|''Virgilio legge l'Eneide ad Augusto e Ottavia'' ([[1787]]), olio su tela di [[Jean-Joseph Taillasson]] (Londra, [[National Gallery (Londra)|National Gallery]]).]]
 
Il poema è stato composto in un periodo in cui a Roma stavano avvenendo grandi cambiamenti politici e sociali: la [[Repubblica romana|Repubblica]] era caduta, la guerra civile aveva squassato la società e l'inaspettato ritorno ad un periodo di pace e prosperità, dopo parecchi anni durante i quali aveva regnato il caos, stava considerevolmente mutando il modo di rapportarsi alle tradizionali categorie sociali e consuetudini culturali. Per reagire a questo fenomeno, l'imperatore [[Augusto]] stava tentando di riportare la società verso i valori morali tradizionali di Roma e si ritiene che la composizione dell{{'}}''Eneide'' sia specchio di questo intento. Enea infatti è tratteggiato come un uomo devoto, leale verso la sua gente e attento alla crescita di essa, piuttosto che preoccupato dei propri interessi. Egli ha iniziato un percorso che porterà alla fondazione ed alla gloria di Roma.
[[File:VirgilAeneidVI.jpg|thumb|upright=0.8|''Virgilio legge l'Eneide ad Augusto e Ottavia'', olio su tela di [[Jean-Joseph Taillasson]], [[1787]], [[National Gallery (Londra)|National Gallery]], [[Londra]].]]
 
Il poema è stato composto in un periodo in cui a Roma stavano avvenendo grandi cambiamenti politici e sociali: la [[Repubblica romana|Repubblica]] era caduta, la guerra civile aveva squassato la società e l'inaspettato ritorno ad un periodo di pace e prosperità, dopo parecchi anni durante i quali aveva regnato il caos, stava considerevolmente mutando il modo di rapportarsi alle tradizionali categorie sociali e consuetudini culturali. Per reagire a questo fenomeno, l'imperatore [[Augusto]] stava tentando di riportare la società verso i valori morali tradizionali di Roma e si ritiene che la composizione dell<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' sia specchio di questo intento. Enea è tratteggiato come un uomo devoto, leale verso la sua gente e attento alla crescita di essa, piuttosto che preoccupato dei propri interessi. Egli ha iniziato un percorso che ha portato alla fondazione ed alla gloria di Roma.
 
Con l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide'', inoltre, si tenta di legittimare l'autorità di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] e, per estensione, di suo figlio adottivo Augusto e dei discendenti: il figlio di Enea, Ascanio,dato chiamatoche ''Ilo''discendevano (da ''Ilio'', nome alternativo di Troia) viene rinominato ''Iulo'' e presentato da Virgilio come antenato delladalla [[gens Iulia|''gens''Gens Iulia]], lal'antica famigliagens di Giulio Cesare[[Enea]]. Quando Enea compie il proprio viaggio nel mondo sotterraneo dei morti riceve una profezia riguardo alla futura grandezza dei suoi imperiali discendenti. Più in là avrà in dono da [[Vulcano (divinità)|Vulcano]] un'armatura e delle armi., Tratra le quali uno scudo decorato con immagini dei personaggi che daranno lustro a Roma, primo fra tutti Augusto. SimiliAlcune anticipazioni possonosi essereriscontrano trovatepoi anchein nell'onomasticasenso deionomastico, soprattutto nei personaggi secondari: il miglior amico di [[Ascanio]], Ati, è l'avo di Azia, madre di [[Ottaviano Augusto]]; dadai tre deiquattro luogotenenti troiani di Enea che partecipano alla gara navale, Cloanto, Mnesteo, Gia e Sergesto, traggono la loro origine altrettante famiglie romane (i Cluenzi, i Memmi, la ''gens'' Gegania e i Sergi);<ref>Il poeta stesso lo dice espressamente per tre di questi personaggi, precisamente Cloanto, Mnesteo e Sergesto.</ref> in campo italico il principe sabino [[Clauso]] diventerà il progenitore della ''gens'' Claudia (destinata a fondersi con quella GiuliaIulia tramite il matrimonio che unirà [[Livia Drusilla]], ovvero Livia Drusilla Claudia, ad Augusto);, mentre non lasciano figli, ma sono destinati anch'essi a entrare in qualche modo nella storicità per il perpetuarsi della memoria dei loro nomi, Remo, [[Lamiro e Lamo|Lamiro, Lamo]], Serrano - i quattro giovani rutuli decapitati nel sonno da Niso - con Remo fratello di Romolo, la ''[[gens'' Aelia Lamia]], il soprannome ''Serranus'' per unalcuni membromembri degli [[Gens Atilia|Attilii]]. In questo il poeta non fa distinzioni tra vincitori e sconfitti.
 
Si può inoltre rivolgere l'attenzione al rapporto tra Troiani e Greci che si riscontra all'interno dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide''. I Troiani secondo il poema furono gli antenati dei Romani, mentre gli eserciti greci, che avevano assediato e saccheggiato Troia, erano i loro nemici: tuttavia, all'epoca in cui l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide'' è stata scritta, i Greci facevano parte dell'[[Impero romano]] e, pur essendo un popolo rispettato e considerato per la sua cultura e civiltà, erano di fatto un popolo sottomesso. Virgilio risolve questo problema sostenendo che i Greci avevano battuto i Troiani solo grazie adall'inganno un trucco, ildel [[cavallo di legno]], e non con una battaglia in campo aperto: in questo modo l'onore e la dignità dei Romani restavano salvi.
 
== Temi trattati nel poema ==
Il testo dell{{'}}''Eneide'' è quasi interamente dedicato alla presentazione del concetto filosofico della contrapposizione. La più facile da riscontrare è quella tra Enea che, guidato da Giove, rappresenta la ''[[Pietà (sentimento)|pietas]]'' intesa come devozione e capacità di ragionare con calma, e Didone e Turno che, guidati da Giunone, incarnano il ''furor'', ovvero un modo di agire abbandonandosi alle emozioni senza ragionare. Altre contrapposizioni possono essere facilmente individuate: il [[Fato]] contro l'Azione, [[Roma]] contro [[Cartagine]], il [[maschio|maschile]] contro il [[femmina|femminile]], l'Enea simile ad [[Ulisse]] dei libri I-VI contro quello simile ad [[Achille]] dei libri VII-XII.
 
Il testo dell<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' è quasi interamente dedicato alla presentazione del concetto filosofico della contrapposizione. La più facile da riscontrare è quella tra Enea che, guidato da Giove, rappresenta la ''[[Pietà (sentimento)|pietas]]'' intesa come devozione e capacità di ragionare con calma, e Didone e Turno che, guidati da Giunone, incarnano il ''furor'', ovvero un modo di agire abbandonandosi alle emozioni senza ragionare. Altre contrapposizioni possono essere facilmente individuate: il [[Fato]] contro l'Azione, [[Roma]] contro [[Cartagine]], il [[maschio|maschile]] contro il [[femmina|femminile]], l'Enea simile ad [[Ulisse]] dei libri I-VI contro quello simile ad [[Achille]] dei libri VII-XII.
 
La ''pietas'' era il valore più importante di ogni onesto cittadino romano e consisteva nel rispetto di vari obblighi morali: nella dimensione privata verso la famiglia e gli avi, nella dimensione pubblica verso gli dei e lo Stato. Virgilio insiste sulle forti relazioni presenti tra padri e figli: i legami tra Enea e Ascanio, Anchise ed Enea, Laocoonte e i due figlioletti, Evandro e Pallante, Mezenzio e Lauso, Dauco e i suoi figli gemelli, sono tutti in vario modo degni di essere attentamente valutati. Molta rilevanza nel poema ha anche il sentimento dell'amicizia al maschile tra commilitoni (Eurialo e Niso, Cidone e Clizio, Enea e Acate, Turno e Ramnete, Turno e Murrano); che talora può sconfinare nell'eros. Il poema riflette evidentemente gli intenti della riforma morale intrapresa da Augusto e quindi intende presentare una serie di edificanti esempi alla gioventù romana.
 
Il principale insegnamento dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide'' è che, per mezzo della ''pietas'', si deve accettare l'operato degli dei come parte del destino. Virgilio tratteggiando il personaggio di Enea allude chiaramente ad Augusto e suggerisce che gli dei realizzano i loro piani attraverso gli uomini: Enea doveva fondare Roma, Augusto deve guidarla, ed entrambi devono sottostare a quello che è il loro destino. È il Fato che affida ad Enea il compito di generare la stirpe romana. L'eroe virgiliano è consapevole, pensoso, non privo di dubbi e interiormente combattuto tra le scelte che le proprie responsabilità lo obbligano a compiere (salvare i compagni e dare loro una patria) e quelle che compirebbe seguendo i propri sentimenti. Si tratta di un eroe diverso da quello omerico, sicuro nel fare ciò che impone il senso del dovere. Di fondamentale importanza sono i versi del VI libro celebranti la missione di Roma (vv. 851-853): "'' Tu regere imperio populos Romane memento / (hae tibi erunt artes) pacisque imponere morem, / parcere subiectis et debellare superbos"'' ("Tu con ilcol tuo potere reggerai i popoli, Romano, ed imporrai equo costume di pace, queste saranno le tue arti, risparmiare i sottomessi e debellare i superbi").
 
== Lo stile ==
L<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide'', come gli altri [[Poema epico|poemi epici]] classici, è scritta in [[esametro|esametri dattilici]], il che significa che ogni verso ha sei [[Piede (poesia)|piedi]] composti da [[dattilo (metrica)|dattili]] e [[spondeo|spondei]]. La [[metrica]] del poema ricopre la stessa funzione delle rime usate dai poeti moderni: è un modo per rendere la composizione più gradevole all'ascolto. Virgilio fa inoltre ampio uso di [[Figurafenomeni retorica|figure retoriche]]linguistici come l'[[allitterazione]], l'[[onomatopea]], la [[sineddoche]] e l'[[assonanza]].
 
== Il tempo nell{{'<nowiki/>}}''Eneide'' ==
Diversamente da quanto accade nell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Odissea'' di Omero, gli eventi narrati nell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide'' non presentano una chiara scala temporale. Neppure l'età del figlio di Enea, Ascanio, si rivela utile per fornire qualche indizio in tal senso: nel settimo libro, ad esempio, egli ha un'età tale da permettergli di partecipare ad una battuta di caccia, mentre nel primo libro deve essere ancora molto piccolo tenendo conto che Cupido, avendone preso le fattezze, se ne sta tra le braccia di Didone a scagliare frecce nel suo cuore. Alcuni studiosi suggeriscono che questo uso "''nebuloso''" del tempo nell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide'' sia una precisa scelta di Virgilio.
 
== Tradizioni filosofiche ==
{{vedi anche|Reincarnazione#Metempsicosi nella mitologia classica}}
Virgilio per la stesura dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Eneide'' si ispira alla teoria [[orfico-pitagorica]], la quale affermava che l'anima è immortale. Questa si fonda a sua volta sulla dottrina della [[metempsicosi]], che consiste nella trasmigrazione dell'anima dopo la morte in un altro corpo. La prova di questo può essere facilmente riscontrata nel sesto libro, durante la [[catabasi]] di [[Enea]] accompagnato dalla [[Sibilla Cumana]], quando l'eroe troiano incontra suo padre Anchise che gli mostra quindi i grandi personaggi della futura storia di Roma. L'autore rifiuta quindi l'[[epicureismo]], una filosofia elaborata da [[Epicuro]] che si basa sulla credenza che gli uomini siano formati da atomi, che con la morte si disgregano. Secondo questa teoria quindi non bisognerebbe aver timore della morte. La prova di questo può essere facilmente riscontrata nel libro sesto, con la [[catabasi]] di [[Enea]] accompagnato dalla [[Sibilla]].
 
== Storia ==
== La storia dell<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' ==
Lo stile poetico dell{{'}}''Eneide'' è raffinato e complesso: la leggenda vuole che Virgilio ne scrivesse solo tre versi al giorno. L'opera è probabilmente incompleta, dato che si presenta come un lavoro non portato a termine: vi sono 58 versi scritti solo a metà, i cosiddetti 'tibicines' o puntelli, e, generalmente, si ritiene che la conclusione dell'opera sia troppo brusca per essere quella effettivamente prevista dall'autore. È abbastanza comune che il testo dei poemi epici si presenti incompleto o con alcune parti di discutibile attribuzione o chiaramente modificate a posteriori: l{{'}}''Eneide'', al contrario, grazie al fatto di essere stata concepita direttamente in forma scritta e non adattata da una precedente tradizione orale, è nel complesso giunta a noi molto più integra di quanto lo siano le opere classiche dello stesso genere. È comunque dubbio se Virgilio intendesse effettivamente completare questi versi, data sia l'evidente difficoltà che si riscontrerebbe nel tentare le modifiche, sia il fatto che spesso la brevità ne aumenta e favorisce l'effetto drammatico. Inoltre era in uso presso la poesia ellenistica limitarsi a dodici libri, invece dei ventiquattro di impostazione classica: si può dunque pensare che Virgilio abbia ripreso questa consuetudine in quanto i Romani non operavano una sostanziale scissione tra la cultura classica e quella ellenistica.
 
Tuttavia la tradizione vuole che Virgilio, temendo di morire prima di aver terminato la stesura finale del poema, abbia affidato all'amico [[Vario Rufo]] il compito di bruciarla dopo la sua morte, motivando quest'ordine col suo stato d'incompletezza e asserendo che il passo del libro VIII sui rapporti matrimoniali di Venere e Vulcano non gli piaceva più. Presumibilmente aveva intenzione di modificare quella scena per adattarla meglio ai valori morali romani. L'amico però disobbedì al desiderio di Virgilio, e [[Ottaviano Augusto]] stesso ordinò che non fosse tenuto in considerazione: l{{'}}''Eneide'' finì così per essere pubblicata dopo aver subito soltanto modifiche di modestissima entità. Lo scrittore tedesco [[Hermann Broch]] trattò tutto questo nel suo romanzo ''[[La morte di Virgilio]]''.
Lo stile poetico dell<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' è raffinato e complesso: la leggenda vuole che Virgilio ne scrivesse solo tre versi al giorno. L'opera è probabilmente incompleta, dato che sebbene si ispiri all<nowiki>'</nowiki>''Iliade'' e all<nowiki>'</nowiki>''Odissea'' consta solo di dodici libri invece dei ventiquattro dei poemi omerici, e si presenta come un lavoro non portato a termine. Vi sono 58 versi scritti solo a metà, i cosiddetti 'tibicines' o puntelli e, generalmente, si ritiene che la sua conclusione sia troppo brusca per essere quella effettivamente prevista dall'autore. È abbastanza comune che il testo dei poemi epici si presenti incompleto o con alcune parti di discutibile attribuzione o chiaramente modificate a posteriori ma l<nowiki>'</nowiki>''Eneide'', grazie al fatto di essere stata concepita direttamente in forma scritta e non adattata da una precedente tradizione orale, è nel complesso giunta a noi molto più integra di quanto lo siano le opere classiche dello stesso genere. Inoltre, è comunque dubbio se Virgilio intendesse effettivamente completare questi versi, data sia l'evidente difficoltà che si riscontrerebbe nel tentare le modifiche, sia il fatto che spesso la brevità ne aumenta e favorisce l'effetto drammatico. Inoltre era in uso presso la poesia ellenistica limitarsi a dodici libri, invece dei ventiquattro di impostazione classica, si può dunque pensare che Virgilio abbia ripreso questa consuetudine in quanto i Romani non operavano una sostanziale scissione tra la cultura classica e quella ellenistica.
 
Nel [[XV secolo]] vi furono due tentativi di scrivere un'aggiunta all{{'}}''Eneide''. Il primo fu quello di [[Pier Candido Decembrio]], ma non fu mai portato a termine. Il secondo, del poeta [[Maffeo Vegio]], godette di un certo successo venendo spesso incluso nelle edizioni [[Rinascimento|rinascimentali]] del poema col titolo di ''[[Supplementum Aeneidos|Supplementum]]''.
Tuttavia la tradizione vuole che Virgilio, temendo di morire prima di aver terminato la stesura finale del poema, abbia affidato all'amico [[Vario Rufo]] il compito di bruciarla dopo la sua morte, motivando quest'ordine con il suo stato di incompletezza e asserendo che il passo del libro VIII sui rapporti matrimoniali di Venere e Vulcano non gli piaceva più. Presumibilmente aveva intenzione di modificare quella scena per adattarla meglio ai valori morali romani. L'amico però disobbedì al desiderio di Virgilio ed [[Ottaviano Augusto]] stesso ordinò che non fosse tenuto in considerazione: l<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' finì così per essere pubblicata dopo aver subito soltanto modifiche di modestissima entità.
 
== L{{'}}''Eneide'' e la ''Divina Commedia'' ==
Nel [[XV secolo]] vi furono due tentativi di scrivere un'aggiunta all<nowiki>'</nowiki>''Eneide''. Il primo fu quello di [[Pier Candido Decembrio]], ma non fu mai portato a termine. Il secondo, del poeta [[Maffeo Vegio]], venne spesso incluso nelle edizioni [[Rinascimento|rinascimentali]] del poema con il titolo di ''[[Supplementum Aeneidos|Supplementum]]'', godendo di un certo successo.
[[File:Pur_01_dore.jpg|thumb|Illustrazione di Gustave Doré per il primo canto del ''Purgatorio'' con Virgilio e Dante.]]
L'Eneide è la fonte che ha maggiormente influito sulla composizione della ''[[Divina Commedia]]'' di [[Dante Alighieri]]. Il Sommo Poeta dichiara, fin dal primo canto dell'[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]], il proprio debito letterario e stilistico verso Virgilio e la sua opera:
{{citazione|Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore,<br>tu se' solo colui da cu'io tolsi<br>lo bello stilo che m'ha fatto onore.|[[Dante Alighieri]], [[Inferno (Divina Commedia)|''Inferno'']], [[Inferno - Canto primo|I]], [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto I|vv. 85-87]]}}
 
Nell'opera dantesca Virgilio è lo [[psicopompo]] del poeta fiorentino nel suo viaggio ultraterreno, per tutto l'Inferno e buona parte del Purgatorio: ciò non deve stupire dato che Dante conosceva approfonditamente l'intera Eneide:
== Principali traduzioni dell'<nowiki/>''Eneide'' ==
{{citazione|…e così 'l canta<br>l'alta mia tragedìa in alcun loco:<br>ben lo sai tu che la sai tutta quanta.|[[Dante Alighieri]], [[Inferno (Divina Commedia)|''Inferno'']], [[Inferno - Canto ventesimo|XX]], [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto XX|vv. 112-114]]}}
=== Autori di traduzioni in italiano ===
 
[[File:Francesco Della Corte (circa 1983).jpg|thumb|[[Francesco Della Corte]], autore di due traduzioni in italiano del poema.]]
Nel [[Limbo]], Virgilio è accolto onorevolmente dalla scuola dei poeti ([[Omero]], [[Ovidio]], [[Marco Anneo Lucano|Lucano]] e [[Orazio]]):
{{citazione|"Onorate l'altissimo poeta;<br>l'ombra sua torna, ch'era dipartita".|[[Dante Alighieri]], [[Inferno (Divina Commedia)|''Inferno'']], [[Inferno - Canto quarto|IV]], [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto IV|vv. 80-81]]}}
 
Nell'isola del Purgatorio, Dante e Virgilio incontrano l'anima del [[trovatore]] [[Sordello da Goito]] che, dopo aver riconosciuto Virgilio, si inchina, lo abbraccia, e lo riconosce come padre di quella lingua che, partendo dal [[lingua latina|latino]] avrebbe poi dato vita all'[[lingua italiana|italiano]]:
{{citazione|"O gloria di Latin", disse, "per cui<br>mostrò ciò che potea la lingua nostra…"|[[Dante Alighieri]], [[Purgatorio (Divina Commedia)|''Purgatorio'']], [[Purgatorio - Canto settimo|VII]], [[:s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto VII|vv. 16-17]]}}
 
Salendo il Purgatorio, Dante e Virgilio incontrano l'anima di [[Publio Papinio Stazio]], la cui ''[[Tebaide (Stazio)|Tebaide]]'' è anch'essa una fonte importante della ''Divina Commedia''. Prima ancora di apprendere l'identità degli interlocutori, Stazio riconosce nell'opera di Virgilio un importante testo di riferimento:
{{citazione|Al mio ardor fuor seme le faville,<br>che mi scaldar, de la divina fiamma<br>onde sono allumati più di mille;<br>de l’Eneïda dico, la qual mamma<br>fummi, e fummi nutrice, poetando:<br>sanz’essa non fermai peso di dramma|[[Dante Alighieri]], [[Purgatorio (Divina Commedia)|''Purgatorio'']], [[Purgatorio - Canto ventunesimo|XXI]], [[:s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXI|vv. 94-99]]}}
 
Nella ''Divina Commedia'', i riferimenti ai personaggi, ai luoghi, agli episodi dell'Eneide sono innumerevoli, tra cui: [[Enea]], [[Turno]], [[Eurialo e Niso]], [[Camilla (Eneide)|Camilla]], [[Latino (mitologia)|Latino]], [[Lavinia (mitologia)|Lavinia]], [[Pentesilea]], [[Caronte (mitologia)|Caronte]], [[Minosse]], [[Elena (mitologia)|Elena]], [[Didone]], [[Sicheo]], [[Cerbero]], [[Flegias]], le [[Arpie]], il [[Minotauro]], [[Pasifae]], [[Teseo]], le [[Gorgoni]], [[Medusa (mitologia)|Medusa]] e le [[Erinni]], i [[Centauri]] (e.g. [[Chirone]], [[Nesso (mitologia)|Nesso]]), [[Caco (mitologia)|Caco]], [[Ercole]], [[Gerione (mitologia)|Gerione]], [[Manto]], [[Tiresia]], [[Calcante]], [[Euripilo (Eneide)|Euripilo]], [[Diomede]], [[Ulisse]], [[Penelope]], [[Circe]], i [[Giganti (mitologia greca)|Giganti]] (e.g. [[Briareo]], [[Tizio]], [[Tifone (mitologia)|Tifo]]), [[Sinone]], [[Ecuba]], [[Antenore]], [[Rifeo]]; l'[[Acheronte]], lo [[Stige]], il [[Flegetonte]], il [[Cocito]], il [[Lete (fiume dell'oblio)|Lete]]. L'episodio di [[Pier delle Vigne]], trasformato in [[prunus|pruno]], è in parte calcato su quello di [[Polidoro (figlio di Ecuba)|Polidoro]], figlio di [[Priamo]] ed [[Ecuba]], fatto uccidere proditoriamente da [[Polimestore]]; l'umile [[juncus|giunco]] che cresce sulle rive del Purgatorio ricorda il [[ramo d'oro]] raccolto da Enea (entrambi, una volta strappati, ricrescono istantaneamente sempre uguali); come Enea a [[Troia]] cerca invano di abbracciare tre volte lo spirito della moglie [[Creusa (figlia di Priamo)|Creusa]], e nei [[Campi Elisi]] tre volte cerca invano di abbracciare il padre [[Anchise]], e prima di lui Ulisse, discendendo nell'[[Erebo]], tre volte aveva cercato invano di abbracciare la madre [[Anticlea]], così Dante per tre volte cerca invano di abbracciare l'anima penitente di [[Casella (Divina Commedia)|Casella]]<ref>E nella ''[[Gerusalemme liberata]]'' di [[Torquato Tasso]], per tre volte [[Tancredi di Galilea|Tancredi]] afferra l'amata [[Clorinda (personaggio)|Clorinda]], credendola un guerriero nemico, ma per tre volte questa si divincolerà, prima di venire tragicamente uccisa da lui inconsapevomente.</ref>; e al pari di [[Palinuro (Eneide)|Palinuro]], che aveva implorato la [[Sibilla Cumana|Sibilla]] affinché lo lasciasse passare sebbene insepolto (richiesta rimasta inesaudita), le anime purganti premono su Dante affinché questi riporti notizie di loro nel mondo e i vivi in stato di grazia preghino per loro agevolando in tal modo il loro passaggio verso il Paradiso.
 
== Edizioni critiche dell{{'}}''Eneide'' più recenti ==
* ''P. Vergilius Maro. Aeneis'', ed. [[Gian Biagio Conte|G. B. Conte]], Berlin/New York, Walter de Gruyter, 2009 (1ª ed.), 2019 (2ª ed.).
* ''P. Vergili Maronis Opera'', ed. M. Geymonat, Augusta Taurinorum, In aedibus Io. Bapt. Paraviae et Sociorum, 1973; Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2008.
* ''P. Vergili Maronis Opera'', ed. R. A. B. Mynors, Oxonii, E Typographeo Clarendoniano, 1969.
* ''P. Vergili Maronis Opera, II. Aeneis'', ed. R. Sabbatini, Romae, Typis Regiae Officinae Polygraphicae, 1930, 1937.
 
== Traduzioni dell{{'}}''Eneide'' ==
=== Traduttori in italiano ===
{{div col}}
* [[Giuseppe Albini (filologo)|Giuseppe Albini]], Bologna, N. Zanichelli, 1921
* [[Ciampolo di Meo degli Ugurgieri]], post 1312 - ante 1316 (traduzione in prosa)
* [[Vittorio Alfieri]], Londra [ma Firenze], 1804, edizione originale postuma
* [[Giuseppe Albini (filologo)|Giuseppe Albini]]
* [[Arnaldo Arnaldi I Tornieri]], Vicenza, presso l'ed. Antonio Veronese, 1779 (traduzione in ottava rima)
* [[Vittorio Alfieri]]
* [[Adriano Bacchielli]], Torino, G.B. Paravia, 1963 (traduzione in versi, ristampata in edizione speciale nel 1982 per il Bimillenario Virgiliano, con una prefazione di [[Carlo Bo]])
* [[Adriano Bacchielli]]
* [[GiovannaAlfredo BemporadBartoli]], RusconiMilano, MilanoC. Signorelli, 19831934-35 (traduzione perin excerptaprosa)
* [[Giovanna Bemporad]], Milano, Rusconi, 1983 (traduzione antologica)
* [[Clemente Bondi]]
* [[Clemente Bondi]], Parma, dalla Stamperia reale, 1790-93
* [[Stefano Bonfanti]] (traduzione in endecasillabi sciolti e corredata di commento, con una prefazione di [[Carlo Bo]])
* [[RosaStefano Calzecchi OnestiBonfanti]], IstitutoMilano, Editoriale Italiano, 1962;Del EinaudiDrago, 19671992 (2 traduzioni, unatraduzione in versi e una inendecasillabi prosasciolti)
* [[Giuseppe Maria Bozzoli]], Cremona, 1782-83
* [[Tommaso Cambiatore]], Venezia, 1532 (traduzione in terza rima, rimaneggiata da [[Giovan Paolo Vasio]]), Venezia, 1538
* [[Antonio Buccelleni]], Brescia, F. Apollonio 1852
* [[Luca Canali]], [[Fondazione Lorenzo Valla]]-Mondadori, Milano, 1978-1983
* [[Girolamo Luigi Calvi]], Milano, Tipografia Ronchetti e Ferreri, 1846.
* [[Carlo Carena]], I ed. 1971; UTET, Torino, 1985 (traduzione in prosa)
* [[Rosa Calzecchi Onesti]], Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1962 (traduzione in prosa); Torino, Einaudi, 1967 (traduzione in versi)
* [[Annibal Caro]], Venezia, 1581 (traduzione in endecasillabi sciolti)
* [[AldobrandoTommaso CerretaniCambiatore]], FirenzeVenezia, 1560per Bernardino di Vitali, 1532 (traduzione in ottavaterza rima)
* [[Luca Canali]], Milano, Mondadori - [[Fondazione Lorenzo Valla]], 1978-83
* [[Enzio Cetrangolo]]
* [[Carlo Carena]], Torino, UTET, 1971 (traduzione in prosa)
* [[Natale Dalle Laste]]
* [[Annibale Caro]], Venezia, appresso Bernardo Giunti, 1581 (traduzione in endecasillabi sciolti)
* [[Francesco Della Corte]] (2 traduzioni in versi, una delle quali è riportata integralmente nell'''[[Enciclopedia virgiliana]]'')
* [[Antonello Fabio Caterino]], Verona, Poliniani, 2020 (traduzione in endecasillabi sciolti pubblicata in sei volumi)
* [[Ludovico Dolce]], Venezia, 1567-1570
* [[Aldobrando Cerretani]], Firenze, appresso Lorenzo Torrentino, 1560 (traduzione in ottava rima)
* [[Lodovico Domenichi]], Firenze, 1556
* [[AlessandroEnzio FoCetrangolo]], EinaudiFirenze, TorinoSansoni, 20121971
* [[Ciampolo di Meo degli Ugurgieri]], post 1312 - ante 1316 (prima traduzione completa ''ad verbum'' dall'originale latino in una [[volgarizzamento|lingua volgare]], in prosa [[dialetto toscano|senese]])
* [[Giacomo Leopardi]], 1816-1817 (traduzione parziale)
* [[NicolòNatale LiburnioDalle Laste]], Venezia, 1534Coleti, 1795
* [[Francesco Della Corte]], Milano, Mursia, 1967 (un'altra sua traduzione del poema si trova nell{{'}}''[[Enciclopedia virgiliana]]'')
* [[Giuseppe Lipparini]] (traduzione in prosa)
* [[Ludovico Dolce]], Venezia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1570 (traduzione in ottava rima)
* [[Lodovico Martelli]], Firenze, 1548
* [[Lodovico Domenichi]], Firenze, appresso i Giunti, 1556
* [[Vincenzo Menni]], Perugia, 1560-1567
* [[Alessandro Fo]], Torino, Einaudi, 2012
* [[Luciano Miori]]
* [[Michele Leoni]], Pisa, S. Nistri, 1821
* [[Franco Munari]]
* [[Giacomo Leopardi]], Milano, G. Pirotta, 1817 (traduzione del libro II)
* [[Enrico Oddone]], Feltrinelli, Milano, 1995
* [[Nicolò Liburnio]], Venezia, per Giovan Antonio de Nicolini da Sabio, 1534 (traduzione del libro IV in endecasillabi sciolti)
* [[Emilio Pratellesi]]
* [[Giuseppe Lipparini]], Milano, Notari, 1928 (traduzione in prosa)
* [[Mario Ramous]], Marsilio, Venezia, 1998
* [[Lodovico Martelli]], Firenze, appresso Bernardo Giunta, 1548 (traduzione del libro IV in endecasillabi sciolti)
* [[Mario Scaffidi Abbate]]
* [[Vincenzo Menni]], Perugia, per Andrea Bresciano, 1567 (traduzione dei primi sei libri in ottava rima)
* [[Riccardo Scarcia]], BUR, Milano, 2006
* [[Luciano Miori]], Trento, Manfrini, 1982
* [[Vittorio Sermonti]] (traduzione in prosa colloquiale)
* [[ErcoleFranco UdineMunari]], MantovaPadova, 1587La Garangola, 1934 (traduzione in ottavapoetica, rimaincompiuta)
* [[Enrico Oddone]], Milano, Feltrinelli, 1995
* [[Giuseppe Vergara]] (traduzione in esametri ritmici)
* [[Fabio Orpianesi]], Santarcangelo di Romagna, Foschi, 2016
* [[Cesare Vivaldi]], Edisco, Torino, 1952; Guanda, Parma, 1962; Garzanti, Milano, 1990
* [[Guido Paduano]], Milano, Bompiani, 2016
* [[Francesco Vivona]]
* [[Italo Mario Palmarini]], Firenze, G. Nerbini, 1929 (versione in prosa)
{{div col end}}
* [[Emilio Pratellesi]], Firenze, F. Le Monnier, 1930
* [[Mario Ramous]], Venezia, Marsilio, 1998
* [[Mario Scaffidi Abbate]], Roma, Newton, 1994
* [[Riccardo Scarcia]], Milano, BUR, 2002
* [[Vittorio Sermonti]], Milano, BUR, 2007 (traduzione in prosa colloquiale)
* [[Giuseppe Gregorio Maria Solari]], Genova, Giossi, 1810
* [[Ercole Udine]], Venezia, appresso Gio. Battista Ciotti, 1597 (traduzione in ottava rima)
* [[Luigi Vaini]] e [[Vincenzo Caselli]], Napoli, presso Antonio Garruccio, 1820 (traduzione in prosa)
* [[Paolo Verdiani]], Lesmo, Etabeta, 2020 (traduzione in endecasillabi)
* [[Giuseppe Vergara]], Napoli, Conte, 1982 (traduzione in esametri ritmici)
* [[Guido Vitali]], Varese, Istituto Editoriale Cisalpino, 1930 (traduzione in endecasillabi)
* [[Cesare Vivaldi]], Parma, Guanda, 1962
* [[Francesco Vivona]], Roma, Ausonia, 1926{{div col end}}
 
=== Autori di traduzioniTraduttori in inglese ===
[[File:Lord Byron by Henry Pierce Bone.jpg|thumb|[[Lord Byron]], autore di una traduzione in inglese del poema.]]
* [[Frederick Ahl]] (traduzione in esametri)
* [[George Gordon Byron]]
* [[G.B. Cobbold]]
* [[John Conington]]
* [[Joseph Davidson]] (traduzione in prosa)
* [[Cecil Day Lewis]]
* [[John Dryden]]
* [[Robert Fagles]]
* [[Howard Felperin]]
* [[David Hadbawnik]]
* [[Rolfe Humphries]]
* [[Charles Rann Kennedy]]
* [[Anthony S. Kline]]
* [[John William Mackail]] (traduzione in prosa)
* [[Edward McCrorie]]
* [[William Morris]]
* [[Henry Owgan]]
* [[Sarah Ruden]]
* [[Edward Fairfax Taylor]]
* [[David West (traduttore)|David West]]
* [[Theodore Chickering Williams]]
 
=== Autori di traduzioniTraduttori in francese ===
* [[André Bellessort]] (traduzione in prosa)
* [[Jean-Nicolas-Marie Deguerle]] (traduzione in prosa)
* [[Jacques Delille]]
* [[Pierre-François Guyot Desfontaines]] (traduzione in prosa)
* [[Pierre Klossowski]]
* [[Jean Mallemans]] (traduzione in prosa)
* [[Jacques Poucet]] (traduzione in prosa, con la collaborazione di [[Anne-Marie Boxus]])
* [[Octovien de Saint-Gelais]] (prima traduzione poetica in una lingua volgare, 1500)
* [[Pierre-François Tissot]] (traduzione in prosa)
* [[Paul Veyne]] (traduzione in prosa)
* [[Mathieu-Guillaume-Thérèse Villenave]] e [[Jean-Augustin Amar Du Rivier]] (versione in prosa, coi primi otto libri tradotti da Villenave e gli altri quattro da Amar Du Rivier)
 
=== Autori di traduzioniTraduttori in spagnolo ===
* [[Enrique de Villena]] (traduzione in prosa [[castigliano|castigliana]], 1427-28)
* [[Gregorio Hernández de Velasco]]
* [[Gregorio Hernández de Velasco]] (due traduzioni in versi)
* [[Rubén Bonifaz Nuño]]
 
=== L'EneideTraduttori nelin cinemaungherese ===
* [[István Lakatos]]
* ''[[La leggenda di Enea]]'' ([[1962]]) di [[Giorgio Venturini]]
 
* ''[[Eneide (sceneggiato televisivo)|Eneide - Le avventure di Enea]]'' ([[1971]]), sceneggiato televisivo per la regia di [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]] con versione ridotta per il grande schermo
=== Traduttori in altre lingue ===
* [[Giuseppe Cavallaro]], in siciliano (''Eneidi Siciliana'', 1993)
* [[Gavin Douglas]], in scozzese (''Eneados'', 1513, prima traduzione in una lingua anglo-frisone)
* [[Henri Vallienne]], in esperanto (''Eneido'', 1906)
 
== L{{'}}''Eneide'' nel cinema e in televisione ==
* ''[[La leggenda di Enea]]'' ([[1962]]), film di [[Giorgio Venturini]]
* ''[[Eneide (miniserie televisiva)|Eneide - Le avventure di Enea]]'' ([[1971]]), sceneggiato televisivo per la regia di [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]] con versione ridotta per il grande schermo
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
(Per la bibliografia sull'autore si rimanda alla voce [[Publio Virgilio Marone]])
* ''Enciclopedia virgiliana'', in 6 volumi, Roma Treccani 1984-91.
 
* ''Virgil: The Aeneid (Landmarks of World Literature - Revival)'' di K. W. Gransden ISBN 0-521-83213-6
=== Opere di riferimento ===
* ''Virgil's 'Aeneid': Cosmos and Imperium'' (L'Eneide di Virgilio: il cosmo e l'Impero) di Philip R. Hardie ISBN 0-19-814036-3
* ''[[Enciclopedia virgiliana]]'', 6 voll., Roma, Treccani, 1984-91.
* Richard Heinze, ''Virgil's Epic Technique'' (La tecnica epica di Virgilio), traduzione inglese di Hazel and David Harvey and Fred Robinson. Berkeley: The University of California Press, 1993. ISBN 0-520-06444-5.
* Aa.Vv., ''Itinerari virgiliani. Raccolta di saggi promossa dal Comitato nazionale per le celebrazioni del bimillenario virgiliano'', a cura di Ettore Paratore, Milano, Silvana, 1981.
* ''Darkness Visible: A Study of Vergil's Aeneid'' (L'oscurità visibile: uno studio sull'Eneide di Virgilio) di W. R. Johnson ISBN 0-520-02942-9
* [[Eve Adler]], ''Vergil's Empire'', Rowman and Littlefield, 2003.
* Brooks Otis, ''Virgil: A Study in Civilized Poetry'' (Virgilio: uno studio sulla poetica civile), Oxford, 1964
* [[Alessandro Barchiesi]], ''La traccia del modello. Effetti omerici nella narrazione virgiliana'', Pisa, Giardini, 1984.
* Antonio Spinosa con [[Carmine Mastroianni]], ''La grande storia dell'Eneide'', Mondadori 2005.
* [[Gian Biagio Conte]], ''The Poetry of Pathos: Studies in Vergilian Epic'', Oxford, 2007.
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 1.-3.|città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=http://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6053045&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL17&pds_handle=}}
* [[Francesco Della Corte]], ''La mappa dell'«Eneide»'', Firenze, La Nuova Italia, 1972.
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 4.-6. |città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=http://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6003182&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL14&pds_handle=}}
* K. W. Grandsen, ''Virgil: The Aeneid (Landmarks of World Literature - Revival)'', ISBN 0-521-83213-6.
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 7.-9.|città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=http://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6004019&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL6&pds_handle=}}
* Philip R. Hardie, ''Virgil's 'Aeneid': Cosmos and Imperium'', ISBN 0-19-814036-3.
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 10.-12.|città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=http://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6004844&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL6&pds_handle=}}
* [[Richard Heinze]], ''Virgil's Epic Technique'', traduzione inglese di Hazel & David Harvey e Fred Robinson. Berkeley: The University of California Press, 1993 ISBN 0-520-06444-5.
* [[Philippe Heuzé]], ''L'image du corps dans l'oeuvre de Virgile'', Roma, École Française de Rome 1985, cm.17x24, pp.VIII,675, br.con bandelle, cop.fig. Collection de l'Ecole Française de Rome, 86.
* W. R. Johnson, ''Darkness Visible: A Study of Vergil's Aeneid'', ISBN 0-520-02942-9
* [[Yoneko Nurtantio]], ''Le silence dans l'Énéide'', Brussels: EME & InterCommunications, 2014 {{ISBN|978-2-8066-2928-9}}.
* [[Brooks Otis]], ''Virgil: A Study in Civilized Poetry'', Oxford, 1964.
* [[Kenneth Quinn]], ''Virgil's Aeneid: A Critical Description'', Londra, 1968.
* [[Werner Suerbaum]], ''Vergils Aeneis. Epos zwischen Geschichte und Gegenwart'', Reclam, Stuttgart 1999, ISBN 3-15-017618-2 .(Universal-Bibliothek, 17618).
 
=== Opere letterarie ispirate all{{'}}''Eneide'' ===
* Anonimo, ''[[Romanzo di Enea]]'', romanzo cavalleresco medievale composto nel 1160 circa.
* [[Francesco Birardi]], ''[[La grande missione di Enea]]'', racconti del ciclo troiano per la gioventù, Le Monnier, 1954.
* [[Guido da Pisa]], ''I fatti di Enea'' , sezione dell'opera in prosa ''Il Fiore d'Italia''.
* [[Charles Henry Hanson]], ''The Wanderings of Aeneas and the Founding of Rome'', romanzo per ragazzi, T. Nelson, 1884.
* [[Giovanni Battista Lalli]], ''Eneide travestita'', versione burlesca del poema, in ottave.
* [[Penelope Lively]], ''In Search of a Homeland; The Story of The Aeneid'' , romanzo per ragazzi, 2001.
* [[Marilù Oliva]], ''L'Eneide di Didone'', Solferino, 2022
* [[Roberto Piumini]], ''Cuore d'eroe. La storia di Enea'', romanzo per ragazzi, Nuove Edizioni Romane, 2012.
* [[Antonio Spinosa]] (con [[Carmine Mastroianni]]), ''La grande storia dell'Eneide'', Mondadori, 2005.
 
=== Opere teatrali ispirate all{{'}}''Eneide'' ===
* ''[[Didone abbandonata]]'' (libretto di [[Pietro Metastasio]])
* ''[[Enea nel Lazio]]'' (libretto di [[Ferdinando Moretti]])
 
== Voci correlate ==
* [[Viaggio immaginario]]
* [[La morte di Virgilio]]
 
== Altri progetti ==
{{Interprogetto|s2=la:Aeneis|s2_lingua=latina|s2_oggetto=il testo completo|s2_preposizione= dell'|etichetta=''Eneide''|q|q_preposizione=dall'|q_etichetta=''Eneide''|commons_preposizione=sull'|s_preposizione=dedicata all'}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 1.-3.|città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6053045&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL17&pds_handle=}}
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 4.-6. |città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6003182&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL14&pds_handle=}}
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 7.-9.|città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6004019&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL6&pds_handle=}}
* {{Cita libro|lingua=la|editore=per Nicolò Bettoni|cognome=Publio Virgilio Marone|titolo=Aeneis. Libri 10.-12.|città=Brescia|accesso=21 aprile 2015|data=1809|url=https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=6004844&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL6&pds_handle=}}
 
=== Traduzioni in italiano disponibili online ===
* [https://archive.org/details/bub_gb_toincKBvBD8C ''L'Eneide di Virgilio volgarizzata nel buon secolo della lingua da Ciampolo di Meo degli Ugurgeri senese''] (1316), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/ARes78609 ''La Eneide di Virgilio tradotta in terza rima''], a cura di Giovanni Paolo Vasio (1539), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_HgdQ0BWJBykC ''I sei primi libri del Eneide di Vergilio''], traduzione a cura di Alessandro Sansedoni (1544), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_Nd5ldjUQhWgC ''I primi quattro libri dell'Eneide di Virgilio, tradotti da m. Gieronimo Zoppio, dal Buono; con alcune Annotationi nel fine di ciascun libro''] (1558), su [[archive.org]]
* [https://www.liberliber.it/mediateca/libri/v/vergilius/eneide/pdf/eneide_p.pdf ''Eneide di Virgilio''], traduzione a cura di Annibal Caro (1566), su [[liberliber]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_krcekAX85WsC ''L'Eneide di Virgilio ridotta in ottava rima''], traduzione a cura di Ercole Udine (1597), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_4fPBB44lLFQC ''Eneide toscana dal sig.r Lelio Guidiccioni dedicata co' suoi discorsi all'em.mo sig.re il sig.r cardinale Antonio Barberino''] (1642), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_L4maLCtVaZQC ''L'opere di Virgilio mantoano cioè, la Bucolica, la Georgica, e l'Eneide'']. Commentate in lingua volgare toscana da Giovanni Fabrini da Fighine, Carlo Malatesta da Rimene, & Filippo Venuti da Cortona. Con ordine che l'esposizione volgare dichiara la latina, & la latina la volgare (1654), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_WDUoJBxaW3wC ''Eneide di Virgilio''], traduzione a cura di Bartolomeo Beverini (1680), su [[archive.org]]
* ''L'Eneide di P. Virgilio Marone, tradotta in versi da Antonio Ambrogi'' (1770), su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/bub_gb_y3P01Qxap7YC Libri I-IV], [https://archive.org/details/bub_gb_4i9B669GqqMC Libri V-VIII], [https://archive.org/details/bub_gb_rWRyfyJhw0sC Libri IX-XII]
* ''L'Eneida di Virgilio tradotta in ottava rima dall'abate Giuseppe Bozzoli pastor arcade'', su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/bub_gb_pZXYDWI0jtAC Libri I-VI] (1782), [https://archive.org/details/bub_gb_jX4FZZaLc7wC Libri VII-XII](1783)
* ''L'Eneide di Virgilio Marone: trasportato in ottava rima napoletana da Giancola Sitillo'' (1784), su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/leneidedivirgil01sitigoog Libri I-III], [https://archive.org/details/leneidedivirgil02sitigoog Libri IV-VI], [https://archive.org/details/leneidedivirgil03sitigoog Libri VII-IX], [https://archive.org/details/leneidedivirgil00sitigoog Libri X-XII]
* ''L'Eneide tradotta in versi italiani da Clemente Bondi'', su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/bub_gb_rw6FDuoauRUC Libri I-VI] (1790), [https://archive.org/details/bub_gb_c5a6re08QyUC Libri VII-XII] (1795)
* ''L'Eneide di Virgilio'', traduzione a cura di Vittorio Alfieri (1804), su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/leneidedivirgil00alfigoog Libri I-VI], [https://archive.org/details/bub_gb_RYlxBRdey30C Libri VII-XII]
* ''L'Eneide di P. Virgilio Marone recata in altrettanti versi italiani da Giuseppe Solari'' (1810), su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/leneidedipvirgi01virggoog Libri I-VI], [https://archive.org/details/leneidedipvirgi00virggoog Libri VII-XII]
* ''Eneide di P. Virgilio Marone tradotta in prosa da Luigi Vaini e Vincenzo Caselli. Con testo, e costruzione a fronte, ed abbondanti note alla fine di ciascun libro'', su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/bub_gb_NIzvbxfVupsC Libro I (1820)], [https://archive.org/details/bub_gb_guZbjiKQGe0C Libro II (1822)], [https://archive.org/details/bub_gb_q8cFdACHedMC Libro III (1822)], [https://archive.org/details/bub_gb_XXJttk0xDmkC Libro V (1822)], [https://archive.org/details/bub_gb_4rKawKGlTsYC Libro VI (1822)], [https://archive.org/details/bub_gb__8iqjBf6zaUC Libro VII (1823)], [https://archive.org/details/bub_gb_bO5T6gF4G70C Libro VIII (1823)], [https://archive.org/details/bub_gb_gjCuoC9_iRMC Libro IX (1824)], [https://archive.org/details/bub_gb_Nqul0DtSCHIC Libro X (1823)], [https://archive.org/details/bub_gb_HgiXxiGEeFIC Libro XII (1825)]
* [https://archive.org/details/bub_gb_jlSuCeEivyAC ''Eneide di Virgilio''], traduzione a cura di Eufrosina Massoni (1829), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_QAPkLPRDg7kC ''Eneide di Virgilio Marone''], traduzione in versi toscani a cura di Francesco Gagnoni (1834), su [[archive.org]]
* ''La Georgica e l'Eneide di Virgilio volgarizzate in ottava rima da Lorenzo Mancini accademico residente della Crusca'' (1837), su [[archive.org]]:
**[https://archive.org/details/bub_gb_-0TI1VpVwPgC/bub_gb_-0TI1VpVwPgC Libri I-VI], [https://archive.org/details/bub_gb_YBfJtgQA6M8C/page/n3/mode/2up Libri VII-XII]
* [https://archive.org/details/bub_gb_ha1KM1Qb-aUC ''L'Eneide di Virgilio in altrettanti sciolti''], a cura di Stefano Stefani (1842), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_OYBRQknzbY8C ''L'Eneide di Virgilio''], traduzione in versi italiani di Angelo Vitelleschi (1856), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_irMSdhJGDp8C ''Eneide di Virgilio''], traduzione a cura di Luigi Prato (1856), su [[archive.org]]
* ''L'Eneide di Virgilio versione italiana in versi sciolti del professore ed avvocato Antonio Buccelleni bresciano'' (1859), su [[archive.org]]:
** [https://archive.org/details/bub_gb_iDDpz6gyeo8C Libri I-VI], [https://archive.org/details/bub_gb_fvBl_obK4FEC Libri VII-XII]
* [https://archive.org/details/bub_gb_SnWAYm1G1WAC ''Opere di P. Virgilio Marone voltate in lingua italiana e corredate di note storiche, filologiche, geografiche, mitologiche da Zeffirino Carini''] (1864), su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/bub_gb_zN6v-IqGOo8C ''Traduzione in prosa delle opere complete di P. Virgilio Marone''] (1868), per i tipi di Francesco Pagnoni, su [[archive.org]]
* [https://archive.org/details/leneide00pigngoog ''L'Eneide di P. Virgilio Marone''], traduzione a cura di Francesco Pignatelli (1885), su [[archive.org]]
* [https://www.liberliber.it/mediateca/libri/v/vergilius/l_eneide_traduzione_albini/pdf/l_enei_p.pdf ''Eneide di Virgilio''], traduzione a cura di Giuseppe Albini (1921), su [[liberliber]]
* [http://www.aiutamici.com/PortalWeb/eBook/ebook/Publio_Virgilio_Marone-Eneide.pdf ''Traduzione contemporanea a cura di Silvia Masaracchio'' (2010)]
 
=== Traduzioni in altre lingue disponibili online ===
* [[André Bellessort]], http://www.crdp-strasbourg.fr/je_lis_libre/livres/Virgile_Eneide.pdf
* A.-M. Boxus e J. Poucet, http://bcs.fltr.ucl.ac.be/Virg/VirgIntro.html ''Virgile - L'Énéide louvaniste. Une nouvelle traduction commentée'', 1998-2001.
 
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