Luciano Luberti: differenze tra le versioni

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{{militare
{{Avvisounicode}}
|Nome =Luciano Luberti
|Immagine = Luciano Luberti.jpg
|Didascalia =
|Soprannome =Boia di Albenga
|Data_di_nascita =25 aprile 1921
|Nato_a =[[Roma]]
|Data_di_morte =10 dicembre 2002
|Morto_a =[[Padova]]
|Cause_della_morte =
|Luogo_di_sepoltura =
|Nazione_servita ={{ITA 1861-1946}}<br/>{{DEU 1933-1945}}
|Forza_armata ={{simbolo|Flag of Italy (1860).svg|25}} [[Regio esercito]]<br/>{{simbolo|Kriegsmarine insignia casco.svg|25}} [[Kriegsmarine]]<br/>{{simbolo|Kompanie Heer Feldpolizei.svg|25}} [[Feldgendarmerie]]
|Arma =
|Corpo =
|Specialità =
|Unità =
|Reparto =
|Anni_di_servizio =1941-1942, 1943-1945
|Grado =[[Sergente]]
|Ferite =
|Comandanti =
|Guerre =[[Seconda guerra mondiale]]
|Campagne =[[Guerra civile in Italia (1943-1945)]]
|Battaglie =
|Comandante_di =
|Decorazioni =
|Studi_militari =
|Pubblicazioni =
|Frase_celebre =
|Altro_lavoro =
|Altro_campo =
|Altro =
|Note =
|Ref =fonti nel corpo del testo
}}
{{Bio
|Nome = Luciano
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|AnnoMorte = 2002
|Epoca = 1900
|Attività = militarecriminale
|Attività2 = criminalemilitare
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = e collaborazionista con il [[Germania nazista|regime nazista]] durante l'occupazione tedesca dell'Italia. Fu responsabile di diversi crimini e dell'uccisione di almeno 59 persone durante la guerra, conosciuti come i [[Martiri della Foce]]
|Immagine = Luciano Luberti.jpg
|Immagine =
}}
 
== Biografia ==
Nacque da padre meccanico a [[Roma]], il padre era un meccanico, dove frequentò le elementari all'Istituto Pestalozzi, in via Montebello. EffettuòDivenne successivamente studi commerciali, diventandopoi ragioniere, lavorando anche come commesso in un negozio. Studiò presso la scuola tedesca di via Savoia, sempre a Roma. Per tale motivo la padronanza della lingua gli servirà in seguito. Soldato di leva della classe [[1921]], venne ammesso al ritardo alla leva perché impegnato negli studi universitari di Economia e Commercio.
 
Secondo il suo foglio matricolare il 4 marzo [[1941]] fu arruolato nel 3º reggimento Artiglieria Celere motorizzata. Fatti alcuni corsi militari, il 16 aprile divenne [[caporale]] e il 16 giugno fu promosso [[sergente]]<ref name="Rivello">{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 30 in nota}}.</ref>. Venne inserito nel corso per Allievi ufficiali, ma il 16 novembre venne ritrasferito al Deposito del 3º Reggimento Artiglieria Celere per completare i suoi obblighi di servizio militare perché dichiarato non idoneo ad [[allievo ufficiale]]<ref>{{cita| name="Rivello|p." 30 in nota}}</ref>. Il 3 maggio [[1942]] venne denunciato al tribunale di [[Spoleto]] per furto e pertanto fu sospeso dal grado di sergente,; il reato fu poi amnistiato l'8 ottobre 1945<ref>{{cita| name="Rivello|p." 30 in nota}}</ref>.
 
===Dopo l'armistizio===
Dopo l'[[armistizio dell'8 settembre 1943]] Luberti lavorò per le [[Schutzstaffel|SS]] di [[Roma]]<ref name="ReferenceA">art. 5 D.L. 27-7-1944 n. 159 inviato il 18 gennaio 1946 dalla squadra investigativa dei carabinieri</ref>. Tuttavia il Luberti molte volte negò quanto detto, dicendo di non essere mai stato nel [[Regio esercito]], ma che quello era solo un omonimo.<ref name= archiviostorico />.
 
Nel novembre del 1943 entrò in contatto con Umberto Spizzichino,<ref>{{cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-7567/spizzichino-umberto.html|titolo=Scheda Umberto Spizzichino (1910-1944)}}</ref> che era stato suo compagno alle scuole elementari Pestalozzi. Secondo la ricostruzione dei carabinieri effettuata nel dopoguerra, nel gennaio [[1944]] Spizzichino<ref>{{cita web|url=http://www.arteinmemoria.it/memoriedinciampo/instal/reggioemilia47.htm|titolo=Pietre d'inciampo: Roma, via Reggio Emilia 47}}</ref> chiese a Luberti un nascondiglio sicuro per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi,. Luberti si offrì di farlo fuggire in [[Svizzera]], dove sarebbe stato in contatto con un altro ebreo che in Italia lo aveva incaricato di acquistare preziosi. Luberti gli diede appuntamento per il 23 gennaio [[1944]] in viale Manzoni per consegnargli i documenti per l'espatrio in [[Svizzera]]; in realtà Spizzichino venne consegnato alle SS dallo stesso Luberti<ref name="Rivello_A">{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 32 in nota}}.</ref>. Il 22 febbraio Umberto Spizzichino riuscì a inviare al fratello Alessandro, una lettera in cui comunicava che si trovava nel [[carcere di Regina Coeli]], formulando il dubbio che Luberti fosse il responsabile dell'del suo arresto. Infatti secondo Spizzichino i due dopo essersi incontrati si recarono presso il comando delle [[SS]] che si trovava in [[via Tasso]] dove furono entrambi tratti in arresto, ma il fatto che poi Luberti non fosse stato portato anch'esso a Regina Coeli gli fece sospettare il tradimento<ref>{{cita|Rivello|p. 32name="Rivello_A" in nota}}</ref>. Nello stesso mese Umberto Spizzichino fu trasferito nel [[Campo di Fossoli|campo di prigionia di Fossoli]] vicino a [[Modena]], poi ad [[Auschwitz]] dove morì il 28 agosto [[1944]]. Nella lettera scritta al fratello raccontò iil fattitradimento:
 
{{citazione|Caro Nando, ti vuoi fare ununa risata, bene adesso ti faccio ridere! Sono partito per Milano e... sono arrivato a ... Regina Coeli, no? È proprio come ti dico, adesso ti spiego. Io e Luciano siamo andati al comando di Via Tasso per avere il permesso per partire, invece quando ci siamo trovati lì mi hanno separato da lui, dopo un po' è ritornato quello che lo aveva chiamato, con i miei documenti in mano (li avevo fatti reggere a Luciano) dicendo che avendolo perquisito perché sospetto gli avevano trovato addosso le carte, così vedendo chi ero, mi hanno mandato quasi in attesa di partenza. Quello che mi preoccupa però è questo. Che Luciano non l'hanno mandato qui dove ci mandano tutti, perciò i casi sono due: o si trova ancora in via Tasso, oppure è stato lui a farmi prendere. Quindi stai attendoattento e sappiti regolare. Anzi fai così: telefona a casa sua chiedendo notizie e senti quello che ti dicono, se per caso credi che sia stato lui, non fare niente di niente, aspetta il momento opportuno, non farti prendere dalla collera, ci potresti rimettere...}}
 
Dopo un periodo di addestramento nella [[Wehrmacht]] Luberti fu assegnato alla [[Guardia costieraKriegsmarine|Marina costiera tedesca]], di Capo di Santa Croce di [[Alassio]] come addetto alle batterie costiere<ref>{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 30}}.</ref>. Poi fu inviato alla [[Feldgendarmerie]] di [[Albenga]] come [[traduttore]].
 
=== Il boia di Albenga ===
{{vedi anche|Martiri della Foce}}
[[File:Luberti con la divisa tedesca.jpg|thumb|left|Luciano Luberti in divisa della Feldgendarmerie, assieme a il Feldwebel Nusslein<ref
[[File:Luberti con la divisa tedesca.jpg|thumb|left|Luciano Luberti in divisa della [[Feldgendarmerie]], assieme a il Feldwebel Nusslein<ref name= archiviostorico >{{citaCita news |autore=Simone Gianfranco web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1995/gennaio/16/boia_Albenga_Colpevole_senza_rimorsi_co_0_9501161076.shtml |titolo=Io, boia di Albenga Colpevole senza rimorsi |pubblicazione=[[Corriere della Sera]] |editore=[[RCS MediaGroup]] |data=16 gennaio 1995 |accesso=22 aprile 2013 |p=25 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/*20130408070253/http://archiviostorico.corriere.it/1995/gennaio/16/boia_Albenga_Colpevole_senza_rimorsi_co_0_9501161076.shtml|titolo=Io, boia di Albenga Colpevole senza rimorsi|accesso=22 aprile 2013}}</ref>]]
 
In seguito Luberti fu impiegato come traduttore presso la [[Feldgendarmerie]] di Albenga e successivamente presso il tribunale militare di guerra della 34ª Infanterie-Division, che fu insediato nella palazzina dove aveva sede la locale [[Brigata Nera]]<ref name="Rivello_D">{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 68}}.</ref> che faceva da carceriere. Il tribunale era solitamente composto dal maresciallo capo Friedrich Strupp che comandava la Feldgendarmerie e svolgeva il ruolo di accusatore<ref>{{cita|Rivello|p. 68}}</ref>, dai sergenti maggiori Fuchs e Nusslein. Luberti fungeva da traduttore, limitandosi a tradurre le domande agli imputati e riferire le risposte ai membri del tribunale<ref>{{cita|Rivello|p. 69}}</ref>. I processi si concludevano di solito con la condanna a morte e i prigionieri venivano affiato alla foce del fiume Centa dove venivano allineati presso una fossa e uccisi ad uno ad uno con un colpo alla nuca<ref>{{cita|Rivello|p. 73}}</ref>. L'esecuzione della sentenza veniva assolta dal maresciallo Strupp e da Luberti<ref>{{cita|Rivello|p. 73}}</ref>.
[[File:Albenga- ex sede Brigate Nere Rep. Salò 1943-45.jpg|thumb|La palazzina delle Brigate Nere ad Albenga, ora sede comunale dell'ufficio Tributi]]
 
Il tribunale era solitamente composto dal maresciallo capo Friedrich Strupp che comandava la Feldgendarmerie e svolgeva il ruolo di accusatore<ref name="Rivello_D" />, dai sergenti maggiori Fuchs e Nusslein. Luberti fungeva da traduttore, limitandosi a tradurre le domande agli imputati e riferire le risposte ai membri del tribunale<ref>{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 69}}.</ref>. I processi si concludevano di solito con la condanna a morte e i prigionieri venivano condotti presso la foce del fiume Centa dove venivano allineati presso una fossa e uccisi con un colpo alla nuca<ref name="Rivello_E">{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 73}}.</ref>. L'esecuzione della sentenza veniva assolta dal maresciallo Strupp e da Luberti<ref name="Rivello_E" />.
La prima esecuzione presso la foce del fiume Centa avvenne il 3 dicembre 1944 quando furono fucilati quattro civili contigui alla resistenza<ref>{{cita|Rivello|p. 55}}</ref>. Nei giorni precedenti mentre si trovavano prigionieri nella Feldgendarmerie secondo alcune testimonianze furono torturati da Strupp e da Luberti<ref>{{cita|Rivello|p. 55}}</ref>. Il 16 dicembre avvenne una nuova fucilazione in cui trovarono la morte i due fratelli Gandolfo e un altro civile<ref>{{cita|Rivello|p. 58}}</ref>. Lo stesso [[marchese]] Andrea Rolandi Ricci che divenne poi commissario prefettizio della città ne perorò inutilmente la [[Grazia (diritto)|grazia]]<ref>{{cita|Rivello|p. 58}}</ref>.
 
La prima esecuzione presso la foce del fiume Centa avvenne il 3 dicembre 1944 quando furono fucilati quattro civili contigui alla resistenza<ref name="Rivello_B">{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 55}}.</ref>. Secondo alcune testimonianze, mentre si trovavano prigionieri nella Feldgendarmerie furono torturati da Strupp e da Luberti<ref name="Rivello_B" />. Il 16 dicembre avvenne una nuova fucilazione in cui trovarono la morte i due fratelli Gandolfo e un altro civile<ref name="Rivello_C">{{cita|Pierpaolo Rivello, 2011|p. 58}}.</ref>. Il marchese Andrea Rolandi Ricci, che divenne poi commissario prefettizio della città, ne perorò inutilmente la grazia<ref name="Rivello_C" />.
Luberti si rese responsabile di torture, maltrattamenti, persecuzioni personali, abusi sessuali ed esecuzioni nei confronti di circa una sessantina di partigiani e di civili tanto che fu soprannominato il "boia" di [[Albenga]]. Partecipò anche a molti rastrellamenti nei comuni vicino ad [[Albenga]].
Il 13 dicembre 1944 a [[Lusignano (Albenga)|Lusignano]], fu interrogata la moglie del partigiano Libero Emidio Viveri. Per costringerla a confessare dove fosse nascosto il consorte Luberti prese per una gamba [[Angelo Viveri|Angelo]] il figlio duenne dei due, tenendolo appeso nel vuoto fuori dal balcone del quarto piano, e minacciando la madre di lasciarlo cadere nel vuoto; pur non ottenendo le informazioni non realizzò la minaccia. La signora Viveri venne torturata dallo stesso Luberti, detenuta sette giorni nelle carceri di Via Trieste. Durante il processo, molti testimoni raccontano che di ritorno in gendarmeria dopo le fucilazioni, ogni volta il Luberti era solito lasciarsi andare a manifestazioni rumorose di allegria per le avvenute morti.
 
Luberti fu responsabile di torture, maltrattamenti, persecuzioni personali, abusi sessuali ed esecuzioni nei confronti di circa una sessantina di partigiani e di civili tanto che fu soprannominato il "boia" di Albenga. Partecipò anche a molti rastrellamenti nei comuni vicino ad Albenga.
Molti testimoni ricordano che Luberti, la mattina, soleva leggere brani della [[Bibbia]], mentre il pomeriggio andava a torturare i prigionieri dentro al [[bunker]] presso la foce del fiume [[Centa]]. In uno speciale televisivo organizzato dal [[sociologo]] [[Sabino Acquaviva]] (nel 1997), ricordò con orgoglio: "''Beh, certo, alla Feldgendarmerie si lavorava sodo.''"
Il 13 dicembre 1944 a [[Lusignano (Albenga)|Lusignano]] fece un rastrellamento che portò all'uccisione di due civili. Fu più volte interrogata la moglie del partigiano [[Ponte Rosso (Albenga)#Libero Emidio Viveri|Libero Emidio Viveri]]. Per costringerla a confessare dove fosse nascosto il marito, Luberti prese per una gamba Angelo (1943-2003) il figlio allora duenne (diverrà un futuro [[Sindaci di Albenga|sindaco di Albenga]]), tenendolo appeso nel vuoto fuori dalla finestra minacciando la madre di lasciarlo cadere nel vuoto; fortunatamente alla fine, pur non ottenendo le informazioni non arrivò a realizzare la minaccia. La signora Viveri, Ernesta Stalla (1913-1998) venne torturata dallo stesso Luberti e detenuta sette giorni nelle carceri di Via Trieste.
[[File:Albenga- sede Gestapo SS 1943-45.jpg|thumb|La famigerata sede della [[Gestapo]] in Albenga distante solo 215 mt. da quella che fu delle Brigate Nere]]
Durante il processo, molti testimoni raccontano che di ritorno in gendarmeria dopo le fucilazioni, ogni volta il Luberti era solito lasciarsi andare a manifestazioni rumorose di allegria per le avvenute morti.
 
{{citazione|...Ricordo che in tre sottufficiali: un sarto, un contadino e me, costituimmo, a un certo momento, in seno alla trentacinquesima divisione di fanteria, tutto l'apparato di repressione antipartigiana per una zona montuosa estesa oltre i cinquecento chilometri quadrati e con una popolazione, sparsa in trenta agglomerati, di almeno centomila unità; bene, in quattro mesi, con lo scarso ingegno e con i pochi mezzi a disposizione, sgominammo bande, comitati, uccidemmo più di duecento ribelli e altrettanti ne catturammo; per merito nostro insomma, fu restituita la pace a un settore giudicato pericoloso.<ref>{{Senza fonte|Dichiarazione di Luberti nell'archivio storico de L'Unità}}</ref>}}
===Fine della guerra e primo processo===
Terminata la guerra, ad [[Albenga]], in una fossa comune alla foce del [[Centa]] vennero riesumate e identificate 59 salme. Il 10 giugno [[1946]] tutte le 59 bare furono portate in Piazza San Michele, ad [[Albenga]], ove si svolse una solenne cerimonia funebre; 2 lapidi vennero apposte alle pareti del bunker ove avvennero le torture e le fucilazioni:
* la prima da parte dell'[[Unione Donne Italiane]] (U.D.I);
* la seconda da parte dell'Amministrazione comunale e di varie altre associazioni antifasciste.
 
Molti testimoni ricordano che Luberti, la mattina, soleva leggere brani della ''[[Bibbia]]'' pur professandosi non credente, mentre il pomeriggio andava a torturare i prigionieri dentro al bunker presso la foce del fiume [[Centa]]. In uno speciale televisivo organizzato dal sociologo [[Sabino Acquaviva]] (nel 1997), ricordò con orgoglio: "Beh, certo, alla Feldgendarmerie si lavorava sodo."<ref>{{cita web|url=https://www.poliziapenitenziaria.it/luciano-luberti-un-possibile-caso-di-psicopatia/|titolo=Un possibile caso di psicopatia: profilo criminale di Luciano Luberti}}</ref>
Il 25 aprile [[1945]] Luberti si unì alle 34° Infanterie-Division che dopo aver lasciato la [[Liguria]] si stava spostando verso il [[Piemonte]] per poi dirigersi in [[Germania]]. A [[Torino]] trovò dei falsi documenti tedeschi, si fece ricoverare per farsi estrarre una scheggia di granata, ma venne preso dagli alleati e portato nel carcere di [[Ivrea]]. Un partigiano, ''Bruno Schivo'' detto ''Cimitero'', al quale il boia aveva ucciso il padre e la fidanzata, dopo averla violentata, e che gli rese invalida la madre, lo riconobbe nel carcere in mezzo agli altri, ma il comandante del campo non glielo consegnò, ritenendo che fosse un tedesco. Il Luberti fuggì a [[Portici]], dove si nascose da un panettiere, e dopo qualche tempo decise di arruolarsi nella [[Legione Straniera]], a [[Napoli]], occupata dai francesi, gli venne detto di dirigersi verso [[Marsiglia]] per arruolarsi nella legione straniera.
 
===Fine della guerra e primo processo===
Terminata la guerra, ad Albenga, in una fossa comune alla foce del Centa vennero [[Martiri della Foce|riesumate e identificate 59 salme]]. Il 10 giugno 1946 tutte le 59 bare furono portate in Piazza San Michele, ad Albenga, dove si svolse una solenne cerimonia funebre. Due lapidi vennero apposte alle pareti del bunker dove avvennero le torture e le fucilazioni: una da parte dell'[[Unione Donne Italiane]] e la seconda da parte dell'Amministrazione comunale e di varie associazioni antifasciste.
 
VenneIl catturato25 aprile 1945 Luberti si unì alla 34ª Infanterie-Division che dopo aver lasciato la [[Liguria]] si stava spostando verso il [[Piemonte]] per poi dirigersi in [[Germania]]. A [[Torino]] trovò dei falsi documenti tedeschi e si fece ricoverare per farsi estrarre una scheggia di granata, ma venne preso dagli alleati e portato nel carcere di [[1946Ivrea]]. Un partigiano, riconosciutoBruno daSchivo detto ''Cimitero'', al quale il boia aveva ucciso il padre e la fidanzata, lo riconobbe nel carcere in mezzo agli altri, ma il comandante del campo non glielo consegnò, ritenendo che fosse un tedesco. Luberti fuggì a [[Portici]], dove si nascose da un panettiere, e dopo qualche tempo decise di arruolarsi nella [[Legione straniera]]. A [[Napoli]], occupata dai francesi, gli venne detto di dirigersi verso [[Marsiglia]] per arruolarsi. Venne catturato nel 1946, riconosciuto da Bruno Mantero'', un poliziotto, che si era arruolato proprio per catturare il Luberti, che anni prima gli aveva torturato e ucciso il fratello accusato di essere un partigiano. Stava tentando di espatriare da [[Ventimiglia]] per arruolarsi nella [[Legione straniera francese|Legione Straniera]].
 
Sottoposto a processo nel [[1946]], fu dapprima condannato alla pena di morte, «mediante [[fucilazione]] alla schiena», il 24 luglio [[1946]]. La sentenza venne emessa dalla [[Corte d'Assiseassise]] straordinaria di [[Savona]], e fu l'ultima tra l'entrata in vigore dell'[[amnistia]] e la fine del [[1947]], anno in cui la Corte cessò le sue funzioni. Durante il processo, gli alleati accusarono il Luberti di essere responsabile di oltre 200 omicidi,. luiLui stesso disse che non era vero, che il vero numero si aggirava oltre i 300, tuttavia il tribunale poté confermare la sua diretta responsabilità solo dei 59 cadaveri ritrovati alla foce del [[Centa]]. I testimoni chiave dell'accusa, furono Bartolomeo Panizza (che era riuscito a fuggire grazie a Tomatis che gli aveva tolto a morsi le corde con cui era legato riuscendo a scappare attraverso un campo minato) e il partigiano Luigi Pesce, che aveva visto le stragi di persona.<ref name= archiviostorico />. La sentenza specificava:
 
{{citazione|arruolatosi nel 1944 nella marina tedesca, fu addetto quale interprete alla feldgendarmerie di Albenga e vi rimase fino alla Liberazione. In tale attività, collaborò attivamente con il Maresciallo Strupp, comandante della gendarmeria, nell'opera di repressione del movimento di liberazione nazionale della zona di Albenga, condotta dallo stesso con inaudita ferocia che gli valse di essere perseguito dalle autorità Alleate come criminale di guerra e così il Luberti si meritò il soprannome di ''Boia'' col quale era conosciuto in tutta quella zona.}} Per Luberti successivamente, facendo leva sull'infermità mentale, la condanna fu tramutata in ergastolo e quindi con l'[[amnistia]] a 7 anni di carcere militare. In uno dei rapporti compilati venne descritto come: ''...un attivo collaboratore del tedesco invasore per la cattura degli ebrei è da ritenersi veritiera essendo il medesimo considerato in pubblico un individuo senza scrupoli, amorale e venale, e pertanto capace di qualsiasi bassa azione pur di procacciarsi il denaro per condurre una vita spensierata e di piacere.''<ref name="ReferenceA"/>
 
=== Dal 1953 al 1970 ===
Scarcerato nel 1953 dal penitenziario di [[Gaeta]] sebbene si professasse non credente fu assunto dalla ''Publiaci'' dell'[[Azione Cattolica]] presso una diramazione economica, presso cui fece carriera. Uscito dal carcere sposò Toscana Zanelli, figlia di un archeologo, ed ebbe due figlie, Flavia nata nel 1955 e Luciana (nata 1956)<ref>{{cita web|url=https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/20_febbraio_09/figlia-boia-albenga-un-orco-criminale-ma-non-fu-lui-uccidere-carla-gruber-video-b72bde12-4b4f-11ea-aff7-4a3600894a18_amp.html|titolo=La figlia del boia di Albenga: "Un orco criminale ma non fu lui a uccidere Carla Gruber|autore=Fabrizio Peronaci|data=9 Febb. 2020}}</ref><ref>{{cita web|url=https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-boia-albenga-era-mio-padre-rdquo-nbsp-parla-figlia-226514.htm/amp|titolo="Il boia di Albenga era mio padre"|data=10 Feb. 2020}}</ref>. In numerose interviste in questo periodo disse che faceva il rappresentante di una casa farmaceutica. Nel 1966 si separa dalla moglie. Fu proprio la Zanelli a presentargli una sua amica, profuga istriana, Carla Gruber, nata nel 1938, con la quale iniziò una relazione extraconiugale. La stessa Gruber era già separata dal marito, tale Mario Bazzarini, un barista che aveva sposato il 3 ottobre 1959. Questi poi farà una brutta fine perché cadrà in vortici di depressioni finché sarà internato in un manicomio. Da quel matrimonio erano nati Marina (1960), Francesca Maria (1962) Giancarlo (1963). Nel 1969 Carla Gruber diede alla luce Maria Melissa. La paternità della nuova nata fu attribuita al primario dell'ospedale di [[Montefiascone]], dottor Mario Mazzolini, (lui ha sempre smentito), dove l'anno precedente, 1968, la Gruber fu ricoverata per [[Tubercolosi|tbc]]. Sia la malattia che la nascita di questa bimba devono essere stati motivi di attrito della relazione. Nel libro ''Il Camerata '' (1969), Luberti se la prende con i tubercolotici e le cure di cui gli ammalati necessitano costando molto all'erario.
Scarcerato nel [[1953]], sebbene si professasse non credente fu assunto dalla ''Pubbliaci'' dell'[[Azione Cattolica]] presso una diramazione economica, presso cui fece carriera. Trovò impiego presso la Publiaci, agenzia pubblicitaria cattolica, a Roma e ne divenne dirigente. Nel [[1956]] diventò sua segretaria una giovane profuga, Carla Gruber. Lui aveva 35 anni, lei 18. Tra i due nacque una storia d'amore. Tre anni dopo Carla contrasse matrimonio con un altro profugo giuliano, dal quale ebbe tre figli. Nel [[1964]], Carla divenne l'amante di Luberti, a sua volta coniugato con tre figli, andando a convivere con lui in un appartamento di [[Ostia (Roma)|Ostia]]. Carla prese a tradirlo con altri uomini. Ebbe così inizio tra Luciano e Carla un periodo di tensioni, destinato a sfociare nella morte di lei.
 
La moglie di Luberti, appena saputo della relazione, abbandonò la casa portando con sé le figlie. Luberti e Gruber si trasferirono a [[Ostia (Roma)|Ostia]]. Carla prese a tradirlo con altri uomini. Ebbe così inizio tra Luciano e Carla un periodo di tensioni, destinato a sfociare nella morte di lei. Contemporaneamente a questi fatti, Luberti, in proprio, avviò senza troppo successo alcune iniziative editoriali, pubblicando alcuni libri di cui era l'autore attraverso l'Organizzazione Editoriale Luberti, con sede a cento metri dal villaggio [[Venezia Giulia|giuliano]]-[[Dalmazia|dalmata]] in via Cerulli 41. Era divenuto anche direttore di una fantomatica società di pubblicità con sede a Roma in via Vittorio Emanuele, con tale attività era rimasto in contatto con numerosi vecchi camerati. Molte cose probabilmente sapevano il [[Repubblica di Salò|repubblichino]] Armando Calzolari, motorista navale, nato a [[Genova]]
nel 1926 (nome che troveremo più avanti) e probabilmente la Gruber. I giornali dell'epoca avevano descritto che era una storia alla [[Roman Polański|Polański]].
 
Alla fine degli anni sessanta, Luberti aderì al [[Fronte nazionale (Italia)|Fronte Nazionale]], del quale divenne anche cassiere. Nello stesso periodo gli venne rivolta l'accusa di aver ospitato gli esecutori della [[strage di piazza Fontana]] (il 12 dicembre 1969 a [[Milano]]) e degli attentati dinamitardi che nello stesso giorno erano stati compiuti a Roma. Su queste vicende, il nome di Luciano Luberti, assieme a Serafino Di Luia e [[Bruno Di Luia]], venne fatto dalla moglie del fascista Armando Calzolari che li indicò anche come responsabili dell'omicidio del marito, che scomparve dopo una passeggiata il 25 dicembre 1969 e fu ritrovato il 28 gennaio successivo, casualmente da operai, in un pozzo<ref>{{cita web|url=https://www.strano.net/stragi/tstragi/pfontana/cap1.htm|titolo=Morte Armando Calzolari trovato in un pozzo}}</ref> con il suo cane [[setter]] ''Paulette'' entrambi putrefatti dalle parti di [[Forte Bravetta]], non lontano da casa sua in via dei Baglioni dove era parcheggiata la sua Fiat 500 ammaccata.<ref name=piazza>{{cita web |autore=[[Vincenzo Vinciguerra]] |url=http://www.archivioguerrapolitica.org/?tag=luciano-luberti |titolo=1969: Piazza Fontana ed oltre |sito=Archivio Guerra Politica |accesso=13 agosto 2021 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160408111807/http://www.archivioguerrapolitica.org/?tag=luciano-luberti}}</ref>
Con lo pseudonimo ''Max Trevisant'', scrisse:
Molti giornali e anche il magistrato Aldo Vittozzi (seguiva proprio il caso Calzolari) avevano messo in relazione il delitto (per altri suicidio) Gruber con le trame nere. Va ricordato che l'ex aderente della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|X-Mas]] Calzolari e Luberti erano entrambi ''cassieri'' dell'organizzazione [[Junio Valerio Borghese|Borghese]] ed erano amici.
{{citazione|Il Lukas, protagonista del racconto fu uno strumento particolarmente efficiente in mano dei magnati dell'industria americana di fine '800 per rintuzzare i tentativi di rivolta dei loro operai.
 
La storia di Lukas è dedicata secondo l'intenzione dell'autore, agli emigrati italiani che in ogni momento e in qualunque latitudine donarono generosamente il meglio della loro intelligenza e delle loro capacità lavorative e che in ogni momento e in ogni latitudine furono disprezzati e considerati poco più o ancor meno carne da macello.}}
 
Segue al testo una ventina di pagine che, prendendo spunto dalla diffusione della prima edizione, argomentano polemicamente sul passaggio del regno all'ultimo pontefice e sulle vicende politiche ad esso collegate. La figura di Luciano Luberti è sempre apparsa contorta, tanto da trasformarlo da eccentrico e spietato "soldatino" al servizio della "[[Wehrmacht]]" e delle "[[SS]]", a boia spietato. Nel dopoguerra venne anche considerato "faccendiere".
 
Alla fine degli [[Anni 1960|anni sessanta]], Luberti aderì al [[Fronte nazionale (Italia)|Fronte Nazionale]], fondato dal comandante [[Junio Valerio Borghese]], fondatore della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|Decima MAS]], uomo di punta della [[Marina Nazionale Repubblicana|Marina della RSI]]. Luberti fece anche il cassiere per il Fronte Nazionale. Nello stesso periodo gli venne rivolta l'accusa di aver ospitato gli esecutori della [[strage di piazza Fontana]] (il 12 dicembre [[1969]] a [[Milano]]) e degli attentati dinamitardi che nello stesso giorno erano stati compiuti a [[Roma]]. Su queste vicende, il nome di Luciano Luberti, assieme a Serafino Di Luia e ai fratelli Bruno, venne fatto dalla moglie di Armando Calzolari come responsabili del suo omicidio.<ref name= piazza>{{cita web|url=http://www.archivioguerrapolitica.org/?tag=luciano-luberti|titolo=1969: PIAZZA FONTANA ED OLTRE|accesso=22 aprile 2013}}</ref>
 
=== Luberti e Carla Gruber, 1970 ===
[[File:Luberti.jpg|thumb|Luberti nel 1972]]
 
Luberti nel [[1970]] venne accusato di avere ucciso l'amante Carla Gruber e di averla tenuta nascosta in casa per mesi.<ref name=archiviostorico /> {{chiarire|Secondo fonti|Quali? Quanto autorevoli?}}, la Gruber era in procinto di fare rivelazioni sulla [[strage di Piazza Fontana]].<ref>[{{Cita web |url=http://www.fisicamente.net/index-184.htm |titolo=Il generale De Lorenzo e il Piano Solo] su|sito=Fisicamente |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070614000503/http://www.fisicamente.net</ref>index-184.htm}}</ref name= archiviostorico /> La Gruber era una profugaArrivò istrianaalla mammaProcura di quattroRoma figli, separatauna dallettera maritoscritta da tempo dal quale aveva avuto tre figli. È stata prima segretaria e poi amante delLuciano Luberti, dicon benla 18quale annidichiarava piùche giovane.la Lubertidonna esi latrovava Grubermorta riuscirononella asua far passare ilcasa maritoromana di leivia perPallavicini pazzo52, e farloall'interno rinchiuderedella incasa manicomio.ci Carlasarebbe soffriva di [[tubercolosi]] e venne ricoverata instata un'arma ospedalecon dila [[Montefiascone]]quale vicinola aGruber [[Viterbo]],si quisarebbe iniziòsuicidata. unaSi relazioneraccomandava conanche undi medico,fare dalattenzione qualeperché nacqueil lacorpo quartasi figlia.trovava Purin essendoavanzato stato traditodi Luberti perdonò la Gruberputrefazione e minacciòche piùquando voltequesta illettera medico,fosse chearrivata nonlui vollesarebbe maigià riconoscere la figliaespatriato.<ref name= ulisse >{{cita web|url=http://www.larottadiulisse.it/zkiller/luberti.html|titolo= Luciano Luberti, Il fiore putrefatto dell’amoredell'amore|accesso=22 aprile 2013}}</ref>
 
Il 3 aprile 1970 (7 giorni prima Luberti aveva scritto alla Procura della Repubblica che c'era una donna morta) i vigili del fuoco di Roma scoprirono in un appartamento il suo cadavere, vestito con una [[Baby-doll|babydoll]] rosa, in un letto circondato da fiori e lisoformio da circa 3/4 mesi in stato di decomposizione. Inoltre dall'[[Autopsia|esame autoptico]] risulta che fosse piena di [[Fenobarbital|Luminal]]: Carla Gruber all'epoca della morte aveva solo 32 anni. Sulla porta della camera da letto, era presente un foglietto scritto dal Luberti:
Arrivò alla Procura di Roma una lettera scritta da Luciano Luberti, con la quale dichiara che la sua ''diletta'' si trova morta nella sua casa di via Pallavicini 52, e all'interno della casa ci sarebbe stata un'arma con la quale la Gruber si sarebbe suicidata; si raccomandava anche di fare attenzione perché il corpo si trovava in avanzata putrefazione, e che quando questa lettera fosse arrivata lui sarebbe già espatriato.<ref name= ulisse />
 
Il 3 aprile, i [[vigili del fuoco]] di Roma, scoprirono in un appartamento il suo [[cadavere]] in un letto circondato da fiori e lisoformio da circa 3/4 mesi in stato di [[decomposizione (biologia)|decomposizione]]. Carla Gruber aveva 32 anni. Sulla porta della camera da letto, era presente un foglietto scritto dal Luberti:
{{citazione|Chiudo la porta il 20 gennaio alle ore 16. Che potevo fare di meglio se non amarti sino alla fine dei tuoi giorni, mia diletta Regina? Dammi il tempo di compiere tutto il resto come mi hai ordinato}}
 
Il decesso avvenneera avvenuto il 18 gennaio [[1970]] a causa di un colpo di [[pistola]] al cuore ([[cuorecalibro]] sparatole7.65 dalpassato Luberti,attraverso mail eramaterasso giàe imbottitaconficcato dinel barbituricipavimento sotto il letto) sparatole dal Luberti. CaddeLa nelleperizia maniaccertò dellache poliziamorì neldissanguata. luglioIn delcasa [[1972]],fu scovatotrovato inanche un appartamentomitra die [[Portici]],numerosi nascostodocumenti dallasulle stessavicende persona,e il panettierepassato chedel loLuberti. nascoseÈ nelin [[1945]]questo eperiodo perche catturarloconcesse ciuna volleintervista unal lungosettimanale conflitto[[Oggi a(periodico)|''Oggi'']] fuoco.nel Arrestato1971 epresentandosi accusatocon delil delitto,volto Luberti riuscì acoperto fuggireda proclamandosiuna innocentecalzamaglia.
 
=== La cattura, 1972 ===
A [[Portici]] (località sede del [[Fronte Nazionale (1967)|Fronte Nazionale]]) si era allontanato nel mese di novembre 1971 perché infastidito dalla massiccia presenza della Polizia causa l'arresto del boss [[Gerlando Alberti]] che allora aveva stipulato l'alleanza con la [[camorra]].
All'epoca Luberti pagava 60.000 lire al mese (corrispondenti a 518€ odierni) per la pensione completa presso la sig.ra Pollicino.
 
Nel luglio del 1972, grazie all'intuito investigativo di un giovane ragazzo napoletano, la Squadra Mobile della Questura di Napoli con il commissario Vincenzo Perrino riuscí a catturare Luciano Luberti sempre a Portici. Il giovane, Mario Carbone, frequentava una ragazza che viveva con la propria famiglia a Portici insieme allo "zio". Il ragazzo, insospettito dall'uomo, investigò personalmente e grazie anche ai riscontri di alcuni articoli di giornale consultati in biblioteca riusci ad identificare Luciano Luberti. Il giovane contattò da una cabina telefonica la polizia. Dopo un estenuante conflitto a fuoco Luciano Luberti fu così consegnato alla giustizia.<ref>{{Cita news |url=https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera-milano/20150602/281775627765201 |titolo=Lupo Sette e la Brianza Nera |pubblicazione=[[Corriere della Sera]] |editore=[[RCS MediaGroup]] |data=2 giugno 2015}}</ref><ref>{{Cita|Mario Carbone, 2018}}.</ref> Alla fine tenne in alto le braccia con due pistole e prima di consegnarsi ai poliziotti cantò le [[Cantate dei legionari]]. Gesto che destò sorpresa.<ref>''History Channel'', puntata ''boia di Albenga'', interviste coi protagonisti</ref>
 
Il processo si era aperto il 9 dicembre 1975 e la sentenza stabilirono(17 gennaio 1976) fu che Luberti ucciseera stato proclamato colpevole di avere ucciso l'amante per gelosia. Al processo Luberti negò costantemente e sostenne ossessivamente la tesi difensiva del [[suicidio]]; uscirono particolari molto piccanti della relazione, con rapporti di sesso estremo da parte di entrambi.<ref name= ulisse /> In primo grado fu condannato a 22 anni di reclusione nel [[1976]]. PerIl l'omicidio16 dell'amantenovembre Luberti1979 trascorsela incorte carcered'appello, ottopresieduta annida (dopoFilippo laMancuso,<ref>{{Cita|Case condannaof aLuberti ventuduev. inItaly|p. primo4}}.</ref> grado eaccogliendo la dichiarazioneperizia dipsichiatrica infermitàpresentata mentaledal in appello)prof. Le perizie psichiatriche di [[Aldo Semerari]], gli(quest'ultimo consentironoancora l'assoluzionestimato inprima appellodel esuo poiarresto innel Cassazione:1980) stabilì che Luberti era affetto da infermità psichica, quindi "incapace di intendere e di volere, ale venne pertanto ordinato l'internamento nell'ospedale psichiatrico giudiziario di [[Aversa]] momentoinvece del fatto"carcere, sentenza poi confermata in Cassazione.<ref>{{Cita|Vincenzo Cerami, 1997}}.</ref>
Luberti evase dall'ospedale psichiatrico giudiziario il 22 agosto 1980, semplicemente non ritornando nella struttura al termine di un permesso premio di otto ore concesso dal giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere; venne riarrestato il 17 marzo 1981.<ref>{{Cita|Case of Luberti v. Italy|p. 6, paragrafo 16}}.</ref>
 
Luberti presentò una denuncia contro lo Stato italiano presso la [[Corte europea dei diritti dell'uomo]], nel 1980, per i tempi del processo troppo lunghi e per l'ingiusta detenzione nell'ospedale psichiatrico dato che nel frattempo era stato dichiarato guarito dall'infermità mentale,<ref>{{Cita|Case of Luberti v. Italy|p. 8, paragrafo 22}}.</ref> chiedendo un risarcimento di 20 milioni<ref>Corrispondenti a 48.848€ di oggi</ref> di [[Lira Italiana|lire]]. La Corte europea, con sentenza del 23 febbraio 1984 negò che vi fosse stata ingiusta detenzione e riconobbe che i tempi di alcuni processi si erano allungati a causa della latitanza del Luberti stesso fra il 1980 e il 1981,<ref>{{Cita|Case of Luberti v. Italy|p. 15, paragrafo 35}}.</ref> ma sancì che lo Stato italiano dovesse comunque risarcire il Luberti per un milione di lire<ref>Corrispondenti a 1.390€ di oggi</ref> a causa dei ritardi dei processi in appello e in Cassazione.<ref>{{Cita|Case of Luberti v. Italy|p. 15, paragrafo 37}}.</ref>
Il periodo scontato fu in pratica di quattro anni in attesa di giudizio, un anno in attesa dell'appello e diciotto mesi nel [[manicomio]] criminale di [[Aversa]]; a Luberti diciotto mesi parvero troppi perché lui, con il sostegno di Aldo Semerari, era guarito molto prima, quindi lo Stato italiano lo aveva ingiustamente privato della libertà di cui avrebbe dovuto fruire. Presentò pertanto una denuncia all'Alta [[Corte Europea dei Diritti dell'Uomo]], che il 9 aprile [[1984]] gli diede ragione, stabilendo un indennizzo a suo favore da parte dello Stato italiano, quantificato in un milione di lire il 23 febbraio [[1984]]<ref>[http://www.ius-software.si/EUII/EUCHR/dokumenti/1984/02/CASE_OF_LUBERTI_v._ITALY_23_02_1984.html Case of Luberti v. Italy] su ius-software.si</ref>.
 
===L'epilogo===
Luciano Luberti si trasferì a [[Padova]], ove visse i suoi ultimi giorni in condizioni disagiate. Nel [[1987]] Luberti si [[laurea|laureò]] discutendo una tesi sui [[manicomio|manicomi criminali]]. Nel [[1989]] venne arrestato per detenzione di [[stupefacenti]] (sorpreso in un appartamento, con una ragazzina a cui dava ripetizioni di diritto commerciale, a far uso di [[eroina]]) ma tutto si risolse senza conseguenze penali in quanto fu giudicato troppo vecchio per la detenzione (aveva 68 anni).
 
NotoA percausa l'efferatezzadella deisua suoi delitti avevaindigenza, trascorsotrascorse gli ultimi anni nel pensionato veneto cercando di nascondersi, ma senza mai rinnegare il suo passato. Era stato interrogato da un giornalista e da un maresciallo dei [[carabinieri]] di [[Albenga]], Marco Chiarlone che, su denuncia dell'[[AnpiANPI]], volevano portarlo in tribunale con altre accuse mosse nei suoi confronti in relazione ai diversi eccidi avvenuti nella zona di Albenga tra il dicembre [[1944]] e l'aprile 1945. Quest'ultimo aveva indagato sul nazista [[1945Martiri della Foce#Processi e colpevoli|Gerhard Dosse]] (1909-2003)<ref>{{cita web|url=https://www.tracesofwar.com/persons/3650/Dosse-Gerhard.htm|titolo=Traces of War: Gerhard Dosse (1909-2003)|lingua=EN}}</ref> che si riteneva essersi suicidato alla fine della guerra invece viveva tranquillo a [[Wedel]], (cittadina a 21 km da [[Amburgo]]), in Riststraße 10. Sposato, padre 2 figlie e un figlio. La condanna postuma arrivò il 21 febbraio 2006 (grazie anche all'interessamento del magistrato Paolo Scafi), nel 2005 lo si riteneva ancora vivente.<ref>{{cita web|url=https://www.ilgiornale.it/news/capitano-dosse-rinviato-giudizio-strage-centa-ad-albenga.html|titolo=Il capitano Dosse rinviato a giudizio per la strage del Centa ad Albenga|autore=Redazione|data=11 Nov. 2005}}</ref><ref>{{cita web|url=https://www.lavocedigenova.it/2019/01/19/mobile/leggi-notizia/articolo/presentato-ad-alassio-il-libro-i-misteri-del-boia-di-albenga.html|titolo= Presentato ad Albenga il libro: "I misteri del boia di Albenga"|autore=Silvio Fasano|data=19 Gen. 2019}}</ref>
 
IlPer quello che riguarda il Luberti, il ricordo tornò vivo nel [[1998]]:, quando la [[Rai]], nel programma la "''Parola ai vinti"'', gli ridiede voce e immagine. rievocandoRievocando lo sterminio degli [[ebrei]] nei [[campo di concentramento|campi di concentramento]] e, dicendodisse:
{{citazione|Laggiù si lavorava e si stava benone. Burro, marmellata, birra a volontà e assistenza sanitaria di prim'ordine}}
Il canale satellitare [[History (Italia)|History Channel]] della famiglia di [[Sky Italia|Sky]] gli ha dedicato una puntata della trasmissione "Delitti"<ref>{{Cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=JBU7FSrPlJM|titolo=DELITTI - il boia di Albenga}}</ref>.
 
Si ammalò di un [[tumore alla prostata|tumore maligno alla prostata]], che gli fece perdere un occhio e che non poté essere operato per l'ipertensione<ref name= archiviostorico />. È morto a Padova il 10 dicembre del [[2002]] a 81 anni d'età. Era ospite di una casa di riposo, oggigiorno non più esistente, la "''Casa di Santa Chiara.''<ref>{{cita dellweb|url=https://www.difesapopolo.it/Media/OpenMagazine/Il-giornale-della-settimana/ARTICOLI-IN-ARRIVO/Casa-Santa-Chiara-un-futuro-doloroso-l-hospice-chiude-le-porte|titolo=Casa Santa Chiara, un futuro doloroso: l'Immacolatahospice Concezione"chiude le porte|data=30 settembre 2022}}</ref><ref>{{cita web|url=https://www.ilgazzettino.it/nordest/padova/casa_santa_chiara_chiusura_costi_alti-6960574.html|titolo=Padova, chiude l'hospice Casa Santa Chiara: "costi troppo alti e difficoltà a trovare personale formato"|autore=Silvia Quaranta|data=1º ottobre 2022}}</ref>
 
== Opere ==
* Luciano Luberti, ''Le vacanze / grottesco di Max Trevisant'', Roma: OEL, 1967 BN 677971.
* Luciano Luberti, ''I camerati / Luciano Luberti'', Roma: Organizzazione editoriale Luberti, 1969, BN 709294
* Luciano Luberti, ''Israele: Appunti sulla crisi del Medio Oriente'', Roma: Luberti, 1967, BN 6710260.
* Luciano Luberti, ''L'ebreo e il nazista'', Roma: Organizzazione editoriale Luberti, 1968, BN 6814035.
* Luciano Luberti, ''La preghiera d'Ignazio'', 2. ed., Roma: Organizzazione editoriale Luberti, 1975, BN 769984.
* Luciano Luberti, ''Altri dialoghi: gli assassini'', Roma: Organizzazione editoriale Luberti, 1969, BN 7010974.
* Luciano Luberti, ''Furia'', Roma: Organizzazione Luberti, 1964. BN 647002.
* Luciano Luberti, ''La preghiera d'Ignazio e altre poesie'', Organizzazione Editoriale Luberti, 1969
* ''Application No. 9019/80: Luciano Luberti, ''AffaireAgainst Luberti,Italy: 1982-1984'',Report Organizzazionedi EditorialeLuciano Luberti'', 19871982
* Application No. 9019/80: Luciano''Affaire Luberti, Against1982-1984'', Italy:Organizzazione Report di LucianoEditoriale Luberti, - 19821987
* Luciano Luberti, ''In difesa del popolo dei pazzi'', programma in 7 puntate dalla rubrica televisiva La gente scomoda (Telecittà, Bologna) febbraio-aprile 1982 / Luciano Luberti (M.T.), Luberti (Collana di documentazione sul nostro tempo; 9. ), Padova, 1982. BN 83-12359
 
== PubblicazioniProgrammi televisivi ==
* ''In difesa del popolo dei pazzi'', programma in 7 puntate dalla rubrica televisiva La gente scomoda (Telecittà, Bologna) febbraio-aprile 1982 / Luciano Luberti (M.T.), Luberti (Collana di documentazione sul nostro tempo; 9.), Padova, 1982. BN 83-12359
* Vincenzo Cerami, ''Fattacci. Il racconto di quattro delitti italiani'', Einaudi (Einaudi Tascabili. Stile libero n.483), Torino, 1997, ISBN 88-06-14598-3
* Gianfranco Simone, ''Il boia di Albenga. Un criminale di guerra nell'Italia dei miracoli'', Mursia, Vicenza, 1998, ISBN 884252378X
* Pier Mario Fasanotti e Valeria Gandus, ''Bang Bang'', Marco Tropea Editore, 2004, ISBN 88-438-0422-7
* Giuliana Giani e Massimo Michelini, ''Luciano Luberti: il fiore putrefatto dell'amore'', dal nº 3 di "M Rivista del mistero", Alacran Edizioni, 2007
* Nanni De Marco, ''1940-1945: La guerra dei Savonesi'', ANPI Legino e Archivio del Partigiano Ernesto, [[Savona]], 2002
* Renzo Vanni, ''Trent'anni di regime bianco'', Giardini, 1976
* Petra Rosenbaum, ''II nuovo fascismo: da Salò ad Almirante: storia del MSI'', Feltrinelli, 1975
* Armati Cristiano e Selvetella Yari, ''Roma Criminale'', Newton & Compton, 2005
* Pierpaolo Rivello, ''Le stragi nell'albenganese del 1944 e 1945'', Sottosopra, Torino, 2011
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
=== Libri ===
* {{cita libro| Pierpaolo | Rivello | Le stragi nell'albenganese del 1944 e 1945| 2011| Sottosopra edizioni | Torino}}
* Cristiano Armati e Selvetella Yari, ''Roma Criminale'', Newton & Compton, 2005
* {{Cita libro |autore=Mario Carbone |titolo=Lupo sette |città= |editore=Lulu.com |anno=2018 |oclc=1043421533 |isbn=0244392412 |cid=Mario Carbone, 2018}}
* {{Google books |autore=Vincenzo Cerami |titolo=Fattacci. Il racconto di quattro delitti italiani |collana=Einaudi Tascabili. Stile libero |numero=483 |città=Torino |editore=Einaudi |anno=1997 |id=sOFXBQAAQBAJ |isbn=88-06-14598-3 |cid=Vincenzo Cerami, 1997}}
* Nanni De Marco, ''1940-1945: La guerra dei Savonesi'', ANPI Legino e Archivio del Partigiano Ernesto, [[Savona]], 2002
* Adolfo Ferraro . ''Materiali Dispersi'' , Pironti Editore , Napoli, 2011
* Pier Mario Fasanotti e Valeria Gandus, ''Bang Bang'', Marco Tropea Editore, 2004, ISBN 88-438-0422-7
* {{Cita libro |autore=Pierpaolo Rivello |titolo=Le stragi nell'albenganese del 1944 e 1945 |città=Torino |editore=SottoSopra |anno=2011 |isbn= |cid=Pierpaolo Rivello, 2011}}
* Petra Rosenbaum, ''II nuovo fascismo: da Salò ad Almirante: storia del MSI'', Feltrinelli, 1975
* Gianfranco Simone, ''Il boia di Albenga. Un criminale di guerra nell'Italia dei miracoli'', Mursia, Vicenza, 1998, ISBN 884252378X
* Renzo Vanni, ''Trent'anni di regime bianco'', Giardini, 1976
 
=== Articoli e documenti ===
* {{Cita testo |titolo=Case of Luberti v. Italy (Application no. 9019/80) |città=Strasburgo |editore=[[Corte europea dei diritti dell'uomo|European Court of Human Rights]] |data=24 febbraio 1984 |url=https://www.globalhealthrights.org/wp-content/uploads/2013/10/ECtHR-1984-Luberti-v.-Italy.pdf |formato=PDF |lingua=en |cid=Case of Luberti v. Italy}}
* {{Cita pubblicazione |autore=Giuliana Giani |autore2=Massimo Michelini |titolo=Luciano Luberti. Il fiore putrefatto dell'amore |pubblicazione=M - Rivista del mistero |numero=3 |editore=Alacran Edizioni |anno=2007}}
* {{Cita pubblicazione |autore=Proculus |url=http://aurora.altervista.org/48contro.htm |titolo=Controstoria. Note «revisionistiche» |pubblicazione=Aurora |numero=48 |data=aprile-maggio 1998}}
 
==Voci correlate==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|http://aurora.altervista.org/48contro.htm|Controstoria e note revisionistiche su Aurora}}
* {{Cita web |autore=Fabio Sanvitale |url=http://www.cronaca-nera.it/2747/luciano-luberti-vera-storia-boia-albenga |titolo=Luciano Luberti: la vera storia del “Boia di Albenga”}}
* https://www.youtube.com/watch?v=JBU7FSrPlJM
 
* https://mcc43.files.wordpress.com/2015/04/io-boia-di-albenga-colpevole-senza-rimorsi.pdf
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{{Portale|biografie|fascismo|letteratura|nazismo|seconda guerra mondiale}}
 
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