Strage di via Carini: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
le citazioni non vanno in corsivo |
||
(149 versioni intermedie di 67 utenti non mostrate) | |||
Riga 1:
{{Incidente
|titolo = Strage di via Isidoro Carini
|immagine = Omicidio Dalla Chiesa.jpg
|didascalia = La [[A112]] dilaniata dai colpi
|obiettivo = il
|nazione = ITA
|luogo = via [[Isidoro Carini]],
|data = 3 settembre [[1982]]
|ora = 21
|ora-fine =
|evento = Attentato
|arma = [[AK-47]]
|tipologia = Sparatoria
|esecutori = *[[Salvatore Riina]], [[Bernardo Provenzano]], [[Michele Greco]], [[Francesco Madonia]], [[Giuseppe Calò]], [[Bernardo Brusca]], [[Antonino Geraci]] e [[Giovanni Motisi]](mandanti)
*[[Giuseppe Greco (mafioso)|Giuseppe Greco]], [[Antonino Madonia]], [[Raffaele Ganci|Raffaele]] e [[Calogero Ganci]], [[Giuseppe Lucchese]], [[Filippo Marchese]], [[Giuseppe Giacomo Gambino]], [[Gaetano Carollo]], [[Francesco Paolo Anzelmo]], [[Vincenzo Galatolo]], e [[Antonio Rotolo]] (esecutori materiali)
|sospetti =
|motivazione = [[Rappresaglia]] contro la lotta a [[Cosa Nostra]]
}}
La '''strage di via Carini''' fu un'azione mafiosa in cui, il 3 settembre [[1982]] nella [[Palermo|palermitana]] via [[Isidoro Carini]], morirono il [[Prefetti della provincia di Palermo|prefetto di Palermo]] e generale dei [[
== Storia ==
{{dx|[[File:Domenico Russo.jpg|thumb|upright=0.7|L'agente di scorta [[Domenico Russo (poliziotto)|Domenico Russo]], deceduto a [[Palermo]] il 15 settembre [[1982]] per le ferite riportate nell'attacco mafioso al generale dalla Chiesa e a sua moglie]]}}
Intorno alle ore 21:00 del 3 settembre [[1982]], il prefetto [[Carlo Alberto dalla Chiesa]] uscì da [[Villa Whitaker]] (sede della prefettura) a bordo di una [[Autobianchi A112]] beige, guidata dalla moglie [[Emanuela Setti Carraro]], per andare a cenare in un ristorante di [[Mondello]]<ref>{{Cita web|url=https://www.lastampa.it/politica/2012/09/02/news/dalla-chiesa-quei-br-cento-giorni-di-solutidine-br-1.36374499|titolo=Dalla Chiesa, queicento giorni di solutidine|sito=lastampa.it|data=2 settembre 2012|lingua=it-IT|accesso=12 febbraio 2021}}</ref>. La A112 era seguita da un'[[Alfa Romeo Alfetta|Alfetta]] guidata dall'agente di scorta [[Domenico Russo (poliziotto)|Domenico Russo]]. Alle ore 21:15, mentre passavano da via Isidoro Carini, una motocicletta [[Honda]] di grossa cilindrata, guidata da [[Giuseppe Lucchese]] che aveva alle sue spalle [[Giuseppe Greco (mafioso)|Giuseppe Greco]] (detto "''Scarpuzzedda''"), affiancò l'[[Alfa Romeo Alfetta|Alfetta]] di [[Domenico Russo (poliziotto)|Russo]] e lo colpì con un fucile d’assalto [[AK-47]].
Contemporaneamente una [[BMW E12|Bmw serie 5]]
I coniugi
==
Il giorno dopo l'assassinio, il 4 settembre 1982, nella via Carini comparve un cartello scritto da un anonimo recante la scritta: {{Citazione|Qui è morta la speranza dei [[Palermo|palermitani]] onesti.}} Il giorno dei funerali, che si tennero nella chiesa palermitana di [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|San Domenico]], una grande folla protestò contro le presenze politiche, accusandole di avere lasciato solo il generale. Vi furono attimi di tensione tra la folla e le autorità, sottoposte a lanci di monetine e insulti al limite dell'aggressione fisica. Solo il [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]] venne risparmiato dalla contestazione<ref name="carabinieri">[http://www.carabinieri.it/Internet/Arma/Curiosita/Non+tutti+sanno+che/D/3+D.htm gen. c.a. Carlo Alberto dalla Chiesa - Nota biografica] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070927192855/http://www.carabinieri.it/Internet/Arma/Curiosita/Non+tutti+sanno+che/D/3+D.htm |data=27 settembre 2007 }} Sito dell'[[Arma dei Carabinieri]]</ref>.
{{dx|[[File:dalla Chiesa.jpg|upright=0.7|thumb|Il cartello apparso sul luogo della strage]]}}
[[File:Sandro Pertini32.jpg|thumb|left|I funerali di dalla Chiesa e della moglie Setti Carraro. Riconoscibili in prima fila: il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]] e [[Giovanni Spadolini]], a quel tempo [[Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana|presidente del Consiglio]]]]
La figlia [[Rita dalla Chiesa|Rita]] pretese che fossero immediatamente tolte le corone di fiori inviate dalla [[Regione Siciliana]] (poiché era allora [[Presidente della Regione Siciliana|presidente]] [[Mario D'Acquisto]], che aveva duramente polemizzato con il prefetto) e volle che sul [[feretro]] del padre fossero deposti il tricolore, la sciabola e il berretto della sua divisa da Generale con le relative insegne<ref>{{Cita web|url=http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/spettacoli/200709articoli/25370girata.asp|titolo=La Dalla Chiesa si confessa al nuovo "Sorrisi e Canzoni"|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=3 settembre 2007|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080716223348/http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/spettacoli/200709articoli/25370girata.asp|dataarchivio=16 luglio 2008}}</ref>.
Dell'[[omelia]] del cardinale [[Salvatore Pappalardo (cardinale)|Salvatore Pappalardo]]<ref>{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/cronaca/morto-pappalardo/morto-pappalardo/morto-pappalardo.html|titolo=Palermo, è morto il cardinale Pappalardo simbolo della lotta contro la mafia|pubblicazione=La Repubblica|data=10 dicembre 2006|accesso=24 marzo 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090408074525/http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/cronaca/morto-pappalardo/morto-pappalardo/morto-pappalardo.html|dataarchivio=8 aprile 2009|urlmorto=no}}</ref>, fecero il giro dei telegiornali le seguenti parole (citazione di un passo di [[Tito Livio]]), che furono liberatorie per la folla,<ref>Pappalardo, quel grido in cattedrale - ''l'Unità, 11 dicembre 2006''</ref> mentre causarono imbarazzo tra le autorità (il figlio Nando le definì "una frustata per tutti"):
{{Citazione|[[Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur|Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici]] [..] e questa volta non è [[Sagunto]], ma [[Palermo]]. Povera la nostra Palermo.}}
[[File:Nando dalla Chiesa (XI).jpg|thumb|right|[[Nando dalla Chiesa]], figlio del generale, il quale accusò i vertici della [[Democrazia Cristiana]] siciliana di essere implicati nell'omicidio del padre]]
A una settimana dai funerali del prefetto e della moglie, nel corso della [[Festa dell'Amicizia]] della [[Democrazia Cristiana|Democrazia cristiana]], [[Giulio Andreotti]], alla domanda del giornalista [[Giampaolo Pansa]] sul perché non andò al funerale, affermò che preferiva «andare ai battesimi»<ref>{{Cita web|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/07/andreotti-non-ando-al-funerale-di-mio-padre-perche-preferiva-battesimi/585836/|titolo=Blog {{!}} Andreotti non andò al funerale di mio padre. Preferiva i battesimi|sito=Il Fatto Quotidiano|data=7 maggio 2013|lingua=it-IT|accesso=16 febbraio 2021}}</ref>.
Il 5 settembre 1982, due giorni dopo la strage, lo scrittore [[Leonardo Sciascia]], intervistato dal ''[[Corriere della Sera]]'', affermò:
{{q|Per capire tale affermazione bisogna rifarsi alla tesi classica che voleva la mafia inserita nel vuoto dello Stato, mentre in realtà essa vive nel pieno dello Stato. (...) Ma forse Dalla Chiesa non aveva piena coscienza di questo fenomeno. Mi meraviglio infatti della maniera con cui è stato ucciso. Quando un uomo arriva alle sue posizioni ha il dovere di farsi proteggere e di farsi scortare bene. Le manifestazioni di coraggio personale possono diventare forme di imprudenza pericolosa. Ciò nonostante mi sgomenta la incapacità della nostra polizia di prevenire. Infatti un attentato ad un uomo come Dalla Chiesa non si improvvisa in quattro e quattr’otto, ma nessuno ne aveva avuto sentore<ref>{{Cita web|url=http://www.corriere.it/cronache/17_settembre_03/omicidio-chiesa-l-intervista-sciascia-la-mafia-cambiata-nessuno-ha-ancora-capito-9e7df9c0-8cb3-11e7-b5e1-7559ef64c47b.shtml|titolo=Sciascia: "Carlo Alberto Dalla Chiesa lo abbiamo ucciso tutti quanti noi"|autore=Nino Sunseri|sito=Corriere della Sera|data=3 settembre 2017|accesso=7 marzo 2021}}</ref>.}}
Queste dichiarazioni causarono numerose reazioni, soprattutto da parte del figlio del prefetto assassinato, [[Nando dalla Chiesa]], che aprì una polemica a distanza con Sciascia sulle pagine del settimanale ''[[L'Espresso]]'', accusando lo scrittore di aver formulato una considerazione del genere per sminuire le pesanti responsabilità politiche che lui riteneva avesse la corrente [[Giulio Andreotti|andreottiana]] in [[Sicilia]]<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/dalla-chiesa-carlo-alberto_(Dizionario-Biografico)|titolo=DALLA CHIESA, Carlo Alberto in "Dizionario Biografico"|lingua=it-IT|accesso=7 marzo 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://old.radicali.it/search_view.php?id=48151&lang=&cms=12|titolo=:: Radicali.it ::|sito=old.radicali.it|accesso=7 marzo 2021}}</ref>.
L'8 settembre 1982, lo stesso [[Nando dalla Chiesa]] concesse un'intervista al giornalista [[Giorgio Bocca]] per il quotidiano [[La Repubblica (quotidiano)|''La Repubblica'']] in cui affermava che l'omicidio del padre era "un delitto politico" e i mandanti andavano "ricercati nella [[Democrazia Cristiana|Democrazia cristiana]] siciliana", anche perché i democristiani [[Rosario Nicoletti]], [[Salvo Lima]], [[Mario D'Acquisto]], [[Vito Ciancimino]] e il sindaco di Palermo [[Nello Martellucci]] si erano "opposti alla concessione di poteri speciali" al prefetto dalla Chiesa<ref>{{Cita libro|nome=Saverio|cognome=Lodato|titolo=Quarant'anni di mafia|url=https://books.google.it/books?id=bvwtED1WEXkC&pg=PT130&lpg=PT130&dq=8+settembre+1982+nando+giorgio+bocca&source=bl&ots=LbRWI4VUjh&sig=ACfU3U3yq_KtCHCCxaKbz6H5Zrf7AVSIHA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiI7_OT_-7uAhWV7aQKHY_ZDq8Q6AEwDXoECA8QAQ#v=onepage&q=8%20settembre%201982%20nando%20giorgio%20bocca&f=false|accesso=16 febbraio 2021|data=21 marzo 2012|editore=Bur|lingua=it|ISBN=978-88-586-2546-0}}</ref>; l'intervista provocò numerose polemiche e smentite da parte dei politici tirati in ballo, che continuarono anche dopo la pubblicazione del libro-inchiesta ''Delitto imperfetto'' ([[1984]]), in cui Nando dalla Chiesa rinnovava e ampliava le sue accuse alla DC e in particolare contro Andreotti<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/04/delitto-imperfetto-quel-drammatico-libro-che.html|titolo='DELITTO IMPERFETTO' QUEL DRAMMATICO LIBRO CHE E' L'ATTO D'ACCUSA DI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=4 ottobre 1984|lingua=it|accesso=16 febbraio 2021}}</ref>.
A pochi giorni dall'agguato di via Carini, il [[Governo Spadolini II]] emanò il [[decreto-legge]] 6 settembre 1982, n. 629 - convertito nella legge n. 726 del 12 ottobre 1982 - che istituiva l'[[Alto Commissario per la lotta alla mafia]], organo alle dipendenze del [[Ministero dell'interno|Ministero dell'Interno]] preposto al contrasto delle cosche<ref>[http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1982;629 *** Normattiva ***<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>, mentre il [[Parlamento italiano|Parlamento]] varò la [[Legge 13 settembre 1982, n. 646|legge n. 646 del 13 settembre 1982]] (detta "[[Virginio Rognoni|Rognoni]]-[[Pio La Torre|La Torre]]" dal nome dei promotori del [[disegno di legge]]) che introdusse nel [[Codice penale italiano|codice penale]] l'[[Legge 13 settembre 1982, n. 646|art. 416-bis]], il quale prevedeva per la prima volta nell'ordinamento italiano il [[reato]] di "[[associazione di tipo mafioso]]" e la confisca dei patrimoni di provenienza illecita<ref>{{Cita news|url=http://www.piolatorre.it/public/documenti/Legislazione%20sui%20beni%20sequestrati%20e%20confiscati.pdf|titolo=Quadro diacronico essenziale della legislazione sui beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata|pubblicazione=|accesso=4 gennaio 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131230234157/http://www.piolatorre.it/public/documenti/Legislazione%20sui%20beni%20sequestrati%20e%20confiscati.pdf|dataarchivio=30 dicembre 2013|urlmorto=no}}</ref>.
== Le possibili motivazioni ==
=== La vendetta di ''Cosa Nostra'' ===
[[File:dallaChiesa.jpg|thumb|left|[[Carlo Alberto dalla Chiesa]]]]
Il generale [[Carlo Alberto dalla Chiesa]] aveva condotto come capo del nucleo speciale antiterrorismo dei [[Carabinieri]], a partire dal settembre [[1978]], la controffensiva dello Stato sui gruppi eversivi di estrema sinistra, in particolare sulle [[Brigate Rosse]], con notevoli risultati. Egli aveva avviato il processo di disgregazione del fenomeno terroristico in [[Italia]] che si sarebbe definitivamente concluso dopo la sua morte.
In virtù dei risultati conseguiti, dell'alto prestigio guadagnato sul campo, venne inviato a [[Palermo]] come prefetto della città all'indomani dell'omicidio del sindacalista e uomo politico comunista [[Pio La Torre]]. Nei tre anni precedenti al suo insediamento, la [[mafia]] aveva assassinato, tra gli altri, valenti investigatori, magistrati e uomini politici come [[Boris Giuliano]], [[Cesare Terranova]], [[Piersanti Mattarella]], [[Gaetano Costa]] e, appunto, [[Pio La Torre]].
Ma
La strage fece scalpore anche per le modalità "militari" con cui venne eseguita: [[Carlo Alberto dalla Chiesa|dalla Chiesa]] e [[Emanuela Setti Carraro|sua moglie]] vennero infatti colpiti con un [[AK 47|Kalashnikov AK 47]], arma da guerra.
Dopo l'omicidio, a Villa Pajno (residenza ufficiale del prefetto) sparirono alcuni documenti - tra i quali presumibilmente anche carte relative al [[memoriale Moro]] - che dalla Chiesa teneva nella sua [[cassaforte]], al cui interno fu ritrovata soltanto una scatola vuota: le chiavi per aprirla furono trovate alcuni giorni dopo dai familiari del generale in un cassetto che prima era risultato vuoto<ref name=":4">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/12/29/si-servizi-prelevarono-documenti-di.html|titolo=' SI' , I SERVIZI PRELEVARONO I DOCUMENTI DI DALLA CHIESA' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|lingua=it|accesso=2023-04-26}}</ref>. La notte della strage infatti entrarono per primi a Villa Pajno l'ex economo della prefettura (trasferito ad altro incarico da qualche settimana per ordine diretto di dalla Chiesa) e un ufficiale dei [[Arma dei Carabinieri|carabinieri]], che affermarono di essere alla ricerca di [[Lenzuolo|lenzuola]] per coprire i cadaveri.<ref>{{Cita web|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2020/09/03/news/il_mistero_della_carte_di_dalla_chiesa_l_ultima_traccia_trafugate_dall_auto_-265985391/|titolo=Il mistero delle carte di Dalla Chiesa. L’ultima traccia: “Trafugate dall’auto”|sito=la Repubblica|data=2020-09-03|lingua=it|accesso=2023-04-26}}</ref><ref name=":02">{{Cita web|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1986/07/31/page_005.pdf|titolo=«Quella sera a villa Paino»|editore=L'Unità|data=31 luglio 1986}}</ref> Il figlio del generale, [[Nando dalla Chiesa]], sospettò il [[Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica|SISDE]] di aver eseguito il furto dei documenti ed in particolare indicò il responsabile nel funzionario [[Bruno Contrada]] (poi condannato per [[concorso esterno in associazione mafiosa]]), che non è mai stato indagato e ha sempre negato ogni coinvolgimento<ref name=":4" />.
Nel 2001 [[Giuseppe Guttadauro]], medico chirurgo presso l'[[Azienda ospedaliera Civico e Benfratelli|Ospedale Civico di Palermo]] e [[capomandamento]] di [[Brancaccio-Ciaculli|Brancaccio]], intercettato nell'ambito di un'altra indagine mentre parlava con l'amico medico Salvatore Aragona, si lasciò andare alle seguenti affermazioni:
{{q|GUTTADAURO: "Salvatore…ma tu partici dall’ottantadue, invece… ma chi cazzo se ne fotteva di ammazzare a Dalla Chiesa… andiamo parliamo chiaro…”.<br>
ARAGONA: “E che perché glielo dovevamo fare qua questo favore… Ma perché noi dobbiamo sempre pagare le cose...”.<br>
GUTTADAURO: “E perché glielo dovevamo fare questo favore...”<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/07/15/una-regia-nel-delitto-dalla-chiesa.html|titolo=Una regia nel delitto Dalla Chiesa|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=15 luglio 2003|accesso=7 marzo 2021}}</ref>}}
Nel 2013 il boss [[Salvatore Riina]], intercettato durante l'ora d'aria nel [[Carcere di Opera|carcere milanese di Opera]], si assunse la "paternità" del delitto dalla Chiesa mentre parlava con il detenuto [[Puglia|pugliese]] Alberto Lo Russo:
{{q|Quando ho sentito alla televisione che il generale Dalla Chiesa era stato promosso prefetto di Palermo per distruggere la mafia ho detto: ‘prepariamoci’. Mettiamo tutti i ferramenti a posto, tutte le cose pronte per dargli il benvenuto. (...) Perciò appena è uscito lui con sua moglie … lo abbiamo seguito a distanza… tun … tun… potevo farlo là, per essere più spettacolare nell’albergo, però queste cose a me mi danno fastidio. Era più pulito cosi… là in questo albergo… a mare. C’era un po’ di eleganza un poco di gente ricchi perciò potevano succedere anche altri morti, potevano succedere.<ref>{{Cita web|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/03/toto-riina-cosi-uccidemmo-dalla-chiesa-gli-sparammo-anche-da-morto/1109576/|titolo=Totò Riina: "Così uccidemmo Dalla Chiesa. Gli sparammo anche da morto"|sito=Il Fatto Quotidiano|data=3 settembre 2014|accesso=16 marzo 2021}}</ref>}}
Il 4 aprile 2017 ''[[Il Fatto Quotidiano]]'' riporta la rivelazione del [[collaboratore di giustizia]] [[Gioacchino Pennino]] (ex medico, consigliere comunale democristiano, [[massone]] e "[[uomo d'onore]]" di [[Brancaccio-Ciaculli|Brancaccio]]) secondo cui il parlamentare andreottiano [[Francesco Cosentino]] (segretario generale della [[Camera dei deputati (Italia)|Camera dei deputati]] e affiliato alla [[P2|loggia P2]] di [[Licio Gelli]]) sarebbe stato il mandante dell'omicidio dalla Chiesa: tale notizia risale all'audizione in commissione antimafia del procuratore generale di Palermo [[Roberto Scarpinato]]<ref>{{Cita web|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2017/04/04/dalla-chiesa-il-mandante-fu-il-deputato-cosentino/3497008/|titolo=“Dalla Chiesa, il mandante fu il deputato Cosentino”|sito=Il Fatto Quotidiano|data=4 aprile 2017|lingua=it-IT|accesso=7 marzo 2021}}</ref>.
=== I presunti collegamenti con il sequestro Moro e l'omicidio Pecorelli ===
{{Vedi anche|Memoriale Moro|Mino Pecorelli|Processo Andreotti}}
Dall'omicidio dalla Chiesa si è inoltre fatta strada l'ipotesi, in sede giornalistica, storica e giudiziaria (se ne è infatti dibattuto in udienza sia nel [[Processo Andreotti|processo a Giulio Andreotti per concorso esterno in associazione mafiosa]] sia nel processo per l'omicidio del giornalista [[Carmine Pecorelli]]), che la morte del generale e di sua moglie sia in qualche modo anche collegata al [[Memoriale Moro|memoriale]] redatto da [[Aldo Moro]] durante il suo sequestro, che si ritiene il generale dalla Chiesa abbia potuto visionare in versione integrale, più ampia di quella nota dopo i ritrovamenti del 1978 e 1990 nel covo delle [[Brigate Rosse]] di via Monte Nevoso a [[Milano]]. Secondo [[Tommaso Buscetta]] (che rese tali dichiarazioni soltanto nel 1992 dopo che decise di rompere il silenzio sui rapporti con la politica), Andreotti sarebbe stato l’entità che avrebbe avuto interesse, convergente con quello di Cosa Nostra, all’eliminazione del generale dalla Chiesa perché a conoscenza di particolari ignoti sulla vicenda del [[sequestro Moro]] e già nel [[1979]], tramite i cugini [[Ignazio e Nino Salvo]], avrebbe chiesto ai boss [[Stefano Bontate]] e [[Gaetano Badalamenti]] di uccidere il generale e ci fu un tentativo, portato avanti dallo stesso Buscetta, di coinvolgere le [[Brigate Rosse]] a rivendicare il delitto che poi non avvenne<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/01/10/buscetta-andreotti-duello-nell-aula-bunker.html|titolo=BUSCETTA E ANDREOTTI DUELLO NELL' AULA BUNKER - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2023-04-27}}</ref>: “Pecorelli e dalla Chiesa” riferì il collaboratore di giustizia ai giudici “sono infatti cose che si intrecciano fra di loro. [...] Secondo quanto ho dedotto dalle mie conversazioni con Bontate, l'omicidio Pecorelli era stato un delitto "fatto" da [[Cosa Nostra]], e più precisamente da lui stesso e da Badalamenti, su richiesta dei [[Ignazio e Antonino Salvo|cugini Salvo]], "richiesti" a loro volta dall'onorevole Andreotti. Due anni dopo, nel [[1982]], Badalamenti mi ripeté in termini assolutamente identici la versione di Bontate. Pecorelli era stato assassinato perché stava appurando "cose politiche" segretissime collegate al caso Moro. Giulio Andreotti era estremamente preoccupato che potessero trapelare questi segreti di cui era a conoscenza anche il generale Dalla Chiesa. "Lo hanno mandato a [[Palermo]] per sbarazzarsi di lui", commentò Badalamenti, "non aveva fatto ancora niente in [[Sicilia]] che potesse giustificare questo grande odio nei suoi confronti". In effetti, Dalla Chiesa non aveva avuto tempo di minacciare seriamente [[Cosa Nostra]]"<ref>Memoria depositata dai P.M. nel procedimento penale instaurato nei confronti di Giulio Andreotti, 1995, p. 113.</ref>.
Nel [[2003]] la [[Corte suprema di cassazione|Cassazione]] ha ritenuto non provate le affermazioni di Buscetta nella sentenza per l'omicidio Pecorelli<ref>Sentenza della Cassazione per l'omicidio di Carmine Pecorelli </ref>.
== Indagini e processi ==
=== Il depistaggio di Spinoni ===
[[File:Nitto Santapaola.jpg|thumb|right|Il boss catanese [[Benedetto Santapaola]], accusato falsamente da Spinoni di essere uno dei sicari che partecipò all'agguato]]
Qualche settimana dopo l'eccidio di via Carini, il pregiudicato Giuseppe Spinoni, camionista di [[Bergamo]], dichiarò di essere stato presente sulla scena del delitto e aggiunse di avere riconosciuto, tra i killer che sparavano, lo 'ndranghetista calabrese [['Ndrina Alvaro|Nicola Alvaro]], suo ex compagno di cella<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/07/04/la-regione-sicilia-parte-civile-nel-maxi.html|titolo=LA REGIONE SICILIA PARTE CIVILE NEL MAXI - PROCESSO CONTRO LA MAFIA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=4 luglio 1985|lingua=it|accesso=29 gennaio 2021}}</ref>. Quest’ultimo fu subito arrestato e le indagini portarono all'individuazione di Nunzio Salafia, Antonino Ragona e Salvatore Genovese, tre pregiudicati [[siracusa]]ni legati al clan catanese dei Santapaola riconosciuti da Spinoni come membri del commando omicida<ref>{{Cita libro|nome=Angiolo|cognome=Pellegrini|titolo=Noi, gli uomini di Falcone|url=https://books.google.it/books?id=fwbkBgAAQBAJ&pg=PT108&lpg=PT108&dq=salafia+spinoni&source=bl&ots=DbxHUXsaYu&sig=ACfU3U0O0bHDXW2QTK3HFaEk3jJrQRz9JQ&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwi2iO7Yu8HuAhXG2qQKHXBxCkYQ6AEwBXoECAoQAQ#v=onepage&q=salafia%20spinoni&f=false|accesso=29 gennaio 2021|data=10 marzo 2015|editore=Sperling & kupfer|lingua=it|ISBN=978-88-200-9253-5}}</ref>. L'impianto accusatorio resse finché l'allora giudice istruttore [[Giovanni Falcone]] venne a sapere che a sostenere le spese per l'assistenza legale di Spinoni erano i servizi segreti e che il camionista era stato, in precedenza, utilizzato più volte dai [[Carabinieri]] come testimone ''ad hoc''<ref name=":0">{{Cita libro|titolo=Ordinanza-sentenza di rinvio a giudizio contro Abbate Giovanni + 706|edizione=|editore=Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo|pp=3480-3756|volume=18|capitolo=Parte IV - Gli attentati contro pubblici funzionari - capitolo 4: L'omicidio Dalla Chiesa}}</ref>.
La prima prova della inattendibilità di Giuseppe Spinoni la si ebbe il giorno in cui gli fu mostrato l'album fotografico in cui, tra le decine di foto, riconobbe e indicò il boss catanese [[Benedetto Santapaola]] tra i partecipanti alla strage ma commise, però, un errore madornale: la foto riportava sul retro il nome del capomafia ma riproduceva il volto di un'altra persona. Inoltre Falcone scoprì che la sera del delitto Spinoni si trovava in un albergo di [[Venezia]] e non a [[Palermo]]<ref name=":0" />.
Spinoni venne allora portato dai [[Carabinieri]] a fare un sopralluogo sul luogo del delitto, dove venne invitato a ricostruire le fasi dell'agguato: tuttavia venne condotto in un'altra strada di [[Palermo]] dal nome simile, la via [[Giacinto Carini]], che lui indicò come luogo della strage e non già come avrebbe dovuto, la via Isidoro Carini, sita in tutt'altra zona della città<ref name=":0" />. Per questi motivi Spinoni venne arrestato per [[Falsa testimonianza (ordinamento italiano)|falsa testimonianza]]<ref>{{Cita web|url=http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic2_02241_8|titolo=INTERPELLANZA 2/02241 presentata da RIPPA (PR) in data 1982/12/16}}</ref>.
=== Il delitto dalla Chiesa all'interno del maxiprocesso di Palermo ===
{{Vedi anche|Maxiprocesso di Palermo}}
[[File:MaxiprocessoPalermo.jpg|thumb|upright=1.4|Un'udienza del [[maxiprocesso di Palermo]], nel quale venne trattata anche la strage di via Carini]]
Nel luglio del 1983, il giudice Falcone firmò quattordici mandati di cattura contro mandanti ed esecutori della strage di via Carini (in gran parte latitanti): i fratelli [[Michele Greco|Michele]] e Salvatore Greco (i più autorevoli esponenti della mafia siciliana, ricercati anche per l'omicidio del consigliere istruttore [[Rocco Chinnici]]), [[Filippo Marchese]], [[Rosario Riccobono]], [[Salvatore Riina]], [[Tommaso Spadaro]], [[Pietro Vernengo]], [[Carmelo Zanca]], [[Benedetto Santapaola]] come mandanti, nonché [[Nunzio Salafia]], [[Mario Prestifilippo]], [[Pino Greco|Giuseppe Greco]] (detto "''Scarpuzzedda''"), [[Antonino Ragona]] e [[Salvatore Genovese]], considerati gli autori materiali del massacro; i responsabili vennero individuati grazie a una perizia balistica la quale aveva dimostrato che il [[AK-47|fucile mitragliatore Ak-47]] che aveva sparato in via Carini era stato impiegato anche in altri clamorosi delitti della [[Seconda guerra di mafia|guerra di mafia allora in corso]] (omicidi di [[Stefano Bontate]] e [[Salvatore Inzerillo]], attentato a [[Salvatore Contorno]] e [[strage della circonvallazione]]) e quindi la matrice di tali fatti di sangue era riconducibile ai boss della fazione "vincente" del conflitto mafioso (cioè i [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]]). L'indagine venne chiusa l'anno successivo<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/07/boss-della-mafia-vincente-dietro-la.html|titolo=I BOSS DELLA MAFIA VINCENTE DIETRO LA STRAGE DALLA CHIESA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=7 luglio 1984|lingua=it|accesso=1º febbraio 2021}}</ref>.
Nel 1984 il collaboratore di giustizia [[Tommaso Buscetta]] dichiarò al giudice Falcone di aver saputo da [[Gaetano Badalamenti]] che la strage di via Carini “sicuramente era stato un atto di spavalderia dei corleonesi che avevano così reagito alla sfida contro la mafia lanciata da dalla Chiesa. (Badalamenti) Soggiunse che certamente erano stati impiegati i catanesi –appunto perché più vicini ai corleonesi- che avevano così ricambiato il favore ricevuto con l’uccisione di [[Alfio Ferlito]] e disse ancora che “qualche uomo politico si era sbarazzato, servendosi della mafia, della presenza troppo ingombrante ormai, del generale”…”<ref name=":3">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/10/02/perche-la-cupola-doveva-assassinare-il-generale.html|titolo='PERCHE' LA CUPOLA DOVEVA ASSASSINARE IL GENERALE...' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=2 ottobre 1988|lingua=it|accesso=6 marzo 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/03/leggio-spacco-in-due-cosa-nostra.html|titolo=E LEGGIO SPACCO' IN DUE COSA NOSTRA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=3 ottobre 1984|lingua=it|accesso=6 marzo 2021}}</ref><ref name=":0" />. L'8 novembre 1985 l'ordinanza-sentenza del procedimento "Abbate Giovanni + 706" (il cosiddetto "[[maxiprocesso di Palermo]]") rinviava a giudizio per il delitto dalla Chiesa i fratelli Greco, [[Salvatore Riina]], [[Rosario Riccobono]], [[Filippo Marchese]], [[Pietro Vernengo]], [[Giuseppe Greco (mafioso)|Giuseppe Greco]], [[Mario Prestifilippo]], [[Bernardo Provenzano]], [[Bernardo Brusca]], [[Salvatore Scaglione]], [[Antonino Geraci]], [[Giuseppe Calò]], [[Giovanni Scaduto]], [[Clan Motisi|Ignazio Motisi]], [[Andrea Di Carlo]] e [[Benedetto Santapaola]] (sulla base del cosiddetto "teorema Buscetta", secondo cui tutti i "delitti eccellenti" sono ordinati dalla "[[Commissione provinciale|Commissione]]" di Cosa Nostra<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/online/cronaca/buscetta/teorema/teorema.html|titolo=la Repubblica/cronaca: Il 'teorema' Buscetta scopre la 'cupola'|data=4 aprile 2000|accesso=1º febbraio 2021}}</ref>) mentre [[Carmelo Zanca]], [[Tommaso Spadaro]], [[Nunzio Salafia]], [[Antonino Ragona]] e [[Salvatore Genovese]] venivano prosciolti in istruttoria per [[insufficienza di prove]]; Giuseppe Spinoni veniva invece rinviato a giudizio per [[Falsa testimonianza (ordinamento italiano)|falsa testimonianza]], [[calunnia]] e simulazione di reato<ref name=":0" /><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/11/09/cosi-lo-stato-abbandono-dalla-chiesa.html|titolo=COSI' LO STATO ABBANDONO' DALLA CHIESA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=9 novembre 1985|lingua=it|accesso=5 febbraio 2021}}</ref>.
Nel maxiprocesso, si costituirono [[Parte civile|parti civili]] anche [[Nando dalla Chiesa]] con le sorelle [[Rita dalla Chiesa|Rita]] e [[Simona dalla Chiesa|Simona]] (assistiti dagli avvocati [[Alfredo Galasso]], [[Alfredo Biondi]] e Carla Garofalo), Antonia, Paolo e Giovanni Setti Carraro (madre e fratelli di Emanuela) e Filomena Rizzo, vedova dell'agente [[Domenico Russo (poliziotto)|Domenico Russo]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/02/12/quel-lungo-rosario-di-vedove.html|titolo=QUEL LUNGO ROSARIO DI VEDOVE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=12 febbraio 1986|lingua=it|accesso=1º febbraio 2021}}</ref>. Nel novembre 1986 la Corte d'assise del maxiprocesso, presieduta da [[Alfonso Giordano]], andò in trasferta a [[Roma]] per sentire i ministri [[Giovanni Spadolini]], [[Virginio Rognoni]] e [[Giulio Andreotti]] sulla mancata concessione di più ampi poteri al prefetto Dalla Chiesa<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/11/11/il-maxiprocesso-si-sposta-roma-per-ascoltare.html|titolo=IL MAXIPROCESSO SI SPOSTA A ROMA PER ASCOLTARE ROGNONI E SPADOLINI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=11 novembre 1986|lingua=it|accesso=1º febbraio 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/11/13/andreotti-non-dice-la-verita-voi-dovete.html|titolo='ANDREOTTI NON DICE LA VERITA' E VOI DOVETE INCRIMINARLO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=13 novembre 1986|lingua=it|accesso=1º febbraio 2021}}</ref>.
Infine, il 16 dicembre 1987 il presidente della corte [[Alfonso Giordano (giurista)|Alfonso Giordano]] lesse il [[Dispositivo (diritto)|dispositivo]] della sentenza che concludeva il maxiprocesso di primo grado: per quanto riguarda la strage di via Carini, vennero condannati all'[[ergastolo]] [[Michele Greco]], [[Salvatore Riina]], [[Bernardo Provenzano]], [[Filippo Marchese]], [[Giuseppe Greco (mafioso)|Giuseppe Greco]] e [[Benedetto Santapaola]] mentre [[Mario Prestifilippo]] venne dichiarato non più perseguibile perché ucciso qualche mese prima; vennero invece assolti per [[insufficienza di prove]] [[Rosario Riccobono]], [[Bernardo Brusca]], [[Salvatore Scaglione]], [[Giuseppe Calò]] e [[Antonino Geraci]] e con formula piena Salvatore Greco, [[Pietro Vernengo]], [[Giovanni Scaduto]], [[Ignazio Motisi]] e [[Andrea Di Carlo]]; Giuseppe Spinoni venne condannato a quattro anni e mezzo di reclusione<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/12/17/giudici-hanno-creduto-buscetta.html|titolo=I GIUDICI HANNO CREDUTO A BUSCETTA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=17 dicembre 1987|lingua=it|accesso=1º febbraio 2021}}</ref><ref>Sentenza di primo grado contro Abate Giovanni+459</ref>. Nelle motivazioni della sentenza si leggeva:
{{q|Con il massacro di via Carini la criminalità organizzata ha dimostrato di volere e sapere alzare lo sguardo verso traguardi che le erano stati fino allora preclusi. Certamente per il funesto, endemico, e tragico retaggio del terrorismo, in una tracotante frenesia criminale, essa affermava col delitto dalla Chiesa che non era consentito a nessuno opporsi alle sue mire egemoniche e che tutto in Sicilia doveva essere ad essa subordinato. La venuta di dalla Chiesa, preceduta da un clamoroso battage giornalistico, suonava da un lato minaccia, dall'altro, facendo leva sulla figura quasi leggendaria di chi aveva saputo combattere il terrorismo, costituiva per la mafia un gravissimo pericolo, ove egli fosse riuscito a costituire come da ogni parte si auspicava e come appariva a tutta prima ben possibile un punto di riferimento delle coscienze libere ed oneste, un incoraggiamento concreto ed efficiente a vivere e a lavorare serenamente, rifiutando i condizionamenti di losche trame predatrici.<ref name=":3" />}}
Il 22 febbraio 1989 si aprì il giudizio d'appello, che si concluse il 10 dicembre dell'anno successivo: la [[Corte d'assise d'appello]], presieduta da Vincenzo Palmegiano, ribaltò completamente la sentenza di primo grado e assolse tutti gli imputati per l'omicidio dalla Chiesa, formulando una nuova ipotesi circa il movente e i responsabili: il delitto sarebbe stato organizzato all'insaputa della fazione vincente dei [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]] poiché controproducente per la loro strategia e quindi i responsabili dovevano ricercarsi nelle cosche uscite perdenti dalla guerra di mafia nel disperato tentativo di "riconquistare terreno" e fare ricadere la colpa sugli avversari; sempre secondo la sentenza d'appello, anche la prova dell'unico [[AK-47|mitragliatore Ak-47]] utilizzato in tutti i delitti non sarebbe decisiva ad addebitare la strage di via Carini alla fazione corleonese poiché numerosi fonti indicavano tale arma in possesso del clan del ''boss'' [[Rosario Riccobono]] che, essendo un doppiogiochista, l'avrebbe potuta mettere a disposizione di entrambe le fazioni in guerra<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/08/01/fu-la-mafia-perdente-ad-uccidere.html|titolo=FU LA MAFIA ' PERDENTE' AD UCCIDERE DALLA CHIESA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=1º agosto 1991|lingua=it|accesso=13 marzo 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/12/12/in-scena-palermo-il-rituale-delle-facili.html|titolo=IN SCENA A PALERMO IL RITUALE DELLE 'FACILI' ASSOLUZIONI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=12 dicembre 1990|lingua=it|accesso=7 febbraio 2021}}</ref>.
Il 30 gennaio 1992 la prima sezione penale della [[Corte suprema di cassazione|Cassazione]], presieduta da Arnaldo Valente, annullò le assoluzioni d'appello poiché giudicò illogiche le motivazioni di quella sentenza e per gli imputati venne disposto un nuovo giudizio<ref name=":1" />. Il processo di rinvio venne celebrato tra il 1993 e il 1995 davanti alla Corte d'appello presieduta da Rosario Gino: il 18 marzo 1995 vennero condannati come mandanti all'ergastolo [[Salvatore Riina]], [[Bernardo Provenzano]], [[Michele Greco]], [[Francesco Madonia]], [[Giuseppe Calò]], [[Bernardo Brusca]] e [[Antonino Geraci]] mentre [[Benedetto Santapaola]] venne assolto per non aver commesso il fatto<ref name=":1">{{Cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1995/marzo/18/Delitto_dalla_Chiesa_ottavo_ergastolo_co_0_95031816119.shtml|titolo=Delitto dalla Chiesa: ottavo ergastolo a Riina<!-- Titolo generato automaticamente -->|data=18 marzo 1995|accesso=6 maggio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151003004355/http://archiviostorico.corriere.it/1995/marzo/18/Delitto_Dalla_Chiesa_ottavo_ergastolo_co_0_95031816119.shtml|dataarchivio=3 ottobre 2015|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/12/23/delitto-dalla-chiesa-chiesti-undici-ergastoli.html|titolo=DELITTO DALLA CHIESA CHIESTI UNDICI ERGASTOLI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=23 dicembre 1994|lingua=it|accesso=7 febbraio 2021}}</ref>.
=== La riapertura delle indagini ed il nuovo processo nel 1999 ===
Nel 1996 i collaboratori di giustizia [[Calogero Ganci]] e [[Francesco Paolo Anzelmo]] si autoaccusarono di aver fatto parte del gruppo di fuoco che compì la strage di via Carini e ciò indusse la Procura di [[Palermo]] a riaprire le indagini<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/06/21/la-mafia-progetto-di-uccidere-ayala.html|titolo=' LA MAFIA PROGETTO' DI UCCIDERE AYALA' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=21 giugno 1996|lingua=it|accesso=8 febbraio 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/06/23/uccisi-io-insalaco.html|titolo=' UCCISI IO INSALACO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=23 giugno 1996|lingua=it|accesso=8 febbraio 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/06/19/il-boss-confessa-suoi-cento-delitti.html|titolo=IL BOSS CONFESSA I SUOI CENTO DELITTI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=19 giugno 1996|lingua=it|accesso=8 febbraio 2021}}</ref>. Per questi motivi, nel 1999 vennero rinviati a giudizio come esecutori materiali [[Antonino Madonia]], [[Vincenzo Galatolo]], [[Calogero Ganci]] e [[Francesco Paolo Anzelmo]] (giudicati con il [[rito abbreviato]]) e venne stralciata la posizione di [[Raffaele Ganci]] e [[Giuseppe Lucchese]], che vennero invece processati con il rito ordinario; non si poté procedere nei confronti di [[Giuseppe Greco (mafioso)|Giuseppe Greco]], [[Giuseppe Giacomo Gambino]] e [[Gaetano Carollo]] perché tutti morti<ref name=":2" />.
Nel marzo 2002 la Corte d'assise di [[Palermo]], presieduta da Roberto Nobile, condannò all'[[ergastolo]] Madonia e Galatolo mentre Ganci e Anzelmo ebbero quattordici anni di reclusione ciascuno poiché vennero riconosciute le attenuanti e lo sconto di pena per la collaborazione con la giustizia<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/03/23/dalla-chiesa-due-ergastoli-caccia-ai-mandanti.html|titolo=Dalla Chiesa, due ergastoli caccia ai mandanti occulti - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=23 marzo 2002|lingua=it|accesso=8 febbraio 2021}}</ref>. Nelle motivazioni della sentenza si legge:
{{q|Si può, senz' altro, convenire con chi sostiene che al riguardo persistano ampie zone d'ombra, concernenti sia le modalità colle quali il generale è stato mandato in Sicilia (praticamente da solo e senza mezzi) a fronteggiare il fenomeno mafioso, forse negli anni in cui il sodalizio Cosa nostra ha potuto esercitare nel modo più arrogante ed incontrastato l'assoluto dominio sul territorio siciliano, sia la coesistenza di specifici interessi - anche all'interno delle istituzioni - all'eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale.<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/07/19/pentiti-sono-attendibili.html|titolo='I pentiti sono attendibili'|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=19 luglio 2002|lingua=it|accesso=9 febbraio 2021}}</ref>}}
== Riconoscimenti ==
Il magistrato [[Giovanni Falcone]] a proposito della morte del generale dichiarò:
{{Citazione|In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.|[[Giovanni Falcone]]<ref>Benito Li Vigni, ''Morte di un Generale: Carlo Alberto dalla Chiesa ucciso da un complotto stato-mafia'', Sovera Edizioni, Roma, 2014</ref>}}
Il giorno seguente l'efferato omicidio, il 4 settembre 1982, nella stessa via venne affisso un cartello recante la scritta:
{{Citazione|Qui è morta la speranza dei [[Palermo|palermitani]] onesti.}}
Questo fu un ultimo omaggio che il popolo del [[Palermo|capoluogo siciliano]] volle dare al [[Carlo Alberto Dalla Chiesa|generale]], in ricordo delle sue battaglie contro [[Cosa Nostra]].
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore=[[Giuseppe Ayala]]|titolo=Chi ha paura muore ogni giorno. I miei anni con Falcone e Borsellino|editore=Mondadori|anno=2010|cid=Ayala}}
* {{cita libro|autore=[[Nando dalla Chiesa]]|titolo=Delitto imperfetto. Il generale, la mafia, la società italiana|città=Milano|editore=Melampo|anno=2007|ed=3|ISBN=978-88-89-53320-8}}
* [[Giovanni Falcone]], in collaborazione con [[Marcelle Padovani]], ''[[Cose di Cosa Nostra (saggio)|Cose di Cosa Nostra]]'', Milano, BUR, 2004, ISBN 88-17-00233-X.
* [[Corrado Stajano]] (a cura di), ''Mafia. L'atto d'accusa dei giudici di Palermo'', Roma, Editori Riuniti, 1986, ISBN 88-359-2954-7.
==Voci correlate==
* [[Carmine Pecorelli]]
* [[Carlo Alberto dalla Chiesa]]
* [[Memoriale Moro]]
{{Cosa Nostra}}
Riga 51 ⟶ 139:
[[Categoria:Stragi commesse in Sicilia]]
[[Categoria:Storia di Cosa nostra]]
[[Categoria:Storia di Palermo]]
[[Categoria:Vittime di Cosa nostra|Via Carini]]
|